Papers by Vincenzo Pintaudi

LUIGI STURZO SULLA “PLAIN FASCIST ECONOMICS” DI HERBERT HOOVER, 2024
Sturzo durante il suo esilio in America intervenne nel dibattito politico con numerosi scritti e ... more Sturzo durante il suo esilio in America intervenne nel dibattito politico con numerosi scritti e articoli su vari argomenti: diplomazia, società, problemi dei cattolici e anche di questioni economiche. Uno di questi interventi è l'oggetto di questo saggio: il modello economico di guerra prospettato da Herbert Hoover per gli Stati Uniti. Hoover dichiarò che per vincere una guerra totale era necessaria una “plain fascist economics”. Sturzo contestò a Hoover di conoscere l'economia fascista solo per sentito dire, altrimenti si sarebbe guardato bene dal dare una simile definizione. La critica di Sturzo alla proposta di Hoover di un’economia fascista, coerentemente alla sua visione della libertà che aveva sostenuto per tutta la vita, era basata sulla convinzione scientifica che l'economia di stato non è solo antieconomica, ma comprime la libertà e per giunta riesce meno utile o più dannosa al benessere sociale.

l saggio cerca di mettere in luce il ruolo del primo ministro conservatore Robert Peel nell'affer... more l saggio cerca di mettere in luce il ruolo del primo ministro conservatore Robert Peel nell'affermare i principi del libero scambio nella politica britannica. Il XIX secolo ha visto il fiorire del liberalismo nella teoria economica e l'emergere del moderno protezionismo nelle politiche commerciali. Paul Bairoch descrive quell'epoca come “un oceano di protezionismo che circondava poche isole liberiste”. Un punto di svolta in questo processo è la storica abolizione della Corn Laws il 15 maggio 1846. Quella data è giustamente considerata l'inizio dell'era del libero scambio. In Gran Bretagna, la lotta politica tra i sostenitori del liberalismo e quelli del protezionismo iniziò all'indomani della fine delle guerre napoleoniche. Le Corn Laws, introdotte nel 1815, proibivano l'importazione di grano; un ostacolo al libero commercio rimaneva la pesante protezione concessa all'agricoltura nazionale. Nel 1846 Peel abolì le Corn Laws dopo anni di dibattiti sorti all'interno del Paese e del Partito Conservatore, lo stesso partito che si era presentato agli elettori come sostenitore del protezionismo. Da quel momento in poi, tutti i governi britannici perseguiranno una politica commerciale di laissez-faire, trasformandosi sempre più in un'economia aperta.

Recensione Antiseri-Felice, Apr 27, 2024
Uguaglianza davanti alla legge e uguaglianza delle opportunità sono i principi fondamentali dello... more Uguaglianza davanti alla legge e uguaglianza delle opportunità sono i principi fondamentali dello stato di diritto, in special modo nella sua forma liberal-democratica; ecco emergere subito l'accusa alla tradizione politica del liberalismo, ovvero quella di non preoccuparsi delle effettive situazioni dei "punti di partenza". Il volume di Dario Antiseri e Flavio Felice vuole rispondere a questa accusa a cui da decenni è sottoposta insistentemente la politica, la cultura e soprattutto l'economia liberale. Attraverso un resoconto delle tesi espresse dai più importanti interpreti della scuola liberale come Von Hayek, Popper, Einaudi e Friedman, per poi approfondire le idee, spesso trascurate, di tre importanti figure del cattolicesimo liberale come Angelo Tosato, Michael Novak e Wilhelm Röpke, gli autori ribaltano la vulgata del liberalismo inteso come assenza dello stato. L'intento degli autori è quello di evidenziare la "grossolana fola" che consiste nell'interpretazione del liberalismo come puro darwinismo sociale. Richiamando fin dalle prime pagine la lezione di Einaudi, il quale ribadiva che il liberalismo non è sinonimo di assenza dello stato e l'idea "che i liberali siano fautori dello stato assente, che Adam Smith sia il campione dell'assoluto lasciar passare sono bugie che nessuno studioso ricorda; ma, per essere grosse, sono riportate dalla più parte dei politici", gli autori ci conducono in un viaggio all'interno della tradizione del pensiero liberale e del suo prezioso patrimonio di idee per ricordare ai "liberali distratti" e agli "statalisti ottusi" che libertà e giustizia economica vivono e muoiono insieme. Angelo Tosato, sacerdote, esegeta e figura eminente del cattolicesimo liberale prospetta una lettura del Vangelo che lo porta a una interpretazione dei testi sacri che non condannano affatto la ricchezza terrena, così come spesso considerata strumento del demonio, purché il cristiano non ne diventi schiavo. Questa visione è stata secondo Tosato dannosa e inaccettabile per l'uomo e per la società, provocando discriminazioni classiste e ipocrisia. Il Vangelo annunciato da Gesù è il "Vangelo della grazia di Dio e non della disgrazia". Questa sua lettura del Vangelo lo porta anche al disaccordo con uno dei padri del liberalismo, Von Mises, il quale aveva negato la possibilità di una conciliazione tra società liberale e cristianesimo. Le cose secondo Tosato possono e debbono andare diversamente, conciliando la religione cristiana con il mercato; la grazia «promuove ogni tipo di ricchezza, combatte ogni tipo di povertà».

Mediterranea Ricerche storiche, 2024
The end of the Napoleonic wars and the return to the peace in Europe opened a new phase of relati... more The end of the Napoleonic wars and the return to the peace in Europe opened a new phase of relations between the Powers of the old Continent. With the end of the Continental System and the reopening of the international trade, Great Britain showed to the world the clear superiority of its productive apparatus which, together with its maritime dominions, projected it into a position of absolute advantage over other European countries. Within this international scenary, the Kingdom of the Two Sicilies, a country still predominantly agricultural and with a very fragile productive structure, had to confront itself in terms of commercial relations with the dominating powers. To the British multilateral trade, the Neapolitan Kingdom responded, with a highly protectionist model, aimed at finding a commercial space within the new European market that was simultaneously structuring. The trade conflict between Britain and the Two
Sicilies would end only with the rise to power of Peel, champion of free trade, and the resulting new trade treaty of 1845.

