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Obiettivo sulla storia
a cura di Gregory Alegi
Pietro Quaroni e l’Afghanistan
di Luciano Monzali
P
ietro Quaroni nacque a Roma nel 18981. La famiglia, di lontane origini nobiliari piemontesi, si era stabilita ad Anzino, località nei pressi
di Domodossola a metà del Seicento2. Nell’Ottocento i Quaroni erano una famiglia borghese, che viveva del proprio lavoro nell’ambito
delle professioni. Nella prima metà del XIX secolo si trasferirono a
Roma e il nonno di Pietro, Pietro Maria, ingegnere, entrò al servizio del governo
pontificio e fu responsabile della costruzione della prima ferrovia del Vaticano. Il
padre di Pietro, Giuseppe, anche lui ingegnere-architetto, sposò a Roma Sofia
Seitz, appartenente a una famiglia di pittori di origine bavarese, poi scesi a Roma.
Il padre di Sofia, appartenente alla scuola pittorica nazzarena, Accademico di S.
Luca, dipinse l’imponente cappella tedesca del Duomo di Loreto. Altri suoi dipinti e affreschi sono visibili nelle chiese di Roma, in particolare l’affresco di
una delle cappelle della chiesa Santa Maria dell’Anima, centro religioso della comunità cattolica tedesca nella capitale. Fu anche, per un periodo, direttore dei
Musei Vaticani.
Pietro Quaroni, quindi, nacque e visse in una famiglia borghese nella quale vari
membri erano in possesso di talenti e propensioni artistiche. La madre Sofia era
una bravissima pianista. Orientati all’arte furono anche i due fratelli di Pietro,
Giorgio e Ludovico: il primo divenne pittore, il secondo fu un famoso architetto
e docente universitario italiano. Pietro invece non manifestò nessuna predisposizione di tipo artistico, orientando piuttosto i suoi interessi verso la storia, la filosofia e le lingue. Fin da ragazzo si distinse per particolari doti intellettuali, una
grande memoria e una forte capacità di apprendimento, che gli consentirono di
1
Sulla figura di Pietro Quaroni: P. QUARONI, Ricordi di un ambasciatore, Milano, Garzanti, 1954; ID.,
Valigia diplomatica, Milano, Garzanti, 1956; ID., Il mondo di un ambasciatore, Milano, Ferro, 1965; ID., Le
trattative per la pace: Mosca, Parigi, in Studi per il XX anniversario dell’Assemblea Costituente, Firenze, Vallecchi, 1969; In memoria di Pietro Quaroni, «Affari Esteri», 1971, n. 11, pp. 3-4; B. ARCIDIACONO, L’Italia fra sovietici e anglo-americani: la missione di Pietro Quaroni a Mosca (1944-1946), in E. DI NOLFO-R.
RAINERO-B. VIGEZZI (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa (1945-50), Milano, Marzorati,
1990, pp. 93-121; J. GIUSTI DEL GIARDINO, Spunti di Memorie, «Affari Esteri», 1997, n. 115, p. 628 e ss.;
E. SERRA, Pietro Quaroni, in ID., Professione: Ambasciatore d’Italia, Milano, Franco Angeli, 1999, p. 136 e
ss.; L. MONZALI, Mario Toscano e la politica estera italiana nell’era atomica, Firenze, Le Lettere, 2011; ID.,
Un Re afghano in esilio a Roma. Amanullah e l’Afghanistan nella politica estera italiana 1919-1943, Firenze,
Le Lettere, 2012; ID., Riflessioni sulla cultura della diplomazia italiana in epoca liberale e fascista, in G.
PETRACCHI (a cura di), Uomini e Nazioni. Cultura e politica estera dell’Italia del Novecento, Udine, Gaspari, 2005.
2
Per le notizie e informazioni sulla storia della famiglia Quaroni ringrazio l’ambasciatore Alessandro
Quaroni. Per la carriera diplomatica di Pietro Quaroni rimandiamo al volume, AA.VV., Pietro Quaroni,
Roma, SERVIZIO STORICO MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, 1973, p. 9.
