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Giustizia politica

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La giustizia politica è, secondo la filosofia politica, il perseguimento di fini politici con mezzi giudiziari. Nello Stato di diritto residuano suoi limitati margini di operatività nella materia delle immunità politiche, specialmente quando incarnano alcune tipologie di giudice speciale.

Lo stesso argomento in dettaglio: Dittatura della maggioranza.

“L’uso politico della giustizia era normale in Atene"[1], dove «il popolo si è reso padrone assoluto di ogni cosa, e tutto governa con decreti dell’assemblea e con i tribunali, nei quali il popolo è sovrano»[2]. Anche nell'antica Roma la questione del "diritto di punire è forse la più grave che possa agitare un'assemblea deliberativa"[3]: non a caso su di essa passò il conflitto tra il senato e le assemblee popolari quando Publio Clodio Pulcro ottenne l'esilio di Marco Tullio Cicerone[4].

Nei secoli la commistione tra giurisdizione ed attività politica non è mai venuta meno: funzioni giurisdizionali furono esercitate anche dai parlamenti medievali e nei Comuni[5]; i consiglieri del Principe rinascimentale e dei monarchi dell'assolutismo[6] spesso vi succedettero, con garanzie ancora minori[7]. La stessa Rivoluzione francese non ne va indenne: con il processo agli Hébertisti (poi ghigliottinati il 24 marzo 1794) "fa capolino nella storia della giustizia politica la modifica del capo d’imputazione"[8].

Nell'età contemporanea, il concetto di giustizia politica si colloca in uno spazio ambiguo, perché intermedio tra la cosiddetta giustizia rivoluzionaria e la tradizionale giustizia ordinaria (caratterizzata da sanzioni, regole e garanzie comuni a tutti).

La giustizia rivoluzionaria[9] fu definita da Carl Schmitt l'ordine nato "dalla canna del fucile"[10]: per lui, nei casi critici, il sovrano diventa chi decide nello stato d’eccezione, cioè chi stabilisce le regole a partire da una situazione di anarchia non più regolata. Eppure, si è continuato a sostenere anche in seguito che "all’origine di ogni ordine costituito anche democratico vi sia un atto di violenza, che in forma di ordinamento primo ed originario impone se stesso in ragione della sua forza – appunto – auto-impositiva"[11].

Casistica contemporanea

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Laddove manca o viene meno lo Stato di diritto, la giustizia politica diventa la regola e piega le procedure, affidandosi a giudici ad hoc che danno luogo a processi farsa. Infatti i giudici che tradiscono il principio di imparzialità "si fanno espliciti portatori degli interessi politici del proprio partito e del loro interesse personale a difendere quegli interessi"[12].

Unione sovietica

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Sin dal 1919, nella Russia post-rivoluzionaria "venivano istituiti i campi di lavoro per i trasgressori della legge, condanna che poteva essere comminata dalla Čeka, dai tribunali rivoluzionari e dai tribunali del popolo ordinari"; ma solo in un secondo momento il lavoro forzato si identificò con le forme più pesanti delle prestazioni richieste dalla società"[13].

Lo stesso argomento in dettaglio: Commissione Dewey.

Italia fascista

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Trovando già come eredità dello Stato liberale molti strumenti di subordinazione della magistratura all’esecutivo, il fascismo si limitò a conseguire la politicizzazione della funzione giudiziaria mediante alcune modifiche ordinamentali, "tuttavia rilevanti, quali la cancellazione dell’elettività del Consiglio superiore della magistratura, lo scioglimento dell’associazione nazionale magistrati, il rafforzamento degli strumenti di subordinazione all’esecutivo del pubblico ministero e in parte dei magistrati giudicanti, alcune misure di epurazione dei giudici, l’iscrizione obbligatoria al Partito nazionale fascista, il potenziamento delle giurisdizioni speciali"[14]. In quest'ultimo caso diede luogo alla nascita del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, "competente per i casi di rilievo politico"[15] e vera punta di lancia dell'utilizzo del processo a fini di repressione del dissenso.

Germania nazista

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Lo stesso argomento in dettaglio: Tribunale del Popolo.

Il fenomeno dei "tribunali del popolo irrazionali e capaci di concepire norme penali retroattive" è riemerso nella teorizzazione di epoca moderna negli anni Trenta[16], nella riflessione di Carl Schmitt: essa - che attingeva al fenomeno del giustizialismo - produsse anzi il fondamento giuridico per il Volksgerichtshof[17].

