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Tratto da: Federico Batini (a cura di), Le storie siamo noi. Teorie e pratiche narrative nelle scienze umane, Liguori, Napoli 2009.
Eraldo Affinati, scrittore e giornalista, insegna italiano ai minorenni non accompagnati della Città dei Ragazzi. Marco Aime insegna Antropologia culturale all'Università di Genova. Ha condotto ricerche sulle Alpi e in Africa occidentale. Ferruccio Andolfi, docente di Filosofia della storia presso l'Università di Parma, dirige la rivista «La Società degli individui». Erri De Luca, scrittore, alpinista, collabora a diversi giornali, scrive anche sulla montagna. Rita Messori è docente di Estetica al Dipartimento di Filosofia dell'Università di Parma. Massimo Quaini, geografo umanista e storico della cartografia nell'Ateneo genovese, è consulente per la pianificazione territoriale. Davide Sapienza è scrittore, traduttore, giornalista e viaggiatore. Giuliano Scabia è drammaturgo e romanziere, dal 1973 è docente di drammaturgia al DAMS di Bologna. Italo Testa, saggista e poeta, è docente di Storia della filosofia politica all'Università di Parma.
L'identità in facciata si pone come obiettivo quello di investigare sulla possibile costruzione dell'identità del luogo usando come medium le facciate mediatiche e come mezzi la narrazione e la partecipazione. Si è deciso di cominciare con la definizione di città secondo un approccio umanista e sistemico, che possa evidenziare nuove problematiche e potenzialità, quali la globalizzazione e il decentramento urbanistico. Questi fenomeni hanno infatti portato a un'attenzione sempre maggiore sul senso del luogo, inteso come tutte quelle tematiche che hanno a che fare lo spazio e l'essere umano che lo usa e ci abita. Partendo dalla stretta relazione presente tra ethos del luogo e memorie sociali e personali, si è proceduto all'investigazione del tema della narrazione, intesa non solo come tecnica atta alla creazione di storie ma anche come processo cognitivo che influenza la percezione del mondo che circonda la persona che lo compie e incide sull'immagine che questa ha di sé. Per compiere un percorso comunicativo di memorie e narrazioni sul luogo, si è ritenuto opportuno lavorare sulla partecipazione, in modo tale che il risultato possa essere ritenuto il più inclusivo possibile. La partecipazione non è vista qui solo come la possibilità di permettere agli utenti di un mezzo di creare il proprio contenuto, ma permea l'idea progettuale stessa, al fine di coinvolgere più entità possibili nell'organizzazione e nella definizione di contenuti. Si è scelto di lavorare sulle facciate mediatiche perché le si ritiene un mezzo per sua natura pubblico e progettato per essere installato in un luogo urbano. Questa scelta, dettata anche dall'esperienza da me fatta presso BRENNEREI, ha determinato una riflessione ulteriore su quale potrebbe essere il ruolo di uno schermo in un luogo pubblico e urbano. Il progetto che si ipotizza in questa tesi, ID:BVS, si pone come percorso flessibile, partecipato e pubblico che possa portare gli utenti del luogo a riflettere su cos'è il luogo in cui sono. La modifica della percezione di un elemento esterno potrebbe portare le persone a cambiare anche il modo in cui agiscono nel mondo reale, dando forma così a ciò che siamo abituati ad avvertire con i sensi. Il sorprendente interesse mostrato dalle realtà educative e associative presenti nel quartiere scelto ha, da una parte, confermato l'esigenza di un lavoro sull'identità del luogo che vada al di là del branding e dell'urbanistica, mostrando dall'altra parte uno spontaneo sospetto sul ruolo commerciale che uno schermo del genere potrebe avere.
Desidero unirmi ai ringraziamenti già espressi dal prof. Ancillotti agli organizzatori di questo Convegno, al quale partecipo con entusiasmo. Cercherò di svolgere con voi una riflessione sul tema dell'amore per il nemico e questa mia riflessione prenderà avvio da un concetto, quello di differenziazione. La ragione è la seguente: il concetto di differenza, infatti, è intrinsecamente connesso a quello di identità e cercherò di spiegare la ragione.
