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Gio Ponti

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Giovanni Ponti

Giovanni Ponti, detto Gio[1] (Milano, 18 novembre 1891Milano, 16 settembre 1979), è stato un architetto e designer italiano fra i più importanti del dopoguerra[1].

«Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione ed impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo ed immortale della loro storia.»

Figlio di Enrico Ponti e di Giovanna Rigone, Gio Ponti si laureò in architettura presso l'allora Regio Istituto Tecnico Superiore (il futuro Politecnico di Milano) nel 1921, dopo aver sospeso gli studi durante la sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Nello stesso anno si sposò con la nobile Giulia Vimercati, di antica famiglia brianzola, da cui ebbe quattro figli (Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio)[2].

Anni venti e trenta

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Casa Marmont a Milano, 1934
Il palazzo Montecatini a Milano, 1938

Inizialmente, nel 1921, aprì uno studio assieme gli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945). Nel 1923 partecipò alla I Biennale delle arti decorative tenutasi all'ISIA di Monza e successivamente fu coinvolto nella organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.

Negli anni venti avviò la sua attività di designer all'industria ceramica Richard Ginori, rielaborando complessivamente la strategia di disegno industriale della società; con le sue ceramiche vinse il "Grand Prix" all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi del 1925[3]. In quegli anni, la sua produzione fu improntata più ai temi classici reinterpretati in chiave déco, mostrandosi più vicino al movimento Novecento, esponente del razionalismo[4]. Sempre negli stessi anni iniziò anche la sua attività editoriale: nel 1928 fondò la rivista Domus, testata che diresse fino alla sua morte, eccetto che nel periodo 1941-1948 in cui fu direttore di Stile[4]. Assieme a Casabella, Domus rappresenterà il centro del dibattito culturale dell’architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento[5].

Servizio da caffè "Barbara" disegnato da Ponti per Richard Ginori nel 1930

L'attività di Ponti negli anni trenta si estese all'organizzazione della V Triennale di Milano (1933) e alla realizzazione di scene e costumi per il Teatro alla Scala[6]. Partecipò all'Associazione del Disegno Industriale (ADI) e fu tra i sostenitori del premio Compasso d'oro, promosso dai magazzini La Rinascente[7]. Ricevette tra l'altro numerosi premi sia nazionali che internazionali, diventando infine professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1936, cattedra che manterrà sino al 1961[senza fonte]. Nel 1934 l'Accademia d'Italia gli conferì il "premio Mussolini" per le arti[8].

Nel 1937 incaricò Giuseppe Cesetti di eseguire un pavimento in ceramica di vaste dimensioni, esposto alla Mostra Universale di Parigi, in una sala dove erano anche opere di Gino Severini e Massimo Campigli.

Anni quaranta e cinquanta

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Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, Ponti fonda la rivista di architettura e design del regime fascista STILE. Nella rivista di chiaro supporto all'asse Roma-Berlino, Ponti non manca di scrivere nei suoi editoriali commenti come "Nel dopoguerra spettano all'Italia compiti grandissimi ...nei rapporti della sua esemplare alleata, la Germania", "i nostri grandi alleati [Germania nazista] ci danno un esempio di applicazione tenace, serissima, organizzata e ordinata" (da Stile, Agosto 1941, pag. 3). Stile durerà pochi anni e chiuderà dopo l'Invasione d'Italia anglo-americana e la sconfitta dell'Asse Italo-tedesco. Nel 1948, Ponti riapre la rivista Domus, dove rimarrà come editore fino alla sua morte.

Nel 1951, si unì allo studio insieme a Fornaroli, l'architetto Alberto Rosselli[9]. Nel 1952 costituisce con l’architetto Alberto Rosselli lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli[10]. Qui iniziò il periodo di più intensa e feconda attività sia nell'architettura che nel design, abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclassico e puntando su idee più innovative.

Anni sessanta e settanta

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Fra il 1966 ed il 1968 collaborò con l'impresa di produzione Ceramica Franco Pozzi di Gallarate[senza fonte].

Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma conserva un Fondo dedicato a Gio Ponti, consistente in 16.512 schizzi e disegni, 73 plastici e maquettes. L’archivio Ponti[10] è stato donato dagli eredi dell'architetto (donatori Anna Giovanna Ponti, Letizia Ponti, Salvatore Licitra, Matteo Licitra, Giulio Ponti) nel 1982. Questo fondo, il cui materiale progettuale documenta le opere realizzate dal designer milanese dagli anni Venti agli anni Settanta, è pubblico e consultabile.

Gio Ponti morì a Milano nel 1979: riposa al cimitero monumentale di Milano[11]. Il suo nome ha meritato l'iscrizione al famedio del medesimo cimitero[12].

Gio Ponti ha disegnato moltissimi oggetti nei più svariati campi, dalle scenografie teatrali, alle lampade, alle sedie, agli oggetti da cucina, agli interni di transatlantici[13]. Inizialmente nell'arte delle ceramiche il suo disegno rifletteva la Secessione viennese[senza fonte] e sosteneva che decorazione tradizionale e arte moderna non fossero incompatibili. Il suo riallacciarsi e utilizzare i valori del passato trovò sostenitori nel regime fascista, incline alla salvaguardia della "identità italiana" e al recupero degli ideali della "romanità",[senza fonte] che si espresse poi compiutamente in architettura con il neoclassicismo semplificato del Piacentini.

Macchina da caffè La Pavoni, progettata da Ponti nel 1948

Nel 1950 Ponti cominciò a impegnarsi nella progettazione di "pareti attrezzate", ovvero intere pareti prefabbricate che permettevano di soddisfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema apparecchi e attrezzature fino ad allora autonome. Ricordiamo Ponti anche per il progetto della seduta "Superleggera" del 1955 (prod. Cassina)[14], realizzata partendo da un oggetto già esistente e di solito prodotto artigianalmente: la Sedia di Chiavari[15], migliorato in materiali e prestazioni.

Nonostante questo, Ponti realizzerà nella Città universitaria di Roma nel 1934 la Scuola di Matematica[16] (una delle prime opere del Razionalismo italiano) e nel 1936 il primo degli edifici per uffici della Montecatini a Milano. Quest'ultimo, a caratteri fortemente personali, risente nei particolari architettonici, di ricercata eleganza, della vocazione di designer del progettista.

Negli anni cinquanta, lo stile di Ponti si fece più innovativo[17] e, pur rimanendo classicheggiante nel secondo palazzo per uffici della Montecatini (1951), si espresse pienamente nel suo edificio più significativo: il Grattacielo Pirelli in Piazza Duca d’Aosta a Milano (1955-1958)[18]. L'opera fu costruita intorno a una struttura centrale progettata da Nervi (127,1 metri). L'edificio appare come una slanciata e armoniosa lastra di cristallo[19], che taglia lo spazio architettonico del cielo, disegnata su un equilibrato curtain wall e i cui lati lunghi si restringono in quasi due linee verticali. Quest'opera anche con il suo carattere di "eccellenza" appartiene a buon diritto al Movimento Moderno in Italia[20].

