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Utente:Il Commendatore/Sandbox/Pagina 1

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Bokassa I
Imperatore dell'Impero Centrafricano
In carica4 dicembre 197620 settembre 1979
Incoronazione4 dicembre 1977
Nome completoSalah Eddine Ahmed Bokassa
Casa realeBokassa

Jean-Bédel Bokassa, noto anche come Salah Eddine Ahmed Bokassa (Bobangui, 22 febbraio 1921Bangui, 3 novembre 1996), è stato un dittatore militare della Repubblica Centrafricana dal 1º gennaio 1966 e poi imperatore dell'Impero Centrafricano dal 4 dicembre 1976, col nome di Bokassa I, fino alla sua definitiva destituzione avvenuta il 20 settembre 1979.

Bokassa era uno dei dodici figli di Mindogon Mgboundoulou, un capo villaggio, e di sua moglie Marie Yokowo. Al momento della sua nascita la famiglia risiedeva a Bobangui, un grosso sobborgo di M'Baka, al limitare della foresta equatoriale, a circa 50 km da Bangui[1]. Mgboundoulou era costretto ad organizzare i turni di lavoro della gente del suo villaggio presso la compagnia francese Forèstiere. Dopo aver sentito degli sforzi profusi da un predicatore chiamato Karnu per ribellarsi alla dominazione coloniale e alla schiavitù[2], Mgboundoulou decise che non avrebbe più eseguito gli ordini dei Francesi. Liberò pertanto alcuni abitanti del villaggio che erano tenuti in ostaggio dalla Forèstiere. L'azienda interpretò tale fatto come una rivolta, così "arrestò" Mgboundoulou e lo tradusse in catene a Mbaïki[1]. Il 13 novembre 1927 fu picchiato a morte nella piazza principale della città, appena fuori dall'ufficio della prefettura. Una settimana dopo Marie Yokowo si suicidò.[1][3][4]

La famiglia allargata del giovanissimo Bokassa decise che sarebbe stato meglio fargli impartire un'educazione alla francese: egli pertanto frequentò la École Sainte-Jeanne d'Arc, una scuola missionaria cristiana di Mbaïki[5]. Sovente i suoi compagni di classe lo schernivano per via della sua condizione di orfano. Era basso di statura ma aveva una buona forza fisica. In quegli anni si appassionò particolarmente al suo libro di grammatica francese, scritto da un uomo di nome Bédel. Gli insegnanti notarono il suo attaccamento al volume e da allora presero a chiamarlo "Jean-Bédel"[5]. Da adolescente Bokassa studiò alla École Saint-Louis di Bangui sotto la supervisione di Padre Grüner. Grüner educò il ragazzo con l'intenzione di avviarlo al sacerdozio, ma si rese conto che egli non aveva l'attitudine all'apprendimento oppure la vocazione necessaria. Bokassa optò allora per la scuola di Padre Compte a Brazzaville, dove sviluppò le sue abilità di cuoco. Dopo aver conseguito il diploma nel 1939, il giovane seguì i consigli di Padre Grüner e del nonno M'Balanga e si arruolò come soldato semplice nell'Esercito della Francia libera.[5]

La carriera militare

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Mentre serviva il 2° Bataillon de marche, Bokassa divenne dapprima caporale (luglio 1940) e poi sergente maggiore (novembre 1941)[6]. Dopo l'occupazione tedesca della Francia fu assegnato alla divisione africana del Corpo della Francia libera e partecipò alla presa di Brazzaville, allora roccaforte del governo di Vichy. Fu poi paracadutato, insieme agli Alleati, in Provenza e combatté in Germania fino alla capitolazione del nazismo. Dopo la guerra rimase nell'esercito e imparò le nozioni di trasmissione radiofonica in una base di Fréjus[6]. Più avanti frequentò la scuola ufficiali di Saint-Louis, nel Senegal.
Il 7 settembre 1950 Bokassa partì alla volta dell'Indocina e fu assegnato al battaglione di stanza a Saigon nel ruolo di esperto di comunicazioni[7]. Nel corso della Prima guerra d'Indocina e fino alla fine del suo servizio (marzo 1953) ebbe modo di affrontare il nemico diverse volte, conseguendo così la Legion d'Onore e la Croce di Guerra[8]. Durante la sua permanenza, inoltre, sposò la diciassettenne Nguyen Thi Hué, da cui ebbe una figlia e per la quale ottenne la cittadinanza francese. Al momento del rimpatrio Bokassa non portò con sé la famiglia, credeva infatti che sarebbe ritornato in Indocina per un altro turno di servizio entro breve tempo[9].
Una volta in Europa tornò alla base di Fréjus per insegnare le comunicazioni radio ai coscritti di origine africana. Nel 1956 fu promosso sottotenente e due anni più tardi tenente.[10]. Fu successivamente assegnato prima a Brazzaville in qualità di assistente tecnico militare e poi Bangui, infine il 1º luglio 1961 fu insignito del grado di capitano.[10]

Il 1° gennaio 1962 Bokassa lasciò l'esercito francese in favore delle forze armate della Repubblica Centrafricana, da poco costituitasi, col grado di comandante di battaglione (equivalente al maggiore)[11] Come cugino del presidente David Dacko e nipote del predecessore Barthélémy Boganda, Bokassa ricevette il compito di creare il nuovo apparato militare della nazione. Dopo più di un anno fu promosso a comandante in capo dei 500 soldati componenti l'esercito. A causa della parentela con Dacko e per via dell'esperienza acquisita all'estero, per Bokassa non fu affatto difficile continuare a salire nella gerarchia, divenendo il primo colonnello della storia centrafricana il 1º dicembre 1964.[12]

Bokassa era sempre alla ricerca dell'apprezzamento, da parte degli altri, del suo status di capo delle forze armate: appariva in pubblico indossando tutte le sue onorificenze e nelle cerimonie ufficiali sedeva a fianco di Dacko, a riprova dell'importanza che esercitava sul governo.[13]. Il colonnello aveva spesso accese discussioni con Jean-Paul Douate, il responsabile del protocollo del governo, reo secondo lui di non rispettare la giusta assegnazione dei seggi durante le riunioni di gabinetto.
Sulle prime, Dacko reputava suo cugino buffo e bizzarro[13]. Sebbene la storia dell'Africa post-coloniale sia stata costellata da colpi di stato militari, egli negò pubblicamente la possibilità che il cugino stesse tentando di prendere il controllo della nazione. Ad una cena di rappresentanza disse che "Il Colonnello Bokassa vuole solamente collezionare medaglie e che è troppo stupido per portare a termine un colpo di stato"[14]. Altri membri del gabinetto, al contrario, sostenevano che Bokassa fosse una concreta minaccia al regime. Jean-Arthur Bandio, il ministro dell'interno, suggerì a Dacko di ammettere il cugino al gabinetto, con la speranza di spezzare i legami tra quest'ultimo e l'esercito e, al contempo, soddisfare il suo desiderio di stima[13]. Per limitare la possibilità di un golpe, Dacko creò invece un corpo di gendarmeria composto da 500 uomini e uno di guardie presidenziali da 120 individui, affidati rispettivamente a Jean Izamo e a Prosper Mounoumbaye.[13]

