Giovanni Boccaccio

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GIOVANNI BOCCACCIO

VITA
Giovanni Boccaccio nasce nel 1313 a Certaldo, egli è figlio illegittimo ma riconosciuto di Boccaccio di
Chellino. Trascorre gli anni dell’infanzia e della scuola a Firenze, proprio qui incontrerà Dante che morirà da
lì a poco nel 1321. Nel 1327 viene mandato a Napoli dove è introdotto alla pratica mercantesca e bancaria.
Abbandonerà ben presto l’apprendistato commerciale e, negli anni tra il 1330 e il 1331 viene avviato dal
padre agli studi di diritto canonico (questo periodo risulterà cruciale nella vocazione letteraria). Egli si
dedica, da autodidatta, a uno studio dei testi maggiori della cultura medioevale. A questo periodo risale
anche la prima produzione letteraria, dopo la Caccia di Diana e il Filostrato, sotto il segno di Fiammetta, un
nome sicuramente fittizio, la donna amata che occuperà tutta la produzione di Boccaccio fino al
Decameron. Tra il 1340 e il 1341 Boccaccio deve lasciare Napoli per ritornare a Firenze dopo di ciò poco si
sa per certo poiché l’unico dato certo è che quando dilagherà la peste in tutta Europa Boccaccio si troverà
certamente a Firenze. Il periodo della peste rappresenta nella vita di Boccaccio una sorta di spartiacque.
Questi sono gli anni maggiori in cui egli lavoro alla sua più grande opera ovvero il Decameron che prenderà
forma definitivamente tra il 1349 e il 1351. In essa confluiscono figure, simboli e temi dell’esperienza
giovanile ma rielaborati attraverso il superamento, dichiarato nel Proemio.
In virtù del suo riconosciuto prestigio, in questi anni, Boccaccio è anche chiamato ad assolvere il compito di
ambasciatore per il Comune di Firenze.
Nel 1350 risale l’incontro con Petrarca con il quale manterrà i contatti attraverso un rapporto epistolare
fitto, delle volte anche polemico. Il secondo incontro avverrà a casa di Petrarca ma qui il rapporto tra i due
è totalmente mutato poiché Boccaccio si ritrova nel pieno della sua maturità di scrittore.
Tra il 1335 e il 1362 Boccaccio compie diversi tentativi per ritornare a Napoli ma furono tentativi
fallimentari, e nel 1362 si ritira definitivamente nella sua casa a Certaldo, dalla quale si allontanerà soltanto
per qualche missione o per qualche visita agli amici più cari.
Nel 1360 aveva ricevuto gli ordini minori, divenendo chierico e, negli anni che trascorre a Certaldo, maturo
un intenso impegno religioso e morale, e una maggiore devozione verso le lettere e la cultura, intese come
verità divine.
Nel 1373 accetta il suo ultimo impegno pubblico, dedicandosi alle Esposizioni sopra la Comedia di Dante,
ma deve interromperle per motivi di salute. Muore nel 1375 a Certaldo.
In Boccaccio convivono istanze diverse e complesse, talora in contraddizione l’una con l’altra. Il Decameron
esprime la complessità della società borghese comunale oramai al tramonto, ma al tempo stesso manifesta
l’attrazione per la realtà municipale fiorentina ma anche il fascino del mondo dell’aristocrazia.
Egli incarna un modello di intellettuale che in sé contiene, in modo vivo, ben tre modelli culturali: quello
aristocratico- cortese, quello borghese- comunale e quello umanistico.

