ARISTOTELE
ARISTOTELE
ARISTOTELE
VITA
Nacque a Stagira nel 384 a.C. e a soli 17 anni divenne discepolo di Platone, rimase nella scuola di
Platone per ben 20 anni. Rimase sempre molto legato e devoto al suo maestro pur distaccandosi in
parte dalle sue teorie tant’è che, qualcuno ha addirittura puntato il dito contro Aristotele
ritenendolo ingrato nei confronti del suo maestro. Aristotele nell’etica dice “L’amicizia e la verità
sono entrambe care, ma è cosa santa onorare di più la verità”.
Aristotele dopo la morte di Platone lasciò la sua scuola e con altri due scolari si trasferì ad Asso e
costituì la propria scuola.
Nel 342 a.C. fu assunto dal re di Macedonia per educare suo figlio Alessandro, sul quale ebbe una
grandissima influenza. Dopo 13 anni tornò ad Atene ma rimase in buoni rapporti con il re
Alessandro.
Aristotele fondò il LICEO, la parola liceo arriva proprio dalla scuola che fondò Aristotele che era
costituita da un edificio, da un giardino e da una passeggiata dove il filosofo e i suoi scolari potevano
tenere lezioni, fare ricerche e riflettere sulla loro filosofia. Purtroppo però Alessandro nel 323 a.C.
morì e Aristotele era in pericolo perché tutti sapevano della sua amicizia con il re appena morto.
Aristotele morì nel 322 a.C. per una malattia allo stomaco.
CONTESTO SOCIO-POLITICO
- crisi della pòlis con la conquista macedone
- i cittadini greci non vengono più coinvolti nella vita politica
- gli interessi dei greci si spostano verso altro lontano dalla politica, verso l’etica e la
conoscenza, due capisaldi dell’età ellenistica.
- OPERE
SCRITTI ACROMATICI E ESOTERICI:
scritti scolastici che Aristotele compose come aiuto nell’insegnamento, come appunti per le sue
lezioni (temi: logica, metafisica, fisica, storia naturale, matematica, psicologia, etica, politica,
economia, poetica, retorica)
SCRITTI ESSOTERICI:
scritti in forma dialogica e destinati al pubblico dove Aristotele fornisce in modo più approfondito
le sue teorie.
- Simposio
- Politico
- Sofista
- Menessene
- Grillo o Della Retorica (corrisponde al Gorgia)
- Protrettico (corrisponde all’eutidemo)
- Eudemo o Dell’anima (corrisponde al Fedone)
- Delle idee
Preso dal Protrettico: “O si deve filosofare o non si deve: ma per decidere di non filosofare è pur
sempre necessario filosofare: dunque in ogni caso filosofare è necessario”.
3-Filosofo= l’eletto che deve portare 2-Filosofia avulsa della realtà, che si
Queste importanti differenze portarono i due filosofi ad avere una concezione diversa della filosofia,
del suo scopo e della sua struttura.
Se Platone attribuiva alla filosofia un ruolo politico molto importante, in Aristotele invece non
riscontriamo questa esigenza, riversando le proprie riflessioni su altri argomenti quali l’etica e la
conoscenza. Aristotele, quindi, vede la filosofia come conoscenza slegata dalla realtà, che si
disinteressa ad essa. Il filosofo diventa un sapiente, un professore, uno scienziato della conoscenza,
della sapienza e, per questo, focalizzato sull’insegnamento e la ricerca filosofica.
Quindi, abbiamo proprio due finalità diverse. In Platone la finalità è politica ed educativa mentre in
Aristotele è conoscitiva e scientifica. Per Platone, il mondo è visto da un punto di vista verticale e
gerarchico. Inizialmente, Aristotele segue le orme del suo maestro ritenendo che l’oggetto della
filosofia sia il divino ma poi cambia completamente prospettiva assumendo un punto di vista
orizzontale e unitario dove tutte le scienze e tutte le realtà sono poste allo stesso livello, non esiste
quindi più una gerarchia ma tutto è posto sullo stesso piano e assumere la stessa dignità
gnoseologica. però, la sua visione unitaria della realtà prevede anche una suddivisione di questa
unità in tante piccole “regioni” e, ogni regione, costituisce l’oggetto di studio di un gruppo di scienze
che hanno dei propri principi. Ecco che quell’unità che è, però, costituita da una serie di regioni,
costituisce un’enciclopedia del sapere grazie al quale si scopre la multiformità dell’essere.
Filosofia: scienza prima, studia l’essere che è l’oggetto comune di tutte le scienze, studia tutto il
puzzle completo di tutti i pezzi (ogni scienza studia ogni pezzo del puzzle). E’ il collante che tiene
insieme e che organizza tutte le scienze diventando quindi la regina delle scienze, colei che unifica
e organizza tutte le scienze.
TIPOLOGIE DI SCIENZE:
METAFISICA
METAFISICA = filosofia prima
Va oltre il particolare della realtà ma guarda la realtà nel suo insieme, generale.
