La Tragoedia Nova Di Seneca
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e medioevale
Antonio Martina
Mi piace partire
proper da un'osservazione
approach to an appréciationdiand
Eliot (1950). of
enjoyment Egli notava
Seneca che
is not by "the
comparison and contrast - to which, in his case, criticism is violently tempted
- but by isolation Such comparison... magnify the defects and obscure the
merits of the Senecan tragedy... .Seneca is wholly himself; what he attempted
he executed, he created his own genre".
Con Giusto Monaco1 bisogna insistere sul rapporto imprescindibile tra se
de dello spettacolo e lo spettacolo stesso: il luogo dello spettacolo è uno dei
codici dello spettacolo stesso, come la parola, come la danza, come la scena,
come la musica. Per quanto riguarda la tragedia senecana si può parlare pre
valentemente, se non esclusivamente, di "spettacolo della parola".2 Si tratta,
infatti, di una tragedia scritta per la recitazione, non per la rappresentazione.
Ciò non significa, naturalmente, che oggi ο allora le tragedie di Seneca non
si possano ο non si potessero rappresentare, ma che egli scriveva tenendo in
mente la pubblica recitazione ο da parte di una sola persona ο da parte di più
persone che si dividevano i ruoli. Questo pare potersi dedurre dall'esame del
corpus delle sue tragedie: altre prove non ne abbiamo. Seneca si discosta - co
m'è fin troppo ovvio - in vario modo dalla tecnica drammatica della tragedia
greca del ν secolo: per alcune scene di tragedie senecane sarebbe difficile ο
addirittura impossibile la resa scenica secondo le convenzioni della tragedia
greca classica.3 È, inoltre, estremamente dannoso, per molti motivi, anche so
lo pensare che la tecnica teatrale e il complesso sistema di convenzioni che
caratterizzavano il teatro classico greco siano rimaste invariate fino ai tempi
di Seneca. Forse Seneca non vi faceva più nemmeno caso, perchè erano fuo
ri della sua struttura mentale; ed egli non faceva opera di storico del teatro,
nè di filologo - tra l'altro osteggiava i filologi -, ma di poeta, per giunta crea
tore di una tragedia particolare, la tragoedia nova di Seneca, che appare ne
cessitata dalla natura stessa del suo autore, sebbene anche condizionata dagli
scritti teorici, peripatetici e no.
1 «Dioniso» 15,1989,1, Introduzione agli Atti del Congresso Internazionale di studi sul Dramma
antico sul tema "Spazio teatrale e messa in scena: monumenti e testi".
1 Ved. D. Lanza, Lo spettacolo della parola. Riflessioni sulla testmlità drammatica di Seneca, in
Seneca e il teatro. Atti dell'vm Congresso Internazionale di studi sul Dramma antico (Siracusa, 9
12 Settembre 1981), Siracusa 1985 = «Dioniso» 52,1984, p. 363 ss.
3 Una rappresentazione dell'Agamennone mostrerebbe difetti nell'azione in 108 SS.-125 ss., tra 225
e 226, in 780 s. e dopo 909; si avvertirebbe l'eccessiva lunghezza della rhesis di Euribate (w. 421-578).
1 Euripidei, Hippolytos, Oxford 1964, p. 44 η. 4· Egli cita Phaedr. 1256-8, dove Fedra secondo Zwier
lein, il coro secondo Barrett teste E, dice: disiectegenitor membra laceri corporis / in ordinem dispone et
errantes loco / restitue partes e 1267s. quae pars tui sit dubito, sed pars est tui: / hic hic repone, non suo, a
vacuo loco, osservando: "This is possible only on Seneca's pseudo-stage". Egli ricorda la scena di Eu
Bacch. 1216-21, dove il corpo smembrato di Penteo è portato sulla scena da Cadmo. La scena del
lamento di Agave sui miseri resti è perduta nella lacuna dopo 1329, ma è descritta da Apsines (ix 590
Walz = Rhet. gr. 1322 Spengel-Hammer) come esempio del modo in cui in caso di morte violent
uno scrittore può suscitare pietà attraverso la descrizione dei particolari (διεξιών... τά έπόντ
τραύματα, τον τρόπον της αναιρέσεως); quando dice έκαστον γάρ αύτοϋ των μελών ή μήτηρ έν
ταϊς χερσί κρατούσα καθ' εκαστον αυτών οίκτίζεται "I do not believe that his 'holding them in her
hands'... can be a legitimate inference from Eur.'s text (for which cf. also Chr.Pat. 1466 ff.)".
