La Forza Delle Farine

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LA FORZA DELLE FARINE – SCIENZA IN CUCINA

Il grano, o frumento, tenero (Triticum aestivum) è originario del medio oriente. La sua farina è alla base
di moltissime preparazioni: pane, pizze, focacce, torte, brioches, biscotti, dolci lievitati e così via.
I più grandi produttori di grano tenero (fonte FAOstat) sono Cina, India, Usa e Russia. L’Italia nel 2007
era al 19° posto e non essendo autosufficienti importiamo il 70% del frumento che consumiamo. Siamo
invece al secondo posto dietro il Canada come produttori di grano duro, che usiamo principalmente per
produrre pasta, ma anche in questo caso siamo costretti a importarne il 40%. La superficie coltivata a
grano, sia duro che tenero, in Italia è diminuita negli ultimi 20 anni

Classificazione delle farine

Qui potete vedere una rappresentazione grafica di un chicco di grano


o, più precisamente, di una cariosside. La buccia esterna, i tegumenti,
costituisce la crusca. Abbiamo poi il germe o embrione e infine
l’endosperma, cioè la parte che, contenendo l’amido e le proteine che
formano il glutine, più ci interessa. Nella produzione della farina il
chicco viene privato del germe e dell’involucro esterno. L’endosperma
viene poi rotto e macinato in fasi  successive per produrre una farina
del tipo desiderato. Poiché la crusca è più ricca di minerali mentre
l’endosperma, ricco di amido, ne contiene molti meno, la legge italiana
ha deciso di classificare le farine in commercio in base al contenuto di
minerali. O meglio, vengono classificate in base alle ceneri, cioè a
quello che rimane dopo aver bruciato la farina (i minerali e i loro ossidi
non bruciano). Più è basso il contenuto di ceneri, più la farina è stata
prodotta con il solo endosperma, e più è bianca. La farina “integrale”
avrà invece il massimo contenuto di ceneri perché tutto il chicco è stato
utilizzato e sarà più scura. Nell’industria molitoria di parla
di abburattamento, cioè della percentuale di farina estratta da un chicco. La “resa” insomma. L’analisi
delle ceneri di una farina è quindi una misura dell’abburattamento ottenuto. La legge italiana classifica
le farine di grano tenero nei tipi 00, 0, 1, 2 e integrale.
La farina di grano tenero è composta per la maggior parte da amido (64%-74%) e proteine (9%-15%),
principalmente glutenina e gliadina. Queste, a contatto con l’acqua e per azione meccanica, si legano
fra loro e formano un complesso proteico chiamato glutine, creando una specie di maglia elastica. Il
glutine assorbe una volta e mezzo il suo peso in acqua, e durante la lievitazione trattiene l’anidride
carbonica sviluppata dal lievito. La percentuale relativa di gliadine e glutenine determina le proprietà
dell’impasto: le glutenine lo rendono tenace ed elastico mentre le gliadine lo rendono estensibile.
Tipo di Farina Umidità max Ceneri min Ceneri max Proteine min Abburattamento

00 14.50% – 0.55% 9.00% 50%

0 14.50% – 0.65% 11.00% 72%

1 14.50% – 0.80% 12.00% 80%

2 14.50% – 0.95% 12.00% 85%

Integrale 14.50% 1.30% 1.70% 12.00% 100%

Verificare la qualità della farina e le sue proprietà nella fase di impasto, lievitazione e cottura non è una
cosa semplice. A questo scopo nei molini vengono ormai effettuate tutta una serie di misure chimiche e
fisiche per classificare al meglio le farine prodotte.

Guardate ad esempio questa scheda tecnica di una farina.

Che cosa sono tutti quei dati? Visto che l’hobby della panificazione in casa prende sempre più piede,
ho pensato di entrare un po’ nel dettaglio per soddisfare la curiosità di noi pasticcioni casalinghi 

Il Farinografo

Negli anni ’30 venne inventato il Farinografo di Brabender per registrare graficamente, su carta tramite
un pennino mobile, la fase dell’impasto della farina con l'acqua. Nel Farinografo la miscela acqua e
farina viene impastata meccanicamente e viene misurata la resistenza opposta dall’impasto in funzione
del tempo.
Il farinogramma  ottenuto è utile per misurare la percentuale ottimale di acqua da aggiungere alla farina
per avere la giusta consistenza, il tempo di sviluppo dell’impasto (diciamo il tempo minimo di
lavorazione necessario per sviluppare al meglio il glutine), la sua stabilità (quanto tempo di lavorazione
può sopportare prima di iniziare la fase di rammollimento), e l’indice di caduta (in quanto tempo
l’impasto perde la sua consistenza). Farine di bassa qualità non reggono più di 3 minuti di
impastamento mentre farine di qualità eccellente possono reggere anche tempi di impasto superiori ai
10 minuti. La farina descritta sopra nella figura assorbe dal 55% al 57% di acqua e ha un tempo di
stabilità tra gli 8 e i 15 minuti. Tempi di lavorazione più lunghi hanno come risultato il rammollimento
dell'impasto.