1
concludere gli studi liceali a poco più di 16 anni, al Liceo Massimo di Roma. Il
suo interesse per le lingue lo spinse a frequentare, in parallelo con gli studi universitari alla Sapienza di Roma, i corsi dell’Università di Lingue Orientali di Napoli
per lo studio della lingua russa. Questa lingua si sarebbe rivelata fondamentale
nel suo successivo percorso esistenziale e professionale.
Come per molti suoi coetanei, esperienza cruciale della sua vita fu la partecipazione alla prima guerra mondiale. Andò in guerra nel 1917 e visse la traumatica
battaglia di Caporetto. Nel 1918, grazie alla conoscenza della lingua inglese e del
russo, partecipò a una missione militare internazionale, inviata a Tiflis in Georgia
per aiutare le forze militari russe “bianche” del generale Wrangel negli ultimi tentativi di resistenza al prevalere delle forze comuniste. Questa fu un’esperienza
importante per il giovane romano in quanto lo stimolò ad accrescere il suo interesse verso la politica internazionale e in particolare verso l’Europa orientale.
Terminato il servizio militare e ripresi gli studi universitari a tempo pieno, Quaroni si laureò in Giurisprudenza all’Università di Roma il 29 dicembre 1919 e
quindi decise di lanciarsi nella carriera diplomatica, cogliendo al volo l’occasione
della ripresa dei concorsi per l’ingresso in diplomazia dopo l’interruzione degli
anni di guerra. Partecipò al concorso del 1920 e risultò fra i vincitori. Nel luglio
1920 fu nominato addetto di Legazione e destinato a Costantinopoli, dove rimase fino al 1923. In quegli anni osservò con attenzione l’evoluzione politica turca
con la crisi dell’impero ottomano e lo sviluppo del nazionalismo kemalista.
Dopo due anni di permanenza in Argentina, Quaroni fu trasferito in Unione
Sovietica nel luglio 1925. La permanenza a Mosca – dove rimase fino all’autunno
del 1927 – negli anni drammatici del consolidamento dell’egemonia staliniana ebbe
un impatto fortissimo su Quaroni, che da quel momento sviluppò un grande
interesse verso il comunismo sovietico. L’interesse per il mondo russo fu rafforzato in modo permanente dal suo incontro e successivo matrimonio con Larissa,
figlia del principe Alessandro Cegodaeff, una famiglia di Nijni Novgorod, nella
regione meridionale del Volga, trasferitasi successivamente a Mosca dove Larissa
nacque e studiò. La madre di Larissa si era separata dal primo marito e risposata
a Mosca. Nata in una famiglia aristocratica, benestante, Larissa aveva studiato le
lingue straniere, in particolare l’inglese e il francese. Dopo la rivoluzione bolscevica poté lavorare con le organizzazioni economiche internazionali che aiutavano
il nuovo governo bolscevico nell’impostazione e nell’avvio della “Nuova Politica
Economica”. Pietro e Larissa decisero di sposarsi nel 1927, dapprima in una chiesa ortodossa, poi con rito cattolico nella cappella dell’Ambasciata di Francia a
Mosca. Il matrimonio fu poi confermato civilmente a Roma nel 1928. Larissa
rimase cristiana ortodossa fino alla fine della sua vita ma aderì all’impegno di
educare i figli nella religione cattolica. Fu brevemente arrestata dalle autorità
sovietiche perché il matrimonio era in contrasto col divieto del governo sovietico
di sposare uno straniero. Quaroni riuscì a farla liberare ma fu successivamente
espulsa dall’Unione Sovietica con sua madre, il secondo marito e una governante.
Il secondo marito morì poco dopo l’espulsione, mentre la madre visse molto a
lungo con Pietro e Larissa nelle loro successive missioni diplomatiche. La famiglia Quaroni fu sempre un’entità italo-russa, nella quale, accanto all’italiano, la
lingua russa, bene appresa anche dai figli, ebbe un posto privilegiato.
