Venite Alla Festa!
Venite Alla Festa!
Venite Alla Festa!
VESCOVO DI CESENA-SARSINA
ALL’INTERNO:
Pieve di Monte Sorbo (VI-VII secolo)
1.
LA CROCE GEMMATA DI MONTE SORBO
4
Per questi motivi la croce è per noi emblema di vittoria,
è vessillo di gloria2 da innalzare con orgoglio e con corag-
gio davanti a tutti. La portiamo anche sul petto, l’appendia-
mo sui muri delle nostre case, delle nostre scuole, dei no-
stri ospedali. È questa la ragione per cui quest’anno mi so-
no soffermato su una croce un po’ speciale, che conservia-
mo nel nostro tempio più antico, la Pieve di Monte Sorbo.
È una croce che anche visivamente rimanda alla Risurrezio-
ne, è gemmata, è fiorita. Si tratta di un reperto di elevata
antichità essendo databile tra la fine del secolo VIII e gli
inizi del IX. L’imponente lastra tombale (cm 73,5 x 145) in
pietra carsica – lievemente danneggiata sui margini supe-
riore e destro, probabilmente coperchio del sepolcro degli
arcipreti o di un importante personaggio ecclesiastico – si
segnala per la grande croce gemmata che occupa l’intero
campo e per la lunga epigrafe funeraria negli spazi di risul-
ta tra i quattro bracci. La croce gemmata si carica di sim-
bolismo trionfale e l’elemento fitomorfo al sommo del
braccio verticale rappresenta la “croce fiorita”, chiaro riferi-
mento all’Albero della Vita (arbor vitae) che, simbolo esca-
tologico di salvezza, sorge in Paradiso e produce frutti che
donano la vita (pensiamo alla grande croce che campeggia
nell’abside di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna). Anche il
testo epigrafico rimanda alla Risurrezione ed enfatizza il
concetto di trionfo dichiarato dalla crux gemmata:
5
† CRVX XPI (= CHRISTI)
VIVIFICASIO
MORTVORVM.
IHS (= IESVS) XPS (= CHRISTVS) VINCIT.
SCIO QVIA RED(EMP)
TOR MEVS VIV[IT]
ET IN NOVISSIM[O DIE]
PER IPSVM SCI[O]
ME ESSE LIVER[A]
TVRVS3
3 Trad.: «La croce di Cristo ridona la vita ai morti. Gesù Cristo vince. So che
6
Il testo, che nella terza parte cita Giobbe 19, 259, affer-
ma con vigore la forza rigenerante e salvifica della croce.
Notevole il fatto che questo documento lapidario sia «il so-
lo esempio noto di questa particolare tipologia di monu-
mento in tutto il territorio per quanto concerne l’àmbito
cronologico (che si suole definire “carolingio”)», cui è stato
attribuito dal prof. Danilo Mazzoleni, docente al Pontificio
Istituto di Archeologia Cristiana10.
La croce gemmata di Monte Sorbo, evocando il tema
della vita e della festa, ci collega al tema dell’anno pastora-
le11. Dopo quello del lavoro, oggetto della meditazione di
Avvento12, ora – contemplando questa croce gloriosa – af-
frontiamo il tema della festa. Nel ritmo equilibrato e sa-
piente tra lavoro e festa trascorrono i giorni del nostro pel-
legrinaggio terreno facendoci pregustare, fin da adesso, la
gioia del banchetto che il Signore ha preparato per i suoi
figli. Come dice la parabola evangelica, accogliamo l’invito
a far festa: «Venite alle nozze» (Mt 22, 4).
leocristiane del territorio di Sarsina, «Studi Romagnoli», LIX (2008), pp. 39-70, alle
pp. 46-53; PAOLA PORTA, I marmi: considerazioni e problemi, in Monte Sorbo. La
pieve singolare, a cura di MARINO MENGOZZI, Cesena, Stilgraf, 2012, pp. 161-284,
alle pp. 224-228; PAOLA PORTA, L’arredo scultoreo, in La pieve di Monte Sorbo, a
cura di MARINO MENGOZZI, Cesena, Stilgraf, 2014, pp. 161-284, alle pp. 224-228.
11 DOUGLAS REGATTIERI, «Lo pose nel giardino perché lo custodisse e lo colti-
vasse». Educare alla vita buona del vangelo nel lavoro e nella festa. Orientamenti
pastorali 2018-2019, Cesena, Stilgraf, 2018.
12 ID., «Il figlio del falegname». Meditazione per l’Avvento e il Natale 2018,
7
2.
