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Teorema di Miller

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Il teorema di Miller, derivato dalle scoperte dell'ingegnere americano John Milton Miller, è un teorema delle reti lineari che consente di sostituire un bipolo "longitudinale", situato cioè a cavallo di una sottorete, con due bipoli "trasversali", connessi cioè ad un medesimo nodo di riferimento, a patto però che il guadagno di tensione elettrica non vari a seguito della sostituzione.

Un caso particolare del teorema è costituito dall'effetto Miller, sfruttato in numerose applicazioni dell'elettronica.

Sia B un bipolo di impedenza Z afferente ai nodi N1 e N2. Il teorema di Miller afferma che B può essere sostituito da due bipoli B1 e B2 connessi rispettivamente tra N1 e N0 e tra N2 e N0 (N0 è un nodo di riferimento), di impedenze

essendo Av la funzione di trasferimento in tensione N1N2. Il risultato è valido se quest'ultima non varia a seguito della sostituzione (o almeno, non varia apprezzabilmente).

Il teorema si dimostra facilmente tenendo presente che, se le tensioni ai nodi N1 e N2 non variano dopo la sostituzione, la corrente che scorre in B1 è la stessa che scorre in B2 ed è esattamente uguale a quella che attraversa B nella rete originale. Se è vero questo, e se la funzione di trasferimento tra i due nodi non varia, allora è anche vero che l'equilibrio della rete non viene minimamente alterato da detta sostituzione.

Per ricavare le espressioni esatte delle impedenze equivalenti conviene ricorrere ad un semplice esempio.

Consideriamo un amplificatore con un guadagno in tensione Av; supponendo di poter ignorare l'effetto della sua impedenza di uscita, si avrà ovviamente Vo = AvVi. È importante notare che Av < 0 dato che l'amplificatore considerato è invertente.

Il teorema di Miller analizza l'effetto di un'impedenza Z collegata tra il morsetto di ingresso e quello di uscita, e in particolare la corrente che la attraversa. Quest'ultima, se diretta dall'ingresso verso l'uscita, è data da

Circuito cui si riferisce il teorema di Miller. L'amplificatore di tensione è considerato ideale in uscita

per cui l'impedenza vista in ingresso, oltre ovviamente a quella propria dell'amplificatore che va in parallelo, sarà

mentre quella di uscita risulta essere

sostituendo all'impedenza originaria le impedenze Zin e Zout queste ultime, a parità di segnale, vengono attraversate dalla medesima corrente (I) che scorre in Z. In questa maniera, la corrente assorbita in ingresso e quella erogata in uscita non variano a seguito della sostituzione e l'equilibrio della rete non viene modificato.

Utilizzi pratici

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L'utilità del teorema di Miller risiede più che altro nella possibilità di trasformare una rete in un'altra più semplice da analizzare attraverso l'uso di relazioni molto sintetiche e facili da ricordare.

Il fatto poi che la funzione di trasferimento non debba variare a seguito della trasformazione non è poi un vincolo così stringente in molte situazioni di interesse pratico: come è stato illustrato nell'esempio, il teorema si può applicare convenientemente ad uno stadio di guadagno dotato di una impedenza di uscita Zo particolarmente ridotta. Cosa significhi "particolarmente bassa" è evidente: significa semplicemente che la corrente erogata da Z su tale impedenza produce una caduta che può essere trascurata rispetto a quella nominale di uscita, o equivalentemente che Z >> Zo. Questo è particolarmente vero a bassa frequenza nel caso notevole in cui Z è una capacità (si veda la voce Effetto Miller).

Un altro risultato interessante riguarda l'impedenza di uscita: per amplificazioni tendenti all'infinito infatti, l'impedenza vista in uscita è proprio Z, indipendentemente dal guadagno.

Voci correlate

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