IL PENSIERO E LA POETICA
Con Boccaccio fa ingresso nella letteratura italiana l’arte del raccontare. Il Decameron infatti segna il punto
di arrivo dell’intera tradizione narrativa precedente e un punto di partenza per le future esperienze di
scrittura in cui si fa entrare nella letteratura la realtà. Boccaccio è il primo autore che si misura con la
rappresentazione della realtà e dell’imprevedibilità della storia su cui agisce l’azione determinante della
sorte, chiamata da Boccaccio fortuna.
Nella cultura letteraria di Boccaccio si racchiude l’esperienza fatta a Napoli con la tradizione letteraria
cortese e romanzesca e anche la cultura scolastico- giuridica, la frequentazione con Cino da Pistoia
favorisce la conoscenza di Cavalcanti, Dante e Petrarca e infine la frequentazione della biblioteca reale di
Roberto d’Angiò permette il contatto con cultura greca e l’enciclopedismo.
Nella sua cultura incide anche la sua attività di copista, che risalta principalmente nello Zibaldone in cui egli
ricopia stralci di opere varie. Grazie a quest’opera si delineano quali sono i testi latini e volgari su cui si va
definendo la sua figura di intellettuale, e si imposta così come un vero e proprio laboratorio di scrittura che
è attenta agli aspetti linguistici- espressivi.
La scrittura di Boccaccio è caratterizzata principalmente dalla sua volontà di sperimentare forme e generi
diversi e di cimentarsi con codici espressivi anche distanti tra loro.
Boccaccio si pone quindi, come, un vero e proprio creatore di nuovi generi rispetto alla precedente
letteratura.
Le prime opere letterarie di Boccaccio hanno una doppia costante: la presenza del modello dantesco e la
scelta del tema dell’amore come “via privilegiata” del fare letteratura.
Da ciò ne esce fuori una concezione dell’amore nuova perché terrena e non spiritualizzata, come in Dante,
integralmente laica.
Il momento cruciale dell’esperienza letteraria e culturale di Boccaccio è la composizione del Decameron,
che segna l’atto di nascita di una nuova prosa narrativa, fondata tra la letteratura cortese e la tradizione
narrativa toscana del Duecento. La novella non nasce con Boccaccio, con egli nasce la novella moderna
quella in cui la fortuna, intesa come casualità pura, si introduce nella prospettiva del racconto (nella
tradizione precedente nulla era lasciato al caso).
Nella novella Decameron, invece, tutto è costruito su una situazione contingente determinato
dall’intervento della fortuna, i personaggi non sono riconducibili a modelli fissi e ripetitivi ma vengono fuori
da molteplici forze in gioco. Accanto alla fortuna agisce anche l’amore, inteso come forza istintiva e
naturale capace di sovvertire potenzialmente i codici di comportamento etico- sociali. La centralità del
tema amoroso traspare già nel proemio del Decameron, che è rivolto ad un pubblico femminile.
Boccaccio individua principalmente nella pulsione amorosa, sottratta alla condanna moralistica, il punto
centrale, insieme alla fortuna, su cui si fonda l’esperienza terrena degli esseri umani. Questo modo di
raccontare l’amore diventa una vera e propria terapia per il pubblico scelto delle donne, affinchè possono
trarre dalle novelle consolazione e vantaggio e liberarsi dalla malinconia e dagli effetti causati dalla passione
amorosa.
Nelle opere della maturità si nota una sorta di cambiamento di prospettiva che non è corretto però
denominare in questo modo, perché in questo periodo cambia il suo status socio- culturale e si ha la
vicinanza di Petrarca, questi potrebbero essere i fattori secondi i quali si leggono le opere maggiori come
una sorta di ritrattazione delle opere precedenti ma che in realtà non sono altro che una sorta di
emulazione del suo maestro. L’incontro e la frequentazione con Petrarca riaccendono e rafforzano in
Boccaccio l’interesse per la lingua e la cultura latina coltivato sin dagli anni giovanili. Le opere della
maturità, quindi, testimoniano una concezione della scrittura legata al modello culturale umanistico.
L’umanesimo di Boccaccio è eclettico in quanto contamina, utilizzandole in intrecci innovativi, fonti
disparate, classiche, cristiane e contemporanee.

