Assistenza Ginecologia 2

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CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

Infermieristica applicata all'ostetricia


A.A 2020/2021

ASSISTENZA INFERMIERISTICA
ALLA PAZIENTE GINECOLOGICA
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

- PREVENZIONE DEI TUMORI FEMMINILI

- CONTRACCEZIONE

- IVG

- CHIRURGIA GINECOLOGICA
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

SCREENING DEL TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO


Il cancro della cervice uterina è un tumore della sfera genitale femminile che colpisce
la parte più esterna dell’utero (detta anche collo o portio), quella cioè facilmente
esplorabile con la visita ginecologica.
Si tratta di una forma tumorale il cui impatto si è drasticamente ridotto, nei Paesi
industrializzati, negli ultimi 30 anni grazie alla prevenzione attuata attraverso i
programmi di  screening.
Nonostante ciò, il tumore è al secondo posto nel mondo, dopo la mammella, tra i
tumori che colpiscono le donne. La probabilità di sopravvivenza a 5 anni è
aumentata negli ultimi 20 anni (dal 63 al 72%). Superato il primo anno dalla
diagnosi la probabilità di sopravvivere per altri 5 anni aumenta notevolmente
(dal 77% al 92%).
Il cancro della cervice uterina, in genere, non dà sintomi nelle fasi più precoci di
sviluppo: per questa ragione è importante mettere in atto misure preventive che
consentano di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che
evolvano in carcinoma.
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Il cancro della cervice uterina è il primo tumore per cui sia stata riconosciuta una causa
infettiva. Origina infatti da lesioni causate da infezioni da Papillomavirus umano
 (HPV), un virus molto comune che si trasmette prevalentemente per via sessuale.
Esistono oltre 100 tipi di Papillomavirus: alcuni di essi sono responsabili:
• di lesioni benigne come i condilomi (HPV tipo 6 e 11),
• lesioni pre-invasive (displasie)
• invasive, cioè il tumore della cervice uterina (specie i virus di tipo 16 e 18).
L'infezione da Papillomavirus è la più frequente tra le infezione sessualmente
trasmesse.
Tuttavia, soltanto una piccola parte delle infezioni (circa il 10%) può evolvere verso
forme tumorali, specie in presenza di alcuni cofattori (fumo di sigaretta). 
La maggior parte delle infezioni, invece, è transitoria e guarisce spesso
spontaneamente.
In genere il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni
precancerose è lungo (alcuni 5 anni); perchè si sviluppi il tumore della
cervice vero e proprio possono invece occorrere decenni. 

Questi lunghi tempi consentono di attuare con efficacia i test di screening


(pap-test e test virale) e di avere ottimi risultati in termini di prevenzione.

Ovviamente, l’adesione al programma nazionale di vaccinazione HPV


consentirà un maggior livello di protezione della popolazione vaccinata

L’acquisizione dell’infezione è necessaria per sviluppare il tumore, tuttavia vi


sono anche altri fattori che contribuiscono all’insorgenza del cancro, come il:
• fumo di sigaretta,
• le abitudini sessuali,
• familiarità,
• una dieta povera di frutta e verdura,
• l'obesità.
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L’esame di screening
Il test impiegato finora nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test.
Deve essere effettuato da tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni ogni
tre anni. Secondo le prove scientifiche disponibili è questo infatti l’intervallo di
tempo che rende massimi i benefici dello screening e riduce al minimo i costi e le
visite richieste.
L’intervallo, infatti, è sufficientemente breve per rendere poco probabile tra un test
e l’altro lo sviluppo di un tumore, ma non così breve da individuare lesioni che
regredirebbero spontaneamente e quindi da indurre a effettuare un trattamento
che non sarebbe necessario.
Di cosa si tratta:
Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero,
eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone.
Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo
chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni,
che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali.
Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere
l’esame dopo tre anni.
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Pap-test classico
-Prelievo delle cellule dall’esocervice
con la spatola di Ayre
-Prelievo delle cellule dall’endocervice
con il cyto-brush
-Il materiale viene spatolato sul vetrino
(solitamente sulla parte inferiore le
cellule esocervicali e sulla parte
superiori le cellule endocervicali)
-Il campione viene fissato con alcool
etilico 95° o con fissativi spray
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HPV test
Recentemente, viste il ruolo indispensabile di alcuni tipi di virus HPV (cosiddetti ad alto
rischio) nello sviluppo del cancro della cervice uterina, le Regioni sono state
sollecitate a mutare il test di screening.
Il nuovo test di screening si baserà sulla ricerca dell’infezione dell’HPV ad alto rischio. Il
prelievo è simile a quello del Pap-test.
L’esame dovrà essere effettuato non prima dei 30 anni ed essere ripetuto
con intervalli non inferiori ai 5 anni. 
• HPV TEST + PAP TEST
• PAP TEST + colposcopia; PAP TEST - HPV TEST DOPO 1 ANNO

Dai 25 a 30-35 anni l’esame di riferimento rimane il Pap test da eseguirsi ogni tre
anni . Questa scelta è dovuta al fatto che in giovane età la probabilità di avere una
infezione da HPV è molto alta senza che questa assuma una importanza clinica.
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Per una buona qualità del test il prelievo deve essere effettuato nel momento giusto
del ciclo e seguendo le indicazioni per un corretto campionamento e all’allestimento
del preparato:
1. Eseguire il prelievo in assenza di perdite ematiche e tra ilo 10° e 22° giorno del ciclo
La presenza di sangue, fresco o emolizzato, e di cellule endometriali residue
(exodus) può disturbare la lettura del preparato e inficiare il giudizio diagnostico.
2. Consigliare di astenersi dai rapporti sessuali, anche se con preservativo, nei 2 giorni
precedenti il prelievo
• Nel liquido seminale sono presenti spermatozoi e cellule spermiogeniche che
possono essere confusi con cellule atipiche e simulare una lesione di alto
grado dando origine ad un falso positivo.
• I profilattici contengono lubrificanti che rilasciano residui inorganici nello
striscio. La presenza in quantità eccessiva di tali sostanze produce effetto di
mascheramento delle cellule e/o inadeguatezza dello striscio.
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3. Consigliare di non utilizzare farmaci per via vaginale (candelette, ovuli, creme,
lavande): eventuali terapie locali vanno sospese almeno 3 giorni prima dell’esecuzione
del pap test.
I farmaci per uso topico residuano in vagina per alcuni giorni. La presenza in
quantità eccessiva di tali sostanze produce effetto di confondimento e/o di
inadeguatezza dello striscio.
4. Il pap-test può essere effettuato dopo il bagno in mare, in vasca o in piscina
I bagni non comportano quei danni gravi ed irreversibili sulle cellule che
possono essere provocati dal contatto diretto e sotto pressione con l’acqua, come si
verifica in situazioni come i lavaggi interni. Quindi il bagno non costituisce
controindicazione all’effettuazione del pap-test .
5. Si può fare il pap-test anche in gravidanza
Nelle donne in gravidanza l’esecuzione del Pap test non presenta generalmente
controindicazioni. Si consiglia, tuttavia,di effettuare il pap-test entro l’ottavo
mese per evitare eventuali rotture premature del sacco amniotico o la possibile
risalita dall’esterno di germi patogeni e dopo la 14 settimana.
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6. Il pap-test può essere effettuato anche in corso di allattamento e puerperio.


E’ consigliabile attendere almeno 1 mese dal parto perchè non devono essere
presenti perdite ematiche o lochiazioni. Va segnalato sulla scheda
anamnestica.
In caso di allattamento e puerperio la paziente, per assenza di
stimolazione estrogenica, ha uno striscio di tipo atrofico.
Consigliabile attendere almeno un ciclo dopo il capoparto.

