Non ho mai fatto la Barcolana. Però l’ho raccontata moltissime volte, in giro per il mondo, per dare un po’ di corpo a una risposta che è sempre stata un dilemma, e sì che la domanda non suona complicata: di dove sei? “Italiano” se mi trovavo lontano. “Ormai di Milano” per tagliar corto sul racconto di una vita. “Abito in Brianza” ai conoscenti da vacanza, di quelli che alla seconda sera già progettano reunion in autunno, e allora la logistica ha la sua importanza. Poi però devo aver fatto pace con la mia vecchia natura - e non sapevo di essere in guerra, ma se dopo tre giorni cominci a friggere per tagliare la corda, qualcosa che non va deve esserci - e da tempo, di getto, rispondo “di Trieste”. Nella stessa situazione, un mio alter ego di cinquant’anni fa aggiungeva sornione “Svevo, Saba, ha presente?”. Io Magris me lo gioco sempre - abbiamo un fuoriclasse, vuoi buttarlo via? - ma confesso che “Barcolana, do you know?” l’ha almeno affiancato nel pantheon delle nostre glorie identitarie. Ci ha reso celebri nel microcosmo della vela, non così micro in realtà, e discretamente conosciuti nel resto del mondo.
Qualche settimana fa un marinaio triestino di grande qualità, Paolo Rizzi, ha disceso il Mar Baltico a bordo di uno yacht in collaudo della Nautor’s Swan, universalmente considerata la Rolls Royce dei mari. Dal cantiere finlandese di Pietarsaari doveva portarlo a Danzica, e al briefing che precede la partenza i due ingegneri autori del nuovo scafo, prima di illustrargli le novità di cui tener conto durante la navigazione, gli hanno chiesto della Barcolana, immergendosi a un tale dettaglio di curiosità da fargli pensare che in qualche hangar riservato del golfo di Botnia possa celarsi un prototipo studiato apposta per volare da Barcola a piazza Unità. Che poi, tecnicamente, in condizioni normali il percorso a trapezio non presenta difficoltà: vince la vela più grande, vince lo scafo in grado di reggerla. Ed è proprio per questo che ogni anno arrivano alla giuria - che pure è di manica larga, considerato il carattere inclusivo della manifestazione - le richieste più bislacche riguardanti chiglie, timoni e altre parti della barca.
Il paragone che meglio illustra la regata più grande del mondo - perché è di questo che stiamo parlando, più di 2000 natanti di varie dimensioni e ambizioni che partono tutti assieme dalla stessa linea - riguarda un immaginario ritrovo di 2000 macchine per una corsa in tondo stile Indianapolis. Ci siete voi con la vostra Alfa Romeo accanto al vicino di casa che si è fatto la Mercedes, e il successivo in linea è Lewis Hamilton con un altro modello di Mercedes - sì, quello - e poi due tizi un po’ fumati a bordo di un trabiccolo che chissà se arriverà al traguardo tutto intero, e il macellaio del supermercato che prima del via chiacchiera con Charles Leclerc e così via. Ecco, immaginate questo e mettetelo in mare: succede da 53 anni nel golfo di Trieste, la prossima volta è praticamente adesso, domenica 10 ottobre.