1° Parte Metodologia
1° Parte Metodologia
1° Parte Metodologia
Esame:
Prova scritta divisa con domande a risposta aperta e vero/falso (30) sui temi del corso.
Fine lezione: 16 aprile
Preappello: 17 aprile
6 assenze massimo (15 lezioni, 70%)
TERMINOLOGIA
La metodologia della ricerca pedagogica si avvale sia di termini specifici sia di termini
utilizzati nel linguaggio comune: è importante l’etimologia della parola perché aiuta a
comprendere meglio un concetto.
Denominazione dell’insegnamento: metodologia della ricerca pedagogica
- METODO è una di quelle parole che utilizziamo anche nel linguaggio comune (es
metodo di studio, metodo di lavoro), equivale alla procedura da seguire nel
realizzare una determinata attività.
La metodologa Diega Orlando nell’antologia del suo libro “Metodologia della
ricerca pedagogica” si sofferma sull’etimologia della parola “metodo” deriva
dal greco odòs (strada) + meta (oltre) = strada che si percorre (nel ricercare),
ma non è un procedimento qualsiasi.
Il metodo indica la strada che la RAGIONE percorre nel ricercare, è un procedere
razionalmente.
- METODOLOGIA Deriva dal greco odos (strada) + meta (oltre) + logos (discorso)=
discorso sul metodo.
È una disciplina teorica che non va confusa con la metodica.
- METODICA Deriva dal latino methòdice e questo dal greco “methodike” (tekne)
= arte del metodo.
A differenza della metodologia, la metodica si occupa di come applicare un
metodo specifico, indica i criteri da seguire per applicare nel miglior modo
possibile un metodo di ricerca (piano applicativo, non più teorico).
Questi due termini (metodologia e metodica) ultimamente sono stati confusi da chi fa
ricerca e ha scritto dei saggi che si avvalgono del metodo sperimentale, usando la
parola metodologia come se si riferisse alla metodica.
L’attuale discorso sul metodo (METODOLOGIA) riguarda le varie vie della ragione o forme
della razionalità o procedimenti scientifici.
In rapporto a ciascuna scienza, la metodologia della ricerca si interroga sui criteri ai quali
ci si deve attenere nell’applicare un metodo di ricerca scientifica per rispettare:
• L’oggetto
• Il punto di vista
• L’obiettivo
• Il linguaggio
(specifici per quella scienza)
Bisogna stare attenti a non confondere il piano metodologico didattico con il piano
metodologico della ricerca:
- PIANO METODOLOGICO DIDATTICO (metodologia didattica) arte dei metodi di
insegnamento; corrisponde alla metodica nell’ambito della ricerca scientifica
Riguarda l’operatività dell’insegnamento e ci dice come applicare in maniera
appropriata determinati metodi didattici (PIANO APPLICATIVO)
Corrisponde alla metodica nell’ambito della ricerca scientifica
- PIANO METODOLOGICO DELLA RICERCA (metodologia della ricerca scientifica)
discorso sui metodi della ricerca (PIANO TEORICO).
In passato si affermava che l’unico metodo valido fosse il metodo sperimentale (nato
nel Seicento): esso si avvale di un procedimento logico induttivo induzione=
processo logico contrario alla deduzione che muove dal particolare al generale, dai
fatti ai principi, dagli effetti alle cause.
Francesco Bacone (1561-1626), fisico e padre dell’epistemologia, ha affermato che
per fare ricerca scientifica bisogna avvalersi di un procedere per induzione.
EXCURSUS STORICO-EPISTEMOLOGICO:
Con Bacone (padre dell’epistemologia modernamente intesa) nasce il metodo
sperimentale che, in passato, veniva concepito come unico metodo scientifico.
La scienza modernamente intesa è nata con il metodo induttivo, caratterizzato
dall’osservazione dei fatti particolari per estrapolare dei principi generali.
Bacone ha preso posizione rispetto agli antichi (come ad esempio Aristotele), dicendo
che hanno sì raggiunto delle verità scientifiche ma sono pervenuti a queste solo per puro
caso, poiché si avvalevano di un metodo inesistente oppure sbagliato (inadeguato per
le scienze della natura), ovvero il metodo deduttivo (dai principi generali si ricavano
conseguenze particolari).
Secondo Bacone per indagare la natura e per arrivare a cogliere la forma dei fenomeni
(la causa), bisogna ricorrere ad un nuovo metodo, ovvero quello induttivo sperimentale
(rimasto invariato nella struttura logica). Secondo lui bisogna partire dall’osservazione
della realtà, un’osservazione razionale ed ordinata.
