Guida Mostra Caravaggio
Guida Mostra Caravaggio
Guida Mostra Caravaggio
Caravaggio
a cura di Valerio
Varriale
Il Ragazzo con canestro di frutta, databile al periodo1593-4 ed conservato presso la Galleria Borghese. Si tratta di una delle prime opere romane, realizzata quasi sicuramente dopo il cosiddetto Bacchino malato anchesso presso la Borghese. Ambedue i dipinti, infatti, facevano originariamente parte della collezione di Giuseppe Cesari detto il Cavalier DArpino, uno dei protagonisti della pittura romana dellepoca presso il quale il giovane pittore lombardo aveva lavorato per qualche mese producendo soprattutto nature morte per i collezionisti. Nel 1607, con il pretesto di un porto darmi abusivo, i dipinti vennero sequestrati al pittore romano per ordine di papa Paolo v Borghese, e subito incamerati nella collezione del nipote, lappassionato collezionista darte cardinale Scipione Borghese. L'immagine quella di un giovane venditore, un fruttaiolo dai riccioli scuri e dallo sguardo languido, che si protende dal fondo di una parete scura e ci offre il suo canestro di frutta. Proprio quest'ultimo pu essere considerato il vero centro della rappresentazione: la resa del rustico cesto di vimini, la brillantezza e la verit dei frutti fanno riferimento alla tradizione fiamminga, ma anche a quella leonardesca e lombarda, per la minuziosa attenzione ai particolari della realt. In mezzo a questa esplosione di vitalit, rappresentata dai frutti e dalla bellezza del giovane venditore, lappassire di alcune delle foglie sembra ricondurre anche questa rappresentazione al tema cristiano della vanitas: la caducit, la temporaneit della vita e di tutte le cose secondo la lettura che qualche decennio fa ne diede il critico Maurizio Calvesi ma anche secondo la valutazione di un contemporaneo del Caravaggio, il cardinale Ottavio Parravicino, il quale ritrovava nelle opere del lombardo un significato in quel mezzo tra il devoto e il profano. Il modello forse Mario Minniti, il giovane pittore siciliano conosciuto dal Caravaggio allinizio delle sue vicende romane. A dispetto della tradizione che voleva il Caravaggio abituato a creare le sue figure direttamente sulla tela, in questo caso, secondo gli studi pi recenti, abbiamo tracce consistenti di disegno sotto la pittura. Nel venditore di frutta alcuni hanno voluto vedere una rappresentazione della figura dello Sposo del biblico Cantico dei Cantici, altri quella dellantico Vertumno, arcaica divinit romana collegata al ciclo della vegetazione.
A sinistra, Ritratto del cardinale Scipione Borghese di Gian Lorenzo Bernini A destra, Ritratto di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier dArpino, di Ottavio Leoni
La venditrice di frutta (1580), conservata presso la Pinacoteca di Brera a Milano, opera del cremonese Vincenzo Campi, ben rappresenta lattenzione dei pittori lombardi verso i dati della realta
Venditrice di pollame, frutta e verdure (1564) opera del pittore fiammingo Joachim Beuckelaer
Canestra di frutta
Lo sviluppo successivo della ricerca del pittore nellambito dlla natura morta costituito dalla famosissima Canestra di frutta, detta anche La Fiscella (1595-96 ca). Lopera regalata dal cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte al cardinale Federico Borromeo, che il Manzoni avrebbe fatto protagonista dei suoi Promessi Sposi, venne ceduta nel 1607 allAccademia Ambrosiana ed tuttora conservata nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Si tratta della prima vera natura morta della pittura italiana, una semplice cesta di vimini ricolma di frutta appoggiata su un tavolo e non collegata ad alcuna figura come invece accadeva ancora per lopera della Galleria Borghese. da sottolineare leccezionalit della cosa nellambiente culturale italiano che, a differenza di quello fiammingo, presupponeva la superiorit a priori della pittura di figura, in specie della cosiddetta pittura di storia (delle opere, cio, dedicate alle storie di santi e monarchi) rispetto alle nature morte. Nella Lettera sulla pittura a Teodoro Amideni scritta nel periodo 1620-30 al fiammingo Dirk van Ameyden, il marchese Vincenzo Giustiniani riport che il Caravaggio ebbe a dire che tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di fiori come di figure. Il cardinale Borromeo, grande intenditore di libri e darte, apprezz grandemente questopera e scrisse che Questa canestra la fece in Roma Michelangelo da Caravaggio e avrei voluto accompagnarla con unaltra simile, ma poich nessuna raggiungeva la bellezza di questa e la sua incomparabile eccellenza, rimase sola. Sullo sfondo di una parete chiara ed astratta il pittore ci presenta unimmagine di raro equilibrio e si diffonde nellanalisi di ogni dettaglio degli elementi che costituiscono questa rappresentazione. Leffetto di profondit dell'immagine accentuato dal lieve sporgere del canestro al di fuori del tavolo. Si tratta del punto pi alto raggiunto dal Caravaggio durante la sua prima fase romana: il congiungimento della tradizione lombarda, leonardesca e fiamminga del dipingere dal vivo e dello studio della realt, con lo studio della classicit, sia di quella ricreata da discepoli di Raffaello come Giovanni da Udine nelle decorazioni naturalistiche della loggia di Psiche alla Farnesina, sia di quella antica esemplata dai resti degli antichi mosaici romani, i cosiddetti emblemata, che ricreavano vivaci nature morte e animali per decorare i pavimenti delle ricche dimore patrizie. Ancora una volta, la mela perforata dal baco che campeggia al centro
A sinistra, mosaico romano, a destra, festoni vegetali dipinti da Giovanni da Udine nella decorazione della Loggia di Psiche
della composizione, le foglie e gli acini duva che pendono vizzi, sembrano alludere al trascorrere del tempo e al contrasto tra pienezza di vita e disfacimento di tutte le cose.
