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Cittadinanza

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La cittadinanza è la condizione giuridica e sociale di chi appartiene a uno Stato, dalla quale deriva il riconoscimento di diritti civili, sociali, economici e politici e altrettanti doveri.

In sociologia il concetto assume una valenza più ampia e si riferisce all'appartenenza e alla capacità d'azione dell'individuo nel contesto di una determinata comunità politica.

Attualmente il passaporto è il documento ufficialmente riconosciuto attestante la nazionalità di una persona.

Storia e impiego del termine

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Nell'antica Atene venivano considerati cittadini solo coloro i quali potevano dimostrare di essere figli di genitori ateniesi, avere un appezzamento di terra e di essere in grado di combattere (cioè potersi permettere le armi). Una volta considerati cittadini avevano un ampio numero di diritti come ad esempio quello della proprietà privata e quello del voto ma anche un ampio numero di doveri come ad esempio andare in guerra.

Nel diritto romano lo status civitatis distingueva il cittadino romano (civis romanus) dal non cittadino e, unito agli altri due status — lo status libertatis, che distingueva l'uomo libero dallo schiavo, e lo status familiae, che distingueva il paterfamilias dagli altri membri della famiglia — era condizione necessaria per disporre della capacità giuridica.

Nel corso della storia il termine cittadinanza ha trovato diversi impieghi:[1]

  • indicatore del modo in cui sono ripartiti i poteri e le risorse nell'ambito di un ordinamento politico-sociale;
  • rapporto tra individuo e ordine politico, inteso come partecipazione attiva del soggetto alla sfera pubblica;
  • intersezione tra individuo e collettività.

In particolare, nel medioevo il termine ebbe molteplici applicazioni. In alcuni casi, come nella Repubblica di Venezia, il termine cittadini si contrapponeva non solo ai forestieri e agli esclusi da certi diritti, ma anche ai patrizi, che avevano invece più diritti dei cittadini.

Nel suo significato giuridico attuale, la cittadinanza è il collettore di una molteplicità di diritti e doveri riferibili a un individuo in quanto parte di un determinato assetto politico.

La riflessione sociologica sulla cittadinanza prende avvio nel dopoguerra con gli studi di Thomas H. Marshall, dedicati alla disuguaglianza di classe e all'integrazione sociale, che si concentrano sulla possibilità di ridurre le iniquità sociali attraverso l'introduzione dello stato sociale[2].

Recentemente la sociologia della cittadinanza ha trovato ulteriori interessanti applicazioni:[3]

  • indicatore, in senso quantitativo e qualitativo, del novero dei diritti corrispondenti alla persona (cittadinanza formale);
  • effettiva capacità di azionare i diritti da parte della persona (cittadinanza materiale);
  • identificazione della persona con una determinata comunità politica o culturale (cittadinanza identitaria);
  • impegno della persona nella società (cittadinanza attiva).

È senz'altro la dimensione "materiale" della cittadinanza quella che oggi rappresenta il contributo più significativo della sociologia a questo genere di studi, una cittadinanza intesa come capacità del soggetto (che sia o no cittadino) di realizzarsi all'interno di una determinata comunità politica a partire dai propri capitali personali e dai diritti e servizi che gli sono garantiti.

Cittadinanza e globalizzazione

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«I flussi di capitali, immagini, persone, cose ed ideologie innescati dalla globalizzazione, hanno minato la capacità degli stati nazionali di presidiare efficacemente i propri confini e sembrano aver suggerito la necessità di rivedere le idee convenzionali sugli stati nazionali»

Il concetto di cittadinanza negli ultimi anni è oggetto di discussione a causa delle enormi trasformazioni che hanno investito la società attuale; il processo di globalizzazione sta infatti ponendo sotto attenzione realtà di singoli individui, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti cittadini o migranti transnazionali, che pur risiedendo in un paese diverso intrattengono rapporti molto stretti con il proprio Stato di origine, sia dal punto di vista sociale sia economico, in molti casi anche riuscendo a influenzarne le politiche[5]. Ovviamente il peso di questa influenza dipende dal numero di membri, dalla ricchezza e dalla forza dei rapporti che la comunità riesce a stringere con il proprio paese di origine[6].

