Moderne Tecniche Di Contabilita' Dei Costi 00256107 - Est
Moderne Tecniche Di Contabilita' Dei Costi 00256107 - Est
Moderne Tecniche Di Contabilita' Dei Costi 00256107 - Est
MODERNE TECNICHE
DI CONTABILITÀ DEI COSTI
Moderne tecniche di contabilità dei costi 7.
Premessa 7.1.
7.1. PREMESSA
I profondi cambiamenti che a partire dagli anni settanta hanno interessato tanto i sistemi
di produzione quanto il contesto in cui le imprese si trovavano ad operare, in partico-
lare la progressiva globalizzazione dell’economia mondiale ed il netto spostamento del
potere contrattuale dalla parte dei consumatori, hanno avuto un notevole impatto sia
sugli assetti organizzativi che sui sistemi di pianificazione e controllo.
Le tradizionali metodologie di governo delle imprese, basate su una visione verticale e
meccanicistica delle organizzazioni, sono difatti entrate in crisi nel momento in cui, al
crescere della complessità ambientale e gestionale, si sono trovate nell’impossibilità di
integrare le prestazioni delle diverse funzioni in un processo unitario avente come
obiettivo ultimo la soddisfazione del cliente finale.
I modelli organizzativi e di controllo di gestione hanno perciò dovuto adattarsi alle
mutate condizioni ambientali per permettere alle aziende di presentarsi sul mercato
con prodotti studiati e fabbricati in funzione delle mutevoli e differenziate esigenze dei
consumatori, consentendo al contempo di ridurre il tempo di sviluppo e di lancio dei
prodotti (time to market) ed il livello globale di costo.
In altri termini, modificandosi il contesto economico basato sulla produzione di massa,
in cui la manodopera diretta rappresentava una voce di costo molto rilevante, ed
instaurandosi un contesto produttivo in cui è marcata la tendenza sia alla riduzione
delle scorte, sia all’adozione di processi automatizzati, nonché alla differenziazione di
prodotto, il tradizionale approccio alla determinazione dei costi di prodotto/commessa/
servizi non offre più informazioni esaustive alla direzione/proprietà.
La critica principale rivolta alla tradizionale contabilità direzionale da parte di vari
studiosi tra cui soprattutto Johnson e Kaplan è che in un contesto altamente competitivo
come quello creatosi a partire agli anni Ottanta, l’esigenza prioritaria da cui dipendono
le possibilità di sopravvivenza delle imprese è strettamente legata ad una corretta
gestione dei processi aziendali al fine di ottimizzare la soddisfazione del cliente finale.
Perciò, la definizione degli obiettivi partendo da informazioni di natura prettamente
contabile è in contrasto con tale esigenza poiché non prende in considerazione né le
variabili legate al mercato né la flessibilità necessaria nel definire le decisioni aziendali
vincolate ad obiettivi finanziari.
La conseguenza di quanto detto è stata quella di cambiare gli ordinamenti contabili
nelle imprese, al fine di rappresentare correttamente i fatti di gestione, ma anche metter
in grado la direzione di poter valutare la posizione competitiva dell’impresa rispetto al
mercato.
Nascono quindi i moderni sistemi contabili di programmazione e controllo che pren-
dono il nome di activity accountig.
Risulta, perciò, importante, prima di analizzare le moderne tecniche di controllo di
gestione, esaminare le modifiche che i cambiamenti citati hanno provocato nell’area
contabile.
Gli effetti delle modifiche nella struttura contabile aziendale possono essere riportati
essenzialmente all’avvento dei seguenti concetti:
• just in time;
il cliente a cui è destinato, sia che si tratti di consumatore finale (cliente esterno) sia che
si tratti di una unità produttiva interna che, a sua volta, deve seguire una successiva
attività di trasformazione.
Tutte le attività dell’impresa sono tra loro concatenate in forma orizzontale e danno
perciò luogo a flussi di attività svolte da funzioni diverse (i processi d’impresa), aventi
come obiettivo comune la realizzazione di un prodotto che dia valore al cliente finale (si
veda Tavola 1).
