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Collezione Torlonia

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Stemma della famiglia Torlonia nel casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma
Giovanni Raimondo Torlonia ritratto nel busto di Thorvaldsen a Copenaghen
Alessandro Raffaele Torlonia

La collezione Torlonia è una collezione d'arte nata nell'Ottocento e appartenente in parte (la sezione di antichità) ancora alla famiglia Torlonia di Roma.

Nata sotto gli anni di dominazione napoleonica a Roma come una delle più grandiose collezioni europee del XIX secolo, sia per qualità che per quantità delle opere, rappresenta di fatto l'ultima collezione in ordine cronologico tra quelle delle grandi famiglie romane che hanno caratterizzato il mecenatismo del XVI-XVII e XVIII secolo.[1]

Composta sia da opere pittoriche che da reperti di antichità, la sua rilevanza la deve proprio a quest'ultimo ambito, avendo la famiglia acquistato interi lotti di alcune delle principali raccolte archeologiche di Roma, su tutte quella della collezione Giustiniani.

Dopo che gran parte della quadreria fu smembrata nel corso della seconda metà dell'Ottocento, 382 opere, tra le principali del catalogo, vennero donate nel 1892 allo Stato italiano e da lì confluite alla Galleria nazionale d'arte antica di palazzo Barberini a Roma, mentre i 620 pezzi della raccolta di antichità sono rimasti di proprietà degli eredi della famiglia trovando collocazione nella storica villa familiare di porta Salaria, di cui la Fondazione Torlonia ne cura la conservazione, la gestione e gli interessi.[2]

Il contesto storico e la famiglia Torlonia

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Durante gli anni della Repubblica francese di fine XVIII secolo, le gravose tasse imposte dai nuovi regnanti su Roma costrinsero le famiglie nobiliari locali a ricercare denaro liquido per fronteggiare a tutte le spese.[3] Questo comportò per molte di queste famiglie la vendita nel mercato d'arte di svariate opere delle proprie collezioni artistiche. La sorte toccò pressoché quasi tutte le grandi casate romane del tempo: Borghese, Giustiniani, Ludovisi, Barberini, Chigi, Mattei, Spada, Albani e altre.

Ne conseguì a questi fatti la nascita di nuove collezioni d'arte europee detenute da famiglie legate più o meno direttamente a quella Bonaparte, tra le quali vi furono i filo-francesi Torlonia.[3]

Il capostipite della famiglia Torlonia a Roma, chiamata originariamente Tourlonias, proveniente dall'Alvernia, era Giovanni Raimondo, banchiere della corte di Monaco.[3] L'uomo ottenne le fortune in campo finanziario anche grazie ai legami che ebbe con l'ambiente papale, divenendo il dominus delle forniture pubbliche papaline una volta che i francesi lasciarono Roma.

La collezione di Giovanni Raimondo Torlonia (1800-1829)

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In campo mecenatistico Giovanni Raimondo, dopo una fase iniziale dedicata al commercio di sculture antiche, si avviò a creare per la sua famiglia una proprio collezione artistica che potesse testimoniare l'ascesa sociale intrapresa.[3]

Incisione con il palazzo Torlonia (a sinistra) di piazza Venezia, Roma (non più esistente)

Durante il primo decennio francese Giovanni Raimondo Torlonia fece incetta di opere delle collezioni romane. La collezione Torlonia divenne dunque una delle più grandi e importanti della città, assorbendo lotti di gran parte delle principali collezioni nobiliari cittadine.[3] Inizialmente questa trovò custodia all'interno del palazzo familiare di piazza Venezia, comperato nel 1807 da Giovanni, che ne finanziò il restauro e l'arricchimento degli arredi interni, che durarono fino agli anni '30 del XIX secolo, quindi dopo la sua morte.

Casino Nobile di villa Torlonia in via Nomentana, Roma

Il consulente per la costituenda quadreria fu Giuseppe Valadier che, vista l'impossibilità del suo signore di poter competere con le famose collezioni romane già collaudate, suggerì di reperire opere non solo a Roma, ma anche in altre città nazionali ed europee.[4] I primi acquisti avvennero nelle aste tenute a Roma nel 1804 (cosiddetta vendita Bristol) e nel 1806 (cosiddetta vendita Bonelli), dove il banchiere riuscì ad accaparrarsi quadri che però erano considerati "minori" in quanto a importanza, poiché non erano di scuola italiana, bensì di scuola fiamminga, incentrati per lo più su ritratti o paesaggi del XVII secolo, oppure copie di altri quadri già famosi.[4]

Giuseppe Valadier nel frattempo fu incaricato anche di ristrutturare il palazzo nella Vigna Colonna a via Nomentana, acquistata già nel 1797, dove tra il 1802 e il 1806 ampliò il casino Nobile, mentre Domenico Del Frate eseguì alcuni dipinti e Antonio Canova dei bassorilievi in gesso.