L’alveografo

Un altro apparecchio, l’Alveografo di Chopin, inventato


nel 1921 da Marcel Chopin, fornisce un indice che
viene ormai comunemente utilizzato da panificatori
professionisti e, ultimamente, anche dagli amatori: W,
spesso un po’ impropriamente chiamato forza della
farina.
Nell’alveografo viene soffiata dell’aria nel centro di un
disco di pasta di peso e idratazione standard per
produrre una bolla, in modo da simulare l’effetto della
lievitazione, e misurare la capacità dell’impasto di
trattenere il gas. Sotto l’effetto della pressione dell’aria
insufflata la bolla si espande sino a rompersi. Il
risultato di questa prova è un Alveogramma, che riporta un grafico della pressione (P) in funzione
dell’estensione (L) della bolla di impasto.
Dall’area sottesa alla curva si può calcolare l’energia totale spesa per rompere l’impasto. Questa
energia viene indicata con W (è il simbolo del lavoro, per questo dicevo che è un po’ improprio
chiamarla “forza”) e rappresenta un indice globale di comportamento della farina. Qui sotto vedete, in
giallo e in blu, due alveogrammi tipici.
Il massimo della curva identifica P, che rappresenta la tenacità del glutine, mentre L rappresenta
l’estensibilità: più è elevata e più l’impasto è estensibile.

Ai fini pratici questi due parametri vengono combinati, dividendoli tra loro, per calcolare l’indice P/L. Il
valore di riferimento è di 0.5. Una farina per biscotti avrà un valore di W e di P/L bassi (ad esempio
W=100 e P/L = 0.4) mentre una farina per prodotti lievitati avrà W e P/L alti (ad esempio W=350 e
P/L=0.6). Un valore di P/L troppo alto indica una farina troppo resistente e poco estendibile, di difficile
lavorazione. Al contrario, un P/L troppo basso indica una farina poco resistente e troppo estendibile

Farine con W tra 90 e 160 sono dette ‘farine deboli’. Hanno un basso contenuto proteico, solitamente
9%, e vengono  utilizzate per produrre biscotti secchi o gallette. Farine con W compreso tra 160 e 250
hanno una forza media. Sono usate ad esempio per il pane pugliese o quello francese, per impasti
diretti o lievitazioni brevi, per pizze e focacce.
In generale più un prodotto richiede lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo
da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione. Il glutine è in grado di assorbire
acqua per una volta e mezza il suo peso, quindi più è forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si
passa da una idratazione inferiore al 50% per le farine da biscotti sino a valori superiori al 70% per
farine forti.

Farine con un alto W vengono chiamate “farine di forza” perché oppongono una grande resistenza alla
deformazione del glutine. Con W tra 250 e 310 si ottengono pani come biove o baguettes.  Valori di W
tra 310 e 370 si usano per pani particolari o prodotti a lunga lievitazione come panettoni, brioches e
croissant. Esistono anche farine con valori di W superiori a 400, denominate Manitoba perché originarie
di quella regione del Canada. Vengono denominate Manitoba anche se il grano corrispondente è ormai
coltivato anche in Europa. Hanno un alto contenuto proteico e vengono spesso utilizzate in miscela con
farine più deboli per aumentarne la forza.
Purtroppo i valori di W di una farina, disponibili sui sacchi per uso professionale e sui siti web dei molini,
non sono riportate nelle confezioni ad uso casalingo, e ci si deve accontentare del contenuto proteico:
grossolanamente più proteine sono presenti più è forte la farina, a parità di tipo di farina (00, 0 etc...).
La farina integrale contiene più proteine, provenienti dal germe e dalla crusca, tuttavia non sono tutte
proteine che producono il glutine. È per questo che panificare con la farina integrale é più complicato.

Volendo preparare dei biscotti dobbiamo evitare che si formi il glutine, quindi dobbiamo usare delle
farine deboli, a basso contenuto proteico e molto estensibili. Alcune preparazioni prevedono percentuali
di proteine molto basse, attorno al 7%, ed è per questo che la farina (il cui contenuto proteico è come
minimo il 9% per legge) viene miscelata a dell'amido e il prodotto venduto come "preparazione per torte
e dolci".

Utilizzo
W P/L Proteine

Biscotti ad impasto diretto


90/130 0,4/0,5 9/10,5

Grissini, Crackers
130/200 0,4/0,5 10/11

Pane comune, Ciabatte, impasto diretto, pancarré, pizze, focacce, fette


170/200 0,45 10,5/11,5 biscottate

Baguettes, pane comune con impasto diretto, maggiolini, ciabatte a


220/240 0,45/0,5 12/12,5 impasto diretto e biga di 5/6 ore

Pane lavorato, pasticceria lievitata con biga di 15 ore e impasto diretto


300/310 0,55 13

Pane soffiato, pandoro, panettone, lievitati a lunga fermentazione,


340/400 0,55/0,6 13,5/15
pasticceria lievitata con biga oltre le 15 ore, pane per Hamburgher

Per prodotti lievitati invece abbiamo bisogno di farine forti. Più é forte una farina e più è lunga la
lievitazione, e ricordate che il volume finale del prodotto è correlato al contenuto proteico della farina.

