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Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio

2009, Guerra e diplomazia in Hiberia nel Chronicon del Vescovo Idazio

Hidazio è la fonte principale, e spesso unica, di buona parte degli avvenimenti della penisola iberica tra la fine del IV e la metà del V secolo. 1 Si tratta di un testo storico di grande importanza che fornisce informazioni di prima mano della maggior parte degli avvenimenti successivi al 427. 2 Non a torto il suo autore è stato considerato il migliore storico latino tra Ammiano Marcellino e Gregorio di Tours e, probabilmente, il migliore nel suo genere della tarda antichità. 3

IGOR GELARDA Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio La Continuatio chronicorum Hieronymianorum di Idazio di Limica è la fonte principale, e spesso unica, di buona parte degli avvenimenti della penisola iberica tra la fine del IV e la metà del V secolo. 1 Si tratta di un testo storico di grande importanza che fornisce informazioni di prima mano della maggior parte degli avvenimenti successivi al 427. 2 Non a torto il suo autore è stato considerato il migliore storico latino tra Ammiano Marcellino e Gregorio di Tours e, probabilmente, il migliore nel suo genere della tarda antichità. 3 Ciò che rende il Chronicon interessante ai fini della nostra ricerca è la sensibilità dimostrata dall’autore per l’attività politica e diplomatica del V secolo, periodo di incertezze che vede il moltiplicarsi delle attività diplomatiche in un contesto di estrema fluidità. Nessun autore tardoantico presta la stessa attenzione di Idazio 1 G. Zecchini, Aezio: l’ultima difesa dell’Occidente romano, Roma 1983, 187 e M. Guidetti, Vivere tra i barbari, vivere con i Romani, Milano 2007, 122. L’edizione critica che abbiamo seguito è A. Tranoy, Hydace. Chronique, Introduction, texte critique, traduction, SChr 218-219, Paris 1974. 2 Hyd. Chron. Praef. 5. Da adesso in poi i riferimenti al testo di Idazio verranno abbreviati semplicemente con Hyd. Sulle fonti utilizzate da Idazio per la composizione della sua opera si rimanda a A. Gillet, Envoys and political communication in the late antique West, Cambridge 2003, 50-53. Il Courtois affermò che Idazio fu uno dei migliori tra i cronisti dei Chronica Minora, sebbene nella sua opera vi siano numerose inesattezze ed imprecisioni dovute alle correzioni dei copisti che hanno torturato, mutilato, e sfigurato il testo (Ch. Courtois, Auters et scribes. Remarques sur la Chronique d’Hydace, «Byzantion» XXI (1951), 50). Al contrario il Burgess sostiene che il manoscritto principale è molto meno corrotto di quanto non affermi il Courtois, rifiutando decisamente l’idea che gli errori che si trovano nel Chronicon siano tutti dovuti ad interpolazioni o errori dei copisti e «Hydatius could make errors, could get confused, and sometimes had in accurate or incomplete information» (The Chronicle of Hydatius and the Consularia Constantinopolitana. Two contemporary accounts of the final years of the Roman empire, Oxford 1993, 31). 3 «The best Latin historian to survive between Ammianus Marcellinus and Gregory of Tours, and probably the best in his genre in all of Late Antiquity» secondo R.W. Burgess, che ne ha recentemente curato una nuova edizione critica con traduzione in inglese (The Chronicle of Hydatius, cit., 10). Il Burgess sostiene inoltre che Idazio «demonstrates an awareness and understanding of historical method, and a willingness to discuss such matters, matched by none of his contemporaries» (ibid.). Altre edizioni con traduzioni in lingua moderna sono Tranoy, Hydace, cit. (in francese); J. Cardoso, Idacio. Crónica, Braga 1982 (in portoghese); J. Campos, Idacio, obispo de Chaves. Su Cronicòn, Salamanca 1984 (in castigliano); X. Bernárdez Vilar, Idacio Lémico: Chronica (379-469), Cadernos Ramón Piñeiro VI, Santiago de Compostela 2004 (con traduzione in galiziano). Non esiste una traduzione italiana. Su Idazio si vedano anche S. Crespo Matellán, Las lecturas de Hidacio de Chaves: Notas sobre la recepción literaria en la Gallaecia del s. V, «Minerva» VI (1992), 241-256; F. García Penas, A crónica do bispo Hidacio, «Compostellanum» IIL (2003), 317-358; J.A. López Silva, A Crónica de Idacio de Limia, bispo de Chaves, Deputación Provincial de Ourense 2004; C. Candelas Colodròn, O Cronicón de Hidacio. Bispo de Chaves, Noia 2004, e Id., O mundo de Hidacio de Chaves, Santiago de Compostela 2006. Per gli studi filologici sul Chronicon C.C. De Hartmann, Philogische Studien zur Chronik des Hydatius von Chaves, Palingenesia XLVII, Stuttgart 1994. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009 ISSN 2036-587X Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 295 all’attività politica e diplomatica del proprio paese: né i modelli che l’autore del Chronicon dichiara di continuare, come Eusebio o Girolamo, né altri come Prospero, Marcellino Comes e Cassiodoro. Non solo Idazio riporta quasi il doppio di casi di ricorso alla diplomazia rispetto agli altri autori di V e VI secolo, 4 ma quel che più conta è che il vescovo di Aquae Flaviae non tratta le ambascerie come episodi isolati, o come affermazioni di prestigio personale di determinati personaggi, ma le inserisce in un contesto politico più ampio e articolato. 5 La Cronaca si occupa in più di trenta capitoli, su un totale di 253, di ambascerie o avvenimenti collegati ad accordi diplomatici tra tutte le componenti del composito e multietnico scacchiere iberico. 6 Per tale ragione uno studio sistematico del Chronicon idaziano, con una particolare attenzione agli aspetti militari e della diplomazia, può fornire numerosi elementi utili per comprendere come venga vissuto il difficile momento storico dalle compagini romano-iberiche e in che rapporto queste si pongono nei confronti del potere centrale, al quale rimangono fondamentalmente fedeli e dal quale sperano un ristabilimento degli equilibri precedenti al 409. Per comprendere quali possano essere state le esperienze personali che spingono il vescovo galiziano a individuare nella diplomazia la via migliore per la risoluzione dei problemi tra gli stati, è necessario osservare il suo profilo biografico, 7 dal quale si evince come l’uomo-Idazio rappresenti un eccellente paradigma della simbiosi tra romanità e cattolicesimo, una simbiosi largamente condivisa da numerosi settori del gruppo ibero-romano. 