Cranio Totale
Cranio Totale
Cranio Totale
Abbiamo messo le mani sul mesoderma (t. connettivo e osso) ovvero foglietto medio dell’embrione.
La forma del cranio è indicativa dell’adattamento del mesoderma a livello del cranio. Il mesoderma è il legame
comune a tutte le strutture e per questo in osteopatia si usa il concetto di globalità. In tal senso possiamo dire
che, se il mesoderma si è adattato in un certo modo a livello del cranio, si adatterà allo stesso modo a tutti i
livelli del corpo.
La forma del cranio mi fa capire la postura del Pz.
ICR può essere spiegato a partire dall’attività metabolica delle cellule della glia (alternanza di due fasi: ana-
bolica e catabolica). Si tratta di un sistema idraulico perfetto. Funziona senza spendere energia.
A fianco a questo non possiamo dimenticare altri fattori:
1. sistema vascolare arterioso = 60-80 battiti cardiaci al minuto;
2. respirazione diaframmatica = 16-18 respiri al minuto
Forse intervengono anche altri fattori....
La dura madre trasmette alla scatola cranica ciò che avviene all’interno (il movimento dei neuroni).
Il mesoderma si differenzia in
1. strutture rigide, anelastiche (= app. scheletrico)
2. strutture deformabili, anelastiche (= membrane intracraniche falce del cervello, che divide i
due emisferi cerebrali; falce del cervelletto; tentorio del cervelletto - su un piano più orizzontale - che divide
gli emisferi cerebrali da quelli cerebellari). È sempre la stessa membrana anche se prende nomi diversi.
Questa membrana si attacca al foro occipitale
poi verso il basso s’inserisce su C2 - C3 talvolta anche C1
circonda tutto il tubo neurale
è libera nel canale midollare
finisce a S2 e si prolunga verso il basso fino all’apice del coccige formando il filum terminale.
3. strutture molto elastiche (= app. muscolare)
4. strutture deformabili con una certa elasticità (= aponeurosi cervicale)
- parte dal tubercolo faringeo (parte inf dell’apofisi basilare dell’occipite) per formare i setti divisori a livello
del collo
- allo stretto sup. del torace forma il leg. sospensorio della cupola pleurica;
- all’interno del torace forma il sacco pericardico, i leg vertebro pericardici e sterno pericardici e poi finisce sul
diaframma formando il centro frenico;
1
- da qui ricopre le cupole diaframmatiche, continua con la parte inf. delle cupole formando la cavità peritone-
ale, finendo sullo stretto sup del bacino;
- a partire dal diaframma esiste una cavità retroperitoneale, dove ci sono i reni e dietro questi troviamo le
aponeurosi del mm. trasverso e psoas; queste fasce scendono nella fossa iliaca dove passano la linea innomi-
nata, che divide il grande dal piccolo bacino, ed entrano nel piccolo bacino per formare le aponeurosi dei 2
piriformi, dei 2 otturatori int e dell’elevatore dell’ano;
- dallo stretto sup. del torace le aponeurosi formano tutti i setti divisori dei mm. dell’AS.
- dalla cavità pelvica formano tutti i setti dell’AI
5. Connettivo e Cute
Il mesoderma forma inoltre il sistema di riempimento ovvero il t. connettivo e la cute.
9
2 1
14 10
4 11
5 12 3 17
3
6 13 14 19
2
4 18
13
20
21
1. falce del cervello
2. arteria e vena meningea media
3. arteria carotide int
4. nervo ottico 13. tentorio del cervelletto
5. seno frontale 14. ipofisi
6. nervo oculomotore 15. seno sagittale inf
7. diploe 16. seno sigmoideo
8. dura madre 17. confluenza dei seni
9 seno sagittale sup 18. seno petroso inf
10. seno retto 19. seno trasverso
11. nervo trigemino 20. seno petroso inf
12. nervo abducente 21 seno cavernoso e intracavernoso
2
Menichelli
Cranio. Argomenti del corso
1. abbinare teoria e pratica
2. punti di repere (craniometria, sentire le ossa e i loro confini, orifizi, cavità, protuberanze)
3. stabilire la morfologia del cranio (nozione di terreno, rapporto contenente-contenuto)
4. capacità di relazionare la forma del cranio con la forma della “periferia”
5. neonato
6. traumi
Palpazione
- mandibola: sinfisi mentoniera (gnation, PC* = punto craniometrico)
- margine inf. della mandibola fino a gonion, PC (= angolo tra branca orizz. e verticale della madibola)
poiché gonion è da entrambi i lati, durante la palpazione si confronta un lato con l’altro (se uno è più aperto e l’altro
più chiuso, uno più avanti e l’altro più indietro...etc)
- da gonion si palpa una piccola porzione di branca verticale e poi bisogna fermarsi perché s’incontrano i tes-
suti molli
- sul corpo della mandibola si palpano due fori mentali o mentonieri, che sono le emergenze del n.trigemino
(si paragona la loro forma e posizione nello spazio)
sutura interincisiva o intermascellare (?)
- dal basso verso l’alto si palpa la spina nasale ant. (acantion, PC)
- mi sposto lateralm. sugli alveoli dentali fino alle bozze canine (per essere sicuri si può controlare di essere
effettivamente sui denti canini), poi mi sposto lateralm. sull’osso mascellare sup. fin dove è possibile prima
che i tessuti molli mi impediscano di penetrare fino alla tuberosità post del mascellare; al termine della pal-
pazione dell’osso mascellare trovo al di sopra l’osso zigomatico (sento se l zigomo è prominente o spianato)
- sul mascellare sup trovo i fori/orifizi sottorbitari o infraorbitari (altra emergenza del trigemino)
- l’incontro delle ossa del naso con l’osso frontale = nasion
- al di sopra di nasion c’è l’inizio della sutura metopica con il PC glabella
- da glabella a bregma (= PC, l’incontro tra la sutura coronale e l’interparietale) si palpa la sutura metopica
- da bregma a pterion (= zona craniometrica, incontro tra la grande ala dello sfenoide, squama del tempo-
rale, angolo ant-inf del parietale e frontale) si palpa la sutura coronale
- pterion (si trova partendo dalla grande ala delle sfenoide a andando un poco alto-dietro; è meglio sbagli-
are stando sulla grande ala che sul frontale)
- da pterion ad asterion si palpa la sutura tra parietale e temporale (non è facile percepire i margini della
sutura perché ci sono dei tessuti molli, per es. il m. temporale)
- stephanion (=PC, incontro della sutura coronale con il m. temporale; si chiede al Pz di contrarre i denti e
all’incrocio tra il bordo sup del temporale e la s. coronale trovo stephanion)
- per arrivare su asterion** (incontro di 3 ossa: occipite, temporale, parietale) si può seguire anche un altro
percorso> si palpa la mastoide, l’apice della mastoide, si va indietro e si sente il solco del m. digastrico, si
segue il solco del digastrico e si va indietro di cm1 - 1,5 e si trova asterion
- da asterion in basso si trova la sutura OM (occipito-mastoidea)
- da asterion in alto si trova la s. lambdoidea e la posso seguire fino a lambda (=PC, incrocio tra s. lamb-
doidea e s. interparietale)
- al di sotto di lambda, sulla squama dell’occipite, in una linea mediana, si trova la protuberanza occipitale
esterna (=inion, PC)
- sulla s. interparietale, prima di arrivare a lambda, c’è una zona dove sembra che i due parietali si aprano e
che corrisponde a obelion (=PC)
Conoscere le proporzioni del cranio e vedere tante immagini di cranio aiuta a trovare i PC
ESERCIZI
Palpazione del polso con difficoltà crescente Ritmo respiratorio
carotideo sternale
aortico/toracico costale basso (K1)
radiale costale alto (K2)
tibiale post sacrale
ant. pedidio
popliteo
Audouard
A che cosa serve la dura madre?
La dura madre è un elemento inestensibile, anelastico, trasmettitore del movimento sul cranio; altrimenti si
potrebbe percepire niente con le mani.
Siamo partiti dal presupposto che il cranio ha una certa attività intrinseca, perché fuori del cranio non esiste
niente che potrebbe spiegare quello che percepiamo con le mani. Forse l’attività metabolica, intrinseca delle
cellule dell’encefalo (le cellule della nevroglia) potrebbe essere uno degli elementi scatenanti del movimen-
to, accanto ai battiti cardiaci e al ritmo respiratorio.
Nei punti in cui la dura madre s’inserisce sul cranio essa si sdoppia e nello sdoppiamento troviamo un seno
venoso. A livello del cranio il s. venoso non ha valvole di riflusso. Domanda: come fa il sangue venoso a
ritornare al cuore se non ci sono le valvole e se si esclude l’impulso ritmico cranico (IRC)?
4
Le inserzioni della dura madre seno sagittale sup
(che abbiamo già visto) ci aiu-
tano a individuare i seni venosi.
Esse sono: vena emissaria
1. la falce del cervello parietale
(dall’apofisi crista galli alla parte
mediale del frontale e alla sutura
interparietale) che corrisponde
confluente
al seno longitudinale superi- dei seni
ore
2. la falce del cervelletto (l’area seno trasverso vena emissaria
attorno al foro occipitale) che occipitale
corrisponde al seno occipitale
3. a partire dalla protuberanza seno sigmoideo vena emissaria
occipitale int essa si divide su mastoidea
un piano più orizzontale e
s’inserisce sulle parti laterali vena emissaria
della squama dell’occipite, a cui condiloidea
corrisponde il seno laterale plesso venoso
(seno trasverso nell’immagine). vertebrale
esterno
4. per il tentorio, il bordo sup della rocca petrosa, a cui corrisponde il seno petroso superiore
seno cavernoso
a. oftalmica
seno petroso inf
a. angolare
seno sigmoideo
v. angolare
a. carotide esterna
a. carotide interna
a. carotide comune
Domande
1. capire dove avviene la risultante del movimento nella fase attiva e passiva
2. capire dove avviene la risultante a livello delle membrane
RE RE
Per schematizzare: ogni quadrante è
simbolizzato da una pallina.
Nella fase attiva, sotto l’influenza delle
membrane, c’è una RE (rot esterna) dei
4 quadranti.
RE RE
6
piano sagittale
sfera anteriore
sfera posteriore
Nella fase passiva, sotto l’influenza delle membrane, c’è una RI (rotazione interna) dei 4 quadranti. La risul-
tante avviene a livello della SSB, che diminuisce la sua convessità verso il basso (= E, estensione, del cranio).
La FLESSIONE del cranio è la RISULTANTE della RE dei 4 quadranti sotto l’influenza delle membrane.
Poiché siamo di fronte ad una ”risultante”, in presenza di una disfunzione per es. in F del cranio (vale a dire
che l�����������������������������������������������������������������������������������������������������������
’����������������������������������������������������������������������������������������������������������
adattamento in F è �����������������������������������������������������������������������������������������
maggiore di quello in E), la correzione deve partire dalla periferia, perché solo lavo-
�����
rando sulla periferia avrò un’influenza sul centro (in questo caso la SSB). Detto diversamente: è la periferia
che controlla/condiziona il centro. Al centro del cranio c’è l’ipofisi, che controlla l’omeostasi (= le costanti
biologiche)���������������������������������������������������������������������������������������������������������
. Se a livello del cranio è
�������������������������������������������������������������������������������
la periferia a condizionare il centro, anche il resto del corpo dovrà funzio-
nare così per la legge della globalità. Altri centri per l’economia generale del corpo sono: il cuore (che ha una
posizione centrale) e l’app. genitale. Prima di lavorare su questi centri bisogna lavorare sulla periferia. Per il
cuore significa che prima di trattare il cuore devo occuparmi del pericardio e dei suoi leg sterno-pericardici
e vertebro-pericardici, del diaframma e del centro frenico e delle aponevrosi della parte alta. Quindi non
si può trattare una patologia cardiaca senza tener conto di: sterno, vertebre dorsali, diaframma, sistema
sospensorio del centro frenico.
L’apparato genitale è importantissimo per la riproduzione della specie ed è contenuto nel piccolo bacino,
che è uno spazio molto piccolo (ha un diametro di cm 11-12 nei tre piani dello spazio), dove passano strut-
ture importantissime (plesso lombo-sacrale, il sistema arteriore, il drenaggio venoso, il s. neurovegetativo).
Non si può trattare un utero senza trattare prima la periferia, vale a dire una disfunzione dell’iliaco, o sacrale
o della sinfisi pubica o una ipertonia (per es. m. piriforme, otturatore int e est, elevatore dell’ano).
Quindi la periferia protegge delle strutture molto profonde e a livello del cranio avviene la stessa cosa.
Per questo abbiamo cominciato il corso di studi di osteopatia con il piede.
Le 2 SFERE nella loro fisiologia ruotano in senso opposto, ossia invertono le loro rotazioni. La sfera ant si
adatta verso avanti e la sfera post si adatta verso dietro. L’adattamento della SSB e il movimento di F e
E avvengono sul piano sagittale. Per avere un movimento sul piano sagittale la SSB anatomicamente deve
essere disposta sul p. frontale. È l’unica struttura del cranio sul piano frontale.
Hanno fatto degli studi sulla SSB ed hanno visto un accumulo di trabecole in senso ant-post. Questo giusti-
fica che ci sia un movimento nel senso dell’aumento o della dinimuizione della convessità.
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La SSB è orientata globalmente in alto-avanti.
L’occipite è l’osso principale della sfera post.
Inoltre abbiamo: 2 temporali, 2 parietali, osso sacro, C3 C2
C1, mandibola, osso ioide
N.B. Se l’occipite è l’osso principale della sfera posteriore (e il calcagno è l’osso principale del piede), significa
che in presenza di una disfunzione della sfera post (o del piede) bisogna valutare per prima cosa l’occipite (o
il calcagno).
Le membrane
La risultante membranosa del cranio si trova all’incontro delle membrane, ossia a livello del seno retto (che
serve a drenare le strutture che sono davanti). La risultante viaggia sul seno retto (dipende dalla fase in cui
si trova il tentorio, aumento o diminuzione), un po’ avanti e un po’ indietro. Sutherland lo chiama “il punto
tranquillo” o punto neutro. Significa che il cranio funziona senza spendere energia.
Il seno retto è il riferimento membranoso del cranio (la SSB è il riferimento osseo).
ventricolo
laterale
8
Riflessione
Nella fase di F
- cranio: diminuisce il diametro ant-post e verticale e aumenta il diametro trasversale
- sacro: aumenta il diametro ant-post e trasversale e diminuisce il diametro verticale
- diaframma toraco-addominale: lo stesso
Quindi quello che si trova a livello del cranio si trova dappertutto.
A partire da una disfunzione craniale, lavorando in periferia, posso correggere la disfunzione centrale
Fontanelle
Il bimbo alla nascita presenta delle
zone non ossificate che sono le fon-
tanelle. Globalmente le fontanelle f. bregmatica sutura
sono 6: 2 sagittali e 4 laterali. sagittale
Fontanelle Sagittali sutura f. lambdatica
1. La fontanella sagittale anteriore o metopica o lambdoidea
fontanella bregmatica è a livello
di bregma (incontro tra frontale sutura
davanti e due parietali posterori) si coronale
chiude intorno ai 15-24 mesi e ha
una forma di losanga.
2. Fontanella sagittale posteriore o fontanella lambdatica (incontro tra occipite e la sutura interparietale) si
chiude nei due primi mesi di vita ed ha una forma triangolare.
Abbiamo indicato queste forme perché l’ostetrica al momento del parto va a palpare la forma delle fonta-
nelle (losanga o triangolare) per capire come si presenta il bimbo e decidere con quale tecnica ostetrica farlo
partorire.
Fontanelle laterali
f. bregmatica
1. Due fontanelle laterali anteriori a
livello di pterion (punto di incontro
tra frontale, parietale, temporale e sutura
coronale
sfenoide). La fontanella pterica si
chiude tra i 3 e i 6 mesi di vita. f. pterica f. lambdatica
2. Due fontanelle posteriori a livello (sfenoidale) o lambdoidea
di Asterion (punto di incontro tra sutura
occipite, parietale e temporale). sutura lambdoidea
Fontanella asterica che sparisce verso squamosa
12 mesi. f. asterica
(mastoidea)
costituzione
generale della
sutura
sutura di origine
cartilaginea della
base del cranio
sutura di origine
membranosa della
volta del cranio
Sinostosi
Dopo la costituzione delle suture c’è l’invecchiamento fisiologico per arrivare alla sinostosi completa delle
suture (chiusura completa delle suture).
La sinostosi completa arriva fisiologicamente verso l’età di 45 anni (questo significa che la plasticità di un
uomo con età superiore a 45 anni è minore di quella di un giovane) tranne che per la sutura occipito-mas-
toidea (OM) che sembra essere funzionale tutta la vita.
Oltre alla sinostosi fisiologica esistono sinostosi precoci e totali come nel caso del microcefalo.
E inoltre delle sinostosi premature o precoci ma parziali:
1. La sinostosi precoce della sutura sagittale.
La sutura sagittale interparietale autorizza la crescita trasversale.
Se abbiamo una saldatura precoce di questa sutura sagittale il cranio compensa aumentando la sua crescita
antero-posteriore e verticale e si chiama la scafocefalia.
Partendo dall’idea che la forma ha un significato possiamo benissimo capire che quando si presenta
all’osservazione un soggetto con una sutura sagittale saldata precocemente (< diametro trasversale) e che
quindi presenta un viso stretto noi possiamo ipotizzare due possibilità:
Prima cosa, facendo riferimento alla sutura sagittale, sappiamo che sotto la sutura c’è la dura madre che
inserendosi sull’osso forma il seno venoso longitudinale superiore.
Se la dinamica di questa sutura non è perfetta io posso ipotizzare che il soggetto in questione possa soffrire
di mal di testa e cefelee a partire da problemi di tipo vascolare, difficoltà nel drenaggio.
Seconda cosa, un minor diametro trasversale può incidere su un frontale piuttosto chiuso e stretto.
All’interno del frontale è incastrato l’etmoide, che è l’osso principale delle fossa nasali. La funzione delle ossa
nasali dipende dall’etmoide. Il Pz potrebbe avere problemi della funzione respiratoria (sinusite ect..)
2. La saldatura prematura della sutura coronale (avanti) o della sutura lambdoidea (dietro).
Queste suture autorizzano la crescita antero-posteriore e quindi avremo una diminuzione della crescita
antero-posteriore con compenso e quindi aumento trasversale e verticale. Questo si chiama acrobrachicefa-
lia.
Deformità craniche docute a chiusura precoce delle suture
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Le suture direttrici
Le suture sono delle zone di minore resistenza e autorizzano lo sviluppo.
Tutte le suture permettono una fisiologia e quindi un certa dinamica.
Abbiamo detto che bisogna lavorare in periferia per liberare il centro.
Non c’è tempo di liberare tutte le suture!!
Tre di esse materializzano i tre piani dello spazio così che basta liberare i tre piani dello spazio e ci siamo…
Tutte le suture sono direttrici di movimento, ma alcune sono più importanti rispetto ad altre e possono ma-
terializzare i tre piani dello spazio
2. sut. sfeno-squamosa
porz. verticale porz. orizzontale
TEMP TI (ricopre) TEMP TE (è ricoperto)
SFE Tav est SFE TI
punto perno
SS
1. sut. OM
porz. verticale porz. orizzontale
TEMP TI (ricopre) TEMP TE (è ricoperto)
OCC TE OCC TI
punto perno
CSM
2. Piano Para-Frontale (sutura Sfeno-Squamosa SS)
Questo piano autorizza l’espansione trasversale ed è materializzato dalla sutura sfeno-squamosa (tra lo
sfenoide e la porzione squamosa del temporale).
Questa sutura è disposta su un piano para-frontale e presenta una forma a L con una porzione verticale ed
una più orizzontale.
Nella porzione verticale: lo sfenoide (Tav. Est) è ricoperto dal temporale (Tav. Int)
Nella porzione più orizzontale: lo sfenoide (TI) ricopre il temporale (TE)
Tra le due porzioni ci sarà un punto perno che si chiama punto SS.
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Il punto SS di destra con quello di sinistra materializzano un asse trasversale-orizzontale attorno il quale si
adatta lo sfenoide.
È logico per lo sfenoide avere un asse trasversale-orizzontale perché altrimenti le due sfere non potrebbero
invertire le loro rotazioni; infatti se l’occipite si adatta su un asse trasversale-orizzontale (CSM dx-CSM sin) e
lo sfenoide inverte la sua rotazione anche la sutura sfeno-frontale deve adattarsi sullo stesso asse trasver-
sale-orizzontale altrimenti la fisiologia non sarebbe possibile.
Come la sutura occipito-mastoidea si adatta sul lungo braccio e corto braccio così la sutura sfeno-squamosa
si adatta su una porzione verticale ed una più orizzontale.
Questa sutura SS sarà responsabile della fisiologia dello sfenoide e quindi della sfera anteriore.
Audouard_Riepilogo
Suture direttrici
Abbiamo parlato di 2 fasi dell’IRC. Esse sono entrambe attive, perché le membrane sono sempre in tensione,
anche se per motivi didattici si parla di una fase attiva e una passiva.
Quando, in una certa fase, c’è una diminuzione su due piani dello spazio, abbiamo al contempo un com-
penso nel terzo piano. Come tutti i volumi, anche il volume del cranio è definito da 3 piani, sui quali avviene
la mobilità fisiologica. Tutte le tecniche di correzione sul cranio sono volte a ripristinare la fisiologia. Da qui è
nato il concetto di suture direttrici, nel senso che se si liberano le suture direttrici, il cranio può riprendere la
sua fisiologia nei 3 piani dello spazio e adattarsi meglio.
Piano sagittale
L’occipite, tramite una membrana anelastica (la dura madre), è legato al sacro. Il sacro si adatta sul piano sag-
ittale (le emibasi vanno in anterorità o posteriorità). Siccome sacro e occipite sono collegati, anche l’occipite
si deve muovere su un piano sagittale. In effetti la sutura occipito-mastoidea giustifica un movimento sul
piano para-sagittale.
Piano frontale
Se abbiamo trovato una sutura sul piano sagittale, dobbiamo trovarne una, con la stessa conformazione,
anche sul piano frontale. In effetti la sutura sfeno-squamosa, con la sua porzione più verticale e un’altra più
orizzontale, giustifica un movimento sul piano para-frontale. Le grandi ali dello sfenoide sono oblique. Se
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la parte post dello sfenoide si alza (perché la sincondrosi sfeno basilare - SSB - aumenta la convessità verso
l’alto), le grandi ali vanno in basso-avanti-fuori (come tutte le strutture oblique). Quindi l’espansione trasver-
sale del cranio è autorizzata da questa sutura.
Piano orizzontale
Sul bordo sup delle grandi ali si appoggia il frontale e sotto di esso è incastrato tutto il massiccio facciale. Tra
frontale e sfenoide c’è una sutura sfeno-frontale, con un lungo braccio esterno e un corto braccio interno,
che giustifica un movimento sul piano para-orizzontale.
Le suture direttrici sono importanti perché liberandole il cranio funziona in maniera più fisiologica.
Flessione - Estensione
Questa terminologia fa riferimento al meccanismo cranio-sacrale e non al meccanismo sacro-iliaco.
Quando l’occipite fa una flessione, il sacro fa una flessione (le emibasi del sacro vanno in alto-dietro e gli
apici in alto-avanti), perché il manicotto della dura madre collega le due ossa. Se invece si parla di una
“posteriorità delle basi”, questa terminologia fa riferimento ad una disfunzione meccanica del sacro rispetto
all’iliaco. Di conseguenza è corretto parlare di un “iliaco in conversione ant o post” ed è scorretto dire “iliaco
in flessione o in estensione”.
Dire “flessione-estensione” dell’occipite significa far riferimento alla SSB; una disfunzione della porzione con-
diloidea dell’occipite rispetto a C1 si definisce come “condilo ant o post”.
Attenzione! È sbagliato dire: “quando l’occipite è in flessione il sacro è posteriore”.
seminario 3 Gambardella
OCCIPITE. Anatomia
Ha 3 porzioni: squamosa, basilare, condiloidea.
È un osso della sfera post, che è meno adattabile di quella ant.
Calcagno = Occipite. Anche il calcagno è meno adattabile dell’avampiede.
Se un osso ha tanti fori è più resistente. L’occipite è il meno resistente.
Pecorelli / Bibliografia
Netter, Atlante. Sono presentate più ossa insieme e per questo secondo Pecorelli non è preciso.
Sobotta, Atlante
Feneis, Anatomia, Verduci editore
Magoun, Osteopatia in ambito craniale, Futura edizioni
Occipite. ANATOMIA
Entra nella costituzione della base e della volta del cranio, riposa sulla I vertebra cervicale (atlante). Ap-
partiene funzionalmente alla sfera post, di cui ne rappresenta l’osso principale. Si articola in avanti con lo
sfenoide, lateralm con le ossa temporali e superiormente con i parietali.
APOFISI BASILARE
Faccia endocranica
C’è il solco basilare, dove scende il troncoencefalo (la porzione
finale si chiama bulbo o midollo allungato).
Faccia anteriore
È in relazione con la faccia post del corpo dello sfenoide,
con cui forma la sincondrosi sfeno-basilare, orientata su un
piano para-frontale in avanti-basso (come il naso).
Faccia laterale
È inclinata in basso-dentro e guarda in basso-fuori. �������
Presen-
ta un bordo rugoso che fa sutura con la porzione petrosa
del temporale - la sut petro-basilare. L’apofisi basilare
ha la forma di rotaia cava. Il temporale ha la forma una
rotaia piena. L’occipite fa la F mentre il temporale fa
una RE e la morfologia della rotaia giustifica questo
movimento.
canale squama
dell’ipoglosso occipitale
solco basilare
sincondrosi
sfeno-basilare
SUP
sut petro-basilare apofisi
basilare
forame rocca
sut petro giugulare magno petrosa
processo
giugulare canale
CSM
condiloideo INF
Sopra la sut petro-basilare c’è un seno venoso, il seno petroso inferiore, dove passa il sangue venoso
diretto al foro giugulare per essere drenato.
15
fossetta navicolare
attacco del
leg long. ant
canale tubercolo faringeo
dell’ipoglosso
forame condilo
magno occipitale
attacco
del leg
long.
canale post
condiloideo
linea
nucale inf
cresta
occipitale
esterna
Foro giugulare
Vi si drena l’80% del sangue venoso. Medialmente ad esso troviamo il tubercolo occipitale, lateralm sul
versante temporale c’è la rocca petrosa. Il foro è diviso in tre porzioni dal leg Petro-Giugulare teso con due
fasci:
- porzione ant> passaggio del seno petroso inf e del IX (glossofaringeo)
- porzione intermedia> passaggio del X (vago) e XI (accessorio spinale) e dell’arteria meningea post
- porzione post> passaggio del seno sigmoideo, che a livello esocranico diventa vena giugulare int
Faccia endocranica
C’è il tubercolo occipitale, dietro ad esso si
trova il solco del vago (IX glossofaringeo, X
vago, XI accessorio spinale), solco che finisce nel
foro giugulare.
Lateralm al tubercolo c’è il solco del seno sig-
moideo, dove passa il sangue venoso diretto al
foro giugulare. v. oftalmica sup
All’int del tubercolo occipitale trovo un foro, il
canale dell’ipoglosso, dove passa il XII nervo seno sfenoparietale
cranico.
Il canale dell’ipoglosso sta alla radice dei condili. seno cavernoso
Se alla nascita c’è una forza che modella in seno petrosquamoso
modo asimetrico, può esserci un’alterazione
della morfologia del foro occipitale (restringi- v. meningea media
mento, strozzatura...etc). Da ricordare che il seno petroso sup
margine int dei condili entra nella costituzione
del profilo del foro occipitale. Un intervento foro giugulare
precoce sul neonato può essere in certi casi
importantissimo. seno sigmoideo
La dura madre presenta dei setti: falce del v. grande cerebrale
cervello e del cervelletto, diaframma dell’ipofisi... (di Galeno)
A livello della protuberanza occipitale int seno occipitale
troviamo la confluente dei seni formata dal seno retto
sangue venoso proveniente da: seno trasverso
seno longitud sup
seno petroso sup
seno occipitale inf
seno retto
In seguito il sangue venoso decorre lateral-
mente e attraverso il seno petroso inf e il seno seno confluente dei seni
sigmoideo giunge fino al foro giugulare. sagittale
sup
PORZIONE SQUAMOSA
Faccia endocranica
Presenza della protuberanza occipitale int, che è il punto di confluenza dei seni e convergenza membra-
nosa (seno longit sup, petroso sup, retto, occipitale inf, laterale). Globalmente il drenaggio venoso si fa da
davanti verso dietro tranne delle eccezioni:
- il senso sigmoideo e i seni laterali che drenano il sangue verso l’avanti e poi nel foro giugulare
- le fosse cerebrali, sotto le fosse cerebellari
Nella parte inf della protuberanza occipitale int trovo il cervelletto. Sotto la protuberanza occipitale int c’è la
cresta occipitale int, dove s’inserisce la falce del cervelletto, che divide i due emisferi cerebellari.
Faccia esocranica
Presenza della protuberanza occipitale est (inion), punto d’origine del leg nucale, da cui verso il basso
s’estende la cresta occipitale est, che arriva fino al foro occipitale. Dalla protuberanza occipitale partono le
linee curve occipitali esterne superiori e inferiori, punto d’inserzione di muscoli che andando progres-
sivam dall’est verso l’int e verso l’ant diventano sempre più corti fino ad arrivare ai muscoli sottoccipitali.
La regione tra le linee curve è molto rugosa e frastagliata, perché è sottoposta a importanti sollecitazioni
meccaniche in trazione. Spesso bisogna rilassare questi tessuti prima di poter agire sul cranio (fondamentale
la tecnica di inibizione sottoccipitale). Inoltre le tensioni muscolari possono creare talvolta un quadro algico
tensivo o una nevralgia di Arnold o perturbare il drenaggio venoso, perché le inserzioni muscolari a questo
17
livello alterano la plasticità del foro giugulare; quindi in un lavoro di drenaggio venoso del cranio è utile fare
un lavoro d’inibizione muscolare sottoccipitale.
Bordo parietale
Da asterion a lambda; sut lambdatica, squamosa, dentellata, nella parte alta ha un tav int e inferiorm un tav
est.
Bordo temporale
Da asterion alla sut petro-giugulare, sut OM con un tav est nella parte alta e un tav int inferiorm
LAMBDA
“PECORELION”
sut.
Lambdatica
TAV. INTERNO solco del
seno sagittale
sup
punto perno
TAV. ESTERNO
protuberanza
occipitale solco
interna del seno
trasverso
cresta
occipitale
interna
ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare
Occipite. FISIOLOGIA
È l’osso principale della sfera posteriore.
Se c’è una disfunzione nella sfera post del cranio, devo vedere prima di tutto l’occipite.
Asse di mobilità
L’occipite ha un asse trasversale/orizzontale. Che cosa giustifica quest’asse? Il movimento dellla sincondro-
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si sfeno basilare - SSB - che aumenta la convessità verso l’alto nel tempo di F. Poiché questo movimento
avviene su un piano sagittale ci deve essere un asse perpendicolare ad esso, ossia un asse trasversale/oriz-
zontale. Quest’asse va da CSM di dx (Condilo Squamo Mastoideo) a CSM di sin.
L’occipite è importante per:
- il drenaggio venoso
- inserzione delle membrane
- passaggio dei nervi (IX, X, XI) sut sagittale
- passaggio del canale del n. ipoglosso
(XII, è esclusivamente motorio)
- sul tubercolo faringeo s’inserisce l’asse aponevrotico
centrale
sut. lambdatica
SUTURE
Sutura LAMBDATICA, va da Lambda ad Asterion. occipite
Parte MEDIANA: da lambda a “pecorelion” (TAV INT) l’occipite
ricopre il parietale, perché il parietale nel tempo di F si ab-
bassa e solo se l’occipite lo ricopre è possibile giustificarlo.
Parte LATERALE: da “pecorelion” ad Asterion (TAV EST) è il inion
parietale che ricopre l’occipite.
NB. Pecorelion è uno dei due punti perno dell’asse di mobil-
ità ant-post del parietale, il secondo punto è stephanion, che
si trova nel punto d’inversione dei tavolati della sut coronale.
Sutura Occipito-Mastoidea, al di sotto di Asterion, dove l’occipite è in relazione con la porzione mas-
toidea del temporale (sut direttrice che materializza il piano parasagittale):
- porzione VERTICALE (TAV EST), il temp ricopre l’occipite
- porzione più ORIZZONTALE (TAV INT), dove l’occipite ricopre il temp.
Tra le due porzioni c’è il punto perno CSM
Sutura Petro-Giugulare, davanti alla sut OM, dove le apofisi giugulari (oblique in alto-avanti-fuori)
sono in relazione con la superficie giugulare del temporale (faccia inf della rocca petrosa);�������������������
è di semplice con-
tatto e svolge la funzione di leva per il temporale (l’occipite raggiunge la metà della rocca petrosa).
Quando l’occipite fa la F le apofisi giugulari si adattano in alto-avanti-fuori, spingono sotto la rocca petrosa
e la muovono in RE (è interessante notare che l’occipite imprima la sua forza arrivando al centro della rocca
petrosa; questo giustifica la RE del temporale).
Sutura Petro-Basilare, davanti all’apofisi giugulare, c’è un semplice contatto tra l’apofisi basilare dell’oc-
cipite e la rocca petrosa del temporale. La parte sup dell’apofisi basilare è più larga in confronto alla parte
inf. Questo autorizza la possibilità di RE della rocca petrosa.
Abbiamo detto che l’occipite si adatta secondo un asse trasversale-orizzontale mentre il temporale ha due
assi.
Perché?
Quando l’occipite fa la F, il sacro fa anche una F (le emibasi si adattano in alto-dietro e l’apice in alto-avanti).
Quando il sacro fa la F, l’iliaco va in basso-avanti-fuori oppure RE (ricordate che il sacro anatomicamente è
più largo avanti che dietro e questo giustifica il movimento dell’iliaco in basso-avanti-fuori). Attenzione! Non
si parla di conversione ant dell’iliaco, perché non stiamo parlando dei movimenti dell’iliaco rispetto al sacro
secondo l’asse ATM, ma dei movimenti dell’occipite e degli adattamenti delle ossa vicine.
La sfera post del cranio e la zona pelvica hanno una mobilità identica:
occipite in F, temporale in RE
sacro in F, iliaco in RE
Questo è logico altrimenti non potremmo collegare occipite e sacro.
Si parla di F quando c’è un adattamento su 1 piano dello spazio e di RE quando c’è un adattamento su 3
piani dello spazio.
Il temporale si adatta su due assi:
- uno è ant-post e va dal punto perno CSM a SS (sfeno-squamoso - tra la grande ala e la squama - dove nella
parte sup_verticale_ il temporale copre e in quella sotto_orizzontale_ lo sfenoide); attorno a questo asse si
dice che le parti del temporale che sono sopra l’asse si allontanano e le parti sotto si avvicinano. Audouard
non vuole sentire parlare di RE né di Abd
- il secondo asse va dall’incisura parietale (dove c’è un cambio di smusso) all’apice della rocca, dove c’è il
leg di Grüber
La mobilità del temporale deriva dalla combinazione dei due assi.
La parte meno mobile del temporale è il punto d’incrocio dei due assi (la sua proiezione), dove si trovano
i canali semicircolari, che sono responsabili dell’equilibrio ed è quindi perfetto che si trovino in un punto
meno mobile.
Fattori di mobilità
Tutte le membrane di tensione reciproca. Se un occipite non funziona bene si deve testare il motore, ossia le
membrane.
Fattori locali: - temporale (e mandibola, per es. tutti i problemi di occlusione), parietale, sfenoide.
Fattori a distanza:
- sacro,
- C3 C2 C1 (perché si considera sempre una vertebra rispetto all’altra),
- Asse Aponevrotico Centrale (collega l’apofisi basilare al centro frenico, vale a dire sistema sospensorio della
cupola del diaframma, pericardio, legam vertebro-sterno-pericardici),
dall’AAC collegamento con
- a. la parte viscerale-toracica (legamenti vertebro e sterno-pericardici)
- b. la parte viscerale-addominale (tramite il diaframma)
- stretto toracico sup o massiccio scapolare tramite il m. SCOM (SternoCleidOccipitoMastoideo)
- la facoltà visiva (i muscoli sottoccipitali che collegano l’occipite e C1 C2)
La finalità della funzione visiva è la messa a fuoco. Se la persona non riesce a mettere a fuoco i piccoli
muscoli della nuca adattano l’occipite un pò più avanti o indietro al fine di migliorare la messa a fuoco.
Quando trovo una disfunzione di occipite devo pensare a tutte queste cose. Non serve conoscere le tec-
niche sull’occipite se non si allarga lo sguardo a tutto il resto.
Interessi dell’osso
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- di tipo membranoso (imparerete delle tecniche sulle membrane)
- di tipo venoso, perché le membrane si sdoppiano e formano i seni venosi; da ricordare che il 90% del
sangue del cranio si drena a livello del foro giugulare
- di tipo nervoso, nel foro giugulare* passano i seguen-
ti nervi: IX, X e XI.
IX + X responsabili della deglutizione,
X > ���������������������������������������������������
�������������������������������������������������
responsabile, al di l����������������������������
à ��������������������������
delle funzioni cardio�����
-����
pol-
monari, di tutta la motricit�������������������������������
à �����������������������������
viscerale (stomaco, cistifel-
lea...quindi se un Pz ha un problema a livello viscerale
bisogna aprire il foro giugulare: si aggancia la mastoide
e la si porta verso fuori e si mette l’altra mano sull’occi-
pite),
XI > responsabile dell’innervazione dei mm. TRAPEZIO
SUP e SCOM; pensate al torcicollo miogeno);
- di tipo muscolare sul cingolo scapolare, le vertebre
cervicali e dorsali tramite il trapezio. IX Glossofaringeo
XII Ipoglosso
Tutti i fori del cranio hanno una dinamica d’apertura X Vago
maggiore nel tempo di flessione, tranne il foro giu- XI Accessorio
gulare che ce l’ha nel tempo di E. Il sangue venoso si spinale
drena dal davanti verso dietro. Nel tempo di F il seno
cavernoso (che è davanti al foro giugulare) si riempie
di sangue venoso, mentre nel tempo di E si svuota e
dietro ad esso si apre il foro giugulare.
Alcune donne durante il ciclo sentono una congestione intracranica, perch�������������������������������
é magari c’è un drenaggio veno-
so difficile a livello del cranio, altri invece soffrono di cefalee tensive.
21
denti
foro incisivo
osso mascellare
sut palatina mediana
sut palatina trasversa
fessura orbitaria inf
Dopo aver reperito correttamente l’osso, posizionato bene il Pz e noi stessi. Iniziamo un test sul cranio:
Prima di tutto dobbiamo entrare in ascolto. Noi per ogni osso conosciamo degli assi di mobilità sui quali
avviene la plasticità ma non sappiamo in che modo la fisiologia di quel dato paziente permetta gli adatta-
menti plastici. Ogni persona ha delle sfumature anatomiche e fisiologiche individuali. In più l’ascolto ci per-
mette di conoscere i tempi di induzione del test. Quindi mi metto in ascolto e percepisco il ritmo, l’ampiezza,
la forza che ci daranno poi delle informazioni.
Dopo di che, in un tempo di flessione, indurrò una flessione, percependo come e quanto l’osso si fa
trasportare in flessione. Faccio esattamente la stessa cosa nel tempo di estensione. Quando indurre, quanto
indurre e in che direzione indurre sono informazioni che ci da l’ascolto non possiamo avere dei parametri
precisi. Posso indurre sia verso la fine della flessione sia verso metà quando sento che l’osso fa fatica ad an-
dare avanti. Confronterò quindi i due parametri percepiti (flessione-estensione) e denominerò la lesione nel
senso della maggiore ampiezza.
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mm. masticatori
(V3 n. mandibolare)
m. massetere
M
m. pterigoideo int
m. pterigoideo est
mm. estrinseci
T Pe Pi m. tensore
del palato
della lingua m. elevatore
(XII n. ipo-
glosso) Tp del palato
L m. stilofa-
ringeo
m. stiloglosso
Ra Ep
m. stiloioideo mm. prever-
tebrali (rr.
m. digastrico ant dei nn.
(ventre post) cervicali o pl.
cervicale)
mm. delle doc-
ce vertebrali m. retto lat
(rr. post nn.
cervicali) Os della testa
m. lungo
m. splenio della testa
della testa
m. lunghissimo Gr m. retto ant
della testa
della testa Pr
m. obliquo sup
della testa
mm. che ruotano
m. grande retto e sollevano la te-
post della testa sta (XI n. access.)
Ss
m. piccolo retto
post della testa m. scom
m. semispinale
della testa m. trapezio
Le tecniche di riduzione
Sui neonati usiamo sempre delle tecniche strutturali dirette, facciamo un modellaggio. Di fatto lo portiamo
noi dove vogliamo.
Nell’adulto faremo invece delle tecniche funzionali (In ascolto del ritmo cranio-sacrale), ovvero di aggrava-
mento della lesione.
Supponiamo di avere un occipite in disfunzione di flessione: per ridurlo porterò il mio occipite sempre più in
flessione su più momenti di flessione (del ritmo) e manterrò in flessione quando ci sarà la fase di estensione.
Fino a quando lo porto in flessione? Fino a quando:
– O sento “silenzio”: il mio occipite si ferma, sta lì, percepisco di essere arrivato.
– Oppure quando sento un energia molto forte che vuole “tornare”: un qualcosa che mi spinge le mani nel
ritornare in estensione. Quando sento questo, su più tempi di estensione, accompagno, correggo, l’occipite
23
verso l’estensione fino a quando non arrivo a un nuovo punto di fermo.
Terminata la tecnica di riduzione, devo eseguire un nuovo ascolto e fare nuovamente un test di mobilità.
24
OCCIPITE
1°presa dell’occipite
Mani a coppa con il pollice accostato
al resto della mano (se deborda sulla
mastoide devo saperlo), le mani avvol-
gono l’occipite e con i polpastrelli devo
sentire il bordo inferiore dell’occipite
2°presa dell’occipite
Mani sovrapposte con i pollici verso le
mastoidi
Asse di mobilità
Asse trasverso orizzontale. Parte dal
punto CSM (Condilo Squamo Mas-
toideo) di destra al CSM di sinistra. Su
quest’asse l’occipite effettua un movi-
mento di flesso-estensione.
Pecorelli
L’approccio pratico ad una struttura in ambito cranio-sacrale, che si tratti di un singolo osso o del volume
sacrale, prevederà sempre una sequenza di “comportamento”
Posizionamento
la posizione del terapeuta, in relazione con il paz, deve essere corretta per quella determinata tecnica
Presa di contatto
È il contatto che si esegue in quella data struttura per eseguire quella specifica tecnica
Richiede conoscenza della tecnica e dell’anatomia palpatoria
Forma
È la determinazione della condizione morfologica della struttura che sarà oggetto d’esame.
Consistenza tissutale
È la consistenza della struttura in esame in tutte le sue porzioni
Movimento presente
È l’ascolto della fisiologica altenanza di flesso estensione in quella struttura.
Test di mobilità
E’ l’induzione di una forza supplementare all’interno del movimento fisiologico, serve a stabilire la presenza
di disfunzioni
Correzione cranio sacrale
Sono le tecniche atte a ripristinare la corretta fisiologia cranio
25
sut. coronale sut. squamosa
parietale
parietale
sut. sfeno-
parietale
sut. sfeno-
frontale
sut. sfeno-
squamosa
foro sovra-
orbitario
grande ala
dello sfenoide
etmoide
lacrimale
nasale
foro infra-
orbitario
mascellare
sut. lambdatica
occipite
sem 4 Pecorelli
PARIETALE. Anatomia
Ha una forma piuttosto regolare, quadrangolare.
A livello anatomico comprende 2 facce (faccia esocranica ed endocranica) e 4 bordi (superiore, anteriore,
inferiore e posteriore).
Faccia esocranica
Si trovano: la bozza parietale (al suo apice c’è un punto craniometrico, Euryon) e le linee curve temporali
(sup e inf )
Linea curva sup: inserzione dell’aponeurosi temporale
Linea curva inf: inserz del m. temporale, che si placca contro la parte inf della faccia esocranica del parietale
(può essere interessante in presenza di spasmi del muscolo temporale fare delle riflessioni sul parietale)
26
sut sagittale
forame parietale
inserzione dell’aponeurosi
linea temporale sup Euryon temporale
sut coronale
sut lambdatica
Stephanion
linea temporale inf inserzione del temporale
sut parieto-squamosa
sut parieto-mastoidea
faccia esocranica
Faccia endocranica
È concava. Vi trovo:
- i solchi dei vasi meningei, che si raccolgono (davanti) nel seno di Brechet, che raccoglie sangue venoso
della parte antero-lat del cranio (per- fossetta granulare
corso: sutura della grande ala con il granulazioni aracnoidali invaginazioni dell’aracnoide
parietale, bordo post della piccola ala, sdoppiamento della falce
seno di Brechet, seno cavernoso a livello
dello sfenoide e, dietro, il foro giugulare)
- l’impronta del seno longitudinale sup
- granulazioni aracnoidali (simili a
forellini) o di Pacchioni; si trovano
sia all’interno che all’esterno del seno
sagittale. A livello delle granulazioni
l’aracnoide s’invagina nell’osso, vi-
cino al seno longitudinale sup, e
l’invaginazione porta il liquor all’interno
della circolazione venosa, così da essere
riassorbito da essa.
- a livello di asterion (dietro) c’è
l’impronta di un pezzettino del seno
sigmoideo
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seno longitudinale sup e in-
serzione della falce cerebrale
forame parietale
solchi/impronte
seno di Brechet dei vasi meningei
DAVANTI DIETRO
faccia endocranica di un parietale dx
seno
sagittale
dura madre encefalica, sup v. emissaria aponeurosi
foglietto endosteo epicranica
vv. della
cute della
testa
cute
della testa gran. di
Pacchioni
lamina est
diploe
vv. diploiche
lamina int
granulazioni di B
Pacchioni (villi
aracnoidali) setti
aracnoidei
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“tight spazio subaracnoideo
junctions” con liquor
dura madre
pia madre = la pelle del tessuto nervoso
cellule Non si conosce il perché delle granulazioni os-
aracnoidali see, pari a dei forellini.
aracnoide Il riassorbimento liquorale avviene prevalente-
mente (ma non solo) a livello del seno longitudi-
setti nale sup.
aracnoidei Una parte del drenaggio del liquor avviene a
livello extracranico, in sede tissutale periferica,
v. cerebrale sup. fuori dal canale vertebrale e dalla scatola cranica
e questo è un elemento di base del concetto
a. cerebrale cranio-sacrale.
pia madre
B corteccia
cerebrale
Bordo superiore
Forma con l’altro bordo sup la sut inter-
parietale o longitudinale sup. È una
sutura dentellata, a incastro, più davanti STEPHANION
che dietro. I parietali nel tempo di RE si
à
abbassano e si allargano (davanti) e si bilit
aprono da obelion in poi (dietro). di mo
”PECORELION” asse
Bordo anteriore
È la sut coronale, squamosa (perché ha
dei tavolati) dentellata (perché ha delle
dentellature). Va da bregma a pterion
passando per stephanion.
Da bregma al punto di inversione
(stephanion) c’è un tav esterno. Da
stephanion a pterion c’è un tav int
Bordo posteriore
È la su lambdatica, squamosa dentel-
lata. Ha gli stessi tavolati della sutura
coronale. Unendo Stephanion con il
punto d’inversione post ”Pecorelion” si
forma l’asse di mobilità del parietale.
Ricordate che si parla sempre di un modello. Se ci fosse solo quest’asse non potremmo parlare, nel tempo di
RE, di abbassamento del parietale. Quindi si deve pensare ad un asse di mobilità più articolato.
Da lambda al punto d’ inversione c’è un tav est. Dal punto di inversione (pecorelion) ad asterion c’è un tav int
29
Bordo inferiore
Posteriormente
- sut parieto-mastoidea, è a tav relativamente est tranne un piccolo punto a tav int (= incisura parietale)
- sut parieto-squamosa (con la squama del temporale), è una sutura puramente squamosa a tav est, dove
il temporale ricopre il parietale
Anteriormente
- sut parieto-sfenoidale, in cui la grande ala dello sfenoide ricopre il parietale, che ha un tav esterno. È una
sutura squamosa senza dentellatura.
L’osso parietale entra nella costituzione della fossa temporale (= la zona lat del cranio, che è ricoperta dal
m. temporale - parte più interna - e dalla sua aponeurosi - parte più alta -) e a livello cranio-sacrale fa parte
della sfera post.
Audouard
Parietale. FISIOLOGIA
È un osso della sfera post. Questo significa che, se c’è una disfunzione del parietale, bisogna prima di tutto
guardare l’occipite.
L’asse di mobilità è ant-post e va da stephanion (sut coronale) a “pecorelion” (sut lambdatica). La presenza di
quest’asse è giustificata dal fatto che nel tempo di F, attorno a questo asse, la sutura interparietale si abbassa
(perché la falce la tira verso il basso, perciò diminuisce il diametro verticale).
L’ang ant-inf del parietale è in relazione con la porzione sup della grande ala: si adatta in basso-avanti-fuori
(la sutura è obliqua e per questo l’ang si adatta in 3 direzioni dello spazio).
Il bordo inf del parietale si articola con la squama del temporale: va in basso fuori
L’ang post-inf è in relazione con la porzione mastoidea del temporale: si adatta in basso-avanti-fuori.
Significa che nella fase di RE del parietale (o di F del cranio) il parietale aiuta la RE del temporale.
Becchi di flauto
La sutura interparietale è dentellata perché la falce del cervello s’inserisce su di essa e quindi l’unica possibil-
ità dinamica che permetta un movimento verso il basso è la dentellatura.
Se si abbassa la parte ant, la parte post si apre a livello di obelion (=punto di apertura del parietale nella F)
A livello della sut. coronale
> la metà int del parietale, da bregma a stephanion, ha un becco a tavolato est (pensate che bregma si ab-
bassa e indietreggia) ed è ricoperto dal frontale; in questo modo il parietale può indietreggiare.
> la metà esterna del parietale, da stephanion a pterion (alla fine della s. coronale), ha un cambio di smusso,
quindi un becco a un tav int. Tra i due tavolati c’è un punto perno, ossia un punto d’asse sia per il parietale
che per il frontale.
A livello dell’ang ant-inf ho la sut sfeno-parietale, a tav est> lo sfenoide ricopre il parietale e in questo
modo quando l’angolo ant-inf si adatta in basso-avanti-fuori e aiuta il movim della grande ala in fuori
Il bordo inf del parietale ha un becco a tav est
L’ang post-inf, in relaz con l’apofisi mastoidea, ha un becco a tav est e quindi quando l’angolo post-inf si
adatta in basso-avanti-fuori aiuta l’apofisi mastoidea del temporale ad andare in basso-avanti-fuori,
Da lambda a “pecorelion” c’è un becco a tav est in cui l’occipite ricopre.
Da “pecorelion” ad asterion abbiamo un tav int
Tempo di F della sfera post
- le 2 apofisi giugulari dell’occipite spingono in alto-avanti-fuori; esse spingono sotto la parte inf della rocca
petrosa.
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- la rocca petrosa del temporale va in alto-avanti-fuori (=RE); questa RE è aiutata dal bordo inf del parietale e
dall’amgolo post-inf del parietale
Esempio. In un test del cranio si controlla che ci sia una buona alternanza di F ed E; se c’è una disfunzione si
fanno le correzioni in periferia al fine di avere una buona risultante a livello del cranio; se, dopo le correzioni,
si trova sul cranio la stessa disfunzione, bisogna pensare:
- c’è stato uno sbaglio
- siccome il parietale è in contatto con la sfera post e con quella ant, potrebbe essere il responsabile del
mantenimento della disfunzione.
Il parietale è in relazione con la sfera post e ant e può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione
della base. Anche la s. coronale e la s. temporo-zigomatica possono mantenere la disfunzione del parietale.
Quindi ci sono 3 zone, al di là delle suture direttrici, che possono mantenere una disfunzione a livello della
SSB (sincondrosi sfeno-basilare)
*Un drenaggio venoso del cranio comincia dalla zona prossimale al cuore e va verso la periferia (osso fron-
tale). Bisogna liberare prima la zona del cuore e poi passare in perifera. Passaggi:
- drenaggio dello stretto sup toracico
- foro giugulare (passa la vena giugulare)
- seni sigmoidei (occipite)
- seno longitudinale (parietale)
** a livello di asterion (incontro di 3 ossa: occipite, temporale, parietale) c’è il passaggio del seno laterale.
Esso va dalla squama dell’occipite all’angolo post-lat del parietale. La dinamica delle 3 ossa influenza il
drenaggio del seno lat. Nel tempo di F su asterion si sente globalmente l’espansione (= RE).
***Il m. temporale collega il parietale fino alla mandibola. Lo spasmo di questo muscolo può creare una dis-
funzione di RI (ossia di maggiore mobilità in RI, perché la RE è bloccata, ossia l’ang. ant-inf del parietale non
va in avanti-basso-fuori)
Presa e ascolto
1°presa del parietale (l’osso è sempre più dietro di quanto
noi di solito pensiamo)
Indice: dietro pterion
Le altre dita: sul lato parietale della sut. parieto-squamosa,
non vicino all’orecchio altrimenti si deborda sul temporale
(ossia tutte le altre dita sono sulla squama del parietale).
Mignolo: davanti all’occipite (davanti Asterion)
Pollici: incrociati dietro bregma o paralleli tra loro (poggiati o
non poggiati è uguale)
31
2°presa del parietale
stessi punti della prima presa ma la zona dell’ articolazione inter-
falangea (dato che al livello articolare c’è molta sensibilità perché
ci sono molte terminazioni) la metto a contatto con il parietale e il
resto deborda.
I pollici sempre dietro a bregma (dietro la sutura coronale).
Asse di mobilità
STEPHANION È antero-posteriore, obliquo in basso-dietro, va da
Stephanion al cambio di smusso (“Pecorelion”) che
à
”PECORELION” obilit si trova al livello della sut lambdatica. Effettuano un
e di m movimento di RI e RE.
as s
Nel tempo di F (o RE)
- la sutura intersagittale si abbassa
- gli angoli ant-inf e post-inf vanno basso-avanti-fuori
32
sem 5 Pecorelli
FRONTALE. Anatomia
È l’osso più importante del massiccio facciale. Entra nella costituzione di:
- massiccio facciale
- fosse nasali
- orbita
- fossa temporale
- base del cranio (la fossa cranica ant è formata anche dalla porzione orbitaria del frontale)
- volta del cranio (la porzione squamosa del frontale)
Faccia endocranica
- inserzione della falce (sul davanti c’è una cresta e poi piano piano diventa un solco, perché la falce si sdop-
pia per contenere più sangue venoso)
- fossette granulari aracnoidali
- solchi dei vasi meningei
- in basso si arriva fino al foro cieco (?)
33
incisura frontale
foro sovraorbitario
foro etmoidale post
osso frontale,
superficie orbitaria
foro etmoidale ant
osso mascellare,
faccia orbitaria foro infraorbitario
Porzione orbitaria. Faccia inferiore (esocranica)
- escavazione centrale (= incisura etmoidale del frontale)
- pilastri orbitari esterni
- lateralm alloggia, nella parte sup-est, la ghiandola lacrimale
- lateralmente si trova la sut sfeno frontale, che è una sutura direttrice, con una superficie triangolare.
La porzione orbitaria è la parte orizzontale dell’osso frontale o faccia inferiore (= il soffitto dell’orbita ossea).
La faccetta orbitale è concava in generale e verso il pilastro orbitario esterno la concavità è ancora più mar-
cata e prende il nome di fossetta lacrimale, perché contiene le ghiandole lacrimali.
Più medialmente c’è una spina trocleare, che è l’attacco di un’aponeurosi a forma di anello, la troclea fib-
rosa. Al suo interno passa il tendine e il m. obliquo superiore, un muscolo estrinseco dell’occhio.
La muscolatura estrinseca dell’occhio permette al globo oculare di fare movimenti in alto, in basso, a dx e a
sin e le rotazioni. La muscolatura intrinseca è interna all’occhio e agisce sulla pupilla dilatandola o stringen-
dola (mm. dilatatori e costrittori della pupilla).
34
Nella troclea passa il m.
obliquo sup. (la troclea fa
troclea del m. obliquo sup cambiare angolo al tendine).
Quasi tutti i tendini dei
m. retto med.
m. obliquo inf. mm. oculomotori estrinseci
m. retto inf. s’inseriscono su un anello
m. retto sup. tendineo comune o tendine
m. obliquo sup. di Zinn, che si trova a livello
m. elevatore della palpebra sup. m. retto lat. dello sfenoide.
anello tendineo comune
Faccia endocranica
Dentro la porzione orbitaria, dai 4 ai 6 anni di vita, sono presenti i seni frontali (pensate alla sinusite fron-
tale), che si drenano nelle fosse nasali. I seni paranasali sono delle cavità rivestite di mucosa, che esigono un
drenaggio. Dai seni frontali, mascellari e etmoidali partono dei canalicoli che vanno verso le fosse nasali (la
sinusite è l’infiammazione di un seno paranasale: frontale, mascellare o etmoidale; se non c’è secrezione non
c’è sinusite ma solo un dolore che non è però causato da un’infiammazione).
osso mascellare,
processo frontale
foro etmoidale ant
osso mascellare,
fessura orbitaria inf faccia orbitaria
canale infraorbitario
fossa pterigopalatina hiatus del seno seno foro infraorbitario
mascellare mascellare
35
m. retto
anello tendineo mediale m. obliquo sup
comune (di Zinn) m. elevatore della
palpebra sup m. retto sup
n. oculomotore
comune
m. retto lat
n. trocleare
margine sopraorbitario
o lamina orbitaria
pilastro orbitale est
spina nasale
PRATICA
L’appoggio delle mani sul cranio è di 5 g oppure immaginate un appoggio con l’intenzione di toglierle.
Palpazione
Valutazione della consistenza tissutale tramite una pressione, per percepire se ci sono dei punti di densità
ossea
37
PRESE
Presa sul frontale a 3 dita
Indici sulla glabella
Medi dietro i pilastri orbitari est
anulari e mignoli si accodano
pollici davanti a bregma, per essere sicuri di essere sul frontale e
non sul parietale
Valutazione della forma dei due emifrontali (= valutazione del terreno di partenza)
- se uno è più aperto o chiuso dell’altro
- se uno è più avanti o indietro dell’altro
- se uno è più alto o basso dell’altro
- se sono tutti e due molto chiusi o molto aperti
NB. Non tutti i frontali sono uguali!
Ascolto
Percezione dell’alternanza fisiologica di RI e RE (perché sono 2 emifrontali e non un osso unico) relativa-
mente al modello:
in F si ha una diminuzione del diametro antero-post e verticale e un aumento trasversale, quindi i due emi-
frontali fanno una RE
in E i due emifrontali fanno una RI
Pur avendo in mente il modelllo, ci si concentra sul movimento individuale del frontale del Pz.
38
Audouard
FRONTALE. Fisiologia
Caratteristiche principali dell’osso frontale:
- fa parte della sfera ant; questo significa che in presenza di una disfunzione del frontale dobbiamo control-
lare prima lo sfenoide, che è l’osso principale della sfera ant
- è l’osso pricipale del massiccio facciale; tutto il massiccio facciale è incastrato - come un paracadute - sotto
il frontale, quindi il frontale ne condiziona il movimento (in presenza di una disfunzione di un osso del mas-
siccio facciale bisogna controllare il facciale)
- in fisiologia il frontale è considerato
come un osso pari (due emifrontali), per-
ché sulla sua parte mediana si inserisce STEPHANION STEPHANION
la falce del cervello (la plasticità ossea
dipende dall’azione delle membrane) e
questo giustifica, dal punto di vista ana-
tomico, la presenza della sutura metopica
- poiché è un osso pari ci sono 2 assi:
uno a dx e uno a sin. L’asse di mobilità va
da stephanion (punto d’asse anche per
il parietale) fino al punto perno dove c’è
il cambio di smusso sul bordo post della
porzione orbitaria (in relazione con il
bordo ant delle piccole ali dello sfenoide).
L’asse di mobilità è obliquo orientato in
basso-avanti-dentro.
Il motore della mobilità è essenzialmente Punto perno sul Punto perno sul
la falce ved. dopo “Fattori di mobilità”). BORDO ORBITARIO BORDO ORBITARIO
POST POST
Nel tempo di F del cranio
- la glabella va alto-dietro (per la diminuzione dell’asse ant-post)
- bregma si adatta in basso (per la diminuzione dell’asse verticale) -dietro
- pilastro orbitale esterno del frontale va in basso-avanti-fuori
- bordo orbitario va dietro (perché la glabella indietreggia), entra in relaz con
il bordo ant delle piccole ali dello sfenoide (che nella F avanzano, come le
grandi ali che vanno basso*-avanti-fuori), c’è un aggancio meccanico (per un
tratto le ali sono ricoperte e per il rimanente ricoprono) tra il bordo orbitario e
le piccole ali e l’opposizione di queste due ossa si traduce in una componente
trasversale sul piano orizzontale (quindi un movimento laterale, che permette
il basculamento in basso della parte post dell’etmoide (apofisi crista galli è
tirata in alto-dietro dalla falce del cervello)
componente trasversale
sul piano orizzontale * Jean Gay parlando dell’occhio dice che va in alto
- la falce del cervello - la parte post
diminuisce, quindi dell’etmoide bascula
tira la crista galli in basso
Fattori di mobilità
Falce e la parte sup delle grandi ali dello sfenoide. Il frontale è
appoggiato sul bordo sup delle grandi ali e tra le due ossa c’è la su-
tura sfeno-frontale (SF). È una sutura direttrice, che materializza
il piano para orizzontale, con una superficie a L (corto e lungo
braccio).
Nel tempo di F le grandi ali vanno basso-avanti-fuori (il bordo sup
delle grandi ali aiuta il pilastro orbitario ad andare in basso-avanti-
fuori)
Fattori di restrizione
Falce
Sfenoide
Parietale
Zigomo
Ricapitolando
in Flessione
1. il frontale indietreggia e le piccole ali dello sfenoide avanzano (risultante: apertura trasversale
dell’incisura etmoidale del frontale soprattutto nella parte post; di conseguenza c’è un abbassamento della
parte post dell’etmoide)
2. la falce diminuisce (quindi diminuisce il diametro ant-post); essa s’inserisce sulla crista galli dell’etmoide e
sulla parte mediale del frontale; tirando sulla crista galli la parte post dell’etmoide s’abbassa)
Sutura SFENO-FRONTALE, superficie a L, in relaz con il bordo sup della grande ala, è una sutura di sem-
plice contatto (sut direttrice che materializza il piano para orizzontale).
Lungo braccio esterno > se lo si prolunga ci si trova in direzione del naso
Corto braccio interno > se lo si prolunga ci si trova in direzione della sella turcica
Sutura FRONTO-ZIGOMATICA
Il pilastro orbitale esterno (che va basso-avanti-fuori) è in relazione con lo zigomo, becco a TAV EST (il tav-
olato est giustifica che il pilastro orbitario sia un fattore di mobilità dello zigomo)
Le emicellule del frontale e le emicellule dell’etmoide formano delle cellule intere (sono cellule aeree
contenenti mucosa). Per questo non ci sono becchi di flauto ma un incastro.
Il frontale si sente più facilmente dell’occipite. L’uno appartiene alla sfera ant e l’altro alla sfera post.
La sfera post del cranio comprende: parietale, temporale, occipite, C3, C2, C1, l’occipite in relazione a C1,
mandibola, ioide, sacro. La sfera post è completamente diversa dalla sfera ant.
La particolarità anatomica di parietale, temporale, occipite è di essere ossa strutturali (a parte il foro occipi-
tale) e per questo sono in relazione con il sacro, un altro osso strutturale.
Invece la sfera ant è una sfera adattativa, perché anatomicamente è piena di buchi (orbite, fosse nasali,
recettori sensoriali...), è sede degli organi di senso. Questo significa che in presenza di un trauma, l’organo di
senso non viene danneggiato, ossia la funzione è preservata perché c’è un adattamento osseo.
Nel trattamento, dal punto di vista funzionale, se si deve fare una scelta è meglio dare la precedenza alla
sfera post, perché ha meno capacità di adattarsi. Avviene la stessa cosa a livello del ginocchio. Il comparti-
mento esterno è molto più mobile di quello int e questo giustifica la maggior incidenza di lesioni sul com-
partimento int.
Essere esperti della sfera post implica essere esperti del sacro, perché come abbiamo detto, la sfera post
comprende: parietale, temporale, occipite, C3, C2, C1, l’occipite in relazione a C1, mandibola, ioide, sacro.
Tutti i discorsi sul cranio sono sterili se non si pensa a queste relazioni strutturali. Correggere una disfunzi-
one dell’occipite non basta se non si valuta e tratta anche il sacro o il sacro rispetto all’iliaco.
Ricapitolando. Per avvicinare il cranio bisogna valutare iliaco e sacro, poi C1 (la porta sul cranio) C2 C3 (inser-
zioni della dura madre).
Inoltre iliaco e sacro formano il pavimento pelvico, vale a dire un diaframma. Questo diaframma mi porta a
pensare al diaframma toraco-addominale, dove c’è il centro frenico, che mi porta a pensare all’apofisi basi-
lare e al tubercolo faringeo.
Dietro a una disfunzione sacrale ci può essere uno squilibrio del pavimento pelvico, che a sua volta è colle-
gato (lo vedremo il prossimo anno) con lo stretto sup. Inoltre di fronte ad una disfunzione sacrale mi chiedo:
- perché è avvenuta
- quali sono le ripercussioni di questa disfunzione
Per rispondere al “perché” è utile pensare che la causa principale può venire dal basso (sottoastragalica, per-
one, ginocchio, anca). Oppure dall’alto, per es. dallo psoas.
Se trovo uno psoas più contratto da una parte, si dovrà pensare a un coinvolgimento dei visceri. Questo per
dire che davanti ad una disfunzione devo sempre pormi le due domande viste sopra e ampliare le possibilità
di trattamento.
Per es. una disfunzione d’anca mi deve far pensare ad uno squilibrio con le forze che arrivano dal basso e
quindi ginocchio e caviglia; poi anche a forze che vengono dall’alto, quindi lo psoas, e poi ai muscoli rota-
tori, che predominano a livello dell’anca, in particolare il piriforme, che è anche un muscolo del pavimento
pelvico. Se predominano i mm. extrarotatori, l’arto inf è in RE, quindi la testa del femore è più ant e questo
può avere una ripercussione sull’iliaco (conversione post?) e uno squilibrio dei sistemi di chiusura, di blocco
ant del sacro.
Il piriforme (parte ant del sacro) e l’otturatore int (parte laterale) fanno parte del pavimento pelvico (oltre
al m. elevatore dell’ano, che forma la base). Una disfunzione dei visceri (prostata, ovaio, sigma, cieco...) può
creare un’ipertonia dei mm. RE.
Tra le ossa della sfera post, secondo Maurice, è da preferire - se si deve fare una scelta d’importanza funzi-
onale - il temporale, perché ha due suture direttrici (occipito-mastoidea e sfeno-squamosa, che condizio-
nano i piani para sagittale e para frontale), due assi di mobilità, condiziona 6 paia di nervi cranici, è sede
dell’orecchio interno (controllo della statica eretta), vi si inseriscono i muscoli masticatori, articolazione ATM.
È un osso relazionale.
* C’è una differenza tra fisiologia e forma. La forma è uno stato, che non si può cambiare, mentre sulla fisiolo-
gia si può influire. Nella fisiologia le due sfere, a livello della base cranio, invertono le loro rotazioni. La fisiolo-
gia inoltre ci permette di parlare di disfunzione. Possiamo però anche parlare di forma del cranio in flessione
(F = la risultante della RE dei 4 quadranti), quindi un cranio che si presenta con i 4 quadranti in RE, o di una
forma del cranio in estensione (RI). Alla base del cranio le 2 sfere dovrebbero invertire la loro rotazione, ma
ci sono delle disfunzioni in cui esse si adattano nello stesso senso. La sutura coronale è l’incontro tra la sfera
post (parietale) e la sfera ant (frontale), quindi può essere l’espressione, a livello della volta, di un adattamen-
to difficile a livello della base. Conoscendo la forma della coronale si può capire l’adattamento della base e
di conseguenza l’adattamento della sfera post e della sfera ant (quindi si conosce lo schema di una persona).
TEMPORALE. Anatomia
Comprende 3 porzioni:
- una porzione squamosa che comprende l’apofisi zigomatica, in relazione con l’osso zigomatico sul davanti
- una porzione post o mastoidea (si trova dietro all’orecchio)
- una porzione petrosa (la rocca petrosa), che presenta una faccia sup, una faccia postero-int, una faccia inf
e una faccia ant. La rocca petrosa ha infatti la forma di una piramide quadrangolare: quattro lati, una base e
un apice. La base è l’imbocco del condotto uditivo est, l’apice è in relazione con lo sfenoide.
42
proc squama del
zigomatico temporale
parte
timpanica
sut. Temporo- del temporale
zigomatica tubercolo
articolare foro
mastoideo
cavità
glenoidea meato acustico
esterno
fessura
petrotimpanica
fessura timpanomastoidea
proc stiloideo proc mastoideo
Apofisi zigomatica
Nella parte post e inf presenta il tubercolo zigomatico post e sul davanti il tubercolo zigomatico ant. Sotto
di essi c’è una concavità, che si chiama cavità glenoidea, che è in relazione con il condilo mandibolare.
Alla cavità glenoidea segue un rilievo che si chiama condilo temporale (da non confondere con il condilo
mandibolare), che è una convessità in cui termina il condilo mandibolare quando si apre la bocca. Il condilo
mandibolare non solo ruota su se stesso ma si sposta anche in avanti, durante l’apertura della bocca, andan-
do a finire sul condilo temporale.
Sul bordo inf e sulla faccia interna c’è l’inserzione del m. massetere, che poi va verso il bordo inf dell’osso
zigomatico, la parte post del ramo orizz della mandibola è gonion.
Il bordo ant termina nella sutura temporo-zigomatica, una sutura irregolare che a volte presenta dei tav-
olati, uno esterno nella parte alta e uno interno nella parte bassa.
43
Faccia endocranica
Presenta dei leggeri rilievi ondulati, perché
si attacca la dura madre e si appoggia una proc
parte del lobo temporale con le sue circon- zigomatico
voluzioni e scissure, oltre ai solchi meningei.
La porzione mastoidea
Faccia esocranica
È presente il processo mastoideo o apofisi tubercolo
articolare
mastoidea, che è un rilievo osseo che ap-
cavità
punto fa parte della porzione mastoidea. Il glenoidea
processo mastoideo ha un apice in basso, canale
ospita l’inserzione del m. sternocleidoccip- carotico meato
acustico est
itomastoideo (SCOM), vale a dire delle fibre proc stiloideo
che vanno alla clavicola (cleidomastoidee) e proc
di quelle che vanno allo sterno (sternomas- fossa mastoideo
toidee). giugulare
solco del
Dietro al processo mastoideo c’è il solco del foro stilo- digastrico
digastrico, dove si attacca l’inserzione mas- mastoideo
toidea del m. digastrico (che va anteriorm,
foro
passa sopra l’osso ioide, da cui parte un rafe mastoideo
tendineo che fa da puleggia di riflessione,
passa sotto di essa e poi si dirige alla sinfisi
mentoniera; azione: aprire la bocca).
La porzione petrosa o
rocca petrosa INCISURA
PARIETALE
Ha la forma di una piramide
quadrangolare: quattro lati,
una base e un apice.
asse di mobilità
Premessa
L’osso temporale ha una
sua anatomia esterna ed proc
una ricchissima anatomia zigomatico
interna, ossia il condotto
meato acustico
uditivo esterno, la mem- interno
brana timpanica, martello, foro
incudine, staffa, la finestra mastoideo
APICE DELLA
ovale, la cassa timpanica, il ROCCA PETROSA
condotto uditivo interno, i foro
canali semicircolari, coclea, mastoideo proc stiloideo
utriculo, sacculo.
Nel temporale passa l’arteria carotide, il n. facciale (VII n. cranico), filuzzi del IX n. cranico, la porzione ossea
della tromba di Eustachio.
Il temporale come il sacro è un osso sensoriale. Il sacro è un osso cavo, che contiene al suo interno materia
nervosa.
44
canale canale
semicircolare semicircolare
post canale ant
semicircolare
lat vestibolo
n. vestibolare
n. cocleare
chiocciola
martello,
testa
rocca petrosa
staffa
m. tensore
del timpano
cavità tuba uditiva
timpanica
incu- membrana
dine timpanica
processo
stiloideo
meato timpano
acustico
est martello
ORECCHIO MEDIO
incudine
staffa
canale posteriore
canale superiore
ORECCHIO INTERNO
utricolo
coclea
canale orizzontale
sacculo
L’orecchio esterno focalizza, dirige e amplifica le onde sonore, che mettono in vibrazione il timpano auricolare, verso l’orecchio
medio. Nell’orecchio medio, l’energia di queste onde [1] viene trasformata in vibrazioni meccaniche della struttura ossea
dell’orecchio medio (energia cinetica). Uno dei tre ossicini della catena, la staffa, muovendosi avanti e indietro entro la finestra
ovale della coclea trasmette l’impulso cinetico alla perilinfa in essa contenuta; attraverso l’endolinfa del condotto cocleare le onde
vengono trasmesse dalla rampa vestibolare alla rampa timpanica (e quindi entrano in vibrazione anche le membrane che sepa-
rano le rampe, o stanze, della coclea).
45
tuba
uditiva
cavità
a. carotide timpanica
interna
martello
chiocciola incudine
canale
n. faciale semicircolare
ant
n. cocleare
meato
n. vestibolare acustico est
vestibolo canale
semicircolare
lat
acquedotto
cocleare cellule
mastoidee
sacco
endolinfatico
padiglione
auricolare
canale
semicircolare
post
seno
sigmoideo
Adagiato sulla membrana basilare, che è la membrana principale e separa la rampa vestibolare dalla rampa timpanica, si trova
l’Organo del Corti: questo ha una struttura cellulare fatta di un doppio ordine di cellule acustiche ciliate, interne ed esterne, in
numero di circa 20.000. Le cellule acustiche sono in contatto con le cellule nervose che fanno parte del nervo vestibolococleare.
Di lì il segnale, che nella coclea viene trasdotto (l’energia cinetica diventa energia elettro-chimica), giunge all’area acustica della
corteccia cerebrale, e poi al lobo temporale del cervello: qui avviene la decodificazione dell’impulso elettrico, e si giunge così alla
percezione del suono.
Sempre nell’orecchio interno, scavato nell’osso temporale, assieme all’apparato cocleare troviamo gli organi del senso
dell’equilibrio, detti sistema vestibolare o apparato vestibolare. Il sistema vestibolare utilizza l’endolinfa e cellule neurosensoriali
allo stesso modo della coclea (per trasdurre energia meccanica), e invia al cervello informazioni riguardanti posizione, rotazione e
accelerazione della testa e del corpo.
Il sistema vestibolare è formato da due organi otolitici, il sacculo e l’utriculo, e da tre canali semicircolari. Gli organi otolitici sono
così chiamati perché nella cupola che ricopre l’apparato ciliare dell’epitelio sensoriale si trovano gli otoliti (o otoconi), ovvero ag-
gregati di carbonato di calcio la cui funzione è modificare la densità della cupola rispetto all’endolinfa, per reagire inerzialmente
alle accelerazioni lineari (tra cui la forza di gravità) che gli organi otolitici quindi trasducono. I canali semicircolari recepiscono
invece le accelerazioni angolari, grazie alla forza inerziale che l’endolinfa esercita sulla cupola nelle ampolle.
Faccia sup
Posteriormente c’è un rilievo arcuato che si chiama eminenza arcuata, che è l’impronta del canale semi-
circolare situato dentro la rocca petrosa, che bomba verso l’alto. Avanzando si trova più lateralmente una
superficie liscia, che è il soffitto del timpano o cassa timpanica. Avanzando ancora si trovano dei forellini, che
si chiamano iato di Fallopio. Da essi emergono i nervi petrosi, che sono una derivazione del VII e IX paio di
nervi cranici e che formeranno il n. vidiano. Più avanti ancora c’è la fossetta del ganglio di Gasser.
46
Il ganglio di Gasser è il ganglio del n. trigemino. Dalla fossetta emergono le 3 branche del n. trigemino (V n.
cranico). È interessante sapere che il tentorio s’attacca sul bordo sup della rocca petrosa e avvolge il ganglio
di Gasser, quindi una disfunzione del temporale altera l’equilibrio membranoso della dura madre, che a sua
volta può perturbare, tra le altre cose, il rivestimento del n. trigemino. Quindi quando si pensa al buon fun-
zionamento del n. trigemino bisogna ricordare il suo posizionamento a questo livello.
Faccia postero-interna
Sul bordo sup s’inserisce il tentorio, come abbiamo ap-
pena detto. L’inserzione forma un seno, il seno petroso
sup, che porta sangue venoso da davanti verso dietro,
verso il seno sigmoideo, per arrivare fino al foro giugu-
lare. Poi c’è lo sbocco del condotto uditivo int, dove pas-
sano due nervi cranici: il n. acusticovestibolare (VIII) e
il n. facciale (VII). Quindi il n. facciale viene dal tronco-
encefalo, va verso il condotto uditivo int, entra dentro
l’osso temporale, cambia angolo, va dietro in basso ed
esce nella faccia inf della rocca petrosa nel foro stilo
mastoideo. osso temporale dx: faccia postero-interna
Posteriormente si trova la fos-
setta ungueale, dove sbocca
il canale endolinfatico, che
contiene l’endolinfa, un liquido
che scorre dentro l’orecchio int
ed ha un suo ciclo vitale. Al ter-
mine del ciclo viene eliminato
attraverso il canale e finisce
nello spazio tra la dura madre
e l’aracnoide (ossia finisce in
uno spazio più profondo). osso temporale dx: apice della osso temporale dx: faccia superiore
rocca petrosa
Faccia inferiore
Procediamo da dietro in avanti.
Dietro si trova il foro stilo mas-
toideo, da cui esce il VII nervo
cranico. canale carotideo
Anteriormente il processo
stiloideo, che è un punto
d’inserzione dei seguenti muscoli: processo stiloideo
stilofaringeo, stiloioideo, stilo- fossa giugulare e
glosso, e dei seguenti legamenti: ostium introitus
leg stilo faringeo e leg stilo mas- foro stilo mastoideo
cellare. faccetta giugulare
Medialmente al processo
stiloideo c’è la fossa giugulare,
che è una superficie cava che
accoglie il bulbo (una dilatazione, una sorta di sifone) della vena giugulare. Essa prende il sangue venoso
proveniente dal foro giugulare.
Ci troviamo a livello della sut. petro basilare e della sut. petro giugulare. Davanti trovo un foro da cui
inizia un canale. Il foro si chiama foro carotideo. In esso, salendo dal basso, entra la carotide int, s’inclina in
avanti-dentro per andare verso la rocca petrosa del temporale e uscire in prossimità del suo apice, ossia dal
foro lacero. Da qui la carotide int entra nel cranio adagiandosi sulla faccia lat del corpo dello sfenoide, nel
solco carotideo. All’apice osseo della rocca petrosa troviamo l’inserzione del leg petro sfenoi-
dale di Grüber. Il n. oculomotore esterno o n. abducente (VI n. cranico) passa sotto questo legamento.
Una disfunzione tra temporale e sfenoide a questo livello può perturbare il VI e dare lo strabismo.
47
foro palatino osso palatino sut palatina trasversa coana
maggiore osso
zigomatico
foro palatino fessura
minore orbitaria inf
vomere
arcata
proc pterigoideo zigomatica
lamina med
proc pterigoideo osso
lamina lat temporale
solco per la foro ovale
tuba uditiva tubercolo
di Eustachio foro spinoso faringeo
cavità
foro lacero glenoidea
canale carotico proc stiloideo
condilo
foro giugulare occipitale
foro stilo- proc.
mastoideo mastoideo
Al foro carotideo si trova l’inserzione del m. elevatore del palato.
Il processo tubarico (la porzione ossea della tromba di Eustachio*) è formato dall’osso timpanale (che si
trova alla base della rocca petrosa), che è l’ingresso del condotto uditivo est (CUE). L’osso timpanale è l’inizio
della tromba di Eustachio dalla parte del temporale verso la faringe. Il solco per la tuba uditiva di Eustachio
(e la stessa tromba di Eustachio) si trova a livello della sutura petro sfenoidale o sfeno petrosa.
La tromba di Eustachio è un condotto cartilagineo, che - sotto l’azione dei muscoli (peristaffilini) si apre e si
chiude - e consente all’aria, proveniente dalla faringe, di raggiungere l’orecchio medio (la cassa del timpano,
con la sua catena di ossicini, che devono vibrare; inoltre la cassa del timpano ha delle mucose, che devono
essere drenate nella faringe attraverso la tromba di Eustachio).
* Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Tromba_di_Eustachio)
Anatomia
La tuba è un condotto complesso che mette in comunicazione il rinofaringe con l’orecchio medio. La tuba è
costituita da un lume rivestito da mucosa di tipo respiratorio, da una impalcatura ossea e cartilaginea (carti-
lagine tubarica) e da 4 muscoli: il tensore del velo-pendulo, l’elevatore del velo-pendulo, il salpingo-faringeo
ed il tensore del timpano. Il principale muscolo dilatatore della tuba è il tensore del velo-pendulo la cui at-
tività è fondamentale per l’espletamento della funzione ventilatoria.
Fisiologia
Le funzioni fisiologiche delle tube (destra e sinistra) sono molteplici:
- permettono il corretto ricambio di aria (compensazione della pressione tra il mondo esterno e l’orecchio
medio)
- permettono il corretto deflusso del muco, normalmente presente sulle mucose della tuba
- evitano il passaggio di agenti patogeni dalla gola (che è uno dei principali veicoli di germi, in quanto pas-
saggio di cibo e aria) all’orecchio medio
- impediscono ai normali rumori corporei (quali respiro, voce, battito cardiaco, movimenti articolari, deglu-
tizione, ecc.) di andare a battere direttamente sul timpano.
Fisiopatologia
Una alterata funzione tubarica comporta un maggior rischio di infiammazioni dell’orecchio medio (otite me-
dia acuta recidivante ed otite media effusiva o sieromucosa). Tali patologie interessano soprattutto i bam-
bini che presentano ancora una immaturità tubarica: inefficace contrazione del m. tensore del velo-pendulo,
scarsa elasticità della cartilagine tubarica, scarsa rappresentazione del cuscinetto adiposo di Ostmann. Tali
alterazioni comportano da un lato una ridotta ventilazione dell’orecchio medio e dall’altro il venir meno del-
la funzione protettiva con maggior rischio di reflusso di secrezioni infette dal rinofaringe all’orecchio medio.
48
Suture
Sutura temporo-zigomatica
è difficile dare una descrizione precisa per la presenza del m. massetere; globalm l’apofisi zigomatica si
appoggia sullo zigomo
Il temporale è un osso difficile da studiare, il “trouble-maker” secondo gli americani.
Sutura parieto-mastoidea
- a livello del bordo sup della porzione mastoidea: tav INTERNO (il temp ricopre l’ang post inf del parietale)
Incisura parietale
c’è un punto perno (punto dell’asse obliquo) e avremo quindi un tav EST
49
foro ottico
foro
ovale
foro
spinoso
foro
lacero
sut Petro Basilare
rocca petrosa
canale dell’ meato acustico int
ipoglosso
sut Petro Giugulare
foro
solco giugulare
del seno
sigmoideo
Audouard
TEMPORALE. Fisiologia
è un osso della sfera post (l’occipite è l’osso principale di questa sfera)
Assi di mobilità: sono 2
1. un asse post-ant (A/P) da CSM (dietro) a SS (sfeno squamoso, avanti); attorno a quest’asse A/P tutte le parti
dell’osso ad esso sovrastanti, nel tempo di F, si adattano in fuori
2. un asse che va dall’incisura parietale*, obliquo in alto-avanti-dentro fino all’apice della rocca petrosa (a
livello del leg petro-sfenoidale o di Grüber**); su questo asse il movimento è avanti-fuori, dietro-dentro.
secondo asse del temporale punto perno1: incisura parietale punto perno2:
apice della rocca
SS
Il punto d’incontro dei due assi è un punto statico. apice della
Siamo a livello della proiezione dei canali semicircolari
rocca
che condizionano l’equilibrio. Non è un caso che il centro
dell’equilibrio sia collocato su un punto statico.
incisura
parietale
CSM
Nel tempo di F globalmente il temporale avanza (le apofisi giugulari avanzano).
- apofisi giugulari (la penna): sono oblique in alto-avanti-fuori
- squama (pollice): avanti (poco), soprattutto fuori (aiutata dal bordo inferiore del
parietale) e alto* (poco) perché spinta dall’apofisi giugulari
- apofisi zigomatica (dito indice): un po’ avanti e soprattutto fuori (legg in basso
all’estermità); riassumendo basso-avanti-fuori
- bordo sup della rocca petrosa (dito medio): alto-avanti-fuori (questo giusti-
fica l’espansione trasversale del tentorio e la diminuzione della falce su un piano
verticale)
- apofisi mastoidea e stiloidea** (pisif ): alto-dietro-dentro (sono sotto l’asseA/P).
51
La parte sup della
porzione mastoidea
va in basso-avanti-
fuori (questa porzi-
one è influenzata da
almeno due fattori di
mobilità):
1. dall’apofisi giu- apofisi giugulari dell’ occipite
gulare dell’ occipite
che è obliqua in alto-
avanti-fuori e spinge
porzione da sotto la rocca
mastoidea petrosa provocando la
Rot est del temporale;
2. nello stesso tempo l’angolo post-inf del parietale si adatta in
basso-avanti-fuori e spinge la porzione mastoidea del temporale
nella stessa direzione.
INF
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Il temporale è l’osso principale del cranio (secondo Audouard) per i seguenti motivi:
dal punto di vista meccanico ha 2 sut direttrici, quindi condiziona l’adattamento delle membrane sul p.
sagitt e frontale
- presenza di 6 n. cranici (V, VII, VIII, IX, X, XI)
- presenza sulla rocca petrosa degli organi dell’udito e dell’equilibrio (canali semicircolari)
- partecipa alla costituzione dell’ ATM
- collega la sfera posteriore con quella anteriore (l’apice della rocca si rapporta con lo sfenoide attraverso il
legamento petro-sfenoidale)
Interessi
- meccanico. Sono presenti due suture direttrici:
1. sutura OM (occipito-mastoidea_piano parasagittale)
2. sutura SS (sfeno-squamos_piano parafrontale)
Quindi condiziona l’adattamento del cranio sul piano sagittale e frontale che avviene a partire dalle mem-
brane, in altri termini condiziona buona parte dell’adattamento delle membrane.
- sensoriale: all’interno della rocca petrosa alloggiano gli organi dell’udito (importante funzione di relazione
con l’ambiente esterno) e dell’equilibrio (canali semicircolari)
- condiziona ma soprattutto è condizionato dalla mandibola (ATM)
- membranoso, inserzione del tentorio sul bordo sup della rocca petrosa
- nervoso: da solo il temporale è in relazione con la metà dei nervi cranici (ben 6 su 12):
per il foro giugulare (interessano anche il temporale) passano il IX, X e XI nn. cranici
VII (facciale)
VIII (acustico-vestibolare)
soprattutto è in relazione con il ganglio di Gasser per la totalità del V (trigemino)
- vascolare venoso > seno petroso sup e inf, seno sigmoideo - a livello porzione mastoidea
- vascolare arterioso* > l’arteria carotide interna arriva nella rocca petrosa attraverso il foro carotideo
facendo un gomito a 90°, poi esce all’apice della rocca trovandosi sulla faccia laterale dello sfenoide nel seno
cavernoso, dove fa una forma ad S, si unisce alla carotide int controlaterale (a livello della sella turcica) e poi
emette il suo ramo terminale: l’a. oftalmica che passa nell’orbita attraverso il foro ottico insieme al
nervo ottico;
- arteria uditiva int, che entra nel condotto uditivo interno e si divide nelle arterie cocleare e vestibolare (per
udito e equilibrio)
- muscolare: stiloioideo, SCOM, temporale, massetere
* NB. La parte ant dell’encefalo è vascolarizzata dal sistema carotideo int (così chiamato perché il
sistema carotideo est è all’esterno del cranio, ossia sulla faccia), mentre la parte post è vascolarizzata dal
sistema delle arterie vertebrali. Queste ultime salgono a livello cervicale, passano dietro C1 (masse
laterali dell’atlante) ed entrano nel cranio attraverso la membrana occipito-atlantoidea post, formano poi il
tronco basilare da cui parte tutta la vascolarizzazione della parte post del cranio.
L’a. uditiva interna (suddivisa in cocleare e vestibolare) è la branca terminale del sistema delle aa.
vertebrali!
il sistema arterioso a differenza di quello venoso ha una certa vasomotricità, che è sotto l’influenza del s.
simpatico (s. nervoso autonomo - SNA) nel senso di una vasocostrizione. La vasodilatazione risulta da una
diminuizione del tono vasocostrittore. Tutte le arterie sono circondate da “filetti neurovegetativi simpatici”
che regolano localmente la vasocostrizione/vasodilatazione (infatti si parla di filetti periarteriosi).
A partire dai centri simpatici midollari le fibre escono tramite la branca posteriore del nervo rachidiano per
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raggiungere i rami comunicanti e arrivare ai gangli che formano la catena latero-vertebrale.
La maggior parte dei neurologi dice che al di sopra di C6 non c’è più il tratto intermedio laterale mentre
(1)
2. GANGLIO CERVICALE MEDIO (per alcuni non esiste o non ha validità funzionale). Si trova:
- al davanti del processo traverso di C6 (tubercolo di Chassaignac)
- in dietro: tra il muscolo lungo del collo e l’inserzione dello scaleno anteriore
- later. alla loggia viscerale del collo tra interstizio esofago-tracheale lungo il quale risale il n. ricorrente
- dietro alla guaina vascolo nervosa carotidea.
Contatto con l’ arteria tiroidea inferiore (attraverso un occhiello del ganglio).
Quindi una disfunzione di clavicola ( K1) può creare una stimolazione del ganglio stellato
vasocostrizionevertigini.
Uno stress emotivo può determinare un blocco diaframmatico che si ripercuote sullo stretto toracico sup
vertigini.
PRATICA. Menichelli
Temporale
È formato da:
- processo zigomatico, che forma il contatto con l’osso zigomatico
- squama
- processo mastoideo
Nella palpazione del processo mastoideo si prende come riferimento l’apice, il punto più basso, verso i piedi
del Pz.
Nella palpazione della mastoide si prende come riferimento il solco del m. digastrico (che abbiamo già
incontrato nella palpazione del cranio perché ci serve per reperire asterion). Per essere sicuri di essere sulla
mastoide bisogna mettere il dito davanti al solco del m. digastrico. Se si è dietro a tale solco si sta palpan-
do l’occipite.
54
PRESE sul temporale
- a 5 dita
- a 3 dita
Presa a 5 dita
Pollice e indice pinzano l’apofisi zigomatica (sopra e sotto)
Medio nel condotto uditivo esterno
Anulare sull’apice della mastoide (per Audouard, sul bordo ant della mastoide, molto in alto vicino alla bran-
ca ascendente della mandibola, perché serve a portare la mastoide in alto-dietro-dentro nella RE)
V dito davanti al solco del m. digastrico, per essere sicuri di essere sulla mastoide e non sull’occipite (per
Audouard, si deve posizionare perpendicolaremente sulla porzione sup della mastoide, perché serve a
indurre la RI. Seguo il solco del digastrico e risalgo un pò oppure seguo la sutura OM e a livello di asterion
vado un pò avanti).
Poi si chiudono un pò i gomiti.
davanti_temporale
solco del m. digastrico
dietro_occipite
Per indurre la RI, nel tempo di E del cranio sono attivi
indice, sotto l’apofisi zigomatica
V dito, che dà la componente di chiusura trasversale (avvicinando la porzione mastoidea al parietale).
Per indurre la RE, nel tempo di F del cranio sono attivi
pollice, sopra l’apofisi zigomatica in basso-avanti e un pò in fuori
IV dito, spinge sul bordo ant dell’apofisi mastoidea in alto-dietro-dentro.
Da ricordare:
- tenere gli avambracci sul lettino
- giusta distanza dalla testa del Pz (ved. foto)
- altezza giusta del lettino, che consente di tenere il tronco eretto
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Presa a 3 dita
Pollice sulla squama, quindi mi posiziono al di sotto della sutura parietosquamosa.
Indice sull’apice della mastoide
Medio sul processo mastoideo, davanti Asterion
Le altre dita o si appoggiano sul lettino o si flettono
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Localizzazione nello spazio: lo sfenoide si trova davanti all’occipite e davanti ai temporali, posteriore al fron-
tale e all’etmoide medialmente.
corpo
È un osso anatomicamente molto ricco, è quello
che presenta più rapporti con le altre ossa per-
ciò per descriverlo (facce e bordi) è necessario
dividerlo schematicamente in diverse porzioni:
piccole ali
- corpo o porzione centrale, su cui si inseriscono
i seguenti vari processi o apofisi (pari):
- piccole ali
- grandi ali grandi ali
- processi o apofisi pterigoidee
processi o apofisi
pterigoidee
- il giogo sfenoidale, una superficie liscia di poco interesse, posteriore al processo etmoidale
- le docce olfattive, piccole escavazioni laterali al giogo sfenoidale, per il passaggio del nervo olfattivo che
dalla corteccia olfattiva si dirige verso la lamina cribrosa dell’etmoide dove si sfiocca e i suoi ramuscoli la oltre-
passano per distribuirsi nella parte alta della mucosa delle fosse nasali (regione olfattiva)
- il solco ottico, una piccola depressione che accoglie il chiasma ottico (dove vi è l’incrocio delle fibre nervose
provenienti dai centri corticali deputati alla visione) che lateralmente diviene il n. ottico passante poi attraver-
so il canale ottico insieme all’arteria oftalmica per raggiungere l’orbita.
58
- la sella turcica che contiene
l’ipofisi ed è così formata:
davanti > il tubercolo della
sella (un piccolo rilievo osseo)
a
ter
dietro > la fossa ipofisaria
il a
dietro ancora > dorso della
r
ad
sella con lateralmente i proces-
qu
si clinoidei post dx e sin (men-
ina
t
tre i processi clinoidei ant dx e in
tide
lam
sin si trovano nella parte post
er ia caro
del bordo post delle piccole ali) art
- la lamina quadrilatera, una
superficie liscia che presenta
una forte obliquità basso-diet-
ro, con cui termina la faccia sup
del corpo dello sfenoide.
fossa ipofisaria
dorso della sella tubercolo della sella
enza
cir
te
con d
ferenza no un’espansione di fibre orizzontale che formano sopra la sella
turcica il tentorio dell’ipofisi, con un foro centrale che con-
59
sente ai vasi e al peduncolo ipofisario di collegarsi con ipotalamo.
Lateralmente a dx e sin invece sono presenti i seni cavernosi: ha
una forma schematica a parallelepipedo e subisce le variazioni
tensive delle meningi nei tre piani dello spazio. Durante la flesso-
estensione quindi il seno cavernoso si dinamizza: in F diminuis-
foro di
cono i diametri ant-post e verticale e aumenta quello trasversale
Pacchioni
(e viceversa in E). Nel seno cavernoso passano:
sangue arterioso > arteria carotide int
picco
cir n
la
fe
nd
r
to
n
a
ec te
irco el
nferenza d
ipofisi
a. carotide int
Petrosal Sinuses
trigemino Superior
cornetto sup
CORPO dello sfenoide_faccia INF
Faccia inf_parte post > c’è l’impianto delle apofisi pteri-
ali del vomere goidee.
e canali sfeno-
vomeriani Faccia inf_centro > cresta sagittale mediana (siamo su
un piano sagittale puro) che fa sutura con il bordo sup del
corpo del
vomere vomere il quale, nella sua parte alta, forma le ali vomeri-
ane: questo è interessante in relazione alla dinamica del
corpo dello sfenoide che in F spinge sul vomere provo-
processo cando la sua discesa. La forma di questa sutura, con le ali
pterigoideo
vomeriane in relazione con la cresta, fa supporre che ci
possa essere tra le due ossa anche la possibilità di scor-
rimento antero-post una sull’altra.
60
Questo non è male perchè il vomere si prende sia (in alto) le forze proveni- lamina
enti dallo sfenoide (forze intrinseche al meccanismo craniale) che (dal basso) perpendicolare
dell’etmoide
le forze che vengono dal mascellare (quindi dalla masticazione, dalla deglu-
tizione, dalla digestione, cioè forze esogene al meccanismo cranio-sacrale).
Non a caso capita di avere per es. uno sfenoide (parliamo della forma ma
può succedere anche nella dinamica) in F (una sfera anteriore bella aper-
ta) cui corrisponde però un palato stretto (in E): in tal caso il vomere cerca
magari di compensare un po’ anche grazie a questa sutura (tra cresta sagit-
tale dello sfenoide e bordo sup del vomere/ali vomeriane) in cui lo sfenoide
va da una parte ma il vomere, nel tentativo di rimanere in equilibrio (spesso
non ce la fa), ha la possibilità anche di scivolare in ant-posteriorità. vomere
Secondo una cultura posturologica non osteopatica esiste per es. una correlazione posturale tra la morfo-
logia della pianta del piede e del palato, tuttavia non dobbiamo fidarci quando si dice che il palato rappre-
senta fedelmente lo sfenoide, anche perchè non esiste una sutura diretta tra lo sfenoide e il mascellare ma c’è
l’interposizione di ossa adattative (vomere e palatini). Non si può definire con sicurezza la sfera ant solo grazie
al mascellare, bisogna tener conto della masticazione, del tipo di alimentazione della persona etc . Non è una
sistematica valida la correlazione diretta tra morfologia del palato e della sfera ant, tanto meno quella tra la
dinamica dello sfenoide e del mascellare. Il vomere si inclina perchè ci sono delle forze torsionali ma anche
perchè lo sfenoide spinge in F e il mascellare in E e da qualche parte il vomere cerca spazio e si piega.
61
fossa
cranica lamina
PICCOLA ALA dello sfenoide ant cribrosa
Si impiantano sulla faccia lat del
corpo con due radici e formano il crista galli seno
foro ottico (attraversato dal n. otti- seno frontale sfenoidale
co e dall’arteria oftalmica). osso nasale fossetta
La faccia sup entra nella costitu- ipofisaria
osso etmoide, cresta
zione della base cranica (fossa cra- lamina perpend
sfenoidale
nica ant), la faccia post della fes-
sura sfenoidale, che da passaggio vomere
ai III, IV e VI nn. cranici, alla prima coana
branca del trigemino (V1) e alle
vene oftalmiche. cresta osso palatino,
nasale lamina orizz
Lungo il bordo post decorre il canale
incisivo
seno sfenoparietale di Brechet. osso mascellare,
proc. palatino
bordo ant sut. sfeno-frontale Il bordo ant forma una sutura con il bordo
della piccola ala post della porzione orbitaria del frontale:
è interessante perchè presenta un’inversione
dei tavolati (punto che non ha un nome cra-
niometrico, perchè i punti craniometrici han-
no un’origine anatomica chirurgica, sono pun-
foro ti di accesso neurochirurgici mentre questo è
grande
rotondo sut. SS endocranico)>
nella parte INTERNA> TAV SUP
foro ovale nella parte ESTERNA> TAV INF e questo punto
perno insieme a quello sulla sutura coronale
foro
spinoso omolaterale (stephanion) forma l’asse di mo-
sut. sfeno-petrosa bilità dell’emifrontale.
62
1. foro rotondo: per il passaggio del n. mascellare (V2) che raggiunge
la parte ant della radice delle pterigoidi (dove arriva anche la grande ala
dello sfenoide) nel fondo della fossa pterigo-palatina (insieme al canale
vidiano) dove scambia fibre con il ganglio sfeno-palatino;
foro
lacero
ANT sut Petro Basilare
rocca petrosa
canale dell’ meato acustico int
ipoglosso
sut Petro Giugulare
foro giugulare
solco o foro lacero POST
del seno
sigmoideo
Faccia esterna esocranica, la palpiamo con le prese, scende verticalmente e arriva alla cresta infratemporale
da dove cambia un po’ direzione e si dirige verso il corpo mettendosi in relazione con la radice delle pterigoi-
dee e formando il soffitto della fossa pterigo-palatina.
osso mascellare,
faccia orbitaria
63
sut. Sfeno-
Parietale
fessura
Bordo anteriore: forma la sutura sfeno-zigomatica, dentellata e sfenoidale sut. Sfeno-
Frontale
fortemente ad incastro.
Bordo posteriore: l’angolo tra il bordo posteriore e quello esterno forma la spina sfenoidale. Fa sutura (di
contatto, irregolare) con il bordo anteriore della rocca petrosa del temporale (sutura Sfeno-Petrosa) che
tende a rimanere cartilaginea tutta la vita: è interessante perchè nel tempo di flessione la grande ala sale (sta
dietro all’asse) mentre la rocca petrosa scende, quindi la superficie senza smussi e cartilaginea non impedisce
questo sforbiciamento osseo (ancora una volta l’anatomia è funzionale); sul lato esocranico, per i 2/3 interni,
la sutura è rivestita nel vivente dalla cartilagine della tromba d’eustachio che mette in comunicazione aerea
la faringe all’orecchio medio e ha movimenti di dilatazione e restringimento (non si sa se la sua presenza con-
tribuisca al fatto che la sutura rimanga cartilaginea per tutta la vita).
APOFISI PTERIGOIDEE
dello sfenoide
Originano dalla faccia
inferiore del corpo, in
contatto con le radici
delle grandi ali. Alla sua
origine presentano il ca-
nale Vidiano in cui passa
il n. vidiano che vedre-
mo scambia fibre con il
ganglio sfeno-palatino
(non a caso lo ritroviamo
vicino al foro rotondo).
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lamina cribrosa
labirinto etmoidale
seno frontale orifizio del seno sfenoidale
orifizio del seno frontale seno sfenoidale
osso nasale
cornetto nasale medio
orifizio del canale nasofrontale
processo uncinato dell’etmoide forame sfenopalatino
orifizio del seno mascellare cresta etmoidale del palatino
spina nasale post
lamina med. del processo pterig.
uncino pterigoideo
processo etmoidale del cornetto nasale inf
Audouard
SFENOIDE. Fisiologia
È l’osso principale della sfera ant, quindi se c’è una disfunzione nella sfera ant (uno zigomo, un mascellare,
un palatino etc) devo valutare prima di tutto lo sfenoide, analogamente a quanto si fa con il calcagno per
quanto riguarda il piede.
Asse di mobilità
L’asse di mobilità dello sfenoide è trasversale-orizzontale. Questo è dovuto al fatto che le 2 sfere (anteriore e
posteriore) invertono le loro rotazioni e poiché sappiamo che la sfera post (occipite) si adatta attorno ad un
asse trasversale-orizzontale (da CSM di dx a CSM di sin), necessariamente anche la sfera anteriore per avere
una rotazione opposta si deve adattare su un asse trasversale-orizzontale parallelo a quello della sfera post.
Solo l’adattamento su due assi trasversali-orizzontali può permettere alle due sfere di invertire le loro ro-
tazioni con la risultante che la SSB vede la sua convessità aumentare verso l’alto/diminuire rispettivamente
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nei tempi di F e E.
L’asse trasversale-orizzontale attorno al quale si adatta lo sfenoide è materializzato dal punto SS (sfeno-squa-
moso) di dx al punto SS di sin. Un punto perno è definito dal cambio di smusso dei tavolati (nella parte supe-
riore della sutura SS il temporale ricopre lo sfenoide, nella porzione più orizzontale invece è lo sfenoide che
ricopre il temporale).
Tempo di F
- grandi ali vanno basso-avanti-fuori (perché sono oblique)
- piccole ali vanno in basso-avanti-fuori (anch’esse sono oblique)
- parte ant corpo dello sfenoide va basso-avanti (e basta perchè siamo nella porzione mediana)
- apofisi pterigoidee vanno alto-dietro-fuori (si trovano sotto l’asse e sono oblique)
- parte post del corpo dello sfenoide va in alto e forse un po’ avanti (è in relazione con l’apofisi basilare
dell’occipite e forma la SSB, che vede soprattutto aumentare la sua convessità verso l’alto)
- fondo della sella turcica (fossa ipofisaria) va un po’ in alto (forse un po’ avanti).
- faccia inf corpo dello sfenoide globalm va in basso (perché siamo sotto l’asse)
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Nello schema abbiamo un cerchio che
materializza la sfera post e uno per la sfera piano sagittale
ant e dentro di questa altri due piccoli
cerchi per materializzare l’ingranaggio
tra lo sfenoide e l’etmoide. In altri termi-
ni per lavorare su un etmoide (per
diversi motivi che vedremo più avanti) è
necessario:
1. controllare il frontale > l’incisura et-
ETMOIDE
moidale del frontale deve essere lib- SFENOIDE
era per permettere la sua bascula post
dell’etmoide
2. controllare lo sfenoide > serve una OCCIPITE
fisiologia corretta nell’opposizione
tra sfenoide e frontale (e quindi sfera anteriore
nell’apertura dell’incisura). sfera posteriore
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Abbiamo visto che la parte post del corpo dello
sfenoide forma con l’apofisi basilare dell’occipite
la SSB (che aumenta la sua convessità verso
l’alto nel tempo di F) e che anche il fondo della
sella turcica sale un po’. Sopra la sella troviamo la
piccola e la grande circonferenza del tentorio,
che con le loro espansioni formano: v. oftalmica sup
- la tenda dell’ipofisi (sulla faccia superiore del
corpo dello sfenoide) seno sfenoparietale
- il seno cavernoso (sulle facce laterali).
seno cavernoso
Questo meccanismo fa sì che:
1. Nel tempo di F, per l’adattamento in alto seno petrosquamoso
del fondo della sella e per l’adattamento del v. meningea media
tentorio che si espande lateralmente e quindi
tende il diaframma della sella (sua pertinenza), seno petroso sup
noi osteopati diciamo che si può creare una sti- foro giugulare
molazione a livello ipofisario (al contrario nel
tempo di E, in cui si può parlare di ipostimolazi-
seno sigmoideo
one). Una delle finalità del cranio è l’alternanza v. grande cerebrale
(di Galeno)
tra F ed E e possiamo trovare delle disfunzioni fi-
siologiche in un senso o nell’altro: in riferimento seno occipitale
all’ipofisi possiamo quindi ipotizzare una ipersti- seno retto
molazione (se disfunzione in F) o una ipostimo- seno trasverso
lazione (se disfunzione in E), avremo delle pos-
sibili ripercussioni su tutti gli assi ormonali/
endocrini di cui l’ipofisi rappresenta il sistema
di regolazione primario (meccanismo molto confluente dei seni
lento che agisce tramite le stimoline). seno sagittale sup
Il s. endocrino funziona lentamente per avere delle costanti biologiche durature. La stimolazione dell’ipofisi
secerne delle sostanze stimolanti che raggiungono per es. le ovaie (1 settimana), poi le ovaie informano
l’ipofisi che la quantità è sufficiente (un’altra settimana), poi le ovaie producono in sede gli ormoni per cui
hanno ricevuto gli stimoli (un’altra settimana; 3 settimane in tutto).
Tutte le funzioni essenziali del corpo umano sono molto protette, per es. il sistema endocrino, il cuore,
l’apparato genitale (11-12 cm nei tre diametri). Quindi bisogna pensare alle relazioni con questi sistemi quan-
do si fa una tecnica strutturale per es. sull’iliaco o sul sacro.
ipofisi
2. Il seno cavernoso, a forma di seno cavernoso
parallelepipedo, presenterà la stes-
sa fisiologia delle membrane, vale a III - n. oculomotore
dire nel tempo di F diminuirà i suoi V1 - n. trigemino/oftalmico
diametri antero-post e verticale e IV - n. trocleare
aumenterà il diametro trasversale
(come risultato avremo che la di- VI - n. abducente
namica di riempimento sarà mag-
a. carotide interna
giore). Nel tempo di E le variazioni
dei diametri saranno invertite (au-
mentano i diametri A/P e verticale,
diminuisce quello trasversale) e ci
sarà una dinamica di svuotamento
maggiore. seno sfenoidale
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Seno petroso sup e inf confluiscono nel foro giugulare che
faccia orbitaria nel tempo di E ha una dinamica di apertura maggiore (gius-
della grande ala tificata dal fatto che arriva più sangue venoso).
piccola ala Tra la piccola e la grande ala troviamo l’incisura o fessura
foro ottico sfenoidale che mette in comunicazione l’orbita con il seno
cavernoso che drena il sangue venoso tramite le vene of-
talmiche sup e inf.
Nel tempo di F quindi aumenterà il flusso venoso prove-
niente dall’occhio mentre durante l’E verrà facilitato lo
svuotamento lungo i seni petrosi superiore e inferiore e il
seno sigmoideo in direzione del forame giugulare (che non
a caso sarà l’unico foro cranico che ha una dinamica di aper-
tura maggiore proprio nel tempo di E). Nella parete esterna
fessura
sfenoidale del seno cavernoso troviamo il passaggio del n. oculomo-
tore (III), del n. trocleare (IV), dell’abducente (VI) e della I
fessura
sfeno- branca del trigemino (V1 oftalmica, V2 mascellare, V3 man-
mascellare dibolare). In una disfunzione di estensione si può pensare
che vi sia un’implicazione dei nervi oculomotori con even-
tuali ripercussioni.
a. carotide int n. ottico
dura madre
n. oculomotore comune
*Sezione frontale del seno cavernoso sin condotta a liv- n. trocleare
ello dell’ipofisi. L’a. carotide int. (sezione trasversale inf ) ipofisi
è contenuta nel seno cavernoso; dopo aver formato il n. abducente
“ginocchio carotico”. da cui origina l’a. oftalmica, perfora a. carotide int
la dura madre e compare sotto il n. ottico, nel punto n. oftalmico
dove quest’ultimo s’impegna nel canale ottico (sezione mucosa del
trasversale sup). Questo segmento di arteria è circon-
n. mascellare seno sfenoidale
dato dal liquido cerebrospinale (“segmento cisternale”).
Il diverso diametro di sezione della carotide è dovuto trabecole
all’origine dell’a. oftalmica. dura madre del seno
cavernoso
*Sobotta, Atlante di Anatomia Umana, pag. 90, vol I.
corpo dello
sfenoide
a. carotide int
a. oftalmica *Decorso intracranico dell’a. carotide int sin.
n. ottico L’arteria è accolta in un solco scavato nella
osso parete lat del corpo dello sfenoide. Si osservi
piccola ala occipitale
dello sfenoide l’origine dell’a. oftalmica dal “ginocchio carotico”
n. oculomo- fessura e la curva a S (“sifone carotico”) dell’arteria men-
tore comune, petro- tre corre nel solco carotico adiacente alla sella
trocleare e occipitale turcica. I nervi trigemino, oculomotore, trocleare
abducente a. carotide int e abducente sono stati ribaltati lateralmente.
a. carotide int *Sobotta, Atlante di Anatomia Umana, pag. 90,
vol I.
69
crista galli
seno frontale
lamina per-
pendicolare
dell’etmoide solco del seno
vomere petroso sup
cresta nasale
solco del seno
forame trasverso
alveoli dentali
mastoideo solco del seno
fossa pterigoidea, sigmoideo
lamine lat e med meato
incisura pterigoidea del proc. pterig. acustico int
La faccia inf del corpo dello sfenoide si articola con il vomere, una lamina verticale obliqua in basso-avanti
che finisce nella sua parte bassa nel palato osseo. Il soffitto del palato globalmente è concavo e solitamente
la concavità è regolare. Tuttavia si trova spesso una piccola convessità nella parte mediana, che è indice di
una difficoltà di adattamento del vomere con il palato osseo (si trova proprio incastrato nella sutura tra il mas-
cellare di dx e di sin). Essendo lo spessore del vomere molto esiguo, mentre il mascellare è molto forte (per la
sua funzione nella masticazione), se si osserva questa lamina sagittale si osserverà una incurvatura da un lato
o dall’altro, con conseguente deviazione del setto nasale e sue ripercussioni (per es. una fossa nasale più
aperta e una più chiusa). Quindi lo sfenoide è l’osso principale delle fosse nasali.
Si deve sempre riflettere sul significato funzionale della conformazione anatomica di ogni struttura. Lo
sfenoide è una “farfalla” piena di buchi, un osso più adatattivo rispetto alla sfera posteriore (occipite) che è più
strutturale.
La sfera ant è adattativa perchè contiene tutti
gli organi sensoriali ed è sede di passaggio di
importanti strutture la cui funzione deve es-
sere preservata in occasione per es. di traumi.
Nel trattamento si deve dare più importanza
alle strutture meno adattative, come per es. il SS SS
condilo interno del ginocchio, che ha meno
possibilità di scappare alle costrizioni mecca-
niche rispetto al condilo est.
Becchi di flauto
- nella parte post del corpo c’è la SSB senza becchi di flauto
- a livello del bordo post della grande ala è in relazione con la rocca petrosa del temporale: sut. sfeno-petro-
sa senza becco di flauto, è di semplice contatto (è sempre cartilaginea? Lo si può pensare perchè nella faccia
esocranica corrisponde la porzione cartilaginea della tromba di Eustachio)
- a livello della porzione orizzont della sut SS (sfeno-squamosa) c’è un becco a tav int (lo sfenoide ricopre il
temporale)
- al di sopra del punto SS sulla porzione più verticale c’è un becco a tav esterna (temporale ricopre la
grande ala)
- all’estremità sup della grande ala, in relazione con l’ang ant-inf del parietale, c’è un becco a tav int
- a livello della porzione sup delle grandi ali, in relazione con il frontale, c’è la sut sfeno-frontale (che materi-
alizza il piano para-orizzontale), senza becchi, ma una superficie di semplice contatto con lungo braccio est
e corto braccio int
- bordo ant della grande ala, in relazione con l’osso zigomatico (sut sfeno-zigomatica); si tratta si una su-
70
tura a incastro. Lo zigomo è spinto a fare la sua rotazione esterna dalla faccia orbitale della grande ala (che
si adatta in basso-avanti-fuori) e anche dal pilastro orbitale esterno del frontale; in più c’è un altro elemento:
l’apofisi zigomatica del temporale
- a livello del bordo ant delle piccole ali, in relazione con il bordo orbitario del frontale, la metà int ha un
becco a tavolata superiore e la metà est a tav inferiore (perché siamo su un piano orizz)
Parte INT > tav SUP (le piccole ali sono ricoperte dal bordo orbitario del frontale)
Parte EST > tav INF (le piccole ali ricoprono il bordo orbitario del frontale)
- a livello della faccia ant del corpo, in relazione con la faccia post del corpo dell’etmoide, c’è un rapporto di
semplice contatto (permette un adattamento a ingranaggio)
- a livello della faccia inf del corpo, in relazione con il vomere, c’è un rapporto a incastro (sullo sfenoide c’è
una cresta cui corrisponde un’incisura del vomere)
- a livello della faccia ant delle apofisi pterigoidee entra in relalzione con il palatino; c’è una sutura di sem-
plice contatto (perchè i palatini fanno parte del palato osseo e sono sottoposti alle enormi costrizioni mec-
caniche conseguenti alla masticazione, che non sono compatibili con la presenza di un becco di flauto)
* Piccola ala>
foro ottico: n. ottico e arteria oftalmica
Grande ala>
1. foro rotondo: n. mascellare (V2) che raggiunge la parte anteriore della radice delle pterigoidi (dove arriva
anche la grande ala dello sfenoide) nel fondo della fossa pterigo-palatina (insieme al canale vidiano) dove
scambia fibre con il ganglio sfeno-palatino;
2. foro ovale: n. mandibolare (V3), arteria meningea accessoria e il n. piccolo petroso superficiale.
3. foro spinoso: per arteria e vena meningea media e n. spinoso (derivazione del mandibolare)
Canale vidiano (tra il corpo dello sfenoide e la parte superiore dell’apofisi pterigoidea): n. vidiano (formato
dai nn. petrosi provenienti dal VII e dal IX nervi cranici > osso temporale)
PRESE
1. Occipito-sfenoidale
L’osteopata si posiziona all’angolo del lettino.
Mano caudale, sulla squama dell’ occipite
mano craniale, pollici sulle grandi ali dello sfenoide.
2. Occipito-sfenoidale o sfeno-occipitale
Mani incrociate sotto l’occipite e pollici sulle grandi ali.
3. Occipito - frontale
Mano caudale, come nella 1
mano craniale, pollici agganciano lateralmente e da dietro i pilastri orbitali esterni del frontale.
4.
Le mani sono posizionate come per la presa della volta.
5.
Posso sentire anche solo lo sfenoide con una mano posizionandomi sulle grandi ali.
72
Presa più avvolgente (Sutherland)
Se invece voglio avere informazi-
oni su tutto il volume (o per lo meno
buona parte): incrocio i pollici op-
pure mi metto in appoggio con il
palmo delle mani sui parietale con i
pollici che debordano un po’ sul fron-
tale, dipende anche da grandezza del
cranio.
Se facciamo un ascolto introduttivo di “entrata” sul meccanismo craniale la presa deve essere più “corposa”:
più ossa abbiamo tra le mani meglio è, quando invece vogliamo dettagliare sulla mobilità dello sfenoide per
es, allora tranquillamente possiamo fare presa relativamente più puntiforme sulle due ossa che pilotano le
sfere.
C’è anche un’altra presa attual-
mente in voga al Cerdo: metten-
dosi, da una parte e dall’altra, con
la metacarpo-falangea del V dito
dietro asterion e con pollici sulla
grande ala dello sfenoide. Al prof
Pecorelli non piace perchè anche
se è comoda e si sente molto bene
l’adattamento della dinamica del-
la base, non la si può comunque
usare come presa d’entrata su un presa sfeno-occipitale presa laterale
cranio perchè si ha la manifestazione dell’impulso su occipite e sfenoide ma mancano informazioni sulla volta
e si rischia perdere qualcosa: magari una forza traumatica o un punto fisso in cui non si esprime movimento e
non si sente (manca idea di tutto il volume..)
Infine presa occipito sfenoidale di fianco..
Un buon posizionamento corretto sulle grandi ali permette anche la possibilità di collocarle correttamente
nello spazio (per es sentire se quella di destra è più alta della sinistra). Ricordiamoci che alla nascita lo sfenoide
è diviso in tre porzioni (grande ala di dx, corpo e piccole ali, grande ala di sin), e questo offre un- ulteriore
capacità di adattamento e fa si che poi tranquillamente troviamo diverse morfologie e posizioni delle ali..
(l’occipite alla nascita è in 4 parti, il frontale in 2....)
dura madre
http://www.youtube.com/watch?v=8diQuqq8gVw
2 sem_Pecorelli
ZIGOMATICO. Anatomia
Fa parte della sfera ant. L’osso zigomatico entra nella costituzione di:
massiccio facciale
orbita ossea
fossa zigomatica (spazio retro-zigomatico, davanti alla fossa pterigo-palatina)
fossa temporale (sul bordo est libero inserzione dell’aponeurosi del m. temporale)
Lo dividiamo in:
3 facce (esterna, orbitaria, post-int),
3 bordi liberi
3 processi (frontale, temporale e rilievo dello zigomo).
73
Faccia esterna: presenta un orifizio che si chia- processo
ma foro zigomatico facciale. processo frontale
Nella parte bassa si trova il rilievo dello zigomo, orbitario faccia orbitaria
che è più o meno presente a seconda di con- tubercolo forame
notazioni genetiche oppure in funzione dello marginale zigomatico
facciale
stato. m. zigomatico
In alto presenta il processo frontale che fa su- processo
tura con il processo orbitario est del frontale (lo temporale
zigomatico ha un tav int) m. massetere rilievo
Dietro si trova il processo temporale fa sutura dello
zigomo
con l’apofisi zigomatica del temporale.
sut Sfeno
sut Fronto Zigomatica
Zigomatica
m. temporale
Faccia orbitaria: concava e liscia, pre- tubercolo palpebrale forame zigomatico
forame temporale
senta in basso il forame zigomatico fossa zigomatica
orbitario, dove entra il ramo zigoma- zigomaticorbitario
faccia sut Zigomatico
tico del V2; in alto si trova il tubercolo orbitaria Temporale
palpebrale, inserzione del leg palpe- sutura
brale est. Zigomatico
Mascellare fossa pterigo
mascellare
processo
forami frontale
zigomaticorbitari
Dentro l’orbita il V2 ha due rami: faccia
1. ramo infraorbitario, che dà l’innervazione sen- orbitaria
sitiva agli alveoli dentali
2. ramo zigomatico, che entra nell’orbita grazie alla processo
fessura orbitale inf, la attraversa, raggiunge (da dietro o piramide
verso avanti) l’osso zigomatico, lo penetra (grazie al mascellare forame
zigomatico
forame zigom. orbitario) e poi si divide in temporale
due ramuscoli:
2a. ramo zigomatico temporale (perché si dirige
verso l’osso temporale, attraverso il foro zigom. tem- processo
temporale
porale)
faccia
temporale
74
faccia forame zigomatico
orbitaria orbitario
processo margine
frontale infraorbitario
2b. ramo zigomatico facciale (perché si dirige
verso la faccia, attraverso il foro zigomatico facciale)
forame
zigomatico
facciale
processo faccia
temporale laterale
Faccia interna: la porzione sup entra nella costituzione della fossa zigomatica e presenta una superficie che
fa sutura con l’apice del processo piramidale del mascellare (sut Mascello-Zigomatica, rugosa, avvitata).
Il confine tra la faccia orbitaria e la sut mascello-zigomatica forma una superficie che fa sutura con il bordo ant
della grande ala dello sfenoide, la sut. Sfeno-Zigomatica, dentellata, ad incastro.
1. Bordo sup-int:
porzione zigomatica del contorno orbitario
1 3 3. Bordo sup-est:
entra nella costi-
2 tuzione della fossa
temporale, inserzi-
one dell’aponeurosi
del m. temporale
ZIGOMATICO. Fisiologia
Lo zigomo è un osso della sfera anteriore, una delle sue particolarità meccaniche è quella di collegare la
sfera ant alla sfera post e di subire l’influenza di entrambe le sfere.
È in contatto con:
- la faccia orbitaria della grande ala dello sfenoide, che nel tempo di F si adatta in basso-avanti-fuori
(questo giustifica anche la diminuzione del diametro antero-posteriore dell’orbita);
- il pilastro orbitale esterno del frontale (lo zigomo ricopre il frontale), che si adatta anch’esso in basso-
avanti-fuori.
Combinando questi adattamenti si deduce quello dello zigomo.
In più a livello della sut temporo-zigomatica, l’apofisi zigomatica del temporale si adatta in basso-avanti-
fuori. Quindi possiamo dire con sicurezza che lo zigomo è un osso influenzato dalla sfera ant tramite il fron-
tale e lo sfenoide e dalla sfera posteriore tramite l’apofisi zigomatica del temporale.
Ricordiamo che una delle finalità del cranio è quella di mantenere l’alternanza tra F ed E, ossia la rotazione
opposta dei quattro quadranti o delle due sfere: un osso che collega la sfera ant e la post e ne subisce le
influenze può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione della SSB (sincondrosi sfeno-basilare).
Un trauma a livello di uno zigomo (in un adulto o in un bambino) può creare una restrizione di mobilità a
livello della base del cranio, sulla SSB dove si ha la risultante dell’inversione delle rotazioni. In futuro quando
saremo in grado di testare la base del cranio, vi troveremo delle disfunzioni che vedremo permarranno an-
che dopo aver ridotto e liberato alcune strutture che secondo la teoria avrebbero dovuto eliminarle, questo
75
perchè ci sono zone che collegano la sfera ant e sfera post che possono impedire la rotazione opposta delle
due sfere.
Tali zone sono:
sut. temporo-zigomatica
sut. coronale
sut. sfeno-parietale.
sut. sfeno-squamosa (che tuttavia vedremo avremo già lavorato in precedenza).
Quando non si riesce in pratica a ridare una F in confronto al parametro di E nella fisiologia del cranio si deve
quindi riflettere sulla “linea” formata dal decorso delle sopracitate suture.
Fattori di mobilità
Abbiamo visto che la volta e la base del cranio (ovvero tutte le ossa che le costituiscono) sono sotto
l’influenza diretta delle membrane e che ci saranno dei becchi di flauto secondo un modello meccanico
perfetto. La particolarità del massiccio facciale invece è che non ci sono le membrane, che è incastrato sul
frontale e che è sotto l’influenza muscolare e delle costrizioni meccaniche della masticazione. Spesso trover-
emo perciò delle suture a incastro e le lavoreremo direttamente a livello meccanico.
Tre sono i fattori di mobilità:
grande ala dello sfenoide
pilastro orbitale esterno del frontale
apofisi zigomatica del temporale.
Sotto l’influenza di questi tre fattori lo zigomo è avvitato sulla piramide mascellare (la cui forma non potrà
essere descritta in quanto dipendente da tutte le costrizioni che subisce per es proveniente dal temporale,
dalla masticazione ecc). La risultante di tutto quanto detto è rappresentata dall’asse di mobilità che solita-
mente è definito a partire dai due punti più fissi.
Se vogliamo definire un asse di mobilità dello zigomo è quello che va dalla sut. temporo-zigomatica,
obliquo in avanti-dentro su un piano orizzontale per raggiungere l’incastro con la piramide mascellare.
Globalmente tutte le parti al di sopra dell’asse nel tempo di F del cranio si adattano in basso-avanti-fuori;
tutte le parti sotto l’asse in alto-dietro-dentro. In seguito all’avvitamento con la piramide lo zigomo sarà il
più grande fattore di mobilità del mascellare, ma non l’unico.
Fattori di mobilità del mascellare
zigomo > piramide mascellare
frontale > branca ascendente del mascellare (frontale: nel tempo di F sale e indietreggia a livello della
glabella)
vomere > sut. intermascellare (il vomere trasmette la spinta verso basso proveniente dallo sfenoide).
PRESE
Ci sono due o tre prese sullo zigomo. Ne vediamo una.
Presa a 3 dita
Indice > partendo dal pilastro orbitale esterno palpo il bordo
inferiore dell’orbita ossea finché s’incontra la sut zigomatico
mascellare, lateralmente ad essa metto l’indice sul bordo
orbitario;
medio > è a livello del rilievo dello zigomo ma sotto l’asse;
pollice > faccio repere sulla sut fronto-zigomatica, vado più
in basso e aggancio dietro la porzione orbitaria dello zigomo.
La difficoltà sta nel prendere dei punti di contatto abbastanza
precisi. Le mani sono globalmente perpendicolari rispetto al
viso, perchè questo mi permette di giudicare una RE e una RI.
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posizione corretta posizione scorretta
Test di mobilità
Si sentono ritmo e ampiezza e, per indurre la RE: nel tempo di F
pollice > “spinge” in basso-avanti
medio (che si trova sotto l’asse) > dà un impulso in alto-dietro-
dentro. Se ho un buon appoggio con queste due dita è già
sufficiente e si può tralasciare l’azione con l’indice (che in teoria
indurrebbe in basso-avanti-fuori).
Nella foto Audouard toglie gli indici per evidenziare che non
servono per indurre la RE ma non bisogna toglierli quando si fa
davvero il test.
RE
Per indurre la RI: nel tempo di E
medio > in alto-fuori
indice > porta il bordo orbitario piuttosto verso l’interno.
Si potrebbe anche cambiare l’appoggio del pollice sulla
porzione orbitaria: post per testare la RE, ant per la RI.
RI
Presa a 2 dita
Medio aggancio il rilievo dello zigomo dal basso verso l’alto.
Indice sul bordo orbitale dello zigomatico.
Quindi mi ritrovo lo zigomatico tra le mie due dita.
L’asse di mobilità (già visto) è piuttosto teorico perchè non ci sono becchi di flauto.
Becchi di flauto:
a livello della sut. fronto-zigomatica lo zigomo ha un becco a tavolata int e ricopre il pilastro orbitale est
a livello del bordo ant della grande ala si tratta di una sutura a incastro
a livello della piramide mascellare abbiamo un incastro
a livello della sutura temporo-zigomatica lo zigomo (TAV INT) è appoggiato sull’apofisi zigomatica del temp
77
(TAV EST) e possiamo trovare delle differenze anatomiche, dipendono dalla potenza dei muscoli masticatori
etc..
Interessi
Collega la sfera ant alla sfera post, questo significa che una disfunzione a livello della base del cranio può
essere mantenuta dallo zigomo. La rotazione opposta delle due sfere a questo livello può esserne limitata.
Possiamo anche pensare allo zigomo come a un osso equilibratore tra le sfere ant e post.
Solitamente lo consideriamo come un osso di protezione, è molto potente e spesso è sottoposto a traumi, il
rischio è che sia impattato sulla piramide mascellare.
Lo zigomo è un fattore di mobilità enorme (il principale) per il mascellare.
Interviene effettivamente sulla funzione oculare, vi troviamo infatti l’inserzione del tendine riflesso
del m. retto esterno. La logica della presenza di un tendine riflesso e di un tendine diretto sta nel fatto che
nel caso di una paresi del n. abducente (VI) questo tendine rappresenta un freno per la rotazione del globo
sotto l’azione del retto interno. Troviamo inoltre, incostantemente, anche una parte dell’inserzione del m.
piccolo obliquo.
Un altro interesse dello zigomo è che essendo avvitato (in RE) sulla piramide del mascellare interviene sulla
fisiologia (in apertura) del seno mascellare.
Si può intervenire sulla secrezione lacrimale: quando si guarda verso l’alto succede che il m. retto superiore
orienta il globo oculare in alto ma c’è contemporaneamente anche una contrazione del m. elevatore della
palpebra, questo significa prima di tutto che entrambi hanno la stessa innervazione. In più la particolarità
di quest’ultimo muscolo è che si trova nella parte sup dell’orbita e attraversa la ghiandola lacrimale. Questo
significa che ogni volta che solleviamo le palpebre il m. elevatore della palpebra si contrae e va a schiacciare
la ghiandola come se fosse una spugna, poi quando si riabbassa la palpebra si distribuisce il prodotto della
secrezione ghiandolare sulla cornea per due motivi: per ossigenarla e per uniformare il raggio di curvatura.
Riflettiamo sulla lacrimazione: ne è responsabile il s. vegetativo paraS, che è comandato dal ganglio
sfeno-palatino (GSP) situato nell’omonima fossa, a cui arrivano sicuramente delle fibre e da cui ne dipartono
altre. Le afferenze arrivano tramite il n. vidiano (tra il corpo dello sfenoide e la parte sup dell’apofisi
pterigoidea c’è il canale vidiano) e la seconda branca del trigemino (V2) che fuoriesce dal foro rotondo. Il n.
vidiano è formato dai nn. petrosi provenienti dal VII (faciale) e dal IX (glossofaringeo) nn. cranici che ri-
troviamo a livello dell’osso temporale: in altri termini il temporale sarà il capo del controllo neurovegetativo
di tipo paraS che comanda le afferenze del GSP. Da questo ganglio partono delle efferenze in direzione
dell’occhio, della bocca e delle fosse nasali. Il legame anatomico comune a queste regioni è rappresentato
dalla stessa mucosa che le riveste. La catena costituita da: temporale, afferenze (nn. petrosi, n. vidiano e V2),
ganglio sfeno-palatino e le efferenze che da qui si dirigono verso occhio, bocca e fosse nasali comanda le
secrezioni ghiandolari di questa mucosa. Perchè una mucosa secerne qualcosa? Per difendersi: una mucosa
che non secerne diventa atrofica e non può più giocare il suo ruolo. Il sistema di difesa di tutte queste strut-
ture (occhi, naso e bocca) dipende quindi dal temporale. Quando ci avviciniamo a un temporale bisogna
pensare a questo, per es nei bimbi succede che quando c’è un dentino che cresce e spinge, la particolarità è
che insorgono spesso anche raffreddori oppure otiti: basta che questa mucosa sia colpita da una
parte per coinvolgere tutto quanto. Allo stesso modo quando gli adulti sono raffreddati vengono
interessati (forse meno) a livello dell’orecchio ma comunque sicuramente lacrimano gli occhi. Inoltre es-
sendo in contatto con l’esterno necessariamente serve una mucosa trofica e secernente. Il trofismo è dovuto
al paraS ma anche alla vascolarizzazione arteriosa che a questo livello (parte ant del cranio) dipende dal
sistema carotideo che ricordiamo essere sotto il comando del ganglio cervicale sup: si deve controllare
quindi che a tale livello non ci sia una disfunzione che possa creare una stimolazione del ganglio e quindi
una vasocostrizione che diminuisca l’apporto ematico trofico.
ganglio cervicale sup> sistema carotideo > vascolarizzazione arteriosa della parte ant del cranio
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lacrimazione n. vidiano (= nn. petrosi del VII e IX provenienti dal
afferenze temporale)
V2
1. s. vegetativo paraS
(controllato del Ganglio SP)
efferenze verso le mucose di occhi-bocca-naso
Questo discorso ci permette di capire l’applicazione pratica di tutto il nostro costrutto teorico: per es su un
raffreddore lavoriamo per “aprire” tutto quanto e portare tutto in RE, ma prima di agire direttamente sul tem-
porale (che abbiamo definito come il capo del sistema di difesa) si deve lavorare sull’occipite e, ancor prima,
sul sacro (non possiamo avere una mobilità corretta dell’occipite se il sacro si trova in uno stato di restrizione
meccanica). Si devono integrare come sempre gli argomenti e riflettere sui collegamenti: dopo il sacro si
deve pensare al diaframma (per i collegamenti tra centro frenico e apofisi basilari dell’occipite); dopo il dia-
framma allo stretto toracico sup e quindi a clavicola e scapola; a C3-C2-C1; all’occipite; al temporale; si agisce
infine sulla fossa pterigo-mascellare dove c’è il GSP (il rischio è che la fossa sia troppo ristretta e quindi si
lavora per aprire tutto quanto e permettere alle afferenze di arrivare tranquillamente). Lo scopo è quello di
stimolare le difese ossia le secrezioni paraS che permettono alla mucosa di difendersi, ma ci sono altri organi
di difesa immunitaria: la milza, la pelle, l’intestino tenue, il timo e il fegato (che assicura la sintesi di proteine
plasmatiche, alcune delle quali si raggruppano per formare il sistema del complemento che è indispensabile
all’azione delle immunoglobuline, in questo senso il fegato è un organo immunitario). Il veleno del fegato
sono i latticini; ci sono bambini che li sopportano e altri no, diventano intolleranti (al di là della quantità..)
Pecorelli
MASCELLARE. Anatomia
Il mascellare è l’osso più grande del massiccio facciale ed entra nella costituzione di:
- orbita ossea con la faccia orbitaria
- fosse nasali (costituite inoltre dall’etmoide, dal palatino, dallo sfenoide, da una piccola parte delle ossa
nasali e dal turbinato inferiore)
- bocca
- fossa pterigo-mascellare (è costituita da avanti verso dietro: dalla tuberosità posteriore del mascellare,
dalla lamina verticale del palatino e dalla pterigoide; sopra a fare il soffitto troviamo la porzione inferiore
della grande ala dello sfenoide; sul fondo della fossa c’è il foro sfeno-palatino)
- fossa zigomatica (cioè tutto ciò che si trova dietro allo zigomatico)
- canale lacrimo-nasale (formato dall’osso lacrimale e dal processo frontale del mascellare, la doccia è
l’imbocco del canale lacrimo-nasale).
Il mascellare presenta quattro processi che sono:
- processo frontale che si relaziona con l’osso frontale
- processo piramidale che si mette in relazione con l’osso zigomatico
79
- processo palatino (all’interno) che va a formare il palato duro e la base delle fosse nasali
- processo alveolare dove sono presenti gli alveoli dentali (16 per l’arcata sup e 16 per l’arcata inf e dove si
impiantano i denti).
canale palatino maggiore > forame palatino maggiore > n. grande palatino e
a. palatina discendente
lamina verticale del palatino > nn. palatini maggiori e minori (per la mucosa post del palato)
forame incisivo > n. nasopalatino (mucosa della parte ant)
80
n.trigemino
ganglio semilunare
n. petroso profondo radice motrice del n.trigemino
m. tensore del timpano n. mandibolare
n. piccolo petroso n. oftalmico
n. mascellare n. pterigo-
n. facciale n. gran petroso n. ottico
ganglio genicolato palatino
n. intermedio n. infraorbitario
m. stapedio
n. zigomatico
seno
mascellare
81
Il canale va a finire nella parte posteriore esterna del palato duro dove trovo un foro tra la lamina orizzontale
del palatino e il processo palatino del mascellare che si chiama forame palatino maggiore da cui esce il
n. grande palatino che vedremo porta un’efferenza neurovegetativa di controllo della mucosa del palato
duro. Un altro nervo che proviene del GSP esce dal forame incisivo: è il n. nasopalatino che controlla la mu-
cosa della parte ant. Vedremo poi l’anatomia del ganglio e i percorsi delle sue vie efferenti che ci serviranno
per la pratica che faremo sulla bocca: abbiamo la possibilità di stimolare direttamente il ganglio nella fossa
con delle tecniche oppure di modellare la fossa palatina se ci sono delle condizioni irritanti nei confronti
del ganglio che possiamo così regolare nella sua funzione neurotrofica della mucosa delle fosse nasali, del
palato duro e anche dei tessuti periorbitali. In alto osserviamo il trigono palatino che è una piccola zona
di contatto tra il mascellare e l‘apofisi orbitaria del palatino. In avanti troviamo un orifizio: lo iato del seno
mascellare, sapendo però che nel vivente non è così ampio come appare nell’osso ma ci sono una serie di
strutture (tra cui anche l’etmoide con i suoi cornetti, il turbinato inferiore, la lamina verticale del palatino)
per cui l’orifizio del seno mascellare si restringe parecchio, questo perché deve filtrare, isolare e creare un
ambiente con una temperatura abbastanza stabile. In alto trovo una superficie di contatto tra il mascellare e
le masse laterali dell’etmoide: è una sutura irregolare qui descritta con la presenza di emicellette che unen-
dosi a quelle dell’etmoide creano le cellule etmoidali che sono dei micro seni paranasali rivestiti di mucosa
all’interno con delle micro-secrezioni che poi sfogano sulle fosse nasali. Vado verso avanti e trovo l’incisura
lacrimale e poi il solco lacrimale dove scendono le lacrime, siamo nella parte posteriore del processo fron-
tale, esattamente nella doccia e nel canale lacrimo-nasale. Avanzando verso la faccia mediale del processo
frontale del mascellare trovo due creste (formano suture di contatto): la cresta etmoidale per il contatto
con l’etmoide e la cresta turbinata con il turbinato inferiore (o cornetto o conca nasale) che è un osso a sé
stante. Lo spazio delimitato tra cornetto e la parete laterale della fossa nasale si definisce “meato”.
cresta etmoidale
margine lacrimale
solco nasolacrimale
seno
cresta mascellare
nasolacrimale
lunula
cresta concale
spina
nasale ant
processo
canale incisivo palatino
processo alveolare
Processo Palatino: divide il segmento nasale in alto da segmento buccale in basso, è più spesso anterior-
mente che posteriormente; davanti e in alto presenta la spina nasale (palpabile); poco dietro trovo un solco
che forma con l’osso controlaterale il canale incisivo che sbocca nel forame incisivo da cui emerge il n. naso
palatino (già citata efferenza del ganglio sfeno-palatino). Andando verso dietro il processo diminuisce il
suo spessore e alla fine col suo bordo posteriore forma una sutura con il bordo anteriore della lamina oriz-
zontale dell’osso palatino: è nettamente una sutura squamosa con tavolato superiore per il mascellare (ossia
il palatino ricopre il mascellare e vedremo che ciò ha un significato in fisiologia). Il processo palatino fa con
il controlaterale una sutura di contatto irregolare. La parte superiore del processo palatino forma i due terzi
anteriori della base delle fosse nasali, la faccia inferiore i due terzi anteriori del palato duro.
Porzione buccale: al centro trovo incostantemente il “torus palatinus”, è un rilievo presente antero-pos-
teriormente lungo la linea mediana che si è visto ha sia delle implicazioni di natura genetica ma anche di
natura fisiologica cranio-sacrale, perché è una sorta di impronta del vomere sul mascellare. Anteriormente
abbiamo già descritto il forame incisivo e postero-lateralmente il forame palatino maggiore con relativi
passaggi. La superficie naturalmente è rivestita di mucosa buccaria.
82
Il processo alveolare dove sono presenti gli alveoli sull’arcata superiore e ogni cavità alveolare è separata
dai setti interalveolari.
PRESE
Presa esterna sul mascellare: ascolto, test e correzione
Pollici: sulla branca ascendente del mascellare lateralmente alle ossa nasali e giusto sotto al frontale;
indici: interni rispetto alle bozze canine, sui denti incisivi
medio, anulare e V dito: si appoggiano morbidamente con i polpastrelli sull’arcata alveolare superiore, lat-
eralmente alle bozze canine quindi esterni all’asse, più indietro possibile sul processo alveolare.
L’appoggio è a livello delle gengive non sui denti.
RE
83
Per indurre la RI
Indici (con i ditali) all’interno della bocca, internamente
rispetto alle bozze canine
Le altre dita sono fuori dalla bocca, esternamente rispetto
ai canini, chiudono l’arcata alveolare superiore.
RI
L’asse di mobilità del mascellare va dalla branca ascendente, obliquo in
basso-avanti-fuori per raggiungere la bozza canina. Ho interesse a met-
tere un dito all’interno e un appoggio all’esterno. I gomiti dell’operatore sono in
appoggio sul lettino a una distanza conveniente. Si considera prima di tutto da
che morfologia si parte, da quale stato: qual’è la forma dei due mascellari (molto
aperti o molto chiusi, uno più alto e uno più basso...), sento la densità ossea sui
punti d’appoggio, infine alleggerisco la presa e mi metto in ascolto tessutale
della dinamica cranio-sacrale in RI e RE.
Il movimento del mascellare in RE: internamente all’asse (la spina nasale) indietreggia, quindi
indici, spingono verso dietro
pollici, spingono in senso trasversale (per orizzontalzz la branca ascend) e in basso
altre dita, apprezzano l’apertura laterale
perché globalmente il palato si allarga (poi ci saranno altri parametri che vedremo in fisiologia....). Si può
anche fare una piccola trazione verso il basso con i pollici per vedere se le branche ascendenti si lasciano dis-
ingaggiare rispetto ai frontali perchè a volte ci sono degli impatti (questa azione non è nulla di scolastico).
Al test potremo trovare uno o entrambi i mascellari in RE o interna oppure una disfunzione combinata con
i due ossi in disfunzione opposta. Oltre a denominare la disfunzione (est o int), possiamo anche ottenere
qualche informazione supplementare, per es: su una disfunzione di rotazione esterna, quando induco la
rotazione interna potrei sentire che ci sono dei punti specifici in cui si evidenzia una limitazione effettiva,
differenzio cioè se è tutto l’osso o una sua parte (processo alveolare o frontale x es) in particolare che non
accetta il movimento. Se l’ingaggio è localizzata più a livello di una sutura e deriva dai rapporti del mascel-
lare con delle ossa piuttosto che con delle altre, questo m’indirizza nell’indagine e nel trattamento. Questo
discorso lo possiamo fare su tutte le ossa (per esempio su una disfunzione in estensione dell’occipite, sen-
tendo che la zona condilare è quella con maggiore restrizione, andrò a controllare la meccanica del passag-
gio C0-C1..)
Audouard
MASCELLARE. Fisiologia
Il mascellare è un osso della sfera anteriore (sfenoide + frontale), il suo asse di mobilità va dalla branca
ascendente, obliquo in basso, in avanti e infuori per finire a livello della bozza canina. Alla nascita sul palato
osseo, da un canino all’altro, è presente la sut Premascellare che autorizza la crescita antero-posteriore
dell’osso. Il bambino che si succhia il pollice, tirando verso l’avanti, sviluppa molto la crescita antero-posteri-
ore che si definisce promascilia (?). La lingua si trova solitamente appoggiata sul pavimento della bocca di-
etro agli incisivi inferiori. Se c’è, per un motivo o per un altro, una tensione eccessiva a livello del pavimento
buccale o una pressione troppo alta della lingua, succede che essa piuttosto che essere sull’arcata inferiore
si trova su quella superiore, spinge in avanti e aiuta la crescita ant-post del mascellare.
Fattori di mobilità
Sono tre: frontale, zigomo e vomere.
Nel tempo di F del cranio la branca ascendente, in relazione (incastrata) con il frontale, segue
l’indietreggiamento della glabella ed essendo abbastanza sagittale, si frontalizza un po’ (per effetto della
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RE dello zigomo). La sutura intermascellare tra gli incisivi di dx e di sn indietreggia. La tuberosità posteriore
del mascellare indietreggia, va in fuori (sempre per la RE dello zigomo) e va in basso per l’abbassamento del
vomere. Per azione dello stesso osso anche la sutura intermascellare si abbassa.
Normalmente il palato osseo ha una convessità uniforme verso il basso, se è presente un’impronta del vom-
ere sulla sutura intermascellare (si avverte con la lingua come una bozza mediana), significa che c’è stata una
difficoltà di adattamento e questo ossicino (che ha neanche 2 mm di spessore in confronto alla robustezza
dei mascellari che subiscono delle costrizioni mostruose) avrà molto probabilmente subito una deviazione
(del setto nasale) che comporta una fossa nasale più aperta e una più chiusa. Le fosse sono rivestite da mu-
cosa i cui prodotti di secrezione sono ben eliminati qualora siano ben aperte, ne consegue che nella fossa
più chiusa c’è un maggior rischio d’infezioni permanenti o di riniti ricorrenti.
La faccia orbitaria del mascellare si adatta in avanti e in
fuori (siamo più o meno sul piano orizzontale), il che condiz-
iona la faccia orbitaria dell’etmoide: sappiamo dalla fisio-
logia di quest’osso che (nel tempo di F del cranio) l’apofisi
crista galli va in alto-dietro tirata dalla falce, mentre la sua
parte post va in basso (grazie all’apertura post dell’ incisura foro sovraorbitario
etmoidale del frontale e all’adattamento ad ingranaggio con
la faccia ant del corpo dello sfenoide), questo per quanto
riguarda la sua parte mediana. Lateralmente troviamo
invece le masse laterali dell’etmoide: la loro espansione
trasversale (nel tempo di F) sarà possibile solo se è contem-
poraneamente presente la componente in avanti-fuori della foro infraorbitario
faccia orbitaria del mascellare; se per caso il mascellare non
può fare la sua RE o i due mascellari sono molto stretti ab-
biamo come risultato quei bambini che tipicamente sono
sempre raffreddati. La faccia orbitaria del mascellare
condiziona per una grande parte l’espansione e la fisiologia foro mentale
delle masse laterali dell’etmoide (mai dimenticarlo).
Becchi di flauto
Frontale: a livello della branca ascendente troviamo un incastro.
Zigomo: un incastro.
Palatino: sut di contatto tra la tuberosità posteriore e la lamina verticale del palatino;
la lamina orizzontale del palatino teoricamente ricopre il bordo posteriore del processo palatino del mascel-
lare (tuttavia siamo sottoposti alle costrizioni della masticazione per cui sono presenti delle varianti).
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Mascellare controlaterale: sutura intermascellare ad incastro.
Sem 2 Menichelli
Le tecniche funzionali sono quelle che utilizzano l’aiuto dell’impulso ritmico craniale (IRC): siamo in ascolto
e lo impieghiamo nell’esecuzione della tecnica. Si dividono in funzionali indirette e funzionali dirette, nella
pratica decideremo quale di queste tecniche sarà più utile a seconda del tipo e dell’età del paziente e del
tipo di disfunzione.
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Tecniche FUNZIONALI_ indirette
Tecnica di aggravamento >����������������������������������������������������������������������������������
si esegue la correzione a favore della barriera disfunzionale (aggravo la disfun-
zione). Si cerca così una risposta delle membrane a tensione reciproca inversa cioè verso la correzione.
Si parte quindi da un ascolto e si esegue una correzione della disfunzione andando all’inizio verso la barriera
disfunzionale (cioè si aggrava la disfunzione, sempre all’interno dell’IRC). Questo farà si che si otterrà una
reazione inversa delle membrane a tensione reciproca, cioè le membrane risponderanno con un’energia che
successivamente porterà la struttura trattata verso la correzione (esattamente come nel lavoro sulle fasce).
Tecnica del punto neutro > cerco un punto neutro disfunzionale (un punto di equilibrio in cui non si sente
più nulla, in cui sembra che la struttura si fermi) a partire dal quale l’IRC si riorganizza
Per es ho un temporale in disfunzione di RE: nella prima possibilità ci si mette in ascolto dell’impulso (per-
chè è una tecnica funzionale) e durante il tempo di RE la aggravo mentre durante la RI mantengo; nei suc-
cessivi tempi faccio lo stesso finché ad un certo punto le membrane a tensione reciproca reagiranno e
sentirò un’energia che vuole tornare verso la rotazione interna e userò quella per correggere la disfunzione.
In realtà ho mandato un’informazione sottocorticale di rilassamento che poi uso per tornare verso la cor-
rezione. Seconda possibilità: è sempre una tecnica funzionale perciò ci si mette in ascolto dell’IRC, in questo
caso si segue (piuttosto che aggravare) la rotazione esterna e si mantiene la rotazione interna. A un certo
punto si sentirà che si ferma tutto (invece di avere una risposta elastica): l’IRC si sta riorganizzando e quindi
si aspetta (da pochi secondi a minuti) finche l’impulso riparte armonico tanto in RE quanto in RI. Questa sec-
onda possibilità la vedremo meglio nei prossimi anni, per ora utilizzeremo più la tecnica dell’aggravamento
su tutte le ossa del cranio.
Indicazioni e controindicazioni
Si usano elettivamente sul neurocranio dai 5 anni in poi, siccome si utilizza la risposta del Pz (non è
l’operatore il protagonista di questa tecnica).
Necessitano di un terreno favorevole da parte del Pz (ovvero una buona capacità di reazione); qualora ci si
accorgesse che questa funziona poco si utilizzeranno altre tecniche in cui si è più attivi. Scolasticamente le
tecniche funzionali non si utilizzano quasi mai nei bambini prima dei 5 anni, anche se non tutti i pensieri
osteopatici (anche personalità importanti) seguono questa regola.
Indicazioni e controindicazioni
- Si usano prevalentemente sul neurocranio anche prima dei 5 anni e anche nei neonati, perchè (benché
funzionali) sono tecniche dirette che si preferiscono a quelle in aggravamento: primo perchè c’è più plastic-
ità cranica e c’è più risposta verso le tecniche dirette perchè non si hanno ancora delle ossificazioni come
dopo i 5 anni. Dipende anche dalle scuole ma classicamente Sutherland e Magoun correggevano il cranio
dei neonati utilizzando tecniche dirette (i modellamenti). Il bambino inoltre ha una capacità reattiva molto
forte ed è più rischioso dare un impulso in aggravamento, risulta invece più semplice e veloce andare in
modo diretto verso la correzione. In un adulto piuttosto si va a stimolare una risposta (delle membrane) con
l’aggravamento e si fa più fatica e correggere un cranio già ossificato in maniera diretta.
Magoun “La tecnica di esagerazione è la procedura che viene impiegata quando non siano presenti controindi-
cazioni. Non viene usata prima dei 5-6 anni neppure in condizioni acute, quali traumi o altri problemi i cui sin-
tomi potrebbero essere aggravati esagerando la posizione della lesione. Questo va fatto con attenzione e con la
minima quantità di spostamento”. Questa frase dà un’idea della minima qualità dello spostamento: siamo su
una plasticità e non sul movimento dell’osso, in modo di evitare di aggravare l’irritazione e si sfrutta il natu-
rale ritorno (carico la molla e ne sfrutto il ritorno).
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Tecniche MECCANICHE_dirette
Non utilizzano l’IRC e si eseguono nella direzione che scelgo, sapendo la direzione degli assi e dei piani
studiati: per esempio, per correggere un temporale in RE si porta l’apofisi zigomatica in alto, in dietro e in
dentro (rotazione interna), non in ascolto dell’impulso ma della direzione che si può ottenere. La direzione
teorica che devo indurre è all’interno di un range di normalità che si deve andare a ricercare: per meccanico
non si intende “scemo”, siamo in ascolto della plasticità della direzione (sul piano meccanico dell’osso), ma
non dell’IRC.
La tecnica meccanica diretta si realizza agendo direttamente contro la barriera disfunzionale al di fuori
dell’IRC (vado verso la correzione). L’evoluzione, la durata e la riuscita della tecnica è in relazione con la
sensazione manuale di barriera, di passaggio e di rilascio progressivo. La buona riuscita di una tecnica mec-
canica diretta dipende tantissimo dalla sensazione di barriera, dove sento che c’è il passaggio o il blocco: il
“basso-avanti-fuori” non è solo puramente teorico, ma è proprio di quel paziente, nella giusta direzione in
quel momento. Nello splancnocranio (per esempio per liberare le fosse nasali o il palato) sono molto più
interessanti le tecniche meccaniche dirette piuttosto che quelle funzionali non essendoci inserzioni dirette
delle membrane. Utilizzeremo queste tecniche per esempio nel caso in cui, per la mancata reattività del
paziente, quelle funzionali indirette non siano risultate efficaci, così come su alcune tipologie di paziente
(crani traumatici o meno) su cui altre tecniche non funzionano, indipendentemente dall’età anche laddove
la teoria ci dica che sarebbe più utile una tecnica funzionale (ognuno agirà pure in base alla propria espe-
rienza lavorativa).
Indicazioni e controindicazioni
- si usano molto nei bambini fino ai 5 anni
- nello splancnocranio nell’adulto, perchè le ossa della faccia non sono in diretta concomitanza con le mem-
brane.
- la traumatologia craniale è una controindicazione: su un trauma cranico farò qualcosa di più funzionale,
aspettando la risposta del paziente (che se non vuole arrivare, non arriva).
[Nel neonato abbiamo diverse opzioni: il modellaggio, tecniche meccaniche dirette o eventualmente le
tecniche funzionali dirette. Se nel neonato devo aprire una sutura non vado in aggravamento ma mi metto e
apro. È un falso storico che nel neonato non ci sia la sutura: nella pratica si danno comunque delle informazi-
oni.. vedremo nel proseguo degli studi].
Magoun “Quando non è possibile la tecnica di esagerazione si impiega l’azione diretta, metodo delicato nel rag-
giungere il punto di equilibrio, si ricerca il tragitto della lesione fino al punto in cui è possibile un movimento facile
senza tensione verso la posizione più normale dalla quale essa è partita.” Si corregge quindi la disfunzione in
modo diretto ma non è una tecnica violenta”.
Tecniche di MODELLAGGIO
- tecniche utilizzate per “modellare” le ossa del cranio nei primi anni di vita
- dopo aver individuato le ossa da modellare vi si pone la mano a piatto e si eseguono dei sottili movimenti
circolari atti a modificare progressivamente la forma del suddetto osso o del volume
- per qualunque forma dell’osso
Si eseguono facendo un’osservazione e una palpazione del cranio del bambino e mirano in genere a ridargli
una forma armonica, che si otterrà prima con dei movimenti molto morbidi, a piatto, circolari e piano piano
si cercherà di modellare il cranio in una forma globalmente armonica, per esempio se avremo una bozza
parietale più sporgente dell’altra cercheremo di appiattirla progressivamente, se invece avessimo una con-
cavità si cercherebbe di “risucchiare” o di spingere dalla parte opposta.. non c’è una regola perchè sappiamo
che il cranio può avere le forme più svariate in funzione del tipo di parto , degli avvenimenti in utero etc.. si
pensava che il passaggio nel canale dell’utero fosse causa di molte disfunzioni craniche , invece degli studi
statistici hanno dimostrato che non c’è grande differenza tra parti cesarei e parti naturali (che invece sono
molto funzionali al modellamento del cranio). Si eseguono il prima possibile, (le donne indiane americane lo
facevano subito e molto energicamente..)
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Magoun “Il modellamento è una forma di azione diretta per normalizzare i contorni delle ossa quando è presente
una deformazione intraossea, applicabile nei bambini piccoli ma utilizzabile per tutta la vita. Prominenze come
quelle parietali possono essere appiattite, viceversa appiattite possono essere incurvate”, quindi qualsiasi sia la
forma l’idea è quella di dare armonia al cranio. Quando Magoun dice “per tutta la vita” si riferisce al concetto
di disfunzione intraossea, all’interno delle fibre e delle cellule ossee su cui si può lavorare anche nell’adulto,
cambiando non la forma del cranio ma la qualità e la densità della struttura ossea (per esempio un model-
laggio su un trauma cranico, modificando la lesione intrinseca dell’osso ma non la forma); a maggior ragione
nel bambino se si riesce a cambiare la forma si riesce a dargli anche delle possibilità di adattamento postur-
ale molto più alte. Con molte molte meno possibilità questo anche nell’adulto.
[PRATICA: temporale: presa farfalla (5 dita), presa a 3 dita, tecniche correzione: funzionale indiretta, diretta e
meccanica]
PALATINO. Anatomia
L’osso palatino entra nella costituzione di:
- fosse nasali
- orbita ossea con una piccola faccetta orbitaria
- bocca, formando il palato duro
- fossa pterigo-mascellare, sita tra mascellare e pterigoide.
processo orbitario
processo sfenoidale
processo piramidale
sut Pterigo Palatina faccetta post e
porzione orizzontale pterigoideo int
faccetta inf
veduta post
È formato anatomicamente da una lamina verticale e da una lamina orizzontale. La lamina verticale in alto
presenta due processi: il processo orbitario davanti e il processo sfenoidale dietro. In basso all’angolo tra le
due lamine nella parte posteriore avrò il processo piramidale (diretto verso il palato molle, andrà in basso-
dietro-fuori a insinuarsi tra le due lamine delle pterigoidi dello sfenoide).
Porzione (lamina) orizzontale: presenta una faccia superiore che è il pavimento della parte posteriore
delle fosse nasali (dietro al mascellare), la faccia inferiore corrispondente è il III posteriore del palato duro.
La porzione orizzontale presenta: il bordo posteriore libero su cui s’inserisce il palato molle; il bordo anteri-
ore invece fa sutura Palato Mascellare con il bordo posteriore del Processo Palatino del Mascellare, è una
sutura squamosa (il palatino ricopre il mascellare); il bordo interno che sarà in relazione con il controlat-
erale. É questa una sutura di contatto rugosa: si formerà una cresta al cui centro c’è un leggerissimo incavo
dove si appoggia il bordo inferiore del vomere, così come ci sarà un solco anche superiormente tra le ali del
vomere e la faccia inferiore del corpo dello sfenoide, tutto ciò per permettere l’adattamento del vomere che
va in basso avanti (scende soprattutto nella sua parte posteriore mentre sale nella sua parte anteriore) sotto
l’azione dello sfenoide e trasmette questo a mascellare e palatino che a loro volta presentano delle forze
proprie: masticazione, deglutizione, fonazione ecc.. Lo sfenoide quindi trasmetterà l’impulso al vomere, ma
a ritroso dal mascellare vi arriverà dell’altro: per adattarsi a questo il vomere ha delle suture che gli permet-
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tono un po’ di gioco in antero-posteriore (per scappare un po’ dalle forze di natura differente che gli arrivano
tra il sotto e il sopra) nonostante ciò spesso non ce la fa e si piega. La fisiologia di base del vomere è che lo
sfenoide gli trasmette la dinamica cranio sacrale dell’impulso e la morfologia delle suture gli consente un
certo adattamento antero-posteriore qualora ci siano delle forze contrastanti.
Lamina verticale:
presenta una faccia
interna che ha una
cresta etmoidale
in alto (in contatto
cresta etmoidale con l’etmoide) e una
cresta concale in
basso (in contatto con
il turbinato inferiore).
cresta concale
La faccia esterna
forma una sutura
irregolare rugosa
con la parte poste-
riore del segmento
nasale del mascel-
lare che presenta un
solco che diviene
così il canale pala-
tino maggiore per
il passaggio delle
solco palatino maggiore efferenze prove-
nienti dal ganglio
sfeno-palatino (nn.
palatini maggiori,
l’arteria palatina
discendente) che
arrivano a livello del
palato duro (nel foro
palatino maggiore).
Con la sua parte anteriore la lamina verticale copre parzialmente lo iato mascellare. Presenta un bordo pos-
teriore che fa sutura con il bordo anteriore delle pterigoidi (sut. pterigo-palatina) a forma di Y rovesciata per
la divisione in due lamine della pterigoide, tra le quali s’impegna il processo piramidale (viene verso dietro).
Il bordo anteriore sopra sarà libero accludendo lo iato mascellare, sotto sarà in contatto con lo stesso osso.
Il bordo superiore presenta due processi: posteriormente il processo sfenoidale in contatto con faccia
inferiore del corpo dello sfenoide, poi anteriormente abbiamo l’incisura sfeno-palatina che in contatto con
lo sfenoide diventa il Foro sfeno-palatino che mette in comunicazione la fossa nasale (dentro) con il fondo
della fossa pterigo-palatina (fuori), consentendo ad alcune efferenze del ganglio di poter entrare nelle fosse
nasali e ramificarsi (c’è pure un passaggio vascolare). Davanti la lamina verticale presenta un processo più
voluminoso: il processo orbitario, una delle cui faccette entra nella costituzione dell’orbita ossea. É costi-
90
tuito da 5 faccette (3 dalla parte interna e 2 da quella esterna), due di queste 5 saranno libere: la faccetta
pterigoidea che guarda verso la fossa omonima e quella orbitaria sopracitata; le altre 3 andranno in contatto
con le rispettive ossa: una faccetta etmoidale, una faccetta mascellare e soprattutto una faccetta sfenoidale
(in contatto con parte inferiore della faccia anteriore del corpo dello sfenoide). Il palatino in alto fa quindi
sutura con il corpo dello sfenoide formando il foro sfeno-palatino.