La metafisica non studia il singolo pezzo dell’essere ma studia tutto il puzzle, ossia tutto l’essere
totale, fondamentale e comune a tutti gli altri esseri.
- Fondamentale: il puzzle completo è essenziale per dare una ragion d’essere a tutti i pezzi
del puzzle.
- Comune: ogni pezzo del puzzle ha in comune la totalità che è tutto il puzzle completo. Senza
la totalità non avrebbero alcun senso.
L’ESSERE
L’essere, per il filosofo non è univoco e non è equivoco ma è POLIVOCO.
L’essere è UNIVOCO?
Per univoco si intende che l’essere è sempre uguale in tutte le sue occorrenze ossia in tutte le volte
in cui l’essere è.
ES. “Questa matita NON è gialla” = la matita non è gialla = la matita non esiste
Se l’essere fosse univoco non si negherebbe solo l’attributo dato alla matita, ma anche l’esistenza
della matita con il NON. Quindi qui Aristotele va contro Parmenide perché per Parmenide si può
definire essere “solo ciò che è”, mentre tutto il resto non può definirsi tale. Quindi per Aristotele
l’essere non è UNIVOCO ossia non è uguale in tutte le sue occorrenze.
L’ESSERE è EQUIVOCO?
Interpretabile ogni volta in modo diverso a seconda del contesto perché questo genererebbe il caos.
L’ESSERE è POLIVOCO
1-“La mela è un alimento sano” = rapporto casuale 2- “Luca è sano” = rapporto di possesso 3- “Il
colorito di Luca è sano” = proprietà attraverso una sua caratteristica fisica.
In queste tre frasi abbiamo quindi tre significati diversi del verbo essere anche se, però, sono
comunque affini perché in tutte le frasi il verbo essere collega un soggetto a un predicato che ne
specifica la sua esistenza e le sue qualità.
CATEGORIE: caratteristiche fondamentali e strutturali dell’essere che lo rendono tale e che non
può fare a meno di avere.
1- La sostanza
2- La qualità
3- La quantità
4- La relazione
5- L’agire
6- Il subire
7- Il dove (luogo)
8- Il quando (tempo)
10-Il giacere (stare in una certa situazione, es. “io sto seduto”)
Dobbiamo però distinguere 2 punti di vista ovvero quello ONTOLOGICO e LOGICO.
2-PUNTO DI VISTA LOGICO: Le categorie sono viste come i modi in cui l’essere si manifesta
nelle cose. Ad esempio, di un uomo possiamo dire che è bello o brutto (qualità), che è alto o
basso (quantità), che è vicino o lontano (relazione), che si trova in quel luogo e in quella
situazione (luogo e tempo).
IL PRINCIPIO DI NON-CONTRADDIZIONE
ASSIOMA FONDAMENTALE DELLA FILOSOFIA = obiettivo di ridurre la molteplicità dei significati
dell’essere in un solo e unico significato. E questo è possibile grazie al principio di non-
contraddizione.
<<è impossibile che la stessa cosa insieme inerisca o non inerisca alla medesima cosa e secondo il
medesimo rispetto>>
DAL PUNTO DI VISTA LOGICO: se una delle due frasi è vera, necessariamente sarà falsa l’altra.
Quindi è impossibile affermare e al tempo stesso negare lo stesso predicato attorno allo stesso
soggetto.
DAL PUNTO DI VISTA ONTOLOGICO: se una cosa è, non può non essere.
L’uomo è un animale sociale = dobbiamo affermare che ogni uomo è un animale sociale. Se
negassimo questo assunto, dovremmo negare il fatto di essere uomini.
Secondo il filosofo può essere dimostrato soltanto ciò che non necessita a sua volta un’altra
dimostrazione, qualcosa che ad un punto di fine della ricerca e dove non c’è più nulla da dimostrare.
(Es. teoremi di geometria di Euclide)
1. Sei un “negatore”, ossia colui che nega il principio. Dicendo che sei negatore e specificando, che
la tua posizione è quella di negare il principio, tu comunque stai rispettando il principio di non-
contraddizione perché sei coerente con la posizione che hai preso.
2. Decidi di contraddirti. Per contraddirti, devi sostenere il principio e quindi cesseresti di rimando
di essere un negatore. O sei una cosa o sei un’altra. e anche in questo caso il principio di non-
contraddizione è dimostrato.
3. Non riesci ad esprimere a parole il fatto che neghi il principio. Sarà il tuo comportamento a tradirti
e a dimostrare le tue intenzioni. E quindi, il principio di non-contraddizione verrebbe ulteriormente
dimostrato.
LA SOSTANZA:
la sostanza siamo noi, è l’uomo, è il singolo individuo che è sia un soggetto reale sia un soggetto
logico di predicati. CAMPO DINDAGINE DELL’ESSERE.
Tutte le cose del mondo che hanno una propria autonomia e sono dotati di caratteristiche
categoriali (qualità, quantità, ecc.) sono sostanze.
