1° Parte Metodologia

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METODOLOGIA DELLA RICERCA PEDAGOGICA

Non esiste un unico metodo scientifico ma ce ne sono diversi.


Le ricerche educative devono essere scientificamente fondate: è importante capire qual
è il metodo più adeguato da adottare in ogni caso; anche gli esiti vanno presi con le
“pinze”, per evitare di intraprendere percorsi educativi non adeguati.
Noi siamo indotti a pensare che la ricerca scientifica sia indiscutibile a priori, in realtà
non è così ma ci sono dei criteri che determinano se la ricerca scientifica sia discutibile
o meno.
La metodologia della ricerca pedagogica è un insegnamento normativo, non
descrittivo  prescrive delle regole stabili, delle norme che non si possono modificare.

Esame:
Prova scritta divisa con domande a risposta aperta e vero/falso (30) sui temi del corso.
Fine lezione: 16 aprile
Preappello: 17 aprile
6 assenze massimo (15 lezioni, 70%)

TERMINOLOGIA
La metodologia della ricerca pedagogica si avvale sia di termini specifici sia di termini
utilizzati nel linguaggio comune: è importante l’etimologia della parola perché aiuta a
comprendere meglio un concetto.
Denominazione dell’insegnamento: metodologia della ricerca pedagogica
- METODO è una di quelle parole che utilizziamo anche nel linguaggio comune (es
metodo di studio, metodo di lavoro), equivale alla procedura da seguire nel
realizzare una determinata attività.
La metodologa Diega Orlando nell’antologia del suo libro “Metodologia della
ricerca pedagogica” si sofferma sull’etimologia della parola “metodo”  deriva
dal greco odòs (strada) + meta (oltre) = strada che si percorre (nel ricercare),
ma non è un procedimento qualsiasi.
Il metodo indica la strada che la RAGIONE percorre nel ricercare, è un procedere
razionalmente.

- METODOLOGIA Deriva dal greco odos (strada) + meta (oltre) + logos (discorso)=
discorso sul metodo.
È una disciplina teorica che non va confusa con la metodica.

- METODICA Deriva dal latino methòdice e questo dal greco “methodike” (tekne)
= arte del metodo.
A differenza della metodologia, la metodica si occupa di come applicare un
metodo specifico, indica i criteri da seguire per applicare nel miglior modo
possibile un metodo di ricerca (piano applicativo, non più teorico).

Questi due termini (metodologia e metodica) ultimamente sono stati confusi da chi fa
ricerca e ha scritto dei saggi che si avvalgono del metodo sperimentale, usando la
parola metodologia come se si riferisse alla metodica.
L’attuale discorso sul metodo (METODOLOGIA) riguarda le varie vie della ragione o forme
della razionalità o procedimenti scientifici.
In rapporto a ciascuna scienza, la metodologia della ricerca si interroga sui criteri ai quali
ci si deve attenere nell’applicare un metodo di ricerca scientifica per rispettare:
• L’oggetto
• Il punto di vista
• L’obiettivo
• Il linguaggio
(specifici per quella scienza)

Bisogna stare attenti a non confondere il piano metodologico didattico con il piano
metodologico della ricerca:
- PIANO METODOLOGICO DIDATTICO (metodologia didattica) arte dei metodi di
insegnamento; corrisponde alla metodica nell’ambito della ricerca scientifica
Riguarda l’operatività dell’insegnamento e ci dice come applicare in maniera
appropriata determinati metodi didattici (PIANO APPLICATIVO)
Corrisponde alla metodica nell’ambito della ricerca scientifica
- PIANO METODOLOGICO DELLA RICERCA (metodologia della ricerca scientifica) 
discorso sui metodi della ricerca (PIANO TEORICO).

In passato si affermava che l’unico metodo valido fosse il metodo sperimentale (nato
nel Seicento): esso si avvale di un procedimento logico induttivo induzione=
processo logico contrario alla deduzione che muove dal particolare al generale, dai
fatti ai principi, dagli effetti alle cause.
Francesco Bacone (1561-1626), fisico e padre dell’epistemologia, ha affermato che
per fare ricerca scientifica bisogna avvalersi di un procedere per induzione.

È importante distinguere il piano gnoseologico dal piano epistemologico (2 piani


diversi):
- GNOSEOLOGIA deriva dal greco gnòsis (conoscenza) + logos (discorso) =
discorso sulla conoscenza. Si occupa dell’analisi di: fondamenti, limiti, validità e
della conoscenza umana, intesa come relazione tra soggetto cosciente e oggetto
conosciuto.
- EPISTEMOLOGIA deriva dal greco epistème (conoscenza) + logos (discorso)=
discorso sulla conoscenza scientifica. Si interroga su: oggetto, punto di vista,
obiettivo, linguaggio, metodi, strumenti, tecniche della conoscenza scientifica.

Interrogarsi sullo statuto epistemologico di un sapere equivale a chiedersi se è


una scienza autonoma, cioè una scienza che ha:
• un suo oggetto,
• un suo punto di vista,
• un suo obiettivo,
• un suo linguaggio,
• dei metodi d’indagine specifici,
• degli strumenti d’indagine specifici,
• delle tecniche d’indagine specifiche.

EXCURSUS STORICO-EPISTEMOLOGICO:
Con Bacone (padre dell’epistemologia modernamente intesa) nasce il metodo
sperimentale che, in passato, veniva concepito come unico metodo scientifico.
La scienza modernamente intesa è nata con il metodo induttivo, caratterizzato
dall’osservazione dei fatti particolari per estrapolare dei principi generali.
Bacone ha preso posizione rispetto agli antichi (come ad esempio Aristotele), dicendo
che hanno sì raggiunto delle verità scientifiche ma sono pervenuti a queste solo per puro
caso, poiché si avvalevano di un metodo inesistente oppure sbagliato (inadeguato per
le scienze della natura), ovvero il metodo deduttivo (dai principi generali si ricavano
conseguenze particolari).
Secondo Bacone per indagare la natura e per arrivare a cogliere la forma dei fenomeni
(la causa), bisogna ricorrere ad un nuovo metodo, ovvero quello induttivo sperimentale
(rimasto invariato nella struttura logica). Secondo lui bisogna partire dall’osservazione
della realtà, un’osservazione razionale ed ordinata.

Egli utilizza le tavole baconiane in cui sono presenti:


- La tavola delle presenze  sulla quale disponiamo tutti gli oggetti che presentano
il fenomeno (es. il calore)
- La tavola dell’assenza in prossimità sulla quale disponiamo oggetti simili a quelli
della prima tavola, che pensiamo producano calore ma invece non è così.
- La tavola dei gradi o della comparazione sulla quale disponiamo gli oggetti in
modo decrescente (dal più caldo al meno caldo) segnando anche quando il
calore aumenta e quando diminuisce
Da lì si può formulare una prima ipotesi sulla causa di un fenomeno.
Qualunque sia la conclusione a cui si giunge, l’ipotesi va sempre sottoposta a
sperimentazione: tra i vari esperimenti ce ne sarà uno che consentirà di affermare con
assoluta certezza se la nostra ipotesi è corretta o errata.

Agli inizi del Novecento, invece, si è arrivati ad affermare una visione della ricerca
scientifica secondo cui non può avvalersi di scientificità ciò che non viene sottoposto a
procedimento deduttivo (es matematica) o procedimento induttivo sperimentale (es
fisica, scienze della natura, ecc).
Oggi non si parla più di un unico metodo scientifico.

Lo scienziato Israel Scheffler (1923-2014) è stato un epistemologo che si è occupato


anche di educazione ed è stato ripreso da Diega Orlando che, ispirandosi a lui, dice che
quando uno scienziato si accosta alla realtà non l’accoglie mai così com’è, ma la
descrive attraverso una teoria implicita che si basa su un’interpretazione propria,
umana.
La pretesa di oggettività della scienza consiste in “descrizioni” della realtà colte
attraverso un io categorizzante che legge la realtà avvalendosi di determinate
categorie, cioè di una concezione della realtà stessa.
Noi strutturiamo la realtà in modo soggettivo, il nostro rapporto con il modo è mediato
dal nostro sistema percettivo che è condizionato da vincoli sociali e soggettivi.