Di seguito alcune di queste casistiche[7].:

  • Cittadinanza flessibile persone di elevato status sociale, che vivono viaggiando evitando legislazioni restrittive e stabilendosi dove più gli conviene.
  • Cittadinanza sostanziale cittadinanza riferita alle azioni intraprese da persone volte ad affermare la loro adesione ad uno stato, a prescindere da uno status legale.
  • Cittadinanza di trasconfine gruppo formato dai cittadini di un paese più i loro emigrati a prescindere dalla loro attuale cittadinanza.
  • Nazionalismo a lunga distanza riferito a membri di una diaspora che si mobilitano ed organizzano per sostenere il loro stato di origine.

I processi in atto, che per ampiezza diffusione e velocità del tutto nuove nella storia umana, stanno ponendo delle sfide di gestione sociale, con vari tentativi politici originali la cui efficacia potrà essere valutata solo nel lungo periodo.

Cittadino e suddito

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Trattato de' doveri generali del suddito verso il principe, 1760[8]

Il concetto di cittadino differisce da quello di suddito, che si riferisce a colui che è soggetto alla sovranità di uno Stato. La condizione del suddito implica, di per sé, situazioni giuridiche puramente passive (doveri e soggezioni), mentre quella del cittadino implica la titolarità di diritti e altre situazioni giuridiche attive.

Nel momento in cui la legge riconosce al suddito diritti civili e politici, si può esso intendere come cittadino. Anche nel caso in cui tali diritti siano riconosciuti possono tuttavia esserci sudditi, soggetti alla sovranità ma privi dei diritti di cittadinanza: questo avveniva, ad esempio, per i componenti di alcune popolazioni nei possedimenti di tipo coloniale, anche se, in qualche caso, venivano loro attribuiti alcuni diritti, seppur limitati rispetto a quelli riconosciuti ai cittadini (in un sistema soprannominato di piccola cittadinanza). Anche nei paesi occidentali talvolta, ove sia possibile ottenere la cittadinanza, si può transitare attraverso specifiche situazioni, come il permesso di soggiorno di breve o lungo periodo, o quello permanente.

Anche la mancata previsione di strumenti di tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione può determinare una sorta di ufficiosa nullificazione della cittadinanza, ad esempio nei casi di deliberato ritardo o di attribuzione di facoltà di valutazione agli uffici nel recepimento, per fini di indirizzamento elettorale, della dichiarazione di cambio di residenza.

Attualmente il termine suddito è ancora largamente utilizzato nel diritto internazionale, specialmente nel caso in cui la cittadinanza non abbia lo stesso rilievo nelle varie giurisdizioni interessate. Viene inoltre usato polemicamente per sottolineare situazioni, per lo più di fatto, nelle quali il cittadino non disponesse di «adeguati» diritti. Va osservato infine che nelle monarchie, anche costituzionali e parlamentari, è uso riferirsi ai cittadini come sudditi.

Cittadinanza e nazionalità

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Lo stesso argomento in dettaglio: Nazionalità.

Un rapporto analogo a quello tra persona fisica e stato può sussistere anche tra persona giuridica e stato; in tal caso, però, non si parla di cittadinanza ma di nazionalità.

Riferito alle persone fisiche, questo stesso termine, anche se talvolta è usato impropriamente come sinonimo di cittadinanza, indica invece l'appartenenza a una nazione, condizione questa che in alcuni ordinamenti può avere rilevanza giuridica a prescindere dalla cittadinanza.

Un'applicazione particolare dei termini cittadinanza e nazionalità si trova per esempio negli Stati Uniti d'America, dove la legge prevede che le persone nate in alcuni territori esterni, come le Isole Samoa Orientali, siano classificate "nazionali ma non cittadini".[9]

Popolo e popolazione

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L'insieme dei cittadini di uno Stato costituisce il suo popolo, uno dei tre elementi costituenti dello Stato, assieme al territorio e alla sovranità.

