Vai al contenuto

Despotato di Morea

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Despotato di Morea
Despotato di Morea – Bandiera
Despotato di Morea - Stemma
Dati amministrativi
Nome completoDespotato della Morea
Nome ufficialeΔεσποτᾶτον του Μυστρᾶ
Lingue ufficialiGreco
CapitaleMistra
Politica
Forma di StatoDominato/autocrazia (forma di monarchia assoluta teocratica)
Nascita1259 con Michele VIII Paleologo
CausaVittoria bizantina nella battaglia di Pelagonia
Fine1460 con Tommaso I
CausaOccupazione ottomana dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente
Territorio e popolazione
Bacino geograficoMorea
Territorio originalePeloponneso
Economia
ValutaHyperpyron
Commerci conRepubblica di Venezia, Impero di Trebisonda
Religione e società
Religione di StatoCristianesimo ortodosso
Evoluzione storica
Preceduto da Impero bizantino
Succeduto da Impero ottomano

Il Despotato di Morea (in greco Δεσποτᾶτον τοῦ Μορέως?) o Despotato di Mistrà (in greco Δεσποτᾶτον τοῦ Μυστρᾶ?) fu una provincia dell'Impero bizantino che esistette dal 1308 al 1453 e come stato autonomo dal 1453 al 1460. Il suo territorio variò in dimensioni durante i suoi centocinquant'anni di vita ma rimase per lo più circoscritto alla penisola del Peloponneso, all'epoca chiamata Morea. Questa provincia fu governata dagli eredi dell'imperatore bizantino ai quali venne dato il titolo di despoti. La sua capitale era la città fortificata di Mistra, a cinque chilometri di distanza dall'antica Sparta. Mistra divenne il più importante centro di cultura romea, e fu anche il secondo luogo di potere più importante dell'Impero.

Cartina del Despotato di Morea nel 1265.

Il despotato di Morea fu creato dal territorio ceduto dal principato d'Acaia all'Impero bizantino, evento rientrante tra le conseguenze della Quarta crociata:[1] nel 1259, Guglielmo II di Villehardouin, governatore del Peloponneso, perse la Battaglia di Pelagonia contro l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo e fu costretto ad abbandonare la maggior parte della zona orientale della Morea e le sue fortezze poco prima costruite.[2] Le cessioni principali riguardarono Mistra (futura capitale),[3][4] Geraki e Malvasia.[5]

In origine la regione fu governata da arconti con un mandato annuale ma, nel 1303, l'imperatore Andronico II decise di allungare il termine di servizio del governatore in modo da garantire una amministrazione più efficiente.[senza fonte]

Tra Cantacuzeni e Paleologi

[modifica | modifica wikitesto]

L'imperatore Giovanni VI Cantacuzeno, riorganizzò il territorio nella metà del XIV secolo, cedendolo in appannaggio per suo figlio Manuele e nominandolo despota (ovvero signore) della Morea nel 1349, per evitare ulteriori tumulti in un impero che era sull'orlo di una nuova guerra civile dopo pochi anni.[6][7]

Mantenere il controllo del Peloponneso intero non era affatto facile. Le fortificazioni erette a difesa della regione erano poche e nella zona dell'istmo di Corinto, il punto in cui la Morea era collegata (perché ad oggi, a seguito della costruzione del canale, andrebbe considerata tecnicamente un'isola)[8][9] al resto della Grecia figuravano le sole mura di Hexamilion, erette addirittura da Teodosio II per far fronte alle invasioni barbariche del V e VI secolo. Manuele possedeva un territorio bramato non solo dalla dinastia dei Paleologi che mirava al trono di Costantinopoli, ma anche dai Veneziani e dai turchi Ottomani.[7] Nonostante questa situazione intricata, Manuele si assicurò comunque il possesso delle sue terre e provò a gettare le basi per un dominio che potesse rimanere in vita a lungo a seguito della sua dipartita.[7] Fu nel compito di assicurarsi un successore che non riuscì ad individuare facilmente un erede, nominando infine suo fratello Matteo, con alle spalle un passato molto tribolato e che governò per brevissimo tempo.[10] Uno dei suoi ultimi atti ufficiali fu rinunciare al titolo di despota in favore di suo figlio Demetrio I.[11][12] Nel frattempo, i Paleologi erano risultati vittoriosi nella battaglia che si scatenò per il possesso dei territori imperiali ed avevano riconquistato i domini bramati, inclusa la Morea per cui fu posto a capo di essa Teodoro I Paleologo, divenendo nuovo despota di Morea nel 1383.[12] Teodoro lo mantenne fino al 1407, consolidando il dominio di Bisanzio e stringendo accordi con i suoi vicini, particolarmente con il potente Impero ottomano.[13] Cercò anche di rinvigorire l'economia locale, invitando gli arvaniti (di fede ortodossa ma di lingua albanese) a stabilirsi nel territorio:[14] molti gruppi etnici minoritari, tra cui, oltre a quello sopraccitato, i valacchi e gli slavi,[15] popolarono la regione pure oltre la caduta di Costantinopoli (1453).[16]

Resti delle mura di Hexamilion

A causa delle vicissitudini storiche che interessarono le aree più orientali possedute dai romei in Turchia, la presa di Costantinopoli sul Peloponneso si allentò notevolmente, consentendo ai despoti di Morea di muoversi da un punto di vista decisionale in maniera più o meno autonoma nel corso del XV secolo. Uno dei principali risultati conseguiti dai capi locali riguardò l'espansione dei confini all'intera penisola.[17]

