Il Carnevale di Ivrea in 10 punti
Curiosità, storia e leggende, personaggi e tradizioni. Una guida rapida con tutto quello vi serve sapere
Curiosità, storia e leggende, personaggi e tradizioni. Una guida rapida con tutto quello vi serve sapere
La Mugnaia Violetta, definita “la vezzosa”, è il personaggio femminile chiave del Carnevale di Ivrea, inserito accanto a quello del Generale a partire dal 1858. È il simbolo della libertà conquistata dal popolo in rivolta contro il tiranno feudale. La Mugnaia veste i colori dell’Italia: abito bianco, fascia verde, berretto frigio rosso. La leggenda vuole che sia proprio la ribellione della ragazza, che si oppose allo “ius primae noctis” imposto dal marchese Raineri di Biandrate, mozzando la testa del tiranno ed esponendola dagli spalti del castello, a scatenare la rivolta popolare contro il potere. Ogni anno la Mugnaia viene scelta tra le giovani di Ivrea, la sua identità viene svelata solo la sera del sabato di Carnevale, quando si affaccia al balcone del Municipio.
La battaglia delle arance è la tradizione più nota del Carnevale di Ivrea, ed è anch’essa legata alla lotta per la libertà. Si narra infatti che, due volte all’anno, il feudatario donasse una pignatta di fagioli alle famiglie povere e queste, per disprezzo, gettassero i fagioli per le strade. Da questo atto di ribellione i fagioli vennero poi usati scherzosamente durante il carnevale nel corso di improvvisate battaglie. Nel corso dell’ottocento le arance hanno preso il posto dei fagioli: questa volta erano le ragazze a lanciarle, dall’alto dei balconi, ai carri carnevaleschi con improvvisate battaglie che sono poi entrate nel folklore. Nei tre giorni di battaglia vengono lanciati oltre sette quintali di arance.
I libri dei verbali del Carnevale di Ivrea si conservano dall’anno 1808 e rappresentano la memoria storica della manifestazione. Contenevano la messa a verbale della cerimonia di nomina degli Abbà ed erano scritti in francese. Dal 1815 i verbali sono scritti in italiano e, via via, registrano tutte le cerimonie della festa. Nel corso dell’Ottocento si consolidano le figure del Cancelliere e del Sostituto gran cancelliere, che segue tutte le cerimonie e le verbalizza. Il Cancelliere dello Storico carnevale oggi è il decano dei notai eporediesi che la Terzultima domenica di Carnevale consegna il libro dei verbali al Sostituto, che provvede a redigere e sottoscrivere le cronache di ogni cerimonia.
Anche il berretto frigio è un simbolo di libertà che contraddistingue il Carnevale di Ivrea. Ha origine antichissime: nell’Antica Roma, divenne il copricapo che veniva donato dal padrone agli schiavi liberati, i liberti, mentre in età moderna fu uno dei grandi simboli della rivoluzione francese. Entra nell'ufficialità del Carnevale nel periodo della dominazione napoleonica e si carica di ulteriori significati libertari. Considerarlo un accessorio è riduttivo: la tradizione vuole che chi indossa il berretto frigio non può essere colpito durante la battaglia delle arance. Non solo. Sempre dalla tradizione arrivano le indicazioni su come indossarlo: non può mancare la spilla in argento con i simboli di pich e pala (vedi punto 8).
I riti del Carnevale storico di Ivrea sono stati tramandati oralmente fino all’800. La leggenda ancora i riti del Carnevale alla ribellione popolare contro Raineri di Biandrate, il tiranno che aveva imposto a Violetta, la figlia del mugnaio, lo ius primae noctis, ricevendone “in cambio” una violenta decapitazione che aveva scatenato la rivolta popolare. Nel XVI secolo la festa veniva gestita, autonomamente, dai vari rioni della città (rappresentati dalle parrocchie di San Maurizio, San Lorenzo, Sant'Ulderico, San Salvatore e San Grato). L'antica tradizione dei carnevali rionali fu poi soppiantata nel 1808 dall'unificazione delle feste, voluta, anche per motivi di ordine pubblico, dalle autorità napoleoniche. In quel periodo il Carnevale si arricchisce ulteriormente dei valori libertari della Rivoluzione Francese.
