Thesis Chapters by Stefano Kenji Iannillo
Tesi di laurea Magistrale discussa il 14 luglio del 2017 insieme al relatore Alessandro Arienzo (... more Tesi di laurea Magistrale discussa il 14 luglio del 2017 insieme al relatore Alessandro Arienzo (Unina) e al correlatore Gianfranco Borrelli (Unina).
Pensavo allora, usando una metafora che vale quello che vale, che un filosofo idealista è come un... more Pensavo allora, usando una metafora che vale quello che vale, che un filosofo idealista è come un uomo che sa in anticipo sia da dove parte il treno su cui monta sia dove il treno va: qual è la stazione di partenza e la stazione di destinazione (ancora una volta, come per la lettera, la destinazione del viaggio). Il materialista, al contrario, è un uomo che prende il treno in corsa (il corso del mondo, il corso della storia, il corso della propria vita), ma senza sapere da dove viene il treno nè dove va. Egli monta su un treno a caso, quello che gli capita, e vi scopre le installazioni fattuali del vagone e da quali compagni è fattualmente circondato, quali sono le conversazioni e le idee dei suoi compagni di viaggio e quale linguaggio determinato dal loro contesto sociale essi parlano.» L. Althusser, sul Materialismo Aleatorio Indice
Drafts by Stefano Kenji Iannillo
Il nostro pianeta è a rischio da oltre 200 anni. Un lungo percorso d'intensificazione del danno c... more Il nostro pianeta è a rischio da oltre 200 anni. Un lungo percorso d'intensificazione del danno cominciato nel momento in cui, durante la prima fase dello sviluppo intensivo delle forze produttive, la scienza applicata alla produzione ha posto gli esseri umani nella condizione non solo di trasformare la natura in vista del soddisfacimento dei propri bisogni ma anche, implicitamente e in alcuni casi inconsapevolmente, di svuotarla lentamente delle sue capacità riproduttive imponendo stravolgimenti innaturali agli ecosistemi.
Irreversibilmente l'intensificarsi della moltiplicazione dei mezzi di produzione ha portato al degradamento e al disfacimento del mezzo di produzione principale: il pianeta e l'ambiente. L'uomo, per la prima volta, si poneva all'esterno del processo naturale, come suo fantomatico dominus in grado di usare e trasformare il pianeta a suo piacimento senza nessun riguardo per le possibili conseguenze. Si è pensato e teorizzato che in ogni caso sarebbe stato possibile controllare e governare i cambiamenti in atto: la storia recente ci ha insegnato che, purtroppo, non è stato così. Questo lento processo di degradazione già ben visibile nelle descrizioni della Manchester del XIX secolo, è stato nascosto dall'ideologia del progresso radicata nell'allargarsi della base della popolazione che attraverso le nuove capacità di produzione riusciva a raggiungere una determinata soglia di " benessere ". Un occultamento rafforzatosi nell'incapacità di costruire una consapevolezza di massa in grado di cogliere in maniera profonda la contraddizione tra l'estremo proliferarsi delle merci, l'accentramento di ricchezze e potere nelle mani degli oligopoli del mercato e della finanza, la centralità parossistica della richiesta di " lavoro " qualunque esso sia come forma di conquista della sussistenza e quel lento declino dell'ambiente, del clima e dei territori che a mano a mano minacciava sempre più quella stessa vita umana che voleva mostrarsi rafforzata dal treno dello sviluppo incontrollato.
Negli ultimi trent'anni sempre più voci si sono alzate e sempre più iniziative si sono organizzate per denunciare quello che stava accadendo al nostro pianeta. La comunità scientifica ha reso evidenti le conseguenze tragiche del surriscaldamento globale; sono stati riuniti i primi meeting internazionali che avevano all'ordine del giorno il tema della difesa dell'ambiente; i disastri causati dallo sfruttamento postcoloniale del terzo mondo sono riusciti a creare delle vaste aree di solidarietà nella popolazione del mondo " a capitalismo avanzato " ed infine l'industrializzazione forzata ha cominciato a mostrare i suoi limiti in tutto il mondo. Per ultimo è arrivato il crescente interesse delle religioni mondiali sul tema che per il cristianesimo si è esplicitato in massimo grado nell'enciclica " Laudato sii " dell'attuale Papa. Tutto questo non è bastato, però, a costruire un piano di discorso e di azione nella politica internazionale in grado di assumere fino in fondo la sfida che il nostro pianeta sofferente ci stava ponendo: da un lato i grandi interessi economici e politici accecati dalla ricerca del profitto hanno intrapreso una lunga battaglia oscurantista; dall'altro lato si scorgeva all'orizzonte l'avvento di una nuova futuristica tecnologia, l'informatica ed internet, che nella sua applicazione alla vita quotidiana e ai sistemi di produzione poteva essere caricata di tutte le speranze di redenzione che si accumulavano alla vista dei nostri territori e delle nostre vite in disfacimento.
