NERI Metodo Della Filologia
NERI Metodo Della Filologia
NERI Metodo Della Filologia
SUPPLEMENTI ADAMANTIUS - ix
SUPPLEMENTI
ADAMANTIUS
con la cultura classica e, più in generale, con il contesto socio-culturale del mondo ix
greco-romano in cui le comunità cristiane si trovavano a vivere, può offrire contri-
buti significativi di riflessione anche per gli uomini del nostro tempo, che, nell’at-
tuale orizzonte di globalizzazione, hanno contatti sempre più ravvicinati e intensi
con tradizioni profondamente diverse. In riferimento all’opera di Christian Gnilka,
angela maria mazzanti (ed.)
Angela Maria Mazzanti, già professore associato di Storia delle religioni presso l’Università
di Bologna, si occupa di tematiche antropologiche e teologiche in ambiti religiosi dell’epoca
immediatamente precedente e successiva agli inizi dell’era cristiana. Ha dedicato particolare
interesse alla letteratura ermetica, al giudaismo della diaspora (più precisamente a Filone di
Alessandria) e ai primi autori cristiani. Fra le numerose pubblicazioni si segnalano le cura-
tele Il logos di Dio e il logos dell’uomo. Concezioni antropologiche nel mondo antico e riflessi
contemporanei (Vita e Pensiero, Milano 2014) e Crisi e rinnovamento tra mondo classico e
cristianesimo antico (BUP, Bologna 2015). È membro del Gruppo Italiano di Ricerca su «Ori-
gene e la tradizione alessandrina», dell’International Association for the History of Religion,
dell’Associazione «Patres» e fa parte del Comitato di Redazione della Rivista «Adamantius».
ISSN 2282-2402
ISBN 978-88-372-3367-9
€ 24,00
Sommario 235
SOMMARIO
*
Il testo riproduce il tono discorsivo e informale dell’intervento al Convegno. Le abbreviazioni delle riviste
filologiche sono quelle dell’«Année Philologique». Le poche altre sono facilmente comprensibili.
1
Per la (lunga) storia e le (varie) attestazioni dell’espressione, cfr. R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e
greche, Rizzoli (BUR), Milano 20172, pp. 473 s. (nr. 658).
2
Lo scopo, nello spazio e nel tempo qui concessi, è quello di fare una rassegna critica di “istruzioni per l’uso”,
attingendo in larga parte alle selezionatissime opere citate nelle note – dove ho arbitrariamente raccolto i testi da
cui ho imparato di più – e con qualche piccolo contributo personale. Non s’intende invece – ciò che eccederebbe
i limiti suddetti – affrontare il problema in una prospettiva storico-culturale (col ripercorrere gli snodi essenziali
della storia della filologia e ricercare i protoi heuretai di questo o di quel principio, per quanto filologia e storia
della filologia siano inestricabilmente collegate: cfr. in particolare E. Degani, Filologia e storia, in «Eikasmós»
10(1999), pp. 279-314 (= Id., Filologia e storia. Scritti di E. Degani, Olms, Hildesheim-Zürich-New York 2004,
pp. 1268-1303), per cui si rimanda in particolare a R. Pfeiffer, Storia della filologia classica, i. Dalle origini alla
fine dell’età ellenistica, tr. it. Macchiaroli, Napoli 1973 (ed. or. Oxford 1968); L. Canfora, Conservazione e perdita
dei classici, Antenore, Padova 1974; F. Bossi, La tradizione dei classici greci, Lipe, Bologna 1992; G. Fiesoli, La
genesi del lachmannismo, Sismel, Impruneta (Firenze) 2000; S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann,
Utet Libreria,Torino-Novara 20103 (Firenze 19631, Padova 19812); L.D. Reynolds - N.G.Wilson, Copisti e filologi.
La tradizione dei classici dall’antichità ai tempi moderni, tr. it. Antenore, Roma-Padova 20164 (Padova 19691; ed.
or. Oxford 1968); nonché – qui – alla sconsolata n. 35.