Industrial design

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  • 1923-1929 Porcellane per Richard-Ginori
  • 1927 Oggetti in peltro ed argento per Christofle
  • 1930 Grandi pezzi in cristallo per Fontana
  • 1930 Grande tavolo in alluminio presentato alla IV Triennale di Monza
  • 1930 Disegni per stoffe stampate per De Angeli-Frua, Milano
  • 1930 Tessuti per Vittorio Ferrari
  • 1930 Posate ed altri oggetti per Krupp Italiana
  • 1931 Lampade per Fontana, Milano
  • 1931 Tre librerie per le Opera Omnia di D'Annunzio
  • 1931 Mobili per Turri, Varedo (Milano)
  • 1934 Arredamento Brustio, Milano
  • 1935 Arredamento Cellina, Milano
  • 1936 Arredamento Piccoli, Milano
  • 1936 Arredamento Pozzi, Milano
  • 1936 Orologi per Boselli, Milano
  • 1936 Sedia a volute presentata alla VI Triennale di Milano prodotta da Casa e Giardino, poi (1946) Cassina e (1969) Montina
  • 1936 Mobili per Casa e Giardino, Milano
  • 1938 Tessuti per Vittorio Ferrari, Milano
  • 1938 Poltrone per Casa e Giardino
  • 1938 Seduta girevole in acciaio per Kardex
  • 1947 Interni del Treno Settebello
  • 1948 Collabora con Alberto Rosselli e Antonio Fornaroli alla creazione de "La Cornuta", la prima macchina da caffè espresso a caldaia orizzontale prodotta da "La Pavoni S.p.A."
  • 1949 Collabora con officine meccaniche Visa di Voghera e crea la macchina da cucire "Visetta".
  • 1952 Collabora con AVE, creazione di interruttori elettrici
  • 1955 Posate per Arthur Krupp
  • 1957 Sedia Superleggera per Cassina
  • 1963 Scooter Brio per Ducati
  • 1971 Poltrona di poco sedile per Walter Ponti

