Leone I di Ravenna: differenze tra le versioni

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}}, detentore della [[Arcidiocesi di Ravenna e Cervia|sede di Ravenna]] dal 770, a seguito di una contestata elezione, fino alla sua morte nel 777.
}}, detentore della [[Arcidiocesi di Ravenna e Cervia|sede di Ravenna]] dal 770, a seguito di una contestata elezione, fino alla sua morte nel 777.
== Un'elezione contestata ==
==Biografia==
=== Un'elezione contestata ===
Dopo la morte di Sergio, arcivescovo di Ravenna, l'8 agosto 769, Leone, allora arcidiacono, fu eletto al trono dell'arcidiocesi con l'approvazione ufficiale del papa. La sua elezione fu però contestata da un laico di nome Michele, spalleggiato dal duca Maurizio di Rimini con l'appoggio di [[Desiderio (re)|Desiderio]], [[re dei Longobardi]]. L'arcivescovo Sergio, come sostenuto da Thomas F. X. Noble, era stato leale o quantomeno si era trattenuto dall'essere sleale nei confronti del papato nel suo conflitto coi [[Longobardi]]. La morte di Sergio fu per Desiderio un'occasione per esercitare la sua influenza sulla diocesi.<ref>Noble, pp. 118-119</ref> Louis Marie DeCormenin scrisse nella sua storia che Leone fu imprigionato a [[Rimini]] dai soldati longobardi mentre Michele si impossessava della sua sede a Ravenna.<ref name=":0">DeCormenin, p. 199</ref> Il racconto di Noble non include invece questo dettaglio. I sostenitori di Michele nella città di Ravenna inviarono a [[papa Stefano III]] numerose richieste affinché riconoscesse la sua consacrazione ad arcivescovo, offrendo anche doni in cambio nel tentativo di corromperlo. Stefano tuttavia rifiutò e anzi, secondo DeCormenin, scomunicò Michele.<ref name=":0" />
Leone era un arcidiacono quando, il 25 agosto 769, morì l'arcivescovo [[Sergio (arcivescovo)|Sergio]], che aveva guidato la Chiesa ravennate dall'anno 744. Il clero ravennate scelse lui come nuovo vescovo. La sua elezione fu però contestata da un laico di nome Michele, appoggiato da Maurizio, ''dux'' (capo militare) di [[Rimini]], cui faceva capo il [[re dei Longobardi]] [[Desiderio (re)|Desiderio]]. L'arcivescovo Sergio era stato leale (o quantomeno si era trattenuto dall'essere sleale) nei confronti della Santa Sede nel suo conflitto coi [[Longobardi]]. La morte di Sergio fu per Desiderio un'occasione per occupare l'ex Esarcato.<ref>Noble, pp. 118-119.</ref> Louis Marie DeCormenin scrisse nella sua storia che Leone fu imprigionato a [[Rimini]] dai soldati longobardi mentre Michele si impossessava della sua sede a Ravenna.<ref name=":0">DeCormenin, p. 199</ref> Il racconto di Noble non include invece questo dettaglio. I sostenitori di Michele nella città di Ravenna inviarono a [[papa Stefano III]] numerose richieste affinché lo consacrasse come arcivescovo, offrendo anche ricchi doni in cambio. Papa Stefano tuttavia rifiutò e anzi, secondo DeCormenin, scomunicò Michele.<ref name=":0" />


La sorte di Leone prese una svolta fortunata quando, durante una missione diplomatica a Roma nel 770, la madre di [[Carlo Magno]], [[Bertrada di Laon]], concordò con Stefano che suo figlio lo avrebbe aiutato a risolvere la disputa sulla sede di Ravenna. Carlo Magno inviò il suo [[Missi dominici|''missus'']] Ugobaldo ad arrestare Michele per poi portarlo a Roma. Ciò permise a Leone di prendere finalmente il suo posto a Ravenna come arcivescovo.<ref>Noble, pp. 122-124</ref>
La sorte di Leone prese una svolta fortunata quando, in occasione di una missione diplomatica effettuata a Roma nel 770, la madre di [[Carlo Magno]], [[Bertrada di Laon]], concordò con Stefano che suo figlio lo avrebbe aiutato a risolvere la disputa sulla sede di Ravenna. Carlo Magno inviò il suo [[Missi dominici|''missus'']] Ugobaldo ad arrestare Michele per poi portarlo a Roma. Ciò permise a Leone di sedersi sulla cattedra arcivescovile di Ravenna.<ref>Noble, pp. 122-124</ref>


