Grammatica Del Costituzionalismo

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GRAMMATICA DEL DIRITTO

IL COSTITUZIONALISMO E LE SUE PAROLE


Il costituzionalismo è quella concezione del governo e della società che tra il XVII e il XVIII secolo
iniziò a porre le basi di un potere diviso in una società di cittadini considerati eguali.
L’eguaglianza era intesa come assenza di gerarchie e autorità, iscritte nella sfera della politica e dei
diritti individuali, il costituzionalismo aveva l’ambizione di creare un potere diviso rifiutando la
concezione monocratica dell’autorità pubblica. Il costituzionalismo moderno ha come nucleo
centrale l’individuo e non gli Stati, gli ordini e i ceti. I diritti, in questa concezione appartengono
agli uomini stessi e non vengono concessi dall’autorità che al contrario si occupa di garantirli, in
quanto naturali e fondamento della legittimità del potere stesso.
La rivoluzione copernicana relativa alla concezione del potere pubblico nasce nel corso delle
guerre civili religiose. Thomas Hobbes, in questo contesto teorizza che sono i singoli uomini ad
autorizzare l’autorità pubblica all’esercizio del governo con lo scopo di garanzia dei loro diritti
inalienabili. L’autorizzazione all’esercizio del governo si concretizza in un contratto sociale, la cui
funzione è quella di negare la natura gerarchica dell’autorità.
Hobbes sosteneva una scelta monista e indivisa del potere politico, potere che però era vincolato
dal contratto sociale a garantire la protezione dei diritti di tutti gli uomini.
La rivoluzione copernicana consisteva nel fatto che il corpo politico era la base della legittimità
dell’autorità pubblica, contrariamente a quanto disposto fino a quel momento che vedeva
l’autorità come superiore al popolo.
Alla fine delle guerre di religione in Inghilterra nasce l’idea del costituzionalismo moderno, seguito
da Francia e stati uniti nel XVIII secolo grazie alla teoria dei Lumi e dei diritti naturali. Seguirà una
trasformazione della concezione Hobbesiana, bassando il contratto sociale sulla autorizzazione
derivante dalle elezioni, a queste si aggiunge la concezione del potere diviso. Inoltre, viene a
formarsi una base del corpo politico sempre più ampia fino al XX secolo, quando si raggiungerà il
suffragio universale, grazie a un processo politico di democratizzazione avviato già nel XIX secolo.
L’espressione separazione dei poteri ricopre due diverse dimensioni dell’organizzazione dei poteri
dello stato.
1 funzioni dello stato = classificazione che risale ad Aristotele che distingueva tra funzione
deliberativa, amministrazione di giustizia ed esecutivo. Questa distinzione è stata ripresa anche
John Locke.
In America e in Francia venne applicata la distinzione tra i poteri teorizzata da Montesquieu
derivate da “Spirito delle leggi” con il quale si teorizzava la distinzione tra potere esecutivo,
legislativo e giudiziario. Montesquieu, inoltre, nel suo trattato elogia l’Inghilterra, poiché essa
divide l’esercizio della sovranità essa divide l’esercizio della SOVRANITÀ, TRA LE DUE CAMERE DEI
Lord e dei Comuni.
Montesquieu si distanzia dalla teorizzazione di Rousseau, in cui si afferma che l’esistenza di una
gerarchia fra i tre poteri, in cui il legislativo prevarica gli altri, egli, infatti per scongiurare il potere
monocratico li equipara, difendendo il costituzionalismo democratico.
Montesquieu, analizzando il sistema inglese sottolinea che l’esercizio della sovranità è tripartito
tra monarca e le due camere e rientrante nelle categorie legali, tuttavia tradisce i canoni
dell’eguaglianza tra i cittadini e quindi si rifà a una concezione premoderna basata sulle
disuguaglianze naturali (contraria anche alla teoria di Hobbes).
Madison nello stilare la Convenzione di Filadelfia, attua una revisione del modello di Montesquieu,
viene creato il federalismo allo scopo di distribuire il potere, mantiene la tripartizione del potere
inglese, ma trasforma tutti gli organi in elettivi (Camera dei rappresentanti, Senato, Presidente),
abolisce privilegi nobiliari, metodo difeso da Macchiavelli, e basa la legittimazione del potere sulla
volontà popolare.
La reiscrizione del funzionamento legislativo francese del 1791 vede il sovrano mantenere un ruolo
nell’esercizio del potere legislativo; tuttavia, la non collaborazione di Luigi XVI porterà
all’insuccesso della forma di governo, che tuttavia influenzerà tutta l’Europa occidentale. Questo
modello vede la predomazia del potere del governo e legislativo su quello giudiziario.
Nella tradizione classica il termine COSTITUZIONE sta a significare forma di governo in senso lato,
concetto essenzialmente descrittivo, così come sarà ripreso da Montesquieu e Lolme nella
scrittura della costituzione inglese. Il termine acquista una nuova connotazione alla fine del XVIII
secolo con le costituzioni francese e americana, divenendo testi prescrittivi e non descrittivi come
ad esempio era il contratto tra monarca e baroni della magna carta libertatum inglese. Le
costituzioni moderne diventano così baluardo della struttura di governo e diritti fondamentali,
caratterizzati da rigidità, come definito da Kelsen.
Nelle costituzioni moderne le decisioni vengono prese a maggioranza assoluta, modalità che ha
due proprietà: 1 parità fra i votanti 2 evita di dare alle minoranze il potere di modificare lo status
quo.
La Costituzione americana e francese del 1791 sono rigida in quanto permettono ai votanti, di
solito un terzo, di bloccarne la loro modifica, a tutela di quanto disposto in sede costituente, che
dispone appunto le modalità di modifica della stessa. Si parla, quindi, come disposto da Kelsen di
gerarchia delle norme. Le Costituzioni rigide creano un limite al potere del governo al fine di
stabilizzare legalmente l’ordine costituzionale, la cornice dentro la quale si realizza la competizione
politica. La Costituzione realizza una distinzione tra potere costituente e potere costituito,
escludendo dal potere di modificare le competenze e la forma di governo al governo stesso.
La definizione del potere costituente è il ruolo del popolo nel processo di produzione della carta
costituzionale. Inizialmente bisogna distinguere tra il ruolo di coloro che la scrivono e coloro che la
ratificano, i cittadini. Del XVIII secolo fino al XX secolo le costituzioni sono scritte da ristretti gruppi
di giuristi e leader di partiti politici nelle assemblee costituenti. Il popolo in questo caso ha 2
funzioni: 1 ratifica il testo attraverso procedure date dalla costituzione stessa e l’accetta
indipendentemente dalla volontà dei suoi autori, ad esempio quella della Repubblica Napoletana
del 1799 che non trovò attuazione. Il popolo votante è definito dalla Costituzione stessa, ma anche
il soggetto senza cui essa non può trasformarsi in diritto vivente.
Il modello di Madison vedeva nella monarchia limitata un sistema misto tripartito tra Comuni Lord
e monarca che dovevano prendere decisioni rivolte a tutta la società.
Nella costituzione di Filadelfia, invece, veniva riprodotta e assegnata ad organi di stato, si può
verificare nel caso della modalità partitica bipolare che i 3 organi siano gestiti dal medesimo
partito; pertanto, si viene a verificare una agenzia monocratica, la quale era osteggiata dai padri
fondatori.
Il costituzionalismo americano, tuttavia, sopravvive grazie all’indipendenza giudiziaria e la struttura
federale che impedisce una verticalizzazione e monopolizzazione del potere. Permane la
problematica della sproporzione rappresentativa del Senato che non tiene conto della popolazione
rappresentata da ogni singolo stato e assegna un determinato numero di Senatori eguali per tutti.
Un’altra problematica è quella del devided government, nella quale i 3 organi sono gestiti da
diversi partiti che grazie al potere di veto paralizzazione le iniziative legislative. Queste difficoltà si
realizzano nei sistemi parlamentari, in quanto l’esecutivo dipende dalla maggioranza parlamentare
e non può agire come controparte.
Nelle democrazie parlamentari vi è un meccanismo di contropotere che evita le paralisi basato
sulla separazione tra potere costituito e potere costituente, che si incarna nelle corti costituzionali,
il cui pigmalione è la Corte costituzionale austriaca del 1920.
Questi organi sono indipendenti e si rapportano al parlamento tutelando la costituzione e la
divisione del potere al fine di evitare l’assolutismo.
Per quanto riguarda il Regno Unito notiamo l’assenza di un organo simile dovuto alla struttura
classica del potere misto che nacque nel 1689 con la Glorious Revolotion dopo la quale il
Parlamento non ha più avuto tendenze all’abuso del suo potere e solo nel 1911 la camera dei Lord
ha perso il potere di veto assoluto nei confronti della Camera dei Comuni, organo elettivo e
l’indipendenza giudiziaria è ben consolidata.
Gli stati costituzionali di diritto sono contraddistinti dalla rigidità della costituzione e e controllo
giurisdizionale dei poteri elettivi e l’indipendenza della funzione giudiziaria.
Il costituzionalismo basato su suffragio universale e governo rappresentativo non tutela da solo
dalle derive moniste della democrazia, come delineato da Tocqueville e realizzatosi nell’ex blocco
sovietico. La cultura del costituzionalismo deve essere diffusa altrimenti tale deriva sarà sempre
possibile. Guizot, che aveva fatto parte della assemblea costituzionale nel 1830, infatti volle
informare tutta la popolazione dei nuovi principi su cui si basava la forma di governo al fine di
avere una legittimazione popolare che rende il diritto viventi affiancato dalla Corte costituzionale.
COSTITUZIONE
Costituzione è un termine riferibile all’organizzazione fondamentale della società politica, in
occidente acquista una connotazione specifica, che si concretizza nella struttura dello stato
costituzionale.
Si distingue tra costituzione in senso esistenziale, quindi l’essere di una società politica organizzata
(stato, polis, unione di stati), è ogni dispositivo di governo di una società, il suo stesso ordine
fondamentale. In senso politico-ideologico (moderno), società organizzata in modo specifico su
valori sociali e poteri di governo determinati. Vale a dire la società basata sulla costituzione scritta
frutto di una codificazione costituzionale a tutela dei diritti individuali e il potere di governo basato
sulla divisione dei poteri. Si parla pertanto del costituzionalismo liberale basato sulle rivoluzioni
liberali-borghesi del XVII e XVIII secolo di Inghilterra, Nord America e Francia.
PROCESSO DI COSTITUZIONALIZZAZIONE E CODIFICAZIONE
La costituzionalizzazione si basa sulla codificazione costituzionale, questo processo coincide con il
fenomeno della giuridicizzazione, irrigidimento di forme e vincoli di leggi, iniziato nella poleis
greca.
La costituzionalizzazione può avvenire in via consuetudinaria o scritta dovendo la forma di
statuizione più completa (introduzione di un ordine o di un precetto nell'ordinamento). La
costituzione da un punto di vista formale è l’atto giuridico che in maniera unitaria definisce i
fondamenti del rapporto tra governati e governanti, rappresenta così la positivizzazione giuridica
di tutti i rapporti tra poteri politici, istituzioni politiche e individui.
La costituzionalizzazione liberale si differenzia da Grecia e antica Roma e Medioevo perché ha
come centro i singoli individui e non gruppi di individui e la tutela dei loro diritti.
La CODIFICAZIONE LIBERALE nel diritto privato e pubblico si basa su un soggetto unico incarnato
nell'uomo borghese titolare di diritti naturali e innati che lo Stato, costituito e ordinato a questo
scopo deve riconoscere e garantire. L’individualismo è alla base del concetto del costituzionalismo
moderno, è quindi slegato dalla partecipazione politica come negli antichi e all’appartenenza ai
ceti del medioevo. L’uomo borghese non è soggetto reale, ma modello astratto, generale e
universale, centro di imputazione di diritti e doveri individuali.
Contro il modello dell’individuo astratto si erge Marx che auspica la necessità di riconoscere la
concreta dimensione umana, i processi di divisione ed esclusione sociale di operai e contadini.
Questo aprirà una nuova forma di costituzionalismo basato sul suffragio universale, fondamento
della nascita dello stato pluriclasse e sociale del Novecento. Le finalità del liberalismo verranno
trasformate nel rapporto tra libertà e eguaglianza, integrando tutte le classi sociali.