In alto a destra, Natura morta del Maestro di Hartford, autore dietro il quale, secondo Federico Zeri, sarebbe da riconoscere lattivit giovanile del Caravaggio presso il Cavalier dArpino A sinistra, Jan Brueghel, Cesto di fiori e vaso di fiori National Gallery of Art Washington Dc In basso a destra, una tipica composizione floreale secentesca di Mario Nuzzi, detto Mario dei Fiori,
I musici
Il famoso I musici, appartiene al Metropolitan Museum of Art di New York. Si tratta forse della prima opera realizzata dal Merisi per il cardinale Del Monte, quando, intorno al 1595, era ospite a Palazzo Madama del coltissimo prelato appassionato darte e di musica. Il dipinto, ricco di fascino e di mistero, venne citato nel 1642 nella biografia redatta dal Baglione il quale fece riferimento a modelli ritratti dal vivo e lo defin Musica di alcuni giovani. Un gruppo di ragazzi, abbigliati allantica, viene colto nel momento che precede linizio di un concerto: a destra uno di essi, di spalle, ha appoggiato il suo violino e sta studiando uno spartito, al centro un secondo ragazzo, dallaria trasognata, sta accordando il suo liuto, mentre dietro di essi se ne intravede un terzo che guarda verso di noi reggendo un corno e nel quale si voluto vedere un autoritratto del pittore. I tre sono affiancati, sulla sinistra, da un Eros alato e munito di faretra, intento a staccare dei grappoli duva bianca e nera. La composizione appare ispirata alle immagini dei bassorilievi antichi e la stessa figura dellEros pare rifarsi agli amorini vendemmiatori dei sarcofagi della tarda antichit ( come nel caso del sarcofago di Giunio Basso e in quello di Costantina). Del resto la congiunta presenza simbolica di musica e vino nei dipinti venne codificata dallerudito Cesare Ripa nella sua Iconologia (1593) perch : il vino si pone, perch la Musica fu ritrovata per tener gli Uomini allegri, come fa il vino, e ancora perch molto aiuto d alla melodia della voce il vino bianco, e delicato; per dissero gli antichi scrittori vadino in compagnia di Bacco. Cos pure per quanto riguarda la presenza del Cupido il Vasari, descrivendo nelle sue Vite un dipinto nel quale tre belle donne con strumenti simboleggiavano la musica, aggiunse accanto alle donne un Cupido senzale, che suona un gravicembalo, dimostrando che dalla musica nasce amore, ovvero che amore sempre in compagnia della musica, e perch mai non se ne parte, lo fece senzale Il cattivo stato di conservazione dellopera impedisce di decifrare, caso unico nel repertorio caravaggesco, il contenuto degli spartiti che probabilmente riaffermavano la connessione musica- amore che costituisce il motivo centrale di questo dipinto.
Suonatore di liuto
Il Suonatore di liuto, (1595 ca) esposto nel Museo dellErmitage di San Pietroburgo. Vi rappresentato, a mezza figura, un giovane androgino, dagli occhi dolci e le labbra leggermente dischiuse a intonare un canto. Il ragazzo indossa una tunica bianca e sta suonando un liuto. Dinanzi a lui, sul tavolo, una caraffa di vetro con fiori nella quale si riflette la luce di una finestra, un violino in perfetta prospettiva e alcuni spartiti musicali. Tra questi si nota, in particolare, quello di un madrigale del 1539 del compositore parigino Jacob Arcadelt dal titolo Voi sapete chio vamo. Nel 1642 il Baglione scrisse che il Caravaggio dipinse per il Cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte un giovane che suonava il Lauto, che vivo , e vero il tutto parea con una caraffa di fiori piena dacqua (...) E questo fu il pi bel pezzo che facesse mai. La studiosa Franca Trincheri Camiz, alla quale si deve lindividuazione dei brani musicali relativi agli spartiti raffigurati nelle opere caravaggesche, ha proposto di identificare il giovane, che nei secoli successivi venne lungamente scambiato per una donna, con il castrato Pedro Montoya allepoca cantore della Cappella Sistina. Lesaltazione della bellezza efebica associata allarmonia del canto e della musica facevano parte della cultura raffinata dei committenti dellartista. Palazzo Madama, al tempo abitazione del cardinale Del Monte, fiduciario del Granducato di Toscana, alchimista, giocatore, esponente del partito filo-francese, era un luogo riservato a elitari cenacoli culturali con una apposita camera della musica. Lalto prelato, che conosceva e proteggeva alcuni dei pi importanti musicisti dellepoca, si vantava di essere egli stesso esperto di chitarriglia et canto alla spagnuola. Agli intrattenimenti musicali partecipava anche il nobilissimo dirimpettaio, il marchese Vincenzo Giustiniani banchiere, discendente dalla dinastia genovese dei signori dellisola di Chios, il quale, a dispetto delle informazioni del Baglione, fu forse il vero committente di questopera intesa come rappresentazione del concetto di Armonia condiviso dai partecipanti al cenacolo. Tale concetto era stato codificato dallerudito perugino Cesare Ripa nella sua Iconologia, apparsa una prima volta nel 1593 priva di illustrazioni e successivamente, a partire dal 1603, corredata con immagini. Anni dopo, nel 1628, a conferma della sua profonda passione per larte musicale, il Giustiniani avrebbe scritto un Discorso sopra la musica de suoi tempi che viene considerato come uno dei primi testi di storia della musica. Il tema del concerto, di schietta ascendenza veneta, rappresentazione del desiderio di bellezza e di armonia come accordo tra le parti, venne trattato da Tiziano nel Concerto di Palazzo Pitti e nel Concerto campestre del Louvre, questultimo attribuito a Tiziano come a Giorgione.