IL CRISTIANO E LA FESTA
13 GIORGIO CAVALLON, Strategie pastorali per uno stile cristiano di fare festa,
«Servizio della Parola» 226, p. 30.
9
la riscoperta dei legami di cui l’uomo ha bisogno per vivere
con Dio, con la natura, con sé stesso e con gli altri. Essa
non è
[…] una tregua nelle lotte e nelle sofferenze della vita, ma è un dare
senso vero al nostro soffrire, lottare, tribolare, per creare più libertà
e per intensificare i rapporti tra le persone14.
10
scienza ecclesiale, mette appunto in evidenza tale carattere della
Pasqua settimanale: «Si tralasciano i digiuni e si prega stando in
piedi come segno della Risurrezione; per questo inoltre tutte le do-
meniche si canta l’alleluia» […]. La domenica, in forza del suo signi-
ficato di giorno del Signore risorto, nel quale si celebra l’opera di-
vina della creazione e della «nuova creazione», è giorno di gioia a
titolo speciale, anzi giorno propizio per educarsi alla gioia, risco-
prendone i tratti autentici e le radici profonde. Essa non va infatti
confusa con fatui sentimenti di appagamento e di piacere, che ine-
briano la sensibilità e l’affettività per un momento, lasciando poi il
cuore nell’insoddisfazione e magari nell’amarezza. Cristianamente
intesa, è qualcosa di molto più duraturo e consolante; sa resistere
persino, come attestano i santi, alla notte oscura del dolore, e, in
certo senso, è una «virtù» da coltivare16.
Sigillo dell’opera creatrice fu la benedizione e consacrazione del
giorno in cui Dio cessò «da ogni lavoro che egli creando aveva fat-
to» (Gn 2, 3). Da questo giorno del riposo di Dio prende senso il
tempo, assumendo, nella successione delle settimane, non soltanto
un ritmo cronologico, ma, per così dire, un respiro teologico. Il co-
stante ritorno dello «shabbat» sottrae infatti il tempo al rischio del
ripiegamento su di sé, perché resti aperto all’orizzonte dell’eterno,
attraverso l’accoglienza di Dio e dei suoi kairoì, ossia dei tempi
della sua grazia e dei suoi interventi di salvezza. […] Quando il co-
mandamento di Dio recita: «Ricordati del giorno di sabato per san-
tificarlo» (Es 20, 8), la sosta comandata per onorare il giorno a lui
dedicato non è affatto, per l’uomo, un’imposizione onerosa, ma
piuttosto un aiuto perché egli avverta la sua vitale e liberante di-
pendenza dal Creatore, e insieme la vocazione a collaborare alla
sua opera e ad accogliere la sua grazia. Onorando il «riposo» di
Dio, l’uomo ritrova pienamente sé stesso, e così il giorno del Si-
gnore si manifesta profondamente segnato dalla benedizione divi-
na (cfr. Gn 2, 3) e si direbbe dotato, in forza di essa, al pari degli
16 SAN GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Dies Domini, 31 maggio 1998,
nn. 55.57.
11
animali e degli uomini (cfr. Gn 1, 22.28), di una sorta di «fecondità».
Essa si esprime soprattutto nel ravvivare e, in certo senso, «molti-
plicare» il tempo stesso, accrescendo nell’uomo, col ricordo del Dio
vivente, la gioia di vivere e il desiderio di promuovere e donare la
vita17.
La domenica deve anche dare ai fedeli l’occasione di dedicarsi alle
attività di misericordia, di carità e di apostolato. La partecipazione
interiore alla gioia di Cristo risorto implica la condivisione piena
dell’amore che pulsa nel suo cuore: non c’è gioia senza amore! Ge-
sù stesso lo spiega, ponendo in rapporto il «comandamento nuo-
vo» con il dono della gioia: «Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti
del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché
la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati»
(Gv 15, 10-12). L’Eucaristia domenicale, dunque, non solo non di-
stoglie dai doveri di carità, ma al contrario impegna maggiormente
i fedeli «a tutte le opere di carità, di pietà, di apostolato, attraverso
le quali divenga manifesto che i fedeli di Cristo non sono di questo
mondo e tuttavia sono luce del mondo e rendono gloria al Padre
dinanzi agli uomini»18.
braio 2019.