Negli anni successivi, il reperimento di opere fu attuato mediante l'acquisto massiccio di quadri direttamente dalle nobili famiglie romane, che per motivi di carenza di liquidità si trovavano a dover alienare parte delle loro ricchezze.

Da Odoardo Valenti Gonzaga, V marchese di Montilio, il banchiere Torlonia acquistò tra il 1808 e il 1809 un grosso gruppo di opere provenienti dalla collezione del prozio cardinale Silvio Valenti Gonzaga, composto da 44 opere, tra cui alcuni dei principali pezzi della raccolta.[3] Tra questi vi furono il dipinto di Giuliano Bugiardini con Leone X e i due cardinali Giulio de' Medici e Innocenzo Cybo, l'Autoritratto di Orazio Borgianni,[5] la copia del Compianto su Cristo morto di Ribera, i due ritratti di Johannes Cornelisz Verspronck, uno di dama e l'altro di uomo, quello di Louis Cousin col Ritratto del marchese Giacomo Antonio Barthos, vicerè di Milano, quello di Bartolomeo Manfredi del Bacco e bevitore, la Maddalena copia dal Correggio, il tabernacolo con la Pietà del Carracci, il Ritratto del cardinal Ricci di Scipione Pulzone, il Ritratto di Baldassarre Castiglione (copia da Raffaello con varianti) attribuito a Giulio Romano la Crocifissione di Simon Marmion, e altri.

Guercino, San Girolamo che sigilla la lettera

Dalla famiglia Guerrieri, eredi della collezione di Cassiano dal Pozzo, avvenne l'acquisto da parte del Torlonia di un altro blocco di dipinti, tra cui il Ritratto di Cassiano dal Pozzo senior di Bernardino Lanino e la Buona ventura e l'Allegoria della pittura di Simon Vouet.[6] Altre opere pervennero invece dalle case Colonna, Altieri, Albani, Santacroce, Falonieri e altre.[4]

Hans Holbein il Giovane, Ritratto di Enrico VIII

Nel 1814 venne redatto da Gaspare Landi il primo inventario della collezione, che era formalmente intestata a Giuseppe Torlonia, fratello e prestanome di Giovanni, principalmente disposta (sia quadreria che marmi antichi) nel palazzo di piazza Venezia.[4] Nel 1817-1821 viene invece redatto un secondo inventario da Giuseppe Antonio Guattani[3] che fotografa la collezione sempre all'interno di palazzo Torlonia a piazza Venezia e che aggiunge rispetto al primo alcune opere che testimoniano la crescita qualitativa della raccolta, ossia vedute del Canaletto, opere del Guercino e una considerevole serie di paesaggi e di ritratti di Hans Holbein il Giovane, Bartolomeo Veneto e Giovanni Bernardo Carbone.[4] Al primo piano del palazzo risultava collocato inoltre il gruppo dell'Ercole e Lica di Antonio Canova, il cui progetto fu acquistato già nel 1800 per 18.000 scudi ma venne completato solo nel 1815.[7]

Se la quadreria fu da sempre sottovalutata per quel che concerne il prestigio delle opere, la raccolta che assurse già dal principio a nucleo fondamentale della collezione fu rappresentato invece dalla quella di marmi antichi.

Il primo insieme di opere antiche nella collezione risale al 1800, quando tramite asta pubblica entrò nel patrimonio Torlonia la collezione dello scultore Bartolomeo Cavaceppi, il più illustre restauratore di marmi antichi del Settecento,[8] a cui si affiancheranno successivamente una serie di acquisizioni delle maggiori collezioni patrizie romane (Cesarini, Albani e Giustiniani) e diversi rinvenimenti dagli scavi archeologici condotti nelle terre di proprietà della famiglia (Tenuta Roma Vecchia, Porto, Cures e altre).

