Thesis Chapters by Francesco Catarinozzi
Le possibilità di costruzione di un brand tramite investimenti in comunicazione tradizionale dimi... more Le possibilità di costruzione di un brand tramite investimenti in comunicazione tradizionale diminuiscono più che proporzionalmente all'aumentare della facilità per le persone di scambiarsi direttamene informazioni 1 .
Il marketing che utilizza tecniche viral per generare un effetto di buzz intorno a un prodotto fa... more Il marketing che utilizza tecniche viral per generare un effetto di buzz intorno a un prodotto fa capire come e quanto sia cambiato l'assetto strategico delle campagne di comunicazione.
afferma che proprio come avviene per le epidemie, anche la diffusione di una idea arriva ad un pu... more afferma che proprio come avviene per le epidemie, anche la diffusione di una idea arriva ad un punto in cui il livello di conoscenza, ad essa riferito, aumenta in maniera esponenziale generando reazioni, da parte delle persone, in numero molto superiore al passato 1 . Gladwell chiama questo momento tipping point 2 , cioè il punto critico, un numero di persone che conosce e parla del messaggio virale oltre il quale scoppia l'epidemia. Tenendo fermo il concetto che ogni campagna e ogni messaggio hanno caratteristiche loro proprie e che, quindi, una generalizzazione dei fenomeni che portano al punto citrico sono da prendere come indicazione e non come previsione, Gladwell propone tre fattori determinanti nel raggiungimento di questo punto di non ritorno. Il primo fattore è chiamato "la legge di pochi", cecondo cui in ogni contesto sociale esistono delle figure che detengono un'importanza diversa rispetto agli altri. Sono i famosi opinion leader, quelle persone che nella teoria della comunicazione a due livelli di Lazarsfeld 3 fungono da portavoce autorevoli per determinati messaggi. In una campagna virale sul web far in modo che il nostro messaggio sia condiviso da persone ritenute importanti nel loro gruppo di riferimento è fondamentale. A questo riferimento Gladwell applica la famosa legge di Pareto 4 alla comunicazione: gli opinion leader sono quel 20% della popolazione che sulla rete trasmette e filtra le informazioni per il restante 80%. Il secondo fenomeno è il "fattore presa", secondo cui l'importanza e la fama di un messaggio, magari già presente nella rete, può esplodere grazie ad un piccolo cambiamento nella sua comunicazione o nel suo modo di essere presentato. Nel nostro caso le informazioni relative alle azioni di Greenpeace per la salvaguardia della foresta in Indonesia erano già apparse sulla rete, ma solo con la pubblicazione del video relativo a Kit Kat c'è stato il vero exploit della fama. Il video ha fatto sì che si arrivasse alla soglia critica di utenti, al tipping point. Infine, l'ultimo fenomeno presentato è quello del "potere del contesto" che sottolinea come il luogo in cui il messaggio viene propagato sia uno degli elementi che caratterizzano il suo successo o il suo fallimento. L'avere scelto il sito Youtube piuttosto che la televisione ha fatto sì che il video di Greenpeace raggiungesse un grande numero di persone interessate al tema del suo messaggio. Certo, se non teniamo conto delle differenze economiche necessarie il video, in televisione, avrebbe avuto un numero di telespettatori sicuramente più alto. Sarebbe stato visto da molte più persone, anche di diversa posizione sociale, ma l'azione si sarebbe fermata lì, infatti, queste persone non avrebbero potuto fare nulla oltre a vedere il video, non avrebbero potuto condividerlo, avrebbero potuto cambiare canale. La scelta di Youtube, invece, ha fatto sì che chi ha visto il video era perché voleva farlo, lo cerca per l'interesse. L'interesse e la possibilità di condivisione e di risposta, tramite l'uso dei social network, ha fatto sì che il contesto delle rete aumentasse la portata virale e, quindi, strategica del video di Greenpeace. 1 Godin S., Gladwell M., Outliers: The Story Of Success, Little Brown & Co, London, 2008. 2 Ibidem. 3 Lazarsfeld F.P, The people choise, Columbia University Press, West Sussex, England, 1988. 4 Ibidem.