== L'arresto di Paolo Afiarta ==
=== L'arresto di Paolo Afiarta ===
Nel 772, in seguito alla sua elezione, [[papa Adriano I]] si adoperò per rimuovere l'influenza di Paolo Afiarta che, durante il pontificato di Stefano III, aveva iniziato perseguire i sostenitori dell'assassinato Cristoforo e di suo figlio Sergio. Adriano ristabilì coloro che erano stati epurati da Afiarta e lo allontanò, mandandolo in missione diplomatica a [[Pavia]]. Adriano intendeva così guadagnare tempo sufficiente per organizzare un processo contro di lui, tuttavia la missione non riuscì a raggiungere Pavia prima che Desiderio lanciasse un attacco contro i territori papali e si impadronisse di [[Faenza]], [[Ferrara]] e [[Comacchio]]. Leone, in seguito a questo attacco, aveva scritto ad Adriano per chiedere supporto, poiché le forze longobarde cominciavano a rappresentare una minaccia per la stessa Ravenna.<ref>Noble, pp. 128-129.</ref>
Nel 772, in seguito alla sua elezione, [[papa Adriano I]] si adoperò per rimuovere l'influenza di Paolo Afiarta che, durante il pontificato di Stefano III, aveva iniziato perseguire i sostenitori dell'assassinato Cristoforo e di suo figlio Sergio. Adriano ristabilì coloro che erano stati epurati da Afiarta e lo allontanò, mandandolo in missione diplomatica a [[Pavia]]. Adriano intendeva così guadagnare tempo sufficiente per organizzare un processo contro di lui, tuttavia la missione non riuscì a raggiungere Pavia prima che Desiderio lanciasse un attacco contro i territori papali e si impadronisse di [[Faenza]], [[Ferrara]] e [[Comacchio]]. Leone, in seguito a questo attacco, aveva scritto ad Adriano per chiedere supporto, poiché le forze longobarde cominciavano a rappresentare una minaccia per la stessa Ravenna.<ref>Noble, pp. 128-129.</ref>


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Secondo DeCormenin, Afiarta fu decapitato.<ref name=":1" />
Secondo DeCormenin, Afiarta fu decapitato.<ref name=":1" />


== Il conflitto con papa Adriano I ==
=== Il conflitto con papa Adriano I ===
Leone era stato per due volte ai ferri corti con gli emissari di Desiderio e quando il regno longobardo cadde nelle mani di Carlo Magno, nel 774, fu finalmente libero da minacce imminenti. Sembra che da allora Leone abbia iniziato a gestire personalmente il territorio della sua diocesi come una sorta di nuovo [[Esarcato d'Italia|esarcato]].<ref name=":2">Jinty Nelson, pp. 239-252</ref> Ciò spinse Adriano I ad inviare, tra il 774 e il 776, quattro lettere a Carlo (raccolte nel ''[[Codex Carolinus]]''),<ref name=":2" /> nelle quali il papa accusava Leone di aver posto sotto il suo pieno controllo le città dell'[[Emilia]] e della [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]], escludendo da esse e dal resto della sua diocesi i funzionari pontifici, e addirittura di aver accentrato su di sé ogni aspetto del governo di Ravenna. Leone si difese sostenendo che fosse stato il papa stesso ad autorizzare queste azioni.<ref>Noble, p. 169</ref><ref name=":3">Janet L. Nelson, p. 152</ref> Un'altra accusa che Adriano mosse contro Leone fu quella di aver mantenuto contatti diretti con Carlo Magno senza la mediazione di Roma. La lettera n. 53 del ''Codex Carolinus'' del 775 sembra suggerire che l'arcivescovo Leone si fosse recato personalmente alla corte dei [[Franchi]] per incontrare lo stesso Carlo Magno.<ref name=":3" />
Leone era stato per due volte ai ferri corti con gli emissari di Desiderio e quando il regno longobardo cadde nelle mani di Carlo Magno, nel 774, fu finalmente libero da minacce imminenti. Sembra che da allora Leone abbia iniziato a gestire personalmente il territorio della sua diocesi come una sorta di nuovo [[Esarcato d'Italia|esarcato]].<ref name=":2">Jinty Nelson, pp. 239-252</ref> Ciò spinse Adriano I ad inviare, tra il 774 e il 776, quattro lettere a Carlo (raccolte nel ''[[Codex Carolinus]]''),<ref name=":2" /> nelle quali il papa accusava Leone di aver posto sotto il suo pieno controllo le città dell'[[Emilia]] e della [[Pentapoli bizantina|Pentapoli]], escludendo da esse e dal resto della sua diocesi i funzionari pontifici, e addirittura di aver accentrato su di sé ogni aspetto del governo di Ravenna. Leone si difese sostenendo che fosse stato il papa stesso ad autorizzare queste azioni.<ref>Noble, p. 169</ref><ref name=":3">Janet L. Nelson, p. 152</ref> Un'altra accusa che Adriano mosse contro Leone fu quella di aver mantenuto contatti diretti con Carlo Magno senza la mediazione di Roma. La lettera n. 53 del ''Codex Carolinus'' del 775 sembra suggerire che l'arcivescovo Leone si fosse recato personalmente alla corte dei [[Franchi]] per incontrare lo stesso Carlo Magno.<ref name=":3" />



