Civiltà Romana 2 PDF
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CIVILTA
civiltà romana
I TESTI
ORIGINALI
LATINI
I POLITICI
CORROTTIUn caso giudiziario
che fece scandalo duemila anni fa
70 a.C.
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EDITORIALE
A
chi sostiene che la storia antica sia una materia ormai inutile e polve-
rosa, consigliamo vivamente di leggere il servizio dedicato al caso
giudiziario che coinvolse le figure di Verre e Cicerone. Corruzione,
concussione, ricatto, subornazione, appropriazione indebita, furto di opere
d’arte, tentativo di manipolare le elezioni, giocare sui tempi della giustizia, scre-
ditare la controparte con false accuse: non esiste un caso più moderno di questo.
La sfida a colpi di atti legali e arringhe, grazie a cui Cicerone strappò una
vittoria insperata guadagnandosi fama eterna, è avvincente come un thriller.
Ma insegna anche che tutti i peggiori artifici per addomesticare una senten-
za sono vecchi di millenni, e che perfino a Roma, la città in cui il diritto era
stato inventato e portato a perfezione, il tribunale si presentava come una
giungla piena di serpenti, paludi, tranelli. Perché, come dicevano i saggi,
non c’è niente di meno vecchio dell’antico.
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Giorno dopo giorno, La storia della più Lo speciale sulle forze Una grandiosa La Storia decisa Le ambizioni di
la tragica parabola antica e grande civiltà d’élite più preparate e avventura durata da idealisti, pazzi espansione degli
di un grande tiranno europea coraggiose al mondo tre secoli e criminali italiani nel mondo
La storia e i grandi La storia e la vita di La città santa di tre Un salto nel tempo Gli incontri di grandi Un pellegrinaggio
personaggi della uno dei corpi militari religioni attraverso per rivivere il mondo uomini con donne magico, da conoscere
frontiera americana italiani più famosi i millenni degli antichi romani speciali passo dopo passo
Un corpo militare La storia fatta da Una stagione dell’arte Il destino li ha messi Uomini e donne di Le terrorizzanti
che è prima di tutto uomini unici italiana fantastica su un trono: vite ogni epoca, segnati invasioni che hanno
una fede, un ideale e imprescindibili e irripetibile chiacchierate e invidiabili da un grande destino creato l’Europa
12 Educazione
Scuola, maestri e studenti
18 Cover Story
I politici corrotti. Lo scandalo che sconvolse la Repubblica
28 Religione
Mitra, il dio dei legionari
32 Imperatori
Un trono per sei
44 Vita quotidiana
Quando gli uomini portavano la toga
48 Cucina
Roma caput vini
54 Architettura
Un ponte per la vittoria
60 Tecnologia
Le chiavi, a protezione del tesoro
62 Monarchia
Numa Pompilio, il re che amava le donne
68 Militaria
Gli elmi: a testa ben protetta
74 Viaggi e mete
Il porto della dea Luna
76 Teatro
Miles gloriosus, storia di uno spaccone
78 Rievocazioni e news
PROSSIMO
80 Libri, mostre, film NUMERO QUESTA CARTA
IN EDICOLA RISPETTA
82 Simboli
La cornucopia
IL
NOVEMBRE L’AMBIENTE
CIVILTÀ ROMANA 5
SGUARDO LASCIVO
Messalina in una tela
del pittore danese
Peder Severin Krøyer:
procace e coperta di
gioielli, sembra malce-
lare la passione per
il lusso e gli eccessi
sessuali per cui è
passata alla Storia.
Nella pagina a fronte,
un cammeo con l’effigie
della donna e dei figli.
6 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI
MESSALINA
IMPERATRICE LUSSURIOSA
Moglie di Claudio, l’imperatore che succedette a Caligola,
si guadagnò la fama di donna spietata e sessualmente
insaziabile. Forse erano solo dicerie, ma la cosa non impedì
che su di lei si abbattesse la damnatio memoriae
M
essalina era figlia dei patrizi Messalla be, concedendosi a gladiatori e soldati. Anche
Barbato e Domizia Lepida. La sua bi- di questo, infatti, la si accusava. Claudio non la
snonna, Ottavia, era sorella del primo dotò mai di alcun titolo: nemmeno quello di Au-
imperatore, Augusto, e nonna materna di Clau- gusta, che le sarebbe spettato in quanto consorte
dio. Di quest’ultimo sovrano, che regnò dal 41 dell’imperatore. Anzi, nel 48 Messalina fu co-
al 54, Messalina sarebbe diventata la stretta a rifugiarsi con la madre nei giar-
terza moglie, intorno al 40, quan- dini di Lucullo con l’ordine di darsi
do aveva 15 anni. Da Claudio la morte. Si ferì al seno e al col-
ebbe due figli: Ottavia, che lo, ma non ebbe il coraggio
sarebbe andata in sposa a d’infliggersi il colpo fatale,
Nerone, e Britannico. assestatole da un tribuno
Le fonti lasciano in- su ordine di Claudio stes-
tendere che Messalina so. Svetonio narra che
s’improvvisò “censore” l’imperatore, pronto per
della moralità pubblica, consumare il banchetto,
concluse loschi affari abbia chiesto perché la
pur di ottenere guada- signora non fosse arriva-
gni elevati e fece toglie- ta. Un liberto gli ricordò
re la cittadinanza ai suoi allora che il sole aveva illu-
nemici personali per darla minato Roma per due volte
ad altri. Tutte cose esecrabili, da quando Messalina era sta-
ma in realtà non esistono prove ta uccisa per suo volere.
a suo carico. Non siamo neppure si-
curi che, completamente depilata, gli occhi IL PIÙ BELLO DI ROMA
bistrati con l’antimonio, le labbra dipinte di un Stando alle voci, spesso malevole, la donna
rosso lascivo, seni e capezzoli cosparsi di polvere frequentava i postriboli dell’Urbe e gli angoli
dorata, amasse prostituirsi nei lupanari dell’Ur- più loschi delle strade romane pur di procu- ›
CIVILTÀ ROMANA 7
MESSALINA, IMPERATRICE LUSSURIOSA
IL PAVIDO rarsi uomini, per cui nutriva un’attrazione ir- dei suoi discorsi, Caio aveva citato alcuni ver-
Sotto, nel dipinto resistibile. Un giorno conobbe colui che Tacito si del poeta Orazio, relativi alle limpide acque
di Lawrence avrebbe definito “il più bel giovane di Roma”, del fiume Xanto, in cui «Apollo amava intin-
Alma-Tadema La il console Caio Silio, e promise a se stessa di gere le chiome», per poi passare a parlare del
proclamazione non lasciarselo scappare. La moglie del prescel- melmoso fiume Rodano. Silio, a quel punto,
di Claudio a to, Giulia Silana, era nota per i tradimenti ai ricordando che Claudio era stato costretto da
imperatore (1867), danni del consorte, quindi non costituiva un Caligola (in modo umiliante) a fare il bagno
il momento in cui particolare ostacolo; anzi, a maggior ragione,la proprio in quel fiume, aveva aggiunto: «In cui
Claudio, celatosi sua infedeltà avrebbe spinto il console tra le ama intingere le chiome Claudio». La fred-
dietro una tenda braccia di Messalina. Anche Caio Silio, dura aveva fatto esplodere in sonore
per timore di da parte sua, aveva ottime ragioni risate i senatori: per l’imperatore
essere ucciso, per nutrire rancore verso la fa- era stata una ferita insanabile.
veniva invece miglia imperiale: suo padre era
investito della stato costretto ad ammazzarsi DIVORZIO E MATRIMONIO
porpora imperiale da Tiberio, zio di Claudio e im- Le doti seduttive di Mes-
dai soldati. Al peratore dal 14 al 37. Per di più, salina fecero capitolare Silio,
centro, un denario il console lamentava il fatto che che divorziò da Giulia. A dir-
con l’effigie del Claudio non l’avesse mai conside- la tutta, il console era attratto
sovrano. Nella rato, nonostante gli anni di servizio dalla moglie dell’imperatore, ma
pagina a fronte, militare condotti con onore. Da parte sua, sapeva anche che, se si fosse sottratto
Messalina in l’imperatore aveva più di un motivo per dete- alla sua corte, sarebbe stato eliminato con
un’idealizzazione stare Silio. In particolare, lo odiava da quando una condanna a morte per futili motivi. Ot-
ottocentesca. si era prodotto in una battuta contro di lui in tenuto ciò che voleva, Messalina intendeva
Senato: mentre Claudio si profondeva in uno convolare a nuove nozze con Silio dopo avere
8 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI
IL DIVO CLAUDIO
CIVILTÀ ROMANA 9
MESSALINA, IMPERATRICE LUSSURIOSA
10 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI
CIVILTÀ ROMANA 11
SCUOLA
MAESTRI E STUDENTI
Le prime scuole pubbliche romane nacquero solo nel tardo
periodo repubblicano. Prima di allora, l’insegnamento era affidato
a maestri privati, generalmente schiavi o liberti di origine greca,
e l’educazione mirava soprattutto a formare virtuosi cittadini
di Alessandra Colla
12 CIVILTÀ ROMANA
EDUCAZIONE
M
entre in Grecia il saggio Licurgo Roma antica da quello delle civiltà coeve e A LEZIONE
(leggendario legislatore spartano, successive: i bambini dovevano imparare a Magister romano
vissuto tra il IX e l’VIII secolo a.C.) memoria le Leggi delle XII Tavole. Emana- con tre allievi, in
aveva dettato norme precise per l’educazione te nel 451 a.C., erano le prime leggi scritte un bassorilievo da-
dei fanciulli, nella Roma antica non esisteva della Repubblica. Ispirate alle norme greche tato 180-185 ca.,
nulla di simile. Dall’età arcaica fino alla metà e incise su dodici tavole di bronzo affisse rinvenuto presso
del IV secolo a.C., l’istruzione impartita ai nel Foro, erano comprensibili e accessibili a Neumagen-Dhron,
giovani, in base alle informazioni che abbiamo, tutti i cittadini. Il fatto d’iniziare qualsiasi vicino alla città
doveva essere piuttosto scarna ed essenziale. educazione sul testo base del diritto romano tedesca di Treviri.
Bisogna però considerare che Roma stessa, garantiva la formazione del civis romanus, il
con le sue istituzioni e i suoi costumi, era cittadino romano, plasmato sui valori solidi
una scuola naturale di virtù civili e milita- e immutabili che assicuravano l’esistenza e
ri. I bambini imparavano a leggere e scri- il potere dell’Urbe. Del resto, come scriveva
vere dai familiari, in particolare dal padre, Ennio, poeta del III secolo a.C., considerato
o da schiavi istruiti. Costoro provvedevano il padre della letteratura latina: «È sui costu-
poi a trasmettere ai piccoli le competenze mi antichi che riposa la grandezza di Roma».
fondamentali, a seconda che fossero maschi
o femmine: agricoltura e arti militari per i DALLE LEGGI ALLA RELIGIONE
primi, filatura, tessitura, cucito ed econo- Un posto di riguardo spettava all’educa-
mia domestica per le seconde. Un partico- zione religiosa: i bambini imparavano a me-
lare, però, distingueva l’insegnamento nella moria i Carmina Saliaria, i canti dei Salii, ›
CIVILTÀ ROMANA 13
SCUOLA, MAESTRI E STUDENTI
14 CIVILTÀ ROMANA
EDUCAZIONE
LA RIVOLUZIONE DI QUINTILIANO
CIVILTÀ ROMANA 15
SCUOLA, MAESTRI E STUDENTI
LE PUNIZIONI CORPORALI
16 CIVILTÀ ROMANA
EDUCAZIONE
LA GERARCHIA SCOLASTICA
Al livello più basso stavano gli abecedarii,
cioè gli scolari che studiavano ancora l’alfabe-
to; seguivano i syllabarii, che imparavano le
sillabe e il modo di combinarle nelle parole;
infine c’erano i nominarii, che erano in grado
di leggere e scrivere le parole complete.
Compiuti i 12 anni, gli allievi in grado,
per capacità e mezzi, di continuare a studiare
venivano avviati al secondo livello, dove un
grammaticus insegnava loro materie letterarie e
scientifiche: lingua e letteratura greca e latina, di trenta allievi: impresa non facile, data l’a- GLI ESSENZIALI
storia, geografia, fisica e astronomia. Poiché, spra concorrenza. Così, era inevitabile che gli I principali
per le donne, l’età minima per sposarsi era 12 insegnanti cercassero di arrotondare le loro “attrezzi del
anni, molte allieve dovevano lasciare la scuola magre entrate come potevano: molti faceva- mestiere” dello
quando ne avevano 10 o 11; poche fortunate no gli scrivani, o s’ingegnavano a dare lezioni studente erano lo
potevano continuava gli studi in privato. private, magari a qualche adulto desideroso stilo (qui accanto)
Il livello scolastico più alto era quello intra- di recuperare il tempo perduto. e le tavolette cera-
preso sotto la guida di un rhetor, maestro di Il sistema scolastico ricevette forte impulso te, contenuti in
retorica e di eloquenza, che formava i giovani in epoca imperiale, soprattutto nel periodo un astuccio detto
desiderosi di intraprendere la carriera politica, tra i principati di Augusto (27 a.C.-14 d.C.) capsa (nel tondo,
per i quali l’abilità oratoria era fondamenta- e Marco Aurelio (161-180). Vespasiano, il particolare di un
le. Completato anche questo ciclo di che regnò dal 69 al 79, fu il primo affresco pompe-
studi, che durava due anni, chi a concepire la figura professio- iano). L’abaco
poteva permetterselo si recava nale dell’insegnante come di- (sopra, un esem-
all’estero per perfezionarsi pendente statale, stipendiato plare metallico)
nella filosofia o nelle scien- dal governo. Dopo di lui, era un ausilio più
ze: Atene e Rodi in Grecia, Adriano (117-138) incenti- raro e costoso.