IL CORBACCIO
Boccaccio elabora il Corbaccio che è un discorso sulle donne, inizialmente, proseguendo con una violenta
critica contro le rappresentanti del sesso femminile (altrove esse sono indicate come muse dell’ispirazione
poetica). Il gioco letterario di Boccaccio si spinge oltre fino ad arrivare all’antico topos della misoginia, cioè
le donne descritte con i toni del linguaggio anche popolare. Boccaccio qui nega che una donna possa essere
una “Beatrice” (contro Dante), ovvero dichiara che argomenti amorosi e argomenti etici e filosofici non
sono più compatibili in un’opera letteraria.
Boccaccio scrisse l’Esposizioni sopra la Comedia tenute come ciclo di pubbliche letture a Firenze e poi
raccolte in un opera unitaria. Nel corso di tutta la vita di Boccaccio Dante rappresenta un modello ma negli
ultimi anno diventa un impegno vero e proprio tanto da poter esser considerato il primo grande dantista
della cultura italiana.

FILOSTRATO
Il Filostrato fu scritto a Napoli intorno al 1335, l’opera è indirizzata a una destinataria non indicata
esplicitamente e l’identità dell’autore viene celata sotto uno pseudonimo parlante: il Filostrato cioè il “vinto
dall’amore”. Il Filostrato è costituito da un proemio in prosa e nove parti in versi.
La storia è quella di Troiolo e Criseida che, come spiega l’autore nel Proemia, ritiene rappresentativa della
sua vicenda personale.
L’intera vicenda ruota intorno a una situazione sentimentale caratterizzata dalla tensione verso “l’amore
per diletto” e rapidamente consumato nel “piacere intero” e reciproco dei due amanti.
Troiolo, ultimo figlio del re Priamo, si innamora di Criseida, figlia dell’indovino Calcante. Ne ottiene l’amore
per mediazione di Pandaro, fratello di lei; Criseida però, in occasione di uno scambio di prigionieri, si reca
insieme a Diomede al campo greco e se ne innamora. Troiolo convinto che Criseida lo abbia tradito vuole
vendicarsi ma viene ucciso prima di potersi vendicare da Achille.La storia richiama il mondo omerico e
precisamente la guerra di Troia.
L’importanza di quest’opera sta nella forma metrica adottata: l’ottava rima, cioè la stanza di otto
endecasillabi con schema ritmico ABABABCC.

FILOCOLO
L’opera risale agli anni del soggiorno di Boccaccio a Napoli, probabilmente nel 1336. Si tratta di un
lunghissimo romanzo che racconta la vicenda tormentata e avventurosa dell’amore tra Floro e Biancofiore,
e sarebbe il primo esperimento di narrazione in prosa.
Il titolo sarebbe fondata su un’etimologia greca, secondo la quale Filocolo significherebbe “fatica d’amore”.
Nel Prologo l’autore racconta di aver intrapreso la narrazione per amore di una donna, indicata con il nome
di Fiammetta. Il filo conduttore è interrotto da numerose digressioni, monologhi, disputazione ed epistole
secondo un modello di accumulazione enciclopedica di diversi elementi eterogenei.
L’autore, grazie a ciò, riesce a stabilire un legame fra la vicenda dei due amanti, che si svolge all’origine
dell’età cristiana, e l’ambiente trecentesco della Napoli angioina.

TESEIDA
Fu iniziato a Napoli probabilmente intorno al 1339 e concluso a Firenze nel 1341. Si tratta di un poema
epico in ottave, composto da 12 libri secondo il modello classico dell’Eneide del poeta latino Virgilio.
La trama è la vicenda amorosa: Teseo, dopo aver sconfitto le Amazzoni, ne sposa la regina, Ippolita, che
porta con sé ad Atene insieme alla sorella Emilia. Della sorella Emilia si innamorarono due amici tebani
Arcita e Palemone, che diventano nemici e rivali. Teseo decide di indire un torneo nel quale si potranno
fronteggiare, accompagnati ciascuno da cento cavalieri e il vincitore sposerà Emilia. Arcita trionfa, ma si
ammala a causa delle ferite riportate nello scontro così in punto di morte affida all’amico (prima nemico)
Palemone la sua promessa Emilia. Seguono il rogo del corpo di Arcita e i giochi funebri. Emilia vorrebbe
consacrarsi a Diana e mantenere la sua castità ma Teseo la convince a sposare Palemone.
Boccaccio dichiara apertamente di aver scritto quest’opera con l’intenzione di resuscitare la poesia epica, e
si può dichiarare che è il primo esperimento di poesia epica in lingua volgare.
Il Teseida racchiude una moltitudine di fonti: dai riferimenti al mondo mitologico e classico agli spunti
provenienti dalla tradizione medioevale francese e dalla poesia italiana.