Nel primo decennio una parte dei bronzi della collezione Albani provenienti in gran parte da Tivoli che furono del cardinale Alessandro vennero comperati da Giovanni Raimondo direttamente dal pronipote erede Carlo Francesco Albani.

Hestia Giustiniani

L'acquisto più importante fu tuttavia il nucleo centrale delle sculture d'antichità della collezione Giustiniani.[9] Nel 1819 avvenne la cessione a titolo di garanzia di un debito che la famiglia Giustiniani aveva nei confronti dei Torlonia, pari a circa 33.600 scudi.[10][11] Furono circa 267 le opere antiche trasferite a Giovanni Torlonia, che però per vicissitudini burocratiche saranno consegnate ad Alessandro Torlonia solo intorno al 1856.[12]

Per nobilitare la famiglia Torlonia Giovanni cominciò a comprare, mentre acquisiva terre (per estensione dei loro possedimenti la famiglia era seconda in quel momento solo alla casa Borghese), palazzi e opere d'arte, anche alcuni dei relativi titoli nobiliari: nel 1803 il ducato di Bracciano e la contea di Pisciarelli dagli Odescalchi,[13] nel 1809 il marchesato di Roma Vecchia dai Massimo e Turrita, nel 1820 i ducati di Poli e Guadagnolo dai Conti, nel 1822 Capo di Monte, Morata e Bisenzio dal principe Stanislao Poniatowski. Intanto papa Pio VII lo nominò nel 1809 Nobile Romano e Nobile di Viterbo e nel 1814 primo principe di Civitella Cesi (titolo di Princeps Romanus appositamente creato), acquistato dai Pallavicini.

Nel 1829 Giovanni Raimondo muore, pertanto la proprietà dei suoi beni si trasferisce al figlio Alessandro Raffaele.

La collezione sotto Alessandro Raffaele Torlonia (1829-1886)

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In prima istanza Alessandro seguì i lavori progettati dall'architetto Giovanni Battista Caretti e finanziati in precedenza dal padre Giovanni Raimondo Torlonia per il palazzo di piazza Venezia, dov'era disposta gran parte della collezione (sia quadreria che di antichità) e trasferì la propria residenza lasciando quella del palazzo in via della Conciliazione.[14] L'apparato decorativo interno vide interventi ad affreschi eseguiti da Francesco Podesti mentre altri apparati scultorei furono del Canova, Thorvaldsen, Tenerani, Cognetti e Diofebi.

Incisione con la villa Albani Torlonia di porta Salaria, Roma (ancora esistente)

Nel 1832 Alessandro seguì anche gli interventi del casino Nobile di villa Nomentana, dove fece aggiungere un pronao con loggia all'ingresso e inoltre affidò ancora a Francesco Podesti la decorazione ad affresco della sala di Bacco, dove dipinse il Mito di Bacco, le Quattro stagioni e i Tre continenti.[15]

Non particolarmente attento alle dinamiche collezionistiche, Alessandro contravvenendo alle disposizioni testamentarie del padre e dietro suggerimento di Jean Baptiste Wicar, vendette più di 1.300 dipinti ritenuti di scarso valore tra il 1832 e il 1837.[4] Nel 1834 vennero invece rinvenute altre opere antiche durante le operazioni di scavo nei feudi di proprietà della famiglia, come quelli a Roma Vecchia, negli Orti Cesarini, a Vulci, Musignano, Cecchignola, Torricola e Porto.

Con l'aggiunta di alcune opere marginali, la quadreria Torlonia del palazzo romano di piazza Venezia arrivò a contare 352 quadri nel 1855.[4] Un anno dopo furono invece consegnate le 267 opere antiche già Giustiniani acquistate dal padre Giovanni nel 1819. Gran parte dei pezzi confluirono quindi nelle raccolte della famiglia e vennero collocate in svariate residenze romane, tra cui alcuni dei più rilevanti del catalogo delle antichità romane[16] come l'Hestia Giustiniani, l'Apollo con la pelle di Marsia, il busto del Satiro ebbro, quello di Eutidemo di Battriana, l'Ercole con la pelle del leone e altre ancora (conservate principalmente nel palazzo Torlonia alla Lungara, preso in affitto in quegli anni dalla famiglia Corsini prima di comperarlo nel 1864).[1]