12
‘noi’ ed è perciò in controtendenza con la logica dell’io,
dell’egoismo e dell‘individualismo. Si fa festa per stare in-
sieme e per far crescere la comunità. Seconda motivazione:
festeggiando, si sottolinea la dimensione integrale dell’uo-
mo che non può essere ridotto alla pura dimensione prag-
matica; fare festa infatti non risponde alle domande: cosa
serve?, quale vantaggio ne viene a me?; ma è pura gratuità;
è momento in cui tutto l’uomo è coinvolto: materia (biso-
gni fisici come mangiare, riposarsi…) e spirito (bisogni spi-
rituali come stare insieme, rinnovare le relazioni…). Terza
motivazione:
Le feste ci invitano anche a diffondere l’amore ‘civico e politico’,
cercando di ‘costruire un mondo migliore’, migliorando le ‘macro-
relazioni’, cioè ‘sociali, economiche e politiche’, per il bene comune,
per una cultura della cura che può permeare tutta la società (Lau-
dato si’, n. 231)20.
20 Ivi.
13
3.
LA PASQUA CRISTIANA
15
del tempio del suo corpo» (Gv 2, 19.21). La seconda pasqua
ebraica (cfr. Gv 6, 1-4) fa da sfondo al prodigio dei pani. Il
successivo discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao
(cfr. Gv 6, 22-66) proietta verso la Risurrezione:
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna
nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo,
perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal
cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che
io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6, 48-51).
b) Il Mistero pasquale
La Pasqua dell’Alleanza nuova, come la chiama Luca
(cfr. Lc 22, 20), irrompe così nella storia e costituisce un
germe potente di vita per ogni uomo e per il mondo intero.
Noi la chiamiamo Mistero pasquale: Cristo morto e risorto
per noi, nucleo originario e fondante l’esperienza cristiana.
Tale Mistero si rinnova misticamente nella celebrazione eu-
caristica: «Ogni volta infatti che mangiate questo pane e
bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché
egli venga» (1 Cor 11, 26). Fin dall’inizio tale Mistero fu ce-
lebrato settimanalmente alla domenica, chiamata anche la
16
«Pasqua della settimana»24; successivamente la sua celebra-
zione si distese annualmente nell’arco di tre giorni, i riti del
Triduo sacro.
La santa madre Chiesa […] ogni settimana, nel giorno a cui ha da-
to il nome di domenica, fa memoria della Risurrezione del Signore,
che essa celebra anche una volta all’anno, unitamente alla sua bea-
ta passione, con la grande solennità di Pasqua25.
24 Cfr. SAN GIOVANNI PAOLO II, Lett. Apost. Dies Domini, n. 1; BENEDETTO XVI,
26 Ivi, n. 106.
17
legriamoci ed esultiamo» (Sal 117, 24). «Tutto ciò che Dio ha creato
di più grande e di più sacro», ricordava Leone Magno, «è stato da
lui compiuto nella dignità di questo giorno»: l’inizio della creazione,
la Risurrezione del Figlio suo, l’effusione dello Spirito Santo, ebbero
ugualmente luogo in questo giorno. Per questo, nessun altro gior-
no è altrettanto sacro per il cristiano quanto la domenica27.
18
d) La celebrazione annuale della Pasqua
Nel corso dell’anno liturgico la Chiesa celebra il Miste-
ro pasquale solennemente nei giorni del cosiddetto Triduo
pasquale: Cristo morto, sepolto e risorto.
Il Triduo della Passione della Risurrezione del Signore risplende al
vertice dell’anno liturgico, poiché l’opera della redenzione umana e
della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo spe-
cialmente per mezzo del mistero pasquale, con il quale, morendo,
ha distrutto la nostra morte, e, risorgendo, ci ha ridonato la vita30.
19
Noi dobbiamo essere desti in questa veglia che è come la madre di
tutte le sante veglie e nella quale tutto il mondo veglia! […] La ce-
lebrazione di questa veglia in tutto il mondo è tanto luminosa da
costringere a vegliare materialmente anche coloro che nel loro
cuore non dico che dormono, ma sono sepolti in una tenebrosa
empietà. […] Veglia perciò in questa notte sia il mondo nemico, sia
il mondo riconciliato. Questo, liberato, veglia per lodare il medico;
quello, condannato, veglia per insultare il giudice. Veglia l’uno con
il cuore devoto, veglia l’altro arrotando i denti, fremente e rabbioso.
[…] E così i nostri nemici stessi, anche se ignari, ci avvertono come
dobbiamo vegliare noi, quando per causa nostra vegliano anche
coloro che ci sono contro. […] Anche se per motivi diversi, questa
solennità li tiene tutti eccitati. Con quanta gioia dovrà vegliare chi
di Cristo è amico, quando veglia con dolore chi gli è nemico? […]
Allora vegliamo e preghiamo per celebrare la veglia sia con l’este-
riorità sia con l’interiorità32.
20
4.