8 Ciò che sappiamo del nostro autore lo desumiamo esclusivamente dal Chronicon: 9 Idazio, che riceve una buona educazione, 10 proviene da 4 Gillet, Envoys and political communication, cit., 40. Anche se non si può ignorare il disinteresse, quasi totale, di Idazio verso gli avvenimenti diplomatici non direttamente collegati alla Spagna. In particolare è ignorata quasi del tutto l’attività diplomatica della parte orientale dell’impero, tant’è che all’interno del Chronicon è inserita solo l’ambasceria inviata da Avito a Marciano. Allo stesso modo l’autore non si occupa dell’intensa attività diplomatica che precedette l’invasione della Gallia da parte di Attila, alla quale diedero invece rilievo Iordanes e Sidonio Apollinare. Per tale ragione è stato detto che Idazio riporta solo una piccola parte del complesso mosaico politico dell’Occidente di metà V secolo, un mosaico ben delineato e dettagliato per ciò che concerne la penisola iberica, ma molto più frammentario per il resto dell’occidente (Gillet, Envoys and political communication, cit., 54). Tuttavia il sostanziale disinteresse dell’autore verso attività diplomatiche che non potevano avere ricadute, almeno immediate e dirette, sugli affari interni della Spagna non è che un’ulteriore testimonianza che per Idazio politica e diplomazia rappresentano strumenti di sopravvivenza per la sua comunità. 6 Si tratta dei capitoli 100, 101, 111, 121, 155, 161, 170, 172, 177, 192, 205, 208, 217, 219, 220, 224, 226, 230, 231, 233, 237, 238, 239, 240, 242, 245, 247, 251. Sulla penisola Iberica del V e VI secolo si rimanda ad J. Arce, Bárbaros y romanos en Hispania 400-507 A.D., Madrid 2005 e E.A. Thompson, Los Godos en España, Madrid 1979. 7 Atteggiamento molto più duro, per motivi complessi, ha Idazio verso i Bacaudae, da lui considerati ribelli (Zecchini, Aezio., cit., 68, ma anche 193-196; 224-229). 8 J. Vilella, Idacio, un cronista de su tempo, «Compostellanum» XLIV (1999), 40. 9 In verità il vescovo galiziano è appena citato in due epistole: una scritta da Turibio della quale Idazio è destinatario insieme ad un altro vescovo di nome Coeponio, del quale si ignora la sede (Turibius, Ep. ad Hyd. et Cep., in PL LIV, 693-695); l’altra è una lettera dell’epistolario di Leone Magno in cui Idazio è citato nuovamente con Coeponio (Leo Magn. Ep. XV, in Ph. Jaffé - G. Wattenbach, Regesta pontificum Romanorum, nr. 412, e in PL LIV, 122-138). 10 Vilella, Idacio, cit., 50 n. 68. Vilella fa giustamente notare che nonostante la “professione” di ignoranza fatta da Idazio all’inizio della sua opera, una evidente diminutio dettata dall’umiltà del vescovo, appare evidente che il vescovo di Chaves possedeva una discreta conoscenza di testi di S. Agostino, Sulpicio Severo, Paolino da Nola ed ovviamente le cronache di Eusebio e Girolamo (su questo vedi anche Tranoy, Hydace, cit., I, 56-58). 5 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 296 una famiglia agiata forse appartenente all’aristocrazia galiziana, 11 che deve essere politicamente vicina alla dinastia teodosiana e ne segue le glorie ed i rovesci tra la fine del IV e la metà del V secolo. 12 Nella prefazione del Chronicon l’autore dice di essere nato nella città di Limica in Galizia 13 (a 10 km ad est di Xinzo de Limia) che, come puntualizza egli stesso, si trova “ai confini della terra”. Resta ignota la sua data di nascita che può essere collocata tra il 391 14 ed il 395, 15 periodo cui è possibile risalire attraverso la notizia di un viaggio in Oriente che il cronista compie ancora infantulus et pupillus, 16 verosimilmente tra il 406 ed il 408. 17 Durante il lungo viaggio, Idazio giunge fino all’estremità orientale del mondo romano, ossia la Palestina, 18 incontrando oltre ai vescovi di Gerusalemme, Cesarea ed Alessandria d’Egitto anche San Girolamo, del quale decide poi di continuare la cronaca. 19 Probabilmente già nell’ottobre del 409, quando i barbari valicano i Pirenei, egli ha fatto ritorno in Spagna, data la dovizia di particolari con la quale descrive gli avvenimenti iberici tra il 409 ed il 411. 20 Ma di là dalla possibilità di stabilire l’esatta cronologia del viaggio in Oriente, appare interessante l’ipotesi di chi sostiene che più che un pellegrinaggio quello di Idazio, e della sua famiglia, possa essere una sorta di fuga dalla Galizia, dove sta per giungere l’usurpatore Costantino III (406-411), che dalla Britannia si sposta in Gallia, dirigendosi verso la penisola iberica: 21 è probabile che la famiglia del futuro vescovo si senta minacciata per l’arrivo dell’usurpatore. 22 Sembra, dunque, che l’autore del Chronicon provi sin da bambino cosa significhi un allontanamento forzato, seppur di breve durata (Costantino III morì nel 411), dalla sua terra a causa dell’appartenenza ad uno schieramento politico in quel momento soccombente. Nel 416 Idazio pone la notizia della sua conversione a Dio, con la quale intende verosimilmente indicare l’inizio della sua vita da sacerdote. 23 La successiva consacrazione di Idazio come vescovo, tra il 424 ed il 427, quasi certamente di Aquae 11 L.A. Garcia Moreno, La iglesia y el cristianismo en la Galecia de època sueva, «Antiguedad Cristiana» XXIII (2006), 45.. Contrario a questa ipotesi invece Burgess, The Chronicle of Hydatius, cit., 3. 12 Garcia Moreno, La iglesia, cit., 45. 13 Sulla Galizia romana si veda A. Tranoy, La Galice romaine, Recherches sur le nord-ouest de la péninsule Ibérique dans l’Antiquité, Paris 1984. 14 Bernárdez Vilar, Idacio Lémico, cit., 28. 15 Tranoy, Hydace, cit., I, 13. 16 Nonostante non vi sia certezza sulla data di tale viaggio, seguendo alcuni rimandi relativi alla cronologia dei vescovi orientali incontrati da Idazio, questa dovrebbe essere compresa tra il 400 ed il 412 (Idacio, cit., 41 e n. 12), più esattamente tra 406 e 407, data sulla quale concordano anche il C. Torres Rodriguez, Peregrinaciones de Galicia a Tierra Santa en el siglo V. Hidacio, «Compostellanum» I (1956), 408-409 e Tranoy, Hydace, cit., 12. 17 Il Vilella (Idacio, cit., 41 e n. 13) prendendo spunto dal Burgess (The Chronicle of Hydatius, cit., 4 e 81) reputa che, con i termini infantulus e pupillus, Idazio intenda dire che era orfano e per tale ragione è accompagnato in Oriente da un parente. In verità, però, il Burgess avanza questa ipotesi in modo piuttosto prudente. 18 A ragione fa notare il Tranoy che pochi anni prima di Idazio un’altra galiziana aveva intrapreso un viaggio simile a quello di Idazio: si tratta di Eteria, della quale ci resta appunto la peregrinatio (P. Geyer, S. Silviae, quae fertur. Peregrinatio in loca santa, in Itinera Hierosolymitana saeculi IIII-VIII, CSEL XXXIX, Vienna 1898). 19 Hyd. 40 a. 407 e Tranoy, Hydace, cit., I, 52. 20 Hyd. 42 a. 409; 46, 47, 48 a. 410; e 49 a. 411. 21 Garcia Moreno, La iglesia, cit., 45. 22 L.A. Garcìa Moreno, Espaňa Visigota, in Menéndez Pidal (ed.), Historia de Espaňa, III, 1, Madrid 1963, 108-111. 23 Hyd. 62 b a. 416. Il Burgess espunge dalla sua edizione questo capitolo. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 297 Flaviae (corrispondente oggi a Chaves nel nord del Portogallo), 24 avviene in un frangente particolare della storia della Spagna. All’indomani della sconfitta di Castino, infatti, riprendono in Spagna le scorribande di Svevi e Vandali, 25 mentre i romano-iberici ripongono sempre di più le tenui speranze di pace nella potente gerarchia ecclesiastica, formatasi soprattutto durante il V secolo. Tra il 431 ed il 432, Idazio guida l’ambasceria ad Aezio: non può certamente essere casuale la scelta del vescovo di Aquae Flaviae come capo della delegazione, 26 scelta legata da un lato alle doti culturali ed alle conoscenze personali e dall’altro al prestigio politico del vescovo galiziano. 27 Non sappiamo con certezza quando muore il vescovo di Aquae Flaviae, anche se il termine post quem è il 469, ultimo anno in cui sono registrate notizie nel Chronicon. 28 Giacché nella prefazione dell’opera scrive di avere portato avanti la sua cronaca extremus et vitae, 29 il nostro vescovo deve essersi spento tra il 469 ed il 470/1. 30 L’unica notizia certa che abbiamo è che muore durante il regno dell’imperatore Leone I (morto nel febbraio del 474). 31 Una vita impegnata nel campo della politica e della religione, durante anni difficili e travagliati; un cinquantennio che lo vede non solo testimone diretto e privilegiato, ma anche protagonista e vittima di importanti avvenimenti politici e militari. Per meglio comprendere con quale spirito e da quale punto di vista il nostro autore affronti gli argomenti della guerra e della diplomazia nella sua opera è necessario focalizzare la nostra attenzione su alcuni elementi peculiari dell’Idazio-storico e del suo tempo. In primo luogo Idazio scrive negli anni successivi al 409, dopo che, con il passaggio dei barbari attraverso i Pirenei, la Spagna cessa di essere quella penisola felice, che durante il IV secolo rimane immune dalle preoccupazioni legate allo spostamento delle popolazioni barbariche. Da questo momento in poi ogni equilibrio si rompe e la situazione politica, militare ed economica della penisola diviene precaria: 32 nonostante i continui tentativi imperiali di tenere sotto controllo Svevi, Alani, Vandali ed in ultimo i 24 Non tutti gli autori sono d’accordo sul fatto che Idazio fosse vescovo proprio di Aquae Flaviae, propendendo per Lemica oppure per altre sedi (cfr. A. Lopez Ferreiro, Estudios histórico-críticos sobre el Priscilianismo en Galicia, Santiago de Campostela 1878, 186, ripreso più recentemente da C. Torres Rodriguez, Hidacio, el primer cronista español, «Revista de Archivios, Bibliotecas y Museos» LXII, 8 (1956), 775-776). 25 Sui Vandali in Spagna si vedano i recenti M.E. Gil Egea, África en tiempos de los Vándalos: continuidad y mutaciones de las estructuras socio-politicas romanas, Memorias del seminario de Historia Antigua, Universidad de Alcalà de Henares 1998; J. Arce, Los Vàndalos en Hispania (409-429 A.D.): Impacto, actividades, identidad, in G.M. Berndt - R. Steinacher (Hgg.), Das Reich der Vandalen und sein (Vor-)Geschichten, Wien 2008, 97-104; J. Pinar - G. Ripoll, The so-called Vandal Object of Hispania, ibid., 105-130 e G.M. Berndt, Gallia-Hispania-Africa: Zu den Migrationen der Vandalen auf ihrem Weg nach Nordafrika, ibid., 131-150. 26 Zecchini, Aezio, cit., 59. 27 Tranoy, Hydace, cit., I, 15. 28 Il Vilella, seguendo ancora la cronologia del Chronicon proposta dal Mommsen, considera queste ultime notizie riportate da Idazio relative al 468 (Idacio, cit., 58 e n. 83), mentre Tranoy, seguendo Courtois, sposta al 469 questi avvenimenti. 29 Hyd. Praef. 1. Su quando Idazio abbia dato una forma organica alla sua opera non tutti gli storici sono d’accordo. Per questo problema si rimanda a Vilella, Idacio, cit., 50 n. 71. 30 Tranoy (Hydace, cit., 16) pensa che sia morto nel 470; Bernárdez Vilar, (Idacio Lémico, cit., 31) ritiene che possa essere morto nel 471. Il Mommsen (MGH AA XI, 4) sostenne che deve essere morto poco dopo il 468, ormai ultrasettantenne, seguito dal Vilella (Idacio, cit., 52). Poco affidabile appare l’indicazione contenuta nella cronaca di Sigebertus Gemblacensis che colloca la morte di Idazio al 490 (Sigebert. Gembl. Chron., in MGH SS VI, 313). 31 Isid. de vir. ill. 9. 32 Un quadro sintetico della situazione della Spagna nella prima metà del V secolo si trova in Tranoy, Hydace, cit., I, 24-35. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 298 Visigoti, la fisionomia politica ed economica della penisola iberica muta definitivamente. 33 In secondo luogo Idazio identifica la sua fedeltà verso Roma e verso l’idea di Impero con il suo lealismo ai Teodosidi, 34 un lealismo che non gli impedisce di assumere un atteggiamento critico nei confronti degli inutili e dispendiosi tentativi militari messi in atto da Valentiniano III per risolvere la questione barbarica in Spagna e che non gli impedisce di manifestare simpatia per Aezio. 35 Dopo la morte del figlio di Galla Placidia, 36 il rammarico di Idazio, più per la fine della dinastia teodosiana che per la morte di Valentiniano III, è racchiuso nel laconico usque ad Valentinianum Theodosi generatio tenuit principium. 37 Il 455 vede la ripresa delle ostilità degli Svevi 38 e l’arrivo in Galizia dei Goti 39 e per Idazio, ormai non più giovane, viene a cessare ogni speranza concreta di una restaurazione imperiale in Iberia e nella sua Galizia. È questo il momento nel quale il nostro autore sembra prendere tragicamente coscienza della fine del suo mondo, sperato e desiderato più che realmente vissuto 40 e la sua opera comincia ad essere pervasa da un certo scoraggiamento 41 e, sempre più spesso, ancorata ad una contemplazione nostalgica «di ciò che era stato sul piano politico». 42 Un cambio di prospettiva che non è esplicitamente dichiarato, ma che traspare attraverso un pessimismo soffuso, ma sempre più diffuso nelle notazioni del Chronicon, a partire da quel annus horribilis, durante il quale Roma è saccheggiata, Avito diventa imperatore per volontà dei Visigoti, 43 dilaga in Iberia il priscillianesimo che costerà la prigione a Idazio 44 e l’arianesimo comincia a prendere piede anche in Spagna. Il terzo aspetto è la sincera adesione di Idazio all’utilizzo della diplomazia e della politica come strumento per la risoluzione dei problemi tra i popoli. Non possiamo escludere che l’aver sofferto a causa di scontri intestini, possa avere contribuito a far maturare in lui l’idea che l’arma della politica fosse, quando realisticamente percorribile, da preferire a quella delle spade. Propensione alla diplomazia che, in Idazio, è rafforzata Sulla Spagna visigota si rimanda a L.A. Garcìa Moreno, Història de la Espaňa Visigota , Madrid 1989; José Á. García de Cortázar y Ruiz de Aguirre, La época medieval, Madrid 1974; E. Mitre Fernández, La España Medieval. Sociedades. Estados. Culturas, Madrid 1979; J.L. Martìn, La península en la Edad Media, Barcelona 1976 e a K.E. Carr, Vandals to Visigoths: Rural Settlement Patterns in Early Medieval Spain, Michigan 2002. 