Pergamo in Asia Minore e vò la diffusione delle scuole Nella pagina a
Alessandria in Egitto erano anche nelle province più fronte, strumenti da
le mete più ambite. estreme dell’Impero, of- scrittura oggi al
Per tutti, l’anno scolastico frendo privilegi economi- Museo nazionale di
iniziava alla fine di marzo e du- ci a maestri e precettori che antichità di Leida,
rava otto mesi, con frequenti in- avessero accettato di stabilirvisi. in Olanda.
terruzioni legate alle molte festività Alessandro Severo (222-235) fondò
che caratterizzavano la vita romana. scuole pubbliche e istituì borse di studio
A dispetto dell’importanza del loro compi- per gli allievi poveri ma meritevoli, permet-
to, quella dei maestri non era una classe privi- tendo che continuassero a studiare. Graziano
legiata. Nel I secolo d.C., l’onorario di un in- (367-383) stabilì per ogni città, a seconda
segnante di qualsiasi livello non superava i 20 dell’importanza, la somma che doveva cor-
sesterzi al mese: lo stipendio di un manovale. rispondere ai maestri. Nel 425, Teodosio II
Con il tempo le cose sarebbero cambiate di fondò la Scuola di Costantinopoli, dedicata
poco, come testimonia l’editto De pretiis (Sui agli studi di alto livello, qualcosa di mol-
prezzi), emesso dall’imperatore Diocleziano to simile alla nostra università. Fu l’ultimo
nel 301. Per portare a casa la stessa somma atto della politica educativa di Roma. Cin-
di un artigiano non specializzato, un mae- quant’anni dopo, l’Impero Romano d’Occi-
stro doveva riuscire a mettere insieme classi dente crollava dando inizio al Medioevo.
CIVILTÀ ROMANA 17
18 CIVILTÀ ROMANA
COVER
COVER STORY
STORY
I POLITICI
CORROTTI
LO SCANDALO CHE SCONVOLSE LA REPUBBLICA
Un amministratore rapace e potente, Verre, e un giovane avvocato
accusatore avviato a una brillante carriera politica, Cicerone.
Sono i due uomini che, nel 70 a.C., tengono Roma con il fiato sospeso
per un celebre caso giudiziario destinato a dividere l’Urbe
di Elena Percivaldi
L’
inverno di Roma, nel 70 a.C., fu insoli- L’AVVOCATO la ricchezza della regione (soprannominata “gra-
tamente rovente. Il “processo del seco- A lato, Cicerone naio della Repubblica” per le abbondanti messi),
lo” catalizzava l’attenzione del popolo, all’epoca in cui era che era anche un centro artistico
in attesa di vedere sul banco degli imputati già un oratore e e culturale di prim’ordine,
un personaggio eccellente come Gaio Licinio politico affermato. data la cospicua eredità
Verre, ex propretore della Sicilia, accusato di Quando affrontò magnogreca. Cicerone
concussione dagli abitanti della provincia. A il processo contro aveva sentito parlare
difenderlo, un collegio di avvocati di prim’or- Verre aveva invece anche di Verre, uno
dine, capitanato da Quinto Ortensio Ortalo, poco più di trent’anni scaltro e avido senatore
principe indiscusso del Foro. A puntare il dito e la sua carriera che si era dato da fare,
contro di lui, invece, un giovane e appassiona- politica era agli inizi. tanto in Italia quanto in
to oratore, Marco Tullio Cicerone, che aveva Infatti, tra i gradini Oriente, per soddisfare
preso a cuore l’appello dei siciliani per tentare del cursus honorum la sua insaziabile brama di
un’impresa quasi impossibile: far condannare aveva salito solo denaro e di potere. Prima di
un senatore colpevole di malgoverno con una quello di questore, diventare governatore
sentenza che poteva cambiare la Storia. quando era assurto della Sicilia, Verre era
a tale carica per la stato questore in
RAPACITÀ AL POTERE città di Lilibeo, in Gallia Cisalpina
Cicerone aveva allora 36 anni e già da un Sicilia. Nella pagina insieme al conso-
decennio calcava la scena politica e l’agone del a fronte, Cicerone in le Gneo Papirio
Foro, ma questo era il suo primo incarico de- un dipinto di Cesare Carbone, con
cisivo. Conosceva lo scenario molto bene. Cin- Maccari del 1880. il compito di
que anni prima, nel 75 a.C., era stato questore amministra-
a Lilibeo (l’odierna Marsala) e aveva apprezzato re la cassa ›
CIVILTÀ ROMANA 19
I POLITICI CORROTTI. LO SCANDALO CHE SCONVOLSE LA REPUBBLICA
CAUSA COLLETTIVA
Quando, a rivolta degli schiavi ormai placa-
ta, giunse per Verre il momento di lasciare il
posto, aveva accumulato un’enorme fortuna;
non solo in denaro (racimolato anche grazie
al prestito a usura), ma anche in innumerevoli
oggetti d’arte, dai quali era attratto in modo
ossessivo. Non ebbe neanche il tempo d’im-
barcarsi per Roma che i siciliani, tirato un
sospiro di sollievo, si organizzarono per ven-
dicarsi. L’idea era quella di costituirsi parte ci-
vile, trascinando Verre in tribunale con un’ac-
cusa infamante (per quanto purtroppo non
infrequente): “de pecuniis repetundis”, cioè
concussione. Mancava però il grande accusa-
tore, un avvocato che raccogliesse le prove del
suo rapace malgoverno e le portasse davanti
al pretore Manio Acilio Glabrione, allora pre-
20 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY
21
I POLITICI CORROTTI. LO SCANDALO CHE SCONVOLSE LA REPUBBLICA
IL FILOSOFO
Nato ad Arpino, non
lontano da Frosino-
IL PROCESSO A VERRE
ne, il 3 gennaio del NELLE ARRINGHE DI CICERONE
106 a.C., Cicerone
ebbe anche fama ACTIO PRIMA, 1-1 I ORAZIONE, 1-1
di filosofo. Amante Quod erat optandum maxime, L’occasione più fortemente desiderata,
della cultura ellenica, iudices, et quod unum ad invidiam o giudici, la sola veramente adatta a
s’impegnò a trovare vestri ordinis infamiamque sedare l’antipatia verso la vostra classe
il corrispondente vo- iudiciorum sedandam maxime e il discredito per l’istituto giudiziario,
cabolo latino per tutti pertinebat, id non humano consilio, vi è data in un momento critico per
i termini specifici del sed prope divinitus datum atque lo Stato, non da consiglio umano,
linguaggio filosofico oblatum vobis summo rei publicae ma quasi dal volere divino. Da lungo
greco. Qui, una sua tempore videtur. Inveteravit enim tempo ormai si è diffusa, non solo
testa in terracotta. iam opinio perniciosa rei publicae, tra noi, ma anche fra gli altri popoli,
vobisque periculosa, quae non modo l’opinione (esiziale per la Repubblica
apud populum Romanum, sed etiam e per voi rischiosa) che, con l’attuale
apud exteras nationes, omnium sistema giudiziario, un uomo ricco
sermone percrebruit: his possa, per quanto colpevole, sottrarsi
iudiciis quae nunc alla giustizia. Ora, appunto, in un
sunt, pecuniosum momento così delicato per la vostra
hominem, quamvis classe e per il potere giudiziario,
sit nocens, mentre vi è gente pronta a tentare,
neminem posse con pubblici dibattimenti e proposte
damnari. di legge, di suscitare quest’odio
Nunc, in ipso contro il Senato, si presenta dinanzi
discrimine ordinis a voi come imputato Gaio Verre:
iudiciorumque uomo già condannato dalla pubblica
vestrorum, cum opinione per la sua vita di misfatti,
sint parati qui ma che, stando alle sue speranze e
contionibus et affermazioni, è stato, grazie ai suoi
legibus hanc ingenti mezzi finanziari, già assolto.
invidiam senatus Io ho abbracciato questa causa, o
inflammare giudici, con il pieno assenso e la viva
conentur, [reus] in aspettazione del popolo romano, non
iudicium adductus per accrescere l’ostilità verso il vostro
est [C. Verres], ordine, ma per porre un argine al
homo vita atque factis generale discredito.
omnium iam opinione Ho portato dinanzi a voi un uomo,
damnatus, pecuniae che vi offre la possibilità di ridare
magnitudine sua spe alla giustizia la perduta stima, di
et praedicatione riconciliarvi col popolo romano,
absolutus. Huic di dare soddisfazione ai popoli
ego causae, iudices, stranieri; un uomo che è stato il
cum summa voluntate et grassatore del pubblico erario,
expectatione populi l’oppressore dell’Asia Minore e della
Romani, actor Panfilia, predone della giustizia
accessi, non ut da lui amministrata come pretore
augerem invidiam urbano, peste e rovina della provincia
ordinis, sed ut siciliana. Se voi lo giudicherete con
infamiae communi rigore e secondo coscienza, resterà
succurrerem. saldo quel prestigio che è vostro
22 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY
CIVILTÀ ROMANA 23
I POLITICI CORROTTI. LO SCANDALO CHE SCONVOLSE LA REPUBBLICA
SETE DI DENARO apud civem Romanum, denique nihil ciò che gli capitasse davanti agli
Sotto, una serie istum, quod ad oculos animumque occhi e suscitasse la sua bramosia,
di monete coniate acciderit, neque privati neque fosse un oggetto d’arte privato o
attorno al 100 a.C. publici neque profani neque sacri pubblico, profano o sacro, costui
e accumulate in molti tota in Sicilia reliquisse. non ha lasciato nell’intera Sicilia
tesoretti all’epoca assolutamente nulla.
in cui Verre si rese ACTIO SECUNDA V, 28
colpevole dei suoi Quo loco non mihi praetermittenda II ORAZIONE V, 28
misfatti. Fino alla videtur praeclari imperatoris egregia A questo punto non mi sembra giusto
riforma di Caracalla, ac singularis diligentia. Nam scitote sottacere la nobile e originale attività
in età imperiale, il oppidum esse in Sicilia nullum ex di questo brillante generale. Sappiate,
denario d’argento, iis oppidis in quibus consistere dunque, che in Sicilia non c’è alcuna
battuto per la prima praetores et conventum agere città, fra quelle dove i governatori
volta a Roma intorno soleant, quo in oppido non isti ex abitualmente si fermano e tengono le
al 211 a.C., costituì aliqua familia non ignobili delecta sessioni giudiziarie, nella quale non
l’ossatura dell’econo- ad libidinem mulier esset. Itaque non si scegliesse una donna appartenente
mia romana. nullae ex eo numero in convivium a famiglia non certo di infimo rango
adhibebantur palam; si quae per darla in pasto alla sua lussuria. Si
castiores erant, ad tempus veniebant, procedeva così: alcune di esse erano
lucem conventumque vitabant. invitate pubblicamente a banchetto;
Erant autem convivia non illo invece quelle più riservate, se
silentio populi Romani praetorum c’erano, arrivavano a ore particolari
atque imperatorum, neque eo per evitare la luce del giorno e le
pudore qui in magistratuum compagnie numerose.
conviviis versari soleat, sed I banchetti, inoltre, non rispettavano
cum maximo clamore atque quel silenzio che è conforme alla
convicio; non numquam etiam dignità di un governatore e di un
res ad pugnam atque ad generale del popolo romano, e
manus vocabatur. Iste enim neppure la decenza che solitamente
praetor severus ac diligens, qui regna nei conviti dei magistrati;
populi Romani legibus ma si svolgevano nel clamore più
numquam paruisset, assordante e fra gli schiamazzi
illis legibus quae in più scomposti. Talora la situazione
poculis ponebantur degenerava in rissa e si veniva
diligenter addirittura alle mani. Infatti questo
obtemperabat. governatore severo e scrupoloso, che
Itaque erant non si era mai sognato di obbedire
exitus eius modi alle leggi del popolo romano,
ut alius inter manus ottemperava meticolosamente alle
e convivio tamquam leggi che si stabilivano nel bere.
e proelio auferretur, Ecco come andavano a finire queste
alius tamquam occisus manovre: un tizio veniva portato via a
relinqueretur, plerique ut braccia dalla sala del convito come
fusi sine mente ac sine dal teatro di una battaglia; un altro
ullo sensu iacerent, veniva lasciato lì come un caduto sul
– ut quivis, cum campo; i più giacevano qua e là,
aspexisset, non lunghi distesi al suolo, fuori di testa
se praetoris e ormai privi di sensi (che se uno
convivium, sed mai li avesse visti, avrebbe creduto
Cannensem di assistere non al banchetto di un
pugnam nequitiae governatore, bensì alla battaglia di
videre arbitraretur. Canne della depravazione).
24 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY
lo smacco, non restò che far ritardare il più processo: se fosse iniziato ad aprile, il perico- LO STORICO
possibile l’inizio del processo. Il nuovo anno, lo di dover fronteggiare giudici in combutta In Sicilia, Cicerone
tutti lo sapevano, avrebbe portato giudici più con la controparte sarebbe stato scongiurato. visitò Siracusa e rin-
compiacenti di Glabrione, che aveva fama venne la tomba del
di essere integerrimo. Verre, inoltre, avrebbe CORSA CONTRO IL TEMPO celebre matematico
manovrato come d’abitudine affinché i suoi Ortensio, però, era un uomo fin troppo Archimede. Scrive
alleati, tra cui lo stesso Nasica, acquisissero ca- scaltro. Sfruttando i contatti di Verre in nelle sue Tuscula-
riche influenti nelle imminenti elezioni. Oriente, spinse un sodale a portare in tribu- nae: «Io quand’ero
Arrivare a luglio era invece ciò che Cice- nale, con la medesima accusa “de repetun- questore scoprii la
rone voleva assolutamente evitare. Fintanto dis”, un vecchio governatore della Macedo- sua tomba, scono-
che in tribunale c’era Glabrione, la speranza nia, chiedendo solo 108 giorni per prepa- sciuta ai Siracusani,
di un processo equo era salva; dall’estate in rarsi, due in meno di Cicerone: in base alla cinta con una siepe
poi, invece, gli amici corrotti di Verre avreb- legge, il secondo processo sarebbe allora pas- da ogni lato e vesti-
bero preso in mano il tribunale e a quel pun- sato davanti a quello contro Verre. L’esca- ta da rovi e spineti».
to sarebbe stato quasi impossibile assicurare motage avrebbe fatto slittare il dibattimento Sotto, l’evento in un
alla giustizia l’ex governatore. Era necessario a luglio; in tal modo gli avvocati difensori dipinto di Martin
anticipare il più possibile i tempi, così il 20 guadagnavano il tempo necessario per por- Knolle (1725-1804).
gennaio Cicerone chiese temerariamente a tarsi a ridosso delle agognate elezioni.