La conclusione di Orlando è che noi costruiamo la realtà in modo soggettivo e questo


mette in discussione l’oggettività della scienza. Questa ricerca non è esente da
considerazioni di carattere soggettivo.
Orlando, riprendendo Scheffler, afferma che l’oggettività è una pretesa (infatti non siamo
in grado di cogliere la realtà così com’è) anche quando ci avvaliamo del metodo
sperimentale. Noi di fatto arriviamo a interpretazioni basate su una teoria che
condividiamo.
Orlando fa riferimento a dei sociologi, cioè alla scienza della società e dell’uomo fa
riferimento alla scuola di Francoforte (Adorno), la quale sottolinea che, nel caso della
società (o meglio di tutte coloro che hanno come oggetto l’uomo), il metodo
sperimentale risulta limitativo perché odiernamente esso isola delle varianti che
vengono manipolate intenzionalmente per vedere come questa nostra manipolazione
controllata incida su altre variabili.
Questo modo di procedere è inadeguato per le scienze dell’uomo (quindi anche la
pedagogia) perché non è possibile comprendere una parte senza considerare il tutto;
ad esempio io non posso somministrare un test a dei ragazzini che frequentano un
doposcuola e sulla base di quel test estrarre delle generalizzazioni che mi portano ad
inquadrare un soggetto in base a quei risultati.
Tale metodo non è pertinente a queste scienze perché presenta:
- Variabili indipendenti variabili manipolate intenzionalmente per vedere effetti
ad esse connesse;
- Variabili dipendenti modificazioni osservabili e misurabili conseguenti alle
variazioni delle variabili indipendenti.

Il metodo sperimentale non è pertinente in ambito sociologico/pedagogico anche


perché queste hanno come obiettivo un cambiamento in senso migliorativo; invece il
metodo sperimentale si avvale di un unico linguaggio, ovvero quello descrittivo.
Le scienze con oggetto l’uomo devono avvalersi di un linguaggio sia normativo sia
descrittivo. Pertanto il metodo sperimentale non può essere l’unico metodo con cui
accostarsi alla realtà educativa.

Orlando arriva a dire che la scienza è “tutto il sapere critico e giustificato” è


considerato scientifico tutto ciò che proviene, tutti i risultati che provengono, da metodi
di ricerca giustificati attraverso l’utilizzo della razionalità e della ragione; la razionalità
non si esprime solo attraverso forme e modi quantificabili (come nel metodo
sperimentale) ma anche attraverso modalità (metodi) che ricorrono alla dimensione
qualitativa.
I vari metodi si possono distinguere quando si studia e si riflette criticamente ma nella
realtà educativa (che è molto complessa) i metodi vanno intrecciati se vogliamo
cogliere in modo esaustivo le problematiche degli educandi.
Noi dobbiamo considerare vari metodi e ognuno di essi ci fa cogliere degli elementi che
determinano l’educando: più metodi adottiamo, più cogliamo la realtà educativa.

RICERCA
RICERCA deriva dal latino, precisamente dal prefisso intensivo ri e dal verbo cercare
(dal sostantivo circus=cerchio); etimologicamente deriva dal “fare il giro intorno, girare
intorno a”

• Diega Orlando (metodologa personalista) secondo lei la ricerca scientifica


consiste in progetti ruotanti attorno a dei problemi per chiarire/risolvere, i quali si
scelgono dei metodi e dei linguaggi rigorosi e coerenti, fondati su determinati
criteri atti ad offrire una certa verifica/convalida/conferma.
• Roberto Trinchero (pedagogista sperimentalista)  ritiene che la ricerca
scientifica sia un’indagine dotata di rigore metodologico, volta a produrre risposte
a dei problemi che rispettino criteri di validità intersoggettiva.
• Massimo Baldacci (metodologo e problematicista)  ritiene che la ricerca
scientifica sia una pratica dotata di rigore che può essere inteso in modi differenti
(scrupolosità, severità, adeguatezza, )
Questi tre pensieri concordano sul fatto che la ricerca scientifica deve essere una
pratica dotata di rigore (concetto centrale nella metodologia della ricerca
pedagogica).

Altre espressioni della ricerca sono:


- Ricerca/approccio quantitativo/a  approccio orientato alla spiegazione del
fenomeno, cioè l’identificazione di regolarità e leggi generalizzabili sulla base di
dati quantitativamente ordinati ed organizzati, che vengono usati per quantificare
e misurare: entità di un fenomeno, determinare la portata di un evento e per
confrontare differenti realtà sulla base di scale di grandezza.
- Ricerca qualitativa approccio orientato alla comprensione dei singoli
fenomeni, cioè la ricognizione dei fattori che vanno a comporre un fenomeno e le
loro relazioni. I dati qualitativi raccolti vengono confrontati, comparati e messi in
relazione tra loro per giungere ad una migliore comprensione del fenomeno.

Questi due orientamenti si collegano ad altri 2 termini:


1. Nomotetico ricerca orientata alla spiegazione, cioè all’approccio alla realtà
2. Idiografico ricerca orientata alla comprensione, cioè all’approccio
idiografico

Secondo quanto affermato da Massimo Baldacci:


 L’approccio nomotetico deriva dal greco nòmos (=norma, legge) e tithènai
(=porre). Questo approccio ha l’obiettivo di arrivare a trovare delle leggi generali
in grado di spiegare e cogliere i fenomeni.
“Tale approccio, basato essenzialmente su procedure quantitative, è caratterizzato
dalla ricerca di leggi generali in grado di spiegare certi fenomeni, ossia certe
uniformità empiriche”
 L’approccio ideografico deriva invece dal greco idiòs (aggettivo derivante dal
sostantivo idioma= particolartià, carattere particolare) che significa “proprio,
particolare” + aràphein che significa “tracciare dei segni, scrivere”.
Si tratta di tracciare dei segni particolari su procedure qualitative. Ha l’obiettivo
di cercare di cogliere ciò che nel caso specifico c’è di unico e irripetibile.
“Tale approccio, basato essenzialmente su procedure qualitative, è
contraddistinto dall’intento di comprendere il singolo caso, cercando di cogliere
il suo significato a partire da ciò che in esso si dà come specifico e unico, al limite
come irripetibile”
Tabella dei termini in ordine di ampiezza:
Epistemologia Dal greco epistème (conoscenza) +
logos (discorso) = discorso sulla
conoscenza scientifica
Metodologia Dal greco òdos (strada) + meta (oltre)
+ logos (discorso) = discorso sul
metodo scientifico
Metodo Dal greco òdos (strada) + meta (oltre)
= strada che la ragione percorre nel
ricercare
Metodica Dal latino methòdice e questo dal
greco methodikè (tekne) = arte del
metodo
Strumenti, tecniche Questionario, intervista, osservazione
partecipante, ecc

Facendo riferimento alla parola ricerca abbiamo introdotto nuove espressioni che
afferiscono al lessico di cui si avvale la metodologia della ricerca in generale: scientifica,
qualitativa, quantitativa, spiegazione, comprensione, nomotetico, idiografico.

I tre piani della ricerca scientifica di Trinchero:


Qualsiasi tipo di ricerca scientifica, secondo lo studioso Roberto Trinchero può avvenire
su 3 piani:
1. Teoretico
2. Storico e comparativo
3. Descrittivo e sperimentale

1. PIANO TEORETICO Si avvale del metodo argomentativo.


Lo scopo della ricerca scientifica quando si avvale del piano teoretico è quello di
analizzare e problematizzare i fondamenti (pilastri) di un sapere, come ad
esempio quello pedagogico.
Questo approccio secondo Trinchero è tipico della filosofia dell’educazione e della
pedagogia generale.
“TEORETICO”  dal greco “theorèo”, cioè “guardare uno spettacolo”, “osservare
uno spettacolo”; composto da theà (spettacolo) + horàn (vedere, osservare).
Nel linguaggio odierno teoretico=speculazione, riflessione, ragionamento,
approfondimento senza obiettivo di definire un modello da utilizzare nella
pratica.

Teoretico e teorico sono la stessa cosa? No, il piano teoretico è diverso da quello
teorico.
La teoresi si muove sul piano della riflessione, della problematizzazione (pone
problemi, approfondisce), mentre la teoria ha un interesse applicativo, pratico,
indirizza chi si occupa di un problema per poterlo affrontare nel migliore dei modi.

Piano teoretico= speculativo


Piano teorico= ha un obiettivo pratico e un interesse applicativo

2. PIANO STORICO E COMPARATIVO studia le concezioni e i modelli pedagogici che


si sono succeduti nel tempo e che coesistono in un preciso momento storico;
studia anche le istituzioni educative attraverso cui questi modelli vengono messi
in atto (quindi le istituzioni dove avviene l’educazione).
Questo piano può essere confrontato sia sul piano diacronico sia su quello
sincronico:
- Diacronico: dia (attraverso) + chrònos (tempo) = “attraverso il tempo”; ciò che si
propaga nel tempo
- Sincronico: syn (insieme) + chrònos (tempo) = “nello stesso tempo

Questa prospettiva si avvale del metodo storico nell’approccio diacronico e del


metodo comparativo nell’approccio sincronico.
Le discipline della ricerca storico-comparativa sono la storia della pedagogia, la
storia dell’educazione e l’educazione comparata.