L’ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA


L’elegia di madonna Fiammetta sebbene è ambientato a Napoli, fu composta a Firenze tra il 1343-44.
Essa racconta l’innamoramento di Fiammetta per Panfilo e la partenza di lui, richiamato dal padre a Firenze
da Napoli. Vi è un lungo monologo interiore in cui si ha il passaggio dall’ottimismo allo sconforto, fino
all’ipotesi del suicido quando scopre che Panfilo si è legato ad un’altra donna. La falsa speranza di un
ritorno di Panfilo è segnata dalle riflessioni della fanciulla sulle proprie vicende, confrontate con quella di
personaggi letterari dell’antichità.
All’elegia era assegnato lo stile umile (da Dante) infatti Boccaccio, nel commiato, parla dell’abito vile e delle
parole rozzamente composte della sua opera. In realtà la sintassi latineggiante, il lessico selezionato e le
frequenti citazioni letterarie rivelano una certa ambizione al tono elevato.
L’Elegia della madonna Fiammetta è dedicata alle donne, dichiarato espressamente dalla narratrice nel
Prologo. Le destinataria, secondo Fiammetta, devono appartenere all’ambiente gravitante intorno alla
corte angioina e avere esperienza dei fatti d’amore in modo da poter comprendere in profondità le vicende
sentimentali e emotive della narratrice.
La novità sta nell’attenta e approfondita analisi di ogni aspetto psicologico della vicenda con uno sviluppo
narrativo minimo.