Glabrione soltanto 110 giorni per istruire il In una forsennata corsa contro il tempo, ›
CIVILTÀ ROMANA 25
I POLITICI CORROTTI. LO SCANDALO CHE SCONVOLSE LA REPUBBLICA
L’ARRINGATORE Cicerone raccolse a Roma quante più prove aveva promesso sostegno alle elezioni. Andò
Considerata patria possibili; poi, a metà febbraio, si precipitò in ancora peggio durante queste ultime, perché
del diritto, Roma Sicilia e la setacciò alla ricerca di documenti e il 27 luglio non solo divennero consoli Orten-
seppe creare codici testimoni. Dovette anche affrontare la sio e Quinto Cecilio Metello (un al-
usati ancora oggi e strisciante ostilità del nuovo go- tro fratello di Lucio), ma lo stesso
ritenuti esemplari. vernatore di Sicilia, Lucio Ce- Marco ottenne la pretura per
Ma la sua giustizia cilio Metello, al quale Verre i processi “de repetundis”,
(rappresentata nella aveva promesso di finanzia- anticamera della presidenza
moneta al centro re la campagna elettorale al tribunale. Cicerone gua-
come la dea che romana della famiglia in dagnò la carica di edile, ma
regge la bilancia) cambio di protezione du- non aveva nulla da festeg-
non era esente da rante il processo. Da uomo giare: gli eletti sarebbero
storture, spesso determinato qual era, Cice- entrati in carica a gennaio,
dettate da ragioni di rone riuscì a ottenere ciò che quindi bastava che Ortensio
opportunità politica. serviva, non senza qualche intop- fosse riuscito a rallentare o rinviare
Nella sua prima po indotto “ad arte” dagli avversari, e a il processo di qualche mese e l’assoluzio-
arringa contro Verre, rientrare a Roma, giusto in tempo per presen- ne per Verre sarebbe stata assicurata.
Cicerone esalta il tarsi davanti al tribunale nel termine stabilito
fatto che i giudici, del 20 aprile, trascorso il quale il processo, per UNA VITTORIA A METÀ
tramite una sentenza quanto rimandato, sarebbe stato annullato Il 5 agosto del 70 a.C., finalmente, il pro-
ben emessa, potran- per l’assenza dell’accusa. cesso si aprì, e fu subito colpo di scena. An-
no riacquistare la Trascorsero mesi infocati, durante i quali ziché iniziare come di consueto con la pun-
fiducia dei cittadini, Verre e i suoi cercarono di screditare Cicero- tuale esposizione dei fatti (poi seguita dalla
smarritasi a causa di ne, accusandolo di corruzione. Giunse infine risposta della difesa), Cicerone si limitò a un
troppi giudizi iniqui. luglio e con esso la scelta dei giurati, e non fulminante discorso di 45 minuti, al termine
fu un momento felice: tra essi svettava infatti del quale chiamò subito a deporre i testimo-
il nome di Marco Cecilio Metello, fratello di ni. Essi esposero le accuse per nove giorni,
quel Lucio, governatore in Sicilia, cui Verre durante i quali il Foro fu invaso dal pubbli-
LE VERRINE, MODELLO
INSUPERATO DI ORATORIA
26 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY
co, soprattutto di plebei: era evidente che sul nemmeno pronunciare la sua seconda requi- RISARCIMENTO
banco degli imputati non c’era solo un fun- sitoria (l’avrebbe pubblicata comunque, tra- Propretore della Sici-
zionario avido, ma un’intera classe politica mandandola fino a noi). Ma il trionfo non fu lia (sopra, il Tempio
che aveva elevato l’appropriazione indebita a schiacciante come tutti si aspettavano. Verre di Ercole di Agrigen-
modello di gestione del potere. Verre e Or- fu condannato all’esilio e al risarcimento di to), Verre aveva rico-
tensio rappresentavano anche ciò che resta- tre milioni di sesterzi, una bazzecola rispetto perto funzioni militari,
va della fazione aristocratica sillana, messa a quanto aveva rapinato nei suoi mandati. amministrative e giu-
alle strette dall’incalzante ceto equestre, cui Quello di Cicerone era dunque un successo risdizionali. Ottenuta
lo stesso Cicerone apparteneva: la sentenza, a metà, che tuttavia gli donò fama e aprì una la sua condanna,
dunque, poteva davvero cambiare la Storia. carriera politica di primissimo livello. Cicerone chiese
La fulminea orazione ciceroniana Actio Curiosamente, parecchi anni dopo, nel che l’ex governatore
prima in Verrem impedì alla difesa di chie- 43 a.C., Verre e Cicerone ebbero una sorte fosse obbligato a
dere una proroga per l’approfondimento comune a causa dello stesso nemico: Marco risarcire 100 milioni
delle indagini preliminari: a Ortensio non Antonio. A Verre, trincerato nel suo esilio di sesterzi, a fronte
restò che abbandonare il dibattimento (se- dorato, il triumviro intimò la restituzione di dei 40 estorti. Verre
guito dal suo assistito, che si diede malato), alcuni preziosi vasi corinzi: al suo rifiuto lo fu costretto a pagar-
contando di prendere tempo per la replica fece uccidere. Pochi giorni prima, Antonio ne solo 3, dato che
fino al 20 settembre, data fissata per l’Actio aveva fatto eliminare anche Cicerone, che ormai si era ritirato
secunda. Ma fu una speranza vana: le prove si ostinava con le sue vibranti Filippiche a in esilio volontario
erano così schiaccianti che la vittoria di Ci- difendere la morente Repubblica, ormai de- a Marsiglia, dove
cerone era ormai assodata. cisamente indirizzata a trasformarsi in Prin- sarebbe stato ucciso
A quel punto, Ortensio poteva solo sal- cipato. La testa e la mano destra del grande nel 43 a.C.
vare il salvabile. Chiese per Verre l’esilio a oratore finirono issate sui rostri situati so-
Marsiglia (dove nel frattempo era fuggito pra la tribuna da cui parlavano i senatori:
con denaro, statue e preziosi), in pratica un truce monito per tutti gli oppositori di
patteggiando la pena. Il processo si chiuse Antonio, segno inequivocabile che la Roma
con la vittoria di Cicerone, che non dovette di un tempo era finita per sempre.
CIVILTÀ ROMANA 27
MITRA
IL DIO DEI LEGIONARI
Venuto dall’Oriente, il culto di Mitra, dio battagliero ed eroico,
capace di sconfiggere il Toro cosmico, fu molto apprezzato dai soldati
romani, diffondendosi con grande rapidità in tutto l’Impero
di Elisa Filomena Croce
28 CIVILTÀ ROMANA
RELIGIONE
T
utto ebbe origine con la morte del Toro al loro ritorno dall’Oriente, nel I secolo a.C., DEI E AIUTANTI
cosmico. Il giovane Mitra, adorno della era probabilmente molto diverso da quello L’iconografia dei
corona raggiata per aver soggiogato il praticato in Persia ai tempi degli Achemeni- mitrei era la stessa
Sole, riesce a catturare l’animale, a portarlo di. Lo studioso Franz Cumont (1868-1947) ovunque, come si
nella grotta e a ucciderlo con la daga. Dalle cercò invano il “mitreo originario”, l’anel- vede nell’affresco
viscere della bestia germogliano piante bene- lo che collegava il Mitra persiano a quello della pagina a fronte
fiche: dal midollo il grano, dal sangue la vite. venerato negli accampamenti romani. In (Mitreo di Marino,
Ad accompagnarlo nell’impresa ci sono un realtà, non sappiamo esattamente se furo- il meglio conservato
cane e un corvo, messaggero del dio Sole (il no i contatti con il Regno dei Parti, con il al mondo): al centro
benevolo Ahura-Mazda), oltre a un serpente Ponto o con i pirati cilici a far conoscere della rappresenta-
e a uno scorpione, inviati da Ahriman, il dio questo dio orientale ai legionari. Sappiamo zione, il dio uccide
del Male. Il serpente beve il sangue del Toro, però che, da dio dei patti e dei giuramenti, il Toro, assistito da
mentre lo scorpione ne attacca i testicoli con com’era noto in Persia, Mitra divenne la di- Cautes (con la teda
l’intento di fermare la diffusione della vita. vinità più venerata dalle truppe stanziate in accesa; la statua qui
Ma non è sufficiente: il Toro ascende verso la ogni parte dell’Impero Romano. sotto è a Palermo)
Luna, mentre Mitra e il dio Sole festeggiano Dio solare e vittorioso, armato di daga e e Cautopates (teda
con un banchetto rituale, l’agape. trionfante su un animale temibile come il abbassata), che
Toro cosmico, non poteva che essere ono- incarnano l’alba
UN MITO STELLARE rato quale nume dei combattenti. Le e il tramonto.
Questa complessa e particolareggiata prime testimonianze di tale culto si tro-
cosmogonia, tipica del culto mitrai- vano in un presidio legionario a Car-
co, secondo studi moderni avrebbe nunto, nella provincia romana della
a che fare con il fenomeno astrono- Pannonia Supe-
mico della precessione degli equi- riore (Austria).
nozi, accertato da Ipparco di Nicea Ma Mitra era
attorno al 130 a.C. Si tratta di popolare ovun-
una conseguenza della rotazio- que, dalla Britannia
ne dell’asse terrestre, che ogni (dove sono stati trovati
2.148 anni circa comporta ex voto e oggetti cultuali
uno slittamento di 30 gradi lungo il Vallo di Adriano)
della fascia zodiacale. Più fino alle rive dell’Eufrate. A
o meno 4.000 anni fa, Dura-Europos, in Siria, au-
la costellazione del Toro siliari palmireni e legionari
prese il posto di quella romani costruirono l’unico
dell’Ariete nell’equi- mitreo dell’Impero a non
nozio di primavera. essere sotterraneo (a causa
Mitra, così, rappre- del particolare terreno su
senterebbe la forza cui sorge la città).
che rompe l’ordine co- I templi dedicati a Mitra,
stituito, colui che sfida il detti “mitrei”, sono diffusi
Sole e lo sconfigge, il dio in tutto il mondo romano e
che uccide il Toro cosmico hanno sempre le medesime
dando origine alla vita. caratteristiche: sono caver-
Il culto mitraico ha ori- na, o le ricordano (molti
gini molto antiche, ma nel venivano scavati nella roc-
corso dei secoli, e soprat- cia, oppure erano edifici
tutto nel passaggio dalla adattati); il soffitto è rigorosa-
Persia a Roma, la sua te- mente dipinto o adornato in
ologia mutò radicalmen- modo che ricordi il cielo stel-
te. Il culto che i lato, segno della forte con-
legionari por- notazione astronomica; la
tarono con sé raffigurazione di Mitra ›
CIVILTÀ ROMANA 29
MITRA, IL DIO DEI LEGIONARI
SOLE DI VITA occupa il posto d’onore, insieme all’altare. cielo all’equinozio di primavera: il serpen-
Nel tondo, un L’iconografia del dio è sempre la stessa e la te (l’Idra di Lerna), il cane (Canis Maior o
mosaico in cui raffigurazione più diffusa è quella della tau- Minor), la costellazione del Corvo e quella
Mitra è rappresen- roctonia: Mitra, raffigurato come un giovane dello Scorpione. Secondo questa interpreta-
tato come divinità uomo con mantello e berretto frigio, ucci- zione, dunque, Mitra sarebbe identificabile
solare, con la de il Toro cosmico. Attorno a lui ci sono il con Perseo, costellazione che si trova esatta-
testa aureolata, sole e la luna e i quattro animali del mente sopra quella del Toro.
mentre esce da mito: serpente, scorpione, cane
una caverna, sim- e corvo. Ai lati, due dadofori RINASCERE NEL SANGUE
bolo della notte. (portatori di tede, o fiacco- Nonostante la diffusione
Sotto, il dio con le), Cautes e Cautopates, capillare, quello di Mitra
il caratteristico reggono, rispettivamente, era un culto misterico:
berretto frigio. una fiaccola accesa e una solo gli iniziati potevano
abbassata, simboli dell’al- accedere alle cerimonie,
ba e del tramonto, dell’e- di cui però non dovevano
quinozio di primavera e di parlare con gli estranei (ciò
quello d’autunno. ha creato un cospicuo vuoto di
La ricca iconografia e il mito fonti per chi voglia ricostruirne la
da cui è tratta hanno prodotto svariate liturgia). I rituali portavano il neofita a
interpretazioni. La più recente è quella di diventare iniziato e lo accompagnavano poi
David Ulansey, che rafforza l’ipotesi astro- nei sette gradi dell’iniziazione: corax (corvo),
nomica, sottolineando come tutti i perso- cryphius o nymphus (crisalide), miles (solda-
naggi corrispondano a costellazioni, quelle to), leo (leone), perses (persiano), heliodro-
stesse che si trovavano all’equatore celeste mus (corriere del sole), pater (padre).
nel momento in cui il Toro irruppe nel I due elementi a nostra disposizione per
30 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI
ricostruire il culto mitraico sono il mito e le molti mitrei dispongono di una cella sotterra- LO SCORPIONE
fonti archeologiche. Il banchetto rituale tra nea sovrastata da una grata: è facile immaginar- In alto, il mitreo di
il dio Sole e Mitra, l’agape, avvenuto dopo vi il neofita che, al buio, viene inondato da un Santa Prisca, sotto
l’uccisione del Toro, è trasposto nella litur- getto di sangue che lo consacra ai misteri del l’omonima chiesa
gia, come testimonia la presenza di panche dio. Da quel momento, come scrive Tertulliano di Roma. In bas-
che costeggiano le pareti del mitreo. Il sacri- (155-230 d.C.) nel De praescriptione haeretico- so, una statua del
ficio del Toro potrebbe essere stato sostituito rum, l’iniziato diventa “soldato di Mitra”. In dio, dove si nota
con qualcosa di più simbolico, di cui però fondo, sembra appropriato che un culto guer- lo scorpione che
non abbiamo traccia. Considerando le esi- riero prevedesse un “battesimo del sangue”. minaccia i testicoli
gue dimensioni della caverna, infatti, sem- del Toro sacro.
bra impossibile che vi si potesse ospitare
un bovino, senza contare quanto sarebbe
stato costoso per gli iniziati, per la mag-
gior parte soldati e non certo ricchi ma-
gistrati (sebbene il culto di Mitra fosse
diffuso anche nelle classi abbienti, e
addirittura alcuni imperatori come
Nerone e Commodo ne fossero
iniziati). Sembra molto plausi-
bile che si tenesse una sor-
ta di “battesimo rituale”
eseguito con sangue di
toro o di altro ani-
male. L’ipotesi
è confortata
dal fatto che
CIVILTÀ ROMANA 31
UN TRONO
PER SEI
Dal barbaro Massimino il Trace al giovane Gordiano III, nella sola primavera
del 238 d.C. Roma vide avvicendarsi sul soglio imperiale ben sei imperatori.