Ogni sostanza forma quello che viene chiamato “sinolo”, ossia un’unione indissolubile di due
elementi: FORMA e MATERIA.
FORMA: essenza della sostanza, la sua natura, la sua struttura che la rende quello che è. Per noi
uomini, la forma è la nostra specie, la specie alla quale apparteniamo. (elemento attivo e
determinante) = ESSENZA DELLA SOSTANZA
MATERIA: ciò di cui una cosa è fatta, il suo quid. Se io ho un tavolo di legno, la materia del tavolo è
il legno. (elemento passivo e determinato)
ESSENZA E ACCIDENTE
ACCIDENTE: è una qualità che una cosa può avere o non avere.
Ad esempio, tu non puoi cessare di essere uomo ma puoi avere delle qualità che puoi avere o non
avere come per esempio essere pallido, colorito, felice, triste, ecc.
L’accidente è una caratteristica casuale o fortuita della sostanza ed è quindi da distinguere con la
forma che è, invece, l’essenza della sostanza (ossia, l’uomo dell’esempio precedente)
ACCIDENTE NON CASUALE: (accidente “eterno” o accidente “per sé”): una qualità della cosa
che, anche se non appartiene alla sostanza di una cosa, è strettamente correlata con questa e origina
necessariamente dalla sua definizione. FANNO PARTE DELLA SCIENZA.
Es. <<il triangolo è un poligono con tre lati e tre angoli” Il fatto che un triangolo abbia un angolo
retto non fa parte della definizione di triangolo, ma è un accidente casuale perché può essere che
un triangolo abbia un angolo retto.
1.CAUSA MATERIALE: ciò di cui una cosa è costituita e che è nella cosa
PROCESSI NATURALI: la causa formale, efficiente e finale sono una cosa sola. (es. la pianta è forma,
causa efficiente e scopo della trasformazione del seme; anche l’uomo è forma, causa efficiente e
fine del bambino)
PROCESSI ARTIFICIALI: le quattro cause possono essere distinte tra di loro come nel caso di una
statua che è la forma, fatta da un artista (che è causa efficiente) con il bronzo (materia), per uno
scopo (che è la causa finale).
Le quattro cause sono specificazioni della sostanza, la sostanza è la vera causa dell’essere.
CAUSA DELLE COSE
Fisici: si erano focalizzati sulla causa materiale efficiente.
Platone: si è focalizzato sulla causa formale ossia le idee che stanno nell’iperuranio.
Aristotele va contro la teoria di Platone e dice: “come possono le idee, che sono fuori dal mondo
delle cose, essere la causa delle cose stesse?”
“se le idee stanno nell’iperuranio, come fanno ad essere la causa delle cose che, invece, stanno nel
mondo delle cose?”
Va ricercata dentro la cosa stessa, nella sua forma che è l’essenza della sostanza.
Invece che andare a ricercare paradigmi trascendenti delle cose che stanno nell’iperuranio.
Aristotele cala tutto nel mondo reale, nella forma ossia nella struttura immanente di ogni cosa.
SECONDO ARISTOTELE: è inaccettabile perché vorrebbe dire avere un’infinità di idee perché
quel singolo concetto può essere legato a tanti altri concetti insieme.
Siccome le idee sono immobili, queste non riescono a spiegare il movimento delle cose sensibili.
Parmenide: sosteneva che il divenire fosse una cosa impensabile dal punto di vista logico perché è
pensabile solo ciò che è mentre ciò che non è non può essere pensato. E siccome il divenire
rappresenta il futuro e, quindi, nel presente non è, esso non può essere pensato.
ARISTOTELE vs PARMENIDE
Divenire:
Aristotele vede il divenire sul piano dell’essere come un passaggio che si sviluppa sullo stesso piano
dell’essere, da un certo tipo di essere ad un altro. Esiste un’unica realtà che è l’essere e il divenire è
una modalità dell’essere.
Il movimento sostanziale è il divenire nei suoi due massimi estremi la vita da una parte e la morte
dall’altra. Per Aristotele non proveniamo dal non essere né tanto meno andiamo nel non essere,
cambiamo solamente piano d’essere.
E per spiegare questo concetto del divenire nel piano dell’essere Aristotele conia altri 2 concetti:
POTENZA E ATTO.
POTENZA: possibilità che la materia prenda forma. La potenza è la possibilità che la materia assuma
una determinata forma.
ATTO: realizzazione di questa potenza, ossia la concretizzazione di una materia che prende una
determinata forma.
potenza : materia = atto : forma (la potenza sta all’atto come l’atto sta alla forma)
E’ ontologicamente superiore alla potenza perché ne rappresenta la causa, lo scopo. Per poi attuarsi
attraverso la potenza.
Quindi la materia aristotelica non è altro che la materia madre (chòra) di cui aveva già parlato
Platone nel Timeo.
LA CONCEZIONE DI DIO
Per Aristotele esiste Dio e lo vuole dimostrare attraverso la teoria del movimento.
Tutte le cose del mondo sono movimento e sono mosse da qualcos’altro un po’ come un effetto a
catena ma non all’infinito.