7. Se la donna presenta leucorrea intensa, non effettuare il pap test ma


consigliare una visita ginecologica per l’opportune diagnosi e terapia
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Gli esami di approfondimento


Se invece il Pap-test risulta positivo, vale a dire nei casi in cui l’analisi al microscopio
mostra la presenza di cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali, il
protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di
esami di approfondimento.

In primo luogo la donna è invitata a eseguire una colposcopia. Si tratta di un esame


che, attraverso l’utilizzo di un apposito strumento (il colposcopio) permette la
visione ingrandita della cervice uterina. Si utilizzano due coloranti: acido acetico al
3% e Lugol.
In tal modo il medico è in grado di confermare la presenza di lesioni pretumorali o
tumorali e valutarne l’estensione.
Alla colposcopia può far seguito una biopsia, cioè un prelievo di una piccola
porzione di tessuto anomalo da sottoporre a un’analisi che confermi
definitivamente le caratteristiche esatte della sospetta lesione.
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SCREENING DEL TUMORE DELLA MAMMELLA


Il cancro al seno è il tumore femminile più diffuso, rappresentando il 29% di tutti i
tumori.
Dalla fine degli anni Ottanta si osserva una moderata ma continua tendenza alla
diminuzione della mortalità per carcinoma mammario (-1,6%/anno), attribuibile ad
una più alta sensibilità e anticipazione diagnostica e ai progressi terapeutici.
Il seno è costituito da grasso, tessuto connettivo e una serie di strutture ghiandolari
(lobuli) organizzata nei cosiddetti lobi, responsabili della produzione di latte che
viene escreto attraverso sottili canali definiti dotti mammari.
Ci sono diversi tipi di cancro al seno che possono svilupparsi in diverse parti del seno.
Una prima importante distinzione può essere fatta tra forme non invasive e forme
invasive.
Le forme non invasive: carcinoma in situ, si sviluppano nei dotti e
non si espandono al di fuori del seno.
Difficilmente questa forma dà luogo a noduli palpabili al tatto, più
spesso viene identificata attraverso la mammografia. La più comune
forma di carcinoma in situ è il carcinoma duttale in situ.

Il cancro al seno invasivo: ha la capacità di espandersi al di fuori del


seno.
La forma più comune è il carcinoma duttale infiltrante che
rappresenta circa i tre quarti di tutti i casi di cancro della mammella.
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Sintomi del tumore del seno sono:


• cambiamenti nella forma o nelle dimensioni di uno o di entrambe le mammelle
• perdite dai capezzoli
• rigonfiamenti sulle ascelle
• avvallamenti, fossette sulla pelle del seno
• arrossamenti intorno al capezzolo
• cambio nell’aspetto del capezzolo o retrazione dello stesso
• alterazione della cute (cute a buccia d’arancia)
• dolore ingiustificato al seno o all’ascella.

Il cancro della mammella raramente dà dolore.


Spesso, il primo sintomo riconoscibile è un nodulo o un’area ispessita nel seno
(tuttavia la maggior parte dei noduli, circa il 90% non sono forme tumorali).
I principali fattori di rischio sono:

• età < 50 anni


• Anamnesi familiare positiva per tumore della mammella
• Mutazione del gene BRCA -1 e BRCA-2
• Anamnesi personale positiva per tumore della mammella
• “seno denso” cioè un seno con una percentuale maggiore di tessuto
ghiandolare rispetto al tessuto adiposo
• Esposizione agli estrogeni
• Sovrappeso e obesità
• Consumo di alcol
• Esposizione a radiazioni ionizzanti
• Terapia ormonale sostitutiva
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L’esame di screening
Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età
compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni. In
alcune Regioni si sta sperimentando l’efficacia in una fascia di età più ampia, quella
compresa tra i 45 e i 74 anni (con una periodicità annuale nelle donne sotto ai 50
anni).
DAL BUR EMILIA ROMAGNA:

Criteri adottati per la valutazione del rischio familiare

Profilo 1 - Familiarità con rischio assimilabile alla popolazione generale:


- 1 familiare di primo grado diagnosticato dopo i 40 anni
- 2 familiari di primo grado diagnosticati dopo i 60 anni
- senza alcuna delle condizioni che seguono

Profilo 1 basso rischio


Assimilabile alla popolazione generale; segue i protocolli dello screening
Profilo 3 - Familiarità con rischio molto elevato e relativi criteri per considerare l’invio alla
consulenza genetica
Storia personale o familiare di:
- Maschio con carcinoma mammario
- Donna con carcinoma mammario e carcinoma ovarico
- Donna con carcinoma mammario con le seguenti caratteristiche:
• < 36 anni, con o senza storia familiare
• < 50 anni con carcinoma bilaterale, con o senza storia familiare
• < 50 anni e 1 o più parenti di primo grado con:
 carcinoma mammario < 50 anni
 carcinoma ovarico a qualsiasi età
 carcinoma mammario bilaterale
 carcinoma mammario maschile
• >50 anni solo se storia familiare di carcinoma mammario o ovarico in 2 o più parenti in
primo grado tra loro (di cui uno in primo grado con lei)
- Donna con carcinoma ovarico e un parente di primo grado con:
 carcinoma mammario < 50 anni
 carcinoma ovarico a qualsiasi età
 carcinoma mammario bilaterale
 carcinoma mammario maschile
- Mutazione nota di BRCA1, BRCA2, P53.

Nota: -Familiare di 1° grado = madre, sorella, figlia, nonna paterna, zia paterna.
Familiare di 2° grado = nipote, nonna materna, zia materna
Profilo 3 alto rischio senza mutazione genetica accertata
25-34 a visita + ecografia semestrale
35-59 a visita + ecografia semestrale + mammografia annuale*
60-69 a visita + mammografia annuale*
70-74 a (percorso screening) mammografia biennale
* RM secondo linee guida Foncam

3a) Profilo 3 alto rischio con mutazione genetica (BRCA1/2) accertata


< 25 a La proposta del test genetico viene fatta solo se ci sia un caso < 29 a. Solo
nel caso in cui sia stata accertata positività genetica si prevede visita + ecografia
semestrale
25-34 a visita + ecografia semestrale + RM annuale
35-54 a visita + ecografia semestrale + mammografia annuale + RM annuale
55-69 a visita + ecografia semestrale + mammografia annuale
70-74 a (percorso screening) mammografia biennale
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Durante la procedura, il seno viene


compresso utilizzando uno strumento
dedicato. La compressione permette di
uniformare il tessuto del seno per
aumentare la qualità dell'immagine.
Questo comporta inoltre la diminuzione
della dose necessaria di radiazioni e degli
artefatti da movimento.
Nella mammografia di screening, vengono
realizzate due proiezioni della mammella:
-Una cranio-caudale
-Una obliqua medio-laterale
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica
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Anche se la mammografia rimane uno strumento molto efficace per la diagnosi


precoce del tumore del seno, oggi sono disponibili anche altre tecniche diagnostiche
come la risonanza magnetica (ancora limitata a casi selezionati), la PEM (una
tomografia a emissione di positroni - PET - specifica per le mammelle) e un nuovo
esame già definito il Pap-test del seno che consiste nell'introduzione di liquido nei
dotti galattofori (i canali attraverso i quali passa il latte) e nella successiva raccolta di
questo liquido che porta con sé anche alcune cellule. Grazie al microscopio è poi
possibile individuare quali tra le cellule fuoriuscite ha caratteristiche pretumorali
permettendo una diagnosi molto precoce del tumore del seno.
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Autopalpazione del seno


