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sabato 13 febbraio 2010

Ser cappelletto

Prendo spunto da Boccaccio: novella di ser Ciappelletto. Ingegnoso essere umano che gabba gli sciocchi borghesi... manda i santi all'inferno e costringe Dio a santificare un peccatore. Un trionfo del rovesciamento e dell'antifrasi. Come i miei cappelletti vegani.


Quando ero piccola stavo fra i piedi a mia madre ogni volta che faceva i cappelletti. Anche mentre faceva il ripieno (pesto): mortadella, prosciutto crudo e carne macinata mista fatta cuocere insieme a un po' di concentrato di pomodoro e verdure che poi toglieva... io giravo con il cucchiaino e ne fregavo q.b. e giudicavo. Aggiungeva poi parmigiano reggiano, noce moscata, chiodo di garofano e cannella. Non si tratta della ricetta tradizionale di Reggio Emilia: non mi ha mai saputo spiegare come mai le i li fa così diversi dalle sue sorelle.


Non mangiare cappelletti è un sacrificio intollerabile per un reggiano. Ce li abbiamo nel sangue.
Li ho fatti spesso da vegetariana (la versione "di magro" che mi madre mi diceva essere tipica dei tempi di miseria nera... senza carne!). Da vegana ho dovuto telare.

Però... che fatica! La settimana scorsa ho aperto un incauto acquisto: porchetta di seitan, muscolo di grano. Una vera presa per i fondelli. Seitan (che a me non piace tanto, NDR) ripieno di peperoncino.
Ieri ne ho decretato la fine: l'ho tritata insieme a quattro wurstel di tofu (buoni davvero), ho aggiunto noce moscata e lievito alimentare in scaglie e l'ho fatta riposare una notte.


La sfoglia invece l'ho fatta usando mezzo chilo della fantastica semola di grano duro del Senatore Cappelli addizionata di cento grammi di farina di lupini. Per il resto solita procedura.

Sentito ringraziamento a Laila e Fosca per avermi aiutato a stendere e piegare!

mercoledì 6 gennaio 2010

Rivelazione...

Nonostante i buoni consigli di una ammiccante gallina di pollaio, nel mio frigo le carote abbondano e incanutiscono. Torta di carote e nocciole (non posso pubblicare la foto... è una delle mie torte senza zucchero, senza uova, senza grassi... senza torta!). Crema di carote e crostini (nemmeno fotografata, ma fatta fuori senza esitazioni). Carote crude. Carote pelate e mangiate a colazione (deglutite con l'ausilio del tè verde al limone). Oggi, mentre su FB (che fino a un mese fa evitavo come la peste... e ora è lui che vorrebbe tanto ch'io lo evitassi) chiacchieravo con un nuovo amico, conosciuto per errore (omonimo e cugino di un amico, ha accettato senza scomporsi di concedermi la sua "amicizia"), ho ricevuto un paio di telefonate di amiche e cugine che ci tenevano tanto a farmi gli auguri... e - EPIFANIA - a me sono venute in mente le mie quattro carotine piagate e raminghe. Ho abbandonato il mio novello amico e mi sono fiondata a far loro il funerale.
Recuperare verdura morente è ormai la mia missione. Segreto? Basta nascondere, mescolare, camuffare, mentire e speziare. Credo sappia un po' di truffa alimentare. Datemi della strega, via. O della Befana. Tanto non sarete mica i primi...

TAGLIOLINI ALLE CAROTE
INGREDIENTI:
# 50 gr. tagliolini di grano duro lessati in acqua insipida per cinque minuti
# 40 gr. tempeh alla piastra tagliato a dadini
# quattro cm di alga wakame (sbriciolata nelle carote prima di cuocerle)
# quattro carote pelate (mezze buttate!), tagliate a rondelle e cotte con: una tazzina di acqua calda, un cucchiaino di tamari, pepe nero, un cucchiaino di succo di limone, spezie (nanami togarashi) e coriandolo
# tekka
# olio extravergine d'oliva q.b.
PREPARAZIONE: quando le carote saranno cotte e l'acqua evaporata, aggiungere un paio di cucchiaini di olio, la pasta scolata e mescolare sul fuoco per un minuto. Impiattare e aggiungere la tekka (la polvere nera nella foto).

martedì 10 novembre 2009

Educazione sentimentale a tavola: quinoa col cavolo!

PREMESSA AGGIUNTA DOPO (quindi tecnicamente è una postfazione premessa?!): qualcuno di voi ha visto l'ultimo film di Nora Ephron, Julie&Julia?!
E' una bella commedia, piena di cibo, archetipi di persone che potreste ritrovare intorno a voi, nel bene e nel male (o essere voi!) ed è splendidamente recitato. D'accordo, non è il genere di film che contribuirà a migliorare il mondo; non migliorerà forse nemmeno la settimana; diciamo che strappa sorrisi e fa sembrare meno strano il nostro quotidiano.
Non vi sto a quantificare... ma quanto mi è piaciuto!!
A dire il vero è da un po' che il mio rapporto con il cinema è decisamente idilliaco!
(FINE!)


Vi succede mai di desiderare che qualcosa che vi piace piaccia altrettanto a qualcuno che vi piace? A me ni.
Cioè vorrei mai non posso.
Balle. Vorrei e basta.
Insomma mi capita di desiderare di non essere la sola ad andare in solluchero per qualcosa. L'ebetitudine devastante che si prova davanti all'appagamento è pericolosa: andrebbe gestita in privato o andrebbe condivisa? Nascosta o esibita?
Usata come metro con il quale misurare le affinità?
Usata come fondamenta di un rapporto?!

Il cibo mi piace. Mi piace, a detta di molti, in modo strano e personale. Sono un'emiliana con gusti da apolide. Mi piace toccare e maneggiare gli ingredienti di una ricetta. Cerco, per quanto possibile, di non mescolare troppo e di non snaturare le singole note. Guardo le torte lievitare nel forno senza mai avere le sensazione di perdere tempo.
Quelli che invece mangiano, fanno da mangiare o temono le perigliose avventure in piatti estranei mi fanno un po' tenerezza e un po' compassione. Per affetto evito loro la disavventura di un piatto cucinato da me.
Quando leggo su altri blog di cucina di quanto vengano apprezzati gli acrobatici esercizi culinari di un vegan, di come amici e parenti spazzolino i piatti e si profondano in giambi ed epodi di complimenti io mi domando... perché a me non succede?
Sono l'unica a dividere il desco con conservatori, paladini della tradizione ortodossa e (per assurdo) dei piatti pronti? O piuttosto, come mi dicono spesso, faccio da mangiare per i canarini?!