La suddivisione dell’impresa in processi, costituiti da attività che consumano risorse è,
quindi, il principio caratterizzante le moderne tecniche di direzione aziendale quali
l’activity based costing e l’activity based management.
7.2.3. Le attività
Analizzando le singole fasi descritte, va messa elevata enfasi alla prima di queste.
Scomporre l’impresa in ben definite attività è sicuramente la fase più importante del
processo di activity based costing, in quanto a seguito della suddetta divisione, si
organizzerà la rilevazione dei dati e si fornirà una base certa per definire i costi di tutte
le operazioni aziendali. Il responsabile del controllo di gestione che vuole implemen-
tare in azienda un sistema di activity based costing, deve porre elevata attenzione al
grado di disaggregazione con cui vuole scomporre l’impresa in attività, in quanto tanto
maggiore è la scomposizione in attività, tanto maggiori saranno la precisione del siste-
ma, ma anche i costi di implementazione e di gestione del sistema stesso, nonché i costi
di rilevazione dei dati occorrenti (esempi di attività possono essere: la chiusura di una
trattativa, la fase di assemblaggio del prodotto, la fatturazione, etc.).
Poiché ogni impresa ha proprie peculiarità e caratteristiche, non esiste una metodologia
univoca per definire il grado di disaggregazione in attività. A tale proposito, di seguito si
definiscono alcuni parametri che alcuni studiosi hanno proposto quale supporto meto-
dologico alla progettazione di un sistema di activity based costing, che tuttavia non
possono essere considerati esaustivi:
• il grado di diversità dei prodotti, commesse, servizi;
• il grado di diversità dei volumi;
• l’importanza relativa di un’attività.
I suddetti parametri permettono al responsabile del controllo di gestione di definire
alcuni rapporti su cui basare la decisione di disaggregazione o meno delle attività. Una
«ratio» efficace, ad esempio, può essere rappresentata dal rapporto tra i consumi relativi
di due attività da parte di due prodotti.
consumi prodotto X
Grado di diversità dei prodotti =
consumi prodotto Y
Tanto più il valore del rapporto si avvicina all’unità, tanto più significa che il consumo
delle due attività da parte dei due prodotti è direttamente proporzionale, con la conse-
guenza che le due attività potrebbero essere aggregate in un’unica macroattività; ov-
viamente, tanto più il rapporto si discosta da 1, tanto più sarà opportuno aggregare le
due attività in macroattività distinte. Un altro indice utile alla definizione delle attività è
espresso dal rapporto tra il numero di unità per lotto di due prodotti.
unità lotto prodotto X
Grado di diversità dei volumi =
unità lotto prodotto Y
Tanto più questo rapporto si avvicina ad 1, tanto più le due attività possono essere
aggregate in macroattività senza particolari distorsioni nel calcolo del costo del prodotto.
Infine, si deve tenere in considerazione anche l’ammontare dei costi che genera l’attività
presa in esame.
Costi attività XY
Importanza relativa delle attività =
totale costi azienda
Tanto più l’attività in questione ha rilevanza in termini di costi, tanto più sarà opportuno
considerarla distinta dalle altre attività dell’impresa.
Infine, si può riassumere come segue la definizione di attività: «un’attività è una combi-
nazione di persone, materiali, tecnologie e ambiente che produce un determinato
prodotto, commessa o servizio; essa rileva il modo in cui l’impresa utilizza il proprio
tempo ed i risultati che è in grado di produrre»; ed in funzione della precedente defi-
nizione è più agevole costruire una mappa delle attività dell’impresa.
In Tavola 2 si descrive un esempio di mappatura delle attività di un’impresa.
Per poter giungere alla creazione di una mappa delle attività aziendali che identifichi le
relazioni tra funzioni, processi ed attività è necessario determinare con chiarezza lo
scopo dell’analisi delle attività e procedere con le seguenti fasi:
• determinare le unità organizzative da analizzare, con una suddivisione per gruppi o
reparti con singole missioni chiaramente identificabili;
• definire le attività, fornendo un livello di dettaglio sufficiente, ma non eccessivo;
• classificare le attività sia in primarie (i cui risultati sono utilizzati al di fuori delle
unità organizzative) e secondarie (le attività definite ad esempio all’interno di un
reparto), che in attività a valore aggiunto e non a valore aggiunto.