3) le imprecazioni;
4) le preghiere.
Soprattutto bisognerà studiare il linguaggio dei person
di Seneca alla luce della retorica di questo periodo.1 Nella t
nulla è detto che non sia filtrato attraverso gli σχήματα λέ
linguaggio: di queste l'antitesi è forse quella che più colp
role, di concetti, di situazioni, ecc.; tra luce e tenebre, bene
te, ecc. Perchè la vita stessa di Seneca è antitesi tra bene e m
costanza e incostanza, ecc.
Nessun passo in nessuna tragedia di Seneca sembra suggerito ο condizio
nato da una struttura teatrale;2 nè per l'intelligenza delle sue tragedie si av
verte la necessità della conoscenza di una struttura teatrale. Così anche l'edi
ficio teatrale romano delineato nei suoi lineamenti essenziaU si avverte come
un corpo estraneo alla tragedia di Seneca, per più motivi, ai quali qui sarà suf
ficiente soltanto accennare:
1) nella tragedia di Seneca non si trovano descrizioni del luogo della scena,3
nè se ne avverte la necessità;
2) il ridotto spazio dell'orchestra rendeva impossibili le evoluzioni di un co
ro come quello della tragedia greca. I cori delle tragedie senecane sembrano
avere una vita autonoma, in tutto indipendente dallo spazio del piano orche
strale del teatro romano dei suoi tempi;
3) gran parte del sistema di convenzioni postulate da una determinata strut
tura teatrale è assente nelle tragedie di Seneca.4
1 I critici moderni della tragedia di Seneca riflettono un orientamento che scaturisce dal famo
so giudizio di Leo (Observationes, p. 158): "istae vero non sunt tragoediae, sed declamationes in ac
tus deductae". Su questa linea Friedrich (Untersuchungen çu Senecas dramatischer Technik, 1933) e
Zwierlein (Die Reçitationsdramen Senecas, 1966; anche GGA 22.2,1970, p. 196 ss ), che hanno messo
in evidenza la mancanza di interesse da parte di Seneca per quanto riguarda la struttura organica
e la subordinazione dell'unità complessiva all'interesse della scena individuale. Gli studiosi parla
no solitamente di unità con riferimento alla ricorrenza di temi e tengono in minore considerazio
ne la mancanza di una salda connessione tra gli episodi: basti ricordare qui G. Miiller, E. Lefèvre,
W. Steidle, B. Seidensticker; vedono nelle immagini l'elemento caratterizzante N. T. Pratt, «TA
PhiA» 93,1963, p. 199 ss.; D. J. Mastronarde, «TAPhA» 101,1971, p. 291 ss. Naturalmente tutti san
no che ci sono tragedie in cui il protagonista 'domina la scena": si pensi alla Medea e, sebbene in
misura minore, all'Edipo, alla Fedra, al Tieste.
2 Gli scrittori latini di teatro del periodo repubblicano tenevano presenti le strutture teatrali la
tine ο greche del loro tempo, mentre per i contenuti delle loro tragedie potevano considerare
l'uno ο l'altro degli autori del ν ο del iv secolo, ο anche più tardi.
3 Tranne scarni riferimenti nel prologo.
4 E bene tenere presente che le maschere non furono impiegate nel teatro latino prima della
fine del 11 secolo: dunque, vi potevano essere tanti attori quanti i personaggi. Gli eruditi romani
del 1 secolo notavano che portare la maschera da parte degli istriones nelle rappresentazioni di tra
gedie e commedie era una innovazione recente: ved. Cic. De orat. 3, 221; Fest. s.v. personata, p. 238,
12 ss., Donat. De com. 6,3; Diomed. Gramm. 1 489,11 ss.; inoltre, C.Saunders, «AJPh» 32,1911, 58 ss.
