Papers by Massimiliano Frenza Maxia
Roma, IAI, dicembre 2020, 19 p. (IAI Papers ; 20|48), ISBN 978-88-9368-170-4, 2020
La leadership cinese ha da tempo dato il proprio assenso a una duplice operazione che ha come obi... more La leadership cinese ha da tempo dato il proprio assenso a una duplice operazione che ha come obiettivo dotare il "Regno di mezzo" di due nuove tecnologie che rischiano di trasformarsi in cyber armi decisive nella competizione con gli Usa: la "blockchain statale" e lo yuan digitale. L'obiettivo è triplice: contendere al dollaro il ruolo di moneta di riferimento per gli scambi internazionali, favorire la penetrazione cinese in Africa e Asia e, infine, utilizzare i meccanismi alla base di tali tecnologie per accrescere la capacità di controllare, mappare e orientare i criteri d'acquisto, bisogni e "simpatie" di vasti strati di consumatori in tutto il mondo. L'infosfera rappresenta per la Cina il principale terreno in cui giocare la competizione con gli Usa.
IAI Papers, 2020
La leadership cinese ha da tempo dato il proprio assenso a una duplice operazione che ha come obi... more La leadership cinese ha da tempo dato il proprio assenso a una duplice operazione che ha come obiettivo dotare il "Regno di mezzo" di due nuove tecnologie che rischiano di trasformarsi in cyber armi decisive nella competizione con gli Usa: la "blockchain statale" e lo yuan digitale. L'obiettivo è triplice: contendere al dollaro il ruolo di moneta di riferimento per gli scambi internazionali, favorire la penetrazione cinese in Africa e Asia e, infine, utilizzare i meccanismi alla base di tali tecnologie per accrescere la capacità di controllare, mappare e orientare i criteri d'acquisto, bisogni e "simpatie" di vasti strati di consumatori in tutto il mondo. L'infosfera rappresenta per la Cina il principale terreno in cui giocare la competizione con gli Usa.
Models of Strategic Communication in support of Hybrid Warfare: the impact of Hamas's propaganda apparatus, 2019
Strategic communication, which has always existed, has taken on a central role in the field of hy... more Strategic communication, which has always existed, has taken on a central role in the field of hybrid warfare in the last decade. Russia, for example, has made it an important and central asset, if not greater, than the traditional military components. In the famous Gerasimov Doctrine, the Chief of the Defense Staff of the Russian Federation has even theorized a ratio of the proportion of 1 to 4 between military measures and that are not strictly military measures, and between these, a fundamental role is assigned to Info-ops. Hamas has learned his lessons and also combined this with the practical application during the 2014 war against Israel.
MODELLI DI COMUNICAZIONE STRATEGICA A SUPPORTO DELL’HYBRID WARFARE: L’APPARATO DI PROPAGANDA DI HAMAS, 2019
La comunicazione strategica, sempre esistita, nell'ultimo decennio ha assunto un ruolo centrale n... more La comunicazione strategica, sempre esistita, nell'ultimo decennio ha assunto un ruolo centrale nell'ambito dei mezzi a supporto della guerra ibrida. La Russia ad esempio ne ha fatto un asset importante e centrale, al pari se non maggiore delle tradizionali componenti militari. Nella celebre Dottrina Gerasimov il capo di stato maggiore della difesa della Federazione Russa ha addirittura teorizzato un rapporto di proporzione di 1 a 4 fra misure militari e misure non strettamente militari, ove per queste ultime un ruolo fondamentale è assegnato alle Info-ops. Hamas, sfruttando le potenzialità dei social media ha dimostrato di saper utilizzare tale "nuova" arma nella guerra ibrida contro Israele.