Qui sopra potete vedere una tabella riassuntiva di massima

L’AUTOLISI
pregi dell’autolisi (se applicata al giusto contesto)

Se utilizzata con rigore e senso logico, grazie a tale tecnica la consistenza dell’impasto diventa
particolarmente liscia e malleabile, la formatura risulta più agevole e il prodotto finito presenta volume
superiore, migliore alveolatura e maggiore sofficità della mollica.

Tutti questi vantaggi sono il risultato di processi fisici e chimici che hanno luogo durante il riposo della
pasta. In questa fase, infatti, l’impasto subisce importanti modifiche, tra cui l’idrolisi (dal greco “hydro”=
acqua e “lysis”= sciogliere, l’insieme di diverse reazioni chimiche in cui una molecola viene scissa in
due o più parti per inserimento di una molecola di acqua) dei suoi componenti ad opera degli enzimi (in
particolare amilasi e proteasi) attivati dall’acqua dell’impasto.

Sotto l’azione degli enzimi amilasi, l’amido si scinde in zuccheri, fornendo così elementi nutritivi ai lieviti
contenuti nell’impasto. Di conseguenza, la fermentazione successiva dell’impasto finale sarà agevolata
e anche le caratteristiche organolettiche del prodotto finito saranno migliori .

Quando è veramente utile fare affidamento all’autolisi?

In altri termini, un’autolisi ben eseguita dona all’impasto (sulla carta) una particolare estensibilità,
migliora l’elasticità e il grado d’assorbimento dell’acqua.

È particolarmente utile quando si utilizzano farine molto resistenti, con un P/L elevato (rapporto tra
tenacità ed estensibilità, una caratteristica reologica della farina indicata dal molino di appartenenza), o
con il grano duro, dotato di un glutine molto “più chiuso” e dall’assorbimento più lento e graduale; in
questo caso infatti rende più morbida la maglia glutinica grazie alla proteolisi (scissione delle proteine in
peptidi e amminoacidi liberi grazie agli enzimi proteasi).

È di aiuto infine in presenza di farine che hanno un alto indice di FN (bassa attività amilasica),
indicativamente di oltre 350 secondi; in questo frangente permette di far partire bene la fermentazione
grazie all’amilolisi (trasformazione dell’amido in zuccheri più semplici svolto dagli enzimi alfa e beta
amilasi) nonostante la carente attività enzimatica.

Un’autolisi troppo prolungata tuttavia (oltre le 24 ore) potrebbe tuttavia creare una fermentazione
sbilanciata, in quanto il lievito avrebbe troppi zuccheri di cui nutrirsi a discapito di una maglia glutinica
più debole.
CHE COSA SONO I GRANI ANTICHI

Tutto quello che avresti sempre voluto sapere sulle antiche varietà di grano come Senatore Cappelli, Gentil Rosso,

Timilia, saragolle e altre ancora...

Si definiscono "grani antichi" tutte le varietà che venivano coltivate prima che si iniziasse a selezionare i grani per fini
industriali, approssimativamente a partire dagli anni Settanta del Novecento. Infatti le varietà oggi più diffuse (le prime
cinque sono Simeto, Duilio, Ciccio, Arcangelo e Creso) sono tutte nate negli ultimi decenni per rispondere alle esigenze
dell'industria alimentare che ha bisogno di farine forti, dall'alto indice di glutine, che possano essere lavorate
velocemente e ad alte temperature per accorciare i processi produttivi.
In questo articolo spiegheremo la differenza tra grani antichi e moderni ed elencheremo i grani antichi più famosi.

LA NASCITA DEI GRANI MODERNI


Fin da quando l'uomo coltiva la terra, ha sempre cercato un miglioramento genetico del grano (come di tutte le specie
coltivate). In una maniera semplicissima: selezionando le migliori sementi dell'annata per seminarle l'anno successivo.
Con quali criteri li selezionava? Anche in questo caso è semplice:
1. produttività,
2. sapore.
Quando le tecniche di produzione si sono industrializzate i criteri sono cambiati. Servivano grani non solo produttivi,
ma che potessero essere lavorati ad alte temperature accorciando i tempi di lavorazione. Le linee guida sono diventate: 
1. resistenza alle lavorazioni industriali,
2. produttività. 
Il sapore è praticamente scomparso dai criteri di selezione perché, con l'affermazione sempre più prepotente delle farine
molto raffinate, le differenze di sapori e profumi tra le diverse varietà sono praticamente scomparse.

Farine di grani antichi da filiera controllata


Rispetto ai grani antichi, infatti, i grani moderni presentano in primo luogo un indice di glutine molto più alto e danno
vita a impasti più elastici e resistenti agli shock termici. Così, ad esempio, è diventato possibile ridurre i tempi di
essiccazione della pasta da oltre 24 ore a 2-3 ore alzando la temperatura di essiccazione dai 30-40°C delle antiche
lavorazioni ai 120 e oltre di oggi. Con il grano antico Senatore Cappelli sarebbe impossibile produrre una pasta
industriale: si spaccherebbe troppo facilmente per via della minore presenza di glutine.