3
I concetti fondamentali sono in tutte le (poche) opere citate nelle note: si vedano, in particolare, M.L.
West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, tr. it. L’epos, Palermo 1991 (ed. or. Stuttgart 1973), pp. 13-17 e P.
Maas, La critica del testo, tr. it. Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 20174 (19511; ed. or. Leipzig 19271, 19502,
19573), pp. 1 s. Sulla partizione storico-cronologica della tradizione dei classici, si vedano U. von Wilamowitz-
Moellendorff, Storia della filologia classica, tr. it. Einaudi, Torino 19672 (ed. or. Leipzig 19273); R. Pfeiffer,
Storia della filologia classica, cit.; S. Rizzo, Il lessico filologico degli umanisti, Edizioni di Storia e Letteratura,
Roma 1973; L. Canfora, Conservazione e perdita dei classici, cit.; F. Bossi La tradizione dei classici greci, cit.;
L.D. Reynolds - N. G. Wilson, Copisti e filologi, cit.
34 Camillo Neri
4
Cfr. § 3.
5
Sui manoscritti antichi, cfr. in particolare E.G. Turner (- P.J. Parsons), Greek Manuscripts of the Ancient
World, University, Institute of Classical Studies, London 19872 (Oxford 19711).
6
Cfr. soprattutto P. Maas, La critica del testo, cit. Sulla storia della teoria “stemmatica”, cfr. in particolare S.
Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, cit.
7
Su ambiguità e limiti della terminologia pasqualiana (cfr. G.P. Pasquali, Storia della tradizione e critica del
testo, Le Monnier, Firenze 19522 [19341], p. 126) per indicare rispettivamente recensione “meccanica” e recensione
“extrastemmaticamente contaminata”, si vedano gli opportuni rilievi di G.B. Alberti (Problemi di critica testuale,
La Nuova Italia, Firenze 1979, pp. 1-18), che non hanno tuttavia scalfito l’ormai invalso usus tradizionale.
8
Sulla tradizione diretta, si vedano in particolare E.J. Kenney, Testo e metodo. Aspetti dell’edizione dei clas-
sici latini e greci nell’età del libro a stampa, tr. it. Gruppo Editoriale Internazionale, Roma 1995 (ed. or. Berkeley
et al. 1974); M.R. Reeve, Manuscripts and Methods. Essays on Editing and Trasmission, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 2011.
Il metodo della filologia (ovvero, le regole del gioco) 35
li depriva del loro contesto originario), rendendone la fruizione, per così dire, “di
seconda mano” (o di terza, quarta, etc., a seconda che il testo contenitore attinga
direttamente al testo contenuto o meno). La forma più usuale e caratteristica in cui si
presenta un testo di tradizione indiretta è il “frammento” (per quanto possano essere
trasmessi così anche testi interi, ovviamente per il solito non lunghi, come per esem-
pio il cosiddetto “fr.” 1 di Saffo), ma quando a essere tramandate in questa forma non
siano le parole esatte dell’autore ripreso, ma piuttosto una loro parafrasi o una notizia
su un contenuto specifico e parziale della sua opera, si parla allora di frammenti “di
contenuto” o sine verbis, mentre quando a essere riportate siano notizie sull’autore
del testo ripreso o sugli assetti esterni e/o generali della sua opera si parla piuttosto
di testimonianze, spesso trascurate ma non di rado foriere di dati più ricchi di quelli
degli stessi frammenti9. La funzione più tipica che determina la tradizione indiretta
è quindi la citazione (ma in questo sfumato dominio rientrano anche le traduzioni, le
imitazioni, le parafrasi, le allusioni intenzionali, le parodie, e in casi particolari persi-
