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La corruzione

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La corruzione
Adriana (Rosanna Schiaffino) nel trailer
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1963
Durata83 min
Dati tecniciB/N
Generedrammatico
RegiaMauro Bolognini
SoggettoUgo Liberatore
SceneggiaturaFulvio Gicca Palli, Ugo Liberatore
ProduttoreAlfredo Bini
Produttore esecutivoManolo Bolognini
Casa di produzioneArco Film, Burgundia Film, S.O.P.A.C.
Distribuzione in italianoINCEI - Titanus
FotografiaLeonida Barboni
MontaggioNino Baragli
MusicheGiovanni Fusco
ScenografiaMaurizio Chiari
CostumiPiero Tosi
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

La corruzione è un film del 1963 diretto da Mauro Bolognini.

Stefano è un timido giovane, appena diplomato alle superiori ed uscito dal collegio. Suo padre è un affermato imprenditore dell'editoria milanese; sua madre è ricoverata in clinica per un disturbo nervoso.

Stefano non è attratto dal mondo spietato degli affari; piuttosto, si sente chiamato a consacrare a Dio la sua vita. Il padre però è fermamente contrario a questa scelta. Per convincere Stefano a cambiare idea, lo porta in barca con sé per una breve crociera. A bordo però c'è anche Adriana, ragazza bella e calcolatrice, una escort, che su pressione del padre del ragazzo, inizia a corteggiarlo.

Stefano è risoluto e spiega le ragioni della sua scelta al padre, che non comprende e si irrita, giungendo prima a negargli il suo assenso (Stefano non ha ancora ventun anni e dunque non è maggiorenne) e poi ad impedire che il figlio sbarchi. Frastornato dal conflitto col padre e turbato dal fascino di Adriana, Stefano finisce per capitolare e passa la notte con Adriana.

Dopo la corruzione Stefano si sente in colpa: non sa cosa fare e vorrebbe scappare. Alla fine, sentendosi indegno, rinuncia al suo progetto di vita e si dà agli affari nell'impresa paterna. Ma a contatto con il cinismo, la freddezza e la corruzione del padre e dell'ambiente di lavoro, Stefano avverte di nuovo il desiderio di ribellarsi al suo destino e di riabbracciare la sua vocazione.

Nel 1963 la Arco Film di Alfredo Bini attraversava un periodo di difficoltà economiche, soprattutto dopo l'insuccesso commerciale di Accattone e Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, che proprio grazie alla mediazione di Mauro Bolognini aveva potuto esordire. Bini era alla ricerca di soggetti che trattassero di costume o di problemi di attualità, senza mettere in cantiere superproduzioni con centinaia di comparse o in location costose. Il suo progetto era quello di produrre film di qualità, ma finanziariamente realizzabili sul piano artigianale.[1] Si rivolse così all'amico Bolognini, proponendogli un copione scritto da due giovani sceneggiatori, per il quale avrebbe utilizzato la moglie Rosanna Schiaffino come protagonista e il suo bialbero a vela Meloria, acquistato a Malta pochi mesi prima, come scenografia principale. Ciò gli avrebbe permesso di contenere i costi senza andare a scapito della qualità.[2]

Le riprese a bordo dell'imbarcazione si svolsero a partire dal luglio 1963[3], con partenza da Anzio[4] in direzione Ponza. Le riprese in interni vennero effettuate negli stabilimenti di Cinecittà; tra le riprese in esterno vi furono: Villa Sciarra (il collegio dal quale si congeda Stefano); le scene ambientate nella villa Mattioli vennero girate nella Villa Pizzo a Cernobbio, affacciata sul Lago di Como; e inoltre Porto Ercole, Anzio e Ponza e Roma.[5]

Distribuzione

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All'uscita del film, lo stesso Bolognini dichiarò: non si tratta della corruzione materiale, d'ordine economico, ma di «quella dei sentimenti, qualcosa che distrugge lentamente dall'interno, e che colpisce soprattutto i giovani». Il terreno favorevole alla corruzione è dietro la facciata del benessere economico.[6] Anche se da alcuni non è considerato uno dei film più riusciti di Bolognini perché intriso di un certo moralismo[7][8], non mancano gli apprezzamenti per la dimensione poetica del film[9]. Ai tempi della sua uscita, colpì in una certa misura il pubblico per la malizia con cui trattava l'argomento , in particolare il personaggio della Schiaffino raccolse le critiche del Vaticano[senza fonte].

«Non negheremo a questo film di Mauro Bolognini una iniziale nobiltà d'intenti [... sul] contrasto tra moralità e immoralità, tra fedeltà ai principi e, appunto, corruzione. Ma il modo in cui il contrasto viene delineato nel film, i personaggi che ne sono fatti protagonisti, i sentimenti che essi vivono ed il modo in cui li manifestano, sono tali da non permettere una lode che vada molto oltre le intenzioni dell'autore e dei suoi collaboratori. Le quali spappolate nel film in un contesto narrativo improbabile, rese attraverso contrapposizioni psicologiche il cui schematismo giunge perfino ad essere irritante, «dette» da un dialogo atrocemente banale e denso di luoghi comuni, hanno portato Bolognini a far quello che è forse il suo peggiore film degli ultimi anni, senza dubbio quello in cui la sproporzione tra il punto di partenza ed il risultato assume aspetti macroscopici. Errori, si direbbe, in gran parte, se non interamente, di sceneggiatura poiché anche qui — come sempre — Bolognini si conferma un maestro della macchina da presa, un vero e proprio mago del linguaggio con risultati che non sono meramente linguistici almeno in due sequenze: quella della seduzione e quella con cui si chiude il film, ambedue splendidamente girate. La conclusione, come spesso per i film di Bolognini, è il rimpianto che un regista così tecnicamente e linguisticamente dotato non si serva di soggetti meno pretenziosi e di sceneggiature meglio costruite. Tra gli interpreti eccelle ovviamente Alain Cuny, che mette in ombra la monocorde linea interpretativa di Perrin. Rosanna Schiaffino, la cui bellezza è qui sapientemente elaborata, assolve bene il suo compito [...]»