L'autopalpazione è un esame che ogni donna può effettuare comodamente a casa
propria: permette di conoscere profondamente l'aspetto e la struttura normale del
seno e quindi di poter cogliere precocemente qualsiasi cambiamento.
L'esame si svolge in due fasi:
- l'osservazione permette di individuare mutazioni nella forma del seno o del capezzolo,
- la palpazione può far scoprire la presenza di piccoli noduli che prima non c'erano.
Quando si parla di autopalpazione si pensa solo a un esame per la ricerca di noduli nella
ghiandola mammaria, ma in realtà grazie a questo esame possono emergere altri
segnali che devono spingere a consultare un medico, come retrazioni o cambiamenti
della pelle, perdite di liquido dai capezzoli e cambiamenti di forma della mammella.
A partire dai 20 anni l'esame può essere effettuato una volta al mese tra il settimo e il
quattordicesimo giorno del ciclo. 
Rispettare questi tempi è importante perché la struttura del seno si modifica in base ai
cambiamenti ormonali mensili, e si potrebbero di conseguenza creare, in alcuni casi,
confusioni o falsi allarmi.
Con il sopraggiungere della menopausa, l'esame può essere eseguito indifferentemente
in qualunque periodo del mese e deve essere effettuato con regolarità anche e
soprattutto dalle over 60 poiché il picco di incidenza (numero di nuovi casi) del
tumore del seno si colloca proprio tra i 65 e i 70 anni.
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Contraccezione
LA PILLOLA ESTROPROGESTINICA CONTIENE UN’ASSOCIAZIONE DI DUE ORMONI
FEMMINILI (STEROIDI): UN ESTROGENO (IN GENERE ETINILESTRADIOLO O
ESTRADIOLO VALERIATO O MICRONIZZATO) E UN PROGESTINICO (PER ESEMPIO
LEVONORGESTREL, GESTODENE E ALTRI).
IL TIPO DI MOLECOLE ASSOCIATE E IL RAPPORTO TRA LE QUANTITÀ DI ORMONI
CARATTERIZZA LE DIFFERENTI PILLOLE ATTUALMENTE DISPONIBILI:

◦A DOSAGGIO FISSO (PILLOLA MONOFASICA) OVVERO IN OGNI PILLOLA È


CONTENUTA LA STESSA QUANTITÀ DI STEROIDI.
◦A DOSAGGIO VARIABILE IN DUE FASI (PILLOLA BIFASICA) QUANDO
L’ESTROGENO È A DOSAGGIO FISSO E IL PROGESTINICO VIENE ASSUNTO IN DUE
DOSAGGI DIFFERENTI.
◦A DOSAGGIO VARIABILE IN TRE FASI (PILLOLA TRIFASICA) QUANDO GLI
ORMONI SONO ASSOCIATI IN 3 DOSAGGI DIFFERENTI. QUEST’ULTIMO TIPO DI
PILLOLA CONTIENE 30-40 ΜG DI ETINILESTRADIOLO E LA DOSE TOTALE DI
ORMONI È MOLTO BASSA E MIMA LA PRODUZIONE DEGLI ESTROGENI E DEL
PROGESTERONE COSÌ COME AVVIENE NEL CICLO FISIOLOGICO.

LA PILLOLA ESTROPROGESTINICA AGISCE PRINCIPALMENTE INIBENDO


L’OVULAZIONE ATTRAVERSO IL BLOCCO DELLA SINTESI DI DUE ORMONI: FSH E
LH, DENOMINATI GONADOTROPINE E PRODOTTI DALL’IPOFISI, UNA PICCOLA
GHIANDOLA CHE SI TROVA ALLA BASE DEL CERVELLO. LA PILLOLA PROVOCA,
INOLTRE, UN ISPESSIMENTO DEL MUCO CERVICALE E UN ASSOTTIGLIAMENTO
DELL’ENDOMETRIO, LA MUCOSA DELL’UTERO, CHE DIVENTA QUINDI MENO
ADATTO ALL’ EVENTUALE IMPIANTO DELLO ZIGOTE (NOME DELL’OVULO
FECONDATO).

LA POSOLOGIA PREVEDE IN GENERE L’ASSUNZIONE – SEMPRE ALLA STESSA ORA


– DI UN CONFETTO AL GIORNO, A PARTIRE DAL PRIMO GIORNO DI FLUSSO
MESTRUALE, PER LA DURATA DI 21 GIORNI.
SEGUE UNA PAUSA DI 1 SETTIMANA (7 GG), DURANTE LA QUALE SI HA IL
FLUSSO PSEUDOMESTRUALE, IN GENERE AL 2-3° GIORNO DALL’ULTIMO
CONFETTO.
A questo punto si ricomincia una nuova confezione (è importante partire sempre dallo stesso giorno, anche se il ciclo non
è ancora terminato completamente). Ad esempio, se la pillola è stata iniziata un martedì, la nuova confezione dovrà
essere iniziata di martedì.

La pillola estroprogestinica, oltre a garantire un’efficacia anticoncezionale elevatissima, svolge anche numerosi effetti
benefici non contraccettivi. La sintesi di nuove molecole meglio tollerate e la progressiva riduzione dei dosaggi ormonali
ha contribuito alla drastica diminuzione degli effetti collaterali, sia in termini di incidenza che di gravità.

La pillola estroprogestinica è adatta a tutte le donne sane in età fertile, comprese le donne non più giovani. E’
considerato uno dei migliori metodi contraccettivi per le adolescenti grazie alla sua elevata efficacia e alla presenza di
numerosi benefici extracontraccettivi, particolarmente utili nella donna giovane:

Diminuzione di:
◦Irregolarità mestruali
◦Dismenorrea
◦Sindrome premestruale
◦Menorragia
◦Acne, seborrea, eccesso di peli.
La pillola estroprogestinica non protegge dalle malattie sessualmente trasmesse e quindi in condizioni di rischio
in tale senso è necessario associare un contraccettivo di barriera, come il preservativo.
Inoltre, è controindicata in gravidanza, allattamento e in caso di elevato rischio, ad esempio nelle donne oltre i 35
anni fumatrici e con alto rischio di malattie cardiovascolari.

In caso di dimenticanza della pillola è importante verificare quanto tempo è trascorso rispetto al momento in cui
sarebbe dovuta avvenire l’assunzione:

•Meno di 12 ore: la protezione contraccettiva è mantenuta. Bisogna quindi assumere immediatamente la pillola
dimenticata e continuare normalmente l’assunzione fino alla fine della confezione
•Oltre 12 ore: la protezione contraccettiva può essere ridotta, va quindi assunto un altro metodo contraccettivo
fino alla fine della confezione