3. PIANO DESCRITTIVO SPERIMENTALE Riguarda la ricerca empirica, sul campo.


Propria di questo approccio è la pedagogia sperimentale che, secondo Trinchero,
può essere condotta secondo un duplice approccio: nomotetico o idiografico.

Questi tre piani sono presenti in tutte le scienze e Trinchero li declina anche sul sapere
pedagogico.

PEDAGOGICA che deriva da PEDAGOGIA: in che senso è una scienza teorico-pratica?


Nell’ambito educativo, formativo e pedagogico non è possibile questa distinzione perché
la pedagogia è una scienza teorico-pratica.
Secondo la studiosa Diego Orlando in pedagogia i 3 piani della ricerca scientifica non
sono nettamente distinguibili perché la pedagogia è una scienza teorico-pratica.
L’ambito della metodologia della ricerca pedagogica per Diega Orlando è costituito da
2 termini (pedagogia da un lato, educazione-formazione dall’altro):
1. Pedagogia
2. Educazione-formazione
Nel suo libro la Orlando inizia trattando il termine “pedagogia” dice che si potrebbe
distinguere una metodologia della ricerca pedagogica da una metodologia della
ricerca educativa. Secondo lei, possiamo parlare di una ricerca pedagogica che si
concentra sulla riflessione attorno all’educazione, di una ricerca educativa che si
concentra sull’educazione come agire (come atto) e afferma che se noi guardiamo al
passato, dalla nascita della pedagogia modernamente intesa fino ai giorni nostri,
possiamo distinguere una storia della pedagogia come storia delle idee e una storia
dell’educazione come storia delle istituzioni educative.
La Orlando afferma che è vero che il pedagogista si avvale della ricerca scientifica con
scopi diversi rispetto a quelli dell’educazione. Si possono rilevare delle differenze, ma ciò
che è chiaro concettualmente non lo è altrettanto nella realtà.
Pertanto, nell’antologia del suo libro, la Orlando evidenzia come se andassimo a vedere
la storia dell’educazione e dei modelli educativi che si sono succeduti nel tempo
possiamo rilevare che tra teoria e pratica c’è sempre stato un divario, ma ci sono sempre
stati anche dei collegamenti (Froebel, Pestalozzi, Don Milani) in cui la dimensione
pedagogica e quella educativa coincidevano.
Quindi in ambito pedagogico-educativo, per la Orlando, non è possibile una netta
distinzione tra teoria e pratica: “la pratica è intrisa di teoria, la teoria contribuisce a
modificare la pratica, la quale a sua volta può provocare nuova teoria”.
La pedagogia è la teoria dell’educazione e della formazione: l’educazione/formazione
costituiscono la pratica e si influenzano vicendevolmente il rapporto tra pedagogia ed
educazione-formazione è circolare, sono tutte sullo stesso piano, non c’è un ordine
gerarchico.
La pedagogia (teoria) propone dei modelli e l’educazione-formazione (pratica) propone
una certa lettura dell’esperienza.

A questo punto Orlando tratta poi di “educazione-formazione” la pedagogia non


persegue la somma di scopi parziali come fanno le altre scienze dell’educazione ma
guarda alla persona nella sua globalità, singolarità e studia l’homo educandus.
L’uomo è da educare ed è educabile e ciò lo si fa all’insegna di una meta fondamentale,
di un imperativo, cioè quello di aiutare il soggetto ad individuare un proprio progetto di
vita, accompagnandolo in questo percorso realizzativo.

“Educazione è addestramento tecnico, è conoscenza, è assimilazione di modelli


culturali, è sviluppo, è cambiamento, è trasmissione di eredità, di cultura, di valori da
una generazione all’altra: dietro ad ogni termine ci sono diversi modelli educativi
perseguiti nella storia (homo rationalis, homo faber, homo tecnologicus e così via), ma
ci sono anche i saperi dell’educativo di cui si occupano lo psicologo, il sociologo, il
biologo, quanti, nel loro ambito, hanno a che fare con particolari aspetti dell’educazione.
La pedagogia non persegue la somma di scopi parziali- tutti importanti e presenti- ma
guarda alla persona nella sua globalità”.
Che rapporto è quello tra educazione e formazione, se esiste?
Diega Orlando afferma che originariamente, nella nostra cultura, i termini educazione e
formazione erano indistinguibili perché rientravano nel concetto di “Paideia”, ovvero il
realizzarsi dell’educazione attraverso un processo di formazione.
Per gli antichi greci l’educazione è un percorso che si intraprende attraverso la cultura in
cui si è immersi, che offre dei modelli capaci di attivare una minesis (=imitazione).
Si pensava quindi che l’educazione avvenisse attraverso l’assunzione di modelli proposti
dalla cultura.
La mimesi invece richiama l’imitazione dell’artista ognuno ritrae un certo panorama,
lo copia ma a modo proprio, con il proprio stile.
Questa concezione della Paideia è durata molto a lungo, fino agli anni ’50 del Novecento:
negli anni ’60 e ‘70 la pedagogia è andata in crisi frantumandosi in una serie di saperi e
si è imposta una distinzione tra educazione e formazione.
La formazione è diventata l’oggetto specifico dell’andragogia, l’educazione è rimasta
l’oggetto specifico della pedagogia.

PEDAGOGIA: deriva da paidòs (fanciullo) e ago (condurre) = condurre il fanciullo


ANDRAGOGIA: deriva da andròs (uomo) e ago (condurre)= condurre l’adulto; questo
termine ha iniziato ad essere utilizzato a partire dagli anni ’70 del Novecento, anche
grazie al pedagogista statunitense Malcom Knowles che si è occupato di andragogia e
quindi di formazione.

Per Diega Orlando la distinzione tra pedagogia e andragogia è inadeguata e lascia il


tempo che si trova: con l’alternarsi della separazione tra pedagogia e andragogia si è
venuta a creare una situazione in cui si potrebbero introdurre 2 distinzioni tra
educazione-formazione:
- Una prima distinzione potrebbe riguardare l’età studiata (adolescente e adulto),
alla quale poi l’educazione si rivolge nella pratica;
- Una seconda distinzione riguarda il fatto che l’educazione si rivolgerebbe all’uomo
nella sua globalità mentre la formazione si rivolgerebbe all’uomo nell’esercizio
della sua attività lavorativa (formazione professionale)

Per la Orlando, dunque, educazione e formazione sono facce della stessa medaglia: con
la rivoluzione industriale e quindi con l’affermarsi delle nuove tecnologie, avevano
ottenuto sempre più importanza l’organizzazione e il controllo dell’informazione (centrale
in ambito professionale); la sola formazione non era più sufficiente.
L’educazione è quindi diventata il supporto della formazione, in cui si è riscoperta la
centralità del soggetto: in un mondo come il nostro non ci si basa più solo su un
addestramento tecnico, destinato a rivelare la propria obsolescenza nel giro di poco
tempo a causa dei continui mutamenti della società ma l’unico elemento a rimanere
stabile è l’essere umano. Ecco perché negli ultimi studi la formazione è stata ricondotta
nell’ambito dell’educazione e, quindi, l’andragogia rientra nell’ambito della
pedagogia non è più vista come separata da essa ma viene a ricostituirsi quel legame
che si trovava in origine nella paideia.

Diega Orlando afferma che così come è inscindibile la pedagogia dall’educazione,


anche pedagogia e andragogia sono inscindibili.
Data la complessità del fenomeno educativo, per cercare di chiarificare certi problemi
occorre un approccio sistemico (non la logica dell’aut aut ma dell’et-et)  quando
facciamo ricerca, se vogliamo approfondire sempre più le problematiche che si
presentano, non va assunta la logica dell’ “aut-aut” ma quella dell’ “et-et”: vanno
considerati metodi che afferiscono a più piani e ciascuno di essi ci aiuta a cogliere una
fetta della torta della problematica educativa.
In questo modo, si riescono a cogliere in maniera più approfondita (anche se non
globale) e più facilmente le problematiche educative.