I due piatti tipici del Carnevale sono, da un lato fagioli grassi con cotiche, dall’altro la polenta con il merluzzo. Piatti poveri che venivano distribuiti nei diversi rioni e che oggi possono essere gustati in tutta la loro fragranza. Il merluzzo, dopo l’ammollo per la dissalatura, viene asciugato, tagliato a pezzi e fritto. Successivamente si unisce alle cipolle, affettate finemente e cucinate a parte. Il tutto è accompagnato da una morbida polenta di granoturco. Polenta e merluzzo viene mangiato, come da tradizione, il mercoledì delle ceneri, cucinato e distribuito dal Comitato della Croazia. Per tutto il carnevale invece quintalate di fagioli bollono accompagnati da cotiche e salamelle.
Fu composta nel 1858 in occasione dell’introduzione della figura della “Mugnaia”. Fu scritta dal professor Ferdinando Bosio e messa poi in musica dai Maestri Lorenzo Olivieri e Angelo Burbatti. anche la canzone ricorda la fine della tirannia e l’inizio della riscossa popolare: Non v’è povero quartiere / Che non sfoggi un po’ di gale, / Che non canti con piacere / La Canzon del Carnevale. / Con la Sposa e col Garzone / Che ad Abbà prescelto fu, / Va cantando ogni rione: / Il Castello non c’è più.
Il Pich e Pala è il marchio storico del Carnevale: rappresenta, annodata da un nastro, il piccone e la pala utilizzati per la Zappata degli Scarli, incrociati con lo spadino degli Abbà, con l’arancia conficcata in punta e il Berretto Frigio. Altri importanti simboli sono lo "Scarlo", un palo rivestito di erica e ginepro che viene bruciato in segno di rituale e soprattutto un segno di buon auspicio per l'anno nuovo e la "Preda in Dora". Quest'ultimo rituale ricorda direttamente la fine della tirannia: Il Podestà con il suo seguito si recano sul luogo dove un tempo esisteva il Castellazzo (luogo di dimora del Marchese), dal quale vengono staccate dalla pietra dei ruderi, unito alla promessa che, da quelle pietre, non nascerà più nessun nuovo castello.
La tradizione vuole che la simbolica Zappata degli Scarli sia affidata agli ultimi sposi dell’anno di ogni Rione. Lo Scarlo è il palo rivestito di erica e ginepro bruciato in segno di rituale, ed è uno dei simboli del Carnevale: più velocemente brucia, più gli auspici per il futuro saranno positivi. La sposa con la pala e il marito con il piccone iniziano simbolicamente lo scavo per il piantamento di questo palo che verrà poi acceso dai diversi abbà di ogni rione.
Le prime squadre di aranceri si formarono nel secondo dopoguerra, l’iniziativa fu subito ricondotta alla tradizione storica e libertaria del Carnevale: fu infatti stabilito che i carri rappresentavano i manipoli di sgherri agli ordini del tiranno, mentre le squadre a piedi le bande popolari in rivolta. La battaglia diventò quindi anch’essa il simbolo della lotta per libertà. Le nove squadre occupano ognuna una zona fissa: l'Asso di Picche, la prima nata nel 1947, tira in Piazza di Città, che condivide con la Morte (1954). In piazza Ottinetti troviamo gli Scacchi (1964) e gli Scorpioni d’Arduino (1966), mentre I Tuchini del Borghetto (1964) sono i soli a tirare sulla riva destra della Dora Baltea. In piazza del Rondolino combattono la Pantera Nera (1966), i Diavoli (1973) e i Mercenari (1974). Infine i Credendari (1985) che tirano in piazza Freguglia.