Questo che vi presento è uno dei miei ultimi gesti di diplomazia a tavola... era pensato per una seduzione del tipo: se riesci a mangiare questa cosuccia, forse ti piaccio!
(NB: è andata meno peggio del previsto... diciamo un pareggio... o una bugia pietosa)

QUINOA COL CAVOLO
(E COMPARSE)


INGREDIENTI:
>> QUINOA: una parte di quinoa (lavata) in doppio volume di acqua per 15 min. coperto. Una volta che è cotta aggiungere una emulsione di olio extravergine d'oliva, miso e succo di limone (in parti uguali) e mescolare bene. Per rendere più bella la preparazione ho messo ogni porzione in un contenitore di plastica che ho poi scaravoltato sul piatto.
>> TOFU: ho pressato un panetto di tofu fra due tovaglioli, coperto da un peso (mentre la quinoa cuoceva). L'ho poi tagliato a cubetti e saltato in padella con poco olio, uno spicchio di aglio in camicia, poco zenzero e sale.
>> CAVOLO E COMPARSE: alcune foglie di cavolo, mezza carota e poche alghe arame. Messe a bagno le alghe, ho tagliato in quadrotti il cavolo liscio e a fiorellini le carote. Ho bollito poi il tutto per tre minuti in poca acqua e aceto di riso (prima il cavolo, poi le arame e per ultime le carote che colorano l'acqua).

domenica 29 marzo 2009

Emerenc, la pasta e il cavolfiore (casualmente insieme, benché separati)

Io sono un tipo riservato. Molto. Raramente mi lascio andare a confidenze liberatorie o anche solo a minime aperture. Alcuni giorni fa, in un improvviso accesso di cemeratismo, ho sussurrato a un sodale: "Più un libro mi piace e più lentamente lo leggo (per farlo durare a lungo)". E' qualcosa che definirei vagamente patologico. Un attaccamento. Magari è una metafora del rapporto che più lungamente riesco a intrattenere!
Da qualche mese tengo sotto al cuscino La porta di Magda Szabo. Emerenc è la luce e l'ombra che governa ogni pagina, ogni gesto e ogni parola. Lo tengo sotto il cuscino e ogni tanto faccio marcia indietro di qualche pagina per rileggere alcune frasi. Sono determinata a farmelo durare a lungo.

Mi capita di fare così anche con il cibo. Se una pietanza è buona innesto la masticazione bradipo, passeggio le posate nel piatto per osservare, sentire e gustare meglio.
Mi capita di fare così con la pasta condita con il parmigiano fake (solo mandorle e sale finemente frullati nel mixer). Non disdegno di fare altrettanto con il cavolfiore arrostito.

CAVOLFIORE ARROSTITO
(PENNE VERDI CON PARMIGIANO FAKE SULLO SFONDO)

INGREDIENTI PER IL CAVOLFIORE ARROSTO:
un cavolfiore (ridotto in cimette)
il succo di un grosso limone
due cucchiai di olio extravergine d'oliva aromatizzato all'aglio (o uno spicchio d'aglio tritato)
sale (q.b.)
pepe di Szechuan (non è un vero pepe... è meno piccante e il suo retrogusto mi pare fresco, tipo limone o addirittura menta: da provare!)
PREPARAZIONE: riscaldare il forno a 220°; marinare brevemente le cime di cavolfiore nel succo di limone, olio aromatizzato, sale e pepe. Infornare e cuocere per 15/20 minuti (meno se il cavolfiore è molto tenero).




NB: le penne sono semplice pasta di semola agli spinaci, con il delizioso fake parmigiano. Come faccio a trovare deliziosi i fake? Boh, ho spirito di avventura... nonostante la strada nuova appaia sempre più impervia, magari oscura o di ripiego, mi racconto la favola e - incredibile - ci credo pure!

venerdì 13 marzo 2009

Sedano rapa in guisa di patate...

Il sedano rapa è una verdura globosa, bitorzoluta e di aspetto grottesco. Il ciuffo verde, se ne è corredata, ha davvero sapore di sedano; la radice, secondo le mie papille gustative, no. Lo compro spesso e cerco ogni volta di inventarmi un modo non troppo consueto di cucinarlo. Mi piacciono le sfide... anche se non sempre le vinco!
L'ho provato crudo: lo trovo senza lode e senza infamia, discreto se marinato con aceti aromatizzati e aspri. Molto spesso lo metto in minestre e zuppe (ha una bella consistenza). Qualche mese fa (la foto risale allo scorso autunno) ho provato a trattarlo come fosse una patata.

SEDANO RAPA

INGREDIENTI:
un sedano rapa a bastoncini
olio extravergine d'oliva aromatizzato all'aglio (q.b.)
sale affumicato
PREPARAZIONE: saltare il sedano rapa in padella con un cucchiaio di olio caldo, fino a cottura completata. Salare a piacere.

RISULTATO: buono, morbido e delicato.

mercoledì 19 novembre 2008

Chips di pastinaca


Non mangio patatine (quelle del sacchetto, industriali, unte e salatissime) da tre mesi.
Mi sento come una alcolizzata che incide tacche sul muro.
Non esiste una anonima patatosi. Se esistesse avrei la tessera numero 1, parteciperei alle riunioni del lunedì e proclamerei con orgoglio la mia sobrietà da patatine. Invece... ho fatto il richiamo (come per l'antitetanica) a suon di patatine di pastinaca!