Nel Suonatore di liuto, presso la Galleria Sabauda a Torino, opera di Antiveduto Gramatica, amico di Caravaggio e protetto del cardinale Del Monte, visibile sul tavolo una chitarriglia spagnola
In alto a sinistra, la raffigurazione dellArmonia codificata da Cesare Ripa nella sua Iconologia A destra, il cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte ritratto da Ottavio Leoni In basso a sinistra, il Concerto (1510-12) variamente attribuito a Giorgione o a Tiziano
In alto a sinistra, anche nella Resurrezione di Piero della Francesca, il paesaggio ripartito secondo un significato di morte e rinascita In alto a destra, la misteriosa raffigurazione della Tempesta dipinta da Giorgione In basso a sinistra, la Maddalena penitente presso la Galleria Doria Pamphilj In basso a destra, il Riposo durante la fuga in Egitto di Federico Barocci (1570/73), conservato presso la Pinacoteca Vaticana, un esempio di quella poetica degli affetti tesa a far breccia nel cuore dei fedeli
I bari
La tela del Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas raffigurante I bari databile al 1595. Si tratta di una delle opere del Caravaggio pi apprezzate e imitate dai suoi seguaci nel corso del XVII secolo e che nel 1672 fu accuratamente descritto dal biografo Giovan Pietro Bellori. Realizzata probabilmente per il cardinal del Monte, pass poi ai Barberini e ai Colonna di Sciarra. Nel 1899, a causa della sua gravissima situazione economica, Maffeo Barberini-Colonna di Sciarra, principe di Carbognano, incluse lopera nel gruppo di beni che mise in vendita. Della tela si persero le tracce e quasi un secolo dopo tocc al grande esperto inglese sir Denis Mahon di ritrovare in Svizzera lopera del Merisi che nel 1987 venne acquistata dal museo texano. Attorno ad un tavolo vediamo tre personaggi: a sinistra, un bel giovane pallido ed elegantemente vestito di scuro si concentra sulle carte che tiene nella mano, sul lato opposto, un altro giovane, dagli abiti chiassosi illuminati dalla luce che taglia trasversalmente la scena, sta protendendosi nervosamente con il braccio sinistro sul tavolo mentre con la mano destra, nascosta dietro la schiena, sta estraendo una carta falsa dalla cintura. Alle spalle del primo giovane, un terzo personaggio sbircia le sue carte e le indica silenziosamente al compare con un cenno della mano. I due lestofanti hanno abiti colorati e pretenziosi che da alcuni particolari, vedi la consunzione delle maniche, la sommariet della confezione, o i polpastrelli che fuoriescono dai guanti bucati del baro che suggerisce il punteggio, lasciano intuire le miserie delle loro vite. Il giovane alla moda, concentrato sulle sue carte, non ha saputo leggere tutto questo prima di accettare il gioco, non si accorge del raggiro che sta subendo ora e neppure della minaccia potenziale costituita dallaguzzo pugnaletto che pende al fianco del suo avversario. Sul lato sinistro del tavolo, a sporgere verso lo spettatore, unaltro brano di natura morta: una tavola da tric-trac o tavola reale, lattuale backgammon, con sopra tre piccoli dadi e il bussolotto per lanciarli. Si tratta di una ripresa del tema morale dellingenuo raggirato dai manigoldi come nel caso della Buona ventura, in cui un giovane sprovveduto, sedotto dallo sguardo amiccante di una zingarella, si fa sfilare un anello dalle dita si tratta di vere e proprie rappresentazioni teatrali a sfondo morale, un teatro delle passioni e dei caratteri che avrebbe avuto molto seguito soprattutto in Europa settentrionale.
Sopra, Valentin de Boulogne, Soldati che giocano a carte (1622) A destra, Una rappresentazione di piazza in unincisione del XVII secolo Sotto,:Wouters Pietersz Crabeth il giovane I bari (XVII secolo)
Il Bacco coronato di pampini della Galleria degli Uffizi a Firenze, databile al 1595/96 e realizzato su una tovaglia in lino di Fiandra, raffigura un giovane vestito allantica, sdraiato su una sorta di triclinio e con il gomito poggiato su cuscino costituito dallo stesso sacco gi utilizzato per far sedere il san Giuseppe del Riposo dalla fuga in Egitto. Il ragazzo ha il capo coronato duva e foglie autunnali, e ci fissa, con lo sguardo un p pesante, forse intorpidito dal vino, porgendoci un calice colmo. Sulla tavola vediamo una terrina carica di frutti in parte guasti, tra i quali notiamo della castagne e una melograna. Probabilmente il dipinto fu donato dal Del Monte a Ferdinando I de Medici, granduca di Toscana, intorno al 1609. Lopera venne riscoperta soltanto nel 1916 da Roberto Longhi, nei depositi degli Uffizi, in precario stato di conservazione. Anche in questo dipinto prevale lattenzione ai particolari, alla descrizione del momento: la luminosit del volto acceso, le unghie sporche della mano che ci porge il calice, i cerchi concentrici del vino appena versato e che ancora ondeggia nella caraffa. Lapparente istantaneit dellesecuzione in realt frutto di studio e di ripensamenti. evidente il rapporto con la tradizione classica, con la figura di Bacco inteso come simbolo di Cristo: lequazione vino-eucaristia configura questa immagine come una rappresentazione dellofferta della salvezza. Nel 1642 Giovanni Baglione scrisse che il Merisi Fece alcuni quadretti da lui nello specchio ritratti. Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli duve diverse. Molto s detto circa luso caravaggesco di dipingere davanti ad una immagine riflessa allo specchio, e questo ha fornito la spiegazione al fatto che il Bacco regge la sua coppa con la mano sinistra. Di recente la studiosa fiorentina Roberta Lapucci andata oltre e, insieme ad altri colleghi americani, ha ipotizzato che gli specchi di Caravaggio fossero in realt le parti di una camera oscura. Dalle testimonianze dei contemporanei pare infatti di capire che Caravaggio, almeno per un certo periodo della sua attivit, avesse trasformato il suo studio in unenorme camera ottica: lartista aveva fatto un foro nel soffitto del suo studio per consentire la penetrazione di un fascio di luce e, attraverso luso combinato di uno specchio concavo e di una lente biconvessa, riusciva a proiettare sulla superficie della tela le immagini dei modelli. Le informazioni tecniche, a quanto sembra, gli erano venute proprio dalla frequentazione del salotto del cardinale Del Monte, crocevia dei dottiv toscani residenti a Roma. Una ulteriore prova di questi esperimenti potrebbe forse essere il fatto che, durante uno dei vari processi che funestarono la vita del pittore, la sua padrona di casa lament di essere stata vituperata dal lombardo e di dover essere ancora pagata della pigione di sei mesi e di un suffitto mio di detta casa che esso ha rotto. Del resto, gi nel 1568, Daniele Barbaro, scrittore veneziano e studioso di architettura, consigliava la camera oscura come ausilio per gli
artisti: Vedendo nella carta i lineamenti delle cose, tu puoi con un pennello segnare sopra la carta tutta la Perspettiva, che apparir in quella. E ombreggiarla. E colorirla teneramente secondo la natura che ti mostrer, tenendo ferma la carta, finch haverai fornito il disegno.