Humanities research, Jun 10, 2021
Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie... more Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie, nella fase cruciale dello sviluppo economico-industriale della prima metà dell'Ottocento, emerge il tentativo del governo napoletano di avviare una propria politica economica indipendente dalla supremazia commerciale britannica, sorta all'indomani della Restaurazione. La svolta protezionistica degli anni Venti surriscaldava il clima diplomatico tra i due paesi, avviando rappresaglie da ambo le parti. Ma sarà il commercio dell'olio d'oliva napoletano, il maggior prodotto di esportazione del Mezzogiorno, a scatenare le ritorsioni inglesi. Il governo borbonico dimostrava con questo episodio di voler proseguire ad ogni costo il suo obiettivo di indipedenza economico-politica, ricercando e trovando nuovi sbocchi al prodotto fondamentale per l'economia dell'intero Regno, soprattutto attraverso i porti franchi del Mediterraneo. Il conflitto commerciale ingaggiato con la Gran Bretagna, in cui si inseriva anche quello più noto degli zolfi, si trascinerà per oltre un decennio, influenzando le relazioni diplomatiche tra i due paesi e si concluderà solo a seguito della svolta politico-commerciale del nuovo governo di sua Maestà Britannica degli anni Quaranta. Il Primo Ministro Robert Peel avvierà una nuova stagione nelle relazioni commerciali con tutte le "Maggiori Potenze" europee, basate sul libero scambio e la conseguente riduzione dei dazi doganali, determinando la stipula di un serie di trattati di commercio, in cui si inserirà anche la "Media Potenza" borbonica. La vicenda della "guerra commerciale" scoppiata tra Gran Bretagna e Regno delle Due Sicilie nella prima metà del XIX secolo, rientra in quel fenomeno di lunga durata che ha visto il progressivo emergere delle potenze nord atlantiche nel commercio dell'Italia meridionale già a partire dal XVII 1 1

Il laburismo britannico nella riflessione dell’esule Luigi Sturzo, 2023
Il 27 ottobre del 1924 Luigi Sturzo giungeva a Londra, primo fra gli esuli antifascisti italiani.... more Il 27 ottobre del 1924 Luigi Sturzo giungeva a Londra, primo fra gli esuli antifascisti italiani. Il percorso politico di Sturzo lo aveva visto protagonista nella fondazione del Partito popolare italiano il 18 gennaio 1919. Lo stesso era iniziato circa quindici anni prima con lo storico discorso che Sturzo aveva pronunciato a Caltagirone il 24 dicembre del 1905, in qualità di Prosindaco della stessa città. L’esilio londinese si collocava al culmine della crisi del Partito popolare, dal quale il sacerdote siciliano aveva lasciato progressivamente tutte le cariche. I motivi della decisione di prendere la via dell’esilio furono, secondo lo stesso Sturzo, quelli dell’incolumità personale e del desiderio espresso dalla Santa Sede.
Nello stesso anno Ramsay MacDonald dava avvio al primo governo interamente laburista della storia britannica. Da tali circostanze nasceva la riflessione sturziana sul laburismo inglese, e più in generale sull’intero sistema politico britannico.

Archivio Storico Messinese, 2021
Durante il Decennio con il blocco continentale la Sicilia aveva ricoperto un ruolo strategico per... more Durante il Decennio con il blocco continentale la Sicilia aveva ricoperto un ruolo strategico per la flotta inglese nel Mediterraneo , divenendo la base strategica, ma anche un emporio commerciale , fondamentale per le sorti del conflitto. Il porto di Messina aveva vissuto un periodo di grande fioritura durante le guerre napoleoniche grazie alla presenza inglese e al ruolo che l’isola svolgeva tanto come mercato di sbocco delle merci inglesi quanto come piazza di rifornimento di materie prime e derrate alimentari .
All’indomani della Restaurazione la presenza inglese in Sicilia era ormai consolidata, e punto di riferimento per commercianti e diplomatici inglesi rimaneva il porto di Messina .
Già all’inizio del sec. XIX nell’epoca d’oro del ‘Neutral Trade’ gli Stati Uniti trovavano nei mercati esteri lo sbocco per i prodotti nazionali e coloniali, grazie alla presenza di una dinamica flotta mercantile che, mostrava pienamente nel Mediterraneo, la sua capacità di adattamento alle complesse condizioni economiche e politiche dell’area. In questo scenario si verificava una disputa tra ufficiali e marinai inglesi e americani nel porto di Messina nel settembre del 1816.

Humanities research, 2021
Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie... more Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie, nella fase cruciale dello sviluppo economico-industriale della prima meta dell’Ottocento, emerge il tentativo del governo napoletano di avviare una propria politica economica indipendente dalla supremazia commerciale britannica, sorta all’indomani della Restaurazione. La svolta protezionistica degli anni Venti surriscaldava il clima diplomatico tra i due paesi, avviando rappresaglie da ambo le parti. Ma sara il commercio dell’olio d’oliva napoletano, il maggior prodotto di esportazione del Mezzogiorno, a scatenare le ritorsioni inglesi. Il governo borbonico dimostrava con questo episodio di voler proseguire ad ogni costo il suo obiettivo di indipedenza economico-politica, ricercando e trovando nuovi sbocchi al prodotto fondamentale per l’economia dell’intero Regno, soprattutto attraverso i porti franchi del Mediterraneo. Il conflitto commerciale ingaggiato con la Gran Bretagna, in cui ...

The commercial relations between Great Britain and the Kingdom of the Two Sicilies in the XIX Century, 2018
The end of the Napoleonic wars and the return to the peace in Europe opened a new phase of relati... more The end of the Napoleonic wars and the return to the peace in Europe opened a new phase of relations between the Powers of the old Continent. With the end of the Continental System and the consequent reopening of the international trade, Great Britain showed to the world the clearly superiority of its productive apparatus which, together to the maritime dominions, projected it into a position of absolute advantage over the rest of European countries. Within this international scenery, the Kingdom of the Two Sicilies, a country still predominantly agricultural and with a very breakable production structure, had to confront itself in terms of commercial relations with the dominating power. To the model of British multilateral trade, the Neapolitan Kingdom responded, in a diplomatic framework of a country with a "limited sovereignty", with a highly protectionist model, aimed at finding a commercial space within the new European market that was simultaneously structuring. The commercial conflict that ensued, continued with ups and downs until the definitive collapse of the Neapolitan Kingdom, highlighted the inability of the Bourbon Government to carry out a radical transformation of the socioeconomic structures of Southern Italy.

Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie... more Nella ricostruzione delle relazioni commerciali tra la Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie, nella fase cruciale dello sviluppo economico-industriale della prima metà dell'Ottocento, emerge il tentativo del governo napoletano di avviare una propria politica economica indipendente dalla supremazia commerciale britannica, sorta all'indomani della Restaurazione. La svolta protezionistica degli anni Venti surriscaldava il clima diplomatico tra i due paesi, avviando rappresaglie da ambo le parti. Ma sarà il commercio dell'olio d'oliva napoletano, il maggior prodotto di esportazione del Mezzogiorno, a scatenare le ritorsioni inglesi. Il governo borbonico dimostrava con questo episodio di voler proseguire ad ogni costo il suo obiettivo di indipedenza economico-politica, ricercando e trovando nuovi sbocchi al prodotto fondamentale per l'economia dell'intero Regno, soprattutto attraverso i porti franchi del Mediterraneo. Il conflitto commerciale ingaggiato con la Gran Bretagna, in cui si inseriva anche quello più noto degli zolfi, si trascinerà per oltre un decennio, influenzando le relazioni diplomatiche tra i due paesi e si concluderà solo a seguito della svolta politico-commerciale del nuovo governo di sua Maestà Britannica degli anni Quaranta. Il Primo Ministro Robert Peel avvierà una nuova stagione nelle relazioni commerciali con tutte le "Maggiori Potenze" europee, basate sul libero scambio e la conseguente riduzione dei dazi doganali, determinando la stipula di un serie di trattati di commercio, in cui si inserirà anche la "Media Potenza" borbonica. La vicenda della "guerra commerciale" scoppiata tra Gran Bretagna e Regno delle Due Sicilie nella prima metà del XIX secolo, rientra in quel fenomeno di lunga durata che ha visto il progressivo emergere delle potenze nord atlantiche nel commercio dell'Italia meridionale già a partire dal XVII 1 1
Books by Vincenzo Pintaudi
La Gran Bretagna e il Regno delle Due Sicilie nel XIX secolo, 2024
In revisiting these themes, Vincenzo Pintaudi draws on an abundant and varied bibliography of stu... more In revisiting these themes, Vincenzo Pintaudi draws on an abundant and varied bibliography of studies in which the names of the most prestigious historians of the pre-Unification South figure prominently, to which he adds his own extensive researches on the Foreign Office records in the British National Archives. The result is a well-researched overview of some of the most critical developments in the history of commercial relations in the final decades of Bourbon rule in the South, combined with a wide-ranging critical commentary on earlier historiographical debates.
Dalla prefazione di John Davis