Scomponendo l’impresa in attività, perciò, migliora decisamente la precisione del cal-
colo dei costi di prodotto, in quanto attribuisce le attività, composte da costi indiretti, ai
prodotti o servizi sulla base del loro reale utilizzo.
In Tavola 3 si schematizzano alcuni dei principali vantaggi apportati dal disaggregare
l’impresa in attività.
Si ipotizza, inoltre, per facilità di calcolo, che il periodo di tempo necessario per la
lavorazione meccanica del prodotto X è uguale a quello del prodotto Y.
Individuate le attività e definite le risorse impiegate è ora necessario calcolare quali
sono i costi indiretti di prodotto che, attraverso l’associazione ad un cost driver, ver-
ranno «guidati» ai prodotti (Tavole 8 e 9).
Ne segue che:
• C.I. x = (600.000/600) per 100 = € 100.000 C.I. x = (172.000/2) per 1 = € 86.000;
• C.I. y = (600.000/600) per 500 = € 500.000 C.I. y = (172.000/2) per 1 = € 86.000.
dove:
• C.I. x sta per costi indiretti del prodotto X;
• C.I. y sta per costi indiretti del prodotto Y.
È perciò possibile calcolare il totale costi indiretti da guidare ai singoli prodotti, in modo
tale che, sommati ai costi diretti, sia possibile determinare il costo di prodotto.
• C.I x = (100.000/100) + (86.000/100) = 1.000 + 860 = € 1.860;
• C.I y = (500.000/500) + (86.000/500) = 1.000 + 172 = € 1.172.
L’activity based management, pertanto, concentra la propria attenzione non tanto sui
prodotti ed il loro costo, quanto sulle modalità con cui i suddetti prodotti sono ottenuti,
al fine di generare un processo che tenda al miglioramento continuo attraverso l’analisi
delle attività (si veda Tavola 11).
Questa tecnica fornisce, perciò, le informazioni necessarie alla direzione d’impresa per
individuare le logiche economiche e strategiche dei processi in cui l’impresa stessa
viene suddivisa, per motivare le persone coinvolte sulle prestazioni che garantiscano
l’ottenimento dei risultati previsti, per identificare ed eliminare gli sprechi, migliorando
continuamente le attività che danno valore aggiunto.
L’activity based management si articola normalmente in quattro fasi ben distinte:
• la valutazione delle attività;
• il controllo dei costi;
• la gestione delle attività attraverso gli indicatori di prestazione;
• il sistema integrato di supporto alle decisioni.
La prima fase consente di comprendere il modo in cui l’impresa svolge il proprio lavoro
al fine del raggiungimento degli obiettivi preposti.
Poiché le attività sono tra loro concatenate in processi, gli indicatori di prestazione
evidenziano il grado di contribuzione di ciascuna attività al miglioramento complessivo
dei risultati aziendali, permettendo di monitorare costantemente le attività a valore
aggiunto nonché i fattori critici di successo dell’impresa.
Infine, individuati gli indicatori di prestazione, sarà necessario definire un sistema inte-
grato di supporto alle decisioni aziendali, non solo per valutare a consuntivo le pre-
stazioni aziendali, ma, soprattutto, per indirizzare la gestione dell’impresa verso il rag-
giungimento degli obiettivi strategici.
Inoltre, è fondamentale che il sistema di governo dell’impresa basato sugli indicatori di
prestazione sia aggiornato con costanza, in modo tale che le variazioni di attività e di
fattori di produzione siano immediatamente rilevate, cosı̀ come i rispettivi costi e le
relative prestazioni. È, perciò, necessario, che il sistema informativo dell’azienda sia
flessibile, facilmente modificabile senza alterare il sistema dei costi.