34 C. Molè Ventura, Uno storico del V secolo: il vescovo Idazio, Catania 1975, 54 e Tranoy, Hydace, cit., 59-60. 35 Zecchini, Aezio, cit., 188-189; La Molè Ventura parla di una «profonda ammirazione» (Un storico del V secolo, cit., 50-51). 36 Vasta la bibliografia su Galla Placidia. Si rimanda a V.A. Sirago, Galla Placidia. La nobilissima, Milano 1996 e F. Lamendola, Donne celebri del mondo antico: Galla Placidia, in Atti della Soc. "Dante Alighieri", Treviso 2007. 37 Hyd. 164 a. 455. 38 Hyd. 168 e 170 a. 455. 39 Hyd. 173 e 174 a. 455. 40 Al riguardo Zecchini, Aezio, cit., 231-233; Garcia Moreno, La iglesia, cit., 51, Candela Colodròn, O mundo de Hidacio, cit., 23-24 e Tranoy, Hydace, cit., I, 60. 41 Zecchini, Aezio, cit., 131. 42 G. Zecchini, Ricerche di storiografia latina tardoantica, Roma 1993, 230-233. 43 Idazio non inserisce Avito nella numerazione degli imperatori passando da Marciano (43°), a Maioriano (44°) (165 a. 455 e 185 a. 457). 44 Tra il luglio ed il novembre del 460 Idazio è fatto prigioniero dallo svevo Frumario, che lo incarcera a causa delle accuse di alcuni delatori, quasi certamente priscillianisti, che intendevano rendere innocuo uno dei campioni iberici nella lotta contro questa eresia (Hyd. 201 e 207 a. 460. Tranoy, Hydace, cit., I, 16). 33 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 299 da almeno altri due fattori: in primo luogo il ruolo di vescovo cattolico, che gli rende doveroso cercare di avvicinare anche chi cattolico non lo è ma può divenirlo; in secondo luogo, a Idazio deve essere chiaro che la supremazia militare dei Romani nel V secolo non è più tale da fare sperare che, solo attraverso l’esercito, si possano riportare la pace e l’equilibrio politico Aezio stesso dimostra, in più di un’occasione, di preferire la strada della convivenza con i barbari. Non bisogna infine sottovalutare che il potere dell’episcopato spagnolo – ma in realtà qualcosa di analogo avviene anche in Italia ed in Gallia – cresce dal V secolo in poi, grazie alle capacità dei suoi componenti di sostituirsi ad un potere centrale sempre più assente: Idazio e la gerarchia ecclesiastica spagnola diventano i portavoce delle istanze degli iberici presso Ravenna. 45 Mentre l’autorità centrale romana si presenta debole e lontana, i prelati spagnoli gestiscono in modo sempre più deciso e diretto le comunità cittadine cristianizzate: il ruolo che il vescovo assume, dunque, è sempre più spesso politico. 46 Ne è la dimostrazione il fatto che è proprio Idazio, con gli altri vescovi galiziani, a sentirsi chiamato a risolvere gli attriti tra Galiziani e Svevi ricorrendo direttamente ad Aezio. 47 Ancora, l’atteggiamento di Idazio verso i barbari, che pur sono la principale causa di disgregazione dello stato romano danneggiando la compagine ibero-romana è, certamente, di ostilità e di poca fiducia, anche se non viene abbandonata la speranza che questi possano essere assimilati dalla societas Romana, divenendo romani, cattolici 48 e smettano di essere ostili. Idazio incarna il sentire politico degli ibero-romani, le cui speranze di pace e sopravvivenza consistono quasi esclusivamente negli accordi politici, nelle ambascerie e nei trattati di pace, sebbene spesso questi restino solo sulla carta. Ecco perché il nostro autore «si mostra sempre estremamente attento a notare sia pur l’ombra di una pace con gli invasori». 49 Infine è innegabile che, in quanto direttamente coinvolto nelle vicende di cui parla, l’autore del Chronicon possiede una competenza notevole nell’occuparsi di guerre ed ambascerie, frutto di un’esperienza diretta necessaria per la salvaguardia dei membri della sua comunità religiosa e politica. 50 Tra le notizie che si trovano nella prima parte del Chronicon c’è quella dello scontro tra i Vandali e gli Svevi: in Galizia, nel 419, Vandali ed Alani guidati da Gunderico 51 sono sul punto di sconfiggere i deboli Svevi capeggiati da Ermerico. 52 Ma l’esercito romano, guidato dal comes Hispaniarum Asterio, giunge in aiuto degli Svevi 53 e si pone all’inseguimento delle truppe vandale che, mentre ripiegano verso sud, sono sorprese a Braga dal vicario di Spagna Maurocello, sconfitte e costrette a ritirarsi in 45 L.A. Garcia Moreno, Élites e Iglesia hispanas en la transición del Imperio Romano al reino Visigodo, in J.M. Candau et alii (Ed.), La cónversion de Roma. Cristianismo y paganismo, Madrid 1999, 239-241. Della stessa idea Zecchini, Aezio, cit., 187-188. 46 Garcia Moreno, La iglesia, cit., 48. 47 A tal proposito è interessante notare come proprio in Galizia, ad orgogliosa memoria del loro legame ideale e culturale con l’Impero, a partire dagli inizi del VI secolo, alcuni vescovi cominciarono a far coniare monete d’oro con tipi che richiamavano la tradizione imperiale romana (Garcia Moreno, La iglesia, cit., 46). 48 Tranoy, Hydace, cit., I, 59. La Molè Ventura fa giustamente notare come le espressioni dispregiative di Idazio verso le popolazioni barbariche siano costanti e vengano evitate solo quando il vescovo fornisce notizie riguardanti i rari periodi di pace (Uno storico del V secolo, cit., 29-30). 49 Molè Ventura, Uno storico del V secolo, cit., 31. 50 Zecchini, Aezio, cit., 188. 51 Su questo N. Francovich Onesti, I Vandali. Lingua e storia, Roma 2002, 23-27 e 161. 52 Hyd. 71 a. 419. 53 Hyd. 74 a. 420. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 300 Betica. 54 Più critico è, invece, Idazio quando parla della sconfitta di Castino nel 422: 55 Castinus magister militum cum magna manu et auxiliis Gothorum, bellum in Baetica Vandalis infert: quos cum ad inopiam vi obsidionis artaret, adeo ut se tradere iam pararent, inconsulte publico certamine confligens, auxiliorum fraude deceptus ad Tarraconam victus effugit. Tuttavia, nel passo Idazio sembra contraddirsi: come mai il cronista reputa «sconsiderato» che Castino decida di affrontare in una battaglia campale i Vandali, se il magister militum non solo è fornito di un grosso contingente militare, ma ha già ridotto alla fame il nemico? Sappiamo inoltre che, tra le principali cause della sconfitta del contingente romano, v’è il tradimento degli ausiliari visigoti, ma del quale Idazio non fa parola. Infatti, poiché il tradimento dei Visigoti è istigato dalla stessa Galla Placidia, ostile a Castino, Idazio preferisce tacere sui gravi contrasti interni alla corte di Ravenna. 56 Allo stesso modo sorvola sugli aspri dissidi scoppiati tra gli alti ufficiali romani, 57 contrasti che affiorano quasi in controluce nel Chronicon. 58 Quindi la «sconsideratezza» di Castino consiste proprio nell’avere voluto affrontare i Vandali, pur essendo stato lasciato da solo, tradito dai Goti ed in rotta con i suoi stessi ufficiali. Idazio non nutre particolare simpatia per Valentiniano III, 59 che è menzionato solo cinque volte nel Chronicon. 