WALTER BENJAMIN "Aura e Choc", Saggi Sulla Teoria Dei Media
WALTER BENJAMIN "Aura e Choc", Saggi Sulla Teoria Dei Media
WALTER BENJAMIN "Aura e Choc", Saggi Sulla Teoria Dei Media
>
MONTAGGIO
crea un particolare stile filosofico e un particolare modo di fare teoria,
sintetizzabile in un concetto che a benjamin piaceva molto: il montaggio; nuova
modalità di costruzione di un'opera d'arte, ma dice anche molto altro; è una
modalità che lui spesso utilizza nelle sue opere, che utilizza attraverso una
frammentazione della scrittura filosofica e attraverso la ricerca di oggetti e
immagini che solitamente vengono considerati non interessanti dal pensiero
filosofico. Con lui entrano con prepotenza nella teorizzazione; spesso nei suoi
saggi dedicati ai letterati c'è l'idea di citazione (susy: come fossero frame?).
In una della sua opere fondamentali che non ha compiuto “passagenwerk”, la
citazione è un montaggio di teoria attraverso le parole e il recupero delle parole
degli altri, che comporta una messa in questione della possibilità autoriale del
filosofo, che fa teoria perché attraversato da parole d'altri.
La presenza dell'alterità è fondamentale nel pensiero e nel modo della
scrittura. La sua scrittura filosofica non fa sintesi, non può fare sintesi,
influenzato da nietzsche (asistematico).
L'asistematicità fa parte della sua idea, della possibilità di fare storia, filosofia,
pensiero.
Per il benjamin a partire dagli anni '30, c'è una necessità di rovesciamento
dell'esistente, perché il suo presente è drammatico (per lui come tedesco ed
ebreo e per molto mondo).
L'essere politico di ogni frammento del suo pensiero è presente in tutto il
suo pensiero.
Nella traccia, siamo noi che la facciamo nostra; noi siamo AGENTI.
C'è un'infinità di tempi, rispetto a tutto ciò che esisteva prima della fotografia.
Vale per la fotografia per fotografare un'opera d'arte ma anche COME opera
d'arte (non riproduzione di opere già esistenti).
La riproducibilità tecnica è dentro alla creazione.
Produco qualcosa attraverso un medium tecnico, una apparecchiatura
(macchina fotografica o telecamera). Senza questa tecnica, l'opera d'arte non
esisterebbe.
Atget (autore fotografie fine '800): toglie tutto dalla fotografia (mentre all'inizio
cerca di conservare l'aura, nel ritrarre volti umani con tempi lunghi, cercando di
ristabilire il valore auratico). Con atget tutto si svuota: le strade sono vuote, c'è
povertà della presenza umana.
La fotografia comincia ad avere funzione di prova nell'ambito giuridico dei
tribunali; la sua funzione cambia: non è più artistica ma giuridica. Fotografia e
denuncia, e pubblicità, e propaganda politica; funzioni non più artistiche, ma
l'opera d'arte assume altre funzioni e significati.
L'opera d'arte va incontro alle masse che hanno una fruizione che non ha nulla a
che fare con una fruizione cultuale, che è una fruizione nella distrazione. Non
è quella dell'essere rapito dalla statua di venere nel tempio greco; è una
fruizione che prevede una autonomia.
Discorso della massa è fondamentale, perché la massa è la nuova creazione, la
popolazione di uno stato. Appare l'esperienza delle masse; nelle metropoli c'è il
soggetto anonimo perso nella folla, che incontra continuamente volti anonimi e
che è a sua volta un volto anonimo.
Con la fine dell'800, predomina il fascismo; c'è l'idea del fascismo di rendere le
masse compatte.
B. fa riferimento alla capacità del fascismo di compattare la massa.
Non c'è solidarietà tra donne; quando hirut torna al campo dopo essere stata
violentata, nessuno la guarda, pensando tutte che, in un certo senso, se l'è
meritata.
Noi siamo più di questo, ma non c'è una vera solidarietà, e a kidane si dà la
possibilità di violentare.
Mengiste mette in scena hirut nel 1974 con la scatola da cui emerge un passato
che chiede di essere narrato; il passato dei morti. Nella cassetta ci sono i morti
che chiedono resurrezione (tema benjaminiamo).
I morti chiedono una redenzione della storia.
DISTANZA | VICINANZA
aura | choc
ottica | tattile
Mago | chirurgo
pittore | operatore