Dalle Global Cities alle Polis: rischi e opportunità per lo Stato Nazione nel XXI secolo, 2019
Introduzione Siamo nel 1994, è da poco caduto il Muro di Berlino, l'Unione Sovietica si è dissolt... more Introduzione Siamo nel 1994, è da poco caduto il Muro di Berlino, l'Unione Sovietica si è dissolta. L'emisfero occidentale è in piena sbornia globalista e Francis Fukuyama si spinge a decretare la "fine della storia" [1]: il modello del capitalismo liberale e della democrazia occidentale vive il suo apice. È in questo contesto che una sconosciuta sociologa della globalizzazione, l'olandese Saskia Sassen[2], dà alle stampe quello che a tutti gli effetti sarebbe diventato il manifesto che restituiva alle "città globali" un ruolo geo-politico primario. Detto altrimenti, mentre qualcuno preconizzava un "nuovo secolo americano", ed i più attenti vi accostavano l'affacciarsi della Cina come nuovo attore globale, così da aversi, in ultima istanza, il rinnovarsi di una contesa imperiale a due con la Cina al posto dell'URSS, la sociologa olandese assegnava alle "global cities" un rinnovato ruolo geopolitico e una posizione primaria e sovranazionale nella competizione globale. Piccole o grandi città che, come attori geopolitici autonomi, avrebbero iniziato a dialogare tra loro, smarcandosi sempre più dagli indirizzi politici degli stati nazione che da secoli le ospitano, diventando a tutti gli effetti realtà indipendenti dagli stati stessi e interdipendenti tra loro. Nel pensiero della Sassen di inizio anni novanta, un determinato numero di realtà metropolitane a livello mondo, perfettamente interconnesse tra loro all'interno dei mercati finanziari e delle merci, ma anche accomunate da sistemi culturali e sociali di riferimento omogenei, nonché cosmopolite per razza e religione, simili più tra loro che con le altre città delle nazioni di ubicazione, avrebbero iniziato a divenire realtà fattualmente autonome e via via sempre più indipendenti. Queste città, tra cui New York, Londra, Parigi, Hong Kong ecc, si sarebbero ritrovate sempre più all'interno di un modello di riconoscimento reciproco, che non nella dialettica interna ai rispettivi hinterland e periferie, finendo per interconnettersi globalmente e disconnettersi localmente. Alle soglie della fine del primo ventennio del secondo millennio, possiamo affermare che tale profezia si è andata avverandosi.
Finanza islamica: un'opportunità non ancora sfruttata dal sistema bancario italiano, 2019
A partire dalla crisi innescata dal fallimento di Lehman Brothers, ormai più di 10 anni fa, ad og... more A partire dalla crisi innescata dal fallimento di Lehman Brothers, ormai più di 10 anni fa, ad ogni fase di mercato caratterizzata da incertezza e volatilità, e a seguito del venire meno dei fondamentali su cui si basano le strategie d'investimento tradizionali (si pensi semplicemente alla correlazione azioni-obbligazioni), gli analisti e i gestori si sono interrogati su come ricercare rendimento e diversificazione in mercati e prodotti che a vario titolo possono essere definiti "alternativi". La Finanza Islamica a vario titolo può offrire diverse opportunità, sia di diversificazione finanziaria ma anche di diversificazione di business per le banche occidentali.
Siria vs Libano: affinità, divergenze e possibili esiti fra due modelli di guerra civile, 2019
Da più parti si sente ripetere che la guerra civile siriana sta volgendo al termine, lo abbiamo s... more Da più parti si sente ripetere che la guerra civile siriana sta volgendo al termine, lo abbiamo scritto anche noi nel mese di Agosto. L'affermazione è di per sé vera, almeno nella misura in cui il regime Bashar al-Assad è sopravvissuto all'insurrezione determinata dall'insorgere della Primavera Araba nel 2011 e quindi alla nascita dello Stato Islamico. Oggi l'opposizione è confinata in poche zone, le province di Daraa nel sud e Idlib a nord e l'ISIS, oramai confinato nelle zone desertiche dello Syraq, sconfitto militarmente appare sulla difensiva. A completare il quadro vi sono poi le zone curde, oggi tatticamente alleate al regime di Damasco ma che fanno gola alla Turchia, soprattutto ora che gli USA si stanno disimpegnando. Alla luce di ciò, è quindi corretto dire che la guerra sta terminando, Damasco è in sicurezza, Aleppo è stata liberata, addirittura si comincia a parlare di ricostruzione, tutti elementi positivi. Nonostante ciò, forse sarebbe più corretto affermare che "una" guerra sta terminando e che l'instabilità in Siria sta entrando in una fase nuova, così come avvenne per il Libano post Accordi di Ta'if del 1990.