60 Il figlio di Galla Placidia non solo si rende colpevole dell’assassinio di Aezio, con il quale viene meno l’ultimo baluardo della romanità, 61 ma in più di un’occasione dimostra di preferire l’uso delle armi per la risoluzione dei problemi con i barbari, in Spagna come anche in Gallia. 62 A rendere Valentiniano III ancora più sgradito alla nobiltà iberica contribuisce anche la sua politica di alleanze con l’aristocrazia italica, sostanzialmente contraria a quella gallo-ispanica. 63 Segno evidente del disprezzo di Idazio verso Valentiniano è che l’ultimo dei Teodosidi, come Avito, non è inserito nella lista degli imperatori del Chronicon, 64 ma anche in altri punti del testo è possibile cogliere la scarsa stima dell’autore nei confronti della politica di Valentiniano III. Nel 438 il generale romano Andevoto, uomo di Valentiniano III, è duramente sconfitto in Betica da Rechila nei pressi del fiume Jenil. Le fonti non ci permettono di sapere se Andevoto si rechi in Spagna appositamente per combattere contro gli Svevi, o se il suo contingente sia attirato in un’imboscata da questi. 65 Idazio, sfavorevole al tentativo di risoluzione militare del problema svevo, in un momento in cui sembrano 54 Ch. Courtois, Les Vandales et l’Afrique, Paris 1955, 55-56. Il Gillet (Envoys and political communication, cit., 64) pensa che gli Svevi fossero già federati dei Romani nel 419 e che per tale ragione Asterio intervenne per difenderli. 55 Hyd. 77 a. 422. Si veda anche Sirago, Galla Placidia, cit., 48-49. 56 Sulle cause del tradimento dei Visigoti vedi Zecchini, Aezio, cit., 128-129 e Sirago, Galla Placidia, cit., 48-50. 57 Tranoy, Hydace, cit., II, 57. 58 Hyd. 78 a. 422, dove si legge che Bonifacio lasciò Ravenna recandosi in Africa. In realtà Bonifacio, fedelissimo di Galla Placidia, abbandonò la spedizione di Castino prima ancora che questi giungesse in Spagna, mentre Idazio sembra invertire l’ordine dei due avvenimenti, preferendo dare quasi una consequenzialità logica, piuttosto che cronologica, agli avvenimenti lasciando appena intuire lo scontro tra i generali. Sui dissapori tra Bonifacio e Castino si veda anche Prosp. chron. 1278. 59 Su Valentiniano III si veda F. Elia, Valentiniano III, Catania 1999. 60 Tranoy, Hydace. Chronique, cit., II, 60. Aezio invece è citato in 13 capitoli e Galla Placida in 5. 61 Con felice intuizione Procopio definisce Aezio l’ultimo dei Romani ( BV I 3, 14). 62 Sulla politica antibarbarica di Valentiniano si rimanda a Zecchini, Aezio, cit., 174-176. 63 Molè Ventura, Uno storico del V secolo, cit., 44 e n. 99. Ricordiamo invece che il Burgess scarta l’ipotesi di una sua origine aristocratica (vedi nota infra, 11). 64 Hyd. 142. Si veda la tabella in Tranoy, Hydace. Chronique, cit., II, 60. L’elenco passa dal 41° imperatore Teodosio al 42° Marciano. 65 Sposa la prima ipotesi Zecchini, Aezio, cit., 192, per la seconda Tranoy, Hydace, cit., II, 75. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 301 ancora esserci margini per una risoluzione pacifica del conflitto, annota con distacco la sconfitta di Andevoto, al quale Valentiniano III aveva fornito grandi ricchezze finite poi preda degli Svevi. 66 Più feroci sono, invece, i giudizi dell’autore del Chronicon sul magister utriusque militiae Vito, anch’egli probabilmente uomo di Valentiniano III, inviato in Spagna all’indomani del ritiro del generale filo-eziano Merobaude. 67 Vito, che nel 446 si porta nel sud della penisola iberica con un grosso contingente di ausiliari, 68 non solo vessa e deruba gli abitanti della Betica e della Carthaginiensis, cittadini romani, ma quando si trova dinnanzi all’esercito svevo di Rechila, subisce un’umiliante sconfitta e si dà ad una vergognosa fuga (territus miserabili timore diffugit) che permette ai barbari di saccheggiare indisturbati i villaggi delle province meridionali. Per Idazio, Vito è dunque un predone ed un vigliacco allo stesso tempo. Come ha rilevato Zecchini, l’identità di vedute tra il vescovo galiziano ed Aezio in merito alla politica da adottare nei confronti dei barbari, appare pressoché totale. 69 Entrambi sono favorevoli alla soluzione diplomatica dei problemi ed entrambi si sforzarono di raggiungere questo risultato, pur con mezzi differenti. 70 Nel 430 gli Svevi cercano di saccheggiare alcune zone interne della Galizia ma, poco numerosi e mal organizzati, vengono respinti dagli abitanti; 71 l’anno successivo, però, gli uomini guidati da Ermerico riprendono con maggior successo i raids contro i Galiziani, danneggiandoli a tal punto che Hydatius episcopus ad Aetium ducem […] suscipit legationem, in nome e per conto dei Galiziani. 72 Il Chronicon si rivela ancora un prezioso strumento e Idazio si conferma un fine conoscitore dei meccanismi della politica. Infatti, subito dopo la notizia dell’ambasciata ad Aezio, Idazio annota che i Goti guidati da Vetto 73 provano a stringere accordi con gli Svevi: 74 comprendiamo così che non sono solo i danni materiali provocati dagli Svevi a spingere i Galiziani a chiedere aiuto all’Impero, ma soprattutto la preoccupazione di una alleanza tra Svevi e Goti, che avrebbe potuto stringere in una morsa fatale la popolazione locale, come in effetti avverrà alcuni anni dopo. Idazio parte dunque per la Francia e, dopo avere atteso ad Arles il rientro di Aezio dalla campagna contro i Franchi nella Gallia del nord, incontra il generale che, avendo a cuore le sorti della Spagna, lo rimanda in Galizia in compagnia di Censorio, che diviene di fatto il responsabile di Aezio per gli affari iberici. 75 Su questa nota ambasceria è opportuno fare alcune considerazioni. Innanzitutto è sintomatico che Idazio non si rechi alla corte di Ravenna a cercare aiuto (anche perché presso la capitale si stava consumando un’aspra lotta tra i fautori di Aezio e quelli di Galla Placidia) 76 ma ad Arles, dove si trova l’unico 66 Hyd. 114 a. 438. Zecchini, Aezio, cit., 194-195. 68 Hyd. 134. Il Tranoy, più che Valentiniano III, dietro questa spedizione vede la longa manus dei Visigoti che volevano estendere i loro interessi anche in Iberia (Tranoy, Hydace, cit., II, 84). 69 Zecchini, Aezio, cit., 189; Sirago, Galla Placidia, cit., 339-342. Su Idazio come fonte di Aezio si veda anche Zecchini, Aezio, cit., 67-71. 70 Zecchini, Aezio, cit., 189. 71 Hyd. 91 a. 430. 72 Hyd. 96 a. 431. 73 Torres Rodriguez (Hidacio, el primer cronista español, cit., 778) sospetta che Vetto sia inviato da Aezio agli Svevi, ma non si comprende bene su quali basi formuli tale ipotesi. 74 Hyd. 97. 75 Hyd. 98. 76 Hyd. 99. E non v’è dubbio che Idazio ne fosse pienamente cosciente, come dimostra la notizia riportata nel capitolo successivo. 