Il dato tradizionale viene messo in discussione da A. S. F. Gow, «JRS» 2,1912, 65 ss., e Beare, «CQ»
33,1939, 139 ss. (cfr. Roman Stage,3 pp. 192 ss., 303 ss.). Si ritiene che l'osservazione di Donato (Ad.
praef. 1, 6; Eun. praef. 1, 6) che gli attori delle commedie di Terenzio portassero la maschera fosse
probabilmente basata sulle illustrazioni del testo correnti ai tempi suoi: ved. Leo, «RhM» 38,1883,
p. 342s.
1 A seconda dei periodi le differenze tra la struttura della scena romana e quella della scena ate
niese contemporanea avranno inevitabilmente inciso sulla struttura degb adattamenti latini.
2 In linea di massima si può dire che la frons scaenae, che aveva subito numerose modificazioni
già nei teatri mobili hgnei, fino ad assumere già carattere di sontuosità, negli edifici teatrah stabi
li appare architettonicamente molto complessa, ancora di più rispetto alla facciata della σκηνή
greca, spesso ricca di materiali preziosi: sostituisce i fondali scenici dipinti in uso nel teatro greco
classico ed ellenistico.
E così conclude (1451a 30 ss.): χρή ουν, καθάπερ καί έν ταϊς άλλ
έστιν, ούτω και τον μϋθον, έπεί πράξεως μίμησίς έστι, μιας τε
συνεστάναι των πραγμάτων ούτως, ώστε μετατιθεμέν
διαφέρεσθαι καί κινεϊσθαι το δλον. δ γάρ προσόν ή μη προσό
ον τοϋ όλου εστίν, "Ora, come avviene nelle altre arti mimet
mimesi, così bisogna che anche il racconto, poiché è mimesi d
completa; e le successive parti della vicenda debbono tra lor
ne una ο cambiandola di posto, il tutto si sciupi e si sconnetta
do c'è ο non c'è, non è neppure un elemento del tutto". Qui n
complesso problema: basti solo pensare alla rilevanza che in Ar
Si possono vedere i moltissimi passi della Poetica, per es., s.w.
comunque, più che evidente il diverso taglio di struttura, sot
Seneca.
1 O. Zwierlein, Reçitationsdramen Senecas, Diss. Berlin 1966, p. 67 n. 10, fornisce una spiega
zione diversa.
2 Seneca, Agamemnon, edited with a Commentary by R.J.T., Cambridge 1976, p. 193.
3 Ved. Leo, Monolog im Drama, 1908, p. 89 ('Monolog in der Luft gesprochen'). Cfr. Agam. 226
ss., 918 ss., H. F. 332 ss.
1 Cfr. Seneca, Medea, ed. with Introduction and Commentary by C. D. N. Costa, p. 86 (ad w.
150 ss.).
2 Med., Phaedr. 85 ss., H.O. 233 ss., ecc. 3 Thyest. 176 ss.
4 Per es., antitesi di termini: v.419 extimuit ferox (pur essendo feroce Giasone ha avuto paura);
nel contenuto dell'espressione: v.421 liberà unies dies datus est duobus ("che cosa si può fare di me
no che dare un solo giorno per due figli", con allusione ai due figli di Bibulo, il quale ne pianse la
morte in un solo giorno.
1 Si ricordi la terribile apostrofe di Medea a Giasone in Eur. Med. 465 ss.: ώ παγκάκιστε κτλ.
2 Della materia mitica riecheggiata nella Medea di Seneca solo una parte è in Euripide e, co
munque, presentata in modo che non ha nulla in comune con Seneca.
3 I tragici latini arcaici non scrivono, di regola, una tragedia indipendentemente da un modello
greco.
4 Nella vasta opera in prosa le citazioni dalla tragedia greca sono poche e riguardano di solito
espressioni sentenziose. In ci 2,2 è citato il ir. adesp. 513, 1 N.2; in epist. 31, 11 Eur. fr. 1018 N.2; in
Epist. 49,12 Eur. Phoen. 469; in Epist. 115,14 il fr. adesp. 181,1, 461 N.2, Eur. 324 N.2; in apocol. 4,2 Eur.
fr. 449 N.2; in nat. quaest. 4,2,16 forse si tratta di citazione da tradizione indiretta. Quanto alla cita
zione in epist. 115,14 ricordiamo che del greco abbiamo solo il primo verso.