Dopo un breve soggiorno a Palazzo Chigi a Roma, Quaroni fu trasferito in
Albania nel 1927, dove rimase fino all’aprile 1931, quando fu chiamato a prestare
servizio al Ministero degli Affari Esteri. Iniziò un periodo di grande ascesa pro-
2
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fessionale del diplomatico romano, che sotto la protezione del suo ex superiore
Pompeo Aloisi, divenuto capo di gabinetto di Mussolini nel 1932, assunse un
crescente ruolo nell’attività diplomatica italiana. Come capo dell’Ufficio I della
Direzione generale degli Affari Politici Europa-Levante, Quaroni fu incaricato di
seguire le questioni relative all’Europa centrale e partecipò in prima persona alle
più importanti vicende della politica estera italiana in quegli anni. Nel 1935, però,
Quaroni commise l’imprudenza di pubblicare, sotto lo pseudonimo di “Latinus”
(facilmente riconosciuto), sulla rivista dell’Ispi e di formulare, in conversazioni
con un giornalista francese – intercettate dai servizi segreti italiani –, alcuni commenti critici alle direttive di politica estera di Mussolini prima e durante la crisi
etiopica3. Sollevato dal suo incarico al Ministero fu brevemente console generale
a Salonicco e, successivamente, promosso ministro plenipotenziario fu destinato
in Afghanistan (allora Legazione).
L’invio a Kabul4 per un diplomatico brillante e ambizioso era un duro “esilio” in
una sede marginale per la politica estera italiana (destinata però a diventare un
tassello nell’azione di disturbo agli inglesi ai confini dell’Impero britannico in
India, dalle zone tribali alle quali la politica dell’Asse forniva sostegno e aiuti).
D’altra parte, i tradizionali rapporti di amicizia dell’Italia con l’Afghanistan (testimoniata dalla scelta dell’Italia come terra di esilio da parte del monarca afghano Amanullah) conferiva una certa importanza alla nostra missione diplomatica a Kabul.
Nel volume Un Re afghano in esilio a Roma. Amanullah e l’Afghanistan nella
politica estera italiana 1919-1943, abbiamo analizzato in maniera approfondita
l’azione politica e diplomatica svolta da Pietro Quaroni negli anni della sua missione a Kabul5. Vale comunque la pena di sottolineare che la lunga permanenza a
Kabul fu un momento cruciale della vita professionale e personale di Pietro
Quaroni. Nel suo volume di ricordi, Il mondo di un ambasciatore, egli osservò a
tale riguardo:
In Afghanistan, ho passato sette anni e mezzo della mia vita. C’ero stato mandato nel 1936
come in una specie di onorevole naftalina, conseguenza di una piccola divergenza di opinione
fra me e il Governo italiano di allora; sono stati forse gli anni più belli della mia vita. Quando
3
Al riguardo: E. SOGNO, Quaroni l’intrepida feluca, «Il Giornale», 27 aprile 1998.
Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri, Roma (d’ora innanzi ASMAE), Fondo della Direzione Generale degli Affari Politici 1931-1945 (d’ora in poi AP 1931-1945), Afghanistan, busta (d’ora in
poi b.) 5, Quaroni a Ministero degli Affari Esteri, 9 dicembre 1936. Il ministro plenipotenziario britannico a Kabul, Fraser Tytler, veterano dell’India e grande conoscitore dell’Afghanistan, così descrisse il
nuovo rappresentante italiano e la sua consorte Larissa, appena giunti nella loro nuova destinazione: “[Quaroni] appears to be a friendly little man, who may turn out to have more personality than is evident on
first acquaintance. He speaks English, French, German and Russian fluently. Mme Quaroni is a handsome
Russian with a strident voice and strong anti-Bolshevik tendencies. She speaks perfect English, and already voices her opinions with freedom”: National Archives, Kew London (d’ora innanzi NAL), Foreign
Office (d’ora in poi FO), 402/18, Fraser-Tytler a Eden, 28 dicembre 1936. Quaroni mantenne buoni rapporti con Fraser-Tytler fino all’intervento dell’Italia nella seconda guerra mondiale. A parere del diplomatico britannico, Quaroni aveva poco lavoro sul piano diplomatico a Kabul e impiegava il suo tempo studiando, facendo lunghi viaggi per l’Afghanistan e intrattenendo rapporti con svariati circoli afghani anche
non ufficiali. Lo considerava “a very intelligent man, quick-witted and probably unscrupulous man”,
potenzialmente molto pericoloso per gli interessi britannici: NAL, FO, 371/22254, FRASER-TYTLER, Report on Heads of Foreign Missions in Kabul, allegato a Fraser-Tytler a Eden, 3 gennaio 1938; NAL, FO,
402/20, Fraser-Tytler a Eden, 19 marzo 1939.