Nel 1446, il sultano ottomano Murad II distrusse le difese bizantine sull'istmo di Corinto, le mura di Hexamilion, rendendo più fragile la situazione geopolitica.[18][19] Il suo attacco aprì di conseguenza la penisola alle invasioni. Tuttavia, Murad II morì prima di poter sfruttare l'indebolimento del nemico. Il suo successore Maometto II è passato alla storia per la conquista di Costantinopoli nel 1453. Prima di sferrare la battaglia finale, propose un accordo pacifico a Costantino XI: questi avrebbe potuto e dovuto lasciare il Bosforo assieme ai suoi fedelissimi alla volta della Morea, dove avrebbe potuto regnare senza che il sultano lo avesse contrastato. Costantino declinò, asserendo di essere pronto a dare la vita per la città piuttosto che accettare la proposta di arrendersi senza combattere.[20] Maometto II non si fermò allo stretto del Dardanelli e assunse la decisione di avviare una serie di operazioni belliche,[20] le quali sette anni più tardi (1460) coinvolsero il Despotato di Morea,[21] dilaniato da lotte interne[22] e invaso dai turchi senza grandissime asperità. Terminava in tal maniera la vita dell'ultimo frammento europeo, assieme al frammento asiatico dell'Impero di Trebisonda, dell'antico Impero Romano d'Oriente.

Despoti bizantini di Morea a Mistra

[modifica | modifica wikitesto]

Dinastia dei Cantacuzeni (1349-1383)

[modifica | modifica wikitesto]

Dinastia dei Paleologi (1383-1460)

[modifica | modifica wikitesto]

Rivendicazioni

[modifica | modifica wikitesto]

A seguito della conquista ottomana, il titolo di despota continuò ad essere rivendicato da Tommaso I e da suo figlio Andrea in esilio:

Alla morte di Andrea nel 1502, il titolo fu reclamato dall'esule albanese Costantino Arianiti Comneno.[23]

  1. ^ (EN) Noah Tesch, Cyprus, Greece and Malta, Britannica Educational Publishing, 2013, ISBN 978-16-15-30985-6, p. 89.
  2. ^ (EN) Brewer David, Greece, the Hidden Centuries, I.B.Tauris, 2012, ISBN 978-08-57-73004-6.
  3. ^ (EN) Donald M. Nicol, The Despotate of Epiros 1267-1479, Cambridge University Press, 1984, ISBN 978-05-21-26190-6, p. 211.
  4. ^ (EN) John Freely, Children of Achilles, I.B.Tauris, 2009, ISBN 978-08-57-71131-1, p. 160.
  5. ^ (EN) John Aikin, The Athenaeum, Longmans, Hurst, Rees, and Orme, 1809, digitalizzato dalla Biblioteca Pubblica di New York il 27 novembre 2007, p. 325.
  6. ^ (EN) John Hutchins Rosser, Historical Dictionary of Byzantium, Scarecrow Press, 2012, ISBN 978-08-10-87567-8, p. 335.
  7. ^ a b c (EN) John Middleton, World Monarchies and Dynasties, Routledge, 2015, ISBN 978-13-17-45157-0.
  8. ^ (EN) Elinor De Wire; Dolores Reyes-Pergioudakis, The Lighthouses of Greece, Pineapple Press Inc, 2010, ISBN 978-15-61-64452-0, p. 85.
  9. ^ (EN) Platon Alexiades, Target Corinth Canal, Pen and Sword, 2015, ISBN 978-14-73-85955-5.
  10. ^ (EN) Nevra Necipoğlu, Byzantium Between the Ottomans and the Latins, Cambridge University Press, 2009, ISBN 978-05-21-87738-1, p. 237.
  11. ^ (EN) John Haldon, The Palgrave Atlas of Byzantine History, Springer, 2005, ISBN 978-02-30-27395-5, p. 177.
  12. ^ a b (EN) Donald M. Nicol, The Reluctant Emperor, Cambridge University Press, 2002, ISBN 978-05-21-52201-4, p. 158.
  13. ^ (EN) Trudy Ring; Noelle Watson; Paul Schellinger, Southern Europe, Routledge, 2013, ISBN 978-11-34-25958-8, pp. 441-442.
  14. ^ G. Maspero, Enciclopedia economica accomodata (vol. 1), digitalizzato dalla Biblioteca Casanatense il 4 novembre 2016, p. 1209.
  15. ^ (EN) Renée Hirschon, Crossing the Aegean, Berghahn Books, 2003, ISBN 978-08-57-45702-8, p. 55.
  16. ^ Domenico A. Cassiano, Storie di minoranze, Booksprint, 2018, ISBN 978-88-24-91233-4.
  17. ^ (EN) Kevin Andrews, Castles of the Morea, American School of Classical Studies at Athens, 2006, ISBN 978-16-21-39028-2, p. 6.
  18. ^ (EN) Peter Lock, The Franks in the Aegean, Routledge, 2014, ISBN 978-13-17-899716.
  19. ^ (EN) Gábor Ágoston; Bruce Masters, Encyclopedia of the Ottoman Empire, Infobase Publishing, 2010, ISBN 978143811025-7, p. 401.
  20. ^ a b (EN) 50 MINUTES, The Fall of Constantinople: The Brutal End of the Byzantine Empire, 50Minutes.com, 2016, ISBN 978-28-06-27306-2.
  21. ^ (EN) Michael Greenhalgh, Plundered Empire, BRILL, 2019, ISBN 978-90-04-40547-9, p. 563.
  22. ^ I dissidi nacquero tra i due figli di Costantino XI, Tommaso I e Demetrio II, a cui furono assegnate due separate porzioni di Peloponneso.
  23. ^ (EN) Jonathan Harris, Despots, Emperors, and Balkan Identity in Exile, in The Sixteenth Century Journal, vol. 44, n. 3, 2013, pp. 643–661, ISSN 0361-0160 (WC · ACNP).

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Bisanzio: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Bisanzio