Al centro di queste vicende non c’erano solo faide e rivalità personali,
ma anche lo scontro diretto tra i due pilastri dell’impero: esercito e Senato
di Eugenio Anchisi
32 CIVILTÀ ROMANA
IMPERATORI
S
ei imperatori furono, per Roma, la mes- Trace, che secondo le fonti superava in altez- VOLTI DAL PASSATO
se di primavera del 238 d.C.: un record za gli otto piedi romani (2,40 m) ed era un Sopra, il sarcofago
anche per la travagliata storia del tardo vero colosso (tanto da guadagnarsi, in seguito, di Acilia (235 ca.),
impero. Gaio Giulio Valerio Massimino, meglio soprannomi come Ercole, Anteo, Ciclope e conservato al Museo
noto come Massimino I o Massimino il Trace, Tifone), sconfisse uno dopo l’altro ben sedici nazionale romano:
era diventato imperatore nel 235. Barbaro uomini, aggiudicandosi il diritto di nel giovinetto a
di origine (il padre era goto, la madre entrare a far parte dell’esercito. sinistra, l’archeologo
alana), si era fatto strada nelle le- Lì cominciò la sua inarre- Ranuccio Bianchi
gioni grazie alla possanza fisica e al stabile carriera, divenendo Bandinelli ha ricono-
valore in battaglia, che lo avevano prima cavaliere e poi cen- sciuto Gordiano III.
fatto apprezzare dall’imperatore turione sotto l’imperatore A lato, i tratti me-
Settimio Severo (146-211). Nato Caracalla. Lasciò i ranghi diorientali dell’impe-
intorno al 173, era un semplice quando costui fu ucciso e ratore Alessandro
pastore quando l’imperatore, detronizzato da Macrino, Severo, assassinato
per festeggiare il figlio Geta, ma vi rientrò sotto Elioga- dai suoi soldati per
indisse giochi militari metten- balo, nel 218, rivestendo i favorire l’ascesa di
do in palio bracciali, collane e gradi di ufficiale superiore. Massimino il Trace,
decorazioni d’argento. Massimino, Quando, nel 222, la porpora primo barbaro a
che all’epoca ignorava quasi del tutto imperiale fu presa da Alessan- ottenere la porpora
la lingua latina, si rivolse a Settimio dro Severo, al Trace fu affidato imperiale.
nel suo linguaggio barbarico, chie- l’addestramento delle reclute
dendo di poter competere. della IV Legio Flavia Felix di stan-
za a Singidunum, l’attuale Belgra-
UN GIGANTE TERRIBILE do. «Non ti ho affidato, o mio ca-
Impressionato dalla sua statura gi- rissimo e affezionato Massimino» gli
gantesca, l’imperatore gli concesse di disse l’imperatore, «il comando di
battersi con una schiera di vivandieri. Il veterani. Hai sotto il tuo coman- ›
CIVILTÀ ROMANA 33
UN TRONO PER SEI
LARGO AL TRACE do delle reclute. Fai in modo che apprendano vedevano svanire un buon modo per fare bot-
Nel tondo, un la vita militare secondo i tuoi insegnamenti, il tino e arricchirsi a spese degli sconfitti. Men-
ritratto dell’impera- tuo valore, il tuo impegno, in modo che tu pos- tre l’imperatore si accampava a Mogontiacum
tore Settimio Severo sa procurarmi molti Massimini». (l’attuale Magonza), a Massimino vennero affi-
con moglie e figli: Massimino andò oltre le aspettative date le legioni renane, che finirono per
fu lui a permettere di Settimio. L’imperatore era salito ribellarsi e rovesciare Alessandro.
a Massimino il al potere giovanissimo (aveva Secondo lo storico greco Ero-
Trace (sotto, in un appena 14 anni) e le redini diano, molti soldati devoti a
busto conservato ai del regno erano state a lun- Massimino ritenevano l’im-
Musei Capitolini) di go nelle mani della nonna, peratore troppo dipenden-
entrare nell’esercito Giulia Mesa, e della madre, te dal potere della madre
romano. In basso, Giulia Mamea. Messosi in e codardo nel condurre la
legionari alla con- luce grazie alle sue campa- guerra contro gli Alaman-
quista della Dacia. gne militari in Persia, Ales- ni. Tra il febbraio e il marzo
sandro si rivelò meno del 235, furono proprio que-
brillante contro i sti uomini a decidere la sua fine
Germani che avevano e a investire il barbaro Massimino
attraversato il limes germa- dello scettro imperiale. Alessandro venne
nicus (posto poco più a est del subito raggiunto a Magonza e ucciso, assieme
corso dei fiumi Reno e Danu- alla madre, prima che potesse reagire e orga-
bio) e stavano saccheggiando nizzare le truppe ancora sotto il suo comando.
le province romane. Invece di Il Trace, nonostante lo sdegno del Senato,
affrontare i ribelli (soprattut- si ritrovò imperatore. Fu il primo barbaro,
to Alamanni) sul piano mili- nato senza cittadinanza romana, e il primo
tare, cercò di trattare la pace non senatore a raggiungere il trono; e fu an-
ricorrendo alla corruzione. La che il primo imperatore a non mettere mai
cosa dispiacque ai soldati, che piede nella capitale durante gli anni del suo
34 CIVILTÀ ROMANA
IMPERATORI
CIVILTÀ ROMANA 35
UN TRONO PER SEI
G ordiano III nacque nel 225. Sua madre era figlia di Gordiano I
e sorella di Gordiano II. Associato come Cesare da Balbino e
Pupieno, divenne unico imperatore dopo la loro uccisione. Dapprima fu
il Senato a tenere le redini del suo governo (il giovane aveva appena
13 anni), ma i suoi protettori, che lo avevano scelto, erano soprattutto
militari. Nel 241 salì alla prefettura del pretorio Gaio Furio Sabino Aqui-
la Timesiteo, funzionario di grande valore, passato indenne attraverso le
lotte degli anni precedenti. Fu lui a guidare la politica di Gordiano III,
prima mettendo in sicurezza le frontiere settentrionali, poi portando
l’esercito in Oriente, contro i Sasanidi. Timetiseo fu però vittima delle
ambizioni di Filippo l’Arabo (Marco Giunio Vero Filippo, nella foto), che
probabilmente lo uccise con il veleno e ne prese il posto.
Ma le aspirazioni di Filippo erano ancora più alte: puntava alla porpora
imperiale. Giocando sul malcontento dei soldati, a cui mancavano riforni-
menti e vettovaglie, riuscì a conquistarsi il favore dell’esercito. Il 25 febbraio
244 Gordiano III morì (si disse per cause naturali, ma probabilmente fu assas-
sinato a sua volta). Filippo ne prese il posto, assicurandosi il favore del Senato.
36 CIVILTÀ ROMANA
IMPERATORI
loro regno era durato appena 20 giorni. Ca- to da Balbino, Gordiano III e dal Senato intero. GLORIOSE ROVINE
pelliano, con l’intento d’ingraziarsi l’esercito Poco dopo, però, scoppiarono nuovi disordi- Al centro, Pupieno,
nel caso in cui Massimino fosse stato ucciso, ni. Balbino si era scontrato con i partigiani di imperatore all’epoca
sterminò tutti i loro alleati più fedeli. Gordiano III e i rivoltosi avevano appiccato dell’assassinio di Mas-
Dopo l’ascesa al trono di Gordiano I e numerosi incendi. La presenza a Roma di simino ad Aquileia
Gordiano II, il Senato aveva nominato tutti gli imperatori sembrò stabilizzare (sotto, i resti del porto
una commissione di 20 senatori che si la situazione per un po’, ma i rappor- fluviale romano della
occupassero della difesa del suolo italico ti fra Balbino e Pupieno erano sempre città). Nella pagina a
in previsione di una discesa di Massimi- stati minati dal sospetto ed entrambi fronte, l’anfiteatro di El
no. Alla morte dei due Gordiano temevano di poter essere vittima l’uno Jem, in Tunisia, fatto
non abbandonò questa poli- dell’altro. Per ottenere consenso, inten- costruire da Gordia-
tica e trasse dai ranghi dei devano pianificare campagne militari no I quand’era ancora
senatori selezionati in a Settentrione e in Oriente, tuttavia i proconsole: con i
precedenza due nuovi pretoriani non vedevano di buon oc- suoi 35 mila posti a
porporati: Balbino (De- chio la loro politica, temendo forse sedere era inferiore,
cimo Celio Calvino Bal- di essere scalzati, nel loro ruolo, dalla per capienza, solo
bino, 178-238) e Pupieno guardia germanica. Così, misero in al Colosseo e al
(Marco Clodio Pupieno Mas- atto un colpo di Stato: l’11 maggio, teatro di Santa Maria
simo, 165-238), che divennero il penetrarono nel palazzo imperiale, Capua Vetere.
quarto e il quinto sovrano di Roma catturarono i due imperatori, li con-
di quel fatidico anno 238. Ma non furo- dussero al loro accampamento e li ucci-
no gli ultimi, perché i seguaci dei Gordiano origi- sero dopo averli torturati. All’arrivo della guardia
narono tumulti in città e pretesero che anche un germanica, i pretoriani avevano già acclamato
membro della famiglia degli uccisi fosse associato come unico imperatore il giovane Gordiano III.
al trono: Gordiano III (225-244), benvoluto dal Era iniziata l’era in cui il potere di Roma andava
popolo, da parte dell’esercito e dai pretoriani. a chi possedeva il controllo delle legioni.
CIVILTÀ ROMANA 37
EROE POPOLARE
Arminio si avventa
sui Romani, facen-
done strage. Nella
pagina a fronte, una
maschera da parata
persa sul campo
di battaglia da un
legionario di Varo.
38 CIVILTÀ ROMANA
BATTAGLIE
LA FORESTA DELLE
LEGIONI
PERDUTE
In tre giorni di battaglia, all’interno di una delle foreste
più tenebrose e inaccessibili di tutta la Germania,
Roma perse ben tre legioni. Fu una sconfitta epocale,
che determinò l’abbandono definitivo di ogni velleità
di spingere i confini imperiali a oriente del Reno
di Marco Mazzei
T
re legioni, sei coorti di fanteria ausilia- ce, com’era accaduto alla Gallia sottomessa
ria e tre ali di cavalleria completamen- da Cesare. Augusto decise quindi di affidarne
te annientate. 15 mila uomini persi in l’amministrazione a un politico, l’ex gover-
soli quattro giorni (tra l’8 e l’11 settembre natore della Siria Publio Quintilio Varo, che
del 9 d.C.) in quella che fu una delle più ter- era suo parente alla lontana, avendo sposato
ribili sconfitte mai subite dall’eser- la figlia del genero. Si trattava an-
cito romano, e che gli storici che di una mossa diplomatica:
contemporanei battezzaro- mettere un non militare a
no subito clades Variana, la capo del territorio avrebbe
disfatta di Varo. spento le ansie di rivolta dei
Diverse campagne mili- Germani, o almeno così spe-
tari di Tiberio, figlio adotti- rava l’imperatore. In realtà,
vo dell’imperatore Augusto, nei confronti dei popoli da
avevano portato alla conquista romanizzare Varo adottò una
della Germania Settentrionale politica da invasore, trattandoli
(tra il 4 e il 5 d.C.) e sedato una come sudditi e non come poten-
potenziale rivolta dei Cherusci. ziali cittadini. Scrive Cassio Dione
Sembrava che, dopo vent’anni di (155-235) nella sua Storia romana:
guerre, i territori tra il corso del Reno «Varo assunse il comando, imponendo
e quello dell’Elba fossero finalmente pronti ordini come se si rivolgesse a degli schiavi e
per essere romanizzati e trasformati in provin- costringendoli a una tassazione esagerata, ›
CIVILTÀ ROMANA 39
LA FORESTA DELLE LEGIONI PERDUTE
40 CIVILTÀ ROMANA
BATTAGLIE
suocero di Arminio, che lo aveva informa- si a una difesa migliore, gli uomini di Varo TRAPPOLA VERDE
to dell’agguato. Ma Varo non gli aveva dato bruciarono la maggior parte dei carriaggi e Questo quadro
credito e il piano procedette senza intoppi. i bagagli inutili. Avanzando in schiere ordi- non rende bene
Nel territorio dei Bructeri era stata simu- nate riuscirono a raggiungere una zona di giustizia al luogo
lata una rivolta e il comandante dei Romani campo aperto. Riorganizzatisi, ripresero la dello scontro: una
decise di operare una deviazione per andare marcia, nella speranza di avvicinarsi il più foresta impenetra-
a sedarla. S’inoltrò così in una folta selva possible a Castra Vetera per richiedere il soc- bile, che impedì ai
circondata da acquitrini: la foresta di Teu- corso di Asprenate, comandante del campo. Romani di opporsi
toburgo, luogo prescelto da Arminio per il La pista si snodava attraverso cupi tratti di agli assalti improv-
suo agguato. I Germani che dovevano par- foresta. L’umidità della tarda estate e la vi- visi dei Germani.
tecipare alle operazioni (Cherusci, Bructeri, cinanza delle paludi scatenavano sui soldati Nella pagina a
Catti e Marsi) aspettavano nascosti tra gli nugoli di zanzare e altri insetti. Gli uomini di fronte, Varo riceve
alberi l’arrivo dei nemici, a cui non avreb- Arminio, che ben conoscevano la zona, non le delegazioni
bero dato scampo. Scrive Dione Cassio: davano loro tregua, assalendoli di continuo germaniche.
«Il terreno era sconnesso e intervallato da per impedire che i legionari si schierassero
dirupi. I Romani portavano con sé carri, in maniera organizzata. Ben sapevano che in ›
bestie da soma, bambini, donne e schiavi.
Nel frattempo si abbattevano su di loro una
violenta pioggia e un forte vento, che di-
spersero la colonna in marcia». Quella su
cui procedevano i Romani era infatti poco
più di una pista, malamente tracciata tra la
fitta vegetazione; le difficoltà del percorso
avevano fatto allungare le file degli uomini
di Varo, dispersi ormai su almeno 3 miglia.