Del processo piramidale abbiamo già descritto sopra origine (incontro tra le lamine) e direzione (dietro,
basso e fuori), da aggiungere solo che ci sono delle digitazioni di origine dei muscoli pterigoidei esterno ed
interno.
PALATINO. Fisiologia
Osso della sfera anteriore, partecipa alla
costituzione della fossa pterigo mascellare.
Ha una funzione di ammortizzatore tra
mascellare superiore e sfenoide, infatti evita
delle costrizioni dirette derivanti dal mascel-
lare superiore e dalla masticazione verso lo
sfenoide. Assorbe le costrizioni meccaniche
ma spesso perde la capacità che è tipica di
una struttura ammortizzante che è quella di
restituirle.
Se quest’osso non avesse nessuna impor-
tanza non esisterebbe.
Fattori di mobilità
sfenoide (la faccia inferiore del corpo), per-
chè il palatino presenta nella faccia superi-
ore della sua lamina verticale 2 apofisi: una
orbitale e una sfenoidale; tra le 2 apofisi e la
faccia inferiore dello sfenoide si forma il foro
sfeno palatino;
vomere, obliquo basso-avanti, va sulla sut
intermascellare nella parte anteriore, ma va
anche sulla sut interpalatina più posterior-
mente.
Tenuto conto della situazione anatomica, nel
tempo di F del cranio globalmente si abbassa
(corpo dello sfenoide a livello della lamina
verticale e vomere per la sua lamina orizzontale) ma va anche dietro-fuori perchè la tuberosità del mascel-
lare si abbassa va dietro e fuori.
Inoltre dietro il palatino, le apofisi pterigoidee vanno in alto-dietro-fuori e questa struttura non può che
andare in basso-dietro seguendo le strutture che lo vincolano.
L’apofisi orbitaria del palatino può essere un freno al basculamento post dell’etmoide nel tempo di F.
In RE il palatino tenuto conto dei suoi adattamenti in basso-dietro-fuori, la sua lamina verticale aumenta
l’apertura dell’orifizio del seno mascellare.
2. carotide esterna (è esterna al cranio) dalla quale si formano due branche che sono l’a. mascellare
interna che va nella fossa pterigo mascellare e l’arteria facciale (per il massiccio facciale).
L’a. mascellare interna una volta che si trova nella fossa pterigo mascellare esce dal foro sfeno palatino e
va a vascolarizzare una parte del turbinato sup, il turbinato inferiore; c’è poi un’arteria che si porta sul setto
mediano e segue il vomere e prende il nome di arteria naso palatina.
Simpatico e paraS
La maggior parte dei nn. cranici sono controllati dal paraS; i centri del paraS sono solo a due livelli:
sacro e cranio.
Tutto il resto è simpatico tramite la catena latero vertebrale.
L’origine di tutto il parasimpatico cranico spesso è il nucleo globale del VAGO; a questo livello è presente un
nucleo per le mucose sopracitate (nucleo lacrimo-muco-nasale).
Il parasimpatico a livello di una mucosa ha una funzione stimolante sulle secrezioni ghiandolari.
Se una mucosa ha una buona vacolarizzazione, e buone secrezioni, ha una buona funzione di difesa.
Il sistema arterioso porta ossigeno alla mucosa e la particolarità è la capacita di controllo vasomotorio nel
senso della vasocostrizione.
Se c’è un problema di stenosi arteriosa accade che diminuisce l’apporto di ossigeno alla mucosa; quindi un
aumento della quantità di CO2. L’endotelio del capillare venoso si irritata con una vasodilatazione e i pro-
dotti che sono normalmente nel capillare attraversano la parete con lo sviluppo di edema.
Se c’è una perturbazione del ganglio stellato derivante da una disfunzione di clavicola, di K1, C7-D1; si crea
una vasocostrizione a carico del sistema vertebrale, quindi una vasocostrizione dell’arteria uditiva interna,
arteria cocleare e vestibolare.
A livello del vestibolo c’è una forma di edema che si crea con risultato:sbandamenti, vertigini.
A livello del sistema carotideo il comando simpatico è legato al Ganglio Cervicale Superiore (3-4 cm di
altezza).
I centri simpatici che interessano il sistema arterioso del cranio si trovano a livello del midollo, globalmente
tra C6 e D2, nel cosiddetto centro cilio-spinale di Budge. Le terminazioni escono dal corno posteri-
ore del nervo rachidiano, passano dai rami comunicanti per andare a livello della catena latero-vertebrale.
A partire dal Ganglio Cervicale Inferiore, alcuni rami raggiungono l’arteria vertebrale formando un plesso
perivertebrale fino ad arrivare al cranio e controllano tutto il sistema posteriore del cranio.
Tutte le arterie hanno dei filetti perivertebrali; questo serve non soltanto a comandare la vasomotricità
quando c’è bisogno ma anche in una condizione di urgenza c’è una risposta automatica in vasocostrizione.
Al di sopra del ganglio cervicale inferiore troviamo il ganglio cervicale medio (?) e il ganglio cervicale superi-
ore posto d’avanti ai processi trasversi di C1-C2-C3 e ogni tanto C4. Il ganglio è posto in uno sdoppiamento
dell’aponeurosi cervicale profonda (molto protetto).
Da questo ganglio cervicale superiore, i filetti raggiungono il sistema pericarotideo formando un plesso
pericarotideo interno ed esterno.
Una disfunzione a livello dei centri da C6 a D2 può provocare una vasocostrizione.
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Il ganglio cervicale inferiore, come detto, comanda il sistema delle arterie vertebrale; una disfunzione di
clavicola, K1, C7-D1, la tensione dell’aponeurosi cervicale profonda può provocare fenomeni vaso-
costrittori a livello del sistema delle arterie vertebrali.
Allo stesso modo una disfunzione somatica di C3-C2-C1 e occipite su C1 può creare un’irritazione a livello
del Ganglio Cervicale Superiore con ripercussioni sul sistema carotideo.
Questo serve a capire, oltre l’anatomia, che quando riduciamo una disfunzione non è per la tecnica fine a se
stessa, ma per i rapporti che essa ha con la funzionalità.
Quando voglio lavorare su un sistema di difesa devo tenere conto che l’apporto nutritivo è importante, e
quindi tutto ciò che attiva il sistema simpatico va a perturbare la funzionalità (tranne dei casi che si vedran-
no). Quindi è fondamentale andare a inibire il simpatico dal punto di vista vascolare, perchè questo la sua
stimolazione determina vasocostrizione e da noia da un punto di vista nutritivo. Quindi cerco di lavorare le
disfunzioni che attivano il simpatico.
ESAME
posiz del Pz
posiz dell’Osteopata
punti di repere
ascolto e ampiezza
test di mobilità
induzione della F
induzione dell’E
come si fa una tecnica di riduzione
cercare di mettere in relazione l’osso con la periferia
VOMERE. Anatomia
Entra nella costituzione delle fosse nasali, presenta due facce (destra sinistra) e quattro bordi: superiore, in-
feriore, posteriore e antero-superiore. Il bordo posteriore è il limite posteriore libero del setto nasale (a sep-
arazione delle coane). Il bordo antero-superiore è in contatto in alto con la lamina verticale dell’etmoide,
più anteriormente con la cartilagine del setto. Il bordo inferiore è in contatto con palatino e mascellare (già
visto). Il bordo superiore si apre e forma le ali vomeriane che accolgono la cresta sagittale mediana pre-
sente sulla faccia inferiore corpo dello sfenoide.
Le facce dx e sn presentano il solco naso-palatino che accoglie l’omonimo nervo che proviene dal ganglio
sfeno-palatino, passa nel canale incisivo per arrivare, tramite il foro incisivo, nella parte anteriore del palato
duro a portare efferenze del ganglio alla parte anteriore del palato.
[carrellata immagini. Parte pratica: le 2 prese sui parietali; le 2 prese su frontale]
VOMERE. Fisiologia
Forma il setto mediano delle fosse nasali insieme alla lamina perpendicolare dell’etmoide.
È obliquo-basso-avanti
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Fattore di mobilità
La sua fisiologia dipende dalla faccia inferiore del corpo dello sfenoide e dalla lamina perpendicolare del
corpo dell’etmoide.
Tutto questo fa si che in F il vomere si abbassa e avanza (è obliquo basso-avanti) ma va molto più in basso
nella sua parte post, per l’effetto dell’etmoide (funziona come un aratro, da cui prende il nome). Il palato os-
seo si abbassa maggiormente nella parte post. L’entità della sua discesa è data dalla sutura intermascellare.
Se abbiamo questa sutura molto chiusa avremo una deviazione del setto nasale e spesso c’è la presenza del
torus palatinus.
Come abbiamo precedentemente detto la lamina perpendicolare lascia una doccia al centro per il passaggio
del nervo e dell’arteria naso-palatina che origina dall’arteria sfeno-palatina e quindi ganglio sfeno-palaltino.
Particolarità
All’interno dello spessore del vomere (2 mm) c’è una doccia dove passano arteria, vena, nervo Naso-palatini
Con la lingua messa dietro agl’ incisivi sup. facendola risalire c’è una porzione obliqua.
Ancora più indietro c’è una porzione più orizzontale... tra queste 2 porzioni c’è una zona più sensibile dove
c’è la fuoriuscita del n. Naso Palatino che arriva dalla Fossa Pterigo-Palatina.
Sistema arterioso della fossa pterigo-mascellare è dato dall’ arteria mascellare int perché è dentro il mas-
cellare, che arriva dalla a. carotide EST la quale risale, entra nella fossa diventa arteria mascellare int., passa
il foro sfeno-palatino (diventa a. sfeno-palatina) per poi diventare a. naso-palatina.
a. carotide EST a. mascellare int a. sfeno-palatina a. naso-palatina
Carotide INT passa il foro ottico e diventa a. etmoidale ant, post etc...
a. carotide INT a. etmoidale ant - a. etmoidale post
Poi passano la Lamina Cribrosa fino ad occupare il turbinato superiore e medio.
Esiste un’ anastomosi tra i due sistemi carotideo int e carotideo est. Spesso si producono epistassi a
questo livello che però rappresentano una valvola di sicurezza in caso di
-ipertensione
-in età avanzata
-in fase mestruale per la donna
-nei giovani in fase di crescita
Chiedere sempre ai Pz se ci sono stati episodi di epistassi è importante perché a volte può essere espres-
sione di una malattia infettiva molto grave (es. Sifilide).
RIFLESSIONE
Arteria Naso-Palatina (nel Vomere) Arteria Sfeno-Palatina e quindi Fossa Sfeno-Palatina dove arriva
l’Arteria Mascellare Interna (siamo fuori dal Cranio) Carotide Esterna SISTEMA CAROTIDEO ES-
TERNO.
Arteria Carotide Interna (nel Temporale) va nel Foro Ottico e diventa Arteria Oftalmica Arteria
Etmoidale Anteriore e Posteriore che attraversano la Lamina Cribrosa (vascolarizzano la parte superiore del
Setto e Turbinato Superiore) SISTEMA CAROTIDEO INTERNO.
Nel Setto Mediano avviene un’Anastomosi tra il Sistema Carotideo Interno e quello Esterno MACCHIA
VASCOLARE DI KISSEMBRAU (spesso ci sono dei sanguinamenti dal naso senza causa specifica se non
dovuto a trauma, la vera causa è un aumento di pressione ematica e questo sanguinamento serve proprio a
regolare tale Ipertensione. Questo avviene nei periodi di importanti cambiamenti ormonali durante la vita
per esempio durante l’adolescenza o nelle donne durante il ciclo mestruale). È un sistema per abbassare la
PRESSIONE SANGUIGNA!!!
94
Arteria Etmoidale Arteria Etmoidale
Posteriore Anteriore
}
sfenoide.
Trattamento:
sfenoide > verificare la flesso - estensione
frontale > agire sul Frontale per l’espansione trasversale LAVORARE
mascellare > agire sulla faccia orbitale MECCANICAMENTE
mascellare > aprire la sutura intermascellare per permettere la bascula
palatino > agire sulla apofisi orbitale
Riarmonizzazione vomere-sfenoide
Mi posiziono lateralmente al Pz
Mano cefalica contatto le grandi ali dello sfenoide da entrambi i lati
Mano caudale con l’indice cammino lungo la sutura inter-mascellare e mi fermo al livello della sutura cruci-
forme.
Audouard
ETMOIDE. Fisiologia
1. osso principale delle fosse nasali
2. si trova all’incrocio di ossa che le formano
In alto troviamo il seno frontale e sotto le masse laterali dell’etmoide (cavità aeree)
Nell’ etmoide ci sono delle emifaccette che con il frontale formano delle celle complete o cavità aeree. Da
qui abbiamo il labirinto etmoidale ANT e il labirinto etmoidale POST, rivestiti di mucosa con funzione
fisiologica precisa di:
- secrezione
- protezione
- riscaldamento dell’aria
Il drenaggio del labirinto ant avviene a livello del turbinato MEDIO, mentre il labirinto post è drenato a
livello del turbinato SUP.
Nel tempo di F
- apofisi cristagalli va alto-dietro per la trazione della falce
- La parte post del corpo si abbassa per l’adattamento a ingranaggio con la faccia ant del corpo dello
sfenoide
- Le masse laterali si espandono trasversalmente (per due motivi)
1. per l’apertuta trasversale dell’incisura etmoidale del frontale
2. adattam avanti-fuori della faccia orbitaria del mascellare.
97
Interessi
È un osso pieno di Seni Aerei ricoperti di Mucosa e ciò giustifica la descrizione anatomica di un vero e pro-
prio labirinto etmoidale ant e post. Le emicelle etmoidali insieme a quelle frontali formano le celle.
Se non avviene questo, ad es. in bambini con mascellare molto stretto e palato molto cavo, si ha una chiu-
sura che non permette all’etmoide di espandersi trasversalmente e di conseguenza raffreddori fre-
quenti. Un lavoro di apertura dei mascellari permette quindi l’espansione trasversale dell’etmoide e migliora
la clinica respiratoria del bambino.
L’aria inspirata arriva maggiormente a livello del turbinato medio, che visto frontalmente è una lamina av-
volta su se stessa.
L’aria Inspirata dal naso subisce la turbolenza del Turbinato Medio e poi va a contatto con la mucosa del
Seno Mascellare per essere trattata dopodiché passa nella Rinofaringe e alla fine arriva ai Polmoni ad una
Temperatura mai inferiore ai 23°-24°, poiché l’Albero Bronchiale non potrebbe sopportare tale temperatura.
Per questo in montagna a – 20° vi è un riscaldamento dell’aria inspirata di almeno 40° per portarla a + 23° e
questo grazie alla mucosa che diviene Ipertrofica con un apporto Vascolare enorme (il sangue ha un temper-
atura media di 37°). Es. fare sport invernali in montagna a basse temperature può causare una congestione
della mucosa dei Seni, che dà dolore, ma è segno di una mucosa sana, che funzioa bene.
Oppure: quando c’è una patologia delle fosse nasali, la mucosa reagisce all’aggressione con una ipersecrezi-
one di muco.
OSSERVAZIONE OSTEOPATICA
La mucosa è comandata dal ganglio sfeno-palatino che è comandato dal temporale da cui provengono le
Afferenze, dal temporale si passa alla clavicola, scapola. È inutile buttarsi subito sul ganglio.
La particolarità della fosse nasali è che la loro difesa viene dal ganglio sfeno-palatino e quindi connessioni
con la fossa pterigo-palatina!
A partire dalla faccia interna del corpo dello sfenoide, vomere, sutura Intermascellare, quindi parete interna
del setto nasale, turbinato inferiore, medio e superiore, ci troviamo quindi al foro sfeno-palatino usciamo da
esso per trovarci nella fossa sfeno-palatina in cui troviamo l’arteria mascellare interna più il ganglio sfeno-
palatino che riceve dallo sfenoide le afferenze del VII e IX e, a partire da questi, i filetti nervosi devono trovare
98
una via di uscita per cui risalgono e escono per innervare il rurbinato e la parete del setto nasale. Quindi il
sistema vascolare e quello nervoso hanno la stessa distribuzione ripercorrendo la stessa strada.
La lamina perpendicolare del vomere, al centro, lascia una doccia per il passaggio vascolo-nervoso prove-
niente dal foro sfeno-palatino e dall’omonimo ganglio per innervare e vascolarizzare il palato osseo. Infatti
se con la lingua risaliamo il palato, subito dopo gli incisivi superiori, tra la parte obliqua e quella più orizzon-
tale troviamo una parte del palato osseo più sensibile.
Al di la della faccia orbitale del mascellare c’è un altro elemento meccanico, osseo, che può frenare la bas-
cula posteriore dell’etmoide, questo è il processo orbitale del palatino (incide sulla funzionalità della fossa
pterigo-palatina).
cingolo scapolare
sacro
99
OSSA NASALI. Fisiologia
Sono paragonabili a due tegole
Fattore di mobilità
Frontale (per l’incastro nel tempo di F)
Nel tempo di F
Indietreggiano e si frontalizzano.
Indietreggiano (perché la glabella indietreggia) e si frontalizzano (perché la branca ascendente del mascel-
lare si frontalizza)
Interesse
Servono da aggancio alle cartilagini del setto, che servono alla crescita ant-post del massiccio facciale
Liberazione Fronto-nasale
Osteopata lateralmente al Pz.
Disingaggiare le ossa nasali dal frontale (naso alla francese: basso) così:
100
Mano cefalica
Indice spinge indietro sulla glabella
pollice e medio sui pilastri orbitali interni (frontale in RE)
Mano caudale
pollice e indice si mettono lateralmente alle ossa nasali e spingono trasversalmente (naso alla francese).
Per aprire il canale possiamo effettuare una manovra per ridurre la tensione del leg palpebrale int. (all’
interno dell’ orbita) in questo modo:
indice > metterlo a contatto con l’orbita ossea nella parte interna dell’occhio (siamo a contatto con il leg
palpebrale interno il quale si divide in due dove al centro di questi passa il canale lacrimale), spingere dietro
altra mano > mettere in tensione portando il bulbo oculare verso l’esterno (questo permette l’apertura
del sacco lacrimale)
- RE del Mascellare
- RE delle Ossa Nasali
101
INsp > l’aria entra attraverso il turbinato medio (1° trattamento) > seno mascellare (2° trattamento)
fessura respiratoria
sut coronale
osso frontale
osso parietale
glabella
incisura (foro) sfenoide
sopraorbitale grande ala
lamina orbitale osso
temporale
osso nasale
etmoide
osso lacrimale superficie
orbitale
lamina
osso zigomatico perpendicolare
processo frontale conca nasale
superficie orbitale media
processo conca nasale
temporale inf
foro zigomatico- vomere
facciale
osso mascellare mandicola
processo zigomatico ramo
superficie orbitale corpo
foro infraorbitale foro mentale
protuberanza
processo frontale (tuberosità)
processo alveolare mentale
spina nasale ant
Prese per liberare le suture del frontale, mascellare superiore, lo zigomatico e il temporale.
102
faremo un lavoro definiamo “meccanico” sulle ossa del massiccio facciale.
Quando troviamo una disfunzione di una o più ossa di questa sfera anteriore, siamo costretti a passare ad un
ascolto,al test di mobilità ad una riduzione che può essere sia di un singolo osso che dell’osso in relazione
con la sua articolazione.
Prese per la liberazione della sutura:
> fronto-mascellare
> fronto-zigomatica
> temporo-zigomatica
> mascello-zigomatica
Queste suture ad incastro non descrivono degli assi precisi, quindi c’è un orientamento d’asse, come l’asse
del mascellare o dello zigomo, non essendoci dei precisi punti perno di inizio ed arrivo non si descrivono
precisamente gli assi di mobilità.
Asse del mascellare superiore: è orientato in basso avanti fuori.
il mascellare è un osso pari e farà rotazione interna ed esterna.
Asse di mobilità dello zigomo: basso avanti dentro, orientato sull’unico “punto perno” della sutura tempo-
ro-zigomatica, ed ad incastro, molto piccolina, se vogliamo essere precisi si potrebbe descrivere un punto
perno, perchè lo zigomo che ricopre l’apofisi zigomatica del temporale nella parte superiore e questo esso
stesso è ricoperto. Questo garantisce la molbilità dello zigomo in inversione, ricordiamo che il temporale
è un fattore che da molbilità allo zigomo. Questa conformazione, conferisce la mobilità allo zigomo e si
descrive un punto perno che si congiunge con l’altro punto che è orientato verso la sutura mascello zigo-
matica.
Un’altra caratteristica è che non c’è un’inserzione diretta delle membrane, quindi dal punto di vista pratico
cosa ci conviente fare?? Si preferiscono le tecniche meccaniche, sapendo comunque che l’inpulso rit-
mico craniale arriva.
Si preferisce utilizzare una tecnica meccanica dove arriva la costrizione meccanica dei muscoli masticatori e
si va a liberare tutto in RE, soprattutto nei bambini ma anche negli adulti.
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altra può essere la sutura mascello-zigomatica, che spesso si trova in disfunzione perchè un trauma es-
terno o un conflitto esterno blocca lo zigomo, che poi il fattore predominante della mobilità del mascellare,
dunque, andrebbe ad influire molto sulle funzioni di queste ossa sopprattuntto interna, aerea.
Il movimento di avvitamento e svitamento sulla piramide del mascellare ha una funzione importante per la
sfera orl, per l’areazione. Quindi un blocco su entrambe i punti dx e sxin non è indicato per avere un buon
funzionamento delle fosse nasali.
Nel protocollo di approccio della sfera anteriore del cranio prima di fare le riduzioni anteriori dobbiamo
sempre pensare a quello che sta dietro, quindi, valutazione dello sfenoide,che è l’osso che comanda la sfera
anteriore e il frontale che comanda le ossa del massiccio facciale. Lo sfenoide perchè controlla il frontale e il
frontale perchè controllale ossa del massiccio facciale quindi sfera anteriore!! il temporare lo controlleremo
se c’è una complicazione a livello dello zigomo, perchè questa sutura mette in relazione la sfera anteriore
con quella posteriore, e quindi prenderemo in considerazione anche l’occipite ed il temporale.
consigli tecnici:deprimere i tessuti sui punti di contatto, sentire che stiamo sull’osso e poi lasciamo, quindi
avete superato la barriera tessuto connettiva, pelle, muscoli, fasce e siete entrati sull’osso!
103
SUTURA FRONTO MASCELLARE
Presa diretta e meccanica per disincastrare questa
sutura.
Si possono fare 2 prese: laterale al paziente, presa
extra buccale
104
presa sul frontale
pollice-indice
oppure
pollice-medio
105
altra presa possibile, con: l’Osteopata appoggia le dita sul mento del Pz, in questo modo guida
l’apertura della bocca
Dopo la manipolazione fare l’ascolto e rimettere in sincronia le ossa che abbiamo lavorato, RI e RE, seguendo
l’IRC! Quindi fare un lavoro sulle membrane a tensione reciproca, altrimenti l’osso lavorato si rimetterà in
disfunzione.
4 sem Pecorelli
Il soffitto della fossa è formato dalla porzione orizzontale della grande ala dello sfenoide.
Sul fondo della fossa sono presenti il foro SFENO-PALATINO e il GANGLIO SFENO-PALATINO, formato da fibre
afferenti ed efferenti. La presenza di fori permette la relazione di queste vie con il ganglio.
FORO SFENO-PALATINO
Formato dalla porzione superiore della lamina verticale del palatino che presenta 2 processi:
1. processo orbitario
2. processo sfenoidale
Al centro abbiamo l’incisura Sfeno-Palatina che si relaziona con la porzione ant. del corpo dello sfenoide. Il
foro mette in comunicazione le fosse nasali con la fossa pterigo-palatina.
CANALE VIDIANO (radice della faccia est della lamina pterigoidea est) passaggio del n. vidiano
FORO ROTONDO
attraversato dalla radice di V2, n.mascellare
Dal Ganglio SP si diparte un ramuscolo, ramo faringeo del ganglio sfeno-palatino di BOCH che dalla
fossa pterigo-palatina raggiunge la faringe passando da un foro alla radice delle pterigoidi (non ha un nome
specifico):
Afferenze anatomiche
1. Componente sensitiva da parte di V2 arriva dal foro rotondo, passa nella fossa pterigo-palatina metten-
dosi in relazione con il ganglio sp.
2. n.vidiano, formato dai nn. Grande Petroso Superficiale (VII) e Grande Petroso Profondo (IX).
Ha fibre a funzione simpatica e altre parasimpatiche (nel ganglio ci sono sinapsi parasS) per le arterie.
La componente paraS proviene dal Grande nervo petroso superficiale, che si forma all’interno della
rocca petrosa con filuzzi che provengo dal VII e IX paio di nn. cranici, e sbuca sulla faccia superficiale della
rocca petrosa iato di Fallopio
La componente ortoS proviene dal Grande nervo petroso profondo, che proviene da una piccola
deviazione del plesso carotideo int (un insieme di filuzzi vegetativi che circondano l’a. carotide int e
l’accompagnano innervandola lungo tutto il decorso).
La componente neurovegetativa (ortoS) del plesso carotideo int proviene invece dal tronco del simpatico
(catena latero-vertebrale) e dei segmenti midollari di C8-T1. Importante sapere questo per poter fare un
lavoro sulle fosse nasali di stimolazione dell’attività ortosimpatica o di inibizione.
Efferenze anatomiche
Sono i rami che andranno a occhi, bocca, naso, faringe.
Dal GSP attraverso la fessura orbitaria inferiore passano i rami per occhio e cavità orbitaria.
Innervazione sensitivo-trofica
rami per il periostio orbitale
rami che raggiungono il seno sfenoidale (corpo dello sfenoide) e le cellule etmoidale
rami per la ghiandola lacrimale proveniente da un’ anastomosi tra n. zigomatico e n. lacrimale
rami nasali sup, medio, inf per innervazione della mucosa di turbinati e meati (tranne la regione olfattiva in-
nervata dal n. Olfattivo).
n. naso-palatino
parte dal ganglio attraverso il foro sfeno-palatino e dall’esterno verso l’interno cambia direzione. Inizial-
mente si mette su un piano sagittale puro, raggiunge il setto e lo innerva (sensitivo-trofica), cambia direzi-
one scende nel canale incisivo e raggiunge il palato duro.
Nella parte anteriore innervazione sensitivo-trofica-secretoria.
108
Funzione paraS del ganglio
IPERattività IPOattività
vasodilatazione occhio vasocostrizione
ipersecrezione bocca iposecrezione
fosse nasali
faringe
- sfenoide in FLEX (in questo modo le pterigoidi vanno alto-dietro trascinando anche il palatino dietro).
Mano caudale
(presa intrabuccale sul mascellare per portarlo in RI e sul palatino per portarlo in RE)
pollice medialmente alla bozza canina
indice dietro agl’incisivi
medio scivola sulle cuspidi, arriva sull’ VIII scivola indietro e cade sul palatino (palato duro)
Mano craniale
(presa sullo sfenoide per portarlo in RE)
- spinta sulle grandi ali in RE
Mano craniale
(presa sullo sfenoide, la stessa di prima)
- sfenoide in F (le pterigoidi vanno indietro)
Mano caudale
Medio intrabuccale spinge sul palatino (RE) in basso-dietro-fuori.
Mano craniale
- sfenoide in E (il corpo dello sfenoide sale)
- effettuare>
vibrazioni
pressioni
oppure semplicemente stare !!! che è uno stimolo importante...
ascolto dei tessuti
5 sem Pecorelli
Quindi per un Osteopata il collegamento cranio-sacrale è sostanzialmente questo. In realtà non è solo
questo, perché ci sono altri collegamenti cranio-sacrali da ricordare:
- la struttura ossea rappresentata dalla colonna vertebrale
- la muscolatura spinale, dalla massa comune fino alle linee curve occipitali
- 2 legamenti: il leg longitudinale ant e quello post (partono dall’apofisi basilare dell’occipte e arrivano
all’osso sacro: faccia ant dell’osso sacro e bordo ant del foro sacrale)
Articolazioni
Il sacro realizza la sua dinamica meccanica e cranio sacrale nel binario costituito dalle articolazioni sacro-
iliache
110
Asse
Vista l’inserzione della dura madre nel canale sacrale in S2 (core link), si avrà un asse di mobilità trasversale
che passa lungo il soma di S2. Vediamo queste immagini prese dal libro di H.I. Magoun, Osteopatia in ambito
craniale.
Fattore di mobilità
- La dura madre influenzata dalla fisiologia dell’occipite
Dinamica ossea
squama - Quando la SSB e quindi anche l’occipite realizzano
dell’occipite una F* cranio sacrale:
sfenoide 1. le basi sacrali vanno in alto - dietro
2. gli apici sacrali vanno in alto - avanti
occipite Ciò si realizza principalmente sotto l’azione della
dura madre viste le sue inserzioni a livello del canale
flessione atlante sacrale
ferme inserzioni A seconda delle morfologie si può avere:
durali C3 3. Leggera diminuzione delle curve antero-post
della colonna
involucro durale del
midollo spinale 4. Angolo lombo-sacrale leggermente ridotto
ferme inserzioni durali
* Si parla di F perché l’angolo inf della SSB si chiude
filum terminale
Il meccanismo craniosacrale in F
Fattori di restrizione di mobilità
1. Dura madre:
la dura madre può disturbare la dinamica sacrale attraverso tutti i livelli d’inserzione vertebrale....disfunzioni
atipiche, traumatiche......(per es. il foglietto superficiale della dura madre s’inserisce nel foro di coniugazione
e inoltre accompagna la fuoriuscita del nervo, quindi una disfunzione vertebrale potrebbe teoricamente
disturbare il meccanismo)............ cranio-occipite, C1?, C2, C3, S2 e vertebre lombari (si pensi ai legamenti
durali, che vanno dalla dura madre al periostio del canale, legamenti che sono incostanti ma tuttavia più
frequenti a livello lombare; quindi se c’è una disfunzione somatica e nel tratto interessato ci sono i leg durali,
aumentano le probabilità di disturbare il meccanismo craniosacrale).
111
Per questo motivo quanto più si riducono in primo luogo le disfunzioni somatiche e non somatiche del Pz
tanto più migliora la dinamica craniosacrale.
Se all’inizio del trattamento la qualità dell’impulso è X, dopo aver ridotto le disfunzioni a vari livelli, si può
riscontrare che ascoltando nuovamente l’IRC la qualità è diventata X+. Infatti senza le disfunzioni l’impulso
si manifesta meglio. Questo per dire che già il trattamento extra-craniosacrale migliora la dinamica cran-
iosacrale.
2. Disfunzioni sacro-iliache
Una disfunzione sacro-iliaca (anteriorità o post bilaterale, torsione dx, torsione sin) può perturbare la fisiolo-
gia sacrale in cranio-sacro
Quindi bisogna ridurre in primo luogo le disfunzioni meccaniche del sacro prima di affrontare il trattamento
craniosacrale. È una questione di stratificazione dei livelli: prima di accedere al livello craniosacrale bisogna
aver ripulito il livello meccanico.
3. Occipite
È l’osso che comanda la sfera post di cui il sacro fa parte. E inoltre disfunzioni meccaniche dell’occipite in
relazione a C1.
4. Trauma diretto:
una caduta sul sedere è spesso causa di disfunzioni atipiche sacro-iliache e ileo-sacrali ma anche di pertur-
bamento della dinamica craniosacrale del sacro (dovute magari all’ impattamento conseguente alla caduta)
Questa perturbazione può avere poi delle implicazioni a livello vertebrale srutturale e nella sfera craniale,
immediatamente o nel tempo (cefalee, algie.......)
È il motivo per cui in anamnesi bisogna sempre chiedere al Pz se ha dei pregressi traumatici.
Può anche succedere che di una vecchia caduta sul sedere rimangano le tracce a livello tissutale, con dei
segni a livello meccanico e craniosacrale. Questo discorso vale per la traumatologia in genere, non solo per il
nostro discorso sul sacro. Infatti il trauma prende/succhia energia da tutti i sistemi pur di permettere al Pz di
restare in economia (= equilibrio/comfort).
5. Trauma indiretto:
una caduta sui talloni soprattutto a ginocchia estese, perché non c’è ammortizzamento e l’impatto arriva
più facilmente a livello lombo-sacrale, con conseguente disfunzione della meccanica della cerniera e, a un
secondo livello, della dinamica craniosacrale
il colpo di frusta > di solito si pensa subito a problematiche della colonna cervicale e dorsale alta e stop. In
realtà può essere così ma può anche esserci dell’altro, perché il colpo di frusta è una frustata che si scarica e
si va a fissare su qualsiasi zona della colonna vertebrale: dorsale medio, lombare basso, sacrale. Di frequen-
te si vedono Pz che a distanza di qualche giorno dal colpo di frusta lamentano lombalgie, dorsalgie, più a
distanza sintomatologie di natura viscerale, perché il colpo di frusta a livello sottodiaframmatico crea uno
shock che può indurre delle perturbazioni
varie > per es. le cicatrici con interessamento della dura madre (epidurali, peridurali, punture lombari, chirur-
gie endomidollari), perché ci possono essere delle retrazioni
Interessi
Tensione equilibrata tra occipite e sacro (concetto di base!) > un occipite “allineato” (ossia libero da un punto
di vista dinamico non morfologico) sia a livello C0-C1 che in ambito craniosacrale dà al sacro le condizioni
per funzionare in modo armonico e viceversa. Un sacro libero dal punto di vista meccanico e craniosacra-
le dà all’occipite le possibilità per lavorare in modo armonico e libero. Per fare un esempio: se riduco una
piccola disfunzione di sfenoide con una tecnica strepitosa e poi tralascio una disfunzione ben più grande sul
sacro, non va per niente bene. Bisogna saper fare tutti e due. Quindi la sequenza di trattamento corretta è:
sacro in strutturale, occipite in strutturale e poi occipite in ambito craniosacrale. È lo steso motivo per cui si
112
comincia con il Test di flessione in piedi e da seduto: sono la base d’appoggio.
Esempio tratto da Magoun dello stendino per asciugare i panni (incredibile ma vero!). Se una traversa non
è in asse, neanche i fili lo saranno. Non da un punto di vista geometrico/strutturale ma funzionale. Non
dobbiamo pensare che il trattamento osteopatico vuole rimettere la base sacrale o l’asse dell’occipite su
un piano oggettivamente trasversale, perché se si ragiona così non se ne viene più fuori. Ogni Pz ha un suo
equilibrio, non esiste un allineamento valido per tutti. Libero significa “libero da disfunzioni”.
- Cefalee
- Dolore cerniera lombo-sacrale> immaginiamo che un Pz con un dolore lombo-sacrale cronico venga a
studio. Il trattamento comicerà con il Test di Flessione in piedi, poi Test di Flessione da seduto, Downing
test, riduzione strutturale, lavoro muscolare, fasciale, etc...compreso il discorso di valutare globalmente tutti
i sistemi correlati al problema della cerniera lombo-sacrale. Da ricordare che una zona cronica sedimenta/
stratifica le tensioni. Quindi si parte con il lavoro meccanico/strutturale e si arriva a un livello più profondo,
che possa completare il lavoro già fatto, o perché ne è la causa o perché è arrivato anche a quel livello.
PRATICA_Audouard
Supponiamo di avere un Pz che viene a studio per un raffreddore oppure un’otite o un tipo d’infiamma-
zione simile. Che cosa si fa e perché?
1. sacro> perché c’è la dura madre; non si può lavorare sul cranio se qui c’è un problema
2. clavicola> per K1 e la relazione con il ganglio stellato
3. scapola> per i mm. omoioidei che arrivano sull’osso temporale
4. C3 C2 C1 C0> perché c’è la dura madre e per il ganglo cervicale sup (sistema carotideo....)
5. occipite> per la dura madre, perché è l’osso principale della sfera post, per il foro giugulare
6. temporale> per le afferenze ganglio palatine a partire dal n. vidiano, (dal VII, dal IX)
7. sfenoide> perché è l’osso principale della sfera ant
8. frontale> per l’etmoide
9. zigomo+mascellare> per la fisiologia dell’etmoide, del vomere
10. vomere
11. fossa pterigo-mascellare
12. ganglio sfeno-palatino
13. diafr toraco-addominale> perché l’aponeurosi profonda collega il centro frenico al tubercolo faringeo
14. fegato+milza> perché sono organi immunitari (non serve stimolare il ganglio sfeno-palatino se le difese
immunitarie non funzionano bene)
15. intestino tenue> per le difese immunitarie
16. timo
Per fare tutto bastano 20 min ed essere organizzati. Si comincia con i test sul sacro, se sono negativi si va
oltre e così via.
Bisogna abituarsi a chiedersi davanti a un Pz: che cosa faccio e perché. Conoscere solo una tecnica
senza collegarla ad un ragionamento logico non funziona.
113
Memo: RE-RI del palatino
palatino> si contatta la lamina orizzontale
RE del palatino> si dirige la lamina orizzontale verso fuori (la componente in basso non si può dare con que-
sta mano ma sono agendo sullo sfenoide)
RI del palatino> si dirige la lamina orizzontale verso alto-dentro
Osteopata
I tempo
presa intrabuccale con medio e indice
medio> sulla lamina orizzont del palatino (RE> fuori)
indice> sul mascellare (RI> avanti) che lavora insieme al pollice
pollice> extrabuccale sulla sutura interincisiva come contrappoggio
mano craniale> sullo sfenoide (per chi ha la mano grande) oppure sui pilastri orbitari esterni del frontale (F o
RE)
II tempo
presa intrabuccale con l’indice
indice> sul palatino (RI> alto-dentro)
mano craniale> sullo sfenoide (F> basso -avanti-fuori)
III tempo
presa intrabuccale con l’indice
indice> sul palatino (RE> fuori)
mano craniale> sullo sfenoide (E > alto -dietro-dentro)
114
Verbalizzaione di test di mobilità dell’occipite
Immaginiamo di aver già posizionato le mani.
“Mi metto in ascolto dell’impulso;
a partire da questo ho la nozione di un certo ritmo e di una certa ampiezza e inoltre la nozione delle 2 fasi
(non bisogna dire “ascolto un movimento”, perché il movimento è attivo mentre l’ascolto è passivo).
Una volta che ho sentito l’alternanza delle due fasi inizio il test di mobilità.
Nella fase di espansione del cranio, che noi abbiamo chiamato flessione, induco l’occipite verso la F, ossia
con i palmi delle mani verso il basso e i polpastrelli verso l’avanti, e apprezzo la capacità dell’occipite di an-
dare o non andare in questa direzione.
Aspetto una fase di ritorno, ossia di estensione, e in tale fase induco la struttura verso un’E, con i palmi
delle mani e i polpastrelli verso l’alto (in pratica verso l’Osteopata, che è seduto alla testa del Pz) e apprezzo
la capacità dell’occipite di andare o non andare in questa direzione.
Paragono la sensazione che ho avuto nelle due fasi e laddove ho maggior facilità denomino la disfunzione”.
Audouard: per disfunzione di F dell’occipite s’intende che il parametro di F è maggiore di quello di E, ma non
vuol dire che l’occipite non va per niente in E. Ci va, ma di meno.
Menichelli: per disfunzione di F dell’occipite s’intende che l’occipite va in F e non va in E.
115
Disfunzioni fisiologiche di F Se per es ho una disfunzione di temporale devo controllare/verificare:
Sono disfunzioni in cui il parame- occipite (osso principale della sfera post)
tro di F è maggiore di quello di E sacro (per il collegamento duramerico)
(nell’ambito del test di mobilità). C1 C2 C3
Bisogna riflettere sulle conseguen-
ze di una tale disfunzione; in par-
diaframma TA, OTS, fasce del collo (per l’inserzione
ticolare quali sintomi potrebbero dell’AAC_asse aponeurotico centrale sul tubercolo faringeo)
far pensare ad una disfunzione di clavicola (per lo SCOM) e K1 C7 D1
questo tipo. i piccoli mm. sottocipitali (collegamento tra C0 C1 C2)
Se si trova una disfunzione è mandibola (cranio)
necessario chiedersi cosa all’inter- parietale (soprattutto l’ang post-inf )
no e/o all’esterno del cranio può
averla generata.
sfenoide e sut SS
zigomo
116
Segni visivi e palpatori di una
disfunzione fisiologica di F
Ricordando che i 4 quadranti sono in RE si avrà:
Frontale: è più largo a partire dalla sutura metopica fino al pilastro
orbitario esterno (diametro trasversale). Le bozze frontali non sono
attendibili perché potrebbero essere secondarie ad un trauma; teo-
ricamente esse sono meno pronunciate (sono come cancellate).
L’orbita è globalmente aperta (aumento del diametro obliquo e
diminuzione del diametro ant-post e verticale).
Test di una disfunzione fisiologica di F: si utilizza la presa della volta con gli
indici sulle grandi ali che vanno basso-avanti-fuori ed i mignoli poco sotto aste-
rion sull’occipite che vanno basso-dietro (con la respirazione in INspir gli indici
testano la F).
Disfunzioni fisiologiche di E
Sono disfunzioni in cui il parametro di E è maggiore di quello di F.
Le conseguenze di una disfunzione fisiologica di estensione saranno:
- Modifica del gioco membranoso
- Modifica del drenaggio venoso. Infatti per avere un buon drenaggio è necessario che ci sia una giusta
alternanza tra flessione ed estensione. In caso contrario ci saranno dei problemi.
- La dinamica di apertura del foro giugulare è maggiore per cui sembra che i disturbi che si possono avere
nella disfunzione di E per quanto riguarda il IX, X e XI paio di nervi cranici sono minori.
- A livello del seno cavernoso la dinamica di svuotamento è maggiore di quella di riempimento. La parte
est del seno cavernoso sarà stirata in senso ant-post. Questa condizione potrà determinare delle implicazio-
ni dei rami nervosi a livello dei nervi III, IV, VI e V1 (es. nevralgie del trigemino).
- A livello dell’occhio abbiamo le stesse ripercussioni vascolari avute nelle disfunzioni di F perché c’è un au-
mento di pressione a monte (es. vasca da bagno), pertanto si avrà ipertensione endooculare.
- A livello dell’ipofisi avremo una ipostimolazione con ripercussioni su tutti gli assi endocrini. Es. bambini
che hanno uno sviluppo rallentato sono rallentati spesso anche fisicamente ed hanno una tendenza ad am-
malarsi più frequentemente (per minori difese immunitarie).
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Segni visivi e palpatori di una disfunzione fisiologica di E
Ricordando che i 4 quadranti sono in RI si avrà:
Frontale: è più stretto a partire dalla sutura metopica fino al pilastro
orbitario est. Le bozze frontali non sono attendibili perché potreb-
bero essere secondarie ad un trauma; teoricamente esse sono più
pronunciate.
L’orbita è globalmente chiusa (diminuzione del diametro obliquo ed
aumento del diametro anteroposteriore e verticale).
Lo zigomo non è attendibile perché subisce le influenze della sfera
ant e della sfera post. Se però si ritiene attendibile il suo rilievo do-
E vrebbe essere più prominente.
Il palato osseo è cavo e stretto.
Le orecchie sono accollate.
Asterion è piatto.
A partire dalla glabella fino a lambda la sutura metopica e quella sagittale sono in
rilievo.
Test di una disfunzione fisiologica di E: si utilizza la presa della volta con gli indici
sulle grandi ali che vanno alto-dietro-dentro ed i mignoli poco sotto asterion sull’oc-
cipite che vanno alto-avanti (con la respirazione in ESpir gli indici testano la E).
Disfunzioni di TORSIONE
Sono espressione di un adattamento posturale e/o cinetico (si fa riferimento alla forma e/o alla dinamica)
nel quale le due sfere si adattano secondo un piano frontale invertendo le loro rotazioni.
Ne consegue che su di un piano frontale la rotazione avviene intorno ad un asse ant-post (es. se una scende
sul lato dx, l’altra sale sul lato dx). In realtà è un adattam sul piano parafrontale per mantenere a tutti i costi
la SSB sul piano sagittale (per assicurare la F/E)
anteriore
Denominazione di una torsione
La torsione viene denominata dal lato della grande ala alta con la riser-
va che l’occipite dello stesso lato sia basso; pertanto per poter definire
una torsione è necessario che la grande ala e l’occipite dello stesso lato
siano spostati.
RI RE
sin dx
Una disfunzione di torsione dx presenta:
la grande ala di dx in alto-avanti
l’occipite dx in basso-avanti
In una torsione dx i quadranti si presentano come nella fig. qui accanto
RI RE
Perché il quadrante anteriore dx è in RE se la grande ala è più alta in RI? posteriore
118
La grande ala dx è più alta, ma è anche in avanti
ed è questo il parametro che permette di dire che
essa si trova in RE.
L’adattamento della torsione è di tipo elicoidale.
La finalità del cranio è di mantenere la F e l’E anche
nelle torsioni. In questa condizione si potrebbe
pensare che la SSB sia storta, ma nella realtà essa
rimane sempre allineata per potersi muovere su di
un piano sagittale. Per consentire questo allinea-
mento è la periferia che si adatta in una deforma-
zione elicoidale sotto l’influenza delle membrane.
Questo adattamento si traduce con una grande
ala in alto-avanti ed un occipite omolaterale
disposto basso-avanti.
In realtà si tratta di un adattamento su di un pia-
no PARAfrontale per mantenere a tutti i costi il
movimento della SSB nel suo piano sagittale ed
assicurando la F-E del cranio.
A livello del sacro la base sacrale sarà bassa dal
lato dell’occipite basso.
Asse di mobilità
In teoria l’asse di mobilità va da nasion ad ophi-
stion (parte più post del foro occipitale).
Quando si parla di disfunzione in torsione a dx la si denomina dal lato della grande ala alta, ma in realtà è
tutto il cranio a trovarsi in disfunzione di torsione.
119
Lamba è spostata a dx.
Asterion di dx è più basso e più
bombato.
La sut sagittale è deviata a dx
nella parte post essendo lambda
spostato a dx.
Teoricam. la sut coronale è poco
più avanti a dx.
Il palato a dx è più alto-largo (per-
ché la grande ala è in alto a dx).
Pecorelli
Qualità dell’IRC
Approccio di entrata nella sfera cranica con una presa tramite la volta; quali sono i parametri, le risposte che
mi interessano da questa presa?
Ricordarsi che un ascolto piò essere rivelatore di disfunzione; una volta trovata la disfunzione è quella che
va trattata e poi va ritestata per vedere se il trattamento è stato risolutivo. Poi si può pensare di fare tutte le
relazioni possibili, ma innanzitutto bisogna trattarle.
Durante l’anamnesi bisogna chiedere che tipo di parto c’è stato, se ci sono stati traumi cranici
Segue una parte PRATICA che è bene visionare (non si può sbobinare), si può comunque procedere in que-
sto modo:
Palpazione della consistenza tessutale delle varie ossa (occipite, parietale, frontale etc).
Presa tramite la volta per valutare la frequenza (orologio), le ampiezze (trasversale, verticale, ant-post), sim-
metria, fluidità, armonia.
Si può forzare il meccanismo in RI ed RE per vedere se ci sono zone di resistenza.
Alla fine della valutazione si può stabilire se il cranio in esame vale la pena di essere trattato.
Tortora
Disfunzioni SIMMETRICHE di F-E
Premesse
Quest’anno si parlerà di cranio in relazione al volume craniale e non relativamente alle singole ossa. Si trat-
teranno gli adattamenti posturali o cinetici che riguardano la base del cranio e le sue disfunzioni, sapendo
bene che nella fisiologia è importante che la SSB mantenga la sua capacità di lavorare in F-E in modo da assi-
curare un buon respiro, un buon IRC, una buona circolazione, un buon funzionamento del sistema cranio-
sacrale.
Gli adattamenti che verranno trattati saranno sempre di tipo posturale e/o cinetico e le disfunzioni della
base potranno essere simmetriche o asimmetriche.
Nella pratica si lavorerà sempre con osservazioni, ascolto, test di mobilità e correzioni.
121
Valutazione IN PIEDI
1. Sfera anteriore:
-bozze frontali: si possono guardare e/o
toccare; possono essere sfuggenti (RE)
oppure prominenti (RI).
-sopracciglia: se ne valuta l’altezza.
-zigomi: si possono guardare e/o tocca-
re; possono essere sfuggenti (RE) opure
prominenti (RI).
Valutazione da SUPINO
In questo esame si dovrà ritrovare la forma che si è apprezzata in piedi, infatti la forma non cambierà perché
una morfologia del cranio non cambia, così come non cambia la sua disposizione nello spazio, invece posso-
no verificarsi dei cambiamenti delle tensioni membranose, muscolari, fasciali (es. se all’esame del Pz in piedi
si è sentito un occipite più basso da un lato si dovrà sentire anche con il Pz supino un occipite più basso da
quel lato).
Si procederà alla valutazione di:
122
1. Sfera posteriore: mettendo
le mani si procede alla valuta-
zione di:
- base dell’occipite
- punta della mastoide
A questo punto si mette in relazione la sfera post con il cingolo pelvico perché occipite e sacro sono sempre
in stretta connessione tra di loro avendo una meccanica, una dinamica e delle strutture articolari uguali: c’è
un OM con una sacroiliaca, c’è un lungo ed un corto braccio, c’è una dinamica in F-E diretta basso-alto e che
mette in relazione due ossa impari che rispettano l’asse centrale. In questa ottica i temporali vengono messi
in relazione con gli iliaci. Con il Pz spogliato e disteso sul lettino si potrà valutare se per es. ad una RE della
sfera post a dx corrisponderà una RE del bacino e dell’arto di dx a destra, ricollegandosi anche alla valutazio-
ne effettuata con il Pz in piedi. In conclusione si cerca di associare uno stato del cingolo pelvico alla coerenza
di uno stato del cranio.
- zigomi: posizionandosi con la schiena in appoggio sulla sedia oppure in appoggio sull’osso se ne valuterà
la sfuggenza oppure la prominenza (posizionando due dita sull’osso)
123
- orbita: la sua forma e la sua dinamica seguono la forma e la dinamica del cranio. La conformazione dell’or-
bita si valuta a partire dai diametri: ant-post, verticale ed obliquo. Si prenderà in considerazione soprattutto
il diametro obliquo andando dal pilastro orbitario int all’apofisi frontale dello zigomatico: vi si posizionano
indice e medio e si effettua la valutazione stando in piedi. Il diametro verticale si valuta ponendo un dito sul
globo oculare. Il diametro antero-posteriore si valuta considerando la prominenza del globo oculare, senza
spingere sull’occhio. Poiché il globo oculare segue la dinamica del cranio una prevalenza del diametro obli-
quo sarà indice di RE, mentre una prevalenza dei diametri verticale e/o ant-post farà propendere per uno
stato di RI.
A questo punto si metteranno in relazione questo esercizio visivo e palpatorio con il cingolo scapolare: es.
nella RE si avrà palato piatto e basso, orbite aperte, zigomi e bozze frontali sfuggenti, narici aperte, cingoli
in apertura (sia da supino che in piedi mettendo le mani dietro le scapole e valutando la lunghezza della
clavicola dal manubrio sternale all’acromion. Si ricordi che la scapola dà l’orientamento dell’arto sup). Tutto
ciò verrà messo in relazione con i 4 quadranti.
Considerazioni:
- è molto più difficile trovare uno stato di asimmetria piuttosto che uno di simmetria in F o in E. Questo ac-
cade perché la asimmetria è in relazione con le sollecitazioni int ed est che il cranio subisce durante la vita
intrauterina, con il passaggio all’interno del canale del parto fino ai 4-5 anni: infatti è in questo periodo che
si determina la forma del cranio. E’ per questo motivo che il neonato viene trattato attraverso un modellag-
gio della forma del cranio. In considerazione di quanto affermato si può capire come le scoliosi spesso siano
frutto di un accrescimento asimmetrico del cranio. In età adulta non sarà possibile modificare la forma, ma si
cambierà la funzione, la dinamica. Pertanto lo scopo di valutare la forma di un cranio è quello:
1. nell’adulto di valutare la coerenza tra stato del cranio e la periferia.
2. nel bambino permettere l’accrescimento corretto per assicurare uno sviluppo corretto.
124
- ci può essere uno stato di coerenza tra forma e stato, ma ciò nonostante il Pz può presentare per es. una
lombalgia. Questo sta a significare che anche in una condizione di coerenza ci sono dei problemi. Questa
condizione può rendere difficile stabilire da subito quale sia la causa scatenante per il Pz
- ci può essere uno stato di coerenza tra stato e forma con per es. un cingolo scapolare atteggiato in RI.
Questa condizione ci spingerà ad indagare subito l’arto interessato, a chiedere al Pz se ha dolore, se ci sono
stati in passato dei traumi perché potrà essere un segno di diagnosi. Pertanto si procederà a testare l’arto
anche se il Pz non riferisce dolore. Infatti per spalla in osteopatia intendiamo anche omero, clavicola, sca-
pola, cerniera, C0, OM, fegato, diaframma etc. lo scopo finale è quello di ottenere una migliore economia. In
questa ottica l’osservazione è fondamentale sia prima che dopo avere eseguito i test.
(Cosa sono le disfunzioni asimmetriche? Sono disfunzioni che si realizzano su piani non fisiologici rispetto
ad assi di mobilità non fisiologici. Pertanto l’adattamento non avverrà più sui piani CSM, SS ed SF).
Le disfunzioni simmetriche di F-E sono quelle che si realizzano sui piani fisiologici e rispettano assi di mobil-
ità fisiologici.
Come si esegue un test della base?
1. Presa tramite la volta: a 4 dita con gli indici su pterion ( a livello della grande ala dello sfenoide), i medi
davanti all’orecchio, gli anulari dietro l’orecchio ed i mignoli in direzione di asterion, sull’occipite, sotto
la squama dell’occipite. I pollici sono in contatto tra di loro in modo da creare un circuito e dare la stessa
induzione con entrambe le mani; non si appoggiano sulla volta perché non ci si pone mai sulle suture e sul
centro, ne tantomeno si induce a questo livello perché agire sul centro significare dare delle informazioni
diverse rispetto a quelle provenienti dalla periferia.
Con questa si inizia a fare un ascolto potendo percepire l’espansione dei 4 quadranti ed il loro ritorno (pre-
stando attenzione con l’indice alla sfera anteriore e con il mignolo alla sfera post).
A questo punto in un tempo di flessione si induce sui 4 quadranti una rotazione esterna portando con gli
indici la grande ala dello sfenoide basso-avanti-fuori (apprezzando l’espansione di pterion) e con i mignoli
l’occipite basso-dietro apprezzando l’espansione di asterion, punto in cui arriva il tentorio). Questo movi-
mento ha come risultante un aumento verso l’alto della SSB.
In un tempo di estensione induco i 4 quadranti in rotazione interna portando con gli indici la grande ala
dello sfenoide alto-dietro-dentro, mentre con i mignoli induco l’occipite alto-avanti dentro.
Gli assi di mobilità sono gli assi trasversi CSM dx/sin ed SS dx/sin sui quali le 2 sfere ruotano in senso inverso.
Repere di Pterion: partendo dal pilastro orbitale esterno si va alto-dietro andando a sentire i limiti delle
ossa che compongono pterion e cioè frontale, sfenoide, temporale e parietale.
Repere di Asterion: la presa è post; si può reperire la sutura lambdatica e ci si pone dietro divaricando bene
le dita.
125
Pterion Asterion
128
anteriore
La finalità del cranio è quella di mantenere la flesso-estensione.
Quindi la F-E avviene su un piano sagittale attorno a due assi
trasversali-orizzontali. Lo scopo del cranio è quindi quello di man-
tenere a tutti i costi un corretto adattamento della SSB su un piano
RI RE
sagittale, durante il movimento di F-E. Tali adattamenti sono per-
messi dalle Membrane a Tensione Reciproca che s’inseriscono sull’ sin dx
osso e fanno si che ci sia un adattamento su un piano sagittale,
permettendo di ottenere questa Risultante. RI RE
posteriore
Adattamento TEORICO delle SUTURE DIRETTRICI in TORSIONE
Perché parliamo di suture direttrici? Poiché queste rappresentano i tre piani dello spazio, sono direttrici di
movimento su questi piani e rappresentano l’ottica di correzione della torsione.
A livello della sutura SS_Sfeno-Squamosa (piano parafrontale) del lato della torsione: tale sutura,
anatomicamente, è formata da una parte orizzontale posta sotto il punto SS; e da una parte verticale posta
sopra il punto SS. Accade dunque che: globalmente al di sopra del punto SS, cioè nella porzione verticale,
non c’è compressione perché la grande ala va alto-avanti; quindi: al di sotto del punto SS nella porzione
orizzontale, abbiamo una relativa compressione; mentre possiamo dire che c’è una relativa apertura
o decompressione al di sopra di tale punto nella porzione verticale (infatti lo sfenoide sale e il tem-
porale scende).
129
Si può dare dunque una spiegazione anatomica e fisio-
MEMO > SUTURA SS logica del motivo per cui la grande ala dello sfenoide si
Porzione verticale alza, andando alto-avanti; dietro lo sfenoide, infatti, c’è
Temp (TAV INT) ricopre lo Sfenoide (TAV EST) il temporale che si abbassa, seguendo l’occipite e va
Porzione orizz in compressione nella porzione orizzontale. Sul lato
Sfenoide (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST) della non torsione, viceversa, c’è una compressione rela-
tiva sopra SS, e relativa apertura al di sotto del punto SS.
Ricorda: quando parliamo di una disfunzione di torsione del cranio, la denominiamo dal lato della grande
ala alta; tuttavia se ad es. ho una disfunzione di torsione dx non bisogna pensare che la disfunzione è solo a
dx, ma la disfunzione riguarda l’insieme del cranio, quindi c’è una dinamica disfunzionale anche a sin.
A livello della sutura OM_Occipito-Mastoidea (piano parasagittale): per capire la sutura occipito/
mastoidea, bisogna capire l’adattamento dell’occipite e del temporale. L’occipite si adatta globalmente
basso-avanti dal lato della torsione; lo stesso la porzione mastoidea del temporale si adatta globalmente in
avanti-basso seguendo l’occipite che è appunto basso e va in RE. Ciò significa che la porzione mastoidea del
temporale va a comprimere maggiormente la porzione verticale.
Temp ricopre Occip Dal lato della torsione l’occipite si adatta globalmente basso-avanti e
lo stesso fa la porzione mastoidea del temporale.
lun
Quindi:
go
CSM
Questo però è un adattamento teorico per 2 motivi:
MEMO > SUTURA OM 1. supponiamo un bimbo con un cranio in uno stato
Porzione verticale - lungo braccio di torsione; crescendo mantiene questa disfunzione:
Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST) significa che da adulto la sutura OM del lato in disfunzi-
Porzione orizz - corto braccio one non sarà paragonabile a quella del lato non disfun-
Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST) zionale. Piuttosto può accadere che la forma anatomica,
quindi lo stato, sarà in un modo diverso dal lato disfun-
zionale rispetto all’altro. La stessa cosa vale per la sutura SS e SF. Ciò è dunque teorico perché non esiste un
soggetto perfetto: molte disfunzioni craniali neonatali e/o pediatriche possono persistere ed essere mante-
nute poi nel soggetto adulto, con possibili ripercussioni anche sulla dinamica.
2. La nostra mente deve visualizzare queste suture nello spazio, il segmento che ricopre e quello che è rico-
perto, e quindi la dinamica.
Ciò che fa la differenza ed è importante, non è tanto l’esecuzione della tecnica, quanto invece vivere con la
struttura della quale ci mettiamo in ascolto. Per vivere con essa è necessario visualizzare nello spazio la strut-
tura anatomicamente e sentire. Ci sono molte tecniche; noi possiamo scegliere quella che ci è più conge-
niale e comoda, ma per far fronte a questo occorre palpare, sentire e visualizzare l’anatomia e la dinamica.
130
ADATTAMENTO delle MEMBRANE
La cosa evidente di cui siamo abbastanza sicuri è che dal lato della torsione, il TENTORIO (poiché l’occipite
è basso e il temporale è basso) è piuttosto basso, leggermente avanti, e in fuori (perché c’è una RE del
temporale) e in questa situazione l’orientamento del Tentorio crea una incidenza a livello del Forame di Pac-
chioni (ricorda: qui passa il tronco encefalo), tra la piccola e la grande circonferenza (spesso nelle RM questo
forame diventa asimmetrico, subendo una deformazione).
L’aumento del diametro trasversale del tentorio (visto
che c’è continuità tra la grande circonferenza e la piccola
circonferenza) fa si che relativamente al tentorio che è
basso, la grande ala è più alta e forse un po’ più avanti;
ciò determina che a livello della lamina interclinoidea
tra apofisi clinoidea post e ant, c’è una trazione ant-post
(soprattutto a livello della parete esterna del seno caver-
noso con ripercussioni possibili sui nervi III, IV, VI e V1 e
con ripercussioni possibili anche sul funzionamento ocu-
lare soprattutto sulle vene oftalmiche). Questo è tipico
dei Pz che possono presentare esoforie e sintomi che
fanno pensare al n. oculomotore (III) e al n. abducente
(VI). Alcuni dicono che dal lato della disfunzione di tor-
sione abbiamo una concavità, ossia nella parte anteriore
della falce e una convessità nella parte posteriore di essa.
La falce s’inserisce sull’apofisi crista galli: dunque, per
avere una convessità nella parte posteriore della falce c’è
bisogno che la falce rotoli su se stessa.
A livello della FALCE del cervello (decalata dal lato della torsione), la cosa più evidente è che sembra che
questa falce nella sua parte post-sup, a livello di lambda, sia deviata dal lato della torsione. Ciò è evidente
soprattutto nelle risonanze.
Ci sono 2 motivi:
a) problema di tipo membranoso MTR (il tentorio dal lato della torsione è diretto basso-avanti-fuori, quindi
tira trasversalmente >>> dunque, la falce nella parte post è tirata);
b) lambda è deviata dal lato della torsione (poiché anche la sutura intersagittale è deviata dal lato della
torsione) nella sua parte posteriore. Se a ciò aggiungiamo l’aumento del diametro trasversale del tentorio
e il suo adattamento in basso, questo giustifica che la falce possa essere appunto deviata postero-superior-
mente dal lato della disfunzione di torsione.
ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare
131
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA POST dal lato della TORSIONE
Occipite Temporale Asterion Parietale
nessuna torsione si trova Essendo il temporale in facendo riferimento alla è in RE, la cosa impor-
a livello della SSB. Occip- RE, la tuba di Eustachio forma: appare più bom- tante è l’angolo ant-inf
ite è più basso-avanti. stessa sarà maggior- bato alla palpazione e diretto basso-avanti-
mente aperta; la sua spostato più in basso- fuori: questo angolo
Sut Petro-basilare dinamica di apertura sarà avanti. entra in relazione con la
si trova davanti alla maggiore rispetto alla porzione superiore della
sutura OM e davanti al sua dinamica di chiu- Foro giugulare grande ala che, in tor-
foro giugulare; è relativa- sura (il Pz può spesso dinamica di apertura sione, si adatta in alto-
mente aperta, maggior- avvertire acufeni > è minore in RE, poiché il avanti-fuori.
mente nella sua porzione un tipo di soffio e sibilo drenaggio del cranio av-
posteriore (in direzione dovuto a torsione). viene in senso ant-post. Sut coronale
del punto CSM). Questa La sut sfeno-petrosa è Quindi in torsione sarà in teoria può essere pal-
sutura è importante per in compressione e può più chiuso. Il foro giugu- pata dal lato della disfun-
il seno petroso infe- influire sulla funzionalità lare ha una dinamica di zione di torsione, dove è
riore: infatti, tale seno della tuba di Eustachio. apertura maggiore nel alta e un po’ più avanti; è
si trova davanti al foro tempo di E; mentre la in compressione
giugulare e sopra alla Apofisi mastoidea dinamica di chiusura è
maggiore in F. Sut interparietale o
sutura petro basilare, e (e apofisi stiloidea): la
sagittale
assieme al seno petroso porzione mastoidea o
Apofisi giugulare è piuttosto deviata dal
superiore drena il seno mastoide nel suo insieme
orientata basso-avanti. lato della disfunzione
cavernoso gettandosi nel si trova in RE ed è diretta
di torsione, soprattutto
foro giugulare; dunque globalmente in basso-
Apofisi zigomatica nella sua parte post.
essi sono responsabili avanti-fuori; mentre
orientata in basso-avanti-
del drenaggio venoso nello specifico l’apofisi
fuori (poiché il temporale
dell’occhio. mastoidea e stiloidea
è in RE). Inoltre, la sutura
(siccome l’occipite è
temporo-zigomatica
Lambda basso e quindi anche il
sarà in compressione
è deviata, spostata dal temporale) sono dirette
(come nella LFR_p.
lato della torsione, quindi basso-dietro-dentro (an- 151) causa l’aumento
la sutura intersagittale ziché alto-dietro-dentro). del diametro obliquo
sarà piuttosto deviata Ripercussione logica
dell’orbita
nella parte post dal lato possibile soprattutto
della disfunzione di tor- su: osso ioide, SCOM e
sione. stretto toracico sup.
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA POST dal lato della TORSIONE (continua)
Sut sfeno-parietale
la porzione sfeno-parietale è in compressione, perché l’angolo ant-inf del parietale è diretto basso-avan-
ti-fuori; mentre la porzione superiore della grande ala dello sfenoide è diretta alto-avanti-fuori.
Tutto ciò può avere ripercussioni anche a livello del cingolo scapolare (scapola e clavicola) + cingolo pelvico.
Apofisi zigomatica orientata in basso-avanti-fuori (poiché il temporale è in RE). Inoltre, la sutura tempo-
ro-zigomatica sarà in compressione causa l’aumento del diametro obliquo dell’orbita; infatti l’occipite è
basso, il temporale è basso e quindi in RE; tramite questa sutura il temporale entra in rapporto anatomico
con lo zigomo (il quale fa parte della sfera anteriore: l’apofisi zigomatica del temporale poggia sullo zigomo);
lo sfenoide essendo relativamente più alto, fa sì che anche lo zigomo sia globalmente alto, quindi si crea una
compressione sullo zigomo.
La sutura temporo-zigomatica è in compressione, e da un punto di vista pratico quindi, diciamo che è in
grado di mantenere le disfunzioni della volta a livello della base cranica, cioè a livello della SSB: la moti-
vazione di ciò è che lo zigomo è un osso che collega la sfera anteriore con la sfera posteriore, e quindi fa da
ponte tra le due, mantenendo il più delle volte le disfunzioni se ci sono.
Stesso dicasi per le altre 2 suture, cioè quelle che collegano la sfera ant con la sfera post:
132
sut coronale e sfeno-parietale.
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE
Sfenoide: diciamo che globalmente lo sfenoide inverte la sua rotazione rispetto all’occipite dallo stesso lato
della torsione. La capacità di salita della grande ala dipende dalla libertà data dal temporale.
Spiegazione: le 2 sfere invertono le loro rotazioni; quando l’occipite è basso, anche il temporale è basso
(questo ovviamente accade per la sfera posteriore).
Relativamente al temporale basso, la grande ala dello sfenoide, è relativamente alta soprattutto nella sua
porzione superiore e ciò mi spiega la compressione sulla porzione più orizzontale della sutura sfeno-squa-
mosa. Non si può in realtà paragonare la sfera anteriore con la sfera posteriore. Quest’ultima, la sfera poste-
riore è piuttosto massiccia, strutturale; mentre quella anteriore è più adattativa e malleabile. La capacità di
salita della grande ala dipende dunque dalla libertà data dal temporale. Piuttosto è la sfera post che è
bassa e che anteriorizza più o meno la salita della grande ala. Non avviene come si supporrebbe il contrario:
c’è dunque una sfera più strutturale posteriormente e una sfera più adattativa anteriormente. A livello del
corpo dello sfenoide c’è uno stiramento ant-post della lamina interclinoidea.
Per quanto riguarda il fondo della sella turcica, alcuni dicono che in una torsione ad es. dx, il fondo della
sella è più alto soprattutto a dx dove sale di più durante la RE, rispetto a sin, quindi secondo questa teoria
dovremmo avere maggiormente una pressione dal lato dx >> ma questa è una sottigliezza, infatti ciò che
a noi interessa è l’adattamento globale della struttura, e quindi in una torsione globalmente, il corpo dello
sfenoide sale.
Piccola ala dello sfenoide: sale di più rispetto alla grande ala con relativa apertura della fessura sfenoi-
dale; è diretta alto-avanti, soprattutto la porzione più esterna; la piccola ala dello sfenoide entra in oppo-
sizione con il bordo orbitario del frontale (formando la sutura sfeno-orbitaria), perché il frontale si trova in
RE, in quanto il bordo orbitario del frontale indietreggia. Dal lato della torsione la piccola ala è più anteriore
rispetto alla controlaterale, con diversa tensione del globo oculare (raggio di curvatura della cornea). Quindi
ogni volta che sentiamo parlare della piccola ala dello sfenoide, dobbiamo pensare a 2 cose importanti:
1. il rapporto con il frontale:
bordo orbitario (sut. sfeno-orbitaria)
incisura etmoidale (meccanismo di bascula etmoide-frontale)
2. La faccia orbitaria della piccola ala (faccia anteriore) è importante da un punto di vista anatomico e
funzionale: infatti qui troviamo l’inserzione del tendine di Zinn, a partire dal quale troviamo tutti i muscoli
che “comandano” il globo oculare.
133
Abbiamo la cornea e il globo oculare: supponiamo che
il globo oculare sia rotondo. Questi muscoli estrinseci
si inseriscono sulla sclerotica, cioè sulla porzione più
esterna del globo oculare. Un muscolo per definizione
ha un certo tono: il tono di questi muscoli mi condiziona
il raggio di curvatura della cornea >> in uno stato di tor-
sione quando abbiamo una piccola ala più avanti e l’altra
un pò più indietro, la differenza tra le due fa si che la
tensione dei muscoli estrinseci da un lato è diversa da quella dell’altro lato.
Significa in altri termini che il raggio di cur-
vatura della cornea da un lato è diverso
dal raggio di curvatura della cornea dell’altro
>ASTIGMATISMO (conseguenza di una tor-
sione); l’orbita astigmatica solitamente è più
aperta. Una persona affetta da astigmatismo, se
gli occhiali che indossa non sono perfetti, ha la
possibilità di sviluppare emicranie e cervical-
gie. La prima cosa che vediamo in un Pz è il suo
viso, quindi è a partire da questo che dobbiamo
già farci un’idea del Pz, tenendo sempre ben presente che il viso corrisponde allo stato, e che un conto è lo
stato, un altro è la dinamica craniale.
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE (concetti principali)
Piccola ala dello Palatino Vomere Mascellare
sfenoide si trova in RE, con lamina segue globalmente si trova in RE dal lato
sale di più rispetto alla orizzontale più alta e la lamina verticale della disfunzione di tor-
grande ala con relativa più fuori. Segue, global- dell’etmoide e partecipa sione. L’orifizio del seno
apertura della fessura mente, l’adattamento di alla deviazione del setto mascellare è relativa-
sfenoidale perché non pterigoidi e mascellare. nasale ed è deviato si- mente più aperto per la
c’è nulla che la frena; en- Esso subisce l’influenza curamente dal lato della RE del palatino
tra in opposizione con dello sfenoide (corpo + torsione, nella sua parte
il bordo orbitario del apofisi pterigoidea che inferiore, con conseg- Mandibola
frontale (sutura sfeno- va alto-avanti-fuori) + uente evidente asimme- dato che il temporale
orbitaria), perché il bordo subisce anche l’influenza tria del setto nasale. va in basso dal lato
orbitario del frontale in del mascellare che ruota della torsione, il condilo
RE indietreggia. Dal lato all’esterno. Setto nasale mandibolare omolaterale
della torsione la piccola una fossa nasale più va in basso-avanti-fuori,
Palato
ala è più ant rispetto alla aperta e una più chiusa. rispetto all’altro.
controlaterale, con di- più alto-piatto-largo nella Il Pz respira meglio dal Il mento è in teoria de-
versa tensione del globo parte posteriore. Arcata lato della disfunzione viato dal lato opposto
oculare (raggio di curva- dentaria più aperta in torsione, poiché è da alla torsione (quindi ad
tura della cornea). nella parte post. quel lato che tutto sarà in es. in una torsione dx, il
Frontale RE. Deviazione dal lato mento è deviato a sin)
Grande ala della torsione >> ciò comporta una
si adatta in RE. L’osso compressione della
è diretta alto-avanti; frontale appare più alto
sale di meno in confronto e più largo, ma anche più articolazione temporo-
alla piccola ala mandibolare dal lato
sfuggente e obliquo. opposto alla torsione.
Apofisi pterigoidea
Incisura etmoidale
globalmente va piuttosto
appare più aperta e più
alto-avanti e soprattutto
larga.
fuori, poiché anche la
grande ala va global-
mente alto-avanti.
134
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE (concetti principali) (continua)
Etmoide Zigomo
c’è una massa laterale in RE e grazie ai suoi
aperta dal lato della 3 fattori di mobilità,
torsione, mentre una partecipa all’aumento
massa laterale più chiusa del diametro obliquo
dal lato opposto alla dell’orbita dal lato della
torsione. torsione e ciò determina
la compressione della sut
temporo-zigomatica.
Incisura etmoidale: dal lato della torsione appare più aperta e più larga.
Etmoide: teoricamente l’apofisi cristagalli è deviata dalla parte opposta alla torsione, in pratica è piuttosto
inclinata dal lato della torsione, sicuramente la lamina perpendicolare dell’etmoide si trova deviata dal lato
della torsione.
Siamo, quindi, sicuri che c’è anche una deviazione del setto nasale dal lato della torsione (una fossa
nasale più aperta e una più chiusa). In altri termini diciamo che a livello dell’etmoide c’è una massa laterale
aperta dal lato della torsione, mentre una massa laterale più chiusa dal lato opposto alla torsione. Queste
masse laterali dal lato della torsione hanno una maggior capacità di espansione. Il Pz respira dunque meglio
dal lato della disfunzione in torsione, poiché è da quel lato che tutto sarà in RE.
Palatino: si trova in RE, con lamina orizzontale più alta e più fuori. Segue, globalmente, l’adattamento di
pterigoidi e mascellare. Esso subisce l’influenza dello sfenoide (corpo + apofisi pterigoidea che va alto-
avanti-fuori) + subisce anche l’influenza del mascellare che ruota all’esterno.
Vomere: segue globalmente la lamina verticale dell’etmoide e partecipa alla deviazione del setto nasale
ed è deviato sicuramente dal lato della torsione, nella sua parte inferiore, con conseguente evidente asim-
metria del setto nasale. Pensiamo infatti alla sutura intermascellare: il vomere è al di sopra e quindi è tutto
deviato nella parte inferiore dal lato della torsione; il vomere partecipa alla deviazione del setto nasale.
Zigomo: avrà una posizione un pò alta in riferimento allo stato, poiché tutto sale (grande ala sale, lo
zigomo sale).
Lo zigomo si trova in RE, in riferimento alla dinamica (attenzione alla forma del rilievo dello zigomo,
infatti non bisogna mai fidarsi al 100% del rilievo cancellato o pronunciato, questo perché lo zigomo
subisce l’influenza di entrambe le sfere). Lo zigomo, in RE e grazie ai suoi tre fattori di mobilità, partecipa
all’aumento del diametro obliquo dell’orbita dal lato della torsione, e ciò determina la compressione
della sut temporo-zigomatica.
135
Mascellare: le 2 sfere invertono le loro rotazioni, quindi il mascellare si trova in RE dal lato della disfunzi-
one di torsione. Per visualizzare ciò osservo il palato che sarà più alto-piatto-largo nella parte posteriore (la
giustificazione è la RE del mascellare); inoltre visualizzo anche l’arcata dentaria del mascellare, che è più
aperta nella parte posteriore.
Una implicazione importante a livello del mascellare è l’orifizio del seno mascellare che è relativamente
più aperto per la RE del palatino >>>quindi la fossa nasale dal lato della torsione è più aperta.
Mandibola: partendo dal presupposto che il temporale va in basso dal lato della torsione, il condilo mandi-
bolare omolaterale (e quindi dal lato della torsione ) va in basso-avanti-fuori, rispetto all’altro.
Quindi: il mento è in teoria deviato dal lato opposto alla torsione (quindi ad es. in una torsione dx, il
mento è deviato a sin) >> ciò comporta che ho compressione della articolazione temporo-mandibolare dal
lato opposto alla torsione.
In teoria succede questo, mentre in pratica possiamo però trovare anche il contrario, perché:
1. dobbiamo inserire il nostro Pz in un contesto ben preciso;
2. l’elemento molto mobile del cranio è la mandibola e il suo scopo essendo un elemento mobile è quello
di adattarsi ad un qualcosa di più fisso, cioè ai mascellari. Quindi, il compito della mandibola è di adat-
tarsi ai mascellari: la mobilità del condilo viene dalla articolazione con srotolamento o scivolamento, in
particolare c’è un menisco; i denti sulle arcate dentarie hanno la possibilità di spostare a dx e a sin, di girarsi
e inclinare. Il Pz si adatta poi in base: alle possibilità meccaniche del mascellare, alla possibilità di rotazione,
inclinazione, spostamento, torsione, nonché in base alla potenza dei muscoli masticatori che ne condizio-
nano la anatomia e la meccanica.
La mandibola non segue uno schema rigido, ma è un osso abbastanza autonomo negli adattamenti, che
quindi bisogna lasciar adattare. In più la mandibola è spesso sottoposta ai movimenti della bocca e della
contrazione dei muscoli del pavimento buccale, dunque è piuttosto spesso soggetta a variazioni strutturali
e meccaniche.
136
Denominazione: la LFR si denomina dal lato della Grande Ala Bassa anteriore
Es. LFR dx disfunzionale (la disfunzione di LF è sul lato sin)
I 4 quadranti si adattano così come nella figura accanto.
Quindi abbiamo una LF sin-R dx
La grande ala è bassa a dx; il temporale segue l’adattamento
RE RI
ala disfunzionale
dell’occipite e nella rotazione dx, il temporale ruota esternamente a
dx andando basso-avanti-fuori, e la grande ala si inclina andando in sin dx
basso globalmente rispetto al corpo dello sfenoide, ma si trova alto-di-
etro sempre rispetto al corpo, ed è quest’ ultimo parametro, cioè dietro,
che giustifica la RI dello sfenoide.
RI RE
Il quadrante anteriore dx in RI è giustificato dal fatto che la grande ala è
globalmente bassa, ma si trova in alto e dietro rispetto al corpo dello
posteriore
sfenoide per avere un rapporto corretto con il temporale.
La LF avviene sul piano orizzontale. C’è bisogno di giustificare il quadrante anteriore dx. Come mai la grande
ala si adatta alto-dietro?
L’adattamento della grande ala alto-dietro è dovuta alla sua forma, ma soprattutto ai fori d’impianto della
sua radice rispetto al corpo.
Teoricamente la LF avviene su 2 assi di mobilità, perpendicolari ai 2 assi di mobilità fisiologici (SS-SS;
CSM-CSM). La R avviene sempre attorno all’asse di mobilità ant-post che va da Nasion ad Opistion.
Es. LFR dx: abbiamo una LF sul lato sin e una R sul lato dx: ciò fa pensare alla 1° legge di Fryette. A partire
da uno stato di LFR del cranio si trova qui la spiegazione delle scoliosi di origine cranica (LF da un lato e R
dall’altro (LF sin R dx); in realtà considerando che la LF del cranio avviene su un piano orizzontale, mentre la
R avviene su un piano frontale e che ancora il movimento di LF del cranio su un piano orizzontale è corri-
spondente al piano frontale di riferimento, si può dedurre e dire che S=R, QUINDI: in realtà questa si trova
in 2° legge di Fryette. Ovviamente dobbiamo considerare ciò come un ragionamento puramente osteopa-
tico, differente da quello ortopedico.
Menichelli
Riepilogo del concetto di torsione ed esercitazione pratica sui segni visivi e palpatori di tale disfunzione del cranio
In questa lezione ci occuperemo della messa in evidenza dei segni visivi e palpatori che caratterizzano lo
stato di una torsione. Quindi ci occupiamo in questo caso proprio dello stato (ovvero della forma) del
cranio e non della sua dinamica.
Quello che ci interessa un po’ di più, soprattutto per ciò che riguarda i segni visivi della torsione e qualche
segno palpatorio è l’adattamento delle MTR perché:
la tenda (tentorio) del cervelletto sarà: basso-avanti-fuori dal lato della torsione (basso, poiché il tempo-
rale, seguendo l’occipite, è basso) e il suo diametro si espande trasversalmente.
La falce sarà: decalata e obliqua dal lato della disfunzione in torsione soprattutto post-sup. Quindi ad es. in
una torsione dx avremo l’obliquità della falce e un suo decalaggio verso dx.
Ciò ci interessa ancor di più, poiché essa sarà indicativa per i segni palpatori.
138
Adattamenti della SFERA ANT
Vediamo ora come si adattano le varie ossa e strutture della sfera anteriore, e i parametri che seguono.
139
SEGNI VISIVI presenti in UNO STATO DI TORSIONE DX
Occhio dx: si deve prestare attenzione alla dimensione dell’orbita e
alla larghezza della stessa.
