Thesis Chapters by Cristina Grida
Questo lavoro è teso ad approfondire i correlati psicobiologici del Disturbo da Deficit di Attenz... more Questo lavoro è teso ad approfondire i correlati psicobiologici del Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività (DDAI, in italiano, e ADHD, in inglese, da Attention Deficit/Hyperactivity Disorder) e, partendo dalle caratteristiche del disturbo, arriva a formulare alcune ipotesi suggerite dal confronto fra gli studi sullo stato di hyperfocus in soggetti con DDAI
e gli studi sullo stato di flow in campioni non diversificati in base a eventuali disturbi psicologici, che potrebbero essere verificate empiricamente in successivi studi.
I numerosi studi sui soggetti con DDAI hanno evidenziato diverse anomalie anatomiche e funzionali che, seppur con qualche incongruenza, hanno prodotto diverse teorie psicobiologiche.
Le teorie che, oltre a evidenziare il più generico deficit dell'attenzione, cercano di spiegare il disturbo come prodotto in via primaria da disfunzioni in un unico dominio clinico (funzioni esecutive, motivazione, impulsività) non sono risultate soddisfacenti.
Risultano, invece, più credibili le ipotesi che spiegano il disturbo dal punto di vista psicobiologico attraverso deficit in domini cognitivi multipli e relativamente indipendenti.
La ricerca fino ad oggi realizzata per una comprensione psicobiologica del disturbo converge nell'attribuire un ruolo centrale ai neurotrasmettitori (glutammato, GABA, dopamina e noradrenalina) e, più nello specifico, alla disfunzione di alcuni importanti circuiti dopaminergici, causata da anomalie nella densità di recettori dopaminergici DI e D2 e relativi sottotipi (DI, D5, D:, D3 e Da).
Particolare approfondimento da parte della ricerca è stato dedicato al sistema dopaminergico della ricompensa che presenta significative alterazioni nel DDAI e costituisce il correlato psicobiologico
della motivazione.
In base al DSM 5, nel DDAI la disattenzione interferisce con il funzionamento o lo sviluppo dell'individuo e i suoi sintomi hanno un'intensità tale da produrre un impatto negativo sulle abilità sociali, scolastiche o lavorative.
Tuttavia, nella letteratura viene descritto, sia dai soggetti con DDAI che dai loro familiari e dai clinici, un particolare stato di attenzione altamente focalizzata su attività interessanti per il paziente, denominato hyperfocus. Questo paradosso è stato oggetto di approfondimento da parte della presente dissertazione con lo scopo di capire se il fatto che le attività in cui si verifica questo stato siano interessanti per il soggetto possa essere in qualche modo collegato alla motivazione.
Dalla lettura di tali studi è emerso che lo stato di hyperfocus potrebbe riferirsi allo stesso stato che viene, invece, definito flow in studi empirici condotti su soggetti non diversificati in base a eventuali disturbi e che viene concettualizzato come uno stato di motivazione ottimale, associato a performance di livello elevato. Infatti, le caratteristiche descrittive dei due stati sono molto simili e potrebbero riferirsi ad un unico costrutto a base psicobiologica.
La presente dissertazione ha lo scopo di approfondire i correlati psicobiologici del disturbo e presentare i risultati del confronto tra la letteratura esistente sui correlati psicobiologici dello stato
di flow in campioni non diversificati e quella reperita sullo stato di hyperfocus in soggetti con DDAI. Tali risultati portano a ipotizzare che una stretta interazione tra particolari caratteristiche
dell'attività e predisposizione dei soggetti con DDAI allo stato di flow possa spiegare il paradosso costituito dalla capacità di sostenere un'attenzione focalizzata e di alta produttività in soggetti con
deficit di attenzione, come in un incastro perfetto mediato dalla motivazione intrinseca suscitata dal bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito.
E' possibile ipotizzare che una replica di alcuni studi già effettuati sullo stato di flow, ma eseguita su un gruppo di soggetti con DDAI e gruppo di controllo, utilizzando un compito intrinsecamente motivante e capace di fornire un feedback immediato, potrebbe chiarire se il deficit del controllo cognitivo nel DDAI sia specifico al contesto.