Il rischio di gravidanza aumenta se la compressa viene dimenticata all’inizio o alla fine della confezione.
Alcune pillole prevedono l’assunzione continuativa (per 28 giorni) e contengono quindi alcuni confetti “vuoti”,
privi di ormoni, in genere distinti con un colore diverso. La dimenticanza di questi confetti (placebo) non comporta
alcuna conseguenza sulla sicurezza contraccettiva
Il sistema intrauterino è un dispositivo flessibile di piccole dimensioni, dotato di un serbatoio contenente l
´ormone progestinico, che viene inserito nell´utero dal ginecologo. Il rilascio graduale di un piccolo dosaggio di
progestinico direttamente nell´utero provoca un ispessimento del muco cervicale che rende più difficile il
passaggio degli spermatozoi attraverso la cervice e un assottigliamento della membrana dell´utero che
impedisce all´ovulo di impiantarsi. Con un´efficacia del 99,8% è uno dei metodi contraccettivi più sicuri tra
quelli disponibili.
Il sistema intrauterino è un dispositivo flessibile di piccole dimensioni, dotato di un serbatoio contenente
l’ormone progestinico, che viene inserito nell´utero dal ginecologo. Il rilascio graduale di un piccolo dosaggio di
progestinico direttamente nell´utero provoca un ispessimento del muco cervicale che rende più difficile il
passaggio degli spermatozoi attraverso la cervice e un assottigliamento della membrana dell´utero che
impedisce all´ovulo di impiantarsi. Con un´efficacia del 99,8% è uno dei metodi contraccettivi più sicuri tra
quelli disponibili.
Modalità d’uso
Il sistema intrauterino viene applicato nell´utero attraverso la vagina dal ginecologo a livello ambulatoriale.
La protezione è attiva dal momento dell´inserimento e per un periodo variabile da 3 anni a 5 anni a seconda
del tipo di prodotto.
Una volta rimosso il sistema intrauterino, l´effetto contraccettivo svanisce rapidamente, assicurando il ritorno
ai livelli di fertilità precedenti l’applicazione.
È indicato per le donne alla ricerca di un metodo contraccettivo efficace, reversibile e ad azione prolungata che
le liberi dal peso di routine giornaliere, settimanali, mensili e che temono gli ormoni.
VANTAGGI SVANTAGGI
• Una volta inserito può rimanere in utero da 3 fino a 5 anni a • Deve essere inserito e rimosso dal ginecologo
seconda del prodotto, ma può essere rimosso in ogni momento in
• Nei primi 6 mesi di utilizzo può provocare irregolarità nel
base alle necessità della donna. Con i sistemi intrauterini non ci
sono i problemi di dimenticanza tipici degli altri contraccettivi ciclo e spotting
ormonali a breve durata • Può causare mal di testa, tensione mammaria e acne
• Ha un'efficacia del 99,8%, è uno dei metodi contraccettivi più (dipende dal dosaggio del contraccettivo intrauterino)
efficaci disponibili in commercio • Può provocare crampi e/o irregolarità nel ciclo
• Azione locale e non blocca l’ovulazione • Non protegge dalle infezioni da HIV (AIDS) e da altre
• Non interferisce con la dinamica del rapporto sessuale malattie a trasmissione sessuale
• Può ridurre l’intensità e il dolore del ciclo mestruale
• Può rendere il ciclo più breve, più leggero o meno frequente
riducendo di conseguenza il rischio di anemie
• E’ indicato per le donne alla ricerca di un sistema anticoncezionale
reversibile e attivo da 3 a 5 anni, liberandosi così del problema di
assunzioni giornaliere, settimanali o mensili
• Non ha interazioni con altri farmaci che ne riducono l’efficacia
• Può essere inserito dopo 6 settimane dal parto, e utilizzato anche
durante l’allattamento
• Una volta rimosso il sistema, la fertilità ritorna praticamente subito
ai livelli precedenti l’inserimento
È una fine guaina di lattice, sottile e flessibile, delicata ma resistente, chiusa a una estremità, destinata a ricoprire il
pene durante il rapporto sessuale e a raccogliere il liquido seminale al momento dell’eiaculazione.
Applicato al pene in erezione lo ricopre completamente, impedendo agli spermatozoi il contatto diretto con la
vagina.
Ha il grande vantaggio di offrire un’efficace protezione nei confronti dell’HIV e delle malattie a trasmissione
sessuale.
È un metodo contraccettivo affidabile solo se vengono seguite scrupolosamente le regole d’uso. In questo caso la
sua efficacia anticoncezionale è buona, anche se inferiore a quella della pillola, della spirale e di alcuni metodi
naturali applicati con determinazione.
L’efficacia anticoncezionale del preservativo dipende anche dalla sua qualità di fabbricazione.
Ogni profilattico va utilizzato per un unico rapporto.
In caso di rottura del preservativo o di fuoriuscita di sperma il rapporto è da considerarsi non protetto e quindi, se
non si vuole rischiare una gravidanza indesiderata, è necessario ricorrere tempestivamente alla contraccezione di
emergenza.
L’innocuità di questo metodo è pressoché totale: vengono solo segnalati alcuni casi di sensibilizzazione, dovuti ad
allergia al lattice.
Esistono, peraltro, resistenze psicologiche, che sono legate soprattutto alle necessità tecniche del metodo che
interferiscono con il rapporto sessuale.
Il cerotto è un sistema contraccettivo a rilascio transdermico di un estrogeno e di un progestinico.
Il primo cerotto va applicato il primo giorno di flusso mestruale e cambiato ogni sette giorni per 3
settimane, con una settimana di intervallo.
Dopo l’applicazione, ogni giorno vengono regolarmente rilasciate piccole quantità fisse dei due ormoni.
Il meccanismo di azione del cerotto è simile a quello delle pillole estroprogestiniche e anche la sua
efficacia contraccettiva è molto elevata.
Per quanto riguarda indicazioni e controindicazioni, sono sovrapponibili a quelle della pillola. Rappresenta
un’opzione per tutte quelle donne, anche adolescenti, che non vogliono assumere una pillola ogni giorno o
che fanno fatica a ricordarsene, o hanno difficoltà all’assunzione orale, o che vogliono sostituire metodo
contraccettivo. Il cerotto è controindicato in gravidanza e allattamento e in presenza di gravi malattie o di
alto rischio cardiovascolare
L’anello è un contraccettivo ormonale che si introduce in vagina.
Contiene un’associazione di estrogeno e progestinico.
Esso è costituito da un anello flessibile e trasparente, di materiale biocompatibile, che la donna può
inserire in vagina da sola.
Ogni giorno vengono rilasciati in modo continuo e costante piccole quantità dei due ormoni.
L’anello deve essere lasciato in vagina per tre settimane, seguite da una settimana di intervallo durante
la quale compare la pseudomestruazione.
Ogni anello deve essere usato una sola volta. Il meccanismo di azione e l’efficacia contraccettiva
dell’anello vaginale sono simili a quelli delle pillole estroprogestiniche.
L’anello vaginale non interferisce con i rapporti sessuali; l’incidenza di fastidio (leucorrea, irritazioni) ed
espulsioni è minima.
Per quanto riguarda indicazioni e controindicazioni, sono sovrapponibili a quelle della pillola.
L’impianto sottocutaneo a base di progestinico
Gli impianti sottocutanei sono costituiti da bastoncini contenenti un progestinico che vengono impiantati,
in genere, sotto la cute del braccio.
Il bastoncino è di materiale plastico, atossico, anallergico, privo di lattice e silicone, lungo alcuni cm e
spesso alcuni mm (4cm x 2 mm). All’interno vi è un deposito che rilascia in modo costante e regolare una
piccola quantità di progestinico (quello venduto in Italia contiene etonorgestrel) che è in grado di svolgere
un’efficace azione contraccettiva per circa 3 o 5 anni, in base al tipo di impianto.
Il meccanismo primario consiste nell’inibizione dell’ovulazione, mentre meccanismi secondari sono
l’inibizione della penetrazione degli spermatozoi e la creazione di un ambiente sfavorevole all’annidamento
dell’embrione. L’impianto viene inserito dal ginecologo sottocute in ambulatorio, in genere nel braccio non
dominante con un applicatore monouso (non è necessario effettuare incisioni) con o senza anestesia
locale: la procedura è semplice e richiede circa 2 o 3 minuti.
I benefici extra-contraccettivi sono: una diminuzione della dismenorrea nell’81% dei casi, un miglioramento
dell’acne nel 61% dei casi e dell’endometriosi.
Gli svantaggi maggiormente riportati riguardano il sanguinamento intermestruale e le irregolarità del ciclo
che portano ad un abbandono del metodo nel 1-14% delle donne.
Per questo motivo molto importante è la consulenza:  le donne devono essere informate sui possibili
cambiamenti del ciclo, specificando che nella maggior parte dei casi dopo alcuni mesi di terapia si ha un
miglioramento del sanguinamento e poi si verifica un’assenza di mestruazioni (amenorrea)
L’iniezione intramuscolare di progestinico
Si tratta di iniezioni di progestinico somministrato per via intramuscolare profonda, ogni 8-
12 settimane.
E’ un metodo poco utilizzato ma che ha una elevata efficacia.
Effetti collaterali sono le perdite ematiche, soprattutto all’inizio, e poi la assenza di flusso
mestruale (amenorrea).
Esistono in commercio diversi modelli di spirale al rame, con caratteristiche, forma e dimensioni differenti. Dopo
un´accurata visita, il ginecologo indicherà il modello più adatto sulla base delle caratteristiche individuali dell
´utero.
Il sottile filamento di rame, strettamente avvolto all´asta del dispositivo, potenzia l´effetto meccanico esercitato
dalla spirale, agendo come uno “spermicida“. Gli ioni di rame, infatti, una volta liberati nella cavità uterina
svolgono un´azione diretta sugli spermatozoi, sia inibendone la motilità sia alterandone la capacità di fecondare l
´ovulo.
La spirale al rame ha una durata variabile in base al modello: in genere va sostituita dopo 3-5 anni.
