Isha Schwaller de Lubicz-L'apertura Del Cammino PDF

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Isha Schwaller de Lubicz

L'apertura del cammino

ISBN 88-7071-031-9

Titolo dell'opera originale


L'ouverture du chemin
Traduzione di Nadia Garattoni

Copyrigth © 1985 Éditions La Table d'Émeraude


Copyrigth © 1999 Edizioni Ri<P Srl
Via Anelli, 1- Milano

Tutti i diritti riservati

Stampato da Grafiche D.L. Sas


INDICE
Prefazione .. .. .. .. .. .... .. .......... ..... .. .. .. . ... .. ... .... .. . ... .... .. . .. . ..... .... 7
.

Introduzione . .. . . . . . . . . . . . .. . . . .. . . . . . . . . . . .. .. . . . . . . ... .. .. . . . . . .. ... .... .. . . . . . . . . 9


Verso l'unica Verità ................ . . ................................. . ........ 14

Prima parte
L'ESSERE UMANO
l. La libertà della ricerca individuale . .. . .... . . . . . ... . . . . . . ....... 25
2. Il grande interrogativo .. .. . . . . .. .. .. . . . . . . .. . .. .. . . . . . . . . . .. . . . . . .. .. .. 29
2.1 La "Conoscenza di sé" ............ ....... ... ... ..... ... .. ........ 33
3. La persona umana ............. . .
... ....... . .
. . . . ......... . ... . ... . ....... 35
3.1 Le due volontà ......... ... ........... ........... .. ......... .. ........ . 35
3. 2 Costituzione dell'Automa ............................... . .
. .... 40
3. 3 Gli umori ....... .............. . .. . . . . . . .. .. ..... . .......... . .. .. ......... 45
3.4 Sintesi e coordinazione delle funzioni vitali ........ 47
3. 5 Il controllo dei circuiti ........ . . . ........ . ... . ................... 51
3.6 Le fonti di energia e di calore animale .. . ....... . . . ... 52
3. 7 La forza attiva o il fuoco vivente ......... . .
. ....... . .
. .... 55
4. Dell'anima e della coscienza ............... . ... . ................... 58
4.1 L'origine della coscienza . . .. ......... . . . ... .... .. .. . .. ..... . ... . 61
4. 2 La coscienza nell'universo .. .. . . .. . ...... . . . . .. ... .. . .. . . . .. .. 62
4.3 La coscienza nell'essere umano . . . . ..... . ............ . ..... 63
4.4 Il ternario umano . . ........ . ..... . ....... . .... . ........ . .
. ....... . .. 65
4. 5 I due testimoni ..... . . . ....... .............. . ... . ...................... 67
5. Lo scopo .................. ......................................................
.
75
6. Il duello . ... ....... .... .... ....... ....... .... ..... ... .... ...... .. ....... .. ....... 79
6.1 Le due forme del duello ...... ......... ... .... ........ .......... 86
6.2 Le due chiavi del regno sovraumano . . . ..... ... ... ..... 90
Seconda parte
L'ORIENTAMENTO DEL CAMMINO
7. La voce del cuore ..... . ..
... ............. . ..... . ............. . ... ........ 97
7.1 La via di mezzo ......... . . . . . . . . . . . . . ........... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
7.2 Il potere del cuore ............... ................... . . . . ......... . 102
8. La sorgente . . .. ............................................................. 110
9. La conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . .. . . .. .. . . . . . . . . . . . . . . .. .. .... . . . . . 113
10. Il discernimento del discernimento ......... . ............... 130
11. I.Jambiente .................................................... . . . . . ......... 133
11.1 Alla ricerca delle tendenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
12. La visita alla caverna . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
13. La questione sessuale ............ . . ..
. . . .... .
........ . . . . . .... ..
. ..... 158
14. I.Jinevitabile alternanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
15. Attenzione-mediazione .............................................. 172
16. Comportamento generale .......... . .. . . . . . ............. . . . ....... 179