67 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 302 uomo in grado di aiutare i galiziani. 77 Inoltre è indicativo che a capo dell’ambasciata, organizzata e gestita dalla Chiesa, c’è proprio Idazio, scelto probabilmente su indicazione di un sinodo di vescovi galiziani. Questa missione diplomatica è la controprova della sostanziale latitanza delle autorità civili in Galizia: i vescovi assumono il ruolo di portavoce delle esigenze dell’aristocrazia e del popolo galiziano, sono proiettati in primo piano nella vita politica e diventano protagonisti dell’attività diplomatica. 78 Un ruolo ancora più delicato tocca ai prelati galiziani nel 433 quando, a causa del peggioramento della situazione a Ravenna, Aezio è costretto a richiamare Censorio. Per quell’anno il Chronicon registra che, sub interventu episcopali, è conclusa una nuova pace tra Svevi e Galiziani. 79 Sebbene la pace sia stata poi ratificata da Aezio nel 438, appare chiaro che le trattative vengono portate avanti direttamente dai vescovi galiziani che si sostituiscono temporaneamente alle autorità civili assenti. Tuttavia, leggendo attentamente il Chronicon si nota qualcosa di incongruente: infatti, a garanzia della pace appena conclusa, i Galiziani devono fornire alcuni ostaggi agli Svevi. Ora, normalmente, gli ostaggi vengono forniti dal contendente più forte a garanzia del rispetto degli accordi, pena lo sterminio dei prigionieri stessi. In questo caso sembra che siano piuttosto gli Svevi, da Idazio normalmente dipinti come aggressori, a temere che i Galiziani non rispettino gli accordi. Tutto questo ci fa supporre che la situazione in Galizia sia molto confusa e assai più complessa di quanto non voglia farci credere il nostro autore, nella sua presentazione ellittica dei fatti, che finisce per essere tendenzioso: 80 la Galizia deve essere stata teatro di una guerra tra Galiziani e Svevi, con i primi più forti nelle zone urbane meglio fortificate e gli altri padroni incontrastati delle zone montagnose. 81 Dunque, la pace che viene stipulata grazie ai vescovi, non serve tanto a difendere i Galiziani dai barbari, ma a porre termine ad una guerra che deve aver danneggiato non poco l’economia di questa regione, già di suo poco florida. Una peculiarità della cronaca di Idazio è che, pur essendo universale nella strutturazione, nelle intenzioni e soprattutto nei modelli seguiti (Eusebio e Girolamo), restituisce una visione settoriale della storia del V secolo, con una particolare attenzione alla Galizia. 82 Per questa ragione il problema che più direttamente interessa l’autore è quello dei rapporti tra la sua comunità e gli Svevi, 83 i quali, già all’indomani della partenza dei Vandali, diventano più aggressivi ed estendono le proprie mire anche a parte del resto della penisola. 84 Giunti nella penisola iberica insieme a Vandali ed Alani 77 Zecchini, Aezio, cit., 188; «Quasi-imperial authority» dice Gillet, Envoys and political communication, cit., 56. 78 Tranoy, Hydace, cit., II, 65. 79 Hyd. 100. 80 Gillet, Envoys and political communication, cit., 55. 81 Tranoy, Hydace, cit., II, 67. 82 Gillet, Envoys and political communication, cit., 54. Per tale ragione il Chronicon, almeno da un punto di vista puramente formale, è stato definito una cronologia di “tipo misto” in quanto segna il passaggio graduale dalla storiografia universalistica a quella nazionale spagnola (D. Sanchez Alonso, Historia de la historiografia Espaňola, Madrid 1941, 72-74; ma si vedano le osservazioni della Molè Ventura, Uno storico del V secolo, cit., 153-157). 83 Per gli Svevi in Spagna si rimanda a L.A. García Moreno, História de la España Visigoda, Madrid 1989 con relativa bibliografia. Gli Svevi sono il popolo più presente in assoluto nel Chronicon, esattamente in 41 paragrafi. 84 Tranoy, Hydace, cit., I, 28-33. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 303 nel 409, nel 411 partecipano alla spartizione della Spagna ottenendo la Galizia, 85 ma sono sostanzialmente innocui per i Galiziani fino a quando i Vandali restano in Spagna. Nel 438 Aezio intende ratificare l’accordo del 433, tra vescovi galiziani e Svevi, inviando in Spagna Censorio e Fretimondo come ambasciatori presso gli Svevi, 86 i quali confermano la pace cum parte plebis Gallaeciae cui adversabantur. 87 Ancora una volta le parole di Idazio necessitano di una attenta riflessione, dato che il testo asserisce chiaramente che gli Svevi sono in guerra solo con una parte dei Galiziani, anche se non specifica quale parte. Gli Svevi devono avere un controllo quasi totale delle zone rurali della Galizia, dove il priscillianesimo è maggiormente diffuso, mentre gli ibero-romani tengono in mano le città più facilmente difendibili, più romanizzate e poste sotto lo stretto controllo del potente episcopato cattolico. 88 I Galiziani che vivono nelle zone più rurali, dunque, convivono pacificamente con gli Svevi. 89 Questo spiegherebbe perché il testo sottolinei che gli accordi di pace con i barbari riguardano solo una parte della comunità galiziana, ossia quella urbanizzata e cattolica. Nel 448 a Rechila succede il figlio Rechiario, il primo sovrano barbaro del quale si ricordi la conversione al cattolicesimo, 90 anche se questo non impedisce al re svevo, appena insediatosi tamen sine mora come sottolinea disilluso Idazio, di saccheggiare la Betica. Idazio, da buon politico, comprende subito che questa conversione, dettata da calcoli politici del re, non avrebbe mutato la politica degli Svevi nei confronti dei Galiziani. Una mossa di Rechiario che inizialmente si dimostra vincente è l’alleanza con i Goti di Teodorico I, attraverso il matrimonio del re svevo con la figlia di quello goto. 91 Non conosciamo gli accordi stipulati tra i due sovrani, anche se possiamo intuire che i Goti lascino campo libero in Iberia agli Svevi che, in cambio, appoggiano gli uomini di Teodorico I nello scontro contro gli imperiali. Tuttavia la stella di Rechiario è destinata a eclissarsi rapidamente. Dopo l’assassinio nel 451 del re goto Teodorico I, 92 Rechiario temendo di restare isolato, giacché il successore Teodorico II è filo-romano, accetta di restituire all’Impero la provincia Carthaginiensis, 93 ma dopo la morte di Valentiniano III inizia nuovamente a depredare gli abitanti della regione. 94 I tentativi di Romani e Goti di 85 Hyd. 49 a. 411. Hyd. 111 a. 438. 87 Hyd. 113 a. 438. Sull’utilizzo del temine plebs in Idazio, in senso tutt’ altro che dispregiativo, si veda Gillet, Envoys and political communication, cit., 58-60. 88 R. Gibert, El reino Visigodo y el particolarismo espaňol, in I Goti in Occidente. Problemi, Settimane di Studio del CISAM (Spoleto, 29 marzo - 5 aprile 1955), III, Spoleto 1956, 562. 