5
L. MONZALI, Un Re afghano in esilio a Roma. Amanullah e l’Afghanistan nella politica estera italiana
1919-1943, cit.
4
3
siamo in vena di sentimento, mia moglie ed io finiamo sempre per parlare dell’Afghanistan.
Ma oltre alla mia vita personale – che pure ha la sua importanza – devo molto, professionalmente, a quegli anni passati lassù fra le montagne dell’Asia Centrale. Sono arrivato a Kabul
che avevo trentotto anni: ne sono partito che ne avevo quarantacinque. È un caso raro, ai tempi
nostri, poter avere, nel mezzo della propria vita, un periodo di relativo distacco: tempo per
studiare, tempo per pensare. [...] A Kabul ho più che imparato, toccato con mano, l’unità della
storia del mondo. La storia, come ce l’insegnano nelle nostre scuole, sembra rotare tutta sulla
magistrale Grecia, Roma, Rinascimento, mondo moderno: tutto quello che c’è stato prima di
essa e fuori di essa è secondario. È questa concezione nostra tradizionale, secolare, che falsa,
ancora oggi, il nostro pensiero politico e ci rende difficile, non dico accettare, ma anche solo
comprendere quello che sta accadendo nel mondo d’oggi. L’Afghanistan è stato, nei secoli,
punto d’incontro e di scontro fra tanti imperi differenti, fra tante ideologie diverse. Roma,
l’India, la Persia, la Cina: questo lo si sente fisicamente, lassù, sul Tetto del mondo6.
Quaroni studiò e imparò il persiano, la lingua parlata dalle élite afghane, e conquistò molte simpatie nei circoli governativi di Kabul, che apprezzavano un italiano che ammirava la cultura locale e faceva lo sforzo d’integrarsi in essa. In
particolare Quaroni ebbe stretti rapporti con la corte reale e Re Zahir. Il funzionario italiano capì che Kabul era un luogo ideale per osservare e studiare i sommovimenti politici e sociali in atto in Asia, in particolare in Persia e in India, dove
erano in corso la crisi del dominio coloniale britannico e l’ascesa del nazionalismo indiano guidato da Gandhi e dal partito del Congresso. La permanenza in
Afghanistan fu un momento importante della sua maturazione culturale e politica: in quegli anni il diplomatico italiano superò il provincialismo e l’eurocentrismo, capì la forza dei movimenti di risveglio nazionale, religioso e politico in atto
in India, in Medio Oriente e in Asia orientale e il conseguente inevitabile declino
del colonialismo europeo. Il superamento da parte di Quaroni di una visione
eurocentrica della politica internazionale e della storia umana diede un’innegabile
originalità alle sue analisi negli anni del secondo dopoguerra in un contesto culturale italiano ancora provinciale.
Fra il 1936 e il 1939 Quaroni e la moglie vissero in Afghanistan un bellissimo
periodo della loro vita. Avendo poco lavoro sul piano politico e diplomatico,
Pietro e Larissa poterono viaggiare in Afghanistan, in Iran e in India. Quaroni
sviluppò una forte passione per la cultura indiana e un grande rispetto e interesse
per la religione islamica. Si appassionò in particolare allo studio delle interconnessioni culturali fra Oriente e Occidente. Pure Larissa condivideva gli interessi
culturali del marito, in quanto anche lei era appassionata dell’Oriente, dell’archeologia. Fra il 1938 e il 1940 parteciparono alle ricerche della missione archeologica francese a Bamiyan e in altre località afghane, scavi guidati da Jean Hackin7.
Dopo la seconda guerra mondiale Quaroni incoraggiò Giuseppe Tucci a intraprendere scavi archeologici in Afghanistan.