In campioni di soggetti non diversificati in base alla presenza o meno del DDAI, compiti intrinsecamente motivanti, caratterizzati da un perfetto bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito e capaci di fornire un feedback immediato, si sono rivelati capaci di produrre sotto-regolazione del Default Mode Network da parte del nucleo dorsale del rafe. In studi su soggetti con DDAI, purtroppo condotti attraverso la somministrazione di compiti che non rispondono alle caratteristiche favorenti lo stato di flow individuate da Csikszentmihalyi
(1975, 1993, 1996), è stata riscontrata una ridotta capacità di regolazione negativa del DMN.
E' possibile suggerire una replica dello studio che evidenzia la sotto-regolazione del DMN nello stato di flow, questa volta in soggetti con DDAI, mantenendo costante la capacità del compito di fornire un feedback immediato e manipolando la difficoltà del compito in rapporto all'abilità del soggetto, per verificare se la ridotta capacità di regolazione negativa nei soggetti con DDAI, verrebbe compensata dallo stato di flow che, come detto, in campioni di soggetti non diversificati, produce sotto-regolazione del DMN.
Inoltre, in uno studio su un campione di soggetti che non presentano DDAI, è emersa una significativa correlazione positiva tra alta disponibilità di recettori striatali D2 e propensione allo
stato di flow e, nei pazienti con DDAI, è emersa un'alta disponibilità di recettori D2 nel caudato e nel putamen. Un approfondimento di questa corrispondenza potrebbe chiarire se nei soggetti con DDAI esiste una propensione allo stato di flow.
Si può suggerire che un approccio capace di considerare i due stati come un unico costrutto a base psicobiologica, qualora empiricamente sostenuto, potrebbe non solo orientare la clinica, ma anche fornire una prospettiva applicativa per interventi educativi, psicologici e didattici
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Thesis Chapters by Cristina Grida
e gli studi sullo stato di flow in campioni non diversificati in base a eventuali disturbi psicologici, che potrebbero essere verificate empiricamente in successivi studi.
I numerosi studi sui soggetti con DDAI hanno evidenziato diverse anomalie anatomiche e funzionali che, seppur con qualche incongruenza, hanno prodotto diverse teorie psicobiologiche.
Le teorie che, oltre a evidenziare il più generico deficit dell'attenzione, cercano di spiegare il disturbo come prodotto in via primaria da disfunzioni in un unico dominio clinico (funzioni esecutive, motivazione, impulsività) non sono risultate soddisfacenti.
Risultano, invece, più credibili le ipotesi che spiegano il disturbo dal punto di vista psicobiologico attraverso deficit in domini cognitivi multipli e relativamente indipendenti.
La ricerca fino ad oggi realizzata per una comprensione psicobiologica del disturbo converge nell'attribuire un ruolo centrale ai neurotrasmettitori (glutammato, GABA, dopamina e noradrenalina) e, più nello specifico, alla disfunzione di alcuni importanti circuiti dopaminergici, causata da anomalie nella densità di recettori dopaminergici DI e D2 e relativi sottotipi (DI, D5, D:, D3 e Da).
Particolare approfondimento da parte della ricerca è stato dedicato al sistema dopaminergico della ricompensa che presenta significative alterazioni nel DDAI e costituisce il correlato psicobiologico
della motivazione.
In base al DSM 5, nel DDAI la disattenzione interferisce con il funzionamento o lo sviluppo dell'individuo e i suoi sintomi hanno un'intensità tale da produrre un impatto negativo sulle abilità sociali, scolastiche o lavorative.
Tuttavia, nella letteratura viene descritto, sia dai soggetti con DDAI che dai loro familiari e dai clinici, un particolare stato di attenzione altamente focalizzata su attività interessanti per il paziente, denominato hyperfocus. Questo paradosso è stato oggetto di approfondimento da parte della presente dissertazione con lo scopo di capire se il fatto che le attività in cui si verifica questo stato siano interessanti per il soggetto possa essere in qualche modo collegato alla motivazione.
Dalla lettura di tali studi è emerso che lo stato di hyperfocus potrebbe riferirsi allo stesso stato che viene, invece, definito flow in studi empirici condotti su soggetti non diversificati in base a eventuali disturbi e che viene concettualizzato come uno stato di motivazione ottimale, associato a performance di livello elevato. Infatti, le caratteristiche descrittive dei due stati sono molto simili e potrebbero riferirsi ad un unico costrutto a base psicobiologica.