IL DIO ARISTOTELICO:
- Dio è atto puro senza potenza (se avesse potenza dovrebbe essere soggetto al divenire
mentre Dio non è soggetto al divenire)
- Dio è atto immobile perché non è soggetto ai movimenti delle cose sulla terra
- Dio non ha materia ed è quindi pura forma o sostanza incorporea proprio perché non ha
materia
- Dio è eterno ed è la causa di tutti i movimenti
Per Aristotele dio non è la causa efficiente (quindi non dà un impulso come un macchinario) ma è la
causa finale ossia lo scopo ed è oggetto d’amore.
= ricerca spasmodica di Dio (non è Dio che forma il mondo, ma è il mondo che, aspirando a Dio, si
autodetermina attraverso le varie forme del mondo)
Dalla materia nasce una forma e questa forma si muove attraverso Dio perché Dio è l’entità perfetta,
compiuta, eterna e pura alla quale anelare proprio perché è lì che c’è la massima forma di
intelligenza e di compiutezza perché Dio sa tutto e muove tutto.
Secondo Aristotele, Dio essendo la perfezione pensa alla perfezione stessa ossia pensa a sé stesso
e, quindi, Dio è pensiero di pensiero e la vita divina è la più felice di tutte.
Tra le varie incertezze sulla concezione divina di Aristotele c’è quella legata al monoteismo o al
politeismo perché nella Fisica lui sostiene che Dio sia il motore del primo cielo ma esistono anche
altri cieli e quindi, questo darebbe spazio ad un pensiero politeista ossia alla presenza di più di un
Dio. Questa cosa rimane comunque poco chiara e ci sono due scuole principali di pensiero: quella
che sostiene la visione politeista di Aristotele (in linea con la concezione religiosa dei greci del
tempo) e quella che sostiene una forma di monoteismo che si concretizza veramente nella religione
ebraica e successivamente con l’avvento del cristianesimo.
LA LOGICA
La logica ha come oggetto la forma comune di tutte le scienze.
Aristotele non usò mai questo termine ma, come nel caso della metafisica. Usò il termine
“analitica”, per indicare ciò che noi chiamiamo oggi logica. La parola logica è probabilmente di
derivazione stoica e deriva dal pensiero espresso nei lògoi che sono appunto i discorsi. Anche il
termine organo non è aristotelico. Fu adoperato per la prima volta, per indicare la logica da
Alessandro di Afrodisia.
Òrganon servirebbe a sottolineare la funzione propedeutica o introduttiva della logica, intesa come
“strumento” di cui si servono tutte le scienze.
Analitica = insieme di ragionamenti che utilizzano le scienze per poter giungere alle proprie tesi
La logica studia le forme del pensiero = si articolano attraverso i “concetti” che sono gli oggetti del
nostro discorso e si inseriscono all’interno di una scala gerarchica in base alla maggiore o minore
universalità e vengono classificati in base al genere e alla specie.
- Meno caratteristiche
- Maggior numero di individui
GENERE
SPECIE
SPECIE
INFIMA
Se si percorresse la scala verso il basso, vedremmo un graduale aumento della comprensione e una
diminuzione dell’estensione, fino ad arrivare al concetto di una specie denominata da Aristotele
“specie infima” che ha la massima comprensione e la minima estensione possibile. Questo è
l’individuo che è la sostanza prima che è da distinguere dalle sostanze seconde. La sostanza prima è
la sostanza nel vero senso della parola ed è l’unica sostanza che esiste primariamente e che, senza
di essa, le sostanze seconde non potrebbero esistere.
Al contrario, percorrendo la scala dal basso verso l’alto, si vede progressivamente un aumento
dell’estensione e una diminuzione della comprensione, fino ad arrivare ai “generi sommi” che,
secondo Aristotele, sono le dieci categorie. Queste categorie, che hanno la massima estensione e la
minima comprensione, sono i modi in cui l’essere si manifesta nelle proposizioni.
LE PROPOSIZIONI
Per Aristotele, rientrano nella logica solo gli ENUNCIATI APOFANTICI (asserzioni dichiarative),
mentre non rientrano nella logica le esclamazioni, i comandi e le preghiere.
Gli enunciati apofantici sono gli unici che possono essere dichiarati o veri o falsi.
QUANTITA’
- Universali (es. Tutti gli uomini sono simpatici)
- Particolari (e. alcuni uomini sono simpatici)
A E
ADFIRMO NEGO
I O
“A adfirmat, negat E, sed universaliter ambae;
Quella che lega l’universale affermativa con l’universale negativa è detta contraria perché sono
quantitativamente identiche (perché sono entrambe universali) ma qualitativamente diverse
(perché una è affermativa e l’altra negativa). Le proposizioni contrarie non possono essere
entrambe vere ma possono essere entrambe false.
Le sub-contrarie sono le due proposizioni particolari affermative e negative e che, come quelle
sopra, sono quantitativamente identiche ma qualitativamente diverse. Le proposizioni sub-
contrarie, invece, possono essere entrambe vere ma non entrambe false.