Come sia possibile divenire se stessi e affermare se stessi è sempre stato un problema che come soluzioni ha avuto le più disparate visioni da parte di molti pensatori. Nella nostra vita possiamo identificare un inizio così come una fine, nascita e morte, ma nel momento in cui andiamo ad interrogarci su di esse si fa largo una sfumatura che ci annebbia la questione. Quello a cui possiamo fare maggiore riferimento quindi è il nostro vivere tra questi due confini indefiniti e non tracciabili geometricamente. La nostra esistenza come la storia di una vita che abbiamo la voglia e la necessità di raccontare e affermare, a volte perché ci viene richiesto, a volte perché ce lo richiediamo. La nostra identità sta tra il corpo e la mente. Ci percepiamo corporeamente nella nostra estensione cartesiana misurabile e ci percepiamo pensanti come esseri razionali. Il corpo tangibile, la mente inafferrabile. Che cosa determina quindi noi stessi? Cosa possiamo arrivare a dire sulla nostra identità che rimanga tale nel corso del tempo? Ricoeur identifica due tipi di identità, una idem e l'altra ipse 1. Quella idem che riguarda la medesimezza del nostro essere invariati nel tempo, per esempio il nostro nome; quella ipse che invece riempie e allo stesso tempo cela le infinite possibilità del nostro poter essere. Siamo quindi due identità distinte che condividono la stessa esistenza? Una res cogitans e una res extensa incomunicabili tra loro? Ecco, Ricoeur risolve questo apparente dualismo con la narrazione. Il racconto della nostra vita che unisce idem ed ipse e permette loro di entrare in contatto. Nella narrazione che facciamo di noi stessi raccontiamo la nostra esistenza e la parte del racconto che acquista maggiore importanza è l'intreccio stesso che Aristotele nella " Poetica " chiamava mythos 2. L'inanellarsi delle azioni permette di produrre, di creare come distruggere e dare origine al racconto. Potrebbe considerarsi la parte più logica della tragedia che allo stesso tempo ha a che fare con necessità e casualità. Così come la tragedia, anche la nostra vita è in bilico tra necessità e casualità, tra ciò che è concordante e ciò che è discordante. Questo mescolamento fa si che la vita proceda, che le azioni si susseguano e conseguano e che cambiamenti e svolte si presentino. Risulta quindi chiaro che la nostra identità non potrà mai essere statica ma sempre in divenire ed in continuo cambiamento, perché il racconto che facciamo da piccoli 1 P. Ricoeur L'identità narrativa (traduzione di Anna Baldini) 2 Mythos: è un termine greco che significa, in origine, semplicemente: parola, discorso.
In Bianchi, A. and Leghissa, A., eds, 2015. Mondi Altri Milano: Mimesis., 2016
"Massimiliano Viel (“Quello che riconosciamo”) si sofferma su come nella cultura della globalizzazione l’essere umano sia tendenzialmente docile ai cambiamenti e ciò, secondo lo studioso, in quanto il soggetto fatica ad accorgersi di essi preso com’è dal concentrarsi sulla figura e non sullo sfondo che muta con gli individui. «Siamo pronti ad abbracciare abitudini che mai avremmo accolto se avessimo avuto la possibilità di scegliere, perché costretti dalla deriva dei riconoscimenti, ben pilotata da chi controlla la statistica di ciò a cui siamo esposti» (p. 236). Viel sostiene che le strategie di liberazione si trovano a dover seguire il percorso dei riconoscimenti opponendosi a quelle identità; non è sufficiente essere disponibili all’altro, è necessario neutralizzare «la potenza oggettivante dei processi coercitivi di formazione identitaria e di soggettivazione […] Bisogna dunque recuperare la responsabilità verso le nostre operazioni di distinzione guidandole verso obiettivi che siamo alternativi a quanto ci propongono i media e, se possibile, attuare strategie di sovversione percettiva» (p. 237)." Dalla recensione di Gioacchino Toni [ https://www.carmillaonline.com/2016/08/30/nemico-immaginario-postumano-soggettivazione-emancipatoria-nuove-forme-dominio/]
ebook, 2022
Sconvolgente è la fine del mondo in cui siamo nati e divenuti adulti, il mondo di architetture morali e materiali dentro il quale abbiamo potuto reggere mali e dolori senza perdere noi stessi. La storia indaga precisamente questo ambito in cui siamo nati e in cui moriamo avendo un senso e nutrendoci di un valore. La morte vera sta nella perdita della memoria. Essere perduti alla memoria del proprio mondo sottrae, per la consustanzialità di individuo e comunità, anche sé stessi alla propria. I romani, che avevano le idee molto chiare in proposito, commutavano la pena capitale nell’esilio e nella damnatio memoriae. Per dare un significato al nostro presente indaghiamo il passato. Per quale ragione la memoria è tanto essenziale al punto che toglierla e togliere la vita sono un’unica cosa? L’uomo cerca il suo passato per riappropriarsi di sé. Ogni problema storico è problema di storia contemporanea. Lo storico indaga ciò che lo riguarda e che riguarda la base del suo tempo. Per definire e consolidare l’identità dobbiamo cogliere il significato del «nostro» tempo. Quanto più alto sarà il criterio con cui ci volgiamo a conoscere il passato e a interpretare eventi e fatti di noi stessi e degli uomini reali, tanto più ampio sarà il criterio con cui ci impegneremo a promuovere la vita e la libertà contrastando il male nella forma che si presenterà alla nostra attualità.