È detto invece popolazione l'insieme delle persone che risiedono sul territorio di uno Stato (i suoi abitanti), a prescindere dal fatto che siano suoi cittadini. La popolazione, dunque, differisce dal popolo in quanto, da un lato, comprende anche gli stranieri e gli apolidi che risiedono sul territorio dello Stato mentre, dall'altro, non comprende i cittadini residenti all'estero. La divergenza tra popolo e popolazione è accentuata negli stati interessati da un forte flusso migratorio, in entrata o in uscita.

Contenuto della cittadinanza

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Diritti di cittadinanza

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Come si è detto, il concetto di cittadinanza si ricollega alla titolarità di determinati diritti, detti appunto diritti di cittadinanza, enunciati nelle costituzioni e nelle dichiarazioni dei diritti.

Nell'ambito dei diritti di cittadinanza si distinguono:

  • i diritti civili, cui corrispondono obblighi di non fare da parte dello Stato e, in generale, dei pubblici poteri e che rappresentano, quindi, una limitazione del loro potere; comprendono la libertà personale, di movimento, di associazione, di riunione, di coscienza e di religione, l'uguaglianza di fronte alla legge, il diritto alla presunzione d'innocenza e altri diritti limitativi delle potestà punitive dello Stato, il diritto a non essere privati arbitrariamente della proprietà, il diritto alla cittadinanza e così via;
  • i diritti politici, relativi alla partecipazione dei cittadini al governo dello Stato (inteso in senso lato, comprensivo anche, ad esempio, degli enti territoriali), sia direttamente (attraverso istituti quali il referendum, la petizione, ecc.) sia indirettamente, eleggendo i propri rappresentanti (elettorato attivo) e candidandosi alle relative elezioni (elettorato passivo);
  • i diritti sociali, cui corrispondono obblighi di fare, di erogare prestazioni, da parte dello Stato e dei pubblici poteri; comprendono i diritti alla protezione sociale contro la malattia, la vecchiaia, la disoccupazione, ecc., il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto all'istruzione e così via. Mentre i diritti civili e politici erano già presenti nelle costituzioni ottocentesche, i diritti sociali fanno il loro ingresso solo nel XX secolo con la realizzazione di quella particolare forma di stato nota come stato sociale.

Va notato che lo Stato può riconoscere i suddetti diritti, almeno in parte, anche a non cittadini, sulla scorta di impegni internazionali multilaterali (derivanti, ad esempio, dall'appartenenza all'ONU od all'Unione europea) o bilaterali (a seguito di trattati che prevedono un reciproco trattamento di favore per i cittadini di uno Stato da parte dell'altro) o anche di una scelta unilaterale (ad esempio, nell'ambito delle politiche d'integrazione degli immigrati presenti sul territorio nazionale). Tali fattori hanno fatto sì che negli Stati odierni i diritti civili siano ormai riconosciuti anche ai non cittadini, e tale riconoscimento è di solito sancito a livello costituzionale, mentre i diritti sociali e soprattutto quelli politici tendono ancora a essere legati alla cittadinanza.

Doveri dei cittadini

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Accanto ai diritti, la cittadinanza può comportare doveri, sebbene di solito gli ordinamenti, se tendono a riservare i diritti ai cittadini estendendoli eventualmente ai non cittadini, tendono invece a imporre i doveri a tutti coloro che sono presenti sul loro territorio, a prescindere dalla cittadinanza. Un dovere tradizionalmente associato alla cittadinanza, fin dai tempi più antichi, è quello della difesa dello Stato (o, come si usa dire, della patria) che in certi paesi può tradursi nel servizio militare obbligatorio. Correlativamente tutti gli ordinamenti vietano e puniscono severamente il servizio militare del cittadino in forze armate straniere. Tra gli altri doveri dei cittadini si possono ricordare, in alcuni ordinamenti, il voto (che nella costituzione italiana è invece ambiguamente qualificato come dovere civico) e, in molti ordinamenti, lo svolgimento delle funzioni di giudice laico (ad esempio, di giurato o di giudice popolare nella corte d'assise italiana).

