Lingua tartessica: differenze tra le versioni

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Il nome "Tartessico" è convenzionale, in quanto non è sicuro che fosse la lingua parlata nell'antico regno di [[Tartesso]].
Il nome "Tartessico" è convenzionale, in quanto non è sicuro che fosse la lingua parlata nell'antico regno di [[Tartesso]].


I più antichi testi indigeni conosciuti del territorio iberico sono scritti in Tartessico e risalgono a un periodo compreso tra il [[VII secolo AC|settimo]] e il [[VI secolo AC|sesto secolo a. C.]]. Le iscrizioni sono redatte in una varietà dell'alfabeto iberico (in realtà una scrittura semi-sillabica) e furono trovate nella zona dove si suppone sia esistita la città di Tartesso, e nei suoi dintorni, precisamente nella [[Andalusia]] occidentale, in [[Portogallo]] meridionale ([[Algarve]]) e alcune in [[Estremadura]]. Allo stesso sistema di scrittura appartengono le monete trovate a Salacia, una piccola località situata in Portogallo, tra i fiumi Tago e Guadiana, monete che risalgono al [[200 a.C.]] circa.
I più antichi testi indigeni conosciuti del territorio iberico sono scritti in Tartessico e risalgono a un periodo compreso tra il [[VII secolo a.C.|settimo]] e il [[VI secolo a.C.|sesto secolo a.C.]]. Le iscrizioni sono redatte in una varietà dell'alfabeto iberico (in realtà una scrittura semi-sillabica) e furono trovate nella zona dove si suppone sia esistita la città di Tartesso, e nei suoi dintorni, precisamente nella [[Andalusia]] occidentale, in [[Portogallo]] meridionale ([[Algarve]]) e alcune in [[Estremadura]]. Allo stesso sistema di scrittura appartengono le monete trovate a Salacia, una piccola località situata in Portogallo, tra i fiumi Tago e Guadiana, monete che risalgono al [[200 a.C.]] circa.


Le difficoltà di comprensione della lingua sono dovute prima di tutto alla scrittura stessa: la maggior parte delle iscrizioni, infatti, è concentrica e senza segni di interpunzione, cosicché le parole non sono separate (cosiddetta ''scriptio continua''). Inoltre alcuni segni di tale scrittura non sono stati ancora decifrati.
Le difficoltà di comprensione della lingua sono dovute prima di tutto alla scrittura stessa: la maggior parte delle iscrizioni, infatti, è concentrica e senza segni di interpunzione, cosicché le parole non sono separate (cosiddetta ''scriptio continua''). Inoltre alcuni segni di tale scrittura non sono stati ancora decifrati.

Versione delle 01:42, 29 mag 2006

Tartessico
Parlato inpenisola Iberica
Periodoprobabilmente estinta intorno al VI secolo d. C.
Locutori
Classificaestinta
Tassonomia
Filogenesisconosciuta
 Tartessico
Codici di classificazione
ISO 639-3txr (EN)
Glottologtart1237 (EN)

Il Tartessico è una lingua estinta pre-romana, un tempo parlata nella Spagna meridionale. Verosimilmente non ha parentele con altre lingue, comprese le lingue indoeuropee o l'Iberico ed è perciò considerata una lingua isolata.

Il nome "Tartessico" è convenzionale, in quanto non è sicuro che fosse la lingua parlata nell'antico regno di Tartesso.

I più antichi testi indigeni conosciuti del territorio iberico sono scritti in Tartessico e risalgono a un periodo compreso tra il settimo e il sesto secolo a.C.. Le iscrizioni sono redatte in una varietà dell'alfabeto iberico (in realtà una scrittura semi-sillabica) e furono trovate nella zona dove si suppone sia esistita la città di Tartesso, e nei suoi dintorni, precisamente nella Andalusia occidentale, in Portogallo meridionale (Algarve) e alcune in Estremadura. Allo stesso sistema di scrittura appartengono le monete trovate a Salacia, una piccola località situata in Portogallo, tra i fiumi Tago e Guadiana, monete che risalgono al 200 a.C. circa.

Le difficoltà di comprensione della lingua sono dovute prima di tutto alla scrittura stessa: la maggior parte delle iscrizioni, infatti, è concentrica e senza segni di interpunzione, cosicché le parole non sono separate (cosiddetta scriptio continua). Inoltre alcuni segni di tale scrittura non sono stati ancora decifrati.

