Disturbi Antisociale e Narcisista

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CENNI DI TRATTAMENTO:

- Favorire la mentalizzazione concentrandosi sui cambiamenti (come borderline)


- Iniziare il trattamento in contesto istituzionalizzato (immobilizzazione nel setting ospedaliero per
ovviare la scarica abreativa dell’agito), ma non trattamento di gruppo
- Considerare il continuum con il narcisismo e la presenza di ansia, depressione e psicosi
- Postura terapeutica «rigida»
- Controtransfert: incredulità e collusione (attenzione alla gemellarità narcisistica e all’empatia
antisociale)
- Focus su interventi di confrontazione

Ci sono dei prerequisiti che ci permettono di essere favorevoli rispetto a un outcome più positivo.

Per struttura e funzionamento, vista la carenza super-egoica, la completa assenza valoriale e l’uso
manipolativo dell’altro, difficilmente il disturbo antisociale avrà un successo terapeutico per come
concepiamo la terapia noi oggi in Occidente.

Caso della letteratura classica che ci fa capire fino a che punto può arrivare l’intento manipolativo di un
paziente antisociale: uno psicologo delle carceri ha a che fare con un efferato delinquente. Il paziente si
presenta nello studio e mette un coltello sul tavolo dello psicologo, il quale non fa nulla. Il paziente gli fa
capire che apprezza il fatto di aver capito questo gesto di sfida, che nessuno lo aveva mai compreso. Inizia
un percorso in cui il terapeuta si focalizza sulla prospettiva motivazionale, a un certo punto lui condivide la
sua vocazione per la cucina e la gastronomia, e il terapeuta fa di tutto per farlo diventare aiuto-cuoco. Di lì a
breve la macchina del direttore delle carceri esplode e lui si ferisce gravemente ma non muore. La cucina
aveva una possibilità di ingresso da condotte di areazione, per cui lui diventando un inserviente delle cucine
aveva manomesso il motore con un esplosivo per cercare di uccidere il direttore. Era arrivato a un livello di
manipolazione collusiva tale per cui il terapeuta era molto soddisfatto dell’esito della terapia e non avrebbe
mai immaginato delle sue vere intenzioni. A volte lo scontro è a costo anche di rimetterci se stesso, che
interessa meno che nuocere. Il trattamento è quindi estremamente difficile.

Maloy è il teorico che più si è occupato di questo disturbo: quando questo prototipo non si presenta in
purezza abbiamo degli appigli a cui agganciarci; in caso contrario il trattamento si basa esclusivamente su
un braccio di ferro con il potere, per cui il terapeuta viene svalutato, attaccato, manipolato. Il paziente non
ha motivazioni e non vuole cambiare mettendo in gioco i suoi affetti perché non è motivato al cambiamento
e non ha nessuna spinta autentica. Come facciamo quindi a cambiare una persona se non vuole cambiare?

Caratteristiche in comorbidità con antisocialità che sono predittive di outcome migliore.

- Sintomatologia depressiva
- Sintomatologia ansiosa
- Continuum con il narcisismo  nel narcisismo maligno, a fronte di grandi delusioni si può avere una
depressione importante sul versante anaclitico da svuotamento, che non ha a che fare con sensi di
colpa ma con la mancanza di senso e l’incapacità di provare quell’unico affetto e gancio funzionale che
lo tiene in vita che è la rabbia.

La psicopatia è la frangia estrema dell’antisocialità.

Per un antisociale può essere molto doloroso il confronto diretto: bisogna avviare una sfida sul potere che
abbiamo su di lui o sullo spazio condiviso.

La costruzione di un’alleanza empatica è un traguardo quasi irraggiungibile: sono bambini trattati con
sadismo e incoerenza, quindi è accessibile solo la rabbia. L’ideale è sviluppare un’idea di altro come alter e
non alius.
DISTURBO NARCISISTICO:

Il DSM-5 lo descrive solo in parte, o meglio solo in una delle due parti.

Pattern pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione e


mancanza di empatia che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da
5 o più dei seguenti elementi:

1. Senso grandioso di importanza


2. Assorbimento da fantasie di successo, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale  aspetto isterico-
istrionico
3. Crede di essere «speciale» e unico/a e di poter essere capito/a da solo, o di dover frequentare altre
persone (o istituzioni) di classe sociale elevata  in comune con isterico-istrionico
4. Richiede eccessiva ammirazione  esigenza di attenzione e dello sguardo dell’altro
5. Senso di diritto  tutto gli è dovuto, quando è all’interno di un falso Sé
6. Sfruttamento dei rapporti interpersonali
7. Mancanza di empatia  soprattutto a lungo termine su base affettiva e per quanto riguarda il lasciarsi
influenzare dallo stato emotivo dell’altro: c’è un’eco di una antica straordinaria capacità intuitiva che
potenzialmente il bambino aveva ma non c’è più quel contatto profondo di sentire il dolore quando
sopraggiunge il dolore dell’altro  uso dell’altro e delle sue reazioni emotive intuite cognitivamente
ma non sentite
8. Invidia implicita  spesso non esplicitata nella sua componente della grandiosità (unica contemplata
nel DSM)
9. Comportamenti o atteggiamenti arroganti o presuntuosi