5 Per i confronti si può vedere il commento di Costa alla Medea (Oxford 1973); di Tarrant
all'Agamennone (Cambridge 1976) e al Tieste ('American Philological Association" 1985); della
Fantham alle Troiane (Princeton 1982), di Fitch all'Ercole Furioso e le introduzioni di F. Caviglia al
Furore di Ercole (Roma 1979) e alle Troiane (ibidem 1981).
6 Sono pochi anche i passi delle opere in prosa di Seneca che consentono riscontri con versi di
tragici greci.
7 La produzione tragica greca classica e post-classica non fu nota in Roma molto tempo prima
della nascita della tragedia latina arcaica: il più antico adattamento di una tragedia greca si fa risa
lire ai ludi scaenici del 240 a.Cr. e si deve a Livio Andronico.
1 Tac. dial. 2 ss. Oltre al Tieste di Vario rappresentato ai ludi celebrativi delle vittorie di Azio
(Cad. Paris. 7530; Cod. Cositi. 1066), sappiamo da Plin. epist. 7,17,11 e Tac. ann. 11,13 che le tragedie di
Pomponio furono rappresentate in teatro. Ved. anche sopra, p. 310 e n. 4.
2 Ved. von Albrecht, Storia della Letteratura latina, trad. it. p. 788.
3 Considero fondamentale quanto ha scritto Biondi: II mito argonautico nella Medea. Lo stile filo
sofico del drammatico Seneca, «Dioniso» 52,1981 (1985), pp. 421-45; Idem, H nefias argonautico, mythos e
logos nelle Medea di Seneca, Bologna 1984.
4 Rimando ancora ai contributi di Biondi citati sopra.
1 I due frammenti (Herc. Voi.2 iv, 195 e vii, 87) sono stati accostati in
Jensen, Philodemos iiberdie Gedichtefiinfies Buch, Berlin 1923, p. ν s.n. 2.
1 Così in clem. 2,2,2 ir. adesp 513 N.2; in epist. 31,11 Eur. fr. 1018 N.2; in Epist. 49,12 Eur. Pho
in Epist. 115,14 fr. adesp. 181; 461 N.2; Eur. 324 N.2; in apocol 4,2 fr. 449 N.2.
2 Non è possibile affrontare qui il problema delle fonti del De ira. Ci limitiamo a dire
condo P. Robbow, Antike Schriften iiber Seelenheilung und Seelenleitung auf ihre Quellen unt
Leipzig 1914, il 11 libro del De ira confermerebbe la connessione Seneca-Posidonio. In ques
si trovano le stesse prescrizioni che si trovano in Platone, leg. 2, 666 e resp. 3, 403 concern
no e il cibo, ο in leg. 7,793e concernenti i giochi, ο in leg. 7,79id concernenti la libertà, rias
Posidonio. Per il ih libro si può pensare a Sozione, il maestro più vicino a Seneca. Orben
frammenti del περί όργης di Sozione, conservati da Stobeo (in 20, 54a), tre presentano in
bili concordanze col testo di Seneca e, inoltre, si presentano nel medesimo ordine. Secondo Sto
beo, Sozione avrebbe contrapposto nel suo libro n Democrito ed Eraclito: Seneca fa la stessa co
sa in il io, 5. Allo stesso paragone (la tempesta) ricorrono Seneca (2,10,8) e Sozione, a proposito
dell'uomo capace di resistere all'ira; infine Seneca (2,17,1), come Sozione, ravvisa la necessità di si
mulare talvolta l'ira.
1 Così anche in Quintiliano, in cui le citazioni da Euripide vengono tramite Cicerone. Plinio il
Giovane non cita i poeti tragici.