L'apice delle tensioni tra Dacko e Bokassa

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Tra il 1964 e il 1965 il governo di Dacko dovette fronteggiare diversi problemi: l'economia era stagnante, la burocrazia cominciava ad allontanarsi sempre più dalle sue funzioni e le frontiere erano sistematicamente violate dai seguaci di Patrice Lumumba a sud e dai ribelli dell'Esercito Sudanese di Liberazione Popolare a est[15]. Sotto pressione dei radicali del Mouvement pour l'évolution sociale de l'Afrique noire (Movimento per l'evoluzione sociale dell'Africa Nera, abbr. MESAN), nel tentativo di trovare una fonte alternativa di supporto e per dimostrare la sua abilità di fare politica estera senza l'aiuto del governo francese, Dacko stabilì relazioni dipolmatiche con la Cina maoista nel settembre 1964[15]. Una delegazione capeggiata da Meng Yieng e funzionari del governo di Pechino girò tutta la nazione mostrando film di propaganda comunista. Ben presto la repubblica popolare concedette al Centrafrica un prestito senza interessi da un miliardo di franchi centrafricani (20 milioni di franchi francesi[16]), tuttavia non riuscì a spazzar via la prospettiva di un tracollo finanziario dello stato[15]. Una diffusa corruzione da parte di funzionari governativi e politici si aggiunse alla lista dei problemi della nazione[17]. Bokassa allora si convinse che avrebbe dovuto rovesciare l'attuale governo per risolvere la situazione, e, cosa più importante, liberare il paese dall'influenza comunista. Secondo Samuel Decalo, esperto di governi africani, furono principalmente le sue ambizioni personali a indurlo a tale decisione.[18]

Dacko mandò Bokassa a Parigi, come membro della delegazione nazionale, in occasione del Giorno della Bastiglia del 1965. Dopo aver presenziato a tale celebrazione, nonché a una del 23 luglio per la chiusura di una scuola ufficiali che egli aveva frequentato decenni prima, Bokassa volle fare ritorno in Centrafica. Dacko glielo impedì[15], e l'infuriato colonnello trascorse i successivi due mesi a trovare appoggi negli eserciti francese e centrafricano per far sì che Dacko rivedesse la sua decisione. Quest'ultimo cedette alle pressioni e autorizzò il rientro nell'ottobre 1965. Bokassa dichiarò che il presidente gettò la spugna solo dopo che Charles de Gaulle gli disse che "doveva essere immediatamente reintegrato al suo posto e che non poteva tollerare un comportamento del genere nei confronti di un suo un suo compagno d'armi".[19]

Gli attriti tra Dacko e Bokassa continuarono a salire nei mesi seguenti. In dicembre Dacko approvò un aumento del budget della gendarmeria di Izamo, rifiutando la proposta di Bokassa in tal senso per l'esercito[20]. A questo punto il colonnello rivelò a degli amici l'intenzione di tentare il colpo di stato[14]. Dacko pianificò di rimpiazzare Bokassa con Izamo come consigliere militare

  1. ^ a b c (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 7, ISBN 0-7735-1602-6.
  2. ^ (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 6, ISBN 0-7735-1602-6.
  3. ^ (EN) K. Anthony Appiah, Henry Louis Gates, Jr., Africana: The Encyclopedia of the African and African American Experience, 1ª ed., New York City, Basic Books, 1999, p. 278, ISBN 0-465-00071-1.
  4. ^ (EN) Howard W. French, Jean-Bedel Bokassa, Self-Crowned Emperor Of the Central African Republic, Dies at 75, in The New York Times, 5 novembre 1996. URL consultato il 24 luglio 2009.
  5. ^ a b c (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 8, ISBN 0-7735-1602-6.
  6. ^ a b (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 9, ISBN 0-7735-1602-6.
  7. ^ (FR) Roger Delpey, La manipulation, Parigi, Jacques Grancher, 1981, pp. 166-167.
  8. ^ (EN) Lloyd Garrison, Coups, Dahomey Style, in The New York Times, 07 gennaio 1966, p. 2.
  9. ^ (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, pp. 9-10, ISBN 0-7735-1602-6.
  10. ^ a b (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 10, ISBN 0-7735-1602-6.
  11. ^ (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 23, ISBN 0-7735-1602-6.
  12. ^ (FR) Jean-Bédel Bokassa, Ma vérité, Parigi, Carrére Lefon, 1985, p. 21.
  13. ^ a b c d (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 24, ISBN 0-7735-1602-6.
  14. ^ a b (EN) Pierre Péan, Bokassa Ier, Parigi, Editions Alain Moreau, 1977, p. 15.
  15. ^ a b c d (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 25, ISBN 0-7735-1602-6.
  16. ^ (EN) Nicholas van de Walle, The decline of the franc zone: monetary politics in francophone Africa, in African Affairs, vol. 90, n. 360, luglio 1991, pp. 383-405. URL consultato il 24 luglio 2009.
  17. ^ (EN) J. M. Lee, African Armies and Civil Order, New York City, Praeger, 1969, p. 100..
  18. ^ (EN) Samuel Decalo, Military Coups and Military Régimes in Africa, in The Journal of Modern African Studies, vol. 11, n. 1, marzo 1973, pp. 105-127. URL consultato il 24 luglio 2009.
  19. ^ (FR) Jean-Bédel Bokassa, Ma vérité, Parigi, Carrére Lefon, 1985, p. 24.
  20. ^ (EN) Brian Titley, Dark Age: The Political Odyssey of Emperor Bokassa, Montreal, McGill-Queen's University Press, 1997, p. 26, ISBN 0-7735-1602-6.
Aristotele, filosofo del IV secolo a.C., ritratto nella Cronistoria di Norimberga del 1493 vestito come uno scolaro del XV secolo.

Un anacronismo - dal greco ἀνά (ana: contro, all'indietro) e χρὁνος (chronos: tempo) - è un errore di tipo cronologico, in particolare nella collocazione temporale di persone, eventi o indumenti in una data epoca. Il termine è impiegato anche per identificare ogni espressione verbale, tecnologia, idea filosofica, genere musicale, materiale, moda, e altro ancora che sia strettamente associato ad un dato periodo e che sia ritenuto scorretto riproporlo all'infuori del contesto di appartenenza.

L'uso intenzionale di retaggi culturali vecchi e spesso obsoleti rispetto ad altri può essere considerato un anacronismo. Per esempio, può essere ritenuto anacronistico un individuo dei giorni nostri che indossa un cilindro e scrive con la penna d'oca oppure con la macchina da scrivere. Questa scelta potrebbe essere dovuta a preferenze estetiche, ad eccentricità oppure ad un'accettazione o un rifiuto del ruolo che quel retaggio, secondo il giudizio del soggetto, ricopre nella sua società.

Un paracronismo sorge quando un'opera realizzata in un dato momento e con una data conoscenza è riletta in un epoca successiva con un diverso grado di conoscenza. Ad esempio, molte realizzazioni scientifiche, che fanno grande affidamento su teorie ritenute in seguito infondate, possono diventare anacronistiche se private dei propri fondamenti, mentre i libri fantascientifici trovano la loro fonte d'ispirazione adattando al futuro tecnologie presenti nel momento in cui sono scritti (si veda a tal proposito il paragrafo Anacronismo nel futuro).

Un procronismo, dal canto suo, si verifica quando un elemento appare in un contesto temporale in cui non dovrebbe esserci (ad es. il tale oggetto non era ancora stato fabbricato, la tale espressione verbale non era stata ancora coniata, la tal teoria filosofica non ancora formulata, ecc.). Un classico esempio di procronismo sono le armi da fuoco di alcuni film western, introdotte solamente dopo gli anni '70 del XIX secolo, come il Fucile Winchester Modello 1873 o la pistola Colt Single Action Army, e usate in città di frontiera oppure prima e durante la guerra civile americana. Procronismi lievi come questo non sono facilmente rilevabili da chi non è esperto, altri più grossolani generano spesso ilarità a causa dei loro effetti (come nel film Monty Python e il Sacro Graal oppure la band musicale dei Bedbugs ne I forti di Forte Coraggio)