1. ASSERZIONE (ossia A è B)
2. POSSIBILITA’ (ossia A è possibile che sia B)
3. NECESSITA’ (A è necessario che sia B)
Infatti, se io prendo il concetto “uomo” e il concetto “simpatico” non sono veri o falsi perché sono
svincolati da un contesto che è composto da una combinazione di concetti.
DUE ASSIOMI
1. la verità sta nel pensiero o nel discorso e non nell’essere o nella cosa
2. la misura della verità è l’essere o la cosa, non il pensiero o il discorso.
Perché se io prendo il concetto “simpatico”, una cosa non è simpatica perché si dice che è vero che
quella cosa è simpatica; è simpatica perché è simpatica.
PENSIERO-LINGUAGGIO-ESSERE
Linguaggio = una convenzione perché è costituita da un insieme di parole che sono state
convenzionalmente scelte dagli individui di una comunità per veicolare il nostro pensiero e quindi
anche l’essere.
I SILLOGISMI
RAGIONAMENTO PER ECCELLENZA: “un discorso (un ragionamento) in cui poste talune cose (le
premesse) segue necessariamente qualcos’altro (la conclusione) per il semplice fatto che quelle
sono state poste.”
SILLOGISMO TIPO
PREMESSA MAGGIORE Ogni animale (B) è mortale (A)
(termine medio) (termine maggiore)
TERMINE MEDIO: ha estensione media e si trova in entrambe le premesse, una volta come soggetto
e l’altra come predicato;
TERMINE MAGGIORE: ha estensione maggiore e compare come predicato nella prima premessa;
TERMINE MINORE: ha estensione minore e compare come soggetto nella seconda premessa;
Il termine maggiore e minore compaiono pure nella conclusione, dove si presentano uniti tra loro
nelle vesti di soggetto (minore) e predicato (maggiore).
L’elemento grazie a cui avviene l’unione è il termine medio che funge da connettivo tra i due
termini, e quindi da leva, dell’intero sillogismo. Ciò accade perché il termine medio (animale) da un
lato risulta incluso nel termine maggiore (mortale) e dall’altro include in sé il termine minore
(uomo). Di conseguenza, la caratteristica espressa dal termine maggiore (mortalità), appartenendo
al termine medio, apparterrà per forza anche al termine minore.
Ma come si ottengono tali promesse? Aristotele non è sempre chiaro su questo punto centrale della
propria dottrina. Si dice che per Aristotele le premesse prime del ragionamento scientifico si
identificano con gli assiomi, ossia con proposizioni auto evidenti, che possono risultare comuni a
più scienze, (come nel caso del principio). Questi principi sono accompagnati da dalle definizioni che
enunciano l’essenza di cui si sta parlando.
Una definizione si ottiene predicando di un concetto (es. uomo), il suo genere prossimo (es.
animale) e la sua differenza specifica (es. ragionevole), Le categorie, in quanto generi sommi, sono
per Aristotele indefinibili e ciò vale anche per l’essere.
INDUTTIVO: dal particolare all’universale <<per lo più>> (es. “fino ad ora ho visto molti corvi e
tutti erano neri; quindi tutti i corvi sono neri”.
Per Aristotele le premesse “prime” per i sillogismi dimostrativi o scientifici, derivano dalla
medesima facoltà da cui derivano anche gli assiomi l’intelletto e dal suo specifico potere di
intuizione razionale. Unendo esperienza e intelletto riconosci se un sillogismo è scientifico oppure
no.
LA DIALETTICA
PLATONE: scienza più alta usata dal filosofo per mettere in discussione i principi di tutte le altre
scienze.
Questi principi per Aristotele sono “accettabili a tutti, oppure alla grande maggioranza, o a quelli
oltremodo noti ed illustri”
Nell’ambito della dialettica trovano sede i problemi che hanno almeno due soluzioni, avvolte
contraddittorie. Aristotele si preoccupa di classificare anche i sillogismi eristici dei sofisti,
ragionamenti le cui premesse non sono né necessarie, né probabili, ma solo apparentemente
probabili.
LA RETORICA
- Ambito del probabile
- Non scientifica
- Tratta anche argomenti al di fuori del razionale (es. sentimenti)
- Tiene conto degli uditori
- Utilizzata per produrre discorsi persuasivi ossia che siano in grado di convincere una o più
persone di una determinata cosa
- Utilizzata prevalentemente in ambito forense (ossia dagli avvocati) e in ambito politico
Anche le argomentazioni retoriche partono da premesse probabili, ma spesso non sono scandite
esplicitamente nei diversi passaggi, poiché questi, per la loro ovvietà, possono essere omessi.
Questo tipo di ragionamento, o sillogismo, in cui una premessa viene omessa, è detto entimèma.