no i paralleli topici), che a sua volta può essere di natura letteraria, storica, filosofica,
antiquario-erudita, scoliografico-esegetica, onomastica, lessicografica, grammatica-
le, paremiografico-proverbiale, e avere contenuto concettuale, lessicale, grammatica-
le, retorico, stilistico, metrico e altro ancora. Il contesto citante, poi, può esercitare un
effetto più o meno distorsivo sulle parole autentiche del testo citato, con una gamma
che va – di norma – dal grado minimo di distorsione nei florilegi (come quello di Gio-
vanni Stobeo [v d.C.], che si limita a raggruppare le citazioni in capitoli e sottotitoli
tematici) al grado massimo nelle parodie (per esempio quelle aristofanee dei poeti
lirico-corali negli Uccelli) o nella critica filosofica (come nella citazione-esegesi di
Simonide, Poetae Melici Graeci 542 in Platone, Protagora 339a-346d). Le ragioni e
le modalità della citazione, cioè, possono interferire sia sul “nucleo” della citazione
(cioè il più forte trait d’union tra il testo citato e il suo contesto di arrivo), di norma
meno soggetto a deformazioni e corruzioni, sia sull’“alone” (cioè la parte del testo
citato meno essenziale per il contesto d’arrivo), al solito più facilmente deformabile
e corruttibile. Rispetto alla tradizione diretta, per altro, in quella indiretta errori e cor-
ruzioni possono situarsi a più livelli, generandosi tra l’autore citato e l’autore citante
(che riprenderebbe allora un testo già corrotto), o nella memoria (o spesso nella vo-
lontà di adattamento al contesto di arrivo) dell’autore citante (e in questi casi si dovrà
ecdoticamente correggere nell’autore citato ma non nell’autore citante), o ancora nel-
la tradizione dell’autore citante (e in tal caso si dovrà correggere in entrambi gli auto-
ri). Come si vede, il lavoro sui “frammenti” di tradizione indiretta è particolarmente
difficile e controverso, e proprio per questo particolarmente fascinoso per i filologi10.
Varrà la pena di precisare che a) malgrado la maggiore precarietà ed esposi-
zione all’errore della tradizione indiretta, non vi è necessariamente una differenza
qualitativa tra i due tipi di tradizione; b) non sono pochi gli autori tràditi sia di-
rettamente (attraverso manoscritti e papiri delle loro opere)11, sia indirettamente
9
In questi casi, benché la parola usata sia la stessa, la nozione di “frammento” designa ciò che è stato reso
tale dalle modalità indirette in cui il testo è tràdito, non dalle ingiurie del tempo su un supporto materiale, come nel
caso dei frammenti papiracei (o pergamenacei, o cartacei, o palinsesti, o epigrafici, etc.), che possono viceversa
essere frammenti di tradizione diretta: cfr. punto 1).
10
Sulla tradizione indiretta resta imprescindibile R. Tosi, Studi sulla tradizione indiretta dei classici greci,
Clueb, Bologna 1988.
11
Per i rapporti (anche stemmatici) tra codici medioevali e papiri, è ancora utile P. Collomp, La critique des
textes, Les Belles Lettres, Paris 1931.
36 Camillo Neri
12
Tuttora d’aiuto in proposito è M. Richard, Répertoire des bibliothèques et des catalogues de manuscrits
grecs [...], par J.-M. Olivier, Brepols, Turnhout 19953 (Paris 19481, 19582). Per i papiri letterari, il catalogo di
R. Pack e P. Mertens (<http://cipl93.philo.ulg.ac.be/Cedopal/MP3/dbsearch_en.aspx>) e il “Leuven Database of
Ancient Books” di W. Clarysse (<https://www.trismegistos.org/ldab/>).