Agli inizi del Novecento, invece, si è arrivati ad affermare una visione della ricerca
scientifica secondo cui non può avvalersi di scientificità ciò che non viene sottoposto a
procedimento deduttivo (es matematica) o procedimento induttivo sperimentale (es
fisica, scienze della natura, ecc).
Oggi non si parla più di un unico metodo scientifico.
RICERCA
RICERCA deriva dal latino, precisamente dal prefisso intensivo ri e dal verbo cercare
(dal sostantivo circus=cerchio); etimologicamente deriva dal “fare il giro intorno, girare
intorno a”
Facendo riferimento alla parola ricerca abbiamo introdotto nuove espressioni che
afferiscono al lessico di cui si avvale la metodologia della ricerca in generale: scientifica,
qualitativa, quantitativa, spiegazione, comprensione, nomotetico, idiografico.
Teoretico e teorico sono la stessa cosa? No, il piano teoretico è diverso da quello
teorico.
La teoresi si muove sul piano della riflessione, della problematizzazione (pone
problemi, approfondisce), mentre la teoria ha un interesse applicativo, pratico,
indirizza chi si occupa di un problema per poterlo affrontare nel migliore dei modi.
Questi tre piani sono presenti in tutte le scienze e Trinchero li declina anche sul sapere
pedagogico.
Per la Orlando, dunque, educazione e formazione sono facce della stessa medaglia: con
la rivoluzione industriale e quindi con l’affermarsi delle nuove tecnologie, avevano
ottenuto sempre più importanza l’organizzazione e il controllo dell’informazione (centrale
in ambito professionale); la sola formazione non era più sufficiente.
L’educazione è quindi diventata il supporto della formazione, in cui si è riscoperta la
centralità del soggetto: in un mondo come il nostro non ci si basa più solo su un
addestramento tecnico, destinato a rivelare la propria obsolescenza nel giro di poco
tempo a causa dei continui mutamenti della società ma l’unico elemento a rimanere
stabile è l’essere umano. Ecco perché negli ultimi studi la formazione è stata ricondotta
nell’ambito dell’educazione e, quindi, l’andragogia rientra nell’ambito della
pedagogia non è più vista come separata da essa ma viene a ricostituirsi quel legame
che si trovava in origine nella paideia.
PARADIGMA deriva dal greco parà (presso, accanto) + dèigma (mostrare, confrontare)
= “modello, esempio”; quindi proporre un modello
Come afferma la studiosa Luigina Mortari nel suo libro “Cultura della ricerca
pedagogica”, in ambito scientifico il paradigma è un insieme di assunzioni o premesse
che guidano la ricerca scientifica e possono essere di vario tipo:
- Premesse ontologiche
- Premesse gnoseologiche
- Premesse epistemologiche
- Premesse etiche
- Premesse politiche
ONTOLOGIA deriva dal greco òn- genitivo di òntos (ente) + logos (discorso) = discorso
sull’ente; l’ontologia è lo studio della natura dell’essere in quanto tale
QUESTIONE ONTOLOGICA
Ci porta a chiederci: “La realtà che stiamo indagando esiste veramente o è una nostra
costruzione?”
REALISMO INGENUO Il ricercatore che si colloca dentro la prospettiva del realismo
ingenuo crede nell’esistenza di una realtà oggettiva, separata dall’osservatore che la
studia: essa è conoscibile in modo deterministico.
REALISMO CRITICO Esiste una realtà oggettiva, separata dall’osservatore che la studia:
tuttavia essa è conoscibile in maniera imperfetta.
COSTRUTTIVISMO Il problema dell’esistenza o meno della realtà è subordinato al
problema della percezione che abbiamo di essa; indipendentemente dal fatto che
esista o meno, la realtà è soltanto un riflesso della nostra attività mentale di
costruzione di significato.
Per Mortari il costruttivismo presenta dei limiti perché può giungere al paradosso
secondo cui la realtà può anche non esistere (posizione estrema e difficile da sostenere).
QUESTIONE EPISTEMOLOGICA
“Qual è il rapporto tra ricercatore e realtà studiata?”
REALISMO INGENUO Il ricercatore e la realtà studiata sono indipendenti: questo
ricercatore riterrà che i suoi valori, le sue idee e le sue opinioni non avranno effetto sulle
sue pratiche conoscitive perché tra lui e la realtà sussiste un rapporto di indipendenza e
dunque, secondo lui, i risultati saranno sempre veri, indipendentemente dal contesto in
cui viene effettuata la ricerca.