Nella sua teoria sulla retorica, Aristotele si trova al centro tra i sofisti che, avevamo detto, usare la
retorica come persuasione pura, e Platone che, nel fedro, invece voleva usare la retorica avulsa
dall’inganno e dalle parole vuote. Ecco Aristotele vuole abbandonare come Platone le parole vuote
e ingannatrici ma, allo stesso tempo, pone l’accento sulla natura debole dei discorsi retorici.
LA FISICA
Le sostanze in movimento, costituiscono l’oggetto della fisica. Questa è per Aristotele la filosofia
seconda. La fisica è vista come teoria del movimento, all’interno della quale il filosofo distingue e
classifica le sostanze fisiche proprio a partire dal proprio movimento. Solo il movimento locale è il
movimento fondamentale che consente di classificare e distinguere le sostanze fisiche, ed esistono
tre specie di movimento locale: movimento circolare intorno al centro del mondo; movimento dal
centro del mondo verso l’alto; movimento dall’alto verso il centro del mondo. Gli ultimi due
movimenti sono opposti e contraddistinguono i quattro elementi. Ogni sostanza, può essere
costituita da diversi elementi, i quali si possono muovere dall’alto verso il basso sia dal basso verso
l’alto e con questi spostamenti provocano la nascita, il mutamento o la morte della sostanza stessa.
Il movimento circolare invece segue sempre la stessa direzione e le sostanze che si muovono con
questo tipo di movimento, sono immutabili. Aristotele ritiene che l’etere, l’elemento che compone
i corpi celesti, sia l’unico a spostarsi con un movimento circolare.
- è perfetto perché possiede tutte e tre le dimensioni possibili (altezza, larghezza e profondità)
- Il mondo è perfetto perché è finito ossia è compiuto
- Non esiste altro mondo oltre il nostro
Aristotele riprende dai pitagorici l’idea del 3 come numero perfetto, così come riprende dai
pitagorici il concetto di finito e infinito. Per il filosofo, il mondo è perfetto perché è finito ossia è
compiuto. Come sostenevano anche i pitagorici, infatti, l’infinito è qualcosa di incompiuto, di
incompleto mentre al mondo non manca nulla. In realtà, secondo Aristotele nessuna realtà fisica è
infinita.
SPAZIO: L’insieme dei luoghi propri dei corpi, è come un recipiente immobile che contiene i corpi.
Lo spazio senza i corpi non esisterebbe, infatti per Aristotele non esiste lo spazio vuoto, ossia lo
spazio senza un corpo che lo ospita. L’universo è il recipiente massimo che contiene tutto. TEMPO:
“il numero del movimento secondo il prima o il poi”. Il tempo non può esistere senza le cose che
cambiano. In effetti, il tempo implica un mutamento, un cambiamento dal prima al poi. Il tempo è
quindi la materia del divenire.
LA PSICOLOGIA
- Fa parte della fisica perché studia l’anima (psiche) che è l’oggetto della fisica perché è forma
“incorporata” nella materia
- L’anima è una sostanza calata nella materia che è “l’atto finale primo di un corpo che la vita
in potenza”
- Il corpo è vita in potenza e diventa vita in atto solo grazie all’anima.
- ANIMA: atto finale perché è la realizzazione del corpo.
Quindi, l’anima ha bisogno di un corpo per operare e, allo stesso tempo, il corpo ha bisogno
dell’anima per poter diventare vita in atto. Quindi, si assiste ad una connessione tra anima e corpo
in Aristotele, contrariamente ai pitagorici che invece ritenevano che l’anima fosse una sostanza a
sé.
La sensazione in atto coincide per Aristotele con l’oggetto sensibile che viene percepito: ad
esempio, l’udire un suono coincide con il suono stesso (se non ci fosse la vista, non ci sarebbero i
colori).
Dal senso si distingue l’immaginazione che è la facoltà di produrre, evocare o combinare immagini
indipendentemente dagli oggetti a cui esse si riferiscono (immagine è una sorta di traccia,
memoria nell’anima dalla sensazione).
Aristotele mirava ad una concezione di empirismo, poiché si radica nella convinzione che una
conoscenza intellettuale non possa prescindere dall’esperienza e di anti-innatismo, in quanto non
ammette conoscenze anteriori rispetto a quelle derivate dall’esperienze, innate.
FELICITA’
- Il bene sommo al quale ogni individuo aspira e tutti gli altri beni dipendono dalla felicità
- L’uomo è felice quando adempie ai suoi compiti, alle attività che gli competono
- Il compito dell’uomo è quello di vivere secondo ragione
- L’uomo potrà essere felice solo se utilizza la ragione e in questo consiste la virtù umana, la
ricerca della felicità e una ricerca sulla virtù che passa anche attraverso al piacere che
accompagna l’uomo nelle sue attività
- I beni esteriori come la ricchezza, la bellezza e la potenza, sono solo degli aiuti per essere
felici ma non determinano la felicità
- La virtù così come la malvagità sono delle scelte che ogni essere umano fa con la ragione e
quindi decide deliberatamente di essere virtuoso oppure malvagio, ogni persona ha i propri
mezzi per poter scegliere liberamente della propria vita tramite la ragione
- Aristotele usa la parola libero per indicare chi ha in sé il principio delle proprie azioni ed è
quindi, come dice lui, “principio di sé stesso”.