Disambiguazione – "Il-14" rimanda qui. Se stai cercando la citochina per stimolare la formazione dei linfociti T, vedi Interleukin 14.
Ilyushin Il-14
Il-14G dell'Aeroflot all'aeroporto di Stoccolma-Arlanda, 1970.
Descrizione
TipoAereo di linea
Equipaggio4
Costruttore Ilyushin
Cecoslovacchia (bandiera) Avia (su licenza)
Cina (bandiera) Shijiazhuang
Germania Est (bandiera) VVB Flugzeugbau (su licenza)
Data primo volo13 luglio 1950[1]
Data entrata in servizio1954 con Unione Sovietica (bandiera) Aeroflot
Data ritiro dal servizioSiria (bandiera) Aeronautica militare siriana: 1998
Vietnam (bandiera) Aeronautica militare della Repubblica Socialista del Vietnam: 1998
Russia (bandiera) Agenzia Federale per il Trasporto Aereo: 2005
Utilizzatore principale UtenteUnione Sovietica (bandiera) Aeroflot
Egitto (bandiera) Aeronautica militare egiziana
Unione Sovietica (bandiera) Aeronautica Militare sovietica.
EsemplariPiù di 3.700
Sviluppato dalIlyushin Il-12
Dimensioni e pesi
Lunghezza22,30 m
Apertura alare31,70 m
Altezza7,90 m
Superficie alare99,7
Peso a vuoto12.600 kg
Peso max al decollo18.000 kg
Passeggeri24-28
Propulsione
Motore2 motori a stella Shvetsov ASh-82T-7 14 cilindri su due banchi raffreddato ad aria
Potenza1.417 kW (1.900 shp)
Prestazioni
Velocità max417 km/h (225 kn)
Autonomia1 305 km (705 nmi)
a pieno carico
Quota di servizio7 400 m (24 278 ft)

(EN) David Donald, The Encyclopedia of World Aircraft, Aerospace Publishing, 1997, ISBN 1-85605-375-X.

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L'Ilyushin Il-14 (nome in codice NATO "Crate") è stato un aereo sovietico bimotore da trasporto merci, militare e passeggeri che ha volato per la prima volta nel 1950 ed è entrato in servizio nel 1954. Molti esemplari furono prodotti in Germania Orientale da VVB Flugzeugbau, in Cecoslovacchia da Avia (modello Avia 14), e in Cina da Shijiazhuang col nome di Y-6. L'Il-14 è stato in seguito sostituito dall'Antonov An-24 e dallo Yakovlev Yak-40.

Il progetto e lo sviluppo

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Come nel caso dell'Ilyushin Il-12 (che vide la luce nel 1945[1][2]), anche l'Il-14 era stato concepito per sostituire la versione sovietica del Douglas DC-3, vale a dire il Lisunov Li-2, sia per uso militare che per quello civile. L'Il-12, però, aveva un comportamento pessimo in caso di avaria ai motori e inoltre la sua capacità era più bassa rispetto a quanto previsto in origine (sebbene fosse stato progettato per trasportare 32 passeggeri in servizio non ne portava più di 18 e pertanto risultava antieconomico).[2]

L'Il-14 era un deciso miglioramento del predecessore, con nuove ali, una coda più squadrata e mosso da due motori radiali Shvetsov ASh-82T-7 da 1.417 kW (1.900 shp). A partire dal 1960 furono assemblati 3.680 esemplari sia in madrepatria che in Germania Est e in Cecoslovacchia. Il Crate era molto robusto ed affidale, per questo era largamente impiegato nelle aree rurali con scali di scarsa qualità.

Fu usato anche dall'industria tedesca orientale per provare lo stabilizzatore orizzontale del Baade 152.

Il-14
Versione di base.
Il-14G
Versione per il trasporto merci.
Il-14M
Versione per il trasporto passeggeri con fusoliera allungata e 24-32 posti a sedere.
Il-14P
Versione standard per il trasporto passeggeri.
Il-14T
Versione da trasporto militare.
Crate-C
Versione per la guerra elettronica.
Avia 14 / 14P
Ilyushin Il-14 e 14P cosruiti su licenza in Cecoslovacchia da Avia.
Avia 14-32
Versione da 32 posti dell'Il-14M.
Avia 14-42
Versione più grande e pressurizzata da 42 posti.
Avia 14FG
Versione da ricognizione.
Avia 14 Salon
Versione per trasporto VIP.
Avia 14 Super
Versione migliorata dell'Il-14P sviluppata in proprio da Avia.
Y-6
Versione di produzione cinese.

L'Il-14 rimase attivo in Unione Sovietica fino agli anni '80, così come in altri Paesi satelliti come Cuba e Vietnam. In Cina gli Y-6 rimasero in forza all'Aeronautica dell'esercito popolare di liberazione fino alla fine di detto decennio.

Attualmente non ci sono più operatori militari dell'Il-14.

Afghanistan (bandiera) Afghanistan
  • Aeronautica militare afghana. 26 esemplari furono acquisiti a partire dal 1955[3]. Al 1979 la dotazione era ridotta a 10 unità e concentrata in un'unica squadriglia.[4]
Albania (bandiera) Albania
  • Aeronautica militare albanese. Undici esemplari impiegati dal 1957. Al 1999 nessuno di questi era più in servizio. Otto Il-14M furono consegnati nel 1947 nel 1979 ne rimanevano attivi la metà[4]. Nel 1983 furono acquisiti un Il-14T di costruzione Avia e due Il-14P tedeschi orientali, tutti radiati nel 1996.[3]
Algeria (bandiera) Algeria
Bulgaria (bandiera) Bulgaria
  • Aeronautica militare bulgara. Venti esemplari consegnati dal 1960, inclusi Il-14M e Il-14P tedeschi orientali[3]. Al 1974 gli Il-14P erano stati ritirati e al 1979 rimanevano solo quattro Il-14M.[4]
Cina (bandiera) Cina
Rep. del Congo (bandiera) Rep. del Congo
  1. ^ a b (EN) Dates of Maiden Flights by Aircraft Designed by "Ilyushin" Design Bureau
  2. ^ a b (EN) Bill Gunston, The Osprey Encyclopedia of Russian Aircraft from 1875 - 1995, Londra, Osprey Aerospace, 1995, ISBN 1-85532-405-9.
  3. ^ a b c d e f (EN) World Air Forces Countries
  4. ^ a b c d (EN) Chris Chant, The World's Air Forces, 1979, ISBN 0-89009-269-9.

Canadair CL-28

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Compagni di scuola
Titolo originaleCompagni di scuola
Durata118 min
Regia{{{regista}}}
Casa di produzioneCecchi Gori Group Tiger Cinematografica
Distribuzione in italianoColumbia TriStar

Compagni di scuola è un film del 1988, scritto, diretto e interpretato da Carlo Verdone.

Federica Polidori (Nancy Brilli), un'affascinante e benestante donna di 35 anni, organizza un sontuoso ritrovo fra ex compagni di liceo, a 15 anni dal conseguimento del diploma, in un'altrettanto lussuosa villa di campagna. Il film si apre proprio con il graduale arrivo, non esente da difficoltà, degli invitati:

  • Piero Ruffolo (Carlo Verdone) - detto Er Patata - è un professore di lettere in un liceo privato fuori Roma, sposato con una donna rozza, possessiva e paranoica da cui ha avuto un figlio, quest'ultimo completamente soggiogato dalla madre. Per questi motivi ha intrapreso una relazione extraconiugale con una delle sue allieve, Cristina (Natasha Hovey), di cui è veramente innamorato.
  • Pier Maria Fabris (Fabio Traversa) è un uomo timido e impacciato, invecchiato oltre la sua età e scarsamente considerato fin dai tempi della scuola, al punto che quasi nessuno lo riconosce e viene fatto oggetto di offese pesanti.
  • Bruno Ciardulli (Christian De Sica) - meglio noto come Tony Brando - è un cantante fallito, esibizionista e immaturo. A causa della sua ossessione per il gioco d'azzardo è ricoperto di debiti e se ne inventa di tutti i colori pur di farsi dare dei soldi, anche a costo di perdere la poca dignità rimastagli.
  • Walter Finocchiaro (Angelo Bernabucci) è un imprenditore nel settore della carne. Nonostante la sua elevazione nella scala sociale, rimane una persona estremamente cinica, volgare e irrispettosa nei confronti dei suoi ex compagni.
  • L' On. Mauro Valenzani (Massimo Ghini) è un sottosegretario del Ministero dei lavori pubblici. È un uomo sfrontato, presuntuoso, abile seduttore e abituato a non dover chiedere, non fa mistero di essere ammanigliato con gli ambienti della società che conta, della politica dello spettacolo, così come accetta volentieri richieste di raccomandazione. È talmente pieno di sé che si presenta alla festa a bordo della sua auto di servizio e con la scorta armata. L'unica cosa che nasconde agli altri invitati è la sua tossicodipendenza.
  • Cristina, come detto poc'anzi, è l'amante di Ruffolo. Data la sua giovane età è sognatrice, romantica ma estremamente ingenua. Ha un padre oppressivo e vive la sua relazione con Piero in clandestinità, essendo già stata scoperta una volta dal genitore. Non era stata invitata alla festa, ma il suo desiderio di esserci viene esaudito grazie al convincimento di Piero da parte di Valenzani.
  • Maria Rita Amoroso (Athina Cenci) è una malinconica psicanalista. Estremamente devota al suo lavoro, cerca di risolvere le questioni di alcuni compagni, che però non si curano delle sue.
  • Armando Lepore (Maurizio Ferrini) e Lino Santolamazza (Alessandro Benvenuti) sono due amici che attuano uno scherzo terribile: fingono, infatti, che il secondo sia diventato paraplegico a seguito di un gravissimo incidente stradale e che il primo gli faccia da accompagnatore. Come nel caso di Valenzani, anche Santolamazza ricopre una carica pubblica (è un magistrato).
  • Ottavio Postiglione (Luigi Petrucci) è il tipico secchione della classe. Meridionalista, come ama definirsi, trapiantato al nord per lavoro, è estremamente logorroico ed esasperante, ed è per questo evitato dai compagni.
  • Gloria Montanari (Luisa Maneri) è una madre con un passato infelice ed un neonato senza padre che porta con sé alla festa.
  • Valeria Donati (Eleonora Giorgi) e Luca Guglielmi (Piero Natoli) sono una coppia in piena crisi a causa dell'immaturità di lui. Valeria è una giornalista, mentre Luca è un vignettista.
  • Jolanda Scarpellini (Isa Gallinelli) è l'amica zitella di Valeria.
  • Francesco Toscani (Giovanni Vettorazzo) è un uomo scapolo, il compagno che negli anni ha migliorato maggiormente il suo aspetto fisico. Perennemente innamorato di Margherita, riallaccia un fugace rapporto con lei.
  • Margherita Serafini (Giusi Cataldo) è sposata con un capitano dei carabinieri. Scopre che Toscani è sempre stato innamorato di lei ma, benché ricambi, non vuole abbandonare il marito.
  • Gioia Savastano (Carmela Vincenti) è la spiritosa della classe. Tradisce in una scena la sua sterilità.
  • Giulio Antenni (Silvio Vannucci) è un uomo separato, da sempre innamorato (non corrisposto) di Federica. Ha un pacemaker molto rumoroso, simile ad una sveglia, soprattutto quando il cuore è sollecitato.

Quello che doveva essere un evento gioioso e goliardico si trasforma lentamente in un disastro, man mano che vengono fuori i problemi privati dei personaggi, i dissapori e i colpi bassi, costringendo la povera Federica ad intervenire più volte per reprimere situazioni sempre più grottesche ed imbarazzanti, talvolta aiutata da Maria Rita.

Il primo ad abbandonare il raduno è Pier Maria Fabris, schifato dal comportamento irrispettoso di buona parte degli invitati, in special modo di Finocchiaro. Mentre sta uscendo dal cancello incrocia Ruffolo, che sta invece arrivando, e lo insulta.

La festa prosegue nel grande soggiorno, dove un juke-box perfettamente conservato e un pianoforte fanno da sfondo agli scherzi e ai ricordi di Francesco e Margherita, ai tentativi di Luca di riavvicinarsi alla moglie, la quale preferisce stare a sentire le filippiche di Postiglione pur di non averlo fra i piedi, e gli sfottò di Armando e Lino nei confronti di Jolanda, costretta perfino ad imboccare il finto disabile.

Gioia sale al piano superiore per cercare di allattare il bimbo di Gloria, ma viene sorpresa da quest'ultima mentre si sta scoprendo il seno grazie al monitor infilato nella culla. Messa alle strette, Gioia è costretta a confessare la propria sterilità, aggiungendo che voleva anche lei provare le sensazioni della maternità. Gloria si dimostra comprensiva e le permette di assistere allo svezzamento di suo figlio.

Nel frattempo Tony Brando si umilia davanti ai partecipanti, prima fingendosi rapinatore e finendo picchiato dalla scorta di Valenzani, poi chiedendo una raccomandazione allo stesso, successivamente è costretto a rimanere in mutande per dimostrare che non è stato lui a rubare 400 000 lire a Finocchiaro (a cui, tra l'altro, aveva cercato di rifilare un quadro di dubbio gusto) e infine si gioca tutti i suoi ultimi risparmi a poker, ma, non potendo pagare la somma in più scommessa, invoca un prestito di denaro in ginocchio e con un piattino in bocca.

Er Patata è il più nervoso di tutti: la moglie Cinzia non gradisce affatto la sua partecipazione alla festa (pensa che possa approfittare delle altre donne e ha paura che i ladri possano entrare in casa). Gli invitati scoprono, inoltre, la presenza di un'amante perché alzano intenzionalmente la cornetta mentre Ruffolo la sta chiamando dalla camera da letto di Federica. Valenzani dimostra subito un interesse quasi morboso nei confronti di Cristina, al punto di convincere il Patata a portarla alla villa con la propria auto di servizio (cosa che non sfugge al padre di lei): la sua Fiat 131, infatti, ha subito lo sfondamento della coppa dell'olio per via di un grosso ramo caduto sul vialetto di accesso. Per cercare di risolvere la sua confusione mentale, Piero più volte si avvale dei consigli e del conforto di Maria Rita, ma senza risultati: un'improvvisa telefonata del suocero lo costringe ad abbandonare temporaneamente il ritrovo, impedendogli di distogliere la sprovveduta Cristina dalle attenzioni del sottosegretario. Stavolta è Federica a prestargli l'automobile, una VW Beetle bianca.

Un fulmine caduto poco lontano da Villa Scialoia causa un black-out, e la festa procede a lume di candela. Francesco approfitta della situazione per dichiarare il proprio amore a Margherita, ma l'idillio viene interrotto dall'arrivo del marito di lei in anticipo rispetto a quanto previsto. Margherita ricambia il sentimento per il Toscani e i due si baciano, ma lei ormai ha preso un'altra strada e non vuole rinunciare alla propria famiglia.

Il Patata, nel frattempo, raggiunge il luogo comunicatogli per telefono. Ad attenderlo trova il suocero, sua moglie e suo figlio Marco. Scopre che il padre di Cristina li ha informati del tradimento. Il suocero affronta Piero con gentilezza, confessandogli che anche lui è stato, a suo tempo, un donnaiolo, ma che quando si è trattato di scegliere ha sempre dato la priorità alla famiglia e ai figli. Invita quindi il genero a fare altrettanto, ma egli risponde che ormai prova amore solo per la studentessa. La rabbia di Cinzia diventa incontenibile: gli urla di tutto, lo prende a scarpate, si toglie camicia e reggiseno e aizza il figlio a forare le gomme del Maggiolino. Ruffolo non può fare altro che darsi alla fuga.

Tony Brando si reca in giardino per contare i soldi della "colletta" e per dare una sistemata al bagagliaio della sua auto. In quel mentre la luce ritorna, e il cantante scorge Santolamazza che sta urinando in piedi contro una pianta e Lepore che lo sta aspettando con la sedia a rotelle da un'altra parte dello spiazzo verde. Scoperta quindi la terribile burla orchestrata dai due, decide di ripagarli con la stessa moneta: lega con una lunga corda detta sedia al paraurti del furgone del catering che sta lasciando la casa. Lino viene trascinato per diversi metri e cade ferendosi seriamente, al punto di doversi recare in ospedale con l'ambulanza. Armando lo segue in macchina.