13
Per il periodo da oggi al 1925, le bibliographische Beilagen sui numeri dispari (quattro all’anno) della rivi-
sta «Gnomon. Kritische Zeitschrift für die gesamte klassische Altertumswissenschaft» (cfr. anche «Lustrum», con
bibliografie ragionate dal 1957). Da un anno e mezzo fa al 1914, l’«Année Philologique. Bibliographie critique
et analytique de l’antiquité gréco-latine», Les Belles Lettres, Paris 1927- (1924‑) + J. Marouzeau, Dix années de
bibliographie classique. Bibliographie critique et analytique de l’antiquité gréco-latine, Les Belles Lettres, Paris
1927 (1924-1914). Dal 1914 al 1896, S. Lambrino, Bibliographie de l’antiquité classique, Les Belles Lettres, Paris
1951 (cfr. pure Bibliotheca philologica classica, in «JAW» e «JFClA» di K. Bursian, dal 1873 a metà degli anni
’30). Dal 1896 al 1878, R. Klussmann, Bibliotheca Scriptorum Classicorum et Graecorum et Latinorum, O.R.
Reisland, Lipsiae 1909-1912. Dal 1878 al 1700, W. Engelmann - E. Preuss, Bibliotheca Scriptorum Classicorum,
i-ii, W. Engelmann, Lipsiae 1880-18828. Dal 1830 alle prime edizioni a stampa, S.F.W. Hoffmann, Bibliographi-
sches Lexikon der gesamten Literatur der Griechen, i-iii, A.F. Böhme, Leipzig 1838-18452; F.L.A. Schweiger,
Bibliographisches Lexikon der gesamten Literatur der Römer, i-ii, F. Fleischer, Leipzig 18342. Dal 1700 (poi dal
1790 ca.) alle prime edizioni a stampa, J.A. Fabricius, Bibliotheca Graeca, sumptu viduae Felgnerianae, Hamburgi
17051, 1790-18094 (a cura di C.G. Harles), Bibliotheca Latina, ap. S. Coleti, Venetiis 17281, ap. Weidmanni here-
des et Reichium, Lipsiae 1773-17742, Bibliotheca Latina mediae et infimae aetatis, Th. Baracchi et f., Florentiae
1858-18594 (a c. di C. Schöttgen).
14
Cfr. comunque il portale “Pinakes” (<https://pinakes.irht.cnrs.fr/>).
15
In particolare, per il greco, il Wörterbuch der griechischen Eigennamen curato da W. Pape - G.E. Benseler,
F. Bieweg u. S., Braunschweig 18623, e il Lexicon of Greek Personal Names (<http://www.lgpn.ox.ac.uk/>). Per
le banche-dati, si vedano soprattutto il Thesaurus Linguae Graecae di Irvine (<http://stephanus.tlg.uci.edu/> per il
greco e i databases del portale Brepolis (<http://www.brepolis.net/>) per il latino. Varrà la pena di notare inciden-
talmente, qui, come gli strumenti informatici si siano rivelati di straordinaria utilità nella fase della ricognizione
e della localizzazione bibliografica, nell’accesso alle (e nelle ricerche testuali e metatestuali sulle) fonti primarie,
nell’automatizzazione di alcune fasi dei processi di indicizzazione, creazione di concordanze, collazione di fonti
e testimoni, semplificando e velocizzando molte procedure, nonché nella presentazione editoriale (si pensi alle
edizioni ipertestuali) e nella didattica (si pensi alle molteplici possibilità di integrazione di più media), ma non si
siano ancora potuti sostituire al giudizio critico dello studioso. Cfr. soprattutto L. Perilli, Filologia computaziona-
le, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1995.
Il metodo della filologia (ovvero, le regole del gioco) 37
16
Cfr. R. Tosi, Studi, cit., pp. 52 s. (con esempi e bibl.).
17
L’emendatio – lungi dall’essere un’attività ludica e frivola – è necessaria ogni volta che l’examinatio non
stabilisca che la tradizione è la migliore possibile e può avere altresì un valore meramente diagnostico, tutte le
volte che senso della lingua, dello stile, della metrica e del ritmo prosastico, come pure dell’intimo significato di
un passo possono portare a sospettare anche di una tradizione apparentemente sana e a chiedersi che cosa l’autore
avrebbe voluto dire e come avrebbe potuto esprimerlo. Naturalmente, bisogna guardarsi dall’“abbellire” i testi e/o
dall’uniformarli a parametri troppo rigidi. Cfr. L. Havet, Manuel de critique verbale appliquée aux textes latins,
Hachette et Cie, Paris 1911, pp. 11-23, M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 56-59 e P.