DEMOCRAZIA TRA CRISI E NUOVE SFIDE A, 2024
Il popolarismo di Sturzo si presentava come una dottrina politica dello stato democratico, della ... more Il popolarismo di Sturzo si presentava come una dottrina politica dello stato democratico, della quale il partito non era altro che una concretizzazione organizzativa; si poneva in contrapposizione al liberalismo razionalista e al socialismo statalista.
Per Sturzo il popolo è innanzi tutto anti perfettibile e plurale. Non descrive solamente la classe lavoratrice, ma tutti i membri che ne fanno parte e che devono partecipare all’azione politica, in tutti i suoi livelli. Il popolo così inteso rappresenta il limite del potere; l’azione politica del popolo consiste proprio nella limitazione del potere.
Per Sturzo il fine effettivo di ogni società è la persona umana in concreto, ciascun individuo, perché «tutto è attività personale dell’uomo, individuo e società; tutto è sua libera iniziativa».
La principale norma di vita – osserva Sturzo – è quella del senso di responsabilità personale, sia privata che pubblica; senso di responsabilità che le dittature tentano di eliminare e le democrazie sviluppano e incrementano; la responsabilità così descritta si basa sul valore del limite e sull’impero della coscienza.
Contro ogni forma di etica statale, contro l’esistenza di due morali, una collettiva e una individuale, Sturzo afferma che la morale è una ed è sempre e allo stesso tempo personale e collettiva, così come l’uomo è allo stesso tempo individuale e sociale.
Il popolarismo di Sturzo nasce e si sviluppa in nome della libertà contro due monopoli, quello dello stato accentratore per tradizione liberale e quello marxista dei socialisti nel campo operaio. Il popolarismo si propone di riprendere in mano le due forze dello Stato e del Popolo in nome di una libertà uguale per tutti, senza monopoli politici ed economici, con un largo respiro delle autonomie locali, con una struttura nazionale vivificata dalla collaborazione tra classi.
L’analisi sturziana, ad oltre cento anni dalla fondazione del Partito Popolare italiano, può tornare di estrema attualità e dare un notevole contributo al superamento della presente fase storica dove, i modelli populisti, stanno minacciando direttamente il patrimonio ideale e istituzionale delle democrazie rappresentative, di cui Sturzo e il Partito Popolare ne furono tra i maggiori teorici ed interpreti.
Utilizzando fonti edite e inedite, interventi congressuali, lettere e carteggi di Don Sturzo, si vuole far emergere l’interpretazione del prete calatino della crisi dello stato liberale e della svolta dittatoriale italiana, in una prospettiva nazionale ed europea, sviluppata soprattutto negli anni dell’esilio, periodo intenso di attività politica e pubblicistica.

Post - Sguardi sul cambiamento, Dec 2023
Il volume raccoglie i contributi presentati durante la terza edizione del Seminario Nazionale del... more Il volume raccoglie i contributi presentati durante la terza edizione del Seminario Nazionale delle Dottorande e dei Dottorandi in Scienze Politiche dal titolo Post - Sguardi sul cambiamento tenutosi presso l'Università di Pisa. La necessità di riflettere su tale tema deriva dalla peculiare contingenza storica in cui il volume è stato pensato. Il 2022 ha infatti segnato il pieno ingresso della società e della politica europee (e non solo) nell'era post-Covid 19, ma è anche stato preceduto da un quindicennio di "policrisi" e accompagnato dal ritorno della guerra in Europa. L'obiettivo è pertanto quello di analizzare il cambiamento-le sue cause, le sue direzioni e le sue implicazioni-avvalendosi delle diverse prospettive delle scienze politiche. In altre parole, riflettere sul cambiamento, nel cambiamento, tramite una collaborazione inter-disciplinare e al tempo stesso intra-disciplinare, con contributi di taglio politologico, sociologico, storico e filosofico.
Vincenzo Pintaudi approfondisce le riflessioni di Luigi Sturzo sul laburismo inglese e più in generale sul sistema politico britannico, sviluppate durante il suo esilio londinese, a partire dal 1924.
Naxos, N.1, Giugno 2021 - Luni editore, 2021
Conference Presentations by Vincenzo Pintaudi

Programma Europa Democrazia Autoritarismo UniME, 2024
Il 22 settembre del 1940 Luigi Sturzo si imbarcava a Liverpool per gli Stati Uniti, dove sarebbe ... more Il 22 settembre del 1940 Luigi Sturzo si imbarcava a Liverpool per gli Stati Uniti, dove sarebbe giunto il 3 ottobre. Nel corso dei sei anni trascorsi in esilio oltre oceano Sturzo ha svolto uno straordinario lavoro, con l’obiettivo di «mettere in vista la situazione dell’Italia, obbligata alla guerra da un regime dittatoriale che non le consentiva libertà di scelta». Le sue battaglie sulla stampa americana affrontavano temi come la crisi morale della vecchia Europa e la deriva totalitaria, la guerra, il pericolo bolscevico, il domani dell’Occidente. Durante la sua permanenza in America Sturzo si rese conto del filo-fascismo delle comunità italiane e dell’opinione pubblica americana. Constatato ciò Sturzo partecipava al dibattito pubblico con l’obiettivo di rendere consapevole il governo e l’opinione pubblica americana della vera essenza del fascismo, in modo tale da scindere il popolo italiano dal regime in vista del superamento della dittatura e del suo ritorno alla democrazia.