L’occhio dx sarà più prominente con un’orbita ossea più aperta. È
vero che in genere c’è il sopracciglio più alto dallo stesso lato della
torsione, però ciò non è sempre veritiero. Infatti, lo stesso Magoon
afferma che “in una torsione c’è un aumento della peluria sopraccigli-
are, dal lato della torsione …”
Però è opportuno basarsi soprattutto sulla dimensione o apertura
dell’orbita ossea, perché il sopracciglio molto spesso è sede di
traumi, di alterazioni non sempre fisiologiche, e quindi molto spes-
so si può trovare anche un sopracciglio magari più basso (segno di
RI), ma in una orbita più aperta (che può essere segno visivo di una
torsione e dunque di RE).
Ciò accade spesso in caso di traumi sul facciale, incidenti stradali.
dx sin
Frontale Occhio dx Palato Mastoide (dx)
del lato della torsione più prominente con facendo aprire la bocca dal lato della torsione è più
(dx): prendendo un un’orbita ossea più aperta. al Pz valuteremo il cancellata, più bassa (infatti è
punto sulla linea palato, ma non solo, orientata basso-dietro-den-
Narice
mediana è più ampio, osserveremo attenta- tro).
dal lato della torsione (dx):
più grande; tuttavia è mente e valuteremo
più ampia e più aperta Orecchio (dx)
anche più sfuggente anche l’ arcata dentaria
dal lato della torsione è più scollato. Infatti, avendo
(più ampio) e incli- del Pz, per avere una
nato a dx. idea dello stato del un temporale in RE, il padigli-
Punta del naso one auricolare dx è più aperto
per la direzione della massiccio facciale. Nel
(classico orecchio a sventola).
Zigomo deviazione del vomere, è caso di una disfunzione
di torsione dx, il palato
dal lato della torsione deviata dal lato della tor- sarà più piatto, più Bozza parietale
(dx): è vero che la sione. Attenzione a non è un segno soprattutto palpa-
parte orbitaria zigo- fare confusione tra la dir- grande e più alto dal torio, che dal lato della tor-
ezione della punta (data lato della torsione.
matica da un punto sione è più cancellata, perché
di vista dinamico è dalla cartilagine del set- avendo una RE dei parietali,
Mento
in RE quindi è diretta to) e il setto nasale vero deviato dal lato op- si infossa.
basso-avanti-fuori, e proprio (rappresentato
posto alla torsione,
ma ciò comporta che dalla lamina perpendi-
il rilievo zigomatico colare dell’etmoide), che quindi a sin (anche se a
possono spesso per vari volte ci possono essere
da un punto di vista delle eccezioni).
statico sia diretto motivi avere una direzi-
dietro-dentro quindi one opposta
è più cancellato e
sfuggente a dx
140
(Seguono alcune fotografie di
personaggi famosi che la prof.
ssa Menichelli ha mostrato per
far capire quali sono i segni visivi
fondamentali e utili, dunque, per
riconoscere e definire uno stato
di torsione, sempre tenendo ben
presente come stato e funzione di
un cranio non sempre coincidono
soprattutto nell’adulto).
Che differenza c’è tra stato e dinamica?
Lo stato è la forma; mentre la dinamica è movimento.
In particolare diciamo che l’azione osteopatica sullo stato si può fare sul cranio dei bambini. Quindi nei
bimbi posso agire e in parte “modificare” lo stato di un cranio, perché in essi ancora lo stato corrisponde alla
dinamica visto che l’ossificazione non è ancora avvenuta in modo definitivo. Quindi, una modifica in una
seduta o massimo tre può anche avvenire nel bimbo.
Viceversa, nell’adulto, in cui c’è una ossificazione più definitiva delle ossa craniali, si lavora sulla dinamica
craniale e lo stato di un cranio non si può cambiare.
È vero pure che in alcuni di noi l’invecchiamento ed altri fattori concomitanti modificano alcuni parametri
del cranio e in particolare alcune suture maggiormente esposte a compressioni meccaniche (come la sutura
temporo-zigomatica); quindi lo stato nonostante sia una cosa stabilita da una certa età in poi, ha anche una
componente dinamica.
Si dice che “uno STATO di cranio in età neonatale e/o pediatrica è un binario per una disfunzione”: in
altre parole è più facile che ad es. un cranio in uno stato di torsione nel bambino sia “predisposto” a svilup-
pare nell’adulto una disfunzione di torsione; tuttavia diciamo anche che nell’adulto NON sempre si verifica
questo: infatti qualche volta, lo stato, la forma coincidono con la disfunzione, qualche altra volta non c’è
coincidenza. Non sempre nell’adulto ci dobbiamo aspettare una corrispondenza netta tra stato e dinamica.
Nei bambini essendoci una struttura diversa, non completamente ossificata da un punto di vista osseo , nel
99% stato e disfunzione dinamica corrispondono. Aggiungiamo adesso ai segni visivi anche alcuni segni
palpatori di una torsione.
141
Segni palpatori presenti in una TORSIONE Dx
La sut coronale: è più alta e avanti dal lato della torsione ed è quindi più facilmente palpabile a questo
livello (a dx).
La sut interparietale Mastoide (dx) Processo zigomatico Grande ala sfenoide
è più palpabile pos- alla palpazione la sentirò del temporale già visivamente ci accorgiamo
teriormente e nella più cancellata, in quanto per vedere se è in RE, se la grande ala è più alta (dal
parte deviata dal lato diretta basso (perché palpandolo lo trover- lato della torsione), ma palpa-
della disfunzione di l’occipite è basso)-dietro- emo diretto in basso- toriamente se si è indecisi si
torsione (a dx). dentro. avanti-fuori. possono mettere le mani sulla
grande ala più alta e poi fare
Lambda Occipite Bozze parietali un confronto tra la grande ala
nella palpazione del considero un emioc- le troveremo appiat- di dx e quella di sin, al fine di
punto craniometrico cipite e soprattutto tite, poiché in RE si ha stabilire meglio il lato della
lambda, bisogna te- attraverso la palpazi- una apertura post dei disfunzione di torsione.
nere presente che sarà one, posso valutare che parietali a livello di
“decalato “ posterior- l’occipite è basso-avanti obèlion. Condilo mandibolare
mente e inferiormente dal lato della torsione, in anche se non è un segno
dal lato della torsione,quanto non basta che palpatorio sicurissimo, vista
e dunque a questo l’orecchio sia più aperto la sua stretta dipendenza
livello sarà più basso. e più basso, ma è op- all’osso mascellare, lo pos-
portuno anche palpare l’ siamo palpare cmq più basso
occipite nella sua glo- e un po’ più avanti, come già
balità per avere un’idea detto, dal lato della torsione
generale. (a dx)
È possibile comparare lo stato di torsione del cranio con lo stato e la disposizione dei cingoli.
Infatti:
1. La sfera ant è rappresentativa della postura del cingolo scapolare;
2. La sfera post rappresenta posturalmente il cingolo pelvico.
Magoon afferma che ” in uno stato di torsione , essendo la torsione su un piano parafrontale, c’è il mantenimen-
to di un buon equilibrio tra i diametri antero-posteriori dei 2 lati del cranio; in una torsione i diametri rimangono
abbastanza invariati …..” . Mentre in altri stati del cranio, corrispondenti ad es. allo strain, alla lateroflessione/
rotazione …. c ‘è un cambiamento abbastanza importante dei diametri del cranio tra un lato e l’altro, poiché
le disfunzioni relative e conseguenti, se ci sono, si organizzano su più piani diversi.
Audouard
142
Pratica sulle disfunzioni della base (LFR, F-E, TORSIONI): ascolto, test e riduzione
La LFR è l’adattamento nel quale le due sfere da un lato compiono un rotolamento in convergenza sul
piano orizzontale, dal lato opposto una rotazione sul piano frontale; la denominiamo dal lato della grande
ala bassa.
Programma della lezione pratica: ascolto di ritmo e ampiezza, test della flessione rispetto alla estensione,
torsione dx e sin, LFR dx e LFR sin. Utilizziamo la presa tramite la volta.
Dita inducenti: indice su grande ala dello sfenoide e mignolo su occipite (dietro asterion).
A dx contemporaneamente inducia-
mo la R sul piano frontale: indice dx
MIGNOLO MIGNOLO (grande ala) e mignolo dx (occipite)
in basso.
OPPURE
Mano dx: abbasso la grande ala
e l’emioccipite mentre allargo/
allontano indice dal mignolo
(così faccio la rotazione e aiuto la
lateroflessione del lato opposto).
VICINO e BASSO e
ALTO LARGO Mano sin: porto verso l’alto e
avvicino tra loro indice e mi-
gnolo (faccio il rotolamento in
convergenza e aiuto la rotazione
opposta).
vicino: per la LF basso: per la rotazione
alto: per aiutare la rotaz a dx allargo: per aiutare la LF a sin
Poi si fa la stessa cosa (inversa) per testare la LFR sin, si paragonano le ampiezze e si denomina l’eventuale
disfunzione.
Bisogna inoltre riflettere per la scelta del tempo di esecuzione del test: è più o meno lo stesso discorso fatto
per le torsioni in cui preferibilmente si sceglie per l’induzione il tempo di E (nelle torsioni si sceglieva il tem-
po di E perchè le denominiamo dal lato della grande ala in alto). Tra indice e mignolo quello con la maggiore
sensibilità è il primo. Anche per le LFR si sceglie il tempo di E perchè la grande ala inverte il suo adattamento
in confronto al corpo dello sfenoide (e questo giustifica il quadrante in RI). Una volta che ci si è messi in
ascolto di ritmo e ampiezza, nel tempo di estensione, per testare una LFR dx, induco dal lato dx la R (indice
143
e mignolo scendono e si allargano) e sul lato opposto (sin) vanno verso l’alto e si avvicinano. Nel tempo di F
lascio andare e poi in quello successivo di E induco una LFR sin, poi paragono le sensazioni e denomino.
Test di torsione dx (4 dita, ma solo 2 alla
volta sono attive)
Nel tempo di E induco con
INDICE l’indice la grande ala dx in alto
mignolo della mano opposta induco
l’emioccipite sin verso l’alto.
Un’altra possibilità è quella di operare con tutte e due le mani contemporaneamente su tutti i reperi (4
dita attive): nel tempo di E induco la grande ala dx in alto e emioccipite sin in alto, la grande ala sin in basso
e emioccipite dx in basso.
Pur potendo quindi lavorare sia con 2 che con 4 dita attive il prof Audouard spesso consiglia (per poco al-
lenamento o per stanchezza) di concentrarsi su due dita sole.
Non è corretto concentrarsi invece su un solo lato: le disfunzioni di torsione (vale anche per tutte le altre
disfunzioni della base) sono degli adattamenti globali del cranio, si ha bisogno di sapere ciò che avviene su
entrambi gli emisferi.
Se è pur vero che due quadranti vanno in RE e due in RI, quando stiamo testando la dinamica della base
del cranio (ossia la risultante sulla SSB) per sapere se a questo livello c’è una disfunzione, è meglio lasciar
perdere (per ora) i quadranti che ne rappresentano l’adattamento alla periferia. Testando una risultante ho
bisogno di sapere quello che avviene sulle due mani.
[Esercizio di verbalizzazione sui test di TORSIONE e LFR: ometto la ripetizione, trascrivo invece la suc-
cessiva PRATICA GUIDATA]
Test di F-E
Test della F: nel tempo di F indici e mi-
gnoli di entrambe le mani vanno verso
il basso (piedi del Pz) e si allargano;
l’indice globalmente è orientato nel
senso del naso del Pz (basso-avanti),
i mignoli invece globalmente vanno
in basso e dietro (essendo sopra e
dietro CSM: l’apofisi basilare va in alto
e avanti). Per la F basta indurre verso
il basso indici e mignoli e allargarli (si
può fare un inspiro toracico).
Test della E: in un tempo di estensione, indici e mignoli vanno verso l’alto e si avvicinano tra loro (questa
volta si può fare una espirazione toracica, basta mettersi a respirare in sincronia con l’IRC del Pz).
Paragoniamo le ampiezze per denominare la disfunzione
Test di torsione
Iniziando con una torsione dx (per es) in un tempo di E indice dx e mignolo sin vanno entrambi verso l’alto
(le sfere ant e post fanno così una rotazione opposta sul piano frontale). Si può anche indurre con tutte le
4 dita: con la mano dx porto grande ala verso alto e occipite in basso; con la mano sin induco la grande ala
verso basso e l’occipite in alto. Poi si induce la torsione sin e si fa il paragone.
Test di LFR
Partendo con la LFR dx, nel tempo di E sul lato dx indice e mignolo vanno verso il basso e si allargano, dal
144
lato sin vanno verso l’alto e si avvicinano. Oppure, ancora più semplice, una mano si occupa della LF (piano
orizzontale) e l’altra della R (piano frontale): a sin indice e mignolo si avvicinano (rotolamento in convergen-
za); a dx indice e mignolo si abbassano (per la R sul piano frontale).
Poi si esegue test per LFR sin: mano dx per la LF (indice e mignolo verso alto e si avvicinano); mano sin per la
R (dita verso basso e divergono).
Paragoniamo sensazioni e denominiamo la disfunzione dal lato della maggiore ampiezza.
Considerazioni su ritmo e ampiezza: sono importanti per capire il Pz che stiamo trattando e se il cranio
è importante nella sua economia generale; per es una buona frequenza significa che la persona è dotata
di una certa vitalità, una frequenza un po’ “stanca” suggerisce la necessità di capire perchè quella per-
sona è così sotto tono. Non ha la sola utilità pratica di essere sincroni e poter eseguire le tecniche. Se in
un IRC troviamo un’ampiezza “buona” significa che se pur ci possono essere delle disfunzioni, tutto som-
mato queste non saranno tanto importanti, se invece c’è una qualsiasi disfunzione importante, sul cranio
l’ampiezza generale si riduce per forza. A partire da queste osservazioni possiamo capire chi abbiamo sotto
e per es essere indirizzati nella scelta delle tecniche da utilizzare (thrust o non thrust x es).
Si deve sempre riflettere sul perchè si trova una disfunzione sul cranio, non esistono “ricette” ma ci sono due
possibilità: o la disfunzione nasce all‘interno del cranio o nasce fuori del cranio.
Se nasce all’interno del cranio dobbiamo pensare al motore, ossia a un problema di tipo membra-
noso (che vedremo in futuro); il cranio è poi sottoposto a delle costrizioni che fanno esse stesse parte del
cranio: la mandibola; tutti i mm. sotto-occipitali che possiamo anche collegare alla fisiologia della sfera
post; bisogna anche conoscere l’esistenza di traumi che potrebbero fornire spiegazioni.. lasciamo libera
l’immaginazione in modo da poter collegare alcune cose a partire dall’anamnesi.
Fuori del cranio c’è tutto un capitolo che si apre: prima di tutto il collegamento con sacro (zona pelvica)
tramite le membrane; il diaframma collegamento x asse aponevrotico centrale; i mm. SCOM, trapezio e la
scapola etc.. è necessario integrare il cranio nel contesto generale. PRATICA > confronto con Prof
sem 3_Menichelli
RI RE
anche se ricordiamo che il basso (in fisiologia) è una componente
della RE in questo caso la grande ala va anche indietro ed è questo
il parametro che ci dà la RI del quadrante anteriore. La condizione
necessaria per definire una LFR è che ci sia inoltre l’emioccipite in RE
dallo stesso lato della RI del quadrante anteriore. posteriore
ALTO LARGO
e induco anche una componente in
basso con entrambe le dita.
Con la mano sin avvicino indice e
mignolo (rispettivamente pterion e as-
terion) dando una componente in alto.
Nel successivo tempo si torna alla neutralità e poi si aspetta qualche tempo dell’IRC (perchè avendo dato
un’induzione si deve dare al cranio la possibilità di resettarsi sull’impulso) e induco poi in un successivo
tempo di estensione la LFR sin invertendo il lavoro delle due mani. Tutto questo valutando quanto si riesce
ora a indurre verso la LFR sin per poi confrontare le ampiezze in un senso e nel senso inverso per la denomi-
nazione nel senso della maggiore ampiezza. Si ricordi sempre che quello che fornisce la certezza che ci sia
una disfunzione cinetica di LFR è il fatto che ci sia una restrizione di mobilità in una delle due direzioni (non
basta semplicemente che una sia più ampia dell’altra per definire una disfunzione).
Correzione
Sappiamo che la LFR è abbastanza frequente. Per correggere per es una LFR dx si utilizzeranno prevalente-
mente delle tecniche funzionali indirette: si andrà prima verso l’aggravamento della disfunzione per poi
utilizzare il rilassamento tessutale che l’aggravamento ha fornito al fine di andare verso la correzione. Per
prima cosa ci si mette in ascolto poi in tempi successivi di E si va verso la LFR dx e durante i relativi tempi di
F si mantiene, così via fino a quando si avrà una risposta a livello dei tessuti che abbiamo detto può essere
anche abbastanza varia (l’importante è partire con un’idea di quello che si andrà a cercare).
Si potrà ottenere:
1. la fine dell’aggravamento, non si riesce più ad aggravare e si è arrivati a un punto terminale di un aggra-
vamento
2. una risposta del tessuto che ci spinge e dice che vuole tornare verso la correzione
3. un punto dove tutto il sistema cinetico del cranio si ferma e si ha la percezione di un arresto che in realtà
non avviene (il cranio non si ferma), è una percezione sensoriale che ci dice che dobbiamo attendere che la
cinetica riprenda verso la correzione. Una volta che il sistema cinetico si ferma, la difficoltà per l’osteopata
sta nell’attesa. Il tempo che necessita il cranio per riprendere la sua cinetica verso la correzione può essere
di un secondo, 30 sec o un minuto.. se si parte mentalmente con l’intenzione di utilizzare questo terzo modo
di applicazione della tecnica funzionale indiretta, bisogna farlo pensando che si debba rispettare molto la
tempistica del cranio. É forse la tecnica più “osteopatica” assolutamente in rispetto dei tempi del Pz, più dif-
ficile per chi ha un approccio sul Pz più attivo e a cui invece piacciono molto le tecniche strutturali, bisogna
piuttosto entrare in una dimensione molto forte di ascolto.. L’attesa è nel “silenzio”, teoricamente dovrebbe
essere nel tempo di E in cui abbiamo indotto l’aggravamento ma non sempre avviene così, magari ci si trova
nel tempo di F in cui stiamo mantenendo e poi improvvisamente sentiamo che non arriva l’estensione. Il
comportamento teorico delle membrane nel momento dell’aggravamento non è fondamentale per la
buona riuscita della tecnica, possiamo infatti avere diversi modi di approcciare una disfunzione della base:
questo caso (con tecnica funzionale indiretta) comporta un’azione sull’osso che a sua volta comporta
un’azione sulla membrana ma potremo fare esattamente l’opposto (lo vedremo), ossia lavorare sulla mem-
brana per ottenere una risposta sull’osso. Cosa succede poi a livello delle membrane dipende dalla porzione
che vogliamo considerare.. essendo ora la nostra azione a livello dell’osso possiamo anche non chiedercelo.
146
[ SEGUE PARTE ESERCITAZIONE PRATICA]
Audouard
Uno sguardo in dietro alla TORSIONE. Per quale motivo la narice dal lato della disfunzione di torsione è più
aperta rispetto all’altro lato? Sappiamo che quando c’è un quadrante anteriore in RE la narice è piuttosto
dilatata; in uno stato di torsione, tuttavia non viene dato questo segno visivo, in quanto ritenuto piuttosto
accessorio.
Per quanto riguarda il concetto di deviazione del setto nasale, ad es. in una torsione dx, partendo dal fatto
che questa si denomina dal lato della grande ala alto-avanti, sicuramente l’etmoide non è più sul piano
orizzontale e questo fa si che la lamina perpendicolare dell’etmoide non si muove più su un piano sagit-
tale; inoltre essendoci al di sotto della lamina il VOMERE questo giustifica sicuramente la deviazione
del setto dal lato della torsione. Questa deviazione del setto fa sì che ci sia una narice più ventilata e una
narice meno ventilata.
Sempre riflettendo sulla torsione, ci sono 2 cose da ritenere: la torsione si denomina dal lato della grande
ala ALTA. E dal lato della grande ala alta della torsione, il quadrante si trova in RE, e ciò “ si contraddice “ con
il parametro ALTO della grande ala, che è un parametro di E. Sarà quindi il parametro di avanti che mi per-
mette di giustificare la RE di tale quadrante. Nella verità la torsione è un adattamento di tipo elicoidale, non
avviene cioè su un piano frontale rigido, ma su un piano parafrontale.
LFR: una serie di adattamenti posturali e/o cinetici in cui le 2 sfere si adattano secondo un rotolamento in
convergenza di un lato su un piano paraorizzontale attorno a due assi verticali perpendicolari agli assi di
mobilità fisiologici, ed una rotazione dal lato opposto delle 2 sfere su un piano parafrontale secondo un asse
di mobilità ant-post.
La LFR si denomina dal lato della grande ala BASSA, ed è proprio dal lato della grande ala bassa che il
quadrante si trova in rotazione interna. Poiché la grande ala si adatta globalmente in basso, ma rispetto al
corpo dello sfenoide, si adatta in alto-dietro, sarà quest’ultimo parametro cioè DIETRO che giustifica la RI
del quadrante ant dal lato della denominazione.
Perché la grande ala si adatta ALTO/DIETRO rispetto al corpo dello sfenoide? Chi autorizza questo adatta-
mento? Sono i 3 FORI di impianto della Grande Ala SITUATI appunto nella radice di impianto di questa,
sulla porzione laterale del corpo. Sono proprio questi 3 fori che permettono alla grande ala di essere plas-
tica e adattativa: se questi infatti non ci fossero, questo adattamento non avverrebbe. La grande ala ha una
plasticità notevole, ed ha inoltre una capacità di adattamento buono nella sua posizione.
Un occipite ad es. può adattarsi più difficilmente rispetto alla grande ala, in quanto essendo un osso della
sfera posteriore è più strutturale e meno plastico.
Altra cosa importante su cui riflettere è che: la lateroflessione/rotazione SI ADATTA SU 2 PIANI RISPETTO
ALLA TORSIONE CHE INVECE SI ADATTA SU UN SOLO PIANO: quindi da qui si evince l’idea che lo stato di un
cranio in LFR dx-sin. È molto più frequente rispetto alla FORMA o STATO di un cranio in torsione; stesso dicasi
da un punto di vista dinamico per le disfunzioni in LFR sin-dx, le quali sono molto più frequenti rispetto alle
disfunzioni di torsione sin-dx, anche qui poiché i piani di adattamento della LFR sono 2 (paraorizzontale
e frontale), mentre per la torsione è 1 solo piano (parafrontale). Nella fisiologia cranio-sacrale, il cranio si
adatta su 3 piani: quindi è più facile trovare una disfunzione che si adatta su 2 piani piuttosto che una dis-
funzione che si adatta su 1 piano solo.
RICORDA
a) stato o forma di cranio in LFR è più frequente di uno stato in torsione
b) dinamica di LFR è più frequente di una dinamica in torsione.
147
In basso, ma rispetto al corpo dello sfenoide si adatta alto/dietro.
Temp ricopre Sfenoide Quindi se si adatta alto-dietro rispetto al corpo dello sfenoide, al di sopra
del punto SS nella porzione verticale c’è una relativa compressione; men-
tre ci sarà una relativa apertura sulla porzione più orizzontale cioè sotto il
puntoSS
Quindi:
Sfenoide ricopre Temp - sopra il punto perno SS (porz. verticale) si ha una relativa compressione
- sotto il punto perno SS (porz. orizz) si ha una relativa apertura.
Dal lato sin: siamo in relativa compressione sulla porzione orizzontale
(quindi a sin è il contrario).
La grande ala che globalmente è bassa, si adatta tuttavia ALTO/DIETRO rispetto al corpo dello sfenoide an-
che qui (tenuto conto dell’indietreggiamento dell’ala rispetto al corpo sfenoidale), e quindi siamo in relativa
compressione sul corto braccio interno dal lato della laterofl/rotazione, quindi a dx. Dal lato opposto in-
vece alla denominazione della disfunzione (dal lato sx) avremo una relativa compressione sul lungo braccio.
sut SF
lato dx > relativa compress sul corto braccio
relativa apertura sul lungo braccio
lato sin > è l’opposto
sut OM
lato dx > sopra CSM (porzione verticale) MEMO > SUTURA OM
relativa apertura Porzione verticale - lungo braccio
sotto CSM (porzione orizz) Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST)
relativa compressione Porzione orizz - corto braccio
lato sin l’opposto Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST)
149
Segni di RICONOSCIMENTO di una LFR dx (PALPATORI e VISIVI)
Parliamo di uno stato, di una forma di cranio, non di dinamica.
Frontale Orecchio Occipite Volta cranica
dal lato della LFR (a è più basso e più scol- alla palpazione è so- dal lato della LFR, alla pal-
dx) è più avanti e lato, poiché il temporale prattutto più basso e pazione (a dx): è più lunga e
più stretto (inteso nel è in RE (infatti il quadrante forse più posteriore più convessa, in confronto
senso della larghezza posteriore dallo stesso all’altro lato (cranio a banana).
partendo dalla sutura lato in cui si denomina la Asterion
metopica al pilastro disfunzione, a dx, è in RE); è più basso e più bom- Volta palatina
orbitale esterno). mentre l’orecchio opposto bato dal lato della lateroflessione
Spiegazione: il quad- è più accollato e alto. (a dx) è più bassa (poiché
Lambda
rante anteriore dal la grande ala è globalmente
Zigomo è spostata verso il lato
lato di denominazi- più bassa) e soprattutto più
teoricamente è più della disfunzione cioè
one della disfunzione cava (cioè più stretta poiché
prominente; ma in re- in tal caso a dx (poiché
è in RI, quindi la lar- il quadrante anteriore dal lato
altà non dobbiamo fare il quadrante posteriore
ghezza del frontale della denominazione disfun-
affidamento sullo zigo- da quel lato è in RE);
è ridotta. zionale, a dx, è in RI).
mo, poiché esso subisce questo giustifica che la
l’influenza della sfera an- sutura intersagittale è
Orbita piuttosto deviata a dx Arcata dentaria
teriore (tramite il bordo a dx è In RI, quindi è più
è più chiusa, più pic- nella sua parte posteri-
anteriore della grande stretta e alta soprattutto nella
cola, poiché essendo ore (quindi: tale sutura
ala, il pilastro orbitale sua parte post.
il frontale e lo zigomo in una lateroflessione è
esterno del frontale), e
in RI dal lato della piuttosto deviata dal
della sfera post tramite
denominazione della lato della disfunzione
l’apofisi zigomatica del
disfunzione (a dx), il ed è da tale lato che la
temporale.
diametro trasversale possiamo palpare).
Ma spesso lo zigomo
è ridotto, mentre
non è attendibile.
quello ant-post e ver- Mastoide
ticale è aumentato. alla palpazione è un
po’ più bassa-indietro e
Sopracciglio il bordo anteriore più
è più basso, poiché cancellato (in dentro),
la grande ala è global- poiché il temporale è in
mente più bassa (RI). RE.
150
Adattamento delle ossa della SFERA POST
Nessuna LFR si osserva a livello della SSB. Cioè la SSB rimane sempre sul piano sagittale; MENTRE per la LFR
si tratta sempre di un adattamento o disfunzione periferica.
Occipite Temporale Apofisi zigomatica Parietale
globalmente è basso- si trova in RE, global- orientata in basso- si trova in RE. Nel lato
dietro. In uno stato di mente in basso-un po’ fuori, poiché il tempo- della LFR c’è una conves-
lateroflessione rotazi- avanti. rale è in RE. sità maggiore tenuto conto
one dx, la squama è Particolarità: si abbassa; Ciò è da collegarsi dell’adattamento su un piano
bassa e se l’apofisi il temporale è caratteriz- alla sut temporo- orizzontale. Il temporale
basilare rimane sul zato da una convessità zigomatica, ma c’è perde in parte la sua conves-
piano sagittale e la antero-posteriore; questo un problema: l’apofisi sità ant-post, sembra stirato;
SSB si adatta sem- temporale perde in parte zigomatica del tem- allo stesso modo possiamo
pre sul piano sagit- la convessità posteriore porale è appoggiata dire che la forma del parietale
tale, significa che e si adatta, viene stirato sullo zigomo; solo che dx non ha niente a che vedere
questo occipite si in direzione ant-post e la il temporale è in RE (in con la forma del parietale sin,
apre, quindi c’è una forma del temporale cam- quanto facente parte poiché esso deve assumere
deformazione della bia. Il temporale quindi: della sfera posteriore), una parte della convessità
squama, e quindi c’è in uno stato di LFR perde mentre lo zigomo è in dell’emicranio sin.
una apertura della la sua convessità ant-post RI (in quanto fa parte I 2 angoli del parietale
forma della squama (viene stirato). della sfera anteriore) sembrano allontanati l’uno
occipitale dal lato >>> tale sutura è dall’altro, in confronto agli
della disfunzione. Apofisi mastoidea e dunque in RELATIVA angoli del lato opposto.
stiloidea: compressione (come
Apofisi giugulare dirette basso-dietro- nella torsione p. 132). Sutura sfeno-parietale
si adatta basso-dietro. dentro a dx. il parietale è in RE, quindi
Basso-dietro: poiché il Sutura coronale l’angolo antero-inferiore è
Lambda temporale è basso dal lato della LF è devi- basso-avanti-fuori; la grande
è deviata dal lato Dentro: poiché siamo in ata un po’ più avanti (è ala è alto-dietro rispetto al
della LFR, post e a dx RE. Quindi sono cancel- relativamente più an- corpo dello sfenoide per
late. teriore rispetto al lato questo motivo tale sutura è
Asterion
Sutura sagittale della convergenza). compressa.
si adatta in basso-
dietro e alla palpazi- è deviata dal lato della Le suture temporo-zigomati-
one appare di forma LFR (a dx) posteriormente ca, sfeno-parietale e coronale
bombato dal lato sono in grado di mantenere le
della LFR, poiché il Sutura sfeno-petrosa disfunzioni della volta cranica
quadrante posteriore è relativamente aperta a livello della base.
da quel lato è in RE. con possibili ripercussioni
sulla tromba di Eusta- grande ala
chio.
Occipite
corpo dello
Sfenoide Sfenoide
Temporale
151
Adattamento delle ossa della SFERA ANT
Sfenoide Apofisi pterigoidea Frontale Zigomo
a livello del corpo c’è una è la continuazione della la sutura coronale è più si trova in RI, quindi
modifica della dinamica parte inferiore ed è diret- anteriore; il frontale ap- teoricamente saliente,
vascolare del seno ta basso-avanti-dentro; pare relativamente più esso partecipa alla di-
cavernoso, e soprattutto poiché il corpo dello basso e più avanti poiché minuzione del diametro
c’è una difficoltà nella sfenoide globalmente in RI; l’incisura etmoidale dell’orbita.
dinamica di tale seno: è basso e la grande ala del frontale dal lato della
Sutura temporo-zigo-
per quanto riguarda il inverte la sua rotazione LF è più stretta, poiché
matica si trova in com-
suo riempimento sono rispetto a questo (questo siamo in RI.
pressione.
possibili perturbazioni adattamento mi condiz-
sugli elementi vasculo- iona la forma del palato, Apofisi crista galli teori-Mandibola
nervosi della parete e dunque mi giustifica in camente è deviata dal Il condilo della mandibola
laterale del seno. tal caso un palato basso e lato della lateroflessione è basso, poiché il tempo-
cavo e appare più stretto (a dx); la lamina perpen- rale è basso-dietro, quindi
Piccola ala e più chiuso). dicolare dell’etmoide il condilo mandibolare è
è bassa-avanti, ed entra è deviata a sx e il setto più basso-dietro.
più o meno in conflitto nasale lo stesso. La lamina
Sutura sfeno-petrosa Il mento è deviato a dx
con il bordo orbitario cribrosa sarà più ristretta,
possiamo dire che essa è (cioè dal lato della LFR),
della parete del frontale. e la massa laterale
decompressa (infatti la ma la deviazione del
Grande ala grande ala inverte il suo dell’etmoide dal lato mento a volte può non
ha un comportamento adattamento rispetto della LFR, sarà ristretta corrispondere a quanto
particolare in quanto è al corpo dello sfenoide, nella sua espansione detto (non sempre ris-
globalmente bassa, ma nel senso che si adatta trasversale. petta la regola e quindi
si adatta alto-dietro alto-dietro come più si può trovare l’esatto
rispetto al corpo dello volte detto); mentre la Mascellare contrario).
sfenoide. rocca petrosa è piuttosto si trova in RI. Ne consegue Ciò dipende da:
bassa essendo il tem- che l’arcata dentaria è - mobilità del condilo
Vomere porale in RE; per questo più chiusa nella parte - possibilità del dente
esso dipende la sutura sfeno-petrosa posteriore. Teoricamente di adattarsi sull’arcata
1. dallo sfenoide (poi- sarà relativamente più l’orifizio superiore del dentaria
ché è nella faccia inf del aperta proprio per questo canale lacrimo-nasale e - costrizioni meccaniche
corpo) comportamento pecu- l’orifizio piriforme sono dovute ai muscoli masti-
2. dalla lamina perpendi- liare della grande ala, con ristretti. catori
colare dell’etmoide ripercussione possibile
3. dalla sut intermascell sul funzionamento della
4. globalmente partecipa tromba di Eustachio.
alla deviazione del setto.
PALATINO
Ogni volta che pensiamo al palatino, dobbiamo pensare a:
1. Foro sfeno-palatino
2. Lamina orizzontale del palatino, che, sotto l’influenza delle pterigoidi, mi condiziona una parte della
forma del palato osseo.
3. Lamina verticale del palatino; esso fa il tampone (ammortizzatore) tra la tuberosità post del mascellare
(avanti) e le pterigoidi (dietro). In più, una parte della lamina verticale interviene nella fisiologia del seno
mascellare, poiché in RE mi apre basso-dietro-fuori la fisiologia del seno mascellare; nel caso di una LFR es-
sendo in RI chiude maggiormente l’orifizio del seno mascellare.
152
Il palatino chiuderà una parte dell’orifizio del seno mascellare; conseguenza>>> riduzione del drenaggio dei
seni mascellari e paranasali.
COSTRIZIONI cranio-sacrali
Definizione di costrizione cranica: il cranio è più costretto, e quindi le costrizioni sono degli adattamenti più
difficili per il cranio. Alcuni dicono che si tratta di costrizioni e di adattamenti traumatici che il cranio può
subire già dal momento della nascita. Ma ciò non è sempre vero.
Ci sono 2 tipi di costrizioni:
- strain laterale e strain verticali
- compressioni craniche
STRAIN LATERALE
Si tratta di un adattamento posturale e/o cinetico, nel quale le 2 sfere si adattano nello stesso senso sul
piano orizzontale.
Lo strain laterale avviene teoricamente attorno a due assi teorici verticali, che sono perpendicolari su un
piano orizzontale, agli assi di mobilità fisiologici (SS sin SS dx per la sfera ANT; CSM sin CSM dx per la sfera
POST).
anteriore
Lo strain laterale si denomina dal lato della grande ala in avanti,
con la riserva che l’occipite dello stesso lato sia anch’esso in avanti.
Quindi in uno strain laterale dx, la grande ala dx è ant Post Ant
sin dx
Il problema è tuttavia che spesso l’occipite del lato dello strain e non direttamente trattato, come nel nos-
tro es l’occipite dx, rimane PIATTO (triangolo in basso a dx nel parallelogramma dell’immagine sopra).
Per poter correggere questo, ci sono per l’appunto in aggiunta delle tecniche di MODELLAGGIO, le quali
permettono questa correzione, poiché l’occipite è un osso della sfera posteriore, ed essendo dunque strut-
turale e poco malleabile, è poco plastico e più difficile da correggere. Il fatto che l’occipite dal lato dello
strain possa rimanere piatto (emiplagiocefalia), non comporta particolari problemi funzionali; ai fini prog-
nostici è sufficiente riuscire a correggere l’emioccipite del lato opposto.
Ricordiamo anche che la sfera più importante è quella anteriore, poiché è in essa che risiedono funzioni
vitali e sensitive come occhio e occlusione, e per lo più anche funzioni cognitive.
Non si parla dell’adattamento teorico delle membrane, delle suture direttrici e delle ossa delle 2 sfere in modo
singolare, poiché l’adattamento in uno strain avviene solo su un piano.
Curiosità: nello sviluppo uterino si può creare uno strain poiché gli strati muscolari venosi crescono e allo
stesso tempo cresce anche l’utero sotto la spinta progestinica.
STRAIN VERTICALE
Adattamento posturale e/o cinetico, in cui le 2 sfere si adattano nello stesso senso sul piano sagittale. Lo
strain verticale si denomina secondo l’adattamento della parte posteriore del corpo dello sfenoide
(quindi alto o basso): stando a questo, possiamo avere uno strain verticale alto o basso.
Strain verticale alto (ant o post, indica la responsabilità della sfera)
Strain verticale basso (ant o post).
154
anteriore
Si denomina infatti, secondo l’adattamento della parte posteriore
del corpo dello sfenoide: se la parte posteriore del corpo dello
sfenoide è alta (strain verticale alto), significa che lo sfenoide è in
RE RE flessione, e dunque i 2 quadranti anteriori sono in RE, mentre i 2
quadranti posteriori sono in RI; infatti se lo sfenoide si adatta in
sin strain verticale alto dx flessione, l’occipite facendo parte della sfera opposta fa piuttosto
una estensione (la sua apofisi basilare si adatta basso-dietro).
RI RI SV ALTO
posteriore
anteriore
Se la parte posteriore del corpo dello sfenoide è basso-dietro
(sfenoide basso), significa che lo sfenoide è in estensione, e dunque
i 2 quadranti anteriori sono in RI; in tal caso invece l’occipite sarà
più alto, NEL SENSO CHE l’apofisi basilare andrà alto/avanti e i 2 RI RI
quadranti posteriori sono in RE (infatti l’occipite va in F).
sin strain verticale basso dx
SV BASSO
RE RE
posteriore
Qual è il problema nello strain verticale e quale tra i 2 è più impegnativo?
Per rispondere a tale domanda bisogna fare riferimento alla fisiologia del cranio, e dire che la finalità del
cranio è quella di mantenere la flesso/estensione a livello della SSB.
Nella flesso/estensione le 2 sfere, quella ant e post, invertono le loro rotazioni, mentre nello strain le 2 sfere
ruotano nello stesso senso, senza invertire le rotazioni, poiché lo strain avviene su un piano solo.
Quindi in conclusione” c’è una sfera che va a dar fastidio”, in quanto ruota in un senso in cui non deve
ruotare; in altre parole le 2 sfere ruotano nello stesso senso, ma tuttavia è come se ci fosse una sfera in dis-
funzione rispetto all’altra.
ANTERIORE ANTERIORE
RE RE RI RI in questi 2 strain
la sfera anteriore si trova
sin strain verticale ALTO dx sin strain verticale BASSO dx
in disfunzione, una volta
di RE e un’altra di RI
RI RI RE RE
posteriore posteriore
155
anteriore anteriore
in questi 2 strain
la sfera posteriore si trova
RE RE RI RI in disfunzione, una volta
di RI e un’altra di RE.
sin strain verticale ALTO dx sin strain verticale BASSO dx La disfunzione si de-
nomina dall’adattam della
parte post del corpo dello
RI RI RE RE sfenoide.
POSTERIORE POSTERIORE
Anteriore e Posteriore indicano la responsabilità della sfera in disfunzione.
Alto e Basso fanno riferimento alla parete posteriore del corpo dello sfenoide.
Strain verticale ALTO ANTERIORE: “anteriore” significa che la sfera posteriore funziona bene, mentre la re-
sponsabilità della disfunzione è dovuta alla sfera ant. Nella sfera ant trovo che il parametro di F è maggiore
del parametro di E, quindi la denomino “alta”, perché la parte post del corpo dello sfenoide in RE è alta. Lo
strain come già detto si denomina a partire dall’adattamento della parte post del corpo dello sfenoide.
Strain verticale BASSO ANTERIORE: “anteriore” significa che la sfera post funziona bene; mentre la sfera
ant è in disfunzione; in essa il parametro di RI (E) è maggiore del parametro di RE (F), quindi la denomino
“bassa”, perché la parte post del corpo dello sfenoide in RI è bassa.
Strain verticale BASSO POSTERIORE: “posteriore” significa che la sfera ant funziona bene, mentre la sfera
post è in disfunzione; “basso” significa che la faccia post del corpo dello sfenoide si adatta basso-dietro
(RI), mentre l’ apofisi basilare dell’occipite si adatta alto-avanti (RE). Quindi nella sfera post, comandata
dall’occipite, il parametro di F è > del parametro di E.
Basta sapere che il riferimento è nella parte posteriore del corpo dello sfenoide (in rapporto anche alla
apofisi basilare dell’occipite).
Strain verticale ALTO POSTERIORE: “posteriore” significa che la sfera ant funziona bene, mentre la sfera
post è quella disfunzionale; nella sfera posteriore il parametro di RI (E) è maggiore del parametro di RE (F).
Se la sfera post è in disfunzione penso a:
1. Interno del cranio: occipite, temporale, parietale, mandibola
2. Esterni al cranio: C0-C1; sacro; asse aponeurotico centrale; diaframma; membrane; visceri e organi del pic-
colo bacino
Uno stato di strain verticale può essere evidenziato a livello della volta del cranio, a livello della sutura coro-
nale che può presentare uno scalino. Se parto dal frontale ci sono 2 possibilità:
- salgo lo scalino
- scendo lo scalino
In uno stato di SV alto a partire dal frontale (sutura metopica), i quadranti anteriori sono in RE; la parte
posteriore del corpo dello sfenoide è alta, quindi le grandi ali sono in basso-avanti-fuori cioè in RE. A liv-
ello della volta, in RE il frontale si abbassa e indietreggia; dietro, i parietali che sono in RI si alzano, quindi
andando da bregma verso il parietale, lo scalino lo salgo. I quadranti post sono in RI e la mandibola è
piuttosto retrosa. I Pz hanno un frontale largo poiché i 2 quadranti ant sono in RE.
In uno SV basso, i 2 quadranti anteriori sono in RI, mentre i 2 quadranti posteriori sono in RE.
Lo scalino questa volta, andando da Bregma verso il parietale lo scendo: infatti, il frontale è alto e bregma
è piuttosto alto/avanti (RI); il parietale è piuttosto in RE, quindi basso. Questi Pz se messi supini presentano
il frontale piuttosto stretto e un occipite piuttosto largo. Avendo i quadranti posteriori in RE, i Pz presentano
156
i rami mandibolari allargati.
Mettendo in relazione la forma del cranio con i quadranti
cingoli e dunque con la postura, che siamo di fronte
ad uno strain verticale alto o strain verticale basso,
anteriori
l’atteggiamento posturale del Pz è sempre lo stesso in
in RI
uno schema misto. Si trova così: anteriore nella parte
bassa e piuttosto posteriore nella parte alta.
quadranti
posteriori
in RI
strain verticale alto: in teoria
Fermo restando che tutto il cranio è in uno stato e/o in una dinamica di torsione dx, e che tutto il cranio è in
disfunzione trattandosi di una disfunzione della base. Perché il cranio può assumere una situazione di dis-
funzione di torsione dx? Qual è la finalità di tutto ciò? Sicuramente mantenere l’alternanza della F-E che
sono i 2 movimenti fisiologici che hanno la loro risultante a livello della SSB. La finalità è di mantenere cen-
trale la SSB, quindi il centro rimane neutro e non si sposta, poiché deve garantire la flesso/estensione che è il
respiro craniale. Tutti e quattro i quadranti entrano in disfunzione e subiscono un adattamento periferico; lo
scopo è quello di garantire la funzionalità del centro. L’adattamento è sempre periferico. Ciò succede non
solo a livello del cranio, ma anche a livello della periferia del corpo. Noi parleremo sempre di adattamenti
in rotazione dei cingoli.
L’asse di mobilità è un asse antero/posteriore, sempre perpendicolare al piano, in tal caso parafrontale;
questo asse passa per il centro della sincondrosi: dove passa l’asse non c’è spostamento, non c’è mobilità.
Diciamo per convenzione che l’asse passa da nasion ad opistion (parte posteriore del foro occipitale), o si
può dire anche che passa da glabella a inion; l’importante è che passi per il centro della SSB.
Trattasi sempre per le disfunzioni della base, di adattamenti posturali e/o cinetici che fanno riferimento sia
alla dinamica che allo stato. Un soggetto può essere nato con uno stato o forma craniale che può poi essere
il binario per una disfunzione dinamica craniale in età adulta, ma non è detto che lo sia per forza. Perché
allora valutiamo la forma del cranio in età adulta? Poiché una forma o uno stato craniale determina un
adattamento posturale del Pz, un adattamento dei cingoli. Quindi, in un adulto non possiamo modificare
una FORMA, anche se si effettua un lavoro su una disfunzione osteopatica, poiché l’osteopatia lavora su una
correzione dinamica e non su una correzione della forma che in età adulta resta identica.
Quindi noi ci serviamo dell’esame visivo e palpatorio per valutare una coerenza posturale tra la forma del
cranio e la forma dei cingoli. Noi approcciamo il Pz guardandolo con un esame visivo prima e palpatorio
dopo, e poi lo approcciamo con un test di mobilità.
Lo scopo quando valutiamo una forma, è vedere se c’è una incoerenza. Se c’è incoerenza, già questa in-
dica un mezzo di diagnosi della postura del Pz; dopodiché per avere conferma del tipo di disfunzione mi
devo mettere in ascolto ed effettuare i TEST. Per questo si insiste molto sulla valutazione della forma e
quindi dello stato di un cranio. Stesso dicasi per la valutazione della dinamica craniale.
Quando voglio valutare come si muove un cranio e se si è in presenza di una disfunzione, devo fare un
ascolto e poi devo indurre un movimento per apprezzare la presenza o meno di una eventuale disfunzione
della base.
Faccio un ascolto, quindi mi metto in sintonia con questa onda e ascolto espansione e ritorno. Mi metto in
fase con un certo ritmo e una certa frequenza; sono su questo ritmo e su questa frequenza e faccio un test
per valutare la mobilità in torsione dx che deve essere garantita.
Esecuzione:
Nel tempo di E, testo contemporaneamente la risalita della grande ala dx e dell’occipite sin e poi il con-
trario; questo è l’adattamento su un piano frontale, quindi induco:
Ci conviene testare la risalita verso l’alto della grande ala dx e dell’emioccipite sin contemporaneamente.
Dopodichè aspetto il tempo di E successivo, e con l’indice della mano sin induco la grande ala ALTO e con il
mignolo dx induco l’emioccipite dx in alto.
Quindi inverto le induzioni.
Come definisco una disfunzione di torsione dx?
TEST
Denomino la disfunzione nel senso e dal lato della maggior ampiezza; e cioè nella torsione dx quando si
fa il test, l’indice della mano dx e il mignolo della mano sin mi permette di andare in torsione dx; viceversa
quando faccio il test di una torsione sin il movimento è assente. Non c’è possibilità plastica del cranio di an-
dare in torsione sin poiché si è in presenza appunto di una disfunzione di torsione dx della base del cranio.
In altre parole il cranio va in disfunzione di torsione dx, ma non va in disfunzione di torsione sin, quindi la
disfunzione è a dx.
La disfunzione c’è quindi quando da una parte c’è movimento del cranio, mentre dall’altra non c’è. Questo
vale per tutte le disfunzioni della Base del Cranio.
RIDUZIONE
Dobbiamo scegliere una tecnica da utilizzare che può essere funzionale o meccanica; entrambe possono
essere o dirette o indirette.
Tecnica meccanica: non sto sull’impulso ritmico craniale (IRC) e vado meccanicamente ad indurre dei
parametri agendo sulla struttura osteo-articolare del cranio, sulle suture e sull’osso e posso andare verso la
disfunzione in aggravamento (meccanica indiretta) o contro la barriera motrice (meccanica diretta).
Es. Correzione di una torsione dx
a) Mediante tecnica meccanica diretta: andrò meccanicamente contro la barriera motrice senza essere in
ascolto dell’impulso ritmico craniale. Agisco come se volessi indurre una torsione sin, portando cioè indice
sin e mignolo dx IN ALTO.
b) Mediante tecnica meccanica indiretta: andrò meccanicamente verso la barriera motrice, quindi vado in
aggravamento della disfunzione ma non sono in ascolto dell’IRC. Agisco meccanicamente come se volessi
indurre una torsione dx, portando indice dx e mignolo sin IN ALTO.
Poi fatta la correzione: devo fare l’ascolto, sentendo per prima cosa quando il sistema vuole ritornare in-
dietro o in un senso o nell’altro sia che faccio una tecnica indiretta o diretta, sento quando le membrane
di tensione reciproca danno una risposta; dopodiché rilascio, mi rimetto in ascolto, testo nuovamente, e in
ultimo rilancio la F-E.
Quando una tecnica è funzionale, più o meno il principio è lo stesso, solo che sono in ascolto dell’IRC,
quindi per la correzione vado o contro la barriera motrice inducendo la correzione sempre stando in ascolto
dell’IRC (funzionale diretta) o verso la disfunzione in aggravamento (funzionale indiretta); sono già in as-
colto, quindi aspetto la risposta membranosa e poi faccio nuovamente il test di mobilità.
159
Quando usare una tecnica meccanica e quando una tecnica funzionale? Come scegliere tra le due?
TECNICA MECCANICA: è di gran lunga quella più utilizzata nel neonato, nel quale l’ IRC non è ancora reset-
tato, organizzato, non si può facilmente sentirlo. Sempre nei neonati o comunque nei bambini piccolissimi
fino a 2 – 3 anni si possono utilizzare delle TECNICHE DI MODELLAGGIO del cranio.
TECNICA FUNZIONALE: nell’adulto invece è preferibile utilizzare la tecnica funzionale indiretta, e comu-
nque sicuramente la tecnica più adattabile per il Pz.
Indici: su pterion
Reperimento di pterion: si parte dal pilastro orbitale esterno, salgo un pò e mi sposto lateralmente, apprez-
zando e palpando il contorno e i margini delle ossa che costituiscono questa zona; occorre palpare bene i
limiti di questa zona e stabilire i contorni ossei.
Medi: posti davanti al padiglione auricolare
Anulari: dietro il padiglione auricolare
Mignoli: posti sotto la squama occipitale in direzione di asterion; divaricando bene i mignoli e apprezzando
bene la sutura lambdoidea, mi pongo un pò al di sotto prendendo bene contatto con la squama occipitale,
devo appunto stare sull’occipite e sentire bene il contatto. Divaricando bene le dita delle mani, a volte si può
dire che il cranio del Pz “riposa” sui mignoli.
Pollici: sono in contatto tra loro, ma non toccano la volta cranica, per 2 motivi:
1. anzitutto per un motivo prettamente pratico: essi infatti fungono da fulcro nella zona centrale del cranio,
quindi l’Osteopata scarica le tensioni spalla-gomito fino alla colonna del pollice e in alto fino alla volta
2. per un motivo tecnico-funzionale: per non creare alcuna induzione nella sutura intersagittale, e quindi al
centro della volta. Non bisogna mai mettersi su una sutura, né tantomeno esercitare delle induzioni al cen-
tro del cranio.
TEST per la F
Mi metto in ascolto, aspetto il tempo di flessione e durante il tempo di F, induco contemporaneamente i
miei indici dx e sin in basso-avanti e apprezzo l’espansione trasversale a livello di pterion e quindi della
grande ala.
Medi e Anulari sono in appoggio ma non inducono; i mignoli dx e sin sono indotti in basso-dietro e an-
che qui è possibile apprezzare l’espansione.
Quindi da un punto di vista pratico in un test per la flessione divarico entrambi gli indici e i mignoli (apro).
Aspetto e apprezzo il ritorno; dopodiché aspetto il successivo tempo e nel tempo di estensione, testo
l’estensione.
Naturalmente oltre alla presa tramite la volta, ci sono delle varianti utili quando lavoriamo: una di queste
è proprio quella con l’Osteopata di lato al Pz: tale presa è più avvolgente sul cranio e permette dunque un
contatto più globale sulla sfera anteriore e sulla sfera posteriore, permettendomi di apprezzare meglio il
volume craniale.
Mano craniale: con pollice e indice sulle grandi ali dello sfenoide
Mano caudale: a palmo pieno avvolge la squama occipitale, facendo presa sull’occipite.
Per stare internamente alla struttura e quindi alle membrane a tensione reciproca bisogna essere più deli-
cati; se aggrediamo stiamo sull’osso. Quindi per entrare in ascolto e per essere in contatto con le membrane
occorre essere leggeri; infatti, per lavorare sul profondo è preferibile avere una presa più superficiale, che in
realtà ci permette di entrare o di fare un ascolto interno del sistema liquor-cefalorachidiano.
Viceversa se voglio stare sulla struttura o sulla articolare dell’osso sarò più consistente.
Questo mi permette di dire se c’è una coerenza posturale, cioè se lo stato del cranio corrisponde
all’adattamento dei cingoli, significa che quel paziente è in confort ; la sua postura è comoda.
Osservazione visiva di un Pz
Pz in piedi
Si deve valutare un asse centrale che cade al centro della base di appoggio; chiederemo al Pz di non divari-
care troppo le gambe né di stringerle troppo, ma di avere una apertura corretta che rispetti l’asse verticale
dell’articolazione coxo-femorale. L’osteopata dietro il Pz può gestire l’apertura e chiusura della base di ap-
poggio del Pz. Guarderemo subito le rotazioni degli arti inf e dove appoggia il Pz, dove carica di più.
Poi guardo subito i cingoli, guardo l’altezza delle scapole e guardo l’arrotolamento e valuto anche la
lunghezza e l’atteggiamento del braccio/gomito mettendo le mani.
SFERA ANT: valuto poi le bozze frontali, gli zigomi, il globo oculare, e poi la bocca.
SFERA POST: valuto bene la posizione dell’occipite che può essere basso, alto, anteriore, posteriore, basso-
ant, basso-posteriore; alto-ant; alto-post.
Una cosa importante da fare nella valutazione della sfera post è mettere la colonna del pollice sotto la base
dell’occipite, e valutare la forma che vi è sotto le mani; è importante valutare se c’è o meno la deviazione
della squama occipitale: se c’è una deviazione di quest’ultima a dx o a sin rispetto ad una apofisi basilare
che rimane diritta, significa che c’è uno schema asimmetrico e che anche nella forma, l’occipite si adatta per
preservare il centro. Quindi l’apofisi basilare dell’occipite rimane in asse sul piano sagittale di movimento, sia
come forma che come dinamica; ciò che cambia è l’adattamento periferico. Lambda spesso è deviata, si ha
deviazione dell’ATM, deviazione del setto nasale, che sono adattative ad una condizione periferica che serve
per preservare il centro >> nelle torsioni siamo di fronte ad una forma asimmetrica.
Poi si valuta la forma delle mastoidi, si mette la colonna del pollice sotto l’occipite, gli indici in direzione
162
dell’apice della mastoide e così si può apprezzare globalmente la forma dei temporali; ci mettiamo con
la presa a tre (pollice-indice-medio) oppure sulla porzione mastoidea e sentiamo come è la posizione del
temporale: se la mastoide è più alta o più bassa, se è più avanti o più indietro. Ovviamente il temporale
dovrebbe seguire la posizione dell’occipite: si potrebbe mettere la mano sulla volta del cranio per valutare
la sutura interparietale intesa come forma>> questo contatto mi permette di valutare la forma a punta o a
piatto, oppure asimmetrica del cranio; ci dice se ci sono degli scalini e ci permette di valutare la consistenza
(in modo particolare se questo cranio si lascia deprimere o no), mettendo ovviamente un semplice contatto.
Un cranio che non respira, non si lascia deprimere. Poi si mette in relazione ciò che abbiamo osservato sul
cranio con i cingoli scapolare e pelvico; estrapoliamo uno stato e vediamo se c’è coerenza o meno nello
schema del nostro Pz. Se trovo incoerenza, investigo con anamnesi mirata e con dei test, molto utili sono i
test di pressione.
Pz supino
L’indagine fatta da in piedi, la devo rivalutare da supino, non perché la forma cambia, ma poiché vogliamo
avere una conferma. Valuto la sfera ant e post del cranio, e la metto in relazione con i cingoli.
L’osteopata si pone alla testa del Pz, mette i polpastrelli del pollice sotto la base occipitale e confronta le
informazioni da in piedi tra cranio e cingolo scapolare e pelvico.
Si palpa bene la base dell’occipite, la squama, l’apofisi mastoidea e la forma del temporale; le bozze frontali;
gli zigomi; il globo oculare (più prominente in RI, e meno prominente in RE), e palato (il palato in torsione è
più largo e più piatto, meno cavo e più alto perché la grande ala sale).
Valuto se ci sono delle congruenze o incongruenze, arrotolamenti o aperture.
Es. se il cingolo scapolare sin è in RE e il cingolo pelvico sin è in RE, mentre il cingolo scapolare dx e pelvico
dx sono entrambe in RI, si è di fronte ad una torsione sin.
IMPORTANTE: i segni visivi di uno stato/forma di un cranio non sempre corrispondono con l’adattamento
posturale dei cingoli. Se c’è incongruenza tra stato craniale e organizzazione dei cingoli scapolare e pelvico,
faccio dei test osteopatici di pressione o di mobilità in quel distretto in cui ho trovato l’incongruenza, e
subito dopo tratto la disfunzione; in altre parole lavoro sul Pz e lo porto nel suo schema posturale corretto,
rimettendolo così in equilibrio globale e confort.
4 sem
Compressione cranica
Si definisce compressione cranica una disfunzione della base, nella quale si viene a creare un rapporto
troppo stretto tra le diverse componenti ossee. Teoricamente, quindi, quando si approccia un cranio in
disfunzione dinamica di compressione si avverte una sensazione di duro, e nel test di mobilità l’induzione si
avverte poco e per lo più è mal definibile. La persona è stanca, con poca vitalità se si tratta di un adulto.
In una vera e propria compressione che colpisce un bambino si possono avere delle ripercussioni più im-
portanti ad es sull’asse endocrino ipofisario, a seguito dello schiacciamento o compressione del corpo dello
sfenoide, con una globale ipostimolazione ipofisaria: sono bambini che hanno difese immunitarie rallen-
tate e basse con uno sviluppo e crescita altrettanto ridotti. Svariate sono le cause di sviluppo di una disfun-
zione craniale in compressione; le possiamo classificare secondo il seguente ordine:
1. Intrauterina: ci possono essere delle posizioni di compressione intrauterina abbastanza frequente nelle
gravidanze gemellari; oppure tale compressione può essere dovuta al fatto che l’utero è un sacco muscolare
che permette, in presenza di una sufficiente camera gestazionale, l’accrescimento del feto e il suo con-
tenimento. Durante lo sviluppo dell’embrione, a causa del basso contenuto di progesterone nel sangue
materno, si può creare una riduzione di disponibilità dello strato muscolare, con conseguente difficoltà
quindi del miometrio stesso a distendersi. Questa problematica ormonale può essere responsabile di una
condizione di compressione intrauterina, che può determinare, conseguentemente, una compressione
craniale.
2. Parto: al momento del parto, sia per tecniche ostetriche piuttosto “invasive “, ma anche per le “resistenze”
ossee che si creano nel canale da parto e/o un travaglio troppo lungo si possono creare delle condizioni di
compressioni craniche.
163
3. Una caduta sui talloni, in seguito alla quale si può creare un “impattamento” della zona cefalica sul ra-
chide lombare (cranio-cerniera lombo/sacrale).
4. Traumi da caduta sul sacro: per il rapporto tra occipite-sacro-C0-C1, sia nell’infanzia che nell’adulto.
5. Trauma diretto sul cranio: trauma frontale, occipitale, temporale maggiormente in direzione antero-
posteriore e laterale.
6. Diaframma: si possono avere delle compressioni craniali anche a partire dal diaframma, pensando al
collegamento anatomico con l’asse aponeurotico centrale e con l’apofisi basilare dell’occipite, sul cui tuber-
colo faringeo prende attacco la aponeurosi faringea che collega l’occipite stesso con il centro frenico del
diaframma.
7. Tutti i traumi diretti sullo zigomo (soprattutto in quanto osso che fa da ponte tra la sfera anteriore e
posteriore) e sul mascellare, più in generale sulle ossa del massiccio facciale incastrate a paracadute sotto il
frontale.
In generale per riassumere possiamo dire che i segni tipici di una disfunzione in compressione cranica sono:
- impulso ritmico craniale lento (anche se a tratti può aumentare), molto ridotto
- ampiezza piuttosto ridotta (l’espansione trasversale è quasi assente).
- Si eseguono poi delle tecniche di correzione sul diaframma, grazie al rapporto tra il tubercolo faringeo
dell’occipite e il centro frenico del diaframma (collegamento mediante dura madre).
164
- A livello craniale si possono lavorare le suture direttrici con la classica tecnica a 4 tempi in flessione-
estensione che permette di fare un disingaggio delle suture direttrici meccanicamente, contemporanea-
mente sul lungo e corto braccio (senza pensare ai tavolati, chi ricopre e chi è ricoperto), in compressione-
decompressione-scivolamento.
- Analizzare bene e verificare sempre la sutura coronale, lo zigomo, la sutura sfeno-parietale, la temporo-
zigomatica, suture che collegano la sfera ant con la sfera post, e che comunque hanno un collegamento con
le suture direttrici, essendo in grado di mantenere le disfunzioni della volta a livello della base.
- Si possono da ultimo usare 2 tecniche di decompressione, utili appunto per decomprimere il cranio e
rilanciare l’impulso:
1. Decompressione della sutura sfeno-occipitale o fronto-occipitale se come presa rimane più comoda.
(fatta per liberare meccanicamente la SSB).
Naturalmente diciamo che in una compressione craniale, tutto l’asse centrale del corpo è impattato, non re-
spira il cranio ma non respira nemmeno il sacro. Quando si fa una valutazione palpatoria su un Pz di questo
tipo si può notare un” impattamento” del cranio, seguito da rigidità al test di densità, una consistenza
importante sia del cranio che del sacro, la mano quasi rimbalza al momento del contatto, la sutura interpari-
etale è sempre molto compressa, ha una forma a punta ed è molto rigida.
Dal punto di vista posturale, sono Pz schiacciati sulle loro curve e visti di profilo sono pazienti “seduti
“, tutti e tre i diaframmi sono schiacciati.
Il cranio lungo l’asse centrale non può far altro che subire una compressione, non ha shift laterale, verticale
non c’è più un adattamento periferico dei 4 quadranti e il cranio per poter conservare il ritmo cranio sacrale
va a compattare sulla SSB. Sembra esserci assenza di movimento, quindi la compressione è un po’ consid-
erata come “l’ultima possibilità di adattamento craniale”.
Questa disfunzione va approcciata nel trattamento esclusivamente dal punto di vista duramerico, ed è
l’unico caso in cui si può parlare di un protocollo specifico di trattamento, non si possono fare delle tecniche
strutturali perché esse non sarebbero efficaci, perlomeno non subito (cosa che accadrebbe anche in una
tecnica viscerale).
I sintomi possono essere di vario tipo, i Pz si lamentano per lombosciatalgie invalidanti che vanno e ven-
gono sempre in fase acuta; spesso passa da lombo sciatalgia a cervicobrachialgia; è soggetto ad intossica-
zioni poiché sono ridotte le possibilità di drenaggio a causa di possibili disfunzioni diaframmatiche; soffre
spesso di cefalee ed emicranie, sintomi per i quali è costretto ad usare farmaci: si crea come un corto circu-
ito ed il Pz non si riesce a liberare, ha spesso dolori all’estremità. Il Pz va osservato, si può notare una postura
schiacciata con un avvicinamento di tutti i diaframmi, postura spesso frequente negli anziani; si pongono
poi le mani sul cranio e si registrano le sensazioni. Si può valutare ad esempio se la mano riesce ad entrare in
ascolto toccando la sutura interparietale; si osserva il respiro del Pz.
Nel protocollo di trattamento si pone il Pz supino, si fa prima un test sul cranio attraverso la presa tramite la
volta per cercare di discriminare se la compressione ha una origine duramerica /membranosa oppure os-
sea; si ascolta il volume craniale sia in senso ant-post che in senso trasversale.
1. Essenzialmente il primo test è l’ascolto, nel quale appunto nel caso di una disfunzione in compressione,
non si riesce a percepire il ritmo cranio-sacrale;
2. successivamente si fa un test trasmettendo una forza trasversale al cranio testando il tentorio o
3. una forza ant-post mediante la quale si testa la falce del cervello.
La mano caudale: induca l’occipite verso l’estensione, cioè alto-dietro, poiché la SSB a Pz supino sul piano
sagittale è orientata appunto alto-dietro.
La mano craniale: con pollice indice facendo presa sulle grandi ali dello sfenoide, o più semplicemente sui
pilastri del frontale, induce trazionando le grandi ali o i pilastri meccanicamente alto-avanti.
Tortora
Domande:
Fibromialgia? Nei Pz classificati come fibromialgici spesso trovando una CCS e trattandola si eliminano
l’80% dei sintomi..
Cute del cranio? Si possono creare delle aderenze della cute e nella fascia epicranica, ci possono essere sul
cranio dei punti dolenti per es sulle mastoidi e sui punti di emergenza delle membrane]
Mettendo semplicemente la mano sul cranio del Pz, con un po’ di esperienza, noteremo se si lascia com-
primere come un “gomitolo di cotone” e si riesce ad “entrare” oppure se abbiamo una sensazione di “pietra”,
il paragone è questo: il cranio in compressione non accetta la nostra palpazione e la nostra informazione,
respinge la nostra mano. Appoggiando per es la mano sulla sut interparietale o coronale o sulla volta sen-
tiremo una resistenza all’ingresso, quando facciamo un test palpatorio (dappertutto, per es diaframma, sui
visceri..) dobbiamo prima deprimere i tessuti ed entrare nel sistema per poi fare l’ascolto e il test di mobilità.
Il cranio in compressione non accetta il contatto.
CCS e idrocefalo? La CCS non è in relazione con l’idrocefalo ma potrebbe in presenza di idrocefalo esserci
una CCS perché il ritmo è rallentato e non c’è drenaggio]
Il liquor cefalorachidiano circola all’interno delle membrane grazie al respiro craniale (flex/est), se questo
è assente o molto limitato ci saranno delle ripercussioni sul drenaggio, accumulo di tossine intracraniche e
aumento della pressione intracranica e questo si ripercuote anche nel canale vertebrale, nei metameri, sul
sistema duramerico.
Tutto il rachide risulta compresso e l’unica cosa che il Pz può fare è schiacciarsi sulle curve, ha quest’unica
possibilità di adattamento. Sono Pz bloccati, immobili che non respirano, anche il diaframma tende a non re-
spirare. Sul sacro la mano ci dà la stessa informazione del cranio, tutto il sistema è bloccato, non parliamo di
una disfunzione della base del cranio ma di una costrizione di compressione cranio-sacrale. Anche gli strain
sono delle CCS e anche qua non abbiamo parlato di una “disfunzione” cranica e non possiamo trattare gli
strain se non rilanciamo anche il sacro. D’altronde anche le altre disfunzioni della base (F-E, torsione e LFR)
possono essere secondarie a una disfunzione di sacro che deve essere sempre controllato.
È sicuro che in presenza di una CCS sia cranio che sacro devono essere rilanciati, in questi Pz avremo subito
tale approccio. Tutte le terapie cranio-sacrali sono valide in questo tipo di Pz, noi da osteopati poi
facciamo anche dell’altro, andremo a vedere da cosa dipendono lo strain, la LFR.. mentre per una compres-
sione il trattamento è più “protocollato” in prima seduta su una CCS sicuramente rilanceremo la dura
madre, poi verrà fuori anche altro..
Dal punto di vista pratico partendo dall’osservazione del Pz, questo può essere compresso e schiacciato
sulle sue curve, soprattutto se è un anziano, ha scarsa vitalità e rallentamento di tutte le funzioni interne, è
un paziente “depresso”. Il cranio è duro e compattato, assenza nell’ascolto di ritmicità e ampiezza, la qualità
del movimento cranio-sacrale quasi non si percepisce, non c’è espansione e non c’è ritorno. Possiamo incon-
trare anche Pz più giovani con un’energia vitale importante che possono difendersi dalla compressione del
sistema duramerico non andando in compressione ma in allungamento: sono pazienti rigidi, con la colonna
dritta dritta che però non si muove e non respira. Sono Pz giovani che vanno ad autoallungarsi per non com-
primersi. Sono per es gli sportivi che sollecitano molto il corpo, simmetricamente perfetti e muscolarmente
potenti, che però non hanno un sistema cranio-sacrale perché sono rigidi e non c’è mobilità all’interno di
questo corpo, manca la circolazione fluidica. Possiamo aiutarli molto, soffrono dei sintomi più disparati.
167
TEST
Una volta fatta un’osservazione e un’anamnesi di questo tipo, mettiamo le mani: stendiamo il Pz e facciamo
la presa tramite la volta. Già così riusciremo a percepire una resistenza, non riusciremo ad entrare in sinto-
nia con ritmo e ampiezza, a deprimere il tessuto per entrare nel sistema cranio-sacrale. È come se la mano
“rimbalzasse” e il Pz non accettasse questo contatto: è questa una prima fondamentale informazione.
168
Si può poi andare a decomprimere:
questa seconda parte del test è più dif-
ficile da eseguire, è come se si volesse
scollare a ventosa la sfera anteriore
dalla sfera posteriore, l’intenzione è
ora quella di aprire la SSB. Prima siamo
andati a comprime e a coattare, ora
sentiamo la risposta in decompres-
sione. Tutte e due le mani sono attive
nell’intenzione, naturalmente è più
semplice sentire con quella che aggan-
cia i pilastri del frontale o pterion men-
tre sull’occipite è più difficile capirlo ma
bisogna pensare di fare un movi-
mento a ventosa, è come se prendessimo le porzioni laterali dell’occipite e le portassimo verso il lettino. In
presenza di una compressione membranosa si sente che questo non è possibile.
Riepilogo
Se il Pz è rallentato, chiedo i sintomi, anamnesi e registro le varie problematiche.
Presa tramite la volta: testiamo se il cranio è impattato, permette o non permette di entrare. Poi mi metto
comunque in ascolto e riesco a registrare ritmo, frequenza e ampiezza oppure un ritmo molto lento e amp-
iezza molto molto scarsa.. sento che il cranio ha difficoltà a partire e a darci la sua ritmicità in flex/estensione
e di espansione e ritorno. Oppure si sente un ritmo molto accelerato con una ampiezza comunque molto
ridotta, non è qualitativamente armonioso questo ritmo.
Test sulla falce
Test sul tentorio
Test di compressione e decompressione (presa trasversale)
In fasce, facendo il test del tentorio abbiamo distinto un test in accorciamento e uno in allungamento, cam-
biando i punti d’appoggio in cui siamo attivi (squama o mastoide del temporale).. ora la prof ci suggerisce in
questo caso di concentrarci piuttosto sulle inserzioni anatomiche del tentorio, di metterci in corrispondenza
delle emergenze ossee del tentorio che sono contattabili dall’esterno (asterion o mastoide per es) perché il
169
tentorio può tendersi maggiormente in un punto qualsiasi e ci può essere una zona più implicata di altre. A
seconda del Pz che abbiamo sotto le mani facciamo il nostro test: potremo non sentire nulla a livello della
squama e invece un blocco enorme sulle mastoidi per es.. essendo così variabile ci conviene metterci sui
punti sui quali sappiamo di poter contattare direttamente il tentorio dall’esterno: su asterion (che tra l’altro è
il punto di confluenza del drenaggio..) e sulla mastoide da cui spingendo lungo l’asse della rocca (alto-avan-
ti-dentro) posso sentire se i punti di inserzione su di essa sono in tensione (a dx o a sin?).. se non trovo nulla
su asterion o su mastoide? Mi metto su squama: giochiamo noi sul Pz!
Molto importante è che il test con presa trasversale di compressione/decompressione della SSB non deve
essere fatto a caso ma cercando la linea più perpendicolare possibile passante per il centro della SSB, avvici-
nando/allontanando la parte posteriore del corpo dello sfenoide dalla parte anteriore dell’apofisi basilare
dell’occipite, la CCS è questo impattamento delle due superfici articolari, rispetto all’asse A/P (che facciamo
partire dalla glabella a arrivare a inion oppure da ofrion fino a opistion o, ancora, da nasion a inion.. ). I punti
di repere sono teorici, nella pratica non è cosi preciso e va ricercato il posizionamento più confacente per
eseguire il test su quel Pz: alcuni crani ci accorgiamo che sono tutti storti (shift, strain..) e le mani non cadono
perfettamente perpendicolari tra loro, ci adattiamo alla conformazione del cranio.
Generalmente c’è concordanza tra le informazioni ottenute dai diversi test su falce, tentorio e quello di com-
pressione/decompressione della SSB. Possiamo avere una compressione membranosa associata alla com-
ponente ossea, con la pratica capiremo cosa fare, sentiremo quando è più implicata la struttura del cranio
(le suture sono impattate e non c’è mobilità articolare del cranio) o viceversa quando il cranio si lascia com-
primere ma non si lascia decoaptare è sicuro che l’osso è libero (ma sempre nei limiti del possibile perché c’è
sempre una componente di compressione ossea) e prevale la membrana (e da questa inizio nel trattamento
in questo caso). Oppure troveremo come primario “l’osso” perché c’è stato magari un trauma diretto sul
frontale e in tale caso sarà normale trovare anche l’implicazione della falce (ma è ora secondaria) con la sfera
ant bloccata: in questa eventualità inizieremo per es a liberare dall’orbita, dalla sfera ant dx, dal massiccio
facciale..
Partiamo dal sacro: posizioniamo il bene il Pz (prono, mani sotto la fronte, rilassato, arti inferiori intrar-
uotati..) ma non andiamo a fare i test di mobilità del sacro perché esso in presenza di una CCS non ci dice
quale sia la disfunzione essendo tutto impattato. È una compressione che coinvolge il sistema duramerico
dall’occipite fino alle basi sacrali e al coccige, è tutto compromesso e bloccato, per questo il Pz si siede sulle
sue curve e non si muove, non ha possibilità di auto-allungare e se lo facciamo respirare (test sul respiro,
diaframma) vedremo che ventila poco, male e non si muove.
Dobbiamo andare a rilanciare questo asse centrale sul sistema duramerico. Per prima cosa sento che il sacro
è impattato tra le ali iliache e soprattutto su L5 (nella articolazione con la base), non riesco bene a mobiliz-
zare e se faccio un ascolto come sul cranio, non registro nessuna ritmicità e nessuna ampiezza: sulle due
mani ho la stessa sensazione di blocco, di densità e di resistenza che avverto sul cranio. Volendo rilanciare
questa mobilità perduta possiamo fare delle percussioni o delle vibrazioni sul sacro, rispettando gli assi di
mobilità. Con le eminenze delle due mani su base e AIL andiamo a comprimere rispettando l’asse trasversale
passante per S2, più volte finché registro una certa plasticità sull’osso stesso. A seconda della consistenza
maggiore avvertita sotto le mani possiamo anche spingere solo dalla base o solo dagli apici, oppure con
una componente sull’asse obliquo se registriamo una maggiore resistenza su questa direzione, su un lato o
dall’altro.
È utile rilanciare tutto perché poi vedremo che ci sono delle disfunzioni dette lesioni intraossee che spesso
ritroviamo sul sacro o sull’occipite (linee nucali) e potremo, una volta fatto il lavoro globale di rilancio, sen-
tire un punto che è fortemente bloccato, corrispondente a una lesione intraossea o a un punto di blocco,
un nodo che può dipendere da altro (per es arto inferiore) e che infine andremo a rilanciare magari con
un recoil alla fine del trattamento. Una volta rilanciato il sacro rispettandone gli assi (trasversale e obliqui)
sento che qualcosa magari succede e c’è un respiro (avverto espansione e ritorno) ma mettendo la mano
sull’occipite tuttavia avverto che nulla ancora è cambiato (ma intanto ho fatto ripartire il sistema duramerico
in basso).
Si passa allora a controllare tutto il rachide perché allo stesso modo che sul sacro, possiamo trovare dei
blocchi sulle inserzioni della dura madre nel canale midollare. Ricordiamo che si registrano delle inserzioni
su tutto il percorso del canale rachideo a livello delle emergenze dei nervi spinali, sul contorno del canale di
coniugazione. In questo caso non tratteremo le vertebre con lo strutturale ma con delle tecniche di liber-
azione delle vertebre sul duramerico che vedremo.. la tecnica di liberazione sul duramerico sull’osso sacro
è pure una tecnica di liberazione orto, andiamo a rilanciare anche il sistema ortoS che su un Pz in
compressione è rallentato.
Bypassando per ora il trattamento sul rachide arriviamo a fare il trattamento sul cranio (Pz supino). Sul
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cranio possiamo agire in tantissimi modi: rifacciamo il test su falce e tentorio e troviamo per es che la falce
(soprattutto parte anteriore) è molto impattata rispetto al tentorio (lo è, ma molto di meno), facciamo il
test globale sulla compressione/decompressione e sentiamo che ha una compressione ossea (le mani non
riescono a entrare, riesco invece a decoaptare). Abbiamo registrato quindi una CCS di origine strutturale (os-
sea) con componente falce anteriore (+++): in questo caso, volendo fare un trattamento adeguato a questo
tipo di paziente, inizieremo dall’osso frontale, per esempio, andremo a liberare le suture della sfera anteriore,
la componente ossea ci indirizza infatti verso le suture SS e SF (tecnica a 4 tempi). Una volta liberate queste
ritesteremo: se c’è ancora qualcosa, lavoreremo per esempio sulla falce o su un singolo osso, su metopica
con i recoil, su un punto che resta.. chiediamo poi al Pz se ha avuto dei traumi, da piccolo magari, indaghia-
mo sui sintomi.. questo è un esempio su come procedere su un caso specifico.
In presenza di CCS ci sono poi delle particolari tecniche di scollamento, perché a volte non basta lavorare
sulle suture direttrici essendo molto implicate a volte anche le membrane (pur essendo la CCS essenzial-
mente di origine ossea). Sono chiamate tecniche di frontal lift, parietal lift e temporal lift, che si possono
utilizzare per drenare e per liberare.
Nel caso in esame faremo sicuramente una tecnica di Frontal
Lift (lift: ascensore, risalita). Immaginiamo il frontale impattato
sulle sue superfici con tutto quello che gli sta posteriormente
(con le grandi ali dello sfenoide, la sutura coronale..) e che non
siamo riusciti a liberarlo anche dopo aver lavorato la struttura
articolare, possiamo allora pensare di fare un lavoro di questo
tipo: con le eminenze ipotenar prendo contatto con i pilastri
esterni del frontale, aggancio le dita delle due mani tra loro e
l’intenzione è quella di scollare l’osso nella sua parte posteri-
ore (l’accollamento con la falce), portandolo in avanti e verso il
basso, scollandolo dalle grandi ali e dalla coronale. Si contatta, si
prende e meccanicamente si scolla.
Si avvicinano i punti di contatto (eminenze tra loro), si alza (verso soffitto, cioè si anteriorizza) e si porta verso
il basso (piedi del Pz). Si mantiene la tecnica per un po’ di tempo, facendo magari respirare il Pz profonda-
mente. L’intenzione anche in questo caso è molto importante: è quella di scollare l’osso dalle suture artico-
lari e liberare la falce, dando l’induzione “giusta”, ossia rispettando quello che il Pz (i tessuti) ci dice di fare. Nel
caso in esame per es si sente durante la tecnica che a dx si sta liberando e a sin no: si darà quindi una com-
ponente maggiore a sin, sempre di lift e di discesa, facendo respirare profondamente il Pz e tenendo sempre
accollate le eminenze tenar. A un certo punto rilasciamo e ripetiamo il test.
Il Temporal Lift è una tecnica di scollamento del temporale at-
traverso il tentorio, nel caso in cui sia questo ristretto e teso (piut-
tosto che la falce), con perdita di mobilità della grande circonfer-
enza, che quindi vogliamo allungare. Possiamo facilmente utilizzare
i padiglioni auricolari (classicamente si descrive la presa sui lobi, ma
siamo più incisivi sul padiglione) afferrandoli con pollice e indice e
effettuando una spinta opposta alla direzione dell’apice della rocca
petrosa (ossia in basso, dietro e fuori). Immaginiamo l’asse della
rocca e mentre diamo questa induzione di spostamento, sentiremo
su una mano piuttosto che sull’altra una maggiore o minore pos-
sibilità di scollamento (come visto per il frontal lift) e insisteremo di
conseguenza più su una parte finché cede la tensione e abbiamo la
stessa informazione su mano dx e sin. Il temporal lift va a drenare tutta la porzione di inserzione della
grande circonferenza che percorre la rocca fino al suo apice, quindi immaginiamo tutte le suture che sono
implicate: sfeno-basilare (SSB), petro-basilare, petro-giugulare, sfeno-petrosa fino alla OM e andiamo cosi
a liberare tutta la zona. Sono suture importanti per il drenaggio e anche per il passaggio di nervi: diamo
un’importante info sia neurovegetativa, sia nervosa, sia vascolare e membranosa.