Francia di Vichy

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I dirigenti del regime di Vichy intendevano dimostrare che i politici della III Repubblica francese fossero i solo responsabile della sconfitta del 1940; poiché però le difese degli imputati, in particolare gli ex premier Léon Blum e Édouard Daladier, già in istruttoria avevano dimostrato l'estrema debolezza dell'accusa (sottolineando il ruolo dell'alto comando dell'esercito francese, incapace di preparare e condurre la guerra), il maresciallo Pétain convocò un "consiglio di giustizia politica" (composto per lo più da consiglieri di Stato): esso il 16 ottobre 1941 si prestò ad interpretare la legge costituzionale n. 7 del 27 gennaio 1941 come idonea a conferire al Capo dello Stato francese il potere di infliggere direttamente una condanna, anche retroattivamente. Di conseguenza Pétain annunciò alla radio il non luogo a procedere contro Paul Reynaud e Georges Mandel, condannando invece gli altri cinque accusati (Léon Blum, Édouard Daladier, Maurice Gamelin, Guy La Chambre e Robert Jacomet) all'ergastolo in una fortezza. Ciò nondimeno, il procedimento penale di diritto comune, attivato sin da prima presso i giudici penali ordinari, proseguì, ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge costituzionale, che affiancava e non sostituiva la giustizia comune alla giustizia politica. Il fatto si rivelò un boomerang per la credibilità stessa delle condanne "politiche" già inflitte[18], visto che il presidente del tribunale Caous esordì, all'inizio di questo processo, che gli accusati andavano considerati semplici imputati e che "per il tribunale il processo non è e non sarà mai un processo politico". Il processo di Riom - svoltosi dal 19 febbraio al 15 aprile 1942 nella città di Riom, nel Puy-de-Dôme - fu aggiornato senza giungere mai a termine, a riprova della impossibilità di addivenire ad un giudizio identico a quello imposto politicamente dal regime di Vichy, se non violando le garanzie del processo penale e del diritto di difesa.

Cina comunista

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"Le vicende politiche tra il 1956 e il 1976 segnarono un’epoca di profonda frustrazione per il diritto. Né la costituzione né tantomeno le leggi furono considerate strumenti di regolazione della vita politica e civile del paese. L’apparato giuridico formale fu sostanzialmente smantellato; i tribunali furono privati delle funzioni giurisdizionali loro proprie; le facoltà di giurisprudenza furono chiuse e la persecuzione politica e culturale si abbatté su giuristi, avvocati, notai (oltre che su altri intellettuali e artisti)"[19].

Fondamento assiologico in democrazia

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Sia pure entro limiti strettissimi, si può riscontrare l'esistenza di taluni giudici speciali che, anche nelle democrazie, esprimono una valutazione (anche) politica. Oltre al requisito del rispetto dello Stato di diritto - ed a quello formale della loro previsione direttamente in Costituzione - il loro fondamento assiologico riposa nel rispetto di "quel sistema di valori che connota tutto l’impianto costituzionale, e che è riconducibile al principio personalistico (...), che impedisce che l’uomo sia trattato come un mezzo e che il nucleo duro dei diritti fondamentali possa cedere in presenza di un interesse pubblico confliggente. E così sono esclusi dalla copertura dell’immunità i fatti di genocidio e i crimini contro l’umanità; l’omicidio doloso, la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, la riduzione in schiavitù, la violenza sessuale"[20].