INGREDIENTI:
due grosse pastinache affettate a mano (non uniformi)
un cucchiaio di olio extravergine d'oliva
salamoia bolognese secca (rosmarino, aglio, sale), poco origano e pepe bianco

>> Accendere il forno a 200°C (il mio è ventilato)
>> condire le fettine di pastinaca con olio, sale e aromi
>> infornare per dieci/quindici minuti

Non ho nemmeno dovuto girarle! Se tagliate sottilmente diventano più secche (quindi più patatose).
Ho completato il pasto con un riso integrale al cavolo nero (fatto come si fa quello di spinaci). Che ho dimenticato di fotografare...

sabato 8 novembre 2008

ERBAZZONE VEGAN

Dell'erbazzone si parla solo bene.
E' buono.
Saporito.
Conviviale.
Popolare (L'erbazzone veniva cotto nel forno del pane in un grande stampo rotondo di rame, detto “al sol”. La pietanza era così popolare ed amata dai reggiani che, a fine ottocento si tenevano gare, indette dalle cooperative per realizzare il miglior erbazzone, alle quali partecipava tutta la comunità.).
Vario ed eventuale.
Si presta come antipasto (tradizionalmente nello stesso piatto con altri prodotti tipici emiliani). Si presta come piatto unico.
Prima di diventare intollerante ai latticini ho mangiato con voluttà quello di un fornaio fantastico che non usava strutto o lardo.
Poi per anni l'ho evitato come la peste, perché solo l'odore mi fa svenire di desiderio!
... ma da quando ho iniziato a produrre i miei FALSI d'autore (i fake), ho pensato e ripensato a come riprodurre un erbazzone fake. Ho provato moltissime varianti (alcune inenarrabili) ed ora sono invece lieta di mostrare il mio miglior fake:

Per la pasta ho usato la ricetta di Mikamarlez, che per me è oramai diventata un classico, una certezza! Unica variazione: uso la farina di semola di grano duro, perché scrocchia!
Oggi quindi mi dilungo solo sul ripieno, perché per il resto il procedimento, i tempi di cottura e la forma della torta non mi sono ancora decisa a variarli (stavo pensando però... se tiro la pasta con la macchina per la pasta... ottengo dei rettangoli che saranno porzionabili in modo più adatto a, per esempio, esigenze di trasporto per pranzo in ufficio o per la conservazione in freezer!). Le spiegazioni dettagliate per la pasta le trovate quindi da Mika o cliccando su classico e/o certezza che ho linkato alle mie due precedenti pubblicazioni di torte salate.

R
IPIENO ERBAZZONE VEGAN:
un chilo di spinaci e/o bietole cotte (meglio se misto e da cotto peserà molto meno) tritate a coltello
uno spicchio di aglio in camicia
uno scalogno tritato finemente
alcuni cucchiai di pane grattugiato
tre cucchiai di tofu silk (morbido, cremoso)
tre cucchiai di lievito alimentare in scaglie
un cucchiaio di olio extravergine d'oliva
un pizzico di sale
PROCEDIMENTO: far imbiondire l'aglio nell'olio, aggiungere lo scalogno (togliere l'aglio), rosolare brevemente, aggiungere il pane, rosolare ancora e, infine, aggiungere le erbette. Mescolare facendo attenzione che il pane non prenda troppo colore (diventerebbe amaro), salare e lasciar raffreddare. La verdure può essere frullata o lasciata a pezzetti (io la preferisco così): aggiungere il tofu, il lievito e mescolare il tutto (meglio se lo si fa con le mani!). Far riposare il tutto una mezzoretta in frigorifero.

Questo tipo di ripieno assomiglia (ho detto assomiglia, mica è uggggguale!) al ripieno per i tortelli verdi che faceva mia madre (con parmigiano, ricotta e un'idea di noce moscata)... io ci ho fatto pure i cannelloni.

domenica 19 ottobre 2008

Fusilli alla zucca (Amarcord... autunno in Emilia )

In questi giorni mi capita di provare invidia.
Forte.
Motivata.
Un blog sì e uno no leggo storie di nonne e nonni alle prese con nipoti, budini, biscotti, profumi dell'infanzia e ricette della memoria.
Io non ho conosciuto i miei nonni.
Quelli paterni se ne erano andati molto prima del mio arrivo e quelli materni fecero appena in tempo a mangiare i confetti del mio battesimo.
Dai tre ai sei anni non smisi di chiedere spiegazioni a proposito di questa lacuna familiare: mio padre brontolava risposte tipo "Mica si sceglie quando morire; (...) ma insomma la smetti con 'ste domande?!" e mia madre mi mandava dai vicini in modo ch'io potessi questuare un poco di attenzione alla Nunnéta, la nonna della mia amica Elisa (con la quale passavo ben poco tempo a pettinare le bambole)... arrivavo a malapena al campanello, mi ci attaccavo come una cozza e cominciavo a chiamare la mia amica alzando la voce di mezzo tono fino a quando qualcuno non sbucava dalla porta e mi apriva il cancello. Poi facevo di tutto per essere l'ospite perfetto, quello che rimane a lungo, che può giocare con il dolceforno e che viene invitato a rimanere per cena. Mi ero inventata un rituale che consisteva nel declinare la prima offerta (per educazione), ma poi accettavo precipitosamente al rilancio. Ero alla spudorata ricerca di qualsiasi attenzione da parte della nonna di Elisa. La seguivo in lavanderia e suggerivo alla mia amica di giocare alle lavanderine (lei mi occhieggiava come se fossi improvvisamente diventata fosforescente e mi proponeva di andare in terrazzo ad ascoltare tutti i quarantacinque giri di Gianni Morandi), la seguivo in cucina e lei mi invitava a sbattere le uova per la frittata (e la mia amica mi tirava per un braccio per andare a giocare alle maestre), facevano la marmellata di pere e mele e io prezzemolavo fra i vasetti. La nunnèta è ancora fra i cinque miei over settanta prediletti: sono punti fermi, timonieri titubanti e, talvolta, spettatori riottosi di questo strano presente.
La mancanza dei nonni mi ha fatto diventare gerontofila. Mi piacciono i vecchi. Non vado nemmeno tanto per il sottile permettendomi di prediligere quelli dolci o quelli saggi. Mi piacciono - punto. Attacco pezze allucinanti a quelli che vengono in ufficio; mi metto a chiacchierare in fila alla cassa del supermercato solo con gli over settanta.
Un autunno di tanti anni fa a casa di Elisa mangiai i primi tortelli di zucca. A casa mia erano sempre e solo di erbette. Rimasi deliziata e decisi che dovevo tenere d'occhio quella cucina esotica...

FUSILLI DI KAMUT ALLA ZUCCA

Ingredienti:
60 grammid i fusilli di grano kamut
un quarto di zucca hokkaido** cotta al forno (avanzo, il resto l'avevo mangiata appena cotto!)
un cucchiaio di lievito alimentare in scaglie (sostituto del parmigiano)
sei mandole non pelate
Procedura: mentre la pasta cuoce, frullare zucca e mandorle (aggiungere poca acqua di cottura della pasta per rendere più fluido il condimento). Scolare la pasta e mantecare con la purea di zucca e il lievito alimentare.