Versione delle 23:04, 7 apr 2022

Leone I di Ravenna
arcivescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricopertiArcivescovo metropolita di Ravenna (770-777)
 
Consacrato arcivescovo770
Deceduto777 a Ravenna
 

Leone I (... – Ravenna, 777) è stato un arcivescovo italiano, detentore della sede di Ravenna dal 770, a seguito di una contestata elezione, fino alla sua morte nel 777.

Biografia

Un'elezione contestata

Leone era un arcidiacono quando, il 25 agosto 769, morì l'arcivescovo Sergio, che aveva guidato la Chiesa ravennate dall'anno 744. Il clero ravennate scelse lui come nuovo vescovo. La sua elezione fu però contestata da un laico di nome Michele, appoggiato da Maurizio, dux (capo militare) di Rimini, cui faceva capo il re dei Longobardi Desiderio. L'arcivescovo Sergio era stato leale (o quantomeno si era trattenuto dall'essere sleale) nei confronti della Santa Sede nel suo conflitto coi Longobardi. La morte di Sergio fu per Desiderio un'occasione per occupare l'ex Esarcato.[1] Louis Marie DeCormenin scrisse nella sua storia che Leone fu imprigionato a Rimini dai soldati longobardi mentre Michele si impossessava della sua sede a Ravenna.[2] Il racconto di Noble non include invece questo dettaglio. I sostenitori di Michele nella città di Ravenna inviarono a papa Stefano III numerose richieste affinché lo consacrasse come arcivescovo, offrendo anche ricchi doni in cambio. Papa Stefano tuttavia rifiutò e anzi, secondo DeCormenin, scomunicò Michele.[2]

La sorte di Leone prese una svolta fortunata quando, in occasione di una missione diplomatica effettuata a Roma nel 770, la madre di Carlo Magno, Bertrada di Laon, concordò con Stefano che suo figlio lo avrebbe aiutato a risolvere la disputa sulla sede di Ravenna. Carlo Magno inviò il suo missus Ugobaldo ad arrestare Michele per poi portarlo a Roma. Ciò permise a Leone di sedersi sulla cattedra arcivescovile di Ravenna.[3]

L'arresto di Paolo Afiarta

Nel 772, in seguito alla sua elezione, papa Adriano I si adoperò per rimuovere l'influenza di Paolo Afiarta che, durante il pontificato di Stefano III, aveva iniziato perseguire i sostenitori dell'assassinato Cristoforo e di suo figlio Sergio. Adriano ristabilì coloro che erano stati epurati da Afiarta e lo allontanò, mandandolo in missione diplomatica a Pavia. Adriano intendeva così guadagnare tempo sufficiente per organizzare un processo contro di lui, tuttavia la missione non riuscì a raggiungere Pavia prima che Desiderio lanciasse un attacco contro i territori papali e si impadronisse di Faenza, Ferrara e Comacchio. Leone, in seguito a questo attacco, aveva scritto ad Adriano per chiedere supporto, poiché le forze longobarde cominciavano a rappresentare una minaccia per la stessa Ravenna.[4]