89 Tranoy, Hydace, cit., I, 41 e Zecchini, Aezio, cit., 191. Entrambi rigettano l’ipotesi del Thompson (The Visigoths from Fritigern to Euric, «Historia» XII (1963), 118 e n. 52) che in questa frase potesse celarsi un qualsiasi riferimento alla presenza di Bacaudae in Galizia. 90 Hyd. 137 a. 488 e Guidetti, Vivere tra i barbari, cit., 236. Secondo il Garcia Moreno la scelta da parte di Rechiario di abbracciare il cattolicesimo nasce in contrapposizione politica alla monarchia dei Vandali Hasdingi di Gunderico: «El catolicismo de Requiario resulta explicado a la luz de las hostilidades y competitividad surgidas entre las diversas monarquìas militares germanicas que luchaban por conseguir la supremacìa en Espaňa el la primiera mitad del siglo V» (Garcia Moreno, La iglesia, cit., 45). Rechila imposta nei confronti dei Romani una politica aggressiva, che lo porta a sconfiggere Andevoto, a sconfinare in Lusitania e a imprigionare Censorio. 91 Hyd. 140 a. 449. Si veda anche Tranoy, Hydace, cit., I, 87. Teodorico, che aveva iniziato a stringere accordi politici in funzione di un suo progetto di espansione a danno dei romani sin dal 432, aveva dato in sposa sua figlia a Rechiario. In questa cornice si inserisce anche lo sfortunato matrimonio di sua figlia Eudossia con il vandalo Hunirix, il figlio di Gaiserico. 92 Hyd. 152 a. 451. 93 Hyd. 155 a. 452. 94 Hyd. 168 a. 455. 86 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 304 venire a patti con gli Svevi, tentativi ben evidenziati da Idazio, sono però vani. 95 Teodorico II decide di intervenire personalmente contro gli Svevi: nel 455 entra in Spagna, sconfigge Rechiario che perde la vita 96 e saccheggia Braga. 97 Idazio non può che essere soddisfatto dell’apparente, totale disfatta del popolo che più ha danneggiato la sua Galizia disattendendo spesso gli accordi stipulati, illudendosi anche che il nefasto nemico sia scomparso per sempre: regnum destructum et finitum est Suevorum. 98 Anche se gli avvenimenti successivi dimostreranno il contrario. 99 Oltre quaranta anni fa Francesco Giunta ha notato come il Chronicon di Idazio ha tra le prime notizie quella dell’infida pax che nel 382 i Goti concludono con i Romani 100 e si chiude con i feroci saccheggi goti di Astorga ed in Lusitana. 101 Idazio ha le sue buone ragioni per ritenere i Goti, oltre che nemici della sua terra, nemici dell’Impero più temibili degli stessi Svevi. Rispetto a questi ultimi, infatti, i Goti sono militarmente più forti, politicamente meglio organizzati tanto da essere riusciti ad occupare stabilmente una regione importante come l’Aquitania 102 e godono della protezione dell’Augusta Galla Placidia, 103 nominalmente loro regina. Ma non sono solo queste le ragioni per cui Idazio stigmatizza il popolo goto, quanto piuttosto per il fatto che costoro, pur avendo più volte dichiarato di agire in nome e per conto dell’autorità romana, si rivelano alleati infidi, attenti esclusivamente al loro tornaconto personale. Nel 416 ad Ataulfo, marito di Galla Placidia succede re Vallia che dopo avere concluso un accordo con Costantius si dirige in Spagna e lì Romani nominis causa stermina quasi completamente Vandali Silingi e Alani. 104 Idazio non solo ha piena coscienza della debolezza della corte di Ravenna, costretta dalla necessità a rivolgersi a pericolosi federati per risolvere questioni in zone periferiche, ma assai delicate dell’impero; ma soprattutto sa quanto possono essere inaffidabili i re barbari. Esempio di questa “perfidia” e inaffidabilità è il re goto Teodorico II. Nel 455 questi muove contro gli Svevi alla guida di un grosso esercito cum voluntate et ordinatione Aviti imperatoris 105 e, avuta la meglio su di un imponente contingente guidato da Rechiario, 106 marcia alla volta di Braga, extremam civitatem Gallaeciae, 107 che subisce un 95 Hyd. 170 e 172 a. 455. Hyd. 175 e 178 a. 476. 97 Hyd. 174 a. 455. Sul saccheggio di Braga torneremo a breve quando ci occuperemo dei Goti. 98 Hyd. 175. Questa frase del Chronicon potrebbe essere la dimostrazione che l’opera di Idazio è stata composta in due riprese: una prima del 455 ed una successiva, come indicherebbero anche altri indizi (Gillet, Envoys and political communication, cit., 48-50). 99 Infatti, nonostante il periodo di anarchia dovuto a scontri interni per la riassegnazione del potere, il regno svevo sopravvive ancora, pur sotto il controllo dei Goti. Per gli ibero-romani la situazione resta sostanzialmente immutata: paci fugaci, trattati spesso non rispettati ed aggressioni continue tra Galiziani, Svevi e Goti verranno denunciate dal Chronicon per gli anni successivi al 456 (Tranoy, Hydace, cit., I, 34). 100 Hyd. 7. 101 Hyd. 249 e 250 a. 469. F. Giunta, Idazio e i barbari, «Anuario de Estudios medievales» I (1964), 491-494. 102 Sirago, Galla Placidia, cit., 45. 103 Sirago, Galla Placidia, cit., 33-39. 104 Hyd. 60, 63, 67 e 68. Nonostante ciò, nel testo del vescovo di Aquae Flaviae non è possibile scorgere alcuna parola di lode per Vallia, al massimo si nota una malcelata gioia del vescovo per la riaffermazione nella penisola iberica del potere imperiale, seppur attraverso la mano armata dei Goti, una gioia resa forse un po’ amara a causa dei massacri che la spedizione del re goto aveva comportato. 105 Hyd. 173 a. 455. 106 Lo scontro avvenne nei pressi del fiume Urbico che si trovava nel territorio ricadente nel distretto giudiziario di Astorga. 96 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 305 pesante saccheggio, etsi incruenta, e molti dei suoi abitanti sono fatti prigionieri. La spedizione gota contro Braga è dettata da ragioni di ordine politico e militare, in quanto la città, di fatto, è la capitale del regno svevo. 108 Tuttavia è evidente lo sdegno di Idazio, per il fatto che Teodorico II, che almeno ufficialmente agiva in nome e per conto di Ravenna, oltre a prendere prigionieri numerosi Romani, profana e distrugge alcune chiese cattoliche. Idazio sa bene che i Goti non sono andati in Iberia per restaurare il potere imperiale e della Chiesa di Roma, quanto piuttosto per imporre il loro dominio. 109 Dopo Braga, Teodorico cinge d’assedio anche Merida, sebbene non riesca a conquistarla perché, narra Idazio, S. Eulalia terrorizza con grandi prodigi il re goto, che desiste dal suo proposito. 