**Non me ne vogliano i sostenitori degli acquisti a chilometri zero... ho una debolezza anche per per verdure che non sempre riesco a trovare nei paraggi. queste vengono dalla Germania... rappresentano un pittoresco estratto d'autunno fatto di... sedano rapa, rafano nero, rape rosse e bianche, pastinaca, cavolorapa, zucca hokkaido e cavolo bok choi (quello che assomiglia alle bietole, in piedi nella foto a sinistra).

sabato 11 ottobre 2008

UJI CHASOBA (Cosa sono mai una voce, qualche parola e un grappolo di note...)


AGGIORNAMENTO (20 ottobre 2008) : con questa ricetta vorrei partecipare alla raccolta di Laura, perché ne apprezzo lo spirito e condivido le sue parole... "Adoro le ricette etniche e mi piace sperimentare nuovi gusti e scoprire nuove spezie, mi piace sentire nella mia cucina i profumi del mondo, mi sembra quasi di viaggiare!"

Solo una bella canzone del 1957 (musica di Dimitri Tiomkin e testo di Ned Washington). Qualcuno potrebbe preferire la versione del Duca Bianco oppure quella di quel simpatico decespugliatore che è oramai Geroge Michael (non l'ho trovata, peccato!)... o ancora quella di Barbra Streisand. Questa canzone è talmente bella che potrebbe cantarla anche paperino con la bocca piena

Wild is the wind

Love me love me love me
Say you do
Let me fly away
With you
For my love is like
The wind
And wild is the wind

Give me more
Than one caress

Satisfy this
Hungriness
Let the wind
Blow through your heart
For wild is the wind

You...
Touch me...
I hear the sound

Of mandolins
You...
Kiss me...
With your kiss
My life begins
Youre spring to me

All things
To me

Dont you know youre
Life itself

Like a leaf clings
To a tree
Oh my darling,
Cling to me
For were creatures
Of the wind
And wild is the wind
So wild is the wind

Wild is the wind

Wild is the wind

... ma Nina Simone la rende struggente!

UJI CHASOBA (soba al tè verde)
40 grammi di soba (cotta come da istruzioni, cinque minuti, aggiungendo acqua fredda a metà cottura)
due funghi shitake affettati (ammollati in acqua calda per un'ora)
qualche centimetro di alga dulse (ammollata per cinque minuti)
mezza carota a rondelle sottili
alcune foglie di cavolo cinese a triangoli
uno scalogno affettato
una piccola zucchina tagliata a metà e poi affettata
erbe aromatiche secche miste (un cucchiaino)
olio di sesamo spremuto a freddo
semi di sesamo decorticati
mezzo cucchiaino di miso (o salsa di soia o sale o brodo granulare)
PROCEDIMENTO: mentre la pasta cuoce, far saltare le verdure con l'olio e le erbe aromatiche; sciogliere il miso in poca acqua di cottura della pasta, versare sulle verdure, spegnere e mescolare. Scolata la pasta, aggiungere le verdure e il sesamo.


E a voi...
...quale canzone vi fa sentire
patocchi
(languidi, molli NDR)?!

giovedì 9 ottobre 2008

Avanzi... un altro!

Mi piace quando avanza qualcosa di scondito, neutro e malleabile. Penso sempre di essere un tipo fantasioso, ma finisco per ridurre tutto in... polpette!


INGREDIENTI:
una decina di foglie di radicchio rosso lungo (quelle esterne, più dure) a pezzetti
tre scalogni affettati
un cucchiaino di olio di sesamo
una tazza di riso integrale già cotto (l'avanzo!)
panatura di mais e pane grattugiato
lievito alimentare in scaglie (sostituto del parmigiano)
semi di girasole
PROCEDIMENTO: far saltare in padella scalogno e il radicchio a fiamma moderata mescolando di continuo, aggiungendo poca acqua se necessita. A freddo aggiungere l'olio. Frullare due terzi del riso insieme alla verdura saltata fino ad ottenere una crema densa. Aggiungere il lievito e mescolare (meglio con le mani, anche se a me fa un po' impressione tutta la roba che finisce sotto le unghie...). Formare le polpette (bagnandosi le mani o usando due cucchiai per formare delle quenelle, polpette oblunghe), passarle nella panatura mista ai semi. Cuocere in forno pre-riscaldato a 200°C per una ventina di minuti, girandole a metà cottura.
Rispetto a quelle che faccio di solito erano amarognole (radicchio), molto adatte al clima autunnale: erano croccantissime all'esterno e morbide dentro (molto buone anche fredde il giorno dopo).

giovedì 18 settembre 2008

Under pressure... green tea only!

Ho la pressione alta.
Sarà causa del freddo improvviso vasocostrittore e ingolfante?

Sarà causa del mio smodato amore per il sale, i cibi salati e le costanti incursioni nel favoloso mondo delle patatine?
Sarà lo stress? (Ma quale?!)

Fatto sta che ora sono in difficoltà, perché nel mio immaginario gastronomico ci sono solo pietanze saporose, vivacemente inclini al sale di sodio dell'acido cloridrico. Al solo pensiero i battiti accelerano. Che schifo, sono schiava della gola e finirò all'Inferno come Ciacco, fiaccato da una pioggia battente a mangiar fango!
Data la mia non impossibile età, pare si possa riportare tutto sotto controllo con poco sacrificio: escludere il sale dalla mia vita. Almeno per un po'. Escludere il tè nero. Questo non è difficile, bevo mentre scrivo


Da tre giorni mangio insipido... risultato? Vita scipita, aria afflitta e pensiero costante, ossessivo, stupendo: voglio fare il bagno a bocca aperta nel Mar Morto!

Che fare per distrarre il flusso di coscienza che convoglia ogni anelito al salino?!