172
Parietal Lift: è importante prendere la giusta posizione, con-
tattare i due parietali e scollarli dalle suture limitrofe: parieto-
squamosa, coronale, lambdoidea e aprire decisamente la su-
tura interparietale. Questa si testa e si tratta con i due pollici
incrociati, si va praticamente ad aprire tutto dalla coronale
fino a lambda, se esiste sulla sutura un punto più bloccato lo
andiamo a liberare con un recoil. Questo nel caso volessimo
liberare tutta la componente ossea in una CCS ossea, dopodi-
ché facciamo lo scollamento dei parietali, conoscendone gli
assi di mobilità e le sue possibilità plastiche, niente di più
semplice che andare verso l’alto.
Stessa cosa possiamo fare sull’occipite per aprire il foro occipitale: in una CCS (in cui la dura madre tira, il
sacro sale e l’occipite scende) immaginiamo che cosa succede a livello membranoso sul foro occipitale. I Pz
soffrono di cervicalgie, torcicollo, emicranie, difficoltà di drenaggio.. una volta fatto questo trattamento è
importante aprire il foro occipitale e decoaptare questa zona, distendere le fasce nucali posteriori (abbiamo
visto come con il prof Pecorelli). Con tali tecniche di lift andiamo ad agire direttamente o indirettamente
sulle MTR.
Un’altra possibilità di scollare la componente ossea è quella con
la presa con i pollici sulle grandi ali dello sfenoide (pterion), gli
indici in direzioni dell’apofisi mastoidea e il resto delle dita vanno
sotto l’occipite: possiamo fare in questo modo sia il test che il
trattamento. Se c’è una compressione ossea le superfici ossee
di occipite e sfenoide sono impattate (SSB): andiamo col test a
sentire se e come lo sono, portando le grandi ali in basso e avanti
(flex) e l’occipite in estensione e percepiamo se è possibile. Nel
caso non lo fosse possiamo utilizzare la stessa presa per indurre
le ossa, portare un contrasto di forze tra le due sfere, vogliamo de-
coaptare la superficie della SSB e utilizziamo per far ciò la periferia
per arrivare al centro. Portiamo la sfera ant in flessione e trascino
in estensione quella post, manteniamo per un po’ di tempo, non rispettando l’IRC ma agendo meccanica-
mente, finché sentiamo che questo conflitto di posizionamento tra le due sfere a un certo punto ci darà una
risposta, che è membranosa: un ritorno, un richiamo, vuol dire che qualcosa all’interno si è “aperto”.
Ripetiamo poi il test.
Possiamo fare qualsiasi cosa nel trattamento della CCS sul cranio, facendo bene i test ci indirizzeranno su
dove iniziare il lavoro.
Per quanto riguarda la componente membranosa, sulla falce si lavora con la stessa presa del test, si va in
aggravamento (compressione A/P) e dando questa induzione si sente sotto le mani cosa fa il cranio. È come
un elastico, qualcosa di vitale e c’è ancora movimento: anche se non lo percepiamo bene all’ascolto perché
c’è la disfunzione della base in compressione, se noi diamo un’induzione per forza dobbiamo registrare una
risposta che dovremo seguire nella direzione che indica, finché ci dà movimento (riduzione funzionale).
Stessi principi per il tentorio: presa uguale al test, si va comprimere cercando la direzione (se si deve spin-
gere più da un lato, dall’altro, contemporaneamente), aspettiamo la risposta.
Dopo questo lavoro testiamo di nuovo il cranio con la presa fronto-occipitale che possiamo anche utiliz-
zare per lavorare globalmente le membrane: si comprime fino ad arrivare al centro della SSB (direzione
parallela all’asse) e rimaniamo su tale livello. Stiamo comprimendo le membrane in massima estensione
(non riescono più ad andare in estensione ma possono solo comprimere) e sentiamo sotto le mani che suc-
cede, ancora una volta il cranio potrà darci: una torsione dx o sin, una LFR dx o sin.. giocherà sui suoi possibi-
li adattamenti periferici, è come se facessimo una pulizia a ritroso: libero le membrane, levo la compressione
e il cranio ci dirà quello che c’era prima sotto, come è arrivato alla CCS. Nell’esempio specifico ci mostra una
torsione dx: la manteniamo (sempre tenendo in compressione con le due mani) finché non cede (se non ci
dice nulla, invochiamo noi il movimento inducendo una torsione sn). Vogliamo ritornare su tutti i parametri
possibili: gli strain, le LFR.. tutte le componenti possibili, conoscendo gli assi, i parametri e i piani di adatta-
173
mento. Seguiamo fino alla fine le membrane sinché registriamo finalmente un certo ritmo e una certa amp-
iezza, non sarà un miglioramento esponenziale subito al primo trattamento ma comunque se già si riesce a
sentirlo è un ottimo risultato per una CCS. Finalmente il liquor continuerà a circolare ed è importante il fatto
che inizierà ad essere riprodotto.
Alla fine rimetteremo il Pz prono, avendo lavorato su cranio e sacro diamo una informazione ultima su questi
punti, una registrazione. Dobbiamo avere alla fine la stessa informazione sulle due mani, perché potremo
avere il sacro libero e il cranio libero ma non sincroni. Dobbiamo invece dare una informazione in più per
metterli in sincronia: significa che quando l’occipite va in flessione (o in estensione), il sacro lo segue altri-
menti il lavoro è stato inutile, si rimette il Pz in piedi e questo ricade nella sua compressione (magari non
subito). È fondamentale a fine trattamento rimettere in sincronia i sistemi, nel caso in esame per es, si sente
che il sacro si muove bene ma il cranio è ancora un po’ debole, registro e do una induzione in flessione sul
cranio (per es) e faccio seguire tale flessione sul sacro, blocco in flex il cranio e dovrebbe farlo anche il sacro:
se non sono in sincronia allora lo blocchiamo noi attivamente nella posizione di flex. Poi facciamo il con-
trario (stesso lavoro in estensione). Possiamo anche partire dal sacro e vedere se l’occipite segue, ci dicono le
mani quel’è il prioritario, non c’è una regola fissa.
Dobbiamo sentire stessa ritmicità,
stessa frequenza e lo stesso impulso
che parte e arriva nel medesimo
momento: quando le due compo-
nenti viaggiano assieme significa che
abbiamo riarmonizzato e il lavoro
è concluso (nel caso non riuscissimo
magari c’è una vertebra che blocca, un
rene, un viscere.. l’interferenza di altri
sistemi).
Molto spesso nella CCS ritroviamo il depressed sacrum oppure un sacro che è in posteriorità bilaterale ma
non perché lo sia come dinamica ma piuttosto perché è proprio risalito, trazionato dalla dura madre: ab-
biamo infatti detto che non si fanno i test iniziali di mobilità sul sacro ma cerchiamo di “sbrinare” e rifacendo
poi il test si trovano magari delle posteriorità bilaterali che sono poi indice di uno stato di depressione endo-
gena del Pz.
Non si descrivono i segni visivi nelle CCS perché non ci sono adattamenti periferici dei 4 quadranti, non
possiamo evidenziare uno stato proprio della CCS (magari abbiamo invece uno stato di LFR con una CCS).
Quello che invece vediamo (Pz in piedi) è fortemente una compressione sulle curve, il rachide è tutto com-
presso e se è vero che il sistema duramerico si difende andando in compressione (sulla SSB e sul sistema
cranio sacrale), il Pz non può far altro che sedersi sulle sue curve. Quando ascoltiamo i suoi diaframmi, questi
saranno poco mobili, ventila poco: non è che sia dispnoico ma se ci mettiamo in ascolto fasciale sul respiro
sentiremo una perdita di mobilità, manca di vitalità.
Come atteggiamento fa pensare al Pz parkinsoniano, ma tutti i Pz anziani sono così per l’aumento della vis-
cosità della dura madre e la perdita della componente acquosa (come fa tutto il connettivo che sclerotizza,
andiamo in osteoporosi, artrosi: è una degenerazione fisiologica). Tutti gli anziani sono in compressione e il
sistema posturale non glielo cambiamo ma cambia magari la dinamica, con enormi risultati funzionali, per-
ché andiamo a drenare moltissimo, rilanciando il drenaggio profondo. Per rilanciare ulteriormente il drenag-
gio possiamo associare a questo trattamento: un lavoro sul 4 ventricolo (a scopo drenante), la scapola (sec-
ondo il “protocollo” di Audouard..), lo sterno, i reni e le aponevrosi. Attiviamo tutto il sistema di drenaggio
perché le tossine che erano all’interno di questo sistema rallentato, iniziano ad uscire e tutto viene portato
verso l’esterno. Il drenaggio avviene tramite i reni tramite il trattamento delle membrane interossee su cui
si sono depositate le tossine, per questo i Pz hanno forti dolori alle estremità (male alle mani, le dita non si
piegano), dolori al gomito, spalle, ginocchia e caviglie..lavoriamo sulle ossa: libero ulna e libero perone ma
ancor prima sulle membrane interossee, sono fondamentali perché sono le serrature per aprire le porte da
cui uscirà il fiume. Il Pz inizierà a sudare, va in accelerazione (l’ortosimpatico pompa di più), con l’urina e la
funzione intestinale elimina le sue scorie. Inizierà cosi anche a diminuire la sintomatologia (dalla cervical-
gia alla sciatica, dolori diffusi, emicranie e costipazioni.. qualsiasi essa fosse). È vero che c’è un protocollo
174
ma questo deve sempre rispettare il Pz che abbiamo sotto le mani: se trovo il sacro libero passerò al cranio
piuttosto, se trovo falce libera magari troverò il tentorio, oppure la struttura: quello che le mani mi dicono, il
discorso è sempre quello di testare e agire poi di conseguenza.
Non ci sono controindicazioni specifiche per il trattamento descritto, bisogna stare magari più attenti alle
persone anziane: è un trattamento potentissimo e dobbiamo dosare le informazioni che forniamo, rispettare
il paziente (magari un anziano con ipertensione..)
La CCS può instaurarsi subito in seguito a un trauma, può essere un modo con cui il corpo si difende
dalle sollecitazioni esterne senza che ci siano stati eventi acuti traumatici o di intossicazione, può essere
l’assommarsi di più tensioni membranose, di più disfunzioni della base (si produce prima uno strain e poi
entra in CCS come ultima possibilità del cranio di adattarsi). Possono esserci CCS nei neonati in seguito a
un modellaggio estremo in un parto difficile: il cranio è impattato e deforme in funzione delle sollecitazioni
avute durante l’espulsione). Sono spesso bambini rallentati, sempre malati per difese immunitarie precarie,
sempre stanchi, in casi estremi soffrono di ipostimolazione ipofisaria (nanismo) e si riesce a intervenire su
questi crani modellandoli.
Nel caso di Pz col Parkinson si ottengono con questo trattamento dei benefici e si può ripetere per miglio-
rarne la qualità della vita ma non si agisce sulla malattia in senso stretto, meglio lavorare osteopaticamente
su Pz “sani”.
5 sem Audouard
Piccolo bacino
Maurice fa un esercizio teorico-pratico, facendoci mettere
le mani come a formare un cerchio un contenitore, con i
gomiti appoggiati sul lettino, per rappresentare il piccolo
bacino e fa riflettere sulla organizzazione anatomica delle
strutture contenute in quest’ultimo:
pensiamo a 11-11,5 cm nel senso antero-posteriore, a 11,5-
12 cm in senso trasversale, a 11-12 cm in senso verticale.
Queste sono le dimensioni reali del piccolo bacino. A queste
dimensioni, nel senso ant-post, dobbiamo togliere 1 cm
soprattutto nella parte post, poiché c’è il piriforme che di-
minuisce appunto il diametro post di circa 1 cm.
Nella parte laterale dobbiamo togliere 1 cm a dx e 1 cm a sin, poiché ci sono i 2 mm. otturatori int. Al di
sopra immaginate la cavità peritoneale che appoggia, in particolarie il tenue, che con la sua matassa è molto
pesante; il tenue si invagina e di conseguenza tutte le anse intestinali entrano nel piccolo bacino, con la
particolarità che nella donna finisce nel cavo del Douglas. Davanti al sacro c’è il retto (10). Dietro la sinfisi
pubica c’è la vescica (11). Al di sopra della vescica, nella donna c’è l’utero (12) che occupa 6-7 cm in senso
ant-post e 2 cm in senso verticale di spessore. Lateralmente all’utero immaginate 2 tubi che partono lateral-
mente e nella parete posteriore finiscono con le 2 ovaie (13).
Ogni ovaio a dx e a sin fa 4 cm di altezza (nell’uomo sotto la vescica c’ è la prostata).
Immaginiamo tutto il plesso lombare (14), la biforcazione dell’a. iliaca (15) e tutti i tronchi venosi e
arteriosi che arrivano negli arti inferiori per poi risalire; mettiamo tutta la via linfatica (16) con i numerosi
linfonodi e una ipertonia dei mm. rotatori esterni. A partire dunque dagli organi del piccolo bacino, ci può
essere un interessamento del piriforme e dell’otturatore interno che causano una rotazione di anca, e a
seguire una disfunzione sacrale.
Poi penso al diaframma toraco-addominale (17) (per l’asse aponeurotico centrale che arriva
all’apofisi basilare dell’occipite). Perché il diaframma? Penso a:
pilastri (18)
coste (19)
fegato (organo molto pesante) (20)
stomaco (21)
mediastino (organi sovra diaframmatici) (22)
stretto toracico superiore (perché? Per i muscoli trapezio e SCOM) (23)
clavicola e K1-K2-K3-C7-D1 (24)
C3-C2-C1-C0 >>> DURA MADRE e SACRO (di nuovo Occipite) (25)
La finalità è quella di correggere il singolo occipite, dopodiché si può riarmonizzare la sfera ant e la sfera
post.
Il cranio è un’entità; l’osteopatia deve pertanto ricercare la causa disfunzionale che impedisce a questa entità
di lavorare bene. È la ricerca della causa, dell’elemento particolare, per ritrovare il globale.
177
REVISIONE argomenti di cranio 1
Di ogni singolo osso è necessario sapere: asse di mobilità; suture principali e dinamica; ma soprattutto gli
interessi che tale osso ha con il resto del cranio e fuori dal cranio, utile per i collegamenti logici. Vi riporto qui
di seguito tutto quello che ha detto il prof. a lezione, più assi di mobilità, meccanica e tutti gli interessi per
ciascun osso.
OCCIPITE: comanda la sfera posteriore, nel senso che è l’osso principale di tale sfera.
1 sutura direttrice: occipito-mastoidea; la fisiologia dell’occipite è in relazione con quella del sacro (meccan-
ismo cranio-sacrale: occipite in F, anche sacro in F (le emibasi vanno alto/dietro; gli apici vanno alto/avanti).
Asse di mobilità: asse trasversale-orizzontale che va da CSM dx a CSM sin. Questo asse è giustificato dal
movimento della SSB che avviene su un piano sagittale e che, nel tempo di flessione del cranio, aumenta la
sua convessità verso l’alto e un po’ verso l’avanti L’asse di movimento deve quindi essere perpendicolare a
questo piano di mobilità.
Fattori di mobilità: tutte le membrane (falce del cervello, falce del cervelletto e tentorio).
Fattori di restrizione di mobilità (locali): temporale, mandibola e tutte le problematiche occlusali riguardanti
l’ATM; parietale; sfenoide.
Fattori di restrizione (in periferia, a distanza): Sacro, C3-C2-C1(dura madre), asse aponeurotico centrale (col-
lega il tubercolo faringeo, presente nell’apofisi basilare dell’occipite, al centro frenico del diaframma, pericar-
dio), stretto toracico superiore, massiccio scapolare (SCOM, trapezio); muscoli sottoccipitali che collegano
occipite a C1 e C2.
Fisiologia dell’occipite
Nel tempo di Flessione del cranio globalmente l’occipite inverte la sua rotazione e da dietro, avanza ante-
riormente.
squama: indietreggia e si apre trasversalmente (aumento del diametro trasversale)
apofisi basilare: si adatta avanti-alto
lambda: si adatta basso-dietro
inion: si adatta basso-dietro
asterion: in teoria va basso-dietro; in pratica si espande trasversalmente a causa della inserzione a questo
livello della falce e del tentorio che riducono il diametro verticale e anteroposteriore, ma aumentano quello
trasversale)
apofisi giugulari: hanno una direzione obliqua e sono davanti all’asse; si adattano in alto-avanti-fuori; esse
entrano in contatto con la faccia inferiore della rocca petrosa del temporale (sutura occipito-mastoidea).
Esse arrivano alla metà della lunghezza della rocca petrosa: quando l’occipite fa la flessione, le apofisi giugu-
lari si adattano in alto/avanti/fuori, spingono da sotto la rocca petrosa e ne determinano l’adattamento in RE
(l’occipite imprime la sua forza arrivando al centro della rocca petrosa, e ciò giustifica la rotazione esterna del
temporale).
Nel tempo di Estensione avviene l’esatto contrario.
Interessi dell’occipite:
Membranoso: membrane (dura madre; falce del cervello e del cervelletto; tentorio)
Venoso: poiché le membrane si inseriscono nelle ossa craniche e si dividono formando i seni venosi (il 90%
del sangue del cranio è drenato dal foro giugulare)
Di tipo nervoso: per i nervi IX- X- XI (che escono dal foro giugulare: il IX dalla porzione anteriore;
mentre il X e l’XI dalla porzione intermedia).
Di tipo muscolare sul cingolo scapolare, vertebre cervicali e dorsali tramite il trapezio e lo SCOM.
Tramite i muscoli sub occipitali >>> importanti sono i rapporti con l’occhio.
NB. Tutti i fori del cranio hanno una dinamica di apertura maggiore nel tempo di flessione e una dinamica di
apertura minore nel tempo di estensione, tranne il foro giugulare che ha una dinamica di apertura maggiore
nel tempo di estensione, a causa della direzione del drenaggio del cranio che è ant-post.
Foro giugulare: è diviso in 3 porzioni dal leg Petro-Giugulare, legamento costituito da 2
fasci: porzione anteriore > IX paio di nn.cranici e seno petroso inferiore; porzione intermedia > X-
XI e arteria meningea posteriore; porzione inferiore > seno sigmoideo e vena giugulare interna.
178
Foro giugulare porzione anteriore > IX paio di nn.cranici e seno petroso inf
porzione intermedia > X-XI e arteria meningea post
porzione inferiore > seno sigmoideo e vena giugulare interna.
PARIETALE: osso della sfera post
Asse di mobilità: asse ant-post che va da Stephànion (avanti_punto perno sulla sutura coronale) al punto
perno del cambio di smusso della sutura lambdoidea o parieto-occipitale (dietro). La presenza di questo
asse è giustificata dalla falce.
Il parietale aiuta la RE dei 2 temporali; inoltre essendo un osso in relazione sia con la sfera anteriore che con
la sfera posteriore, può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB;
stesso dicasi per le 3 suture direttrici e per lo zigomo tramite la sutura temporo-zigomatica; ma anche la
sutura coronale e la sutura sfeno-parietale.
cause del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB
parietale
sutura sfeno-parietale
sutura coronale
zigomatico (per la sutura temporo-zigomatica)
le 3 suture direttrici
Fattori di mobilità: falce del cervello; parietale controlaterale
Fattori di restrizione di mobilità: frontale, occipite, temporale, mandibola, parietale controlaterale.
FISIOLOGIA del parietale
Nel tempo di Flessione globalmente i parietali indietreggiano e si abbassano
Sutura Interparietale o intersagittale: si abbassa, poiché la falce la tira verso il basso, diminuendo il diametro
verticale;
angolo antero-inferiore: è in relazione con la porzione superiore della grande ala dello sfenoide e si adatta in
basso-avanti-fuori (la sutura sfeno–parietale è obliqua quindi 3 direzioni).
Bordo inferiore del parietale: si articola con la squama del temporale: si adatta in basso-fuori.
Angolo post-inf: si articola con la porzione mastoidea del temporale: basso-avanti-fuori.
Nella fase di RE il parietale aiuta la RE del temporale
Nel tempo di E avviene l’esatto contrario.
Interessi del parietale
È un osso di protezione, ma è poco adattabile soprattutto dopo fratture;
Membranoso: falce del cervello
Venoso: seno longitudinale sup
Venoso specifico: seno laterale, presente a livello di Asterion, va dall’angolo post-inf del parietale alla squa-
ma dell’occipite, dove nella faccia endocranica c’è la confluenza dei seni (in basso). A livello di Asterion si
inserisce il tentorio che, appunto dalla squama dell’occipite, poi prosegue portandosi al bordo superiore
della rocca petrosa.
Crescita ant-post del cranio (tramite sutura coronale e lambdatica); crescita trasversale del cranio (tramite
sutura interparietale).
Muscolare: c’è un collegamento tra aponeurosi del muscolo temporale e la mandibola. Infatti il m. tempo-
rale collega il parietale fino alla mandibola. Lo spasmo di quest’ultimo può creare una disfunzione di RI del
parietale, in quanto l’angolo antero-inferiore del parietale non va in basso-avanti-fuori come dovrebbe, ma
presenta restrizione in questa direzione, adattandosi invece in alto-dietro-dentro.
180
} SCOM_inserz sulla mastoide che in RI va basso-avanti-fuori
in RE va alto-dietro-dentro
Ricordare:
parte ant dell’encefalo >> vascolarizzata dal sistema carotideo interno (arteria carotide int > a. oftalmica)
parte post dell’encefalo>>vascolarizzata dal sistema delle arterie vertebrali (a.vertebrale>>a. uditiva interna)
182
ZIGOMO: osso della sfera anteriore e del massiccio facciale
Asse di mobilità: asse piuttosto teorico poiché non ci sono becchi di flauto e cambi di smusso, obliquo su di
un piano orizzontale diretto in avanti-dentro; va dalla sutura temporo-zigomatica al punto di incastro e av-
vitamento con la piramide del mascellare.
Fattori di mobilità: 1. apofisi zigomatica del temporale (dove l’apofisi zigomatica del temporale poggia
sullo zigomo, anche se c’è un tavolato non costante perché sottoposto alle forze dei muscoli masticatori); 2.
bordo anteriore della grande ala dello sfenoide; 3. pilastro orbitale esterno del frontale (sutura fronto-zigo-
matica, dove lo zigomo che ha un tavolato interno ricopre il frontale, ecco spiegato perché il pilastro è uno
dei fattori di mobilità).
In seguito all’azione di questi 3 fattori di mobilità, lo zigomo è avvitato sulla piramide del mascellare.
Fattori di restrizione di mobilità: temporale, frontale, sfenoide, mascellare, mandibola.
cause del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB
parietale
sutura sfeno-parietale
sutura coronale
zigomatico (per la sutura temporo-zigomatica)
le 3 suture direttrici
Osso impattato a paracadute sotto il frontale che lo comanda tramite la sutura fronto-mascellare che è ad
incastro; molto spesso sottoposto a traumi e contusioni, esso è quindi un osso di protezione ed il rischio è
che sia impattato sulla piramide del mascellare.
Orbita (importanza sulle funzioni oculari per l’inserzione di numerosi gruppi muscolari soprattutto
per il tendine riflesso del m. retto esterno e m. piccolo obliquo e per la ghiandola lacrimale che viene striz-
zata a mo’ di spugna e il suo contenuto ha una funzione lubrificatrice).
Mascellare: lo zigomo si avvita sulla piramide del mascellare, con ripercussioni sul seno mascellare in ap-
ertura o chiusura del suo orifizio (fondamentale per il passaggio di aria, quindi umidificazione e trofismo).
Il mascellare è un importante fattore di restrizione di mobilità e un osso che condiziona molto la fisiologia
dello zigomo. Lo zigomo al contrario costituisce un fattore di mobilità enorme per il mascellare, il principale.
Essendo avvitato in RE sulla piramide del mascellare, lo zigomo interviene sulla fisiologia in apertura del
seno mascellare (importante ciò per la funzione di areazione).
Dell’osso ETMOIDE abbiamo già parlato, parlando dello sfenoide, frontale e mascellare; questo è
un osso importante da un punto di vista meccanico.
In fisiologia nel tempo di F, la parte anteriore del corpo dell’etmoide sale (tirato dalla inserzione della falce
sulla crista galli), mentre la parte posteriore (i 2/3 posteriori del corpo) scende spinto dallo sfenoide (bas-
cula); in questo modo avviene la controrotazione di etmoide su sfenoide (che a sua volta esegue anche una
controrotazione rispetto all’occipite)> meccanismo di bascula.
FOSSA PTERIGO-MASCELLARE
Se penso alla fossa pterigo-mascellare, devo pensare alla sua localizzazione e che tale fossa è costituita ana-
tomicamente dai seguenti elementi:
tuberosità post del mascellare
185
lamina verticale del palatino
processi pterigoidei dello sfenoide
faccia inf del corpo dello sfenoide e bordo inf faccia laterale delle grandi ali
foro sfeno-palatino
Cosa contiene tale fossa?
Ganglio sfeno-palatino
Foro sfeno-palatino
A. mascellare interna che viene dalla a. carotide esterna
N. palatino maggiore
Elementi che sono all’interno>>> funzione: trofismo delle mucose dell’occhio, del naso e della bocca.
La particolarità di questi 3 elementi occhio, bocca e fosse nasali è che tutte e tre sono in contatto con
l’ambiente esterno. Essi rappresentano elementi di difesa immunitaria e danno il trofismo delle mucose. Chi
mi assicura le difese immunitarie? Sangue, vascolarizzazione e sistema nervoso autonomo-neurovegetativo.
Quindi 2 elementi:
a) neurovegetativo (ganglio sfeno-palatino)
b) vascolare arterioso (per portare il nutrimento e la vascolarizzazione).
Come faccio per lavorare questi elementi? Mediante 3 modalità
È importante dunque collegare tutto e ogni volta che testiamo e trattiamo una zona, questa zona deve
avere per noi un significato clinico. Quindi perché il diaframma? Perché lo stretto toracico superiore? Perché
la clavicola o il tratto C7-D1?
PRATICA: breve riepilogo di tutti i test di induzione per le disfunzioni della BASE CRANICA
Posizionamento: presa tramite la volta cranica
186
Mi metto in ascolto di ritmo e ampiezza che ci danno una idea della condizione generale del Pz; dopo averli
percepiti attentamente li descrivo.
TEST per uno STRAIN LATERALE dx (scelgo il tempo di F poiché la grande ala va avanti)
Tempo di F: indice e mignolo dx inducono in avanti (cioè verso l’osteopata e quindi verso il soffitto);
mentre indice e mignolo sx inducono indietro;
stesso dicasi per testare uno strain laterale sin: induco l’indice e il mignolo sin in avanti; indice e mignolo dx
indietro.
Anche qui come per le altre disfunzioni sento dove c’è restrizione di mobilità, e denomino la disfunzione
osteopatica nel senso della maggior ampiezza.
STRAIN VERTICALE:
dapprima testo la sfera anteriore nel tempo di F, e successivamente nel tempo di E.
Dopodiché mi occupo della sfera posteriore e testo la sua flessione (in un tempo di F) in
confronto alla sua estensione (nel tempo di E).
Poi confronto i parametri e denomino la disfunzione nel senso della maggiore ampiezza.
L’Orecchio_PREMESSA
Si studia l’orecchio perché nella pratica, a volte, ci si confronta con questa regione, incontrando molto spes-
so Pz con otiti, problemi di vertigini, di udito,….Non esistono tecniche specifiche per trattare questi disturbi,
forse una, ma andremo ad utilizzare le tecniche strutturali, viscerali e cranio-sacrali che già conosciamo.
L’orecchio è la sede di due sistemi riflessi indispensabili a due funzioni:
sistema cocleare per la funzione uditiva
sistema vestibolare, appartenente allo stato girestesico, che governa l’equilibrio.
Il sistema vestibolare partecipa inoltre ad un’altra funzione con l’aiuto dei recettori sensoriali: al riconosci-
mento dell’ambiente che ci circonda per decidere se esplorarlo o proteggercene.
Per esplorare si intende mangiare, bere, cercare un partner, che sono le 3 funzioni vitali per assicurarsi il be-
nessere psico-emozionale, mantenersi in vita e mantenere la specie.
187
Allo stesso tempo servono alla nostra conoscenza corporea, all’individualizzazione e a delimitare i nostri
confini rispetto all’ambiente esterno.
I recettori e le connessioni sono fondamentali perché la funzione esista; essa appartiene al SNC, alla Cortec-
cia precisamente.
Anatomia
L’orecchio è suddiviso in 3 regioni: orecchio medio
esterno – medio – interno orecchio interno
La regione esterna comprende il padiglione e il
condotto uditivo esterno. Il padiglione serve a rac-
cogliere e utilizzare le vibrazioni aeree, le quali gen-
erano il suono (il suono è l’interpretazione).
Le vibrazioni sono interpretate solo per una certa
gamma di frequenza, compresa tra 20 e 20000 Hz.
L’orecchio esterno è a metà distanza tra ATM e apofisi
mastoidea, forma l’angolo cefalo-auricolare com-
preso tra 20-30° (non arrivare a conclusioni affrettate
di una disfunzione di RI o RE se si trova un angolo
più o meno chiuso; può dare un’idea sullo stato del
cranio ma non di più).
Il padiglione è costituito da uno scheletro tuba di Eustachio
orecchio esterno
fibro-cartilagineo e le cartilagini che lo costituiscono vanno a formare una conca centrale dove convogliano
le vibrazioni.
Le varie parti sono unite da muscoli e legamenti intrinseci, che non hanno mobilità (mentre negli animali sì,
pensate per es al cane).
Anche i muscoli estrinseci non danno una gran mobilità, servono a muovere il padiglione rispetto alla testa
nella sua totalità. Questi muscoli auricolari, posteriore, medio e anteriore, sono innervati dal facciale (VII
nervo cranico).
Innervazione del padiglione auricolare
Tracciamo una linea immaginaria verticale
che passa per il CUE: ramo auricolo-
- la parte anteriore è innervata dal ramo temporale
del V3
auricolo-temporale del V3
- la parte posteriore è innervata dal ramo
auricolare del plesso cervicale anteriore ramo n. facciale VII
auricolare
(l’auricolare, il mastoideo e il cervicale tras- del plesso
verso o mandibolare sono i rami ascen- cervicale
denti esterocettivi del plesso; gli altri rami anteriore
del plesso vanno alla spalla)
- la conca è innervata dal facciale VII
- pelle e CUE innervati dal vago X.
La presenza di molti nervi ci fa capire
l’importanza funzionale di questa regione.
epidermide: n. vago X
NB. C1 C2 C3 C4 formano il plesso cervicale posteriore e anteriore; C1 si dice non sia un nervo sensitivo,
sbagliato, è giusto dire che non è esterocettivo, perché tutti i nervi sono motori e sensitivi, anche perché
contengono fibre neurovegetative che sono sia l’uno che l’altro.
Il CUE (condotto uditivo esterno) è un tubo che conduce all’orecchio medio, serve da cassa di risonanza
e soprattutto a concentrare le vibrazioni aeree per guidarle in fondo al timpano (i rilievi del padiglione le
guidano). Le vibrazioni sono all’origine di un fenomeno meccanico fatto di compressioni e decompressioni
molecolari che finiscono per scontrarsi sulla membrana timpanica; solo l’1% diventa suono, il resto viene
riflesso indietro.
188
È per conservare la qualità dell’impatto
che il padiglione si restringe. Il CUE è
costituito da una parte scheletrica
cartilagini auricolari (parte postero-superiore) e una parte
cartilaginea (antero-inferiore). La parte
ossea è costituita da rocca, squama e
timpano (ossia le 3 porzioni costitutive
del temporale a livello embriologico).
Orientamento del CUE: avanti-dentro,
CUE labirinto forma un angolo di 10° circa con il piano
frontale, un angolo di 80° con il piano
sagittale; ricoperto di pelle che presenta
ghiandole sudoripare e ceruminose
(queste ultime sono una trasformazione
membrana
timpanica delle sebacee e hanno funzione di pro-
tezione dagli insetti).
In un contesto patologico l’orecchio esterno può essere colpito da otite esterna che, se trascurata o mal cu-
rata, può portare a complicazioni quali formazione di colesteatomi (tumori della pelle). Ne segue un attacco
all’orecchio medio con conseguente difficoltà di trasmissione e ipoacusia o acusia totale nei casi estremi.
Unico trattamento adeguato: antibiotico!
L’orecchio medio è costituito da cavità che scavano la rocca petrosa, in relazione con l’ambiente es-
terno, con la rinofaringe.
È suddiviso in 3 porzioni, da dietro all’avanti:
cellule mastoidee
cassa del timpano
tuba di Eustachio.
Funzione: assicurare la trasmissione delle vibrazioni.
La cassa timpanica è una
regione crocevia contenente
gli ossicini; topograficamente
comprende tre livelli:
- l’Attico a livello superiore con
martello e incudine
Dimensioni
Altezza e lunghezza media: 15 mm
Larghezza max: 5 mm in alto e in basso, a livello dell’atrio 1-2 mm
In questo volume sono contenuti gli ossicini e oltre allo scheletro c’è la mucosa che lo ricopre e che riduce
ancora di più il volume; altri elementi sono i legamenti e i muscoli che servono a stabilizzare e animare gli
ossicini. Si capisce bene come una minima alterazione della mucosa si ripercuote sulla funzionalità con dif-
189
ficoltà di trasmissione.
La cassa del timpano è delimitata da pareti laterali e antero-posteriore, soffitto e pavimento.
Cassa_Parete ESTERNA
La parete esterna della cassa per 2/3 inferiori è fibrosa e quindi costituita dalla membrana timpanica, il resto
formato da tessuto osseo detto “muro della loggetta” (spazio corrispondente all’attico). In questa parete 2
orifizi:
- orifizio posteriore: punto d’entrata della corda del timpano, nervo collaterale del facciale*
- orifizio anteriore: punto d’uscita della corda dal timpano (esce dal cranio attraverso la scissura di Glaser,
che si trova nella cavità glenoidea del temporale).
*nella cassa del timpano il nervo viene ad applicarsi contro il martello (se siete bravi vi spiegherò perché).
orefizio d’entrata
della corda
del timpano
orefizio d’uscita
della corda
del timpano
Cassa_
Parete INTERNA
La suddividiamo in
una parte superi-
ore, ridotta e una
parte inferiore;
la suddivisione
è realizzata dalla
porzione timpa-
nica del canale
facciale. Questo
canale può non es-
sere completo, ma
avere lacune ossee
sulla sua parete
che vengono co-
munque colmate
dalla mucosa.
Cassa del timpano_Parete INTERNA
L’otite media può essere siero mucosa o batterica (microbica) e, se microbica la complicanza è paralisi
facciale (perché la mucosa è a contatto col nervo) o varici presenti a livello dei vasi del canale facciale; più
grave ma meno frequente è la meningite (perché il n. facciale arriva dal troncoencefalo)
Trattamento per tutte le otiti: antibiotici!
Sempre superiormente al canale si trova il canale semicircolare laterale e l’emergenza del canale del m.
del martello o tensore del timpano.
La parte restante della parete interna (al di sotto del canale) presenta un rilievo arrotondato, il promontorio,
190
ossia una sporgenza determinata dal 1° giro della spirale della chiocciola.
Il promontorio è percorso da solchi, lasciati dal nervo di Jacobson (nervo della cassa timpanica), ramo del IX
n. glossofaringeo.
Dietro al promontorio si trovano due orifizi, che nel vivo sono coperti:
- l’orifizio superiore detto finestra ovale, chiuso dal piatto o platina della staffa (in relazione con la rampa
vestibolare del canale spirale che costituisce la chiocciola)
- l’orifizio inferiore detto finestra rotonda, chiuso da una membrana fibroperiostia che forma il timpano
secondario.
Tra queste due finestre c’è una zona depressa chiamata sinus timpani, che corrisponde verso l’interno
all’ampolla (= zona sensoriale) del canale semicircolare posteriore.
Cassa_Parete SUPERIORE
Ora affrontiamo un‘altra parete sempre appartenente
all’orecchio medio e parliamo del Tetto della Cassa del
Timpano. Esso rappresenta la parete superiore, l’attico
dell’orecchio medio, appunto. Questo tetto corri-
sponde ad una regione particolare alla faccia antero-
superiore della rocca, siamo esattamente sul tetto della
cassa timpanica. Qui proprio sulla faccia antero-su-
periore della rocca petrosa abbiamo un rilievo bom-
bato detto tegmen tympani: esso così come il canale
facciale può essere deiscente. In tal caso la mucosa
della cassa del timpano si troverà in diretto contatto
dall’altro lato con la dura madre (quindi il tetto della
cassa con la mucosa che lo tappezza sarà a contatto
con la dura e dunque con le meningi, siamo all’interno
della scatola cranica sul temporale): una flogosi di
questa zona può portare ad una condizione
di otite media, la cui complicanza potrebbe essere una trombosi vascolare per interessamento della
arteria carotide interna. Il tegmen tympani è in rapporto con la faccia inferiore del lobo temporale, e costi-
tuisce un punto di aggancio per gli ossicini, serve per stabilizzarli all’interno della cassa al cui soffitto sono
appesi.
Cassa_Parete INFERIORE
La parete opposta a quella superiore è la parete inferiore della cassa del timpano e questo corrisponde al
recesso ipotimpanico, che è un canale per evacuare le secrezioni della mucosa, in direzione della tuba di
Eustachio o tuba faringo-timpanica verso la rinofaringe e verso le fosse nasali.
Essa presenta poi un piccolo orifizio, detto orifizio SUPERIORE del canale timpanico ed è l’orifizio di in-
gresso del nervo di Jacobson (ramificazione del IX paio di nn. cranici), all’interno della cassa che presentava
dei solchi lasciati dallo stesso nervo di Jacobson. Quindi per arrivare all’interno della cassa del timpano,
questo nervo deve passare attraverso il pavimento della cassa e per far questo deve percorrere il canale
timpanico.
191
L’origine invece dell’orifizio INFERIORE del canale timpanico
si trova a livello della cresta giugulare (riguarda il temporale o
meglio la faccia esocranica del temporale). La cresta giugulare
si trova vicino al foro giugulare detto anche foro lacero POST,
che è fatto così: ha una forma a virgola con una grande estrem-
ità esterna; è diviso in 3 parti:
POST > la più larga, è occupata dalla vena giugulare interna (o
sifone della vena giugulare interna).
MEDIA > passaggio per X , XI, e arteria meningea POST.
ANT > è la più stretta, dove passa il IX e il seno petroso INF.
La suddivisione del foro giugulare è determinata da una strut-
tura che origina da uno sperone osseo, e al di sotto di questa,
sotto la salienza ossea del legamento petro-giugulare trovia-
mo il foro giugulare, e su questa cresta giugulare è presente
l’orifizio INF del canale timpanico (quello di ingresso).
192
Il recesso ipotimpanico è molto vicino alla regione giugu-
lare, dove troviamo l’emergenza del IX, l’ingresso del n. di
Jacobson, all’interno del canale timpanico, e nel comparti-
mento venoso del foro giugulare, troviamo il glomo giugu-
lare: esso si trova a livello della biforcazione della v. giugu-
lare interna e vicino al canale timpanico; il glomo giugulare
è un pò l’equivalente venoso del glomo carotideo.
È una regione dove si ha la pressione dei recettori che
servono a controllare la fornitura di sangue a livello della
scatola cranica, associata alla attività cardiaca. Il glomo
carotideo contabilizza tutto ciò che è in entrata come la
pressione sanguigna, il volume ematico, ma anche all’uscita
della scatola cranica ci sono dei recettori che contabiliz-
zano tutto, per regolarizzare la circolazione sanguigna della
scatola e il volume per vedere se ci sono state perdite da
qualche parte. Tutto ciò regolarizza la pressione sanguigna
all’interno della scatola cranica. La formazione glomica
diventa ipertrofica, e in tal caso rappresenta un tumore e
come tale può progredire e si può portare nella cassa del timpano, proprio grazie a questo canale timpanico,
andando a turbare il funzionamento locale gravemente con manifestazione di vertigini molto spiacevoli,
emicrania e ripercussioni vascolari.
Non tutti i mal di testa hanno quindi origine meccanica; bisogna fare attenzione ma ciò è molto difficile,
spesso infatti si tratta di perturbazioni meccaniche che portano a ciò, oppure può trattarsi di un tumore a
livello del glomo carotideo. Nella letteratura classica è da verificare la diagnosi di ciò: le cause di ipertrofia
del glomo possono essere le perturbazioni meccaniche, visto che la meccanica cranio-sacrale esiste.
194
Ora nelle pareti laterali di questo imbuto (tim-
pano) nel prolungamento della parete esterna
della cassa, più anteriormente abbiamo la parete
esterna dl protimpano. Qui, nella parete anteriore
della parete esterna troviamo l’orifizio anteriore.
Questo orifizio anteriore corrisponde all’estremità
posteriore del canale timpano-petroso, che sbocca
all’esterno del cranio nella scissura di Glasser: qui
c’è l’uscita della corda del timpano. Quindi nella
scissura del Glasser è situato l’orifizio anteriore del
canale timpano-petroso; questo orifizio è il punto di
partenza di questo canale timpano-petroso.
Per una trasmissione corretta delle vibrazioni occorre che l’ambiente sia uguale all’inizio e alla fine del per-
corso, altrimenti la parte che contiene i liquidi non potrebbe vibrare. Dobbiamo assicurare la trasmissione
del fenomeno vibratorio in tutte le sue frequenze. Date le diverse frequenze, la catena timpano-ossicolare
trasmette tensione. A seconda del suo stato di tensione, la catena timpano-ossicolare, trasmetterà il fenom-
eno vibratorio; tale catena è anche detta adattatore di IMPEDENZA (che è sinonimo di resistenza), ci
sarà l’impedenza in campo acustico diretta per ciascuna frequenza. Quindi il grado di tensione della catena
timpano-ossicolare dovrà trasmettere la tensione in relazione alla frequenza del fenomeno vibratorio. È per
questo che la catena timpano-ossicolare è detta adattatore di impedenza: quindi avremo una impedenza
corrispondente e diversa per ciascuna frequenza; l’impedenza del tessuto osseo sarà diversa per ciascuno
degli ossicini. Si potrà variare la resistenza di questa catena, ecco perchè servono dei muscoli. Quindi
l’impedenza del tessuto osseo rimarrà quella che è, ma varierà in funzione della rigidità ed elasticità della
catena nel suo insieme.
195
Catena Timpano-ossicolare
La catena timpano-ossicolare inizia con la membrana del timpano che ottura il fondo del condotto uditivo
esterno. Ha forma conica con sommità interna, è proprio una struttura fatta a forma di imbuto e diretta
verso l’interno. Il fondo di tale imbuto si chiama ombelico. La membrana timpanica è grossomodo circolare,
dal diametro di 10 mm questo timpano si inserisce sul perimetro dell’osso timpanico. A che cosa somiglia
l’osso timpanico? Intanto è piccolissimo; nell’adulto ha l’aspetto di un anello incompleto, così come nel
neonato, ma il timpano dell’adulto chiude l’anello timpanico, motivo per cui la membrana timpanica è divisa
in 2 parti:
Pars tensa timpani: ha la forma di un
imbuto ad apice interno detto ombelico.
La sua circonferenza si inserisce nel sulcus
timpanicus tramite il cercine anulare di
Gerlach. La sua parte superiore è inter-
rotta dal forame di Rivinius. È dunque la
parte più vasta, si inserisce su tutto l’anello
circolare, essa è dunque tonda, molto este-
sa ed è la parte della membrana timpanica
che resta tesa, quindi è messa in tensione.
Si inserisce su tutto l’anello, poi si piega a
livello della mancanza dell’osso per andare
a connettersi con il martello formando dei
legamenti. Lo spazio viene colmato dalla
pars flaccida.
Pars flaccida timpani: è chiamata anche membrana di Schrapnell e chiude il forame di Rivinius per
completare il timpano. Essa dunque completa la chiusura dell’anello in corrispondenza della parte dell’osso.
Questa parte mancante viene chiusa dalle membrane. La pars flaccida quindi chiude l’anello ed è presente
nella mancanza di osso, inserendosi sul martello.
196
Rispetto al piano sagittale, la
membrana timpanica nel sog-
getto adulto è inclinata di 45°
in basso/dentro. Nel neonato
questa membrana è meno
inclinata, infatti presenta una
inclinazione di 30°: cioè ques-
ta inclinazione è determinata
soprattutto dallo sviluppo
dell’osso timpanico che nel
neonato è un anello sem-
plice, mentre nell’adulto è un
imbuto che cresce verso
l’interno, tirando a sé la
parte bassa della
membrana timpani-
ca e aumentandone
l’inclinazione.
La parte alta della membrana timpanica sta ferma, mentre la parte bassa della membrana si muove.
E allora che cosa incoraggia l’inclinazione del timpano? Siamo nel neonato, dunque importanti sono fat-
tori come la suzione, il pianto che mettono in trazione la regione faringo-laringea. Bisogna sempre favorire
le trazioni a livello della base del cranio per avere un buono sviluppo, che sarà magari quando il bambino
piange e durante l’allattamento al seno e non con il biberon: esso non fa fare nessuno sforzo al bimbo.
Queste trazioni servono a costruire la sua acustica in futuro. Lasciate piangere i bambini, afferma Jean G.,
al fine di favorire queste trazioni. Il pianto non ha sempre un significato nocicettivo, ma spesso rappresenta
una necessità.
La pars tensa è un baluardo, riesce ad opporsi alle forze esterne; mentre nella pars flaccida un punto de-
bole è l’epidermide poiché è a diretto contatto con la mucosa, ecco perché i colesteatomi riescono ad
invadere la cassa del timpano, andando ad alterare il dispositivo di trasmissione, questo appunto avviene
dalla pars flaccida.
Embriologia
Poiché lo sviluppo embriologico dell’encefalo ci è utile come modello per costruire il dispositivo meccanico
cranio sacrale.
Il SNC è alla sua origine una concentrazione di ectoblasti, che migrano all’interno del disco embrionale, a
partire dalla parte centrale del disco, andando verso la parte rostrale (cioè da dietro in avanti). Costituito da
un involucro di cellule ectoblastiche che contengono cellule interne e sono queste cellule endoblastiche. In
partenza si hanno dunque 2 tipi di cellule ectoblastiche ed endoblastiche.
Sulla faccia dorsale nella zona caudale appare un punto di origine, il nodo di Hansen, ecco che alcune
cellule ectoblastiche iniziano a migrare in direzione di un imbuto che si sta costruendo; queste cellule
dall’imbuto si differenziano e alcune di esse diventano la 3 categoria e sono dette cellule mesoblastiche:
queste ultime formeranno il foglietto intermedio; gli altri ectoblasti formeranno una placca neurale che si
ispessirà e crescerà sempre di più.
Questa placca neurale si trasforma poi in una doccia; la doccia successivamente si chiude nella sua parte
posteriore a formare un tubo che si sviluppa appunto dal nodo di Hansen andando verso un altro punto
di ispessimento nella parte anteriore del disco, nella parte rostrale che è la placca procordale. Che cosa
diventerà tale placca? È come una calamita che attira verso di sé le altre cellule e in futuro diventerà ipofisi
> quindi sarà sella turcica, cioè sfenoide.
La sua estremità anteriore si suddivide in 3 vescicole:
- parte caudale costituirà il midollo al di sotto;
- queste 3 vescicole iniziali molto in fretta diventeranno 5 vescicole.
La scatola cranica è un qualcosa di già formato ed è già suddivisa all’interno da dura madre. Dentro questo
volume si formerà l’ Encefalo. Il tubo neurale, che è tirato dalla placca, passa attraverso il foro occipitale e
l’estremità anteriore del tubo incontra un ostacolo che è la volta, e in tal punto si forma la curva cefalica
e questa estremità prosegue il suo cammino verso la base del cranio, questa volta cambiando direzione.
L’estremità anteriore (cioè la 1 vescicola) si schiaccia e impatta a livello della base del cranio, mentre la 2
vescicola la divide in due e prende il suo posto, o ci troviamo a livello del corpo dello sfenoide; all’interno
della sella turcica si formerà la neuroipofisi.
Ora consideriamo lo sviluppo degli emisferi che sono la massa nervosa più voluminosa. Gli emisferi ce-
rebrali occupano i 4/5 del volume cranico. Dopo che si è avuto questo sdoppiamento, la 1 vescicola conti-
nua il suo sviluppo (ci troviamo a livello della base del cranio). Queste parti laterali che diventeranno gli
emisferi cerebrali si sviluppano in un piano sagittale e contemporaneamente poi sul piano frontale. Nel
piano sagittale il nostro singolo emisfero laterale si sviluppa in avanti e a livello della base incontra sempre
in avanti la regione frontale, si incurva e cresce contro la volta e posteriormente incontra il tentorio del
cervelletto e ciò gli impedisce di scendere; poi si piega per tornare in avanti, scivola sopra il tentorio davan-
ti a cui c’ è il bordo superiore della rocca petrosa e la grande ala dello sfenoide, e finisce la sua progressione
a livello del lobo temporale. L’estremità anteriore del tentorio finisce a livello dell’orbita (quindi si trova
verso l’orbita), fino alla fessura sfenoidale dove si ferma con un arrotolamento antero-posteriore e contem-
poraneamente un arrotolamento trasversale. Quindi all’inizio passa sopra la regione orbitaria, poi continua
in dietro, viene bloccato dal tentorio del cervelletto e quindi continua a crescere fino ad arrivare all’orbita,
cioè alla fessura sfenoidale dove si ferma.
Questo sdoppiamento riguarda dunque unicamente le 2 parti in cui è suddivisa la 1 vescicola, che diven-
199
tano poi i 2 emisferi. Quindi una metà fa un percorso nell’emicranio, l’altra metà nell’altro emicranio.
Lo sviluppo del cervelletto è contemporaneo a quello degli emisferi, ed è possibile paragonare ciò
allo sviluppo di un fungo. A partire dalla base del cranio, lo sviluppo va da dentro in fuori, dal basso verso
l’alto e poi verso il basso di nuovo. La parte che formerà il lobo temporale entra in contatto con la base del
cranio e si arrotola verso l’interno per venire ad accollarsi e a saldarsi sulla faccia laterale del diencefalo. Ed è
così che si formano le capsule, cioè le vie di passaggio delle grandi vie nervose che debbono raggiungere
la corteccia cerebrale e di quelle che partono dalla corteccia stessa. Queste capsule permettono il passaggio
delle vie sensitive piramidali, motorie e vie cerebellari.
Lo sviluppo encefalico utilizza un arrotolamento longitudinale e trasversale.
Il tessuto gliale conserva in memoria tutte le tappe della morfogenesi embriologica; infatti la neuroglia è
un tessuto di sostegno dei neuroni centrali; è la massa più importante che animerà la massa nervosa. Infatti
le direzioni prese durante lo sviluppo dell’encefalo verso dietro e verso i lati, è come se le cellule gliali ripro-
ducessero le differenti fasi della formazione dell’encefalo. Lo sviluppo dell’encefalo ha richiesto un tempo
rapido massimo, dal momento del concepimento e dura per 4 settimane. La Neuroglia dinamica mantiene
queste fasi e poi le riproduce all’interno del liquor. Questa dinamica della neuroglia si svolge all’interno del
liquor. Il tessuto nervoso più il liquor hanno quasi la stessa densità; il nevrasse quindi galleggia sul suo liqui-
do ed è estremamente ben protetto da esso, e non rischia nulla poiché il liquido è incomprimibile (come
le meduse nel mare dice J Gay).
Succede però che questo fenomeno dinamico si ripercuote sul liquido e subirà lo stesso fenomeno, poiché
questo liquido deve essere contenuto all’interno del recipiente, e il recipiente è l’involucro meningeo.
Caratteristiche fisiche meningee: il tutto è contenuto in un involucro inestensibile, quindi per forza tras-
mette queste forze. Quindi tutto ciò che avviene in neuroglia si ripercuote a livello dell’involucro meningeo
e quindi a livello del LCR.
Particolarità del recipiente meningeo
possiede 2 foglietti:
1 foglietto parietale che ricalcherà lo scheletro endocranico
1 foglietto viscerale interno che è il più esteso e forma:
Falce del cervello
Tentorio
Falce del cervelletto
Grazie alla divisione in compartimenti da parte di questi setti, l’attività dinamica della neuroglia del liquor
si riproduce in modo identico su tutte le pareti arrivando sulla parte superiore del volume (volta) e la parte
bassa. E questa dinamica sarà asimmetrica grazie alla presenza di questi setti perché la dura madre si in-
serisce su certi rilievi, ha una disposizione ortogonale. È stata distinta in:
1 polo anteriore: nella sua parte più bassa si inserisce sulla cresta frontale, più precisamente sulla glabella.
Poi c’è un ripiegamento verso l’apofisi crista galli.
1 polo posteriore: Inion (nel suo versante interno a livello della protuberanza occipitale interna)
2 poli laterali: a livello di Astèrion, nell’angolo posteriore del parietale e del bordo superiore della porzione
mastoidea del temporale
1 polo centrale: sono le apofisi clinoidee
Grazie a questa compartimentazione possiamo avere delle attività simmetriche nei vari settori, e grazie a
ciò e alle inserzioni ossee possiamo avere che l’attività interna si ripercuote sulla periferia e sull’involucro, e
si sollecita nello stesso modo l’ultima barriera che è lo scheletro cranico, il quale anch’esso subisce il fenom-
eno partito dall’interno. Tutto ciò avviene in modo simultaneo, e tale fenomeno che si svolge in ambienti
diversi con una certa frequenza e una certa ampiezza è detto IRC: esso si ripete un certo numero di volte e
traduce la formazione embrionale dell’encefalo.
200
Precisazione sulla terminologia: questa fisiologia che inizialmente era detta impulso ritmico craniale (come
lo chiamava Southerland), è meglio chiamarla Impulso Craniale, che si ripete un certo numero di volte per
minuto senza usare quindi il termine ritmico; la successione di uno stesso fenomeno si chiama frequenza.
Tale impulso sollecita gli elementi scheletrici della scatola cranica che si modificheranno per cambiare la for-
ma e il volume cranico, con ripercussioni in avanti e in dietro a livello della sfera posteriore e anteriore e dei
quadranti, e con ripercussioni laterali in avanti e indietro. Tutto ciò provoca l’adattamento di una regione di
riferimento scelta in modo arbitrario, detta SSB > essa non è la sola sutura impari della base del cranio; in-
fatti c’è anche la sutura sfeno-etmoidale, posta davanti alla SSB, e anch’essa appunto è una sutura impari.
L’adattamento della SSB è detto flesso-estensione: è un adattamento a livello suturale di ciò che avviene in
dinamica cranio-sacrale.
Questo LCR grazie alla sua incomprimibilità può sostenere la flesso – estensione ed ha una sua circolazi-
one, poiché è prodotto in un luogo ed è riassorbito in un altro, quindi circola e fluttua, soprattutto fluttua
perché si sposta nella sua massa che è animata come nelle maree (flusso e reflusso), poiché è come se la
neuroglia conservasse in memoria lo sviluppo delle cellule nervose. La dinamica della massa nervosa agisce
sulla dinamica dell’ LCR determinando le sue fluttuazioni. Il LIQUOR circola nei plessi corioidei, dentro i
ventricoli, verso gli spazi sub aracnoidei, tutt’intorno alla massa nervosa, e i più sviluppati si trovano nel seno
longitudinale superiore. Il passaggio è assicurato dal foro di Magendie che si apre dietro al IV ventricolo,
grazie al quale il compartimento ventricolare interno serve anche da punto di appoggio alla dinamica
dell’encefalo.
Questo liquor poi fluttua; il nostro encefalo ha, grazie al IV ventricolo, una sua dinamica e trascina la massa
di liquor, così da avere una fluttuazione antero-posteriore, longitudinale, e una fluttuazione trasversale (così
come è avvenuta la fluttuazione durante la costituzione dell’encefalo).
Queste fluttuazioni si ripercuotono sull’involucro meningeo e sulla scatola cranica che racchiude il tutto;
come funziona per le parti periferiche?
In fase di Flessione, nel piano sagittale:
il frontale: indietreggia
il parietale: indietreggia
l’occipite: scende e avanza
il temporale: avanza
la grande ala dello sfenoide: avanza
LCR genera un impulso craniale. Queste fluttuazioni alla base della meccanica craniale le associamo alle 2
componenti del sistema nervoso neurovegetativo:
Fluttuazione antero-posteriore e longitudinale si associa all’ortosimpatico
Fluttuazione trasversale si associa al para
Controindicazioni
Periodo iniziale dopo un trauma cranico provocato sia in modo diretto sul cranio stesso, sia a distanza dal
cranio come ad esempio cadute sui talloni con ripercussione a livello della base cranica, caduta sui glutei,
colpo di frusta, ecc.
Rischi emorragici
Fenomeni congestizi
Ipertensione e gravidanza (attenzione al trattamento all’inizio della gravidanza, poiché si possono scat-
enare delle contrazioni uterine; dunque è opportuno usare questa tecnica quando la gravidanza è quasi a
termine;
Pz con predominanza parasimpatica
Indicazioni
Infezioni
Traumi non cranici
Fratture e distorsioni
Infortuni muscolari come la lacerazione muscolare (strappi; distrazioni)
Infiammazioni o processi flogistici
Edemi
202
ventricolo
laterale
sut OM
lato dx > sopra CSM (porzione verticale) MEMO > SUTURA OM
relativa apertura Porzione verticale - lungo braccio
sotto CSM (porzione orizz) Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST)
relativa compressione Porzione orizz
lato sin l’opposto Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST)
ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare
Ci mettiamo in ascolto di ritmo e ampiezza; ascoltiamo il tempo di flessione e di estensione del cranio, li
memorizziamo, poi durante il tempo di E seguiamo l’adattamento sul piano laterale dell’occipite (gli angoli
203
laterali si avvicinano e la squama si scava); è importante seguire soltanto questo adattamento e non fare
alcuna induzione attiva. Alla fine del tempo di estensione, si mantiene la posizione che abbiamo raggiunto.
Quindi non facciamo altro che opporci all’espansione trasversale che segue, mantenendo l’estensione. Al
tempo di estensione seguiamo in estensione la squama e manteniamo fino al punto in cui arriviamo; do-
podiché impediamo durante la flessione questa espansione trasversale. Ciò fino alla condizione in cui c’è
l’adattamento massimo di quella squama. È a questo punto che il fenomeno compressivo avviene davvero.
Durante la flessione l’occipite va in adattamento antero-posteriore, il tentorio tra temporale e parietale
tende ad espandersi, scende e avanza ed esercita una pressione sul cervelletto che è interposto tra il tento-
rio stesso e il IV ventricolo. Quindi in realtà sono il tentorio e il cervelletto che eseguono questa compres-
sione, non siamo noi.
Durata della tecnica: 3-4 minuti, dipende poi comunque dalle reazioni del soggetto.
Successivamente, interrompiamo la tecnica, invertendo progressivamente i parametri, e cioè: durante il
tempo di flessione, quando la squama preme daremo un pò di libertà progressivamente su più tempi di
flessione (faciliteremo l’espansione) e successivamente rilasceremo. Una volta rilasciata questa costrizione,
rimaniamo con le mani poggiate, per un certo intervallo di tempo, senza interrompere di colpo. Infatti il
rischio di una brusca interruzione della tecnica è quello di creare un blocco sulla OM; quindi è opportuno
rilasciare progressivamente e occorre rimanere in contatto con la struttura (altrimenti siccome il tessuto
osseo è malleabile a livello dell’OM si crea una compressione) rimanendo in ascolto, dopo l’esecuzione della
tecnica.
L’incudine si trova al centro, il suo corpo si articola con la testa del martello, ha
una branca orizzontale o apofisi orizzontale posteriore, la cui estremità si posa
sulla soglia dell’ aditus ad antrum, ossia l’orifizio che permette la comunicazione
tra la cassa del timpano e le cellule mastoidee.
L’osso si prolunga attraverso l’apofisi verticale o inferiore, la cui estremità è curva: è detta apofisi lenticolare
e si articola con la testa della staffa.
204
Benché sia il più pesante è anche l’osso più instabile e spesso vittima di traumi, lussazioni tra incudine e
staffa, in genere sull’apof. lenticolaregsordità. L’estremità della staffa è distante e crea un braccio di leva
importante, per questo si può verificare lussazione.
Tra le cause di sordità: traumi cranici, fisici diretti o a distanza, alterazioni di pressione atmosferica, subac-
quea, rumori intensi e inattesi; eccessiva sollecitazione dell’apparato muscolare e dell’articolazione (discote-
ca, uso di auricolare..) determina ipoacusia.
La staffa è composta da testa, collo e 2 branche che sostengono il piatto, il quale ottura la finestra ovale.
Sul collo si inserisce il m. del collo della staffa, che fuoriesce dalla piramide, ossia la cima ossea che si trova
sulla faccia posteriore della cassa.
Curiosità: sempre più bambini risultano presbiti o soffrono di ipoacusia, soprattutto portano gli occhiali,
per eccessiva esposizione a fonti luminose o perché fissano per troppo tempo lo stesso punto (es giocattoli
appesi sopra la culla o una luce fissa); ciò determina un impegno eccessivo dei mm. oculomotori con con-
seguente deformazione della cornea e problema di vista come per es l’astigmatismo.
Altra curiosità: già a 4 mesi di vita intrauterina gli ossicini sono formati in maniera definitiva, per questo
alcuni Autori dicono che il feto è in grado di percepire i suoni materni e per questo consigliano di parlargli.
Il m. del martello ha origine extracranica, si trova nel canale osseo del m. del martello, che segue la pa-
rete interna della cassa del timpano, all’interno del protimpano. Il protimpano ha un orifizio ant a livello
dell’incisura sfenoidale del temporale.
Tale incisura si trova all’intersezione del bordo ant
della rocca petrosa con l’estremità antero-inf del
bordo della circonferenza della squama tempo-
rale; su questa incisura arriva l’angolo post della
grande ala dello sfenoide. Tornando al muscolo,
questo si inserisce sulla spina dello sfenoide,
sperone osseo che si
trova sul bordo post
della grande ala dello
sfenoide e che si svilup-
pa per le trazioni eser-
citate dal m. del martel-
lo. Tale muscolo ha una
direzione ant-post,
poi devia, curva
verso l’interno
e raggiunge il
martello osseo: è
un tensore timpanico e ipertensore
endolabirintico. Innervato dal V3.
205
Il m. della staffa origina dalla piramide e si inserisce sul collo della staffa, è innervato dal VII, la sua fi-
siologia è opposta; sono muscoli antagonisti ma sinergici, costantemente in stato di contrazione.
NB nella conduzione aerea non è il contenuto ma il contenente a vibrare, perché le vibrazioni aeree sol-
206
lecitano il tessuto osseo, formato prevalentemente d’acqua, ed è l’acqua a mettersi in vibrazione facendo
vibrare il contenitore e quindi la capsula otica, che contiene i recettori acustici.
Quando parliamo sentiamo la nostra voce grazie alla conduzione ossea, mentre quando ascoltiamo la nostra
voce registrata sentiamo che è diversa perché la ascoltiamo grazie alla conduzione aerea.
La tromba di Eustachio detta anche tuba mobile, completa avanti l’orecchio medio.
Il pro timpano (scheletro della tromba) si prolunga nella tromba di Eustachio (fibrocartilaginea) e permette
la comunicazione tra la cassa del timpano e la rinofaringe.
Serve ad equilibrare la pressione all’interno della cassa rispetto all’esterno, favorendo una buona trasmis-
sione sonora; inoltre drena le secrezioni della cassa, se non c’è una buona evacuazione ci sarà un accumulo
di secrezioni e una proliferazione battericagotite media (sieromucosa, microbica, infettiva)
È necessario che la tromba si apra correttamente, se rimane chiusa incoraggia la proliferazione batterica. La
tromba è obliqua basso-avanti-dentro nell’adulto, nel bambino è più orizzontale, il che spiega la frequenza
delle otiti e l’insufficienza dell’apertura della tromba.
I bambini inoltre hanno sempre qualcosa in bocca, le mani non sono sempre pulite e la faringe è invasa di
microbi che possono arrivare all’orecchio medio.
È necessaria la corretta troficità della mucosa dell’orecchio medio perché possa difendersi.
In più usare forme di prevenzione, come l’igiene, mantenere l’equilibrio del cranio, evitare l’eccesso di lat-
ticini. Questi ultimi creano tossine in corpo che possono provocare otiti siero mucose, rinofaringiti..il nostro
organismo non ha bisogno di latte quando non si è più lattanti, per cui perde i mezzi per assimilare e digeri-
re il latte (ciò non vuol dire non consumarne più ma ridurre molto il consumo di latticini).
A livello pratico lavorare l’addome, il fegato soprattutto, per svuotare la spugna e eliminare le tossine.
fessura tubarica
La fessura tubarica è tappezzata da epitelio, prolungamento dell’epitelio della faringe e che si prolunga fino
alle cellule mastoidee.
Il tubo è sempre chiuso in condizioni normali, però è necessario che di tanto in tanto si apra per il drenaggio.
207
Questo è il ruolo svolto dai muscoli peristafilini.
208
Orecchio INTERNO
È incluso nella rocca; un tessuto osseo particolare, detto capsula otica, lo isola dall’osso della rocca stessa
costituendo il labirinto otico.
Il labirinto osseo (o capsula otica) è suddiviso in due regioni funzionali:
lobo POST o vestibolare
lobo ANT o cocleare
Per orecchio interno si intende, infatti, la capsula otica, nella sua denominazione durante la fase embrio-
logica, ed è un tessuto compatto molto resistente che costituisce una serie di cavità contenute all’interno
della piramide petrosa. Questa capsula otica forma il labirinto osseo, e quest ‘ultimo conterrà un labirinto
membranoso che avrà più o meno la stessa forma. Il labirinto membranoso conterrà i liquidi endolabirintici,
presenti come già detto nella capsula otica.
All’interno del labirinto osseo da un punto di vista funzionale avremo 2 apparati differenti, uno adattato per
la funzione cocleare o uditiva; l’altra parte adattata per la funzione vestibolare. Distinguiamo un vestibolo
anteriore con la chiocciola che è la parte anteriore, mentre la parte posteriore è costituita dal labirinto vesti-
bolare. Il labirinto osseo presenta un certo numero di orifizi interni, e questi lo mettono in comunicazione
con le regioni in vicinanza. Dagli orifizi interni della parte centrale fuoriescono i canali semicircolari; questa
parte centrale, che è il vestibolo, aprirà poi un orifizio prolungato dalla chiocciola. Quest’ultimo orifizio è
una fessura detta fessura vestibolo-timpanica, e darà accesso all’interno della chiocciola.
Nella porzione media si aprono i canali semicircolari, e anteriormente si aprirà la chiocciola.
In più abbiamo l’orifizio ANT
dell’acquedotto del vestibolo, dove ar-
riva il canale endolinfatico. Gli altri orifizi
sono la finestra OVALE e la finestra
ROTONDA, questa ultima mette in co-
municazione il vestibolo con la cassa del
timpano, a livello della parete interna.
Questa capsula otica sarà in parte av-
volta dal canale facciale, che vi si andrà
almeno in parte ad arrotolare. Il canale
facciale appare nella parte alta del
promontorio e costituisce la parete in-
terna della cassa del timpano, parete che
dalla parte opposta è la parete esterna
del vestibolo.
209
Finestra ovale: è parzialmente ostru-
ita dal piatto della staffa, che vi si fissa
tramite il legamento anulare. Dà pas-
saggio ai canali che contengono i liquidi
endolabirintici in entrata.
Finestra rotonda: più bassa, è otturata
dalla membrana secondaria del timpano
(fibro-periostale, rivestita da mucosa). Dà
passaggio ai canali per i liquidi endola-
birintici in uscita. La lunghezza totale
della capsula otica è circa 19-20 mm, la
sua altezza maggiore è a livello post e
misura circa 15 mm, mentre nella sua
parte più bassa è 13 mm circa. Sono
dunque dimensioni estremamente pic-
cole. Tuttavia questo recipiente contiene
informazioni molto importanti per la
nostra economia, perché all’interno del labirinto post avremo tutti i recettori sensoriali concernenti il nostro
apparato muscolare, che permettono ai muscoli di funzionare. L’ attività motoria comincia dal vestibolo con
l’attività muscolare di base che è il riflesso miotattico, che determina il tono muscolare.
Il labirinto post o vestibolare è rappresentato dal vestibolo e dai canali semicircolari. Il vestibolo sarà ap-
erto sulla cassa del timpano con le finestre rotonda e ovale e conterrà una parte del labirinto membranoso,
l’utricolo e il sacculo. Questi conterranno a loro volta i recettori statestesici.
Ciò riguarda il vestibolo osseo. Ci sono dei canali che si apriranno sul vestibolo, detti canali semicircolari. I
canali semicircolari sono responsabili fisiologicamente dei 3 piani dello spazio, e ognuno corrisponde ap-
punto anatomicamente a questi 3 piani. Distinguiamo:
1. un canale semicircolare laterale (orizzontale) o esterno che avrà come funzione quella di agire sul piano
orizzontale; nonostante questo canale sia inclinato è infatti più alto in avanti che in dietro, ed ha circa un
angolo di 30° sull’orizzontale. Ciò fa pensare alla tenda del cervelletto che ha sensibilmente la stessa incli-
nazione e che rappresenta il piano orizzontale nel quadro della meccanica craniale. Quindi c’è un canale
laterale e gli altri 2 sono canali semicircolari a decorso verticale che si dividono in un canale superiore e un
canale posteriore. Questi canali verticali hanno una estremità in comune e si uniscono per avere solo un
compartimento. Essi sono contenuti all’interno della rocca, la quale presenta un grande asse diretto alto-
avanti-dentro.
2. Il canale semicircolare verticale sup è invece perpendicolare all’asse della rocca, e il
3. canale semicircolare verticale post è parallelo. I canali verticali canali hanno 2 estremità, e una di queste
è dilatata rispetto all’altra:
l’estremità dilatata è detta: estremità ampollare, che conterrà l’ampolla del canale semicircolare membra-
noso ed è in questa ampolla che si trova il recettore canalare (che è un recettore girestesico). Quindi ogni
canale ha la stessa conformazione;
l’estremità non ampollare dei canali verticali è comune e non è dilatata.
Questi canali semicircolari misurano 1 mm e ½ di diametro, e contengono internamente i liquidi più il sacco
membranoso. Il vestibolo post o labirinto post è completato dall’acquedotto del vestibolo che contiene il
canale endolinfatico e comunica:
davanti, con il vestibolo
dietro, si apre nel piano post della base del cranio, costituito da:
1. parte endocranica inf della squama dell’occipite, quindi tutta la parte inf al seno laterale laddove si
inserisce la tenda del cervelletto. È anteriormente a questa parte che la squama sarà prolungata dalle masse
condiloidee; e quindi la parte ant della squama costituisce la porzione post del foro occipitale. Le masse
condiloidee costituiranno la parte laterale e si uniranno in avanti per formare l’apofisi basilare.
Tutto questo costituisce il piano post della base del cranio, nella sua parte mediana.
2. Il resto del piano post è costituito dalla faccia post-sup della rocca.
Sul bordo superiore della rocca, posteriormente, si inserisce la tenda del cervelletto, siamo nel piano post
210
della base. Sulla faccia post-sup della rocca troveremo un orifizio più o meno allungato che corrisponde
alla fossetta ungueale, che la troviamo vicino al Condotto Uditivo Interno (CUI).
Arriviamo ora al labirinto ant, quindi alla chiocciola.
questo fa si che quando si verifica una perturbazione della trasmissione del suono, i segni soggettivi che
traducono questa alterazione o perturbazione vasomotoria della trasmissione della catena ossicolare sono
detti > ACUFENI.
In questo caso, è possibile apprezzare il rumore che il sangue arterioso fa quando scorre nel canale carot-
ideo. Quindi o sono acufeni acuti o gravi. Con gli acufeni sentiamo rumori corporei, ma la maggior parte del
tempo sono rumori arteriosi. Sono segni clinici soggettivi, e non sono sintomi osservabili dall’esterno; gli
acufeni appartengono in modo soggettivo al Pz e non si possono diagnosticare dall’esterno.
Il punto di partenza di questi acufeni è l’ortosimpatico periferico che concede la vaso motricità della carot-
ide, ed è contenuto nella regione cervicale.
Possiamo avere disfunzioni fasciali o meccaniche o un risentimento di tensioni nella regione cervicale con
origine più lontana: nella faringe, esofago, diaframma che danno ripercussioni appunto sulla vasomotricità
dell’a. carotide.
Questo è possibile tramite il sistema di aponeurosi o fasce che collegano i visceri con la regione cervicale.
Importante in tal caso è l’implicazione della catena latero-vertebrale. Gli acufeni possono comparire in
periodi di stress o di difficoltà psicoemozionali o ancora di semplice affaticamento psico-fisico. Spesso essi
sono legati alla sfera emozionale, e sono più frequenti nei soggetti emotivi o vagali.
Columella o modiolo: attorno alla columella gira e si arrotola la lamina spirale che si prolunga e si arrotola
a sua volta nella chiocciola, prolungando la parete inferiore del vestibolo. La columella è un processo osseo
con il grande asse obliquo in avanti-fuori; non è un elemento verticale. La columella è piuttosto orizzontale
e il canale spirale si arrotola attorno e perpendicolarmente alla columella. La lunghezza della columella è di
3 mm. Questa columella è un cono con un apice e una base.
La base della columella corrisponde al fondo del CUI; la particolarità del CUI è che è suddiviso in 4 compar-
timenti: il fondo di questo condotto è una doccia che formerà questo canale e che andrà nella parete post-
sup della rocca, diventando un piccolo canale molto corto, e il fondo di questo canale è diviso in 2 piani da
una lamella ossea, che è la cresta falciforme.
La metà esterna del fondo del CUI è riservata alla fuoriuscita dei nn. vestibolari, quindi da 2 fossette sup e inf;
per la metà interna del quadrante inf-int c’è la base della columella che costituirà la lamina cribrosa spiroi-
dale della chiocciola (come il canale spiroidale);
il quadrante sup-int contiene l’orifizio di entrata dell’acquedotto di Falloppio, detto anche canale fac-
ciale, che corrisponde alla faccia inf della rocca petrosa.
211
Il canale spirale è percorso dalla lamina
spirale, e tale lamina suddivide parzial-
mente il lume dal canale spirale in 2
compartimenti:
anteriore: cioè la rampa vestibolare
posteriore: cioè la rampa timpanica;
tra le due c’è il canale cocleare.
Riassumendo
La columella è orizzontale; il suo grande
asse è obliquo avanti-fuori; il canale
spirale si arrotola intorno e la lamina
spirale è invece perpendicolare al
grande asse della columella.
Il lume del canale spirale è diviso in 2
compartimenti: uno ant e uno post (sud-
divisione parziale).
Sull’estremità di questa lamina spirale si inserisce il canale cocleare, e quindi le 2 rampe sono isolate: c’è la
lamina spirale, la coclea, e la separazione con le 2 lamine.
La columella è percorsa
da numerosi piccoli canali;
questi canali seguono
inizialmente la direzione
della columella e, una volta
arrivati all’altezza della
lamina spirale, cambiano
direzione e diventano per-
pendicolari alla columella
stessa. Laddove si forma
l’angolo c’è una leggera
dilatazione (qui c’è il corpo
cellulare della fibra ner-
vosa).
Questi canali della colu-
mella contengono le rami-
ficazioni del n. uditivo,
quindi fibre nervose, e inol-
tre i vasi (vene e arterie).
212
Data la sensibilità della struttura, serve poco dunque per perturbare una informazione. La parte iniziale
del canale conterrà i dendriti della fibra nervosa, perché le fibre del nervo cocleare sono elementi afferenti;
quindi le fibre nervose iniziano con i dendriti che succederanno alle cellule cocleari.
All’apice della columella, quando abbiamo la separazione delle 2 rampe tramite la coclea, c’è un orifizio
detto elicotrema, definito come il punto unico di comunicazione tra le 2 rampe.
Le rampe sono accollate le une contro l’altra e girano insieme per 2 giri e ½, questo per ragioni di spazio.
Prendendo ogni lato di queste 2 rampe e allungandole, facciamo una struttura rettilinea che possiamo così
schematizzare: ogni estremità delle rampe sarà in rapporto funzionale con una finestra del vestibolo:
la rampa vestibolare è in rapporto con la finestra ovale
la rampa timpanica è in rapporto con la finestra rotonda che è otturata dal timpano secondario.
L’elicotrema (5/10 mm) è nel punto centrale e mette in comunicazione le 2 rampe; essa lascia passare i
liquidi che vibrano e che permettono la trasmissione sonora. Queste rampe sono in un mezzo inestensibile
(che è la capsula otica compatta) e all’interno di queste rampe c’è l’endolinfa che appunto è un liquido
incomprimibile.
Quando la staffa imprime le vibrazioni nella rampa vestibolare spingerà i liquidi. Se il liquido non riesce a
213
seguire la vibrazione per cui i liquidi sono incomprimibili, il timpano secondario deve lasciarsi deprimere
per far muovere il tutto (infatti il timpano secondario è in rapporto con il liquido incomprimibile che è l’aria
che si trova nella cassa). Solo così si trasmettono le vibrazioni esterne.
La capsula otica contiene il labirinto membranoso che ha più o meno la stessa forma, a parte ovviamente
la zona centrale contenente utricolo e sacculo.
Nel vestibolo ci sono 2 borse:
Utricolo: la borsa più voluminosa
Sacculo: la borsa meno voluminosa
L’utricolo riceve tutti i canali semicircolari e parte da qui la radice per il canale endolinfatico.
L’utricolo è la borsa più grande e misura 3mm *2mm.
All’interno si trova la zona sensoriale; vicino c’è il sacculo: una piccola palla sferica di 2 mm di diametro:
anche esso dà la radice sacculare per il canale endolinfatico, e quindi queste 2 radici convergono per costi-
tuire il canale endolinfatico che termina con una ampolla situata nella fossetta ungueale, situata sulla faccia
postero-superiore della rocca petrosa.
Le zone sensoriali dell’utricolo e del sac-
culo si chiamano macule:
la macula dell’utricolo e la macula del sac-
culo. La macula dell’utricolo è orizzontale
(quindi trasversale) e la macula del sacculo
è sagittale (è detta “ la sagittale”).
A livello della macula, l’epitelio dl sacculo
membranoso si ispessisce e contiene le
cellule cigliate vestibolari. Queste cellule
cigliate sono neuroni modificati; come
tutti gli altri recettori possiedono ciglia
ricoperte dagli alveoli formati da sostanze
gelatinose. Ogni ciglia della macula ha
una lunghezza decrescente che le con-
ferisce un’ estremità a taglio. La sostanza
gelatinosa fa da supporto a cristalli di
carbonato di calcio che prendono il nome
di otoliti o otoconi e il peso specifico è 3
volte quello della endolinfa.
214
La ciglia più lunga è detta chi-
nociglia: prende inserzione nella
sostanza gelatinosa ed è la più
flessibile.
Si depolarizza con lo spostamento
del capo, determinando la depolar-
izzazione della cellula.
Stereociglia: sono libere e sono
sempre più corte diventando pro-
gressivamente meno flessibili. Nel
movimento del capo si muove ciò
che ricopre, cioè le pareti; mentre
la sostanza gelatinosa e gli otoliti
dentro l’endolinfa sono inerti inizial-
mente.
La chiocciola contiene le cellule
cigliate dette chinociglia.
Più la testa si allontana dal piano di riferimento, più avremo stereociglia reclutate, più forte sarà l’eccitazione
e più numerose sono le cellule cigliate che si depolarizzano: questo permetterà ai muscoli antigravitari di
attivarsi correttamente.
Inoltre: più le macule si allontanano e più saranno reclutate le stereociglia, e più aumentano le contrazioni
dei muscoli responsabili del sistema dell’ equilibrio vestibolare.
Le macule dell’utricolo sono agoniste e sollecitate in un piano sagittale e determineranno uno spostamento
ant-post definendo un piano frontale.
cellule acustiche
esterne
lembo
spirale
membrana basilare
La coclea è aderente alle pareti del canale spirale tramite legamenti. All’interno c’è la stria vascolare, cos-
tituita da una ricca rete di capillari che secernerà l’endolinfa. La stria vascolare ricorda i plessi corioidei che
secernono il liquor.
Il canale cocleare ha un aspetto triangolare, l’apice è il limbo.
La parete anteriore è la membrana di Reissner, in rapporto con la rampa vestibolare, e l’altra parete è la
membrana basilare in rapporto con la rampa timpanica dove si poggia l’organo del Corti (che è la zona
sensoriale della coclea): questo organo è formato da cellule di sostegno che formano un supporto per le
cellule cigliate interne(sono meno numerose, circa 4000 e disposte su una sola linea) ed esterne (disposte
su tre file sono 30.000), e i 2 pilastri delimitano il tunnel del Corti che contiene la cortilinfa. Queste cellule
cigliate formano pilastri interno ed esterno e hanno un velo membranoso che le ricopre e forma un tun-
nel con la linfa subtentoriale. Le vibrazioni dei liquidi danno vibrazioni della membrana basilare, e questo
determina la flessione delle ciglia che corrisponde ad una frequenza. Il lume del canale cocleare aumenta
in prossimità dell’apice della columella, e la larghezza della membrana basilare aumenta man mano che ci
avviciniamo all’apice della columella.
A livello della base della columella, vicino al CUI la larghezza è 4/100 di mm occupato dall’organo del Corti,
mentre a livello dell’ apice lo spazio è di 5/10mm. Questa modificazione di forma modifica la flessibilità e
maggiore è lo spazio e maggiore è la flessibilità per trasmettere le frequenze.