Nella formazione dell’identità e della cultura europea ha avuto un ruolo centrale il popolarismo ... more Nella formazione dell’identità e della cultura europea ha avuto un ruolo centrale il popolarismo così come pensato e strutturato da Luigi Sturzo. Nonostante l’esperienza politica popolare sia strettamente legata alla vicenda storica del Partito Popolare Italiano (1919-1926), essa non coincide con la sua breve parabola storica. Il popolarismo si concretizza nel suo progetto politico e nella sua cultura democratica, facendo della dottrina politica popolare un metodo di lettura della società in trasformazione.
Il movimento politico popolare di Sturzo assunse fin da subito l’obiettivo di traghettare le masse cattoliche dal disimpegno all’impegno politico, di mobilitarle verso un’azione attiva nella vita politica nazionale. E il partito politico fondato nel 1919 aveva la funzione di portare i cattolici a interpretare i problemi politici contemporanei alla luce dei principi morali della dottrina cristiano-sociale col fine di realizzarli democraticamente.
Il contributo vuole mettere in evidenza le varie tappe dell’evoluzione del pensiero europeista e internazionalista sviluppato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. La vocazione europeista del popolarismo è uno dei pilastri della sua azione politica, e il suo interprete Luigi Sturzo può essere definito come uno dei precursori del movimento federalista europeo. Già nel suo celebre “Appello ai liberi e forti” chiedeva alla società delle nazioni di riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti. Durante il suo esilio non esitava a mettere in evidenza il fallimento della Società a causa delle divergenze tra i promotori, rimanendo sempre fermo sull’ideale internazionalista, tanto da presagire la nascita degli Stati Uniti d’Europa. In pieno conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, ricordando che l’Europa è anzitutto una unità culturale ed economica. Rientrato in Italia dedicherà gli ultimi anni della sua attività politica e pubblicistica ancora una volta a quel modello federativo su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli.

Robert Peel e la Riforma doganale del 1846: dall’abolizione delle Corn Laws all’età del libero scambio, 2023
La relazione vuole far emergere il ruolo del Primo Ministro conservatore Robert Peel nell’afferma... more La relazione vuole far emergere il ruolo del Primo Ministro conservatore Robert Peel nell’affermazione dei principi del libero scambio nella politica britannica.
Il XIX Secolo aveva visto la fioritura del liberismo nella teoria economica e la nascita del moderno protezionismo nelle politiche commerciali. Paul Bairoch descrive quell’epoca come «un oceano di protezionismo che circondava poche isole liberiste». Punto di svolta in questo processo è costituito dalla storica abolizione delle Corn Laws del 15 maggio del 1846. Tale data viene giustamente considerata come l’inizio dell’età del libero scambio.
In Gran Bretagna la lotta politica tra sostenitori del liberismo e fautori del protezionismo iniziava all’indomani della fine delle guerre napoleoniche. Le Corn Laws introdotte nel 1815 proibivano l’importazione di cereali; ostacolo al libero scambio rimaneva la pesante protezione garantita all’agricoltura nazionale. Nel 1846 Peel aboliva le Corn Laws dopo anni di dibattiti sorti all’interno del paese e del partito conservatore, lo stesso che si era presentato all’elettorato come il sostenitore del protezionismo. Da allora, tutti i governi britannici avrebbero perseguito una politica commerciale liberista, divenendo sempre più un’economia aperta.
Nel contributo si affrontano le motivazioni, teoriche e pratiche, che portarono Robert Peel a seguire la strada del libero scambio, spaccando di fatto il suo partito tra sostenitori e avversari del liberismo. O’Rourke e Williamson si chiedono infatti il perché Peel scelse l’abrogazione delle Corn Laws, compromettendo di fatto la sua carriera politica.
Elementi centrali nell’azione di governo di Peel sono stati da un lato, la sua convinzione sui benefici arrecati al sistema economico dalla liberalizzazione del commercio e dall’altro, il realismo politico di fronte alla incombente carestia in Irlanda. Divenuto paladino del liberismo, Peel andava contro il suo stesso partito in quanto aveva compreso l’efficienza del libero scambio per far superare al suo paese quella fase di stagnazione, aggravata dall’incombente carestia in Irlanda.
Nel dibattito emerge anche il ruolo crescente assunto dai gruppi di interesse sulle scelte politiche e soprattutto sull’opinione pubblica britannica, sia quelli a sostegno delle classi agricole, ormai in declino, sia quelli a sostegno delle classi manifatturiere in ascesa.
Nell’estate del 1845 l’inclemenza del clima e il disastroso raccolto di patate in Irlanda acceleravano il processo di liberalizzazione. La riforma doganale stimolava direttamente e indirettamente il commercio internazionale, concretizzandosi nella ratifica del trattato commerciale anglo-francese del 1860. Il trattato, seguito da una serie di trattati simili, determinava un vero e proprio disarmo tariffario nel Continente, raggiungendo il punto più alto del liberismo europeo, tanto da aprire una nuova fase nella storia delle relazioni diplomatiche e commerciali; l’età del libero scambio.
Il contributo vuole sottolineare infine come le riforme del governo Peel mettevano in pratica le teorie degli economisti del suo tempo, in particolare gli scritti di Frederic Bastiat e i discorsi di Richard Cobden, leader della “AntiCorn Laws League”, attuando quella completa libertà di commercio che, aprendo il mercato alle forze della libera impresa competitiva, perseguiva l’ideale della pace tra le nazioni attraverso il libero scambio.

Nazionalismo e comunità internazionale in Luigi Sturzo, 2023
Il contributo vuole mettere in evidenza l’originale interpretazione del rapporto tra nazionalismo... more Il contributo vuole mettere in evidenza l’originale interpretazione del rapporto tra nazionalismo e internazionalismo esposta dal teorico del popolarismo Luigi Sturzo. La centralità della persona umana e il suo essere contemporaneamente individuale e sociale, coerentemente alla sua visione sociologica ed antropologica, portava il sacerdote siciliano a elaborare un modello di società basato sulla morale e sul magistero della dottrina sociale della chiesa. Emergeva così un particolare rapporto tra l’intrinseca volontà di autonomia particolaristica, e la sua vocazione internazionalistica e comunitaria.
Fin dal suo celebre “Appello ai liberi e forti”, chiedeva alla Società delle nazioni di «riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti».
Dall’esilio londinese Sturzo sottolineava le debolezze e il declino della Società delle nazioni, pur non nascondendo la soddisfazione per i risultati e i progressi ottenuti. «La coscienza nazionale sorta dopo la Grande guerra, con la sua estensione delle libertà politico-sociali a tutti i membri, apriva la strada per una società fra le nazioni in grado di sviluppare nei popoli una coscienza internazionale». Il seme era stato gettato. Ma nel dopoguerra si apriva anche il conflitto fra due vecchi antagonisti: la democrazia internazionalista e pacifista da una parte e la reazione nazional-conservatrice dall’altra.
Nazionalismo e internazionalismo erano secondo il sacerdote siciliano, i due poli attorno ai quali «la politica realizzava le sue evoluzioni e involuzioni. Tutti gli interessi umani, istituzioni, orientamenti sociali, e anche la vita culturale e religiosa risentivano dell’influsso di politiche nazionaliste o internazionaliste». E anche di fronte all’inevitabile nuovo conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, e alla via da seguire per la creazione di quella comunità di stati su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove «il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli».
Ostacolo al cammino della comunità internazionale era per Sturzo il concetto di sovranità dello stato. Per supere ciò era necessario rivedere il concetto di indipendenza dello stato, che è una «indipendenza-interdipendenza; è questa una forma binomiale che senza contraddirsi si sintetizza». In questa direzione va letto l’appello che Sturzo sottoscriveva nei confronti degli stati più responsabili nella gerarchia dei valori morali, perché si mantenga fede ai principi etico-giuridici nel campo internazionale e nelle giuste aspirazioni dei singoli stati.
“L’economia dei Nebrodi tra ‘800 e ‘900: attività tradizionali e trasformazioni produttive”