Tra le diverse proprietà immobiliari dissipate a Roma, si aggiunse quella che i Castelbarco-Albani, coeredi della collezione Albani, vendettero nel 1866 ad Alessandro Raffaele, ossia la storica villa di porta Salaria, comprensiva nella trattativa di circa 170 dipinti più un cospicuo numero di reperti d'antichità.[17] Fuori città il banchiere acquistò invece nel 1862 un casino di pesca su via Mergellina a Napoli utilizzato da Ferdinando IV di Borbone riadattandolo a palazzo nobiliare e ancora nel 1875 venne costruita dalla famiglia la dimora di Avezzano, in Abruzzo, dove Alessandro trascorse gran parte della sua vita e di cui sarà insignito col titolo di primo principe del Fucino assegnatogli anche in segno di riconoscenza per le svariate opere di bonifica fatte sul territorio.

Palazzo Torlonia, Avezzano

La collezione Torlonia assunse in questo momento, nonostante la grande dismissione di opere pittoriche avviata da Alessandro, una dimensione considerevole. Sul finire dell'Ottocento la collezione vantava un numero importante di marmi antichi; nacque così nel 1875 per volere del principe Alessandro Torlonia il progetto di fondare un Museo di scultura antica riutilizzando un magazzino di granaglie su via della Lungara, nei cui ambienti le opere vennero ordinate e catalogate per essere offerte all'ammirazione di piccoli gruppi di visitatori.

Antonio Canova, Ercole e Lica

Furono circa 517 le sculture antiche esposte al momento della sua fondazione del "museo" alla Lungara.[1] Pochi anni dopo le opere raggiunsero il numero di 620, quando vennero riprodotte da Carlo Ludovico Visconti[18] in uno dei primi esempi di catalogo fotografico di una collezione di antichità (I Monumenti del Museo Torlonia riprodotti con la fototipia, 1884-85), con l'osservazione che nel frattempo il loro numero sarebbe aumentato ancora, arrivando poi a 620 pezzi.[19][20]

La quadreria romana era invece composta da circa un magliaio opere, tra quelle che furono di Giovanni, quelle nuove acquistate da Alessandro e altre tenute dallo zio Giuseppe Torlonia. Nel 1886 Alessandro muore e pertanto la collezione, su cui Giovanni non appose mai un vincolo di maggiorasco né tanto meno un fidecommesso, fu ereditata dalla figlia Anna Maria Torlonia.

La collezione sotto Anna Maria Torlonia e la donazione allo Stato del 1892

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In cambio dell'abolizione di un vincolo al palazzo di piazza Venezia, nel 1892 Anna Maria Torlonia trovò l'accordo con lo Stato italiano di donare 382[21] pezzi della collezione più una decina di sculture moderne (tra cui il gruppo dell'Ercole e Lica di Antonio Canova), in esecuzione di una precedente volontà testamentaria del nonno Giovanni Raimondo che, alla sua morte, avrebbe voluto che la propria raccolta fosse fruibile al pubblico.[4][7] Per raggiungere la cifra stabilita occorrerà mettere insieme circa 310 quadri della collezione di Alessandro e una settantina che furono di Giuseppe dissipate tra le varie residenze familiari romane, nonostante gravasse una lite giuridica avanzata da altri eredi Torlonia che rivendicavano la quota di 1/10 della collezione dell'uomo.[4] Infine, cinquantuno opere inizialmente selezionate per la donazione allo Stato furono per volontà dei Torlonia stessi lasciate in possesso alla famiglia e sostituite da altre della collezione.[22]

La donazione della quadreria fu destinata alla Galleria nazionale d'arte antica di Roma, con sede a palazzo Corsini alla Lungara, di cui una parte confinata nei depositi del museo, mentre un'altra affidata all'arredo degli uffici di rappresentanza dello Stato italiano poiché le pitture vennero considerate sin dall'origine di poco valore artistico.[3][4]

Palazzo Torlonia alla Lungara, Roma

Con la morte di Anna Maria nel 1901, la raccolta di antichità (l'unica rimasta intatta dell'originaria collezione) fu trasferita alla gestione dei figli Giovanni e Carlo Torlonia. Il palazzo di piazza Venezia venne demolito nel 1903 per rendere simmetrica e più ampia la piazza in cui stava sorgendo il Vittoriano. Prima della demolizione, alcune decorazioni e affreschi delle pareti del palazzo furono fotografate e trasferite al Museo di Roma a Palazzo Braschi, mentre i mobili furono venduti. La collezione di antichità disposta nel palazzo alla Lungara fu invece ricollocata tra le varie residenze familiari romane.