Nello stesso momento ritorna Piero, preoccupato per aver lasciato Cristina da sola, ma rompe una delle sospensioni del Beetle sulla solita frasca. Una volta dentro non trova quasi nessuno degli ospiti. Maria Rita, in preda ai fumi dell'alcool, lo aggredisce verbalmente, accusandolo di non curarsi dei suoi problemi e di dover sempre accorrere quando nei guai ci sono gli altri. Federica gli dice che alcuni hanno deciso di recarsi al mare, tra questi anche la giovane e l'On. Valenzani.

In uno stabilimento balneare ancora chiuso è in corso un falò e diversi ne hanno approfittato per fare il classico bagno notturno, tra cui Luca e Valeria, ora riconciliatisi. Jolanda, indignata dal cedimento della sua amica, se ne va a casa da sola. Ruffolo giunge alla spiaggia e vede Valenzani uscire da una delle cabine da solo. Le sue paure erano fondate: all'interno, nell'indifferenza generale, vi trova Cristina piangente e parzialmente svestita. Il Patata non ci pensa due volte: rincorre il politico e lo riempie di botte, solo l'intervento della scorta riesce a staccarlo. Valenzani esce quindi di scena mandando tutti a quel paese.

Si fa l'alba e gli ex compagni tornano a Villa Scialoia per ricongiungersi con Federica e gli altri. I "superstiti" (a dire di Finocchiaro "i migliori") si concedono quindi una foto ricordo disponendosi attorno al dormiente Ottavio Postiglioni, opportunamente narcotizzato da Finocchiaro e Ciardulli la sera prima nel disperato tentativo di farlo tacere.

Mentre stanno tutti per andarsene, Federica appare in soggiorno vestita in maniera sobria e con due grosse valigie, suscitando lo sgomento dei presenti. A questo punto non può che dire la verità: la villa non è sua, ma dell'amante, il quale le ha dato il ben servito. Le ha intimato di lasciare casa, auto e beni materiali una volta terminata la festa. Ha inoltre dato ordine alla banca di non riconoscere più la sua firma per l'accesso al conto corrente, con conseguente invalidità dell'assegno che lei aveva spiccato in favore di Tony. Come ultimo gesto di solidarietà, alcuni degli ex allievi si offrono di ospitarla anche solo per qualche tempo, tra cui Giulio, innamorato perdutamente di lei.

Federica declina la proposta di Giulio in favore di quella di Gloria e monta in macchina con lei. Francesco trova uno degli orecchini che Margherita aveva perso durante il black-out e se lo prende. Luca e Valeria vanno via con la moto di lui felici come un tempo. Piero Ruffolo cerca di convincere Cristina a restare con lui, ma invano: la violenza subita l'ha traumatizzata al punto che non vuole più avere a che fare con l'insegnante e con quella scuola, aggiungendo che non vuole diventare come loro (riferendosi a lui e agli altri compagni di scuola). Anche Maria Rita, pur scusandosi della sfuriata della notte prima, non vuole più ascoltare Piero, asserendo che ormai non ha più bisogno del suo aiuto. Brando aiuta a spingere la Mirafiori Special del Patata fino al cancello della villa e lo congeda. Solo, senza più una moglie, un figlio, l'amore di Cristina orribilmente calpestato da Valenzani, consapevole che la sua carriera di docente è rovinata per sempre e in attesa che il giardiniere chiami un carro attrezzi, non gli resta che sedersi sul cofano e fumarsi l'agognata sigaretta: è l'inizio di una vita.

Disambiguazione – Se stai cercando il corpo di polizia regolare della Germania Orientale, vedi Volkspolizei.
Ministerium für Staatssicherheit

L'emblema del servizio segreto.
Informazioni generali
Data di fondazione8 febbraio 1950
Quartier generaleBerlino Est Germania Est (bandiera)
Direttori dell'agenzia e durata del mandatoWilhelm Zaisser (1950-1953)

Ernst Wollweber (1953-1957)

Erich Mielke (1957-1989)

Wolfgang Schwanitz (1989-1990)
Data di scioglimento13 gennaio 1990

Il Ministero per la Sicurezza dello Stato (in lingua tedesca Ministerium für Staatssicherheit, noto anche come Stasi [pron. ˈʃtazi], dalla contrazione della parola Staatssicherheit , o MfS) è stato la polizia politica della Repubblica Democratica Tedesca. Il quartier generale era a Berlino Est, collocato in un grande complesso del quartiere di Lichtenberg e affiancato da numerose e piccole unità operative sparse per la capitale.

È stato sempre considerato uno dei più efficienti e repressivi servizi di intelligence del mondo. Il suo motto era "Schild und Schwert der Partei" ("Lo scudo e la spada del Partito"), ad indicare l'assoluta fedeltà al Partito Socialista Unificato di Germania (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, abbr. SED), l'equivalente del sovietico PCUS.

Nascita dell'MfS

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Il Ministerium für Staatssicherheit venne fondato l'8 febbraio 1950 e strutturato sulla base dell'MGB sovietico. Da Mosca fu reputato come un partner estremamente leale ed efficiente. Wilhelm Zaisser divenne il primo Ministro per la Sicurezza dello Stato della repubblica socialista, affiancato, in qualità di vice, da Erich Mielke. A seguito dei moti del giugno 1953 Zaisser fu rimosso dal Primo Segretario del SED Walter Ulbricht e sostituito con Ernst Wollweber. Quest'ultimo si dimise nel 1957, per via dei dissapori sorti tra Ulbricht ed Erich Honecker, e gli succedette Mielke.

Il cancelliere Willy Brandt (a sinistra) insieme a Günter Guillaume (a destra) l'8 aprile 1974. Brandt è ancora ignaro che l'uomo che ritiene tra i suoi più fedeli sia, in realtà, una "talpa" della Stasi: lo apprenderà, suo malgrado, meno di un mese dopo.

Sempre nel 1957 Markus Wolf fu promosso capo dell'Hauptverwaltung Aufklärung (abbr. HVA), ovvero il dipartimento principale per la gestione dello spionaggio. Nel suo ruolo di supervisore dell'intelligence, Wolf acquisì notevole fama riuscendo a penetrare negli ambienti governativi, politici e imprenditoriali della Germania Occidentale per mezzo delle spie. Il caso più clamoroso fu quello di Günter Guillaume: infiltrato nelle file dell'SPD, il locale partito socialdemocratico, risalì la gerarchia diventando consulente di fiducia nientemeno che del cancelliere Willy Brandt. Nel maggio 1974 Guillaume fu smascherato e il premier fu costretto a lasciare la carica in favore di Helmut Schmidt, ma non la presidenza dell'SPD. Nel 1986 Wolf abbandonò l'organizzazione e Werner Grossmann prese il suo posto.

Sebbene la Stasi dell'era Mielke fosse, sulla carta, indipendente, dietro le quinte e fino al 1990 il KGB mantenne degli ufficiali di collegamento in tutti e otto i direttòri principali, ognuno dotato di un proprio ufficio presso il quartier generale berlinese, così come nelle quindici sedi di distretto del territorio nazionale[1]. La collaborazione fu talmente stretta che il KGB invitò la Stasi a stabilire basi operative a Mosca e Leningrado per controllare i turisti DDR in visita, e Mielke definì gli agenti scelti allo scopo come "čekisti dell'Unione Sovietica"[1]. Nel 1978 sempre Mielke concesse, formalmente, agli ufficiali KGB presenti in Germania Orientale gli stessi diritti e poteri di cui i suoi connazionali avevano potuto godere in URSS.[1]

Gli agenti e le operazioni

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Fotocamera reflex dotata di un obiettivo speciale smontabile: può scattare le immagini anche attraverso un foro nella parete del diametro di un millimetro.