Ipotesi anatolica

Nelle iscrizioni tartessiche è stata isolata la formula bare nabe keenti, con la variante bare nabe keeni, che potrebbe avere significato funerario, del tipo "in questo luogo giace". Infatti, secondo Stig Wikander, ci sarebbe un equivalente nelle iscrizioni funerarie licie dove si trova il termine sijeni che significa "situs est". In questo caso la radice di riferimento è *kei- "giacere" (cfr. greco κειμαι/keimai, sanscrito śawte), con suffisso uguale a quello dei verbi ittiti tipo ijannai. Secondo Wikander l'alternanza fra keenti e keeni indicherebbe rispettivamente il plurale e il singolare come nella coniugazione anatolica hi. Inoltre nel termine nabe bisognerebbe riconoscere la desinenza indoeuropea *-bhi, che indica il caso locativo. Altro elemento di presunta affinità anatolica sarebbe una desinenza -el che indicherebbe il caso genitivo.

Ipotesi celtica

Recentemente, José Antonio Correa ha confermato il valore verbale di keeni/keenti, ma l'incertezza della decifrazione lo fa esitare sugli altri elementi dell'iscrizione. Ad esempio non ritiene sicura la lettura del finale -be in nabe, per cui scarta il possibile locativo.

D'altra parte è riuscito a identificare dei nomi di persona che avrebbero dei corrispondenti nelle lingue indoeuropee della penisola iberica (soprattutto nel Celtiberico): turaaio (Turaius), poti (Boutius), tala (Talaus), tirtos (Trita e Tritus).

Ha identificato un altro verbo con desinenza -nt- (arenti), come già keeni/keenti, e un possibile locativo plurale in -bo, dall'indoeuropeo *-bho, che si troverebbe nell'espressione logabo niirabo, dove Correa ritiene di intravedere una citazione del dio celtico Lug al plurale (caso già noto in altri contesti linguistici dell'antica Hispania). Secondo Correa, tutto questo, sebbene non sia schiacciante, potrebbe essere indizio di una correlazione genetica tra Tartessico e lingue celtiche.

Bibliografia

  • Villar, Francisco (1996)2. Los indoeuropeos y los orígines de Europa. Lenguaje e historia. Madrid: Gredos. (traduzione italiana di Donatella Siviero (1997). Gli indoeuropei e le origini dell'Europa. Bologna: Il Mulino. ISBN 881505780)
  • Wikander, Stig. "Sur la langue des inscriptions sud-hispaniques". Studia linguistica 20 (1966), pp. 1-8.
  • Correa, José Antonio (1985). Consideraciones sobra las inscripciones tartesias. In Actas del III Coloquio cobre lenguas y culturas prerromanas de la Península Ibérica. Salamanca, pp. 377-396.
  • Correa, José Antonio (1992). La epigrafía tartesia. In D. Hertel e J. Untermann (a cura di). Andalusien zwischen Vorgeschichte und Mittelalter. Köln-Weimar-Wien, pp.75-114.
  • Molto del contenuto di questo articolo proviene da Idioma Tartésico della Wikipedia in lingua spagnola (recuperato il 9 febbraio 2006), dal quale sono tratti anche i seguenti riferimenti:
    • Schmoll, Ulrich (1961) : Die sudlusitanischen Inschriften Wiesbaden.
    • Correa, José Antonio (1989): "Posibles antropónimos en las inscripciones en escritura del S.O. (o Tartesia)" Veleia 6, pp.243-252.
    • Correa, José Antonio (1996): "La epigrafía del Sudoeste. Estado de la cuestión" en Villar y D'Encarnaçao (eds) La Hispania Prerromana. Salamanca, pp. 65-76.
    • Untermann, Jürgen (1997): Monumenta Linguarum Hispanicarum. IV. Die tartessischen, keltiberischen und lusitanischen Inschriften. Wiesbaden.
    • Untermann, Jürgen (2000): "Lenguas y escrituras en torno a Tartessos" en ARGANTONIO. Rey de Tartessos (catálogo de la exposición). Madrid, pp. 69-77.
    • Rodríguez Ramos, Jésus (2000): "La lectura de las inscripciones sudlusitano-tartesias" Faventia 22/1, pp. 21-48. Consultable en [1]
    • Rodríguez Ramos, Jésus (2002): "Las inscripciones sudlusitano-tartesias: su función, lengua y contexto socioeconómico" Complutum 13, pp. 85-95.

Collegamenti esterni