Dopo Gerusalemme Trump si prepara a riconoscere la sovranità israeliana sul Golan?, 2018
Mentre Israele è impegnato in una guerra di logoramento sul confine della striscia di Gaza e i me... more Mentre Israele è impegnato in una guerra di logoramento sul confine della striscia di Gaza e i media internazionali raccontano annoiati la solita routine di lanci di razzi e palloni incendiari da una parte e incursioni di rappresaglia e distruzioni di tunnel dall’altra, la situazione al confine nord e in particolare sulle Alture del Golan, sta inesorabilmente procedendo verso scenari molto più preoccupanti. La Russia, garante del regime di Assad, sfruttando l’incidente dello IL 21, settimana dopo settimana sta permettendo alle milizie iraniane di installarsi stabilmente in Siria. La zona cuscinetto che va dal confine giordano fino al monte Hermon, rappresenta il terreno in cui gli iraniani saggeranno la tenuta del perimetro israeliano e su cui l’amministrazione Trump potrebbe prendere nuove decisioni clamorose.
L'informazione come arma strategica: la guerra di Putin nell'Infosfera, 2018
Analisi dell'apparato di informazione e misinformazione russo e delle strategie di disseminazione... more Analisi dell'apparato di informazione e misinformazione russo e delle strategie di disseminazione mixed media e cross media operate dalle diverse agenzie di propaganda.
Un altro giro di giostra per gli equilibri in Medioriente, 2018
Negli ultimi tempi un nuovo acronimo si è fatto prepotentemente largo nell’universo concettuale d... more Negli ultimi tempi un nuovo acronimo si è fatto prepotentemente largo nell’universo concettuale del dibattito che ruota intorno all’interpretazione del mondo in cui viviamo. Questo acronimo è VUCA, termine coniato in ambito militare intorno agli anni ’90, che sta ad indicare un mondo governato da quattro variabili: volatilità, incertezza, complessità e ambiguità (volatility, uncertainty, complexity and ambiguity). La situazione nel Levante Arabo è il perfetto caso di scuola per chi volesse confrontarsi con tale contesto.
Santa Sede e Libano 1975-1990 L’approccio della Santa Sede alla questione libanese negli anni della guerra civile Tentativi di mediazione tra sinistre libanesi e destra cristiano-maronita, 2007
La centralità del Libano cristiano
La salvaguardia della cristianità orientale è probabilmente l... more La centralità del Libano cristiano
La salvaguardia della cristianità orientale è probabilmente la partita geopolitica più importante che la diplomazia vaticana è stata chiamata a giocare nell’ultimo cinquantennio. In tale contesto la questione libanese ha rappresentato, assieme all’irrisolto problema dello status giuridico di Gerusalemme, la maggiore criticità da affrontare. Le due fattispecie sono evidentemente legate fra loro, trovando comune origine (non solo nella percezione vaticana), nella “questione palestinese”, prima ed inesauribile fonte di conflittualità per l’intera area mediorientale.
Il Medio Oriente è la culla della cristianità e, se è vero che essa ha poi visto spostare il proprio baricentro, negli anni dello sviluppo e dell’affermazione, verso occidente, rimane il fatto che in oriente, oltre ai Luoghi Santi, permane una cospicua presenza di cristiani (latini e orientali), presenza da salvaguardare a tutti i costi. L’instabilità e la conflittualità dei “Luoghi Santi” sta, ormai da decenni, alimentando la diaspora cristiana dal medioriente. La perdita totale di una significativa, seppur minoritaria, presenza di cristiani in Medio Oriente, finirebbe per tagliare le basi teologiche, originarie e culturali su cui poggia la Chiesa di Cristo.