Inoltre, è uno strumento sicuramente più efficace delle tradizionali tecniche di conta-
bilità analitica nell’individuare le responsabilità specifiche e nell’agevolare il processo
decisionale. Tuttavia, i limiti di questa tecnica si evidenziano già all’inizio del processo
di implementazione della stessa. Infatti, gli elevati costi da sostenere per passare da
un’organizzazione verticale dell’impresa ad una orizzontale ed orientata al cliente, sono
alquanto elevati. Si tratta sia di costi evidenti necessari per costruire la mappa delle
attività e definire il loro valore, per istruire il personale, per implementare fisicamente il
nuovo sistema, sia di costi non palesi derivanti dalla resistenza al cambiamento.
Inoltre, l’impatto organizzativo è estremamente esteso e richiede tempi lunghi per una
messa in opera. Si riassumono nella Tavola 13 i vantaggi ed i limiti ora descritti.
L’activity based management costituisce la base per sviluppare una serie di metodolo-
gie gestionali incentrate sui processi che trovano nella gestione per processi e nel
business process reengineering le loro applicazioni più compiute. Le metodologie in
questione, pur con differenze dovute alle diverse logiche strategico-organizzative ed ai
diversi approcci alla risoluzione dei problemi adottati, hanno tuttavia in comune l’o-
biettivo di perseguire un sostanziale miglioramento delle prestazioni aziendali attraver-
so il ridisegno dei processi d’impresa ed il successivo spostamento dell’azione organiz-
zativa e di controllo sugli stessi. Il fine ultimo è la realizzazione di una nuova forma
organizzativa - l’organizzazione per processi - composta non più da unità funzionali,
bensı̀ da unità di processo ed in cui l’unica dimensione rilevante è quella orizzontale
legata ai processi stessi.
Difatti, per poter impostare la gestione dell’impresa sui processi è necessario percorrere
due fasi consequenziali: il miglioramento dei processi prima, e la gestione dei processi
successivamente.
Nella prima fase, definiti gli obiettivi strategici della proprietà/direzione e scomposta
l’impresa per processi, sarà necessario definire i processi su cui è necessario intervenire
con immediatezza, focalizzandosi, perciò, dapprima solamente sui quei processi che
presentano criticità tali da ridurre le prestazioni dell’impresa. Solo in un secondo mo-
mento è consigliabile espandere il programma di miglioramento a tutti gli altri processi
aziendali, in considerazione, soprattutto, della necessità di ridurre i costi di implemen-
tazione ed evitare forti resistenze al cambiamento.
Definiti i processi su cui si è deciso di intervenire sarà necessario creare un team che
includa i rappresentanti di tutte le funzioni coinvolte nello svolgimento del processo in
esame. Ciascun team avrà un responsabile del processo che risponderà del raggiungi-
mento degli obiettivi definiti dalla direzione e del grado di miglioramento subito dal
processo di cui è diretto responsabile. Di conseguenza, la struttura organizzativa del-
l’impresa dovrà prevedere tanti responsabili quanti sono i processi critici oggetto di
miglioramento.
Il compito del team è di chiarire le caratteristiche del proprio processo, individuarne
qualità e difetti e definirne l’obiettivo primario. Poiché ogni processo ha come princi-
pale obiettivo quello di raggiungere la soddisfazione del cliente, sarà necessario definire
quali sono gli elementi che determinano tale soddisfazione (ad esempio la puntualità
delle consegne, il lead time, la precisione, la chiarezza ecc.).
Analizzati ed approfonditi con precisione tutti gli aspetti relativi ai processi, si procederà
alla realizzazione di un grafico che descriva dettagliatamente la sequenza di tutte le fasi.
Alla pagina seguente viene proposto l’esempio dei processi relativi al ciclo di sviluppo
del prodotto nel settore automobilistico (si veda Tavola 14).
Individuate le opportunità di miglioramento, il team provvederà a riprogettare il pro-
cesso al fine di raggiungere gli obiettivi di prestazione desiderati dalla proprietà/dire-
zione considerando le aspettative del mercato.
Le soluzioni potenziali verranno quindi implementate passo dopo passo, al fine di
progredire verso un miglioramento continuo.