110 Dell’assalto goto di Merida Idazio è in pratica testimone oculare, o comunque attinge da fonti di prima mano. Per quale ragione, dunque, il cronista ricorre al “soprannaturale” per spiegare l’insuccesso militare di Teodorico II, piuttosto che porre in risalto la strenua resistenza dei cittadini di Augusta Emerita ai Goti? Gli abitanti, Svevi e Ibero-Romani, confidando nel buon sistema difensivo della città 111 e al corrente dei pesanti saccheggi subiti da Braga, decidono di opporsi compatti a Teodorico. Probabilmente Idazio, pur essendo soddisfatto che la città non cada in mano nemica, preferisce tacere che Svevi e Ibero-Romani, asserragliati dentro la città, lottino insieme per difendere le loro vite e i loro beni: un’alleanza trasversale, risultata alla fine vincente, ma che Idazio preferisce rimarcare. Poco dopo l’assedio di Merida muore l’imperatore Avito e Teodorico II comincia un saccheggio ancora più sistematico di altre città iberiche. In particolare la descrizione fatta nel Chronicon della presa di Astorga da parte del re goto, è assai più realistica, meno retorica e più cruda di quelle fin qui incontrate nel Chronicon idaziano: il re barbaro, dopo avere finto di volere la pace, conquista con l’inganno la città abbandonandosi ad un tremendo massacro degli abitanti, ad uno scempio dei luoghi sacri e costringe il clero all’esilio. Della città, conclude Idazio sconsolato, non resta nulla. 112 L’attenzione rivolta da Idazio alla diplomazia ed alla politica, ben maggiore di quella di qualsiasi altro autore a lui contemporaneo, fa apparire ai nostri occhi il vescovo di Aquae Flaviae come uno dei più attenti uomini politici, nel significato moderno del termine, di cui il Tardoantico abbia lasciato traccia. Equilibrato nella sua narrazione storica, immune da toni esaltati e convinto sostenitore dell’utilizzo della diplomazia per 107 Hyd. 174. Così Diaz (El reino suevo de Hispania, cit., 404), il quale precisa che tra gli Svevi non esisteva ancora un concetto di città dove avesse sede la corte, che era itinerante e seguiva il re. Tuttavia la lunga permanenza dei re svevi a Braga aveva fatto sì che la città divenisse la loro città simbolo insieme a Merida. 109 R. Teja, Sobre la actitud de la poblacìon urbana en Occidente ante las invasiones bàrbaras, «Hispania antiqua» VI (1976), 7-17. 110 Hyd. 182 a. 456. Sull’intervento del soprannaturale e sul catastrofismo in Idazio si vedano J. Arce, El catastrofismo de Hidacio y los cammellos de la Galecia, «Cuadernos Emeritenses» X (1995), 219-229 e S. Bodelón García, Idacio: prodigios y providencialismo en su Crónica, «Memorias de historia antigua» XVII (1996), 117-132. Burgess (The Chronicle of Hydatius, cit., 21) sostiene che Idazio sia rimasto profondamente influenzato da un’apocalisse apocrifa. Si trattava di una lettera di Cristo all’apostolo Tommaso, che rivelava che il mondo sarebbe finito nel 482 (su questa apocalisse si veda D.P. Bihlmeyer, Un texte no interpolé de l’Apocalypse de Thomas, «Revue Bénédectine» XXVIII (1911), 270-280). Toni apocalittici e le sue visioni catastrofiche sarebbero dunque state influenzate da questa fine imminente di cui Idazio, secondo il Burgess, era convinto. 111 Merida, infatti, era stata la sede, almeno teorica, del vicarius Hispaniae (Diaz, El reino suevo de Hispania, cit., 406). 112 Hyd. 186 a. 457. 108 ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306 Igor Gelarda, Guerre e diplomazia in Iberia nel Chronicon del vescovo Idazio | 306 la risoluzione dei conflitti. È chiaro che Idazio non ripudia la guerra tout court, la sua cultura e la sua mentalità non glielo permettono, ma l’uso delle armi è considerato come una soluzione estrema, solo dopo il fallimento dei tentativi di mediazione diplomatica, alla quale egli, da cattolico e da membro di una società stanca di conflitti e desiderosa di tranquillità, crede sinceramente. È innegabile, tuttavia, che in alcuni punti del Chronicon l’atteggiamento di Idazio appaia oscillante e rasenti la contraddizione seppur motivata da ragioni di carattere politico e pratico (come in alcune occasioni con gli Svevi o nel caso dei Bacaudae). 113 È proprio in queste occasioni che Idazio incarna quella contraddizione di fondo che ha riguardato, spesso, l’atteggiamento della chiesa cattolica sulla liceità e la necessità dell’uso delle armi. 114 Convivono, infatti, nell’autore istanze antimilitaristiche, tipiche del periodo evangelico, ed esigenze più pragmatiche che la chiesa elabora sin dalla fine del III secolo, quando l’appoggio allo Stato, divenuto gradualmente cattolico, significava spesso anche il sostegno alle sue scelte belliche. 115 Ma non è questa l’unica contraddizione che si può riscontrare nel Chronicon idaziano, dove è evidente il continuo dibattersi dell’autore tra l’obiettività pretesa e la presenza del soggettivo, tra volontà di assimilazione dei barbari e la coscienza dell’impossibilità che ciò avvenga veramente: antinomie che si possono comprendere solo in un contesto di contrasti e profonde lacerazioni della società nella quale Idazio vive ed opera. 116 La comunità ibero-romana, almeno a partire dalla metà del V secolo, ha preso coscienza che la situazione è irrimediabilmente mutata ed il progressivo, crescente pessimismo di Idazio ne è la prova. La società rappresentata dal vescovo, non solo quella dei ricchi possessores, ma anche quella delle comunità cittadine e religiose, 117 è una società che deve necessariamente accogliere il “nuovo”, tentando di assimilarlo spesso ad un prezzo molto alto per non esserne irrimediabilmente fagocitata. È in questa temperie politica e culturale di grande incertezza, ma anche di grande trasformazione, che inizia quel processo dal quale uscirà, nel giro di meno di due secoli, la nuova Spagna nazionale e visigotica. Igor Gelarda Università degli Studi di Palermo Dip. di Beni Culturali Viale delle Scienze-Ed.12 Facoltà di Lettere e Filosofia 90128 Palermo on line dal 23.05.2010 113 Per la Molè Ventura «la lettura della Cronaca ci dà comunque l’impressione di una serie di tentativi di Idazio, che, seppur a volte contrastanti tra di loro, erano fondamentalmente rivolti allo stesso scopo, trovare l’accordo e l’alleanza con gli invasori». (Uno storico del V secolo, cit., 31). 114 Sul concetto di pace nel cristianesimo antico la bibliografia è molto vasta, tuttavia per una visione di sintesi con relativa bibliografia si rimanda ai seguenti lavori: E. Butturini (a cura di), La nonviolenza nel cristianesimo dei primi secoli. Antologia di prosatori latini, Torino 1977; Id., La croce e lo scettro. Dalla nonviolenza evangelica alla chiesa costantiniana, S. Domenico di Fiesole 1990; P. Siniscalco, L’uomo e la pace in scritti cristiani del II e del III secolo, in R. Uglione (a cura di), La pace nel mondo antico, Atti del Convegno Nazionale di Studi, (Torino aprile 1990), Torino 1991, 257-275. 115 Il XII canone del Concilio di Nicea infliggeva pene severe per i soldati cristiani che disertavano (J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Firenze-Venezia 1759-1798, II, 673). Si veda anche Butturini (a cura di), La nonviolenza nel cristianesimo, cit., 1-13. 116 Molè Ventura, Uno storico del V secolo, cit., 283. 117 Zecchini, Aezio, cit., 68. ὅρμος - Ricerche di Storia Antica n.s. 1-2008/2009, 294-306