LE 5 QUESTIONI CON CUI CI SI CONFRONTA LA RICERCA SCIENTIFICA DI TRINCHERO E I 3


PRINCIPALI PARADIGMI DELLA RICERCA SCIENTIFICA:
Quando un ricercatore fa ricerca si confronta sempre con 5 questioni:
1. ONTOLOGICA
2. ESPISTEMOLOGICA
3. METODOLOGICA
4. TECNICO-OPERATIVA
5. ASSIOLOGICA

A seconda di come il ricercatore si pone nei confronti di queste questioni la ricerca


assumerà configurazioni differenti a seconda del paradigma di riferimento.

PARADIGMA deriva dal greco parà (presso, accanto) + dèigma (mostrare, confrontare)
= “modello, esempio”; quindi proporre un modello

Come afferma la studiosa Luigina Mortari nel suo libro “Cultura della ricerca
pedagogica”, in ambito scientifico il paradigma è un insieme di assunzioni o premesse
che guidano la ricerca scientifica e possono essere di vario tipo:
- Premesse ontologiche
- Premesse gnoseologiche
- Premesse epistemologiche
- Premesse etiche
- Premesse politiche
ONTOLOGIA deriva dal greco òn- genitivo di òntos (ente) + logos (discorso) = discorso
sull’ente; l’ontologia è lo studio della natura dell’essere in quanto tale

TIPOLOGIA DELLE PREMESSE COSA DEFINISCE OGNI PREMESSA


Ontologiche La natura della realtà che s’intende
indagare
Gnoseologiche In che cosa consiste la conoscenza
Epistemologiche In che cosa consiste la conoscenza
scientifica
Etiche Quali responsabilità ha il ricercatore
Politiche Quale tipo di ricerca è bene condurre,
tenendo presente il benessere della
collettività

Tutte queste premesse cambiano a seconda del paradigma di riferimento.

I tre principali paradigmi della ricerca scientifica seconfo Mortari e Trinchero:


1. REALISMO INGENUO o “POSITIVISMO” (Mortari)
2. REALISMO CRITICO O “POSTPOSITIVISMO” (Mortari)
3. COSTRUTTIVISMO o “INTERPRETATIVISMO” (Trinchero)

QUESTIONE ONTOLOGICA
Ci porta a chiederci: “La realtà che stiamo indagando esiste veramente o è una nostra
costruzione?”
REALISMO INGENUO  Il ricercatore che si colloca dentro la prospettiva del realismo
ingenuo crede nell’esistenza di una realtà oggettiva, separata dall’osservatore che la
studia: essa è conoscibile in modo deterministico.
REALISMO CRITICO Esiste una realtà oggettiva, separata dall’osservatore che la studia:
tuttavia essa è conoscibile in maniera imperfetta.
COSTRUTTIVISMO  Il problema dell’esistenza o meno della realtà è subordinato al
problema della percezione che abbiamo di essa; indipendentemente dal fatto che
esista o meno, la realtà è soltanto un riflesso della nostra attività mentale di
costruzione di significato.
Per Mortari il costruttivismo presenta dei limiti perché può giungere al paradosso
secondo cui la realtà può anche non esistere (posizione estrema e difficile da sostenere).

QUESTIONE EPISTEMOLOGICA
“Qual è il rapporto tra ricercatore e realtà studiata?”
REALISMO INGENUO Il ricercatore e la realtà studiata sono indipendenti: questo
ricercatore riterrà che i suoi valori, le sue idee e le sue opinioni non avranno effetto sulle
sue pratiche conoscitive perché tra lui e la realtà sussiste un rapporto di indipendenza e
dunque, secondo lui, i risultati saranno sempre veri, indipendentemente dal contesto in
cui viene effettuata la ricerca.
Il ricercatore è in grado di individuare delle leggi generali e universali che governano
l’oggetto studiato come se questo fosse un meccanismo di precisione (un orologio).
REALISMO CRITICO Il ricercatore e la realtà studiata sono indipendenti: il ricercatore
ritiene che sia impossibile arrivare a una conoscenza perfetta e completa della realtà,
ciò che può cogliere il ricercatore sono solo le disposizioni strutturali che governano
l’oggetto studiato; non siamo più sul piano deterministico (per cui ad una data causa
corrisponde un dato effetto) ma sul piano delle possibilità.
In entrambi i casi (realismo ingenuo e critico) la ricerca è orientata alla spiegazione: nel
caso del realismo ingenuo la spiegazione sarà unica, nel caso del realismo critico no
perché la realtà è imperfetta, non esistono regole universali ma regolarità tendenziali
soggette a continua confutazione.
Per il realista critico la realtà è intrisa di teoria perché dipende dagli occhiali, dalle lenti
che utilizziamo per guardare la realtà, che per il realista ingenuo è oggettiva.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore e la realtà studiata non sono separabili: il ricercatore
costruisce la realtà dandole una forma e un contenuto che variano in base al contesto
culturale in cui è immerso.
Non ci si muove sul piano della spiegazione ma la ricerca è orientata alla
comprensione: non si stabiliscono le determinanti di un patto ma le condizioni che lo
rendono possibile.
Nel costruttivismo viene rivalutato un concetto centrale, quello dell’intenzionalità, che
sta alla base dei comportamenti umani: non si parla più di disposizioni strutturali
(realismo critico) ma di bisogni, desideri, aspirazioni e intenzioni alla base del
comportamento.

QUESTIONE METODOLOGICA
METODOLOGIA discorso sul metodo.
“Il procedimento utilizzato è appropriato in rapporto al punto di vista e agli obiettivi che
una determinata scienza si pone?”
REALISMO INGENUO Il ricercatore procede per esperimenti o inchieste puntando
sull’osservazione distaccata del fenomeno e sull’induzione.
REALISMO CRITICO Il ricercatore dichiara qual è il suo quadro teorico di riferimento e a
partire da questo formulerà delle ipotesi e poi userà esperimenti o inchieste, arricchiti da
metodi qualitativi alla ricerca di evidenze empiriche che falsifichino l’ipotesi in favore di
un’ipotesi alternativa secondo un procedimento deduttivo-sperimentale.
Non si muove nell’ambito della certificazione ma della falsificazione (Popper).
Nel caso del realismo ingenuo si ha il primato dei fatti sulla teoria, per il realismo critico
invece si ha il primato della teoria sui fatti.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore procede avvalendosi di metodi qualitativi puntando alla
comprensione delle motivazioni che hanno dato origine a certe scelte o a certi
comportamenti.
(Per i costruttivisti non esiste un unico metodo di ricerca scientifica ma ci sono più
metodi; essi non credono all’esistenza di una realtà oggettiva e si mettono in relazione
con il soggetto studiato per coglierne l’intenzionalità).

QUESTIONE TECNICO-OPERATIVA
Quali strumenti e tecniche di rilevazione sono adeguati alla realtà sulla quale andiamo
ad indagare?
Ci si colloca sul piano della metodica.
REALISMO INGENUO Il realista ingenuo si avvale di tecniche quantitative di raccolta dei
dati (griglie di osservazione, interviste strutturate, ecc) che consentono di procedere per
via statistica e quantitativa, per spiegare le realtà empiriche osservabili.
REALISMO CRITICO Il ricercatore si avvale degli stessi strumenti (quantitativi)del
realismo ingenuo ma a questi affianca anche tecniche qualitative con l’obiettivo di
cogliere delle informazioni sul contesto nel quale viene effettuata la ricerca.
Il ricercatore si avvale quindi di tecniche quantitative e qualitative di raccolta dei dati.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore si avvale di tecniche qualitative di raccolta dei dati,
cercando di avere un approccio olistico e globale alle singole realtà che studia.
L’approccio qualitativo lo aiuta a cogliere i soggetti nella loro integrità per cogliere le
relazioni che ci sono tra soggetto educando e la realtà dove avviene l’educazione.

QUESTIONE ASSIOLOGICA
“Come è giusto intervenire su una determinata realtà?”

ASSIOLOGIA O “AXIOLOGIA” deriva dal greco àxios (degno) + logos (discorso) =


discorso su ciò che è degno; valori degni di essere perseguiti.

Secondo il REALISMO INGENUO e il REALISMO CRITICO la questione assiologica non si


pone perché la conoscenza scientifica della realtà è oggettiva (cioè esente da giudizi di
valore) ed è l’unica cosa che conta, tutto il resto non ha importanza.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore si pone su un piano della razionalità che non è solo
tecnico e si interroga su come è giusto agire in vista del fine che si persegue.
Pertanto quella assiologica è una questione che si pone soltanto il costruttivista.

Quindi abbiamo un rapporto oggettivo con la realtà in entrambi i realismi: nel realismo
ingenuo si pensa di cogliere la realtà nella sua pienezza, nel realismo critico la realtà è
conoscibile in modo probabilistico.
Per il costruttivismo, invece, noi leggiamo la realtà e le conferiamo significato.
Il realismo critico è caratterizzato da un approccio nomotetico dominante ma anche da
un approccio idiografico si avvale prevalentemente di tecniche quantitative ma anche
qualitative.