Il successo per ottenere maggiore soddisfazione del cliente nasce, pertanto, dalle in-
formazioni e dalle competenze delle persone che vivono direttamente i processi e che,
quindi, possono attuare i miglioramenti necessari, grazie alla formazione ed alle forti
motivazioni che la proprietà/direzione sarà in grado trasmettere.
Definiti i processi su cui intervenire, si dovrà implementare una struttura che abbia
come principale compito il monitoraggio dei processi aziendali. È questa la fase di
implementazione della gestione per processi, che consiste essenzialmente nell’istituzio-
nalizzare il programma di miglioramento, orientando quindi l’impresa verso una gestio-
ne orientata alla soddisfazione del cliente.
nesso alla miglior gestione del personale, spesso rilevata con una sensibile riduzione di
questo.
Volendo estremizzare, si può pensare di limitare la struttura organizzativa dell’impresa a
soli tre livelli gerarchici:
• il team, che risponde dei risultati della gestione operativa relativamente al processo
presidiato;
• il titolare del processo (project manager), che risponde degli obiettivi generali del
processo;
• la proprietà/direzione generale.
In questo modo si limita l’importanza dei quadri intermedi e, di conseguenza, il loro
impegno in azienda. Inoltre, l’adozione dell’organizzazione per processi comporta una
maggior rapidità e flessibilità nel rispondere agli impulsi provenienti dal mercato, sem-
plificando e velocizzando i flussi informativi e focalizzando la direzione sugli obiettivi
principali dell’azienda.
Infine, si accresce la soddisfazione dei clienti attraverso la maggior motivazione del
personale, che è spinto alla condivisione degli obiettivi dei singoli processi aziendali.
A fronte di questi innegabili vantaggi vanno, tuttavia, valutati i notevoli costi di imple-
mentazione, le inevitabili inerzie organizzative, nonché i tempi necessariamente lunghi
per l’implementazione della gestione per processi.
7.6. IL BENCHMARKING
Come evidenziato nella descrizione del benchmaking strategico il limite di questo tipo
di confronti consiste nel fatto che, una volta che si è constatato qual è il posizionamento
dell’azienda rispetto al gruppo di aziende campione, nulla si può dedurre su quali siano
i processi o i segmenti di processo che portano ad un mediocre posizionamento.
Si riscontra, inoltre, la difficoltà di individuare quali possano essere le best practice, per
cui qualche azienda del campione si posiziona in modo eccellente sul mercato. Pur con
questi limiti, i confronti quantitativi possono essere comunque utili se vengono siste-
maticamente utilizzati come spunto per attivare all’interno dell’azienda rianalisi critiche
dei propri processi, eventualmente promuovendo progetti di cambiamento che inclu-
dano sub-progetti che, a loro volta, permettono realmente di ricercare idee per costruire
una best practice.
Un ulteriore elemento di utilità dei benchmarking quantitativi si ottiene quando i con-
fronti vengono ripetuti per più esercizi: si otterrà cosı̀ anche il confronto tra il trend dei
dati aziendali e il trend dei dati di «mercato».
Per ogni indicatore viene predisposto un grafico ed una tabella numerica, che eviden-
ziano in sintesi i risultati del confronto tra le prestazioni dell’azienda e le prestazioni
delle altre aziende incluse nel benchmark di riferimento.
L’utilizzo di strumenti informatici consente ora anche alle imprese più piccole di utiliz-
zare il benchmarking come strumento per identificare i punti di forza e di debolezza
della propria attività e fornire un’indicazione per il miglioramento della competitività.
Il benchmarking qualitativo, invece, si occupa direttamente dei sistemi e dei processi
usati all’interno di un’impresa. Ricerche accademiche recenti in merito alle performance
delle imprese hanno identificato una correlazione certa fra le pratiche impiegate e i
livelli di performance raggiunti.
Il benchmarking parte dal presupposto che, anche se la vostra azienda dovesse risul-
tare la «prima della classe», non c’è alcuna ragione per non intraprendere operazioni
volte al miglioramento. Spesso ci si concentra esclusivamente su dati numerici che
fanno apparire più «incisivi» i risultati di benchmarking, ma non si considera che questi
si prestano a possibili e facili manipolazioni.