Vicende della cittadinanza

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Ogni ordinamento stabilisce le regole per l'acquisizione e la perdita della cittadinanza. In molti stati i princìpi al riguardo sono stabiliti a livello costituzionale, in altri invece, tra i quali l'Italia, la disciplina è interamente demandata alla legge ordinaria.

Modi di acquisizione della cittadinanza
Stati dove vige lo Ius Sanguinis (in blu) e la Leges Sanguinis (in giallo); in verde dove coesistono i due istituti.
Stati dove vige lo Ius soli in forma completa (blu scuro) e in forma moderata (azzurro). In India l'istituto è stato abolito a fine anni '80.
Stati dove vige la possibilità di acquisire la cittadinanza tramite investimenti.

La cittadinanza si può acquisire:

  • in virtù dello ius sanguinis (diritto di sangue), per il fatto della nascita da un genitore in possesso della cittadinanza (per alcuni ordinamenti deve trattarsi del padre, salvo sia sconosciuto);
  • in virtù dello ius soli (diritto del suolo), per il fatto di essere nato sul territorio dello Stato;
  • per il fatto di aver contratto matrimonio con un cittadino (in certi ordinamenti la cittadinanza può essere acquisita dalla moglie di un cittadino ma non dal marito di una cittadina); vi sono anche ordinamenti in cui il matrimonio non fa acquisire automaticamente la cittadinanza ma è solo un presupposto per la naturalizzazione;
  • per naturalizzazione (o per decreto o concessione), a seguito di un provvedimento della pubblica autorità, subordinatamente alla sussistenza di determinate condizioni (come, per esempio, potrebbero essere la residenza per un lungo periodo di tempo sul territorio nazionale, l'assenza di precedenti penali, la rinuncia alla cittadinanza d'origine, ecc.) o per meriti particolari. In molti ordinamenti, come in Italia, a sottolinearne la solennità, il provvedimento di concessione della cittadinanza è adottato, almeno formalmente, dal capo dello Stato.
  • in virtù dello "ius meriti", che consiste nell'acquisizione di cittadinanza in via eccezionale, conseguita in seguito al compimento di azioni eroiche
  • per lo "ius militiae", che consiste nell'acquisizione del diritto di cittadinanza dopo aver prestato un esteso servizio di tipo militare

La scelta fondamentale che si trovano a fare gli ordinamenti è quella tra ius sanguinis ed ius soli, avendo gli altri due istituti una funzione puramente integrativa. Lo ius sanguinis (o modello tedesco) presuppone una concezione oggettiva della cittadinanza, basata sul sangue, sull'etnia, sulla lingua (Johann Gottlieb Fichte). Lo ius soli (o modello francese) presuppone, invece, una concezione soggettiva della cittadinanza, come plebiscito quotidiano (Ernest Renan). Attualmente la maggior parte degli Stati europei adotta lo ius sanguinis, con la rilevante eccezione della Francia, dove vige lo ius soli fin dal 1515.

L'adozione dell'una piuttosto che dell'altra opzione ha rilevanti conseguenze negli stati interessati da forti movimenti migratori. Infatti, lo ius soli determina l'allargamento della cittadinanza ai figli degli immigrati nati sul territorio dello Stato: ciò spiega perché sia stato adottato da Paesi (Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, ecc.) con una forte immigrazione ed, al contempo, un territorio in grado di ospitare una popolazione maggiore di quella residente. Al contrario, lo ius sanguinis tutela i diritti dei discendenti degli emigrati, ed è dunque spesso adottato dai paesi interessati da una forte emigrazione, anche storica (diaspora: Armenia, Irlanda, Italia, Israele), o da ridelimitazioni dei confini (Bulgaria, Croazia, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Serbia, Turchia, Ucraina, Ungheria).

Cittadinanze multiple

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Può accadere che una persona acquisisca la cittadinanza dello Stato di origine dei genitori, dove vige lo ius sanguinis, e nel contempo quello dello Stato sul cui territorio è nata, dove invece vige lo ius soli. Queste situazioni di doppia cittadinanza possono causare inconvenienti (si pensi al caso di chi è obbligato a prestare servizio militare in entrambi gli Stati di cui è cittadino), sicché gli Stati tendono ad adottare norme per prevenirla, anche sulla base di trattati internazionali. Alcuni Stati, peraltro, non ammettono la doppia cittadinanza e stabiliscono che l'acquisizione della (nuova) cittadinanza presso uno Stato estero faccia automaticamente perdere quella originaria (è il caso del Giappone). In Italia invece, con la legge n.91/1992 "Il cittadino italiano che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana"[10].