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Drafts by Stefano Kenji Iannillo
Irreversibilmente l'intensificarsi della moltiplicazione dei mezzi di produzione ha portato al degradamento e al disfacimento del mezzo di produzione principale: il pianeta e l'ambiente. L'uomo, per la prima volta, si poneva all'esterno del processo naturale, come suo fantomatico dominus in grado di usare e trasformare il pianeta a suo piacimento senza nessun riguardo per le possibili conseguenze. Si è pensato e teorizzato che in ogni caso sarebbe stato possibile controllare e governare i cambiamenti in atto: la storia recente ci ha insegnato che, purtroppo, non è stato così. Questo lento processo di degradazione già ben visibile nelle descrizioni della Manchester del XIX secolo, è stato nascosto dall'ideologia del progresso radicata nell'allargarsi della base della popolazione che attraverso le nuove capacità di produzione riusciva a raggiungere una determinata soglia di " benessere ". Un occultamento rafforzatosi nell'incapacità di costruire una consapevolezza di massa in grado di cogliere in maniera profonda la contraddizione tra l'estremo proliferarsi delle merci, l'accentramento di ricchezze e potere nelle mani degli oligopoli del mercato e della finanza, la centralità parossistica della richiesta di " lavoro " qualunque esso sia come forma di conquista della sussistenza e quel lento declino dell'ambiente, del clima e dei territori che a mano a mano minacciava sempre più quella stessa vita umana che voleva mostrarsi rafforzata dal treno dello sviluppo incontrollato.
Negli ultimi trent'anni sempre più voci si sono alzate e sempre più iniziative si sono organizzate per denunciare quello che stava accadendo al nostro pianeta. La comunità scientifica ha reso evidenti le conseguenze tragiche del surriscaldamento globale; sono stati riuniti i primi meeting internazionali che avevano all'ordine del giorno il tema della difesa dell'ambiente; i disastri causati dallo sfruttamento postcoloniale del terzo mondo sono riusciti a creare delle vaste aree di solidarietà nella popolazione del mondo " a capitalismo avanzato " ed infine l'industrializzazione forzata ha cominciato a mostrare i suoi limiti in tutto il mondo. Per ultimo è arrivato il crescente interesse delle religioni mondiali sul tema che per il cristianesimo si è esplicitato in massimo grado nell'enciclica " Laudato sii " dell'attuale Papa. Tutto questo non è bastato, però, a costruire un piano di discorso e di azione nella politica internazionale in grado di assumere fino in fondo la sfida che il nostro pianeta sofferente ci stava ponendo: da un lato i grandi interessi economici e politici accecati dalla ricerca del profitto hanno intrapreso una lunga battaglia oscurantista; dall'altro lato si scorgeva all'orizzonte l'avvento di una nuova futuristica tecnologia, l'informatica ed internet, che nella sua applicazione alla vita quotidiana e ai sistemi di produzione poteva essere caricata di tutte le speranze di redenzione che si accumulavano alla vista dei nostri territori e delle nostre vite in disfacimento.
Irreversibilmente l'intensificarsi della moltiplicazione dei mezzi di produzione ha portato al degradamento e al disfacimento del mezzo di produzione principale: il pianeta e l'ambiente. L'uomo, per la prima volta, si poneva all'esterno del processo naturale, come suo fantomatico dominus in grado di usare e trasformare il pianeta a suo piacimento senza nessun riguardo per le possibili conseguenze. Si è pensato e teorizzato che in ogni caso sarebbe stato possibile controllare e governare i cambiamenti in atto: la storia recente ci ha insegnato che, purtroppo, non è stato così. Questo lento processo di degradazione già ben visibile nelle descrizioni della Manchester del XIX secolo, è stato nascosto dall'ideologia del progresso radicata nell'allargarsi della base della popolazione che attraverso le nuove capacità di produzione riusciva a raggiungere una determinata soglia di " benessere ". Un occultamento rafforzatosi nell'incapacità di costruire una consapevolezza di massa in grado di cogliere in maniera profonda la contraddizione tra l'estremo proliferarsi delle merci, l'accentramento di ricchezze e potere nelle mani degli oligopoli del mercato e della finanza, la centralità parossistica della richiesta di " lavoro " qualunque esso sia come forma di conquista della sussistenza e quel lento declino dell'ambiente, del clima e dei territori che a mano a mano minacciava sempre più quella stessa vita umana che voleva mostrarsi rafforzata dal treno dello sviluppo incontrollato.
Negli ultimi trent'anni sempre più voci si sono alzate e sempre più iniziative si sono organizzate per denunciare quello che stava accadendo al nostro pianeta. La comunità scientifica ha reso evidenti le conseguenze tragiche del surriscaldamento globale; sono stati riuniti i primi meeting internazionali che avevano all'ordine del giorno il tema della difesa dell'ambiente; i disastri causati dallo sfruttamento postcoloniale del terzo mondo sono riusciti a creare delle vaste aree di solidarietà nella popolazione del mondo " a capitalismo avanzato " ed infine l'industrializzazione forzata ha cominciato a mostrare i suoi limiti in tutto il mondo. Per ultimo è arrivato il crescente interesse delle religioni mondiali sul tema che per il cristianesimo si è esplicitato in massimo grado nell'enciclica " Laudato sii " dell'attuale Papa. Tutto questo non è bastato, però, a costruire un piano di discorso e di azione nella politica internazionale in grado di assumere fino in fondo la sfida che il nostro pianeta sofferente ci stava ponendo: da un lato i grandi interessi economici e politici accecati dalla ricerca del profitto hanno intrapreso una lunga battaglia oscurantista; dall'altro lato si scorgeva all'orizzonte l'avvento di una nuova futuristica tecnologia, l'informatica ed internet, che nella sua applicazione alla vita quotidiana e ai sistemi di produzione poteva essere caricata di tutte le speranze di redenzione che si accumulavano alla vista dei nostri territori e delle nostre vite in disfacimento.