Il ricercatore è in grado di individuare delle leggi generali e universali che governano
l’oggetto studiato come se questo fosse un meccanismo di precisione (un orologio).
REALISMO CRITICO Il ricercatore e la realtà studiata sono indipendenti: il ricercatore
ritiene che sia impossibile arrivare a una conoscenza perfetta e completa della realtà,
ciò che può cogliere il ricercatore sono solo le disposizioni strutturali che governano
l’oggetto studiato; non siamo più sul piano deterministico (per cui ad una data causa
corrisponde un dato effetto) ma sul piano delle possibilità.
In entrambi i casi (realismo ingenuo e critico) la ricerca è orientata alla spiegazione: nel
caso del realismo ingenuo la spiegazione sarà unica, nel caso del realismo critico no
perché la realtà è imperfetta, non esistono regole universali ma regolarità tendenziali
soggette a continua confutazione.
Per il realista critico la realtà è intrisa di teoria perché dipende dagli occhiali, dalle lenti
che utilizziamo per guardare la realtà, che per il realista ingenuo è oggettiva.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore e la realtà studiata non sono separabili: il ricercatore
costruisce la realtà dandole una forma e un contenuto che variano in base al contesto
culturale in cui è immerso.
Non ci si muove sul piano della spiegazione ma la ricerca è orientata alla
comprensione: non si stabiliscono le determinanti di un patto ma le condizioni che lo
rendono possibile.
Nel costruttivismo viene rivalutato un concetto centrale, quello dell’intenzionalità, che
sta alla base dei comportamenti umani: non si parla più di disposizioni strutturali
(realismo critico) ma di bisogni, desideri, aspirazioni e intenzioni alla base del
comportamento.
QUESTIONE METODOLOGICA
METODOLOGIA discorso sul metodo.
“Il procedimento utilizzato è appropriato in rapporto al punto di vista e agli obiettivi che
una determinata scienza si pone?”
REALISMO INGENUO Il ricercatore procede per esperimenti o inchieste puntando
sull’osservazione distaccata del fenomeno e sull’induzione.
REALISMO CRITICO Il ricercatore dichiara qual è il suo quadro teorico di riferimento e a
partire da questo formulerà delle ipotesi e poi userà esperimenti o inchieste, arricchiti da
metodi qualitativi alla ricerca di evidenze empiriche che falsifichino l’ipotesi in favore di
un’ipotesi alternativa secondo un procedimento deduttivo-sperimentale.
Non si muove nell’ambito della certificazione ma della falsificazione (Popper).
Nel caso del realismo ingenuo si ha il primato dei fatti sulla teoria, per il realismo critico
invece si ha il primato della teoria sui fatti.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore procede avvalendosi di metodi qualitativi puntando alla
comprensione delle motivazioni che hanno dato origine a certe scelte o a certi
comportamenti.
(Per i costruttivisti non esiste un unico metodo di ricerca scientifica ma ci sono più
metodi; essi non credono all’esistenza di una realtà oggettiva e si mettono in relazione
con il soggetto studiato per coglierne l’intenzionalità).
QUESTIONE TECNICO-OPERATIVA
Quali strumenti e tecniche di rilevazione sono adeguati alla realtà sulla quale andiamo
ad indagare?
Ci si colloca sul piano della metodica.
REALISMO INGENUO Il realista ingenuo si avvale di tecniche quantitative di raccolta dei
dati (griglie di osservazione, interviste strutturate, ecc) che consentono di procedere per
via statistica e quantitativa, per spiegare le realtà empiriche osservabili.
REALISMO CRITICO Il ricercatore si avvale degli stessi strumenti (quantitativi)del
realismo ingenuo ma a questi affianca anche tecniche qualitative con l’obiettivo di
cogliere delle informazioni sul contesto nel quale viene effettuata la ricerca.
Il ricercatore si avvale quindi di tecniche quantitative e qualitative di raccolta dei dati.
COSTRUTTIVISMO Il ricercatore si avvale di tecniche qualitative di raccolta dei dati,
cercando di avere un approccio olistico e globale alle singole realtà che studia.
L’approccio qualitativo lo aiuta a cogliere i soggetti nella loro integrità per cogliere le
relazioni che ci sono tra soggetto educando e la realtà dove avviene l’educazione.