I 4 PILASTRI DELLA COSTITUZIONALIZZAZIONE


1 FONDARE IL POTERE
La costituzionalizzazione trasforma il potere di fatto il potere di DIRITTO fondato su 4 pilastri; 1
fondazione 2 addomesticamento 3 finalizzazione 4 codificazione.
FONDAZIONE istituisce il potere politico, individuando il soggetto titolare della sovranità politica. Il
riconoscimento di un potere sovrano, infatti, coincide con la nascita dello Stato moderno. Qui si
colloca la teoria di Hobbes nella quale si enuncia che lo stato è un artificio degli uomini che
rinunciano allo stato di natura, in cui sono perennemente in lotta, per istituire uno stato civile,
mediante un contratto, tramite cui gli esseri umani rinunciano a proprietà, libertà e vita per
sottomettersi allo stato leviatano, a cui spetta garantire la sicurezza della vita dei sudditi. Dal
duplice accordo tra gli uomini e tra questi e chi detiene il potere fondo l’unità del rappresentante
nello Stato. Hobbes è quindi fautore dell’idea costituzionale per cui è la Costituzione a stabilire il
governo della società e non viceversa. L’atto di fondazione dello stato è il risultato del potere
costituente e non di quello costituito, come propugnato durante la Rivoluzione francese. Nel
processo di edificazione dello Stato sovrano la forza costituente si trasforma da potere di fatto in
ordinamento giuridico basato sulla volontà creativa. Con la Costituzione, il costituente fonda e
delimita l’organizzazione statale quindi i poteri costituiti. Il potere della società basato sulla
decisione costituente è un potere legittimo. Nelle democrazie il potere costituente è il popolo che
si organizza in corpi intermedi, partiti, sindacati e movimenti che sono strumenti di partecipazione
politica, base del processo di governo della società.
2. ADDOMESTICARE IL POPOLO
Il Costituzionalismo moderno fonda il governo ma stabilisce anche l’ORDINE dei poteri politici e dei
rapporti tra i poteri e gli individui di una società.
Qui si articola la teoria di John Locke secondo cui chi detiene il potere sovrano deve governare
secondo leggi stabilite e fisse, promulgate e rese note al popolo, e amministrate da giudici
imparziali che decidono le controversie secondo le leggi. Nasce il principio della rule of law, norma
di legge, in cui è la legge a fare il re e non il contrario. Tale teoria sarà alla base della Gloriosus
Rivolution, i suoi capisaldi sono:
1 il potere legislativo ha determinati requisiti giuridici: non deve essere arbitrario, deve essere
positivo e non trasferibile, basato sulla garanzia della proprietà che comprende vita, libertà,
proprietà.
2 principio di divisione: orizzontale, separazione fra legislazione e esecuzione e verticale,
distinzione tra società e stato che deve garantire i diritti inviolabili, pena il diritto di resistenza del
popolo all’arbitrio e il dispotismo.
Nel costituzionalismo inglese si riconosce che lo stato deve essere legittimo e legale, con un potere
fondato sulla costituzione e limitato da essa, attraverso la rule of law, la separazione dei poteri, il
federalismo e sindacato di costituzionalità. Questa idea sarà concretizzata solo quando si
affermerà che la sovranità deriva dal popolo grazie alle rivoluzioni francese e nordamericana. La
costituzione italiana infatti ha lo scopo di governare i rapporti tra governo e società.
3 IL FINE DEL POTERE
Sia Hobbes che Locke sostengono che il potere del governo non è illimitato. Hobbes, infatti,
ammette che il sovrano ha degli obblighi che si concretizzano nella tutela del popolo, della vita e
felicità. Le leggi hanno la funzione di dirigere la vita e non sopprimere le azioni. Infine, si insinua la
massima, secondo la quale il sovrano deve istruire e educare il popolo per la salvezza dello Stato.
L’uomo secondo Hobbes rinuncia al diritto di farsi giustizia da sé. Locke si distanzia asserendo che i
diritti sono innati e non vengono ceduti dal sovrano e l’obbiettivo dello Stato è garantire la
sicurezza, il progresso e la libertà. L’uscita dallo stato di natura ha il fine di meglio realizzare
l’attuazione dei diritti alla libertà, vita e proprietà quindi lo scopo dello Stato è la salvaguardia della
proprietà, del libero scambio e l’accumulo di ricchezza. Il potere legislativo trova nella proprietà la
fonte e il limite, lo stato non può togliere al cittadino niente senza il suo consenso, “no taxes
whitout rappresentetion”. Per cui la rappresentanza politica è lo specchio della società liberale e la
democrazia politica.
Lo Stato è fondato sui beni comuni di sicurezza, vita, libertà e proprietà come attestato nelle
rivoluzioni francese e nordamericana e come verrà ripreso dalle altre costituzioni del Novecento. A
tale bene comune si aggiungeranno diritti e doveri per attuare i principi di libertà da e libertà per.
La legittimazione deriva oltre che dal potere costituente anche dai principi normativi ispiratori che
limitano e giustificano il potere del governo e la tutela giurisprudenziale verso gli atti arbitrari.
4 CODIFICAZIONE COSTITUZIONALE
Il processo di costituzionalizzazione ha forme diverse di manifestazione positiva.
In Inghilterra hanno forma i principi del costituzionalismo hanno forma consuetudinaria, frutto di
un lento processo che si è attuato anche con la positivizzazione attraverso atti basilari, ad esempio,
la Magna Carta e Bill of right. La costituzione inglese non è scritta consta una pluralità di fonti.
La più compiuta costituzionalizzazione si ha attraverso la codificazione dei principi fondamentali di
una comunità politica deliberato dal potere costituente. Sono, pertanto costituzioni solo quegli atti
scritti che contengono tutti i principi relativi ai valori fondamentali dello Stato.
Il caso nordamericano è stato il primo precedente. Infatti, dalla dichiarazione di indipendenza
tutte le carte costituzionali hanno le caratteristiche proprie della codificazione costituzionale, in
quanto contengono un catalogo di diritti e la disciplina della forma di governo. La codificazione
americana contiene un doppio circuito di legalità riconoscendo la legalità-costituzionale e legalità-
legale, ordinate gerarchicamente secondo la supremazia della costituzione sugli atti legislativi.
La supremazia della costituzione è garantita da un procedimento legislativo aggravato per la sua
modifica, che consiste in u consenso politico molto più ampio della normale maggioranza. Si parla
di rigidità in quanto la legge ordinaria non può modificare la costituzione altrimenti sarebbe
flessibile. La frame of government è in funzione della bill of right, che ha condotto alla garanzia
giuridica della Costituzione che qualunque cittadino può richiedere per far valere la tutela dei
diritti invocati dalla costituzione stessa. La justiciability della costituzione (idoneità a essere deciso
in sede di giudizio) si esprime attraverso si esprime attraverso la justicial review of legislation,
(negli Stati Uniti i giudici possono svolgere il sindacato giurisdizionale sulle leggi), in Italia solo la
corte costituzionale può farlo. Secondo Madison, infatti, è compito delle corti dichiarare nullo ogni
atto contrario alla costituzione, come dichiarato nel famoso caso Marbury v. Madison in cui è stato
affermato, da John Marshall, il primato della costituzione federale su ogni altro atto normativo, in
quanto espressione della costituente, espressione del volere della popolazione, alla base del
controllo della costituzionalità. Kelsen al contrario elaborò la creazione di una corte costituzionale
accolta dalle costituzioni europee.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 è la seconda codificazione
costituzionale che però si erge solo a definizione dei diritti e non come costituzione statale, in
quanto si basa sul concetto di volontà generale sostanzialmente libera e il potere della costituente
( idea giacobina) che ha portato alla creazione di numerosi costituzioni che hanno creato una forte
instabilità, aprendo alla deriva bonapartista e della Restaurazione. La giustiziabilità della
costituzione si è affermata solo dopo il 1958 ed è stata recepita nella costituzione solo nel 2008.
In Germania il costituzionalismo liberale ha avuto un percorso diverso in quanto, in prima battuta
vi è stata la concezione di stato di Hegel avvalorata da Bismark che dopo l’unificazione della
Germania ha voluto costruire e dare solidità allo stato e costruire il diritto dello stato,
considerando la costituzione solo una legge ordinaria. È solo con la costituzione di Weimar che
prendono forma teorie costituzionali, contrastanti con il normativismo kelseniano. Dopo il
nazionalsocialismo e la disintegrazione di ogni costituzionalismo, nascerà nel 1949 la costituzione
tutt’ora in vigore.
In Italia la prima forma di costituzione è lo statuto albertino che verrà esteso a tutta Italia dopo
l’unificazione del 1870 come legge fondamentale dello stato diretto a circoscrivere il potere del
monarca e la supremazia del potere legislativo. Non vi era un particolare rilievo dei diritti che
erano considerati semplici spazi di libertà piuttosto che limitazioni del potere dello stato, (come in
Germania) era caratterizzata, inoltre, da una assenza del processo di revisione e assenza del
controllo giudiziario della legislazione che attribuivano allo statuto albertino la caratteristica di
flessibilità, disponibile nei contenuti al potere legislativo. Tutto ciò ha permesso tramite semplici
modifiche l’instaurazione di una dittatura, essendo di fatto tale costituzione consuetudinaria.
Pertanto la vera prima Costituzione italiana è quella vigente che presenta le 4 caratteristiche
formali; 1 legge superiore garantita da corte costituzionale e procedimento aggravato di revisione,
2 configura lo stato come stato di diritto, democratico, pluralistico e sociale, 3 stabilisce la
prevalenza dei diritti dell’uomo sia come singolo che nei corpi sociali imponendo a tutti i poteri
della repubblica di realizzare condizioni di libertà e eguaglianza, 4 la sovranità popolare prende la
forma di democrazia rappresentativa parlamentare, riconoscendo anche forme di partecipazione
popolare diretta ( referendum).

IL VALORE DELLA COSTITUZIONE


L a normatività della costituzione sta nel fatto che essa si autodefinisce; quindi, pone essa stessa il
suo oggetto. Il valore della costituzione sta nel suo nucleo fondamentale stabilendo i principi
essenziali di un progetto di società politica. Tali principi possono avere contenuto puntuale o
dilatatori la cui puntualizzazione è rimessa al legislatore. In ogni caso la costituzione è sempre
oggetto di interpretatività per applicarla al caso concreto.
Il fine della costituzione è costruire una società politica che non è presente nella natura, pertanto
essa con è politica, ma regola della politica, in quanto disciplina i poteri della società, le relazioni
interne e esterne dello stato, i rapporti tra stato e individuo e tra gli individui. La costituzione
ordina il processo di partecipazione politica e accesso degli individui all’istituzione di governo
permette la la formazione delle decisioni secondo principio di maggioranza.
la natura frammentaria e indeterminata delle disposizioni serve a permettere dinamiche di
aggregazione e divisione tra gruppi e individui, consentendo processi politici aperti. Consente agli
individui di realizzare i propri interessi privati e la realizzazione del bene comune.
La costituzione costruisce un popolo e una unità politica, in cui alla base vi è una concezione di
popolo astratta, l’obbiettivo e ordinare i conflitti esistenti all’interne del popolo la cui formazione è
pluriclasse.
La costituzione non definisce solo la positivizzazione dei valori esistenti, ma ordina anche i conflitti
tra quei valori.
Lo scopo è rendere possibile il governo del pluralismo attraverso il principio politico fondamentale
di libertà ed eguaglianza.
La conseguenza è che la costituzione è formata da un lato politico e uno giuridico che si
concretizza nell’esigenza che i conflitti siano siano governati da leggi generali e astratte per
realizzare la società politica, ai giudici spetta il compito di controllare chi governa limitando l’uso
arbitrario del potere.