Potrei ricominciare a leggere, perché quando mi sento stimolata intellettualmente sono meno facile alle ossessioni della gola...
Ma non ho libri interessanti, cioè dovrei leggere qualcuno degli orfani di carta inchiostrata che ho incautamente acquistato di recente... li ho abbandonati in giro per casa - vicino al telefono, sulla mensola del camino, dietro il termosifone del bagno, sul tavolino accanto al letto, nel cruscotto della macchina, sotto il fornetto elettrico in cucina... - così che magari a furia di vederli finisce che li leggo, giusto per levarmeli dalle pa**e!)... ogni tanto funziona! Ho fatto fuori un acquisto incauto in vacanza, perché era il solo esemplare che avevo messo in valigia. Lo avevo comprato in primavera (se non ricordo male), perché mi era piaciuto il titolo: L'eleganza del riccio. Avevo letto subito i primi due capitoli (più e più volte, cercando di capire come mai l'autrice avesse così tanto bisogno di farci sapere quanto - effettivamente - sa di filosofia). ma lo avevo abbandonato, senza alcun senso di colpa sul tavolino accanto al letto. Il fatto che fosse accanto al letto non voleva dire nulla: i libri che sto effettivamente leggendo, di solito stanno sul letto o nel letto. C'è una bella differenza, capite bene. Lo avevo nascosto sotto l'incauto acquisto numero due (l'ultimo di Pulsatilla, comprato solo perché ha una copertina fantastica... ma questo, lo capisco ora dopo averne letto una decina di pagine, è il suo solo pregio).

(...?)

Ah, sì!
In vacanza ho poi letto (in due giorni) L'eleganza del riccio ed ho pensato... il romanzo si lascia leggere, ma a parte alcuni passaggi divertenti e ben scritti e la succulenta descrizione di una cena giapponese, non toglie il sonno. Poiché non m'ero portata altro e non avevo intenzione di comprare in loco (memore della marea di orfanelli sparsi per casa), ho accettato lo scambio con un romanzo di Fabio Volo, Il giorno in più. Ed ecco l'happy end: dopo averlo finito ho rivalutato il romanzo della Barbery!
Niente di personale... quello di Volo mi pare la rielaborazione (fatta da o con un buon editor, che a Mondadori certo non mancano) erotico-tormentata di un romanzo stile Harmony. Davvero esilaranti alcuni passaggi post-digestione che filosofeggiano di escatologia applicata al quotidiano. Per fortuna Volo è un uomo intelligente e, mi dico, scrive perché è importante segmentare e diversificare il proprio raggio di azione: in agricoltura la rotazione delle colture ha permesso notevoli sviluppi... nella qualità e nella quantità!

Qualche volta in vacanza m'è andata molto meglio: otto anni fa giravo Lisbona leggendo Viaggio in Portogallo di Josè Saramago, mi ubriacavo delle sue parole, i portoghesi mi parevano tutti belli in modo sinistro e mangiar nulla per una settimana contribuì a creare una sorta di estasi mistica (era la fame!?) che ancora mi attanaglia quando penso a quella città.
I paragoni rientrano nell'insieme concettuale dei giudizi? Se è così mi asterrò dal continuare...
Vi esorto solo a leggere le parole di comprensione che Saramago spende per l'italico popolo di elettori... fra un sillogismo e una simpatica pugnalata al nostro amor proprio collettivo!

giovedì 11 settembre 2008

Kanten di pesche allo zenzero

Kanten è il nome giapponese dell'agar-agar. L'agar-agar è un'alga insapore ricca di fibre e di minerali, ma priva di calorie che, pare, aiuta a ridurre il colesterolo cattivo e ad abbassare la pressione sanguigna e il livello di zuccheri nel sangue. Esiste la kanten diet... pare sia stata un must in Giappone nel 2005 (che dite?! Non siete soliti seguire trend datati?). La si può trovare in commercio in fiocchi, barre, fili o polvere. Viene utilizzata spesso al posto della colla di pesce (che poi è colla di ossa e cascami bovini e/o suini) e della gelatina per il suo potere addensante. Il bello è che se usate il kanten per fare le gelatine non avrete una gelatina ingessata e sussiegosa, bensì una (più o meno) tremula cratura adatta ad imprigionare frutta, verdura o pensieri molesti!


La ricetta si compone di tre semplici passaggi:
  1. pelare e tagliare a dadini una pesca matura (o due se sono piccole), aggiungere il succo di mezzo limone e un cucchiaio raso di zucchero di canna; grattugiare un pezzetto di zenzero (dimensioni di una falange) e aggiungerlo alla macedonia di pesche che avrete messo in un recipiente adatto a contenere la gelatina
  2. fare un infuso con 500 ml di acqua, due bustine di tè verde e un cucchiaio di "Bacche di bosco" (mirtilli, mele, ibiscus, etc...) e dolcificare con un cucchiaio di malto di mais; aggiungere un cucchiaino colmo di agar-agar in polvere e far bollire dolcemente per cinque minuti
  3. versare il liquido sulle pesche, mescolare e lasciar raffreddare; riporre in frigorifero per almeno una notte.


Mi piace da pazzi! Direi che è la cosa più vicina al mio concetto di dolce che io abbia mangiato in quest'ultimi tempi. Suppongo che non sarebbe male nemmeno con un buon vino al posto del tè!

NB: i dolci non sono il mio forte... mi piace farli, ma le mie papille virano al cloruro di sodio.

domenica 10 agosto 2008

Insalata di cavolo, carote, radicchio rosso, arame marinate e pompelmo rosa

Pranzo ricco di minerali, antiossidanti, calcio e compagnia briscola. Gli ingredienti sono su per giù quelli che affollano il titolo del post...
INSALATA DI CAVOLO, CAROTE, RADICCHIO DI CHIOGGIA, ARAME E POMPELMO ROSA

PER UNA PERSONA
... 1/4 di cavolo cappuccio tagliato a julienne sottili
... una carota affettata con un pela-verdure (a tagliatelle)
... quattro foglie di radicchio a julienne sottili
... spicchi di un pompelmo rosa (pelato al vivo raccogliendo il succo che inevitabilmente si produce durante l'operazione)
... arame marinate (Come? Ammollare le alghe in poca acqua per cinque minuti; cuocerle fino ad assorbimento dell'acqua in cui avrete aggiunto un cucchiaino di shoyu e due di mirin. Si conservano in frigorifero per tre o quattro giorni e sono adatte anche come aggiunta a creme spalmabili)
... due cucchiaini di olio extravergine d'oliva
... un cucchiaino di aceto balsamico di Modena
... cristalli di sale rosa
... pochi semi di sesamo nero
PREPARAZIONE: mescolare le verdure crude in una insalatiera. Mescolare arame e spicchi di pompelmo. Preparare una emulsione di aceto balsamico, succo di pompelmo e sesamo nero: versare sulle alghe e pompelmo. Condire l'insalata di verdura con olio e sale. Unire le due preparazioni.