QUESTIONE ASSIOLOGICA
“Come è giusto intervenire su una determinata realtà?”
Quindi abbiamo un rapporto oggettivo con la realtà in entrambi i realismi: nel realismo
ingenuo si pensa di cogliere la realtà nella sua pienezza, nel realismo critico la realtà è
conoscibile in modo probabilistico.
Per il costruttivismo, invece, noi leggiamo la realtà e le conferiamo significato.
Il realismo critico è caratterizzato da un approccio nomotetico dominante ma anche da
un approccio idiografico si avvale prevalentemente di tecniche quantitative ma anche
qualitative.
COMPRENDERE deriva dal latino cum prehendere= “portare con sé, prendere insieme”,
nel senso che i dati che io raccolgo in ricerca sperimentale su un soggetto non vanno
assolutizzati ma vanno confrontati tra loro e messi in relazione alla soggettività di ogni
singolo educando (per far ciò bisogna aprirsi e farsi coinvolgere nella comprensione
dell’educando).
Diega Orlando afferma che non basta risolvere un problema (per esempio quello delle
assenze ripetute degli educatori di una cooperativa) tramite un discorso di carattere
statistico (questo modo di procedere non risolve un problema) ma occorre fare
riferimento a metodi di ricerca qualitativi (in questo caso, sarebbe utile il metodo
autobiografico per comprendere le motivazioni delle frequenti assenze e il livello di
disponibilità degli educatori, per trovare una soluzione che soddisfi tutte le persone
coinvolte nel problema).
È necessario comprendere le connessioni del problema con altri problemi, comprendere
se la soluzione usata per risolvere il problema porta ciascun educatore a un maggiore
impegno e a realizzare meglio sé stesso come persona e come lavoratore.
L’approccio induttivo/deduttivo nomotetico è orientato alla spiegazione e alla
dimostrazione e va integrato con quello idiografico, orientato alla comprensione.
TELEOLOGIA deriva dal greco telos (fine) + logos (discorso) = discorso sul fine.
La spiegazione teleologica rinvia alla motivazione, alla ragione per cui si compie una
determinata azione (chiama in gioco desideri, aspirazioni, intenzioni..)
La sua forma linguistica tipica è “questo è accaduto affinché potesse accadere quello”:
è orientata al futuro, non più al passato.
Spiegazione teleologica:
“A intende provocare P- Ritiene di non poter provocare P se non fa X- Quindi A si dispone
a fare X. Per una logica dell’azione non esistono leggi generali come per lo studio della
natura; tale logica è formata da una prima premessa che offre le finalità dell’azione e
da una seconda premessa che esprime i mezzi adeguati per raggiungerla. Si parte
quindi dall’intenzione di determinati fini riconosciuti degni di essere perseguiti secondo
le condizioni in cui ci si trova ad agire; di qui la scelta dei mezzi per realizzarli […]. Così si
può dire che A vuole realizzare P, A sa che per realizzare P occorre fare X, A fa X” (Von
Wright).
Diega Orlando osserva che sostituendo la falsificazione alla verifica le cose non
cambiano: se un ricercatore, infatti, non trova l’elemento falsificatore di una teoria, la
certifica (= verifica dell’ipotesi o falsificazione dell’ipotesi assunta a teoria
certificazione).
Questa prospettiva va integrata con un’altra prospettiva, ovvero quella della convalida
o conferma la verificabilità/falsificabilità dell’ipotesi deve integrarsi con la
confermabilità; la confermabilità non si basa sull’oggettività così com’è intesa
nell’ambito del realismo (critico o inguenuo) ma viene intesa in termini di
intersoggettività (confermiamo l’ipotesi, la convalidiamo).
Facendo questo discorso, la Orlando chiama in causa Israel Scheffler (studioso che
parla dell’io categorizzante): anche quando adottiamo un approccio volto alla
spiegazione noi non cogliamo la realtà così com’è, ci avvaliamo sempre di una teoria
sulla realtà, dandone un’interpretazione.
La presunta oggettività della scienza (anche quando si usa il metodo sperimentale) non
è altro che un insieme di regole condivise da una determinata comunità scientifica in un
preciso momento storico.
Secondo Vico queste diverse età seguono un percorso a spirale (non lineare).
La storia dei primi popoli (dominati dalla fantasia, dalla poesia, dalle similitudini e dalle
metafore) anche se è fantastica non è una favola ma vera storia, è racconto di storie
reali perché effettivamente gli antichi popoli si comportavano effettivamente in questo
modo: per loro quella era la realtà e si comportavano di conseguenza (lettura fantastica
della realtà).