LIBERTA’ E LIBERO ARBITRIO IN ARISTOTELE
L’idea di libertà presente nella riflessione aristotelica è ancora lontana dalla nozione cristiana di
“libero arbitrio”, ossia come un’indifferenza della volontà rispetto agli elementi che la possono
determinare. Aristotele, invece, la scelta risulta strutturalmente condizionata dalla natura e dalle
caratteristiche del suo oggetto.
Nel Medioevo la prospettiva aristotelica è stata estremizzata con il celebre aneddoto del cosiddetto
“asino di Buridano”, un asino affamato che, posto in mezzo a due fasci di fieno uguali, rischia di
morire di fame perché non è in grado di decidere quale mangiare, non essendovi ragioni valide per
scegliere l’uno o l’altro (Jean Buridan). In linea con l’intellettualismo etico socratico, infatti, Buridano
ritiene che la volontà segua necessariamente il giudizio dell’intelletto, ad esempio, che si decida per
il bene maggiore solo quando l’intelletto lo giudica tale. Se invece l’intelletto giudica uguali due beni,
la volontà non può decidersi né per l’uno né per l’altro, e la scelta non avviene.
LE DUE VIRTU’
Poiché nell’uomo, oltre alla parte razionale o intellettiva dell’anima, esiste anche una parte
appetitiva, Aristotele ammette due tipi fondamentali di virtù:
La principale virtù etica è la GIUSTIZIA a cui Aristotele da molta importanza e gli dedica un libro.
L’uomo giusto ossia colui che rispetta tutte le leggi e le norme dello stato è un uomo giusto.
1. GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA: distribuisce gli onori, i beni e il denaro a seconda dei meriti di
ognuno
2. GIUSTIZIA COMMUTATIVA: si occupa dei contratti che possono essere volontari come
nel caso di un contratto di vendita o involontari come nel caso di un furto o di un omicidio.
Questo tipo di giustizia è correttiva perché vuole pareggiare i vantaggi e gli svantaggi tra i due
contraenti. Nel caso dei contratti involontari, come ad esempio il furto e l’omicidio, la pena deve
essere proporzionata rispetto al danno arrecato. Sulla giustizia è fondato il diritto, che Aristotele
distingue in diritto privato e diritto pubblico. Dal diritto Aristotele distingue l’equità, che è una
correzione della legge mediante il diritto naturale, resa necessaria dal fatto che non sempre
nelle leggi è possibile contemplare tutti i casi, il che comporta che la loro applicazione risulta
talvolta ingiusta.
VIRTU’ DIANOETICHE: sono l’espressione della nostra ragione e sono, nello specifico l’arte,
la saggezza, l’intelligenza, la scienza e la sapienza.
SCIENZA: dimostrare le cose del mondo e gli eventi che avvengono nel mondo, dimostrazione che
può avvenire soltanto attraverso la ragione
SAPIENZA: (sophìa) grado più alto della scienza ed è la capacità di conoscere i principi e le
dimostrazioni e di studiare le realtà più alte e sublimi, infatti rispetto alla saggezza che riguarda le
cose del mondo la sapienza guarda più in alto, verso realtà più alte e universali. In questo c’è un
distacco netto con Platone che riteneva che saggezza e sapienza coincidessero e invece per
Aristotele c’è una netta differenza. La saggezza guarda verso le cose del mondo mentre la sapienza
guarda più in alto, verso l’essere in quanto tale. È proprio nella sapienza che risiede la felicità più
alta.
LA DOTTRINA DELL’AMICIZIA
Per Aristotele, l’amicizia è una virtù o, quanto meno, è congiunta alla virtù ed è fondamentale per
gli esseri umani tant’è che il filosofo dice che “senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se
possedesse tutti gli altri beni.” L’amicizia è quindi indispensabile per l’uomo, è necessaria per dare
un senso alla vita ma è anche una cosa bella. Aristotele distingue tre tipologie di amicizia. L’amicizia
fondata sull’utile, l’amicizia fondata sul piacere e l’amicizia fondata sul bene. L’amicizia di utilità
è, come suggerisce la parola, è un’amicizia di interesse dove c’è interesse a stare insieme per un
obiettivo che può essere comune oppure di uno solo dei due. Di solito si dice che, nel gergo comune,
che quella è un’amicizia interessata ossia che c’è utilità nell’essere amici. E questo tipo di amicizia è
un’amicizia poco salda, facile a rompersi una volta che l’interesse svanisce. Secondo Aristotele,
questo tipo di amicizia è tipologie delle persone anziane che hanno bisogno di amicizie per
sopravvivere mentre invece, la seconda amicizia, quella del piacere, è più tipica dei giovani ma
anche in questo caso è un’amicizia volubile, che può rompersi facilmente. In questo caso non c’è
un’utilità ma un piacere condiviso tra le parti che però può improvvisamente
svanire con l’età o modificarsi. In aggiunta a questo i giovani sono anche spinti dalle amicizie
amorose per cui, come dice Aristotele “amano e cessano di amare con rapidità, mutando più volte
nel medesimo giorno”. Invece, l’amicizia di virtù è un’amicizia che dura nel tempo, che è stabile
perché è fondata sul bene reciproco ed è un’amicizia che esiste tra persone buone che amano gli
altri. e questa amicizia è ovviamente rara anche perché pochi sono i buoni ossia che amano gli altri
a prescindere da un secondo fine o da una passione. è un’amicizia che si costruisce con il tempo, è
molto lenta nella sua costruzione, ci dice il filosofo. Ci sono delle condizioni per la creazione di
un’amicizia:
1. le persone devono essere uguali per poter creare un’amicizia di virtù. (della stessa classe sociale
o comunque allo stesso livello).