Questa, secondo i sostenitori della tesi dellutilizzo di apparecchiature ottiche durante la realizzazione del Bacco, doveva essere la reale posizione del modello
Giuditta e Oloferne
Giuditta e Oloferne, dipinto ad olio facente parte dellesposizione della Galeria Nazionale dArte Antica di Palazzo Barberini a Roma e databile al periodo 1598-99 raffigura lepisodio biblico della giovane e ricca vedova ebrea Giuditta che, durante lassedio della citt ebraica di Betulia, riesce a farsi ricevere dal generale assiro Oloferne e lo decapita, mentre giace ubriaco nel suo letto, salvando il suo popolo. Secondo alcuni ad ispirare lopera pu essere stata la figura di Beatrice Cenci, giovane nobildonna romana che fin sotto la mannaia per aver asassinato il padre violento e dissoluto. Modella per la figura delleroina fu la cortigiana di origine senese Fillide Melandroni che appare in altre opere del pittore. Al posto dellancella citata nel testo biblico leroina accompagnata nella sua impresa da unanziana dai tratti grotteschi in cui il pittore recupera lesperienza della fisiognomica leonardesca. Lopera fu esposta per la prima volta al pubblico nella mostra che Milano dedic al Caravaggio nel 1951 al Palazzo Reale suscitando grande clamore e qualche riserva ma venne fermamente difesa dal Longhi lopera non tarder ad entrare nel corpus autografo del grande lombardo. Il dipinto, che allora faceva parte della collezione di Vincenzo Coppi, era stata recuperata dal celebre critico Roberto Longhi sulla base della segnalazione di un restauratore. La prima menzione dellopera nel testamento del 1632 e poi del 1639 di Ottavio Costa, nobile di Alberga che trascorse gran parte della sua vita a Roma. Linventario descrive un quadro grande con limmagine di Judit fatta da Michelangelo Caravaggio con la sua cornice e taffett dinanzi. Lappartenenza del dipinto alla famiglia Costa confermata dal Baglione. Contrariamente alle disposizione di Ottavio i beni non vennero mai trasferiti ad Albenga ma passarono ai parenti romani. A met Ottocento il quadro, presentato come replica da originale, venne acquistato insieme a un blocco di dipinti rimasti invenduti ad unasta dellepoca dal marchese Antonio De Cinque Quintili avo per parte materna del Coppi. Nel 1971 lo Stato acquist la Giuditta. Il restauro del 1999 ha fatto ritrovae le iniziali C.OC. riferite al conte Ottavio Costa.
La drammatica rappresentazione della Giuditta che decapita Oloferne di Artemisia Gentileschi (1620 ca) Firenze, Galleria degli Uffizi
Presunto ritratto di Beatrice Cenci, attribuito a Guido Reni (1599) Roma, Galleria Nazionale dArte antica
Conversione di Saulo
Rarissimo caso di opera caravaggesca non eseguita su tela lolio su tavola di cipresso appartenente da una collezione privata romana, la collezione Odescalchi, che raffigura la Conversione di Saulo. Si tratta della prima versione della Conversione di san Paolo che, insieme alla Crocifissione di san Pietro, vennero commissionati da monsignor Tiberio Cerasi, tesoriere generale di papa Clemente VIII Aldobrandini, per le pareti laterali della sua cappella in S. Maria del Popolo realizzata dallarchitetto Carlo Maderno. Il contratto, datato 24 settembre 1600, prevedeva la realizzazione di due scene su tavole di cipresso delle dimensioni di dieci palmi per otto, e la consegna delle opere entro otto mesi. Secondo il Baglione le due opere non piacquero al padrone e pasarono ad un altro collezionista, il cardinale marchigiano Giacomo Sannesio. Successivamente il Caravaggio realizz le due notissime tele La crocifissione di san Pietro e La conversione di S. Paolo che ora, insieme allAssunzione della Vergine di Annibale Carracci, adornano la cappella. Le due nuove versioni, su tela, vennero consegnate nel novembre del 1601 agli amministratori dellOspedale della Consolazione, erede delle fortune del Cerasi, morto improvvisamente sei mesi prima. Questa prima versione caratterizzata da una vivace gestualit e teatralit: il santo sopraffatto e accecato, il cavallo sullo sfondo che si aggira terrorizzato e schiumante, il soldato che pare quasi tentare una difesa e Ges che discende dal cielo sorretto da un angelo. Fu forse questo eccesso di concitazione che spinse la committenza al rifiuto, oppure, come sostengono altri, fu la necessit di una maggiore adesione letterale alla narrazione avangelica che non fa riferimento allapparizione di Cristo ma parla soltanto di una luce divina: Or avvenne che, mentre era in cammino e si avvicinava a Damasco, all'improvviso una luce dal cielo gli folgor d'intorno.. (Atti degli Apostoli cap. 9 v. 3). I tempi erano maturi per un pi rigido controllo della produzione artistica da parte delle autorit ecclesiastiche: nel 1603, il cardinal vicario di Roma Camillo Borghese, che due anni dopo sarebbe divenuto papa con il nome di Paolo V, eman un editto, detto specimina et designationem
figurarum et aliorum, che obbligava gli artisti a sottoporre ad esame preventivo i disegni e gli abbozzi per verificarne lidoneit. Tutto questo fin per creare problemi ai sostenitori della pittura dal vero, privilegiando i bozzetti e gli studi preventivi realizzati usando manichini e pose stereotipate. Della prima versione della Crocifissione di S. Pietro si sono perse le tracce in Spagna a partire dal XVIII secolo.
In alto a sinistra, una immagine della Cappella Cerasi in S. Maria del Popolo In alto a destra, La Conversione di S. Paolo posta su una delle pareti laterali della cappella In basso a sinistra, un ritratto di papa Paolo v che fu tra i maggiori fautori del controllo della produzione artistica da parte delle autorit ecclesiastiche In basso a destra, lo Scudo con la testa di Medusa, presso la fiorentina Galleria degli Uffizi, , insieme alla Conversione di Saulo, lunica altra opera del Caravaggio realizzata su tavola di legno
Cena in Emmaus
Nel libro contabile dei Mattei, alla data del 7 gennaio 1602, viene riportato lavvenuto pagamento di 150 scudi per unopera raffigurante Nostro Signore in fractione panis. Dipinta dunque nel 1601, la prima versione della Cena in Emmaus, oggi conservata a Londra presso la National Gallery, descrive lattimo in cui finalmente il Cristo risorto viene riconosciuto dai discepoli a cui si era accompagnato in viaggio: Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recit la benedizione, lo spezz e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli spar dalla loro vista. Ed essi dissero lun laltro: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? (Luca XXIV,30-32). La luce penetra in profondit nella spazio della sacra rappresentazione evidenziando i personaggi con grande realismo. Al centro il Cristo benedicente, imberbe come nei sarcofagi antichi, la cui androginia allude allermetica unione dei contrari. Lapostolo di sinistra fa per alzarsi dalla sedia per la meraviglia, quello di destra, che porta sul petto la coquille Saint Jacques, il segno del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, allarga le braccia quasi a fare ala al prodigio del Cristo. Sulla tavola coperta dalla tovaglia bianca, riappare in primo piano la canestra di frutta, che sporge lievemente dal bordo, colma duve, fichi, melagrane, fuori di Stagione come annot pedantescamente il Bellori nella seconda met del Seicento vedendo frutta non appartenente al periodo pasquale. Assieme alla canestra troviamo il pane e il vino simboli del sacrificio di Cristo, e quella reiterazione di natura morta data dal galletto con le zampe stecchite e abbrustolite. A sinistra della rappresentazione, in piedi, il ritratto di un oste con la cuffia sul capo, forse di quelloste di origine lombarda che, secondo le fonti, fu uno dei primi soggetti ritratti dal Caravaggio appena giunto a Roma.