La residenza di Avezzano fu ricostruita per volontà dei fratelli Giovanni e Carlo Torlonia a seguito del terremoto della Marsica del 1915 e inaugurato dieci anni dopo.[23] Nel 1923 i due fondarono poi la banca del Fucino, a testimonianza del continuo successo economico familiare (che poi sarà venduta dagli eredi nel 2018).[24]

Palazzo Torlonia in via della Conciliazione, Roma

Durante la seconda guerra mondiale la villa a Nomentana fu data in concessione a Benito Mussolini che vi risiedette nel casino Nobile, mentre su richiesta del Ministero (Regia Soprintendenza alle Antichità di Roma) venti pezzi antichi vennero trasferiti a villa Albani in quanto luogo più sicuro, i quali successivamente quegli stessi pezzi verranno poi sistemati nel cortile di palazzo Torlonia in via della Conciliazione. Negli anni '50, ancora per ragioni di sicurezza dovute al periodo di agitazioni post-belliche, sempre su richiesta del Ministero, la collezione fu raccolta nuovamente al palazzo Torlonia alla Lungara, in alcuni ambienti protetti al piano terra.

A partire dagli anni '60 del Novecento due progetti museali (Moretti 1963 e Sciarrini 1987) furono proposti dal principe Alessandro Torlonia, figlio di Carlo, per ospitare in maniera permanente la collezione di antichità, con la creazione del Museo Torlonia adiacente alla villa Albani. Un terzo progetto museale datato 1991 fu proposto in accordo con il Mibac; tuttavia nessuno di questi vide mai la realizzazione per ragioni tecnico-amministrative legate a mancati accordi tra la proprietà e il ministero. Il principe Alessandro costituì dunque la Fondazione Torlonia con lo scopo di preservare e promuovere la collezione familiare, composta da un complesso di marmi antichi tra i più significativi al mondo, equiparabili per importanza alle collezioni capitoline o vaticane.

Patrizio Torlonia

Nel 2016 fu firmato uno accordo tra la Fondazione ed il Ministero per i beni le attività culturali e per il turismo che ha sancito l'inizio del percorso di istituzionalizzazione della collezione: la prima esposizione di una selezione rappresentativa di opere, la pubblicazione di un nuovo catalogo e la creazione di un nuovo Museo Torlonia aperto stabilmente al pubblico.

Se gran parte della quadreria fu smembrata sul finire dell'Ottocento e in parte donata allo Stato italiano, con i pezzi oggi custoditi dalla Galleria nazionale d'arte antica di Roma, e in parte venduta nel mercato o rimasta nelle disponibilità degli eredi, la collezione di antichità, nota come la più importante collezione privata d'arte antica a livello mondiale, resta invece tutt'oggi integra e custodita ancora nella proprietà familiare di villa Albani Torlonia, tra le più alte espressioni di architettura neoclassica.

Il nucleo conta circa 620 marmi (lo stesso numero delle riproduzioni del Visconti del 1885) riuniti durante tutti il XIX secolo e provenienti essenzialmente da quattro aree, ossia dalla collezione Albani, da quella di Bartolomeo Cavaceppi, dalla collezione Giustiniani, di cui si registrano ben 175 pezzi, e dagli scavi sui possedimenti Torlonia o da acquisizioni varie.[10][11] Tra le opere più importanti della collezione[25][26] si annoverano la cosiddetta Fanciulla di Vulci, il cosiddetto Patrizio Torlonia, l'Hestia Giustiniani, la Pallade, la colossale Testa di Apollo, due esemplari dell'Eirene, l'Afrodite Anadiomene, l'Atleta, il Diadumeno, il ritratto noto come Eutidemo di Battriana, il rilievo di Portus con la rappresentazione degli edifici, delle navi, delle divinità protettrici e della vita commerciale dell'antico porto di Roma, il cratere con simposio bacchico detto Tazza Cesi (già passato agli Albani), pregevoli sarcofagi, come quello delle fatiche di Ercole e quello singolare di un'accolta di dotti a grandi figure e infine la serie di un centinaio di busti, in maggior parte imperiali.