IL GRANO CRESO E LE SPIGHE NANE


Si può dire in un certo senso che i grani moderni sono nati con la creazione del grano Creso, che ancora oggi è
la quinta varietà di grano più diffusa al mondo ed è alla base di molte delle più diffuse, tra cui l'Arcangelo. È
considerato un fiore all’occhiello della ricerca italiana, utilizzato nei programmi di miglioramento genetico di Usa,
Canada, Australia, Argentina e Cina e nei più importanti centri di ricerca internazionale. È stato ottenuto da un gruppo
di genetisti del CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) al Centro Ricerche Casaccia, in una ex fattoria sul
lago di Bracciano con una tecnica molto particolare.
In un campo di grano di forma circolare, circondato da uno spesso muro di cemento era stata posta una sorgente di
cobalto radioattivo. Dopo essere state esposte alla sorgente radioattiva, le spighe subivano una mutazione genetica
imprevedibile: la maggior parte moriva, alcune restavano deformi, ma occasionalmente poteva capitare che qualcuna
migliorasse. In particolare, una spiga di Senatore Cappelli ha subito una mutazione che l'ha resa nana, caratteristica
importantissima perché evita il cosiddetto allettamento (la tendenza delle spighe a piegarsi sotto l'azione degli agenti
atmosferici). Ed ecco perché i grani antichi sono a spiga alta mentre quelli moderni sono a spiga bassa.
Da questa spiga nana (chiamata Cp B144) incrociata con una varietà messicana (Cymmit) è nato il grano Creso, un
grano duro molto proteico e facile da lavorare anche ad altissime temperature. Ora potete capire perché tutto quello che
sta prima di queste tecniche viene definito grano o cereale antico. Ora possiamo fare una veloce panoramica dei grani
antichi.

QUALI SONO I GRANI ANTICHI


PER APPROFONDIRE

Perché la farina di grani antichi è meglio delle altre?


Il primo grano da nominare è senza dubbio il farro monococco, primo cereale coltivato dall'uomo. Tecnicamente,
infatti, il farro è una varietà di grano a tutti gli effetti e per questo è chiamato talvolta anche grano monococco. Ha un
chicco molto piccolo ed è poco produttivo, per questo è stato presto abbandonato. Viene riscoperto oggi per le sue
qualità nutrizionali superiori agli altri cereali.
A sostituire il monococco è stato il farro dicocco, che è stato la base dell'alimentazione dei soldati romani nella fase di
espansione dell'Impero, tanto che la parola farina deriva proprio da farro. A sua volta è stato sostituito dal grano tenero,
che cresce già privo della glumella che avvolge il chicco quindi permette di saltare un passaggio di produzione.

Forse la varietà di grano più antica di cui abbiamo traccia, citata perfino nella Genesi, è il cosiddetto Grano del
Miracolo, dalla tipica (e unica) forma a grappolo, ormai molto raro può crescere spontaneamente in terreni
particolarmente fertili e adatti. A noi è capitato, in un campo sul quale avevamo seminato otto grani antichi per produrre
la Farina Luce, che infatti è una farina di 9 grani antichi: gli otto seminati più il Grano del Miracolo.
Un altra varietà antichissima è il khorasan, che molti conoscono con il marchio commerciale Kamut (con cui si
identifica solo il khorasan coltivato in Canada secondo un certo disciplinare). La leggenda narra che fosse il grano dei
faraoni, ma si tratta appunto di leggenda non documentata (è più probabile che gli Antichi Egizi mangiassero farro e
orzo). Resta comunque una delle varietà più antiche che conosciamo.
Pochi sanno che in Italia abbiamo una varietà autoctona del tutto simile sotto il profilo nutrizionale e organolettico: si
tratta del saragolla, anzi delle saragolle perché si tratta un gruppo poco uniforme che ha in comune il fatto di
appartenere alla varietà triticum turanicum, ovvero khorasan. Occhio, perché esiste anche un grano duro moderno
registrato nel 2004 dalla Società Produttori Sementi di Bologna a cui è stato dato ingannevolmente il nome di Saragolla
ma non ha niente a che vedere con l'antica varietà. È stato prodotto incrociando la varietà moderna Iride con un grano di
laboratorio (PSB 0114) e ricorda le saragolle per aspetto e sapore, ma è un grano duro (non khorasan) e non ha le stesse
proprietà nutrizionali.
Un altro grano di cui si ha traccia da più di 2500 anni è la Tumminìa o Timilia, una delle varietà che soppiantarono il
farro in epoca romana, tipica della Sicilia.
Nel Nord Italia, invece, in particolare nell'Emilia Romagna, si coltiva almeno dall'Ottocento (a cui risale la prima
attestazione) il grano tenero Gentil Rosso. Nei primi decenni del Novecento è stata la varietà più coltivata in Italia ed è
ancora oggi apprezzata per la sua grande versatilità. Ha la caratteristica di contenere alti livelli di vanillina, presente in
misura minore anche negli altri grani antichi, che donano a questa varietà una delicatezza ed eleganza ineguagliabili.
A partire dagli anni Venti in Italia è iniziata la cosiddetta "Battaglia del grano", una campagna lanciata dal governo
fascista per perseguire l'autosufficienza produttiva. Sono così iniziati una serie di esperimenti per migliorare
geneticamente il grano. Ovviamente non avevano nulla a che vedere con le moderne tecniche di mutazione genetica, si
trattava semplicemente di incrociare sul campo diverse varietà nel tentativo di crearne una nuova che accorpasse le
caratteristiche positive delle prime due (un po' quello che si studia alle elementari con gli esperimenti di Mendel sulle
piante di piselli). 
Campione assoluto di questa stagione è stato il geniale agronomo Nazareno Strampelli, padre del grano duro  Senatore
Cappelli e del grano tenero Mentana, sicuramente i due risultati migliori delle sue ricerche, ma anche di una grande
quantità di altri grani.
Citiamo ancora il grano tenero Verna, prodotto in Toscana nel 1953 da Marino Gasparini perché uno dei migliori studi
sull'impatto dei grani antichi in una sana alimentazione riguarda proprio questa varietà. È stato condotto nel 2010 a
Prato in collaborazione da diversi soggetti e pubblicato sul Journal of Medicinal Food. In pratica è stato analizzato il
consumo per 10 settimane di pane di grano antico Verna e per altrettante settimane di pane di grani moderni. Si legge:
"Il nostro studio mostra un evidente effetto benefico dell’assunzione di tale vecchia varietà di pane integrale sulle
variabili lipidiche, infiammatorie ed emoreologiche. [...] Un consumo regolare di tale vecchia varietà di pane integrale
può essere utile a ridurre la quantità di rischi cardiovascolari della popolazione in generale". Anche il progetto
triennale (2009-2012) Bio-Panecoordinato dal professor Giovanni Dinelli dell’Università di Bologna lo ha individuato
come uno dei migliori grani dal punto di vista nutrizionale per l'elevato contenuto di antiossidanti.