IL DECAMERON
Il Decameron è un’opera organica, che si propone di ricreare un’armonia nel caos della peste, e che
risponde anche a precise preoccupazioni di ordine morale (nella visione di Boccaccio). A questo riguardo
sono tre i momenti significativi: il dibattito affrontato nella prima giornata dalle donne novellatrici; la
dichiarazione di poetica in difesa della poesia e del proprio pubblico femminile, nell’introduzione e nella
quarta giornata; la conclusione dell’autore, in cui Boccaccio difende la propria scrittura.
Riguardo alla nascita del Decameron possediamo solo un dato certo ovvero il termine dopo il quale è
avvenuta la sua organizzazione in un libro unitario e cioè nel 1348. Non abbiamo date certe sulla stesura
delle singole novelle, si presuppone che Boccaccio iniziò a scriverle al suo ritorno a Firenze da Napoli e dagli
ultimi studi emerge che le novelle prima di essere inserite in un’opera unitaria circolava in maniera
autonoma.
Tra i numerosi codici che ci sono arrivati a noi, ne viene identificato uno a metà Novecento che porta un
autografo, cioè un manoscritto redatto direttamente dall’autore. Questo codice fu scoperto da Vittore
Branca e oggi conservato alla Biblioteca di Stato di Berlino.
In quanto libro di novelle, il Decameron ha come precedente più diretto il Novellino, in cui però manca
l’elemento di strutturazione organizza e in cui le novelle vengono “assemblate” senza sistematicità.
All’interno del libro vi sono presenti numerose tipologie di novella poiché Boccaccio utilizza fonti scritte
diverse e che vanno dall’exemplum alla leggenda, dalla vida provenzale al miracolo, insomma una varietà di
fonti sul quale Boccaccio si basa.
Il movente di questo libro lo troviamo nell’Introduzione, nella quale l’epidemia di peste del 1348 viene
indicata come orrido cominciamento e il quale richiama la “selva oscura” con cui inizia la Commedia di
Dante, la differenza sostanziale è che nella Commedia tutto inizia da una condizione di smarrimento
affidata alla rappresentazione mitica e simbolica, invece il Decameron si apre su uno scenario di morte
collettiva, rappresentata realisticamente e riconducibile a un evento storico documentato.
Dobbiamo dire che il racconto della peste è un topos della tradizione occidentale ma lo scenario,
raccontato da Boccaccio, supera i confini della convenzionalità in quanto l’esperienza della peste è
un’esperienza vicina e coinvolgente sia per chi scrive sia per chi legge.
La peste offre a Boccaccio un’occasione per riflettere sulla disgregazione e il disordine causati dalla
malattia, come la dissoluzione dei rapporti civili e la dimenticanza delle principali norme sociali tutto ciò gli
permette di soffermarsi sui valori di un’intera civiltà fondata sulle relazioni, tipo la società mercantile.
La struttura interna prevede una “cornice” narrativa, in realtà non è corretto utilizzare questo termine in
quanto allude a qualcosa di accessorio invece la storia ha come ambientazione la peste fiorentina del 1348
ed è una vera e propria storia portante. Il narratore si fa cronista della brigata di novellatori, un trascrittore
dei discorsi che i giovani si scambiano.
La vicenda in cui sono incastonate le cento novelle ha come protagonisti dieci nobili giovani fiorentini, 7
ragazze e 3 ragazzi, che per sfuggire al contagio, stabiliscono di uscire dalla città e ritirarsi nel contado: in
questo ambiente sereno organizzano le loro giornate, precisamente dieci giornate con il contributo attivo di
ogni membro. Un’esperienza di vita in comune, all’insegna dell’intrattenimento piacevole, perché ordinato
e regolato, nell’intento di valorizzare il gusto e la gioia del vivere attraverso attività che scandiscono il
quotidiano scorrere delle ore, nel rispetto delle esigenze dei singoli.
Un posto di rilievo tra le attività delle giornate è riservato al racconto di novelle, nel quale ciascuno si
impegna secondo un ordine preciso e nel rispetto del tema stabilito per ogni giornata.
La società dei giovani novellatori sta ad indicare simbolicamente la “nuova società”, strutturata in base a un
ordine razionale ed etico- politico questa è la risposta propositiva alla disgregazione causata dalla peste.
La peste però, d’altra canto, causa ed effetto di morte e sofferenza è anche un’occasione educativa: insegna
la precarietà e l’urgenza di un sistema di regole. La peste quindi è l’emblema di una crisi profondo di ordine
etico politico a cui porre rimedio attraverso la ragione. A tutto ciò si ispirerà la nuova società utopica creata
dai novellatori: una società di nuovo regolata e ragionevole, che però è destinata a durare.
Il libro comunque si chiude con la rassegnata constatazione che nulla è cambiato e che la norma resterà alla
fine quella caotica, ma ciò che stupisce è l’azione armonizzante della scrittura letteraria, che riesce a dar
voce ai contrasti e ai mille volti del reale riuscendo a comporli in un insieme armonico.
Il Decameron è organizzato in base a una solida struttura interna, fondata su precisi rapporti numerici: essa
si articola intorno ai numeri- simboli 10 (100), 7 e 3. Già dal titolo abbiamo il richiamo ad un numero
cardine, Decameron cioè Di Dieci Giorni, il libro è suddiviso in dieci parti, corrispondenti alle dieci giornate
che la lieta brigata dedica alle narrazioni. Le giornate, per ciascuna delle quali viene eletto tra i novellatori
un re o una regina, prevedono un tema specifico; per otto giornate invece la prima e la nona sono a tema
libero, tutti i novellatori (tranne Dioneo) devono attenersi all’argomento e raccontare ciascuno una novella.
Ogni giornata si apre generalmente con un Introduzione breve e prevede una Conclusione più articolata, in
cui si elegge il nuovo re o regina, si descrivono gli altri svaghi a cui la brigata si dedica dopo cena e si
definisce il tema della giornata successiva.
Sempre nella Conclusione ognuno dei componenti della brigata canta una ballata o una canzone da lui
stesso composta.
L’attività del novellare comincia di mercoledì e si svolge tra l’ora nona (circa le tre del pomeriggio) e l’ora di
cena; per decisione della regina della seconda giornata, Neifile, la narrazione viene sospesa il venerdì
(giorno della Passione di Cristo), il sabato (da dedicare ai preparativi per la festa della domenica) e
ovviamente domenica (da santificare con il riposo). Sono dunque dieci le giornate dedicate al novellare, e
14 i giorni di permanenza della lieta brigata fuori città.