OGNI GIORNO È PASQUA
21
Indico tre atteggiamenti di questa spiritualità pasquale:
Non è forse normale che la gioia abiti in noi allorché i nostri cuori
ne contemplano o ne riscoprono, nella fede, i motivi fondamentali?
Essi sono semplici: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Fi-
glio unigenito; mediante il suo Spirito, la sua Presenza non cessa di
avvolgerci con la sua tenerezza e di penetrarci con la sua Vita; e
noi camminiamo verso la beata trasfigurazione della nostra esi-
stenza nel solco della Risurrezione di Gesù. Sì, sarebbe molto stra-
no se questa Buona Novella, che suscita l’alleluia della Chiesa, non
ci desse un aspetto di salvati. La gioia di essere cristiano, stretta-
mente unito alla Chiesa, «nel Cristo», in stato di grazia con Dio, è
davvero capace di riempire il cuore dell’uomo34.
22
c) Una “tenerezza combattiva”
Per vincere la tentazione dello scoraggiamento e del
pessimismo, per superare la noia della routine quotidiana,
per sopportare la pesantezza delle croci ci sostiene la con-
sapevolezza che abbiamo tutte le forze e potenzialità inte-
riori per essere uomini pasquali, anche dentro le tribolazio-
ni. Questa forza viene dalla presenza dello Spirito Santo in
noi. Perciò bisogna combattere, ma con tenerezza:
Il trionfo cristiano è sempre una croce, ma una croce che al tempo
stesso è vessillo di vittoria, che si porta con una tenerezza combat-
tiva contro gli assalti del male. Il cattivo spirito della sconfitta è fra-
tello della tentazione di separare prima del tempo il grano dalla
zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica36.
23
CONCLUSIONE
vasse». Educare alla vita buona del vangelo nel lavoro e nella festa, Orientamenti
pastorali 2018-2019, p. 36.
25
più per quello che è che per quello che ha»39. Nel caso della
parabola: vale più essere tra gli invitati alla mensa di Dio o
avere molti buoi?
Infine – come dice la parabola (cfr. Lc 16, 20) – se i le-
gami familiari ci impediscono di accettare l’invito e di en-
trare nella gioia di Dio, c’è da chiedersi che senso ha la pa-
rola di Gesù: «Chi ama padre o madre più di me, non è de-
gno di me» (Mt 10, 37). Se arriviamo a contrapporre la mo-
glie a Dio o i figli a Dio o la famiglia a Dio, forse non ab-
biamo compreso un altro importante principio della nostra
fede: che mettere Dio dentro la propria vita significa porre
un fondamento certo per godere della moglie, dei figli e di
ogni altra cosa… Lo ha detto a chiare lettere sempre il
Concilio Vaticano II: «La creatura, infatti, senza il Creatore
svanisce»40. La moglie, i figli e le cose sganciate o poste in
antitesi al Creatore spariscono nel nulla!
Belle le parole di un antico padre della Chiesa, sant’A-
tanasio, che afferma che per chi si avvicina a Dio e mette
lui al centro della vita è sempre festa:
Chiunque desideri celebrare la festa, abbia in sé questo fervore e
questa gioia: noi andiamo da lui perché lui stesso è la festa. E poi-
ché il Signore è con noi fino alla fine del mondo, già ora su questa
terra saremo nella gioia per celebrare poi nei cieli la festa perfet-
ta… Ma è veramente festa quando chi ha peccato passa da una vi-
ta malvagia a una vita buona, e quando ci ricordiamo dei poveri e
non ci dimentichiamo dell’ospitalità, ma vestiamo chi è nudo e ac-
cogliamo in casa nostra chi non ha casa41.
26
Per questo motivo, l’esercizio della carità verso i poveri
è un modo per vivere autenticamente la festa. La Quaresi-
ma, tempo anche di carità fraterna, ci fa «uscire dalla stol-
tezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusio-
ne di assicurarci un futuro che non ci appartiene»42; ci sti-
mola inoltre a vivere con intensità l’iniziativa diocesana che
qui propongo e che si concluderà, come ogni anno, duran-
te la santa Messa crismale il 17 aprile 2019.
@ Douglas Regattieri
VESCOVO DI CESENA-SARSINA
27
INDICE
2. IL CRISTIANO E LA FESTA 9
3. LA PASQUA CRISTIANA 15
a) La pasqua ebraica celebrata da Gesù 15
b) Il Mistero pasquale 16
c) La celebrazione settimanale della Pasqua 17
d) La celebrazione annuale della Pasqua 19
CONCLUSIONE 25
LE MEDITAZIONI DEL VESCOVO DOUGLAS REGATTIERI
Quaresima 2011 «Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo»
Natale 2011 «Oggi devo fermarmi a casa tua»