Deposizione di Cristo
La Deposizione di Cristo un olio su tela che originariamente ornava il primo altare di destra di S. Maria in Vallicella, chiesa degli oratoriani di s. Filippo Neri. Il dipinto vnne commissionato da Girolamo Vittrici nel 1602, per la cappella di famiglia, e venne posto nella chiesa alla fine del 1604. Si tratta di una importante opera pubblica del pittore nella quale mostra un duplice approccio al tema sacro: da una parte ladesione al classicismo romano, ai modi della pittura di storia, alle istanze di Carracci e dei bolognesi, e dallaltra il legame profondo con il realismo di matrice lombarda. Lo scrittore darte Giovanni Pietro Bellori (1613-96), avvezzo a valutare le opere secondo il metro della classicit, e spesso critico nei confronti del Caravaggio, scrisse molti anni dopo: Ben tra le migliori opere, che uscissero dal pennello di Michele si tiene meritatamente in istima la Deposizione di Cristo nella chiesa nuova de Padri dellOratorio Il dipinto fu requisito al tempo delle guerre napoleoniche e nel 1797 fu trasferito a Parigi. Recuperato nel 1815, non torn a Maria in Vallicella, al cui interno si trova ora una copia ottocentesca dellopera, e venne destinato alla Pinacoteca Vaticana. Il vertice della composizione, un triangolo di figure che scende fino al corpo di Cristo, costituito dalle braccia di Maria di Cleofa, aperta nel gesto degli antichi oranti paleocristiani; accanto a lei sono la Maddalena con una tipica acconciatura di popolana romana, Maria anziana e muta nel suo dolore, san Giovanni. Chiude il corteo la pietosa fatica di Nicodemo, lunico appartenente al Sinedrio che volle onorare Ges defunto con la sua presenza, il quale si presenta a noi chino, i muscoli e le vene delle gambe gonfi nello sforzo di sostenere il corpo del Cristo. Intenso il raffronto del Merisi con la Piet michelangiolesca, ma anche con il raffaellesco Trasporto di Cristo al sepolcro. Il braccio destro del Salvatore, che pende inerte, ha precedenti antichi, appare per la prima volta nei sarcofagi classici che raffigurano i funerali delleroe Meleagro e arriver sino alla Rivoluziona francese con la Morte di Marat di J.L. David. Fondamentale, alla base della rappresentazione, quella pietra squadrata che sporge verso lo spettatore, con il suo richiamo alla simbologia della pietra angolare, riferita ad un salmo biblico poi citato nel Nuovo Testamento, cio di Cristo prima base e sostegno delledificio della Chiesa.
In alto a sinistra, Michelangelo, Pieta, Roma, S. Pietro In alto a destra, Raffaello, Trasporto di Cristo al sepolcro, Roma, Galleria Borghese
In alto, Simone Peterzano Deposizione, Milano, San Fedele Nellopera del primo maestro di Caravaggio sono visibili molti degli elementi poi riutilizzati dallartista lombardo In basso a destra, Resurrezione di Cristo, Roma, Musei Vaticani, Anche in questo arazzo fiammingo di ispirazione raffaellesca vediamo il Cristo risorto che poggia sulla pietra angolare
Amore vincitore
LAmore vincitore visibile a Berlino, dallo Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz, Gemaldegalerie. Realizzato nel per il marchese Vincenzo Giustiniani, in un inventario redatto dopo la morte del mecenate, venne catalogato come Amor ridente in atto di dispregiare il mondo che tiene sotto con i diversi strumenti, corone, scettri e armature chiamato per fama il Cupido del Caravaggio. Nel 1815 il dipinto fu venduto al re di Prussia Federico Guglielmo III passando stabilmente a Berlino. Nel Novecento si sono avute varie interpretazioni del dipinto, in gran parte riferite al tradizionale Omnia vincit amor et nos cedamus amori virgiliano (Egloghe X, 69) con lAmore profano ridente che trionfa, superandole, sulle arti e virt umane e sugli attributi dellamore sacro. Pu essere sorprendente ricordare che al contrario, al tempo del Caravaggio, le rime del poeta mariniano Gaspare Murtola, che nel 1603 dedic allopera del lombardo tre madrigali, facciano invece riferimento allAmore che si mostra vincitore (forse alludendo al significato del nome del Giustiniani, Vincenzo, cio colui che vince: Omnia vincit amor / Omnia vincit Vincentius) attorniato dagli strumenti materiali della sua potenza. Lestremo attaccamento del Giustiniani a questo dipinto ha fatto ipotizzare una rapporto pi sottile tra il committente e lopera e il fatto che il tema potrebbe essere una rappresentazione della complessa personalit del mecenate ligure. Gli oggetti raffigurati, infatti, potrebbero alludere agli interessi del marchese: strumenti e spartiti a sinboleggiare la passione per la musica, la penna, il libro e lalloro gli interessi letterari e poetici, la squadra e il globo gli studi di astronomia e geometria, la corazza e lo scettro il retaggio nobiliare e militare della famiglia che aveva avuto il dominio sullisola greca di Chios. Su tutto troneggia lEros ridente a richiamare lideale neoplatonico ficiniano. Come testimoni il pittore toscano Orazio Gentileschi nel 1603, durante il famoso processo per diffamazione che contrappose
Giovanni Baglione al Merisi, il Giustiniani volle commissionare anche allaccusatore, al Baglione, su un tema analogo, lopera Amor sacro e Amor profano, oggi conservata a Palazzo Barberini.