217
Liquidi ENDOLABIRINTICI
I liquidi endolabirintici più conosciuti sono la
perilinfa e l’endolinfa.
La perilinfa proviene dai plessi corioidei
tramite il liquor, c’è quindi comunicazione tra
gli spazi subaracnoidali e l’orecchio interno.
Il LCR diventa perilinfa nel momento in cui
il liquor raggiunge gli orifizi che perforano il
fondo del CUI. LCR è contenuto negli spazi
sottoaracnoidei, quindi i nervi e i vasi sono
contenuti negli spazi sopra aracnoidei in-
sieme all’encefalo. Quando il n. acustico
esce dal CUI, quando l’a. uditiva interna
penetra nel CUI, il LCR segue il decorso di
questi nervi e vasi che arrivano appunto
all’orecchio interno.
LCR in un 1 tempo segue il decorso di questi vasi e nervi.
LCR e perilinfa hanno stessa composizione.
Il riassorbimento di liquido dalla periferia si farà a livello del limbo che raggiunge la vena capillare, quindi
la vena uditiva interna, che è drenata nei seni venosi circostanti. Come seni venosi abbiamo: seno petroso
superiore e seno petroso inferiore e seno giugulare.
L’endolinfa è prodotta dalla stria vascolare e in parte dal limbo.
Stria vascolare: rete capillare è una arborizzazione terminale della a. vertebrale, poiché l’a.vertebrale
distribuirà all’interno della scatola cranica l’a. uditiva interna che diventerà a. cocleare, e formerà inoltre la
rete capillare e da lì avremo la secrezione dell’endolinfa. Il riassorbimento dell’endolinfa è nella ampolla en-
dolinfatica, attraverso il foglietto viscerale della dura madre e attraverso l’aracnoide, raggiungendo gli spazi
subaracnoidei.
LCR si riassorbe in tutti i seni venosi cranici, ma soprattutto nel seno longitudinale SUP.
Il sangue venoso diventa sangue arterioso a livello degli alveoli polmonari. Più si avvicina ai tessuti e più
perderà ossigeno diventando liquido interstiziale, il quale viene canalizzato progressivamente è chiamato
linfa, la quale a sua volta si continua nel sangue venoso.
La vascolarizzazione dell’orecchio dipende dal sistema carotideo ESTERNO con le sue divisioni:
a. carotide esterna
a. auricolare post
a. mascellare interna
a. facciale
che innervano ogni parte costituente dell’orecchio medio e dell’orecchio interno.
L’orecchio MEDIO è soprattutto irrorato dalla a. carotide esterna, ma è anche irrorato dalla a. carotide
timpanica che partecipa all’irrigazione della cassa del timpano;
l’orecchio INTERNO è irrorato tramite il sistema vertebrale; inoltre tramite l’a. cerebellare media che ci
dà l’a. uditiva interna.
In base a dove arriva il sangue, si sa a quale livello si deve lavorare.
Il ganglio che controlla il sistema delle aa. vertebrali è il ganglio stellato (ganglio cervicale inferiore), ma può
trovare irritazione lungo il suo tragitto. L’a. carotide esterna e anche la regione cervicale è controllata dal
ganglio cervicale medio, soprattutto ma anche il GCS e GCI.
4 sem_ Gay
Sistema cocleare
La funzione dell’orecchio è essenzialmente uditiva.
Serve a trasformare una energia vibratoria esterna in un fenomeno bioelettrico, facendo si che questo
fenomeno meccanico diventi udibile ed interpretabile, e per questo ci saranno dei fenomeni meccanici e dei
fenomeni bioelettrici.
I fenomeni meccanici si ritrovano a livello dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio.
L’orecchio esterno è la sede della ricezione, nel senso che contiene i recettori cocleari e partecipa pure alla
funzione vestibolare; inoltre permette la localizzazione delle vibrazioni aeree. L’orecchio esterno permette
di concentrare queste vibrazioni, facendo si, che abbiano il miglior impatto meccanico sulla membrana
timpanica. Ciò permette che questo fenomeno vibratorio possa essere trasmesso dal sistema timpano-
ossicolare attraverso l’orecchio medio, per provocare dei fenomeni meccanici nell’orecchio interno, cioè
vibrazioni della membrana basilare; partendo da questi, avviene una modificazione del fenomeno mecca-
nico che viene trasformato in fenomeno bioelettrico. Questo a partire dalle cellule ciliate cocleari. Quindi
la vibrazione delle ciglia di queste cellule cocleari permette la depolarizzazione di queste cellule cocleari con
conseguente eccitazione dei neuroni afferenti.
Che cos’è che diventerà suono?
Definizione di suono: un suono è un insieme di fenomeni vibratori meccanici che si esprimono in frequen-
ze misurabili da 20-20000 Hz; è una modificazione brusca di pressione, che per un fenomeno vibratorio si
propaga da molecola a molecola. È un fenomeno meccanico per il quale le molecole, sotto questa influenza,
si urtano l’una con l’altra e creano un seguito di questa vibrazione che si propaga dall’una all’altra in tutte
le direzioni. E cosi questo fenomeno meccanico può propagarsi progressivamente allontanandosi dalla sua
fonte, e l’energia cinetica generata da questo fenomeno diminuirà progressivamente fino a che, quando si
sarà allontanata di una certa misura non sarà più percettibile. Tutta questa gamma di frequenze arriva alla
corteccia temporale e diventa un suono fino all’Organo di Corti. Una volta che il suono è trasmesso alla cor-
teccia temporale, è un fenomeno vibratorio trasformato in energia elettrica.
La vibrazione sonora è un fenomeno vibratorio del mezzo del quale questo fenomeno vibratorio esiste e
si propaga. È un fenomeno meccanico che si allontana dal punto di origine; le sue molecole si allontanano
dunque tra loro.
La rappresentazione grafica di un suono puro è un’onda sinusoidale come quella emessa da un diapason ,
e tale onda vibra su una certa frequenza che ha una certa lunghezza d’onda, che è costante, ed è la distanza
tra due creste. Si definisce Lambda la distanza tra le creste dell’ onda del suono.
Più lambda (distanza tra le creste) è vicina, più il suono è acuto.
Più lambda (distanza tra le creste ) è lontana, più il suono è grave.
L’unità di misura della frequenza sono gli Hz come già detto 20-20000 Hz
La maggior parte dei suoni sono lo stesso fenomeno vibratorio ma con diverse frequenze. Il raggiungimento
di più frequenze danno un suono. Più la lunghezza d’onda aumenta, più la frequenza è grave. Più la lunghez-
za d’onda è corta più la frequenza è acuta.
Un fenomeno vibratorio anzi più esattamente un suono, ha la sua altezza, più l’altezza è importante, più il
suono è intenso.
La frequenza di un suono si misura in Hertz, che equivale ad un certo numero di vibrazioni per unità di
tempo. Quando c’è un miscuglio di parecchie frequenze si chiama timbro. E quando alcune frequenze si
trovano mescolate insieme ma, in maniera manifesta non stanno bene insieme, un miscuglio di alte e basse
frequenze sufficientemente intenso prende il nome di rumore. Il rumore è il mescolamento di frequenze
discordanti e dunque non è un suono puro.
L’intensità è misurata in Decibel. La soglia, o meglio, il limite superiore sopportabile dall’orecchio è
all’incirca 120 decibel, misura che può essere variabile a seconda dell’individuo. Di media possiamo dire
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che a partire da 120 decibel, non abbiamo più un suono ma il suono diventa un dolore. L’orecchio non è più
capace, anzi è la corteccia che non sopporta più questa intensità ed ecco che non diventa più un suono ma
un dolore.
Il range udibile dall’orecchio umano è tra i 20 e i 20.000 Hertz, questo per dire che al di sopra di tale range,
il suono è percepito come dolore. Importante è il rapporto con la sua corteccia, perché è chiaro che le due
strutture funzionano insieme.
La conversazione normale si fa a 45-50 Decibel.
La velocità di propagazione è variabile, a seconda della densità dell’ambiente e del mezzo in cui questo
fenomeno si propaga; più è denso l’ambiente, e più accelera la propagazione del fenomeno vibratorio (poi-
ché le molecole sono vicine) e quindi più il fenomeno vibratorio è rapido.
Velocità del suono (vedi dopo nelle righe seguenti):
Aria: 330m/sec
H2O:1330 m/sec
Ghisa: 3000 m/sec
Tutto ciò influenzerà il dispositivo anatomico, in modo che la frequenza del suono possa essere trasmesso e
analizzato dalla corteccia temporale.
Abbiamo a che fare con un fenomeno meccanico allora ecco che più le molecole sono vicine, più la propag-
azione sarà veloce. Più le molecole del mezzo sono distanti, più tempo ci vorrà perché il fenomeno si propa-
ghi dall’una all’altra.
La velocità media nell’aria è all’incirca di 331 metri al secondo. Nell’acqua all’incirca 1200 metri al secondo,
quattro volte di più. Nella ghisa dove si ha la densità maggiore è di circa tre km al secondo.
Queste sono le principali caratteristiche fisiche della vibrazione aerea.
Il fenomeno vibratorio sarà riflesso.
Le vibrazioni aeree dipendono dal mezzo di propagazione, lo abbiamo già detto: le vibrazioni aeree si riflet-
tono quando incontrano degli ambienti di natura diversa dal mezzo di propagazione e quindi la maggior
parte del fenomeno vibratorio torna indietro, e cosi è fondamentale per l’orecchio di conservare quel poco
che rimane. La frequenza della vibrazione dipende dallo stato dell’apparecchio di trasmissione e questa si
chiama compliance (catena degli ossicini), comunque è lo stato delle strutture che possono essere elas-
tiche o rigide. Se il sistema di trasmissione è rigido, la compliance è bassa. Più il sistema è morbido, più la
compliance è alta, elevata. Occorre che ci sia una corrispondenza tra lo stato del sistema di vibrazione e la
vibrazione stessa. Se non c’è una corrispondenza tra la frequenza e lo stato del sistema che la trasporta, la
vibrazione non sarà udibile, non potrà essere trasmessa in maniera efficace, che permetta di sentire il suono.
Poiché questo fenomeno vibratorio incontra un’opposizione, un ostacolo da parte di queste strutture che
debbono poi trasportarla, abbiamo anche un altro parametro: la resistenza, che sarebbe l’opposizione in-
contrata dal fenomeno vibratorio e questa si chiama impedenza (muscoli) e rispecchia il grado di difficoltà
(ostacolo) incontrato. E quindi questa impedenza (=resistenza) sarà variabile a seconda della compliance.
Per cui si avrà sempre un adattamento del dispositivo meccanico.
L’aumento della massa (alta impedenza) favorirà le vibrazioni di bassa frequenza.
La rigidità o la bassa compliance favorirà invece le vibrazioni di alta frequenza.
220
Vi capiterà che i Pz vi portino degli esami di questo genere, esami audiometrici, vi dico questo (dice Jean
G) affinché li conosciate e non sbarrate gli occhi quando guardate questi esami perché il Pz ne avrebbe una
cattiva impressione.
Il sistema di trasmissione deve essere in una certa compliance, per poter rispondere ad una frequenza data:
< è la compliance e meno saranno trasmesse le frequenze più gravi, mentre saranno favorite quelle alte;
> è la compliance, più si favorisce la trasmissione delle frequenze basse.
- l’aumento della compliance è un sistema di trasmissione con vibrazione di bassa frequenza, ed è elastica.
- la riduzione della compliance è uno stato di trasmissione rigida con vibrazione ad alta frequenza.
IMPEDENZA: sinonimo di resistenza; più aumenta l’impedenza, più l’ostacolo si oppone alla trasmissione
del fenomeno vibratorio.
Questa impedenza varia a secondo dell’opposizione che sarà variabile, o meglio a seconda della massa; la
massa favorisce la trasmissione delle basse frequenze; la rigidità (poca compliance) favorisce le alte frequen-
ze. Il nostro sistema di trasmissione giocherà con queste trasmissioni, in modo che ci sarà l’adattamento del
fenomeno vibratorio esterno.
L’anatomia del nostro orecchio deve tener conto di queste diverse caratteristiche.
La trasmissione del suono avviene per:
conduzione aerea
conduzione ossea
Abbiamo un adattamento meccanico nelle diverse parti dell’orecchio, in modo che tutte le frequenze es-
terne, possano essere udibili e trasmesse nelle migliori condizioni. Quindi si verifica un adattamento ana-
tomico di cui abbiamo parlato, e ciò corrisponde a delle esigenze fisiologiche, per cui abbiamo una larga
superficie di ricezione per localizzare, seguita da un imbuto cioè una progressiva riduzione del condotto che
servirà a concentrare il fenomeno vibratorio, per evitare la riflessione totale di questa vibrazione (cioè che le
vibrazioni ritornino indietro). Da questa larga superficie di ricezione il condotto va restringendosi fino alla
membrana del timpano, e qui si ha l’adattamento passivo per permettere la migliore trasmissione. Da una
parte c’è il timpano, e all’altra estremità abbiamo la platina della staffa, e vedete che la superficie di ricezi-
one va riducendosi andando da uno a meno ventisette; quindi c’è un fenomeno di concentrazione naturale
tra questa superficie timpanica e l’altra superficie rappresentata dalla platina della staffa. Per una stessa
pressione cioè, se una pressione costante la ponete su una stessa superficie, la pressione sarà molto bassa
all’altra estremità.
Se sulla staffa abbiamo una pressione equivalente ad 1, essa poi avanza verso la superficie timpanica più
ampia, e qui a livello timpanico diventerà meno ventisette.
Se invece funziona al contrario come in effetti avviene naturalmente, la pressione si moltiplicherà per 27
passando da una grande superficie ad una piccola superficie; se si riduce la superficie, la pressione aumen-
ta. Questo è un adattamento anatomico che si è realizzato in favore di tale fisiologia.
L’impatto della vibrazione in questo modo può essere trasmesso integrale all’altra estremità, malgrado la
resistenza che incontra e malgrado la riflessione all’indietro che si verifica. Questo sistema di trasmissione è
un sistema flessibile, quindi ha una certa compliance grazie alle articolazioni tra gli ossicini, grazie ai muscoli
del martello o tensore del timpano, e il muscolo della staffa o stapedio; il loro stato di tensione sarà variabile
in funzione della frequenza.
Il sistema di trasmissione è un adattatore di impedenza e di compliance in funzione del fenomeno vibra-
torio.
Altro adattamento meccanico a livello dell’orecchio interno, infatti il fenomeno meccanico non termina a
livello della platina della staffa, ma va a sollecitare l’orecchio interno attraverso i liquidi endolabirintici, che
entreranno anch’essi in vibrazione sotto l’effetto di questa catena timpano-ossicolare. È la ragione per cui
all’altra estremità della chiocciola, c’è corrispondenza tra la finestra ovale e la finestra rotonda che si apre
su di un ambiente comprimibile. A livello dell’orecchio interno si ha un adattamento; avevamo detto che
l’impedenza è dipendente dalla massa e dalla compliance, adattamento laddove si rispettano questi dati
fisici. Vedete che la larghezza della membrana basilare va aumentando dalla base all’apice della chiocciola, e
quindi aumenta la compliance. Più ci si allontana dalla base della chiocciola (la base della chiocciola mor-
fologicamente parlando corrisponde al condotto uditivo interno, due giri e mezzo), più la larghezza della
membrana basilare all’interno del canale spirale va aumentando. Più ci allontaniamo dal condotto uditivo
interno e più la larghezza di questa membrana aumenta e quindi vedete che le dimensioni sono impressio-
nanti: 4 centesimi di millimetro alla base fino a 5 decimi all’apice. Quindi questa compliance, questa elastic-
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ità va aumentando. E questo è un adattamento anatomico che permetterà a livello della base della coclea di
registrare le vibrazioni di alta frequenza, li c’ è bisogno di rigidità. Le vibrazioni di bassa frequenza saranno
invece ricevute a livello dell’apice laddove la compliance è alta, e questo favorisce la trasmissione delle
basse frequenze.
L’altro adattamento anatomico a livello dell’orecchio interno è il lume del canale spirale, il quale ugualmente
va aumentando a mano a mano che ci si avvicina all’apice. Più ci si allontana dal condotto uditivo esterno
più il lume aumenta. Il lume aumenta a mano a mano che ci si avvicina all’apice, mentre la forma esterna
va al contrario, non c’è corrispondenza tra le due cose. Allora, la massa endolinfatica va aumentando dalla
base all’apice, e questa massa più aumenta e più favorisce la trasmissione delle basse frequenze. Questo è
l’adattamento passivo che permette la trascrizione di queste frequenze in fenomeno bioelettrico.
Le vibrazioni aeree sono trasmesse in due maniere: passiva e attiva.
La modalità di trasmissione più prestazionale, più performante è la conduzione per via aerea che è un
fenomeno attivo. Mentre il modo passivo è la conduzione per via ossea.
Ci sono due vie di trasmissione: la via aerea e la via ossea.
I 2 modi di trasmissione sono attraverso la trasmissione aerea (che è il nostro mezzo naturale).
Ogni parte dell’orecchio avrà un ruolo particolare nel concentrare e localizzare un fenomeno vibratorio, in
base al fenomeno della riflessione.
Il padiglione ha rilievi che convogliano il fenomeno vibratorio verso la conca.
Dalla conca il condotto uditivo sarà sempre più piccolo per condurre questo fenomeno sulla membrana del
timpano.
Il fenomeno vibratorio incontra un ostacolo che è il timpano e la trasmissione avviene grazie ad un disposi-
tivo osseo (= catena timpano ossicolare) che adatta il suo stato, quindi la sua compliance.
La catena timpano ossicolare è un sistema di amplificazione del fenomeno vibratorio, in quanto riduce la
superficie di contatto ai 2 lati della catena timpano-ossicolare. Il piatto della staffa è infatti 27 volte più pic-
colo della superficie del timpano, quindi essa amplifica la trasmissione perché nell’orecchio interno ci sono i
liquidi endolinfatici che fungono da fattore di impedenza (i liquidi sono un mezzo di opposizione maggiore
dell’aria presente nel CUE e nella cassa del timpano). Modificando quindi la superficie della staffa aumenta
la forza, cosa necessaria per poter propagare la frequenza sonora anche nei liquidi endolinfatici.
L’adattatore di impedenza è l’apparato muscolare, ossia i mm. del martello e della staffa, che danno una
catena muscolare più o meno rigida e così modificano la compliance della catena ossicolare.
Il timpano è una barriera tra l’aria esterna e l’aria contenuta nella cassa timpanica dove si trova la catena
ossicolare. La mucosa della cassa timpanica è di tipo respiratorio e quindi fa variare la pressione: quando
l’aria viene assorbita dalla mucosa, varia la massa della catena ossicolare e si verifca una depressione (c’è
corrispondenza quindi tra la frequenza e impedenza). Per evitare questa depressione c’è un dispositivo che
riequilibra la pressione: la tuba di Eustachio.
Per migliorare il dispositivo e discriminare meglio, il dispositivo di trasmissione diventa una cassa di risonan-
za ricca di cellule mastoidee, con pneumatizzazione aerea che fa migliorare tale cassa, migliorando l’analisi
del fenomeno vibratorio.
Il liquido endolinfatico dell’orecchio interno è paragonabile alla catena ossicolare, tuttavia il liquido è incom-
primibile, non si può modificare. Quello che invece si adatta è la membrana basilare (su cui è appoggiato
l’organo del Corti), che quindi modifica la sua compliance. La membrana basilare adatta la sua compliance e
modifica la sua superficie, aumentando la sua ampiezza dalla base verso l’apice. Un aumento della compli-
ance favorisce la trasmissione delle basse frequenze dalla base verso l’apice > ciò è detto tonotopia co-
cleare (importante per le cellule di Corti).
apice
base
222
Invece l’adattamento della massa si fa con le variazioni di calibro del canale cocleare.
Il lume del canale cocleare aumenta dalla base verso l’apice della chiocciola: quindi aumentando la massa, si
favorisce la trasmissione della bassa frequenza. A livello dell’apice della chiocciola il calibro è maggiore.
Ogni parte dell’orecchio ha un suo adattamento anatomico. Questo per la trasmissione aerea.
Se voi appoggiate un diapason in vibrazione sul vertice del cranio (vertex), percepirete la sua vibrazione e
questo avviene attraverso la via ossea. La propria voce viene trasmessa per via ossea, mentre la voce altrui
per via aerea. È per questo che quando si ascolta una registrazione della propria voce si ha una percezione
diversa,proprio per le modalità di trasmissione che è diversa. Sono vere tutte e due, ma una è più perfor-
mante nel senso discriminativo, poiché non ha alcun senso ascoltare la propria voce se non per correggersi,
o per modificare il proprio stato psicoemozionale, perché si possa adattare la maniera in cui ci si sta espri-
mendo. Ma l’interesse, lo scopo dell’udito, è quello di interpretare nella maniera più performante possibile,
cioè che proviene dall’esterno e quindi la conduzione per via aerea è più sofisticata, più discriminativa, ma
entrambe le vie sono vere. Una apparirà un po’ più grave, con un timbro di fondo, mentre per via aerea si
possono distinguere tutte le sottigliezze di una musica, ciò che non è possibile per via ossea.
Diventa patologico o disfunzionale quando i rumori del corpo diventano predominanti. Se vi “tappate” le
orecchie, sentite un rumore di fondo, e questi sono i rumori di fondo del nostro corpo trasmessi per via
ossea. È si perché se i condotti sono chiusi, il suono non passa più. Sono mantenuti in maniera debole, di
sottofondo, ma quando diventano importanti come gli acufeni ad esempio, in questo caso c’è disfunzione.
Normalmente non si sentono o molto poco perché la via aerea sovrasta la conduzione per via ossea. Ma
entrambe sono vie vere , solo che hanno intensità diverse.
Mezzi di indagine
Quindi a partire da queste due modalità di trasmissione ecco che esistono diversi metodi di indagine della
funzione coclearie e ci si serve di questi due mezzi. Detto in maniera riassuntiva, ci sono più modi di sapere
se una persona sente bene o meno, il modo più semplice è utilizzare la voce.
Il grido è percepibile fino a cinquanta-sessanta metri, mentre il sussurro fino a circa un metro di distanza. e
quindi su questa base si può valutare se c’è bisogno di avvicinarsi di più alla fonte, significa che c’è qualcosa
che non va. L’esame audiometrico si fa per valutare lo stato di sordità o di ipoacusia in funzione delle fre-
quenze. Un altro mezzo di valutazione è quello di utilizzare l’orologio, ma l’orologio del medioevo, quello a
carica manuale. Un altro modo è usare il diapason. Il grosso inconveniente nel diapason è che si può esam-
inare tutto il range acustico udibile, ma non si può modificare l’intensità. L’altro inconveniente è che si fa ap-
pello all’interpretazione del soggetto, cioè è molto soggettivo il risultato. Perché anche se il soggetto sente
bene potrà sempre mentire e dire che non sente. Ma la tecnica ha permesso di spazzar via tutto questo, e,
per evitare la partecipazione del soggetto, e per poter utilizzare tutte le intensità che si vogliono, ecco che
sono stati creati questi metodi moderni, in particolare l’audiometro. Ecco che allora non c’è più il modo di
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mentire. A partire da questo, con questo strumento si possono testare entrambi i modi di trasmissione. E ci
sono diverse prove, queste prove si ritrovano sugli esami audiometrici che portano i pazienti.
Bisogna sapere che la conduzione per via ossea dura molto meno della conduzione per via aerea. La con-
duzione per via ossea dura circa venti secondi, quella per via aerea quaranta secondi. E quindi le prove
dell’otorino si basano su questi tempi.
Abbiamo la prova di Schwabach effettuata con il diapason o un vibratore elettrico, che si può appoggiare
in varie zone del cranio, sulla regione mastoidea, sulla regione frontale, sul vertice.
Se la trasmissione è inferiore a 20 secondi si avrà a che fare con un disturbo della ricezione (riguarda la
ricezione, cioè l’orecchio interno sarà stimolato per più tempo; quindi è come una cassa di risonanza).
Se la trasmissione per via ossea va oltre i 20 secondi, allora si potrà affermare che c’è un disturbo della
trasmissione meccanica per via aerea (riguarda l’orecchio medio)
Questo permette di localizzare seppur grossolanamente un disturbo dell’orecchio medio da un disturbo
dell’orecchio interno, sordità o ipoacusia di trasmissione è incriminato l’orecchio medio. Mentre per la ricezi-
one è l’orecchio interno. quindi sapremo dove avviene la trascrizione da fenomeno meccanico a fenomeno
bioelettrico.
L’altra prova è la prova di Weber, permette di lateralizzare il disturbo cioè di indicare il lato del disturbo.
Normalmente la prova si fa posizionando questo vibratore sul vertice, quindi si fa sempre appello alla tras-
missione per via ossea. Allora sul vertice la percezione si ha al centro della scatola cranica, quindi si percepirà
il fenomeno vibratorio tra le due orecchie, se invece si ha un disturbo di trasmissione, la percezione sarà
migliore dal lato leso. Se abbiamo a che fare con un disturbo della ricezione è chiaro che dal lato dove c’è la
lesione, si sentirà meno, dunque predominerà il lato sano rispetto all’altro che è più debole.
Infine c’è la prova di Rinné in cui con un artificio tecnico si fanno partire le due curve, cioè quella che si
riferisce alla conduzione per via aerea, e l’altra curva è la trasmissione per via ossea. Con un artificio tecnico
si sovrappongono le due curve come punto di partenza. Quindi tale prova oppone la conduzione ossea alla
conduzione aerea.
224
Si dice che il Rinné è normale quando la conduzione
ossea eguaglia la conduzione aerea (VO=VA; si dice
anche Rinné positivo, perché 40 sec diviso 20 sec =
2). Però vi ricordo che è un artificio sovrapporre le due
curve sul grafico, dato che noi sappiamo che normal-
mente la conduzione per via aerea (VA=40 sec) dura
di più della conduzione per via ossea (VO=20 sec),
si tratta di una rappresentazione grafica. Se invece
rispettassimo quello che avviene normalmente, le due
curve non potrebbero essere sovrapposte.
L’interpretazione del grafico è soggetta a molte precauzioni e cautele.
Quando c’è un disturbo della trasmis-
sione, la conduzione per via aerea sarà
impeccabile, perfetta, mentre la con-
duzione per via ossea salterà alcune fre-
quenze, e allora ci sarà una dissociazione
tra le due rappresentazioni grafiche. In
questo caso si dice che il Rinné è nega-
tivo. La conduzione ossea in questo caso
dura più a lungo della conduzione aerea
quindi la sovrasta ma è meno performan-
te nelle frequenze.
Quando c’è un disturbo della ricezione,
cioè un disturbo dell’orecchio interno, in
alcune frequenze entrambe le curve si ab-
bassano, perché se i fenomeni di trascriz-
ione elettrica sono in disfunzione, le
vibrazioni non potranno essere trasmesse
al nucleo cocleare e cosi si perderanno
alcune frequenze, sia per via aerea che
per via ossea. In questo caso si dice che il
Rinné è positivo patologico.
E cosi si traducono questi disturbi cocleari in periferia.
In una lesione tubarica, quando c’è chiusura tubarica, la pressione endotimpanica si abbassa perché i gas
sono assorbiti dalla mucosa. La massa ossicolare si abbassa, la tensione ossicolare aumenta, la pressione
endolabirintica si abbassa e gli acufeni sono acuti, è un ipoacusia di trasmissione nelle basse frequenze, con
una lesione del muscolo del martello (tensore del timpano). Lo stesso sarà per la beanza tubarica che è
molto più rara perché in maniera naturale la tromba di Eustachio è sempre chiusa, e la sua patologia è più
quella di non riuscire ad aprirsi quando occorre. Quindi è molto meno frequente.
Gli acufeni e poi la difficoltà che accompagna spesso queste ipoacusie, è quella di fare la differenza tra
gli acufeni da fenomeni di irritazione dell’orecchio interno o dell’ottavo coclearie. Queste ipoacusie sono
spesso accompagnate da perturbazioni tubariche con fenomeni neurovegetativi associati, e vasomotori
più o meno pronunciati. Sensazioni di nausea, vertigine, anzi instabilità piuttosto, non sono vere vertigini, e
quindi questi disturbi associati, andranno a differenziarsi da disturbi sistolici cardiaci, sincroni, soffi intrac-
ranici e allucinazioni uditive.
Sistema vestibolare
Il sistema vestibolare, serve ad assicurare l’equilibrio sia statico che dinamico.
Serve per mantenere quindi l’equilibrio con i mm. oculomotori e i muscoli scheletrici, partecipando alla
elaborazione del nostro schema corporeo.
Il riferimento del corpo è la testa.
Serve a regolare la posizione dei globi oculari e la dinamica oculare per avere la migliore visione possibile. Il
sistema vestibolare partecipa all’elaborazione della funzione spaziale, completando gli altri apporti senso-
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riali che siano visivi, acustici, propriocettivi, somatoestesici. La funzione vestibolare è assicurata dal sistema
otolitico e canalare. Il sistema otolitico è un sistema statestesico, contenente i recettori vestibolari stat-
estesici+ le maculae, che informa i muscoli scheletrici sulla posizione della testa. Lo stimolo specifico del
sacculo, dell’utricolo e delle macule è la gravità.
La macula utricolare, situata grosso modo sull’orizzontale e su un
piano trasversale, stimola i muscoli nei movimenti antero-posteriori,
le due macule utricolari sono agoniste, quindi la stimolazione quan-
do si porta la testa in flessione stimola inevitabilmente i muscoli fles-
sori, e questa è la prima reazione riflessa, mentre nove volte su dieci
ci si aspetterebbe una estensione. Quando perdete l’equilibrio verso
l’ avanti, che fate per recuperarlo? Portate avanti un piede o si por-
tano avanti le braccia, quindi contraiamo i flessori, e i retti superiori
degli occhi per conservare l’orizzontalità dello sguardo, questa è la
prima reazione riflessa, poi c’è tutto un adattamento, quindi intervie-
ne l’innervazione reciproca, agonista, antagonista, ma questa è la sofisticazione successiva, la prima azione
è questa: una contrazione dei flessori. È il modo più semplice per recuperare l’equilibrio che si sta perdendo
verso l’avanti. È un po’ un principio generale, si va come l’osteopatia nel senso della disfunzione o del prob-
lema, non si va mai contro. E perché, a che serve questo. In maniera generale, serve a capire quello che sta
succedendo quindi si va insieme per capirlo per poi reagire per poter poi contrariare. È la diplomazia che
viene messa in gioco, è la negoziazione. Se ci si mette immediatamente in opposizione o sistematicamente
si fa la guerra e quindi la distruzione, non è lo scopo che si vuole ottenere. Ecco che allora si va inizialmente
nello stesso senso e solo dopo si contraria. Questo è un principio generale.
Per la perdita dell’equilibrio all’indietro, è lo stesso, gli estensori. Una estensione della
testa all’indietro, stimola la contrazione degli estensori. Se fate il contrario, nove volte
su dieci vi rompete la faccia, insomma cadete. È si perché se non c’è nulla per afferrarsi e
bloccarsi, potete attivare i flessori quanto volete ma cadrete lo stesso.
Per il piano sagittale quindi la macula dei sacculi verticali, le due macule sono antagoniste tra loro infatti
la posizione di stimolazione massima dell’una, corrisponde a inibizione massima dell’altra. E il discorso è lo
stesso, quando si flette la testa verso sin si va a contrarre gli abd di sin e gli add di dx; quindi girando la testa
a sin, ci sarà uno spostamento di corrente a dx (detto relativo) ed è la direzione della corrrente endolinfatica
che determina lo spostamento. Il principio di base sarà sempre lo stesso, con rotazione dei globi oculari in
senso opposto.
Mezzi di indagine
I mezzi di indagine per la ricerca di queste patologie, agiscono e si basano sul nistagmo vestibolare. Cioè
questi disturbi vestibolari potranno essere oggettivati in maniera molto netta a partire dai mm. oculomotori.
Ecco queste sono le manifestazioni più visibili e più nette da registrare, ma esistono a livello di tutti i musco-
li. Solo che misurarle a livello degli altri muscoli scheletrici è molto più difficile, perché ci sono molte più
fibre in azione, e quindi ci sono dei recuperi che si mettono in atto da parte delle fibre sane, quindi la mani-
festazione è meno visibile, anzi è invisibile, mentre a livello dei mm. oculomotori non è possibile mascherare
nulla, perché l’innervazione è molto mirata. E cosi quando una fibra è colpita obbligatoriamente si manifesta
uno squilibrio anche se è una fibra sola. Però il nistagmo non è esclusivo dei globi oculari, saranno interessa-
ti dal lato del vestibolo colpito, cioè questo nistagmo va a colpire tutti i muscoli dal lato del vestibolo colpito.
Il nistagmo è un tremore associato dei globi oculari, caratterizzato da una successione di movimenti bifasici
coordinati. Ci sono diversi nistagmi.
Abbiamo il nistagmo pendolare con due fasi del nistagmo uguali.
Abbiamo il nistagmo saccadico che vuol dire che c’ è una fase lenta seguita da una rapida di richiamo.
Questo permette di distinguere il nistagmo fisiologico o patologico, dal nistagmo del clinico, perché il
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nistagmo è sempre nella patologia, nella fase lenta. È la fase lenta che traduce la lesione vestibolare, non è
la fase rapida. Si parla di fase rapida perché è quella più visibile che si coglie meglio, ma la fase che traduce
la lesione è quella lenta, anche se è molto meno facilmente apprezzabile. Qui si fa un ulteriore distinzione,
cioè il nistagmo del clinico cioè di colui che osserva, e il nistagmo del Pz patologico disfunzionale che è la
fase lenta.
Ora le origini sono molto numerose, quello che bisogna ricordare è che il nistagmo saccadico è sempre di
origine vestibolare quindi a priori non rischiate niente, nel senso che non rappresenta un carattere peggio-
rativo. Quindi potete stare tranquilli. Se invece vedete un nistagmo pendolare allora questo può significare
qualcosa di più grave, a livello centrale. Un tumore a livello centrale, del n. vestibolare, a livello dei nuclei
vestibolari, a livello del cervelletto, ma è qualcosa di grave a priori. Il nistagmo quando è di origine periferica
e vestibolare, è saccadico e rotatorio, quando è cosi si sta tranquilli. Quando invece si vedono dei nistagmi
pendolari, che siano orizzontali, verticali, è bene allarmarsi perché questo rappresenta un carattere di grav-
ità.
TECNICHE
1. Compressione del IV Ventricolo
Il cranio del Pz è appoggiato sulle 2 eminenze tenar dell’Osteopata a livello
degli angoli laterali dell’occipite, quindi siamo dietro Asterion e leggermente
sotto.
Le mani sono a coppa. Siamo all’ascolto della frequenza e ampiezza
dell’occipite, e in seguito saremo attivi seguendo l’adattamento in E quando gli
angoli si chiudono.
Quindi non comprimiamo, ma seguiamo la chiusura degli angoli bilaterali
dell’occipite nel tempo di estensione; alla fine dell’E rimaniamo lì dove siamo
arrivati e durante, invece, il tempo di F manteniamo e non seguiamo la F impe-
dendo, inizialmente, l’espansione trasversale.
Durante l’esecuzione della tecnica, ogni volta che possiamo seguire l’E la seguiamo e rimaniamo fino ad
arrivare all’adattamento massimo e lì la compressione si farà durante la F perché le altre pareti del mecca-
nismo non sono costrette; la fisiologia si farà intorno alla tenda del cervelletto che cercherà di espandersi
andando in basso-avanti-fuori. La tenda comprimerà il IV ventricolo.
Rilasceremo la tecnica in modo progressivo, permettendo agli angoli laterali di espandersi durante la F e
rimanendo sempre in contatto.
2. Rotolamento Bilaterale dei Temporali
Il rotolamento bilaterale dei temporali è una tecnica che si interessa delle fluttuazioni del liquor.
Il rotolamento dei temporali è simultaneo e simmetrico.
È una tecnica di stimolazione; è ortosimpaticomimetica ed ha come obiettivo quello di accelerare le flut-
tuazioni, soprattutto di aumentare l’ampiezza delle fluttuazioni (antero-posteriori) e longitudinali.
Controindicazioni
Traumi cranici gravi con rischi emorragici
Ipertensione arteriosa
Pz con predominanza ortosimpatica (visto che questa tecnica stimola l’ortosimpatico)
Indicazioni
Pz anergici e stanchi
Pz ipotimici (con scarsa fiducia in se stessi aventi sensazione di vertigine, ma rimanenti coscienti)
Questa tecnica è l’oppstodela tecnica di compressione del IV ventricolo
Pz con predominanza parasimpatica
In generale sono tecniche meccaniche che si indirizzano al liquor e che avranno un impatto meccanico sul
liquor attraverso le membrane di tensione reciproca che solleciteremo.
Occorre dunque rispettare il comportamento del LCR e delle membrane, per poter modificare la loro mec-
canica e il loro comportamento. È un liquido che ha una grandissima inerzia, quindi va approcciato in modo
tranquillo e corretto. Non sono tecniche riflesse.
227
Lo scopo di questa tecnica è di allontanare la sfera posteriore dalla sfera anteriore, e di scuotere la sfera
anteriore durante il tempo di F per stimolare, dinamizzare la tuba di Eustachio con la sua porzione cartilag-
inea.
PRATICA
Dopo aver controllato il nostro posizionamento, iniziamo la tecnica che si compone di 2 parti:
Mettersi in ascolto della fisiologia e più precisamente della frequenza e ampiezza dell’impulso per poter
poi agire.
La frequenza del comportamento craniale generale è la somma di tutti questi comportamenti. Siamo in
ascolto del comportamento dei temporali durante la F, perché è durante la F che noi eseguiremo la tec-
nica. Questa è una fase importante poiché il comportamento dinamico dei temporali non sarà identico, in
quanto il cranio è asimmetrico: quindi le sfere occupano delle posizioni differenti da un lato rispetto all’altro,
proprio perché il comportamento dei quadranti e delle sfere non è mai uguale al fine di assicurare una fisio-
logia di adattamento.
All’ascolto sentiremo uno dei temporali che farà più difficilmente una RE rispetto all’altro, poiché sarà posiz-
ionato in uno stato di maggior facilitazione verso l’RI, es:
in uno stato di torsione dx avremo il temporale dx che andrà di più in RE, ed un temporale di sin che sarà
meno disponibile ad andare in RE anche se non è in disfunzione.
Dovendo lavorare sulla RE, prenderemo come punto di riferimento il temporale che ha capacità meno am-
pia di andare in RE durante la flessione (nel nostro es il temporale sin).
Questa tecnica è simultanea e bilaterale quindi:
- durante il tempo di F, si va ad accompagnare la RE del temporale che fa più difficoltà ad andare in RE (ma
contemporaneamente obbligheremo anche l’altro temporale, visto che la tecnica è simultanea), mantenen-
do poi questa RE anche durante il tempo di E successivo.
- nel successivo tempo di F, in funzione delle possibilità esistenti, aumentare il parametro di RE bilaterale e
mantenere tale parametro nel tempo di E, questo fino alla possibilità massima.
Quindi per fare un rotolamento bilaterale simmetrico e contemporaneo dei 2 temporali dovremmo aspet-
228
tare una simultaneità dell’adattamento della RE; questa tecnica non la possiamo applicare ad ogni tempo di
F ma aspetteremo che i temporali si associno per fare la stessa cosa. Ce ne sarà sempre 1 dei 2 che farà la RE
meglio dell’altro ma ad un certo punto con il ripetersi delle fasi arriverà una fase in cui i 2 temporali faranno
la loro RE simultaneamente, allora lì agiremo, ma finchè non sentiremo questo non faremo niente. Quello
che dobbiamo fare è vincere l’inerzia del liquido cefalo rachidiano per accelerarlo.
1. una nostra
INsp fraziona-
ta per aumen-
tare il valore di
questa spinta
2. la deglutizione del Pz, con la lingua ferma tra i denti, per aumentare la trazione faringea sulla base del
cranio
3. chiedere al Pz una dorsiflessione dei piedi
4. se poi c’è un lato che più in particolare ha bisogno di questa tecnica (otite che non sempre è bilaterale) si
può fare una dorsiflessione del piede controlaterale o una F di ginocchio omolaterale.
Fare attenzione a quando si rilascia perché poiché abbiamo costretto la struttura ad occupare una posizione
che non è quella naturale bisogna rilasciare la sfera posteriore a poco a poco, si approfitterà della E, ad es.
per rilasciare la RE.
È importante effettuare un rilascio graduale soprattutto nei bambini che hanno una sfera cranica molto
morbida, in cui giochiamo con la sua plasticità ossea.
È importante sapere che, in questa tecnica, non si interviene su tutti i tempi di F, perché la simultaneità dei
due temporali non è sistemica ad ogni tempo di F e che, qualora vi fosse un temporale in disfunzione si farà
riferimento alle possibilità di adattamento in RE del temporale che è in disfunzione per non creare ulteriori
disfunzioni.
230
Poi è importante posizionare l’articolazione
interfalangea dei 2 pollici all’altezza dell’
apofisi mastoidea, più precisamente sulla
estremità di quest’ultima. Quindi, per sem-
plificare, tutta la colonna del pollice si trova
posizionata lungo la faccia esterna della re-
gione mastoidea del temporale. I pollici sono
orientati entrambi nella stessa direzione dello
SCOM. Ricordarsi di adattare il posizionamen-
to dei nostri pollici alle dimensioni della testa
del Pz. Chi ha le mani grandi farà scendere
ulteriormente i pollici.
Occorre che l’Osteopata adatti la sua mano in modo tale che l’eminenza tenar sia in contatto con la porzi-
one mastoidea del temporale e non deve essere mai posizionato sul parietale.
Ricordarsi di posizionare bene la colonna del pollice dietro il padiglione auricolare e in contatto con esso.
Occorre fare in modo tale che la testa del Pz non sia appoggiata sul lettino, ma deve stare appoggiata alle
nostre mani e la si circonda bene.
Occorre fare attenzione alla fisiologia, in modo tale che dobbiamo riconoscere bene il tempo dell’E e quello
della F, memorizzando correttamente il movimento dei temporali.
Ricordarsi che il comportamento dei temporali durante il tempo di F non è simmetrico: i temporali infatti
non hanno del tutto lo stesso comportamento, e per di più non si adattano alla RE in modo simultaneo,
soprattutto quando c’è una disfunzione di uno dei tempi.
MEMO
Ricorda per escome si presentano i quadranti in uno stato di torsione o lateroflessione-rotazione.
anteriore anteriore
RE RI RI RE
ala disfunzionale
sin dx sin dx
RI RE RI RE
posteriore posteriore
laterofless-rot dx torsione dx
Quindi occorre aspettare e memorizzare questo comportamento, perché poi durante il tempo di F,
l’Osteopata deve fare una rotazione simmetrica bilaterale in RE. Quindi occorre aspettare che vi sia una
simultaneità nell’adattamento della RE o durante lo stesso tempo della F. Ciò significa che non è che in ogni
tempo di F, dice Jean Gay, dobbiamo indurre una RE BILATERALE dei temporali, ma si aspetta che vi sia
una simultaneità dei 2 temporali stessi.
Ricapitolando
Dopo essersi ben posizionato l’Osteopata si deve mettere in ascolto di frequenza e ampiezza, e solamente
quando percepisce la simultaneità della RE di entrambe i temporali può indurre un movimento di RE. Oc-
corre seguire il “comportamento” dei temporali durante i vari tempi; poi occorre riconoscere ed individuare
bene il momento in cui c’è simultaneità, e sarà a questo punto che iniziamo la tecnica.
In un 1 tempo, l’ascolto è molto importante, quindi in un primo tempo ci si mette in ascolto e non si esegue
la tecnica, ma bisogna sapere poi quando farla, e cioè quando ci sarà la RE bilaterale simultanea.
231
Qual è lo scopo della tecnica?
È quello di rilanciare la fluttuazione antero-posteriore, riorientarla e aumentare l’ampiezza o accelerare
la frequenza. Ogni volta che ci sarà una RE simultanea, si potranno ampliare 2 parametri��������������������
:�������������������
velocit�����������
à e ampiez-
za.
A. Se si vuole accelerare la frequenza, faremo il trasferimento di peso in avanti in maniera tale che ciò
provochi un aumento della pressione della colonna del pollice a livello della apofisi mastoidea e così quindi
i temporali faranno il loro adattamento durante la RE.
Poiché vogliamo accelerare tale movimento, faremo la RE un pò più rapidamente rispetto al suo svolgi-
mento normale.
Non ci si può più accontentare di seguire semplicemente, ed è per questo che l’ascolto ci dà un’idea di come
bisognerà fare e fino a dove si può andare.
B. Se vogliamo agire ora sulla ampiezza della fluttuazione antero-posteriore occorrerà rispettare la cronic-
ità nell’adattamento della RE, quindi occorre seguire la RE che si fa da sola e occorrerà procurarla per aumen-
tare un pò l’ampiezza ed arrivare fino alla fine. Occorrerà oltrepassarla leggermente.
Si agisce sia sulla velocità sia sulla ampiezza.
Dipende dall’ascolto che si sarà fatto all’inizio: se la tecnica viene eseguita in maniera corretta, si avrà man
mano meno “sforzo “ da fare, poiché è possibile vincere l’inerzia del liquido che avrà un comportamento più
soddisfacente sia in accelerazione sia in ampiezza.
Questo permetterà all’osteopata di verificare se il meccanismo si è modificato, e se il meccanismo ha modifi-
cato la velocità della fluttuazione, o se essa invece avviene in maniera più ampia, dopodiché occorre fermar-
si, rimanendo sempre in contatto, in un primo tempo, e dopodiché si lascia lentamente il cranio.
Occorre non perdere il contatto con l’eminenza tenar e fermarsi quindi in maniera progressiva.
Per aumentare l’ampiezza del diametro antero-posteriore, la spinta del corpo viene data in avanti, rispettan-
do l’obliquità dello SCOM che è convergente, quindi anche la spinta deve essere convergente verso il basso-
avanti.
Il fatto di fare un trasferimento del peso in avanti con l’estremità del pollice > provoca un movimento di
pressione verso l’interno.
Se si aumenta la F verso l’anteriorità della apofisi mastoidea nella sua estremità inferiore, si provoca
una bascula; quindi con le membrane di tensione reciproca ci sarà un rotolamento associato e questo è
l’adattamento in RE.
Durante la tecnica non devono muoversi i 2 avambracci, ma semplicemente si aumenta la pressione obli-
quamente avanti-dentro, si tratta dunque solo di aumentare l’ampiezza e il liquido reagirà da solo: ciò per-
metterà di fare in modo simultaneo una RE simmetrica.
Quindi se uno dei temporali è in disfunzione, durante lo stesso tempo di F, ci sarà un adattamento in RE
diverso tra un temporale e l’altro.
È quindi opportuno non perturbare il temporale che non presenta la disfunzione.
Esempio
Ipotizziamo il temporale dx in disfunzione di RE: la RE partendo da un punto neutro, si farà più facilmente
dal lato della disfunzione (vale a dire a dx) rispetto all’altro lato; quindi uno dei temporali non avrà la stessa
possibilità di fare la RE. Quindi la RE è aumentata: il riferimento per la RE sarà la RE più debole. Quindi indur-
remo la RE quando il temporale che non è in disfunzione avrà finito la sua RE.
Non si andrà oltre. Il riferimento per l’induzione della tecnica è sempre la RE più debole. Ecco l’importanza
dell’ascolto, proprio perché ci permette di capire il comportamento dei temporali e di aspettare la simulta-
neità di entrambi prima di indurre la tecnica.
Esistono controindicazioni?
Nei bimbi piccoli soprattutto fino a 7-8 anni (poiché è una tecnica” relativamente aggressiva”). I bambini
fino a 6-7 anni non hanno terminato lo sviluppo cranio-sacrale. Le suture diventano definitive, infatti, verso
i 6 anni, ma per essere certi è meglio prolungare questo periodo fino agli 8-9 anni. Quindi è meglio evitare
di fare questa tecnica, il che non impedisce di intervenire però sulla sutura sfeno-petrosa, controllando
sfenoide e temporale.
La tecnica sulla tuba di Eustachio è veramente specifica e mirata.
Come faremo?
La tuba di Eustachio si situa, come già detto, tra la sfera anteriore e posteriore, dove il temporale comanda
la sfera posteriore e lo sfenoide comanda la sfera anteriore.
233
Si utilizzerà una presa
bitemporale nella mani-
era solita:
la colonna del pollice si
allunga lungo la regione
mastoidea esattamente
come per l’altra tecnica;
l’articolazione interfa-
langea del pollice si
posiziona all’altezza della
estremità della apofisi
mastoidea (se si vuole fin
da subito ci si posiziona con il busto su vertex).
1 parte Ci si mette in ascolto del tempo di F e di E seguendo l’adattamento dei temporali in RE
durante la F e mantenendo tale adattamento di RE durante il tempo di E che seguirà.
Durante il tempo di F seguente, seguiremo ancora se possibile. Se la RE ha tendenza ad aumentare, dovre-
mo seguirla e poi manterremo fino all’adattamento massimo.
Non si lascia mai la RE, ma la si mantiene fino al massimo delle possibilità.
L’adattamento del bordo anteriore della rocca durante la F è basso-dietro, (mentre della porzione superi-
ore alto-avanti), il che non impedisce al temporale di avanzare.
2 parte Per far indietreggiare sempre di più il bordo anteriore della rocca sapendo che nel tempo di
E il temporale indietreggia, sarà nel tempo di E che avremo un lavoro fatto con le leve, in cui i polpastrelli
delle dita che sono sull’occipite e tutta la colonna del pollice fa indietreggiare il temporale.
Globalmente tutta la colonna
del pollice, sia sulla punta della
mastoide, sia sulla porzione
mastoidea fa indietreggiare il
temporale durante l’E.
Nell�������������������������
’������������������������
immagine accanto il pol-
lice indica solo la direzione di
spinta, perché in realtà non si
muove.
Se lavorassimo semplicemente con l’apofisi mastoidea, spingeremo per farla indietreggiare e ciò è un
parametro di RE e quindi non andrebbe bene.
Per scuotere la Tuba di Eustachio dobbiamo agire a livello della sfera anteriore.
Aumenteremo la pressione con il busto, ma non come capita. Infatti, si rimane in
contatto e si aumenterà la pressione in maniera frazionata, affinchè la tecnica sia
il più efficace possibile; durante il tempo di F faremo un’INsp frazionata e ogni
volta il nostro sterno aumenterà la pressione sulla regione coronale; per questo
bisogna che ci sia un contatto tra torace dell’Osteopata e testa del Pz.
Quando saremo in quella fase della tecnica in cui ci interesseremo della sfera ant,
faremo sia noi che il Pz (se pensiamo che il Pz possa farlo) un’INsp frazionata
su 2-3 tempi durante lo stesso tempo di F, e rimarremo in contatto senza agire durante il tempo di E; suc-
cessivamente faremo lo stesso durante il tempo di INsp successivo. Per aumentare la trazione sulla Tuba di
Eustachio possiamo anche sollecitare la faringe del Pz, chiedendogli una INsp frazionata: in tal caso sarà
messa in tensione la faringe e si aumenterà il fenomeno meccanico.
Siamo noi che dobbiamo giudicare se il Pz può o non può fare una INsp frazionata; questa INsp deve essere
contemporanea alla nostra INsp (quando sarà il momento dovremo dire al Pz “respiri come me”).
Attenzione a fare questa tecnica nei bimbi piccoli e nelle persone rigide. Pensare alla cifosi dorsale e alla
ipercifosi cervicale.
Una cosa che possiamo chiedere per aumentare il fenomeno della trazione e agire più specificamente sulla
Tuba di Eustachio, è la deglutizione durante il tempo di F.
Aumenteremo ancora di più la trazione sulla base del cranio e sulla faringe se chiediamo la deglutizione
con la lingua tra i denti.
Potremo chiedere anche una dorsiflessione dei piedi bilaterale durante la F per mettere in tensione le
catene muscolari e aumentare la tensione sulla base del cranio (quindi: durante il tempo di F si fa la dorsif-
lessione, mentre durante il tempo di E si lascia).
Ricapitolando
Corretto posizionamento dell’Osteopata rispetto al Pz
1 tempo: si aumenta progressivamente l’adattamento in RE durante la F e si mantiene tale RE anche du-
rante l’E fino al massimo;
2 tempo: durante il tempo di E procederemo nello stesso modo e bisognerà far indietreggiare in maniera
progressiva i TEMPORALI, senza rilasciare ogni volta, ma mantenendo nel tempo di F successivo quello che
si è guadagnato.
3 tempo: successivamente, durante la F, l’Osteopata fa un’INsp frazionata e chiede al Pz di farla anche lui.
235
TECNICA di ROTOLAMENTO ALTERNATO DEI TEMPORALI
La presa è la stessa del rotolamento simultaneo.
Mi metto in ascolto e prendo come riferimento il temporale con RE limitata E cioè
quello dove c’è un rallentamento della fluttuazione trasversale.
Questa tecnica dà un input parasimpaticotonico. È quindi una tecnica
come il IV ventricolo.
236
Esecuzione
Contemporaneamente in F porto un temporale in RE (parto da quello con RE limitata, mi inclino con il
tronco dal lato omolaterale, spingo con la punta del pollice sull’apice della mastoide in alto-dietro-dentro
aumentando la pressione sulla mastoide), e un temporale in RI. Nel successivo tempo di E torno al centro.
tempo di F tempo di E
RI
RE
237
Con questa stessa tecnica posso anche avere un effetto ortosimpaticotonico se lavoro in accelerazione,
facendo la stessa cosa, ma con delle inclinazioni del corpo più oblique in avanti-fuori. Così stimolo più la
longitudinalità, e inoltre cerco di accelerare.
Quindi:
Rotolamento alternato dei temporali:
a. in rallentamento sul piano trasversale-laterale è una tecnica che stimola il paraS
b. in accelerazione su un piano diretto avanti-fuori è una tecnica che stimola l’ortoS
Entrambe le tecniche terminano quando si percepisce un movimento più rallentato per la stimolazione tras-
versale o più ampio per quella longitudinale.
NB. Le tecniche alternate in trasversalità o longitudinalità si fanno su soggetti ipersensibili dal punto di vista
neurovegetativo. Infatti il IV ventricolo e il rotolamento simultaneo sono un pò più “forti”.
Quindi le alternate vanno bene su persone che non voglio stimolare eccessivamente.
Con questa tecnica si tratterà di modificare il comportamento del LCR sia nella direzione della accelerazione
sia per la fluttuazione ant-post che per la fluttuazione trasversale.
Se si vuole aumentare l’ampiezza, la oltrepasseremo leggermente.
Se si vuole agire sulla fluttuazione longitudinale, il nostro trasferimento del peso, sarà un po’ più obliquo e
diretto più in avanti.
Se ci si interessa alla fluttuazione trasversale il nostro trasferimento di peso sarà sul piano più frontale e
meno obliquo.
Con questa tecnica si può fare tutto, sia per l’una che per l’altra fluttuazione; si può rallentarla o accelerarla.
Il punto di riferimento è sempre l’adattamento più debole.
Localizzazione
Il LCR riempie gli spazi sotto-aracnoidei del cranio e del rachide.
Alcuni autori ammettono che il LCR circoli anche all’interno delle guaine perivascolari, a quelle dei nervi e
nelle fibre collagene del tessuto connettivo.
In osteopatia, considerando il liquido circolante in modo globale all’interno di tutti i tessuti interstiziali, si
ritiene che ogni liquido plasmatico e linfatico non sia altro che una derivazione del LCR.
Il sistema dei ventricoli cerebrali comprende: i ventricoli laterali da dove il LCR defluisce attraverso i fori
interventricolari (di Monro) nel 3° ventricolo, e passa attraverso l’acquedotto cerebrale (di Silvio) nel
4v ventricolo, e attraverso l’apertura mediana (foro di Magendie) e le due aperture laterali (fori di Luschka)
si porta nello spazio subaracnoidale.
Funzioni
Meccanica: sospensione idraulica del cervello, ammortizzatore dei traumi.
Metabolica: assicura il trasporto degli elementi nutritizi per le cellule, preleva ed asporta le scorie prodotte
dal loro metabolismo.
Biochimico ed immunitario: assicura il trasporto di ormoni, neurotrasmettitori, endorfine, proteine ed anti-
corpi come le immunoglobuline.
Idrodinamica: la fluttuazione agisce a livello del tessuto connettivo di tutto il corpo per intermediazione
delle fibrille e del tessuto nervoso mediante la nevroglia
Bioelettrica: trasmette all’insieme del tessuto cellulare la differenza di potenziale elettrica, assicurando cosi
la regolazione energetica necessaria al metabolismo cellulare.
La maggior parte del LCR è elaborato dai plessi corioidei. È stato calcolato che ogni giorno vengono prodotti
dai 430/450 ml di LCR e che ci sia un ricambio ogni 6/7 ore. I plessi corioidei sono ciuffi di capillari che spor-
gono dalla pia madre che invagina le pareti ependimali dei ventricoli. I plessi corioidei dei ventricoli laterali
sono i più estesi e producono la maggior quantità del LCR, viene riassorbito nel sangue per mezzo dei villi
aracnoidei o granulazioni di Pacchioni e attraverso le pareti dei capillari del SNC e della pia madre. (fine file)
De Marco_Fosse Nasali
Perche ci interessiamo del sistema ORL?
Innanzitutto il sistema delle fosse nasali è intimamente legato al sistema respiratorio: sono la via d’ingresso
dell’aria per cui mettono in comunicazione l’ambiente esterno con quello interno; il rischio è l’ingresso di
agenti patogeni!
Ma il sistema ORL è di difesa dell’organismo dalle aggressioni dell’ambiente esterno, nonché di filtro. Fil-
traggio e difesa sono garantiti da una respirazione nasale; la respirazione orale non filtra l’aria e non la tratta
termicamente per cui non difende dalle aggressioni esterne.
Anche l’espirazione deve avvenire tramite il naso, così che l’aria possa prendere la stessa via di ingresso per
espellere le sostanze inalate non accette (ad es. nella yoga esiste un tipo di respirazione detta “di fuoco” che
consiste in rapidi inspiri ed espiri per espellere le tante schifezze inalate).
Inoltre la respirazione nasale permette la pneumatizzazione (riempimento con l’aria), ossia l’utilizzo dei
239
seni paranasali, e lo sviluppo del massiccio facciale.
Con una respirazione orale il massiccio facciale si espande meno, mentre la mandibola si sviluppa anterior-
mente, sotto spinta dell’occipite, determinando prognatismo.
L’allattamento al seno è fondamentale per un buon sviluppo del massiccio facciale, ma se il bambino
ha difficoltà a respirare con il naso, al contempo ha difficoltà nella suzione ed è costretto a staccarsi dal seno
continuamente per riuscire a respirare con la bocca.
Questa difficoltà può portare facilmente a una deviazione del setto nasale, presente in un’elevata percentu-
ale di persone della popolazione occidentale, mentre nei paesi sottosviluppati, questo non appare tra i tanti
problemi che hanno e il motivo è proprio che i bambini vengono allattati addirittura fino a 2 anni!
Curiosità: studi recenti hanno messo in relazione persone con respirazione prevalentemente orale e atteg-
giamenti depressivi.
Anatomia
Le cavità nasali si trovano
al centro del massiccio fac-
ciale (non comprendiamo
il naso cartilagineo che
è solo zona di transito),
sono due condotti stretti,
appiattiti, con una forma
leggermente triangolare,
più larghi inferiormente. La
parete laterale è irregolare
e frastagliata, studiata ap-
posta per trattare l’aria, ral-
lentandone il passaggio e
costringendola a rimbalza-
re sulle pareti mettendosi
a contatto con la mucosa
respiratoria o pituitaria o
di Schneider.
In questo modo l’aria si purifica perché le particelle vengono trattenute dal muco e poi, tramite le ciglia
vibratili (disposte sull’epitelio della mucosa), spinte indietro verso le coane fino a raggiungere la faringe e
deglutite.
240
Già la zona vesti-
bolare, anteriore,
funge da filtro,
tramite le vibrisse
(i peli nel naso) che
trattengono le par-
ticelle che non dob-
biamo inalare. Le
particelle che passa-
no vanno verso un
orifizio posteriore
(le coane), passano
nel faringe e ven-
gono ingerite.
Se un soggetto è vulnerabile a livello delle fosse nasali, ingoia sostanze infette che passano nell’apparato
digerente, che sappiamo avere correlazioni con il muscolo psoas e quindi…ci ritroveremo un Pz con psoas
sempre contratto e dolore alla schiena!!
Abbiamo sottolineato che l’aria all’ingresso delle fosse nasali va filtrata e anche trattata termicamente, per
cui in base alla temperatura esterna essa sarà riscaldata o stemperata prima che raggiunga i polmoni, evi-
tando così irritazioni.
Per questo scopo la mucosa è riccamente vascolarizzata; una maggior quantità di sangue scalda l’aria, ma
può agire anche al contrario (vedremo avanti come).
Altro trattamento dell’aria dal punto di vista termico è garantito dai seni paranasali, cavità pneumatiche che
devono essere ventilate e con la stessa mucosa respiratoria: durante il respiro parte dell’aria che entra nei
seni, soprattutto nel mascellare (il più grosso), esce con l’inspiro e arriva a livello del meato medio, incont-
randosi con la nuova aria inspirata e, ne modifica la temperatura.
Curiosità: sinusiti del mascellare possono derivare da un problema di denti, in quanto questi si trovano sulla
parete inferiore del mascellare che è molto sottile, per cui facile è la comunicazione.
Mucosa pituitaria
Essa ha due funzioni:
1. neurovegetativa di
difesa: si intende tutte le
modifiche legate alla vasco-
larizzazione della mucosa
mediate dal sistema orto
e para che sottendono al
filtraggio e trattamento
dell’aria
2. sensoriale (olfatto):
nella parte alta, in corri-
spondenza del cornetto su-
periore, la mucosa presenta
una modifica, ossia ospita
le cellule sensoriali, che
sono i prolungamenti del n.
olfattivo, che passa
attraverso la lamina cribrosa dell’etmoide. Infatti quando c’è un odore non intenso per sentirlo meglio si tira
sù con il naso, proprio per far arrivare l’aria nella parte alta delle fosse nasali (se respiro con la bocca non svi-
luppo tale zona). Ogni fossa nasale può essere considerata come un corridoio più largo in basso che in alto.
Spesso le due fosse nasali non sono simmetriche ma una è più piccola dell’altra, perché il setto nasale non le
divide equamente.
In ogni cavità nasale si distinguono:
4 pareti > esterna, interna (il setto nasale), superiore, inferiore (il soffitto del palato)
241
cavità annesse > seni frontali, seni etmoidali, seno sfenoidale, seno mascellare
2 orifizi > orifizio piriforme (= a forma di pera), coane
foro sfeno-palatino
(demolito)
ganglio
pterigo-palatino
rami nasali int (o sfeno-palatino)
del n.
infraorbitario n. del canale
pterigoideo
(o Vidiano)
(fessura respiratoria)
seno mascellare
243
Meato inferiore: non drena nessun seno, sbocca il canale naso-lacrimale (passa lungo la parete interna
dell’orbita, obliquo in basso-dentro-leggerm dietro), delimitato da osso mascellare, lacrimale e cornetto
inferiore. In questo canale, che mette in comunicazione il sistema visivo e respiratorio, arriva una parte delle
secrezioni lacrimali (le lacrime hanno un enzima con azione antibatterica),
244
Parete INTERNA
(o mediale)
È una parete liscia e
regolare, in alto for-
mata dalla lamina ver-
ticale dell’etmoide e
nella porzione inferiore
dall’etmoide, sempre
inferiormente presenta
la cartilagine ancoraggio
del setto.
Dà passaggio al nervo e
all’arteria naso-palati-
na, il nervo arriva al foro
incisivo per innervare il
palato.
Parete INFERIORE
È il pavimento che corrisponde alla porzione superiore del palato; quello che da un lato è il pavimento delle
fosse nasali inferiormente è la volta palatina.
È formata dai mascellari e dai palatini, che si articolano tra loro nella sutura cruciforme.
A livello del palato esistono dei fori di comunicazione dove transitano i rami del V2 dalle fosse nasali per
l’innervazione della volta palatina.
Foro incisivo: passaggio a un ramo del nervo naso-palatino
Foro palatino maggiore: ramo per l’innervazione della volta
Foro palatino minore: ramo per l’innervazione della volta
245
Parete SUPERIORE
È il soffitto delle fosse nasali, o anche detta volta. Formata dalla faccia posteriore delle ossa proprie del naso,
dalla spina nasale anteriore del frontale, dalla faccia inferiore della lamina fibrosa dell’etmoide, dalla faccia
antero-inferiore del corpo dello sfenoide.
Seni Paranasali
Sono le cavità annesse, in comunicazione con le fosse nasali, che danno la possibilità di riversare le secrezi-
oni mucose verso l’esterno.
Frontale: comparsa al 2°anno di vita e completamento a 15-20 anni
Mascellare: la parte superiore corrisponde all’orbita, l’ inferiore al processo alveolare la mediale alle fosse
nasali, la posteriore alla fossa infra-temporale.
Sfenoidale: protezione per l’ipofisi,poichè contenendo l’aria la isola dall’esterno.
Cellule Etmoidali: formano un complesso detto labirinto etmoidale che comunica avanti con l’orbita, dietro
col seno sfenoidale, sotto col seno mascellare, e medialmente con le fosse nasali.
È un mezzo d’unione; nell’adulto le cavità sono 7-9.
Funzioni
Protezione termica per i centri nervosi
Alleggerimento delle ossa craniche
Protezione assorbendo le sollecitazioni meccaniche come la masticazione (una sorta di air-bag)
Ventilazione importante per via della turbolenza dell’aria (seni mascellari)
Cavità di risonanza (incidenza sul timbro vocale)
Assorbimento delle vibrazioni che derivano da fonazione e masticazione
246
Regioni della Cavità Nasali
Vestibolare: zona di transito senza ghiandole.
Olfattiva: a livello del cornetto superiore ha la mucosa
di Schultze con cellule olfattivo-sensoriali.
Respiratoria: epitelio con cellule ciliate, mucipare e
basali; mucosa di Schneider.
Il trofismo dell’osso è strettamente legato al trofismo
della mucosa, per cui una sofferenza vascolare della
mucosa può ripercuotersi sul sistema scheletrico.
Corion è il tessuto connettivo elastico, ricco di elementi
vascolari e nervosi, con una grane presenza di ghian-
dole (sierose e mucose).
TUBA di EUSTACHIO
Sbocca nella parte posteriore delle fosse nasali, dove
il cerume lubrifica le pareti, evitando un effetto irrita-
tivo delle mucose, che altrimenti sono sottoposte a un
continuo attrito con la respirazione. Le secrezioni della
membrana timpanica colano poi nella rinofaringe.
Ha una direzione obliqua, diretta basso-avanti-dentro,
ma nel bambino ha una direzione più orizzontale e
questo rappresenta un motivo di ristagno e infezione. Il
problema riguarda l’orecchio interno, per cui il medico che
mette un cottonfioc con olio caldo non lo risolve di certo.
247
coane
tuba di Eustachio (parte cartilaginea)
articol.
temporo-mandibolare
m. pterigoideo esterno
m. pterigoideo interno
a. carotide int
La mucosa che tappezza le cavità nasali ha il compito di filtrare l’aria inspirata, di umidificarla, riscaldarla o
stemperarla, ed è la stessa sia per le cavità nasali che paranasali. Viene umidificata per renderla meno ag-
gressiva per la mucosa dell’albero bronchiale e per l’attività delle cellule dell’epitelio ovvero le ciglia vibratili
hanno il compito di rimuovere l’aria impura verso le coane. L’umidificazione gioca un ruolo nell’attivazione
del muco che ha potenti capacità antibatteriche. Le cavità nasali e paranasali sono in comunicazione tra loro
grazie ai meati suddivisi in superiore e medio; in quello superiore drenano i seni posteriori, il seno sfenoi-
dale e l’etmoidale posteriore, in quello medio si drenano il seno mascellare (orifizio chiuso dall’etmoide e
il cornetto inferiore), il seno frontale attraverso il canale dell’infundibolo e le cellule etmoidali anteriori. Il
cornetto medio si avvicina alla parete interna e realizza una fessura respiratoria dove l’aria passa con turbo-
248
lenza. La zona prerespiratoria detta vestibolo ha una mucosa indifferenziata; la zona respiratoria è local-
izzata nella parte alta dove le cellule sono in collegamento con il bulbo olfattorio (cellule che catturano le
sostanze aromatiche). Poi c’è la rete nervosa, che si compone di una rete sensoriale e una rete sensitiva.
Di quest’ultima fanno parte i rami delle prime due branche del trigemino, che hanno un’innervazione neu-
rovegetativa per assicurare la corretta fisiologia della mucosa garantendo la vascolarizzazione ed il controllo
della temperatura dell’aria. La secrezione ghiandolare è sotto il controllo del parasimpatico.
(o n. nasale int)
Il n. trigemino ha 3 branche: oftalmico, mascellare, mandibolare. Essi derivano dal ganglio di Gasser che si
trova nel cavo di Meckel, all’apice della rocca petrosa e riceve una piccola radice motoria e una voluminosa
radice sensitiva. Il ganglio di Gasser ha rapporti stretti con le meningi e la parte lat del seno cavernoso.
1. oftalmico > incisura sfenoidale (tra grande e piccola ala) e a sua volta si divide in 3 rami:
lacrimale
frontale
nasale (o naso-ciliare)
2. mascellare > foro gran rotondo > fossa pterigo-mascellare (o pterigo-palatina) > foro sottorbitario
3. mandibolare
249
n. frontale n. lacrimale
n. oculomotore comune, r. superiore n. sovraorbitario
n. oculomotore comune ghiandola lacrimale
n. trocleare n. nasociliare
n. oftalmico
n. TRIGEMINO
ganglio n. mandibolare
semilulare
n. mascellare
n. abducente
n. oculomotore
comune, r. inferiore
Il n. mascellare entra nel foro gran rotondo, attraversa il fondo della fossa pterigomascellare e termina a
livello del foro sottorbitario (con il n. sotto-orbitario). Nella fossa pterigomascellare entra in rapporto con il
ganglio sfenopalatino (rappresenta l’innervaz autonoma per le fosse nasali). Il n. mascellare dà origine al n.
sfenopalatino, che entrando in contatto con il ganglio sfenopalatino, porta informazione neurovegetativa
destinata alla mucosa.
n. sfeno-palatino
n. nasale n. naso-palatino
inf
branche del V2
Il setto (o parete int) è innervato da n. nasale int nella sua porzione ant
n. naso-palatino nella parte restante
La parete laterale è innervata da n. nasale int nella porzione ant e sup dei cornetti
n. sfeno-palatino attraverso i nervi per i cornetti e i meati sup e
medio e attraverso i rami per il cornetto e meato inf
Il n. nasale est fornisce dei rami per la pelle e la mucosa dell’ala del naso.
251
cellule del bulbo olfattivo (schema) area subcallosa (o area paraolfattiva)
fibre efferenti al area e nuclei settali
bulbo olfattivo
fibre afferenti dal bulbo olfat- fibre del bulbo olfattivo controlat
tivo alle connessioni centrali
e al bulbo olfattivo controlat fibre del bulbo olfattivo
cellula granulare (eccitata controlaterale
dalle cellule mitrali e dalle commessura ant
cellule a pennacchio che a stria olfattiva
sua volta inibisce)
mediale
cellula mitrale
fibra ricorrente
cellula a pennacchio
cellula peri-
glomerulare
glomerulo
fibre del
n. olfattivo
252
Il n. vidiano attraversa il canale vidiano o canale pterigoideo. L’orifizio di questo canale si trova si trova
nella radice dell’ala pterigoidea.
253
ramo comunicante n. etmoidale ant
n. etmoidale post n. sopraorbitale
n. sopratrocleare
nn. ciliari lunghi e brevi
ghiandola lacrimale
ganglio ciliare n. infratrocleare
n. lacrimale (dal n. naso-ciliare)
ramo cutaneo
n. naso-ciliare del n. lacrimale
n. zigomatico-
n. frontale temporale
ramo tentoriale n. zigomatico-
faciale
n. oftalmico (V1)
ramo
ganglio semilunare nasale est
del n. trigemino del nervo
etmoidale ant
n. trigemino (V)
ramo
meningeo
foro
rotondo n. sottorbitario
foro
ovale n. alveolare sup
anteriore
n. mandibolare (V3) ramo
n. mascellare (V2) nasale
tonaca mucosa
n. zigomatico del seno mascellare
n. del canale pterigoideo rami dentali e gengivali
(o Vidiano)
ganglio pterigo-palatino plesso alveolare sup
(o sfeno-palatino)
nn. palatini maggiori e minori n. sottorbitario emergente
dal canale infraorbitale
rami pterigo-palatini n. alveolare sup medio
n. alveolare sup post
L’innervazione neurovegetativa è sotto il controlo del ganglio sfeno-palatino, che riceve afferenze sia di
tipo paraS che ortoS, rappresentate dal n. palatino e dal n. vidiano. Quest’ultimo è composto dall’unione di
4 tipi di fibre nervose:
ParaS
n. gran petroso superficiale (ramo del 7° che ha fibre para che nascono dal nucleo del 4° ventricolo)
OrtoS
n. gran petroso profondo (deriva dal 9° tramite il n. timpanico che ha fibre orto)
rami simpatici del plesso pericarotideo
n. sfenoidale interno > dal ganglio otico annesso al V3
Rami para del plesso pericarotideo, n. sfenoidale interno. Le origini derivano dal nu-
Le fibre ParaS
cleo muco lacrimo nasale del IV° ventricolo che passano nel ganglio
genicolato per formare il gran petroso sup (n. vidiano). L’attivazione del para comanda la
secrezione delle ghiandole della mucosa.
Le fibre OrtoS Gran petroso profondo (deriva dal 9° tramite il n. timpanico). Origina dal tratto in-
termedio laterale del midollo tra C6 e D2. L’azione del simpatico provo-
ca secrezione ghiandolare e vasocostrizione della mucosa con conseguente vasodilatazi-
one capillare periferica che può provocare congestione ed edema.
Nella fossa pterigo-mascellare entrano in contatto tra loro il ganglio sfenopalatino, il n. vidiano e l’arteria
mascellare interna che è un ramo dell’a. carotide esterna.
La parte alta delle fosse è vascolarizzata dalla carotide interna, la parte bassa dalla carotide esterna.
Innervazione sensoriale
La parte olfattiva delle fosse nasali si trova nella parte più alta e posteriore a livello del cornetto superiore.
Il movimento delle ciglia crea lungo il filuzzo olfattivo una differenza di potenziale che si prolunga lungo il n.
olfattivo, creando la sensazione dell’olfatto. È un senso “chimico” con un’origine “fisica” (il movimento delle
ciglia). Rinoencefalo > tratto olfattivo > bulbo olfattivo > filamenti olfattivi > lamina cribrosa > ciglia vibratili.
Vascolarizzazione venosa
La circolazione venosa si divide in superficiale e profonda con una rete capillare interposta molto svilup-
pata. Questi in alcuni casi rallentano il deflusso e funzionano come serbatoio di sangue permettendo la
turgescenza della mucosa dei cornetti. I vasi venosi sono ricchi di fibre muscolari lisce che permettono
un’attività contrattile. Questa sorta di” tessuto erettile” è particolarmente sviluppato in corrispondenza del
cornetto inferiore, della coda del cornetto medio e intorno al foro sfeno-palatino.
255
nucleo salivatorio sup (parasimpat)
n. faciale (VII)
ganglio genicolato
n. grande petroso superf (parasimpat)
n. grande petroso profondo (ortosimpat)
n. del canale pterigoideo (o Vidiano)
n. mascellare (V2) che attraversa il foro rotondo
ganglio pterigo-palatino (o sfeno-palatino)
nella fossa pterigo-palatina
rami nasali post laterali e mediali
nella fossa pterigo-palatina
n. infraorbitale
cavità timpanica
n. carotico
int
midollo
allungato a. carotide nn. palatini
int maggiore e
midollo minore nn. seno n. naso-palatino
spinale alveolari mascellare
ganglio cervi- superiori
cale sup posteriore
tronco del e medio rami nasali laterali
simpatico post-sup e post-inf
(terminaz sezionate)
fibre parasimpat
fibre ortosimpat
Vascolarizzazione arteriosa
La mucosa viene vascolarizzata dai vasi che vengono dai vasi della carotide int ed est.
Dalla carotide INTERNA derivano l’a. oftalmica che dà le due arterie etmoidali: anteriore (per il setto e
le cellule etmoidali ant) e posteriore (per il setto e le cellule etmoidali post) e vascolarizza la parte antero-
superiore delle cavità nasali e le cellule etmoidali.
256
a. etmoidale ant
carotide INTERNA a. oftalmica
a. etmoidale post
Dalla carotide ESTERNA deriva l’a. mascellare interna e da questa un ramo che è l’a. sfeno-palatina che
decorre insieme al n. omonimo nel foro. A sua volta l’arteria sfenopalatina ha una ramificazione che si dis-
tribuisce neila zona dei cornetti o nel setto come a. nasopalatina.
a. naso-palatina
a. mascellare INTERNA a. sfeno-palatina
a. dei cornetti
medio e inf
carotide ESTERNA
a. labiale sup
a. faciale a. dell’ala del naso
a. del setto
L’a. faciale, ramo del V2 fornisce l’a. labiale superiore e l’a. angolare, quest’ultima si collega con l’a. of-
talmica perciò c’è un collegamento tra carotide int ed est.
257
La rete capillare è nella faccia profonda della membrana basale dell’epitelio,
metre i grossi vasi delle cavità nasali sono a livello del periostio. Più in profon-
dità i capillari creano delle lacune, i seni cavernosi (come nei corpi cavernosi
del pene: arriva più sangue e va via più lentamente, quindi il tessuto si rigonfia,
diventa turgido), che funzionano come serbatoio di sangue.
Nel prolungamento dell’arteriola si trovano i capillari arteriosi nutritivi, poi i
capillari venosi, la venula e quindi la vena. Questo sistema è fornito di shunt
rappresentati dalle anastomosi artero-venose (AAV) che permettono di adattare
capillari
la circolazione alle necessità della mucosa e quindi, a seconda dei bisogni, di
escludere il sistema capillare. La parete delle AAV presentano delle formazioni, i manicotti intimali (le pareti
dei vasi hanno 3 strati���������������������������������������������������������������������������������������
: intima, media e avventizia) che
���������������������������������������������������������
autorizzano il sistema di chiusura (�����������������
= passaggio arte-
riola-venula senza invadere i capillari). In assenza di un effettivo bisogno di sangue arterioso a livello della
mucosa, queste AAV presentano un’alternanza di cicli di apertura e chiusura da 2 a 12 movimenti al minu-
to. Questa ritmicità dei movimenti evita la possibilità che si verifichino fenomeni di sofferenza vascolare o di
necrosi della mucosa. Se le AAV fossero sempre aperte, il sangue arterioso prenderebbe in via preferenziale
questo percorso, evitando di vascolarizzare la rete capillare. Quando la mucosa richiede un maggior apporto
di sangue arterioso, le AAV si chiudono e, in conseguenza della perfusione dei capillari, si produce un au-
mento della temperatura. Questo fenomeno spiega come sia possibile che pur respirando in un ambiente
a temp sotto 0°, l’aria che giunge ai polmoni è sempre intorno ai 25°. Questo meccanismo è presente nel
cornetto inf e medio, dove c’è la fessura respiratoria: quella zona molto stretta e allungata, dove l’aria deve
essere riscaldata. Quindi:
258
La più impor-
tante anastomosi
si trova nella
parte ant-inf del
setto. Sede di
epistassi che
possono funzion-
are da valvola di
sicurezza
5 sem_De Marco
Poi, specie quando si ha a che fare con bambini, con soggetti in età evolutiva è interessante andare a
lavorare, con risultati migliori, il meccanismo della respirazione, la dinamica respiratoria lavorando sia il
motore della respirazione (che è sempre a livello craniale), che l’effettore (diaframma e apparato respirato-
rio che c’è intorno, ovvero griglia costale, cartilagini costali, sterno, colonna dorsale.. ). Ovviamente ci sono
259
anche tecniche dirette sul massiccio facciale che vedremo.
L’apporto ematico deriva da vasi della carotide esterna e interna che hanno diverse anastomosi tra loro. Ab-
biamo visto l’ a. mascellare interna che dà l’a. sfeno-palatina (che insieme al n. sfeno-palatino attraversa
il forame omonimo, si porta nella zona dei cornetti e dà la vascolarizzazione di una grossa parte delle cavità
nasali), vasi che derivano dal sistema della carotide esterna. La carotide interna contribuisce con due rami
che derivano dall’a. oftalmica che sono le aa. etmoidali, anche queste seguono in parte il percorso dei rami
del V. I due sistemi hanno diverse anastomosi, abbiamo visto che c’è questa trama sulla porzione distale del
setto che è la macchia vascolare di Kiesselbach, poi abbiamo visto che c’è un’anastomosi esterna data
dall’a. angolare che è un ramo dell’a. faciale (quindi carotide esterna) che attraverso questa a. angolare va
a dare un’anastomosi verso le etmoidali.