LA METODOLOGIA DELLA RICERCA PEDAGOGICA: LA PROPOSTA METODOLOGICA DI DIETA


ORLANDO CIAN (personalismo)
Secondo Diega Orlando, come abbiamo visto, la pedagogia è una disciplina teorico-
pratica.
L’oggetto da tenere presente nella ricerca pedagogica è la pedagogia-educazione/
formazione:
- La pedagogia è la teoria;
- L’educazione/formazione è la pratica
Esse si intrecciano e s’influenzano vicendevolmente in un rapporto circolare.

Il punto di vista da rispettare quando si fa ricerca in ambito pedagogico è quello che


guarda all’homo educandus (=uomo educabile e che educa) considerandolo nella sua
globalità.
L’obiettivo è quello di aiutare l’educando a realizzarsi diventando sempre più sé stesso
in un contesto preciso.
Proprio per questo occorre assumere una prospettiva sistemica considerazione delle
possibili relazioni tra i vari metodi utilizzabili in un determinato contesto (non la logica
dell’aut-aut ma quella dell’et-et)

IL PARADIGMA UNIFICATORE DI DIEGA ORLANDO:


Diega Orlando propone un modello che definisce “paradigma unificatore” che consiste
in una serie di criteri ai quali ci si deve attenere nell’applicare un metodo che rispetti
oggetto, punto di vista e obiettivo della ricerca scientifica pedagogica. Se non li si
rispetta, o non si sta facendo ricerca scientifica o la si sta facendo in altri ambiti (non in
quello pedagogico).
Orlando definisce questo paradigma unificatore perché secondo lei ci sono diversi
metodi di ricerca scientifica (non c’è un unico metodo di ricerca) ma l’importante è che
si attengano tutti a questi criteri, per rispettare questi 3 punti della ricerca pedagogica.
Se si rispettano questi criteri si possono quindi unificare vari metodi di ricerca.

Questo paradigma, secondo la Orlando, consente di superare due limiti:


- L’assolutizzazione, a livello educativo/trasformativo, di singole mete
concrete in ambito educativo si possono perseguire scopi parziali (es la
trasmissione del sapere da una generazione all’altra, l’assimilazione di certi
modelli valoriali, lo sviluppo di certe capacità mentali, ecc) però tutti questi scopi
si inseriscono in una prospettiva più ampia che ha una sua meta particolare e
fondamentale.
Se il paradigma unificatore viene rispettato permette di evitare di assolutizzare un
singolo scopo e di perdere di vista la persona nella sua interezza, cioè aiutare
l’altro ad individuare una propria visione del mondo ed inserirsi in un proprio
progetto esistenziale (mete fondamentali dell’educazione).
- Il prevalere di un metodo di ricerca sull’altro il paradigma unificatore consente
di evitare di far prevalere un tipo di linguaggio sugli altri, un metodo di ricerca
sull’altro.

I 9 CRITERI CHE CONCORRONO ALLA COSTITUZIONE DEL PARADIGMA UNIFICATORE NELLA


RICERCA PEDAGOGICO-EDUCATIVA/FORMATIVA:
1. La spiegazione deve dar luogo a comprensione
2. Il principio di causa-effetto va sostituito con motivazioni, intenzioni, propositi e
volizioni, in quanto ragioni dell’agire
3. La verificabilità o la falsificabilità dell'ipotesi deve integrarsi con la confermabilità
4. I problemi e i bisogni vanno considerati come un punto di partenza verso la
prospettiva delle risorse di ciascuno, cioè della sua educabilità
5. Il linguaggio tecnico-descrittivo deve intrecciarsi con quello normativo-
prescrittivo e con quello iconico-metaforico
6. Le antinomie pedagogiche vanno ricomposte in unità
7. Il contesto va considerato come un vincolo che apre possibilità
8. Non si può prescindere dalla configurazione dialogica
dell'educazione/formazione
9. Vanno considerate le caratteristiche specifiche del dialogo educativo/formativo:
l'intenzionalità e la responsabilità

PRIMO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE


La spiegazione deve dar luogo a comprensione.
Se andiamo a fare ricerca pedagogica dobbiamo tener conto di ciò conoscere il
soggetto educando nel senso di spiegarlo (descriverlo) non basta, è una ragione
necessaria ma non sufficiente.
La globalità del soggetto è più della somma delle singole parità: la sola spiegazione non
basta, occorre anche la comprensione.

COMPRENDERE deriva dal latino cum prehendere= “portare con sé, prendere insieme”,
nel senso che i dati che io raccolgo in ricerca sperimentale su un soggetto non vanno
assolutizzati ma vanno confrontati tra loro e messi in relazione alla soggettività di ogni
singolo educando (per far ciò bisogna aprirsi e farsi coinvolgere nella comprensione
dell’educando).
Diega Orlando afferma che non basta risolvere un problema (per esempio quello delle
assenze ripetute degli educatori di una cooperativa) tramite un discorso di carattere
statistico (questo modo di procedere non risolve un problema) ma occorre fare
riferimento a metodi di ricerca qualitativi (in questo caso, sarebbe utile il metodo
autobiografico per comprendere le motivazioni delle frequenti assenze e il livello di
disponibilità degli educatori, per trovare una soluzione che soddisfi tutte le persone
coinvolte nel problema).
È necessario comprendere le connessioni del problema con altri problemi, comprendere
se la soluzione usata per risolvere il problema porta ciascun educatore a un maggiore
impegno e a realizzare meglio sé stesso come persona e come lavoratore.
L’approccio induttivo/deduttivo nomotetico è orientato alla spiegazione e alla
dimostrazione e va integrato con quello idiografico, orientato alla comprensione.

SECONDO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE


Il principio di causa-effetto va sostituito con motivazioni, intenzioni, propositi e volizioni,
in quanto ragioni dell’agire.
Nell’ambito dell’educazione non si guarda a ciò che accade ma a ciò che si vuole far
accadere (è orientata verso il futuro).
Il principio di causa-effetto (caratterizzato dalla spiegazione causale) applicato all’agire
umano (quindi all’educazione) è inappropriato per spiegare il comportamento umano.
Nell’agire umano, infatti, entrano in gioco degli elementi soggettivi che sono le molle che
spingono il soggetto ad agire.
La logica causale segue un procedimento induttivo o deduttivo.
In “Introduzione a una epistemologia dell’educazione” Diega Orlando fa un esempio
riferendosi a Carl Gustav Hempel, filosofo e matematico tedesco che ha illustrato il
metodo deduttivo nomologico (metodo deduttivo), cioè un procedimento logico per il
quale dai principi generali si giunge ai principi particolari per deduzione (le azioni umane,
al contrario, non sono spiegabili partendo da principi generali per giungere a quelli
particolari).

Spiegazione causale del procedimento deduttivo nomologico:


“Perché il radiatore della mia automobile è esploso durante la notte? Il serbatoio ERA
pieno d’acqua; il tappo ERA ermeticamente avvitato; non ERA stato aggiunto alcun
liquido antigelo; l’automobile ERA stata lasciata nel cortile; durante la notte la
temperatura ERA scesa molto al di sotto dello zero. Questi erano gli antecedenti.
Insieme con le leggi della fisica (in particolare la legge secondo cui il volume dell’acqua
aumenta se gela) essi spiegano lo scoppio del radiatore. Conoscendo gli antecedenti
e le leggi, avremmo potuto prevedere l’evento con certezza” (Hempel)
Questo modo di procedere non vale per l’agire umano, perché le azioni umane non
possono essere spiegate né ricorrendo al metodo induttivo né a quello deduttivo.
Nel parlare di questo aspetto la Orlando fa riferimento anche al filosofo finlandese
Georg Von Wright, il quale afferma che normalmente le spiegazioni causali sono
orientate al passato e la loro forma linguistica tipica è “questo è accaduto perché era
accaduto quello”.
Se vogliamo cogliere le motivazioni dell’agire umano, secondo Von Wright, dobbiamo
porci sul piano della spiegazione teleologica.

TELEOLOGIA deriva dal greco telos (fine) + logos (discorso) = discorso sul fine.
La spiegazione teleologica rinvia alla motivazione, alla ragione per cui si compie una
determinata azione (chiama in gioco desideri, aspirazioni, intenzioni..)
La sua forma linguistica tipica è “questo è accaduto affinché potesse accadere quello”:
è orientata al futuro, non più al passato.