Fu proprio mentre si trovavano in questi
difficili frangenti che Arminio decise di at-
taccarli. Il germano aveva predisposto ogni
cosa con cura. Come luogo dell’agguato ave-
va scelto una strettoia in cui il passaggio de-
gli uomini si riduceva a poche decine di me-
tri. Parte del territorio era paludosa, inoltre
Arminio aveva fatto innalzare un terrapieno
lungo quasi mezzo miglio e largo 5 m, in
modo che i Romani si trovassero imbotti-
gliati e senza via di fuga. Dietro il terrapie-
no si nascondeva una parte dei suoi uomini,
mentre il resto era celato dalla vicina collina:
si trattava in tutto di più di 20 mila uomini.
UN TENTATIVO DI DIFESA
I barbari circondarono i Romani, presero a
colpirli da lontano con giavellotti e frecce e poi
li assalirono. I legionari, a ranghi separati, im-
preparati, senza l’armamento a portata di mano
e ostacolati dal terreno sfavorevole, non potero-
no reagire efficacemente. Solo a fine giornata,
dopo aver subito un notevole numero di perdi-
te, Varo riuscì a riorganizzare l’esercito e si ac-
campò su un’altura coperta da boschi. Era il 9
settembre e la battaglia era appena cominciata.
Il giorno successivo, cercando di preparar-
CIVILTÀ ROMANA 41
LA FORESTA DELLE LEGIONI PERDUTE
TOMBE E REPERTI campo aperto i Romani sarebbero risultati non esaurirsi mai. I Romani, al contrario,
Al centro, la lapide imbattibili. Continuavano quindi nelle loro decimati e stanchi, venivano assaliti da ogni
che ricorda Marco improvvise sortite, e fu proprio grazie a tale parte e messi continuamente in difficoltà.
Celio, centurione strategia che inflissero ai Romani le perdite Fu proprio in quel drammatico frangente
della Legio XVIII, maggiori, perché lo spazio limitato in mezzo che Varo, e con lui molti ufficiali di alto ran-
che perse la vita alla foresta impediva loro di serrare i ranghi. go, per paura di essere fatti prigionieri deci-
a Teutoburgo. Egli Si giunse così al terzo giorno di battaglia, sero di toglersi la vita. Come scrisse lo stori-
vi appare con la che si rivelò il più drammatico per l’armata co Velleio Patercolo (10 a.C.-31 d.C.): «Varo
lorica carica di di Varo, già decimata dai violenti scontri dei si rivelò più coraggioso nell’uccidersi che nel
falere (decorazioni giorni precedenti. La pioggia e il vento, che si combattere, e si trafisse con la spada».
rotonde) e le armille erano di nuovo scatenati, La notizia della mor-
(specie di braccia- impedivano ai soldati di te del comandante si
letti). Marco era costruire un accampa- diffuse rapidamente tra
nativo di Bononia mento in cui ripararsi. le file romane. Mol-
(Bologna) e aveva In alcuni momenti, il ti soldati si diedero la
53 anni. La sua pie- diluvio era tale da ren- morte a loro volta, op-
tra tombale venne dere le armi scivolose e pure cercarono di darsi
ritrovata a Xanten, quasi impossibili da ma- alla fuga. L’esercito era
in Germania, neggiare. I Germani, al ormai allo sbando, fatti
nel 1638. contrario, avevano meno salvi alcuni nuclei, gui-
difficoltà, perché il loro dati da centurioni o uf-
armamento era più leg- ficiali particolarmente
gero. Senza contare che tenaci e valorosi.
nuovi combattenti era- Alla fine, lo scontro
no venuti a dar manfor- si chiuse con la disfatta
te ai primi protagonisti dei Romani, che per-
dell’agguato. Le schiere sero tre intere legioni
dei barbari sembravano e circa 5.000 ausiliari.
42 CIVILTÀ ROMANA
BATTAGLIE
Molti soldati furono mutilati e torturati a da Lucio Stertinio. Il luogo in cui era custodi- IL MAUSOLEO
morte dai Germani. Asprenate, che era ni- ta la seconda fu rivelato da un capo della tribù A lato, Germanico,
pote di Varo, riuscì a malapena a soc- dei Marsi, fatto prigioniero nel 16 che guidò la rea-
correre i pochi superstiti con le sue d.C., dopo essere stato sconfit- zione romana alla
due legioni. Intanto i Germani, to nella battaglia di Idistaviso. sconfitta subita da
entusiasti per il successo riportato, Della terza non si seppe nulla Quintilio Varo. Sotto,
avevano attaccato anche il campo fino al 41, quando fu recupe- l’Hermannsdenkmal
invernale eretto dai Romani lungo rata in un villaggio dei Cauci. (Monumento ad
il corso del fiume Lippe. I soldati Dopo la disfatta, nessuna le- Arminio) di Detmold,
di guarnigione, però, sotto la guida gione prese più il nome di quelle presso la foresta di
del prefetto Lucio Cedicio, oppose- annientate a Teutoburgo. Roma Teutoburgo: eretto tra
ro una strenua resistenza, misero in rinunciò inoltre a qualunque ul- il 1838 e il 1875 su
fuga gli assedianti e riuscirono a teriore penetrazione in Germania, disegno di Ernst von
eludere l’accerchiamento, met- anche perché la conquista non Bandel, è composto
tendosi in salvo a Castra Vetera. era considerata vantaggiosa, da una base alta
Le conseguenze della battaglia essendo la regione povera e pa- 26 m, su cui svetta
di Teutoburgo andarono ben ol- ludosa. Come nota lo storico una statua altrettanto
tre la perdita di un intero eserci- Peter S. Wells nel libro La bat- imponente.
to. Secondo Dione Cassio, «i bar- taglia che fermò l’Impero romano.
bari s’impadronirono di tutti i forti, La disfatta di Quintilio Varo nella
tranne uno, ma non poterono attraversare selva di Teutoburgo, «Roma perse la Ger-
il Reno e invadere la Gallia». mania e la Germania perse Roma».
LE REAZIONI DI ROMA
La notizia del disastro giunse a Roma ra-
pidamente, seminando panico e sconforto.
Svetonio (69-122), nelle Vite dei dodici Ce-
sari, scrive che Augusto ne fu così colpito da
farsi crescere la barba e i capelli in segno di
lutto. Pensando alla disfatta, spesso batteva
la testa contro le porte e gridava: «Quintili
Vare, legiones redde!» (“Varo, ridammi le
legioni!”). Varo non solo non poteva ren-
dere nulla, anzi aveva perso anche la testa.
Il suo cadavere era stato mutilato, bruciato
e decapitato, e Arminio ne aveva fatto reca-
pitare la testa a Maroboduo, il re dei Mar-
comanni, sperando di stringere un’alleanza
con lui e continuare la guerra. Costui, però,
fece recapitare il macabro trofeo a Tiberio
e non appoggiò la rivolta, tenendo fede ai
patti stipulati con i Romani. Costoro spe-
dirono in Germania un nuovo esercito, gui-
dato da Tiberio stesso, che compì una spe-
cie di rappresaglia, recandosi oltre il Reno e
devastando territori e villaggi.
Negli anni successivi, anche Germanico
guidò nuove campagne per ristabilire l’ono-
re militare di Roma oltre il Reno e recupe-
rare le tre aquile, simbolo delle legioni, an-
date perdute in battaglia. La prima, quella
della Legio XIX, fu ritrovata presso i Bructeri
CIVILTÀ ROMANA 43
QUANDO GLI UOMINI
PORTAVANO
LA TOGA Solenne e prestigiosa, la toga era la veste
che i Romani indossavano in occasioni pubbliche
e cerimonie rituali. Riservata ai soli cittadini,
era anche il simbolo delle più alte cariche dello Stato
di Mario Santoni
C
ome scrive il poeta Virgilio (70-19 che significa “coprire”) era un’ampia sopravve-
a.C.) nel primo libro dell’Eneide, i ste, prevalentemente tessuta in lana e portata
Romani erano: «i signori del sopra la tunica. Si trattava, in sostanza, di
mondo, la stirpe togata». Niente un semicerchio di stoffa lungo quasi
più di quel sontuoso capo d’abbi- tre metri, che si distingueva da ogni
gliamento distingueva da tutti gli altro capo proprio per la forma ton-
altri i cittadini dell’Urbe. La toga deggiante. Imponente e pesante,
era l’abito principale di un vero niente affatto facile da indossare.
romano, fin dai tempi della mo- Nella sua versione orlata di por-
narchia, ed esisteva addirittura lo pora, la cosiddetta toga pretesta,
ius togae, il diritto a indossarla, costituiva un segno di riconosci-
riservato unicamente ai cittadini mento per le più alte magistrature.
romani maschi; ne erano tassativa- Per tutto il periodo repubblica-
mente esclusi gli stranieri, le donne no e il primo periodo imperiale,
e, naturalmente, gli schiavi, oltre ogni autentico romano non pote-
ai cittadini condannati all’esilio. va esimersi dall’indossarla, nono-
Esistevano addirittura delle guardie stante riuscire a drappeggiarla con
preposte al controllo dell’abbiglia- arte, facendone ricadere le pieghe
mento degli stranieri, per evitare in modo elegante e plastico, ri-
che si potessero compiere abusi. chiedesse pratica e tempo, oltre
che l’aiuto di mani esperte: spesso
UN SEGNO DI PRESTIGIO quelle della consorte, a volte quelle
Sfoggiata da magistrati e per- di un servo, il vestiplicus, ossia lo
sonaggi di spicco, la toga (il cui schiavo addetto alla cura dell’ab-
nome deriva dal verbo tegere, bigliamento del padrone: lo ›
44 CIVILTÀ ROMANA
VITA QUOTIDIANA
TOGA E PUGNALE
Sotto, i congiura-
ti, impugnate le
armi celate sotto
le candide toghe,
si avventano su
Cesare, che indossa
la toga picta. Nella
pagina a fronte, il
perfetto panneggio
di una statua.
CIVILTÀ ROMANA 45
QUANDO GLI UOMINI PORTAVANO LA TOGA
46 CIVILTÀ ROMANA
VITA QUOTIDIANA
CIVILTÀ ROMANA 47
ROMA CA Dalla parsimonia dell’età monarchica ai raffinati convivi
di quella imperiale, il nettare di Bacco domina il desco romano.
Dapprima l’Urbe ruba i segreti della viticoltura a Etruschi, Greci
e Fenici, ma poi supera i maestri e la trasforma in una scienza,
facendo del commercio del vino un lucroso business internazionale
di Mario Galloni
48 CIVILTÀ ROMANA
CUCINA
PUT VINI
L’
iscrizione, bene in vista sul muro nella
taverna pompeiana di Edoné, parlava
chiaro: «Qui si beve per un
latino. La scritta, oggi purtroppo scomparsa,
testimonia il forte rapporto dei Romani anti-
chi con la bevanda regina del desco,
SIMPOSIO
Scene di banchetto
nella Tomba del
asse. Se ne paghi 2, berrai un vino consumata non solo nelle domus Tuffatore a Paestum
migliore. Con 4, avrai vino Faler- private, ma anche nelle osterie fre- (V secolo a.C.).
no». Un vero prezzario della me- quentate dalle classi più umili (le A lato, un pocu-
scita, che conteneva un’offerta da popinae) e nei locali che offrivano lum, usato per
non perdere, se si pensa che il Fa- cibi caldi (thermopolia). Ci dice sorseggiare il vino.
lerno era considerato il “grand cru” anche che il vino era, prima ancora
(il vigneto più pregiato) del mondo che un alimento, una questione ›
CIVILTÀ ROMANA 49
ROMA CAPUT VINI
LE VITI DI BACCO di socialità, e che la produzione vinicola ave- quella greca. Era stato un periodo, quello,
A lato, la bellissima va raggiunto, sia per varietà che per quantità, di rigido patriarcato, e se i maschi avevano
kylix di Exekias, uno sviluppo tale da permettere all’avventore goduto con parsimonia del nettare di Bacco
un tipo di coppa di scegliere in base alle tasche e al palato. (e soltanto superati i trent’anni), alle donne
greca usato anche era addirittura vietato, pena la morte. Per evi-
dai Romani per UN BACIO D’ASSAGGIO tare violazioni alla legge era stato istituito lo
degustare il vino. Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) ius osculi, che dava facoltà ai congiunti
Sotto, una scena scrive, nella Naturalis historia, maschi di baciare le donne della
con Bacco fra i che almeno due terzi della famiglia per verificare che non
vitigni carichi di produzione vinicola tota- avessero bevuto vino, bevan-
grappoli maturi le proveniva dall’Impero, da che induceva a liberalità
(III secolo d.C.). ed elenca 91 vitigni di- e lussuria, e il cui consu-
versi con 195 specie di mo era tollerato solo per
vini. Tra questi, 50 li attrici e prostitute.
definisce “generosi”, 38 Nelle ultime fasi della
“oltremarini”, 18 “dol- Repubblica scomparve
ci”, 64 “contraffatti” e anche lo ius osculi; l’e-
12 addirittura “prodigiosi”. spansione dei confini del
Catone afferma di conoscere Principato produsse un ulte-
otto qualità di vino, Varrone riore allentamento dei rigidi co-
10, Virgilio 15, Columella ben 58. stumi dei primi secoli, in ragione
A Roma, nel periodo tra Repubblica e delle maggiori disponibilità econo-
Principato (I secolo a.C.), vennero consuma- miche che orientavano gusti e consumi verso
ti in un solo anno quasi 2 milioni di ettolitri il lusso. Se ne giovarono le matrone e tutte
di vino: erano lontani i tempi della morige- le donne del ceto medio e alto, che poterono
ratezza di costumi dell’Urbe monarchica, che cominciare a godersi una coppa ogni tanto. Il
aveva in uggia i costumi ritenuti viziosi (vino vino s’impose, inoltre, come la bevanda più
compreso) importati da società liberali come importante sulle tavole di ogni cittadino ro-
50 CIVILTÀ ROMANA
CUCINA
IL MITICO FALERNO
mano. La differenza la faceva il ceto di appar- ermeticamente con tappi di sughero e sigillate IL SIGILLO
tenenza e, come ci ricorda l’iscrizione pompe- con pece, che consentiva l’invecchiamento; su Sotto, un tipario
iana, la disponibilità economica. Si passava da di esse veniva impressa un’etichetta, il pittacium, utilizzato per la
un vinello come la lora (surrogato dal basso che recava il luogo di provenienza del vino, il bollatura delle
contenuto alcolico e destinato al consumo nome del produttore e quello del console in ca- anfore vinarie.
di schiavi, contadini e operai, ottenuto ag- rica. Verso la fine del I secolo d.C., l’anfora per il
giungendo acqua alle vinacce già pressate o ai trasporto vinario venne gradualmente sostituita
grappoli poco maturi o alterati) ai grandi vini dalla botte, di origine celtica. Per il commercio
adatti all’invecchiamento (dai 5 ai 25 anni e via mare, i Romani utilizzavano le naves vina-
oltre): nettari di pregio, che potevano costare riae: piccole, veloci e resistenti alle tempeste,
anche ottanta volte il prezzo del vino comune. capaci di trasportare circa trecento anfore.
