Religione
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Religione e neuroscienze
Introduzione
Abbiamo visto come la fenomenologia della religione (Otto e Eliade) ha messo in evidenza che
il sacro è una esperienza conoscitiva che si situa nella coscienza umana, PRIMA di ogni forma
istituzionale di religione.
Si ha prima di tutto una struttura religiosa nel nostro modo di rapportarsi al mondo e soltanto
dopo si è cristiani, hindu, buddhisti ecc.
Oggi le neuroscienze ci mostrano come l’uomo nella sua struttura cognitiva tende a formarsi
idee di tipo religioso (esperienza religiosa si situa a livello del lobo parietale destro del
cervello).
Boyer: abbiamo idee intuitive che nascono direttamente dalla nostra esperienza e idee contro-
intuitive che vanno contro l’esperienza ordinaria.
La religione vive di idee contro-intuitive che nell’esperienza comune non si verificano mai
(spiriti, divinità, angeli violano di solito le regole generali dell’esperienza).
Queste idee contro-intuitive sono più facili da propagare, perché fanno più presa a livello
psicologico.
Tali immagini religiose hanno una particolare forza di sopravvivenza in termini di trasmissione
culturale (creazione, miracolo hanno più forza delle rappresentazioni scientifiche).
Questa dimensione di ricerca mostra che l’essere umano è in una condizione di carenza.
Ci sono bisogni specifici per la vita:
- a livello fisico (cibo, vestito, casa, salute);
- a livello psichico (amicizia, creatività, sessualità);
- a livello socio-culturale (lavoro, divertimento, sport, arte).
Attraverso tali livelli di bisogni si mette in rilievo la condizione relazionale dell’essere umano.
Per ricevere o per dare si ha sempre bisogno degli altri.
I bisogni mettono in evidenza anche l’aspetto limitativo di tutto ciò che è umano e che si
esprime come:
- Frammentazione: riposo, felicità, salute ecc. si danno per frammenti, mai in una totalità
compiuta.
- Finitezza: tutto si situa dentro un arco temporale che genera angoscia.
- Assurdità: ci sono esperienze che mettono in luce questa dimensione: un lavoro
alienante, solitudine, sofferenza, male, situazioni tragiche, morte.
Il bisogno e il limite hanno in sé il superamento. L’uomo è un essere che costantemente cerca
di rompere il limite.
Si ha una tensione dialettica tra il desiderio e la sua realizzazione, che non essendo mai colma,
genera un nuovo desiderio e una nuova tensione. L’essere umano è nella realtà un «meno» di
quanto desidera essere, ma è sempre, almeno nel desiderio, un «più» che non riesce a
concretizzarsi.
Questa tensione dialettica così descritta si esprime attraverso:
la parola nella letteratura e nella poesia
la prassi nella cultura, nell’arte
la contemplazione nella dimensione religiosa.
Nelle considerazioni sull’esperienza umana si coglie quanto sia centrale la dimensione del Sé. Il
Sé è la dimensione ontologica in cui si compie l’esperienza.
Il Sé è un universo che racchiude non solo un mondo ma tutti i mondi possibili. Il Sé ha
un’ampiezza tale da poter comprendere tutte le esperienze possibili, sia quelle reali, già
compiute, sia quelle potenziali, che si potrebbero compiere in futuro.
Il Sé è l’unità della vita nella molteplicità delle sue forme ed espressioni, con il suo colore e la
sua ritmica. Per quanto complessa e disarticolata, il Sé è il punto di unità che mi consente di
riconoscere un’esperienza come «mia» esperienza.
ER e Modernità
L’ER assume sempre più una dimensione intima e privata. A ciò contribuisce la Riforma
protestante (sola scriptura, sola fide, sola gratia).
Le Guerre di religione del Seicento portano alla conclusione che la religione è motivo di
violenza e di divisione (Spinoza).
Nel Settecento si sviluppa una visione religiosa fondata sulla ragione (deismo) e la religione
viene ridotta ad esperienza etica (Kant).
Con la Rivoluzione francese la società europea tende a instaurare una separazione tra la sfera
religiosa e quella civile.
ER e interrogazione esistenziale
Dopo Auschwitz l’ER deve caratterizzarsi sempre dall’interrogazione sul senso. Come afferma
P. Tillich:
- «l’uomo è l’esistente che pone la domanda dell’essere. La questione che l’uomo pone
sull’essere nasce da una vibrazione, dallo choc ontologico. L’essere è lambito e
minacciato dall’oceano del non-essere. Ed è questo che spinge gli uomini all’angoscia e
all’interrogativo. Afferrato dallo choc del possibile non essere, dalla sua fondamentale
angoscia che il non essere possa trionfare sull’essere, l’uomo si interroga sull’essere
(…) interrogandosi sul fondamento e il senso dell’essere, l’uomo si interroga sulla realtà
ultima, su ciò che è realmente reale, su ciò che lo concerne incondizionatamente
(ultimate concerns)»
SIMBOLO
Riferimento a quattro autori che hanno una base comune e sottolineano un aspetto
particolare del simbolo.