Maas, La critica del testo, cit., pp. 13-23. Se la tradizione è corrotta ed emendabile in più modi equivalenti non
resta che localizzare la corruttela con la crux († per una parola) o le cruces (†...† per una porzione di testo).
18
Indicazioni molto pratiche in M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 33-40, 63-73.
19
È il cosiddetto metodo meccanico di recensione, convenzionalmente noto come “metodo del Lachmann”,
dallo studioso, Karl Lachmann (1793-1851) che lo applicò (parzialmente) alla sua edizione di Lucrezio del 1850.
Si vedano in proposito, S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, cit., nonché (sulla natura equivoca di
tale definizione) G. Fiesoli, La genesi del lachmannismo, cit.
20
Cfr. M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 40-48.
38 Camillo Neri
Una volta determinati i rapporti tra i vari testimoni di una tradizione testuale e
ricostruito nei limiti del possibile il suo punto di partenza (il cosiddetto “archetipo”
o “più prossimo antenato comune dell’intera tradizione”21), occorre diagnosticare
quale fosse l’aspetto dell’originale e tentare di risolvere i problemi testuali residui.
La soluzione di un problema testuale, sia essa affidata a una selectio tra le lezio-
ni tràdite o a un’emendatio congetturale, deve sempre rispondere a tre requisiti:
a) deve restituire il senso che l’autore intendeva comunicare, così come si può
ricostruirlo dal contesto; b) deve rispettare l’uso di scrittura dell’autore quanto a
lingua, stile, metro, ritmo prosastico, etc. (usus scribendi); c) deve spiegare la ge-
nesi dell’errore (ratio corruptelae), cioè come si siano generate le lezioni erronee
trasmesse dai vari testimoni22.
Per quanto riguarda il requisito c), bisogna tenere in conto le diverse tipolo-
gie attestate di variazione testuale e di errore23: varianti di autore; adattamenti in
contenuto, lingua, stile, ritmo, ortografia operati dalla tradizione; errori metrici24;
errori mnemonici; spiegazioni e annotazioni marginali (anche di passi paralleli) pe-
netrate nel testo (“glosse intrusive” e “sostitutive”, non sempre per altro nel punto
“giusto”); trasposizioni testuali dovute al passaggio da un esemplare a due colonne
di scrittura a uno a unica colonna e viceversa; errori e lapsus mentali, quali bana-
lizzazioni sintattiche (simplex ordo) o linguistico-grammaticali (per es., gli invalsi
mi schernisco per mi schermisco, o aurea per aura, o i dilaganti mi auspico e al
contempo), errori di assimilazione e scritture-eco (per l’influenza di qualche paro-
la vicina nel contesto); trasposizioni di lettere o sillabe (anasillabismi), aplografie
(quando si scrive una volta sola ciò che occorrerebbe scrivere due o più volte, come
per es. la parola, ormai entrata nell’uso italiano, idolatra per idololatra, o megalat-
tico per megagalattico), dittografie (duplicazioni di lettere, sillabe, parole, sequen-
ze), “sauts du même au même” (quando parole o frasi uguali o simili compaiono
a poca distanza nel testo), omissioni determinate da identità o somiglianze verbali
in fine (omeoteleuto) o in inizio (omeoarcto) di verso o di periodo; errori di lettura
o anagnostici, per confusione tra lettere o gruppi di lettere in scrittura maiuscola
o minuscola, o in particolari tipi di scrittura25, per erronea divisione della scriptio
continua (senza spazi tra le parole), per erroneo scioglimento di compendio26, per
21
Secondo la celebre definizione di A. Dain, Les manuscrits, Les Belles Lettres, Paris 19753 (19642, 19491).
22
Cfr. M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 49-59.