Il diaframma vaginale è una cupola di gomma soffice (silicone o lattice), circondata da un anello metallico  pieghevole,
che ha lo scopo di impedire agli spermatozoi di raggiungere e superare il collo dell’utero.
È un metodo “di barriera”, come il preservativo, maschile e femminile, ed il cappuccio cervicale ma con efficacia
minore rispetto al preservativo.
Va inserito in vagina prima del rapporto, anche alcune ore prima, e tenuto almeno 6 ore dopo, non oltre 24 ore.
Necessita di una fase di addestramento per imparare a metterlo e rimuoverlo.
È consigliabile usarlo insieme ad uno spermicida per aumentarne l’efficacia.
Dopo la rimozione, va lavato con acqua e sapone, asciugato, riposto nell’apposito astuccio contenitore e conservato
lontano da luce e calore.
Ha efficacia media che varia in funzione del corretto utilizzo.
Non protegge dalle infezioni sessualmente trasmesse, compreso HIV.
Ha avuto una certa diffusione negli anni 1970-80 ma è ora poco utilizzato
I metodi naturali si basano su un’attenta verifica del ciclo mestruale della donna, così da avere rapporti sessuali solo
nei giorni non fertili: durante il ciclo ci sono infatti dei giorni, solitamente prima e dopo l’ovulazione, dove il rischio di
concepimento è più elevato.
La donna osserva e impara a distinguere i diversi segnali nelle diverse fasi del proprio ciclo: le fluttuazioni nella
temperatura corporea, le modifiche del muco cervicale, e così via, a seconda del tipo di metodo.
L’efficacia dei metodi naturali è molto bassa, perché può essere influenzata da lievi cambiamenti del ciclo, da
un’osservazione poco attenta o da modifiche allo stile di vita (mancanza di sonno ad esempio), che possono alterare
il ciclo e quindi dare risultati poco attendibili.
Sicuramente non sono metodi indicati per chi è distratto o poco organizzato, o per chi non ha propensione alla
programmazione.
I metodi naturali sono molto complessi e si basano fondamentalmente su una perfetta conoscenza del proprio ciclo.
Se sei interessata a un metodo naturale, è fortemente consigliabile utilizzare un metodo barriera (diaframma,
coppetta cervicale o preservativo) o di astenersi dai rapporti sessuali nei giorni a rischio. Se vuoi programmare una
gravidanza, questi metodi possono essere utili ad individuare i giorni più fertili.
I metodi naturali sono gli unici approvati dalla Chiesa Cattolica; possono essere utilizzati durante l’allattamento, ma
ricordati che non proteggono dalle malattie sessualmente trasmesse (SMT)
Il metodo sinto-termico
Questo metodo naturale utilizza tre indicatori per rilevare il periodo fertile.
Il metodo sinto-termico si basa, infatti, sull’osservazione contemporanea delle variazioni cicliche di:
temperatura basale, muco cervicale e cervice uterina.
I dati rilevati giornalmente, vanno raccolti e registrati su una scheda riassuntiva.
Durante l’inizio del ciclo, quando i livelli di estrogeno e progesterone sono bassi, la cervice uterina è in
posizione bassa, con l’orifizio chiuso, e facilmente palpabile con le dita.
Con l’aumento dei livelli di estrogeni, aumenta anche la produzione di muco e la cervice uterina diventa più
morbida, più alta e con l’orifizio un po’ più aperto rispetto ai giorni di non fertilità.
Nei giorni successivi sia il muco cervicale sia la cervice uterina continuano a modificarsi gradualmente, fino a
raggiungere un quadro di piena fertilità. Contemporaneamente va misurata la temperatura basale, che si
innalza di 0.2-0.4 gradi centigradi in risposta agli aumentati livelli di progesterone dopo l’ovulazione, e rimane
alta fino al giorno in cui compare la successiva mestruazione.
Dopo tre giorni di temperatura alta, si considera terminato il periodo fertile. Sebbene questo metodo sia un
po’ più complicato, la sua efficacia è lievemente maggiore rispetto ai singoli metodi naturali.
Il rilievo del picco dell’LH
Questo metodo naturale sfrutta piccoli dispositivi computerizzati presenti attualmente in commercio (si comprano in
farmacia) che si basano sul test dell’urina e sono utili per rilevare l’ormone luteinizzante (LH) prodotto dall’ipofisi
(talvolta anche altri ormoni), immediatamente prima del picco ovulatorio.
Il test va eseguito al mattino, appena sveglie.
Sulla base del risultato, il computer segnala con colori differenti, se il giorno è fecondo (rosso), non sicuro (giallo) o
infecondo (verde).
Il metodo di Ogino-Knaus
All’inizio degli anni ’20 del secolo scorso, il ginecologo giapponese K.Ogino e il ginecologo austriaco H. Knaus
scoprirono, in modo indipendente, che la donna non è feconda per tutta la durata del ciclo mestruale, ma solo nei
giorni adiacenti al momento dell’ovulazione, che teoricamente avviene intorno alla metà del ciclo.
Il cosiddetto metodo del calendario, significò, per l’epoca, una rivoluzione nel campo del controllo della fertilità, oltre
che per l’individuazione dei giorni fertili per le coppie alla ricerca di una gravidanza.
Secondo questo metodo, occorre evitare di avere rapporti sessuali non protetti nella fase centrale del ciclo (dal nono
al sedicesimo giorno) per non rischiare una gravidanza indesiderata.
Questo metodo è poco sicuro, inadatto a donne con ciclo irregolare e attualmente considerato obsoleto come mezzo
contraccettivo.
Metodo Billings
Il metodo Billings, conosciuto anche come metodo del muco cervicale, si basa sull’osservazione e interpretazione del
muco prodotto dalle ghiandole del collo dell’utero.
La consistenza e l’aspetto del muco variano nell’arco di ciascun ciclo mestruale.
Il metodo, che è piuttosto impegnativo, prevede l’accurata osservazione del muco cervicale, più volte al giorno, con
l’aiuto di rigorose regole standardizzate, e la costruzione di un grafico che consenta di individuare, ogni mese,
l’ovulazione e il relativo periodo di fertilità.
All’inizio del ciclo, dopo le mestruazioni, la cervice è chiusa, il muco è spesso, impenetrabile, non si vede e non si
riesce a toccarlo. L’ambiente vaginale esterno è “secco”, asciutto al tatto, talvolta addirittura pruriginoso. Alcune donne
non hanno alcuna sensazione in questa fase. Il livello degli ormoni estrogeno e progesterone è basso e il muco si trova
nella fase non fertile.
Durante i giorni vicini all’ovulazione, il muco modifica le sue caratteristiche sotto lo stimolo degli ormoni estrogeni:
diventa progressivamente sempre più filante, vitreo, elastico, simile al bianco d’uovo e aumenta in quantità, tanto da
essere visibile e da far percepire alla donna una tipica sensazione dapprima di umido (“come se ci fossero delle
goccioline che scorrono”) e poi di vero e proprio “bagnato” (muco fertile), causato dall’accumulo di acqua. Al tatto, le
dita scivolano all’entrata della vagina, come se “fosse stata trattata con sapone liquido” od “oliata”.
Il giorno dell’ovulazione corrisponde strettamente al giorno del picco di muco. Quindi con questo metodo, a differenza
di quello della temperatura basale, si può determinare con relativa sicurezza anche l’inizio della fase fertile. Molte
donne utilizzano entrambi gli indicatori, come previsto dal cosiddetto metodo sinto-termico.
Le coppie devono essere particolarmente attente durante i rapporti sessuali in presenza di muco fertile, fino al terzo
giorno dopo la sua scomparsa.
Dopo l’ovulazione, l’abbassamento della concentrazione di estrogeni e l’aumento di quella del progesterone
provocano da un giorno con l’altro una brusca riduzione del muco
La temperatura basale
Sin dall’inizio del 1900 il ginecologo olandese Van de Velde suppose che esistesse un nesso tra l’andamento della
temperatura e la ciclicità della funzione ovarica. Studi successivi dimostrarono che la temperatura corporea
della donna in età fertile varia di 2-6 decimi di grado centigrado a seconda della fase del ciclo: in genere è più
bassa durante la prima fase (follicolare) del ciclo e più alta durante la seconda fase (luteinica).
Nel 1930 un prete cattolico tedesco, padre Wilhelm Willebrand, pensò di utilizzare queste osservazioni allo scopo
di praticare una contraccezione naturale. La temperatura si può misurare sia per via rettale che per via orale,
utilizzando un particolare termometro (termometro dell’ovulazione, in vendita in farmacia).
La temperatura va misurata al risveglio, prima di fare qualsiasi altra cosa, in situazione tranquilla, possibilmente
sempre alla stessa ora. Il valore osservato va registrato su un foglio particolare che si trova nella confezione del
termometro e serve a costruire il grafico mensile della temperatura basale.
Numerosi studi hanno determinato che l’aumento della temperatura (+0.2-0.4 gradi centigradi) si verifica
mediamente 1-2 giorni dopo l’ovulazione, grazie allo stimolo del progesterone. Il picco si mantiene, in genere per
3 giorni, dopodiché la coppia può avere rapporti non protetti.
Questo metodo ha una notevole sicurezza, ma limita molto la vita sessuale della coppia
il metodo più antico (se ne parla già nell’Antico Testamento) e ancora oggi ampiamente diffuso.
Responsabilizza l’uomo che deve ritrarre il pene dalla vagina prima dell’eiaculazione, che avviene
quindi all’esterno.
Si tratta di un metodo semplice, alla portata di tutti e generalmente senza controindicazioni, ma che
risulta spesso sgradito e frustrante sia per l’uomo che per la donna perché interrompe bruscamente il
rapporto, interferendo con il piacere e l’intensità dell’orgasmo.
La sicurezza di questo metodo contraccettivo è bassa.
Sono sostanze che, messe in vagina, hanno lo scopo di bloccare la motilità degli spermatozoi che quindi non
dovrebbero riuscire a raggiungere e superare il canale cervicale.
Agiscono mediante due modalità:

•alterano la membrana cellulare degli spermatozoi


•modificano il pH vaginale creando un ambiente ostile agli spermatozoi.

Sono reperibili un commercio come gel, creme, spray o candelette vaginali; in genere contengono il
nonossinolo-9.
Esistono in commercio anche dei preservativi lubrificati con nonossinolo-9.
La loro efficacia, peraltro molto scarsa, dura solo 60 minuti dal momento in cui è stato inserito in vagina.
Si comprano in farmacia, senza ricetta.
Hanno una efficacia MOLTO BASSA, ancora minore dei metodi naturali.
NON vanno considerati un metodo contraccettivo. Possono essere utilizzati insieme ad altri metodi di barriera
(preservativo, diaframma, cappuccio cervicale) per aumentarne l’efficacia.
NON proteggono dalle infezioni sessualmente trasmesse, compreso HIV
La sterilizzazione si differenzia da tutti gli altri metodi contraccettivi, in quanto è l’unico metodo
irreversibile. Anche se con la fecondazione “in vitro” le possibilità di reversibilità si sono ampliate, il
carattere definitivo di questo metodo impone alla coppia che ne fa richiesta un consenso informato
firmato e un intervallo di una profonda riflessione sulle conseguenze biologiche e le eventuali
ripercussioni sulla vita futura di entrambi i partner e di chi li circonda.
Si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico che può essere effettuato con diverse tecniche che si
sono via via semplificate, al fine di facilitarne l’attuazione e ridurne i rischi, pur conservando l’ottima
efficacia.
Definizione
La contraccezione di emergenza  (EC/CE) e’ un metodo di prevenzione secondaria in grado di soccorrere la
donna per ridurre il rischio di gravidanze non desiderate, se un metodo anticoncezionale fallisce o viene
dimenticato  (contraccezione ormonale orale – vaginale (anello) – transdermica  (cerotto), condom,
diaframma, coito interrotto, metodi naturali), se viene mal utilizzato o non utilizzato affatto, o se  il
rapporto viene subìto  (violenza sessuale).
I concetti di  pillola del giorno dopo, contraccezione del giorno dopo,  spirale del giorno dopo,
contraccezione dei 5 giorni dopo,   e simili,  vanno aboliti e non devono essere piu’ usati, perche’ da un
lato sono concettualmente errati,   e dall’altro possono indurre le donne a non utilizzare la EC quando sia
passato piu’ di un giorno/il giorno dopo, oppure ad utilizzarla proprio il giorno dopo o dopo alcuni  giorni ,
in questo modo riducendo od annullando le sue possibilita’
Metodi oggi utilizzati