2. poi Aristotele ci dice che è difficile che un uomo burbero e scontroso faccia amicizia perché è la
natura stessa che manifesta repulsione nei confronti di ciò che è poco piacevole. Ma la caratteristica
principale dalle parole di Aristotele che sono magistrali: “è senz’altro bene non cercare di avere il
maggior numero possibile di amici, ma tanti quanti sono sufficienti a vivere in intimità, giacché tutti
ammettono che non è neppure possibile essere intensamente amico di molti. Per questo motivo non
è neppure possibile essere innamorato di molti: l’amore vuol essere infatti una sorta di eccesso
d’amicizia, e questo è verso una sola persona. Pertanto anche l’essere intensamente amici sarà verso
poche persone. Coloro che hanno molti amici e che si legano intimamente con tutti quelli che
capitano, è comunemente riconosciuto che non sono amici di nessuno”.
L’amicizia, pur essendo una forma di benevolenza non bisogna confonderla con essa, perché <<si
ha benevolenza anche verso chi non si conosce ed essa può restare celata, l’amicizia no>> e pur
essendo una forma d’amore, l’amicizia non è da confondersi con l’amore senso stretto, in quanto
l’èros ha i caratteri di un’affezione in cui entrano in campo i fattori emotivi e sessuali.
“Chi non può entrare a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso,
non è parte di una città, ma è una belva o un dio”.
Non può essere costituita da schiavi o da animali perché non possono partecipare non essendo liberi
di scegliere (no ragione).
FORME PATOLOGICHE
1. TIRRANNIDE: governo di un monarca despota
2. OLIGARCHIA: governo dei ricchi
3. DEMOCRAZIA: demagogia, governo che tiene conto solo degli interessi dei poveri
CONDIZIONI BUON GOVERNO:
1. deve provvedere alla prosperità del suo popolo e alla sua felicità attraverso una vita virtuosa.
2. all’interno dello Stato ci deve essere un numero di cittadini adeguato, non troppi e neanche
troppo pochi
4. lo Stato deve essere suddiviso nelle tre classi sociali che aveva già delineato Platone: produttori,
guerrieri, governanti
5. contrariamente a Platone, però, Aristotele non condivide l’idea della comunanza delle proprietà
e delle donne in coerenza con ciò che ha scritto sull’amicizia.
6. un’altra cosa importante è che nello Stato devo comandare gli anziani
7. ed infine, lo Stato è garante dell’educazione dei cittadini che deve essere uguale per tutti e con lo
scopo non solo di preparare alla vita militare ma anche alla vita virtuosa e pacifica.
L’ESTETICA E LA POETICA
BELLO PER ARISTOTELE
ciò che adempie al suo scopo, che coincide con la sua forma
TIPOLOGIE DI BELLO:
BELLO NON ARTISTICO (naturale): ci sono delle cose belle sin dal primo sguardo e altre che
appaiono disarmoniche e brutte in apparenza. In apparenza perché noi le vediamo così perché non
stiamo usando l’intelletto ma solo i nostri sensi. Usando l’intelletto diventano belle perché scopri la
loro finalità
BELLO ARTISTICO:
arte = imitazione di qualcosa attraverso un mezzo, nel caso del canto è la voce e nel caso della poesia
è prima la scrittura e poi la voce che legge la poesia. Aristotele non vuole però svilire l’importanza
dell’arte perché, proprio perché è imitazione, rappresenta l’essenza delle cose e quindi non è
soltanto apparenza ma è un modo per conoscere la realtà che è oggetto di sapere.
LA TRAGEDIA
il filosofo sottolinea l’importanza della tragedia che è: “imitazione di un’azione seria e compiuta in
se stessa, che abbia una certa ampiezza, un linguaggio ornato in proporzione diversa a seconda delle
diverse parti, si svolga a mezzo di personaggi che agiscano sulla scena, e non che narrino, e infine
produca, mediante casi di pietà o di terrore, la purificazione di tali passioni”. La tragedia ha una
funzione catartica perché consente l’educazione e la formazione dell’uomo attraverso la riflessione
sulla propria vita e la purificazione da tutte quelle passioni o quei comportamenti negativi.