Un film di ossessioni cosmiche ed emicranee da dopo sbronza. Con parecchi funghi allucinogeni
Irlanda sempre più al centro della scena
horror europea e mondiale: dopo The Hallow e A Dark Song, un nuovo esempio di cinema elegante, dal gusto
rurale e ben lontano dalla facile archiviazione. Qui siamo su territori molto
personali, Without Name
è un disturbate horror psicologico che forse non avrà l'impatto e la
consistenza dei due titoli precedenti, ma che non scherza in quanto
ad aggressività e assalto visivo. La storia è quella di un ricercatore universitario
sull'orlo della distruzione: un matrimonio che non funziona, un'amante
giovanissima che non comprende realmente, un lavoro che forse non apprezza, e
la solitudine di un incarico, quello di misurare e raccogliere dati di una zona
di un bosco, che gli sta sfasciando lentamente il cervello. Abbiamo quindi un
film dove, come forse si può intuire, realtà e incubo si sovrappongono
creando uno strato incomprensibile e di totale smarrimento, scaraventando più
volte ogni cosa in un inferno lynchano dove la sequenza temporale è scardinata
e si viene sommersi da visioni paralizzanti.
In apparenza allora un’opera inaccessibile
di follia e sulla follia, una di quelle scatole cinesi che forse lasciano
più spaesati che meravigliati, ma in realtà è un esperimento molto
composto, attento e ben strutturato, che non necessita del sacrificio di chi
guarda per una ingresso anche solo contestuale a ciò che accade. Without Name è infatti, prima di
tutto, un vero e proprio trip lisergico che Lorcan Finnegan, alla sua
prima regia su lunga distanza, non teme di caricare (a base di funghi
allucinogeni) con lunghe sequenze di luci stroboscopiche che fanno uscire gli
occhi dal cranio (di certo non aiuta averlo visto a colazione, ma l’horror lo
si vive ventiquattr’ore su ventiquattro), e questo trasmette uno straniamento lisergico
che colpisce molto più a fondo di una più morbida destrutturazione sensoriale.
La progressiva distruzione dello
sgradevole Eric è molto più umana e in qualche modo molto più comprensibile di quello che
può apparire dopo i primi sconquassamenti visivi/sonori, e va grande merito a Finnegan
per riuscire a mantenere intatta l'atmosfera genuinamente horror partorita
dalla natura inspiegabile e dall'entità cosmica che pare dominarla, attraverso una regia splendida, una narrazione lenta e
silenziosa, priva di colonna sonora se non per alcune nauseanti litanie
rumoriste, e una vicenda fatta di immagini e di sensazioni che fanno provare
quel dolore sottopelle tipico della febbre. Da provare.
Proverò! Grazie per il consiglio!
RispondiEliminaDi nulla :)
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