In tale contesto appare evidente la centralità del Libano, l’unica regione del Medio Oriente in cui la presenza cristiana, incarnata in particolar modo nella componente maronita, ma anche nelle altre componenti melchite, copte, siro-ortodosse e armene, è titolare di un ruolo istituzionalizzato al punto di non conoscere l’istituto del dhimmi . Il Libano, nei fatti, rappresenta l’unica compatta enclave cristiana in un panorama che, fatta eccezione per lo Stato di Israele, è completamente islamico.
Le premesse della ricerca
I quindici anni del conflitto libanese hanno visto la Santa Sede duramente impegnata nel relazionarsi continuamente fra i fragili equilibri libanesi; il Santo Padre Giovanni Paolo II, in numerose occasioni, è intervenuto per denunciare la mattanza in atto, arrivando persino ad indicare nella Siria uno dei mandanti del dramma in atto. Durante il conflitto si sono contati oltre centocinquanta pronunciamenti del pontefice dettati dal tentativo di disinnescare lo scontro dettato dai tre antagonismi tra loro connessi:
l’antagonismo tra gruppi cristiani, alimentato dal tentativo egemonizzante del partito di destra Kataeb;
l’antagonismo cristiano-musulmano, dovuto alla non volontà dei primi di ridiscutere gli equilibri costituzionali confermati dal Patto Nazionale del 1943;
l’antagonismo tra libanesi e palestinesi, dovuto alla perdita della piena sovranità nazionale libanese causata dalla presenza di combattenti palestinesi in armi sul suolo libanese e dalle mire siriane sul Paese dei cedri.
A complicare ulteriormente lo scenario sono intervenute più volte frizioni con il clero maronita, ed in particolare misura con gli ordini monastici libanesi, storicamente nazionalisti e su posizioni distanti rispetto a quelle assunte dalla diplomazia vaticana in relazione alla “questione palestinese”. Il clero maronita, in più di una occasione, ha rappresentato l’elemento di maggiore opposizione a quei principi conciliari, accusati di sacrificare i cristiani del Libano sull’altare del dialogo islamo-cristiano.
L’obiettivo della ricerca
La presente ricerca, ha quindi analizzato la capacità mediatrice della diplomazia vaticana rispetto a tali elementi di frizione e, si è prefissa il compito di giudicarne i risultati ottenuti ai fini della composizione del conflitto intercristiano in particolare e, del raggiungimento di una stabilizzazione regionale più in generale.
Le fonti utilizzate
Uno studio che riguardi la politica estera di una nazione dovrebbe necessariamente contemplare l’accesso diretto a documenti ufficiali, classificati e non, prodotti dalla “diplomazia” del Paese oggetto della ricerca. Nel caso di una nazione “particolare” quale è il Vaticano, questo non è sempre stato possibile.
Lo studio che va a compiersi ha quindi privilegiato quattro tipi di fonti:
fonti giornalistiche
Riconducibili alla stampa periodica di area cattolica, ufficiale e ufficiosa ed in particolar modo L’Osservatore Romano, La Civiltà Cattolica, Avvenire, Il Regno ed Argomenti Sociali;
fonti bibliografiche
Un selezionato numero di volumi incentrati sulla storia del Libano contemporaneo e sulla cristianità orientale;
fonti vaticane
Tutto quanto mi è stato possibile estrarre dalla documentazione fruibile sul sito www.vatican.va in riferimento agli anni 1975-1990 e in particolar modo appelli papali, documenti post sinodali, lettere apostoliche, esortazioni durante gli Angelus e pronunciamenti papali vari;
fonti derivanti da testimonianze dirette
Per quanto raccontatomi sugli anni del conflitto da padre Maged Maroun, monaco dell’Ordine Antoniano Maronita Libanese.
Materiale di supporto alla ricerca
Vista la complessità del tema trattato, si è preferito accompagnare la presente ricerca con una dettagliata cronologia degli eventi che hanno riguardato il Libano dal 1861 sino alla fine della guerra civile, strumento necessario al fine di periodizzare e contestualizzare gli eventi oggetto dell’analisi.