«[...] Conscio della gravità del tema, Bolognini si è visibilmente applicato più al contenuto che alla forma del film, rinunciando a quel calligrafismo di marca superiore che gli aveva fatto onore in «Notte brava» e «La giornata balorda». Ma quel calligrafismo, che è nella sua natura, non ha rinunciato a lui; e suo malgrado ancora s'impone qua e là in certe pagine che senza essere propriamente fuori testo lo eccedono e trasfigurano. E tali pagine, come nonostante il loro artificio sono le più sincere, così anche sono le migliori del film: il dialogo di Perrin e della Schiaffino sulla tolda del panfilo (ove si rinnova la tentazione di Eva), e l'ossessivo epilogo in cui l'hutty-gully ballato a fitte schiere dall'elegante gioventù di Milano assurge a liturgia d'una società selvaggia, votata al sesso e al denaro. Positivi, per l'attento regista, anche il ritorno di Perrin alla grazia angelica che aveva in «Cronaca familiare» e la riedificazione ad attrice della bella Rosanna. Ma Alain Cuny, come neocapitalista lombardo, è alquanto sofisticato, mentre a posto risultano nelle loro parti marginali Isa Miranda, Filippo Scelzo ed Ennio Balbo. [...] Il difetto del film è in una certa sproporzione tra l'importanza dell'assunto e la modestia morale e psicologica dei personaggi a cui è affidato; da che un'impressione di esilità, dove meno ci voleva (cioè nel copione). Insomma La corruzione è un film che si perde per corto, e ne lascia intravedere un altro, più corposo e affondato, quale si sarebbe potuto fare.»

«[...] Il film, che dalla «corruzione» (o iniziazione al sesso) di un giovane [...] vuol risalire ambiziosamente a tutto il problema della «corruzione» del mondo (o iniziazione alla realtà della vita, nella intenzione dell'autore), sembra, come altri film di Bolognini, povero e difettoso proprio là dove la costruzione dei caratteri e la introspezione dovrebbero essere meno fragili e più serrati: cioè nei passaggi psicologici. Gli umori tra padre e figlio, le reazioni alle varie situazioni che si presentano, sono in genere troppo mutevoli o accomodanti. Un personaggio afferma, a un passo, un punto di vista incrollabile, e ad un altro è pronto, quasi, ad affermare l'assoluto contrario. I caratteri si fanno poco veritieri e comunque instabili. Jacques Perrin, come ragazzone cresciuto, è assai meno comunicativo di quando lo abbiamo visto nella Ragazza con la valigia o in Cronaca familiare. Alain Cuny rispetta il suo cliché di intellettuale disincantato, e nulla più. Rossana Schiaffino, dei tre, appare la più nuova e in fondo — nel suo primitivismo — la più autentica.»

Riconoscimenti

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  1. ^ Alfredo Bini, Hotel Pasolini. Un'autobiografia, Il Saggiatore, Milano, 2018, p.49. ISBN 9788842823728
  2. ^ Alberto Pezzotta, Avanti sui tempi, in FilmTv n. 50, 2023, p. 38
  3. ^ Prende il via «La corruzione», in Stampa Sera, 31 luglio 1963, p. 11.
  4. ^ Gino Barni, Con la Schiaffino sul mare di Anzio. A bordo di uno yacht si gira «La corruzione», in Stampa Sera, 6 agosto 1963, p. 8.
  5. ^ La corruzione (1963). Location verificate, su davinotti.com.
  6. ^ Alberico Sala, Le prime del cinema. La corruzione, su Corriere d'Informazione, Corriere della Sera, 13-14 dicembre 1963, p. 13. URL consultato il 9 gennaio 2024.
  7. ^ La corruzione, su Corriere della Sera. URL consultato il 15 dicembre 2022 (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2012).
  8. ^ La corruzione, su la Repubblica. URL consultato il 15 dicembre 2022 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2015).
  9. ^ Moreno Fabbri, Mauro Bolognini. La Corruzione con poesia, in Il tremasse, n. 100, settembre/dicembre 2009.
  10. ^ l. m. [Lino Miccichè], Le prime a Roma. Cinema. La corruzione, in Avanti!, 6 dicembre 1963, p. 5.
  11. ^ l. p. [Leo Pestelli], Sullo schermo: «La corruzione», in La Stampa, 12 dicembre 1963, p. 4.
  12. ^ Mario Verdone, I film / «La corruzione» e «La noia» (PDF), in Bianco e Nero, gennaio 1964, pp. 58-60.
  13. ^ Guido Cincotti, San Sebastiano: una incoraggiante ripresa (PDF), in Bianco e Nero, gennaio 1964, pp. 69, 74.

Collegamenti esterni

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