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Otto Hintze

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Otto Hintze tiene un discorso nell'auditorium dell'Università di Berlino

Otto Hintze (Pyritz, 27 agosto 1861Berlino, 25 aprile 1940) è stato uno storico tedesco.

Docente all'università Humboldt di Berlino dal 1889, dal 1910 fu membro della commissione editoriale degli Acta Borussica.[1] È considerato il fondatore dello storicismo comparato.

Hintze si dedicò soprattutto allo studio approfondito delle differenze tra i sistemi istituzionali e, in particolare, ai caratteri distintivi della costituzione tedesca rispetto a quelle caratteristiche di altre monarchie del continente, ormai nettamente avviate nella direzione del riconoscimento della preponderanza dell'istituto parlamentare all'interno del sistema costituzionale. «Anche in Germania» scriveva Hintze[2] «esiste una tendenza al passaggio dal sistema monarchico a quello parlamentare». E, tuttavia, visto dalla prospettiva non solo di paesi repubblicani, come la Francia, ma anche da quella di paesi anch'essi a loro volta monarchici, quello tedesco pareva configurarsi come «una specie di costituzionalismo zoppicante, come uno stadio di sviluppo incompiuto della vera Costituzione rappresentativa». Ciò derivava dal fatto che la Costituzione tedesca accordava al «principio monarchico la prevalenza nei confronti della rappresentanza popolare». Secondo Hintze, il quale reputava queste caratteristiche di fatto illiberali pienamente congruenti con i tratti fondamentali non solo della tradizione storica del proprio paese, ma anche della "geografia" stessa della Germania, paese condannato dalla propria collocazione spaziale a tenersi sempre pronto a disporsi in assetto di guerra rispetto alla minaccia occidentale (la Francia) e quella orientale (la Russia), l'impero tedesco era da intendersi in primo luogo come uno Stato militare. Di fronte a questo dato di fatto era naturale che la volontà dei cittadini venisse assoggettata a quella delle autorità superiori: «Da noi, l'antico Stato autoritario, sorto con e dal sistema di guerra, ha mantenuto il comando ed è orientato a subordinare i conflitti di classe sociali all'interesse dello Stato»: l'interesse dello Stato, dunque, garantito dal monarca e pensato come unitario, contro quello dei cittadini, considerati come fatalmente disarmonici e conflittuali al proprio interno; ma anche, al tempo stesso - come logica conseguenza della supremazia costituzionale del primo - la virtuale metamorfosi dei secondi in sudditi, specialmente nell'eventualità di quel particolare stato d'eccezione che coincideva con la guerra.

In tal senso, pur nella cornice di un sistema liberale, nella misura in cui esso accordava ai propri cittadini l'esercizio delle principali libertà civili e politiche, la Germania (e in particolare il suo cuore pulsante, la Prussia, che ne rappresentava i cinque sesti tanto della superficie quanto della popolazione), scriveva Hintze (ibid.) andava considerata come uno

«Stato militare [...] costretto dalla situazione politica generale a rimanerlo a tempo indeterminato. La collettività popolare non s'esprime da noi in una forma politica unitaria. Il popolo in armi è organizzato secondo pure forme monarchiche [...] Dal momento che la Costituzione di guerra costituisce la spina dorsale dell'organizzazione dello Stato, la rappresentanza della società civile, cioè il Parlamento, non può mai giungere ad avere un influsso dominante nello Stato.»

Va da se che, una volta concepito come «popolo in armi», il "popolo delle urne", altrove protagonista della trasformazione in senso democratico dell'Europa, tendeva, nel caso tedesco, a venire risucchiato in una zona d'ombra, mentre la sua proiezione diretta in sede istituzionale - i partiti protagonisti della vita parlamentare - in un sistema costituzionale zoppo erano a loro volta condannati a restare mezzi muti:

«Mentre nel sistema parlamentare governano i partiti direttamente, nel sistema monarchico-costituzionale essi esercitano al più un'influenza, che deve ricorrere al tramite del ministero del re per diventare effettiva [...] Da noi il governo si contrappone ai partiti, principalmente per il fatto che esso e il rappresentante degli interessi dello Stato, mentre i partiti sono i rappresentanti degli interessi particolari di singole classi sociali, settori professionali ed economici, parti del paese, comunità religiose e così via.»

Per Hintze, nella prospettiva di un sempre possibile stato di guerra, era insomma necessario che l'unità dello Stato - di per sé inconciliabile con la naturale disunione della società civile e delle proiezioni parlamentari di quest'ultima - fosse messa al sicuro facendo ricorso al principio della certezza e della insindacabilità del comando, e che il complesso dell'autorità statale risultasse affidato alle salde e, all'occasione, autoritarie mani del monarca, capaci di renderlo impermeabile alle sollecitazioni disgreganti emergenti dall'arena parlamentare.

  1. ^ Pombeni (2010), p. 151.
  2. ^ Hintze (1980), pp. 27-43.
  • Otto Hintze, Il principio monarchico e il regime costituzionale, in P. Schiera (a cura di), Stato e società, Bologna, Zanichelli, 1980 [1911], pp. 27-49.
  • Paolo Pombeni, Otto Hintze, la storia, gli idealtipi e le categorie, in Contemporanea, vol. 13, n. 1, 2010, pp. 151-155, JSTOR 24653286.

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