Gli Stati che non consentono la doppia cittadinanza sono[11]:

La perdita della cittadinanza può essere prevista a seguito di rinuncia, di acquisizione della cittadinanza di altro Stato o di privazione per atto della pubblica autorità in conseguenza di gravissime violazioni.

La cittadinanza si può acquisire o perdere anche a seguito di trattati internazionali che trasferiscono una parte del territorio e la popolazione ivi residente da uno Stato all'altro.

In alcuni ordinamenti, come in quello argentino, non è possibile la rinuncia o la perdita della cittadinanza.

Idea tradizionale di cittadinanza

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La cittadinanza è la condizione che accomuna chi appartiene al popolo di un certo Stato. Ma in base a quali criteri si può dire che qualcuno appartiene a quello Stato? È lo Stato stesso che definisce i modi con cui si acquisisce la cittadinanza: dice cioè a quali condizioni un individuo può divenire cittadino di quello Stato. Questa è l'idea tradizionale di cittadinanza, in cui, come si vede, l'elemento centrale è l'autorità dello Stato: è lo Stato che stabilisce i requisiti per possedere o acquisire la cittadinanza. Tale visione nacque nel corso dell'Ottocento. In quell'epoca gli stati mettevano davanti a tutto l'ideale della <nazione>. Essa è la comunità di coloro che sono nati in uno stesso territorio e che hanno la stessa origine etnica, parlano la stessa lingua, condividono le stesse tradizioni, hanno la stessa medesima religione. Dunque, gli Stati-nazione ottocenteschi concedevano la cittadinanza solo a coloro che appartenevano, per nascita, alla nazione. Solo questi ultimi erano i cittadini.

Notabile è che la cittadinanza è un diritto/dovere, nessuno stato concede la rinuncia alla cittadinanza se non in favore della scelta di un’altra cittadinanza e solo in alcuni casi. Lo status di apolide non è quindi liberamente acquisibile. Questo dovere non ha motivazioni nell’appartenenza o nascita presso una comunità (nazione) in quanto lo stato non è sovrapponibile alla nazione.

Uguaglianza dei loro cittadini

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Nella visione ottocentesca, la nazione è molto più importante dei singoli individui che la compongono. Tuttavia gli Stati nazionali dell'Ottocento riconoscevano l'uguaglianza dei loro cittadini; affermano cioè che tutti i cittadini erano uguali di fronte alla legge, ma questo riconoscimento spesso era limitato ad aspetti formali. Nella pratica, gli Stati ottocenteschi concedevano il suffragio, cioè la possibilità di votare alle elezioni, solo a una minoranza di individui. Solo pochi cittadini (i benestanti, gli alfabetizzati, coloro che pagavano le tasse, ecc.) potevano votare ed essere eletti.

Ciò significa che, a quell'epoca, la massa di cittadini appartenenti alla nazione, erano esclusi dalla partecipazione alla vita politiche. In base ai criteri sviluppatesi nelle società occidentali nel secolo XX, si tratta di una visione poco democratica e non più accettabile

Lo stesso argomento in dettaglio: Cittadinanza italiana.