In alto a sinistra, Ritratto del Marchese Vincenzo Giustiniani In alto a destra, G. Baglione Amor Sacro e Amor Profano (1602) Roma, Galleria Nazionale dArte Antica, Palazzo Barberini In basso,la posa di uno degli Ignudi michelangioleschi della Cappella Sistina stata messa in relazione con limmagine dellAmore Vincitore
Di questo notissimo San Giovanni Battista, appartenente alla Pinacoteca Capitolina, si scritto molto soprattutto per chiarirne il rapporto con la copia, di minore qualit, conservata nella Galleria Doria Pamphilj. Questultima era stata inclusa come originale da Roberto Longhi nella prima esposizione di tutte le opere conosciute del Merisi tenutasi nel 1951 a Milano. Tuttavia il grande studioso britannico sir Denis Mahon non riteneva che quella esposta fosse lopera originale ed era alla ricerca di una tela della quale aveva trovato menzione tra i documenti dellArchivio di Stato. Nel 1952, accompagnato dal direttore dei Musei Capitolini Carlo Pietrangeli, riusc a individuare al Campidoglio, addirittura nellufficio del sindaco di Roma, un dipinto con la stessa immagine, offuscato dalla polvere e dalla vernice, nel quale riconobbe la mano del maestro lombardo. La tela fa parte di quel gruppo di opere che Caravaggio produsse per Ciriaco Mattei, gentiluomo di antica nobilt capitolina legato allordine dei Filippini, e che comprende anche la Cena in Emmaus oggi a Londra. Commentando malignamente la capacit del Caravaggio di fare romore cio di interessare i ricchi collezionisti alla novit della sua pittura, e inserendo erroneamente nella lista anche lIncredulit di S. Tommaso commissionata in realt dal marchese Giustiniani, Giovanni Baglione ci dice Anzi fe cadere al romore anche il signor Ciriaco Mattei, a cui il Caravaggio avea dipinto un S. Giov. Battista, e quando N. Signore and in Emaus, ed allora che S. Tommaso tocc co il dito il costato del Salvatore; ed intacc quel signore di molte centinaia di scudi. La datazione dellopera pu essere desunta dai documenti che attestano i pagamenti del Mattei al 1602 senza che tuttavia sia specificato il titolo dellopera. In documenti del decennio successivo, nel 1616, il dipinto venne per la prima volta messo in relazione con il nome del figlio di Ciriaco, Giovanni Battista, il quale nel 1624 decise di donare lopera al cardinale Del Monte. Il giovanetto, dalle movenze derivate anche in questo caso dagli Ignudi della Sistina, si rivolge con grande vivacit e quasi con sfrontatezza allo spettatore mentre stringe a s un ariete. Lassenza di una parte dei tradizionali attributi iconografici ha portato alcuni studiosi a dubitare del fatto che si tratti realmente di una rappresentazione del santo precursore di Cristo facendo persino ipotizzare la possibilit che si tratti di una raffigurazione di Isacco scampato al coltello di Abramo con accanto la vera vittima sacrificale. Maurizio Calvesi ha invece individuato nella pelle di cammello posta sopra il panno rosso un tipico attributo di S. Giovanni Battista presente anche nel dipinto con lo stesso soggetto conservato a Kansas City e nella presenza dellariete lallusione al sacrificio di Cristo.
Presa di Cristo
Ha qualcosa di romanzesco la storia del ritrovamento di questo dipinto, tanto che nel 2005 venne narrata nel libro Il Caravaggio perduto dello statunitense Jonathan Harr. Nel 1989 la studiosa Francesca Cappelletti ritrov nellarchivio di famiglia dei Mattei alcuni documenti riguardanti un quadro che si riteneva perduto, La presa di Cristo. Riusc a comunicare la sua scoperta al famoso Denis Mahon e a rintracciare una pista di vendite novecentesche, sempre nellambito delle isole britanniche, di un Tradimento di Cristo attribuito al fiammingo Gerrit van Hontorst. A questo filone di ricerche si agiunse la scoperta, un anno dopo, di Sergio Benedetti, restauratore alle dipendenze della National Gallery di Dublino, il quale riusc a identificare il prezioso dipinto in una tela che, da circa settanta anni, si trovava presso la comunit gesuita di St. Ignatius a Leeson Street nella capitale irlandese. Restaurata, lopera venne infine donata alla National Gallery di Dublino. Il dipinto, infatti, era stato realizzato per i Mattei sul finire del 1602, nel 1672 era stato precisamente descritto dal Bellori e fino alla fine del XVIII secolo era rimasto nelle mani della famiglia romana. Allinizio dellOttocento era invece stato acquistato dal collezionista inglese William Hamilton Nisbet e, dopo essere passato per vari proprietari, era stato donato alla comunit gesuita dublinese come opera attribuita a van Hontorst. La commessa era venuta dal nobile Ciriaco Mattei, e il tema della cattura di Cristo nellorto dei Getsemani venne scelto dal fratello, il cardinale Girolamo. La rappresentazione frutto di una regia molto accurata: mentre a sinistra san Giovanni fugge terrorizzato, al centro Giuda bacia il Cristo il cui volto esprime la dolorosa accettazione del sacrificio. Nel contempo la spalla di Ges viene afferrata rudemente dalla mano guantata di ferro di una delle due guardie che stanno per arrestarlo. Sullo sfondo, a destra, troviamo un autoritratto di Caravaggio stesso che assiste alla scena e la illumina reggendo una lanterna. Anche in questo caso Caravaggio non si accontente di una descrizione sequenziale dei fatti ma li concentra nel momento in cui raggiungono il loro culmine e risoluzione. Il particolare della mano ferrata dello sgherro fu grandemente ammirato dai contemporanei del Merisi. Nel Museo darte occidentale e orientale di Odessa, in Ucraina, conservata una copia del dipinto.
Attualmente conservato a Kansas city, presso la Nelson Gallery, questo S. Giovanni Battista venne dipinto su commissione del nobile e banchiere genovese Ottavio Costa, personaggio collegato con la cerchia del cardinale Federico Borromeo. Uno degli usuali modelli del Caravaggio qui ritratto drappeggiato in un ampio mantello di ispirazione classicista su un fondale di denso fogliame. Il personaggio ha gli attributi titpici del Battista: stringe nella mano destra una canna e ha i fianchi cinti da una pelle di cammello. Sulla tela sono state rilevate tracce di incisioni sullimprimitura fresca a conferma di quanto si sapeva delluso del Merisi di tratteggiare sommariamente i contorni delle figure con il manico del pennello prima di iniziare a dipingerle. Nellinventario Costa del 1639 figurano infatti la famosa Giuditta, unEstasi di S. Francesco e un S. Giovnni Battista nel deserto. Il dipinto venne acquistato da un collezionista e portato a Malta, poi in Inghilterra e infine fu comprato negli Stati Uniti. Dopo varie teorie circa la datazione espresse da Longhi, Berenson, e altri un ritrovamento ha confermato lipotesi espressa dallo studioso inglese Denis Mahon. Nel 2005, infatti, una ricevuta del Caravaggio proveniente dall Archivio di Stato di Siena, ha consentito di situare correttamente lopera nel periodo 1602-03.