Spiegazione teleologica:
“A intende provocare P- Ritiene di non poter provocare P se non fa X- Quindi A si dispone
a fare X. Per una logica dell’azione non esistono leggi generali come per lo studio della
natura; tale logica è formata da una prima premessa che offre le finalità dell’azione e
da una seconda premessa che esprime i mezzi adeguati per raggiungerla. Si parte
quindi dall’intenzione di determinati fini riconosciuti degni di essere perseguiti secondo
le condizioni in cui ci si trova ad agire; di qui la scelta dei mezzi per realizzarli […]. Così si
può dire che A vuole realizzare P, A sa che per realizzare P occorre fare X, A fa X” (Von
Wright).

Il mondo della soggettività non è interamente incasellabile dentro la spiegazione


causale o dentro la spiegazione teleologica. La ricerca sull’educazione richiede pensiero
che si interroghi, volto alla comprensione con l’obiettivo di cogliere le motivazioni,
aspirazioni che governano l’agire umano.

Il primo e il secondo principio del paradigma sono in strettissima relazione:


- La spiegazione  si basa sul principio di causa-effetto;
- La comprensione  va alla ricerca delle motivazioni, intenzioni, propositi e
volizioni su cui si fonda l’agire umano.
Inoltre:
- Il principio di causa-effetto (cioè la spiegazione)  adotta un approccio
nomotetico volto a cogliere le leggi che governano i fenomeni;
- Motivazioni, intenzioni, propositi e volizioni (cioè la comprensione)  adotta un
approccio idiografico (che per Baldacci guarda a ciò che c’è di irripetibile nel
singolo fenomeno).
TERZO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE
La verificabilità o falsificabilità dell’ipotesi deve integrarsi con la confermabilità.
Secondo Diega Orlando, se in alcune discipline scientifiche si può perseguire la
verificabilità, nell’ambito della metodologia della ricerca scientifica, invece, non ci si può
accontentare del concetto di verificabilità o di quello di falsificabilità

Ricerca scientifica per Diega Orlando:


Per la Orlando fare ricerca scientifica equivale a formulare ipotesi, progetto ruotanti
attorno a dei problemi, per chiarire o risolvere i quali si scelgono dei metodi e dei
linguaggi rigorosi, coerenti, fondati su determinati criteri atti ad offrire una certa
verifica o convalida o conferma o certezza

Qual è la differenza di significato tra questi termini per Diega Orlando?


- Modo di procedere per il realismo ingenuo: osservazione dei fatti – ipotesi –
sperimentazione – verifica dell’ipotesi. La verifica ci porta, attraverso un
esperimento decisivo, a certificare che la nostra ipotesi è vera.
- Con il realismo critico, la verificabilità viene sostituita dalla falsificabilità
(osservazione dei fatti – ipotesi/teoria – sperimentazione – falsificazione
dell’ipotesi/teoria). Per Popper noi non possiamo fare tante verifiche ma resta
sempre la possibilità di falsificare una teoria elaborata dall’osservazione dei fatti.

Diega Orlando osserva che sostituendo la falsificazione alla verifica le cose non
cambiano: se un ricercatore, infatti, non trova l’elemento falsificatore di una teoria, la
certifica (= verifica dell’ipotesi o falsificazione dell’ipotesi assunta a teoria 
certificazione).
Questa prospettiva va integrata con un’altra prospettiva, ovvero quella della convalida
o conferma la verificabilità/falsificabilità dell’ipotesi deve integrarsi con la
confermabilità; la confermabilità non si basa sull’oggettività così com’è intesa
nell’ambito del realismo (critico o inguenuo) ma viene intesa in termini di
intersoggettività (confermiamo l’ipotesi, la convalidiamo).

Come si capisce se un progetto di ricerca è degno di essere realizzato?  tutta l’equipe


è d’accordo sul convalidarlo, confermarlo. Il progetto di ricerca viene messo in atto se
l’equipe lo ritiene degno di realizzazione (= convalida dell’ipotesi/conferma
dell’ipotesi).
L’ipotesi non certificabile nell’immediato diventa ipotesi condivisa e convalidata da tutta
l’equipe.
Questo approccio è un tipo di approccio che si basa su un criterio di oggettività intesa
come intersoggettività (=confronto con i vari membri della comunità scientifica); anche
dove è possibile la verifica, essa deve comunque portare alla conferma, che ha come
criterio l’oggettivo l’intersoggettività, consistente in un insieme di regole condivise dalla
comunità scientifica in un determinato periodo storico.

Facendo questo discorso, la Orlando chiama in causa Israel Scheffler (studioso che
parla dell’io categorizzante): anche quando adottiamo un approccio volto alla
spiegazione noi non cogliamo la realtà così com’è, ci avvaliamo sempre di una teoria
sulla realtà, dandone un’interpretazione.
La presunta oggettività della scienza (anche quando si usa il metodo sperimentale) non
è altro che un insieme di regole condivise da una determinata comunità scientifica in un
preciso momento storico.

QUARTO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE:


I problemi e i bisogni vanno considerati come un punto di partenza verso la prospettiva
delle risorse di ciascuno, cioè della sua educabilità.
Diega Orlando dice che questo aspetto delle risorse rinvia a due concetti:
- Uomo inedito Ha un insieme di possibilità non ancora attuate, latenti, suscettibili
di realizzazione ed è in stretto rapporto con l’uomo edito.
- Uomo edito Ciò che si è al momento, ciò che l’educando è in un determinato
momento, suscettibile di essere “superato” tramite la realizzazione delle possibilità
latenti. Richiama il concetto di educazione permanente (una volta raggiunte certe
mete posso pormene di nuove).

QUINTO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE:


Il linguaggio tecnico-descrittivo deve intrecciarsi con quello normativo-prescrittivo e
con quello iconico-metaforico.
Secondo Diega Orlando l’educazione/pedagogia/formazione mira ad un cambiamento,
alla trasformazione in senso migliorativo, ed è qui che l’educando nella sua specificità
e originalità, avvalendosi delle parole, dà un senso al proprio dire il significato degli
enunciati, di quello che si viene detto, non è solo denotativo o solo descrittivo.
Nell’ambito della ricerca sull’educazione e formazione, secondo la Orlando, acquista
rilevanza il linguaggio comune, quotidiano, che si avvale del senso comune.
SENSO COMUNE Nel linguaggio comune = “le opinioni della maggioranza accettate in
una determinata epoca e in un determinato contesto”
- In ambito filosofico e pedagogico il senso comune, secondo il filosofo Leibniz, è
quello che ci permette di cogliere la comune natura intellettuale dell’uomo: esso
consiste in una serie di principi, di giudizi spontanei attraverso cui si manifesta il
senso comune a tutti gli esseri umani; è quello che ci permette di cogliere la
radice delle comuni aspirazioni degli esseri umani.
- Secondo Diega Orlando il senso comune costituisce una via della ragione, un
procedere razionalmente. Orlando, rifacendosi allo studioso Giambattista Vico,
secondo cui il senso comune rappresenta la ragionevolezza dell’uomo.
Secondo lei nella ragionevolezza si ha un intrecciarsi, un unificarsi di vari tipi di
linguaggio (descrittivo, normativo, iconico, metaforico) ed è un procedere dove
ragione e fantasia si intrecciano e in cui trova espressione il verosimile.

Il concetto di “verosimile” appartiene proprio a Giambattista Vico (filosofo e storico


napoletano, vissuto tra il 1600 e il 1700).
Nei suoi scritti, in particolare ne “La scienza nuova” Vico critica Rene’ Descartes
(Cartesio), secondo cui il metodo scientifico è il metodo deduttivo-dimostrativo.
Criticando Cartesio e in generale il razionalismo cartesiano, Vico afferma che per quanto
riguarda la conoscenza scientifica nello studio della storia dell’uomo, il sapere umano si
fonda sul verum ipsum factum= il vero è il fatto.
Dalla matematica ci si sposta al lato umano ed il suo criterio è che si può conoscere
quello che si fa e quello che si fa corrisponde al vero.

Perché è importante anche il linguaggio iconico-metaforico?