Terza parte
ACQUISIZIONI E OSTACOLI
17. Le sette acquisizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191
17.1 Prima acquisizione: il senso della presenza . . . . . . . 192
17.2 Seconda acquisizione: la concentrazione . . . . . . . . . . . 195
17.3 Terza acquisizione: la serenità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
17.4 Quarta acquisizione: il gesto essenziale ............ 202
17.5 Quinta acquisizione: il silenzio . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . 205
17.6 Sesta acquisizione: il senso del riconoscimento .. 210
17.7 Settima acquisizione: il senso del dono . . ... .. .
. .... 215
18. Gli ostacoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219
18.1 La scusa ....................... .
...... ......... ..
. .................. 220
18.1.1 Primo ostacolo: la preoccupazione personale 223
18.1.2 Secondo ostacolo: l'errore nell'interpretazione
della provvidenza ...... ..................... .
................. 226
18.1.3 Terzo ostacolo: la falsa pietà ........................... 230
18.1.4 Quarto ostacolo: ricerca della santità ............ 237
18. 1. 5 Quinto ostacolo: la sentimentalità ................. 243
18.1.6 Sesto ostacolo: la soddisfazione ..................... 246
18.1. 7 Settimo ostacolo: le abitudini ......................... 247

Quarta parte
LE TAPPE
19. Reicarnazione-Karma ...................... . ....................... 251
20. I Maestri .................................................................... 270
21. l1Elite . .
. . .......... . ........ ... .. .
. . ... . ... ................. .
................. 283

Quinta parte
LUCI SUL CAMMINO
22. Seconda visita alla caverna . . ............ .. . . . . ................. 293
22.1 Il pozzo .................................................... . .
... .... 305
23. La pace .......... .
. . . ....... .. . ....... ..... .................................. 309
24. La gioia ...................................................................... 313
25. La vita .......... .. .
. .. ........... ...
. . ................ .. . ..................... 315
26. Sigla ........................................................................... 319
Appendi c e

STUDIO SINTETICO DEGLI ORGANI


E DELLE LORO RELAZIONI FUNZIONALI
l. Condizioni vitali degli organi .................................... 323
2. Coordinazioni delle funzioni ..................................... 327
3. Le regioni .................................................................... 329
3.1 Le quattro regioni dell'organismo ...................... 331
3.2 I quattro figli di Horus ......................................... 333
3.3 Tavola delle relazioni ........................................... 338

II. Gli stati psico-spirituali nelle diverse tradizioni ......340


l. L'anima secondo l'Antico Egitto ............................... 343
PREFAZIONE

Abbiamo voluto iniziare la collana "La Via Maestra" con


''L'apertura del cammino" di Isha Schwaller de Lubicz, grande studio­
sa di egittologia scomparsa negli anni Sessanta perché espone in
modo assai efficace l'idea che sta alla base della collana stessa.
Le sue opere, assieme a quelle del marito, sono fra le poche in
grado di restituirei la sapienza iniziatica dell'Antico Egitto. Isha tra­
duce questa sapienza in termini a noi comprensibili, rapportandola
alle attuali conoscenze scientifiche. Si tratta di un'opera che concede
poco ai sentimentalismi oggi così in voga quando si affrontano que­
sti argomenti e nulla ai puri parti di fantasia, altrettanto di moda.
È singolare l'attacco che l'autrice porta al sistema di valori della
nostra civiltà occidentale, fino a minare i pilastri che sorreggono
l'intero edificio della nostra cultura e del nostro sapere scientifico.
Per Isha il dualismo mente e corpo è insufficiente a spiegare
le ragioni della nostra esistenza. Solo la riscoperta del divino all'in­
terno dell'uomo, al di là di tutte le filosofie e di tutte le religioni, può
ridare all'essere umano una vera ragione di vita e la chiave del pro­
prio destino.
Tale riscoperta del divino non può avvenire con i mezzi che la
scienza attuale e le religioni istituzionali ci forniscono. Occorre
attingere a un sapere ben più arcaico e di diversa natura. Studiando
l'Antico Egitto, Isha e suo marito sono riusciti a riportare alla luce
il modo antichissimo e sempre attuale per arrivare a tale riscoperta.
In questo libro l'autrice espone dettagliatamente i metodi e gli
esercizi per acquisire prima una reale padronanza su se stessi e poi
una conoscenza profonda e certa delle parti più inaccessibili del
nostro essere.