Completavano il pasto: piccoli wasa e (chi ride fa una brutta fine) mortadella finta. Fake. Tre settimane fa ho ordinato al telefono da un laboratorio di Vicenza (o Padova?!) una consegna di seitan e tofu. Sono super soddisfatta di non dover peregrinare in giro per la provincia alla disperata ricerca di qualche Simil-Naturasì aperto e adeguatamente rifornito. Fra gli altri, succube dell'improvviso amarcord del profumo della mortadella, mi sono lasciata attirare da questo ennesimo FAKE... la mia vita è costellata di falsi, farlocchi, rimpiazzi e succedanei... e, tutto sommato, ne sono quasi lieta!

PS: Vi rammento alcune delle mie precedenti insalate...
Insalata algerina
Insalata di cannellini
Insalata di cous cous
Insalata di barbabietole e carote
Insalata cubista
Insalata riflessiva
Insalata di fagioli del Purgatorio

sabato 28 giugno 2008

E Tofu sia (se gli pare)!

Avete mai stazionato un paio di quarti d'ora davanti allo scaffalino dei legumi secchi al supermercato? Io lo faccio spesso. Mi sento come se dovessi adottare uno o l'altro tipo e mi trastullo in elucubrazioni gastro-affettive facendo avanti e indietro come un padre emofobico parcheggiato fuori dalla sala operatoria in attesa del lieto evento. Nella mia personale classifica del legume ci sono:

1 - fagioli del purgatorio
2 - lenticchie di Ustica (dove vorrei andare in vacanza...)
3 - fagioli bianchi di Spagna (per esempio con una ricetta di Daniela)

di solito compravo quelli in scatola (quasi sempre molto cotti, nuotano talvolta in strane gelatine tipo Simmenthal), ma i legumi cotti in casa sono sempre più buoni (anche se più brigosi).
Nella mia personale top-ten la soia gialla non entrava nemmeno. Ma poi ho scoperto che ha proprietà nutrizionali fantastiche: contiene molibdeno, triptofano, manganese, proteine, ferro, omega3, fosforo, vitamina K, magnesio, rame, vitamina B12, potassio... (in rigoroso ordine decrescente rispetto alle quantità contenute per tazza-cup di prodotto).
Ho scoperto che adoro il tofu. Che il tofu è fatto con il latte di soia (che adoro molto meno, per non dire quasi per nulla). Che il latte di soia si fa con la soia gialla!!
Ergo ho comprato un sacchetto da 500 grammi di soia gialla.
Il suo destino però sarebbe stato quello della figlia della schifosa... reietta e dimenticata, nella migliore delle ipotesi... data da mangiare alle galline della Gina, una volta scaduta...
Invece sono stata sobillata da Cicciuzza all'esercizio dell'arte casearia, reazionaria ed evolutiva in una allergica ai latticini come me. La suddetta Cicc. mi ha suggerito alternative e invitato a provare. Mi ha provocato, insomma! Posto solo ora, perché ho desistito (per ora) alla tentazione di provare il goma dofu, ma questa è un'altra storia...

TOFU CASALINGO
Prima si fa il latte di soia:
... 500 grammi di soia gialla
... 5 litri di acqua
... tre centimetri di kombu
mettere a bagno la soia (assicuratevi che non siano vecchi o troppo vicini alla scadenza) con un litro di acqua e qualche centimetro di alga kombu (utile, ma si può saltare) per dodici ore circa (non deve fare le bollicine, teneteli d'occhio, sono pronti quando potrete morderne uno senza rompervi un incisivo). Frullate il più finemente possibile aggiungendo un po' di acqua dei quattro litri restanti. Più finemente è frullato e meglio sarà per la fase successiva. In una capiente pentola (enorme o due più piccole) portate a ebollizione la rimanente acqua: quando inizia a sobbollire versate il frullato e fate bollire qualche minuto mescolando sempre per evitare che straripi!
Ora filtrate il tutto con un colino rivestito con un telo da formaggio o un tovagliolo di lino. La parte liquida diventerà latte di soia, dopo altri dieci minuti si bollitura. La parte solida si chiama okara ed è un bel problema smaltirla tutta (la mia è finita dritta in compostiera, ma la si può usare per fare biscotti, polpette, ragù, ecc...).
Questo primo passaggio è riuscito perfettamente: il mio latte di soia aveva un sapore fagioloso, ma non gessoso come quello che ogni tanto compro...

Poi si fa il tofu:
... latte di soia autoprodotto
... caglio (io non volevo comprare il nigari... ho usato il succo di limone)
Fate raggiungere al latte la temperatura di 80°C (quando smette di fumare!), versate il succo di limone (io ho usato il succo di due grossi limoni), lasciate in pace mezzo minuto poi vedrete il latte cagliato... ecco qui sono cominciati i miei sudori freddi... era cagliato ma asociale!
Dividete la parte solida da quella liquida: solito telo da formaggio, sopra di esso un peso per far uscire più liquido. Deve rimanere a drenare mezz'ora. Poi si versa il tofu in un contenitore pieno di acqua fredda (qui viene il peggio: il mio si è decomposto! Scompattato... diviso... frazionato... sbriciolato!). Risultato finale?! Questo... (dopo averlo riscolato e pigiato a forza in un colino)


E che fine ha fatto il mio primo (unico) tofu auto-prodotto?!

COUS COUS DI TOFU E BRICIOLE DI PEPERONI
Ingredienti:
... tofu
... mezzo peperone giallo e mezzo rosso
... dado vegetale in polvere (due cucchiaini)
... curcuma (un pizzico)
... pepe nero (un pizzico)
... semi di sesamo nero (pochi, più che altro per il colore)
... due cucchiaini di olio extravergine d'oliva
Preparazione: se usate tofu comprato, sbriciolatelo, se lo avete ottenuto seguendo la mia ricetta (di sopra) basterà che lo guardiate male un secondo... si sbriciolerà da solo! Tagliare i peperoni a cubetti e fateli saltare nel wok caldo insieme al tofu e alle spezie mescolando spesso: il tofu tenderà a gonfiarsi un poco e ad asciugarsi ulteriormente. Aggiungere i semi si sesamo solo poco prima di togliere dal fuoco.
Io l'ho mangiato da solo, ma col senno di poi direi che poteva stare bene anche con un cous cous freddo o con altro cereale.