Larissa era una donna moderna, sportiva e atletica, coraggiosa e amante del rischio. In quegli anni ogni mattina andava a cavallo in giro per Kabul, da sola o in
compagnia del diplomatico Enrico Anzilotti, collaboratore del marito. La sua
frequente e riconosciuta presenza nei bazar doveva rivelarsi preziosa nel periodo
dopo l’entrata in guerra contro l’Inghilterra, quello dell’attivo sostegno italiano
alle azioni di disturbo delle tribù delle regioni di frontiera afghano-indiane: Laris6
7
4
P. QUARONI, Il mondo di un ambasciatore, cit., pp. 103-104.
P. QUARONI, Valigia diplomatica, cit., pp. 207-214.
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sa svolse il ruolo di “postina discreta” di messaggi riservati fra gli esponenti
pashtun e la Legazione italiana.
A Kabul esistette una piccola comunità italiana intorno alla Legazione. Mario
Ungaro fu per vari anni l’addetto commerciale della Legazione. Vi erano il cancelliere della Legazione, Crescini, e Orlando Mazzotta, responsabile dei collegamenti radio e della cifra; funzionari italiani, Mazzini, Mancioli e Boccia, incaricati
di collaborare con il governo afghano per favorire la cooperazione economica e
militare fra i due Paesi. Personalità di spicco della comunità italiana ed europea
che viveva a Kabul furono padre Egidio Caspani e padre Ernesto Cagnacci8, i
barnabiti che gestirono la cappella cattolica della Legazione italiana, unica chiesa
cristiana nella capitale afghana, concessione speciale del governo afghano all’Italia all’inizio degli anni Venti, come ringraziamento per essere stato il governo di
Roma il primo Stato dell’Europa occidentale a riconoscere l’indipendenza dell’Afghanistan nel 1921; a essi per qualche tempo si affiancò, come sostituto, il
francescano padre Leone. Ma spiccava in questa piccola comunità la figura di
Enrico Anzilotti, primo segretario della Legazione fra il 1937 e il 1943 e figlio del
famoso giurista Dionisio. Enrico Anzilotti, così come Quaroni, usò la sua permanenza in Afghanistan per studiare e penetrare profondamente la realtà sociale
e culturale afghana, imparando ad esempio il persiano9. Scoppiata la guerra fra
Italia e Gran Bretagna, egli, di madre inglese ed ex studente a Oxford, s’impegnò
con coraggio e disprezzo del pericolo per cercare di creare una collaborazione
con le tribù pashtun delle regioni della frontiera afghano-indiana al fine di suscitare rivolte anti-britanniche. Dopo la seconda guerra mondiale Enrico Anzilotti
fu ministro plenipotenziario italiano in Israele e ambasciatore in Austria, governatore dell’Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia.
Il periodo di pace e tranquillità della permanenza di Quaroni in Afghanistan
terminò con l’intervento dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Quaroni era
iscritto d’obbligo al partito fascista ed era allineato ufficialmente alle posizioni
del regime, svolgendo anche nell’ambito della piccola comunità italiana, che rimase a Kabul fino al 1941, i riti prescritti dalle direttive fasciste ma senza fanatismo e con poca convinzione personale. Egli vide con scetticismo l’ingresso in
guerra contro la Gran Bretagna nel 194010, ma partecipò con dedizione ed energia
alla politica antibritannica dell’Asse in Afghanistan. In lui si risvegliò la vecchia
tradizionale simpatia italiana per le aspirazioni di autonomia nazionale antibritanniche dei popoli orientali, che all’inizio degli anni Venti aveva portato la diplomazia italiana a sostenere il nazionalismo turco kemalista.
In collaborazione con Anzilotti, Quaroni cercò di intrecciare rapporti con le
tribù pashtun delle regioni di frontiera per aizzarle ad attività insurrezionali antiinglesi11. Anzilotti, su istruzioni di Quaroni, effettuò un’avventurosa e lunga
8
E. CASPANI-E. CAGNACCI, Afghanistan crocevia dell’Asia, Milano, Vallardi, 1951.
Sulla personalità di Enrico Anzilotti alcuni accenni in P. QUARONI, Il mondo di un ambasciatore, cit.
10
Il ministro britannico a Kabul, Fraser-Tytler, comunicò a Londra che Quaroni aveva accolto con
malinconia e disappunto l’entrata in guerra dell’Italia contro la Gran Bretagna: “Up to the outbreak of
war with Italy Signor Quaroni mantained very friendly relations with this legation. He is said to be
depressed at the course events have now taken and at the future prospects for Italy”: NAL, FO, 402/21,
FRASER-TYTLER, Report on Heads of Foreign Missions in Kabul, allegato a Fraser-Tytler a Halifax, 2 luglio
1940.