Architetture e interni

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Denver Art Museum, Denver, 1970-71
  1. ^ a b Gio Ponti, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ (EN) Housingprototypes [1] Archiviato il 10 settembre 2015 in Internet Archive.
  3. ^ Gruppo 36 Sartoria Digitale dal 1999, Villa Bouilhet "L'ange volant" Garches, Paris, France - Giò Ponti, su gioponti.org. URL consultato il 1º marzo 2017.
  4. ^ a b RCS Periodici, L'europeo, in L'europeo, n. 6.
  5. ^ http://www.spaziodi.it/magazine/n0704/vdb.asp?tag=CERAMICA&id=2297
  6. ^ http://www.newthingsdesign.it/it/tag-prodotto/gio-ponti/
  7. ^ Copia archiviata, su venividivici.us. URL consultato l'11 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2023).
  8. ^ Enciclopedia pratica Bompiani, Milano, 1938, vol. I, pag. 492
  9. ^ Copia archiviata (PDF), su ordinearchitettisavona.it. URL consultato l'11 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 gennaio 2017).
  10. ^ a b Copia archiviata, su samha207.unipr.it. URL consultato l'11 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2023).
  11. ^ Comune di Milano, App di ricerca defunti Not 2 4get.
  12. ^ Famedio 2016, su mediagallery.comune.milano.it. URL consultato il 28 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2018).
  13. ^ http://www.gioponti.org/it/archivio/scheda-dell-opera/dd_161_5998/interni-del-transatlantico-conte-biancamano-gruppo-finmare-italia
  14. ^ http://www.cassina.com/it/collezione/sedie-e-poltroncine/699
  15. ^ http://amatestanze.com/la-sedia-di-chiavari/
  16. ^ http://www.gioponti.org/it/biografia-e-ritratti/biografia
  17. ^ http://www.gioponti.org/it/archivio/anni-cinquanta
  18. ^ http://www.gioponti.org/it/archivio/scheda-dell-opera/dd_161_6102/grattacielo-pirelli-in-piazza-duca-daosta
  19. ^ Copia archiviata, su ermesponti.it. URL consultato l'11 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 gennaio 2017).
  20. ^ http://www.cultweek.com/gio-ponti/
  21. ^ Sito ufficiale
  22. ^ Vedi Racconigi, cura e gestione di una dimora reale, di L. Dal Pozzolo, Allemandi Torino, 2010, p. 35
  23. ^ Maurizio Boriani, Corinna Morandi, Augusto Rossari, Milano contemporanea. Itinerari di architettura e di urbanistica, Maggioli Editore, 2007, p. 203. ISBN 978-88387-4147-0.
  24. ^ a b Filippo de Pieri, Bruno Bonomo, Gaia Caramellino, Federico Zanfi, Storie di case. Abitare l'Italia del boom, Donzelli Editore, 2013, p. 277-293. ISBN 978-88-6036-879-9.
  • Tomba della famiglia Borletti dell'arch. Gio Ponti Archiviato il 24 giugno 2016 in Internet Archive., in "Architettura", XI novembre 1932, fascicolo XI, pp. 590–593
  • S. Sermisoni (a cura di), "Gio Ponti. Cento lettere", prefazione di Joseph Rykwert, Rosellina Archinto Editore, Milano, 1987.
  • Fulvio Irace, Gio Ponti. La casa all'italiana, Milano: Electa, 1988.
  • Lisa Licitra Ponti, Gio Ponti. L'opera, Milano, Leonardo Editore, 1990.
  • Ugo La Pietra, Gio Ponti, Milano, Rizzoli Rcs, 1995.
  • Fulvio Irace (a cura di), Gio Ponti, Milano: Cosmit, 1997.
  • Maurizio Vitta, Il progetto della bellezza - il design fra arte e tecnica 1851-2001. Einaudi, Torino, 2001. ISBN 9788806157487
  • Daniel Sherer, “Gio Ponti: The Architectonics of Design,” catalogue essay for exhibition, Gio Ponti: A Metaphysical World, Queens Museum of Art, curated by Brian Kish, Feb 15-May 20 2001, 1-6.
  • Gio Ponti, Cento lettere, Archinto, Milano, 2004
  • Duccio Dogheria, "Gio Ponti illustratore", in 'Charta', n. 78, 2005.
  • Fulvio Irace (a cura di), Gio Ponti a Stoccolma. L'Istituto italiano di cultura C. M. Lerici, Milano, Electa, 2007.
  • Fulvio Irace, Gio Ponti, Milano: Motta, 2009.
  • Fabrizio Mautone, Gio Ponti. La committenza Fernandes, Electa Napoli, 2009. ISBN 978-88-510-0603-7
  • Graziella Roccella, Gio Ponti. Maestro della leggerezza. Colonia: Taschen, 2009. ISBN 978-3-8365-0988-6
  • Daniel Sherer, “Gio Ponti in New York: Design, Architecture, and the Strategy of Synthesis,” in Espressioni di Gio Ponti, ed. G. Celant. Catalogue essay for the Ponti Exhibition at the Triennale di Milano, May 6 – July 24, 2011 (Milan: Electa, 2011), 35–45.
  • Arianna Roggeri "Il rapporto tra due geni del design italiano: Gio Ponti e Ambrogio Pozzi. ANAC (Associazione Nazionale Amici della Ceramica)Varese, ottobre 2012.
  • Franco Bertoni, Gio Ponti, "Idee" d'arte e di architettura a Imola e in Romagna, La Mandragola, Torino-Roma, 2012
  • Fulvio Irace, Manuela Leoni, Gio Ponti, Milano: Fondazione dell'Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Milano, 2013.
  • Laura Conconi, saggio critico di, "Ambrogio Pozzi. Tra arte e design", Stampa Grafica Esse Zeta - Varese, aprile 2013
  • Livia Frescobaldi Malenchini, M. Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della manifattura doi doccia. Ediz. Multilingue, Maretti Editore, 2015
  • Gio Ponti, Divagazione sulle terrazze, Henry Beyle, Milano, 2015
  • C. Rostagni (a cura di), Gio Ponti, stile di, Mondadori Electra, Milano, 2016
  • Mauro Pratesi, Gio Ponti, vita e percorso artistico di un protagonista del XX secolo, Pisa University Press, Pisa, 2016
  • Silvia Cattiodoro, Gio Ponti. Scena e design, un unico modo, In Edibus, Vicenza, 2016, ISBN 978-8897221555
  • Gio Ponti, Amate l'architettura. L'architettura è un cristallo, Quodlibet, Macerata, 2022

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Direttore di Domus Successore
nessuno 1928-1941 Massimo Bontempelli, Giuseppe Pagano e Melchiorre Bega I
Ernesto Nathan Rogers 1948-1979 Alessandro Mendini II
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