Le aziende e il Rischio Politico nel Mondo insicuro del XXI secolo, 2018
Le aziende a vocazione internazionale (global brand o anche semplici PMI), non di certo nuove al ... more Le aziende a vocazione internazionale (global brand o anche semplici PMI), non di certo nuove al problema della gestione del rischio paese (country risk), da oltre un ventennio vedono i propri team di risk management sempre più impegnati con una nuova fattispecie di danno potenziale, quello derivante dal rischio politico nell'era della globalizzazione e della digital transformation. Impatti sul business conseguenti da tensioni o conflitti su scenari locali, da crisi su supply chain eccessivamente delocalizzate o minacce provenienti dal mondo cyber, rappresentano una realtà molto frequente con cui confrontarsi quotidianamente. Un saggio intitolato Political Risk: How Businesses and Organizations Can Anticipate Global Insecurity (Twelve, London, May 2018), a firma Condoleezza Rice (ex segretario di stato USA alla presidenza Bush e ora docente a Stanford) e Amy Zegart (scienziata della politica a Stanford University), si pone come obiettivo quello di perimetrare un ambito ancora incerto e spesso non adeguatamente presidiato
La guerra tra Israele e Iran per il controllo del Golan, 2018
La situazione nel Levante Arabo e in particolare nella zona del Mashriq, l’area che fin dai tempi... more La situazione nel Levante Arabo e in particolare nella zona del Mashriq, l’area che fin dai tempi della Sublime Porta, indicava le attuali regioni di Israele, Palestina, Siria, Libano, Giordania, sud della Turchia, è caratterizzata in queste ultime settimane da un notevole fermento. Una guerra, quella siriana, sta auspicabilmente finendo, altri focolai vanno però accendendosi ai quattro angoli della regione. Il Golan in particolare sembra essere l’area in cui Israele e Iran potrebbero decidere di regolare questioni aperte da decenni.
Il nuovo Patriarca Kirill e la Chiesa ortodossa nella prospettiva neoimperiale russa, 2009
Kirill di Smolensk e Kaliningrand, al secolo Vladimir Michajlovič Gundjaev, è il nuovo Patriarca ... more Kirill di Smolensk e Kaliningrand, al secolo Vladimir Michajlovič Gundjaev, è il nuovo Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie. Kirill succede al defunto Alessio II, l’uomo che verrà ricordato come colui che ha saputo ricostruire a pieno la dignitas della Chiesa russa dopo i lunghi decenni dell’oblio sovietico. Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha provveduto alla nomina di Kirill a tempo di record, con il chiaro obiettivo di non lasciare la comunità dei fedeli senza una guida forte autonoma e capace di relazionarsi con il Kremlino, in un momento tanto fluido e delicato delle relazioni tra l’ortodossia russa e le altre chiese autocefale dell’ex impero sovietico. Kirill avrà il suo bel da fare per tenere a debita distanza le attenzioni del potere politico incarnato dalla diarchia Putin-Medvedev, entrambi ben consci dell’importanza dell’appoggio della Chiesa ortodossa, per il progetto di rinascita e piena restaurazione del ruolo russo nello scacchiere continentale. Se matrimonio ci sarà, lo stesso ha tutta l’aria di soddisfare i reciproci interessi, tuttavia non è affatto detto che sarà esente da scontri e momenti di incomprensione, vista la forte levatura del nuovo Patriarca.
ANALISI Libano: A chi conviene la destabilizzazione del Paese dei Cedri?, 2008
Negli ultimi mesi, è innegabile, il Libano corre veloce verso una pericolosa e progressiva destab... more Negli ultimi mesi, è innegabile, il Libano corre veloce verso una pericolosa e progressiva destabilizzazione, il moltiplicarsi di atti terroristici in tutto il Paese ne è il metro. Dalla fine della guerra tra Israele ed Hizb’Allah e il conseguente arrivo della forza UNIFIL, la tensione latente ha avuto più d’un picco. Al fine di analizzare le azioni in atto e determinare chi possa trarne guadagno, è necessario, in via preliminare, ripercorrere le tappe del processo di destabilizzazione in atto.