Oggi sono comunemente utilizzati tre metodi di contraccezione emergenza:


lo IUD al rame (IUD-Cu), il levonorgestrel (LNG), l’ulipristal acetato (UPA).
1.Lo IUD-Cu è utilizzato a questo scopo già dagli anni ’80, anche se questa pratica non è molto diffusa, in particolare
non lo è in Italia. Se utilizzato fino a cinque giorni dal rapporto sessuale presunto fecondante la sua sicurezza è molto
elevata e sfiora il 100%. La sua azione è legata a modificazioni endometriali non favorenti l’annidamento ed alla
spermio tossicità del rame. Va utilizzato come seconda scelta se vi sono stati più rapporti sessuali a rischio, se sono
passate più di 72 ore dal rapporto, se la donna vuol poi usare lo IUD come contraccezione di lungo periodo, se è stata
vomitata una contraccezione emergenza per via orale. Il suo grande vantaggio è che può essere lasciato in utero per
un lungo periodo, anche fino a 10 anni, se la donna lo desidera. Il suo svantaggio e’ quello di dover cercare un
ginecologo che lo inserisca tempestivamente.
2.Il levonorgestrel (LNG) è un progestinico derivato dal 19 nor testosterone, utilizzato a questo scopo già negli anni ‘80
in Ungheria. Ma e’ alla fine degli anni ‘90 che il suo uso diviene noto a livello mondiale attraverso una serie di studi e
di pubblicazioni della organizzazione mondiale della sanità. La sua efficacia è molto elevata, con pochi fenomeni
collaterali. In Italia è entrato in commercio nel 2000. E’ in commercio sotto forma di una compressa da 1500 mg, che
va assunta una tantum, quanto prima dopo un rapporto sessuale. Il massimo utilizzo consigliato è entro 48-72 ore da
quel rapporto, ma la sua efficacia si riduce progressivamente tanto più ci allontaniamo dal momento del rapporto.
3.L’ulipristal acetato (UPA) è un agente agonista antagonista progestinico, modulatore selettivo dei
recettori del progesterone. È anch’esso un derivato del 19 nor testosterone. Viene utilizzato sotto forma di
una compressa da 30 mg, da assumersi una tantum il piu’ precocemente possibile dopo un rapporto
sessuale ritenuto a rischio. Il suo utilizzo si accompagna a fenomeni collaterali pressoché nulli.
La sua azione è legata alla capacità di bloccare e posticipare l’ovulazione fino ad un momento più tardivo di
quanto sia capace di fare il levonorgestrel, cioe’ fino in fase follicolare avanzata (ma non dopo l’ovulazione),
ed è per questo che la sua efficacia è molto più notevole. Infatti se viene assunto entro 24 ore dal rapporto
a rischio esso risulta tre volte più efficace del levonorgestrel, mentre se viene assunto entro 72 ore esso
risulta due volte più efficace del levonorgestrel.
L’ulipristal acetato  non ha effetti su una gravidanza in corso, nè sull’impianto
Il metodo in breve
I metodi oggi più utilizzati in Italia sono quelli per via orale:
il levonorgestrel (LNG) sotto forma di una compressa da 1500 mg, da assumere una sola volta;
l’ulipristal acetato (UPA) sotto forma di una compressa da 30 mg da assumere una sola volta.

Tra i due metodi per via orale (LNG e UPA) andrebbe preferito l’ulipristal acetato che  e’ 2-3  volte
più efficace del levonorgestrel.

Per le donne maggiorenni non è necessaria la ricetta medica; è sufficiente che la donna si rivolga
direttamente in farmacia.

La donna minorenne necessita di ricetta medica.

L’efficacia e’ molto elevata se i farmaci vengono assunti in tempi adeguati.


Non vi sono influenze sulla fertilità futura.

Non c’e’ interferenza  con i rapporti sessuali.

Non protegge dalle malattie sessualmente trasmissibili


Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Legge 22 maggio 1978, n. 194 Norme per la tutela sociale della


maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza
(Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Gazzetta Ufficiale del 22
maggio 1978, n. 140)
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Articolo 1
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il
valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione
volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo
delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e
competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative
necessarie per evitare che l’ aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.
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Articolo 2
I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto
stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza:
a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui
servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel
territorio;
b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul
lavoro a tutela della gestante;
c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali
operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino
problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a);
d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione
della gravidanza.
I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini
previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e
di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la
nascita. La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei
consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla
procreazione responsabile è consentita anche ai minori.
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Articolo 4
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna
che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la
maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in
relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari,
o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o
malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi
dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura
sociosanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
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Articolo 5
…Quando il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di
fiducia, riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia
immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza. Con tale certificato la
donna stessa può presentarsi ad una delle sedi autorizzate a praticare la interruzione
della gravidanza. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine dell’incontro il
medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, di fronte
alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di
cui all’articolo 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna,
attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per
sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere la
interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del
presente comma, presso una delle sedi autorizzate.
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Articolo 6
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o
malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o
psichica della donna
Articolo 7
I processi patologici che configurino i casi previsti dall’articolo precedente vengono accertati
da un medico del servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve
praticarsi l’intervento, che ne certifica l’esistenza. Il medico può avvalersi della
collaborazione di specialisti. Il medico è tenuto a fornire la documentazione sul caso e a
comunicare la sua certificazione al direttore sanitario dell’ospedale per l’intervento da
praticarsi immediatamente. Qualora l’interruzione della gravidanza si renda necessaria
per imminente pericolo per la vita della donna, l’intervento può essere praticato anche
senza lo svolgimento delle procedure previste dal comma precedente e al di fuori delle
sedi di cui all’articolo 8. In questi casi, il medico è tenuto a darne comunicazione al medico
provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della
gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il medico
che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.
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Articolo 9
Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle
procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza
quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione….
……L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di
cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese
dalla sua presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale
sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività
specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e
non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di
cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure
previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza
richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e
garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale. L’obiezione di coscienza
non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando,
data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per
salvare la vita della donna in imminente pericolo.
L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto, immediato, se chi l’ha sollevata
prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla
presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente.
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Articolo 12
La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è
fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per
l’interruzione della gravidanza è richiesto l’ assenso di chi esercita sulla donna stessa la
potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che
impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela,
oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il
consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le
procedure di cui all’articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione,
corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice
tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle
ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non
soggetto a reclamo, a decidere l’ interruzione della gravidanza. Qualora il medico accerti
l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto
anni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il
giudice tutelare, certifica l’esistenza delle condizioni che giustificano l’interruzione della
gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e,
se necessario, il ricovero. Ai fini dell’interruzione della gravidanza dopo i primi novanta
giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all’articolo 7,
indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà o la tutela.
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Articolo 13
Se la donna è interdetta per infermità di mente, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può
essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal tutore o dal marito non
tutore, che non sia legalmente separato. Nel caso di richiesta presentata
dall’interdetta o dal marito, deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta
presentata dal tutore o dal marito deve essere confermata dalla donna. Il medico del
consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice
tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una
relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza,
sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulla gravidanza e specie
dell’infermità mentale di essa nonché il parere del tutore, se espresso. Il giudice
tutelare, sentiti se lo ritiene opportuno gli interessati, decide entro cinque giorni dal
ricevimento della relazione, con atto non soggetto a reclamo. Il provvedimento del
giudice tutelare ha gli effetti di cui all’ultimo comma dell’articolo 8
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Articolo 14
Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le
informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla
partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da
rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui
quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue
l’interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la
prevenzione di tali processi.
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

I criteri di ammissione della donna al trattamento si basano su :


-Gravidanza in utero con amenorrea entro 49 giorni/datazione ecografica età
gestazionale entro 35 giorni
- Documento/certificato di richiesta IVG
- Consenso informato, debitamente compilato e sottoscritto
- Disponibilità al ricovero ordinario fino a completamento della procedura
- Disponibilità ad effettuare il controllo a distanza, entro 14-21 giorni dalla dimissione
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Criteri clinici:
a) indicazioni particolari che possono essere rappresentate da:
- Problemi psicologici a sottoporsi ad intervento chirurgico
- Allergie a farmaci anestetici
- Difficoltà anatomiche di accesso alla cavità uterina
b) assenza di controindicazioni, quali ad esempio:
- Sospetto di gravidanza extrauterina o di masse annessiali non precedentemente
diagnosticate (fibromi uterini sintomatici ) ;
- IUD in sede
- Grave anemia
- Allergia a uno dei farmaci
- Porfiria ereditaria
- Coagulopatie o trattamento in corso con anticoagulanti
- Trattamento in corso con corticosteroidi o insufficienza surrenale
- Altre malattie sistemiche gravi
- Allattamento al seno
- Crisi epilettiche, malattie cardio e cerebrovascolari, disturbi intestinali in atto
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Criteri non clinici.