[[:File:Tonne mit verborgener Observationstechnik.jpg|thumb|Fusto con apparecchiature di sorveglianza occultate al suo interno.]] Tra il 1950 e il 1989 la Stasi diede lavoro, complessivamente, a 274 000 persone[2]. Per quanto riguarda il cosiddetto "personale non ufficiale" (Inoffizielle Mitarbeiter, abbr. IMs), ovvero gli informatori, furono identificati, al 1995, 174 000 individui, equivalenti, approssimativamente, al 2,5% della popolazione tedesca dell'Est tra i diciotto e i sessant'anni[2]. Mentre quest'ultima stima è deducibile dai registri ufficiali salvatisi dalla distruzione, si pensa che il numero di informatori si aggirasse, al vero, attorno al mezzo milione[2]. Un ex colonnello del Ministero ha affermato che se si includessero anche quelli occasionali il totale potrebbe superare i due milioni.[2]. Il rapporto tra agenti Stasi e cittadini comuni sarebbe 1:166, ben più piccolo di quello della Gestapo, dove un organico di 40 000 dipendenti teneva sotto controllo 80 milioni di persone (1:2000), per non parlare del KGB, con i suoi 480 000 agenti a tempo pieno e una popolazione di 280 milioni di residenti (1:5830)[3]. Con gli informatori a tempo pieno, esso potrebbe scendere a 1:66[3], se si aggiungessero anche quelli part-time potrebbe arrivare addirittura a 1:6,5[3].

Gli agenti a tempo pieno furono introdotti nei maggiori insediamenti industriali e, come inquilini, nei condomini prescelti dalle autorità dietro sopralluogo di un rappresentante di aerea della Volkspolizei[3]. Anche edifici pubblici come scuole, università e ospedali furono pesantemente infiltrati[3]. Le spie dovevano inoltre annotare eventuali pernottamenti di congiunti e amici fuori dalla loro abituale residenza[3]. Nei muri di appartamenti e camere d'albergo, infine, furono realizzati minuscoli fori dai quali gli agenti potevano filmare la vita privata della gente con particolari videocamere.[3]

Per quanto concerne le condanne a morte, a partire dalla seconda metà degli anni '50 esse furono compiute nel più stretto riserbo per decapitazione oppure, negli ultimi anni, con un unico colpo di pistola sparato all'altezza del collo[4]. Nella gran parte dei casi i congiunti del condannato non venivano messi a conoscenza né del verdetto né dell'esecuzione.[4]

La reputazione della Stasi cominciò a scemare dopo che, nel 1975, gli Stati del Blocco Orientale firmarono gli accordi di Helsinki, bollati da Erich Honecker come una grave minaccia al regime, dato che avevano, fra le clausole vincolanti, quella del "rispetto dei diritti umani, fondamentali e non, incluse le libertà di pensiero, opinione, religione e di credo politico"[5]. Da quel momento la Stasi agì, per le operazioni interne al Blocco, su delega del KGB, come ad esempio in Polonia, dove i sovietici erano visti con disprezzo.[6]

Il reclutamento e l'addestramento[7]

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I centri di formazione

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L'iter di addestramento

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Strutturazione interna verticale[8]

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La sede Stasi di Lipsia.
Cella di detenzione presso la sede di Hohenschönhausen.
Scorcio del quartiere generale di Berlino.
Monumento raffigurante due operai e un poliziotto di fronte all'archivio Stasi (sez. HA XII) di Berlino.

Internamente l'Mfs era composto da varie sezioni e sottosezioni con competenze differenti. Per compiti che potevano riguardare l'area di competenza di più di una sezione venivano formati i cosiddetti Arbeitsgruppen, gruppi di lavoro che avevano mansioni ben definite al riguardo di un singolo compito. Le sezioni principali, invece, venivano numerate con numeri romani e chiamate Hauptabateilungen, mentre le sottosezioni venivano definite, solamente, Abteilungen.

Qui di seguito è riportato un sunto dell'organigramma[9]:

  • Minister für Staatssicherheit
    • Abteilung 26 – Telefonüberwachung
    • Abteilung Bewaffnung und Chemische Dienste (BCD)
    • Abteilung Finanzen
    • Abteilung Nachrichten – Sicherstellung des Nachrichtenwesens
    • Abteilung X – Internationale Verbindungen
    • Abteilung XI – Chiffrierdienst
    • Abteilung XIV- Untersuchungshaft und Strafvollzug
    • Arbeitsgruppe Bereich Kommerzielle Koordinierung (AG BKK), zuständig für die Kommerzielle Koordinierung von Alexander Schalck-Golodkowski.[10]
    • Arbeitsgruppe des Ministers (AGM) – Mobilmachung, Schutzbauten
    • Arbeitsgruppe E beim Stellvertreter des Ministers, Generaloberst Mittig (AG E)
    • Arbeitsgruppe XVII – Büro für Besuchs- und Reiseangelegenheiten (BfBR) in Berlin (West)
    • Büro der Leitung (BdL) – Innere Sicherheit des MfS
    • Büro der Zentralen Leitung der Sportvereinigung Dynamo
    • Hauptabteilung I (HA I) – Überwachung und Absicherung der NVA und Grenztruppen (NVA-interne Bezeichnung der HA I: Verwaltung 2000 oder Büro 2000) In diesem Bereich gab es die höchste Durchdringung mit IMs (Verhältnis eins zu fünf !).
    • Hauptabteilung II (HA II) – Spionageabwehr
    • Hauptabteilung III (HA III) – Funkaufklärung, Funkabwehr
    • Hauptabteilung VI (HA VI) – Passkontrolle, Tourismus (z. B. Interhotels), Sicherung der Transitwege (Autobahnraststätten, Transitparkplätze etc.)
    • Hauptabteilung VII (HA VII) – „Abwehr“ im Ministerium des Innern (MdI) und der Deutschen Volkspolizei (DVP)
    • Hauptabteilung VIII (HA VIII) – Beobachtung, Ermittlung. Die HA VIII war eine Querschnittsabteilung und wurde regelmäßig von anderen HAs angefordert, mit Ausnahme der HA II und der HVA, die über eigene entsprechende Struktureinheiten verfügten.
    • Hauptabteilung IX (HA IX) – Disziplinar- und Untersuchungsorgan
      • Hauptabteilung IX/11 – „Aufklärung und Verfolgung von Nazi- und Kriegsverbrechen“[11]
    • Hauptabteilung XV – Ehemaliger Name der Hauptverwaltung Aufklärung vor der Ausgliederung, später als HVA-Depandance unter der Bezeichnung Abteilung XV in den Bezirksverwaltungen.
    • Hauptabteilung XVIII (HA XVIII) – Volkswirtschaft, Kontrolle der Industrie-, Landwirtschafts-, Finanz- und Handelsministerien sowie der Zollverwaltung der DDR, Aufklärung und Bestätigung von Nomenklaturkadern, Auslands- und Reisekadern[12]
    • Hauptabteilung XIX (HA XIX) – Verkehr (Interflug, Deutsche Reichsbahn und Seeschifffahrt), Post- und Fernmeldewesen, Aufklärung und Bestätigung von Kadern[13]
    • Hauptabteilung XX (HA XX) – Staatsapparat, Kultur, Kirche, Untergrund
    • Hauptabteilung XXII (HA XXII) – „Terrorabwehr“
    • Hauptabteilung Personenschutz (HA PS)
    • Hauptabteilung Kader und Schulung (HA KaSch)
    • Operativ-Technischer Sektor (OTS)
    • Verwaltung Rückwärtige Dienste (VRD)
    • Zentrale Arbeitsgruppe Geheimnisschutz (ZAGG)
    • Zentrale Auswertungs- und Informationsgruppe (ZAIG)
      • Abteilung XII – Zentrale Auskunft/Speicher
      • Abteilung XIII – Zentrale Rechenstation
      • Abteilung M – Postkontrolle
      • Rechtsstelle
    • Zentrale Koordinierungsgruppe (ZKG) – Bekämpfung von Flucht und Übersiedlung
    • Zentraler Operativstab (ZOS)
  • Hauptverwaltung AufklärungAuslandsspionage (HVA)

Il 17 novembre 1989, in risposta ai grandi cambiamenti politici e sociali in corso nel Paese e alla caduta del muro di divisione della capitale, il Consglio dei Ministri (Ministerrat der DDR) deliberò di rinominare l'MfS in "Ufficio per la Sicurezza Nazionale" (Amt für Nationale Sicherheit, abbr. AfNS) e di affidarlo a Wolfgang Schwanitz. L'8 dicembre il primo ministro Hans Modrow avviò le pratiche per lo scioglimento dell'agenzia, approvate dal Ministerrat sei giorni dopo.