La democrazia nel popolarismo di Don Sturzo: popolo, pluralismo e centralità della persona, 2022
«L’espressione crisi della classe politica designa un fenomeno dalle cause profonde e di vasta po... more «L’espressione crisi della classe politica designa un fenomeno dalle cause profonde e di vasta portata». Così si esprimeva Luigi Sturzo nel 1926 per descrivere la vita politica italiana del primo dopoguerra. E continuava affermando che «secondo la teoria della classe politica è sempre una minoranza, che si rende omogenea e compatta quella che guida i popoli, governa le nazioni, rappresenta la collettività, sintetizza o assomma gli interessi e le ragioni sociali, gerarchizza le forze politiche, come risultante di tutte le attività umane: a questa minoranza si dà precisamente il nome di classe politica».
Questa classe politica era divenuta, secondo Sturzo, «insufficiente a cogliere gli elementi nuovi che si stavano formando ai margini della vita pubblica, nel pensiero, nelle aspirazioni e nei sentimenti generali della popolazione».
Carattere specifico della politica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è stato l’affermarsi della società di massa, a cui faceva seguito lo sviluppo del moderno partito di massa.
L’appello «a tutti gli uomini liberi e forti» del Gennaio 1919 segnava la nascita del Partito popolare italiano; la fondazione del partito, un vero capolavoro politico, rappresentava una tappa fondamentale dell’attività pratica e teoretica di Luigi Sturzo, punto d’arrivo degli impegni giovanili e punto di partenza della maturità.
Il Partito fondato da Luigi Sturzo diveniva qualcosa di nuovo ed inedito nella storia del movimento cattolico italiano ed europeo; l’originalità emergeva nella sua visione moderna del partito, costituzionalista e democratico, senza riserve integraliste o assolutiste.
Il segnale più evidente del mutato clima storico e politico arrivava con le elezioni generali del 1919, svolte col sistema proporzionale, il quale determinava la nascita del sistema dei partiti. Le liste liberali si trovarono per la prima volta in minoranza a fronte di un notevolissimo successo dei due partiti di massa, quello socialista e quello popolare, divenuti i detentori della maggioranza assoluta nel Parlamento e nel paese, mentre i Fasci di combattimento si trovarono un po’ovunque isolati, ottenendo pochissimi voti e nessun eletto.
Come subito comprese Sturzo fu il vecchio Giolitti ad aprire le porte del Parlamento a queste forze che apparivano una frangia minoritaria del paese. Sfuggiva a tutta la classe politica liberale il cambiamento spirituale e sociale maturato durante la guerra; un fatto nuovo di movimenti passionali di folla o di piazza fuori dai quadri tradizionali, promossi e condotti da capi più o meno irresponsabili.
Si trattava di quello che Mosse ha definito un nuovo tipo di politica nei confronti delle masse, con una estetizzazione della politica, una ritualità (monumenti, feste, cerimonie), una organizzazione che coinvolge le masse popolari nei valori e negli ideali borghesi e nazionali, ovvero le nazionalizzano.
Bisognava insistere -sottolineava Sturzo- sull’atmosfera psicologica del momento, che si poteva paragonare solamente alle grandi suggestioni non definibili, come quelle di irragionevole panico che prendono le folle. Così avvenne nell’Ottobre 1922; l’Italia subì una suggestione collettiva che, come scrisse in seguito Gaetano Salvemini, fu una vera e propria «commedia degli errori» della classe politica liberale.
Uploads
Papers by Vincenzo Pintaudi
Sicilies would end only with the rise to power of Peel, champion of free trade, and the resulting new trade treaty of 1845.
Nello stesso anno Ramsay MacDonald dava avvio al primo governo interamente laburista della storia britannica. Da tali circostanze nasceva la riflessione sturziana sul laburismo inglese, e più in generale sull’intero sistema politico britannico.
All’indomani della Restaurazione la presenza inglese in Sicilia era ormai consolidata, e punto di riferimento per commercianti e diplomatici inglesi rimaneva il porto di Messina .
Già all’inizio del sec. XIX nell’epoca d’oro del ‘Neutral Trade’ gli Stati Uniti trovavano nei mercati esteri lo sbocco per i prodotti nazionali e coloniali, grazie alla presenza di una dinamica flotta mercantile che, mostrava pienamente nel Mediterraneo, la sua capacità di adattamento alle complesse condizioni economiche e politiche dell’area. In questo scenario si verificava una disputa tra ufficiali e marinai inglesi e americani nel porto di Messina nel settembre del 1816.
Books by Vincenzo Pintaudi
Dalla prefazione di John Davis
Per Sturzo il popolo è innanzi tutto anti perfettibile e plurale. Non descrive solamente la classe lavoratrice, ma tutti i membri che ne fanno parte e che devono partecipare all’azione politica, in tutti i suoi livelli. Il popolo così inteso rappresenta il limite del potere; l’azione politica del popolo consiste proprio nella limitazione del potere.
Per Sturzo il fine effettivo di ogni società è la persona umana in concreto, ciascun individuo, perché «tutto è attività personale dell’uomo, individuo e società; tutto è sua libera iniziativa».
La principale norma di vita – osserva Sturzo – è quella del senso di responsabilità personale, sia privata che pubblica; senso di responsabilità che le dittature tentano di eliminare e le democrazie sviluppano e incrementano; la responsabilità così descritta si basa sul valore del limite e sull’impero della coscienza.
Contro ogni forma di etica statale, contro l’esistenza di due morali, una collettiva e una individuale, Sturzo afferma che la morale è una ed è sempre e allo stesso tempo personale e collettiva, così come l’uomo è allo stesso tempo individuale e sociale.
Il popolarismo di Sturzo nasce e si sviluppa in nome della libertà contro due monopoli, quello dello stato accentratore per tradizione liberale e quello marxista dei socialisti nel campo operaio. Il popolarismo si propone di riprendere in mano le due forze dello Stato e del Popolo in nome di una libertà uguale per tutti, senza monopoli politici ed economici, con un largo respiro delle autonomie locali, con una struttura nazionale vivificata dalla collaborazione tra classi.
L’analisi sturziana, ad oltre cento anni dalla fondazione del Partito Popolare italiano, può tornare di estrema attualità e dare un notevole contributo al superamento della presente fase storica dove, i modelli populisti, stanno minacciando direttamente il patrimonio ideale e istituzionale delle democrazie rappresentative, di cui Sturzo e il Partito Popolare ne furono tra i maggiori teorici ed interpreti.
Utilizzando fonti edite e inedite, interventi congressuali, lettere e carteggi di Don Sturzo, si vuole far emergere l’interpretazione del prete calatino della crisi dello stato liberale e della svolta dittatoriale italiana, in una prospettiva nazionale ed europea, sviluppata soprattutto negli anni dell’esilio, periodo intenso di attività politica e pubblicistica.
Vincenzo Pintaudi approfondisce le riflessioni di Luigi Sturzo sul laburismo inglese e più in generale sul sistema politico britannico, sviluppate durante il suo esilio londinese, a partire dal 1924.
Conference Presentations by Vincenzo Pintaudi
Il movimento politico popolare di Sturzo assunse fin da subito l’obiettivo di traghettare le masse cattoliche dal disimpegno all’impegno politico, di mobilitarle verso un’azione attiva nella vita politica nazionale. E il partito politico fondato nel 1919 aveva la funzione di portare i cattolici a interpretare i problemi politici contemporanei alla luce dei principi morali della dottrina cristiano-sociale col fine di realizzarli democraticamente.