Elenco delle opere (non completo)

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Provenienza Albani:

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Vaso (o cratere) con le fatiche di Ercole (cosiddetta Tazza Albani)
Vaso (o cratere) con scene bacchiche (cosiddetta Tazza Cesi)
  • Busto di Adriano, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Busto di Caracalla, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Busto di Tito, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Busto di Vespasiano, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Busto maschile (cosiddetto Albino), marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Gruppo di due guerrieri, I secolo d.C., marmo pentilico e marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Rilievo con scene di bottega, II secolo d.C., marmo proconnesio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (precedentemente Giustiniani)
  • Rilievo con Eracle, Teseo e Piritoo, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Statua del dio Nilo, 70-100 d.C., marmo grigio, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma (precedentemente Barberini)
  • Statua di Ulisse sotto il montone, seconda metà del I secolo d.C., marmo lunense, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Vasca, granito, porfido e marmo, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Vaso (o cratere) con foglie d'acanto, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Vaso (o cratere) con le fatiche di Ercole (cosiddetta Tazza Albani), 50-25 a.C., marmo pentelico e granito orientale (la base), collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma
  • Vaso (o cratere) con scene bacchiche (cosiddetta Tazza Cesi), 100 a.C. circa, marmo bianco, collezione Torlonia presso la Fondazione omonima di villa Albani a porta Salaria, Roma

Provenienza Bartolomeo Cavaceppi:

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Venere Cesarini

Provenienza Giustiniani:

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Statua di Afrodite accovacciata (vista su entrambe le versioni)
Statuetta di Apollo con la spoglia di Marsia (sx) e Marsia scorticato (dx)
Statua di caprone

Provenienza scavi sui feudi Torlonia o altre acquisizioni:

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Statua di Germanico

Dipinti e sculture[27]

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Pietro Perugino, Polittico Albani

Provenienza Albani:

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Simon Vouet, Buona ventura

Provenienza Cassiano dal Pozzo:

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Provenienza Valenti Gonzaga:

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Bartolomeo Passerotti, Suonatore di zufolo (allegoria dei sensi)

Provenienza committenza Torlonia o altre acquisizioni:

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Cesare Gennari, Allegoria della pittura
Tiziano, Venere e Adone

Albero genealogico degli eredi della collezione

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Segue un sommario albero genealogico degli eredi della collezione Torlonia, dove sono evidenziati in grassetto gli esponenti della famiglia che hanno ereditato, custodito, o che comunque sono risultati influenti nelle dinamiche inerenti alla collezione d'arte. Per semplicità, il cognome Torlonia viene abbreviato a "T.".

 Marin Tourlonais
(1725-1785)
 
   
 Giovanni Raimondo T.
(1754-1829)
(I principe di Civitella Cesi)
 Giuseppe T.
(?-?)
...e altri fratelli/sorelle
  
    
Marino T.
(1796-1865)
(I duca di Poli e di Guadagnolo; acquistò nel 1842 il palazzo Núñez-Torlonia in Campo Marzio a Roma)
 Alessandro Raffaele T..
(1800-1886)
(II principe di Civitella Cesi e I principe del Fucino)
...e altri 2 fratelli/sorelle
[...]
  
   
[...]
Anna Maria T.
(1855-1901)
(sposata con Giulio Borghese, ex uxor II principe del Fucino da cui nacque il ramo Torlonia-Borghese; nel 1892 dona 382 opere più una decina di sculture allo Stato italiano)
Giovanna Carolina T.
(1856-1875)
 
  
 Giovanni
(1873-1938)
(III principe del Fucino)
Carlo
(1874-1947)
(I principe di Canino)
 
  
Alessandro T.
(1925-2017)
(principe Torlonia, principe del Fucino, principe di Canino e di Musignano, duca di Ceri, marchese di Romavecchia)
...e altre 2 sorelle
 