La gran parte del drenaggio venoso sfocia nel foro giugulare o foro lacero posteriore, dunque il drenag-
gio avviene, come tutto nel cranio, attraverso la parte posteriore.
Sistema di drenaggio linfatico: le secrezioni linfatiche convergono nei linfonodi del tratto cervicale,
posizionati nel rinofaringe, altrimenti anteriormente vanno nei linfonodi sottolinguali e sottomandibolari.
È importante ricordare che la catena linfatica passa dietro lo sdoppiamento della fascia dello SCOM, più o
meno passa parallela alla vena giugulare interna, quindi è importante anche andare a liberare il passaggio
della linfa.
Per quanto riguarda il sistema nervoso autonomo il simpatico dà l’aspetto regolatore della motricità basale
e quindi pensando ad un intervento sul simpatico bisogna fare riferimanto ai gangli della catena simpatica
latero vertebrale, i tre gangli cervicali e bisogna far riferimanto all’origine delle fibre ortosimpatiche che si
trova più o meno localizzata all’altezza della cerniera cervico dorsale quindi nel tratto tra C6-D2.
Per quanto riguarda invece l’innervazione parasimpatica dobbiamo ricordarci l’origine delle fibre che pas-
sano nelle ramificazioni del facciale e del glosso faringeo (7 e 9) e che raggiungono il ganglio sfeno palatino
convogliandosi nel nervo vidiano (fatto da grande petroso superficiale, grande petroso profondo e plesso
pericarotideo, ortosimpatico, che confluisce nel grande petroso profondo e quindi costituisce il vidiano ed
è una grande afferenza neurovegetativa per il ganglio sfeno palatino). Abbiamo parlato della produzione di
muco dalla secrezione ghiandolare che è prevalentemente sotto il controllo parasimpatico; l’ipersecrezione
è uno dei segni caratteristici dell’irritazione della mucosa pituitaria (respiratoria) e altri segni caratteristici
260
sono lacrimazione, rinorrea, senso di ostruzione nasale (perchè quando c’è irritazione della mucosa significa
che c’è una congestione, quindi arriva più sangue, che riduce già lo spazio, inoltre la secrezione ghiandolare
riduce ulteriormente il passaggio dell’aria e c’è lacrimazione).
Una parte del secreto lacrimale arriva a livello del cornetto inferiore, quindi in fossa nasale, con ruolo batteri-
cida, azione difensiva (infatti sono salate).
Tutto il sistema di cavità ha il ruolo di permettere il passaggio di aria quindi anche le cavità paranasali de-
vono essere ventilate. La mucosa delle fosse nasali e delle cavità annesse è identica, solo quella dei seni è un
pochino più sottile, ha meno ghiandole, anche qui infatti esiste una secrezione, una vibrazione delle cellule
ciliate epiteliali con lo scopo di indirizzare verso la parte posteriore, verso le coane, verso il rinofaringe il
muco e il materiale catturato da quest’ultimo.
Questa vibrazione può subire variazioni in base alla qualità dell’aria, in base all’ umidificazione, alla tempera-
tura o in base a sostanze chimiche presenti. Il movimento di queste cellule è importante perchè favorisce la
capacità del muco di cattturare, inglobare particelle estranee che non devono passare nelle vie respiratorie
ma devono essere ingoiate. Infatti soggetti che soffrono di frequenti statti infiammatori, irritatori a livello
della mucosa hanno la probabilità di sviluppare problemi all’apparato digerente perchè continuamente
deglutiscono materiale infetto.
261
L’aria deve essere resa respirabile, temperata e umidificata, le fosse nasali hanno un ruolo di protezione
termica ma anche meccanica, infatti le cavità piene d’aria proteggono anche dagli eventi traumatici al volto
(per esempio le sollecitazioni date dalla masticazione).
Le cavità hanno inoltre un’incidenza sul timbro della voce e anche sulla funzione olfattiva, di conseguenza
sulla qualità dell’alimentazione; esiste infatti un senso che combina l’azione tra l’olfatto e il gusto detto fla-
vore.
(slide)
1. Protezione Termica in particolare nei confronti del lobo Frontale e dell’ Ipofisi (s. sfenoidale)
2. Ruolo Termico > l’aria inspirata subisce la turbolenza nel cornetto medio. Viene in contatto con la mucosa
del S. Mascellare e si riscalda per arrivare nel rinofaringe ad una temperatura di 30°-31°
3. Purificazione dell’aria > ciglia vibratili
muco
lacrime
mucosa
riflessi
L’azione combinata delle ciglia e del muco favorisce l’inglobamento e l’eliminazione delle molecole più
grosse che si trovano nell’aria inspirata.
Queste particelle vengono trattenute dal muco e, grazie al movimento delle ciglia, spinte in direzione degli
orifizi posteriori (coane), per essere eliminate attraverso il tubo digerente.
Durante l’INsp nasale, fisiologica, l’aria viene filtrata, riscaldata e umidificata al contatto della mucosa.
Nell’INsp normale l’aria non raggiunge la regione olfattoria, fenomeno che si produce nella respirazione
forzata. E’ interessante notare che l’aria non penetra nel seno mascellare, e generalizzando, nelle altre cavità
paranasali. In questa fase l’aria contenuta nel seno fuoriesce, calda, umida e filtrata, per andarsi a mescolare
con quella appena inspirata.
Nell’ Esp l’aria percorre la zona olfattoria, vortica verso il meato medio, penetra nei seni annessi e, solo in
parte, fuoriesce dalle narici.
Il muco contiene un enzima, lisozima, che possiede una potente azione battericida.
La mucosa stessa è ricca di leucociti e linfociti.
Le ciglia vibratili hanno un costante movimento sincrono di 8/12 mov/1’
Le secrezioni lacrimali, che si vuotano nel meato inf, hanno un potere battericida importante ma il ritmo e la
frequenza della vibrazione ciliare dipendono da una buona igrometria e da una giusta temperatura.
Per garantire il potere battericida del muco, occorre una umidità tra il 40 ed il 60% dell’aria.
Anche nelle cavità paranasali la vibrazione delle ciglia è data in direzione del passaggio esterno
dell’ostio che permette la fuoriuscita dell’aria e delle secrezioni dalle cavità nasali. Ovviamente
quando un’infezione dalle vie respiratorie, dalla mucosa pituitaria si trasmette alla mucosa dei seni
(cioè quando si sviluppa una sinusite) si hanno delle complicazioni maggiori perchè sono cavità
chiuse e il passaggio è più ristretto.
A livello della mucosa esistono tre riflessi tutti legati al concetto di difesa:
1. r. trigemino-nasale (lo starnuto) origina dalla stimolazione, meccanica o chimica, della mucosa pituitaria
a livello del meato medio e inferiore con il compito di allontanare ciò che non deve stare nelle cavità nasali.
È una stimolazione delle fibre del V.
2. r. naso-polmonare (la tosse) legato alle afferenze del V e al suo nucleo, con effetto sul X. Riflesso salvavi-
ta, soprattutto se l’irritazione si verifica a livello del carrefour tra le vie aeree e digerenti.
3. r. trigemino-lacrimale (secrezione parasimpatica a livello delle ghiandole lacrimali se c’è la presenza di
uno stimolo della mucosa “pituitaria”).
Per stimolazione della mucosa s’intende una reazione in seguito al contatto con un agente patogeno.
Funzione Olfattoria
1. Classificazione dell’odore
canforato etereo
floreale piccante
mentolato putrido
muschiato
262
2. Identificazione dell’odore
3. Quantifica dell’odore
Le cavità paranasali offrono un ruolo di:
1. Alleggerimento delle ossa del cranio
2. Protezione della base
3. Assorbimento delle vibrazioni dovute alla fonazione e alla masticazione
È molto importante e fisiologico che il soggetto, soprattutto se bambino, impari a respirare con il naso.
Non è la stessa cosa respirare per via orale sia per la difesa immunitaria sia perchè questa non permette un
buono e armonico sviluppo del massiccio facciale; non permete infatti una buona ventilazione e in molti
casi è causa di problemi che riguardano la dentizione e l’occlusione.
La respirazione orale spesso si accompagna ad un maggior dispendio energetico, infatti spesso sono per-
sone che si stancano molto facilmente, poco energiche.
I principi che guidano la condotta osteopatica:
riarmonizzare il massiccio facciale, assicurarsi che il frontale sia libero, che l’etmoide libero, che non ci siano
costrizioni all’espansione dei mascellari; è chiaro che la meccanica craniale richieda il controllo di alcuni
passaggi nella struttura stessa ma ciò deve essere sempre preceduta da un controllo delle strutture a dis-
tanza (fluttuazione del sacro..). Molto spesso infatti prima di prendere in esame il cranio bisogna considerare
l’insieme dell’organismo.
Questo schema spiga come la respirazione orale sia la porta aperta che mantiene una condizione di squi-
librio e di vulnerabilità di fronte alle aggressioni esterne. Perchè se ho una respirazione di tipo orale, magari
perchè ho delle cavità poco sviluppate, perchè ho una conformazione anatomica in cui l’aria passa con più
difficoltà e quindi non ho imparato a respirare con il naso, oltre ad avere una minore difesa perchè l’aria non
viene “trattata”, sarò più vulnerabile, più soggetto ad avere infezioni, e l’edema della mucosa che si forma
non farà altro che ostruire ulteriormente il passaggio dell’aria e impedire la fuoriuscita di muco.
Noi abbiamo il compito di spezzare questo circuito. Se la mia ostruzione nasale è legata ad una conformazi-
one anatomica particolare strutturata ovviamente non ci possiamo fare niente, invece
avere a che fare con un soggetto in evoluzione ci permette di influenzare un pò di più il suo sviluppo ar-
monico.
Ovviamente non esiste un protocollo ma esistono delle linee guida orientative: come sempre possiamo
ipotizzare un asse di trattamento locale della zona e uno a distanza, su tutto ciò che può andare ad in-
terferire sulla zona presa in esame. Da questa l’importanza di ricordare i passaggi della vascolarizzazione,
dell’innervazione; sappiamo bene infatti che l’origine di un problema può essere anche molto distante da
dove poi si manifesta.
Dal momento che abbiamo a che fare con la respirazione del soggetto un possibile intervento non può
prescindere dal prendere in considerazione il diaframma e la sue relazioni con le altre strutture che sono
263
funzionalmente legate alla fisiologia del sistema craniale e al sistema ORL.
Non possiamo pensare di liberare il diaframma se prima non abbiamo liberato i temporali di una persona,
perchè il vero motore è a livello craniale. Se prendiamo come es un bambino che si ammala spesso sarà un
bambino che stimola poco la sua respirazione, che ha una corsa del diaframma condizionata, che avrà anche
una mobilità costale e toracica condizionata. Il diaframma va indagato sia come muscolo, con le sue inser-
zioni, sia come rapporti di strutture anatomiche di vicinanza, quindi il rapporto con la pleura, la relazione
con la base del cranio grazie all’inserzione dell’asse aponevrotico centrale (è un po’ come se il dia-
framma fosse appeso alla base del cranio). Il diaframma va anche studiato per i suoi effetti sull’emodinamica,
sull’aiuto che può offrire nella circolazione di ritorno e sull’effetto benefico che ha sull’appoggio che de-
termina sul pacchetto viscerale, compressione e decompressione continua che ha un effetto salutare per i
visceri.
Altre relazioni importanti sono: posteriormente con l’aponeurosi cervicale profonda, quindi tornia-
mo ad una relazione diretta con il cranio, poi come ha relazioni con la pleura possiamo ricordarci il rapporto
che ha con la fascia che tappezza il torace. Quindi diciamo che avere o no il diaframma libero fa una
bella differenza.
Dopo di che ci sono i punti di inserzione del diaframma con tutto il contorno costale, l’inserzione
dei pilastri e la relazione con il tratto cervicale medio per il comando nervoso, il n. frenico (il
frenico veicola anche l’informazione sensitiva sottodiaframmatica), soggetti con problematiche gastro
epatiche spesso hanno cervicalgie. Essendo la sensibilità sotto diaframmatica veicolata dal frenico io posso
avere una cattiva propriocezione e usare male il mio collo, non tanto perchè ho C3 in disfunzione ma per
un’informazione centripeta che attraverso il frenico risale e mi altera la propriocezione a livello cervicale.
Con il test di inibizione si ha questo effetto.
Un altro punto di passaggio fondamentale è la zona che mette in relazione il cranio con il torace, lo stretto
toracico superiore, quell’insieme di tessuti miofasciali che tappezzano lo spazio tra queste strutture os-
see: clavicola, scapola, prima costa, manubrio sternale e cerniera C7-D1.
Funzionalmente a queste strutture possiamo collegare l’osso ioide, la mandibola e i temporali. È una
zona importantissima perchè è una zona di collegamento, in più questi punti corrispondono agli ancoraggi
delle aponeurosi cervicali prevalentemente superficiale e media:
1. l’aponeurosi cervicale superficiale è come una grossa sciarpa che avvolge tutto intorno, sia sulla
parte anteriore che posteriore del collo, è immediatamente sottocutanea, anteriormente è tappezzata dal
platisma, dal m. pellicciaio, è molto sottile ma molto grande, posteriormente risale fino alla protuberanza
occipitale esterna, ai processi mastoidei del temporale, alla fascia del massetere, alla parte inf della mandi-
bola e inferiormente anteriormente alla clavicola, prima costa, acromion e spina della scapola. È importante
ricordare che questa aponeurosi cervicale avvolge scom e trapezio, e come detto dietro lo SCOM c’è il pas-
sagio della catena linfatica;
2. l’aponeurosi cervicale media invece è presente pressocchè unicamente sulla faccia anteriore
perchè è compresa tra i due muscoli omoioidei, l’inserzione superiore si fa sull’osso ioide e quella bassa è in
corrispondenza dell’incisura della scapola (possiamo visualizzarcelo come una specie di bavagliolo). È molto
importante per uno sdoppiamento che costituisce la guaina viscerale e vascolare del collo. L’omoioideo
incrocia la guaina vascolare del collo.
L’osso ioide è un elemento molto piccolo ma funziona da regolatore delle strutture anteriori perchè dà
inserzione ai muscoli sopra e sotto ioidei; facilmente può trovarsi in disfunzione e quindi rappresentare un
elemento che crea una problematica tissutale che coinvolge o la muscolatura o l’aponeurosi media creando
dunque una condizione disfunzionale.
Pz con male al collo solitamente hanno più problematiche anteriori che posteriori!
La guaina viscerale del collo è uno sdoppiamento, la guaina vascolare è quella che dà passaggio a ca-
rotide, giugulare interna e n. vago; è ognuna rivestita da un proprio involucro però sono avvolte insieme
da una dipendenza dell’aponeurosi cervicale media e quella profonda. A questo livello c’è la presenza dei
setti trasversali ed è questo che rappresenta il diaframma toracico superiore. Gli sdoppiamenti, che sono una
dipendenza dell’aponeurosi media e profonda, permettono di mantenere libero aperto il calibro dei vasi
venosi perchè sono fibre trasversali che vengono messe in tensione durante l’INsp ed evitano la compres-
sione dei vasi venosi (che sono meno resistenti alla compressione rispetto a quelli arteriosi). Questo è il con-
264
cetto di diaframma: fibre connettivali trasversali che dalla profonda vanno verso la media e che incrociano i
vasi, in particolare la vene e le mantengono aperte.
L’apon. cervicale profonda come abbiamo già detto va a tappezzare i muscoli sulla parte anteriore; siamo
soliti dire che la guaina viscerale è una dipendenza della media, invece è tra la media e la profonda.
Faringe, esofago, laringe, trachea e ghiandola tiroide sono protette da una guaina avventizia posta tra
l’aponeurosi media e profonda, la guaina viscerale.
Ovviamente lo stretto toracico superiore è direttamente in relazione con la cerniera cervico dorsale
e ci interessa non solo per il passaggio vascolare e nervoso ma anche per gli stimoli che possono arrivare,
ad esempio un problema di prima costa mi può dare un problema di ortosimpaticotonia mediato da una
stimolazione del ganglio stellato, o un problema meccanico del tratto cervico dorsale può dare un orto-
simpaticotonia. Una persona che usa male il diaframma sta solitamente con le spalle alte perchè usa tanto i
muscoli accessori della respirazione, gli scaleni.
265
Altra possibilità è fare un lavoro più mirato a dare la
possibilità di adattamento delle clavicole quindi che
può influenzare meglio la zona alta, ricordandoci sem-
pre che il nostro obiettivo è la liberazione delle fasce.
Alla testa del Pz, prendo le clavicole con la stessa posiz-
ione di prima (pollici sopra, indici con il bordo radiale
sotto).
Una volta che ho capito come vanno le clavicole, senza chiedere di enfatizzare la respirazione, il mio com-
pito è aumentare il parametro che è già facilitato su diversi atti respiratori. Per esempio: la clavicola dx va
bene indietro e la sin va bene avanti, io su più inspirazioni incoraggerò la clavicola dx a girare indietro e
in espirazione la sin a girare in avanti. Dopo aver posizionato le clavicole dove stanno più comode ed es-
sere arrivato al limite delle rotazioni chiedo di fare delle insp. ed esp. più profonde. Nel caso dell’esempio,
sull’espirazione porterò la clavicola dx avanti e sull’inspirazione porterò la sin indietro.
In prima fase aggravo, quando sono arrivata al massimo delle rotazioni torno indietro sfruttando il tempo
respiratorio adeguato.
Tra le cose difficili avremo:
1. trovare il giusto contatto senza dare fastidio al Pz ma senza essere neanche troppo
superficiali
2. mantenere durante tutta la tecnica un distanziamento tra le due
clavicole.
Non ci sono controindicazioni particolari su Pz con lussazioni re-
cidivanti dell’art. acromion clavicolare, anzi forse trattando i tessuti
possiamo aiutarlo.
Un’altra modalità più energica può essere fatta da in piedi pren-
dendo sempre le clavicole con la stessa presa; facciamo incrociare
le mani al Pz e chiediamo di metterle dietro al collo dell’operatore
dopodichè facciamo sempre punto fisso a livello clavicolare e lavo-
riamo in circonduzione trazionando un po’. Lavoro che interessa le
clavicole ma anche tutto lo stretto sup.
266
Abbiamo visto l’importanza dell’osso ioide per la relazione che ha con le
strutture superiori e inferiori e il suo ruolo importante di regolazione e srego-
lazione della zona, soprattutto nei confronti dell’aponeurosi cervicale. Come
localizzazione lo troviamo davanti al corpo di C3, troviamo gonion ci spos-
tiamo verso dietro con le dita larghe ed andiamo a chiudere le nostre dita
a pinza per cercare di individuare i corni laterali (attenzione a non scendere
troppo se no troviamo le cartilagini). In alcuni soggetti può essere molto
posteriore, fare dei tentativi senza premere troppo soprattutto se sentiamo
pulsare. Una volta individuato lo teniamo a pinza e cerchiamo di capire com’è
posizionato, se è tirato più da un lato o da un altro, se si lascia mobilizzare
verso l’avanti. Il principio poi è sempre lo stesso, cioè liberare da un punto di
vista tissutale questa zona.
Una possibilità può essere mettere una mano a coppa a sostegno delle
vertebre cervicali, con l’altra mano individuo lo ioide e provo ad al-
lontanarlo dalle strutture del collo, come se lo volessi portare in avanti.
Quindi faccio un leggero tensionamento fasciale e valuto se riesco a lib-
erarlo, se ho l’impresssione che il suo collo si appoggi un po’ di più sulla
mia mano; quando tiro, se c’è una resistenza dei tessuti, è come se il collo
venisse tirato in avanti anch’esso, ma quando la struttura cede, si rilassa il
collo torna indietro e cede sulla mia mano.
Lo ioide può essere facilmente la vittima di uno squilibrio, se è tirato da un lato il responsabile è questo
elemento che lo tira;
quindi se tirato in alto
valutiamo la resistenza dei
tessuti del pavimento della
bocca perchè potrebbe es-
serci qualcosa nei muscoli
sopraioidei. Se mi accorgo
che il problema è il pavi-
mento della bocca, faccio
per primo un lavoro di
distensione in cui cerco di
liberare la zona.
267
Altrimenti se mi rendo conto che la problematica viene dal
basso (mm. sottoioidei) posso fare punto fisso distale largo
tenendo sempre a pinza lo ioide e immagino di mettere in
tensione i tessuti tra le mie due mani.
Palpazione e ispezione dei linfonodi. I linfonodi sono delle stazioni in cui confluisce la linfa, che arriva dal
cranio, dagli arti inferiori e superiori, dal torace e si versa nel dotto toracico.
Ci sono varie stazioni in cui palpare i linfonodi:
1. una zona cervicale, dove avviene il drenaggio del cranio, del collo e degli arti superiori.
270
Nella zona cervicale i linfonodi sono superficiali e profondi. Quegli profondi si dividono a loro volta in supe-
riori e inferiori. Ecco le varie stazioni linfatiche:
Anche quando non riuscite ad essere efficaci perché il problema del Pz non è di vostra competenza, ma
riuscite ad evidenziare un linfonodo ingrossato, la persona vi ringrazierà a vita. È una cosa banale che molti
medici tralasciano di fare ma importante. Spesso le diagnosi si prolungano di 1-2-3 anni con dei rischi
enormi per il Pz. Tutte le donne dovrebbero sapere che c’è un linfonodo sentinella a livello del seno, che si
trova nella parte laterale del capezzolo e che si palpa normalmente.
Poi abbiamo i linfonodi inguinali. Sappiate che lì dove è presente un foro, la zona è disseminata di linfonodi.
Nella zona tra bocca, naso, occhi e orecchie abbiamo circa 120 linfonodi a protezione. Lo stesso dicasi per
le zone ghiandolari come per esempio i seni e nella zona pelvica. Non so se avete mai fatto l’esperienza di
esservi feriti con le forbicine l’unghia dell’alluce e di aver notato poi un rigonfiamento a livello dei linfonodi
inguinali. Oppure di avere avvertito un rigonfiamento a livello dei linfonodi ascellari dopo esservi feriti un
dito della mano.
271
Dioguardi
zona
linfatica
media
...i preauricolari
e i retroauricolari. preauricolari
retroauricolari
272
Ci spostiamo sul m. SCOM (la log- linfonodi linfonodi
gia vascolare e viscerale del collo è profondi profondi
ricchissima di linfonodi) e palpiamo anteriori anteriori
sup inf
i linfonodi superficiali e profondi.
Questi ultimi sia nella porzione
superiore che in quella inferiore, sia
davanti che dietro il muscolo.
.... i linfono-
di cervicali
posteriori.
Poi i linfonodi
sopraclaveari,
sottoclaveari
e ascellari.
273
La cavità ascellare è così formata: davanti i mm. grande
e piccolo pettorale, posteriormente i mm. gran dorsale
e piccolo rotondo, medialmente il m. dentato e lateral-
mente il solco bicipitale dell’omero. Tutta la zona della
cavità ascellare è una zona interessante dal punto di
vista dei linfonodi. Sappiate che i linfonodi sopra e sot-
toclaveari e i linfonodi cervicali inferiori drenano tutta la
linfa degli AASS. Secondo voi un linfonodo dolente è il
più pericoloso di un linfonodo non dolente? No, perché
un linfonodo dolente, ingrossato, mobile non ci dà grossi
problemi, nel senso che ci fa pensare ad una problem-
atica pregressa o in atto (infettiva o infiammatoria).
Quello che ci deve preoccupare è un linfonodo duro, non dolente, fisso e che a volte può assumere anche
la grandezza di un uovo di gallina! A volte ci può essere a sin del collo del Pz un rigonfiamento che si gonfia
ulteriormente quando la persona deglutisce: si tratta di un diverticolo di Zenker. I linfonodi che abbiamo
appena descritto (dolori, dolenti, fissi) localizzati nella zona sopraclavicolare dx possono essere espressione
di un problema dell’apice del polmone o della tiroide. Se fossero a sin vanno messi in relazione con il me-
diastino o lo stomaco. Tuttavia sappiate che un carcinoma si può anche presentare in una prima fase con
linfonodi mobili e poi successivamente fissi. Comunque un linfonodo ingrossato a livello del collo deve al-
lertarci e richiede degli approfondimenti, insieme ad altre cose che andremo a vedere. In questi casi è bene
indirizzare il Pz da un medico spiegandogli che abbiamo bisogno degli approfondimenti diagnostici per
poterci lavorare. Questo per essere onesti, professionali, per scaricarsi le responsabilità e per non rubare il
lavoro agli altri. Non vogliamo essere onnipotenti.
Non dovete vietare ai bambini di levarsi le caccole dal naso con le dita. Dovete vietare di farlo in pubblico.
Definire lo stato neurovegetativo del Pz è molto difficile, perché possiamo avere una iperortosimpaticotonia
a livello craniale e poi in altri distretti del corpo una iperparasimpaticotonia.
Anche la pelle del Pz ci può dare indicazioni sullo stato neurovegetativo, per es. una pelle secca o grassa.
Una pelle grassa o un’acne giovanile può essere giustificata nell’adolescente, negli altri casi ci dà delle
indicazioni sullo stato di salute di quel Pz. Se un Pz di 25 anni ha la pelle rovinata significa che i suoi sistemi
emuntori primari non lavorano bene e la pelle (sistema emuntore secondario) sta cercando di eliminare il
più possibile.
È possibile vedere se c’è un ittero o un’anemia.
3. Sentire l’odore del Pz (ascelle, testa, piedi), prima di passare a sentire l’odore dell’orifizio superiore
della bocca.
274
4. Palpazione della pelle per sentire se c’è un edema a mantellina o
un enfisema sottocutaneo. Appoggiando la mano alla base del collo
sentite che c’è un crepitio, perché c’è una raccolta di aria nel sottocute: ma
questi sono sintomi che esprimono problematiche davvero importanti a
carico del sistema venoso. Ma queste le escludiamo perché si spera che
questi Pz non vengano da voi.
5. Vediamo la sclera degli occhi (lo specchio dell’anima): se è chiara, bianca oppure giallognola, se è
rossa, iniettata di sangue, se è iniettata di sangue a tutti e due gli occhi o a uno solo.
La presenza di occhiaie, che può essere espressione di una difficoltà nel riposare oppure di bagordi, di prob-
lematiche renali o di depressione.
275
- se c’è la presenza di
un toro palatino
- la presenza di ton-
sille infiammate o
mucosecernenti o puz-
zolenti
- la salute dei denti,
se ci sono delle carie
(infatti la radice dei
denti si trova imme-
diatamente sotto il
pavimento del seno
mascellare. A volte
degli odontoiatri un
pò sbadati, quando
fanno degli impianti,
possono perforare
il seno mascellare,
creando una comu-
nicazione tra bocca e
cavità nasali > questo
è un disastro perché i
batteri presenti nella
bocca passano in un
ambiente non idoneo.
Per questo da un pò di
tempo a questa parte
gli odontoiatri provve-
dono a fare un rialzo
del seno mascellare).
Chiedere al Pz se ha fatto degli impianti perché talvolta sono fatti così bene che non si vedono.
276
Se dice che ha fatto
qualche impianto o
che ha messo qual-
che corona dobbi-
amo fare una pal-
pazione degli apici
dentali in quella
zona per vedere se
scateniamo il dolore.
- Guardiamo la lingua, che dovrebbe essere rosa e non patinata. La lingua può essere espressione di un
cattivo funzionamento di: intestino, stomaco, fegato, di tutto il tratto digerente. Una lingua grigio chiaro o
scuro, associato ad un tanfo di merda è sintomo di un intestino bloccato da qualche settimana, può capi-
tare, avete sentito parlare del vomito fecale in persone che hanno avuto un’occlusione intestinale. Gli odori
sono importanti per la diagnosi di una problematica e a, livello della bocca, sono molto importanti. Provate
a odorare la bocca di un bambino che ha la febbre e il mal di gola > pecorino andato a male, è tipico delle
placche alla gola. Se andate a togliere quelle materiale e lo annusate, sentirete che è davvero nauseabondo.
277
Pressione sui seni: avvolgo il cranio con le mani e con i pollici faccio delle pressioni di 300-400 g sul seno
frontale. Se il Pz non ha niente, non fa male. Siccome non so quanto siano grandi i seni del Pz faccio una
palpazione piuttosto ampia.
seno frontale
Palpazione-pressione dei seni mascellari: devo essere il più simmetrico possibile e fare una buona presa sul
cranio
Palpazione-pressione dei seni etmoidali: alla radice del naso in direzione verso dietro-alto-dentro
Palpazione-pressione dei seni sfenoidali: pressioni su vertex.
seno sfenoidale
seno mascellare
278
8. Sentire se le emergenze del
V1-V2-V3 sono dolenti > pres-
sione sul foro sopraorbitario, sul
foro sottoorbitario e sul foro men-
toniero anche se quest’ultimo
adesso non ci interessa tanto.
Se ho trovato nei linfonodi ingros- V2
V3
sati o delle tonsille o un orecchio
dolente consiglio al Pz di andare da
un otorino per degli accertamenti.
279
In Chiara per es. c’è solo una
deviazione della cartilagine verso
sin, mentre la parte strutturale,
scheletrica è diritta.
Se al termine dell’esame tutto è negativo procedete con il trattamento tranquillamente. Se avete trovato
dei linfonodi ingrossati e dolenti, dolorabilità ad un seno o magari a due, dolorabilità all’emergenza del
trigemino, lingua patinosa, placche… sappiate motivare una vostra astensione dal trattamento e il vostro
consiglio di andare da un medico o almeno da un medico di base. Anche la temperatura è importante ma
è difficile che arrivi a studio un paziente con la febbre. Se arriva un paziente studio e dice di avere da una
settimana linfonodi ingrossati, mal di gola e febbre (se poi aggiunge che è stato Cuba e ha baciato molte
ragazze) la prima cosa a cui dovete pensare è la mononucleosi (la malattia del bacio), quindi mandatelo
dall’infettivologo per iniziare subito una terapia antibiotica, prima di trattargli la clavicola o l’osso sacro
Irrorazione ARTERIOSA
La parte alta delle fosse nasali riceve sangue da arterie che derivano dalla Carotide INTERNA
mentre la porzione inf da rami della Carotide ESTERNA
A livello della Carotide ESTERNA:
l’arteria sfenopalatina passa at-
traverso il foro sfeno-palatino per
distribuirsi alla parete esterna e al
setto.
280
A livello della Carotide INTERNA:
il suo debito è assicurato dalla
- buona mobilità del temporale
- membrana che chiude il foro lacero ant
L’a. oftalmica passa nel canale ottico.
Le aa. etmoidali anteriore e posteriore
passano attraverso i canali etmoidali.
Possibile influenza dal frontale e dalle
masse laterali.
Formazione del
foro sfenopalatino
281
seno frontale a. naso-palatina
a. nasale a. sfeno-palatina
a. dei cornetti
a. angolare a. del cornetto
medio
a. del cornetto
inf
Drenaggio VENOSO
Le vene provenienti
dalle fosse nasali e dai
seni paranasali sfociano
tutte nella VENA
GIUGULARE INTERNA
(foro lacero post).
Drenaggio LINFATICO
Posteriormente nel rino-
faringe e nei linfonodi
cervicali
Anteriormente nei lin-
fonodi sottomandibolari.
Si congiunge con la cat-
ena linfonodale cervi-
cale che si trova tra la v.
giugulare int e lo SCOM.
282
I rami ortosimpatici provengono dai primi metameri
dorsali e risalgono nel cranio passando per i gangli cer-
vicali, entrano nel cranio insieme alla Carotide INTER-
NA e raggiungono i rami parasimpatici provenienti dal
7° e dal 9°. Uniti in un unico nervo raggiungono le cavità
nasali e paranasali.
Passaggi preliminari
Riequilibrio diaframmatico
Regione sternale
283
Il Frontale
Tutte le ossa del massic-
cio facciale sono appese al
frontale.
Le suture:
s. fronto-sfenoidale
s. fronto-parietale
s. fronto-mascellare
s. fronto-malare
s. fronto-nasale
L’Etmoide
Si trova incastrato tra l’incisura
etmoidale del frontale, davanti
al corpo dello sfenoide.
Per un buon funzionamento
dei seni bisogna che l’etmoide
sia in grado di “dondolare”
liberamente.
L’espansione delle masse
laterali è condizionata dalla
posizione dei mascellari.
Liberare la faccia post
dell’etmoide dalla faccia ant
del corpo dello sfenoide.
284
285
I Palatini
Rivestono un ruolo di ammor-
tizzatori tra il mascellare e lo
sfenoide.
Bisogna liberare i palatini dalle
pterigoidi indietro e dai mascel-
lari superiori in avanti, oltre che
liberare i due palatini tra loro.
286
s. coronale s. squamosa
frontale
parietale Gli Zigomatici
s. sfeno- Sono influenzati dal
parietale
temporale, dal fron-
s. sfeno-
frontale tale e dalla grande
ala dello sfenoide.
s. sfeno-
squamosa Assicurano la relazi-
foro sovra- one tra la sfera ant e
orbitario la sfera post.
grande ala
etmoide
lacrimale
nasale
foro infra--
orbitario
mandibola
s. lambdatica
occipite
tempor. temporale, temporale,
processo processo parte squamosa
stiloideo mastoideo
mandibola meato acustico est
arcata zigomatico
zigomatico
foro mentale
287
frontale
foro sovra- parietale
orbitario foro sovra-
margine orbitario
sovraorbitario grande ala
osso nasale
piccola ala parietale
osso etmoide, orbita
lamina perpendicolare grande ala
margine
infraorbitario zigomatico
cornetto apertura
nasale medio piriforme
vomere mascellare
cornetto foro infra--
nasale inf orbitario
spina
nasale ant
denti
osso lacrimale
I Mascellari superiori
Costituiscono il sostegno della volta palatina.Presenza del seno mascellare che viene delimitato da:
le masse lat dell’etmoide
dall’inguis
dalla lamina verticale del palatino
288
Il bilanciamento del mascellare e del palatino permette una buona aspirazione a livello dell’antro e dunque
una buona ventilazione.
Il Vomere
Osso molto adattativo, influenzato dallo sfenoide, autorizza la buona fisiologia della volta palatina.
Forma il setto me- parietale
diano e non è raro
trovare delle devi-
azioni lat che giustifi- grande ala
cano una fossa nasale
più aperta ed una più
chiusa.
osso nasale temporale
cornetto zigomatico
nasale inf
mascellare
Riassumendo
Frontale sostegno del massiccio facciale
Sfenoide regolatore della sfera ant
Mascellare presenza del seno mascellare
Zigomatico fattore di restrizione del mascellare
Occipite e Base craniale riarmonizzare la sfera ant e post
Palatino nei suoi rapporti con > mascellare sup
> apofisi pterigoidee
> corpo dello sfenoide
Vomere il setto mediano
riarmonizzato rispetto al corpo dello sfenoide
Lavorare con l’obiettivo di liberrare le strutture che occupano:
289
Fossa Pterigo-mascellare (o Pterigo-palatina)
Foro Sfenopalatino
290
Limiti della Fossa Pterigo-palatina
Post > lamine pterigoidee
Ant > tuberosità post del mascellare
Lat > lamina verticale del palatino
291
Liberazione della
s. fronto-mascellare
Tra il frontale e la branca ascendente del mascel-
lare
Mano craniale > in contatto con i pilastri orbitari
del frontale, con una pinza tra il pollice e il medio
Mano caudale > indice sulla glabella, pollice e
medio sulle branche ascendenti del mascellare
292
Liberazione della s.fronto-zigomatica
(lo zigomo ricopre il frontale)
Mano craniale > presa a pinza sui pilastri orbitari del frontale
Mano caudale > indice sul bordo orbitario dello zigomo,
medio sotto il rilievo, pollice dietro la porzione orbitaria
dello zigomo.
ZIGOMO > RE
Liberazione dello zigomo dalla grande ala
Mano craniale > presa a pinza con pollice e medio sulle
grandi ali
Mano caudale > presa a 3 dita sullo zigomo
Per liberare la sutura si porta
la grande ala in E > alto-dietro-dentro
e lo zigomo in RE
ZIGOMO > RE
MASCELLARE > RE
Liberazione fronto-mas-
cellare _2° tecnica
Mano craniale > presa a pin-
za con pollice e medio sui
pilastri orbitari del frontale
Mano caudale > indice in-
trabuccale in contatto con la
parte int dei molari, pollice
sulla faccia est delle labbra,
davanti agli incisivi.
293
Liberazione s. zigomatico-mascellare
Mano craniale > in contatto con
lo zigomo, medio sul bordo orb-
tario, indice sotto il rilievo, pol-
lice dietro la porzione orbitaria
(vicino al pilastro del frontale).
Mano caudale > sul mascellare
RE
con l’indice sulla faccia int dei
molari, pollice esterno davanti
agli incisivi, III- IV-V dito sulla
faccia est del mento.
PREMASCELLARE
Tecnica sulla
s. intermascellare
I 2 indici ai lati della
sutura
Pollici est davanti
agli incisivi
Ascolto del
movimento > diastasi
295
Mano craniale > presa tra
pollice e medio
sulle grandi ali
Tempo di F >
L’indice sente il vomere
se il vomere scende
sut cruciforme scende
296
Esercizio per il Pz
Posizione Pz: seduto con i gomiti
appoggiati e due pollici in bocca
sulla sut cruciforme. Deve lasciar
cadere il peso della testa sui pol-
lici. Dopo aver fatto questo deve
fare delle INsp frazionate. Ad
ogni impulso INspiratorio, data la
sua posizione, corrisponde una
leggera pressione verso i seni
etmoidali e sfenoidali > serve a
riequilibrare la F-E
297
indice su sut cruciforme
> spinge verso altro in E
sfenoide in F>
scende
L’indice sol-
leva la por-
zione ant
del mascel-
lare.
La porzione post si abbassa
Palatino
Si contatta il palatino con il 2° o 3° dito intraorale, risalendo lungo la porzione int dei denti, per contattare
la porzione verticale della lamina orizzontale.
Per indurre una RE si spinge la lamina in basso-dietro-fuori.
Per indurre una RI si spinge la lamina in alto-avanti-dietro
298
PALATINO > RE PALATINO > RI
dentro
299
Liberazione del Palatino dal corpo dello sfenoide
Mano craniale > presa a pinza sulle grandi ali (portarle in E)
Mano caudale > indice o medio sull’angolo della lamina
orizzontale del palatino, III, IV, V dito in appoggio sul mento
In questa tecnica si cerca di liberare il foro sfeno-palatino
Decompressione della
fossa pterigo-palatina
Rotazione del capo, fossa
orientata verso l’alto
Dito intrabuccale > cont-
atta l’ultimo dente
Presa a pinza del lobo
dell’orecchio omolaterale
Messa in tensione in dir-
ezione opposta
Alto
dietro
dentro
300
Pompaggio dei seni
attraverso pressioni ritmate:
3 - 4 sec di compressione
seguiti da una fase di
rilasciamento
L’Occhio_PREMESSA
Prima di parlare dell’occhio vero e proprio facciamo qualche richiamo di anatomia, in particolare alla regione
301
che accoglie il globo oculare, e cioè la cavità orbitaria. La cavità orbitaria è un alloggiamento costituito da
due parti distinte completamente diverse, di cui la prima è l’orbita* e la seconda la periorbita. Infatti la cav-
ità orbitaria e composta dall’orbita +1 rivestimento membranoso, che riveste lo scheletro e prende il nome
di periorbita. Questo è importante perché può stravolgere un po’ quelli che sono i vostri riferimenti abituali.
*con orbita si intende qualcosa di ben preciso, cioè la cavità ossea, lo scheletro, l’osso.
L’occhio, il nostro recettore ottico, non è situato nell’orbita ma nella cavità orbitaria, dove non ci sono ori-
fizi, ad eccezione dell’orifizio anteriore della cavità orbitaria, cioè l’apertura che ci permette di vedere e
l’orifizio post che corrisponde all’orifizio anteriore del canale ottico, dove passa il n. ottico. Quindi non c’è
mai comunicazione tra la cavità orbitaria e le regioni circostanti, tranne questi due orifizi. Questo è impor-
tante perché tutta l’anatomia dell’orbita prende risalto.
302
incisura frontale
foro sovraorbitario foro etmoidale
post o canale
fronto-etmoidale
post
osso frontale,
superficie orbitaria foro etmoidale
ant o canale
fronto-etmoidale
foro zigomatico- ant
orbitario foro ottico
osso nasale
fessura orbitaria sup
o sfenoidale sup osso mascellare,
processo frontale
osso zigomatico
osso lacrimale
fessura orbitaria inf
o sfenoidale inf osso etmoide,
lamina papiracea
doccia infraorbitaria
osso mascellare,
faccia orbitaria foro infraorbitario
Parete superiore
Sono coinvolte due ossa: frontale e sfenoide (ma detto così è troppo generale) >
- faccia inferiore dell’apofisi orbitaria del frontale
- faccia inferiore della piccola ala dello sfenoide
Particolarità della faccia superiore
- vicino all’angolo antero-esterno si trova una depressione, la fossetta lacrimale che accoglie la ghiandola
omonima
- sutura sfeno-orbitaria (si può anche chiamare sutura sfeno-frontale, sapendo che le suture sfeno-frontali
sono due, una con la piccola ala e l’altra con la grande ala) > tra il bordo posteriore della lamina orbitaria del
frontale e il bordo anteriore della piccola ala > è una sutura a becco di flauto con un tavolato inferiore nella
parte interna (il frontale ricopre la piccola ala) e un tavolato superiore nella parte esterna (la piccola ala rico-
pre il frontale). Tra le due parti c’è un punto perno che è una zona di passaggio per l’asse di movimento del
frontale. L’altro punto perno è stephanion.
Quindi su questa faccia superiore c’è qualcosa di notevole per noi osteopati, qualcosa che coinvolge
l’aspetto dinamico del cranio. Naturalmente all’oculista questo non importa.
Parete esterna
Sono coinvolte due ossa: zigomatico e sfenoide >
- faccia ant/orbitaria della grande ala dello sfenoide
- faccia int dell’apofisi orbitaria dello zigomatico
Particolarità della faccia esterna
- sutura sfeno-zigomatica
- orifizio interno o orbitario del canale temporo-
malare o temporo-zigomatico
- tubercolo di Whitnall
sutura sfeno-zigomatica
303
seno frontale sut sfeno-zigomatica
fessura orbitaria sup
superficie orbitaria
faccia orbitaria
canale infraorbitario
seno mascellare
La sutura sfeno-zigomatica è una sutura a becco di flauto con un TAV INT sul bordo anteriore della faccia
orbitaria della grande ala dello sfenoide, che ricopre il bordo posteriore dell’apofisi orbitaria dello zigoma-
tico. A volte questa sutura presenta addirittura un punto perno con un cambio di tavolato e spesso la parte
superiore della sutura ha un tav interno, come abbiamo appena detto, mentre nella parte inferiore della
sutura è l’inverso.
304
A questo proposito possiamo osservare che i
punti perno si trovano su alcune suture partico-
lari, ossia quelle che hanno una conformazione
a L e che J. Gay ha battezzato suture direttrici.
Il nome deriva dal fatto che queste strutture
dirigono la modificazione/adattamento della
forma/volume della scatola cranica: ciascuna di
esse corrisponde ad un piano dello spazio. Nel
caso in cui la sutura sfeno-zigomatica presenti
un punto perno significa che la sutura ha una
grande capacità adattativa per l’occhio. Quindi
a livello dell’orbita ci sono due suture adattative
(la sfeno-zigomatica e la sfeno-orbitaria), che
sutura sfeno-zigomatica permettono di preservare il contenuto della
cavità orbitaria, evitano che ci siano troppe ripercussioni di costrizione sul recettore ottico.
L’ orifizio interno o orbitario del canale temporo-malare o temporo-zigomatico passa attraverso l’apofisi
orbitaria dello zigomatico.
Il tubercolo di Whitnall serve all’inserzione dell’orbicolare o del legamento palpebrale esterno
Parete inferiore
È il pavimento dell’orbita. Ci sono 2 o 3 ossa
a seconda degli anatomisti:
- prolungamento inferiore dell’apofisi
orbitaria dello zigomatico > nella parte più
antero-esterna (l’apofisi orbitaria dello zigo-
matico ha una porzione verticale e un’altra
che si ricurva verso l’interno)
- faccia superiore/orbitaria della piramide
mascellare > occupa la maggiore esten-
sione del pavimento dell’orbita
- apofisi orbitaria del palatino, perché
questa apofisi ha una faccia orbitaria che è
obliqua e che alcuni anatomisti integrano
nel pavimento dell’ orbita mentre altri la
fanno rientrare nella parete interna. Si può
scegliere se metterla nella parete inferiore
o in quella interna. L’importante è di non contarla due volte.
Particolarità della parete inferiore
- la doccia sottoorbitaria
- orifizio superiore del canale lacrimo nasale
- sutura mascello-zigomatica o zigomatico-mascellare
La doccia sottorbitaria, situata in una depressione del pavimento dell’orbita, doccia che si prolunga verso
l’avanti e, come un sottomarino, affonda nel pavimento, per poi scomparire quando forma un canale. A volte
soltanto la parte superiore di questo canale sottorbitario o infraorbitario è ossea, mentre la parte inferiore,
quando il pavimento è molto sottile, è formata da semplice mucosa. In questo caso la parte terminale del
V2 è in contatto con la mucosa del seno mascellare con i rischi che questo può comportare: sinusiti che non
vengono trattate nella maniera dovuta oppure che vengono trattate troppo tardi. È la stessa cosa del otiti di
cui abbiamo parlato a proposito dell’orecchio. Attenzione a non correre dei rischi! Prima trattate La sinusite
come si deve e poi vi potete divertire con tutto quello che volete.
L’orifizio superiore del canale lacrimo nasale si trova nella parte antero-interna del pavimento.
La sutura mascello-zigomatica è in una regione estremamente importante, perché serve per l’appoggio
dello zigomatico sulla piramide mascellare. Grazie a questa sutura lo zigomatico dirige il comportamento
del mascellare superiore.
305
Parete interna
Non inseriamo la branca ascendente del mascellare né il pilastro orbitario del frontale perché sono troppo
anteriori e fanno parte del contorno dell’orbita non propriamente delle pareti. Ci sono 3 ossa (o 4 se inse-
riamo il palatino):
lacrimale
osso plano o la faccia esterna della massa laterale dell’etmoide
parte anteriore della faccia laterale del corpo dello sfenoide (c’è una sutura tra il bordo esterno dalla faccia
anteriore del corpo dello sfenoide con il bordo posteriore della massa laterale dell’etmoide).
osso mascellare,
processo frontale
foro etmoidale ant
foro etmoidale post
superficie orbitaria
306
Bordo supero-esterno
È un bordo obliquo in avanti-fuori-alto, formato da:
nella parte più post del bordo supero-esterno > la fessura
sfenoidale superiore, fessura che è formata dalla grande e
dalla piccola ala (questa fessura occupa la maggior parte del
bordo supero-esterno)
nella parte più ant del bordo supero-esterno > l’estremità
più antero-laterale dell’apofisi orbitaria del frontale. Questa
ricopre, formando il piccolo braccio della sutura sfeno-frontale
(sutura direttrice a L: ricorda che il piccolo braccio guarda
verso l’apofisi clinoidea anteriore*), la parte antero-superiore o
esterna dell’apofisi orbitaria della grande ala.
*Invece l’apofisi clinoidea post è in relazione con il bordo posteriore della rocca petrosa.
Non pensate alle ossa che compongono il perimetro dell’orbita, perché non c’entrano.
Ricordate che l’orbita ha la forma di una piramide ed è per questo che il bordo supero-esterno ha una direzi-
one obliqua verso l’esterno.
sutura fronto-orbitaria
Che cosa passa nella fessura sfenoidale superiore? Nella fessura sfenoidale superiore non passa niente
perché è ricoperta dal foglietto viscerale della dura madre. Ricordate che ci interessiamo alla meccanica
craniale perché noi osteopati trattiamo i vivi e non i cadaveri. Lo scheletro è ricoperto da un certo numero
di elementi sia in superficie che in profondità. La scatola cranica è rivestita all’interno di dura madre. Nella
scatola cranica meccanica c’è un solo foro: il foro occipitale che lascia passare il midollo. Oltre a questo non
c’è nessun altro buco. È un recipiente che contiene del liquido e quindi se ci fossero dei fori il liquido uscireb-
be. Dovete visualizzare la meccanica craniale con lo scheletro rivestito dalla dura madre. È per questo che
dico che nella fessura sfenoidale superiore non ci passa nulla, è chiusa. Naturalmente gli elementi vascolo
nervosi passano attraverso la dura madre e questo fa cambiare molte cose, ne parleremo poi, ma dovete
considerare che non ha più nulla a che vedere con la meccanica ossea. Quando fate una tecnica craniale su
un paziente visualizzate per favore il tessuto vivente, non visualizzate l’osso, perché l’osso non fa altro che
subire. L’osso non è importante, l’importante è ciò che lo mette in movimento o lo stabilizza.
Che cosa passa nella fessura sfenoidale superiore rivestita dalla dura madre?
V1
i nervi oculo-motori
le vene oftalmiche
l’ortosimpatico (da non dimenticare)
Bordo infero-esterno
È rappresentato per la maggior parte dalla fessura sfenoidale inferiore o sfeno-mascellare. Questo orifizio
non è ricoperto da dura madre perché siamo all’esterno della scatola cranica. Attraverso questa fessura non
passano delle strutture di rilievo ma dobbiamo ricordare il passaggio di vene oftalmiche che contribuiscono
307
a drenare la cavità orbitaria in direzione dei plessi venosi pterigoidei. Il V2 non passa attraverso questa fes-
sura perché si trova al di sotto di essa.
Bordo infero-interno
È formato dall’incontro del bordo interno della faccia orbitaria del mascellare superiore con il bordo inferiore
dell’osso lacrimale nella sua metà posteriore. La metà anteriore del bordo inferiore dell’osso lacrimale costi-
tuisce la parte posteriore della doccia lacrimale (FOTO). La doccia lacrimale è costituita nella parte anteriore
dal bordo posteriore del mascellare superiore. La parte esterna del canale lacrimo-nasale è formata dal ma-
scellare superiore. La metà posteriore del bordo inferiore dell’osso lacrimale si articola con la parte anteriore
del bordo interno del mascellare superiore. Poi il bordo infero-interno continua con la sutura tra il bordo in-
feriore dell’osso plano (o la faccia esterna della massa laterale dell’etmoide) con la parte posteriore del bordo
interno della lamina orbitaria del mascellare superiore, che si prolunga indietro verso il fondo dell’orbita.
Infine abbiamo la relazione tra l’osso plano e l’apofisi orbitaria del palatino (abbiamo messo l’apofisi orbit-
aria del palatino nella parete interna).
Nella parte anteriore del
bordo infero-interno
abbiamo quindi l’orifizio
superiore del canale
lacrimo-nasale.
Bordo supero-interno
Mette in opposizione il porto interno dell’apofisi orbitaria del frontale con il bordo superiore dell’osso plano
(o della faccia esterna della massa laterale dell’etmoide). Nel bordo supero-interno troviamo due orifizi es-
terni dei canali fronto-etmoidali.
Dobbiamo ancora parlare dell’apice della piramide che è rappresentato dall’estremità anteriore del canale
ottico. Questo orifizio è delimitato dalle due radici di impianto della piccola ala sul corpo dello sfenoide. La
particolarità di questo orifizio è la presenza sulla radice inferiore della piccola ala del tubercolo sottoottico,
sul quale s’inserisce il tendine di Zinn.
La base della piramide è ovviamente aperta sull’esterno e tale apertura/orifizio è circoscritto da alcuni
elementi che costituiscono il perimetro orbitario della piramide, perimetro formato (andando dalla parte
mediale verso l’esterno per poi ritornare di nuovo verso l’interno) da:
pilastro orbitario interno del frontale
arcata orbitaria del frontale
308
il pilastro orbitario esterno
l’angolo superiore dello zigomatico
l’angolo inferiore o infero-interno dello zigomatico
lamina orbitaria del mascellare superiore (nella porzione antero-interna del perimetro orbitario)
la parte posteriore della faccia esterna della branca ascendente del mascellare (che va a raggiungere il
pilastro orbitario interno del frontale).
La periorbita
Come una moquette riveste tutto lo scheletro. Essa è il prolungamento del foglietto parietale della dura
madre, perché la dura madre rimane intracranica. Quando la dura madre attraversa un orifizio cambia nome,
può formare diverse strutture. Noi ricordiamo solo che si prolunga nella tunica connettiva dei nervi e dei
vasi che passano attraverso i fori scheletrici, che sono rivestiti di dura madre come abbiamo detto prima.
Nell’orbita il prolungamento della dura madre è la periorbita, che non è aderente allo scheletro tranne che
a livello del perimetro degli orifizi e delle suture. La periorbita presenta delle fibre muscolari in particolare
nelle vicinanze della fessura sfeno-mascellare, fibre muscolari che vanno a costituire il muscolo orbitario
di Muller, che dipende dall’ortosimpatico cervicale tramite il ganglio sfeno-palatino. Il muscolo orbitario di
Muller, in funzione della sua tonicità e dunque in funzione della tonicità dell’ortosimpatico svolge un’azione
di propulsione del globo oculare verso l’avanti. Quando l’ortosimpatico è stimolato più localmente che a
livello generale, il muscolo orbitario di Muller diventa più tonico e questo fa aumentare la tensione della
periorbita, che quindi tenderà a spingere il globo oculare da dietro verso l’esterno. Fate attenzione a questo,
osservatelo. Quando vedete degli occhi fuori dalle orbite non dipende soltanto da una meccanica crani-
ale, soprattutto se il fenomeno è unilaterale. In tal caso si può trattare una disfunzione dell’ortosimpatico
che può essere localizzata a livello cervicale. Questo non ha niente a che vedere con gli adattamenti dei
quadranti nell’ambito della meccanica craniale. In questo caso non si può dire che è la flessione che spinge
l’occhio in fuori o meglio non è sbagliato dirlo ma non è l’unica verità. Anche l’inverso è possibile e una ip-
oortotonia può far retrarre il globo oculare in dentro (=enoftalmo), è quello che si osserva nella sindrome di
Claude Bernard Horner, perché c’è un’inibizione dell’ortosimpatico.
sem 2
Fisiologia dellocchio
Quando approcciamo il globo oculare e l’orbita da un punto di vista meccanico craniale, occorre tener conto
di alcuni elementi scheletrici che intervengono con maggior importanza a livello della scatola cranica, che
sono: le suture senz’altro, ma chi influenza veramente l’adattamento dell’orbita da un punto di vista osseo è
l’osso Frontale. Come e perché? Che cosa condiziona la meccanica del frontale?
Innanzitutto la falce del cervello che, inserendosi sulla glabella, lo tira in dietro e lo fa abbassare in un
tempo di F. Infatti, la meccanica scheletrica dipende dalla meccanica membranosa; la falce del cervello, da
cui dipende la meccanica del frontale, provoca grazie alla sua trazione una posteriorizzazione della regione
antero-mediana ed un allargamento della incisura etmoidale del frontale; di conseguenza si avrà un allarga-
mento dei pilastri orbitali esterni che si portano in avanti-alto-fuori (e non in basso come pensavamo):
questo provoca a sua volta un adattamento dello zigomatico il quale si porta a livello del suo angolo superi-
ore in basso-avanti-fuori; tutto ciò perché affinchè ci sia un movimento tra 2 ossa è necessario che almeno
uno dei parametri vada in direzione diversa, oppure che uno dei 2 elementi cioè o il pilastro orbitario es-
terno o l’angolo superiore dell’osso zigomatico vada più veloce dell’altro (altrimenti il movimento sarebbe
impossibile).
Questo adattamento delle 2 ossa frontale e zigomatico non impedisce quindi che entrambe le ossa possano
scendere nel tempo di flessione (scendono entrambe ma poi a livello della sutura uno va verso il basso e
l’altro va verso l’alto).
Bregma sempre in un tempo di F si porta in basso-dietro, mentre la parte anteriore del frontale va in alto-
avanti, così la bozza frontale si allarga. Se in alto, superiormente, la porzione posteriore del frontale scende e
anche la parte anteriore scende, la bozza frontale si chiude diventando più convessa, quindi non si appiat-
tisce. Jean G. a questo proposito per spiegare meglio fa un es pratico e dice: se voglio creare un movimento
tra il mio corpo, prendendo in considerazione il mio tronco, e la mia mano, entrambe e cioè sia il tronco che
la mia mano possono scendere; ma, se io voglio spostare la mia mano rispetto al tronco, il tronco scende e
309
le braccia salgono.
Di seguito, a livello dell’involucro meningeo che succede? Sappiamo che si deforma, il diametro antero-pos-
teriore diminuisce e quello verticale pure grazie all’espansione laterale della tenda del cervelletto, quindi ci
sarà una trazione verticale della falce che permetterà l’abbassamento della volta (frontali, parietali). Dunque,
quale sarà ora l’adattamento del frontale correlato a queste due modificazioni? Il frontale nella sua forma è
convesso, quindi la sua parte post-inf scende e allo stesso tempo indietreggia.
Quindi a livello dell’orbita in un tempo di flessione craniale succederà che i pilastri orbitari esterni van-
no alto, fuori e avanti (qui J. Gay fa una differenza tra quello che è l’adattamento generale del cranio e
l’adattamento intrinseco delle varie parti di ciascun osso): se mettiamo un’asse tra una parte anteriore e una
parte posteriore, attorno a quest’asse il movimento avverrà attorno ad un asse perpendicolare. La direzione
del movimento è perpendicolare a quest’asse. Se ho una parte posteriore che scende, una parte anteriore
meccanicamente dovrebbe risalire!!! Se abbiamo un’asse antero-posteriore è ovvio che se scende al centro,
dovrà salire lateralmente! Se mettiamo un’asse verticale è sempre lo stesso discorso. L’asse del frontale è un
asse obliquo, quindi se la parte centrale scende, l’altra sale; quindi se questa parte indietreggia l’altra avanza.
Se, meccanicamente parlando, un movimento avviene perpendicolare rispetto al proprio asse, è difficile
dopo sostenere qualcos’altro. Infatti, se per il cranio ha una buona espansione trasversale, se si allarga lat-
eralmente, tutti gli elementi che stanno sotto hanno un piano orizzontale che divide il volume in una parte
inferiore ed una superiore, tutto ciò che sta sotto andrà in fuori e verso il basso e tutto ciò che sta al di sopra
andrà in fuori e verso l’alto, non può essere altrimenti. Se ho due componenti diversi articolati tra di loro io
so che non possono muoversi l’uno rispetto all’altro se hanno gli stessi parametri, non credete? È necessario
che ci sia un parametro diverso, l’unica possibilità affinchè ci sia movimento quando due elementi diversi
vanno nella stessa direzione è che esista un quarto parametro che è quello della velocità, è necessario che
uno sia o più veloce o più rallentato rispetto all’altro, ma tutto ciò non concerne con la dinamica del cranio.
Quindi in RE:
- il frontale si appiattisce
- lo zigomatico va in eversione, quindi il diametro obliquo dell’orbita si ingrandisce aumentando trasversal-
mente
- l’eversione dello zigomatico, il suo basculamento in avanti e verso l’esterno prolungato nel tempo, fa ca-
dere lo zigomatico in avanti.
- l’apofisi zigomatica del temporale che è antero-posteriore, flessibile e sottile, impedisce allo zigomatico di
cadere.
Nel tempo di F, il temporale rotola e globalmente avanza; avanzando incontra un ostacolo davanti a sé
rappresentato dall’angolo posteriore dello zigomatico. Così il temporale per impedire allo zigomatico di
cadere, lo spinge ancora di più in avanti, permettendo di appoggiarsi sulla piramide del mascellare. L’apofisi
zigomatica si allarga lateralizzando il suo angolo posteriore e fissando bene lo zigomatico sulla piramide del
mascellare; così lo zigomatico si stabilizza.
È quindi necessario l’intervento della coppia occipite-temporale, poiché l’occipite è il polo posteriore della
falce, quindi è sinonimo di tentorio del cervelletto insieme al temporale.
Davanti abbiamo la coppia fronto-etmoidale e dietro la coppia occipito-temporale. La nostra orbita deve
adattarsi a queste influenze sia anteriori che posteriori.
Quali saranno allora le ripercussioni dell’azione della falce? Sappiamo che quando c’è una trazione della
falce sul frontale, e sappiamo che questa trazione è mediana, il polo anteriore, quindi la regione della gla-
bella è tirata indietro, indietreggia, e questa posteriorizzazione innesca l’apertura dell’incisura etmoidale,
perché è una zona libera, quindi una zona in cui c’è meno resistenza, e come ulteriore reazione avremo
un’azione sulle parti laterali, quindi sulle l’apofisi orbitarie fino ad arrivare ai pilastri orbitari esterni, che per
il momento andranno in fuori e in avanti, grazie all’ apertura dell’incisura etmoidale, è un adattamento.
Sappiamo che il polo anteriore della falce si prolunga fino all’estremità della crista galli, quindi l’apertura
dell’incisura etmoidale per effetto della trazione antero-posteriore permetterà l’allargamento delle masse
laterali, ricordiamoci che l’etmoide è una bolla d’aria, è un elemento che si può comprimere, quindi si gonfia
lateralmente e allo stesso tempo ci saranno ripercussioni su questo fenomeno, ci sarà questa pressione an-
tero-posteriore sullo sfenoide, al centro del quale c’è un’altra bolla d’aria (ricordatevi dei seni) quindi subirà
anch’esso questo fenomeno di compressione e allo stesso tempo una sua espansione trasversale provocherà
310
una modificazione della forma dei seni cavernosi.
Se l’incisura etmoidale del frontale si allarga, l’etmoide può fare il suo basculamento posteriore e verso il
basso e tra i 2 la grande ala si adatta alla posizione del temporale e del frontale. Secondo J. Gay in questa
meccanica, lo sfenoide ha solo un ruolo adattativo per le sue appendici.
Il suo ruolo importante è quello di proteggere l’ipofisi con il suo corpo che è stabile : infatti, nella sua
parte centrale è stabile, mentre tutte le sue appendici come pterigoidi, grandi ali, piccole ali servono ad
equilibrare la parte centrale. Non è dunque lo sfenoide che permette le variazioni della cavità orbitaria. Lo
sfenoide non influenza l’occhio e la cavità orbitaria. Il bordo anteriore della grande ala è a becco di flauto
quindi non può spingere lo zigomatico (proprio per il tipo di sutura, la sfeno-zigomatica che si crea che
presenta tavolati).
Abbiamo il polo anteriore della falce che potrà esercitare la sua trazione grazie al fatto che c’è una zona
d’inserzione della falce anche posteriormente, ovvero la protuberanza occipitale interna, che servirà da
appoggio per provocare questo accorciamento ant-post, da davanti a dietro, e non il contrario. È la parte
anteriore che si comprime, perché è davanti che si trovano gli elementi che si possono comprimere, e non
sarà il contrario, perché dietro c’è una base che è rigida, ovvero l’apofisi basilare dell’occipite. L’occipite è
molto importante per la regione dell’orbita, ma non solo per questi aspetti puramente meccanici, a livello
occipitale troviamo anche la corteccia visiva, poi abbiamo la parte terminale del drenaggio dell’occhio e in-
fine abbiamo il ganglio cervicale superiore, l’ortosimpatico, ed è lui che si interessa l’occhio direttamente.
L’occipite dà inserzione alla falce ma anche alla tenda del cervelletto, quindi ci dovrà essere un’espansione
trasversale sotto l’effetto di questa trazione ant-post.
Globo oculare
Il globo oculare presenta una forma sferica; è leggermente appiattito dall’alto verso il basso
il suo diametro verticale medio è di circa 23 mm;
il diametro antero-posteriore e trasversale è di circa 25 mm
pesa circa 7 grammi
il globo è globalmente sferico grazie alla sua pressione endoculare che è di circa 18 mmHg, ma con piccole
variazioni.
Nella cavità orbitaria il globo oculare occupa la cavità anteriore. È più vicino al pavimento che non al soffitto
dell’orbita e si trova più spostato verso l’esterno che verso l’interno rispetto al perimetro orbitario:
1. perché sopra all’esterno c’è la ghiandola lacrimale (che lo fa spostare verso il basso)
2. è poi più spostato verso l’esterno (decentrato appunto esternamente) per ragioni di meccanica orbitaria,
affinchè sia meno influenzato dall’espansione delle masse laterali dell’etmoide; è la presenza dell’etmoide
che sposta il globo oculare verso l’esterno.
Questo globo oculare è costituito da una parete che contiene gli ambienti endooculari. La parete del globo
oculare è formata da 3 membrane:
311
Globo oculare
} sclerotica (più esterna)
coroide (più intermedia)
retina (più interna); è la membrana nervosa più profonda.
Gli ambienti endooculari sono rappresentati da umor acqueo contenuto nelle camere endooculari dietro
cristallino, e poi dietro ancora il corpo vitreo. Questi ambienti endooculari sono trasparenti.
Sclerotica
} sclera (post)
cornea (ant)
2. La cornea (ant) > è della stessa natura della sclera, con l’unica differenza di essere trasparente.
Ha un raggio di curvatura più piccolo rispetto alla sclera; questa è la lente principale. L’angolo formato
dall’opposizione della sclera e della cornea si chiama angolo sclero-corneale.
I vasa vorticosa drenano l’interno dell’occhio. Queste grosse vene raggiungono le vene muscolari che
drenano i mm. oculomotori, e poi tutto andrà a costituire le vene oftalmiche che raggiungeranno il seno
312
cavernoso.
vasa vorticosa > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
parte ant > dà inserzione ai mm. oculomotori retti: sup-inf-est-int e alla capsula di Tenòn
sclera
parte post > dà inserzione ai mm. obliqui
Quindi l’inserzione dei mm. oculomotori e della capsula di
Tenòn avviene in prossimità dell’angolo sclero-corneale.
Questo angolo si forma per la diversa curvatura a livello
della parte terminale della sclera e della parte terminale
della cornea. Dentro l’angolo sclero-corneale troviamo il
Canale di Schlemm: questo canale è la via di riassorbi-
mento dell’umor acqueo a livello del limbo sclero-corneale.
L’ altra parte della sclerotica è la cornea, cioè la lente
principale dell’occhio.
Cornea
Nella parte superficiale ant c’è l’epitelio e questo epitelio
corrisponde al prolungamento corneale della congiuntiva
dell’occhio passante davanti alla cornea.
} }
epitelio (1 tunica_superfic)
sclera (post) (membrana di Bowmann)
Sclerotica cornea (ant) Cornea stroma (2 tunica_tessuto connettivo)
(membrana di Descemet)
endotelio (3 tunica_profonda)
La 1 tunica è costituita
dall’epitelio. L’epitelio ha una
importanza fondamentale per
la cornea perché fornisce alla
cornea l’ossigeno, in quanto la
cornea è trasparente e non ha
vascolarizzazione propria.
L’ossigeno è un bisogno fonda-
mentale ed è l’epitelio a fornir-
glielo, è quindi la secrezione
lacrimale che le apporta ossig-
eno; è la ragione per cui in caso
di lesione da paralisi facciale sup,
quando non c’è secrezione
313
lacrimale la 1 cosa da fare è mettere il collirio; non è
il trattamento della paralisi facciale la cosa prioritaria,
ma occorre prima pensare alla cornea per salvaguard-
arla altrimenti si ulcera. È la secrezione lacrimale che
ripartendosi davanti alla congiuntiva fornisce ossig-
eno per non opacizzarla.
La 2 tunica contiene tessuto connettivo formato da
cheratociti che sintetizzano una sostanza fondamen-
tale con mucopolisaccaridi, indispensabili alla tras-
parenza corneale.
La 3 tunica, la più profonda è l’endotelio, che man-
tiene costante il tasso di idratazione corneale, fonda-
mentale per la trasparenza. Lo stroma è delimitato da 2 membrane che rappresentano 2 vere barriere
metaboliche:
1. la membrana di Bowmann tra epitelio e
stroma: essa pesca l’ossigeno nell’epitelio; ha
una azione metabolica poiché contiene i cher-
atociti e la sostanza fondamentale; con la sua
azione metabolica conserva la cornea affinchè
rimanga di spessore uguale. Soprattutto serve
per mantenere una buona disposizione delle
fibre che mantengono questa cornea. Affinchè
il tasso di gradazione resti costante, l’ossigeno
può essere pescato facilmente dalla membrana
di Bowmann nell’epitelio che appunto lascia
passare ossigeno;
2. la membrana di Descemet tra stroma ed endotelio.
}
Coroide iride
Coroide
coroide propriamente detta
zona ciliare
È la 2 tunica (1. sclerotica 3. retina), è una tunica vasculo-neuro-muscolare del globo oculare.
È divisa in 3 parti:
coroide propriamente detta (la cui estensione è la maggiore)
iride
zona ciliare (corpo ciliare)
Nella coroide propriamente detta vi transitano tanti vasi ed elementi nervosi che ne fanno una tunica
vascolo-neuro-muscolare.
Tutto questo si trova nelle
vicinanze dell’angolo scle-
ro-corneale in vicinanza
dei muscoli oculari. Questa
zona è un crocevia topogra-
fico e è detta ora serrata. La
coroide propriamente detta
è formata da una ricca rete
di capillari che si avvicinano
alla retina e che diventano
poi sempre più superficiali,
aumentano di calibro, per-
forano la sclera e vanno a
formare le vene vorticose.
Tutt’intorno al n. ottico c’è il n. ciliare che viaggia nella coroide per poi raggiungere e formare la zona ciliare
e l’iride propriamente detta.
L’altro segmento di questa zona intermedia è l’iride: una corona muscolare verticale che scende dietro alla
cornea. Questa corona delimita l’orifizio centrale che è la pupilla. Il diametro medio dell’iride è circa 12,5
mm. È costante, invariabile.
La faccia ant dell’iride può essere diversamente colorata e pigmentata. La colorazione dell’iride sembrereb-
be essere in rapporto con la latitudine terrestre. Più ci si avvicina all’equatore e più l’iride è scura, più si va
verso nord e più è chiara.
La faccia post dell’iride è sempre pigmentata di nero (melanina), tranne in caso di albinismo.
La melanina crea una camera oscura, evita il riverbero ed assorbe la luce.
La pupilla è sempre nera poiché essa è solo un buco, attraverso il quale vediamo la retina.
Negli albini la pupilla è rosata o rossa poiché non contiene melanina.
L’iride contiene fibre muscolari:
fibre circolari: circoscrivono la pupilla e chiu-
dono l’iride (miosi); la loro contrazione deter-
mina la chiusura della grande circonferenza, da
fuori in dentro;
fibre radiali: quando si contraggono fanno
diminuire la larghezza dell’iride in quanto sono
costrittrici dell’iride (midriasi) e ingrandiscono
la pupilla, la aprono; la loro contrazione, par-
tendo da un punto fisso che è esterno, determina
l’apertura della circonferenza da dentro in fuori.
Le fibre radiali provocano: MIDRIASI > è prodotta e stimolata dall’ortosimpatico
Le fibre circolari provocano: MIOSI > è prodotta e stimolata dal parasimpatico
315
circonfere
rand e nz
g a
upil
p
la
fibre radiali
fibre circolari
L’iride è una regione riccamente vascolarizzata, così distinguiamo un grande circolo arterioso formato dalle
arterie ciliari lunghe e post che convergono verso la grande circonferenza, si anastomizzano tra loro, e a
partire da qui ci sono delle arteriole radiali che formano poi un piccolo circolo arterioso che sarà formato
da arteriole anastomizzate tra loro. A cosa serve una anastomosi vascolare? Ha un ruolo emodinamico
importante. Serve a stabilizzare e rendere costante la pressione arteriosa in tutto il circolo, e anche per
ridistribuire un carico arterioso costante e al suo massimo. L’azione di queste fibre muscolari circolari e
radiali deve essere perfetta a tutti i livelli, e l’azione di queste fibre deve essere simmetrica. Se ogni fibra o
se ciascun gruppo di fibra lavorasse e fosse vascolarizzata in modo isolato, la pupilla potrebbe spostarsi, una
sarebbe più grande dell’altra; conseguenze:
non ci sarebbe fusione delle 2 immagini
il margine sarebbe più grande da una parte e più piccolo dall’altra, e il punto focale sarebbe centrato diver-
samente.
Quindi tutti i tessuti sono irrorati da una rete anastomotica a livello capillare. Proprio per uguagliare la pres-
sione affinchè non subisce variazioni. Il sistema nervoso non tollera variazioni continue di pressioni.
L’anastomosi ha un ruolo emodinamico essenziale.
316
La fisiologia dell’iride è responsabile del riflesso fotomotore che è innato e quindi programmato, e deve es-
sere sempre lo stesso nelle stesse condizioni. Qualunque alterazione del riflesso fotomotore ha una ragione
peggiorativa e traduce sempre una lesione centrale, in generale prodotta a livello del mesencefalo. Sono
casi rari: il diametro pupillare medio è tra i 3-4 mm.
La miosi pupillare e la midriasi variano tra 3-4 mm. Il diametro della pupilla non deve mai essere inferiore a
2mm, altrimenti è patologico. Il diametro pupillare è più piccolo nel neonato e nell’anziano.
Nel neonato la pupilla è più piccola per proteggere la retina, perché l’accomodazione che ci permette di
mettere a fuoco è un riflesso acquisito e richiede un apprendimento, dunque richiede tempo. Ecco perché
i bimbi piccoli non vanno mai esposti alla luce viva, perché questo può produrre alterazione della acco-
modazione.
L’accomodazione è acquisita, e il nostro apparato accomodativo funziona bene quando si economizza ; la
presbiopia è tipica dell’adulto: schiaccia l’occhio, produce miopia, e poi la miopia diventa presbiopia.
L’anziano ha una minor ampiezza accomodativa, poiché la miosi è predominante; l’anziano e il bambino
hanno le pupille più piccole.
L’azione dei muscoli dell’iride è uniforme e simmetrica, questo per far si che le pupille siano concentrate e
uguali.
La disuguaglianza della dimensione pupillare è detta anisocoria e va guardata con sospetto. Se un Pz ce
l’ha bisogna indagarne le cause.
Ci sono poi persone che hanno anisocoria genetica e che non hanno niente di patologico. Oppure
l’anisocoria può essere post traumatica; esso è qualcosa che rimane ed ha un carattere peggiorativo.
Cause dell’anisocoria:
genetica e quindi non ha niente di patologico
post traumatica (ad es nel colpo di frusta, nella caduta sul sacro, nella caduta sui talloni) con alterazione
sulle vie nervose periferiche, dove si è creato un ostacolo al passaggio dell’impulso nel decorso del III nervo,
quando attraversa la fessura sfenoidale
centrale (attenzione)
Il riflesso fotomotore è bilaterale e consensuale. Come lo verifica l’oculista?
Mettendo la lente scura davanti ad un occhio e osservando sull’occhio non coperto la midriasi.
Infatti l’occhio chiuso avrà una pupilla che va in midriasi, e siccome questo riflesso è consensuale, anche
l’occhio che rimane scoperto, per consenso con l’altro, va in midriasi.
Invece quando si ha perdita di conoscenza che dura (stato di coma): si deve alzare la palpebra per vedere se
la pupilla è in miosi (lo stesso avviene durante il sonno naturale e/o da anestesia temporanea perch������é pre-
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domina il para); in caso di sincope se c’è miosi non è grave, perché è una reazione fisiologica; se l’occhio è in
midriasi bisogna preoccuparsi.
I fattori che possono influenzare questo riflesso fotomotore sono l’intensità luminosa, il sonno naturale e
317
o artificiale (anestesia), la distanza dalla fonte luminosa, l’età (il diametro pupillare diminuisce sempre con
l’età), tutte le grandi emozioni e i dolori forti (sono accompagnati da midriasi, poiché sono stimolati da orto-
simpatico).
Riflesso sincinetico: la visione da vicino e l’accomodazione sono accompagnate da miosi e convergenza.
318
a) glaucoma ad angolo chiuso, nel
quale l’angolo della camera è chiuso:
l’umor acqueo non riesce a defluire
nella camera anteriore a causa del
blocco pipillare; in questo modom
esso preme verso l’alto parti di iride
bloccando così l’angolo della camera.
b) glaucoma ad angolo aperto, nel
quale l’angolo della camera è sì ap-
erto, ma il deflusso viene ugualmente
ostacolato a livello del sistema trabe-
colare (la barretta rossa indica rispet-
tivamente il punto in cui il deflusso
viene arrestato)
sem 3
319
La coroide
Riprendiamo a parlare della coroide, argomento con il quale abbiamo concluso lo scorso seminario.
È costituita dalla membrana irido-coroidiea che è vascolare e muscolare. Essa gioca un ruolo quadruplice,
infatti da un punto di vista fisiologico:
a) regola la pressione endoculare
b) garantisce il nutrimento dell’occhio
c) mantiene la protezione termica e cioè una temperatura costante necessaria al buon funzionamento
delle cellule sensoriali della retina,
d) garantisce la messa a fuoco dell’apparato fotografico oculare
Anatomicamente comprende tre segmenti ben distinti:
}
Coroide iride
coroide propriamente detta
zona ciliare
1. La coroide propriamente detta
Essa viene considerata come il prolungamento della pia-madre.
La sua faccia esterna è adesa alla sclera tramite dei vasi e nervi ciliari in essa contenuti e tramite una lamina
di tessuto connettivo detta lamina fusca.
La faccia interna risponde alla retina senza aderirci.
Posteriormente, dietro è perforata dal passaggio delle fibre del n. ottico.
Limite anteriore: ora serrata
Struttura
Si osservano quattro strati concentrici disposti dalla superficie verso la profondità:
lamina fusca: panno connettivo trabecolare che costituisce lo spazio sovracoroideo nel quale circola la linfa,
strato di grossi vasi con le vasa vorticosa in superficie e le arterie coroidee proveniente dalle arterie ciliari
corte posteriori in profondità,
strato capillare formato da endotelio
membrana vitrea, costituita da membrana trasparente.
2. L’iride
È la parte anteriore della coroide; ha la forma di corona e si estende verticalmente come una schermata
anteriormente alla lente cristallina.
Rappresenta il diaframma dell’apparato ottico che dosa la quantità di luce che entra nell’occhio.
Diametro: 12,5 mm
Spessore: 0,3 mm
Elementi costituzionali dell’iride:
è formata dalla grande circonferenza che corrisponde alla zona ciliare in alto e alla linea sclerocorneale ante-
riormente.
Forma insieme alla cornea l’angolo irido-corneale.
La piccola circonferenza circoscrive la pupilla, la quale è un orifizio di dimensione variabile secondo
l’intensità della luminosità;
Contiene una faccia ant, lucida, variopinta dai pigmenti in essa contenuti
La faccia post è invece pigmentata di nero
Struttura
L’iride è costituita essenzialmente da fibre muscolari e da vasi.
Fibre muscolari
Sono fibre in parte circolari e circondano la pupilla. Costituiscono lo sfintere dell’iride.
Sono fibre in parte radiali e si estendono come un panno verso la faccia post dell’iride, tra lo sfintere
dell’iride e l’angolo irido-ciliare. Costituiscono il muscolo dilatatore dell’iride.
Vasi
Le arterie formano una rete di anastomosi tra il piccolo e il grande circolo arterioso dell’iride: abbiamo la pre-
senza di arterie ciliari anteriori e ciliari lunghe posteriori.
Le vene si drenano all’interno delle vene ciliari e all’interno dei cosiddetti “vasa vorticosa “.
320
vene ciliari > vasa vorticosa > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
Fisiologia
I muscoli dell’iride sono antagonisti e responsabili del riflesso fotomotore, il quale a seguito di una lesione
neurologica può essere alterato.
Il diametro pupillare medio è tra 3-4 mm.
Ricorda
Lo sfintere provoca la miosi: parasimpatico
Il muscolo dilatatore provoca la midriasi: ortosimpatico
La loro azione è:
- uniforme, contemporanea e simmetrica in modo che il diametro pupillare rimanga sempre uguale e con-
centrato; infatti l’asimmetria o anisocoria (differenza di diametro pupillare) è patologica
- bilaterale. È il riflesso consensuale
3. La zona ciliare
È interposta esattamente tra la coroide e l’iride.
Comprende 2 parti: una muscolare in avanti e
l’altra vascolare dietro.
a. Il muscolo ciliare
È composto di 2 tipi di fibre re-
sponsabili dell’accomodazione,
in quanto modificano il diametro
della lente cristallina. È sotto il
cotrollo del sistema parasimpatico.
Le fibre superficiali a disposizione radi-
ale formano il m. di Brücke che provoca
l’appiattimento della lente cristallina.
b. Processi ciliari
Sono dei gomitoli capillari a dispo-
sizione meridiana a forma di piramide
triangolare che prolungano il m. ciliare
indietro fino all’ora serrata. Se ne con-
tano 70 presenti tutti intorno alla zona
ciliare e secernono l’umore acqueo.
321
La retina
È ��������������������������
una membrana neurosensori-
ale dell’occhio.
Essa è divisa in tre parti per le
sue modificazioni embriolog-
iche e istologiche:
una parte coroidea che ri-
sponde alla retina propriamente
detta e che va dall’ora serrata
alla parte post dell’occhio,
una retina ciliare e una
retina iridea (detta
anche uvea > ricor-
da l’uveite), la
quale si continua in avanti e ricopre la faccia post dell’iride.