2 Scrissero tragedie intitolate Medea Euripide 11 (17 Τ ι Snell), Melanzio (23 F? Snell; Τ 4a, ibid.);
Morsimo (29 F1 Snell); Diceogene (52 F ìa Snell); Carcino (70 F te Snell); Teodoride (78 A Τ1 Snell);
Diceogene (88 F ìe Snell); Bioto (205 F 1 Snell); sono da ricordare, inoltre, Ad. 6a Snell (11 p. 13s.,
importante per la testimonianza di una pittura vascolare), e 701 (11 p. 291 Snell). Sono sicuramen
te frammenti di un testo teatrale, forse di una tragedia, che trattava il mito di Medea, i versi mol
to malridotti che si leggono in P.Lit.Lond. 77, che Snell non considera appartenente a una tragedia
e che Austin include tra i dubia (CGFPR 350). Commedie mitologiche che trattavano il mito di Me
dea scrissero Antifane (11 p. 73 Kock); Cantaro (1 p. 764 Rock); Eubulo (11 p. 186 Rock); Strattide (1
p. 720 Rock); una Medea scrisse forse Erillo; Difilo scrisse le Peliadi: una tragedia dallo stesso titolo
aveva scritto Euripide. Il mito di Medea era molto noto anche in Roma: Ennio scrisse una ο due
tragedie su questo argomento, una Medea scrisse Accio e una Ovidio, la sola tragedia che gli ven
ga attribuita. Ovidio tratta il mito di Medea anche nella xii delle Heroides e in Met. 7,1-424. Di Me
dea si occuparono anche Lucano e Materno. Da Prop. 2,24,45s. iam tibi Iasonia nota est Medea cari
na, / et modo servato sola relieto viro, si deduce che il mito era molto noto tra i romani; Giovenale (7,
169) si riferisce al malns ingratusque maritus come a un argomento di declamazioni scolastiche.
Tarrant ad loc. (p.230 ss.). Nella Medea dopo i due versi, 380-1, dato che
nutrice continua descrivendo lo stato di furiosa agitazione di Medea (w.
arte declamatoria e insieme di resoconto della patologia del personagg
flette le competenze dell'autore del De ira (11, 4 e Epist. 18,14-15). È qu
confermano il carattere di tragedia scritta per la recitazione.
1 "Auflosung des Dramenkôrpus" nella definizione di O. Regenbogen,
Warburg, vii, 1927-28, p. 187 ss.; cfr. anche W.-H. Friedrich, Untersuchung
Technik, 1933; Zwierlein, cit., p. 85 ss.
2 Taplin, The Stagecraft of Aeschylus, Oxford 1977, p. 471, ha osservato c
è usato nel senso molto ampio, per includere tutte le scene ο la scena d
(μέρος όλον). La definizione di Poetica 12 non rende giustizia della retor
mente non riflette nemmeno l'uso della tragedia del ν secolo. Anche il s
problematico: cfr. Taplin, cit., p. 472; A.H.Gilbert, The Word ΕΠΕ1ΣΟΔ
«AJPh» 70,1949, pp. 56-64; Nickan, Epeisodion undEpisode, «Mus.Helv.» 2
se, Aristotle's Poetics. A Course in Eight Lectures, London 1967, p. 55. Su
scordi. Ved. R. T. Weissinger, A Study of Act Division in Classical Dr
Studies ix), p. 16; Flickinger, «Class.Philol.» 7,1912, p. 33 ss.; W. Beare, I
di M. De Nonno, Bari 1986, p. 233; Handley, Ménandre (??), «Entretiens Har
1 Sul prologo nella tragedia di Seneca si veda F. Frenzel, Die Prologe der Seneca-tragôdien, Leipzig
1914; Ν. T. Pratt, Dramatic Suspense in Seneca and in Grecie Precursors, Diss. Princeton 1939; Fr. Leo,
DerMonolog im Drama, Berlin 1908, pp. 91,118; G. Runchina, Tecnica drammatica e retorica nelle tra
gedie di Seneca, Cagliari i960, pp. 19-70; Κ. Anliker, Prologe undAkten- teilungin Senecas Tragodien,
Bern-Stuttgart i960. Per i prologhi delle singole tragedie si vedano i commenti, citati sopra, di F.
Caviglia alle Troades e all'Hercules Furens, di Costa alla Medea, di Tarrant all'Agamemnon e al Thye
stes, di Fitch all'Hercules Furens, della Fantham alle Troades; inoltre, W Schetter, Sulla struttura del
la tragedia di Seneca, «Riv. di Fil.» 93,1965, p. 396 ss.; H. Fyfe, An Analysis of Seneca's Medea, «Ramus»
12,1983, p. 77 ss.