GIORNATA TEMA RE O REGINA


PRIMA GIORNATA Tema Libero Pampinea
SECONDA GIORNATA Fortuna Filomena
TERZA GIORNATA Industria Neifile
QUARTA GIORNATA Amori con esito infelice Filostrato
QUINTA GIORNATA Amori con esito felice Fiammetta
SESTA GIORNATA Motti Elissa
SETTIMA GIORNATA Beffe ai mariti Dioneo
OTTAVA GIORNATA Beffe Lauretta
NONA GIORNATA Tema Libero Emilia
DECIMA GIORNATA Magnificenza/magnanimità Panfilo

Come ben vediamo, per quanto riguarda l’elezione dei sovrani, sembra che il tutto rispetta una sorta di
simmetria: tre donne (Pampinea, Filomena, Neifile);un uomo (Filostrato); due donne (Fiammetta, Elissa); un
uomo (Dioneo); due donne (Lauretta, Emilia); un uomo (Panfilo).
Le singole giornate del Decameron sono introdotte dalla rubrica, un breve testo che indica il tema della
novella e ne sintetizza gli elementi essenziali. La sua funzione era quella di facilitare la memorizzazione da
parte del lettore dei contenuti, oltre a suscitare curiosità e orientare la lettura.
I VARI TEMI
Fortuna  Alla Fortuna è dedicata la Seconda Giornata. Nel succedersi degli eventi umani regolati dalla
fortuna è possibile a volte avere esito favorevole, cioè la buona riuscita delle aspettative e delle volte anche
oltre la misura sperata. Tutte le novelle in questa giornata trattano del condizionamento della fortuna che
porta i personaggi, attraverso diverse peripezie, a ottenere ciò che pensavo di avere perso grazie alla
capacità di adeguarsi di volta in volta al mutare delle situazioni.
L’industria  All’Industria è dedicata la terza giornata. Per industria si intende la capacità d’iniziativa e
questa giornata è strettamente correlata a quella di prima per testimoniare come certe risorse umane
offrano all’uomo l’occasione per farsi valere e realizzarsi in autonomia. Tutto ciò non sta a significare che il
tema della fortuna subisca delle correzioni, cioè essa lascia all’uomo lo spazio necessario per far valere la
propria intraprendenza ma il suo peso rimane sempre sullo sfondo (visione scettica e pessimistica del
mondo da parte dell’autore). In queste novelle è assente il senso di sofferenza psicologico- esistenziale: la
condizione a cui i personaggi sono sottoposti è simbolicamente la condizione umana nel suo complesso,
legata all’imprevedibilità del mutare delle situazioni. Il mercante è il protagonista di alcune novelle ed è un
personaggio chiave all’interno del libro.
L’amore felice e L’amore tragico  Nella quarta e nella quinta giornata l’attenzione si concentra
sull’esperienza amorosa. Nella quarta giornata l’amore ha esito tragico, è un amore tormentato dalla
gelosia, fonte di sofferenza di angoscia, simbolo di una serenità sfuggente. Soprattutto in questa giornata si
colgono molte indicazioni sui modelli culturali di Boccaccio e sull’eventuale distanza di essi. Tipo il rapporto
con la letteratura cortese che è ciò che lega Boccaccio al suo maestro ovvero Dante quello della Commedia,
che proponeva una riletture della tradizione precedente da Amore- Passione a Amore- Charitas.
Nella quinta giornata si restaura il lieto fine questo perché l’universo del narrabile si chiude sempre in una
dimensione di armonia. Al registro tragico, quindi, qui si sostituisce quello comico che è una sorta di
risposta alla precarietà dell’esistenza e che è principalmente il registro che domina tutto il libro.
Motti, il potere della parola  La Sesta Giornata è dedicata ai motti, le battute di spirito capace da sole di
risolvere una situazione difficile. Il/la protagonista afferma la propria forza attraverso l’esercizio della