PERCHÉ SCEGLIERE I GRANI ANTICHI


PER APPROFONDIRE
8 motivi fondati per scegliere i grani antichi
Esiste un acceso dibattito tra i sostenitori dei grani antichi (perché più salutari e più buoni) e gli oppositori (per i quali
sono solo uno strumento di marketing). Purtroppo le ricerche scientifiche che hanno confrontato in laboratorio alcune
varietà antiche con altre moderne non hanno ancora dato una risposta definitiva. Tuttavia la nostra personalissima
posizione (non l'abbiamo ancora trovata altrove, ma ci sembra di assoluto buon senso) è che non ha senso concentrarsi
solo sui grani, ma bisogna confrontare la filiera di produzione dei grani antichi con quella dei moderni. A questo
punto i vantaggi saranno molto più spiccati.
Ne sintetizziamo qui alcuni, per un approfondimento potete leggere i nostri 8 motivi fondati per scegliere i grani
antichi.
 Sono più salutari: innanzitutto perché non vengono coltivati con fertilizzanti chimici, i quali li
danneggiano anziché aiutarli (mentre i grani moderni sono sviluppati per dare il meglio proprio
in presenza di concimi azotati). In secondo luogo, vista la produzione più ridotta, la filiera di
trasformazione è artigianale o semiartigianale: questo significa che il prodotto viene lavorato
più lentamente e a temperature più basse che non denaturano i nutrienti. Infine esistono anche
studi scientifici che dimostrano il loro maggiore contenuto in sali minerali e vitamine.
 Sono più digeribili: perché hanno una forza minore e un indice di glutine più basso (per questo
sono anche più difficili da lavorare).
 Prevengono le intolleranze: sulle differenze nella struttura del glutine molto si è discusso e
molto si discuterà ancora, ma fino ad oggi le ricerche fatte sulla popolazione (e non in
laboratorio imitando la digestione umana, che è a detta degli scienziati impossibile da
riprodurre in vitro) suggeriscono che i grani antichi irritano l'intestino meno di quelli moderni.
Se sia dovuto al glutine non è ancora chiaro, per questo oggi non si parla più di intolleranza al
glutine ma di intolleranza al grano.
 Sono più buoni: se chiedete a un mugnaio vi dirà che si possono distinguere molti grani
antichi dal profumo che si sprigiona durante la molitura, mentre i grani moderni sono poco
profumati. Inoltre la filiera di produzione artigianale o semiartigianale dei grani antichi dà vita
a prodotti più gustosi anche per via delle lavorazioni di qualità più alta, mentre le varietà
moderne pensate per le produzioni industriali vengono generalmente usate in prodotti di qualità
medio-bassa.

Farine di cereali e di non cereali


Le farine di cereali e le farine provenienti da altri vegetali (non
cereali)

Farine Di cereali
Abbiamo già approfondito altrove  le farine di grano tenero e di grano duro e le farine di  grani antichi. Sono
tutti cereali, naturalmente, alcuni più comuni, altri meno, ma che piano piano il mercato sta riscoprendo in
ragione del loro grande apporto nutrizionale e del fatto che offrono la possibilità di ridurre l’apporto glutinico. 

Entriamo ora nel merito di altre farine a base di cereali piuttosto note e diffuse, e poi di altre farine che invece
non si ricavano dalla macinazione di cereali, ma di altri elementi vegetali.

La Terra Di Puglia ama le farine buone e sane ed ama selezionare i migliori prodotti per i propri
clienti. Per questo motivo, nel nostro shop troverai tanti prodotti anche a base di farine particolari, di
grani antichi e di cereali. Vediamo dunque le farine di cereali e le farine di altri tipi di vegetali.