COSTITUZIONE, INTERPRETAZIONE, TRASFORMAZIONI


La costituzione nasce dalla realtà sociale per trasformarla in una diversa società, ma è trasformata
dal contatto continuo con i mutamenti sociali. Infatti, essa per continuare ad avere validità deve
essere equilibrata tra passato, presente e futuro. Deve sapere fronteggiare lo stato di emergenza
permettendo l’esercizio di poteri straordinari che seppur limitando i diritti sono diretti alla tutela
del popolo e della costituzione stessa. Tuttavia, deve sempre conservare la natura di norma che
preserva la società politica e non può essere mutata nei suoi tratti essenziali. Molte trasformazioni
della costituzione sono in via tacita in quanto frutto di una diversa interpretazione.
LE SFIDE DELLA COSTITUZIONE
La costituzione è legata all’esperienza dello stato moderno. La costituzione assegna allo stato
compiti sempre più estesi: garanzia dei diritti di libertà, intervento nell’economia e la progressiva
liberalizzazione dell’individuo dallo stato di bisogno (stato sociale). Lo stato ha davanti nuove sfide,
globalizzazione, digitalizzazione e integrazione europea.
La globalizzazione assottiglia il ruolo dello stato nel realizzare il progetto della costituzione in
quanto emergono le organizzazioni transnazionali con poteri e funzioni conformative di situazioni
e rapporti individuali normalmente affidati allo stato e alla costituzione. Detti poteri globali
sfuggono al potere dello stato e non garantiscono libertà e diritti, generando disuguaglianza.
Per quanto concerne la digitalizzazione che permette a tutti i poteri di avvalersi di un tramite
tecnologico favorisce la fuga da qualsiasi ordine giuridico e dai luoghi di democrazia costituzionale.
La globalizzazione e digitalizzazione necessitano di strumenti adeguati di governo in quanto
trasformano la politicità e l’umanità e devono essere quindi regolati dallo stato stesso.
Differente è il caso di trasformazione dovuto alla creazione di un ente sovranazionale, come
l’unione europea che di fatto mette in discussione la supremazia dalla costituzione, devolvendo la
totale gestione di determinate materie a detta organizzazione sovranazionale. Gli stati restano
competenti in determinate materie residuali. L’Europa è una comunità unita, ma non ha una
costituzione e non è uno stato. In Europa manca quel progetto di società che il costituzionalismo
ha assegnato alla costituzione e allo stato costituzionale.
La problematica essenziale di questa organizzazione è la coesistenza di costituzioni degli stati
membri e trattati europei ed entrambi possono rivendicare il diritto di esprimere l’ultima parola;
pertanto, l’UE necessita di una costituzione comune.
DEMOCRAZIA
DEMOCRAZIA E COSTITUZIONALISMO
La democrazia è il modello di governo adottato dalla metà dei modelli giuridico-politici
contemporanei, paesi UE, USA, Sudamerica, Sudafrica, Australia. Il modello della democrazia
costituzionale è caratterizzato da costituzioni rigide, che prevedono forme di sindacato di
costituzionalità delle leggi e rinviano alla sovranità del popolo e prevedono limiti al potere politico.
La democrazia costituzionale si distingue da quella formale perché prevede non solo la modalità di
decisione pubblica al potere della maggioranza, ma anche il rispetto e attuazione dei principi
costituzionali. La democrazia dal punto di vista formale stabilisce solo il chi (popolo) e il come
(maggioranza) si prendono le decisioni. La democrazia costituzionale si occupa anche del che cosa
è deciso.
Le democrazia del secondo dopoguerra si basano sulle tradizioni della sovranità democratica e
costituzionalismo, l’idea di fondo è che le due tradizioni possano integrare i sistemi politici al fine
di renderli legittimi.
I valori legati alla democrazia sono distinti in: intrinsechi e strumentali. Quelli intrinsechi sono i
valori che stanno alla base delle procedure democratiche, quelli strumentali sono i risultati che
questi procedure realizzano. I valori intrinseci sono: autonomia e autodeterminazione cioè la
libertà di decidere e partecipare e quello di eguaglianza, vale a dire la possibilità di decidere per
tutti i cittadini. I valori strumentali sono i risultati delle procedure democratiche possono
raggiungere attraverso modalità indiretta e diretta. Quella diretta ha la possibilità di raggiungere
un risultato EPISTEMICO (più attinente al vero). Quella indiretta permette tramite confronto la
formazione di opinioni baste sul confronto con altri. A livello istituzionale questi valori si traducono
in una individuazione delle condizioni minime della democrazia (es. suffragio universale e principio
di maggioranza). Nei sistemi contemporanei la democrazia ha forma parlamentare, suffragio
universale e pluralismo politico sociale. Le condizioni sociali e culturali della democrazia è
l’esigenza di omogeneità sociale, la presenza di dibattito pubblico e meccanismi di collegamento
tra rappresentanti e rappresentati.
Il costituzionalismo ha lo scopo fondamentale della limitazione del potere al fine di garanzia,
concretizzandosi nell’organizzazione del potere e tutela dei diritti. Il principio alla base
dell’organizzazione del potere è la separazione di esso, la tutela dei diritti è rivolta a quelli civili,
politici, sociali.
Il costituzionalismo è, in primo luogo, una limitazione della sovranità e a livello istituzionale è
sindacato di costituzionalità e organizzazione bilanciata di poteri, alla cui basse deve essere un
accordo sui contenuti della costituzione.
COSTITUZIONE E SOVRANITÀ POPOLARE: NESSO IMPRESCINDIBILE E TENSIONE
Il rapporto tra democrazia e costituzionalismo si basa su un rafforzamento reciproco. I valori della
democrazia vengono rafforzati dal costituzionalismo perché la tutela e promozione
dell’eguaglianza necessità della libertà di scelta che viene riconosciute nei diritti garantiti dalla
costituzione. Inoltre, la limitazione del potere della maggioranza, garantisce la perdurazione della
democrazia che non può essere negata da un semplice voto del governo. Per quanto riguarda il
costituzionalismo il rinvio alla sovranità del popolo ne garantisce la legittimità, condivisione e
compartecipazione alla realizzazione. L’isomorfismo tra democrazia e costituzionalismo consente
che le norme possano essere valide formalmente (votate dall’organo competente) e
materialmente (conformi alla costituzione) e le decisioni democratiche saranno legittime se votate
dal parlamento e orientate al rispetto della costituzione.
Dalla fusione tra costituzionalismo e democrazia può nascere una forma di instabilità dovuta al
difficile equilibrio tra diritti e leggi, quindi tra voluntas sovrana e ratio superiore. Detta instabilità è
dovuta al fatto che le decisioni giuridiche e democratiche sono INDIPENDENTI fra loro. La volontà
popolare può differire da i valori prescritti dalla costituzione, che può portare a una sorta di
separazione tra decisione politica e controllo della corte costituzionale. Sintomo di instabilità nel
rapporto tra democrazia e costituzionalismo sono: crisi dei partiti politici, crisi presupposti
economici- sociali della costituzione e crisi del compromesso dei valori della costituzione.
DALLA DEMOCRAZIA DIRETTA ALLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA
La democrazia nasce nell’antica Grecia tra il IV e V secolo A.C. dopo le riforme di Solone e Clistene
nasce il governo di partecipazione dei cittadini. Detta si differenzia da quella odierna per i motivi
della nascita e le finalità. La democrazia nasce per l’esigenza di ampliare il numero di coloro che
partecipano alle guerre e non è riconducibile all’idea di libertà e eguaglianza. L’organizzazione
democratica dell’antica Grecia non ha scopo di legislazione, ma solo di amministrazione.
Nell’antica Grecia le assemblee mostrano un sistema decisionale diretto basato sulla
partecipazione diretta e il sorteggio per la rotazione delle cariche e forme di retribuzione per essa.
Tale forma di governo ha assunto un valore metastorico, raccogliendo critiche per quanto riguarda
la demagogia e mancanza di competenza delle persone coinvolte.
Affinché il sistema greco conosca nuova linfa vitale, salvo la rimodulazione del governo della
repubblica di Roma, bisognerà aspettare il 1200 in cui il progressivo distaccamento dei comuni
dalla chiesa comporterà la richiesta di una più ampia partecipazione popolare. Nel 1324 ad opera
di Marsilio da Padova abbiamo la teorizzazione di un governo elettivo espressione della volontà
popolare; tuttavia, tale concezione di popolo è limitata da concezione gerarchica e qualitativa.
In ambito fiorentino abbiamo il recupero dell’idea di “libertà repubblicana”, nella quale la libertà e
autonomia dei cittadini hanno come nucleo il bene della repubblica. In questo panorama si insinua
Macchiavelli che abbraccia il repubblicanesimo e mise in evidenza la necessità di un popolo
virtuoso e di adeguati ordinamenti istituzionali.
PRIMA DELLE RIVOLUZIONI: GIUSNATURALISMO, EGUAGLIANZA, LIBERTA’, RAPPRESENTANZA
Il giusnaturalismo riscopre la democrazia tra il XVII e il XVIII secolo e la collega al costituzionalismo.
La sintassi di questo approccio; stato di natura, contratto sociale, potere politico) vedi i soggetti
come liberi ed eguali, aventi diritti (libertà e proprietà che con il contratto sociale danno vita alla
società e al potere politico, legittimato solo se rispetta il contratto sociale.
Il giusnaturalismo afferma la libertà ed eguaglianza degli individui, afferma la sovranità del popolo
e concezione ascendente del potere. I due più importanti esponenti sono: Locke = la società
politica si forma tramite un contratto di rappresentanza che comporta il dovere di garantire la
libertà e proprietà, alla cui base vi è una idea di popolo come insieme di titolari di diritti. Secondo
Rousseau tramite il contratto sociale si forma una nuova società che ha la forma di democrazia
diretta che esprime la legge e volontà generale con lo scopo di realizzare il bene comune, alla base
vi è un’idea di popolo come corpo politico unitario.
Un’altra ragione dell’incontro tra democrazia e costituzionalismo deriva dalla revisione del
concetto di rappresentanza ed il suo inserimento nel concetto di democrazia di cui diviene la base
e viene concepita come collegamento essenziale con la società. Questo avverrà in due passaggi: 1
la rappresentanza è l’antidoto alla divisione della società che ha portato al declino del mondo
antico. 2 strumento di realizzazione dell’interesse generale della comunità.
La rappresentanza ha quindi la funzione di collegamento e divisione tra rappresentati e
rappresentanti, concetto ripreso sia nella rivoluzione americana, sia in quella francese.
DEMOCRAZIA E COSTITUZIONE: LA RIVOLUZIONE DEL 700 E IL LIBERALISMO
La rivoluzione americana e francese hanno il fine di costituire una società sui valori del
giusnaturalismo: eguaglianza giuridica, diritti di libertà e proprietà, legittimità del governo fondato
sul governo dei cittadini. Si differenziano:
1 Rivoluzione francese: nasce contro i privilegi del clero e dei nobili e affermazione dei diritti civili e
politici. Le innovazioni sono l’individuazione del potere costituente nel popolo e la visione della
costituzione come autodeterminazione dei cittadini, il riconoscimento dell’eguaglianza giuridica
dei soggetti e dei diritti dell’uomo e del cittadino, la rappresentanza del potere legislativo, infine
l’interpretazione della legge come strumento di eguaglianza a favore del bene comune.
Nella seconda fase giacobina 1793 si aspira alla realizzazione del suffragio universale, inserimento
della costituzione in un preciso progetto di società e il primato della volontà popolare, contraria
all’idea di costituzione rigida.
La rivoluzione americana, invece, nasce contro l’imposizione della tassa del te contraria alla
massima costituzionale “no taxes whitout rapresentation”, pertanto il popolo americano vuole
una propria Costituzione contro onnipotenza del parlamento inglese. La costituzione americana
deve garantire i diritti naturali, libertà e proprietà, e circoscrivere il potere del parlamento. La
nuova forma di governo americana deve essere equilibrata tra i vari poteri e caratterizzata dalla
supremazia della costituzione che può essere fatta valere da tutti i giudici, (sindacato di
costituzionalità delle leggi). Vengono pertanto a coincidere la sovranità popolare con il
costituzionalismo.
LIBERALISMO E DEMOCRAZIA
Il liberalismo del primo 800 teme la democrazia e il potere nelle mani dei “non proprietari”
pertanto orienta l’individuazione del popolo in una visione del suffragio limitato a coloro che
vengono considerati intellettualmente superiori in quanto proprietari.
Solo una parte dei liberali capeggiati da Tocqueville propugna che il potere limitante dello stato e
la partecipazione del popolo siano generatori dell’aumento del benessere generale.
Dopo il 1848 viene a formarsi l’idea di Stato di Diritto secondo la quale vi è la centralità dello stato
sovrano, la preminenza della legge, il principio di legalità per l’amministrazione e la visione dei
diritti come autolimitazione dello stato. Tuttavia, è un’idea molto instabile in cui la tutela dei diritti
è ancora molto instabile.
LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE
Lo scenario di inizio Novecento è caratterizzato dall’ampliamento del suffragio e dal pluralismo
politico e sociale. Vi sono due posizioni concernenti la democrazia costituzionale:
1la costituzione è unitaria volontà del popolo e quindi ha una visione plebiscitaria della
democrazia
2 la costituzione è compromesso e garanzia del pluralismo politico quindi il partito politico e il
parlamento sono gli strumenti della democrazia
La prima opzione è quella di Schmitt che afferma che la costituzione è espressione della volontà
popolare e della sua unità quindi il sistema parlamentare non è adatto a rappresentarlo, deve
essere dunque trovato un soggetto politico rappresentativo di tale unità. In questa visione la
costituzione è l’espressione del soggetto costituente sovrano (popolo), mentre la democrazia è il
rapporto diretto tra capo (soggetto che rappresenta l’unità) e il popolo, idea che si concretizza nel
plebiscito.
La seconda idea è quella di Kelsen che vede la costituzione come compromesso e garanzia del
pluralismo del popolo e vede nella democrazia parlamentare e la rappresentanza dei partiti politici
l’espressione della volontà delle fazioni sociali. Inoltre, afferma che la decisione del parlamento è
frutto della dialettica tra maggioranza e minoranza e che la democrazia debba essere limitata dalla
costituzione attraverso il sindacato di costituzionalità.
LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE NEL SECONDO DOPOGUERRA
Le democrazie costituzionali sono caratterizzate dalla tutela dei diritti politici, civili, sociali che
mirano alla piena realizzazione dell’individuo. I diritti garantiscono l’autonomia del soggetto, la
partecipazione, l’indipendenza dal bisogno e la possibilità di pieno sviluppo. Questi diritti sono
legati alla realizzazione di giustizia ed eguaglianza di tipo sostanziale che garantisca dignità sociale
e rispetto di sé. La tutela di questi diritti dà un disegno della società che la politica ha il dovere di
realizzare. Ne deriva che essendo, detti diritti, fondamento della società non sono decidibili dalla
politica.
La sovranità popolare è espressione di orientamenti e visioni diverse che trovano un compromesso