- In primo luogo va garantito, in considerazione del fatto che la procedura è in parte
autogestita dalla donna stessa, che la donna abbia chiaramente compreso il percorso e
la possibilità che vi aderisca compiutamente (ad esempio vanno attentamente valutate
per una esclusione: pazienti molto ansiose, con una bassa soglia di tolleranza al
dolore, con condizioni socio abitative troppo precarie, con impossibilità di raggiungere
tempestivamente il Pronto Soccorso Ostetrico Ginecologico).
- Stante quanto sopra, per le donne straniere si deve accertare l’avvenuta
comprensione linguistica della procedura e dei sintomi che la donna stessa deve
valutare autonomamente (intensità del dolore, sanguinamento, ecc.);
- Per le minorenni l’IVG farmacologica è sconsigliabile, e quindi andrebbero escluse da
questa procedura, le minori senza il consenso dei genitori, valutando difficile
l’adesione al percorso terapeutico in tale situazione
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica

Schema di trattamento Ricovero.


Giorno1 • Visita, colloquio , • Apertura cartella clinica di ricovero ordinario e della scheda clinica individuale . •
Ecografia transvaginale di primo livello (qualora non già eseguita). • Verifica della sottoscrizione del consenso
informato. • Controllo della comprensione da parte della paziente delle note informative già consegnate . •
Esame emocromocitometrico, determinazione emogruppo e test di Coombs indiretto. • Assunzione di 600 mg di
mifepristone (Mifegyne®) per os.
Giorno 2 • Controllo clinico della paziente.
Giorno 3 • Assunzione di 400 µg per os di misoprostol (Misodex®° o Cytotec®). • Seconda assunzione di
misoprostol (400 µg) dopo tre ore qualora non si sia già verificata l’espulsione del materiale abortivo. • Periodo di
osservazione fino all’espulsione del materiale abortivo. • Dimissione dopo un altro periodo di attesa di almeno
un’ora. • Immunoprofilassi anti-D per le donne con emogruppo Rh (D) negativo. • Prosecuzione del ricovero in
caso di mancata risposta al trattamento e/o di complicanze. • Consegna del questionario domiciliare per la
donna.
• Trascorse 24 ore dalla somministrazione del Misoprostol, nel caso di ragionevole certezza che il trattamento
non abbia avuto successo e/o la paziente decida di interromperlo, come previsto dal consenso informato, verrà
effettuata una valutazione clinica su come proseguire, Pagina 9 di 36 nel rispetto del protocollo, con le seguenti
previsioni: 1) l’esecuzione immediata dell’aborto chirurgico, dopo l’esecuzione dei test clinici e di laboratorio
richiesti dagli anestesisti o comunque nei tempi più brevi possibili, senza dimissione; 2) la prosecuzione con
farmaci attualmente disponibili e registrati in Italia per questa indicazione (gemeprost, sulprostone,
metilergometrina maleato), sempre in regime di ricovero; 3) l’eventuale dimissione nel caso la paziente decida di
proseguire la gravidanza, essendo a conoscenza dei rischi fetali connessi. Alle pazienti verrà richiesto di
sottoscrivere un nuovo consenso informato per il trattamento scelto.
• Giorno 14 circa – Day service. • Visita di controllo. • Prelievo per l’emocromo. • Ecografia transvaginale di
primo livello. • Eventuale revisione della cavità uterina. • Completamento cartella clinica (schede e questionari).
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica
Assistenza infermieristica alla paziente ginecologica
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CHIRURGIA GINECOLOGICA
In ginecologia vengono utilizzati 3 tipologie di accessi chirurgici per il trattamento di
molteplici patologie, sia di carattere benigno che di carattere maligno.
-Accesso laparatomico
-Accesso laparoscopico
-Accesso vaginale
Le prime 2 tipologie di intervento sono utilizzate in molteplici ambiti delle chirurgia
specialistica e generale.
La terza tipologia è invece specifica di tale specialità.
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LAPAROTOMIA IN GINECOLOGIA
La laparotomia in ginecologia è stata la principale via di accesso agli organi pelvici per
moltissimi decenni, al giorno d’oggi sta riducendo notevolmente la propria
applicazione grazie all’affinamento delle tecniche mini-invasive.
Rimane l’accesso privilegiato per il trattamento della patologia oncologica soprattutto
se invasiva.
2 tipologie di incisione:
-Trasversale (utilizzata prevalentemente per la patologia benigna)
- longitudinale (ombelico-pubica e più raramente sopraombelico-pubica utilizzata
prevelentemente per la patologia oncologica)
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LAPAROSCOPIA IN GINECOLOGIA
Si sta diffondendo sempre di più negli ultimi anni e stanno aumentando le indicazioni
cliniche al suo utilizzo:
-Patologia cistica a carico delle ovaie
- Endometriosi (gold standard per la diagnosi)
-Legatura tubarica
-Miomectomia
-Rimozione di GEU
-Diagnosi e trattamento dell’infertilità e sterilità da causa femminile
-Lisi di aderenze pelviche
-Diagnosi differenziale nella dolore pelvico e addominale
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CHIRURGIA PER VIA VAGINALE


Comprende tecniche chirurgiche tipiche della specialità e permette di svolgere sia
interventi maggiori che interventi mini-invasivi.
-Isterectomia per via vaginale (colpoisterectomia)
-Plastica vaginale anteriore e posteriore
-Interventi di correzione di prolasso vaginale (cistopessi, posizionamento di reti, ecc)
-Interventi di correzione dell’incontinenza vescicale
-Biopsie della cavità uterina (raschiamento dignostico, isteroscopia, resettoscopia)
-Trattamento della patologia cervicale (biopsie cervicali e conizzazione)
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ISTERECTOMIA
Consiste nell’asportazione per via
laparotomica dell’utero ed eventualmente
anche degli annessi ( annessiectomia)
Viene solitamente utilizzata per patologia
quali fibromatosi uterina, miomi uterini di
grandi dimensioni, patologia oncologica
endometriale, ecc
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MIOMECTOMIA
Consiste nella rimozione per via
laparotomica, laparoscopica o
isteroscopica di miomi uterini.
A seconda della localizzazione dei
miomi, del numero e delle
dimensini si predilige un accesso
chirurgico piuttosto che l’altro
Isteroscopia
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ESCISSIONE DI CISTI OVARICHE


Consiste nella rimozione di cisti dal
parenchima ovarico. A seconda delle
dimensioni, della tipologia e della
consistenza della ciste si può utilizzare sia
l’accesso laparotomico che laparoscopico
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Interventi di correzione
dell’incontinenza urinaria
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CONIZZAZIONE
Permette l’asportazione
della lesione cancerosa o
pre-cancerosa a carico
della cervice uterina.
Può essere eseguita a
freddo (con bisturi ) o con
elettrobisturi o laser

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