Il contributo vuole mettere in evidenza le varie tappe dell’evoluzione del pensiero europeista e internazionalista sviluppato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. La vocazione europeista del popolarismo è uno dei pilastri della sua azione politica, e il suo interprete Luigi Sturzo può essere definito come uno dei precursori del movimento federalista europeo. Già nel suo celebre “Appello ai liberi e forti” chiedeva alla società delle nazioni di riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti. Durante il suo esilio non esitava a mettere in evidenza il fallimento della Società a causa delle divergenze tra i promotori, rimanendo sempre fermo sull’ideale internazionalista, tanto da presagire la nascita degli Stati Uniti d’Europa. In pieno conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, ricordando che l’Europa è anzitutto una unità culturale ed economica. Rientrato in Italia dedicherà gli ultimi anni della sua attività politica e pubblicistica ancora una volta a quel modello federativo su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli.
Il XIX Secolo aveva visto la fioritura del liberismo nella teoria economica e la nascita del moderno protezionismo nelle politiche commerciali. Paul Bairoch descrive quell’epoca come «un oceano di protezionismo che circondava poche isole liberiste». Punto di svolta in questo processo è costituito dalla storica abolizione delle Corn Laws del 15 maggio del 1846. Tale data viene giustamente considerata come l’inizio dell’età del libero scambio.
In Gran Bretagna la lotta politica tra sostenitori del liberismo e fautori del protezionismo iniziava all’indomani della fine delle guerre napoleoniche. Le Corn Laws introdotte nel 1815 proibivano l’importazione di cereali; ostacolo al libero scambio rimaneva la pesante protezione garantita all’agricoltura nazionale. Nel 1846 Peel aboliva le Corn Laws dopo anni di dibattiti sorti all’interno del paese e del partito conservatore, lo stesso che si era presentato all’elettorato come il sostenitore del protezionismo. Da allora, tutti i governi britannici avrebbero perseguito una politica commerciale liberista, divenendo sempre più un’economia aperta.
Nel contributo si affrontano le motivazioni, teoriche e pratiche, che portarono Robert Peel a seguire la strada del libero scambio, spaccando di fatto il suo partito tra sostenitori e avversari del liberismo. O’Rourke e Williamson si chiedono infatti il perché Peel scelse l’abrogazione delle Corn Laws, compromettendo di fatto la sua carriera politica.
Elementi centrali nell’azione di governo di Peel sono stati da un lato, la sua convinzione sui benefici arrecati al sistema economico dalla liberalizzazione del commercio e dall’altro, il realismo politico di fronte alla incombente carestia in Irlanda. Divenuto paladino del liberismo, Peel andava contro il suo stesso partito in quanto aveva compreso l’efficienza del libero scambio per far superare al suo paese quella fase di stagnazione, aggravata dall’incombente carestia in Irlanda.
Nel dibattito emerge anche il ruolo crescente assunto dai gruppi di interesse sulle scelte politiche e soprattutto sull’opinione pubblica britannica, sia quelli a sostegno delle classi agricole, ormai in declino, sia quelli a sostegno delle classi manifatturiere in ascesa.
Nell’estate del 1845 l’inclemenza del clima e il disastroso raccolto di patate in Irlanda acceleravano il processo di liberalizzazione. La riforma doganale stimolava direttamente e indirettamente il commercio internazionale, concretizzandosi nella ratifica del trattato commerciale anglo-francese del 1860. Il trattato, seguito da una serie di trattati simili, determinava un vero e proprio disarmo tariffario nel Continente, raggiungendo il punto più alto del liberismo europeo, tanto da aprire una nuova fase nella storia delle relazioni diplomatiche e commerciali; l’età del libero scambio.
Il contributo vuole sottolineare infine come le riforme del governo Peel mettevano in pratica le teorie degli economisti del suo tempo, in particolare gli scritti di Frederic Bastiat e i discorsi di Richard Cobden, leader della “AntiCorn Laws League”, attuando quella completa libertà di commercio che, aprendo il mercato alle forze della libera impresa competitiva, perseguiva l’ideale della pace tra le nazioni attraverso il libero scambio.
Fin dal suo celebre “Appello ai liberi e forti”, chiedeva alla Società delle nazioni di «riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti».
Dall’esilio londinese Sturzo sottolineava le debolezze e il declino della Società delle nazioni, pur non nascondendo la soddisfazione per i risultati e i progressi ottenuti. «La coscienza nazionale sorta dopo la Grande guerra, con la sua estensione delle libertà politico-sociali a tutti i membri, apriva la strada per una società fra le nazioni in grado di sviluppare nei popoli una coscienza internazionale». Il seme era stato gettato. Ma nel dopoguerra si apriva anche il conflitto fra due vecchi antagonisti: la democrazia internazionalista e pacifista da una parte e la reazione nazional-conservatrice dall’altra.
Nazionalismo e internazionalismo erano secondo il sacerdote siciliano, i due poli attorno ai quali «la politica realizzava le sue evoluzioni e involuzioni. Tutti gli interessi umani, istituzioni, orientamenti sociali, e anche la vita culturale e religiosa risentivano dell’influsso di politiche nazionaliste o internazionaliste». E anche di fronte all’inevitabile nuovo conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, e alla via da seguire per la creazione di quella comunità di stati su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove «il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli».
Ostacolo al cammino della comunità internazionale era per Sturzo il concetto di sovranità dello stato. Per supere ciò era necessario rivedere il concetto di indipendenza dello stato, che è una «indipendenza-interdipendenza; è questa una forma binomiale che senza contraddirsi si sintetizza». In questa direzione va letto l’appello che Sturzo sottoscriveva nei confronti degli stati più responsabili nella gerarchia dei valori morali, perché si mantenga fede ai principi etico-giuridici nel campo internazionale e nelle giuste aspirazioni dei singoli stati.
Questa classe politica era divenuta, secondo Sturzo, «insufficiente a cogliere gli elementi nuovi che si stavano formando ai margini della vita pubblica, nel pensiero, nelle aspirazioni e nei sentimenti generali della popolazione».
Carattere specifico della politica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è stato l’affermarsi della società di massa, a cui faceva seguito lo sviluppo del moderno partito di massa.
L’appello «a tutti gli uomini liberi e forti» del Gennaio 1919 segnava la nascita del Partito popolare italiano; la fondazione del partito, un vero capolavoro politico, rappresentava una tappa fondamentale dell’attività pratica e teoretica di Luigi Sturzo, punto d’arrivo degli impegni giovanili e punto di partenza della maturità.
Il Partito fondato da Luigi Sturzo diveniva qualcosa di nuovo ed inedito nella storia del movimento cattolico italiano ed europeo; l’originalità emergeva nella sua visione moderna del partito, costituzionalista e democratico, senza riserve integraliste o assolutiste.