nella costituzione. Si forma la scissione tra potere costituente e costituito, il primo finisce con
l’approvazione della costituzione e il secondo la rispetta.
Le costituzioni a questo punto vedono il ruolo centrale del parlamento legata al ruolo di
rappresentanza del popolo nel suo pluralismo e la conseguente necessità della definizione delle
elezioni. Il sistema di scelta collettiva è basato sulla maggioranza visto in chiave aggregativa. Il
rapporto tra elettori ed eletti si concretizza nel partito politico che vede una partecipazione
costante e non episodica. La stabilità del compromesso costituzionale relativo ai diritti, la
realizzazione degli obbiettivi del patto costituzionale, eguaglianza sociale e la presenza effettiva dei
partiti, devono essere base della partecipazione politica e protagonisti dell’attuazione della
costituzione: mantenimento equilibrio costituzionale e specchio della volontà popolare.
MOTIVI DELLA CRISI
L’analisi del ruolo di collegamento dei partiti nella rappresentazione democratica ha messo in luce
la difficoltà di realizzazione di tale progetto, in quanto nella teoria sono le elitte che scelgono gli
elettori in realtà è l’inverso in quanto la democrazia è un metodo di selezione dei gruppi dirigenti.
(Schumpeter). (Dahl e Sartori) i sistemi democratici sono poliarchie in cui la composizione politica
è ristretta a pochi gruppi. Vi sono poi le analisi secondo cui l’aggregazione delle preferenze non
rispecchia la volontà popolare in quanto i risultati non sono razionali. L’incremento delle richieste
popolari porta a decisioni non in linea con la volontà popolare. I partiti politici sono sempre meno
orientati alla realizzazione dei progetti costituzionali. Nella crisi degli strumenti di partecipazione si
insinua il web che aumenta complottismo e populismo. Inoltre, vi è il problema del
multiculturalismo per la mediazione dell’ottica costituzionale e la questione bioetica che è terreno
di scontro di valori più che di diritti. Le politiche globali neoliberali hanno portato all’ampliamento
delle disuguaglianze. Infine, l’esecutivo ha acquisito sempre più potere rispetto al parlamento.
LE CONSEGUENZE
SONO: 1 disaffezione alla politica, distacco tra opinione pubblica e scelte politiche, critica ai
privilegi del ceto politico
Vi è il rischio di andare verso una sempre più indipendenza tra decisioni giuridiche e politiche con
la conseguenza che le decisioni politiche si distaccano sempre più dai diritti, mentre le corti
costituzionali le trincerano divenendo creatori di diritto con il rischio di giungere a giuristocrazie.
Altro rischio è la visione del popolo come unitario che non necessita di forme di mediazione e può
essere rappresentato da un leader, che può portare alla negazione della volontà degli oppositori.
Il disaccordo sui valori costituzionali a portato alla creazione di modelli di “vita Buona” si pensi alle
questioni bioetiche.
La globalizzazione ha condotto a processi di de-costituzionalizzazione sottoponendo le democrazie
nazionali ai valori del neoliberismo.
L’esistenza di problematiche sempre più complesse ha dato vita alla necessità di governi sempre
più tecnici (epistocrazia).
ALCUNE PROPOSTE DI SOLUZIONE: NUOVI MODELLI
Democrazia deliberativa: idea secondo la quale la deliberazione si concretizza nella valutazione
degli argomenti favorevoli e sfavorevoli alla possibile soluzione di un problema svolta da cittadini
di pari dignità in ambito pubblico è visto come criterio di legittimità in ambito pubblico.
Caratterizzato dalla possibilità che le preferenze del popolo siano mobili a seconda degli argomenti
portati a sostegno delle diverse tesi nel processo deliberativo.
Costituzionalismo deliberativo: l’inserimento di elementi deliberativi nei processi di formazione
delle costituzioni o approvazioni leggi costituzionali e rafforzamento degli elementi deliberativi
della democrazia.
Infine, la proposta di democrazia basata sul web e-democracy come strumento di raccolta di
democrazia deliberativa e partecipazione, ma può avere risvolti negativi.
STATO DI DIRITTO
Non ogni stato è uno stato di diritto così Diaz afferma nella più importante riflessione sullo stato di
diritto. Tuttavia, sembra inconcepibile uno stato senza diritto.
Kelsen afferma che se ogni stato è un ordinamento giuridico allora è uno stato di diritto ed è
quindi un termine pleonastico (espressione concettuale non necessaria). Kelsen aggiunge che di
fatto questo termine si usa per disegnare uno stato democratico basato sulla certezza del diritto.
In questo senso, perciò, disegna uno stato in cui amministrazione e giurisdizione sono vincolate
dalla legge, cioè norme emanate dal parlamento eletto dal popolo, i membri di governo sono
responsabili dei propri atti; i tribunali sono indipendenti la libertà di religione, coscienza e parola
sono garantite.
Diaz allo stesso modo riconosce che ogni stato si avvale di un sistema normativo giuridico, ma non
tutti gli stati sono stati costituzionali di diritto. Secondo alcuni lo stato di diritto minimo è costituito
dalla rule of law ( vincolatività dei precedenti giudiziari) secondo altri la tutela dei diritti
fondamentali.
Lo stato di diritto è l’insieme di 3 sub-ideali:1 il governo della legge 2 autogoverno democratico 3
protezione dei diritti umani.
LO STATO DI DIRITTO COME UNITÀ ORGANICA
Secondo Moore il valore della somma delle singole parti non è uguale al valore dell’intero; quindi,
lo stato di diritto considerato come tutto è maggiore del valore intrinseco delle sue parti: il
governo delle leggi, l’autogoverno democratico e la protezione dei diritti umani. Ed è così perché
questi tre sub-ideali sono necessari gli uni agli altri e si concretizzano solo se uniti.
Secondo Diaza a questi sub-ideali si aggiunge la separazione dei poteri, l’amministrazione deve
rispettare il volere delle leggi e soggetta al sindacato giurisprudenziale, i diritti fondamentali
devono essere effettivamente tutelati.
L’autore ritiene che la separazione dei poteri, in realtà sia solo un mezzo per la realizzazione dello
stato di diritto.
Questi valori accomunano i due paradigmi dello stato di diritto, quello euro-continentale e
anglosassone.
Il primo è emerso dal costituzionalismo liberale tedesco dal XIX secolo, che si caratterizza per la
limitazione attraverso la legge del potere dell’amministrazione, legislatore e parlamentare.
Quella anglosassone si afferma in epoca moderna, come sistema di garanzie giuridiche dei diritti
contro gli abusi del potere sovrano, fatti valere dagli organi giurisdizionali. In entrambi casi
vediamo lo scopo della garanzia dei diritti degli uomini.
Il sistema inglese si differenzia da tutti gli altri in quanto la costituzione non è scritta, ma frutto
dell’interazione tra la giurisprudenza e il parlamento, al contrario negli altri ordinamenti vi è una
costituzione scritta e rigida che detta i limiti del parlamento e dà alle corti il compito di applicare la
legge. In entrambi i modelli il potere è vincolato dal diritto, ma i differenti sistemi giuridici
differenzia la modalità di applicazione del governo.
Per governo delle leggi si intende, secondo Fuller, l’insieme di 8 elementi: 1 generalità, 2
pubblicità, 3 irretroattività, 4 non contraddittorietà, 5 possibilità di obbedienza, 6 stabilità nel
tempo, 7 rispetto da parte degli organi di stato.
L’istituzionalità e proceduralità della rule of law necessità dell’applicazione del diritto da parte di
organi imparziali e indipendenti, nell’ambito della loro giurisdizione per tutelare l’equità
processuale. E garantire l’accesso alla tutela giudiziale offrendo quindi una tutela oggettiva.
Secondo Waldron l’accesso alla giustizia è rilevante al fine di indirizzare le azioni umane e farle
valere nei rapporti con terzi. Inoltre, le istituzioni giuridiche e le procedure da esse adottate
devono essere conoscibili al popolo per autotutelarsi dagli abusi di queste.
Tale ideale però non può essere equiparato alla morale in quanto esso stesso potrebbe essere
ingiusto. Il fondamento di tale idea sta nel fatto che il governo delle leggi è un ideale incompleto
ceh comprende autogoverno democratico e protezione diritti umani.
1 alcune componenti procedurali sono tutelate dai diritti umani
2 i diritti così come intesi da Fuller rispondono agli ideali della rule of law dell’eguaglianza e
prevedibilità. Infatti, trattandosi di leggi generali è possibile valutare se le nostre azioni sono
riconducibili ad esse prima di compierle e di trattare in modo eguale casi uguali.
Laporta sostiene che le leggi, in questo modo, rispettano la nostra autonomia, intesa come
capacità di orientare le nostre scelte, e la realizzazione della dignità umana a fondamento dei
diritti fondamentali, occorre, perciò, un ordinamento giuridico che la protegga.
3 senza autogoverno la dignità e autonomia sarebbe attaccabile dal governo che distruggerebbe il
governo delle leggi, esso infatti ha valore se è espressione della volontà generale.
L’ideale dell’autogoverno democratico si basa sul governo delle leggi e tutela dei diritti, in quanto
una comunità politica in cui vi siano le elezioni, ma non vi sia libertà di espressione è incompleta e
una comunità politica non soggetta al governo delle leggi lascia il popolo soggetto al valore della
sola maggioranza. I diritti umani per essere realizzati necessitano della democrazia, in quanto un
diritto basilare è appunto la partecipazione al governo, diritto di tutti che necessita del governo
delle leggi altrimenti non si può istituzionalizzare la garanzia dei diritti. Pertanto, è facile intuire
che questi ideali si completano vicendevolmente.
L’OBIEZIONE DELL’EQUITÀ
Con l’obiezione dell’equità si sostiene che se si seguono le regole è impossibile risolvere le
controversie in modo equo. Platone sosteneva che l’unico governo giusto era quello in cui la legge
è sovrana e amministrata da magistrati e fu il primo a formulare l’obiezione dell’equità asserendo
che la natura umana è instabile e non si può prescrivere il meglio per tutti pertanto è necessario
sottoporsi alla legge in qualunque caso e non permettere a nessuno di sottrarsi al suo ordine al
fine di avere una stabilità per tutti.
Aristotele afferma che è impossibile delineare con precisione ogni caso, pertanto, vi è la necessità
di leggi flessibili attraverso regole generali. L’equo è giusto anche se non in senso assoluto, perché
ha la funzione di correzione della legge dovuta alla sua funzione assoluta.
Il modello di applicazione del diritto si basa su una giurisprudenza delle regole in cui coloro che le
applicano devono sempre basarsi su di esse, secondo Suarez. La concezione delle leggi come
generali presuppone le generalizzazioni contenute siano la base dei verdetti applicate ai casi
singoli. La generalità delle regole ha due dimensioni: 1 destinatari e 2 contenuti. Le norme seppur
particolareggiate possono sono comunque sempre generali e astratte
I pregi dell’adozione delle regole sono: 1 la razionalità è limitata pertanto, seguirle ci permette di
risparmiare tempo e ovviare agli errori di valutazione, 2 gli esiti dell’applicazione del diritto sono
prevedibili, 3 consente una gestione democratica delle leggi, legislatore le produce e giudice le
applica.
Questi meccanismi di applicazione del diritto autorizza il giudice ad applicare il diritto al caso
individuale potendo delle ragioni che giustificano la regola da applicare e i meccanismi che
esprimono.
Bayon aggiunge a queste riflessioni l’esigenza di norme che siano disattendibili in funzione della
realizzazione dei principi cardine. Inoltre, il diritto deve incardinare oltre i principi formali e
l’azione dei pubblici poteri. Pertanto, la giurisprudenza deve essere formata da regole defettibili
nell’applicazione dei casi concreti.
L’OBBIEZIONE DELLA INDETERMINATEZZA RADICALE
Questa obbiezione non è condizione necessaria l’ideale del governo delle leggi per garantire la
giustizia. Quindi se l’obbiezione dell’equità afferma che la rue of law offre meno di ciò che si vuole
realizzare, l’obbiezione dell’indeterminatezza sostiene che esso offre più di quello che può
garantire, è illusione.
Il linguaggio con cui sono formulate le norme è indeterminato pertanto non può stabilire in modo
univoco e i nostri diritti e obblighi, (visione del realismo americano e italiano).
Repliche: i canoni interpretativi giuridici: letterale, logico, storico, sistematico, devono essere
considerati congiuntamente; dunque, capaci di produrre esiti interpretativi determinati attraverso
la loro integrazione, secondo Savigny, la critica più presente nella critical legal stadies sostiene che
nello stato sociale sia impossibile il governo delle leggi perché richiedono leggi che stabiliscono
obbiettivi determinati dai politici. I giudici spesso devono ricorrere a una interpretazione
teleologica per verificare la realizzazione degli obbiettivi perseguiti dai politici nella scrittura di una
norma aperta.
SEPARAZIONE DEI POTERI
IL COSTITUZIONALISMO LIBERALE E LA PREVALENTE FUNZIONE GARANTISTA DELLA SEPARAZIONE
DEI POTERI
Il significato moderno del principio di separazione dei poteri è strettamente connesso al
costituzionalismo di stampo liberale. È grazie alle teorie liberali, infatti, che si elabora il principio di
separazione dei poteri come distribuzione di differenti funzioni pubbliche in capo a diversi organi
al fine di garantire la tutela dei diritti inviolabili della persona all’interno della comunità sociale,
come sancito per la prima volta dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, asserendo
che non vi sia costituzione laddove non vi è garanzia dei diritti.
La separazione dei poteri rappresenta la legittimazione del potere ma anche un maccanismo di
limitazione del potere. I padri del principio di separazione dei poteri e della rappresentanza
politica parlamentare sono Montesquieu e Locke il cui pensiero viene applicato alle monarchie
costituzionali europee del XVII e XVIII secolo.
Secondo Locke, per tutelare la comunità il potere legislativo ed esecutivo devono essere scissi, in
quanto il possesso del potere rende gli uomini fragili e propensi ad abusarne; tuttavia, è difficile
dividere il potere federativo da quello esecutivo, in quanto la comunità sarebbe sottoposta a
comandi diversi che porterebbero a disordini.
Secondo Montesquieu le funzioni fondamentali dello stato sono: legislativa, esecutiva, federativa e
di politica estera. Inoltre, sancisce la necessità di indipendenza del potere giudiziario in quanto
altrimenti si avrebbe una legge arbitraria senza un fermo oppositore qualora esuli da quanto
disposto dalla legge.
Secondo Kant ogni stato contiene in sé 3 poteri: la sovranità, in capo al legislatore, potere
esecutivo a capo di chi governa e il potere giudiziario in capo al giudice.
Nessuna di tali elaborazioni postula una netta separazione dei poteri, al contrario prevede che
l’interazione fra essi possa garantire l’equilibrio tra essi e quindi la stabilità dello stato. Infatti è
previsto che in taluni casi un potere posso rallentare o bloccare un altro potere, cosicché non si
possa abusare del potere.
Secondo la teoria di Constant vi è la necessità di un potere neutro che lui identifica con il monarca
titolare di poteri di impulso e collegamento al fine di evitare situazioni di stallo all’interno dello
stato e al fine di mantenere l’equilibrio. Tale potere neutro si concretizza nella possibilità di
sciogliere l’esecutivo o i corpi rappresentativi, nel caso del potere giudiziario esso viene temperato