Dopo la pigiatura, la pressatura e una filtra-
zione molto grossolana, il mosto veniva messo RESINA, PECE E ACQUA DI MARE
a fermentare in recipienti di terracotta di forma Nei dolia, il vino nuovo rimaneva fino al
sferica, i dolia (i più grandi raggiungevano la ca- 23 aprile: soltanto dopo le Vinalia urbana
pacità di circa mille litri), dentro i quali il vino (festività in onore del raccolto dell’uva) lo
veniva anche invecchiato e trasportato. si poteva assaggiare. Era il momento in cui
In altri casi si preferiva travasarlo entravano in scena gli haustores, appar-
in anfore a doppia ansa, le seriae, tenenti alla corporazione dei pre-
di capienza dai 180 ai 300 l, gustatores, assaggiatori patentati,
impermeabili e dotate di che classificavano con appropria-
una punta che si conficca- ta terminologia i vini, distin-
va nel terreno. Prima del guendoli per colore, corpo
III secolo d.C., le anfore di e struttura. Usando il po-
terracotta erano i conteni- culum, una piccola coppa
tori principali per il traffico ombelicata che prelevava
marittimo, con una capacità una modesta quantità di
di una ventina di litri, chiuse vino, ne misuravano qua- ›
CIVILTÀ ROMANA 51
ROMA CAPUT VINI
SULL’APPIA UN’ENOTECA
DEL III SECOLO D.C.
52 CIVILTÀ ROMANA
CUCINA
CIVILTÀ ROMANA 53
UN PONTE
PER LA VITTORIA
A nord di Roma, da dove partono la via Flaminia e la via Cassia,
Ponte Milvio attraversa le acque del Tevere con cinque arcate.
Vide il trionfo di Costantino, ma fu quasi distrutto da Garibaldi
di Stefano Bandera
C
ostruito per attraversare il Tevere la battaglia del Metauro, in cui l’eserci-
nella parte nord di Roma, Ponte to dell’Urbe sconfisse i Punici guidati da
Milvio prende nome da un certo Asdrubale, calato in Italia per dar manforte
Molvius, della gens Molvia. Fu lui a farlo al fratello Annibale nell’assedio di Roma.
erigere, o forse a farlo ricostruire (la strut- A settentrione del ponte partono due im-
tura originale era in legno), all’epoca del- portantissime strade romane: la Flaminia, che
le Guerre puniche. La prima citazione del porta verso l’Adriatico, e la Cassia, che con-
ponte risale a poco prima del 200 a.C., ed duce in Etruria. Si trattava quindi di un pas-
è in relazione al ritorno delle truppe dopo saggio importante sia logisticamente che stra-
54 CIVILTÀ ROMANA
ARCHITETTURA
LA VISIONE DI COSTANTINO
Dell’originale ponte romano, danneggiato
più volte nel corso dei secoli, restano le tre
arcate centrali. Soprattutto in epoca medie-
vale, l’artefatto subì varie vicissitudini; venne
fortemente compromesso, e poi fortificato,
sull’imboccatura posta a settentrione, con
la costruzione di una torre triangolare, chia-
mata Tripizzone. Nello stesso luogo, esisteva
già una torre difensiva risalente al 300 d.C.
ca., poco prima che il ponte e i suoi dintorni
(allora si trattava di un’area scarsamente edi- circa la funzione dell’edificio. Inizialmente SCENARI BELLICI
ficata) divenissero teatro di uno dei più cele- si pensava potesse trattarsi di una villa, ma Sopra, l’affresco
bri scontri della storia di Roma imperiale: la il rinvenimento di alcune tombe, oltre alla di Piero della
battaglia di Ponte Milvio, che vide opposti particolare forma degli ambienti (che asso- Francesca che ritrae
l’imperatore Costantino e il rivale Massenzio. migliano a cappelle), ha fatto ipotizzare che Costantino alla
Era il 28 ottobre 312 e Costantino, alla possa trattarsi di un antico luogo di culto cri- guida delle truppe
guida di circa 100 mila uomini, mise in rotta stiano o di un piccolo mausoleo. Il fatto che durante la battaglia
l’esercito di Massenzio, numericamente su- l’edificio si trovi proprio sulla riva del fiume di Ponte Milvio.
periore ma peggio organizzato. Massenzio ha anche fatto immaginare che la costruzio- Sotto, il ponte dopo
stesso perse la vita nel Tevere e la sua testa fu ne fosse una stazione commerciale. il disfacimento del
mostrata come trofeo dai costantiniani. Alla piano di calpestio,
battaglia è inoltre legata la famosa visione di ordinato da Ga-
Costantino: in cielo gli sarebbe apparsa una ribaldi nel 1849.
croce con la scritta In hoc signo vinces (“sotto Nella pagina a
questo simbolo vincerai”), cosa che lo avreb- fronte, il ponte oggi
be spinto ad adottare il cristianesimo come e un presunto busto
religione ufficiale dell’Impero. del censore Marco
Soggetto a lavori di restauro già nel Quat- Emilio Scauro, che
trocento e poi ancora nell’Ottocento (quando lo fece ricostruire
furono ricostruite le arcate estreme, sostituite nel 109 a.C.
in precedenza da ponti levatoi, e la torretta
neoclassica), il ponte fu fatto saltare in aria da
Garibaldi nel 1849, all’epoca della Repubbli-
ca Romana, per ostacolare le truppe francesi
che accorrevano in soccorso del papa.
Di recente, lungo la riva del Tevere nei
pressi del ponte sono stati ritrovati i resti di
una costruzione di epoca imperiale; si tratta
di marmi decorati e ambienti di forma cir-
colare che hanno sollevato diverse ipotesi
CIVILTÀ ROMANA 55
L’ORNATRIX
ESTETISTA DELLE MATRONE
Nell’Urbe, acconciatura e cosmesi non erano lasciate al caso. Soprattutto
in epoca imperiale, le donne usavano ornarsi i capelli in fogge originali
ed elaborate, ricorrendo a tinte e artifici per ottenere effetti spettacolari
di Eugenio Anchisi
56 CIVILTÀ ROMANA
MODA E STILE
P
arrucche, capelli posticci, extension: le tosto rapida, dal momento che a letto indossa- IL RITO DELLA TOLETTA
matrone dell’antica Roma disponeva già vano la biancheria intima, la tunica, e a volte Ogni mattina, la
di quasi tutti gli accessori di bellezza delle più di una) e non di rado anche il mantello. Il matrona romana si
donne attuali. I capelli venivano ornati con dia- compito dell’ornatrix era fondamentale, e non sottoponeva a un lungo
demi, spilloni, nastri, coroncine e veli trattenu- privo di rischi. Se l’acconciatura non soddi- ed elaborato rituale di
ti da forcine e mollette, e a volte perfino cuciti sfaceva del tutto la padrona, infatti, correva il bellezza, che impegna-
alla capigliatura, per rendere l’acconciatura più rischio di essere punita, come va serve e schiave,
stabile. Inoltre, si faceva ampio ricorso a lacche annota ironicamente il poeta esperte di estetica e
per fissare la messa in piega, unguenti coloranti Marziale (ca. 38-104 d.C.), che cura del corpo (sotto,
e decoloranti. La cura dei capelli, spesso lunga racconta come bastasse un riccio in un dipinto di Juan
e laboriosa, oltre che difficile, era affi- fuori posto o uno spillone fissa- Giménez Martín).
data all’ornatrix, la pettinatrice, una to male per scatenare le ire della nobil- Al centro, un rasoio
serva specializzata che “prendeva in donna: «Dalla sua chioma feroce col- decorato in bronzo.
carico” la cura estetica delle pita / Plecusa [la trecciaiola] è morta».
donne ricche non appena La preparazione di una matrona ri-
queste avevano finito di chiedeva diverse ore di lavoro e il risultato
vestirsi (operazione piut- doveva essere un’opera d’arte, una “scul- ›
CIVILTÀ ROMANA 57
L’ORNATRIX, ESTETISTA DELLE MATRONE
SOBRIETÀ REPUBBLICANA
Tutto questo accadeva in epoca imperiale,
ma non era sempre stato così. Durante i lun-
ghi secoli della Repubblica, le donne romane
avevano costumi più severi, che dimostrava-
no, anche esteriormente, la pudicizia e il rigo-
re che le caratterizzava. In quel periodo, i ca-
pelli, divisi da una scriminatura al centro del
capo, si tenevano legati dietro la nuca, oppure
intrecciati, raccolti in un cercine (una specie
di treccia acciambellata) sulla fronte. Le nubi-
li, invece, portavano la coda di cavallo, legata
con un nastro molto semplice, senza scrimi-
natura; solo dopo il matrimonio potevano ag-
ghindare i capelli in altro modo. Nel giorno
delle nozze, dividevano le chiome in sei parti,
le legavano con nastri e le raccoglievano in
una crocchia, simbolo di verginità.
Le donne sposate, quando uscivano in stra-
58 CIVILTÀ ROMANA
MODA E STILE
CIVILTÀ ROMANA 59
A PROTEZIONE
DEL TESORO
Le chiavi dei Romani non avevano soltanto la funzione di aprire
e chiudere le serrature. Con la loro particolare forma ad anello erano
anche oggetti simbolici, emblemi di fedeltà tra moglie e marito
di Fabio Rinaldi
N
ell’antica Roma non esistevano gli istituti bancari: derle si usavano serrature a molla, molto simili a quelle in
denaro e preziosi erano custoditi in casa. Spesso uso fino a pochi decenni fa, con le tipiche chiavi a mappa
questi tesoretti venivano raccolti in vasi o anfore e singola, formate da pettine, stelo e impugnatura ad anello.
sepolti sottoterra. A volte, invece, erano Le dimensioni di queste chiavi erano variabili, così
custoditi in casseforti, solitamente come il metallo in cui erano fuse. Ce n’erano di
fabbricate in legno rivestito di fer- piccole e di enormi, come quelle che chiudevano
ro e dotate di sportello metallico. le porte dei templi e dei palazzi pubblici. Queste
Robuste e capienti, di norma erano ultime potevano essere così grandi e ingombranti
sistemate negli atri delle domus, in che non venivano portate appese alla cintura della
modo da essere bene in vista e ren- tunica, come accadeva solita-
dere immediatamente l’idea della mente, bensì consegnate
ricchezza del padrone di casa. Per chiu- a un servo molto fi-
60 CIVILTÀ ROMANA
TECNOLOGIA
dato, il portiarius, che le reggeva sulle spalle. Si lizzando un modello di cera. Le impugnature, FERRI LABIRINTICI
andava quindi da chiavi di pochi centimetri ad finemente lavorate, potevano avere forma geo- Sotto, ricostruzione
altre lunghe fino a mezzo metro. metrica, zoomorfa o a volute. Anche i pettini dell’atrio di una
Come confermano i ritrovamenti archeolo- erano in numero maggiore rispetto alle chiavi domus, dove in
gici, chiavi e serrature simili a quelle attuali co- in ferro, e composti da molti denti a cui, tal- genere veniva instal-
minciarono a essere usate circa due secoli pri- volta, venivano aggiunte una o due “complica- lata la cassaforte di
ma di Cristo. Le serrature (realizzate zioni” laterali. Queste chiavi venivano famiglia. Nel tondo,
da un artigiano specializzato, chiamate anche “sigilli”, perché il dio Giano con la
il magister clavarius) funzio- spesso avevano un’impugnatu- chiave del suo tem-
navano per rotazione, gra- ra ad anello, venivano por- pio: chiuso in tempo
zie a una molla d’acciaio tate alle dita ed erano usate di pace, spalancato
particolarmente elastica. come timbro da imprimere durante le guerre.
Abili fonditori, i Roma- a caldo sulla cera. Nella pagina a
ni forgiavano chiavi sia Per aprire le piccole cas- fronte, vari modelli
di ferro che di bronzo. seforti di casa, di solito di chiavi romane in
La foggia di quelle in si usava proprio il sigillo, ferro e in bronzo e,
ferro era piuttosto sem- che per i Romani aveva an- sotto, un tesoretto di
plice: le impugnature erano che un’importante funzione monete d’argento.
tonde oppure ovali, e lo stelo simbolica: gli uomini avevano
era pieno, quasi sempre rettangola- l’abitudine di regalarlo alla moglie
re, e piuttosto corto. Il pettine era formato nel giorno delle nozze come dimostrazione
da denti verticali che, a seconda di numero, di- di stima e di fiducia (fides), perché con que-
sposizione, altezza e forma, davano la possibilità sto gesto delegavano alla matrona la gestione
di creare moltissime combinazioni di serrature. delle finanze domestiche. Secondo molti stu-
Le chiavi in bronzo, più elaborate, erano veri diosi, quest’antica usanza sarebbe all’origine
oggetti artistici. Per la fusione venivano utiliz- dello scambio delle fedi nel corso della ceri-
zati 85% di rame e 15% di stagno, e la tecnolo- monia nuziale. Coloro che viaggiavano con
gia era quella della cera persa: il bronzo veniva frequenza utilizzavano anche piccole serrature
fatto colare in uno stampo di argilla, creato uti- portatili, molto simili ai lucchetti moderni.