Dedico questi coriandoli di tofu a Lorenza, che mi omaggia di un premio anche se sa che sono refrattaria alle cerimonie, agli omaggi e alle carinerie: la cosa che mi piace di più di questa faccenda strana e che prendermi della creativa da una come lei è come ricevere l'alloro da un poeta laureato! Grazie Lo!

NB: All'attenzione di Beatrice... giuro che non mi sono mai accorta che cicciuzza fosse sbagliato... in Emilia il vezzeggiativo Ciccia è assai frequente ed io ho pensato che il tuo fosse una derivazione! Credo che per me rimarrai Cicciuzza...!

sabato 14 giugno 2008

Futomaki al farro (l'arte del riciclo, del falso e dell'arrampicarsi sugli specchi...)

Giovedì sera, per la prima volta in vita mia, ho mangiato cibo giapponese "vero". Così mi sono ricordata di un esperimento (ne ho altri, documentati, ma accantonati... tipo il tofu autoprodotto... coming soon!) di qualche tempo fa, che non avevo mai voglia di postare...
Da tempo possiedo un sacchetto di farina di ceci. L'ho comprata per fare la farinata o magari le panelle... forse anche la cecina... Due mesi fa ci ho provato per la prima volta, sperando di ottenere un qualcosa di commestibile anche solo lontanamente simile a una qualsiasi delle tradizionali ricette che usano questo ingrediente...mi sarei accontentata di riuscire a mettere inseme delle frittelle di ceci. Ho seguito le istruzioni contenute nella ricetta di una nota cavoletta di Bruxelles... ma non ho uno stampo adatto! Me ne sono resa conto la sera del venerdì raccontando alla mia amica Marina i miei programmi per la mattina successiva: le mie vengono buone, mi ha improvvisamente detto, perché ho la teglia giusta. E che teglia ci vorrà mai?! Eh, una seria di rame, mica una delle tue di teflon leggere come la carta da forno... Mi sono lasciata spaventare... e ho cotto la mia non-farinata in padella... come fossero crêpes sottilissime e a quel punto ho stravolto i miei piani per il pranzo di quel sabato... Futomaki di farro!
Il fatto è che avevo del farro spezzato cotto in frigorifero e alcuni nuovi acquisti giapponesizzanti in attesa di essere testati.


Ingredienti per otto futomaki farlocchi
... due fogli di alga nori
... una tazza di farro spezzato precotto (ma io lo rifarei anche con altri cereali!!)
... crêpes di farina di ceci (chi può userà frittata!) ridotta a tagliatelle
... una carota a bastoncini
... pochi germogli di soia
... uno spicchio di Tropea
... mirin (una sorta di vino dolce fermentato, a base di riso mochigome al vapore)
... salsa di soia
... acidulato di riso
... rosmarino fresco
Procedimento: marinare i bastoncini di carote, i germogli e lo spicchio di cipolla con acidulato di riso, un poco di soia e il rosmarino tritato fine. Nel frattempo mettere un po' di mirin nel farro e mescolare. Mettere un foglio di nori su di un tagliere (sul quale ho messo un foglio di cellophane per poi poter arrotolare l'alga più agevolmente), inumidirsi le dita e stendere uniformemente il farro, pressando bene (non è compatto come il riso!), disporre al centro, per tutta la lunghezza da destra a sinistra, un fila o due di bastoncini di carota, fettine di cipolla e tagliatelle di farinata. Chiudere il tutto arrotolando su se stesso con l'aiuto del cellophane, stringendo il più possibile. Non sono proprio riuscita a dargli una forma cilindrica!! Ripetere con il secondo foglio di nori. Tagliare a metà ciascun rotolo e ciascuna metà a metà. I germogli di soia sono finiti nel piatto con le poche carote rimaste (le ho mangiate mentre impiattavo!) come decorazione commestibile. Su ciascun futomaki ho poi versato poche gocce di salsa di soia (e per colpa sua il farro si è un po' slegato).

Perché mi arrampico?
  1. non avevo il wasabi
  2. non sarò mai in grado di finire la farina di ceci prima che scada (anche se mi hanno suggerito di usarla al posto dell'uovo per impanare le cotolette... avete altre idee?!)
  3. mancavano anche gli insalatini di daikon o zenzero o cetriolo...
  4. per questo mi autodenuncio come baro, da qui l'appellativo fake (falso... farlocco!!)
Però...










... che buoni!! Viva i farlocchi.

sabato 7 giugno 2008

Cavolorapa: a cole slaw!

Dopotutto non morirò totalmente ignorante. Aggiungo un tassello al puzzle dei vegetali del mio paniere personale... e se le mie fonti non sono del tutto farlocche, ho il piacere di introdurre al vostro cospetto il cavolorapa. Alias navone. Alias kohlrabi. Alias rutabaga (su quest'ultima denominazione non scommetterei, perché in realtà mi pare sia la pastinaca, voi ne sapete qualcosa?!) .

Carino vero?
In Italia è destinato prevalentemente all'alimentazione dei bovini (dicono...), sebbene sia particolarmente ricco dal punto di vista nutrizionale (minerali, soprattutto calcio, potassio e magnesio; vitamine, buone quantità di A, C e alcune del gruppo B). Ha una polpa soda e croccante, il suo sapore ricorda quello i broccoli (che mi piacciono molto). Lo si può mangiare sia crudo che cotto. Non vedo proprio la ragione per cui dovrei lasciarlo tutto a una mucca: è buono, facciamo almeno un po' per uno!


Il cavolo in insalata è un classico che non ammette vie di mezzo: lo si odia o lo si ama; esistono tantissime variazioni sul tema (potete leggerne alcune qui), la mia è un carpaccio vegetale piccantissimo! L'ho tagliato con l'affetta-verdure e fatto marinare per una notte con acidulato di umeboshi, olio extravergine d'oliva, sesamo nero, pepe rosso e peperoncino.