L’obiettivo della seguente analisi è quello di ricostruire un quadro allo stesso tempo sintetico e completo, a tal fine verranno quindi analizzati i fatti che vanno dalla fine della guerra dell’estate del 2006, combattuta nel sud del Libano dall’esercito di Israele contrapposto alla milizia di Hizb’Allah, fino all’omicidio a Damasco del capo dell’intelligence del Partito di Dio, Imad Mugniyeh.
La fenomenologia Tariq Ramadan, 2008
Il discusso intellettuale francese nelle analisi di due pubblicazioni in grande contraddizione tr... more Il discusso intellettuale francese nelle analisi di due pubblicazioni in grande contraddizione tra loro, Chi ha paura di Tariq Ramadan? di Nina zu Fürstenberg (Ed. Marsilio) e Frère Tariq, discours, strategie et methode de Tariq Ramadan (Ed. Grasset) della francese Caroline Fourest.
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Papers by Massimiliano Frenza Maxia
La salvaguardia della cristianità orientale è probabilmente la partita geopolitica più importante che la diplomazia vaticana è stata chiamata a giocare nell’ultimo cinquantennio. In tale contesto la questione libanese ha rappresentato, assieme all’irrisolto problema dello status giuridico di Gerusalemme, la maggiore criticità da affrontare. Le due fattispecie sono evidentemente legate fra loro, trovando comune origine (non solo nella percezione vaticana), nella “questione palestinese”, prima ed inesauribile fonte di conflittualità per l’intera area mediorientale.
Il Medio Oriente è la culla della cristianità e, se è vero che essa ha poi visto spostare il proprio baricentro, negli anni dello sviluppo e dell’affermazione, verso occidente, rimane il fatto che in oriente, oltre ai Luoghi Santi, permane una cospicua presenza di cristiani (latini e orientali), presenza da salvaguardare a tutti i costi. L’instabilità e la conflittualità dei “Luoghi Santi” sta, ormai da decenni, alimentando la diaspora cristiana dal medioriente. La perdita totale di una significativa, seppur minoritaria, presenza di cristiani in Medio Oriente, finirebbe per tagliare le basi teologiche, originarie e culturali su cui poggia la Chiesa di Cristo.
In tale contesto appare evidente la centralità del Libano, l’unica regione del Medio Oriente in cui la presenza cristiana, incarnata in particolar modo nella componente maronita, ma anche nelle altre componenti melchite, copte, siro-ortodosse e armene, è titolare di un ruolo istituzionalizzato al punto di non conoscere l’istituto del dhimmi . Il Libano, nei fatti, rappresenta l’unica compatta enclave cristiana in un panorama che, fatta eccezione per lo Stato di Israele, è completamente islamico.
Le premesse della ricerca
I quindici anni del conflitto libanese hanno visto la Santa Sede duramente impegnata nel relazionarsi continuamente fra i fragili equilibri libanesi; il Santo Padre Giovanni Paolo II, in numerose occasioni, è intervenuto per denunciare la mattanza in atto, arrivando persino ad indicare nella Siria uno dei mandanti del dramma in atto. Durante il conflitto si sono contati oltre centocinquanta pronunciamenti del pontefice dettati dal tentativo di disinnescare lo scontro dettato dai tre antagonismi tra loro connessi:
l’antagonismo tra gruppi cristiani, alimentato dal tentativo egemonizzante del partito di destra Kataeb;
l’antagonismo cristiano-musulmano, dovuto alla non volontà dei primi di ridiscutere gli equilibri costituzionali confermati dal Patto Nazionale del 1943;
l’antagonismo tra libanesi e palestinesi, dovuto alla perdita della piena sovranità nazionale libanese causata dalla presenza di combattenti palestinesi in armi sul suolo libanese e dalle mire siriane sul Paese dei cedri.
A complicare ulteriormente lo scenario sono intervenute più volte frizioni con il clero maronita, ed in particolare misura con gli ordini monastici libanesi, storicamente nazionalisti e su posizioni distanti rispetto a quelle assunte dalla diplomazia vaticana in relazione alla “questione palestinese”. Il clero maronita, in più di una occasione, ha rappresentato l’elemento di maggiore opposizione a quei principi conciliari, accusati di sacrificare i cristiani del Libano sull’altare del dialogo islamo-cristiano.