CIVILTÀ ROMANA 61
62 CIVILTÀ ROMANA
MONARCHIA
NUMA
IL RE CHE AMAVA
LE DONNE
Salito al trono dopo il bellicoso Romolo, Numa Pompilio diede a Roma
regole di convivenza basate sul rispetto dei riti religiosi. Ad aiutarlo
nel suo compito, una misteriosa figura femminile: la ninfa Egeria
di Edward Foster
L
a narrazione mitica riporta che la morte L’ISPIRATRICE narra che furono invece i senatori a uccide-
di Romolo nel 716 a.C. aprì a Roma un Nella pagina re di proprio pugno Romolo, all’interno del
periodo di crisi politica. La fine del pri- a fronte, Numa tempio dedicato a Vulcano, per poi farlo a
mo re, ammantata di mistero (sarebbe stato Pompilio riceve pezzi e seppellirli sparsi qua e là.
assunto in cielo durante una tempesta), na- dalla ninfa Egeria le
sconde probabilmente una realtà più cruda. norme a cui ispirare UN NUOVO RE
Tra i patres, ossia i patrizi, e il monarca si era le nuove leggi di Romolo venne divinizzato e al suo posto
creata una frattura, dovuta all’assolutismo di Roma, in un quadro non fu eletto un nuovo re. Il collegio dei pa-
Romolo. Ciò aveva indotto i patrizi a emar- a olio del 1885 trizi, di cui facevano parte sia Romani che
ginare il sovrano, cercando d’istituire una dello spagnalo Sabini, si assunse l’incarico di governare la
forma di governo differente. Come racconta Ulpiano Checa. città. Secondo Plutarco, «i patrizi si divisero
Plutarco nelle Vite parallele: «Romolo fu fatto tra loro il potere, in modo che ciascuno di essi
improvvisamente sparire dal mondo». Di lui tenesse il potere per sei ore del giorno e sei ore
non rimase traccia e non si seppe più nulla. della notte». Secondo altri autori, il tempo di
Proculo Giulio afferò che, dopo la scomparsa, rotazione era più lungo (alcuni giorni), ma il
il re gli era apparso per annunciargli la futura tentativo di tramutare la monarchia in oligar-
gloria dell’Urbe. Plutarco, più prosaicamente, chia non si dimostrò efficace e ben presto il ›
CIVILTÀ ROMANA 63
NUMA, IL RE CHE AMAVA LE DONNE
RE E FILOSOFO popolo cominciò a protestare per la disorga- non si giunse a escogitare un sistema di elezio-
Sotto, un ritratto ot- nizzazione e l’inefficienza del governo. Si sta- ne bizzarro ma geniale: si decise che ciascuno
tocentesco di Numa bilì quindi di eleggere un nuovo monarca. dei due popoli avrebbe dovuto indicare
dipinto dal france- La scelta non era facile. Dopo la il nome di un esponente dell’altro
se Merry-Joseph fondazione, Roma si era espan- gruppo etnico. I Sabini con-
Blondel: il monarca sa e in città erano confluite cessero precedenza di scelta
appare assorto, con diverse popolazioni. Dopo ai Romani e costoro si ac-
i segni della sovra- il rapimento delle loro cordarono sul nome di
nità, il fuoco sacro donne, i Sabini si erano Numa Pompilio.
alle spalle e i rotoli uniti ai Romani in un’u-
delle leggi di Roma nica entità. Tito Tazio, re SOVRANO ILLUMINATO
nella mano sinistra. sabino, aveva governato Numa non faceva parte
Nel tondo, un’inci- per cinque anni (dal 750 del gruppo di Sabini che si
sione settecentesca al 745 a.C.) assieme a Ro- era stanziato sul Quirinale
che ritrae il sovrano. molo, in una sorta di monar- (i Romani, da parte loro, oc-
Nella pagina a fron- chia collegiale. Tra i due gruppi, cupavano il colle del Campido-
te, Numa Pompilio comunque, non c’era completa ar- glio), ma risiedeva ancora nell’antica
riceve dalla ninfa monia. Quando si trattò di eleggere il nuovo città di Curi (da cui deriva il nome “Quiriti”
Egeria le leggi di re, i due popoli si trovarono in contrasto sul che i Sabini davano a se stessi e che poi si estese
Roma, dipinto dal candidato da sostenere: i Romani puntavano a tutti i Romani), capitale del popolo sabino,
classicista Felice sul senatore Proculo, della loro stirpe, mentre sulla riva sinistra del Tevere. Aveva fama di
Giani nel 1806. i Sabini propendevano per il nome di Velesio. uomo virtuoso e pius, secondo l’antico signi-
L’accordo apparve introvabile fino a quando ficato latino di “colui che adempie ai doveri
morali e religiosi”, “colui che onora i padri”.
Aveva inoltre un ulteriore titolo d’onore: era
marito di Tazia, la figlia di Tito Tazio, e per-
tanto genero del sovrano associato a Romolo.
Pare, inoltre, che fosse nato nel giorno di fon-
dazione della città, il 21 aprile.
Proculo e Velesio, abbandonate le velleità
di ascendere al trono, furono inviati a Curi
come ambasciatori. Al principio, la reazione
del re designato fu negativa. Vedovo già da
tempo, amante della pace e dei luoghi tran-
quilli (si rifugiava spesso nei suoi possedi-
menti di campagna, abbandonando la città),
Numa preferiva la saggezza alla politica. Si
disse anche che fosse stato discepolo di Pi-
tagora (cosa impossibile, visto che il mate-
matico e filosofo greco visse un paio di secoli
più tardi). Quando i due messi lo informa-
rono della sua elezione, rispose pacatamente:
«Ogni uomo che vuol cambiare vita si espone
a un rischio. Colui che non manca di nulla,
e non ha da dolersi di quello che possiede,
solo se è pazzo può indursi a mutare la sua
maniera di vivere. D’altronde, cosa sia un re-
gno si può dedurlo dalle vicende di Romolo,
accusato di aver teso insidie a Tazio. Inoltre,
Romolo è celebrato come figlio di un dio. Io
sono semplice figlio di mortali. I costumi che
in me vengono lodati (grande tranquillità,
64 CIVILTÀ ROMANA
MONARCHIA
LA NINFA EGERIA
In questo compito fu aiutato dalla ninfa
Egeria. Si trattava di una delle quattro Came-
ne, divinità delle sorgenti, alle quali veniva- ›
DA UN MONARCA ALL’ALTRO
CIVILTÀ ROMANA 65
NUMA, IL RE CHE AMAVA LE DONNE
Rex
invocate dalle donne perché le assistessero du-
rante il parto; la terza, Carmenta, era una spe-
cie di musa della poesia e del racconto epico; la
quatra era lei, Egeria, il cui nome è assonante
La parola rex, che a Roma indicava il sovrano, è legata ad altri con la parola ager (“terra da coltivare”): era pro-
termini di origine indoeuropea diffusi non solo in Europa, ma babilmente una divinità femminile arcaica e
anche in Asia. In gaelico (lingua parlata in Irlanda) esiste per molto potente, legata al culto della terra.
esempio il vocabolo ri, in celtico rix (suffisso in nomi di condottieri, Egeria ispirò al nuovo re saggezza, concordia e
come Vercingetorix), in sanscrito (antica lingua indiana) si trova il pacificazione. Secondo la leggenda, fu amante,
vocabolo raj. Dalla radice della parola derivano anche il verbo consigliera e anche moglie di Numa. Quando il
regere, che significa “guidare, condurre, dirigere” e il cui participio re morì, la ninfa si sciolse letteralmente in lacri-
passato è rectus (sia “retto” in senso astratto che “diritto”). me, dando origine a una fonte che divenne luo-
Da rex derivano regnum (“regno”, “governo”) il diminutivo go sacro e viene identificata con la sorgente che
regula (non solo “regola”, ma anche “ riga”, cioè lo strumento si trova presso Porta Capena, nella zona dove
che fa andare diritto). Il rex, infatti, nel suo significato originale, ora sorge il Circo Massimo. Gli incontri tra la
più che un sovrano è colui che traccia una regola, una via da ninfa e il re si svolgevano in una grotta nel bo-
seguire. Dopo la fine del periodo monarchico, con la cacciata di sco delle Camene. Egeria era anche associata alla
Tarquinio il Superbo, a Roma la figura del rex continuò a esistere: figura di Diana Nemorensis, la dea onorata nei
era il rex sacrorum, il sovrano delle cose sacre, personaggio che boschi presso il lago di Nemi,: un culto antico e
non aveva funzione politica, ma religiosa, e officiava i rituali a cui cruento, che prevedeva sacrifici umani.
prima, tradizionalmente, aveva presieduto il re di Roma. Si è ipotizzato che dietro l’immagine della
ninfa si nascondesse un personaggio reale, una
66 CIVILTÀ ROMANA
MONARCHIA
CIVILTÀ ROMANA 67
A TESTA BEN
PROTETTA
Gli elmi erano probabilmente la parte di armatura più importante
per la sopravvivenza dei guerrieri. I Romani realizzarono i loro
ispirandosi alle tecniche costruttive dei propri nemici,
ottenendo una produzione che seguiva vere tecniche industriali
di Giuseppe Cascarino
68 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA
L’
elmo è un elemento difensivo caratteri- guerriero. Tra l’VIII e il V secolo a.C. si dif- ELMI E CIMIERI
stico di ogni guerriero fin dalle epoche fusero nell’Italia Centrale (prodotto dalle raf- Sopra, un’illustra-
più remote, ed è spesso presente nei finate officine etrusche) gli elmi a falda (come zione ottocentesca
corredi funerari delle sepolture. Gli elmi itali- quello borchiato emerso a Roma dagli scavi mostra soldati
ci più antichi, che equipaggiarono certamente sull’Esquilino) e l’elmo di tipo Negau, dalla romani con diversi
anche i primi guerrieri romani, risalgono alla caratteristica forma a campana allungata. tipi di copricapo.
tarda età del Bronzo e alla prima età del Ferro Si tratta di elmi
(IX-VIII secolo a.C.), e furono prodotti dal- DALL’ANTICHITÀ ALLA REPUBBLICA imperiali, con
le culture villanoviane ed etrusche. Erano Attorno al VI secolo a.C., in seguito al paraguance mobili,
fabbricati in bronzo, con forma prevalen- confronto militare con le città etrusche e paranuca verticali
temente semisferica, e avevano lo scopo le evolute città italiche della Magna Gre- e rinforzi a croce
di proteggere soprattutto la parte su- cia, i Romani adottarono una serie sulla calotta, che
periore della testa, mentre erano di modelli di elmo già in uso presentava anche
del tutto assenti protezioni in Grecia nell’epoca classica un sistema mobile
delle guance e della nuca. e adatti allo schieramen- per il fissaggio delle
Riservato certamente ai to oplitico. Il più noto è piume. Al centro, un
guerrieri etruschi più nobili l’elmo corinzio, che av- elmo villanoviano,
e facoltosi era il cosiddetto volgeva interamente la con la tipica cresta
elmo crestato, realizzato as- testa fino al collo, lascian- metallica, di grande
semblando due semicalotte di do scoperti solo occhi, naso impatto visivo, simile
bronzo, sormontate da una carat- e bocca; veniva tenuto alzato a quelli usati ai tem-
teristica e imponente cresta triangolare. sopra la fronte fino al momento dello scontro. pi della Monarchia.
Con il tempo e con il raffinarsi della tecni- Questo modello fu tanto diffuso da venire raffi-
ca, il profilo, dapprima rozzo e primitivo, tese gurato sulle monete anche nei secoli successivi.
progressivamente a conformarsi alla testa del Furono impiegati in seguito anche elmi ›
CIVILTÀ ROMANA 69
A TESTA BEN PROTETTA
ni impiegati dalle fonti letterarie latine per indicare l’elmo sono due: galea ELMO
GRECO
e cassis. Il primo viene usato in senso generico per l’elmo della truppa,
mentre il vocabolo cassis sembra riferirsi a modelli di maggior pregio.
Il cimiero (crista o conus) è l’ornamento che sormonta l’elmo, usato
con lo scopo di far apparire la figura del guerriero più alta e impo-
nente e per terrorizzare il nemico. Viene largamente impiegato sia
nel mondo greco che latino e può essere costituito da penne, piume,
pennacchi, criniere, figure ornamentali o anche pelli di animale.
La paragnatide (buccula) è la parte dell’elmo che protegge le guan-
ce fino alla mandibola. Può essere resa mobile tramite un collegamen-
to a cerniera che consente di rialzarla ai lati del capo.
L’imbottitura interna compare sin dall’antichità, non solo per aumen-
tare la protezione dai colpi, ma anche per rendere più confortevole
l’impiego prolungato dell’elmo. Ammiano la chiama cento, ed era apertura
una specie di sottocasco costituito da pezzi di stoffa cuciti insieme. paragnatide parete aurale
I legacci, o sottogola (vincula o habenae) sono i cordini in cuoio
che servono per mantenere l’elmo ben saldo sulla testa.
70 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA
ESEMPI NEMICI dell’Impero. Fabbricato in bronzo e con una affacciavano sul Mediterraneo orientale. Gli
Nella creazione caratteristica forma conica a “berretto di fanti- eserciti romani ebbero modo di misurarsi
degli elmi, i Romani no”, il Montefortino era dotato, alla sommità, con gli eredi di Alessandro Magno, che all’e-
presero molto dai di un pomello (apex); all’interno, secondo Po- poca riscuotevano ancora molto credito, an-
loro nemici, anche libio, veniva inserito un cimiero composto da che in termini di equipaggiamento militare.
per contrastare i tipi tre piume di colore rosso o nero, alte 45 cm, I Romani, da sempre influenzati e sugge-
di arma da cui do- con lo scopo di far apparire il soldato più stionati da oggetti e simboli che si ri-
vevano difendersi. alto e impressionare il nemico. chiamavano alla tradizione macedo-
Al centro, un elmo Tra quelli ritrovati, gli esempla- ne e greca in generale, fecero largo
Baldenheim, di ispi- ri di fattura migliore risalgono uso anche di elmi ellenistici.
razione germanica. al IV e al III secolo a.C., men-
Nella pagina a tre quelli di epoca successiva, IL PERIODO DEL PRINCIPATO
fronte, il tipo Ha- probabilmente a causa della In età augustea, nuove esi-
guenau, con ampi necessità di soddisfare una genze e opportunità orienta-
paranuca e para- domanda in continua crescita, rono l’esercito romano verso la
gnatidi, e rinforzo risultano più semplici e di qua- scelta di soluzioni più adeguate
centrale. Potevano lità decisamente inferiore. ai tempi e alle necessità. I carat-
essere sia di bronzo Le paragnatidi, realizzate in teristici elmi in ferro appartenuti
che di ferro, più bronzo spesso, presentavano un alle fiere tribù galliche sconfitte da
sottile e resistente. Il profilo che si conformava alla linea Cesare furono rapidamente adot-
rievocatore indossa degli occhi e della bocca, mentre, nella parte tati dai soldati romani, in linea con la
un’armatura ben inferiore, gancetti di bronzo permettevano di secolare tradizione che suggeriva di acquisire
ricostruita, mentre la allacciare un cordoncino sotto il mento. quanto di meglio appartenesse al nemico. Ma
spada medievale è La fine delle Guerre puniche portò al con- occorreva anche fronteggiare minacce nuove:
anacronistica. fronto con le monarchie ellenistiche che si larghi e robusti paranuca, ampie paragnatidi,
rinforzi frontali e nervature sulla calotta di-
ventarono elementi di protezione strutturale
indispensabili per affrontare mischie serrate
con nemici vigorosi e agguerriti come i Celti
apex e i Germani, che in battaglia prediligevano
rinforzo
frontale una scherma basata su colpi violenti e fen-
denti portati dall’alto verso il basso.
portapenne Non scomparvero mai, tuttavia, elementi
importanti della tradizione armiera greco-i-
ELMO talica, come il profilo generale dell’elmo, con
ROMANO
la conservazione di linee estetiche classiche di
gusto ellenistico, o alcune peculiarità orna-
mentali e caratteristiche, quali le creste. Gli
elmi più prestigiosi, indossati di solito dagli
ufficiali di rango più elevato, continuarono a
subire per secoli l’influenza e il fascino evoca-
tivo degli elmi di età ellenistica.