L’espressione della realtà fantastica è il verosimile che NON è in opposizione al vero
logico (ragione). Noi non possiamo parlare dell’elemento mitologico come di un errore.
Siamo portati a pensare che il verosimile sia l’errore e che sia appropriato solo il vero
logico, perveniamo tramite l’esercizio della ragione.
Diega Orlando afferma invece che il verosimile è il vero considerato da un punto di vista
fantastico ed è proprio da questo che si è sviluppato l’agire dell’uomo, poiché grazie al
verosimile ha avuto inizio la vita sociale, il sapere ed un primo senso morale.
Per Vico il verosimile è una forma di conoscenza che si avvale del linguaggio iconico,
metaforico, della fantasia, per chiarificare le manifestazioni e le tendenze della vita
umana anche il sapere e la fantasia servono a chiarificare e comprendere le
manifestazioni e le tendenze umane.
Dunque anche il verosimile è conoscenza ecco perché Diega Orlando sottolinea
l’importanza del senso comune inteso come ragionevolezza dell’uomo, in cui
s’intrecciano, oltre che ragione e fantasia, anche vari tipi di linguaggio:
- Descrittivo (proprio della ricerca psicologica/sociologica/antropologica);
- Normativo (proprio dell’etica);
- Iconico-metaforico (per chiarificare l’agire educativo nell’ambito della ricerca
pedagogica non basta avvalersi del linguaggio tecnico-descrittivo, tipico del
metodo sperimentale, ma occorre utilizzare altri tipi di linguaggio di cui si
avvalgono altri metodi di ricerca).
SESTO CRITERIO DEL PARADIGMA UNIFICATORE
Le antinomie pedagogiche vanno ricomposte in unità
Secondo il pedagogista marxista Franco Cambi queste opposizioni non sono casuali ma
sono opposizioni binarie di ideali, valori e metodi educativi che rientrano fra i connotati
strutturali dell’esperienza educativa stessa.
Queste opposizioni sono particolari perché non sono antinomie in cui un polo si
contrappone all’altro, sono opposte ma non si contraddicono.
Diega Orlando afferma che le antinomie vanno ricomposte in unità affinché ci sia
ricerca pedagogica occorre valorizzare entrambi i poli delle antinomie perché esse
consentono di:
- Cogliere la complessità della realtà umana
- Far emergere quell’ambiguità positiva che coniuga insieme valori diversi e
permette a ciascun soggetto educando di disvelarsi nella unicità, nell’originalità
della sua forma
Modalita’ relazionali con cui chi riceve un messaggio (b) puo’ reagore in una situazioe
determinata, alla definizione che chi invia il messaggio (a) da’ di sé:
A: “Ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione”
B (CONFERMA) “Tu esisti”
B (RIFIUTO) “Tu esisti, ma hai torto!”
B (DISCONFERMA) “Tu non esisti!”
Il messaggio di relazione peggiore da ricevere è la disconferma. Il rifiuto, invece, se
motivato, aiuta l’educando a farsi un quadro realistico di sé.
Se ripetuta nel tempo la disconferma può avere ripercussioni sulla percezione di sé
del soggetto il quale, se è nelle prime età della vita, può andare incontro a dei
problemi nello sviluppo del sé autonomo, di un’identità.
Quando nasciamo, infatti, siamo ciò che gli altri dicono che siamo poi, crescendo
(attraverso lo sviluppo delle nostre capacità percettive, cognitive, la socializzazione…..
sui quali influiscono i messaggi di relazione) ci forniamo una nostra identità che può
coincidere con quella che ci è stata attribuita o può essere completamente diversa.
Diega Orlando afferma che l’altro e la relazione con l’altro sono il punto di partenza
per la formazione di sé stessi.
Tutti gli orientamenti pedagogici più importanti ritengono che l’educazione consiste
in un’educazione al senso di responsabilità nel rispetto di sé e degli altri l’integralità
della persona è perseguibile solo attraverso la formazione della responsabilità e
per merito del principio del rispetto.
Chi non riconosce nell’altro la stessa dignità che attribuisce a sé stesso e non
riconosce come propri i limiti che vede nell’altro non agisce secondo responsabilità
e quindi non si ha la realizzazione del soggetto (non si fa ricerca pedagogica ma altri
principi di ricerca).