2 Ved. Ν. T. Pratt, Major Systems of Figurative Language in Senecan Melodrama, «TAPhA» 94,
1963, p. 234; H. Fyfe, cit., pp. 78-82; Κ. Anliker, cit., p. 36 ss.
3 Alcune differenze sono indicate in A. Martina, H prologo delle Trachinie, «Dioniso» 51, 1980,
pp. 49-79. 4 L'ultimo atto dello Medea di Seneca, «Maia» 6,1953, p. 43 ss.
5 Fondamentali Fr. Leo, DerMonolog im Drama, cit., e W. Schadewaldt, Monolog und Selbst
gesprdch, Dublin 1966.
' È segnalato una volta in H. F. 827 ss., quindi non alla sua prima entrata.
2 Per J. D. Bishop, The Coral Odes of Seneca's Medea, «Class. Journ.» 6o, 1965, pp. 313-316 esiste
un'interazione tra "odic line" e "dramatic line".
3 Cfr. O. Zwierlein, Die Re^itationsdramen Senecas, cit., p. 74 e Fr. Leo, Die Composition der
Chorlieder Senecas, «Rh. Mus.» 52, 1897, p. 511: "Die Chôre sind in der Regel nicht charakterisiert,
meist nicht einmal als mannlich oder weiblich". Eccezioni sono Troad. 63 e Agam. 566.
4 Tale funzione emerge soprattutto se si considera l'intonazione gnomica dei canti del coro, su
cui ved. F. Giancotti, Poesia e filosofia in Seneca tragico. La "Fedra", Torino 1986, pp. 16-18. Per J. Din
gel, Senecas Tragodien: Vorbilder und poetische Aspekte, «ANRW» 1132, 2, p. 1091, si tratta di dramatis
personae le cui asserzioni hanno soprattutto carattere soggettivo. Ma egli poi asserisce (ibidem):
"man muss deshalb die methodische Forderung aufstellen, dass Senecas Chorlieder stets nach
dem Context, nie dieser nach ihnen, zu interpretieren sind", un giudizio limitativo della funzione
del coro senecano, come si può vedere dalle osservazioni di G. Mazzoli, Funzioni e strategie dei co
ri in Seneca tragico, "Atti del I Seminario di Studi sulla tragedia Romana", Palermo, 26-28 ottobre
1987, a cura di G. Aricò = «Quaderni di Cultura e di Tradizione Classica» 4-5,1986-7, pp. 99-108 (+
109-12, discussione).
5 Sul coro delle Troades osserva F. Caviglia, L. Anneo Seneca, Le Troiane, Introduzione, traduzio
ne e note a cura di F. C., Roma 1981, p. 46 s.: "La stretta connessione del coro con la vicenda non va
dunque intesa in senso esteriore. Non contraddittorio, non estraneo rispetto agli eventi, questo
coro nemmeno si affianca ad essi per confutarli ο discuterli nel loro episodico verificarsi. È un can
to, il suo, che 'va oltre', interpreta, coglie la verità ultima dei fatti che si stanno svolgendo".
6 Ved. soprattutto le osservazioni di Mazzoli, cit., p. 106s.
7 Osserva Tarrant, Senecan Drama and its Antécédents, «Harv. St. Class. Philol.» 82,1978, p. 214: "I
shall argue that fifth-century Attic tragedy was in many cases a remote and not a proximate source
for Seneca; [... ] conception of tragic form and style, as well as much of the content of his plays, come
to him ffomLatinwritersofthe Augustan period",eG.RuNCHiNA, Tecnica drammatica e retorica nelle
tragedie di Seneca, cit, p. 57 s. "... i soggetti dei cori senecani differiscono da quelli dei corrispondenti
modelli greci: di conseguenza le fonti non possono più essere i tragici greci; quando se ne riscontra
l'utilizzazione gli spunti hanno un chiaro sviluppo e un'impronta manifestamente latina".
gimento dell'azione ed assumono il carattere d'intermezzi corali che, inseriti nel dramma, lo
dividono in cinque atti». Nelle Phoetiissae, tragedia incompiuta, manca il coro: l'azione - ο meglio
l'intreccio dell'azione - è pensata indipendentemente da esso.