dal diritto di garanzia.
Il dibattito sulla separazione dei poteri ha segnato la nascita del governo statunitense con la
costituzione federale del 1787 basata sul meccanismo di check and balances anche in questo caso
deve esistere la commissione dei poteri per poter avere uno stato libero, in particolare si è
affermata la legittimazione popolare del legislativo e esecutivo che evita una tirannia della
maggioranza.
DAI POTERI ALLE FUNZIONI
È dal XIX secolo che alla separazione dei poteri viene affiancata la concettualizzazione delle
funzioni dello stato che si esprimono attraverso le tre funzioni di: legge, decreto, sentenza
(dottrina tedesca). Si tende quindi ad un approccio oggettivo che individua le caratteristiche
principali delle funzioni dello stato e non il mero potere.
Pertanto, la funzione legislativa ha il compito di modificare l’ordinamento giuridico attraverso le
norme generali astratte e innovative. La funzione esecutiva o amministrativa ha il compito di
curare gli interessi dello stato e realizzarne gli scopi. La funzione giurisdizionale volta alla
conservazione e tutela dell’ordinamento giuridico che consiste in situazioni giuridiche particolari e
concrete.
Queste sono le basi della teoria formale- sostanziale secondo la quale possono distinguersi atti
legislativi esecutivi e sostanziali a seconda che il procedimento seguito corrisponda o meno alla
concreta funzione esercitata. Es formalmente legislativa approvazione di bilancio anche se non
preventiva e astratta, formalmente esecutiva il regolamento quindi sostanzialmente normativa,
formalmente giurisdizionale anche se non volta a derimere specifiche controversie.
L’oggettivazione del principio di separazione dei poteri raggiunge il culmine con Kelsen che postula
uno schema sostanzialmente unitario dello stato, in cui l’atto normativo è centrale. Secondo tale
impostazione ogni atto giuridico dello stato è, al tempo stesso normativo rispetto al livello
inferiore e esecutivo rispetto a quello superiore, motivo per cui le funzioni dello stato
giuridicamente individuabili sono due L'attività amministrativa (legis executio) si distingue
dall'attività normativa (legis latio) in questo: la prima consiste nel provvedere con atti specifici alla
cura di determinati interessi pubblici, mentre la seconda, sia primaria che secondaria, consiste nel
prevedere casi e situazioni cui applicare norme generali. Dunque l’attività che non è normativa
deve ridursi ad essere esecutiva o applicativa. Pertanto, è difficile racchiudere l’organizzazione
statale entro schemi astratti rigidi in quanto l’attività dello stato si evolve secondo in realzione alle
diverse costituzioni. Si pensi al primo modello Inglese in cui vi è il ruolo del monarco che incarna
l’esecutivo e il parlamento il legislativo diviso in due camere in un ottica dualista che raggruppa i
diversi ceti sociali e un generale equilibrio, metodo che si evolve tendendo al monismo con
l’attrazione dell’esecutivo all’interno del legislativo e svuotamento del potere del monarca.
Quanto al governo presidenziale, per garantire l’unità dello stato basato sul federalismo viene
creato un modello bicamerale e la figura del presidente entrambi elettivi. Diversa è la condizione
del potere giudiziario che mantiene una forte indipendenza finalizzato al controllo degli atti
dell’esecutivo. Al parlamento spetta il monopolio del potere legislativo caratterizzato dalla
limitazione della discrezionalità dell’amministrazione a tutela della libertà degli individui, mentre il
potere giudiziario si occupa della corretta applicazione di esse.
Con la trasformazione dello stato in liberaldemocratico del XX secolo e l’introduzione del suffragio
universale e quindi del pluralismo politico sia un incremento dell’interventismo statale e il
quantitativo di norme che portano a più alti rischi di violazione delle norme.
La funzione legislativa diventa più puntuale per far fronte a un maggior numero di interessi e
bisogni all’interno della società, richiedendo il coinvolgimento del governo. Questo porta anche ad
un accentuarsi del ruolo della giurisdizione e a una crisi della separazione dei poteri.
Con l’avvento delle costituzioni rigide è la Corte costituzionale che viene posta al di sopra della
funzione legislativa, in quanto fondamento di legittimità dell’esercizio del potere pubblico. La
costituzione, infatti, individua gli organi e le funzioni e relazioni reciproche.
Alla luce dei principi di democrazia e sovranità popolare si è delineato il principio comune
dell’attività degli organi dello stato, vale a dire l’indirizzo politico come predeterminazione dei fini
ultimi dell’azione dello stato che riconduce ad unità lo stesso stato. Tale attività si estrinseca nel
circuito di elezioni in cui concorrono le formazioni politiche per giungere alla legittimazione della
maggioranza di un governo che dà attuazione a un programma politico che si concretizza
sull’interazione tra maggioranza e opposizione.
La funzione di indirizzo politico è il principio che esprime l’essenza unitaria dello stato “attività di
governo” intesa come predeterminazione dei fini ultimi dell’azione dello stato, attraverso scelte
fondamentali che riconducono all’unità. Tale attività ha in sé sia la funzione legislativa che quella
esecutiva attraverso il circuito democratico che porta alla formazione politica che attuerà il
programma politico vincitore. Se ad attuare l’indirizzo politico sia il governo o il parlamento
dipende dalla costituzione e da fattori esterni come la legislazione elettorale, si pensi al rapporto
tra governo e maggioranza parlamentare.
Fa da corollario a tale attività la “funzione di controllo” che ha lo scopo di salvaguardare i valori
stabiliti dalla costituzione rigida e di sorvegliare l’operato delle istituzioni affinché non facciano un
utilizzo abnorme del proprio potere, innalzando il principio di legalità attraverso l’operato di una
giurisdizione specializzata. La separazione dei poteri in questo caso è flessibile e deve assicurare
che per la stessa istituzione sia impossibile emanare una norma, attuarla e controllare la corretta
attuazione all’interno quindi dello stesso ciclo funzionale. È da notarsi che gli assetti che separano
esecutivo e legislativo sono variabili, ma è netta la separazione e l’indipendenza giurisdizionale a
livello organizzativo e funzionale in ottemperanza del principio di eguaglianza.
IL CONTROLLO DEI CONFINI E IL RUOLO DI GIUSTIZIA COSTITUZIONALE. CONFLITTI DI
ATTRIBUZIONE, LEALE COLLABORAZIONE TRA I POTERI DELLO STATO E PECULIARITA’ DELLA
FUNZIONE GIURISDIZIONALE
Le costituzioni rigide prevedono anche l’attribuzione dei poteri ai singoli organi dello stato,
sottoponendo quindi alla corte costituzionale il compito di dirimere conflitti di attribuzione del
potere. La corte difende quindi il principio di leale collaborazione tra gli organi che esprime
l’esigenza connaturata al buon funzionamento della macchina istituzionale dello stato. Ne è
esempio il rapporto fiduciario tra parlamento e governo all’interno degli stati parlamentari, ma
anche negli stati in cui vi è un netto dualismo in cui sono predisposti meccanismi di collaborazione
obbligatori, ne è un esempio il potere di veto del capo dello stato del presidenzialismo americano.
Nel caso italiana la Corte costituzionale ha richiamato alla necessità di collaborazione tra gli organi
dello stato. Questo conferma la natura mobile del principio di separazione dei poteri, in cui la
corte funge da equilibratrice tra i vari poteri. In un sistema costituzionale è raro il caso di
vendicatio potestatis, ma frequente il caso di interferenza.
La garanzia costituzionale nel caso di conflitti tra organi politici si esprime in un accordo tra le parti
e quindi in una collaborazione, ma nel caso di conflitto con gli organi giurisdizionale si ha un favor
per l’indipendenza delle corti con cui vi è una separazione più netta baluardo del principio della
separazione dei poteri, argomento riconosciuto anche dai trattati UE.
EQUILIBRIO TRA POTERI E SOCIETA’ PLURALISTA
La definizione moderna di separazione dei poteri non può essere associata alla odierna società
pluralista in quanto è stato modificato il criterio gerarchico a favore di quello di competenza,
inoltre vi è stata l’introduzione delle autorità amministrative indipendenti e l’istituto del
referendum abrogativo. Infine, dinamiche multilivello ad esempio sul piano sovranazionale
dell’UE.
Tuttavia, la separazione dei poteri non è del tutto superata in quanto permane una distinzione
sulle funzioni piuttosto che sugli organi anche se vi è un ruolo predominante dell’esecutivo dato
dall’ampliamento dell’amministrazione e delle potestà regolatorie sul piano economico e sociale.
Questo ha delle conseguenze in tema di rappresentanza politica parlamentare, in quanto maggiore
è il potere dell’esecutivo meno è forte il vincolo della legge più aumenta il compito dei giudici.
Emerge, inoltre, l’incidenza dei poteri privati es. multinazionali e sindacati che porta a una rilettura
della separazione dei poteri e alla visione della rappresentanza politica come espressione della
volontà popolare. In questo senso la separazione dei poteri si sposta anche all’esterno dello stato
per quanto riguarda l’esercizio dei poteri sociali.
La separazione dei poteri non è del tutto superata rimane essenziale per quanto riguarda il potere
giurisdizionale e tutelata dalla Corte costituzionale.
DIRITTI FONDAMENTALI
Il concetto di costituzionalismo vede come nucleo centrante la limitazione del potere politico e
vincoli giuridici. Vi sono due principali variazioni in tema di costituzionalismo
1 limitazione del potere politico sul piano organizzativo per impedire la degenerazione in tirannia,
check and balance (costituzionalismo politico)
2 Limitazione del potere politico attraverso i diritti la cui custodia è nelle mani della giurisdizione,
delineando una sfera indecidibile, intangibile. (neocostituzionalismo, giuridico).
Entrambi permangono legati ai diritti fondamentali e a garantire la libertà dei cittadini, così come
era stato teorizzato già dal costituzionalismo moderno che si realizzano con la separazione dei
poteri, il sistema check and balance e le modalità di scelta degli organi politici. Il costituzionalismo,
inoltre rimette al processo democratico la definizione dei diritti fondamentali attraverso l’elezione
dei rappresentanti del popolo. Mentre il costituzionalismo giuridico investe di questo compito la
costituzione in quanto documento giuridico e ne conserva la validità attraverso forme giuridiche
(modello più diffuso a livello planetario).
Il costituzionalismo moderno, pertanto, ha attuato una positivizzazione dei diritti fondamentali.
QUESTIONE DI DEFINIZIONE E INDIVIDUAZIONE DEL DIRITTO FONDAMENTALE
Laq definizione dei diritti fondamentali è basilare data la loro particolare forza nel resistere alle
modifiche, in Italia è vietato porre a revisione costituzionale i diritti fondamentali, hanno inoltre il
potere di porre limiti all’ingresso di norme sovranazionali e internazionali nell’ordinamento. Infine,
hanno conseguenze risarcitorie diverse rispetto ai diritti ordinari. Tuttavia, non è chiaro come
individuarli in quanto è impossibile stilare un elenco completo. Vi sono diverse modalità di
individuazione dei diritti
1 sostanzialistica = diritti che tutelano interessi particolarmente importanti per gli individui, diritti
umani e naturali. Insoddisfacente perché non vi è accordo fra gli interessi importanti, si rischi di
scadere in una categoria morale.
2Strutturalistica = diritti che sono rivolti a tutti indistintamente. Insoddisfacente perché alcuni
diritti che sono riconosciuti a tutti non sono fondamentali es attraversare le strisce, e alcuni diritti
fondamentali non sono riconosciuti a tutti, ma solo a talune categorie (bambini).
3 formali= caratteristiche estrinseche in quanto individuati da costituzioni o essere qualificati come
fondamentali da testi normativi. Insoddisfacente perché i diritti fondamentali citati dalla
costituzione non sono esaustivi.
Una alternativa è la definizione del diritto fondamentale come diritto soggettivo stabilito da una
norma avente carattere fondamentale, intendendo una norma che sta a livello superiore
nell’ordinamento e funge come parametro di validità per altre norme e/o da mezzo di
interpretazione.
Tipicamente tali norme sono costituzionali e fungono da principi dell’ordinamento e caratterizzate
da indeterminatezza.
Tuttavia, vi sono diritti fondamentali che non vengono esplicitati, ma individuati per via
interpretativa, come stabilito ad esempio nella costituzione italiana. L’individuazione del diritto
fondamentale avviene individuando un diritto fondamentale citato in costituzione che non
potrebbe essere esercitato qualora non vi fosse un altro diritto che pertanto diviene
fondamentale.
Un altro tratto del costituzionalismo moderno è quello dell’apertura alla dimensione
internazionale e sovranazionale (Art 10 11 117 cost.) che di fatto è una limitazione del potere
politico, apertura che si ripercuote sui diritti fondamentali ampliandoli grazie a fonti esterne che
vanno a collocarsi in livelli superiori dell’ordinamento.
Nel costituzionalismo contemporaneo l’ambito dei diritti fondamentali è stratificato perché
include: 1 diritti riconducibili espressamente alla cost
2 diritti indirettamente riconducibili alla cost
3 diritti provenienti da fonti sovranazionali
È inoltre, indeterminato perché non può essere stabile e armonico, e questo gli permette di poter
essere aggiornato e assestato.
LA STRUTTURA DEI DIRITTI FONDAMENTALI
Il fatto che un diritto fondamentali derivi da un principio comporta che sia una norma elastica il
che si ripercuoterà sul diritto che attribuisce. Quindi un diritto fondamentale è una mutevole
aggregazione di posizioni giuridiche soggettive (pretese, libertà poteri), composto da un macro-
diritto e un micro-diritto che ne permetto l’esercizio.
I diritti fondamentali tutelano un interesse dell’individuo che viene protetto dal diritto e l’interesse
può essere solo del titolare o del titolare che lo condivide con altri soggetti o condiviso con l’intera
società. L’interesse sottostante al diritto è il valore di esso o lo scopo.
Un diritto fondamentale consiste nell’insieme delle posizioni soggettive elementari necessarie alla
realizzazione dell’interesse. Ad es. scelta libera sullo stato di salute, macro-diritto
autodeterminazione terapeutica micro- diritto avere informazioni per scegliere il trattamento da
seguire, in quanto funzionale alla realizzazione del diritto.
Per determinare il contenuto di un diritto fond. Bisogna risalire al valore che esso vuole proteggere
e individuare i diritti elementari necessari.
Tuttavia, non tutte le posizioni soggettive elementari hanno la stessa importanza. vi è un nucleo
duro senza il quale il diritto verrebbe svuotato, altre che non lo intaccherebbero nella sostanza,
ma lo renderebbero più difficile da esercitare (periferia del diritto).
Infine un insieme di posizioni soggettive può semplificarne l’esercizio, sono misure di garanzia di
natura giurisdizionale, ma non solo che assicurano l’esercizio del diritto (garanzie secondarie).
Il contenuto di un diritto non è rigidamente determinato, infatti i micro-diritti non sono
anticipatamente determinabili ed anche il nucleo duro, per quanto più fermo è mutevole.
Le circostanze che possono scalfire il nucleo duro sono:

1 fattuali = la realtà sociale o economica, privacy

2 normativo = conflitti con altri diritti fondamentali, privacy e libertà di stampa

Un’altra problematica è l’individuazione del valore sottostante che implica un’interpretazione


teleologica, ratio e sistematica, lettura combinata di altri principi, procedimento che può sfociare
in ragionamento morale. Se si ottengono interpretazioni diverse si otterranno anche diversi micro-
diritti.

Infine, dietro un diritto vi siano più valori a quel punto si avrà un più mutevole posizione giuridica.

L’INVIOLABILITÀ’ DEI DIRITTI FONDAMENTALI

Il concetto di inviolabilità si estrinseca in 2 dimensioni:

1 DIFENSIVA = non devono esservi interferenze con l’esercizio del diritto. A sua volta si suddivide in
due tipi di dimensione difensiva se colpisce il nucleo o la periferia del diritto. Il nucleo è
caratterizzato da una inviolabilità assoluta anche in caso di conflitto con altri diritti costituzionali.
Per quanto riguarda le aree periferiche possono essere sacrificate nel caso di interferenze, sulla
base di condizione di proporzionalità.

2 ESPANSIVA = è ciò che deve essere fatto per agevolare l’esercizio del diritto. Quindi devono
essere predisposti strumenti di tutela per risarcire e rimuovere limitazioni del diritto. Inoltre, deve
essere predisposte misure idonee a raggiungere il godimento del diritto.

PROBLEMI APERTI

1 Proliferazione dei diritti = che sono suscettibili di restrizioni e finiscono per avere poco potere

2 Giustiziabilità e diritti di carta= un diritto di carte è un diritto che non ha tutela giurisdizionale. Vi
sono diritti che necessitano dell’esistenza di apparati pubblici per poter essere goduti

3 Espansione del potere giudiziario= in quanto l’interpretazione dei diritti fondamentali, macro e
micro e nucleo essenziale periferia dipende dalla loro interpretazione.

4 Democrazia= la legge è soggetta alla Costituzione che non gode di legittimazione democratica.

EGUAGLIANZA

La costituzione italiana sancisce l’eguaglianza giuridica di tutti gli individui in quanto persone e
attribuisce a tutti gli italiani lo status di cittadini a cui sono associati diritti fondamentali. Questo
vale per tutte le costituzioni contemporanee.
Fino a un secolo fa questi diritti non c’erano, infatti le donne non avevano uno status giuridico pari
a quello degli uomini, ancora oggi esistono paesi in cui tale eguaglianza non è stata conseguita. Le
discriminazioni venivano fatte anche sulla base della razza e dell’etnia e considerati inferiori.
Anche dopo l’abolizione legale di servitù e schiavitù certi gruppi sociali sono stati esclusi
dall’eguaglianza morale, politica dunque giuridica.

Un tratto distintivo di queste comunità era di essere stratificate secondo gerarchie di status di
fatto e giuridicamente.

Queste disuguaglianze si sono mantenute grazie alla legittimazione religiosa, morale e politica. Per
secoli, infatti, si affermava l’utilità delle gerarchie sociali per l’interesse generale e l’esistenza di
differenze naturali che giustificavano l’impossibilità per donne e certe razze, etnie, posizioni sociali
a ricoprire certi ruoli sociali.

Aristotele asseriva che questi due modalità di disuguaglianze fossero giustificate dal fatto che gli
uomini che dovevano lavorare non potessero dedicarsi alla vita politica e che donne e schiavi non
fossero dotati delle capacità naturali per farlo.

L’idea di eguaglianza di tutti gli uomini nasce dal cristianesimo e ebraismo, in quanto sono tutti
discendenti dai medesimi progenitori. Tuttavia, l’eguaglianza cristiana è intesa come morale e non
esclude le gerarchie sociali, tra cui la diseguaglianza tra donne e uomini. Secondo Tommaso
d’Aquino e San Paolo addirittura sarebbe compatibile con la schiavitù. È solo con il moderno
giusnaturalismo, cristiano, che nasce l’idea di eguaglianza giuridica di tutti gli uomini, fino a
giungere all’idea più compiuta di John Locke.