Farina di Farro (spelta, monococco, dicocco)


Il farro si suddivide in tre tipologie, spelta, monococco e dicocco. Il farro spelta è’ antichissimo. Si ritiene che
le sue origini risalgano ad ottomila anni fa in Asia Minore. Somiglia al grano tenero ed è ricco di fibre. Anche
il monococco è molto simile al grano tenero, mentre il dicocco somiglia di più al grano duro.

Farina di Orzo
La farina di orzo è una farina di produzione pugliese che offre ottime proprietà lassative, è eccellente nel
tenere a bada il colesterolo cattivo, ed è l’ideale per le diete a basso indice glicemico e per chi è a
dieta, in quanto regala un buon senso di sazietà. E’ anche Nel complesso i prodotti a base di farina d’orzo
sono buoni e leggeri quindi a prescindere dal vostro stato di salute potete introdurli nella vostra dieta per
apportare leggerezza e salute.

Farina di Mais
E’ chiamata anche farina di granoturco. Si macina più grossolanamente nel nordovest del paese, più
finemente nel nordest. In entrambi i casi è l’ingrediente principe della polenta. Si trova sia il mais giallo che il
mais bianco, più indicato per piatti di pesce.

Farina di Riso
Si ottiene dalla macinazione del riso. La si usa per preparare torte, biscotti, ma anche grissini e crackers. E’
totalmente priva di glutine quindi indicata per i celiaci.

Farina di Segale
E’ particolarmente ricca di fibre e contiene una quantità minima di glutine. Tuttavia, è ricca di
ferro e vitamine, dunque dal punto di vista nutrizionale è davvero ottima. Peraltro, la segale ha
proprietà calmanti.

Farina di Sorgo
La farina di sorgo si caratterizza per essere priva di glutine, dunque indicata anche nella dieta
dei celiaci. Viene generalmente considerato il quinto cereale per importanza e diffusione al
mondo, dopo grano, mais, orzo e riso.

Miglio
Anche questa non contiene glutine. Era molto diffusa in età romana e fino a tutto il Medio Evo, oggi è quasi
caduta in disuso. Tuttavia è molto sana e ricca di vitamine, in particolare di acido silicico, ottimo coadiuvante
della crescita degli annessi cutanei.

Granoturco Blue
Il mais blu degli Incas non è una farina autoctona italiana. E’ buona perché ricca di antiossidanti.

Farine non cereali


Farina d’Avena
E’ l’ingrediente principale del famoso porridge inglese. Non è un cereale, ma una pianta erbacea. La sua
farina è molto ben tollerata anche dagli intolleranti al glutine o celiaci. Si usa anche nei regimi alimentari
dietetici perchè sazia molto e piuttosto velocemente.

Farina di grano saraceno


Contrariamente a quanto il nome lascia supporre, il grano saraceno non è un cereale ma una graminacea. E’
l’ingrediente principe dei pizzoccheri e della polenta taragna. Essendo priva di glutine, la farina di grano
saraceno è ottima per chi soffre di celiachia.

Farina di moringa
La moringa è una pianta tropicale che non si trova nel Vecchio Continente. Con questa farina è difficile
panificare, potrete piuttosto dar vita a zuppe, pesti, salse o frullati. Se proprio volete fare la pizza, dovrete
aiutarvi con un’altra farina.

Farina di amaranto
E’ senza glutine ed è usata per panificare se mischiata ad altre farine. Attenzione a non esagerare con le
dosi: mettete massimo un 30% di questa farina nel vostro impasto, altrimenti il risultato sarà piuttosto duro.
E’ ottima come addensante.

Farina di canapa
Ricavata dalla canapa sativa, è buona per stimolare il sistema immunitario, quello ormonale e quello
nervoso. E’ ricca di aminoacidi e di omega tre. Se desiderate panificare, dovrete aiutarvi con un’altra farina.
Quali prodotti a base di queste deliziose farine, sane e
leggere, trovo in questo shop online di prodotti pugliesi?

Troverai pasta fresca pugliese d’orzo, pasta secca pugliese di farro monococco, pasta di grano arso, e poi
ancora pasta alla canapa e molto altro.

Largo alle farine buone e sane dunque, perfette per:

 portare sulla tua tavola i sapori di una volta e tanta leggerezza


 aiutare chi ha difficoltà a digerire
 aiutare chi si sente spesso gonfio e pesante
 aiutare chi ha una certa intolleranza al glutine (se siete celiaci però chiedete sempre conferma al medico)
 favorire chi è a dieta, perchè queste farine regalano un buon senso di sazietà;
 aiutare a sentirsi leggeri e dinamici nei periodi di stress.

Farine di legumi: valori nutrizionali, tipologie e


ricette

Grazie alle loro proprietà e valori nutrizionali, le farine di legumi sono un ottimo ingrediente per
l’alimentazione degli sportivi, dei bambini e nelle diete di vegetariani e vegani. Le farine di legumi stanno
diventando una delle alternative più valide alle classiche farine di cereali raffinate, indicate per
un’alimentazione sana e senza glutine.
La farina di legumi si ricava dall’essicazione e dalla macinazione di piselli, ceci, fagioli, lenticchie, fave e
lupini. Da questa moltitudine di materie prime derivano molte tipologie di farina, ricche di proprietà e dai
valori nutrizionali molto interessanti (uno tra tutti il contenuto di proteine).