Il San Giovanni Battista, conservato a Roma presso la Galleria Nazionale dArte Antica a Palazzo Corsini, da attribuirsi al periodo 1602-1603 ed dunque in stretto rapporto con lopera conservata a Kansas City. Cos lo descrisse nel 1927 Roberto Longhi che per primo lo attribu al maestro lombardo: Il giovane compagnaccio che pi volte aveva servito di modello allartista siede ora scompostamente nel bosco tra tronchi venosi, la mano sulla cannuccia scortecciata e, l accanto, la ciotola svuotata dal pennello vorticoso e infallibile come da un Velzquez di ventanni dopo Nellassenza di documenti che permettano di situarlo con certezza, in generale il dipinto viene considerato coevo al san Giovanni di Kansas City per i molteplici elementi che accomunano le due realizzazioni. Pass forse ai Corsini alla met del Settecento a seguito di una unione matrimoniale con i Barberini e venne catalogato come Caravaggio originale insieme ad altre tre tele andate perdute. Entr a far parte dei beni dello Stato nel 1883 a seguito dellacquisto del palazzo alla Lungara della famiglia fiorentina.
Il tema del S. Giovanni Battista venne affrontato pi volte dal Caravaggio. In basso a sinistra, la tela conservata presso il Museo della Cattedrale di Toledo (1598 ca) e quella molto nota, datata al 1610, presso la Galleria Borghese a Roma
Sacrificio di Isacco
Il Sacrificio di Isacco appartiene alla Galleria degli Uffizi, alla quale fu donato nel 1917 dal collezionista John Fairfax Murray. Nel repertorio documentario abbiamo una descrizione, sia pure imprecisa, del Bellori che ne parla come di opera realizzata per Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII, insieme al ritratto del prelato oggi presso una collezione privata fiorentina. Sorta di istantanea del momento saliente in cui un angelo dai tratti apollinei ferma Abramo un attimo prima che affondi il colpo fatale nel collo di Isacco. Documenti di pagamento dei Barberini lo situerebbero nel periodo 1603-4. Realizzato in un periodo nel quale, come gi nel Riposo dalla fuga in Egitto e nella Conversione Saulo, lartista mostra di essere influenzato dalla tradizione norditaliana e pi precisamente giorgionesca del paesaggio.
Incoronazione di spine
LIncoronazione di spine, un olio su tela esposto al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Il dipinto, databile al 1604, originariamente apparteneva alla collezione del marchese Vincenzo Giustiniani ma, a seguito delle difficolt economiche dei discendenti della nobile famiglia di origine genovese, il dipinto venne ceduto nel 1804 allambasciatore austriaco presso la Santa Sede per essere incluso nella raccolta darte dellimperatore Francesco I. A causa delle guerre napoleoniche il dipinto pot raggiungere Vienna soltanto nel 1816. Addosso ad uno dei personaggi si nota la medesima armatura utilizzata dallartista per la Presa di Cristo, realizzata per Ciriaco Mattei e ora a Dublino. Impossibile trascurare di riferire levidente riferimento compositivo di questopera a un precedente del Tiziano che molto probabilmente il Merisi ebbe modo di studiare negli anni della formazione: quella Incoronazione di spine, oggi conservata al Louvre, che il maestro di Pieve di Cadore realizz nel periodo 1542-44 per la chiesa milanese di S. Maria delle Grazie. Varie in passato le tesi relative al periodo desecuzione di questopera che qualche critico voleva situare nel periodo napoletano anche se paiono da escludere acquisti del Giustiniani al di fuori del mercato romano.
Cena in Emmaus
La Cena in Emmaus, della Pinacoteca di Brera a Milano, Venne eseguita dopo lomicidio di Ranuccio Tommasoni del 28 maggio 1606 e linizio della fuga da Roma. Secondo le fonti pi affidabili venne dipinta mentre lartista era nei feudi dei Colonna a Zagarolo e venduta a Roma al banchiere ligure Ottavio Costa, oppure al marchese Costanzo Patrizi nella cui collezione si trov ad essere registrata a partire dal 1624 e dove fu vista dal Bellori nel 1664. Il tema era gi stato affrontato nellopera conservata alla National Gallery di Londra ma viene qui essenzializzato e concentrato, rinunciando alla policromia del modello precedente. Ges appare con un aspetto pi convenzionale come pure i personaggi che siedono al suo tavolo. Sul bianco della tavola popolato da dense ombre anche il pasto eucaristico pi povero rispetto alla profusione della Cena eseguita per i Mattei: due pani, delle erbe e una brocca di vino. le uniche caratterizzazioni sono date dalla presenza delloste, nel quale riconosciamo lo stesso personaggio gi apparso nella Cena londinese e della donna anziana il cui volto profondamente segnato ha qualcosa in comune con la santAnna della Madonna dei Palafrenieri presso la Galleria Borghese.
Nella Madonna dei Palafrenieri (1606), presso la Galleria Borghese a Roma, appare a destra la figura di santAnna ritratta con le fattezze di unanziana simile a quella della Cena in Emmaus
Flagellazione
La datazione di questa opera, che dal 1972, per motivi di sicurezza, in deposito presso il Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli, viene situata nel periodo 1606-07, data del primo passaggio a Napoli dellartista. La committenza gli venne dalla famiglia dei de Franchis per adornare la cappella gentilizia che stavano realizzando allinterno della chiesa di S. Domenico Maggiore. Documenti certi datano il pagamento dellopera al maggio del 1607. Curiosamente non esistono nelle fonti riferimenti critici alla Flagellazione che siano precedenti alla fine del XVII secolo; circostanza dovuta probabilmente al fatto che lopera caravaggesca venne esposta tardivamente nella chiesa domenicana visto che i lavori di sistemazione della cappella non terminarono prima del 1652. Una volta visibile, ci racconta il De Dominicis, una delle fonti dellepoca che non trascura di esercitare le consuete critiche, il dipinto trasse a s tutti gli occhi dei riguardanti, bench la figura del Cristo sia presa da un naturale ignobile e non gentile, come era necessario, per rappresentare la figura di un Dio per noi fatto uomo. De Dominicis prosegue dicendo che lopera fece rimaner sorpresi non solo i dilettanti ma i Professori medesimi in buona parte, e la fama del Caravaggio tanto altamente suonava laonde da dilettanti si desideravano a gara le opere sue. Gran parte della critica ha collegato il dipinto al precedente romano di scuola michelangiolesca costituito dalla Flagellazione di Sebastiano del Piombo conservata nella chiesa di S. Pietro in Montorio a Roma. Alcuni critici ritengono che il Caravaggio abbia notevolmente rimaneggiato lopera durante il suo secondo passaggio a Napoli, nel periodo 1609-10.