L’obiettivo della ricerca
La presente ricerca, ha quindi analizzato la capacità mediatrice della diplomazia vaticana rispetto a tali elementi di frizione e, si è prefissa il compito di giudicarne i risultati ottenuti ai fini della composizione del conflitto intercristiano in particolare e, del raggiungimento di una stabilizzazione regionale più in generale.
Le fonti utilizzate
Uno studio che riguardi la politica estera di una nazione dovrebbe necessariamente contemplare l’accesso diretto a documenti ufficiali, classificati e non, prodotti dalla “diplomazia” del Paese oggetto della ricerca. Nel caso di una nazione “particolare” quale è il Vaticano, questo non è sempre stato possibile.
Lo studio che va a compiersi ha quindi privilegiato quattro tipi di fonti:
fonti giornalistiche
Riconducibili alla stampa periodica di area cattolica, ufficiale e ufficiosa ed in particolar modo L’Osservatore Romano, La Civiltà Cattolica, Avvenire, Il Regno ed Argomenti Sociali;
fonti bibliografiche
Un selezionato numero di volumi incentrati sulla storia del Libano contemporaneo e sulla cristianità orientale;
fonti vaticane
Tutto quanto mi è stato possibile estrarre dalla documentazione fruibile sul sito www.vatican.va in riferimento agli anni 1975-1990 e in particolar modo appelli papali, documenti post sinodali, lettere apostoliche, esortazioni durante gli Angelus e pronunciamenti papali vari;
fonti derivanti da testimonianze dirette
Per quanto raccontatomi sugli anni del conflitto da padre Maged Maroun, monaco dell’Ordine Antoniano Maronita Libanese.
Materiale di supporto alla ricerca
Vista la complessità del tema trattato, si è preferito accompagnare la presente ricerca con una dettagliata cronologia degli eventi che hanno riguardato il Libano dal 1861 sino alla fine della guerra civile, strumento necessario al fine di periodizzare e contestualizzare gli eventi oggetto dell’analisi.
L’obiettivo della seguente analisi è quello di ricostruire un quadro allo stesso tempo sintetico e completo, a tal fine verranno quindi analizzati i fatti che vanno dalla fine della guerra dell’estate del 2006, combattuta nel sud del Libano dall’esercito di Israele contrapposto alla milizia di Hizb’Allah, fino all’omicidio a Damasco del capo dell’intelligence del Partito di Dio, Imad Mugniyeh.
La salvaguardia della cristianità orientale è probabilmente la partita geopolitica più importante che la diplomazia vaticana è stata chiamata a giocare nell’ultimo cinquantennio. In tale contesto la questione libanese ha rappresentato, assieme all’irrisolto problema dello status giuridico di Gerusalemme, la maggiore criticità da affrontare. Le due fattispecie sono evidentemente legate fra loro, trovando comune origine (non solo nella percezione vaticana), nella “questione palestinese”, prima ed inesauribile fonte di conflittualità per l’intera area mediorientale.
Il Medio Oriente è la culla della cristianità e, se è vero che essa ha poi visto spostare il proprio baricentro, negli anni dello sviluppo e dell’affermazione, verso occidente, rimane il fatto che in oriente, oltre ai Luoghi Santi, permane una cospicua presenza di cristiani (latini e orientali), presenza da salvaguardare a tutti i costi. L’instabilità e la conflittualità dei “Luoghi Santi” sta, ormai da decenni, alimentando la diaspora cristiana dal medioriente. La perdita totale di una significativa, seppur minoritaria, presenza di cristiani in Medio Oriente, finirebbe per tagliare le basi teologiche, originarie e culturali su cui poggia la Chiesa di Cristo.
In tale contesto appare evidente la centralità del Libano, l’unica regione del Medio Oriente in cui la presenza cristiana, incarnata in particolar modo nella componente maronita, ma anche nelle altre componenti melchite, copte, siro-ortodosse e armene, è titolare di un ruolo istituzionalizzato al punto di non conoscere l’istituto del dhimmi . Il Libano, nei fatti, rappresenta l’unica compatta enclave cristiana in un panorama che, fatta eccezione per lo Stato di Israele, è completamente islamico.