1 Seneca's Herculesfurens, Gôttingen 1978, p. 41.
2 II iv della Medea; così Agam. 710-19 e 775-81.
3 II in della Medea; così anche il 11 dell'H. R, il in delle Troades, il 1 della Phaedra, il 11 dell'Aga
memnon. 4 II 1 della Medea; così anche il iv dell'Agamemnon e il 11 dell'Oedipus.
5 Art. cit., p. 100.
6 A. R. L. Dewey, The Chorus in Senecan Tragedy exclusive Hercules Oetaeus and Octavia, Diss.
Columbia Univ., Ann Arbor 1969.
7 A. L. Motto ej. R.Clark, Senecan Tragedy, Amsterdam 1988, p. 44.
8 Ved. anche Rosanna Marino, Osservazioni sul Coro in Seneca tragico: il Thyestes, 'Atti del iv
Seminario di Studi sulla tragedia Romana", Palermo 23-26 marzo 1992, a cura di G. Aricò, «Qua
derni di Cultura e di Tradizione Classica» 10,1992, pp. 217-233.
1 Si tengano ora presenti i pregevoli contributi di F. Giancotti, Studio sulle tragedie di Seneca,
Roma 1953, e G. Biondi, il nefas argonautico, Mythos e Logos nella Medea di Seneca, cit.
1 La tradizione tragica latina, com'è noto, orienta, da Ennio in poi, i modelli grec
la forma di scrittura che i filologi tedeschi hanno definito "Pathetisierung".
2 Giasone ha interrotto il matrimonio con Medea per amore dei figli, come si desum
monologo. 3 Cfr. w. 595-8.
4 Ci guida ancora una volta il contributo di Biond
Medea di Seneca, cit.
zione dei costumi del suo tempo e quella ancor più grave d
prende ancora meglio il significato della tragedia senecana.
tragedia attingono agli abissi del male, spirando dall'animo
osando l'inosabile, commettendo ogni empietà. È un agir
di là dei margini estremi della vita, quasi in contatto imm
nità della morte e segna la concretizzazione di una prof
tuitiva del poeta degli abissi dell'animo umano. L'esistenza
Seneca pare che non abbia più radici nel reale, tale è la grav
personaggi appaiono veramente creature del male. E tuttav
zioni, ma illuminate descrizioni di chi, avendo profondame
numeri antinomie che governano il mondo, si è piegato, p
a descrivere ciò che gli si rivela come orribile. Una fuga da
percorso nel male stesso e l'illusione di aver raggiunto ο in
oltre la quale la tensione verso il male cessa. Attraverso il
ze interiori si realizza lo scioglimento di un enigma: la
me artefice di male. Per questa via l'identità del personagg
vela a se stessa. Ma nel momento stesso in cui si rivela e si
alla definitiva condanna.
La tragedia di Seneca manca in fondo di un'azione ben definita: una sua no
ta fondamentale è nell'effusione dei sentimenti del protagonista espressi at
traverso un incomparabile uso delle risorse della retorica. Il linguaggio di
viene turgido e sovraccarico. Nella compagine del periodo si innestano la
magniloquenza e la fantasia intemperante, la veemente commozione dello
stile, la fastosa e potente ostentazione della parola, che celebra se stessa, la
magnificenza teatrale dei colores del linguaggio senecano, la ricchezza im
pressionante degli σχήματα λέξεως, che talvolta germogliano da se stessi, il
tumulto abbagliante di immagini antitetiche.
In Seneca si compendia ed esalta tutto il complesso sistema degli artifizi
della retorica come instrumentum della forza espressiva della parola. Rifiutan
do la compatta architettura classica, Seneca dà vita a uno stile eminente
mente paratattico, che frantuma l'impianto del pensiero in un susseguirsi di
frasi aguzze e sentenziose. Attraverso l'efficacia espressiva assolve a una fun
zione pedagogica, contribuendo a fissare nella memoria e nell'animo una
norma morale.