Il segnale più evidente del mutato clima storico e politico arrivava con le elezioni generali del 1919, svolte col sistema proporzionale, il quale determinava la nascita del sistema dei partiti. Le liste liberali si trovarono per la prima volta in minoranza a fronte di un notevolissimo successo dei due partiti di massa, quello socialista e quello popolare, divenuti i detentori della maggioranza assoluta nel Parlamento e nel paese, mentre i Fasci di combattimento si trovarono un po’ovunque isolati, ottenendo pochissimi voti e nessun eletto.
Come subito comprese Sturzo fu il vecchio Giolitti ad aprire le porte del Parlamento a queste forze che apparivano una frangia minoritaria del paese. Sfuggiva a tutta la classe politica liberale il cambiamento spirituale e sociale maturato durante la guerra; un fatto nuovo di movimenti passionali di folla o di piazza fuori dai quadri tradizionali, promossi e condotti da capi più o meno irresponsabili.
Si trattava di quello che Mosse ha definito un nuovo tipo di politica nei confronti delle masse, con una estetizzazione della politica, una ritualità (monumenti, feste, cerimonie), una organizzazione che coinvolge le masse popolari nei valori e negli ideali borghesi e nazionali, ovvero le nazionalizzano.
Bisognava insistere -sottolineava Sturzo- sull’atmosfera psicologica del momento, che si poteva paragonare solamente alle grandi suggestioni non definibili, come quelle di irragionevole panico che prendono le folle. Così avvenne nell’Ottobre 1922; l’Italia subì una suggestione collettiva che, come scrisse in seguito Gaetano Salvemini, fu una vera e propria «commedia degli errori» della classe politica liberale.
Sicilies would end only with the rise to power of Peel, champion of free trade, and the resulting new trade treaty of 1845.
Nello stesso anno Ramsay MacDonald dava avvio al primo governo interamente laburista della storia britannica. Da tali circostanze nasceva la riflessione sturziana sul laburismo inglese, e più in generale sull’intero sistema politico britannico.
All’indomani della Restaurazione la presenza inglese in Sicilia era ormai consolidata, e punto di riferimento per commercianti e diplomatici inglesi rimaneva il porto di Messina .
Già all’inizio del sec. XIX nell’epoca d’oro del ‘Neutral Trade’ gli Stati Uniti trovavano nei mercati esteri lo sbocco per i prodotti nazionali e coloniali, grazie alla presenza di una dinamica flotta mercantile che, mostrava pienamente nel Mediterraneo, la sua capacità di adattamento alle complesse condizioni economiche e politiche dell’area. In questo scenario si verificava una disputa tra ufficiali e marinai inglesi e americani nel porto di Messina nel settembre del 1816.
Dalla prefazione di John Davis
Per Sturzo il popolo è innanzi tutto anti perfettibile e plurale. Non descrive solamente la classe lavoratrice, ma tutti i membri che ne fanno parte e che devono partecipare all’azione politica, in tutti i suoi livelli. Il popolo così inteso rappresenta il limite del potere; l’azione politica del popolo consiste proprio nella limitazione del potere.
Per Sturzo il fine effettivo di ogni società è la persona umana in concreto, ciascun individuo, perché «tutto è attività personale dell’uomo, individuo e società; tutto è sua libera iniziativa».
La principale norma di vita – osserva Sturzo – è quella del senso di responsabilità personale, sia privata che pubblica; senso di responsabilità che le dittature tentano di eliminare e le democrazie sviluppano e incrementano; la responsabilità così descritta si basa sul valore del limite e sull’impero della coscienza.
Contro ogni forma di etica statale, contro l’esistenza di due morali, una collettiva e una individuale, Sturzo afferma che la morale è una ed è sempre e allo stesso tempo personale e collettiva, così come l’uomo è allo stesso tempo individuale e sociale.
Il popolarismo di Sturzo nasce e si sviluppa in nome della libertà contro due monopoli, quello dello stato accentratore per tradizione liberale e quello marxista dei socialisti nel campo operaio. Il popolarismo si propone di riprendere in mano le due forze dello Stato e del Popolo in nome di una libertà uguale per tutti, senza monopoli politici ed economici, con un largo respiro delle autonomie locali, con una struttura nazionale vivificata dalla collaborazione tra classi.
L’analisi sturziana, ad oltre cento anni dalla fondazione del Partito Popolare italiano, può tornare di estrema attualità e dare un notevole contributo al superamento della presente fase storica dove, i modelli populisti, stanno minacciando direttamente il patrimonio ideale e istituzionale delle democrazie rappresentative, di cui Sturzo e il Partito Popolare ne furono tra i maggiori teorici ed interpreti.
Utilizzando fonti edite e inedite, interventi congressuali, lettere e carteggi di Don Sturzo, si vuole far emergere l’interpretazione del prete calatino della crisi dello stato liberale e della svolta dittatoriale italiana, in una prospettiva nazionale ed europea, sviluppata soprattutto negli anni dell’esilio, periodo intenso di attività politica e pubblicistica.
Vincenzo Pintaudi approfondisce le riflessioni di Luigi Sturzo sul laburismo inglese e più in generale sul sistema politico britannico, sviluppate durante il suo esilio londinese, a partire dal 1924.
Il movimento politico popolare di Sturzo assunse fin da subito l’obiettivo di traghettare le masse cattoliche dal disimpegno all’impegno politico, di mobilitarle verso un’azione attiva nella vita politica nazionale. E il partito politico fondato nel 1919 aveva la funzione di portare i cattolici a interpretare i problemi politici contemporanei alla luce dei principi morali della dottrina cristiano-sociale col fine di realizzarli democraticamente.
Il contributo vuole mettere in evidenza le varie tappe dell’evoluzione del pensiero europeista e internazionalista sviluppato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. La vocazione europeista del popolarismo è uno dei pilastri della sua azione politica, e il suo interprete Luigi Sturzo può essere definito come uno dei precursori del movimento federalista europeo. Già nel suo celebre “Appello ai liberi e forti” chiedeva alla società delle nazioni di riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti. Durante il suo esilio non esitava a mettere in evidenza il fallimento della Società a causa delle divergenze tra i promotori, rimanendo sempre fermo sull’ideale internazionalista, tanto da presagire la nascita degli Stati Uniti d’Europa. In pieno conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, ricordando che l’Europa è anzitutto una unità culturale ed economica. Rientrato in Italia dedicherà gli ultimi anni della sua attività politica e pubblicistica ancora una volta a quel modello federativo su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli.
Il XIX Secolo aveva visto la fioritura del liberismo nella teoria economica e la nascita del moderno protezionismo nelle politiche commerciali. Paul Bairoch descrive quell’epoca come «un oceano di protezionismo che circondava poche isole liberiste». Punto di svolta in questo processo è costituito dalla storica abolizione delle Corn Laws del 15 maggio del 1846. Tale data viene giustamente considerata come l’inizio dell’età del libero scambio.