Secondo Vico se guardiamo la storia dell’umanità possiamo constatare che la vita dei
popoli, il “divenire storico”, si snoda in diverse età:
- Età degli dei
- Età degli eroi
- Età degli uomini

Età degli dei


Età in cui gli uomini sono definiti da Vico come “insensati e orribili bestioni”, che vagano
sulla terra dominati dalle loro passioni, dai loro sensi e del tutto inermi rispetto a ciò che
accade intorno a loro. Di fronte ad un evento naturale (come ad esempio fulmini)
inventano una divinità per spiegarsi un fenomeno (es Zeus), personificano il fenomeno
tramite una divinità, della quale hanno terrore.
Per ingraziarsi questa divinità costruiscono altari: da qui nasce il senso di divinità che fa
sì che questi bestioni in preda alle loro passioni si arrestino. Nascono i primi riti, le prime
sepolture.
Passaggio da un’età dominata dalle passioni ad un’età dominata dalla fantasia, in cui
gli uomini si servono della fantasia per interpretare i fenomeni naturali: nascono i miti e
tutti gli dei/semidei.

Età degli eroi


Età in cui si forma un primo senso morale, gli uomini iniziano a riflettere e nascono le
prime virtù eroiche che creano le condizioni da cui poi si sviluppa la terza età (quella
degli uomini).

Età degli uomini


Età dominata dalla ragione

Secondo Vico queste diverse età seguono un percorso a spirale (non lineare).
La storia dei primi popoli (dominati dalla fantasia, dalla poesia, dalle similitudini e dalle
metafore) anche se è fantastica non è una favola ma vera storia, è racconto di storie
reali perché effettivamente gli antichi popoli si comportavano effettivamente in questo
modo: per loro quella era la realtà e si comportavano di conseguenza (lettura fantastica
della realtà).
L’espressione della realtà fantastica è il verosimile che NON è in opposizione al vero
logico (ragione). Noi non possiamo parlare dell’elemento mitologico come di un errore.
Siamo portati a pensare che il verosimile sia l’errore e che sia appropriato solo il vero
logico, perveniamo tramite l’esercizio della ragione.
Diega Orlando afferma invece che il verosimile è il vero considerato da un punto di vista
fantastico ed è proprio da questo che si è sviluppato l’agire dell’uomo, poiché grazie al
verosimile ha avuto inizio la vita sociale, il sapere ed un primo senso morale.
Per Vico il verosimile è una forma di conoscenza che si avvale del linguaggio iconico,
metaforico, della fantasia, per chiarificare le manifestazioni e le tendenze della vita
umana anche il sapere e la fantasia servono a chiarificare e comprendere le
manifestazioni e le tendenze umane.
Dunque anche il verosimile è conoscenza ecco perché Diega Orlando sottolinea
l’importanza del senso comune inteso come ragionevolezza dell’uomo, in cui
s’intrecciano, oltre che ragione e fantasia, anche vari tipi di linguaggio:
- Descrittivo (proprio della ricerca psicologica/sociologica/antropologica);
- Normativo (proprio dell’etica);
- Iconico-metaforico (per chiarificare l’agire educativo nell’ambito della ricerca
pedagogica non basta avvalersi del linguaggio tecnico-descrittivo, tipico del
metodo sperimentale, ma occorre utilizzare altri tipi di linguaggio di cui si
avvalgono altri metodi di ricerca).
SESTO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE
Le antinomie pedagogiche vanno ricomposte in unità

ANTINOMIE PEDAGOGICHE sono delle opposizioni binarie costituite da 2 termini, ad


esempio:
- Teoria-Pratica;
- Autorità-Libertà;
- Direttività-Non direttività;
- Compiutezza-Incompiutezza;
- Autonomia-Dipendenza;
- Individualità-Socialità;

Secondo il pedagogista marxista Franco Cambi queste opposizioni non sono casuali ma
sono opposizioni binarie di ideali, valori e metodi educativi che rientrano fra i connotati
strutturali dell’esperienza educativa stessa.
Queste opposizioni sono particolari perché non sono antinomie in cui un polo si
contrappone all’altro, sono opposte ma non si contraddicono.

Esempi di opposizioni contraddittorie (che si escludono reciprocamente):


- finito-infinito
- vivo-morto
- sposato-celibe

Secondo Romano Guardini (filosofo e pedagogista veneto) le antinomie pedagogiche


sono degli opposti polari.
Diega Orlando, invece, definisce le antinomie pedagogiche come opposizioni
correlative, opposizioni tali per cui i loro elementi costitutivi si richiamano a vicenda (in
un rapporto di mutua tensione) e anche quando uno raggiunge il suo massimo l’altro
non viene mai escluso completamente ma è comunque sempre presente (es
l’antinomia teoria-pratica in educazione).
Diega Orlando si sofferma in particolare sull’antinomia “pienezza-incompiutezza” 
evidenza l’intrinseca processualità dell’educazione, cioè il fatto che l’educazione si
verifica attraverso la progressiva attuazione di un progetto che non può mai dirsi
definitivamente realizzato. È un progetto in cui ogni traguardo raggiunto apre ad ulteriori
traguardi.
Questa antinomia evidenzia la processualità dell’educazione rinvia al quarto criterio
(“i problemi e i bisogni vanno considerati come un punto di partenza verso la prospettiva
delle risorse di ciascuno, cioè della sua educabilità” + discorso dell’uomo edito-inedito)
Questa antinomia, mettendo in risalto la natura prospettica dell’educazione, la colloca
nell’orizzonte della possibilità richiama il fatto che l’educazione è un processo
interminabile che trova espressione dentro al concetto di educazione permanente
(concetto messo a punto intorno agli anni ’60 del Novecento) ma il cui contenuto
affonda le radici all’origine della pedagogia modernamente intesa con:
- Comenio Pampaedia, educazione che dura per tutta la vita
- Albertina Necker De Saussure “educazione progressiva”, parla di educazione
progressiva e di educazione al femminile.

Diega Orlando afferma che le antinomie vanno ricomposte in unità affinché ci sia
ricerca pedagogica occorre valorizzare entrambi i poli delle antinomie perché esse
consentono di:
- Cogliere la complessità della realtà umana
- Far emergere quell’ambiguità positiva che coniuga insieme valori diversi e
permette a ciascun soggetto educando di disvelarsi nella unicità, nell’originalità
della sua forma

SETTIMO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE


Il contesto va considerato come un vincolo che apre possibilità
Il contesto non ci vincola in maniera deterministica, altrimenti non si potrebbe parlare di
educazione, ma di addestramento. Anche nei contesti più vincolanti è comunque
possibile trovare delle possibilità al fine del miglioramento.
Piero Bertolini (fenomenologo ed ex direttore del carcere minorile “Beccaria” di Milano)
evidenzia che anche in un contesto fortemente vincolante come il carcere è possibile
aiutare gli educandi a risignificare il proprio vissuto, a prospettare sempre nuove
direzioni di senso, a rimodellare i propri confini: è sempre possibile trovare delle
possibilità per fare educazione.
Anche per la Orlando il contesto non ci determina in modo meccanicistico, ma sta a noi
saper valorizzare le risposte di tale contesto.
In “Ragazzi difficili” di Bertolini, i vincoli che si presentano sono estremamente forti;
tramite quei vincoli Bertolini ha rimodellato i propri confini esistenziali ed è riuscito ad
aiutare i ragazzi, aprendo loro nuove prospettive esistenziali.

OTTAVO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE


Non si può prescindere dalla configurazione dialogica dell’educazione/formazione
Diega Orlando fa riferimento alla filosofia e dice che il rapporto educativo può avvenire
solo all’insegna della reciprocità e cita vari autori, tra cui Emmanuel Levinas, filosofo
francese noto per la sua “etica del volto” in cui riassume gli atteggiamenti di
responsabilità e solidarietà nei confronti dell’altro.
Secondo lui, l’altro e la relazione con l’altro sono il punto di partenza per la definizione
di noi stessi.
Levinas, nel suo libro, propone alcuni modelli di comunicazione, tra cui l’approccio di Paul
Watzlawick, esponente dell’approccio sistemico-relazionale alla comunicazione (cioè
l’ABC dei modelli della comunicazione, del comunicare in modo efficace).
Tale approccio si basa su alcuni principi, assiomi, che non vengono messi in discussione
e a partire dai quali viene costituito un modello esplicativo (ma non esauativo) della
comunicazione.
Ci soffermiamo sul II° assioma della comunicazione umana ogni comunicazione ha
un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il
primo ed è quindi metacomunicazione.
Secondo questo approccio ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e di
relazione:
• ll contenuto di una comunicazione è la notizia, l’informazione, il dato permesso
• La relazione è il modo in cui le persone che stanno comunicando si pongono l’una
in rapporto con l’altra

Come si pone dentro la relazione chi riceve il messaggio?