La ricerca archeologica degli ultimi cin-
paranuca quant’anni ha potuto offrire un contributo
decisivo allo studio e all’analisi dell’arma-
mento romano nel periodo dell’alto Impero,
anche grazie alla ricchezza di reperti dovuta
al diffuso benessere di quell’epoca. Fra il I e
paragnatide il III sec. d.C., l’esercito romano, padrone
perno per aggangio (buccula) del Mediterraneo e di gran parte dell’Euro-
del vinculum
pa continentale, dimostrò una sorprendente
omogeneità nella politica degli armamenti, ›
CIVILTÀ ROMANA 71
A TESTA BEN PROTETTA
IL TARDO IMPERO
Fino alla crisi economica e militare del III se-
colo d.C., la produzione degli elmi si basava su
una rete capillare di strutture artigiane private,
spesso convenzionate con l’amministrazione
72 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA
CIVILTÀ ROMANA 73
IL PORTO DELLA
DEA LUNA
Avamposto mercantile e militare in territorio ligure, la colonia di Luni,
fondata nel 177 a.C., è oggi una delle più vaste aree archeologiche
dell’Italia del Nord. E conserva ricche testimonianze di età romana
di Stefano Bandera
D
opo la fine della Seconda guerra punica, L’ANFITEATRO grazie al suo porto e alla vicinanza con le Alpi
nel 202 a.C., Roma riprese la sua politi- Costruito in epoca Apuane, da cui si estraeva già allora il marmo di
ca di espansione verso nord. Si trattava imperiale, l’anfiteatro Carrara, l’area archeologica di Luni è una delle
anche di una “riconquista”, perché il passaggio di Luni è lungo 88 m e più vaste dell’Italia Settentrionale. Decaduta nel
di Annibale aveva spinto contro l’Urbe sia Celti largo 70. Fu realizzato Medioevo a causa del progressivo insabbiamen-
che Liguri già sottomessi. Questi ultimi si di- in cemento, parzialmen- to del porto e all’impaludamento della zona, che
mostrarono bellicosi e restii a riconoscere la su- te ricoperto di pietra. divenne malarica (non mancarono le incursioni
premazia dei Romani, che per contrastarli crea- Dell’edificio si conserva- piratesche, fra cui quelle degli Arabi e dei Vi-
rono la colonia di Luna, oggi Luni, alla foce del no solo le gradinate. chinghi), la città fu per lungo tempo un luogo
fiume Magra, sul confine tra Etruria e Liguria. di approvvigionamento di materiali antichi, per
Passata attraverso periodi di grande fioritura, essere poi riscoperta all’inizio dell’Ottocento.
74 CIVILTÀ ROMANA
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CIVILTÀ ROMANA 75
STORIA DI UNO
SPACCONE
Un soldato millantatore e sbruffone alle prese con un servo astuto,
che ordisce stratagemmi tanto buffi quanto efficaci: sono due dei personaggi
del Miles gloriosus, una delle commedie più esilaranti di sempre
di Stefano Bandera
U
n inguaribile gradasso alle prese con un
servitore dalla mente sottile, un inna-
morato ingenuo, una ragazza che passa
da una storia all’altra con leggerezza (e anche
con una certa malizia), un cortigiano leccapie-
di e un anziano integerrimo e reazionario:
sembrano i protagonisti di una comme-
dia del Goldoni arlecchinesco, invece si
tratta del “cast” di una delle più celebri
opere del tetro latino. Il Miles glorio-
sus (generalmente tradotto come Il
soldato fanfarone) è forse l’opera più
nota di Plauto (250 ca-184 a.C.),
uno dei più prolifici e importanti
autori dell’antica Roma.
L’autore era nativo di Sarsina, si-
tuata nell’Umbria romana (oggi in
Emilia-Romagna), e il suo nome com-
pleto doveva essere Titus Maccius Plau-
tus. Maccius non era un nome gentilizio,
ma ricordava il Maccus, il “mangione
sciocco”, uno dei personaggi del teatro
popolare italico. È dunque probabile che
Plauto, oltre che commediografo, fosse
anche attore, o che avesse fatto l’attore
prima di cominciare a scrivere.
In epoca antica gli venivano attribuite
centinaia di commedie. Il letterato Varro-
ne (116-27 a.C.) riordinò le opere di Plauto
e gli attribuì con certezza 21 commedie, che
sono state tramandate nel corso dei secoli ar-
rivando fino a noi. Le trame di tutte queste
opere sono incentrate su scherzi più o meno
76 CIVILTÀ ROMANA
TEATRO
IL MILES IN BREVE
CIVILTÀ ROMANA 77
RIEVOCAZIONI
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA
N
ata nell’ambito delle attività di strutture d’epoca romana, la Deci-
della Società Italiana per gli ma Legio ha partecipato a numerosi
Studi Militari Antichi, Deci- eventi, sia in Italia che all’estero, e
ma Legio è un’associazione culturale mette a disposizione la sua esperien-
senza fini di lucro che si propone di za proponendosi come animatrice di
studiare e ricostruire la struttura e le eventi divulgativi e didattici, anche in
tecniche belliche dell’esercito romano collaborazione con altre associazio-
repubblicano del periodo compreso ni della rievocazione italiana, che ri-
tra le Guerre puniche e le conquiste costruiscono le realtà antagoniste dei
di Giulio Cesare: appena 200 anni Romani dell’epoca, come ad esem-
nel lungo millennio della storia roma- pio Galli e Cartaginesi.
na, ma di fondamentale importanza Tra le peculiarità del gruppo figu-
per le vicende dell’Urbe e del suo rano anche esercitazioni che com-
esercito, che proprio in quel periodo binano la ricostruzione storica con
riuscì a diventare quasi invincibile. la pratica marziale vera e propria,
fatta di marce e addestramento, fino
APPASSIONATI ED ESPERTI alla meticolosa ricostruzione di un
Fondata nel 2008 per iniziativa di castrum: attività che permettono di
un gruppo di appassionati, esperti di far rivivere l’efficienza di Roma e la
rievocazioni e ricostruzioni storiche metodica arte militare delle legioni.
info: www.decimalegio.it
78 CIVILTÀ ROMANA
NEWS
S
orprese impensate sono siderato obsoleto e sorpassato
arrivate nei mesi scorsi all’epoca in cui gli affreschi ordi-
dalla cosiddetta Do- nati da Nonio furono commissio-
mus Iovis, la Casa di Giove nati all’artista che li realizzò.
(nelle foto a sinistra e sotto), I decori in Primo stile vennero re-
appartenuta al ricco senatore alizzati per le sole sale di rappre-
Marco Nonio Balbo, uomo sentanza, mentre le stanze private
dotato di grande gusto e furono affrescate secondo il gusto
senso artistico. Un gusto che del tempo. Nonio Balbo fu anche
ha meravigliato perfino gli ar- una personalità politica di rilievo:
cheologi, quando hanno sco- pretore e proconsole della provin-
perto che le pareti della sua cia di Creta e Cirene, tribuno del-
casa erano state affrescate, la plebe nel 32 a.C. e partigiano
in alcune stanze, seguendo i di Ottaviano. Finanziò inoltre la
dettami del Primo stile pompe- costruzione di molti edifici pubbli-
iano, in voga a cavallo tra II ci e dopo la sua morte gli furono
e I secolo a.C. e ormai con- dedicate ben dieci statue.
CIVILTÀ ROMANA 79
LIBRI
GLI ACQUEDOTTI
MOSTRE FILMROMANI
V a in mostra ai Musei Capitolini, fino al 27 gennaio 2019, la Roma dei re. Un pe-
riodo ancora avvolto nella leggenda e nel mito, ma sul quale si sta facendo sempre
più luce, soprattutto negli ultimi anni, rivalutando molti racconti (per esempio quelli
di Plutarco e Tito Livio) che sembravano trovare fondamento più nell’invenzione che
nella realtà. L’esposizione accende i riflettori sulla fase più antica della storia dell’Ur-
be, illustrando gli aspetti salienti della formazione di Roma e ricostruendo i costumi,
l’aspetto religioso e culturale, le capacità tecniche, i contatti e le trasformazioni sociali
della città nel periodo in cui era governata da re. Grazie a lunghe attività di revisione,
restauro e studio è anche possibile mostrare per la prima volta al pubblico dati e reperti
archeologici mai esposti prima, talvolta sorprendenti e suggestivi per la loro bellezza
e modernità. Il percorso espositivo si snoda in diverse sezioni: santuari e palazzi; i riti
sepolcrali a Roma tra il 1000 e il 500 a.C.; l’abitato più antico; scambi, commerci e
sezioni che contengono reperti e oggetti provenienti dalla necropoli dell’Esquilino.
C ontrapposti per secoli, l’Impero Romano e quello Partico ebbero diverse ragioni
e occasioni per scontrarsi. Il primo ambiva a un’espansione libera verso est, che
l’altro gli impediva. Il secondo teneva a fare da cuscinetto fra l’Occidente e l’Oriente,
assicurandosi la ricchezza che proveniva dal “drenaggio” di denaro derivato dagli affari
fra Roma e Paesi come la Cina o l’India. Il libro si dedica soprattutto all’esame degli
scontri armati tra l’Urbe e l’Impero Partico tra la battaglia di Carre (53 a.C.) e la ca-
duta degli Arsacidi (224 d.C.). Un’analisi che non si limita a ricostruire gli eventi mi-
litari, ma tratta anche gli aspetti diplomatici, senza trascurare le componenti antropo-
logiche che differenziavano i due Stati rivali. Interessante il punto di vista dell’autrice,
esperta militare dell’amministrazione Bush, che individua in una carenza del lavoro di
intelligence svolto sul campo il punto nevralgico che portò ad alcune sconfitte militari
romane, anche se queste furono piuttosto da attribuire a una impreparazione bellica
dell’Impero, poco pronto a subire gli assalti della cavalleria partica. Le cose cambiaro-
no decisamente quando l’esercito romano prese le dovute contromisure.
Rose Mary Sheldon, Le guerre di Roma contro i Parti, Libreria editrice goriziana, pp. 422, € 25
L a dissoluta, crudele e ribelle Messalina ha ispirato, nella storia del cinema, nu-
merosi registi: Mario Caserini nel 1910, Enrico Guazzoni nel 1923, Carmine
Gallone nel 1951 e, nel 1960, Vittorio Cottafavi, autore di questo Messalina Venere
imperatrice, che si innesta nella linea dei cosiddetti “peplum”, pellicole storiche
in costume ampiamente romanzate. Nel film, dopo l’uccisione di Caligola, i pre-
toriani eleggono Claudio nuovo imperatore con l’obbligo di sposare Messalina,
aspirante vestale. Alcuni nobili, contrari al nuovo sovrano, ordinano di uccidere la
futura imperatrice. Come esecutore materiale viene scelto Marcello, che però si fa
sedurre da Messalina e la risparmia. Lei, per buon ringraziamento, lo fa uccidere
assieme a tutti quelli che le si oppongono e intreccia una relazione con il giovane
centurione Lucio Massimo. Ma quando la donna progetta di uccidere Claudio, il
soldato lascia la corte e torna dal suo primo amore: Silvia. Insomma, un film spet-
tacolare e avventuroso, ma decisamente poco aderente al dato storico.
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CESARE CONTRO
LA FONTE DELLA RICCHEZZA VERCINGETORIGE
La vittoria sui Celti nelle pagine
C
ompare in mano a dei e dee (nella foto è un attributo di
Ercole) come emblema di ricchezza e di fortuna. Il suo del De bello gallico.
nome è formato dalle parole cornu, “corno”, e copia,
“abbondanza”: è, letteralmente, il corno dell’abbondanza.
Secondo la mitologia greca sarebbe un
IL GLADIO
corno perduto dalla personificazione
L’arma che condusse le legioni
del fiume Acheloo, poi riempito dalle
alla conquista del mondo.
Naiadi (ninfe delle acque) con fiori e
frutta: probabilmente si tratta di un’al-
lusione alla floridezza della valle attraver-
MARZIALE
Lo spregiudicato poeta dell’eros.
sata dal fiume stesso. Altri autori legano la
cornucopia ad Amaltea, la capra che allatta
Giove durante l’infanzia: il padre degli dei LA MEDICINA
avrebbe poi benedetto le corna del generoso
animale, facendone fonti di abbondanza. Diagnosi, farmaci
La cornucopia è anche simbolo della fertili- e cure, tra scienza
tà femminile, paragonabile a un utero da cui la
e creduloneria.
vita sgorga incessantemente. Presenta quindi un
legame con l’agricoltura e la ricchezza della ter-
ra; ma il suo significato è ambivalente, perché L’ARCO DI TITO
il corno è anche un oggetto fallico, connesso Un monumento per celebrare
alla virilità: la stessa funzione che hanno anco-
la distruzione di Gerusalemme.
ra oggi i cornetti portafortuna, simili ai piccoli
falli sfoggiati dai Romani contro la malasorte.
La dea Concordia, che rappresenta l’armonia LETTI E GIACIGLI
e il benessere della comunità, è raffigurata con
un ramo d’olivo e la cornucopia, a indicare che
Dormire, poltrire e gozzovigliare
il buon governo non può che portare ricchezza. all’epoca dei Cesari.
CIVILTA
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Sonia Lancellotti, Laura Galimberti : tel. 02 92432295/440
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ROM ANA
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PUBBLICITÀ 20090 Segrate - ISSN: 2611-7282
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