Archeo, n. 322
n otiz iario 14 a r c h e o Q uattro anni fa, il Palazzo delle Esposizioni ospitò una mostra (magnifica) sulla vita e l'opera del regista statunitense Stanley Kubrick e, pochi giorni fa, negli stessi spazi, ha aperto i battenti Homo sapiens, progetto espositivo che si fa carico del non facile compito di ripercorrere e illustrare gli oltre due milioni di anni di storia della specie umana.
Narrazioni e identità, 2012
Non siamo più quelli che eravamo e dobbiamo moltiplicare le nostre identità. Spesso però si ignora che c'è un altro aspetto della molteplicità che riguarda il presente: nella definizione di noi coesistono diverse parti e l'esperienza dell'incertezza nasce proprio dal fatto che non solo non ci possiamo identificare stabilmente nel tempo, ma nell'istante dato non siamo in grado di identificarci totalmente con una sola di queste parti, e in ogni caso dobbiamo scegliere.[...] Si assiste a processi di rinaturalizzazione e risacralizzazione dell'identità, insieme all'emergere di forti disuguaglianze nelle capacità di individuazione. Identità stabili e chiuse, fondamentalismi religiosi o tenici, tendenze alla massificazione, sono l'altra faccia dei processi appena descritti. […] l'identità si configura sempre più come un campo piuttosto che come una realtà essenziale, come un sistema di coordinate o di vettori di significato, con possibilità e limiti che possiamo riconoscere e che contribuiamo a definire." (Melucci, 1991, pp.107-108) Nelle scienze umane e sociali i concetti, le teorie e i metodi vivono alterne fortune, anche oltre alle questioni epistemologiche e i dati empirici che le sostengono e che contrappongono i vari orientamenti della ricerca e della conoscenza (delle considerazioni di sintesi si trovano in Sparti, 2002).
Journal of Folklore Research
Journal of Law, Policy and Globalization, 2018
Liceras-Garrido, R.; Quintero Cabello, S.A. y Jimeno, A. (2023): De la Numancia imaginada a la evidencia arqueológica: las fortificaciones de la segunda Edad del Hierro. Pyrenae 54(1): 83-104. https://doi.org/10.1344/Pyrenae2023.vol54num1.4, 2023
L’Église dans la mondialisation L’apport des Communautés nouvelles Colloque de Rome
Shem nelle tende di Yafet. Ebrei ed ebraismo nei luoghi, nelle lingue e nelle culture degli altri Jews and Judaism in non-Jewish places, languages and cultures, 2019
LEONIDAS PAPOULAKIS , 2016
Epilepsy & Behavior, 2013
Information Communication & Society, 2024
Bangladesh Journal of Obstetrics & Gynaecology, 1970
ICICS 2011, 2011
Gait & Posture, 2005
http://isrctn.com/, 2016
Lecture Notes in Computer Science, 2004
British Journal of Haematology, 2007
The Anatomical Record: Advances in Integrative Anatomy and Evolutionary Biology, 2009