Greenpeace e l'utilizzo congiunto di Viral, buzz e WoM marketing Abbiamo avuto modo di esplorare ... more Greenpeace e l'utilizzo congiunto di Viral, buzz e WoM marketing Abbiamo avuto modo di esplorare i concetti che sono alla base di questa campagna e cioè il viral marketing, il buzz e il wom marketing. Visti dal punto di vista teorico queste tre aree del marketing non convenzionale esprimono, ognuna con la sue caratteristiche elementi importanti dell'approccio non convenzionale. La distinzioni che abbiamo fatto in merito al viral, al buzz e al WoM marketing non sono così nette, questi concetti sono molto vicini tra loro e hanno aree di sovrapposizione. Grazie alla rete la prossimità fisica non è più un problema e la diffusione dei messaggi non è più inficiata dalle distanze, dalle differenze linguistiche o dall'impossibilità di condividere un contenuto. E' però opportuno che esista un substrato socio-emotivo che faciliti e permetta al virus di riprodursi e di diffondersi 1 . Come afferma Di Fraia «il passaparola si attiva facilmente se le persone condividono le leve emotive che fanno scattare il desiderio di passare il virus informativo 2 ». Perciò è utile tenere presenti i concetti di brand tribù, di subculture di consumo e di socializzazione sulla rete, poiché è solo considerando questi ambiti che si può generare un prodotto comunicativo virale davvero efficace.
Il Subvertising di Nestlé: un approccio al brand non-convenzionale La campagna di Greenpeace cont... more Il Subvertising di Nestlé: un approccio al brand non-convenzionale La campagna di Greenpeace contro Kit Kat, oltre al video che sicuramente è stato il contenuto di maggiore impatto, ha previsto anche tutta una serie di immagini e documenti prodotti attraverso la tecnica del così detto subvertising. Per poterne cogliere le sfumature è necessario, però, comprendere bene il campo strategico all'interno del quale questa tecnica ricade e cioè il marketing non convenzionale.
Per approcciarci ad un'analisi di questo prodotto multimediale si è deciso di fare riferimento a ... more Per approcciarci ad un'analisi di questo prodotto multimediale si è deciso di fare riferimento a un approccio multidisciplinare che conserva in se gli strumenti per poter andare più affondo nella logica di questo video. Per questo motivo il video verrà analizzato sia dal punto di vista della psicologia dei consumi sia della semiotica applicata ai discorsi di marca.
Il primo prodotto comunicativo facente parte della campagna “Have a Break” che andremo ad analizz... more Il primo prodotto comunicativo facente parte della campagna “Have a Break” che andremo ad analizzare è lo spot messo in rete da Greenpeace. Il video ha spopolato su internet grazie sia alla sua capacità di presentare il problema in maniera molto forte sia grazie alla stessa Nestlé che cercò di censurarlo.
Il video viene pubblicizzato sia dal sito della campagna realizzato da Greenpeace, sia dai rimandi su molti forum e blog. Esso ha una lunghezza di 1 minuto e 51 secondi, quindi non risulta troppo lungo, caratteristica fondamentale perché un video diventi virale e venga visto dal più alto numero di persone possibili. A causa del tentativo di Nestlé di boicottarlo chiedendo ed ottenendo, per un breve periodo, la censura oggi esistono sul sito Youtube diverse versioni dello stesso, presentante con nomi diversi così da evitare il blocco.
Il video si apre con il disclaimer, il quale annuncia che i contenuti presentati di seguito sono riservati ad un pubblico adulto e difficilmente impressionabile poiché potrebbero colpire la sensibilità delle persone. A detta di Greenpeace Italia l’inserimento di questo avviso ha avuto, oltre che una valenza di tipo legale, anche una di tipo strategica poiché il presentare un contenuto come “proibito”, come rivolto solo ad alcuni ha scatenato in rete la voglia di vederlo. Giocando sulla curiosità e sul gusto del proibito, Greenpeace riesce ad avvolgere il proprio video da un alone di segreto, quasi di pericolo, che ha favorito la condivisione e la virilità dello stesso.
Dopo il disclaimer, il video inizia con la presentazione di un ambiente di un ufficio qualsiasi con degli impiegati impegnati nel loro lavoro quotidiano. Tra di essi ce n’è uno che si sta occupando di gettare dentro un distruggidocumenti una serie di carte che vengono sminuzzate una alla volta. Dopo poco il protagonista del nostro spot si rende conto che è ora per un piccolo break, appare allora a video la scritta “have a break” utilizzata dalla stessa Nestlé per il suo Kit Kat. Il protagonista tira fuori una confezione di Kit Kat, la apre ma al suo interno non troviamo il conosciuto snack ma un dito di orango tango, il quale viene mangiato senza alcun problema.