Teseo  prototipo del narcisismo per l’ingratitudine

MITO: Narciso era figlio bellissimo di due divinità fluviali, aveva avuto la maledizione di Tiresia per cui se
avesse guardato se stesso si sarebbe perduto, incrocia la sua immagine su un fiume che scorreva e non
riesce più a staccarsi gli occhi di dosso, infatti il suo nome deriva dal fiore che si specchia e sorge lungo i
corsi d’acqua. Di lui si innamora la ninfa Eco, un nome che predice il suo destino come spesso accade nella
mitologia, che ci aiuta a capire cosa succede alle persone che si innamorano di persone che hanno una
forma di sofferenza narcisistica e sono completamente assorbite da se stesse. Eco si consuma nell’amore
non ricambiato di Narciso, gli sta accanto ma lui agogna l’immagine di sé, il suo specchio. Eco così si
consuma e di lei non resta altro che la voce, che non è una voce con intenzionalità ma l’eco di ciò che
dicono gli altri, completamente svuotata anch’essa dallo sforzo inesauribile e oblativo che il narcisista
richiede progressivamente di più senza ricambiare.

Tutti – anche le persone sane – usano gli altri, chiedono cioè loro di essere un oggetto-Sé per far fronte ai
propri bisogni: ma la profonda differenza è che nel fatto etico di usare l’altro una persona con
funzionamento sano mette in gioco se stessa e pone uno scambio, per cui attraverso la gratitudine non
posso esimermi dall’esserci per i tuoi bisogni, si tratta della crescita evolutiva di uno sfruttamento
reciproco, perché ci si conosce e ci si modifica nella relazione, non ci si mangia e basta, altrimenti l’altro si
riduce a un’eco.

L’altro elemento interessante è la sua morte, leggibile in tanti modi. Per prima cosa Narciso muore
affogato, si avvicina sempre più a sé finché non affoga nel fiume. Ma i suoi genitori erano divinità fluviali –
elemento non trascurabile – per cui lui che è un vuoto senza fondo dell’ammirazione degli altri implode nel
tentativo disperato di riunirsi ai genitori e assecondare le loro aspettative sorde che non ascoltano i suoi
bisogni profondi, pertanto muore andando indietro invece che avanti.
Contributo lacaniano: stallo e specchio  il bambino si vede nello specchio e per la prima volta può
riconoscersi, è il primo abbozzo di Io, per cui c’è una restituzione di una prima immagine unita e coesa che
costituisce l’immagine narcisistica. Nel momento in cui questa immagine narcisistica è fornita è anche
sottratta per sempre perché c’è uno scarto tra l’aldilà e l’aldiquà dello specchio. Se il genitore non è in
grado di armonizzare questi due piani, il bambino rimarrà intrappolato nel voler raggiungere questa
immagine ideale e astratta e quindi non vedrà più l’altro, perché nell’altro si vede l’altro di me (il riflesso
speculare) e non l’altro da me (il piano simbolico rimane schiacciato). Tant’è vero che uno dei tipi di
transfert che questi pazienti instaurano è proprio quello speculare.

Funzione genitoriale: sono pazienti a cui non è stato restituito un senso integrato di Sé, sono stati accettati
con la clausola “puoi esistere se sei quello che voglio io, che è una vittoria: se sei il migliore, vinci e diventi
una propaggine del mio Io, io ti amerò” – in un modo distorto e disfunzionale, ma questo è il patto per
ricevere l’amore. Queste persone davvero dimenticheranno chi sono: è un tipo di sofferenza comune in
tutta l’organizzazione borderline di personalità quello di non sapere chi sono perché la loro esistenza
profonda è stata barattata con qualche forma di amore, a parte l’antisociale che è proprio stato cresciuto in
maniera incoerente. Il narcisista, così rafforzato in alcuni aspetti e così indebolito in altri, risulta quello che
l’analisi transazionale chiama il tough kid (bambino indurito): c’è una corazza di falso Sé che il paziente
narcisista espone al mondo per fare contenti i genitori in maniera automatica senza sapere davvero cosa
vuole e cosa lo rende felice e cosa sia il suo benessere, perché non è in contatto con sé. A volte il narcisista
può andare in depressione, ma solo anaclitica quando non ha più lo sguardo dell’altro che riempie il suo
vuoto. Il genitore non ha mai modulato la risposta agli stati emotivo-affettivi del bambino ma lo ha solo
manipolato. Se siamo in contatto con i nostri bisogni profondi e la nostra sfera affettivo-emotiva possiamo
riparare e venire a patti con la nostra nuova immagine del mondo chiedendoci chi siamo davvero ora; ma se
questo manca, la richiesta è di essere il migliore e la vita non ci permette di raggiungerlo, non c’è più un
contatto interno per negoziare una nuova motivazione e immagine. Se non divento il migliore, dentro non
ho alternative, perché non ho un contatto con quello che voglio io ma solo con quello che volevano i miei
genitori. Spesso sono molto brillanti ed efficaci sul piano lavorativo che permette loro di mantenere questa
struttura. Quando però la struttura inizia a prendere batoste a causa della realtà che impone una doccia
fredda, abbiamo 2 autori che distinguono bene le 2 varianti del narcisismo:

Kernberg: individuo ambizioso e avido; grandiosità-esibizionismo. Fusione tra Sé ideale, Sé reale e


oggetto ideale (indipendenza dalla relazione). Difese simili al borderline (onnipotenza,
svalutazione/idealizzazione, identificazione proiettiva) ma il Sé (patologico) è integrato. Invidia pervasiva.
Vuoto compensabile solo con plauso costante.

Kohut: individuo fragile tendente alla frammentazione del Sé; profondo senso di vergogna; vulnerabilità-
sensibilità (es: offese); inadeguatezza; disagio emozionale; solitudine. Tutto ciò come fallimento
empatico dei genitori (???). È un «bambino nel corpo di un adulto» (Sé arcaico congelato nel suo
sviluppo), in mancanza di un oggetto-Sé.

Transfert idealizzante, gemellare o speculare

- Kohut: variante overt, magnifica, inconsapevole vs. variante covert frustrata, inibita, timida, in
apparenza sensibile (il mondo gli ha detto “no, non funziona così”), che è diventata iper-vigile con una
sfumatura paranoidea (meglio descritta da Kohut)
- Kernberg: avida, pretende di diventare il proprio Sé ideale e non tollera uno iato tra Sé reale e Sé ideale
 overt o inconsapevole

Abbiamo una variante più fragile che tende più esplicitamente alla frammentazione perché è stata più
attaccata dal mondo reale, e questa seconda variante narcisistica in cui è meno evidente il suo
funzionamento narcisistico perché appaiono persone molto accorte e sensibili, poi col tempo emerge il
fatto che lo sono solo per le loro questioni e che la loro sensibilità non ha una coloritura affettiva variegata
come potrebbe essere la sensibilità iper-vigile dell’evitante, ma ha a che fare con la permalosità, perché c’è
un’iper-attenzione a qualsiasi contenuto che li possa riguardare, coglie le sfumature di tutti i discorsi e nel
descrivere la propria sofferenza che è spesso connotata da una coloritura o di rabbia o di invidia e
indignazione. Il narcisista iper-vigile invece spesso assume il ruolo sociale di moralizzatore critico, siccome
non ha potuto avere un ruolo di successo esplicito si pone in un angolo in modo da non farsi criticare.
Kohut è un autore criticato da Gabbard perché pone tutto sotto la prospettiva del fallimento empatico
genitoriale: sicuramente questo è vero, ma non è sempre vero che il modo di superare il fallimento
empatico sia necessariamente un atto riparativo nei termini di empatia, perché proprio per il transfert
particolare che questi pazienti impongono assecondarli eccessivamente potrebbe in alcuni casi incistare
ancora di più la loro forma di sofferenza.

Per Kernberg il transfert del paziente va visto nella sua forma difensiva di vedere l’altro come un oggetto-Sé
(speculare, gemellare e idealizzante), e non come un modo di essere da rimpolpare e assecondare.

Il paziente narcisista usa l’altro, anche il terapeuta, con ogni probabilità instaurerà dei transfert di
idealizzazione iniziale del terapeuta che poi servirà al paziente per agganciarlo e usarlo come un essere che
funge da specchio, quindi non si curerà mai della relazione con il terapeuta, per avere un’attenzione riflessa
di grandiosità, al limite ci usa in modo gemellare: sei come me, sei una variante di me, non c’è distinzione
tra me e te, quindi se il terapeuta è grande il paziente è grande, ma ovviamente si sgancia al primo errore
del terapeuta.

Una delle strategie per agganciare il paziente narcisista è fare sì da specchio mostrandogli il transfert
speculare, ma mostrandogli qualcosa di lui che lui non sa, il che gli permette di erotizzare la relazione e di
mantenere però un potere nella relazione terapeutica che ci permetterà di non essere fagocitati dal
paziente e quindi poi anche inevitabilmente rigettati.