Per molti consumatori le farine alternative con i legumi sono ancora poco conosciute, ma permettono di
preparare squisite ricette salutari e appetitose. Se ancora non conosci bene la farina di legumi è il momento
di recuperare il tempo perso.

Caratteristiche nutrizionali e benefici delle farine di legumi


Le farine di legumi sono particolarmente apprezzate per i loro valori nutrizionali. Contengono un’ alta
percentuale di carboidrati, che offre il giusto apporto di energia, molte proteine e una contenuta quantità
di lipidi. Molto importanti sono anche i valori di fibre che aiutano a regolare l’intestino.

Le dosi di vitamine, sali minerali e oligoelementi variano a seconda del legume da cui provengono. La farina
di fagioli, per esempio, è ricca di potassio, magnesio, calcio, zinco, fosforo, selenio e vitamine del gruppo B.

Nonostante l’alto valore proteico, le farine di legumi sono senza glutine e sono consigliate
nell’alimentazione di intolleranti, celiaci o soggetti sensibili.

In più hanno un indice glicemico moderato, valore fondamentale nella dieta di diabetici, obesi e persone
con trigliceridi o colesterolo elevati.

Farine di legumi: tipologie principali


Vediamo insieme quali sono le farine di legumi più diffuse in cucina.

Farina di ceci

La farina di ceci ha già una buona tradizione nella cucina italiana, soprattutto nella dimensione più povera e
rustica. È un ingrediente largamente utilizzato per la preparazione delle panelle siciliane, della farinata ligure
e della cecina in Toscana.

È una farina ricca di proteine, vitamine e sali minerali. I ceci sono legumi naturalmente privi di glutine,
quindi è adatta nelle diete di celiaci e intolleranti.

Farina di fagioli

È una farina di legumi molto ricca di vitamine e preziosi minerali, come potassio, calcio e magnesio, oltre
alle proteine vegetali ottime per sportivi, vegani o vegetariani.

Viene usata in cucina soprattutto per la preparazione di dolci ed è consigliata per i diabetici grazie ai suoi
carboidrati complessi, che vengono assorbiti più lentamente evitando l’aumento di zucchero nel sangue.

Farina di piselli

La macinazione dei piselli secchi restituisce una farina ricca di proteine e carboidrati, ma anche buone
concentrazioni di sali minerali (potassio, fosforo e ferro). La farina di piselli viene utilizzata nella
preparazione di zuppe, alimenti vegani e dietetici.

Farina di lenticchie

La farina di lenticchie non contiene glutine e offre un elevato contenuto proteico a chi intende sostituirla
alle tradizionali farine di frumento. È un ingrediente ricco di sali minerali, soprattutto ferro, e ha tante fibre
per regolarizzare l’intestino. Indicata nelle diete di celiaci ma anche dei diabetici, grazie a un ridotto indice
glicemico.
Denaturare le Farine di Legumi
Le farine senza glutine sono poco propense alla lievitazione e più ostiche da lavorare. Per questo viene
spesso da chiedersi come utilizzare le farine di legumi in cucina.

Prima di mettersi ai fornelli alcune persone scelgono di denaturare le farine di legumi, cioè di cambiare la
struttura delle proteine per renderle ancora più digeribili e aumentare l’elasticità della farina per la
preparazione di pasta, pane o pizza.

Come si fa? Sembra complicato, ma in realtà basta mettere in forno la farina a 90 °C per circa tre ore. Il
calore distende le catene di aminoacidi aiutando la farina di legumi a miscelarsi con l’acqua. La
denaturazione non altera la conservazione della farina: perciò puoi passare in forno anche più chili alla volta
e tenerla per mesi in comuni barattoli di vetro.

Cosa preparare con la farina di legumi? Idee e ricette


Detto questo, cosa preparare? Inizialmente le farine di legumi venivano usate per la preparazione di passate
o in sostituzione alle uova negli impasti delle torte salate. Miscelate all’acqua infatti garantiscono lo sviluppo
della farcia (seppure in maniera inferiore).

Negli ultimi anni invece, con l’introduzione di diete più variegate, gli sfarinati di legumi sono stati inseriti
nell’alimentazione per la preparazione di pasta fresca e secca, pancake e crepes, biscotti, muffin, pane e
altri prodotti da forno.

L’applicazione più conosciuta è senz’altro la farinata, ma non è l’unica: con le farine di legumi infatti si
possono preparare moltissimi piatti gustosi e adatti a qualsiasi intolleranza o regime alimentare.

Farinata di ceci
La farinata di ceci è una specialità ligure fatta con ingredienti semplici e mediterranei. Bastano acqua, farina
di ceci, olio extra vergine, rosmarino e sale. Anche la ricetta è molto semplice, ma richiede qualche ora per
fare riposare il composto prima di metterlo nel forno.

Una volta pronta si può consumare subito senza riposo, oppure accompagnarla con minestre di verdura
come sfizioso sostituto del pane.