23
Una casistica completa (per il latino, ma valida in gran parte anche per il greco) è in L. Havet, Manuel de
critique verbale, cit., pp. 25-428. Trattazioni più sintetiche (ma “bilingui”) in M.L. West, Critica del testo e tecnica
dell’edizione, cit., pp. 20-32 e in L.D. Reynolds - N.G. Wilson, Copisti e filologi, cit., pp. 229-240.
24
Celebre il vitium Byzantinum, consistente nell’assimilare la fine del trimetro giambico a un dodecasillabo
bizantino (cfr. M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., p. 25; L.D. Reynolds - N.G. Wilson,
Copisti e filologi, cit., p. 236).
25
Maiuscola greca (300 a.C.‑): Α=Δ=Λ, ΑΙ=Ν, Γ=Τ=Υ, Ε=Θ=Ο=C, Η=ΕΙ, Η=Ν=Κ=ΙC, ΛΛ=Μ. Minusco
la greca (ix sec.‑): α=αυ, α=ει, α=ευ, β=κ=μ, ε=ευ, η=κ, μ=ν=ρ, π=σσ=ττ. Capitale latina (‑vi sec.): B=R,
C=P, C=G=O, D=O, E=F, H=N, I=L=T, M=NI, N=AI, O=Q, P=T. Onciale latina (iii-vi sec.): B=R, C=E=G=O,
CI=U, D=O=U, F=P=R, I=L=T, M=CO, N=AI, O=Q. Minuscola latina (viii sec.‑): a=u, b=h, c=e, cl=d, c=t,
f=s, in=m=ui, n=u. Cfr. M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., p. 28 s. e L.D. Reynolds - N.G.
Wilson, Copisti e filologi, cit., pp. 230 s.
26
Per es. i nomina sacra ΘC (θεός) e DS (deus) (con le forme flesse ΘΥ, ΘΩ, ΘΝ, DI, DO, DM), nonché
ΑΝΟC (ἄνθρωπος), ΚC (κύριος), ΜΗΡ (μήτηρ), ΟΥΝΟC (οὐρανός), ΠΗΡ (πατήρ, con le forme flesse ΠΡC,
ΠΡΙ, ΠΡΑ, ΠΕΡ), ΠΝΑ (πνεῦμα, con le forme flesse ΠΝC, ΠΝΙ, ΠΝΑΤΑ), CΤC (σταυρός), CΩΡ (σωτήρ),
ΥC (υἱός), DNS (dominus), NR (noster, con le forme flesse NRI, NRO, NRM, NRA, etc.), SCS (sanctus), SPS
(spiritus), VR (vester), etc. Cf. L. Havet, Manuel de critique verbale, cit., pp. 177-184; M.L. West, Critica del testo
e tecnica dell’edizione, cit., pp. 30 s. (con altra bibl.).
Il metodo della filologia (ovvero, le regole del gioco) 39
27
Tipologia ed esemplificazione ancora in M.L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 30 s.
e in L.D. Reynolds - N.G. Wilson, Copisti e filologi, cit., pp. 230-232.
28
Nelle edizioni di testi papiracei o epigrafici (ma anche di testi frammentari su altri supporti), la presentazione
del testo in forma critica può essere preceduta da una sua trascrizione diplomatica (che riproduce il documento nel
suo assetto complessivo, ivi compresi l’ortografia, la punteggiatura, il paratesto, i segni diacritici e di scansione
testuale, etc.), con in calce un apparato delle diverse letture dei luoghi incerti (perché evanidi, frammentari, etc.).
Testi papiracei ed epigrafici dovrebbero sempre (almeno nel caso di un’editio princeps) essere accompagnati da
riproduzioni fotografiche del documento. Un caso particolare è quello delle edizioni di scolî, dove il testo dovrebbe
sempre essere accompagnato dalle sigle delle recensioni e/o dei manoscritti (di norma, subito dopo il testo) che
trasmettono le relative note scoliastiche.