In Gran Bretagna la lotta politica tra sostenitori del liberismo e fautori del protezionismo iniziava all’indomani della fine delle guerre napoleoniche. Le Corn Laws introdotte nel 1815 proibivano l’importazione di cereali; ostacolo al libero scambio rimaneva la pesante protezione garantita all’agricoltura nazionale. Nel 1846 Peel aboliva le Corn Laws dopo anni di dibattiti sorti all’interno del paese e del partito conservatore, lo stesso che si era presentato all’elettorato come il sostenitore del protezionismo. Da allora, tutti i governi britannici avrebbero perseguito una politica commerciale liberista, divenendo sempre più un’economia aperta.
Nel contributo si affrontano le motivazioni, teoriche e pratiche, che portarono Robert Peel a seguire la strada del libero scambio, spaccando di fatto il suo partito tra sostenitori e avversari del liberismo. O’Rourke e Williamson si chiedono infatti il perché Peel scelse l’abrogazione delle Corn Laws, compromettendo di fatto la sua carriera politica.
Elementi centrali nell’azione di governo di Peel sono stati da un lato, la sua convinzione sui benefici arrecati al sistema economico dalla liberalizzazione del commercio e dall’altro, il realismo politico di fronte alla incombente carestia in Irlanda. Divenuto paladino del liberismo, Peel andava contro il suo stesso partito in quanto aveva compreso l’efficienza del libero scambio per far superare al suo paese quella fase di stagnazione, aggravata dall’incombente carestia in Irlanda.
Nel dibattito emerge anche il ruolo crescente assunto dai gruppi di interesse sulle scelte politiche e soprattutto sull’opinione pubblica britannica, sia quelli a sostegno delle classi agricole, ormai in declino, sia quelli a sostegno delle classi manifatturiere in ascesa.
Nell’estate del 1845 l’inclemenza del clima e il disastroso raccolto di patate in Irlanda acceleravano il processo di liberalizzazione. La riforma doganale stimolava direttamente e indirettamente il commercio internazionale, concretizzandosi nella ratifica del trattato commerciale anglo-francese del 1860. Il trattato, seguito da una serie di trattati simili, determinava un vero e proprio disarmo tariffario nel Continente, raggiungendo il punto più alto del liberismo europeo, tanto da aprire una nuova fase nella storia delle relazioni diplomatiche e commerciali; l’età del libero scambio.
Il contributo vuole sottolineare infine come le riforme del governo Peel mettevano in pratica le teorie degli economisti del suo tempo, in particolare gli scritti di Frederic Bastiat e i discorsi di Richard Cobden, leader della “AntiCorn Laws League”, attuando quella completa libertà di commercio che, aprendo il mercato alle forze della libera impresa competitiva, perseguiva l’ideale della pace tra le nazioni attraverso il libero scambio.
Fin dal suo celebre “Appello ai liberi e forti”, chiedeva alla Società delle nazioni di «riconoscere le giuste aspirazioni nazionali e sosteneva nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, e la forza delle sanzioni e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli, contro le tendenze sopraffattrici dei forti».
Dall’esilio londinese Sturzo sottolineava le debolezze e il declino della Società delle nazioni, pur non nascondendo la soddisfazione per i risultati e i progressi ottenuti. «La coscienza nazionale sorta dopo la Grande guerra, con la sua estensione delle libertà politico-sociali a tutti i membri, apriva la strada per una società fra le nazioni in grado di sviluppare nei popoli una coscienza internazionale». Il seme era stato gettato. Ma nel dopoguerra si apriva anche il conflitto fra due vecchi antagonisti: la democrazia internazionalista e pacifista da una parte e la reazione nazional-conservatrice dall’altra.
Nazionalismo e internazionalismo erano secondo il sacerdote siciliano, i due poli attorno ai quali «la politica realizzava le sue evoluzioni e involuzioni. Tutti gli interessi umani, istituzioni, orientamenti sociali, e anche la vita culturale e religiosa risentivano dell’influsso di politiche nazionaliste o internazionaliste». E anche di fronte all’inevitabile nuovo conflitto mondiale, nella sua “battaglia da New York” pensava già al dopoguerra, e alla via da seguire per la creazione di quella comunità di stati su cui rifondare un ordine politico internazionale stabile, dove «il diritto torni ad essere l’espressione della morale pubblica e la comunità degli stati venga intesa come solidarietà dei popoli».
Ostacolo al cammino della comunità internazionale era per Sturzo il concetto di sovranità dello stato. Per supere ciò era necessario rivedere il concetto di indipendenza dello stato, che è una «indipendenza-interdipendenza; è questa una forma binomiale che senza contraddirsi si sintetizza». In questa direzione va letto l’appello che Sturzo sottoscriveva nei confronti degli stati più responsabili nella gerarchia dei valori morali, perché si mantenga fede ai principi etico-giuridici nel campo internazionale e nelle giuste aspirazioni dei singoli stati.
Questa classe politica era divenuta, secondo Sturzo, «insufficiente a cogliere gli elementi nuovi che si stavano formando ai margini della vita pubblica, nel pensiero, nelle aspirazioni e nei sentimenti generali della popolazione».
Carattere specifico della politica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è stato l’affermarsi della società di massa, a cui faceva seguito lo sviluppo del moderno partito di massa.
L’appello «a tutti gli uomini liberi e forti» del Gennaio 1919 segnava la nascita del Partito popolare italiano; la fondazione del partito, un vero capolavoro politico, rappresentava una tappa fondamentale dell’attività pratica e teoretica di Luigi Sturzo, punto d’arrivo degli impegni giovanili e punto di partenza della maturità.
Il Partito fondato da Luigi Sturzo diveniva qualcosa di nuovo ed inedito nella storia del movimento cattolico italiano ed europeo; l’originalità emergeva nella sua visione moderna del partito, costituzionalista e democratico, senza riserve integraliste o assolutiste.
Il segnale più evidente del mutato clima storico e politico arrivava con le elezioni generali del 1919, svolte col sistema proporzionale, il quale determinava la nascita del sistema dei partiti. Le liste liberali si trovarono per la prima volta in minoranza a fronte di un notevolissimo successo dei due partiti di massa, quello socialista e quello popolare, divenuti i detentori della maggioranza assoluta nel Parlamento e nel paese, mentre i Fasci di combattimento si trovarono un po’ovunque isolati, ottenendo pochissimi voti e nessun eletto.
Come subito comprese Sturzo fu il vecchio Giolitti ad aprire le porte del Parlamento a queste forze che apparivano una frangia minoritaria del paese. Sfuggiva a tutta la classe politica liberale il cambiamento spirituale e sociale maturato durante la guerra; un fatto nuovo di movimenti passionali di folla o di piazza fuori dai quadri tradizionali, promossi e condotti da capi più o meno irresponsabili.
Si trattava di quello che Mosse ha definito un nuovo tipo di politica nei confronti delle masse, con una estetizzazione della politica, una ritualità (monumenti, feste, cerimonie), una organizzazione che coinvolge le masse popolari nei valori e negli ideali borghesi e nazionali, ovvero le nazionalizzano.
Bisognava insistere -sottolineava Sturzo- sull’atmosfera psicologica del momento, che si poteva paragonare solamente alle grandi suggestioni non definibili, come quelle di irragionevole panico che prendono le folle. Così avvenne nell’Ottobre 1922; l’Italia subì una suggestione collettiva che, come scrisse in seguito Gaetano Salvemini, fu una vera e propria «commedia degli errori» della classe politica liberale.