Le modalità con cui l’interlocutore (che chiameremo B) può reagire alla definizione che
chi invia il messaggio (che chiameremo A) dà di sé in rapporto a una determinata
situazione:
- B può confermare, cioè accettare la definizione che A dà di sé, del suo modo di
vedersi, pensarsi e approvarlo: è un riconoscerlo;
- B può rifiutare la definizione che A dà di sé. Anche il rifiuto presuppone il
riconoscimento, l’accettazione, con cui si accompagna, però, la disapprovazione;
Nel caso della conferma è come se B affermasse: “io accetto e approvo la
definizione che tu dai di te in rapporto a me in questa situazione”;
Nel caso del rifiuto è come se B asserisse: “io accetto la definizione che tu dai di te
in rapporto a me in questa situazione, ma non lo approvo”.
- B può disconfermare la definizione che A dà di sé. In questo caso l’interlocutore
svuota di ogni valore le percezioni e i sentimenti dell’altro.
Nel caso della disconferma è come se B dicesse “Tu non mi hai dato alcuna
definizione di te”.

Modalita’ relazionali con cui chi riceve un messaggio (b) puo’ reagore in una situazioe
determinata, alla definizione che chi invia il messaggio (a) da’ di sé:
A: “Ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione”
B (CONFERMA) “Tu esisti”
B (RIFIUTO)  “Tu esisti, ma hai torto!”
B (DISCONFERMA)  “Tu non esisti!”
Il messaggio di relazione peggiore da ricevere è la disconferma. Il rifiuto, invece, se
motivato, aiuta l’educando a farsi un quadro realistico di sé.
Se ripetuta nel tempo la disconferma può avere ripercussioni sulla percezione di sé
del soggetto il quale, se è nelle prime età della vita, può andare incontro a dei
problemi nello sviluppo del sé autonomo, di un’identità.
Quando nasciamo, infatti, siamo ciò che gli altri dicono che siamo poi, crescendo
(attraverso lo sviluppo delle nostre capacità percettive, cognitive, la socializzazione…..
sui quali influiscono i messaggi di relazione) ci forniamo una nostra identità che può
coincidere con quella che ci è stata attribuita o può essere completamente diversa.
Diega Orlando afferma che l’altro e la relazione con l’altro sono il punto di partenza
per la formazione di sé stessi.

Esempio su conferma, rifiuto e disconferma: 4 situazioni


1. Il bambino corre dalla mamma, la abbraccia affettuosamente e la mamma
risponde all’abbraccio e dice: “vuoi bene alla tua mammina?” E la risposta del
bambino è un intensificarsi dell’abbraccio, quindi è una risposta positiva  conferma
2. Il bambino esce correndo incontro alla mamma, la mamma apre le braccia per
abbracciarlo, ma il bambino si tiene un po’ in disparte, la mamma gli domanda: “non
vuoi bene alla tua mammina?” e il bambino risponde “no” e la madre: “bene,
andiamo a casa”  conferma (la mamma accetta la risposta del figlio, gli lascia la
possibilità di esprimersi, non lo contraddice).
3. Il bambino esce correndo dalla scuola la mamma apre le braccia per accoglierlo,
ma il bambino sta un po’ in disparte, la mamma gli domanda: “non vuoi bene alla
tua mammina?” e il bambino “no”, allora la mamma esclama “non essere
impertinente!” e gli dà̀ uno schiaffo  rifiuto (la mamma accetta la risposta del figlio
ma non la approva)
4. Il bambino esce correndo dalla scuola, la mamma apre le braccia per raccoglierlo
e lui sta un po’ in disparte, la mamma gli domanda: “non vuoi bene alla tua
mammina?” e il bambino “no”, allora la mamma gli risponde: “ma la tua mammina
SA che tu le vuoi bene” e lo abbraccia affettuosamente  disconferma
In una ripetuta disconferma il bambino andrebbe in crisi perché non saprebbe se
dare ragione a sé stesso, alla propria percezione o a quella della madre, a ciò che lei
dice (“ma tua mamma sa che tu le vuoi bene” è come se non importasse la
percezione del bambino, la madre respinge la testimonianza del bambino e non ci
dà peso)
Messaggi di relazione (tu sei così)  idea di sé (sono così, allora!)

Quando si fa ricerca educativa bisogna considerare la dimensione dialogica che


trova espressione nello slogan di Levinas secondo cui l’altro e la relazione con l’altro
sono il punto di partenza per la definizione di noi stessi (etica del volto).

Oltre a Levinas, Diega Orlando fa riferimento anche ad altri studiosi, come:


Paul Ricoeur  Parla di etica della reciprocità e afferma che la reciprocità
(attraverso cui avviene l’educazione) è un essere con l’altro, per l‘altro e grazie
all’altro: in questa cornice trova fondamento la relazione educativa
Piero Bertolini  Parla di biunivocità della relazione: la relazione per essere
autenticamente educativa deve essere luogo di scambio e comunicazione tra
educatore-educando, deve caratterizzarsi da un movimento bidirezionale tale per
cui l’educatore non si limita a trasmettere agli educandi ma coglie anche le reazioni
e punti di vista degli educandi come elementi importanti per poter proseguire con il
suo intervento, non orientato solo all’educando ma orientato anche dall’educando
(che fornisce degli spunti all’educatore, di cui l’educatore deve far tesoro).
Paulo Freire  Parla di educazione problematizzante: per lui educatore ed educando
si educano attraverso la mediazione del mondo.
Ne “La Pedagogia degli oppressi” Freire sottolinea che la relazione educativa non è
una relazione qualsiasi ma richiede reciprocità. L’educatore si rende disponibile a
mettersi in gioco nella relazione, si rende disponibile a trasformare anche sé stesso
attraverso la relazione con l’educando (dovrebbe aggrovigliare la propria storia alla
storia dell’educando).
Tutto questo va tenuto presente quando si fa ricerca in ambito pedagogico-
educativo-formativo e quando si tratta questo 8° criterio.

NONO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE


Vanno considerate le caratteristiche specifiche del dialogo educativo/formativo:
l'intenzionalità e la responsabilità
sempre esposta al rischio di verificarsi oppure no.
La meta fondamentale dell’educazione per Diega Orlando consiste nell’aiutare l’altro
ad individuare e realizzare un proprio percorso esistenziale, aiutare l’altro ad essere
autonomo, consapevole e responsabile del proprio cammino.
Questa intenzione dell’educatore deve poter diventare anche un’intenzione
dell’educando, cioè auto intenzionalità; l’educazione infatti si configura come un
processo rivolto al futuro, cioè a ciò che non essendo ancora realizzato potrà
realizzarsi.
Secondo la Orlando l’educazione si inscrive nell’orizzonte della possibilità (non
determinismo ma possibilità) e dunque, è sempre esposta al rischio di verificarsi
oppure no.
Raffaele Laporta  Nel suo libro “La difficile scommessa” parla proprio di questo
rischio dell’educazione; dice che nel momento in cui si stabilisce un rapporto
educativo tra educatore-educando non è detto che l’educazione si realizzi
realmente, può anche non realizzarsi perché richiede che chi riceve la proposta
educativa la faccia propria, senza che gli si venga imposta.
Secondo la Orlando la categoria del possibile rinvia alla categoria della
responsabilità: affermare che l’educazione si svolge sul piano della possibilità
significa riconoscere che l’uomo è un essere libero di scegliere, quindi è responsabile.
Questi concetti richiamano al settimo criterio (“Il contesto va considerato come un
vincolo che apre possibilità”) il senso della realtà non è qualcosa di esterno a noi,
non si pone a noi senza alcuna possibilità di cambiamento, ma dipende anche dalla
nostra capacità di relazionarci con gli altri e con il mondo.
Il primo traguardo del processo educativo (che non è mai raggiunto
definitivamente) è la responsabilità esistenziale, cioè la consapevolezza di essere
all’origine dei propri comportamenti, del fatto che per quanto vincolate dal contesto,
le nostre azioni non sono mai l’esito necessario di case esterne a noi, ma sono in parte
frutto di una nostra scelta.
Diega Orlando dice che la responsabilità non è un fatto individuale ma è
contemporaneamente un fatto individuale e sociale: implica l’altro, non risponde di
sé solo a sé stessa ma risponde di sé stessa di fronte agli altri.

Tutti gli orientamenti pedagogici più importanti ritengono che l’educazione consiste
in un’educazione al senso di responsabilità nel rispetto di sé e degli altri l’integralità
della persona è perseguibile solo attraverso la formazione della responsabilità e
per merito del principio del rispetto.
Chi non riconosce nell’altro la stessa dignità che attribuisce a sé stesso e non
riconosce come propri i limiti che vede nell’altro non agisce secondo responsabilità
e quindi non si ha la realizzazione del soggetto (non si fa ricerca pedagogica ma altri
principi di ricerca).

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