Durante il break vediamo gocce di sangue che cadono dalla bocca dell’impiegato sulla tastiera e le facce sconcertate dei suoi colleghi. Quasi a conclusione dello spot ci vengono presentate delle immagini degli orango indonesiani rimasti, ormai, senza territorio a causa della deforestazione, con un messaggio in cui si spiega che Nestlé, con i suoi contratti, contribuisce alla deforestazione dell’Indonesia. L’ultima scena è la confezione aperta di Kit Kat con vicino il dito dell’orango spezzato e una quantità di sangue che si allarga sotto di esso.
Un video di sicuro impatto che colpisce nel segno stimolando un senso di repulsione e di disgusto, soprattutto per l’abbondanza di sangue che accompagna le scene. Dal punto di vista realizzativo questo video gode sicuramente di un’ottima qualità video, di una buona scenografia e di una sceneggiatura che comunica il messaggio in maniera coerente dall’inizio alla fine.
Analizzare un caso particolare di Buzz marketing come quello che vede protagoniste l’organizzazio... more Analizzare un caso particolare di Buzz marketing come quello che vede protagoniste l’organizzazione ambientalista Greenpeace e la multinazionale Nestlé permette di evidenziare come tutti i mutamenti socioeconomici che si sono susseguiti negli ultimi anni abbiano profondamente modificato il rapporto tra i consumatori e i brand.
I cambiamenti che hanno interessato la società postmoderna in generale e il mondo dei consumi in particolare hanno fatto si che si creassero le condizioni per cui una multinazionale come Nestlé si trovasse letteralmente in balia dei propri utenti senza riuscire a produrre una risposta strategica soddisfacente, se non dopo svariati giorni. E’ molto interessante notare che uno dei motivi che hanno fatto si che Nestlé perdesse il suo duello contro Greenpeace sia stato proprio una forte variazione relativa ai tempi di risposta necessari ed opportuni sulla rete.
L’analisi dello scontro tra le due organizzazioni permette di estrapolare e generalizzare, infine, alcuni punti critici rilevabili come, appunto, alcune delle “patologie” principali del buzz marketing.
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Thesis Chapters by Francesco Catarinozzi
Il video viene pubblicizzato sia dal sito della campagna realizzato da Greenpeace, sia dai rimandi su molti forum e blog. Esso ha una lunghezza di 1 minuto e 51 secondi, quindi non risulta troppo lungo, caratteristica fondamentale perché un video diventi virale e venga visto dal più alto numero di persone possibili. A causa del tentativo di Nestlé di boicottarlo chiedendo ed ottenendo, per un breve periodo, la censura oggi esistono sul sito Youtube diverse versioni dello stesso, presentante con nomi diversi così da evitare il blocco.
Il video si apre con il disclaimer, il quale annuncia che i contenuti presentati di seguito sono riservati ad un pubblico adulto e difficilmente impressionabile poiché potrebbero colpire la sensibilità delle persone. A detta di Greenpeace Italia l’inserimento di questo avviso ha avuto, oltre che una valenza di tipo legale, anche una di tipo strategica poiché il presentare un contenuto come “proibito”, come rivolto solo ad alcuni ha scatenato in rete la voglia di vederlo. Giocando sulla curiosità e sul gusto del proibito, Greenpeace riesce ad avvolgere il proprio video da un alone di segreto, quasi di pericolo, che ha favorito la condivisione e la virilità dello stesso.
Dopo il disclaimer, il video inizia con la presentazione di un ambiente di un ufficio qualsiasi con degli impiegati impegnati nel loro lavoro quotidiano. Tra di essi ce n’è uno che si sta occupando di gettare dentro un distruggidocumenti una serie di carte che vengono sminuzzate una alla volta. Dopo poco il protagonista del nostro spot si rende conto che è ora per un piccolo break, appare allora a video la scritta “have a break” utilizzata dalla stessa Nestlé per il suo Kit Kat. Il protagonista tira fuori una confezione di Kit Kat, la apre ma al suo interno non troviamo il conosciuto snack ma un dito di orango tango, il quale viene mangiato senza alcun problema.
Durante il break vediamo gocce di sangue che cadono dalla bocca dell’impiegato sulla tastiera e le facce sconcertate dei suoi colleghi. Quasi a conclusione dello spot ci vengono presentate delle immagini degli orango indonesiani rimasti, ormai, senza territorio a causa della deforestazione, con un messaggio in cui si spiega che Nestlé, con i suoi contratti, contribuisce alla deforestazione dell’Indonesia. L’ultima scena è la confezione aperta di Kit Kat con vicino il dito dell’orango spezzato e una quantità di sangue che si allarga sotto di esso.