parola, ben strutturata e ben calibrata. Il motto, in altre parole, può essere considerata una particolare
applicazione dell’industria, con specifico riferimento all’arte della parola. Non a caso siamo nella sesta
giornata cioè centro del libro e viene esaltata l’utilizzo della parola, di cui Firenze era capitale riconosciuta.
Boccaccio in realtà, sulla base dell’oratoria antica, propone una vera e propria retorica del motto cioè una
parola ornata, intelligente e non impulsiva e in genere caratteristica di intellettuali o nobili. I due personaggi
speculari della sesta giornata, il cavaliere della novella di Madonna Oretta e frate Cipolla, l’uno
assolutamente negato nell’arte del narrare e l’altro grande giocoliere della parola, sembrano ribadire che
l’uso del linguaggio è l’esperienza sulla quale si misura la conoscenza della vita e della storia degli uomini da
parte di Boccaccio.
La Beffa e l’Avventura amorosa  Nella settima e ottava giornata si ritorna al tema dell’amore, con novelle
in cui sono protagonisti amore adulterini o conquistati tramite beffe. La settima e l’ottava celebrano il
successo dei fatti, vincenti se organizzati in modo strategico. L’amore narrato in queste giornata ha sempre
dei modelli alle sue spalle, ma stavolta non vengono identificati con quelli della tradizione romanza alta ma
bensì con quello popolare dei fabliaux, narrazioni francesi del XII secolo di argomento lascivo o scatologico
(riferiti agli ambiti del sesso e degli escrementi) in cui ciò che attrae è lo sporco, il deforme, il paradossale
nella prospettiva del degrado. Boccaccio ricorre a questo stile per accentuare il registro comico di queste
novelle, in cui troviamo tipologie di personaggi ricorrenti tipo il prete (pericoloso per i mariti ma
tragicamente punito) o il marito (sciocco, geloso oltre misura e dunque meritevole di punizione, gretto e
avaro) o ancora la donna ( perennemente in balìa dell’istinto sessuale).
La Magnanimità  La decima giornata è molto più difficile da definire sul piano tematico. Boccaccio in
questa giornata ci rinvia, attraverso alcuni termini, a un registro stilistico o socio- culturale alto: cioè si
passa dal contesto borghese e mercantile al mondo aristocratico e cortese, vagheggiato e idealizzato in
novelle appartenenti ad altre giornate. Nell’ultima giornata il filtro della tradizione letteraria alta viene
esaltato al massimo: gli elementi della civiltà cortese si propongono come ideali, accentuano la loro
astrattezza fino a togliere verosimiglianza ai comportamenti narrati. Altro elemento di questa giornata è
che i novellatori entrano in gara tra di loro, aspetto totalmente assente nelle altre giornate. Qui ciò che
rende, secondo le intenzioni dei novellatori, più sorprendente di volta in volta la materia trattata non è
tanto il contenuto della singola novella, ma l’alto livello di costruzione retorica.
RUOLO DELLA DONNA  è molto importante il ruolo assegnato alla donna nel libro, basti notare: ogni
volta, tendenzialmente, che Boccaccio intende a impostare il suo discorso a un livello alto e retoricamente
costruito, in quei brani significativi ai fini delle dichiarazioni di poetica, si rivolge alle donne come
interlocutrici privilegiate. Come se Boccaccio leggesse nella condizioni della donna, capace di ascolto e di
consolazione delle sofferenze altrui, alcune caratteristiche sue proprie. La donna è simbolo di un ideale di
letteratura e di poesia, secondo Boccaccio sono le donne a stimolare la virtù nell’uomo, trasformando le
pulsioni naturali innate e profonde in ispirazione poetica e quindi in arte.