Kohut è iper-empatico, mentre l’approccio di Kernberg è più direttivo e vedrà come sforzo da parte di
questi pazienti il porsi di fronte a piccole frustrazioni. L’approccio di Kohut è ascrivibile a un sottoinsieme
possibile dell’approccio di Kernberg che è di più ampio respiro.

Per riassumere, abbiamo 2 tipologie di narcisismo e due autori che li descrivono in virtù della loro storia:
covert (Kohut  vedeva pazienti ricchi in ambulatorio privato, e questo gli permetteva di entrare nei
discorsi in maniera più empatica) e overt (Kernberg  carceri: narcisismo maligno, paranoico,
manipolativo, volto a usare l’altro in senso stretto).

Hanno sviluppato anche delle linee di trattamento molto efficaci per una nicchia di persone: per Kohut è
necessaria una validazione empatica assoluta finché il paziente non acquista forza, non è stato riconosciuto
abbastanza per poter andare avanti da solo, per cui l’obiettivo di Kohut nella terapia è quello di portare il
paziente a scegliere l’oggetto-Sé adeguato, che non sarà più arcaico (il migliore amico in vista e potente che
mi permette di raggiungere determinati scopi, ma perché mi fa sentire in un certo modo – amico, donna,
lavoro).

Per Kernberg questo è parziale: bisogna portare il paziente progressivamente di fronte ai propri limiti, tra
cui soprattutto quello di mentalizzare i propri stati interni e quelli dell’altro, non solo in virtù di come l’altro
ci fa stare in quel momento e non solo per scegliere bene gli oggetti -Sé, ma per comprendere il mondo e
godere della mente dell’altro indipendentemente da quello che se ne può ricavare e che offre il mondo.
Questo è difficile per il narcisista non essendoci abituato e non trovandone il senso, perché non è entrato in
primis nella propria mente.

Il narcisista non svaluta il debole perché gli serve, ma non vi si identifica però si associa a persone più fragili
e deboli per sentirsi ancora più in alto. Bisogna far esperire un fallimento momentaneo recuperabile:
stimoliamo la sua competizione rispetto a Sé reale e ideale, è una sfida fargli imparare a fare qualcosa che
non sa fare che permetterà di farlo stare meglio socialmente e di avere un miglior successo sociale e non
professionale, per cui quando inizia a simulare stati mentali altrui capiamo che qualcosa si muove.
Facendogli sperimentare le sfumature dell’essere facciamo spazio in lui a un’esperienza dell’altro come
esistente indipendentemente da lui in un modo che gli possa dare soddisfazione perché lo fa stare bene a
lungo termine: questo è riparativo alla Kernberg, cioè ripara il difetto di mentalizzazione.
Ma funziona bene anche l’approccio di Kohut (cosa senti?) in modo da accompagnarlo pian piano al suo
sentire profondo. Sentiamo in maniera viscerale la loro invidia: un buon modo di iniziare è da lì, l’invidia
può essere distruttiva, connotata da un’avidità che ha a che fare con l’idea di grandiosità. Quindi un
esercizio per entrare nella mente dell’altro è “gli altri possono aver pensato questo di lei?” e lo poniamo
come una sfida o un gioco, che è un buon modo per entrare.

Il dilemma non è essere ma avere, che è narcisistico.

Differenza tra morale ed etico: ci aspettiamo un funzionamento morale ma non etico (sto alle regole del
gioco, ma se imparo ad aggirarle non sento il conflitto di colpa perché nessuno mi può dire niente, quindi
sono incline alla vergogna ma non alla colpa). Anche a fronte di comportamenti giustificabili, la violazione
della norma per l’organizzazione depressiva è dolorosissima, mentre nel paziente narcisista è quasi un
godimento, per cui vediamo il nesso con l’antisociale: se aggiro la norma e violo la regola sono bravissimo
perché ho trovato una scorciatoia. L’antisociale va proprio contro la norma e vuole che si veda la sfida: che
gusto c’è a sfidare un padre che non sa di essere vinto?

Controtransfert: poi diventa svalutante, non si fa raggiungere. Inizialmente noi potremmo essere lusingati,
prima o dopo frustrazione e senso di impotenza, infine rabbia perché a un certo punto il terapeuta si rende
conto di non esistere (funzione satellite). Il terapeuta si sente Eco, che non ha più identità, volontà ed
essenza ma è semplicemente una figura che ripete ciò che il narcisista dice.

Altro transfert comune: accoppiata narcisismo – depressione  quando perdiamo l’idealizzazione del
narcisista, se non conosciamo a fondo i suoi meccanismi e non siamo preparati, uno dei suoi modi di
manipolare è proprio la colpa tipica del funzionamento depressivo per via di quell’antica inversione di ruolo
genitoriale.

Le due componenti sono solo apparentemente antitetiche: il narcisista covert ha preso una traiettoria più
vulnerabile per via della vita. Lo stato di diritto è una prospettiva comune a overt e covert.

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