I curatori della collana


Nadia Garattoni e Loris Solmi

7
INTRODUZIONE

uomo moderno è il prodotto di diversi secoli di cultura

L cerebrale o meglio di una formazione autodidatta che ha


preteso di bastare a se stessa per progredire e che consi-
dera l'Evoluzione come uno sviluppo delle cellule, degli organi
e delle facoltà, grazie a un adattamento logico e progressivo.
Questa mentalità pretenderebbe di spiegare l'Universo e l'uomo
razionalmente, senza aver bisogno di far intervenire una causa
creatrice. Ciò fovorisce lo sviluppo dell'idea del libero arbitrio,
poiché non dovendo preoccuparsi di alcuna causa fuori
di Sé, l'uomo si considera come la vetta e mette all'apice di que­
sta vetta le proprie facoltà cerebrali; non può dunque ammettere
come forze e leggi naturali che quelle controllabili da questa
intelligenza e spera di trovare in queste focoltà i mea,,i logici per
asservire al proprio uso leforze della Natura.
Ne consegue una ricerca biochimica, in generale meccanicistica,
che lo orienta verso una scienza puramente analitica e d'impron­
ta cartesiana, senza risultati vitalmente costruttivi. Ma l'oggetto
di questa scienza, avendo aumentato il benessere della vita mate­
riale, ha creato anche dei nuovi bisogni, le cui conseguenze hanno
accresciuto nell'uomo il senso acuto dell'invidia e sviluppato
il senso della fretta.
L'invidia è diventata una malattia sociale. Quanto a questa
mania della fretta, essa si è imposta in maniera così dispotica
che è stato necessario ingegnarsi a trovare dei cibi a questo nuovo
prurito: da ciò la ricerca febbrile di tutto quello che può rimpin­
zare i sensi e l'emotività, i quali richiedono sempre più delle

9
impressioni violente, fino ad obnubilare ogni possibilità di discri­
minazione riguardo ai loro effetti benefici o nocivi.
La vita sensoriale così sovraeccitata diviene presto una maestra
esigente; è facile suscitare gli appetiti del corpo fisico, più difficile
poi è controllarli.
I nervi abituati al movimento cercano morbosamente il movi­
mento; la vita cerebrale e sensoriale abituata all'apporto esteriore
di immagini, di pensieri imposti, di musiche ripetitive, di ritmi
snervanti, esige la sua pastura quotidiana che si sostituisce allo
sforzo personale e distrugge la nozione dei valori reali. Ed ecco la
nostra società lanciata nella ronda infernale della fretta, in cerca
di "novità'� di cambiamento... sempre più rapido.
Una mentalità si è ben presto formata da questa ginnastica fre­
netica, presentando nettamente due caratteristiche essenziali:
l'insaziabilità - diretta nel senso della "Qyantità" piuttosto che
in quello della "Qyalità" - e il bisogno della velocità.
Qyesta mentalità "quantitativa" trasforma l'economia sociale
a detrimento della ricerca della "Qyalità"; il bisogno della velo­
cità trasforma la vita dell'Umanità, sopprimendo le distanze,
sconvolgendo e mescolando pericolosamente i popoli e le raZ<.,e
senza poter dare loro delle basi di concordia.
Ma l'effetto più negativo di questi nuovi impulsi è uno
squilibrio nervoso che non permette più di sopportare il
silenzio e l'inazione, questi due pilastri della meditazio­
ne senza la quale non si può produrre l'intuizione vera o
"visione dello spirito"; si potrebbe replicare che un gran
numero di ispirazioni, invenzioni o anche conversioni
spirituali, si sono prodotte subitamente senza una medi­
tazione preliminare ma l'obiezione sarebbe senza valore
poiché, per improvvisa che possa essere questa luminosa
intuizione, non viene percepita che da colui il cui stato

IO
interiore è ricettivo, vale a dire disposto a ghermirlo al
momento buono e a gestarlo in un attento silenzio.
Non è diffi cile dimostrare che questa disposizione, che
è la calma dei nervi, del cervello e del cuore, non è generalmente
compatibile con l'impazienza degli appetiti (che diventano biso­
gni) sensoriali e nervosi, sovraeccitati nell'uomo moderno.
Un bisogno reclama la propria soddisfazione. La lotta per
questa soddisfazione ha provocato uno squilibrio del senso morale
e della coscienza. La coscienza profonda è la percezione di ogni
esperienza vissuta, registrata dal nostro essere intimo.
La coscienza fisica può reali;:;:,arsi all'insaputa della nostra
volontà (una bruciatura da fuoco dà al membro bruciato una
subcoscienza del fuoco e il suo timore), ma la coscienza cerebrale
si metterà sempre al servizio dei diversi appetiti.
È il caso più frequente, perché più comodo; cuore e cervello
si rendono mutuamente questo servizio di adattarsi alle circo­
stanze, vale a dire agli appetiti, l'uno prestando le sue informa­
zioni all'altro; essi formano nell'ombra una "coscienza" della
quale si finge di ignorare l'origine. Questo scentramento della
coscienza ha portato, come frutto, la negazione di tre qualità
essenziali.
7° Negazione dell'intervento costante di un Verbo creatore,
poiché la mentalità moderna reputa sufficienti i propri impulsi
cellulari e le proprie facoltà verso una progressiva sistematiw­
zione logica.
2° Negazione dell'ispirazione spirituale e dell'animazione,
poiché accettare l'idea di questo apporto sarebbe inficiare questa
logica razionale e diminuirle il merito di essersi sviluppata da sé.
3° Negazione del rapporto armonico di tutte le parti del
nostro Universo, la cui Comprensione non si può acquisire attra­
verso la ricerca cerebrale ma solamente attraverso la via del