11
M. HAUNER, India in Axis Strategy. Germany, Japan, and Indian Nationalists in the Second World War,
Stuttgart, Klett-Cotta, 1981, p. 227 e ss.
9
5
missione nei territori pashtun. Ricercato, sulla via del ritorno, dai servizi afghani
su richiesta inglese, Anzilotti fu salvato da un’ardita missione (cui partecipò anche Larissa) ma gli afghani non tardarono a chiederne il richiamo in Italia. Quaroni riuscì a stabilire un grande rapporto di stima e di collaborazione a distanza
con il famoso “Fachiro di Ypi”. Ne fu curiosa testimonianza il suo messaggio
scritto che Quaroni, in visita al Bazar, si trovò in tasca poco dopo la sua nomina
ad Ambasciatore a Mosca:
Ho saputo – scrisse il Fachiro a Quaroni – che ci lascia. Non so cosa accade nel suo paese,
ma non mi piace. Se doveste avere difficoltà nel vostro paese, venite da me, con vostra moglie
ed i bambini. Non vi mancherà nulla e finché vivrete tra di noi nessuno vi toccherà neppure
una ciocca di capelli. Oggi, domani, non importa ma in qualunque momento lo crediate opportuno, ricordatevi che io sono vostro amico12.
Il riconoscimento a Larissa per il suo ruolo di intermediaria per le comunicazioni con le tribù fu il dono di uno splendido manto da cerimonia, ricamato in
oro, e di un pugnale che si trovano oggi, per sua disposizione, al museo dell’ex
Ismeo a Roma.
Il più grande successo di Quaroni nella sua azione antibritannica, comunque, fu
l’ideazione dell’arrivo in Europa del leader nazionalista indiano Subhas Chandra
Bose, già presidente del Partito del Congresso e capo dell’ala progressista e oltranzista del nazionalismo indiano, il Forward Bloc, nella primavera del 194113. Il
leader nazionalista di Calcutta era giunto in Afghanistan clandestinamente. Quaroni lo ospitò e nascose nella Legazione italiana e riuscì a farlo giungere in Europa attraverso l’Unione Sovietica con un falso passaporto italiano intestato a Orlando Mazzotta, un impiegato della Legazione italiana a Kabul14.
Questo attivismo anti-inglese del diplomatico italiano gli attirò un duraturo
risentimento da parte della diplomazia britannica. Quando vi fu l’armistizio italiano nel settembre 1943 e Quaroni si dichiarò fedele al re, i britannici lo sottoposero a un duro ed estenuante interrogatorio sulla sua passata attività sovversiva
e spionistica e i contatti con le tribù in Afghanistan15. Nell’autunno 1943 il governo Badoglio, la cui azione internazionale era di fatto guidata dal nuovo segretario
generale del Ministero degli Affari Esteri, Renato Prunas, tentò di far tornare
Quaroni in Italia16, ma ciò non fu possibile per l’ostruzionismo britannico. Il
destino, invece, volle che, dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche fra Italia
12
P. QUARONI, Il mondo di un ambasciatore, cit., p. 127.
Sulla figura di Subhas Chandra Bose: S.K. BOSE-A. WERTH-S. APPADURAI AYER (a cura di), A Beacon
across Asia. A Biography of Subhas Chandra Bose, Hyderabad, Orien Longman Ltd., 1996 (prima edizione
1973); S.K. BOSE-S. BOSE (a cura di), The Essential Writings of Netaji Subhas Chandra Bose, Calcutta-Delhi,
Netaji Research Bureau, 1997; HAUNER, India in Axis Strategy, cit.; S. CHANDRA BOSE, La lotta per l’India
(1920-1934) con appendice sugli avvenimenti 1934-1942 scritta dall’autore per l’edizione italiana, Firenze,
Sansoni, 1942.