Parallelamente al giusnaturalismo cristiano che si fonda sull’eguaglianza pre-giuridica si sviluppa


l’eguaglianza giuridica teorizzata da Hobbes. In cui gli uomini sono fisicamente uguali e violenti,
eguaglianza che non è morale. L’eguaglianza giuridica non è riflessa dell’eguaglianza naturale e
non ha bisogno di un’eguaglianza pre-giuridica, infatti, nessuno rinuncerebbe alla propria libertà
per sottomettersi ad altri individui sottomessi all’autorità; quindi, gli uomini sono giuridicamente
uguali nel riconoscere un’autorità, le persone quindi rinunciano alla loro libertà per costituire una
comunità politica basata su un patto di sottomissione che garantisce la loro sicurezza.

È solo con l’illuminismo che vengono recepita l’idea di eguaglianza morale che giustifica la
condanna della schiavitù, come sostenuto da Montesquieu, rivendicando una eguaglianza giuridica
sulla base di diritti fondamentali. In questo contesto nasce la rivendicazione della posizione delle
donne all’interno della società grazie a Mary Wollstonecraft. Inoltre, viene contestata la società
cetuale che ostacola l’ascesa della borghesia teorizza una società basata sulla meritocrazia e
competenze al fine di realizzare l’interesse generale.

Le idee illuministi vengono recepiti dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino sacendo
la nascita dell’eguaglianza giuridica che però esclude ancora parte dei cittadini, basandosi sul
censo o sull’occupazione e le donne, vengono così distrutte le dottrine religiose, morali e politiche
che fornivano la legittimazione ideologica delle gerarchie sociali tradizionali.

Nel secolo successivo, dall’illuminismo nascerà l’utilitarismo che si svilupperà in femminismo,


liberalismo contemporaneo, socialismo sintetizzate da John Stuart Mill.
Con Betham, che teorizzo l’utilitarismo, abbiamo il passaggio dal potere ecclesiastico a quello dei
diritti civili (secolarizzazione) che ha come scopo il benessere generale della comunità
coinvolgendo tutti i membri di essa.

Il socialismo critica la condizione dei lavoratori e le diseguaglianze economiche propria


dell’illuminismo, creando una mobilizzazione che porta alle riforme sociali nate a metà
dell’Ottocento e sviluppatesi fino agli anni ’70 del Novecento.

Il femminismo aveva al suo interno due correnti liberale e socialista e lottavano per
l’emancipazione della donna nella famiglia, il diritto allo studio, al lavoro e l’estensione del diritto
di voto.

EGUAGLIANZA NEL COSTITUZIONALISMO CONTEMPORANEO

L’eguaglianza è al tempo stesso, nel costituzionalismo contemporaneo:

1 Prodotto = nell’idea di eguaglianza giuridica di tutte le persone e cittadini

2 Principio fondamentale = nell’idea di eguaglianza di trattamento

3 Obbiettivo = eguaglianza di opportunità.

EGUAGLIANZA DI STATUS PERSONE E CITTADINI

Il diritto ascrivendo uno status crea posizione di eguaglianza che si dividono in due livelli lo status
giuridico di persona naturale e quello di cittadino appartenente a una comunità politica. Nei diritti
e doveri che il costituzionalismo associa a quegli status si realizza il più alto grado di eguaglianza
formale istituita dal diritto.

Creando relazioni di eguaglianza il diritto crea disuguaglianze, ad esempio, il diverso status di


cittadino e persona, si istaurano quindi diversi cerchi concentrici.

EGUAGLIANZA DI TRATTAMENTO

Il riconoscimento di eguaglianza di tutte le persone è ritenuto compatibile con il trattamento


impari dei cittadini dal costituzionalismo contemporaneo e associa all’idea di eguaglianza giuridica
l’idea che l’autorità pubblica debba trattare i cittadini in egual modo come sostenuto da Dworkin
che aggiunge alla propria riflessione che i cittadini debbano essere trattati con egual riguardo e
rispetto.

1 riguardo = che la stessa importanza sia attribuita agli eguali interessi

2 rispetto = libertà di autodeterminazione nei limiti che permettono la stessa possibilità a tutti.

A livello di norme costituzionali l’eguaglianza di trattamento si rintraccia nei diritti fondamentali


delle persone e cittadini e nel principio negativo sulla non-discriminazione sulla base di sesso razza
religioni, opinioni politiche e posizione sociale. Il requisito della non-discriminazione non preclude
al legislatore di operare distinzioni, ma solo se sostenute da motivazioni più stringenti. Es tutela
della maternità.

EGUAGLIANZA DI OPPORTUNITA’
Trattare tutti i cittadini con eguale rispetto e riguardo implica che tutti abbiano accesso alle
medesime opportunità, quindi effettiva possibilità di fare, ottenere e divenire. Si parla dunque di
una eguaglianza di fatto o sostanziale che muta nel corso della vita e che il diritto deve tutelare.

L’eguaglianza di opportunità ha due significati restrittiva e una più ampia che sono tutelate dalla
costituzione.

1 RESTRITTIVA = possibilità di accedere alle diverse posizioni sociali (incarichi, impieghi) e ai


benefici connessi (denaro, potere relativo allo status). Non deve essere confusa con l’idea di
eguaglianza formale, vale a dire l’accesso alla carriera per i talenti, qualora vengano escluse ad
esempio le donne. L’eguaglianza di opportunità formale non è da sola sufficiente a garantire
l’accesso alle diverse posizioni sociali. Ad es nel caso in cui non si possa coltivare il proprio talento
innato per ragioni di mezzi. La presenza di barriera formali non implica una disuguaglianza di fatto,
ad es nel caso di richiesta di un titolo di studio; tuttavia, tutti devono avere accesso ad esso.

L’eguaglianza di opportunità di accedere alle diverse posizioni sociali basate su impegno e talento
devono azzerare le differenze sociali pregresse derivanti da famiglia, posizione sociale di
provenienza ecc. (livellamento del campo da gioco).

Altra teoria sull’eguaglianza di opportunità vanno oltre questo principio e implicano anche la
riduzione delle diversità date dai talenti innati, ad es più risorse per chi ha difficoltà
nell’apprendimento.

L’eguaglianza di opportunità è un’idea alla quale ci si può solo avvicinare, in quanto certe influenze
sfuggono al controllo dello stato per es l’affetto e lo stimolo della famiglia. Tuttavia, se le
diseguaglianze sono il frutto di un sistema ingiusto, economico sociale, vi è il dovere collettivo di
porre rimedio.

L’interpretazione più ampia dell’eguaglianza di opportunità ricomprende l’opportunità


fondamentale di autodeterminarsi nelle scelte di vita in modo gratificante, l’opportunità di
accedere alle diverse posizioni sociali, ai benefici o indirettamente o direttamente all’attività
politica e individuazione di obbiettivi comuni, infine opportunità non competitiva accesso ai beni
primari per una vita dignitosa.

Questa interpretazione dell’eguaglianza di opportunità racchiude tutti i diritti fondamentali che


hanno lo scopo di realizzare l’eguaglianza generale non basata sulla competitività, ma sulla
attribuzione a tutti.

Per quanto riguarda l’idea restrittiva ha alla base una concezione competitiva.

EGUAGLIANZA E INGIUSTIZIE STRUTTURALI

Molti sostenitori dell’eguaglianza di opportunità ritengono che per aversi una società giusta
basterebbe realizzare l’idea più restrittiva. Questa teoria però non tiene conto delle ingiustizie
strutturali che non riguardano la distribuzione delle posizioni sociali, ma come vengono definite. Le
posizioni sociali sono posizioni dovute a mansioni e prerogative che conferiscono l’accesso a
benefici. Le posizioni al vertice delle società odierne sono poche rispetto a tutte le posizioni e
l’interpretazione restrittiva non ne tiene conto.
Secondo l’interpretazione più ampia si devono garantire le opportunità a tutti in modo non
competitivo, quindi non solo l’accesso ai beni primari e a competere per l’accesso alle posizioni
sociali, ma anche l’opportunità di sviluppare e esercitare le proprie capacità in modo gratificante.
Tale panorama si realizzerà solo quando saranno rimossi tutti gli ostacoli sociali ed economici della
società come affermato dalla costituzione.

COSTITUZIONE ECONOMICA

ORIGINI E IDEE

La nozione costituzione economica, nozione utilizzata per la prima volta in Messico 1917 e la
Repubblica di Weimer 1919. Questa idea inizia con le costituzioni moderne nella con
l’affermazione di una economia politica capitalista. Infatti nel trattato di Adam Smith si afferma
che il diritto viene trattato come fattore ordinante, ma non c’è la configurazione dell’autonomia
della economia politica, viene ancora rappresentata come filosofia morale, infatti, i processi di
produzione e i mercati non erano ancora autonomi.

Le prime costituzioni moderne sono caratterizzate dall’assenza della regolamentazione dei


processi economici, come avviene per quella statunitense e francese del 1789, in quest’ultima si
assume il diritto alla proprietà privata, ma solo come limitazione del potere dello stato. Questo
perché esse hanno lo scopo di stabilire i diritti e le istituzioni e i loro limiti.

Con l’espansione dell’economia capitalista del XIX secolo vi è un netto distacco tra economia
politica e costituzione. In questo contesto si inserisce la critica di Karl Marx che afferma che i
rapporti sociali e politici si basano sui rapporti di produzione che costituiscono la società; pertanto,
non è possibile leggere il testo costituzionale senza tenerne conto, ricordando inoltre che
l’economia politica segue una propria logica distinta.

Critica a Marks = di ridurre le costituzioni a riflessi dell’organizzazione materiale della società: la


costituzione economica sovradetermina quella politica.

Tuttavia, Marx non nega che l’ordinamento costituzionale, politico e culturale abbia una vita
propria e proprie funzioni, seppur sovrastrutture. L’ordinamento costituzionale, infatti può
svolgere un ruolo fondamentale nella stabilizzazione dei rapporti di produzione e quindi non
esserne un semplice riflesso. Marx non elabora il concetto di costituzione economica, vedendo
questa come consolidamento delle sottostrutture; perciò, la costituzione economica per aversi
richiede la costituzione liberale.

Lassalle = definisce la costituzione come:

1 meri pezzi di carta che hanno lo scopo di tutelare i sottostanti rapporti di forza, in quanto scritti
dai vincitori, borghesia che propugnano eguaglianze e libertà solo formali. O

2 costituzioni di copertura che non sono specchio della realtà sociale, che pertanto avranno breve
durata in quanto data la discrasia tra organizzazione sociale e giuridica.

La costituzione economica è fondamentale e impone all’ordinamento il suo sviluppo.

Il concetto di costituzione economica diviene basilare nel XX secolo, in quanto vi sarà una
politicizzazione delle masse e la forte crisi economica del 1929. Ne è un esempio la costituzione di
Weimer, in cui cercherà un compromesso fra capitale e lavoro. In questo periodo si insinua
Sinzheimer affermando la necessità di inserire il lavoro nella costituzione per democraticizzare i
processi produttivi attraverso l’introduzione dei consigli dei lavoratori e quelli dagli industriali e
insieme avrebbero formato il consiglio nazionale economico. L’obbiettivo era quello di limitare
l’arbitrio nell’esercizio della libertà economica e indirizzarla verso scopi sociali, sancendolo
attraverso una costituzione rigida. Secondo Sinzheimer l’integrazione degli attori economici
nell’ordinamento costituzionale potesse portare alla redistribuzione del potere politico.

La concezione prevalente della nozione di costituzione economica prevalente nel secondo


dopoguerra, tuttavia, è quella ORBOLIBERALE ad opera della scuola di Friburgo (Bohm Eucken) che
avevano l’obbiettivo di raggiungere un’economia sociale di mercato, caratterizzata dall’assenza di
fenomeni di cartolarizzazione, quindi l’obbiettivo ultimo era un’economia concorrenziale. La
scuola di Friburgo si differenziava da quella liberale perché vedeva il mercato come instabile e
artificiale, in cui lo stato non doveva essere solo un correttore delle distorsioni del mercato, ma
anche adottare misure per creare e mantenere un mercato concorrenziale. La costituzione
economica non doveva essere data dalla separazione tra politica, diritto ed economia, ma come
sostenuto da BOHM, prodotto di una decisone univoca e consapevole del potere politico. Inoltre,
la politica doveva perseguire chiari scopi economici per il raggiungimento di un fine determinato
attraverso una cornice giuridica che fornisse regole di azione. Secondo gli orboliberali lo stato deve
introdursi nell’organizzazione di produzione, ma agendo sulla base di norme generali dettate dalla
costituzione.