Le premesse della ricerca
I quindici anni del conflitto libanese hanno visto la Santa Sede duramente impegnata nel relazionarsi continuamente fra i fragili equilibri libanesi; il Santo Padre Giovanni Paolo II, in numerose occasioni, è intervenuto per denunciare la mattanza in atto, arrivando persino ad indicare nella Siria uno dei mandanti del dramma in atto. Durante il conflitto si sono contati oltre centocinquanta pronunciamenti del pontefice dettati dal tentativo di disinnescare lo scontro dettato dai tre antagonismi tra loro connessi:
l’antagonismo tra gruppi cristiani, alimentato dal tentativo egemonizzante del partito di destra Kataeb;
l’antagonismo cristiano-musulmano, dovuto alla non volontà dei primi di ridiscutere gli equilibri costituzionali confermati dal Patto Nazionale del 1943;
l’antagonismo tra libanesi e palestinesi, dovuto alla perdita della piena sovranità nazionale libanese causata dalla presenza di combattenti palestinesi in armi sul suolo libanese e dalle mire siriane sul Paese dei cedri.
A complicare ulteriormente lo scenario sono intervenute più volte frizioni con il clero maronita, ed in particolare misura con gli ordini monastici libanesi, storicamente nazionalisti e su posizioni distanti rispetto a quelle assunte dalla diplomazia vaticana in relazione alla “questione palestinese”. Il clero maronita, in più di una occasione, ha rappresentato l’elemento di maggiore opposizione a quei principi conciliari, accusati di sacrificare i cristiani del Libano sull’altare del dialogo islamo-cristiano.
L’obiettivo della ricerca
La presente ricerca, ha quindi analizzato la capacità mediatrice della diplomazia vaticana rispetto a tali elementi di frizione e, si è prefissa il compito di giudicarne i risultati ottenuti ai fini della composizione del conflitto intercristiano in particolare e, del raggiungimento di una stabilizzazione regionale più in generale.
Le fonti utilizzate
Uno studio che riguardi la politica estera di una nazione dovrebbe necessariamente contemplare l’accesso diretto a documenti ufficiali, classificati e non, prodotti dalla “diplomazia” del Paese oggetto della ricerca. Nel caso di una nazione “particolare” quale è il Vaticano, questo non è sempre stato possibile.
Lo studio che va a compiersi ha quindi privilegiato quattro tipi di fonti:
fonti giornalistiche
Riconducibili alla stampa periodica di area cattolica, ufficiale e ufficiosa ed in particolar modo L’Osservatore Romano, La Civiltà Cattolica, Avvenire, Il Regno ed Argomenti Sociali;
fonti bibliografiche
Un selezionato numero di volumi incentrati sulla storia del Libano contemporaneo e sulla cristianità orientale;
fonti vaticane
Tutto quanto mi è stato possibile estrarre dalla documentazione fruibile sul sito www.vatican.va in riferimento agli anni 1975-1990 e in particolar modo appelli papali, documenti post sinodali, lettere apostoliche, esortazioni durante gli Angelus e pronunciamenti papali vari;
fonti derivanti da testimonianze dirette
Per quanto raccontatomi sugli anni del conflitto da padre Maged Maroun, monaco dell’Ordine Antoniano Maronita Libanese.
Materiale di supporto alla ricerca
Vista la complessità del tema trattato, si è preferito accompagnare la presente ricerca con una dettagliata cronologia degli eventi che hanno riguardato il Libano dal 1861 sino alla fine della guerra civile, strumento necessario al fine di periodizzare e contestualizzare gli eventi oggetto dell’analisi.
L’obiettivo della seguente analisi è quello di ricostruire un quadro allo stesso tempo sintetico e completo, a tal fine verranno quindi analizzati i fatti che vanno dalla fine della guerra dell’estate del 2006, combattuta nel sud del Libano dall’esercito di Israele contrapposto alla milizia di Hizb’Allah, fino all’omicidio a Damasco del capo dell’intelligence del Partito di Dio, Imad Mugniyeh.