Un video di sicuro impatto che colpisce nel segno stimolando un senso di repulsione e di disgusto, soprattutto per l’abbondanza di sangue che accompagna le scene. Dal punto di vista realizzativo questo video gode sicuramente di un’ottima qualità video, di una buona scenografia e di una sceneggiatura che comunica il messaggio in maniera coerente dall’inizio alla fine.
I cambiamenti che hanno interessato la società postmoderna in generale e il mondo dei consumi in particolare hanno fatto si che si creassero le condizioni per cui una multinazionale come Nestlé si trovasse letteralmente in balia dei propri utenti senza riuscire a produrre una risposta strategica soddisfacente, se non dopo svariati giorni. E’ molto interessante notare che uno dei motivi che hanno fatto si che Nestlé perdesse il suo duello contro Greenpeace sia stato proprio una forte variazione relativa ai tempi di risposta necessari ed opportuni sulla rete.
L’analisi dello scontro tra le due organizzazioni permette di estrapolare e generalizzare, infine, alcuni punti critici rilevabili come, appunto, alcune delle “patologie” principali del buzz marketing.
Il video viene pubblicizzato sia dal sito della campagna realizzato da Greenpeace, sia dai rimandi su molti forum e blog. Esso ha una lunghezza di 1 minuto e 51 secondi, quindi non risulta troppo lungo, caratteristica fondamentale perché un video diventi virale e venga visto dal più alto numero di persone possibili. A causa del tentativo di Nestlé di boicottarlo chiedendo ed ottenendo, per un breve periodo, la censura oggi esistono sul sito Youtube diverse versioni dello stesso, presentante con nomi diversi così da evitare il blocco.
Il video si apre con il disclaimer, il quale annuncia che i contenuti presentati di seguito sono riservati ad un pubblico adulto e difficilmente impressionabile poiché potrebbero colpire la sensibilità delle persone. A detta di Greenpeace Italia l’inserimento di questo avviso ha avuto, oltre che una valenza di tipo legale, anche una di tipo strategica poiché il presentare un contenuto come “proibito”, come rivolto solo ad alcuni ha scatenato in rete la voglia di vederlo. Giocando sulla curiosità e sul gusto del proibito, Greenpeace riesce ad avvolgere il proprio video da un alone di segreto, quasi di pericolo, che ha favorito la condivisione e la virilità dello stesso.
Dopo il disclaimer, il video inizia con la presentazione di un ambiente di un ufficio qualsiasi con degli impiegati impegnati nel loro lavoro quotidiano. Tra di essi ce n’è uno che si sta occupando di gettare dentro un distruggidocumenti una serie di carte che vengono sminuzzate una alla volta. Dopo poco il protagonista del nostro spot si rende conto che è ora per un piccolo break, appare allora a video la scritta “have a break” utilizzata dalla stessa Nestlé per il suo Kit Kat. Il protagonista tira fuori una confezione di Kit Kat, la apre ma al suo interno non troviamo il conosciuto snack ma un dito di orango tango, il quale viene mangiato senza alcun problema.
Durante il break vediamo gocce di sangue che cadono dalla bocca dell’impiegato sulla tastiera e le facce sconcertate dei suoi colleghi. Quasi a conclusione dello spot ci vengono presentate delle immagini degli orango indonesiani rimasti, ormai, senza territorio a causa della deforestazione, con un messaggio in cui si spiega che Nestlé, con i suoi contratti, contribuisce alla deforestazione dell’Indonesia. L’ultima scena è la confezione aperta di Kit Kat con vicino il dito dell’orango spezzato e una quantità di sangue che si allarga sotto di esso.
Un video di sicuro impatto che colpisce nel segno stimolando un senso di repulsione e di disgusto, soprattutto per l’abbondanza di sangue che accompagna le scene. Dal punto di vista realizzativo questo video gode sicuramente di un’ottima qualità video, di una buona scenografia e di una sceneggiatura che comunica il messaggio in maniera coerente dall’inizio alla fine.
I cambiamenti che hanno interessato la società postmoderna in generale e il mondo dei consumi in particolare hanno fatto si che si creassero le condizioni per cui una multinazionale come Nestlé si trovasse letteralmente in balia dei propri utenti senza riuscire a produrre una risposta strategica soddisfacente, se non dopo svariati giorni. E’ molto interessante notare che uno dei motivi che hanno fatto si che Nestlé perdesse il suo duello contro Greenpeace sia stato proprio una forte variazione relativa ai tempi di risposta necessari ed opportuni sulla rete.
L’analisi dello scontro tra le due organizzazioni permette di estrapolare e generalizzare, infine, alcuni punti critici rilevabili come, appunto, alcune delle “patologie” principali del buzz marketing.