La farinata, così come altre ricette, può essere preparata anche con le altre farine di legumi reperibili sul
mercato: farina di lenticchie (rosse e verdi), farina di piselli, farina di fagioli, farina di fave e farina di lupini.

Pasta con farina di legumi


Un’altra applicazione sempre più diffusa sulle tavole è la pasta a base di farina di legumi. Le farine di ceci,
lenticchie e piselli restituiscono un prodotto dai colori insoliti e dal sapore originale, perfetto per sperimentare
abbinamenti fantasiosi.

Nella preparazione si consiglia di scegliere un formato di pasta corto, come fusilli, sedani o caserecce, in
grado di tenere meglio la cottura e non sfaldarsi per la minore consistenza.

Pane con farine di legumi


Le farine alternative vengono utilizzate per la preparazione di prodotti da forno altrettanto buoni. Uno di
questi è il pane di legumi, indicato per diete senza glutine. Bastano un po’ di acqua, farina, lievito e un
pizzico di sale per creare un impasto rustico, pronto per essere infornato.

Il pane con farine di legumi (ceci, piselli o altre varianti) lievita poco, ma resta soffice e casereccio nel gusto
e nella fragranza.
Pizza con farine di legumi
Pizzerie e locali all’avanguardia lavorano sulla natura delle farine per esaltare i sapori e offrire alternative
sane e gluten free ai propri clienti. Un esempio è la pizza con farine di legumi, come lenticchie, lupini, ceci o
piselli.

La preparazione è quella classica, anche fatta in casa, con la differenza che l’impasto è completamente privo
di glutine e ricco di nutrienti. Solitamente alla semplice farina di legumi vengono aggiunti altri sfarinati più
tenaci, come la farina di mais o di riso, per un risultato più consistente.

La farina di frutta secca: come si fa e gli usi


La farina di frutta secca rende originali e fantasiosi i vostri dolci: ecco come fare per essiccare la frutta e
sperimentare con gusto e salute!

Le farine di frutta secca si usano sia per preparare dolci che le richiedono specificatamente, ma anche
come ingrediente sostituivo in ricette che tradizionalmente non le prevedono, ma che diventano una valida
alternativa, soprattutto per chi soffre di allergie o intolleranze alimentari.
Si intendono le farine di frutta secca tutte quelle farine derivate dalla disidratazione o essiccazione di
frutta; si va quindi dalla più nota farina di cocco, alla farina di noci, farina di mandorle, farina di
nocciole, di pistacchio ma non solo.
In linea di massima, si può dire che tutta la frutta si può essiccare, basta possedere un buon essiccatore, un
forno o sfruttare la luce del sole... E avere un po' di pazienza!
 
Come si fa la farina di frutta secca
Come si diceva, anzitutto è importante avere un essiccatore per facilitare il tutto, ma se non
c'è va bene anche il forno o un bel sole caldo a diposizione.
Attraverso il processo di essicazione, la frutta va a perdere i suoi liquidi, e viene poi
conservata senza aggiungere niente di artificiale o altri alimenti. Oltre a conservare buona
parte delle proprietà nutritive, la frutta essiccata non è a rischio di botulino, basta assicurarsi che sia
completamente secca, prima di conservarla in barattoli di vetro ermetici o prima di essere trasformata in
farina.
Il consiglio è quello di essiccare frutta di stagione, quella che altrimenti non riusciremmo a consumare,
dalle fragole alle albicocche, passando per le mele, banane, prugne, ciliegie, ananas e lamponi.
Prima di procedere all'essiccazione della frutta, con qualsiasi metodo, essa dovrà essere lavata e asciugata
in modo accurato, per poi essere affettata sottilmente e quindi predisposta su griglie o appositi supporti.
Se ci si serve del calore naturale del sole, la frutta va riposta in un luogo possibilmente ventilato, coperta
da una zanzariera sottile così da non fare arrivare gli insetti; il sole è un metodo piuttosto lungo e
imprevedibile.
L'essiccatore ha le sue modalità che dipendono dallo strumento utilizzato, mentre in forno va lasciata
molto a lungo, anche una notte intera o per diversi giorni, a temperature che vanno dai 40 ai 60 gradi. In
alcuni casi si consiglia infatti di essiccare la frutta a intervalli di 5/8 ore per diversi giorni.
 
Usi della farina di frutta secca
La frutta ben essiccata ottenuta viene poi frullata e ridotta in polvere, utilizzata come farina e conservata
in barattoli di vetro.
Se invece si vuole preparare da sé la farina di noci, nocciole, pistacchi, mandorle o di castagne, il consiglio
è quello di procedere prima con il saltare in una padella antiaderente la frutta, senza però farla tostare, e
poi frullarla con un frullatore pronta per l'uso.
La farina di frutta secca, oltreché nella composizione di torte e biscotti, può essere utilizzata per
arricchire frullati o milk shake, per la realizzazione di gelati, per creme, dolci al cucchiaio, frosting dei
cupcake, glasse, palline sfiziose alla frutta e gelatina di agar agar.
Oltre che per preparazioni dolci, le farine di castagne, pistacchi, noci e nocciole sono ottime per la
realizzazione di primi piatti - salse e condimenti per la pasta o per i risotti - e per secondi vegani, come
la farina di castagne per il polpettone veg o il pane.

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