Queste ultime due, la parte ciliare e la parte iridea sono sprov-
viste di fotorecettori e hanno le cellule pigmentate poiché non
vengono colpite dai raggi luminosi.
Retina
} parte coroidea
parte ciliare
parte iridea
La retina coroidea
Si estende dal n. ottico all’ora serrata. Lo spessore diminuisce da dietro in avanti.
È modellata sulla membrana vitrea della coroide e sul corpo vitreo senza aderirci.
Posteriormente è formata da 2 regioni essenziali:
1. la papilla o cupola ottica (lato nasale)
È una zona depressa dove convergono le fibre
del falso n. ottico di fronte alla lamina cribrosa, nel esterno interno
polo post dell’occhio contenente tanti orifizi,
e dove entrano i vasi della retina. Essa corrisponde
al punto o macchia cieca (punto cieco della retina dove non ci sono
recettori, contenente la macula lutea che è esterna e la papilla ottica
che è interna); la macchia cieca corrisponde alla convergenza degli assoni, corrispondente al falso n. ottico
2. la macula lutea
o punto giallo (lato
temporale)
Occupa il polo post
del globo oculare, ma
non completamente,
quindi i muscoli
dovranno riportare
questa zona in corri-
spondenza dell’asse
visivo (nistagmo fisio-
logico).
È la regione più
discriminativa della
retina, depressa nella
fovea centralis.
Si trova leggermente al di fuori del polo posteriore dell’occhio; l’asse visivo traccia con l’asse ottico un an-
golo alfa di 5° aperto in dentro (è simile alla differenza tra asse terrestre e asse magnetico).
Struttura
322
Tutti gli strati della retina sono uniti da cellule di sostegno, ossia le cellule di Müller (sono cellule equival-
enti alla nevroglia, agli astrociti).
La retina sensoriale/coroidea è composta di 10 strati sovrapposti ma noi per comodità e per convenzione
dividiamo tale membrana in 3 strati.
Retina coroidea
} strato epiteliale
strato sensoriale
strati nervosi
1. Lo strato epiteliale (superficiale): è formato da cellule contenente un pigmento nero (la melanina che è
presente su tutte e tre le parti della retina), che gioca un triplice ruolo:
a. schermo nero per assorbire la luce e per evitare il fenomeno del riverbero (es. albini)
b. regolatore degli scambi metabolici tra coroide e cellule sensoriali, in quanto si interpone tra la retina e i
capillari della coroide;
c. immagazzinamento (stoccaggio) di vitamina A, indispensabile a provocare la degradazione dei pigmenti
contenuti nell’articolo esterno dei fotorecettori e quindi il loro rinnovamento.
2. Lo strato sensoriale
Contiene i fotorecettori, che sono neuroni che si sono modificati
Sono di due tipi, ripartiti in modo disuguale sulla retina:
i bastoncelli: sono più numerosi (120.000.000); la loro densità diminuisce man mano che si passa dall’ora
serrata verso la fovea, essi infatti occupano la retina periferica; ricordiamo che a livello della macula i dendriti
sono a forma di parallelepipedo. Sono dei recettori scotopici per la visione mesotopica (in grigio); sono sol-
lecitati quando la luminosità è bassa.
I coni: sono meno numerosi (6.500.000), presenti essenzialmente nella fovea. I dendriti sono più a forma di
cono. Sono recettori fotoscopici, discriminativi e sensibili ai colori; essi sono sollecitati di giorno.
I fotorecettori sono costituiti da due parti principali:
l’espansione interna > corrisponde al corpo cel-
lulare e al suo prolungamento assonale
l’espansione esterna > corrisponde al dendrite di
un neurone ed è suddivisa in:
articolo esterno: rappresenta il luogo dove è
stoccato il pigmento (sotto forma di disco/piatto,
impilati uno sull’altro); la vitamina A serve per fab-
bricare i pigmenti, ogni volta che l’articolo esterno
si riduce in altezza (perché il pigmento è stato
consumato)
articolo interno: è la fabbrica del fotorecettore;
nel caso dei bastoncelli qui avviene la sintesi di un
pigmento rosso (rodopsina).
Di coni invece ce ne sono di tre tipi diversi, conte-
nenti ognuno un pigmento diverso per un colore
fondamentale:
eritrolabio, un pigmento che capta la luce rossa
clorolabio, un pigmento che capta la luce verde
cianolabio, un pigmento che capta la luce blu.
Questi pigmenti sono sintetizzati al buio, in un periodo notturno. I pigmenti sono sintetizzati di notte
ed utilizzati di giorno. La degradazione di questi pigmenti produce visione, ovvero l’interpretazione di
un’immagine. Se il pigmento è sintetizzato solo in un periodo notturno, per conservare bene la retina, di
notte dobbiamo “dormire bene”. Tutto ciò serve per determinare una corretta rigenerazione dell’articolo
esterno.
323
3. Lo strato nervoso
È rappresentato dalle cellule uni- e bipolari e dai neu-
roni che costituiscono il falso n. ottico. Il vero n. ottico è
rappresentato dai neuroni chiamati cellule uni- e bipolari.
Quello che noi chiamiamo n. ottico non è altro che il 2°
neurone e il 2° neurone nella disposizione neuronale
generale del sistema nervoso rappresenta il SNC. Il 1°
neurone costituisce i nervi propriamente detti, tranne
il n. ottico. Il vero n. ottico è intraretinico, corrisponde
ai nn. spinali. Quello che noi chiamiamo n. ottico è solo
un’esternazione del SNC verso il globo oculare.
324
Le camere oculari
Comprendono lo spazio tra cornea
e lente cristallina.
L’interposizione dell’iride di-
vide questo spazio in 2 camere,
l’anteriore e la posteriore; le 2
camere comunicano tramite la pu-
pilla. Contengono l’umor acqueo.
La profondità della camera ant è
compresa tra 2 mm e 2,5 mm. Essa
è variabile con la rifrazione e l’età.
È aumentata nella miopia, dove si ha un aumento del diametro antero-posteriore dell’occhio,con aumento
della camera anteriore, la cosiddetta “iride bombè”.
È diminuita nell’ipermetropia, dove si ha riduzione del diametro ant-post dell’occhio, ed un aumento di
quello trasversale, soprattutto a partire dai 50 anni di età, età in cui il potere di accomodazione si riduce.
L’umor acqueo
È un liquido interstiziale endocellulare, limpido, secreto dai processi ciliari (gomitoli capillari), che si riversa
nella camera post dell’occhio. Tale camera post è delimitata avanti dall’iride e indietro dal cristallino.
Il suo volume è incluso tra : +/- 300 mm3
Flusso: 2,2 mm3/mn
Il riassorbimento del liquido si fa essenzialmente nel canale di Schlemm: questo liquido dalla camera post
passa attraverso la pupilla e va ad invadere la camera ant, dove viene riassorbito nel canale di Schlemm (o
325
limbo sclero-corneale).
Successivamente a questo canale, l’umor acqueo si riversa nella corrente venosa, ossia nelle vene episclerali,
che raggiungono le vene muscolari (le quali drenano i mm. oculomotori), che costituiscono le vene oftalmi-
che, di cui la maggior parte si riversa nel seno cavernoso. Le vene oftalmiche durante il loro decorso verso
il seno cavernoso devono attraversare il foglietto viscerale della dura madre (J. Gay ci ricorda che trattiamo
esseri viventi e non scheletri, perciò non vuol sentir parlare di fessura sfenoidale, ma di foglietto della dura
madre; i fori nel vivente sono chiusi). Dobbiamo tener presente la dura madre perché diventa un ostacolo
nelle asimmetrie/disfunzioni.
L’umore acqueo svolge un doppio ruolo:
1. assicura il metabolismo della cornea e della lente cristallina
2. regola la pressione intraoculare necessaria al mantenimento della forma del globo.
umor acqueo > vene episclerali > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
Il cristallino
È la seconda lente dell’occhio (la prima è
la cornea) situata tra l’umore acqueo ant,
ed il corpo vitreo post. Ha la forma bicon-
vessa e potenza variabile per la messa a
punto della immagine sulla retina. Non è
vascolarizzato; è capace di modificare la
sua forma con l’accomodazione, grazie
ai mm. ciliari.
L’accomodazione è afferente, quando
l’immagine si avvicina; è responsabile di
ciò il m. di Rouget Müller.
Quando l’immagine si allontana, si sol-
lecitano le fibre radiali che stirano il
cristallino nella loro dimensione
radiale e la potenza del cristalli-
no si riduce.
Struttura
La lente cristallina è costituita:
1. da una capsula, la cristal-
loide, involucro connettivo più
spesso in periferia che al centro,
di consistenza elastica
2. da un epitelio presente solo
sulla faccia ant, ricco di organelli,
perché davanti c’è l’umor acqueo
da cui attinge il nutrimento
3. da una sostanza colloidale
formata da fibre disposte in
modo regolare a tratti sovrap-
poste.
326
Modificazioni fisiche naturali
Con l’età, la lente cristallina subisce un aumento progressivo di peso (alla nascita il cristallino pesa 65 mg
mentre intorno ai 65 aa pesa 220 mg circa) e di spessore che interessa soprattutto la faccia ant con conseg-
uente riduzione della profondità della camera ant ed un appiattimento della lente (causa di ipermetro-
pia). Inoltre sempre parallelamente all’aumentare dell’età, si crea una alterazione progressiva della elasticità
e della potenza della lente.
Proprietà
La lente è avascolare, non innervata, trasparente e deformabile.
Quest’ultima proprietà è essenziale per l’accomodazione, al fine di conservare la nettezza dell’immagine
retinica quando l’oggetto si sposta dal Punctum Remotum (PR) al Punctum proximum (PP).
Il corpo vitreo
Il termine corpo vitreo significa “vetro fuso”; esso infatti deriva dall’aspetto
di vetro fuso. È una massa di tessuto connettivo trasparente, di consistenza
gelatinosa che occupa i 2/3 post del volume dell’occhio e contribuisce al
mantenimento della forma sferica e della tonicità del globo oculare.
È formato da:
1. una sostanza colloide solida, detta umor vitreo, percorsa dal canale di
Cloquet
2. una pseudomembrana che la circonda, detta membrana ialoide.
Nei pressi dell’ora serrata, la ialoide presenta uno iato che la divide in 2 parti:
la ialoide POST è accostata alla retina coroidea senza aderirci,
la ialoide ANT aderisce fortemente alla zona ciliare, nonché alla lente cristal-
lina dove subisce una differenziazione nella struttura per diventare resistente
e formare la zonula o zona di Zinn.
Funzioni
Il corpo vitreo non è un semplice tessuto di riempimento come dimostrato dai fallimenti nelle tentate sosti-
tuzioni chirurgiche con delle soluzioni sintetiche.
Ruolo di sostegno > Benchè formato per il 99% da H2O, il corpo vitreo ha una consistenza ferma, infatti è
formato da gel macromolecolare, e svolge un ruolo di sostegno e di supporto per la retina.
Ruolo ottico > è trasparente per i raggi luminosi, ma assorbe gli ultravioletti come la lente cristallina, grazie
all’alto tasso di acido ascorbico.
Ruolo metabolico > �����������������������������������������������������������������������������������������
ha
���������������������������������������������������������������������������������������
un ruolo metabolico a favore dei tessuti in vicinanza come la retina, alla quale ap-
porta glucosio e fosforo, e riceve CO2 e acido lattico.
La capsula di Tenon
Chiamata anche aponeurosi orbitaria o orbito-oculare, essa è una membrana o guscio di natura connet-
tivale applicata contro la parte sclerale dell’occhio (1 tunica dell’occhio) e corrisponde al foglietto viscerale
della dura madre.
328
Isola il globo oculare dal resto del contenuto orbitario, in particolare dalla massa cellulo-adiposa che occupa
la metà posteriore dell’orbita, dai muscoli oculomotori e dagli elementi vasculo-nervosi.
In avanti, alla altezza del limbo sclero-corneale, raggiunge la congiuntiva e si prolunga con questa
In dietro, nel punto di emergenza del nervo ottico, aderisce alla sclera ed alla guaina fibrosa del nervo.
Nella sua parte anteriore, una volta raggiunta dai tendini dei muscoli oculomotori, la capsula di Tenòn
emette dei prolungamenti muscolari (essi avvolgono i mm. oculomotori e formano la aponeurosi di rivesti-
mento) e connettivali che sono ad essi destinati.
Questa aponeurosi man mano che i mm. oculomotori si avvicinano alla zona orbitaria, si assottigliano pro-
gressivamente. Nella parte finale del fondo dell’orbita non c’è più protezione da parte dei muscoli, per poter
permettere la disfunzione delle fibre muscolari , per evitare di nuocere all’occhio da un punto di vista visivo
(il bulbo oculare può quindi deformarsi.
I Prolungamenti
I Prolungamenti muscolari
Formano le guaine o aponeurosi muscolari aderenti alle fibre muscolari.
Diminuiscono progressivamente fino a scomparire nella vicinanza dell’inserzione dell’origine dei muscoli
oculomotori.
Il prolungamento del muscolo grande obliquo è presente solo tra l’occhio e la fossetta trocleare
I Prolungamenti orbitali
Essi sono alettoni o tendini orbitari o ancora tendini d’arresto dei mm. oculomotori.
Stabilizzano l’occhio, conservandolo più centrato rispetto al perimetro orbitario.
In generale diciamo che hanno un ruolo posturale e assicurano la statica dell’occhio; questo poiché tali
prolungamenti possiedono fibre muscolari lisce che perfezionano la loro tensione, così da stabilizzare bene
l’occhio.
Essi raggiungono il contorno orbitario e le palpebre. Questi prolungamenti orbitari si dividono in:
a) verticali e sono nettamente meno ben marcati, suddivisi a sua volta in:
superiore: si fissa sul tarso della
palpebra superiore, deborda sul
setto orbitario e sul setto congiunti-
vale superiore
inferiore: si inserisce sul pavimento
dell’orbita vicino al m. piccolo obli-
quo
interno: si fissa sul bordo posteriore della doc-
cia lacrimale, inserendosi sull’osso lacrimale
esterno: si inserisce sul tubercolo di Withnall
(presente sulla faccia orbitaria dello zigomo) e
sulla sutura fronto-zigomatica
b) orizzontali
I prolungamenti orizzontali sono i più marcati.
Essi si inseriscono:
all’esterno sullo zigomatico
all’interno sull’unguis dell’osso lacrimale
I prolungamenti orizzontali sono, rispetto a quelli verticali, più ricchi di fibre muscolari lisce, in prossimità
delle loro inserzioni, intervengono come veri e propri tensori aponeurotici.
I prolungamenti verticali terminano essenzialmente nelle palpebre e sul recesso congiuntivale.
Il prolungamento del piccolo obliquo raggiunge il pavimento dell’orbita vicino all’angolo infero-esterno.
I prolungamenti orbitari danno alla capsula di Tenon un posto importante nella meccanica oculare:
mantengono il globo oculare centrato all’interno dell’orbita, liberando i muscoli oculomotori da questa
funzione in favore di un compito più dinamico.
329
limitano l’azione dei muscoli oculomotori
si oppongono all’azione retropulsiva dei muscoli “retti”, come pure alla compressione dell’occhio durante
la loro contrazione.
I muscoli oculomotori
Sono 6 e sono responsabili della mobilità del globo oculare
nell’orbita. Sono:
4 muscoli retti: il superiore, l’inferiore, l’interno e l’esterno
2 muscoli obliqui: il grande e il piccolo
Abbiamo la presenza di un 7 muscolo che è annesso a questi
muscoli, l’elevatore della palpebra superiore.
Tutti questi muscoli si inseriscono nel fondo dell’orbita o sul
tendine di Zinn presente sulla faccia orbitaria della piccola ala
dello sfenoide, ad eccezione del m. piccolo obliquo.
Il m. retto esterno è innervato dal VI paio di nn. cranici;
il m. grande obliquo è innervato dal IV paio di nn. cranici; tutti gli altri più l’elevatore della palpebra superi-
ore sono innervati dal III paio.
Da un punto di vista fisiologico, i mm. oculomotori hanno una azione quasi esclusivamente dinamica, ma
non stabilizzano direttamente l’occhio, dirigendolo in maniera rapida.
Il tendine di Zinn
Si inserisce sul tubercolo sottoottico situato al di sotto e leggermente in avanti al foro ottico, sulla faccia
inferiore-orbitaria della piccola ala. Esso si divide rapidamente in 4 fasci tra cui i principali sono:
fascio superiore:
esso si sdoppia per passare intorno al peduncolo ottico, davanti al foro ottico
si fissa sulla parte supdel contorno del foro ottico e della guaina della dura madre facente parte del nervo
ottico
fascio esterno:
esso forma l’anello di Zinn davanti alla parte larga della incisura sfenoidale.
Muscoli retti
Origine: essi hanno un tendine di inserzione comune che è il tendine di Zinn
Si origina sul tubercolo sotto-ottico tramite il tendine di Zinn, presente sulla radice inf della piccola ala, al di
sotto del foro ottico anteriore.
Decorso: percorrono la parte corrispondente dell’orbita.
Tutti e 4 contornano il peduncolo ottico e la capsula di Tenon, sul quadrante rispettivo dell’emisfero
dell’occhio
330
Terminazione: sul punto “cardinale “corrispondente della sclera, tra l’equatore dell’occhio e il limbo sclero-
corneale. La tensione latero-laterale dei muscoli retti determina:
arretramento del globo oculare (sono muscoli retropulsori)
azione compressiva
(tutto ciò può causare ipermetropia)
Muscoli obliqui:
Hanno un’azione propulsiva; essi
garantiscono l’azione dei prol-
ungamenti orbitari della capsula di
Tenon.
La tensione dei mm. obliqui provo-
ca una deformazione della cornea
che dà origine all’astigmatismo (ti-
pico degli stati di torsione).
Decorso: percorre il bordo supero-interno dell’orbita e impegna il suo tendine intermedio nella puleggia
trocleare connettivale (sulla branca ascendente del mascellare superiore), dove cambia direzione per poi
flettersi in fuori-dietro e passare tra la capsula di Tenòn e il retto superiore.
Terminazione: termina nella parte supero-esterna dell’emisfero post del globo oculare, sulla parte superiore
del n. ottico.
M. piccolo obliquo
Origine: parte supero-laterale dell’orifizio orbitario a livello del canale naso-lacrimale
Decorso: ha una direzione obliqua in fuori ed in dietro tra il pavimento dell’orbita e la capsula di Tenon
Terminazione: si inserisce sul quadrante infero-esterno dell’emisfero post del globo oculare, di fronte al m.
grande obliquo.
Curiosità
Pz iperortosimpatico: nel Pz ipoortosimpatico le pupille sono molto piccole perché la tonicità del m.
palpebrale è bassa. La fessura palpebrale è più ristretta.
C’è spesso in questi Pz un aumento dell’attività del sistema ortosimpatico: questo darà una certa tonicità
per regolare le dimensioni della fessura palpebrale.
Pz iperortosimpatico ipsilare: può essere dovuto ad irritazione ortosimpatica a livello dorsale, e quindi il Pz
manifesta una pupilla grande e una fessura palpebrale allargata solo da un lato.
Pz iperortosimpatico bilaterale: il Pz presenterà la fessura palpebrale molto allargata.
C’è uno sfalsamento tra direzione dei mm. oculomotori e l’asse visivo. La sfera è instabile, come pure il suo
asse.
La sfera è instabile, come pure il suo asse e l’inserzione di queste è curva. L’orientamento dei mm. retti e
obliqui non è in corrispondenza con l’asse visivo che è orizzontale.
Per riassumere, il movimento oculare è formato da movimenti coniugati, che a loro volta si dividono in:
versioni: è conservato il parallelismo oculare
movimenti disgiunti: tra cui la vergenza (si divide in convergenza e divergenza): perdita del parallelismo
oculare
332
333
PRATICA
Non ci sono tecniche specifiche per trattare disturbi oculari o patologie oculari in generale.
Come approcciamo l’occhio?
Consideriamo il globo oculare sulla base della sua anatomia funzionale. Ci sono 3 grandi sistemi che andia-
mo a sollecitare: vascolare, nervoso, strutturale (muscoli, fasce, articolazione).
Strutturale
Lavoreremo la regione del cingolo scapolare da un punto di vista meccanico; posturalmente parlando
c’è l’aponeurosi cervicale profonda che avvolge il m. lungo del collo. Questo muscolo è un po’ come lo
psoas, ed arriva fino a D4. Essa può provocare, se disfunzionale, ripercussioni in alto.
A livello del torace superiore troviamo i centri midollari superiori, da cui partono i centri ortosimpatici, che
passano nei rami comunicanti per risalire a livello della catena cervicale, e ri-uscire da qui o a livello del gan-
glio stellato, o a livello della carotide esterna, oppure ancora dell’a. carotide interna tramite il GCS.
Vascolare
A livello vascolare, ci occuperemo soprattutto del drenaggio venoso in un primo momento, dopodiché trat-
teremo il sistema arterioso.
Lavoro locale
Cosa possiamo fare localmente e direttamente sull’occhio
per verificare il suo giusto posizionamento rispetto al
perimetro orbitario? Sappiamo che il globo oculare è più
vicino al bordo est che a quello int, ed è più vicino al pa-
vimento che al soffitto. Quindi basterà porsi alla testa del
Pz con 2 dita sul bordo orbitario: indice sul lato interno
e medio sul lato esterno del perimetro orbitario; dopo
essersi posizionati occorre valutare la distanza del bulbo
oculare rispetto al margine osseo.
334
evitare di appoggiare evitare di appoggiare
le dita sull’osso le dita sulla cornea
Lo stesso faremo in senso verticale, girando
le dita di 90° sopra e sotto la cavità orbitaria.
Le nostre dita dovranno essere leggermente
divaricate, evitando di poggiarle diretta-
mente sulla cornea ed anche direttamente
sull’osso, ma poggiandole tra il globo ocu-
lare e lo scheletro osseo per valutare gli
spazi.
NB. Domandare sempre al Pz se porta le lenti
a contatto.
A partire da questa posizione si può consigli-
are al Pz di misurare la pressione endoculare
tra 15 +/- la differenza della camera anteri-
ore dell’occhio (la valutazione della media è
scesa a 15 mmHg).
Test del cubetto di ghiaccio
A che cosa serve questo test?
Serve per valutare le possibilità del globo oculare di lasciarsi reprimere nella cavità orbitaria.
Sempre con le dita poste allo stesso modo, eserciteremo una pressione ant-post in modo leggero, come se
volessimo far affondare un cubetto di ghiaccio nell’acqua, per valutare le capacità di farsi affondare.
1. Se percepiremo una resistenza precoce, ferma, a cosa penseremo? Chi spinge il globo oculare in avanti?
Quando un quadrante si trova in RE, è soprattutto la faccia orbitaria dell’osso zigomatico (in eversione) che
spinge il globo oculare in avanti; ciò determina un aumento dell’ampiezza trasversale del diametro obli-
quo dell’orbita. Infatti la capsula di Tenon, se si ritrova tesa (a causa della RE e dell’azione dello zigomatico),
finisce per spingere in avanti il globo oculare. NB Non è lo sfenoide che spinge in avanti il globo oculare.
2. Se invece il cranio non è in RE a che cosa penseremo in caso di tensione immediata, ferma della perior-
335
bita? Ciò può essere dovuto ad una irritazione ortosimpatica che favorisce la contrazione del m. orbitario di
Müller. Questa resistenza, tuttavia non è dovuta alla sistematica RE del quadrante, ma può essere presente
anche nell’altra orbita: in tal caso attribuiamo questo problema all’ortosimpatico, il quale crea una tensione
della capsula di Tenon, che diventa più resistente. Infatti nei prolungamenti orbitari, ci sono delle fibre
muscolari lisce che vengono messe in tensione.
3. Se troviamo una resistenza più morbida, quindi minore e con un ritorno brusco, come quando facci-
amo affondare un cubetto di ghiaccio nell’acqua, poi lasciamo e questo ritorna su, pensiamo ad un fenom-
eno congestizio presente dietro l’occhio, con difficoltà di drenaggio.
In tal caso ci può essere ipertensione endooculare, glaucoma, cataratta.
sem 4
La volta scorsa avevamo parlato della capsula di Tenon e dei suoi prolungamenti orbitari che oltre a rivestire
i mm. oculomotori s’inseriscono poi sul perimetro orbitario, sulla sclera. L’aponeurosi di Tenon ha due
ruoli essenziali:
1. stabilizza il globo oculare rispetto al perimetro orbitario. Ricorda che stabilizzare non vuol dire centrare
perché l’occhio in fisiologia è decentrato in basso-fuori nel perimetro orbitario
2. trasmette al globo oculare il meccanismo cranio-sacrale, perché durante il tempo di F spinge il globo
oculare in avanti. Infatti durante il tempo di F aumenta il diametro trasversale dell’orbita > aumenta la
tensione sui prolungamenti orbitari (che appartengono alla capsula di Tenon) > il globo oculare è spinto
in avanti. Oggi vediamo i nn. oculomotori o il sistema oculomotore in generale, sistema che vede associati
nervi e muscoli.
Nervi oculomotori
Essi sono tre per ogni lato e sono il III
oculomotore comune, il IV patetico
o trocleare e il VI abducente. Hanno
una disposizione particolare, per lo
meno per quel che riguarda il IV e il
VI; non vi saprei dire il
motivo, ma sicuramente
c’è una ragione. Come
sapete il IV n. cranico
ha un’origine post,
è l’unico che emerge dalla parte post
del tronco cerebrale, in più ha anche
un’origine crociata, cioè emerge dal lato
sin per arrivare al lato dx.
Il VI si differenzia dagli altri due perché ha un’origine lontana nel tronco cerebrale, trova cioè la sua origine
a livello del bulbo, mentre il III e il IV originano dal mesencefalo.
Perché accade ciò? Perché il VI è più vicino alla zona midollare rispetto agli altri due nervi? Quale potrebbe
essere la ragione, se si volesse dare una spiegazione anche se grossolana a ciò…
Il VI vi fa pensare a che cosa? Ad un dispositivo motorio particolare… il dispositivo oculo-cefalo-giro che
ha lo scopo di solidarizzare in maniera riflessa i movimenti della testa con quelli degli occhi. Che cos’è che
fa ruotare la testa? I muscoli che dirigono questo movimento sono gli SCOM e la loro particolarità è avere
un’innervazione di origine midollare, mielomeri cervicali, quindi è del tutto logico che il VI, il quale dirige il
retto esterno, associ i movimenti oculari ai movimenti della testa. Potrebbe essere una ragione per la quale il
VI si avvicina alla regione d’origine del nervo spinale che comanda lo SCOM, mentre gli altri nervi oculomo-
tori originano molto più in alto.
3° n. cranico >
ramo sup
ramo inf
Quindi il 3° perfora il tetto del seno cavernoso e scende lungo la sua parete esterna. Dopodiché approccia
la regione orbitaria. Perfora il foglietto viscerale della dura madre che ottura la fessura sfenoidale sup (altro
ostacolo da superare) e i due rami terminali del III passano attraverso l’anello di Zinn per arrivare finalmente
nella cavità orbitaria e le divisioni terminali del III vanno ad approcciare i muscoli rispettivi, cioè:
il ramo sup innerverà il m. retto sup e l’elevatore della palpebra,
il ramo inf innerverà il m. piccolo obliquo, il retto interno e il retto inf.
La distribuzione del III riguarda fibre vegetative poiché il n. del piccolo obliquo dà la radice motoria per il
ganglio oftalmico o ciliare. Quindi il ramo inferiore sarà la radice motoria del ganglio ciliare.
È un nervo relativamente corto ma importante per mettere a fuoco.
Gli elementi di irritazione possibili per questo nervo sono:
1. il tentorio del cervelletto con la sua estremità interna della grande circonferenza;
2. apofisi clinoidea post
2. il foglietto viscerale della dura madre che forma il seno cavernoso, tanto a livello del tetto che della
parete anteriore. Infatti la fessura sfenoidale in vivo, ed è questo che ci interessa (il vivente), è una struttura
unicamente scheletrica; questa presenta interesse perché ha un elemento che la ottura e dunque nell’essere
vivente questa fessura non va vista come un orifizio perché è chiusa, tappata.
337
N. trocleare (IV n. cranico)
È il nervo cranico più piccolo; ha
un’origine post e crociata a partire dal
mesencefalo. Dopo la sua emergenza
contorna il peduncolo cerebrale per
ramo sup apparire dal lato opposto e dirigersi in
avanti. Anch’esso presenta un rapporto
intimo con la grande circonferenza del
ramo inf tentorio, ci si appoggia sopra.
Perfora il tetto del seno cavernoso a liv-
ello dell’angolo post-est e scende lungo
la parete esterna/lat del seno cavernoso.
Arrivando nell’orbita perfora la dura madre che ottura la fessura sfenoidale, ma nella sua parte sup-esterna,
nella parte più stretta e arriva nell’orbita senza passare attraverso l’anello di Zinn perché il IV deve inner-
vare il m. grande obliquo, che occupa la parte alta della cavità orbitaria e quindi appare nella parte più alta
dell’orbita e non in quella più bassa.
Dopo che questo nervo emerge dal solco bulbo-pontino, quindi nel piano post della base del cranio, deve
viaggiare a lungo per raggiungere la regione orbitaria, quindi poiché ha un’emergenza molto bassa, in-
contra un bel po’ di ostacoli prima di arrivare a destinazione. Innanzitutto deve perforare la dura madre, in
particolare il suo foglietto viscerale, si ritrova così tra il foglietto viscerale e quello parietale.
Questa è una grande particolarità che riguarda il VI (cioè l’attraversamento della dura madre), perché gli altri
nervi invece, si trovano tutti negli spazi subaracnoidei, tranne lui (per una parte del suo decorso). Quindi
questo decorso attraverso la dura madre è molto costrittivo e potrebbe giustificare la grande frequenza
degli strabismi, che siano convergenti o divergenti.
Strabismo divergente > se il n. abducente è irritato
Strabismo convergente > se il n. abducente è inibito
In seguito il 6° corre parallelo alla sut petro-basilare, poi va avanti e incontra un altro ostacolo perché è
applicato all’apice petroso dal leg di Grüber. Lascia un’impronta, forma una piccola scavatura all’altezza
dell’apice petroso, dopodiché raggiunge la parete post del seno cavernoso.
La parete post del seno cavernoso è composta da dura madre, che chiude lo spazio che è compreso
dall’apice petroso (all’esterno) e dalla parte post della faccia laterale del corpo dello sfenoide (all’interno).
Al di sotto dell’apofisi clinoidea post c’è uno spazio che è occupato dalla parete post del seno cavernoso e
questo nervo deve oltrepassare questo ostacolo.
Qui il VI si ritrova nel seno cavernoso stesso e ha incontrato sufficienti ostacoli per meritare ora un po’ di
serenità. Ecco allora che il VI viene a porsi come un satellite sulla carotide interna, all’interno del seno stesso
e così arriva poi nella regione orbitaria dove nuovamente deve perforare la dura madre e passare nell’anello
di Zinn per distribuirsi al m. retto esterno.
Questi nn. oculomotori, malgrado tutta la loro importanza funzionale e relazionale (la vista è qualcosa di
importante per la nostra economia e la nostra relazione con l’esterno), forse più di altri incontrano zone di
grande costrizione, entrano direttamente in rapporto con la dura madre stessa in diverse regioni, mentre in
generale gli altri nn. cranici sono un po’ più tranquilli all’interno della scatola cranica, perché si trovano negli
338
spazi subaracnoidei, dove sono ben protetti. L’unica costrizione che devono subire è l’attraversamento dei
fori, mentre per questi nervi abbiamo visto ci sono diverse zone di possibile irritazione.
Ganglio ciliare
Rivediamo altri elementi nervosi che interessano l’occhio, ovvero il ganglio oftalmico (= ganglio ciliare) e
le sue connessioni anatomiche.
Innanzitutto dove si trova questo ganglio ciliare? Si trova naturalmente nella cavità orbitaria ed in partico-
lare contro la faccia profonda del m. retto esterno. Questo ganglio è un relè e un centro vegetativo impor-
tante, poiché interessa l’oculomotricità intrinseca e naturalmente anche il trofismo del globo oculare. È un
centro viscerale e verso di lui convergono elementi orto e para.
I riflessi oculari
Rimanendo in ambito nervoso parliamo dei due grandi riflessi oculari che ci permettono di vedere corretta-
mente a fuoco. Ci sono questi due grandi riflessi vegetativi che interessano l’occhio e che sono:
il riflesso fotomotore_RFM (è un riflesso innato)
il riflesso dell’accomodazione
339
Le vie del riflesso fotomotore (RFM)
Vi ricordo che il RFM è un riflesso innato. Tutto
ciò che va ad alterare un riflesso geneticamente
programmato è a priori qualcosa di grave poiché
sarà di origine centrale, per questo è importante
ricordare che è innato e che non si acquisisce,
come invece è il riflesso dell’accomodazione
(quindi sarà meno drammatica l’alterazione
dell’accomodazione).
Il punto di partenza di questo riflesso è la retina
con la via retino-tettale, cioè il primo neurone
unirà la retina al tubercolo quadrigemino an-
teriore (TQA). I tubercoli quadrigemini sono dei
centri riflessi.
Il secondo neurone partirà da questo TQA e, a
seconda della risposta da dare, cioè a seconda
della luminosità, avremo due risposte diverse
dei muscoli dell’iride:
il diaframma si aprirà
o si chiuderà.
Sono due azioni diverse che coinvolgono le due
parti del sistema vegetativo. Una via utilizzerà il
dispositivo orto, l’altra il dispositivo para.
340
Il riflesso dell’accomodazione
Altro riflesso importante è l’accomodazione (=per-
mette di mettere a fuoco a seconda della distanza).
È un riflesso acquisito, cioè si impara a vedere
bene ed è fondamentale per i bambini, perché a
partire dal momento in cui imparano questo, ap-
prezzano il mondo esterno.
Lesione del IV
Ora vediamo la lesione del IV, ed è questa la lesione del m. grande obliquo. Si ha una deviazione dell’occhio
verso il lato leso in alto, dentro e RE (guarda verso l’esterno) quindi il soggetto per compensare avrà un at-
teggiamento caratteristico, cioè compenserà portando la testa in avanti, inclinandola e ruotandola verso il
lato sano per recuperare il suo parallelismo.
F + side + R verso il lato sano
Si potrebbe confondere questo con una cervicalgia, un torcicollo. In effetti questo Pz verrà a studio per farsi
trattare proprio il torcicollo, e poi avrà mal di schiena e noi ci impegneremo a trattare il torcicollo ma non è
quella la causa. Di solito quando la persona ha un problema a questo livello, solitamente lo conosce, quando
si ha un problema agli occhi si ha già una diagnosi.
Anche in questo caso avremo una diplopia verticale quando l’occhio si porterà in basso e verso il lato sano e
l’altro non potrà seguire.
Lesione del VI
Dopo il IV c’è il VI, dove avremo uno strabismo convergente e naturalmente si avrà una rotazione della
testa di compenso verso il lato leso per recuperare il parallelismo oculare > se l’occhio colpito è il sin il Pz
deve girare la testa a sin per recuperare il parallelismo. Anche questo provoca delle cervicalgie. C’è poi diplo-
pia, orizzontale ma diretta, l’inverso di prima, diplopia quando l’occhio si porta verso la parte colpita, affetta.
Prima abbiamo citato il nucleo para-abducens con il VI, quindi quando il VI è colpito può esserci anche una
ripercussione sul retto interno opposto, perché c’è questo nucleo para-abducens che interviene nella coor-
dinazione tra questi due nervi e tra questi muscoli sinergici, retto esterno da un lato e interno dall’altro. La
convergenza sarà rispettata. Questo per le patologie oculomotorie molto semplici.
sem 5
Le palpebre
Le palpebre sono elementi molto
importanti per gli occhi, come sapete
hanno una grande responsabilità
verso la cornea, oltre ad essere dei
semplici veli di protezione.
Le palpebre sono separate da una fes-
sura detta fessura palpebrale che è di
dimensioni variabili secondo la luce e
lo stato neurovegetativo.
Queste due palpebre sono unite nella loro parti laterali dalle commessure, l’interna e l’esterna e il bordo
libero della palpebra presenta due parti: la parte ciliare o palpebrale che è la parte più grande e la parte
interna che è la porzione lacrimale del bordo libero della palpebra.
La porzione maggiore serve all’impianto delle ciglia, che hanno un ruolo di protezione. La parte lacrimale di
questo bordo libero corrisponde all’inizio delle vie di eliminazione della secrezione lacrimale.
Sulla porzione ciliare ci sono numerosi orifizi perché su questo bordo ciliare abbiamo numerose ghiandole:
344
sebacee, sudoripare che servono a preservare, proteggere la cornea che è in costante rapporto con
l’ambiente esterno e quindi ecco
che c’è un mezzo di difesa; è
sempre così nel caso di tutti gli
orifizi o recettori sensoriali, questi
hanno sempre una struttura di
protezione. In questo caso la fes-
sura palpebrale è un orifizio, in più
contiene un recettore sensoriale
importante. Abbiamo:
le ghiandole di Zeiss
le ghiandole di Moll
le ghiandole di Meibonius
che servono a proteggere.
Quando queste ghiandole sono irritate o infette provocano delle piccole patologie palpebrali che conoscete
bene, tipo l’orzaiolo, affezione delle ghiandole di Zeiss; può essere più o meno importante. Quando
l’orzaiolo è esterno o anteriore non è molto fastidioso, se non è molto grosso, invece è più fastidioso quando
riguarda le ghiandole interne, cioè le ghiandole di Moll, perché in questo caso l’orzaiolo sarà in diretto cont-
atto con la congiuntiva e con la cornea ed ogni volta che si chiude la palpebra si crea un’irritazione. L’orzaiolo
è semplicemente l’infezione di queste ghiandole, per questo ne parlo.
C’è poi la blefarite che è l’infiammazione della porzione ciliare del bordo palpebrale; a forza di sfregarsi gli
occhi spesso, si finisce con irritare la zona di impianto delle ciglia, creando la blefarite.
Infine un’ultima piccola patologia è la formazione di un calazio. È un indurimento che va a chiudere il
canale di escrezione di queste ghiandole e quindi la secrezione non riuscendo a uscire si accumula ostru-
endo questi canali.
Le palpebre sono costituite da uno strato cutaneo, poi uno strato musco-
lare rappresentato dal m. orbicolare, che ha una porzione orbitaria e una palpebrale.
La prima sta sopra, la seconda sta sotto
e scende fino al bordo libero palpebrale.
Sotto lo strato muscolare troviamo lo
strato fibroso o legamentoso, dato dal
leg largo, ma per non confondere e non
creare nessuna ambiguità è preferibile
chiamare questo legamento setto orbi-
tario. Nella donna dire legamento largo
non ha importanza, ma nell’uomo può
far pensare a qualcosa di strano…. E così scopriamo che entrambi i sessi hanno un legamento largo!!!
Questo setto serve a mantenere centrate e stabili le palpebre, perché esse hanno uno “scheletro” che è cos-
tituito dai due tarsi: superiore e inferiore. È uno scheletro fibrocartilagineo che è modellato sulla convessità
del globo oculare. All’interno di questi tarsi abbiamo queste ghiandole dette di Meibonius che si aprono sul
bordo libero delle palpebre e all’interno sono contenute tantissime ghiandole.
A doppiare questo setto orbitario troviamo il muscolo orbicolare che viene a fissarsi sui tarsi e che si fissa
lateralmente sui legamenti palpebrali interno ed esterno e come sapete, perché ne abbiamo già parlato,
sul tarso superiore viene a inserirsi il tendine profondo dell’elevatore della palpebra superiore e in questa
espansione media dell’elevatore sono contenute delle fibre lisce che costituiscono il muscolo palpebrale di
Muller. Queste fibre sono comandate dall’ortosimpatico cervicale e sono quelle che diventano ipotoniche
nella sindrome di Claude Bernardt Horner e che quindi provocano la ptosi.
sem 5
Terminiamo la regione orbito-oculare con le palpebre e l’apparato lacrimale e poi faremo la pratica con il
modellamento dell’orbita.
345
Le palpebre
Le palpebre sono dei veli protettivi uniti da due commessure, una interna e una esterna. Quella interna è
sollevata dal tendine dell’orbicolare che si confonde con il leg palpebrale interno. Le due palpebre circo-
scrivono un bordo libero che è suddiviso in due parti di cui la più grande è la pozione ciliare e la più piccola
è la porzione lacrimale.
Il bordo libero della fessura palpebrale è suddiviso dai tubercoli lacrimali.
Il bordo ciliare possiede numerosissime ghiandole distribuite sul versante anteriore e sul versante posteriore
del bordo ciliare stesso. Sul versante ant abbiamo delle ghiandole sebacee di Zeis e ghiandole sudoripare
di Moll, poi su questo versante si impiantano le ciglia. Sul versante post troviamo altre ghiandole un po’ più
voluminose che sono le ghiandole di Meibonius che secernono uno strato lipidico che rappresenta lo strato
più esterno del film lacrimale.
Tra le patologie si ricorda l’orzaiolo che può essere interno o esterno e corrisponde ad una infezione acuta
o delle ghiandole ant (Zeis o Moll) o delle ghiandole post (Meibonius). Queste ghiandole sebacee sono così
numerose perché fungono da protezione chimica per i recettori sensoriali. In questo caso il recettore senso-
riale è il globo oculare e queste ghiandole lo proteggono chimicamente dall’ambiente esterno. Lo stesso av-
viene a livello della cavità buccale dove i recettori gustativi e la mucosa sono protetti dalle tonsille palatine.
Anche a livello dell’orecchio avviene la stessa cosa con l’epidermide che riveste la membrana del timpano
e che secerne cerume. Lo stesso discorso vale per la mucosa delle fosse nasali per i recettori olfattivi, come
per la pelle dove i recettori sono protetti dalle ghiandole sebacee e sudoripare. Il principio è uguale per tutti.
Poiché il globo oculare è posto a contatto con un ambiente aggressivo e microbico a volte si generano infez-
ioni piuttosto fastidiose come l’orzaiolo. L’orzaiolo interno è più fastidioso, più aggressivo, perché ogni volta
che si battono le palpebre, l’orzaiolo sfrega, sbatte, sulla cornea. Una complicanza dell’orzaiolo è il calazio. Il
calazio è una granulazione che si sviluppa all’interno del canale di escrezione delle ghiandole di Meibonius
e questo provoca una tumefazione locale locale che irrita la cornea. La blefarite, invece, è una irritazione del
bordo ciliare che può arrivare alla tumefazione e nei casi più gravi fino alla ulcerazione della pelle del bordo
ciliare.
346
I tarsi vanno a raggiungere i tendini di inserzione dell’orbicolare e il leg palpebrale viene così ad inserirsi sul
tubercolo di Withnall che troviamo sulla faccia interna dell’apofisi orbitaria dello zigomatico. Il leg palpe-
brale interno invece va ad inserirsi sul versante ant o meglio il bordo ant della doccia lacrimale e da qui sul
bordo post della branca ascendente del mascellare e questo è il suo tendine diretto.
Il leg palpebrale interno ha un secondo tendine detto riflesso il quale si inserisce sul margine post della doc-
cia lacrimale, cioè viene ad inserirsi sull’unguis o bordo post dell’osso lacrimale; tra i due tendini si trova il
sacco lacrimale.
Questa tunica fibrosa centrale è completata da una tunica periferica che si chiama setto orbitario oppure
legamento largo. Subito dopo c’è uno strato muscolare liscio che è costituito dal muscolo palpebrale di
Muller, che si disperde sul tarso ed è un prolungamento del tendine profondo dell’elevatore della palpebra
superiore e anche un prolungamento del retto inferiore, per il muscolo di Muller inferiore (sono muscoli sot-
tostanti il tarso). Questi muscoli lisci dipendono dall’ortosimpatico cervicale.
In sintesi i muscoli della palpebra sono gli orbicolari, in più per la palpebra superiore abbiamo l’elevatore
della palpebra superiore e il tutto è completato da alcune fibre lisce che, come tutte le altre fibre lisce,
dipendono dal neuro-vegetativo, in questo caso dall’ortosimpatico. I muscoli di Muller vanno a completare
la periorbita, qui sono gli stessi muscoli, ma sono detti palpebrali perché appunto si trovano sulle palpebre.
A seconda dello stato neuro-vegetativo e in particolare dell’ortosimpatico, si potrà valutare, in modo gros-
solano, la tendenza ad una iper-ortosimpatico-tonia , ad esempio, in quanto i muscoli saranno più tonici e
quindi la fessura palpebrale sarà più aperta. Nel caso di una ipo-ortosimpatico-tonia i muscoli sanno meno
tonici e produrranno una ptosi palpebrale reversibile; questo significa che se chiediamo al soggetto di alzare
la palpebra, costui potrà farlo, forse non potrà mantenerla aperta troppo a lungo ma in ogni caso riuscirà ad
alzarla. Al contrario se la ptosi è dovuta a lesione del III nervo cranico sarà permanente e il soggetto, su richi-
esta, non riuscirà ad alzare la palpebra. Tutto ciò da non confondere con il Basedow, che è sempre bilaterale.
Quando la lesione è unilaterale di sicuro non è su base ormonale ma è più di competenza del neurovegeta-
347
tivo, oppure più semplicemente può essere dovuta ad una disfunzione cranica. NB: non saltare subito alle
conclusioni dopo una osservazione visiva.
L’ultima tunica delle palpebre è la mucosa, la congiuntiva che riveste la parte posteriore delle palpebre.
A che cosa servono lo palpebre?
1. Proteggere l’occhio sia dalla luce che dai contatti
2. Stimolare meccanicamente la secrezione delle ghiandole lacrimali e a distribuire in modo uniforme
questa secrezione davanti la cornea
3. A rilasciare l’elevatore della palpebra superiore; l’orbicolare e l’elevatore sono muscoli antagonisti.
L’elevatore della palpebra superiore si affatica abbastanza rapidamente e va a sollecitare il suo muscolo an-
tagonista per poter poi nuovamente ricontrarsi
4. A rigenerare i foto-recettori. Il battito palpebrale serve a rigenerare, con il buio, l’articolo esterno dei
fotorecettori. Infatti i pigmenti dei fotorecettori possono essere sintetizzati soltanto in assenza di luce. Ora
anche se il battito palpebrale è molto breve è comunque un tempo sufficiente, sommati gli uni agli altri, a
permettere la sintesi di nuovo pigmento (in periodo diurno). Se consideriamo che al minuto facciamo circa
10 – 20 battiti palpebrali, questi moltiplicati per x (ics) ore durante i quali rimaniamo con gli occhi aperti, fa
un certo tempo durante il quale le nostre cellule, i nostri foto-recettori possono rigenerare il proprio pig-
mento. Quindi le palpebre hanno anche un ruolo ottico.
La congiuntiva
La congiuntiva è la mucosa delle palpe-
bre, si estende da un bordo ciliare all’altro
passando davanti l’occhio.
La congiuntiva presenta 3 parti:
1. una porzione palpebrale sulla faccia
post delle palpebre
2. una congiuntiva dei recessi che è più
sviluppata nella parte sup e nella parte
esterna perché è verso queste direzioni
che il globo oculare ha un maggiore rag-
gio d’ampiezza nei movimenti, pertanto
questi recessi sono più profondi in alto e all’esterno
3. infine abbiamo la congiuntiva bulbare che è la congiuntiva che passa davanti alla cornea e va a costituire
proprio l’epitelio della cornea, quindi è parte integrante della cornea. In effetti esiste una relazione diretta tra
la palpebra e il globo oculare stesso.
Apparato lacrimale
L’apparato lacrimale è rappresentato da una ghiandola, dalle vie di circolazione e dalle vie di eliminazione o
escrezione. La ghiandola lacrimale si trova nella fossetta lacrimale, cioè nella parte antero-esterna del soffit-
to dell’orbita, ed è fissato da un segmento connettivo sulla sutura fronto-zigomatica. La ghiandola lacrimale
è suddivisa parzialmente in due parti dall’espansione esterna dell’elevatore della palpebra superiore, tanto
che la ghiandola lacrimale presenta una porzione palpebrale o inferiore e una porzione orbitaria o superi-
ore.
348
L’innervazione della ghiandola lacrimale è di tipo generale e funzionale. L’innervazione funzionale è assicu-
rata dal grande n. petroso profondo perché per avere una secrezione occorre una via afferente che è ap-
punto rappresentata dal grande nervo petroso profondo che appartiene al IX n. cranico. Poi abbiamo la via
efferente che è a carico del grande n. petroso superficiale (VII n. cranico). Quindi sia il IX che il VII sono
implicati nell’innervazione funzionale della ghiandola lacrimale. E’ un errore fisiologico considerare solo
l’innervazione efferente perché la funzionalità avviene in risposta a qualcosa (via afferente). L’innervazione
funzionale nella sua parte terminale è trasportata dal V2 attraverso il suo ramo orbitario. Il V2 trasporta sol-
tanto, non è responsabile dell’innervazione funzionale.
L’innervazione generale, di ordine somestesico per la sensibilità viscerale generale è data dal V1 con il n.
lacrimale e un’altra innervazione generale è quella trofica che proviene dall’ortosimpatico, tramite il V2 che
è annesso al ganglio sfeno-palatino, il quale ganglio riceve l’elemento orto del n. vidiano che proviene dal
plesso pericarotideo, che a sua volta riceve dal ganglio cervicale superiore e scende poi nella catena cervi-
cale per passare attraverso lo stellato e raggiungere C8 – T1 a livello del mielomero di C8 – T1.
La via di circolazione di queste vie lacrimali avviene obliquamente dall’alto in basso e da fuori in dentro. La
secrezione lacrimale viene ripartita uniformemente davanti alla cornea e va ad accomularsi in quello che si
chiama il lago lacrimale a livello del campus interno.
Questa secrezione sarà evacuata dai tubercoli lacrimali che sono forati da un orifizio che si chiama punto lac-
rimale. Il punto lacrimale è un piccolo orifizio che da accesso ai condotti lacrimali superiori ed inferiori che
sboccano a livello del sacco lacrimale. Il sacco lacrimale è contenuto tra i tendini, diretto e riflesso, del lega-
mento palpebrale interno. Siccome l’evacuazione del liquido lacrimale non è passiva ma attiva, necessita di
un muscolo dilatatore dei punti lacrimali o di Horner, che permette l’evacuazione della secrezione attraverso
le vie di escrezione. Dalle vie di escrezione, la secrezione lacrimale si evacua attraverso i canali lacrimali na-
sali per uscire nel meato inferiore all’incirca 3 cm dietro all’ala del naso.
349
Il canale lacrimo-nasale è costituito, nelle fosse nasali (nell’orbita parliamo di doccia lacrimale) dalla parte
anteriore della faccia interna della piramide mascellare (ci troviamo davanti allo iato mascellare). Questo
per la parete esterna di questo condotto lacrimo-nasale; mentre la parete interna è costituita dall’hanulus
lacrimalis che è un prolungamento antero-inferiore dell’osso lacrimale che si articola con l’apofisi lacrimale
del turbinato inferiore.
350
L’indice è davanti all’occhio e rappresenta l’asse di movimento del mascellare superiore.
Mano caudale, presa a pinza per contattare le branche ascendenti e non le ossa proprie del naso, quindi
bisogna sentire la sutura tra questi due elementi per posizionarsi dietro ad essa.
Questa presa nasale serve a decoaptare/separare la branca ascendente dal pilastro orbitario interno.
Tecnica 1
il pollice spinge verso dietro il medio spinge alto-AVANTI
Tecnica 2_Possiamo spostare la prima falange del medio andando a posizionarci sulla faccia laterale del
pilastro orbitario esterno in modo da agganciare il bordo inf dello zigomatico.
Lo scopo delle tecniche 1 e 2 è quello di dinamizzare le componenti ossee per migliorare la motilità orbit-
aria. Gli elementi importanti per la dinamica orbitaria sono il pilastro orbitario esterno e lo zigomatico. Infatti
lo zigomatico con la sua eversione permette l’allargamento obliquo e il pilastro orbitario esterno permette
il basculamento dello zigomatico. Quindi lavoreremo lo zigomatico durante la F. Con il pollice eserciteremo
una pressione posteriore sulla glabella, con la prima falange del medio, durante la F, faremo avanzare il pilas-
tro orbitario esterno verso avanti-alto.
Con l’indice eserciteremo una pressione diretta verso l’avanti-dentro, questo perché il mascellare si apre con
la spinta indietro (bascula).
351
l’indice preme
verso l’avanti
Globalmente con la mano craniale
facciamo una pronazione.
il medio aggancia
il bordo inf dello
Tecnica 2> medio zigomatico
352
Con la pinza nasale, sempre durante la F, facciamo una de coattazi-
one controllata e nello stesso tempo una pressione diretta dietro.
Mano caudale, con il pollice prendo la palpebra e la fisso sul bordo orbitario inf, delicati, e manteniamo
semplicemente la posizione.
353
Tecnica 3
In questo modo si utilizza l’attività sinergica dell’elevatore della palpebra superiore e il retto superiore che
finiscono per comprimere la ghiandola lacrimale.
Con questa stessa tec-
nica, sempre durante
la F, possiamo agire in
maniera più marcata a
livello dello zigomati-
co esagerando bene la
sua RE e questo mette
in tensione i legamen-
ti palpebrali.
Tecnica 5
354
Tecnica 5
Se invece vogliamo intervenire più in particolare sulle vie di
secrezione lacrimale, cioè se vogliamo favorire il riempimen-
to del sacco lacrimale e la sua evacuazione, manteniamo
la stessa posizione per la mano craniale e con la mano cau-
dale lasciamo la palpebra e riprendiamo la pinza sulla branca
ascendente del mascellare in modo da allentare la trazione
trasversale e riavvicinare i due tendini del leg palpebrale
interno, i quali riavvicinandosi comprimeranno il sacco lacrimale che si trova tra di essi.
Tecnica 6
Ovviamente tutto il trattamento sull’occhio lo faremo a fine seduta, l’inizio della seduta sarà sulla regione
dorsale superiore, le fasce del collo, la cerniera occipito-cervicale e poi andiamo risalendo. Bisogna aprire
prima di riempire.
Il lavoro sulla ghiandola si fa per stimolare la funzionalità della ghiandola stessa anche in presenza di patolo-
gie specifiche. Tutte le tecniche osteopatiche servono per migliorare la funzionalità non si tratta una patolo-
gia, si tratta la persona che presenta delle disfunzioni.
Se paragoniamo l’encefalo ad un organo, notiamo che un viscere stesso è differente dall’encefalo per quanto
concerne la vascolarizzazione: infatti, il fegato ha solo un’arteria, mentre l’encefalo ne ha 4 e cioè 2 arterie
355
vertebrali e 2 arterie carotidi interne.
L’encefalo quindi ha un flusso ematico senza dubbio più abbondante rispetto agli altri visceri.
L’encefalo è situato all’interno del cranio, all’estremità di un tutore estremamente morbido che è la regione
cervicale. Tuttavia, accanto ad una maggior possibilità di movimento, c’è un maggior rischio di stiramen-
to dei vasi con conseguente riduzione del flusso arterioso e una riduzione di pressione; ciò contrasta con gli
imperativi di cui parlavamo.
Quando c’è una brusca riduzione del calibro, o per stiramento o per compressione del vaso, si verifica un
brusco abbassamento di pressione.
Quando c’è una compressione in un punto, proprio a valle di questo punto si verifica un brusco abbassa-
mento di pressione, e il flusso arterioso diminuisce in maniera brusca.
Le conseguenze di ciò sono una riduzione progressiva del calibro dei vasi (arteriosi), man mano che ci si
avvicina alla periferia; la grande libertà di movimento della testa impone per altro un adattamento dei vasi
ed una moltiplicazione delle fonti di approvigionamento che sono appunto 4 per l’encefalo, 2 anteriori e 2
posteriori. Tutto ciò avviene per compensare eventuali mancanze dell’una o dell’altra, ed è regolarizzata dal
dispositivo.
356
Il tronco basilare è la terminazione delle 2 arterie vertebrali.
L’a. comunicante anteriore è la terminazione funzionale delle carotidi interne.
L’anastomosi tra i 2 sistemi rappresentata dalla comunicante posteriore costituisce il poligono di Willis.
Tutto ciò che si origina dal dispositivo anastomotico ripartisce il sangue secondo il bisogno.
I sistemi di apporto arterioso ripartiscono la massa sanguigna secondo il bisogno.
Abbiamo detto che l’encefalo e la testa si trovano all’interno di un tutore morbido, che ha una grande libertà
di movimento e dove ci sono rischi di apporto arterioso; ciò risulta da molti studi su tale argomento.
a) Nei movimenti di rotazione semplice della testa si ha subito una diminuzione del calibro della carotide
interna omolaterale alla rotazione;
invece la carotide interna controlaterale può compensare la mancanza dell’altro lato opposto, quindi questa
nei movimenti di rotazione della testa non diminuisce di calibro.
b) Se facciamo una rotazione forzata della testa ne risente la carotide interna omolaterale, la quale
diminuisce di calibro assieme con l’a. vertebrale controlaterale; anche l’a. vertebrale, omolaterale alla
rotazione, è colpita ma in modo piccolo; quindi diminuisce di calibro ma appunto di poco.
Per evitare i disturbi che conseguono ad insufficienza di apporto ci sono 4 vasi ed un dispositivo anastomot-
ico, unico dispositivo di alimentazione.
Fattori di compressione
Per l’a. vertebrale l’ostacolo maggiore è rappresentato da C2.
Per l’a. carotide int gli ostacoli maggiori sono rappresentati dalle seguenti strutture:
ventre post del m. digastrico (è l’ostacolo maggiore)
bordo post ed corno sup della cartilagine tiroidea
SCOM (in maniera secondaria).
Questo è il risultato di tutti gli studi fatti sul movimento del cranio e sul comportamento funzionale dei vasi
che lo irrorano.
Le strutture che sono in rapporto con queste arterie non devono essere alterate.
Per assicurare una buona vascolarizzazione arteriosa è necessario un buon equilibrio vasomotorio e una
disponibilità ortosimpatica.
Se i rapporti di queste 4 fonti sono diversi, tuttavia hanno comunque qualcosa in comune, e cioè un al-
tro adattamento anatomico: questi vasi hanno una forma a baionetta, cioè entrano in modo diverso nel
cranio. Tuttavia l’anatomia interferisce nella funzione unicamente nel contesto disfunzionale o patologico.
La disfunzione ha un supporto materiale; la anatomia corrisponde ad un supporto funzionale.
La forma è comune. Questo decorso a baionetta serve per ammortizzare l’urto della gittata sistolica.
Esistono 2 sifoni:
sifone vertebrale e sifone carotideo.
Il sifone dell’a. vertebrale, messo in relazione con la meccanica craniale, come si comporta?
Nel tempo di F:
in prossimità della cerniera cervico-craniale: l’a. vertebrale forma un primo gomito localizzato a livello in-
tertrasversario, esce da esso, a livello della massa laterale dell’atlante, si porta poi verso l’interno e contorna
da dietro l’articol. occipito-atlantoidea per tornare poi in avanti anastomizzandosi in avanti e perforando la
membrana occipito-atlantoidea.
L’occipite si adatta verso l’avanti
L’atlante si adatta verso dietro, la lordosi si inibisce
a livello del sifone vertebrale c’è un appoggio contro l’a. vertebrale;
nel momento in cui l’a. vertebrale perfora la membrana, si ha una trazione e quindi si ha un pinzamento
dell’a. vertebrale stessa, con riduzione dell’apporto di sangue.
A livello degli orifizi, in particolare a livello del foro giugulare:
1. il foro giugulare si chiude poiché nel tempo di flessione ha una dinamica di chiusura maggiore che nel
tempo di estensione.
2. il foglietto viscerale della dura madre ha tendenza a rilasciarsi, ma vista la diminuzione si avrà un rallenta-
mento verso i seni venosi ma non verrà evacuato; verrà evacuato durante l’E.
Nello stesso tempo, l’afflusso arterioso procede. Non c’è mai differenza di pressione all’interno della scatola
cranica.
- Nello stesso tempo, l’afflusso arterioso procede
358
- Il tempo di F serve al drenaggio del tessuto nervoso e al riempimento dei seni intracranici, ma in F non ci
sarà evacuazione.
L’afflusso arterioso procede e non c’è mai differenza di pressione all’interno della scatola cranica.
Il tempo di F serve al drenaggio del tessuto nervoso e al riempimento dei seni.
359
L’a. vertebrale perfora la membrana occipito-atlantoidea, e qui prima di costituire il tronco basilare dà una
distribuzione per il midollo che sono le aa. spinali. Le 2 arterie spinali si anastomizzano e ne formano una
sola. Esse poi scendono e, anastomizzandosi, ne formano una sola. A partire da questo tronco basilare viene
vascolarizzata tutta la parte post (tronco cerebrale e cervelletto), grazie ad un dispositivo anastomotico. Per
il tronco cerebrale abbiamo delle arterie paramediane che sono corte e vanno a distribuirsi alla parte ant del
tronco basilare irrorando gli altri nuclei dei nn. cranici (nuclei neurovegetativi e la regione delle vie spino-
cerebellari).
Posteriormente abbiamo le aa. circonferenziali lunghe, dette anche aa. cerebellari > inferiore, media e
superiore destinate ai tubercoli quadrigemini.
L’a. vertebrale vascolarizza, tramite l’a. cerebellare media, l’orecchio interno; mentre tramite l’a. udi-
tiva i plessi corioidei del IV ventricolo.
La terminazione anatomica del circolo dell’a. vertebrale è l’a. cerebrale post, da non confondere con l’a.
comunicante post che fa parte del circuito dell’a. carotide interna.
L’a. cerebrale post prolunga il tronco basilare, costeggia il peduncolo cerebrale e irrora il lobo occipitale.
Questa a. cerebrale post dà l’a. coroidea post che contorna il peduncolo e perfora nella tela corioidea supe-
riore formando i plessi corioidei del 3° ventricolo.
Questa a. cerebrale post è raggiunta dall’a. comunicante post, la quale a sua volta origina dall’a. carotide
int. In tal modo i 2 sistemi di apporto arterioso sono uniti tra loro. Tutto ciò per quanto riguarda il sistema
post.
360
A. carotide interna
Non ha una sua distribuzione anatomica nel suo decorso cervicale.
Nel suo decorso intrapetroso emana una piccola arteriola destinata alla cassa del timpano, detta a. carotico-
timpanica.
Poi la carotide interna esce dal suo canale intrapetroso ed ha una ricca distribuzione per il ganglio di Gasser.
Questo può spiegare la nevralgia facciale, la quale può essere frequente e molto difficile da trattare. Questa
può essere dovuta a delle anomalie che dipendono da una regolazione vasomotoria; tale regolazione
dipende da un’origine vasomotoria che ha sede a livello del midollo toracico superiore (l’origine è spesso
cervicale o dorsale).
Spesso quindi le nevralgie facciali hanno sede a livello della regione interscapolare e sono dovute o a
deficit di drenaggio vascolare o a deficit della regolazione vasomotoria.
Quindi è sempre necessario un giusto apporto sanguigno: se l’ortosimpatico è irritato il sistema nervoso
361
sarà meno vascolarizzato.
Dopo il ganglio di Gasser abbiamo le aa. ipofisarie ed anche l’a. meningea ant, ramo della carotide esterna
che dà la vascolarizzazione della dura madre, le membrane di tensione reciproca (tranne che nella parte
post). L’a. meningea post si occupa tramite il circolo carotideo esterno.
Considerata come l’ultima arteria collaterale della carotide interna è l’a. oftalmica
362
363
Anno 6 sem 2 Gay_Tecniche sul LCR
Le tecniche si possono utilizzare con uno scopo neurovegetativo e pertanto eseguire senza rispettare
l’aspetto meccanico; provocano, accelerano o rallentano uno dei due sistemi neurovegetativi.
Se si utilizzano con uno scopo meccanico, si deve tener conto della dinamica cranio–sacrale.
Per eseguire la tecnica di compressione del IV ventricolo è fondamentale reperire asterion (bordo post
della porzione mastoidea, si prosegue dietro-alto fino al punto di incontro tra occipite, temporale e pari-
etale), successivamente ci si localizza sull’angolo laterale della squama occipitale.
L’eminenza tenar prende contatto con la porzione della squama occipitale che costituisce la sutura
occipito–mastoidea, in particolare sulla porzione verticale che a livello occipitale presenta un tavolato
esterno (quindi è più semplice “spingerlo” verso l’interno), l’appoggio non deve debordare né su temporale,
tantomeno sul parietale. La testa non è in appoggio nè sulle mani e neanche sul lettino, si crea una com-
ponente di compressione fino ad avvertire la squama che tende a “scappare via” (test del cubetto di ghiaccio
o del nocciolo) per stabilizzare la presa e successivamente si “affina” il contatto stesso per entrare in ascolto
della fisiologia ed apprezzare flessione ed estensione.
Nel tempo di estensione, l’Osteopata è attivo e segue l’adattamento che si genera a livello della squama
occipitale (gli angoli della squama si avvicinano), alla fine dell’E si mantiene la posizione raggiunta impeden-
do il ritorno durante il tempo di F; nell’E successiva si guadagna ulteriormente e si mantiene in F, il tutto fino
a quando la squama ci permette di farlo.
La tecnica vera e propria inizia quando il guadagno non è più possibile e l’occipite non si espande trasversal-
mente ma continua a compiere il movimento di bascula cercando di “sfuggire”; la tecnica non ha una durata
stabilita, per interromperla non si deve lasciare bruscamente perché si rischia di provocare disfunzioni di
sutura; il rilascio deve essere progressivo rispettando gli adattamenti fisiologici e pertanto al tempo di F si
lascerà il precedente guadagno e si resterà fermi in E; il tutto per più tempi.
365
Nel lavoro in senso orizzontale, il Pz è disteso e l’Osteopata
dietro la sua testa; con il bordo radiale dell’indice si posiziona in
proiezione dell’arco post di C1 (la mano non è né perpendicolare
né parallela, è obliqua adattandosi allo stato del cranio del Pz),
l’altra mano è sulla porzione frontale. Considerando che in un
tempo di F C0 va in avanti e C1 indietro ed in un tempo di E C0
va indietro e C1 va in avanti, il lavoro si effettua nel tempo di E.
Nel tempo di E s’incentiva l’arretramento dell’occipite attraverso
l’azione sul frontale e si mantiene in F.
Spesso bisogna tener conto della situazione meccanica e pertan-
to delle disfunzioni presenti a questo livello; è facile trovare delle
rotazioni e pertanto agire in maniera diretta o indiretta su di esse,
rispettivamente con rotazioni opposte o rotazioni nello stesso
senso. È importante precisare che si tratta di minime rotazioni,
“tendenza alla rotazione” e non rotazioni di ampiezza maggiore.
Un’altra posizione per lavorare la cerniera cervico–craniale è con le dita incrociate sempre in contatto con
l’arco post di C1 (è importante individuare il lato in restrizione per avere l’indice della mano corrispondente
in appoggio diretto); da questa posizione, tenendo conto della dinamica craniale, faccio ruotare gli indici
l’uno sull’altro (pronazione dell’uno con contemporanea supinazione dell’altro) sapendo che la supinazione
mi induce verso la F e la pronazione verso l’E.
Per es con un condilo dx in ant si posiziona l’indice dx avanti per favorire l’indietreggiamento dallo stesso
lato; il lavoro avviene a sin con una supinazione dell’indice sin durante il tempo di F per fare avanzare il
condilo e durante un’E il lavoro avviene a dx con una pronazione dell’indice dx. L’azione può essere anche
puramente diretta agendo subito con una pronazione a dx nel tempo di E ma la zona reagirà immediata-
mente con una maggiore resistenza locale.
disfunz C0_ant a dx
tempo di F_a sin
supinazione dell’indice sin supinazione F avanza il condilo sin
tempo di E_a dx
pronazione dell’indice dx pronazione E indietreggia il condilo dx
366
Anno 6 sem 1
L’interesse sarà quindi venoso e arterioso; ciò significa che un buon lavoro a livello di drenaggio determina
anche un buon apporto di ossigeno a livello tissutale cerebrale al fine di avere maggiore qualità della funzi-
one neurologica e strutturale: buona funzionalità dell’IRC, meningi, LCR, ossa e soprattutto cellule nervose.
È presente allora un interesse del drenaggio dei seni e del sangue venoso in genere legato alla buona circo-
lazione del LCR.
Un ulteriore interesse è rappresentato dalle cefalee e dalle emicranie di origine vascolare (una vasodilatazi-
one all’interno delle arterie del cranio crea aumento di volume e conseguente compressione) con scotomi
(emicrania oftalmica) o senza aura (testa pesante, pulsatile, pesantezza agli occhi, occhi rossi, variazione
della sintomatologia in funzione della postura) o miotensiva (generata da tensione dei muscoli che si in-
367
seriscono sulla scatola cranicae che comprimono il cranio facendo aumentare la pressione interna).
Cenni anatomici
La vascolarizzazione venosa del cranio si divide in:
rete superficiale
rete profonda
Approfondimento
Le vene tegumentarie sono Le vene diploiche sono situate Le vene meningee si trovano tra fo-
numerose e molto anarchiche nel tessuto osseo, occupano un glietto viscerale e il foglietto parietale
nella loro disposizione, sono volume sanguineo importante; la della dura (periostio interno); confluis-
divise in base alla loro local- loro localizzazione principale è in- cono in rami sempre più grandi fino a
izzazione; è associata una torno alle ossa della volta e non è giungere nella zona di inserzione della
ricca irrorazione arteriosa (un un caso che la volta è una zona di dura dove si trovano i seni venosi che si
taglio sul cuoio capelluto ne è maggiore malleabilità e flessibil- formano proprio tra questi due foglietti.
la prova). ità rispetto alla base del cranio. Il sangue meningeo sarà drenato nelle
Il drenaggio avviene per via All’origine, il sangue si trova nei vene meningee post (zona occipitale),
extra cranica con una quan- laghi sanguigni delle strutture nelle vene meningee medie (zona
tità di sangue drenato elevato trabecolari, in seguito raggiunge temporale; qui sono più sviluppate e
(in un contesto di lavoro mi la periferia della componente lasciano un’impronta scheletrica e si
occupo dell’aponevrosi epi- ossea dove c’è la comparsa delle drenano nel foro spinoso) e nelle
cranica e delle fasce del collo vene diploiche propriamente vene meningee ant (zona frontale).
fino alla base cranica). dette che vanno verso l’esterno
del cranio e solo una parte nella
rete intracranica.
La rete profonda è a sua volta divisa in:
vene propriamente dette, a loro volta divise in
a. sottotentoriali: cerebellari e del tronco encefalico;
b. sopratentoriali: che comprendono una rete esterna per la parte esterna degli emisferi cerebrali ed una
rete interna per la parte profonda degli emisferi cerebrali e per il diencefalo.
Il tutto si drena nei seni venosi di prossimità.
Seni Venosi seno
dura madre encefalica, sagittale
sup v. emissaria aponeurosi
foglietto endosteo epicranica
vv. della
cute della
cute testa
della testa
gran. di
Pacchioni
lamina est
diploe vv. diploiche
lamina int
granulazioni di B
Pacchioni (villi
aracnoidali) setti
aracnoidei
v. oftalmica sup
seno seno sfenoparietale
intercavernoso
ant seno cavernoso
rete venosa del
foro ovale seno petrosquamoso
seno
intercavernoso v. meningea media
post
plesso basilare seno petroso sup
seno petroso
inf foro giugulare
seno occipitale,
anastomosi con seno sigmoideo
plesso vertebrale
int v. grande cerebrale
(di Galeno)
vene cerebrali inf seno occipitale
seno retto
tentorio del seno trasverso
cervelletto
369
370
Approccio all’aponevrosi epicranica
Pz in posizione supina sul lettino ed Osteopata seduto dietro; la prima fase dell’approccio consiste nel
palpare e nel testare i tessuti che rivestono la scatola cranica in tutte le varie zone: frontale, parietale, tempo-
rale, porzione mastoidea e occipitale.
Dopo aver eseguito un lavoro extracranico si eseguono tecniche craniali che seguono una logica in funzione
dell’anatomia dei seni venosi e del quadro clinico; è possibile distinguere la circolazione venosa in CIRCUITI
per riuscire a capire dove intervenire in funzione delle difficoltà di drenaggio.
Per trattare i seni venosi del cranio, oltre alle classiche tipologie di tecniche si utilizzano altre tecniche:
le tecniche “V spread” (semplici ed efficaci), si utilizzano soprattutto quando il seno venoso è in relazione
diretta con una specifica sutura;
tecniche di “ammorbidimento” e di “riscaldamento tissutale”, si utilizzano soprattutto in zone del cranio
dove non si ha una relazione diretta con una specifica sutura.
Il principio, come sempre, è di iniziare a drenare a valle e poi per arrivare a monte (prima C0–C1 e fori
giugulari e poi si arriva a monte).
Circuito OFTALMICO_1
Il circuito oftalmico riguarda la circolazione che dall’occhio arriva al foro giugulare, in particolare:
vene oftalmiche (trovano il loro passaggio all’interno della fessura sfenoidale);
porzione centrale del seno cavernoso (vi arriva anche il seno di Brechet e il seno intercavernoso o circolare
371
che drena l’ipofisi);
seno petroso inf (la maggior parte, una minima parte anche nel seno petroso sup dove va il sangue prove-
niente dal seno di Brechet);
foro giugulare.
Nella pratica si lavora sempre a valle
per poi lavorare a monte:
1. lavoro sui tessuti molli e sui mm.
sub–occipitali per preparare la zona a
delle tecniche di tipo meccanico;
Con i polpastrelli delle ultime quattro
dita contatto l’occipite tra la linea oc-
cipitale sup ed inf in modo da prendere
appoggio sui tessuti molli, estendo le
dita e mantengo fino a quando il tessu-
to stesso non cede a causa del fenom-
eno della compressione ischemica.
1° possibilità
la testa del Pz è in appoggio su tenar e
ipotenar
2° possibilità
la testa del Pz NON è in appoggio su tenar e ipotenar
2. Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla
sutura OM (approccio meccanico);
Ad esempio:
1° tempo blocco Occipite in E guadagno Temporale in RE
2° tempo blocco Temporale in RE guadagno Occipite in F
3° tempo blocco Occipite in F guadagno Temporale in RI
4° tempo blocco Temporale in RI guadagno Occipite in E
3. Trattamento del seno petroso inf con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM per agire in questo caso
sulla sutura petro–basilare (tecnica precedente).
372
4. Trattamento della porzione centrale del seno cavernoso
con una presa occipito–sfenoidale (o occipito-frontale);
Osteopata di lato al Pz, contatto attraverso una presa occipito–sfenoi-
dale (o occipito–frontale); si entra in ascolto dell’IRC e si comprime la
SSB per srotolare in accorciamento il volume craniale e la dura madre,
si porta verso la disfunzione della base (ad es lateroflessione rotazione
dx) e si mantiene in aggravamento, successivamente in un secondo
tempo si decomprime la SSB e ciò sottopone a “tensione” il seno caver-
noso ma anche a pompaggio durante le fasi di F–E. Per amplificare
questo pompaggio posso chiedere al Pz una INsp ed una Esp più ampie e più forzate del normale per 10-15
cicli mantenendo sempre la trazione sullo sfenoide (o sul frontale); al termine si rilascia lentamente e pro-
gressivamente.
In alternativa si può utilizzare la tecnica della Tromba di Eustachio.
5. Trattamento per apertura della fessura sfenoidale (vi è il
passaggio delle vene oftalmiche che si gettano nel seno cavernoso);
Osteopata alla testa del Pz, si contatta la grande ala del lato da trattare
con il pollice della mano esterna, con la mano interna si contatta con il
medio il pilastro orbitario esterno del frontale; in successivi tempi di F
portare la grande ala dello sfenoide in basso–avanti per poi mantenere,
in successivi tempi di RI indurre il pilastro orbitario esterno in alto–diet-
ro–dentro (oppure tenerlo semplicemente come punto fisso).
piccola ala
grande ala
dello sfenoide apertura della
fessura sfenoidale
6. Tecnica di pompage del globo oculare per dinamizzare il globo oculare e la sua circolazione veno-
sa in caso di stasi o congestione.
Circuito SFENO–PARIETALE_2
In particolare:
seno sfeno–parietale (o di Brechet) > in pratica: sutura sfeno–squamosa attraverso la SS in 4 tempi
porzione laterale del seno cavernoso > attaverso la tecnica vista in precendenza
seno petroso sup > attraverso il temporal lift (lavoro sulla grande circonf del tentorio)
asterion > attraverso tecnica V spread
seno sigmoideo
373
foro giugulare
porzione
laterale
del seno
cavernoso
seno petroso
superiore
374
asterion seno
sigmoideo
sutura sfeno–
squamosa
foro
giugulare
375
asterion
OM seno sigmoideo
Nella pratica si lavora sempre a valle per poi lavorare a monte.
Circuito SFENO–PARIETALE_1. Fori giugulari
Lavoro sui tessuti molli e sui muscoli sub–occipitali per preparare la zona a delle tecniche di tipo mecca-
nico. Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico);
2. Seno sigmoideo
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf )
3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread (è una tecnica classica, descritta da Sutherland e
Magoun; è molto efficace ma difficile da eseguire perché richiede una grande percezione dei tessuti che si
stanno lavorando).
repere di asterion
Osteopata alla testa del Pz, reperisce asterion e si posiziona con tre dita sulle componenti ossee interes-
sate: pollice su angolo inf–post del parietale, indice sulla mastoide del temporale e medio sulla squama
dell’occipite (queste tre dita sono circa a 1 cm l’una dall’altra);
il medio (o indice) dell’altra mano invece si posiziona in un punto
opposto (zona pterion controlaterale) così da avere una diagonale.
Da pterion si fa un “invio”, si crea una zona di maggiore “conduttività”
in modo da “inviare” il liquor verso asterion. La sensazione che si deve
percepire è quella di ammorbidimento tissutale, di un’onda che arriva
localizzata su asterion, di calore, movimento, si sente che la criticità
su asterion si risolve. La tecnica V spread si può utilizzare su tutte le
suture palpabili del cranio, quindi anche sulle suture direttrici. Va
bene anche nei bambini, se si riesce a prenderli in un momento in cui
stanno fermi. La tecnica finisce quando riteniamo che la qualità raggi-
unta dal tessuto sia soddisfacente.
376
tecnica V spread su asterion sin
4. Seno petroso sup
a) Trattamento del seno petroso sup attraverso la tecnica meccanica di RE dei temporali in modo da sti-
rare la grande circonferenza del tentorio.
Osteopata alla testa del Pz, appoggio con le eminenze tenar a livello degli apici delle mastoidi dei tempo-
rali e fuori dall’impulso porta gli apici stessi in RE = alto-dietro-dentro sentendo come le resistenze tissutali
cedono. In questo modo il tentorio viene messo in trazione.
b) Trattamento del seno petroso superiore attraverso la tecnica delle orecchie tirate in modo da stirare la
grande circonferenza del tentorio.
6. Sutura sfeno-squamosa (sutura direttrice SS) > tecnica a 4 tempi con l’obiettivo di agire sul seno
sfeno–parietale (o di Brechet)
2. Seno sigmoideo dx (il sangue proveniente dal seno long sup si immette nel seno laterale dx)
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).
3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.
inion
378
asterion
inion
seno laterale
stessa presa dall’altro lato è necessario abbassare il lettino altrimenti si spezza il polso
i seni laterali possono presentarsi in molti modi
Per inion posso utilizzare anche indice e medio di una stessa mano e posizionati in direzione del foro occipi-
tale, l’altra mano sul frontale con medio su metopica; l’azione sarà la stessa della tecnica precedente (allar-
gare la confluente dei seni).
5. Seno longitudinale sup (in tutte le sue porzioni, da dietro verso avanti): l’approccio può essere effet-
tuato con un test per valutare delle zone più dure lungo tutta la proiezione del seno long sup.
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L’Osteopata si posizio-
na di lato al Pz e con le
articolazioni metacar-
po–falangee effettua
un test di pressione
su tutto il decorso del
seno long sup.
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ecco l’intenzione da dare alle mani
Trattamento della
sutura metopica
attraverso tecnica
di riscaldamento e
ammorbidimento
tissutale.
Trattamento della falce > le tecniche classiche sono: frontal lift (per la porzione più ant) e paretal lift
(per quella più post). Inoltre si possono usare le tecniche in accorciamento e le tecniche sulle ossa craniche
(queste ultime hanno infatti anche un impatto sulle membrane).
6. Vene fronto–
etmoidali
Trattamento di
disingaggio del
mascellare dal
frontale attraver-
so tecnica mec-
canica
pronazione dell’avambraccio
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foro giugulare
2. Seno sigmoideo sin (il sangue proveniente dal seno long inf e dal seno retto si immette nel seno lat sin)
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).
3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.
2. Seni sigmoidei
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).
3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.
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5. Seno occipitale inf
Trattamento attraverso tecniche di riscaldamento e ammor-
bidimento tissutale;
Osteopata alla testa del Pz, reperisce inion e posiziona i pol-
pastrelli di 2°, 3° e 4° dito al di sotto e lateralmente la linea
mediana verso il foro occipitale.
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