11
silenzio e della vera meditazione. Tuttavia, le relazioni sempre
più facili fra tutti i popoli della terra hanno permesso di conosce­
re molteplici esempi di percezione diretta delle realtà astratte e
dell'azione psichica sugli esseri e le cose della Natura.
Gli Europei, testimoni di questi fenomeni presso i popoli sedi­
centi primitivi o selvaggi, hanno constatato con sorpresa che essi
si fondavano su una metafisica tradizionale trasmessa mediante
iniziazione. Se i metodi di applicazione variavano secondo
il popolo o la razza, la condizione essenziale restava tuttavia
la stessa: la comunione degli iniziati con il grande Principio spi­
rituale, il cui nome solo differisce secondo la religione o la dottri­
na.
La caratteristica della razza bianca è lo sviluppo delle facoltà
mentali, che l'Occidente ha deviato facendo di questo mea_o uno
scopo; e la sua vasta cultura, nell'ultima fase della sua evoluzio­
ne, ha conjùso i nostri contemporanei sulla valutazione del loro
potere.
Il sapere razionale ha spodestato la Conoscenza e rifiutato
le leggi dell'antica Saggezza per non rischiare di essere detroniz­
zato da questa, a sua volta.
La grande paura del sapiente razionalista è di rincontrare,
al bivio fra il dubbio e il sapere, la sola potenza capace di porre
fine al suo potere: il "divino" che egli non potrebbe né analizzare,
né controllare.
Il "divino" o lo Spirito, se lo si volesse chiamare con il suo
nome, il sapiente rischierebbe anche di incontrar/o in se stesso;
infatti l'essere incarnato, al momento della sua nascita, recava
la segnatura1 di un impulso spirituale, dunque universale, benché
Segnatura: è un termine tecnico della filosofia ermetica. Indica il segno, il modo in cui
un astro o una determinata for<ll plasmano la materia imprimendole una forma, un
colore, un aspetto particolare e peculiare della propria natura. La segnatura è dunque
come l'impronta o la firma dell'astro o dellafor<fl. (N. d. C.)

12
colorato dalla sua particolare natura.
Avrebbe potuto, in seguito, se avesse risvegliato la comprensione
per sviluppare questo impulso primario, impedire alla ragione
analitica di opporsi come un arcangelo della morte alla genera­
zione dell'Uomo divino sepolto nel fondo di questo paradiso pri­
mordiale.
Questa possibilità fu provata dall'apparizione, in certi periodi
di cataclismi che affliggevano l'umanità, di qualche Saggio
il quale, docile alla sua stella, evitò l'intrusione del suo giudizio
razionale e restò unito al Verbo del quale era il portatore, poten­
do così rivelare al mondo un lampo di saggea,a divina.
Ora questa scintilla di verità anima per un istante coloro che
essa sfiora e che sono disposti a riceverla; ma accadde a ciascuno
di costoro la stessa cosa dopo la loro nascita sulla terra: se la
scintilla è ricevuta e custodita dall'essere immortale incarnato
in loro, sviluppa questo stesso essere e accresce la propria potenza;
ma se è ricevuto dal giudizio razionale, l'intelligenza cerebrale
cerca di appropriarsene e di trasformarla a proprio beneficio;
giocando ancora una volta il ruolo di arcangelo separatore, que­
sta intelligenza stabilisce a profitto della sua personale domina­
zione il proprio arbitrario codice di Bene e di Male.
Il risultato di questo intervento della ragione è una sterilia,a­
zione dell'uomo per ciò che attiene allo sviluppo integrale della
propria coscienza.
Di modo che, come una terra isolata e privata della sua fecon­
dazione spirituale, egli non riceve alimenti se non dagli argo­
menti messi a disposizione dalla sua coscienza cerebrale, la quale
non potrà evolvere che lentamente, nel corso delle molteplici opere
e degli accidenti della vita normale.
Apparentemente questo risultato sarebbe dovuto bastare agli
uomini per metterli in guardia rispetto a questo errore e indurii