In realtà il Ministerrat aveva in mente di scindere l'AfNS in due organizzazioni distinte: un nuovo servizio di spionaggio all'estero (Nachrichtendienst der DDR) e un "Ufficio per la Protezione della Costituzione della Repubblica Democratica Tedesca" (Verfassungsschutz der DDR), sulla falsa riga del Bundesamt für Verfassungsschutz occidentale. Tuttavia la reazione dell'opinione pubblica fu estremamente negativa e il governo, sotto pressione della "Tavola Rotonda" (Runden Tisch), dovvette accantonare il progetto e dissolvere definitivamente la polizia segreta il 13 gennaio 1990. Alcuni settori dell'AfNS relativi ad operazioni illegali passarono al Ministero degli Affari Interni. Lo stesso Ministero garantì, inoltre, la sorveglianza delle varie sedi.

Assemblea della Stasi al Palast der Republik di Berlino per celebrare il 35° anniversario della sua fondazione. Il Primo Segretario del SED e capo dello Stato Erich Honecker sta tenendo il suo discorso dal podio posto al centro della sala.

L'MfS si è intrufolato in quasi tutti gli aspetti della vita della DDR. Nel 2007 un'articolo della BBC affermò che studi erano giunti alla conclusione che in Germania Orientale c'era un informatore ogni sette abitanti, dato molto vicino a quello riportato nel paragrafo "Gli agenti e le operazioni"[14].

L'MfS tenne sotto controllo anche l'atteggiamento delle persone nei confronti della politica. Nei moti del 1989-90 le sedi furono più volte occupate dalla cittadinanza, ma gli agenti riuscirono comunque a distruggere un certo numero di documenti (circa il 5%)[15]. Quando quelli superstiti furono resi pubblici, molte persone scoprirono che amici, colleghi di lavoro, coniugi e congiunti erano stati regolarmente spiati e schedati. Ciò comportò per la società tutta uno choc da cui non si ancora è ripresa completamente.

Altri dossier, come il Rosenholz, contenente i nomi delle spie DDR all'estero, permisero alla CIA di arrestare queste ultime.

Nel 1999, infine, un altro articolo pubblicato da BBC sostenne che la Stasi bombardò intenzionalmente di radiazioni dei prigionieri politici, al fine di provocare in loro un'eventuale insorgenza di tumori.[16]

Il destino dei dossier dell'MfS dopo la fine della dittatura

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L'assalto al quartier generale

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16 gennaio 1990: la folla invade l'ormai ex sede centrale.

Così come la DDR iniziò a scivolare verso il baratro, lo stesso toccò anche alla Stasi. Ciò comporto la perdita del loro potere, quindi i documenti compromettenti sarebbero potuti essere scoperti. In preda alla disperazione, le autorità cominciarono a distruggere i dossier, sia a mano che con l'uso del tritadocumenti.

Quando queste attività divennero note la protesta del popolo montò di fronte al quartier generale di Berlino[17]. La sera del 15 gennaio 1990, due giorni dopo lo scioglimento del servizio segreto, una grande folla si radunò fuori dai cancelli con l'intento di fermare la distruzione dei documenti. L'opinione dei manifestanti era che le informazioni contenute dovessero essere pubblicate e usate per punire chi aveva preso parte alle operazioni della Stasi. Il loro numero crebbe a tal punto che riuscirono a sopraffare la polizia e ad entrare nell'edificio. Una volta dentro alcuni si lasciarono prendere dalla violenza sfondando porte e finestre, lanciando attrezzature e mandando in frantumi i ritratti del presidente Honecker. Insieme alle persone comuni entrarono degli agenti al servizio della Germania Occidentale, così come quelli dell'ex MfS, il cui compito era dare una mano nella distruzione dei fascicoli. Alle forze dell'ordine venne dato l'ordine di non aprire il fuoco, dato che avrebbero potuto colpire i loro colleghi in borghese. Mentre le violenze proseguivano, i manifestanti andarono verso la stanza dei dossier e ne presero in grandi quantità. In seguito si sarebbero rivelati preziosi per la cattura degli ex membri dell'organizzazione.

Controversie sui documenti

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Con la riunificazione tedesca del 3 ottobre 1990 fu fondata un'agenzia governativa per la conservazione dei documenti dell'MfS (Bundesbeauftragte für die Unterlagen des Staatssicherheitsdienstes der ehemaligen Deutschen Demokratischen Republik, abbr. BStU).[18]

Fin da subito ci si chiese quale sarebbe dovuto essere il destino di questi fascicoli, nella fattispecie se dovvessero essere resi pubblici oppure no.

I contrari alla pubblicazione avevano, tra le varie motivazioni, quella della difesa della privacy. Sentivano che le informazioni rivelate avrebbero potuto avere effetti negativi sugli ex dipendenti della Stasi oppure generare ulteriore violenza. Il pastore Rainer Eppelmann, divenuto Ministro della Difesa e il Disarmo a partire da marzo 1990, sosteneva che il ritorno alle libertà civili avrebbe potuto catalizzare la vendetta nei confronti dei succitati agenti. Stesse preoccupazioni furono espresse anche dal primo ministro Lothar de Maizière.
Sempre i contrari non volevano che i documenti fossero usati per eventuali processi, argomentando la loro posizione con il fatto che non tutti gli ex membri erano dei criminali e non si sarebbero dovuti punire solo perché erano sul "libro paga". C'era anche chi credeva che chiunque fosse colpevole di qualcosa. Peter Michael Diestel, il Ministro dell'Interno, disse che le informazioni non si sarebbero dovute usare per determinare l'innocenza o la colpevolezza, dato che "c'erano solo due categorie di persone davvero innocenti in quel sistema, i neonati e gli alcolisti". Altre voci, come quella del Ministro dell'Interno occidentale Wolfgang Schäuble, chiedevano che la Stasi fosse messa in secondo piano e che le forze venissero concentrate sul processo di riunificazione.

I favorevoli, invece, argomentavano la loro posizione dicendo che tutti avevano il diritto di accedere al proprio fascicolo e che bisognava renderli tutti pubblici quest'ultimi. L'apertura dei documenti avrebbe inoltre aiutato a smorzare le congetture e le illazioni che si stavano formando attorno alla questione. Alcuni di questa corrente erano convinti del coinvolgimento anche della classe politica ed auspicavano l'apertura di indagini in questo senso.

Il destino dei dossier fu finalmente deciso con il trattato di unificazione. La modifica delle leggi della Volkskammer permise maggiore accesso ai documenti. Successivamente fu deciso di concentrarli in un'unica sede a Est e, tramite la promulgazione di un'apposita norma, fu permessa alla cittadinanza la consultazione dei fascicoli individuali.

La pubblicazione completa fu attuata a partire dal 1992 con un decreto declassificante del governo tedesco. Lo storico inglese Timothy Garton Ash scrisse il libro The File: A Personal History grazie al contenuto del dossier personale che la Stasi aveva provveduto a redigere durante la sua permanenza a Berlino Est.[19]

Tra il 1990 e il 1993 più di due milioni di cittadini fecero richiesta per visionare i documenti relativi alle loro persone. Molti di questi erano residenti dell'Est. La normativa consentì loro anche la possibilità di crearsi delle copie. Un altro punto oggetto di dibattito fu l'uso e i benefici che ne avrebbero potuto ricavare i mass-media. Fu deciso che gli organi d'informazione avrebbero potuto accedere solo ai dossier svuotati di tutti i dettagli personali, non relativi a minorenni e nemmeno ad ex membri dell'MfS. Questa norma in particolare fu applicata anche alle scuole.