  1. ^ Bearzot, Cinzia. “Come si abbatte una democrazia.” Editori Laterza, 2013: lo fu "fin dai tempi dei processi contro Cimone e i membri del consiglio dell’Areopago che, alla fine degli anni ’60 del V secolo, avevano preparato la riforma democratica di Efialte. Ma, soprattutto, il metodo giudiziario era già stato usato con successo nel 406/5 con il processo agli strateghi delle Arginuse, orchestrato da Teramene” (p. 135); ma lo era stato anche dopo il caso della decapitazione delle Erme del Pireo, quando "l’atteggiamento degli zetetai determinò un clima di giustizialismo che creò grande agitazione in Atene: racconta Andocide che, quando la boulé si riuniva, tutti fuggivano dall’agora, temendo di essere arrestati (I, 36). Sempre da Andocide apprendiamo che, col susseguirsi delle denunce che avevano rivelato l’esistenza di parodie dei Misteri e avevano coinvolto molti autorevoli personaggi, Pisandro si alzò durante una riunione della boulé, della quale probabilmente faceva parte, e «propose l’abrogazione del decreto varato sotto l’arcontato di Scamandrio e la tortura per gli imputati al fine di conoscere i nomi di tutti i colpevoli prima di notte» (I, 43). La boulé approvò all’unanimità la proposta, di carattere estremamente grave, in quanto sospendeva i diritti costituzionali: Pisandro si rivela qui animato da una forma di giustizialismo che tende ad esasperare una situazione già molto tesa e, soprattutto, si mostra capace di creare consenso intorno alla sua pur discutibile posizione” (p. 28). La continuità dei Trenta tiranni con questi precedenti "si coglie anche nel metodo di condotta, che abbina il ricorso all’azione giudiziaria all’uso di manovre demagogiche, con l’intento di sfruttare a proprio vantaggio la ben nota passione «giustizialista» del popolo" (p. 136).
  2. ^ Aristotele, Costituzione degli Ateniesi, 41, 2.
  3. ^ Gaston Boissier, La conjuration de Catilina: IV le Nones de décembre, Revue des Deux Mondes, 15 maggio 105, p. 342.
  4. ^ la Lex de exilio Ciceronis (a sua volta tacciabile di retroattività) fu approvata nel 58 a.C. e contestava l'emanazione del senatusconsultum ultimum in virtù del quale, quattro anni prima, non era concessa ai seguaci di Catilina, condannati a morte, la provocatio ad populum prima di essere giustiziati.
  5. ^ R. Levy e X. Rousseaux, Stato, giustizia penale e storia: bilancio e prospettive, in «Ricerche storiche», XXVI, 1996, pp. 127-160.
  6. ^ Mestre, R. le, Une justice politique sous un ciel étoilé: la Court of Star Chamber, juridiction gouvernementale d'exception, en Angleterre, sous le règne des Tudors et des Stuarts, Revue de la Recherche Juridique: Droit Perspectif, 2016:55-81.
  7. ^ Anche nel Sacro romano impero "si trovano in maniera crescente al centro dell’attenzione processi politici nei quali i governanti strumentalizzavano la giustizia penale legata a pene corporali per eliminare i propri funzionari caduti in disgrazia o persino una possibile opposizione inter-territoriale, per lo più attraverso condanne a morte o la detenzione": C. Cornelissen e P. Pombeni (a cura di), Spazi politici, società e individuo: le tensioni del moderno, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 49-50.
  8. ^ R. Martucci, L'ossessione costituente. Forme di governo e costituzione nella Rivoluzione francese (1789-1799), Bologna, Il Mulino, 2001, p. 97.
  9. ^ Amnesty International Archiviato il 27 novembre 2016 in Internet Archive. ha ricordato, in proposito, le seguenti parole di Fidel Castro: "La giustizia rivoluzionaria non si basa su precetti legali ma su convincimenti morali".
  10. ^ SCHMITT, Il concetto di 'politico', Il Mulino, 1963, p. 146.
  11. ^ Daniel Ross, Violent Democracy, Cambridge University Press, Cambridge 2004, p. 8, citato da Federico Lorenzo Ramaioli, SOVVERSIONE DELL’ORDINE ISTITUZIONALE E PENA CAPITALE: UN PERCORSO STORICO, RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA ONLINE, WWW.METABASIS.IT, maggio 2018 anno XIII n° 25, DOI: 10.7413/18281567125, p. 56, nota 5.
  12. ^ Antonello Falomi, EXTRA TRAVAGLIO NULLA IUSTITIA ? LA VOGLIA DI "TRIBUNALI SPECIALI", Associazione ex parlamentari, 31 gennaio 2020.
  13. ^ B. Settis, Fordismi. Storia politica della produzione di massa, Bologna, Il Mulino, 2016, pp. 156-157.
  14. ^ U. Allegretti, Storia costituzionale italiana. Popolo e istituzioni, Bologna, Il Mulino, 2014, pp. 93-94.
  15. ^ P. Grilli di Cortona e O. Lanza (a cura di), Tra vecchio e nuovo regime. Il peso del passato nella costruzione della democrazia, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 63.
  16. ^ Crimes against the State and the Intersection of Fascism and Democracy in the 1920s-30s: Vilification, Seditious Libel and the Limits of Legality, by Stephen Skinner, in Oxford J Legal Studies 2016 36: 482-504.
  17. ^ (FR) |Chapoutot, Johann. « 5. L’échec des divisions blindées du droit. Les procès politiques du nazisme Leipzig 1933, Berlin 1944 », in Comprendre le nazisme (sous la direction de Chapoutot Johann). Tallandier, 2020, pp. 190-215.
  18. ^ Procès de Riom : comment Pétain s'est tiré une balle dans le pied, le point, 16/10/2013.
  19. ^ A. Rinella, Cina, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 29.
  20. ^ Giulia Marzia Locati, Licenza ministeriale di commettere reati? Interesse pubblico e diritti fondamentali, in Questione giustizia, 21 novembre 2020
  • Otfried Höffe, Giustizia politica. Fondamenti di una filosofia critica del diritto e dello Stato, Bologna, Il Mulino, 1995, stampa 1994, ISBN 8815046631.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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