La presente dissertazione ha lo scopo di approfondire i correlati psicobiologici del disturbo e presentare i risultati del confronto tra la letteratura esistente sui correlati psicobiologici dello stato
di flow in campioni non diversificati e quella reperita sullo stato di hyperfocus in soggetti con DDAI. Tali risultati portano a ipotizzare che una stretta interazione tra particolari caratteristiche
dell'attività e predisposizione dei soggetti con DDAI allo stato di flow possa spiegare il paradosso costituito dalla capacità di sostenere un'attenzione focalizzata e di alta produttività in soggetti con
deficit di attenzione, come in un incastro perfetto mediato dalla motivazione intrinseca suscitata dal bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito.
E' possibile ipotizzare che una replica di alcuni studi già effettuati sullo stato di flow, ma eseguita su un gruppo di soggetti con DDAI e gruppo di controllo, utilizzando un compito intrinsecamente motivante e capace di fornire un feedback immediato, potrebbe chiarire se il deficit del controllo cognitivo nel DDAI sia specifico al contesto.
In campioni di soggetti non diversificati in base alla presenza o meno del DDAI, compiti intrinsecamente motivanti, caratterizzati da un perfetto bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito e capaci di fornire un feedback immediato, si sono rivelati capaci di produrre sotto-regolazione del Default Mode Network da parte del nucleo dorsale del rafe. In studi su soggetti con DDAI, purtroppo condotti attraverso la somministrazione di compiti che non rispondono alle caratteristiche favorenti lo stato di flow individuate da Csikszentmihalyi
(1975, 1993, 1996), è stata riscontrata una ridotta capacità di regolazione negativa del DMN.
E' possibile suggerire una replica dello studio che evidenzia la sotto-regolazione del DMN nello stato di flow, questa volta in soggetti con DDAI, mantenendo costante la capacità del compito di fornire un feedback immediato e manipolando la difficoltà del compito in rapporto all'abilità del soggetto, per verificare se la ridotta capacità di regolazione negativa nei soggetti con DDAI, verrebbe compensata dallo stato di flow che, come detto, in campioni di soggetti non diversificati, produce sotto-regolazione del DMN.
Inoltre, in uno studio su un campione di soggetti che non presentano DDAI, è emersa una significativa correlazione positiva tra alta disponibilità di recettori striatali D2 e propensione allo
stato di flow e, nei pazienti con DDAI, è emersa un'alta disponibilità di recettori D2 nel caudato e nel putamen. Un approfondimento di questa corrispondenza potrebbe chiarire se nei soggetti con DDAI esiste una propensione allo stato di flow.
Si può suggerire che un approccio capace di considerare i due stati come un unico costrutto a base psicobiologica, qualora empiricamente sostenuto, potrebbe non solo orientare la clinica, ma anche fornire una prospettiva applicativa per interventi educativi, psicologici e didattici
e gli studi sullo stato di flow in campioni non diversificati in base a eventuali disturbi psicologici, che potrebbero essere verificate empiricamente in successivi studi.
I numerosi studi sui soggetti con DDAI hanno evidenziato diverse anomalie anatomiche e funzionali che, seppur con qualche incongruenza, hanno prodotto diverse teorie psicobiologiche.
Le teorie che, oltre a evidenziare il più generico deficit dell'attenzione, cercano di spiegare il disturbo come prodotto in via primaria da disfunzioni in un unico dominio clinico (funzioni esecutive, motivazione, impulsività) non sono risultate soddisfacenti.
Risultano, invece, più credibili le ipotesi che spiegano il disturbo dal punto di vista psicobiologico attraverso deficit in domini cognitivi multipli e relativamente indipendenti.
La ricerca fino ad oggi realizzata per una comprensione psicobiologica del disturbo converge nell'attribuire un ruolo centrale ai neurotrasmettitori (glutammato, GABA, dopamina e noradrenalina) e, più nello specifico, alla disfunzione di alcuni importanti circuiti dopaminergici, causata da anomalie nella densità di recettori dopaminergici DI e D2 e relativi sottotipi (DI, D5, D:, D3 e Da).