14
Sulla fuga di Bose dall’Afghanistan in Europa: I Documenti Diplomatici Italiani (d’ora in poi DDI),
Roma, 1952-, serie IX, volume 6, documenti (d’ora innanzi dd.) 627, 647, 669, 781; HAUNER, India in
Axis Strategy, cit., p. 237 e ss.; P. QUARONI, Il mondo di un ambasciatore, cit., p. 113 e ss.; A. QUARONI,
The Kabul Connection: Subhas Chandra Bose, Pietro Quaroni and Indo-Afghan-Italian Relations, Calcutta/Kolkata, Netaji Research Bureau, 2009.
15
NAL, FO, 371/34931, Squire a India Office, 1° ottobre 1943; NAL, FO 371/34932, Squire a Weightman, 3 dicembre 1943.
16
NAL, FO, 371/34932, Quaroni al governo italiano, 24 novembre 1943; FRUS, 1943, IV, Engert al
Segretario di Stato, 12 novembre 1943, p. 52.
13
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monarchica e Unione Sovietica, nell’aprile 1944 Quaroni fu nominato rappresentante italiano presso il governo sovietico a Mosca17. Il diplomatico andò in Russia
con la moglie, lasciando i figli a Kabul. Larissa poi tornò da sola in Afghanistan,
prese i figli e li portò a Costantinopoli/Istanbul, dove con l’aiuto del nunzio
apostolico Roncalli, riuscì a fare iscrivere i figli alla scuola italiana, anche se non
avevano praticamente nessun precedente regolare curriculum scolastico.
La nomea di anti-inglese conquistata nel periodo afghano avrebbe perseguitato
Quaroni anche negli anni successivi18, impedendogli per il veto di Londra di divenire ambasciatore in Gran Bretagna nel 1946 e segretario generale del Ministero
degli Affari Esteri nel 194819. L’ostilità e il rancore dei britannici, comunque, non
impedirono a Pietro Quaroni di compiere un’ulteriore brillante carriera divenendo nel 1947 ambasciatore a Parigi e nel 1958 a Bonn. Nel 1961, quando fu nominato dall’esecutivo italiano ambasciatore a Londra, Quaroni temette che il governo inglese non gli desse il gradimento per la sua passata attività anti-britannica in
Afghanistan: ma ormai il rancore inglese si era indebolito e il gradimento arrivò.
Nell’allegato che pubblichiamo di seguito presentiamo alcune immagini tratte
dall’archivio della famiglia Quaroni. Sono fotografie scattate da Larissa Quaroni,
appassionata e talentuosa fotografa.
17
Al riguardo: DDI, X, 1, dd. 169, 191. M. TOSCANO, La ripresa delle relazioni diplomatiche fra l’Italia
e l’Unione Sovietica nel corso della seconda guerra mondiale, in ID., Pagine di storia diplomatica contemporanea. II. Origini e vicende della seconda guerra mondiale, Milano, Giuffré, 1963, pp. 299-358; E. DI
NOLFO-M. SERRA, La gabbia infranta. Gli Alleati e l’Italia dal 1943 al 1945, Bari-Roma, Laterza, 2010; G.
BORZONI, Renato Prunas diplomatico (1892-1951), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004.
18
NAL, FO, 371/49961, Roberts a Howard, 29 aprile 1945; ibidem, Roberts a Hoyer Millar, 8 ottobre
1945.
19
NAL, Records of the Prime Minister’s Office, 11/4878, Appunto, senza data (ma 1961), allegato a
Foreign Office a De Zulueta, 20 novembre 1961.
7
Pietro Quaroni con Larissa e i figli
Alessandro e Giorgio a Ghazni
autunno 1942.
Pietro Quaroni a un ricevimento diplomatico a Kabul.
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Il villaggio
di Guldara.
Bala Hissar di Shibargan.
9
Panorama di Kabul.
La Legazione d’Italia a Kabul.
Visita alla Diga di Karga novembre 1937.
10
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Viaggio a Badakshan.
Ponte sull’autostrada di Faizabad.
Faizabad.
11
Kabul, Bazar: il Ponte Coperto.
Larissa Cegodaeff Quaroni a cavallo.
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Khyber Pass
Villaggio Afridi nel Khyber.
13
Enrico Anzilotti.
I Carri armati italiani a Kabul.
14
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