La ricerca dei responsabili

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Gruppi dediti alla catolagazione degli informatori erano presenti sia all'interno della Stasi che, dopo lo scioglimento, all'esterno. Molti dipendenti dei primi divennero "cacciatori" al soldo dei secondi. Tuttavia, le accuse potevano essere rivolte non soltanto a chi era stato un membro. L'oggetto di ricerca poteva essere una persona esterna che aveva partecipato ad operazioni illegali per conto della polizia segreta. Tra i nomi illustri arrestati e finiti alla sbarra vi furono Erich Mielke, terzo Ministro per la Sicurezza dello Stato, ed Erich Honecker, presidente della DDR. Mielke fu condannato a sei anni di reclusione per aver ucciso due poliziotti nel 1931. Honecker fu invece accusato di aver autorizzato l'uccisione di tutti coloro che avevano tentato di scavalcare il confine Est-Ovest, Muro compreso. Durante il processo gli fu diagnosticato un cancro e la corte gli concesse, date le gravi condizioni di salute, di trasferirsi in Cile, dove morì il 29 maggio 1994.

I processi ad altri ex membri furono celebrati solo per qualche tempo. Le indagini all'interno della classe politica, invece, proseguirono, coinvolgendo diversi parlamentari. Esse furono condotte dal governo fin dall'apertura dei dossier e molte furono portate a termine, comportando la perdita del seggio in Bundestag di coloro che erano stati ritenuti colpevoli, come, ad esempio, tredici deputati dell'SPD.

Riassemblaggio dei fascicoli distrutti

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Nel 1995 il BStU cominciò a ricomporre i documenti distrutti; tredici anni dopo i 36 archivisti a cui era stato commissionato il progetto avevano rimesso insieme solo 327 cartelle; gli esperti ora fanno ricorso al computer per sistemare le 16 000 cartelle mancanti, equivalenti a circa 45 milioni di pagine. Il costo totale dell'operazione è stimato in 30 milioni di dollari.[15]

La CIA acquisì molti dossier durante il saccheggio delle sedi. La Germania ne ha successivamente richiesto la restituzione e ne ha ricevuti alcuni nell'aprile 2000.[20]

L'MfS è stato accusato di un certo numero di assassinî ai danni di dissidenti politici e di altre persone sia dentro che fuori il Paese, tra cui il calciatore Lutz Eigendorf[21] e la giornalista svedese Cats Falck.[22]

Nel settembre 2003 un 53enne di Berlino, chiamato "Jürgen G" da un comunicato stampa della Procura Generale, fu arrestato perché sospettato di aver fatto parte di uno "squadrone della morte" che compì diversi omicidi su ordine del governo della Germania Orientale dal 1976 al 1987[23][24]. L'uomo fu in seguito rilasciato per mancanza di prove.[25]

Un museo nel vecchio quartier generale

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L'Anti-Stalinist Action Normannenstraße (abbr. ASTAK), un'associazione fondata da comitati di ex cittadini tedeschi orientali, ha riconvertito la sede centrale della Stasi in un museo. Esso si sviluppa su tre piani:

  • Piano terra, mantenuto nelle condizioni originali e adornato da molte statue e bandiere.
  • Tra il pian terreno e il primo:
    • "Tecniche di sorveglianza e simboli adottati dall'MfS": contiene alcuni strumenti usati dall'organizzazione per scovare i dissidenti. Durante un colloquio le sedie venivano coperte da un foglio di cotone per assorbire il sudore dell'indiziato. Il foglio veniva successivamente conservato in archivio dietro un vetro con riportato il nome della persona. Un altro modo per raccogliere gli odori era introdursi nella casa del sospetto e sottrargli degli indumenti, in particolare quelli intimi, perché più a stretto contatto con la pelle. L'MfS avrebbe usato tali odori per seguire i movimenti della persona per mezzo dei cani. Altri oggetti in mostra sono una fotocamera nascosta in una camicia, un'altra dentro ad un finto pacchetto di sigarette e un Ak-47 occultato in una valigia;
    • galleria fotografica del Direttòrio VII. Questa sezione racconta tutta la storia della Stasi dalle sue origini alla caduta del Muro.
  • Primo piano:
    • gli uffici di Erich Mielke, arredati in stile anni '60;
    • ufficio del Colonnello Heinz Volpert;
    • saletta per gli autisti e le guardie del corpo;
    • ufficio del Maggiore-Generale Hans Carlsohn, direttore della segreteria;
    • segreteria;
    • punto ristoro;
    • cucina;
    • stanza di lavoro del Ministero;
    • sala conferenze con appesa una gigantesca cartina della DDR;
    • servizi igienici.
  • Secondo piano:
    • "Repressione, ribellione e liberazione dal 1945 al 1989".

Galleria fotografica:

Società per il supporto legale e umanitario

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Gli ex ufficiali della Stasi continuarono ad essere politicamente attivi grazie alla Società per il supporto legale e umanitario (Gesellschaft zur Rechtlichen und Humanitären Unterstützung e. V., abbr. GRH).

  1. ^ a b c (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000, pag. 74. ISBN 0813337445
  2. ^ a b c d (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000, pag. 8. ISBN 0813337445
  3. ^ a b c d e f g (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000, pag. 9. ISBN 0813337445
  4. ^ a b (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000, pag. 18. ISBN 0813337445
  5. ^ (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000, pag. 142. ISBN 0813337445
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  • (EN) John O. Koehler, Stasi: the untold story of the East German secret police, Westview Press, 2000. ISBN 0813337445
Bandiera Scudo
Bandiera della Nationale Volksarmee
Bandiera della Nationale Volksarmee
Scudo della Nationale Volksarmee
Scudo della Nationale Volksarmee

La Nationale Volskarmee (abbr. NVA) è stato l'esercito della Repubblica Democratica Tedesca. Fino a quando la DDR si trovò in prima linea durante la Guerra Fredda, la sua armata fu considerata la migliore di tutto il Patto di Varsavia escludendo quella quella sovietica. Le sue truppe erano pronte ad agire in ogni momento, in previsione di un eventuale scontro armato con le forze NATO.

La guardia d'onore dell'NVA di fronte al Memoriale del Milite Ignoto di Berlino, estate 1990.

La creazione dell'NVA è datata 1° marzo 1956, sei mesi dopo la fondazione dell'occidentale Bundeswehr, e seguita da anni di preparazione nei quali ex ufficiali della Wehrmacht e veterani comunisti della guerra civile spagnola dettero il loro contributo nell'organizzazione e nell'addestramento dei gruppi paramilitari della Volkspolizei. Sebbene le uniformi e le cerimonie riprendessero lo stile delle vecchie tradizioni militari tedesche, la dottrina e la struttura dell'NVA furono pesantemente influenzate dalle forze armate dell'Unione Sovietica, creando in questo modo una commistione tra gli elementi più innovativi del secolo XX e le migliori accademie e dando quindi vita a una delle forze più professionali e preparate al mondo.

Nel corso del primo anno di attività il 27% circa degli ufficiali aveva servito in precedenza la Wehrmacht. Anche 61 delle 82 posizioni di comando più elevate erano appannaggio di ufficiali ex Wehrmacht. La conoscenza militare e l'esperienza in combattimento di questi reduci era fondamentale, sebbene molti, a partire dagli anni '60, andarono in pensione.

Nei primi sei anni l'NVA fu una forza ad arruolamento completamente volontario. Al contrario, in Germania Occidentale fu reintrodotto il servizio militare universale a partire dal 1956. La coscrizione fu attuata nel 1962 e il numero di soldati salì fino a 170.000 circa.