Particolare approfondimento da parte della ricerca è stato dedicato al sistema dopaminergico della ricompensa che presenta significative alterazioni nel DDAI e costituisce il correlato psicobiologico
della motivazione.
In base al DSM 5, nel DDAI la disattenzione interferisce con il funzionamento o lo sviluppo dell'individuo e i suoi sintomi hanno un'intensità tale da produrre un impatto negativo sulle abilità sociali, scolastiche o lavorative.
Tuttavia, nella letteratura viene descritto, sia dai soggetti con DDAI che dai loro familiari e dai clinici, un particolare stato di attenzione altamente focalizzata su attività interessanti per il paziente, denominato hyperfocus. Questo paradosso è stato oggetto di approfondimento da parte della presente dissertazione con lo scopo di capire se il fatto che le attività in cui si verifica questo stato siano interessanti per il soggetto possa essere in qualche modo collegato alla motivazione.
Dalla lettura di tali studi è emerso che lo stato di hyperfocus potrebbe riferirsi allo stesso stato che viene, invece, definito flow in studi empirici condotti su soggetti non diversificati in base a eventuali disturbi e che viene concettualizzato come uno stato di motivazione ottimale, associato a performance di livello elevato. Infatti, le caratteristiche descrittive dei due stati sono molto simili e potrebbero riferirsi ad un unico costrutto a base psicobiologica.
La presente dissertazione ha lo scopo di approfondire i correlati psicobiologici del disturbo e presentare i risultati del confronto tra la letteratura esistente sui correlati psicobiologici dello stato
di flow in campioni non diversificati e quella reperita sullo stato di hyperfocus in soggetti con DDAI. Tali risultati portano a ipotizzare che una stretta interazione tra particolari caratteristiche
dell'attività e predisposizione dei soggetti con DDAI allo stato di flow possa spiegare il paradosso costituito dalla capacità di sostenere un'attenzione focalizzata e di alta produttività in soggetti con
deficit di attenzione, come in un incastro perfetto mediato dalla motivazione intrinseca suscitata dal bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito.
E' possibile ipotizzare che una replica di alcuni studi già effettuati sullo stato di flow, ma eseguita su un gruppo di soggetti con DDAI e gruppo di controllo, utilizzando un compito intrinsecamente motivante e capace di fornire un feedback immediato, potrebbe chiarire se il deficit del controllo cognitivo nel DDAI sia specifico al contesto.
In campioni di soggetti non diversificati in base alla presenza o meno del DDAI, compiti intrinsecamente motivanti, caratterizzati da un perfetto bilanciamento tra abilità del soggetto e difficoltà del compito e capaci di fornire un feedback immediato, si sono rivelati capaci di produrre sotto-regolazione del Default Mode Network da parte del nucleo dorsale del rafe. In studi su soggetti con DDAI, purtroppo condotti attraverso la somministrazione di compiti che non rispondono alle caratteristiche favorenti lo stato di flow individuate da Csikszentmihalyi
(1975, 1993, 1996), è stata riscontrata una ridotta capacità di regolazione negativa del DMN.
E' possibile suggerire una replica dello studio che evidenzia la sotto-regolazione del DMN nello stato di flow, questa volta in soggetti con DDAI, mantenendo costante la capacità del compito di fornire un feedback immediato e manipolando la difficoltà del compito in rapporto all'abilità del soggetto, per verificare se la ridotta capacità di regolazione negativa nei soggetti con DDAI, verrebbe compensata dallo stato di flow che, come detto, in campioni di soggetti non diversificati, produce sotto-regolazione del DMN.
Inoltre, in uno studio su un campione di soggetti che non presentano DDAI, è emersa una significativa correlazione positiva tra alta disponibilità di recettori striatali D2 e propensione allo
stato di flow e, nei pazienti con DDAI, è emersa un'alta disponibilità di recettori D2 nel caudato e nel putamen. Un approfondimento di questa corrispondenza potrebbe chiarire se nei soggetti con DDAI esiste una propensione allo stato di flow.
Si può suggerire che un approccio capace di considerare i due stati come un unico costrutto a base psicobiologica, qualora empiricamente sostenuto, potrebbe non solo orientare la clinica, ma anche fornire una prospettiva applicativa per interventi educativi, psicologici e didattici