La Flagellazione di Cristo di Sebastiano del Piombo (1518) olio su muro, forse su disegno di Michelangelo, conservato nella prima cappella di destra della chiesa romana di S. Pietro in Montorio
Amore dormiente
LAmore dormiente visibile a Firenze nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, venne sicuramente dipinto a Malta, come attesta lattendibile iscrizione sul retro che lo data al 1608. Il committente fu il cavaliere di Malta fiorentino Francesco dellAntella coadiutore del Gran Maestro dellordine il piccardo Alof de Wignacourt. DellAntella fu uno dei principali artefici dellentrata del Caravaggio nellOrdine di Malta e si adoper per ottenere da papa Paolo V la dispensa necessaria affinch il pittore potesse essere investito del cavalierato come sappiamo dai documenti conservati nellArchivio Segreto Vaticano: Beatissmo padre. Desiderando il gran maestro della sacra religione gerosolimitana dhonorar alcune persone virtuose, e meritevoli, channo desiderio e divotione di dedicarsi al suo servigio, e della sua religione; n avendo per hora altro modo da poter pi commodamente farlo. Supplica humilmente la santit vostra, che, con un suo breve, si degni di concedergli autorit e facult, per una volta tanto, di poter decorare et ornare dellhabito di cavaliero magistrale due persone a lui ben viste e da lui nominande. Non ostante chuno di essi habbia, altre volte in rissa, commesso unhomicidio. La figura del dio addormentato, con a fianco le sue armi, le frecce, la faretra e larco con la corda slegata, emerge da una densa oscurit e costituisce lultima citazione mitologica nella storia pittorica del lombardo. Originariamente lala di destra si stagliava pi nettamente sul fondo oscuro. Probabilmente il dipinto simboleggia il voto di castit fatto dai Cavalieri di Malta. Alla fine del Seicento lopera pass dai dellAntella ai Medici Giovanni Baglione ci narra lo sfortunato epilogo della breve esperienza del Caravaggio come cavaliere: Poscia andossene a Malta, e introdotto a far riverenza al gran maestro, fecegli il ritratto; onde quel principe in segno di merito dellabito di S. Giovanni il regal e creollo cavaliere di grazia. E quivi avendo non so che disparere con un cavaliere di giustizia, Michelagnolo gli fece non so che affronto, e per ne fu posto prigione; ma di notte tempo scal le carceri e se ne fugg, e arrivato allisola di Sicilia oper alcune cose in Palermo.
Annunciazione
Opera purtroppo in cattivo stato di conservazione dipinta durante il soggiorno a Malta, nellanno 1608, questa Annunciazione venne commissionata dal duca di Lorena Enrico II perch adornasse laltare della chiesa del vescovo primate di Nancy allora in costruzione . In quellanno infatti sia il fratello Francesco che il figlio del duca, Carlo conte de Brie, si trovavano sullisola ed ebbero la possibilit di prendere in consegna lopera del maestro italiano. spiritualit intrisa di quiete e dumilt langelo scende dallalto, su una nube, accompagnato dalla luce divina Nella sinistra, in ombra, tiene il giglio, mentre il braccio destro, lungo il quale corre la luce, si ferma poco sopra il capo della Vergine nel gesto eloquente della mano. In basso, la Vergine, raccolta nel suo mantello scuro, ascolta quietamente lannuncio di Gabriele. Nel 1742 il dipinto venne spostato nella cattedrale che prese il posto della chiesa pi antica; a partire dalla fine del XVIII secolo pass per vari musei finch nel 1829 pass definitivamente al Muse des Beaux Arts di Nancy. Riscoperto nel secondo dopoguerra da critici francesi fu definitivamente riconosciuto nel 1959.
Ignazio Danti, Veduta di Malta durante lassedio del 1561, Roma, Musei Vaticani
Databile al 1609, l Adorazione dei pastori fa parte delle opere esposte al Museo Regionale di Messina. Venne dipinta per la chiesa di S. Maria la Concezione poi distrutta nel rovinoso terremoto del 1908. Lopera, citata pi volte dal Bellori, fu forse commissionata dal senato cittadino del comune messinese. Il dipinto connotato da una grande essenzialit compositiva e da una iconografia marcatamente pauperistica che ha fatto ipotizzare che la commissione potesse provenire dagli ambienti degli ordini minori. Al centro della composizione, allinterno di una capanna dassi e travi, troviamo la Vergine con il Bambino distesa in una posizione tipica delle raffigurazioni pi antiche, attorno alla quale si stringono i pastori adoranti. Sullo sfondo gli animali della stalla e, a sinisra, in primo piano, una natura morta costituita da poveri oggetti: un tovagliolo, una pagnotta e una pialla da falegname Il dipinto giunto sino a noi in precario stato di conservazione perch gi nel 1670 fu sottoposto a un rovinoso intervento di restauro. Anche in questo caso, come gi per il Ragazzo con la canestra di frutta della Borghese, sono state trovate tracce di disegni preparatori.
David con la testa di Golia venne realizzata quasi sicuramente durante lultimo passaggio dellartista a Napoli (1609-10), tanto che ne venne fatta una copia per il Vicer Juan Alonso Pimentel de Herrera. Lopera raffigura il giovane eroe che regge con mano ferma, ma con il volto atteggiato ad una pietosa commiserazione, la testa sfigurata del gigante sconfitto e decapitato. Secondo il Bellori il dipinto venne eseguito per il cardinale Scipione Borghese per accompagnare la richiesta di grazia dopo la condanna a morte comminata al Merisi per luccisione di Ranuccio Tomassoni. Dal 1613 figura registrato nellinventario della collezione del prelato. Ancora il Bellori tra i primi a parlare di un autoritratto del pittore nella testa del gigante ucciso, elemento che stato considerato espressione del desiderio di espiazione e simbolo di autopunizione. Alcuni, pi di recente, si sono spinti a considerare questo dipinto come una sorta di doppio autoritratto: il Caravaggio giovane, vincente e pieno denergia, nella figura di David, ci sta mostrando il volto dellartista nel momento della sua caduta. Anche qui prevale il ricorso a quella pittura semplificata che tipica dellultima ultima fase del Caravaggio anche se Sgarbi rinviene nella figura del giovane eroe elementi pertinenti al periodo 1606-07. Sulla lama della spada che il giovane tiene nella destra e che pare spuntare dal buio, visibile una serie di segni che che sono stati variamente interpretati: da alcuni come H-AS OS, sigla che riassume il motto agostiniano "Humilitas Occidit Superbiam" (l'umilt uccide la superbia); da altri come MACO , da intendersi pi semplicemente come le iniziali dellautore seguite dal termine latino opus, opera.
Se siete interessati a partecipare a visite guidate a carattere archeologico e storico artistico a Roma e provincia, consultate il calendario delle iniziative della Associazione culturale Mirabilia Urbis www.mirabiliaurbis.it