Ambientazione delle novelle  L’articolazione delle giornate e la materia narrativa ci restituiscono un


mondo complesso, vario nello spazio e nel tempo. L’ambientazione fiorentina e toscano è molto ricorrente
ma le novelle si muovono anche su un raggio molto più ampio, dal Mediterraneo all’Oriente; Anche l’arco
temporale si muove dal presente arrivando anche al mondo antico quindi Boccaccio ha una sicura
percezione della distanza geografica e temporale in cui situa le novelle. Tutto questo perché Boccaccio mira
a restituire al lettore il senso vivo dell’esperienza umana.
Questa molteplicità si riversa anche sui personaggi presenti nel Decameron, poiché Boccaccio riprende un
vasto campionario di carattere e classi sociali indagata senza preconcetti e con straordinaria apertura al
reale. Questa su attenzione alla dimensione terrena e l’esperienza da sì che, separato il piano umano da
quello divino, si mostrino in azione le vere forze che fanno muovere la vita e i comportamenti degli uomini:
la Natura, intesa come pulsione istintiva che è presente in ciascun individuo e reclama i propri diritti, spesso
soffocati da pregiudizi, convenzioni e ipocrisie sociali; la Fortuna che muove i destini individuali in modo
totalmente casuale e privo di spiegazioni provvidenziali; l’Ingegno, con cui l’uomo può non solo dar scacco
alla Fortuna, ma affermarsi e far valere, al di là del rango sociale e della condizione economica, con la
parole come con l’azione virtuosa.
C’è da dire però che questo approccio al reale di Boccaccio non è mai diretto e immediato poiché egli filtra
sempre i casi narrati, anche quelli tratti dall’osservazione empirica del reale, attraverso modelli e schemi
letterari che gli consentono di ordinare e comporre una materia altrimenti caotica e dispersa. La letteratura,
di qualsiasi tradizione, per Boccaccio è lo strumento privilegiato e insostituibile per dare ordine al Caos del
mondo.
La visione religiosa nel Decameron  L’ottica che domina il Decameron è dunque un’ottica laica, in cui il
trascendente non è negato ma appare insondabile all’occhio e al giudizio degli uomini e quindi sottratto
all’indagine diretta dello scrittore. Ciò che interessa a Boccaccio nella sfera del sacro non è la riflessione
sulle grandi verità teologiche ma il comportamento degli uomini, sia laici sia del clero, rispetto al culto
religioso. Su questa prospettiva va collocata la polemica contro il mondo ecclesiastico e contro i frati, che
occupano una parte ingente nel mondo del Decameron. Ciò che critica Boccaccio è l’immoralità e la
corruzione di molti religiosi, pronti a negare le ragioni naturali dell’eros e a condannare chi si appella a esse,
per poi sconfessare le proprie parole con i fatti e i comportamenti. Boccaccio nel Decameron, soprattutto
agli inizia, perviene a conclusioni sorprendenti e aperte: egli sostiene che l’uomo non arriverà mai a
stabilire con la sola ragione quale sia la “vera” religione, lasciando intendere che Dio, nella sua
imperscrutabile verità, acconsenta a che tutte le fedi siano uguali di fronte a Lui, se nutriti di giusti e buoni
propositi.
Varietà di linguaggi e registri  La pluralità di aspetti trattati dal Decameron trova voce nel gran numero di
registri linguistici che lo caratterizzano: la scrittura di Boccaccio registra le varietà della lingua viva ma
sperimenta le diverse potenzialità espressive attraverso la conoscenza delle più raffinate scelte retoriche. La
scelta del registro comico permette al Decameron di misurarsi con le varietà regionali, con il linguaggio
popolare e anche gergale e quindi con l’immediatezza del parlato. D’altra parte la cura della parola spiega la
costruzione alta del periodo in alcune pagine più importanti ai fini ideologici o la scelta di un linguaggio
retoricamente elevato per alcuni personaggi legati al mondo aristocratico e cortese. Si può parlare quindi di
una vera e propria polifonia di linguaggi e registri stilistici.

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