Durante questo caos Adriano decise di agire contro Afiarta e ordinò, tramite un tribuno di nome Giuliano, all'arcivescovo Leone di farlo catturare a Ravenna nel suo viaggio di ritorno a Roma.[5] In un'ulteriore lettera di Adriano fornì a Leone maggiori dettagli su come avrebbe dovuto trattare Afiarta, ordinando che il prigioniero fosse mandato in esilio; Leone tuttavia, avendo già avuto a che fare con emissari di Desiderio dalle idee simili a quelle di Afiarta, voleva che fosse giustiziato. Quando gli inviati papali raggiunsero la Romagna per trattare con Afiarta scoprirono che era già morto.[6]

Secondo DeCormenin, Afiarta fu decapitato.[5]

Il conflitto con papa Adriano I

Leone era stato per due volte ai ferri corti con gli emissari di Desiderio e quando il regno longobardo cadde nelle mani di Carlo Magno, nel 774, fu finalmente libero da minacce imminenti. Sembra che da allora Leone abbia iniziato a gestire personalmente il territorio della sua diocesi come una sorta di nuovo esarcato.[7] Ciò spinse Adriano I ad inviare, tra il 774 e il 776, quattro lettere a Carlo (raccolte nel Codex Carolinus),[7] nelle quali il papa accusava Leone di aver posto sotto il suo pieno controllo le città dell'Emilia e della Pentapoli, escludendo da esse e dal resto della sua diocesi i funzionari pontifici, e addirittura di aver accentrato su di sé ogni aspetto del governo di Ravenna. Leone si difese sostenendo che fosse stato il papa stesso ad autorizzare queste azioni.[8][9] Un'altra accusa che Adriano mosse contro Leone fu quella di aver mantenuto contatti diretti con Carlo Magno senza la mediazione di Roma. La lettera n. 53 del Codex Carolinus del 775 sembra suggerire che l'arcivescovo Leone si fosse recato personalmente alla corte dei Franchi per incontrare lo stesso Carlo Magno.[9]

Nella corrispondenza tra Adriano e Carlo Magno del 775 riguardante la questione di Leone, Adriano aveva sperato di ottenere dal re franco un incontro a Roma nello stesso anno, ma quando giunse novembre divenne chiaro che questo incontro non sarebbe avvenuto. Il ruolo ricoperto dall'arcivescovo Leone nella nascita di una spaccatura tra il re franco e il papa è stato messo in dubbio da alcuni storici specializzati. Janet Nelson, per esempio, ha scritto nella sua biografia di Carlo Magno che fu proprio Carlo a supportare la presa di posizione di Leone contro il papato per assicurarsi un maggiore controllo sulla diocesi ravennate.[9] Al contrario, Thomas Noble scrive che anche se Carlo Magno era davvero disposto a buoni rapporti con Leone, non era in alcun modo un suo vero sostenitore contro Roma. Noble ritiene che questa disposizione amichevole fosse un risultato naturale dell'intervento iniziale di Carlo Magno a Ravenna per far sedere Leone sul suo trono episcopale.[10][11]

Note

  1. ^ Noble, pp. 118-119.
  2. ^ a b DeCormenin, p. 199
  3. ^ Noble, pp. 122-124
  4. ^ Noble, pp. 128-129.
  5. ^ a b DeCormenin, p. 202
  6. ^ Noble. p. 129-130
  7. ^ a b Jinty Nelson, pp. 239-252
  8. ^ Noble, p. 169
  9. ^ a b c Janet L. Nelson, p. 152
  10. ^ Noble, p. 281
  11. ^ Noble, p. 170

Bibliografia

  • Louis Marie DeCormenin, A Complete History of the Popes of Rome, from Saint Peter, the First Bishop to Pius the Ninth. 1857.
  • Janet L. Nelson, King and Emperor: A New Life of Charlemagne. Allen Lane, 2019.
  • Jinty Nelson, Judith Herrin (ed.), "Charlemagne and Ravenna" Ravenna, its role in earlier medieval change and exchange, School of Advanced Study, University of London, 2016, ISBN 9781909646148.
  • Thomas F. X. Noble, The Republic of St Peter. Pennsylvania: University of Pennsylvania Press, 1984.

Predecessore Arcivescovo metropolita di Ravenna Successore
Sergio 770 - 777 Giovanni VI