29
L’apparato va redatto in sintetico latino, con abbreviazioni come coni(ecit/ecerunt/ecerim), emend(avit),
prop(osuit), disp(exit), secl(usit), rec(epit), fort(asse) recte, cod(ex), cod(d)(ices) pl(l)(erique), pap(yrus), etc., e
con sigle per i testimoni (M cod. Marcianus, M2 seconda mano, Mpc post correctionem, Mac ante correctionem,
Mv.l./γρ varia lectio/γράφεται, etc.). Nel testo e nell’apparato si userà la seguente semiografia: lettera incerta
nel documento, κύ(ριος) scioglimento di compendio, ..[.] tracce di lettere nel documento, una in lacuna, †αβγ†
corruzione, [αβγ] integrazione di lacuna meccanica, <αβγ> integrazione di lacuna congetturale, αβγ integrazione
da fonte secondaria, {αβγ} espunzione, αβγ espunzione dello scriba, \αβγ/ integrazione dello scriba. Cf. M.L.
West, Critica del testo e tecnica dell’edizione, cit., pp. 82-84.
40 Camillo Neri
30
Per es. Albiani 1999 = M.G. Albiani, Laureas, in Der Neue Pauly, 6 (1999), p. 1189; Aloni 1983 = A.
Aloni, Eteria e tiaso: i gruppi aristocratici di Lesbo fra economia e ideologia, in «DArch» 1(1983), pp. 21-35;
Aloni 1997a = A. Aloni, Saffo. Frammenti, Giunti, Milano 1997; Aloni 1997b = A. Aloni, Il fr. 94 V di Saffo e
il suo contesto, in A. Degl’Innocenti - G. Moretti (eds.), Miscillo flamine. Studi in onore di Carmelo Rapisarda,
Trento 1997, pp. 13-27.
31
Cfr. T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, tr. it. Einaudi, Torino 2009 (1969; ed. or. Chicago
1962).
32
Neppure dalle più recenti procedure di valutazione della ricerca a livello nazionale e locale: per non fare
che un esempio, il prezioso e laborioso impegno che porta alla redazione dei volumi a stampa e del sito online
dell’«Année Philologique» (<http://cpps.brepolis.net/aph/search.cfm>), il più importante annuario bibliografico a
livello mondiale per le scienze dell’antichità, non ha di fatto alcun valore per la Valutazione della Ricerca di Ate-
neo (VRA) – Area 10 (Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche) dell’Università di Bologna.
33
Se è vero che vi sono molti filologi che si accingono ad ardue imprese senza la debita padronanza di lin-
gua, stile e metro, «particolarmente nelle regioni più meridionali d’Europa», come scrive M.L. West (Critica del
testo e tecnica dell’edizione, cit., p. 63), lo è anche che lo stesso deve dirsi della padronanza bibliografica (di una
bibliografia felicemente plurilingue), specie nelle regioni settentrionali d’Europa (e negli Stati Uniti), e in studiosi
di lingua inglese.
34
H.T. Wallinga, The structure of Herodotus ii 99-142, in «Mnemosyne» s. iv, 12(1959), pp. 204-223: p. 209.
Il metodo della filologia (ovvero, le regole del gioco) 41
«Filologia... è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da
parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un’arte e una perizia di
orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiunge nulla se
non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo fatto è oggi più necessaria che mai; è proprio
per questo mezzo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente, nel cuore di un’epoca
del “lavoro”, intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol
“sbrigare” immediatamente ogni cosa, anche ogni libro antico e nuovo; per una tale arte
non è tanto facile sbrigare una qualsiasi cosa, essa insegna a leggere bene, cioè a leggere
lentamente, in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini lasciando
porte aperte, con dita ed occhi delicati...»39.
tezza sulla competenza), specie nelle lingue classiche, e il riaffermarsi per via informatica (con la pervasività delle
banche-dati e delle rappresentazioni digitali del testo) di nuove vulgatae, cui i nouveaux philologues si accosteran-
no sempre meno attrezzati e con sempre meno senso critico.
39
Tr. it. di F. Masini, in B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica. Da Omero al v secolo, Feltrinelli,
Milano 20064, p. 329.