La cittadinanza italiana si acquisisce prioritariamente per nascita (ius sanguinis). Il 13 ottobre 2015 la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge di riforma della legislazione sulla cittadinanza; questa può essere acquisita:

  • se almeno uno dei genitori è cittadino italiano, senza il divieto di acquisire una doppia cittadinanza (o anche tripla).
  • se i genitori sono ignoti o apolidi o impossibilitati a trasmettere la cittadinanza del Paese di provenienza ai figli. Questo criterio è ispirato allo ius soli.[12][13]

Si acquisisce anche con decreto del Presidente della Repubblica, presentando richiesta a una prefettura: la concessione non è automatica, trattandosi di un provvedimento discrezionale. Ai fini della concessione, vengono favorevolmente valutate una lunga residenza stabile in Italia (almeno 10 anni), la dimostrazione di un reddito superiore al minimo di sussistenza, l'assenza di condanne penali, particolari circostanze di benemerenza (ad esempio il sostegno di associazioni benefiche o di volontariato), la stretta parentela con cittadini italiani. Si può diventare cittadini italiani anche per matrimonio con un cittadino/a italiano/a. In passato, la cittadinanza italiana si poteva acquisire anche prestando onorevole servizio volontario nelle Forze Armate italiane, circostanza venuta meno con l'abolizione del servizio militare obbligatorio.[14]

Oggi è in atto una proposta di legge (ius culturae) a favore del minore straniero che - nato in Italia o entrato in Italia prima di aver compiuto 12 anni - abbia frequentato regolarmente nel paese, per almeno 5 anni, uno o più cicli di formazione professionale idonei al conseguimento della qualifica professionale.[15]

Sono presenti in Parlamento numerose proposte di legge relative allo ius soli che hanno dato vita ad un lungo dibattito politico che si protrae da tempo.[16]

Nell'Unione europea

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Lo stesso argomento in dettaglio: Cittadinanza dell'Unione europea.

La cittadinanza dell'Unione europea è stata istituita dal Trattato di Maastricht del 1992. Con l'acquisizione della cittadinanza di un paese facente parte dell'Unione europea si acquista, automaticamente, anche la cittadinanza europea. Completa e non sostituisce la cittadinanza statale.

In altri Paesi

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  1. ^ U. Pomarici, Filosofia del diritto - Concetti fondamentali, Giappichelli editore, Torino, 2007, pp.42-44
  2. ^ T.H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale, Utet, Torino, 1976
  3. ^ L.G. Baglioni, Sociologia della cittadinanza, Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2009, pp.27-47
  4. ^ Emily A. Schultz e Robert H. Lavenda, Antropologia culturale, 2021, IV edizione, pag. 399, Zanichelli, ISBN 978 88 08 62032 3
  5. ^ Lessico e definizioni giuridiche e sociologiche relative alle migrazioni. Lezioni universitarie 2010-2011[collegamento interrotto]
  6. ^ Stephen Castles, Undestanding Global Migration: a social transformation perspective (2009)
  7. ^ Emily A. Schultz e Robert H. Lavenda, Antropologia culturale, 2021, IV edizione, pag. 468, Zanichelli, ISBN 978 88 08 62032 3
  8. ^ Trattato de' doveri generali del suddito verso il principe, Venezia, Paolo Colombani, 1760.
  9. ^ (EN) 8 U.S. Code § 1408. Nationals but not citizens of the United States at birth, su Cornell Law School. URL consultato il 12.05.2019.
  10. ^ http://www.esteri.it/mae/doc/l91_1992.pdf
  11. ^ https://www.cittadinanza.biz/gli-stati-che-non-permettono-la-doppia-cittadinanza/
  12. ^ Cittadinanza, su interno.gov.it, 7 giugno 2019.
  13. ^ Cittadini senza cittadinanza, SEB 27, Torino, LAISSEZ PASSER, 2018, pp. 80-83.
  14. ^ In quanto uno dei requisiti fondamentali, al fine dell'arruolamento come volontario nelle FF.AA., è essere cittadino italiano
  15. ^ Paolo Morozzo della Rocca (a cura di), Immigrazione, asilo e cittadinanza, III edizione, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2018, p. 388.
  16. ^ Roberta Ricucci, Cittadini senza cittadinanza, SEB 27, Torino, 2018, pp. 78-83.
  • Lorenzo Grifone Baglioni, Sociologia della cittadinanza - Prospettive teoriche e percorsi inclusivi nello spazio sociale europeo, Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2009
  • Ulderico Pomarici, Filosofia del diritto - Concetti fondamentali, Giappichelli editore, Torino, 2007
  • Dimitry Kochenov, Citizenship, MIT press, 2019.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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