Per Geber i principi della costituzione hanno una funzione costitutiva, (es stabilità della moneta) e
una applicativa, implementazione dei principi attraverso il mercato concorrenziale. Infine,
incentivano agenzie statali indipendenti dal potere esecutivo e coinvolte nella gestione e
protezione dell’attività economica e finanziaria, onde evitare fenomeni distorsivi del mercato
concorrenziale.

Hayek esponente neoliberale elabora l’idea di un diritto che, come il mercato, si evolve
autonomamente e nega l’interventismo dello stato in quanto distorsione in quanto esso è in grado
di crearsi autonomamente. Per egli la costituzione economica è una struttura che deve garantire: 1
diritto della concorrenza, 2 protezione della proprietà privata,3 un tetto per la spesa pubblica e 4
un’agenzia indipendente che regoli le politiche monetarie quando non è possibile sottoporre la
creazione e circolazione della moneta ad un regime concorrenziale.

LE ESPERIENZE DAGLI STATI AGLI ORDINAMENTI SOVRANAZIONALI

Dal secondo dopo dopoguerra abbiamo la costituzionalizzazione formale di alcuni rapporti


economici e politiche economiche attraverso i seguenti istituti: 1 riconoscimento proprietà privata,
2 statuto e funzione principale dell’impresa, 3 regolamentazione finanza pubblica, 4 principio di
concorrenza, agenzie indipendenti ci controllo del funzionamento di istituzione finanziarie, banca
centrale, antitrust. Non vengono ricomprese l’organizzazione del lavoro lasciata alla contrattazione
e politiche monetaria (politica ordinaria).

Le costituzioni economiche così descritte non identificano gli scopi che possono essere segnati da
autoritarismo e strumenti di espansione democratica. Infatti, è possibile concepire una
costituzione economica anche in regimi autoritari.

La costituzione economica non è presente in quei paesi come Inghilterra e Stati uniti la cui
costituzione è risalente ad epoche in cui non si era ancora affermato questo concetto perciò tale
costituzione economica non ha alcuna rilevanza formale, infatti in Inghilterra si utilizza la legge
ordinaria e common law e negli stati uniti per quanto sia difficile un cambiamento del trattato
costituzionale vi sono comunque stati cambiamenti notevoli come il New Deal e l’abolizione della
schiavitù e la creazione della Federal Reserve come banca centrale per rafforzare il dollaro come
moneta unica perfezionata durante il New Deal.

La costituzione italiana è un esempio di integrazione di rapporti economici in un documento


segnato da un carattere programmatico. Nel titolo III, infatti vi sono norme dedicate interamente
ai rapporti economici, libera iniziativa economica 41, organizzazione dei lavoratori e
sindacati35,39,46, proprietà privata 42 tutela del risparmio 47.

Centrale è il principio lavorista art. 1 e 4 alla base della definizione dei rapporti economici, quindi
la cost italiana opera già in regime di INTEGRAZIONE dell’organizzazione economica all’interno
dell’ordinamento. Tuttavia, le politiche monetarie rimangono ancorate alla legge ordinaria nel
rapporto tra ministero del tesoro e banca centrale per la gestione del debito, fino al 1981 in cui la
banca centrale diviene indipendente. La separazione rende la banca distante dal potere politico,
ma attenta ai mercati internazionali. Tale trasformazione sarà completamente della costituzione
economica con l’introduzione della moneta unica, patto di stabilità e la creazione della banca
centrale europea e il condizionamento dello stato dato dall’organizzazione economica- politica
derivante dalla crisi economica del 2008/2009 es accesso a fondi emergenziali, monitoraggio
tramite semestre europeo del bilancio.

Un esempio di neoliberismo è quello del Cile dove il costituzionalismo è avvenuto con mezzi
autoritari con il colpo di stato di Pinochet del 1973. Con la costituzione del 1980 si rigetta l’idea
dell’ordoliberale in cui si dà alle agenzie il compito di costruire il mercato e vigilare sul suo
funzionamento e si sancisce che le attività sociali siano governate e organizzate dai mercati,
favorendo una economia di mercato espansiva, ne è esempio l’interpretazione della libertà di
impresa come diritto fondamentale, la non-discriminazione in ambito economico, la protezione
del diritto di proprietà. Inoltre, vi era l’introduzione di procedure che avevano l’obbiettivo di
limitare l’utilizzo della leva fiscale per politiche pubbliche espansive (pareggio di bilancio) e
controllare l’inflazione. si viene così a formare nell’ordinamento; la stabilità dei prezzi, crescita
economica e equilibrio di bilancio. Altre riforme sanciranno la privatizzazione delle sfere sociali
principali. Sul piano monetaristico si sancisce l’indipendenza del banco del Chile, con legge
qualificata che difficilmente si presta ad essere riformata, così come il resto della costituzione
trincerata dalla corte costituzionale. Solo con le proteste del 2019 si è dato inizio a una nuova
Assemblea Costituente.

La costituzione dell’Unione Europea è economica in quanto si sviluppa intorno al concetto del


mercato unico e delle libertà fondamentali di libere circolazioni di lavoratori, capitali, merci,
servizi.

L’Unione Europea ha una duplice valenza richiede l’intervento del legislatore europeo dlla corte di
giustizia e degli stati membri.

Il cuore della costituzione economica è formato dal trattato di Lisbona e dalla giurisprudenza della
corte di giustizia che definisce le libertà fondamentali come libertà economiche.

Joerges afferma che l’UE è stata costruita sulle idee ORDOLIBERALE e una ferma ripartizione di
competenze fra sovranazionale e nazionale. Inoltre, sostiene che l’UE si fonda sulla libera
concorrenza nei mercati e l’effetto diretto del diritto europeo sulla legislazione ordinaria statale;
tuttavia, vi è stato un netto cambiamento e una riduzione della distanza della costituzione
economica dopo l’introduzione delle politiche di austerità dovute alla crisi economica del 2008.

Secondo Kaupa la costituzione economica europea non è predeterminata, ma soggetta


all’interpretazione politica.

LAVORO
Durante il XX secolo il diritto del lavoro era basato su sindacati e gestione collettivizzata, questo ha
portato alla facilitazione della partecipazione dei lavoratori nel processo democratico in ambito
politico ed economico. Ad es i sindacati hanno agito per ridurre il divario salariale tra i lavoratori,
rafforzando i diritti politici e le istituzioni democratiche. Oggi al contrario vi è un indebolimento del
diritto del lavoro a tratti in contrato con la costituzione che sta perdendo valore nella
regolamentazione del lavoro e dei lavoratori.

CORRENTI COSTITUZIONALISTICHE SUL LAVORO DEL XX SECOLO

Nelle costituzioni del XVIII e XIX secolo vi è la totale assenza dei riferimenti al lavoro. I teorici
basandosi sulle idee di Locke negavano di attribuire lo status di cittadino a chi non era proprietario
negano diritti politici e dei lavoratori come, ad esempio, la creazione di sindacati.

Nel XX secolo con l’estensione del diritto al voto dopo la Seconda guerra mondiale, le nuove
costituzioni sancivano il diritto di associazione e i diritti sindacali.

Con la costituzione di Weimer e la partecipazione di Sinzheimer si teorizza l’esigenza di estendere


il processo democratico ai lavoratori al fine di non rilegarli a una posizione subordinata rispetto ai
proprietari dei capitali, basata sulla sinergia tra capitale e lavoro volta la bene comune.
Propugnando la garanzia dei diritti sindacali e creando una costituzione del lavoro in cui i
lavoratori fossero partecipi, Sinzheimer aveva lo scopo di creare una società in cui i lavoratori e i
proprietari fossero compartecipi su una base paritaria nei processi di amministrazione della
produzione.

Quindi la costituzione del lavoro deve comprendere le disposizioni costituzionali e legislative che
regolano la ccnl e le azioni sindacali, i consigli operai, la rappresentanza dei lavoratori nei consigli
aziendali e forme di arbitrato per controversie in ambito industriale. Il termine costituzione vuole
enfatizzare il diritto di partecipazione dei lavoratori ai processi produttivi.

LE COSTITUZIONI NAZIONALI DEL LAVORO

Secondo Sinzheimer l’economia dovrebbe essere concepita come materia di diritto pubblico e non
privata, contraddistinta da obbiettivi pubblici. Egli, inoltre, sottolineava l’importanza del nuovo
stato democratico che incideva sugli attori economici che rimanevano indipendenti dallo stato, ma
sottomessi ad esso per l’identificazione dei loro poteri legislativi. Il diritto del lavoro doveva
trovare un equilibrio tra le due correnti del tempo il totale controllo da parte dello stato o la totale
libertà economica privata. Nella costituzione della repubblica federale tedesca si riprendevano
questi principi, ma si esaltava il ruolo del diritto di sciopero e l’indipendenza del sindacato dallo
stato, anche se di fatto rimaneva ancorato ad esso con l’inserimento nel welfare corporatism.

In Italia la costituzione del lavoro è stata realizzata in contrapposizione al corporativismo fascista;


quindi, garantisce l’autonomia sindacale e il suo pluralismo e soprattutto il diritto di sciopero.
Tuttavia, il diritto vivente si è distanziato da quello progettato, il rapporto tra sindacati dei
lavoratori e dei datori di lavori è stato conflittuale e si è potuto assestare solo tramite
autoregolamentazione.

Passarelli ha influenzato l’indirizzo dei giudici con il suo trattato di interpretazione del sistema
cooperativista che non era ancora stato abrogato.

Giugni ha partecipato alla stesura dello Statuto dei lavoratori.

Entrambi volevano evitare il ritorno del totalitarismo.

LA COSTITUZIONE DEL LAVORO UE

Negli anni 50 con la nascita della CEE si ha come intento la libera circolazione di merci servizi e
capitali, ma non i diritti del lavoro e sociale.

Nel 68 con le rivolte laburiste che imperversavano a livello mondiale si volle dare un diverso
indirizzo alla CEE e si diedero come obbiettivi una migliore occupazione, condizioni abitative
migliori e partecipazione più ampia di lavoratori e datori di lavoro ai processi decisionali della CEE.
Per raggiungere quest’ultimo obbiettivo negli anni 70 si è tentato di creare forme di
corporativismo a livello europeo, coinvolgendo i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro
all’interno di comitati e commissioni di lavoro.

Grazie al trattato di Maastricht queste commissioni furono costituzionalizzate nel c.d. “dialogo
sociale europeo” che la commissione era obbligata a consultare per avanzare proposte legislative
in ambito di politiche sociali, inoltre vi era la possibilità di contrattare accordi di natura
contrattuale.

Si può quindi notare l’ampiamento delle competenze europee in materia di diritto del lavoro,
rimangono però esclusi la libertà di associazione e la retribuzione.

LE COSTITUZIONI E IL DIRITTO DEL LAVORO OGGI

Le costituzioni continuano a riconoscere un ruolo chiave al lavoro, tuttavia e sempre maggiore


l’indebolimento del diritto del lavoro e organizzazioni sindacali, minor valore degli accordi collettivi
e dell’emersione del lavoro a costo zero dovuto a una maggior devoluzione al governo e al
mercato libero di determinare le condizioni di lavoro.

A livello europeo da celebri casi giurisprudenziale desumiamo che vi è un favor dell’unione


europea per il libero scambio anche se esso comporta la limitazione dei diritti sociali dei lavoratori
come, ad esempio, esercitare il diritto di sciopero. Questo perché gli standard di lavoro sono
protetti solo dalle politiche nazionali; quindi, dal momento che contrastano con la normativa
tutelata dall’UE essa inevitabilmente li fa soccombere.

ACCORDI DI PRESTITO E STANDARD DI LAVORO

Alla luce della crisi economica del 2008 con il pericolo del default del debito sovrano, gli stati
membri hanno dovuto rinunciare alla possibilità di definire le politiche sociali ed economiche,
dovendo sottostare ai parametri dell’austerity dettati dall’azione congiunta della Troika. Portogallo
e Grecia sono dovute intervenire nella flessibilità del lavoro, numero di ore di lavoro, contratti
collettivi, retribuzioni ecc.. in Italia e Spagna furono raccomandate le stesse riforme. Adams
commentando questi eventi li definisce “adeguamento strutturale” che porterà solo ad alti tassi di
disoccupazione e bassi livelli di crescita.

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