 
[...]
(la sua linea resta titolare della collezione di 620 pezzi di antichità conservati a villa Albani a porta Salaria)
  1. ^ a b c Salvatore Settis e Carlo Gasparri, 2021, pp. 20-29
  2. ^ Federico Castelli Gattinara, Collezione Torlonia, c'è l'accordo, in Il Giornale dell'Arte, Società Editrice Umberto Allemandi S.r.l., 4 febbraio 2016. URL consultato il 7 settembre 2016.
  3. ^ a b c d e f g h Ritratto di una collezione: Pannini e la Galleria del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, Skira, 2005, pp. 53-56, ISBN 978-88-7624-328-8.
  4. ^ a b c d e f g h i j Lorenza Mochi Onori e Rossella Vodret, Galleria Nazionale d'Arte Antica: Palazzo Barberini, i dipinti ; catalogo sistematico, L'Erma di Bretschneider, 2008, pp. 19-20, ISBN 978-88-8265-351-4.
  5. ^ Al tempo indicato come scuola di Ludovico Carracci.
  6. ^ I segreti di un collezionista: le straordinarie raccolte di Cassiano dal Pozzo 1588 - 1657 ; Roma, Galleria nazionale d'arte antica, Palazzo Barberini, 29 settembre-26 novembre 2000, Edizioni De Luca, 2000, pp. 193-195, ISBN 978-88-8016-369-5.
  7. ^ a b (EN) Ercole e Lica scena mitologica scultura, 1795 - 1815, su catalogo.beniculturali.it. URL consultato il 4 dicembre 2024.
  8. ^ Nella sua collezione vi erano opere provenienti dalle collezioni Cesarini, Caetani, Pio di Carpi ecc.
  9. ^ Quivi è conservata una statua virile, creduta un Meleagro, con la testa copia di un atleta vincitore, citata nei Comptes rendus bibliographiques, Revue archéologique 2005/1 (nº 39), p. 428, come già ospitata a palazzo Giustiniani.
  10. ^ a b La collezione Giustiniani, collana Saggi, II volume, Einaudi, 20, pp. 521-522, ISBN 978-88-370-2079-8.
  11. ^ a b Archivio Giustiniani di Roma - Progetto Imago II (PDF), su cflr.beniculturali.it, pp. 9-10. URL consultato l'11 ottobre 2021 (archiviato dall'url originale il 7 marzo 2023).
  12. ^ La collezione Giustiniani, collana Saggi, I volume, Einaudi, 20, pp. XCVII-CII, ISBN 978-88-370-2079-8.
  13. ^ Possedimenti poi riacquistati da Livio V Odescalchi nel 1848.
  14. ^ Salvatore Settis e Carlo Gasparri, 2021, p. 39
  15. ^ Musei di Villa Torlonia, Sala di Bacco, su museivillatorlonia.it, Musei in Comune, 2006..
  16. ^ Collezione Torlonia, su Fondazione Torlonia. URL consultato il 9 ottobre 2021.
  17. ^ Maria Barbara Guerrieri Borsoi, La quadreria Albani a Roma al tempo di Clemente XI, collana Storia/Arte, Gangemi Editore spA International, 2018, p. 26, ISBN 978-88-492-3695-8.
  18. ^ Figlio di Porto Ercole Visconti.
  19. ^ Arachne, su arachne.dainst.org. URL consultato il 3 dicembre 2024.
  20. ^ Arachne, su arachne.dainst.org. URL consultato il 3 dicembre 2024.
  21. ^ Gazzetta Ufficiale, su www.gazzettaufficiale.it. URL consultato il 3 dicembre 2024.
  22. ^ Artwork | Gallerie Nazionali Barberini Corsini, su barberinicorsini.org. URL consultato il 5 dicembre 2024.
  23. ^ Il palazzo Torlonia, su terremarsicane.it, Terre Marsicane, 18 ottobre 2011. URL consultato il 19 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 22 dicembre 2016).
  24. ^ Vendita Banca del Fucino, guerra legale tra i principi Torlonia: indaga la procura di Roma, su Roma Fanpage, 26 febbraio 2024. URL consultato il 4 dicembre 2024.
  25. ^ Maraina81, Dieci capolavori della Collezione Torlonia (per cui bisogna visitare la mostra ai Capitolini), su Generazione di Archeologi, 15 gennaio 2021. URL consultato il 17 gennaio 2023.
  26. ^ Il “classico” come materia prima: i Marmi Torlonia, su Dattiloteca, Davide G. Aquini, 24 ottobre 2020. URL consultato il 17 gennaio 2023.
  27. ^ Catalogo | Gallerie Nazionali Barberini Corsini, su barberinicorsini.org. URL consultato il 3 dicembre 2024.
  28. ^ La testa del cardinale De Rossi è sostituita a quella di Cybo.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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