Un cavolorapa (grosso come un pompelmo con i poli schiacciati) affettato garantisce un contorno per tre persone. Marinato si conserva in frigorifero per due o tre giorni (aumenta il gusto del condimento e si perde il sapore del cavolo).

lunedì 2 giugno 2008

Riso nero, fave dell'orto di Nicola e miso

A me bastano due giorni di pioggia per ripiombare nell'autunno. Non è che mi dispiaccia in senso assoluto... mi irrita in senso lato: divento cisposa e arruffata, mi si incarniscono le idee e licenzio ogni voluttuosa idea di cordialità. L'umidità mi rende asociale.
Cerco di rimediare... annaspo...
... quasi quasi mi faccio uno sciampo! (Ma lo hai fatto ieri sera...!)
... quasi quasi mi guardo un filmetto sciocchino... (Nooooo!)
... quasi quasi leggo L'eleganza del riccio... (Quando sono di umore così liquido?! Sì e poi magari vado a dire in giro che è un romanzo sopravvalutato... aspetterò... per il buon nome del mio senso critico)
... quasi quasi sfagiolo tutta la borsa di fave che mi ha portato Nicola (Gulp! Una borsa enorme... anche da sbucciare fava per fava... va bene che sono quelle dell'orto... ma la buccia è amara...

"Amargura, descansada e triste
-Parece lonjura ou medo?
É quase certo, Que nada existe;
Nada está perto,
Nem eu estou triste"

... l'associazione mentale Madredeus e buccia delle fave mi ha quasi convinta che non sia il caso di annerirsi le dita con il lungo lavoro di riduzione frazione edibile...)
E invece mi butto nella consolazione di dieci dita nere e di una zuppa scura pure lei. Total black.


Ingredienti
... una grossa borsa di fave con baccello (aprire baccelli, recuperare fave, pelare fave, congelare fave... tutte tranne mezzo bicchiere che userete per la zuppa)
... un quarto di bicchiere di riso nero messo in ammollo
... un pomodoro secco
... mezza cipolla bianca tagliata a cubetti
... due centimetri di alga kombu (ammollata con il riso e poi cotta insieme al tutto)
... acqua
... un cucchiaino e mezzo di miso d'orzo (sale o dado)
... un cucchiaino di olio extravergine d'oliva
Procedimento: ringraziare Nicola per le fave e assicurarlo del fatto che no, non sono affetta da favismo e che mi piacciono molto e che le avrei subito pelate e congelate. Cuocere il riso nero in una pentola a parte (è un riso integrale, molto buono e dalla piacevole consistenza soda; io l'ho cotto trenta minuti con un bicchiere di acqua, poi l'ho aggiunto alla minestra per terminare la cottura). Mettete a rosolare la cipolla con le fave, a fuoco medio, per cinque minuti, aggiungendo poi il pomodoro a pezzetti, la kombu e un bicchiere di acqua, continuando la cottura a fuoco basso fino a cottura del riso. Se si calcola bene la quantità di acqua necessaria il riso dovrebbe cuocere assorbendola quasi del tutto. Aggiungere il riso alla minestra di fave e continuare la cottura per altri cinque minuti. A fuoco spento aggiungere il miso diluito in poco brodo di cottura della zuppa e lasciar insaporire pochi minuti.
Buonissima!












(NB: sono ancora un po' malmostosa...)

martedì 13 maggio 2008

Lenticchie stufate con broccoli e amaranto (se c'azzecchi è uno schianto...)

Il titolo del post fa schifo. Diciamo che è una dichiarazione di solidarietà a Lo, che per colpa di un mio consiglio ha dovuto minestrare le polpette. Conosco la strada per Canossa (prendine visione, oh amato lettore forestiero, si tratta pur sempre di un simpatico aneddoto sul buon utilizzo dei resti della combustione lignea che la storia ci insegna) e mi ci incammino a capo chino, lasciandovi tracce del mio amaranto di domenica scorsa...



Ingredienti
...per cuocere l'amaranto:
1/2 bicchiere di amaranto lavato due volte
1 bicchiere di acqua
poco sale
foglie di salvia e aglio tritati e rosolati in olio extravergine di oliva per la guarnizione dell'amaranto impiattato
(Cuocere per trenta minuti, non mescolare mai, lasciar riposare dieci minuti a pentola coperta per permettere ai chicchi di gonfiarsi)
...per i broccoli:
le cime di un piccolo broccolo cotte a vapore
(appunto, a vapore, come al solito!)
...per le lenticchie:
quattro cucchiai di lenticchie (ammollate con due centimetri di alga kombu)
mezza carota piccola
uno spicchio di aglio
un'idea di sedano
pochissimo dado in polvere (il mio è teteszco)
(cuocere le lenticchie per trenta minuti. tritare nel mixer una parte di lenticchie e le verdure insieme alle quali sono state stufate - aglio nooo!)

Impiattare e cospargere il tutto con condimento ayurvedico (il solito) o con peperoncino e semi di girasole sbriciolati. Scomporre il piatto e mangiare!

giovedì 17 aprile 2008

Riso?! Sì, riso tailandese profumato

A capofitto, ma sulla superficie delle emozioni e degli eventi: io sono una superficiale profonda e vivo così tutte le novità. Intensamente. In modo totale. Finché dura. Fino a quando non mi stufo e passo oltre: baci e abbracci.
Ci sono però alcune costanti: il riso (seme commestibile di pianta erbacea annuale) e il riso (ridere), per esempio, che non mi bastano mai! Apprezzo le due cose insieme. Apprezzo anche la motivazione con la quale Lo mi fa omaggio di un premio


(ora Lo, non esageriamo con i premi, che poi mi monto la testa, inoltre è profondamente diseducativo premiare soltanto e tu lo sai meglio di me...) che accetto d'luntera (NDT, volentieri). Pensavo di passarlo ad alcune conoscenze recenti: mucca pazza per la sua sensibilità e estro creativo e briggis l'instancabile wanderer (viandante)...





























Offro a tutti un riso profumato e coloratissimo...
Ingredienti:
un bicchiere di riso bianco tailandese
acqua
un cucchiaio di curcuma
tre code di cipolla fresca (il verde)
due cucchiai di alghe hiziki
cavolo cappuccio
sale
salsa di soia
olio extravergine d'oliva
Svolgimento: ammollare le alghe per cinque minuti, poi cuocerle 10/15 minuti con acqua e poca salsa di soia. Affettare cipollotto e cavolo. Lavare il riso cambiando l'acqua tre volte, versare in una pentola e aggiungere acqua fino a superare di un dito il livello del riso: aggiungere la curcuma e cuocere a fuoco medio alto fino ad evaporazione del liquido; spegnere il fuoco e coprire, lasciando riposare cinque minuti. Mettere il riso in un piatto per far raffreddare. Mettere l'olio in padella, aggiungere il riso e il cavolo, salare e mescolare. Dopo qualche minuto aggiungere alghe e cipollotto e continuare a far saltare in padella mescolando con continuità. Buon appetito!