Il S. non è un segno qualsiasi ma un segno concreto, quindi una realtà come il cielo, la terra il
sole, la luna, l’albero, l’animale, l’uomo e la donna, ecc., che apre a qualcosa d’altro, che evoca
in un «rapporto naturale», qualcosa che non è percepibile dai sensi ma solo dallo spirito.
L’espressione «rapporto naturale» dice che il S. non è un segno arbitrario, convenzionale e
quindi artificiale. Vi è un legame intrinseco tra significante (es. acqua) e significato (es.
purificare). Il S. contiene, anche in modo limitato e parziale, ciò che indica.
IL S. evoca «qualcosa di assente o che è impossibile percepire». Si può percepire l’assenza solo
di qualcosa di cui si è percepita la presenza (es. l’assenza della persona amata si coglie quanto
più è presente nella vita). L’assenza indica sempre una presenza. Il S. possiede la qualità di
rendere presente ciò che è assente; suscita una nostalgia.
Una definizione più letterale: Il simbolo è un oggetto tagliato in due e diviso tra due partner
alleati che conservano ognuno la propria parte. Una volta che le due parti vengono messe
insieme (syn-ballein = mettere insieme), si ricostituisce la loro alleanza.
Apertura alla dimensione religiosa: il S. è portatore di unità. Mentre la logica razionale si fonda
sul separare, distinguere, la logica simbolica apre alla riconciliazione.
«Il simbolo è l’epifania di un mistero». Vidal dice che il S. contiene un messaggio immanente di
trascendenza (es. dell’orizzonte, in cui si ha l’esperienza, da un lato di abbracciarlo con lo
sguardo, e dall’altro, del suo essere sempre al di là della possibilità di raggiungerlo, perché si
sposta continuamente man mano che ci si avvicina).
«Il S. si offre alla contemplazione»: coglie la realtà nell’orizzonte dell’Uno.
Il simbolo riconnette l’uomo con la parte individuale inconscia della mente, la quale è distinta
dal cervello e contiene i resti della nostra lunga evoluzione umana (inconscio collettivo).
I simboli hanno alcune matrici fondamentali (elaborate da G. Bachelard):
- Matrice cosmica: sono gli elementi ultimi della realtà: fuoco, acqua, terra, aria. Il corpo
stesso permette di entrare nel ritmo profondo del cosmo: giorno-notte, freddo-caldo,
interno-esterno, odio-amore, vita-morte, ecc.
- Matrice onirica: la dimensione del sogno come dimensione notturna, il cui linguaggio
simbolico va interpretato. Questo lo sapevano le culture antiche che mediavano il
sogno con la visione, l’ascolto, la profezia e a noi oggi ce lo ricorda la psicologia del
profondo.
- Matrice poetica: la dimensione diurna, creativa dello spirito umano che si esprime
attraverso linguaggi diversi: linguaggio delle immagini (arti figurative, e plastiche) e
linguaggi metaforici (narrativa, poesia).
MIRCEA ELIADE (1907-1986)
Storico delle religioni, antropologo, scrittore, filosofo, orientalista, mitografo, saggista e
accademico rumeno. Uomo di grande cultura,assiduo viaggiatore, parlava e scriveva
correntemente otto lingue: rumeno, francese, tedesco, italiano, inglese, ebraico, persiano e
sanscrito. Immagini e simboli. Saggi sul simbolismo magico-religioso (1981).
Attraverso i simboli è possibile scendere alle fonti più profonde della vita organica, per
ritrovare le tracce della condizione felice nel paradiso terrestre.
Il linguaggio simbolico ci presenta una condizione umana integra, di pienezza come
aspirazione e desiderio di un futuro che appare possibile.
Il simbolo veicola un’esperienza che si situa al di fuori della storia ed è di carattere universale.
Simbolo come traccia dei resti arcaici della mente in cui l’uomo non era separato dalla natura
e allo stesso tempo come ricordo che anticipa il futuro della storia dove l’uomo realizza la
propria libertà.
Simbolo fa coesistere significati e strutture logiche in grado di portare a unità dimensione
biologica e ragione. Nel simbolo l’uomo si riconosce come unità complessa di
inconscio/materia e coscienza/libertà.
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