Per misurare la prestazione occorre avere occhio critico, una conoscenza del rapporto
esistente tra le varie parti dell’organizzazione e il livello di prestazione che si vuole
raggiungere, nonché l’accettazione del fatto che i numeri da soli non riescono a espri-
mere l’essenza del vantaggio competitivo. Questo è un punto estremamente importante
da tenere in considerazione.
Quindi, anche se sono una parte vitale del processo di benchmarking, le misure quan-
titative non sono gli unici fattori da considerare.
Infatti, allo scopo di valutare adeguatamente la possibilità di confrontare tra loro le varie
aziende incluse nello studio di benchmarking, il gruppo di lavoro deve valutare le
caratteristiche qualitative, quali, ad esempio, la struttura gestionale ed il livello dei
servizi disponibili.
Pertanto, quando si sviluppano misure di riferimento si deve cercare di avere un metro
sufficientemente preciso, senza compromettere la capacità di penetrazione degli indici
qualitativi.
I riferimenti, perciò, dovrebbero essere di natura finanziaria e non.
Ovviamente il costo per unità prodotta, la redditività sul capitale investito e tutta una
serie di altri parametri economici, patrimoniali e finanziari possono essere sviluppati
partendo dal sistema esistente di contabilità a partita doppia.
Oppure, è possibile che occorra raccogliere su base periodica dati relativi, ad esempio,
al numero di telefonate ricevute dall’assistenza clienti o al tipo di reclami pervenuti, nel
caso questi dati non siano già rilevati sistematicamente.
Gli indicatori finanziari più utilizzati per implementare un sistema di benchmarking
competitivo si rifanno al cosiddetto modello DuPont della redditività del capitale inve-
stito (si veda Tavola 18).
Questo modello scompone la prestazione economico-finanziaria di un’organizzazione
partendo da una misura complessiva della redditività del capitale investito fino alla
misura della rotazione dei crediti, dei debiti e del capitale investito.
Ancora oggi il sistema DuPont viene usato come modello completo per il controllo
finanziario e per il calcolo degli indici di bilancio.
Gli indicatori che più vengono utilizzati per avere informazioni relative alla gestione dei
clienti possono essere riassunti come di seguito illustrato:
• introduzione sul mercato di nuovi prodotti (misurabile come percentuale di fattu-
rato realizzata dai nuovi prodotti),
• tempi di risposta (misurabile come percentuale di consegne realizzate nel lasso di
tempo preso in considerazione),
• accordi esistenti tra l’impresa ed i clienti,
• posizionamento dell’impresa rispetto ai concorrenti basato sulla percezione dei clienti
(in genere si utilizzano sondaggi di opinione per rilevare le informazioni necessarie);
• la prospettiva interna consente alla direzione di individuare i processi interni più critici
nei quali l’impresa deve eccellere. Vengono utilizzati anche in questo caso indicatori
sia di carattere economico che di tipo qualitativo quali, ad esempio, il tempo per
sviluppare prodotti di nuova generazione (time to market), il costo medio di produ-
zione ed i cicli, tempi e metodi per le valutazione inerenti il processo produttivo con
particolare attenzione agli scarti, ai tempi di settaggio, ai colli di bottiglia ecc;
• l’aspetto di innovazione individua l’infrastruttura che l’impresa dovrà costruire per
realizzare una crescita di lungo periodo. La prospettiva di innovazione si focalizza
su tre principali elementi:
- il personale,
- i sistemi informativi,
- le procedure organizzative.
Dalle considerazioni sopra esposte emerge come al centro del Balanced Scorecard vi
sia la costruzione di un sistema specifico per ciascuna azienda che consenta la tradu-
zione della vision aziendale in obiettivi ed indicatori condivisi e formulati dall’intera
organizzazione aziendale.
Infine, le fonti informative da cui attingere in azienda per costruire un efficace sistema di
Balanced Scorecard sono riassunte nella Tavola 21.