13
a cercare il rimedio. Ma accadde il contrario, perché Lucifero è
un angelo della Luce, il cui apparire indurrà sempre in errore gli
uomini di questa terra e perché il serpente che disseminò la
discordiafra Adamo ed Eva è l'incarnazione di questa ingordigia
che spinge l'essere umano ad avere bisogno della QJtantità e, per
soddisfarla, all'infernale Attività.
E chiunque, Buddha, Cristo o Saggio che sia, voglia levare
la voce contro questo errore, è subito sospettato di minare la feli­
cità degli uomini, vale a dire la libertà di perpetuare la loro
schiavitù sulla Terra.

Verso l'unica Verità


Le comodità della nostra vita moderna hanno avvicinato
l'Oriente all'Occidente e ristabilito qualche contatto con i saggi
dei tempi antichi. Numerosi testi sacri sono stati tradotti in lin­
gue europee; è pur vero che essi non ne svelano il senso esoterico,
la cui decifrazione necessita della perfetta conoscenza della lin­
gua, delle lettere e del simbolismo particolare di ciascuno di essi.
Tuttavia hanno già dato una sufficiente intuizione della loro
Saggea,a per suscitare l'interesse dei nostri contemporanei.
La saggea,a orientale e la saggez:za egiziana hanno lasciato,
nella loro architettura, le testimonianze di una scienza geometri­
ca, matematica e cosmogonica innegabile.
L'opera faraonica si rivela come la più antica, la più duratura
fra le civiltà conosciute e la sorgente di esse, poiché la più antica
Cina e la più antica Grecia - che hanno preceduto i cataclismi
geologici o diluvi - non hanno lasciato resti.
Circa 3000 anni prima di Cristo, i testi delle piramidi parla­
vano con autorità della costituzione dell'essere umano, della sua
sopravvivenza e dei suoi rapporti con la vita cosmica. Molto più

14
tardi Mosè, "istruito nei templi egiziani"2 ne adattò, nel
Pentateuco, gli insegnamenti necessari al suo popolo, dal quale
è uscito il cristianesimo.
Più tardi ancora, Lao Tse mostrò la via della vera Sagge;:;:,a
con i precetti essenziali del Tao.
Poi, per la prima volta, il Buddha diede ai suoi discepoli
l'esempio e la legge della non violenza e della compassione.
Durante questi millenni, le dinastie faraoniche svilupparono
simbolicamente l'evoluzione del principio regale (vale a dire
sovrumano) nell'uomo, del quale il Faraone rappresentava
il prototipo dapprima nel suo diventare Osirideo, poi nella sua
super-evoluzione Horusiana e ciò in correlazione ai periodi astro­
nomici.
Fino all'avvento del Cristo, i Saggi egiziani nascosero il loro
insegnamento attraverso i loro testi e i loro monumenti, infine
nel tempio di Philae essi riassunsero tutto il simbolismo
di Osiride e di lside nella Natura e nell'Umanità e il ruolo
di Horus nella rivelazione -fni o ad allora riservata ai discepoli
del Tempio -fu la base stessa della missione Cristica.
L'iniziazione Essenica fu in seguito il legame fra quella
dell'Egitto, la metafisica di San Giovanni, la pura mistica dei
tre primi secoli della Chiesa cristiana in Asia Minore, in Africa
e in Europa e il simbolismo filosofico di Bisanzio.
Con il IV secolo cominciò l'affermazione del potere temporale
della Chiesa, il suo ruolo politico e le interminabili discussioni
dei teologi e dei concili. La scissione fra Roma e Bisanzio (7054)
non impedì ai Crociati di riportare in Europa il simbolismo
bizantino, che fu la base di quello delle nostre cattedrali.
Di modo che la Chiesa copta (primi cristiani d'Africa)
- e attraverso di essa la Chiesa abissina - la Chiesa ortodossa
2 Atti, 7,22.

15
e la Chiesa Romana si trovarono, malgrado i dissensi teologici,
ricollegate attraverso il simbolismo venuto dall'Egitto e trasposto
nell'architettura, nella scultura, nei riti e nella liturgia.
Questa unità delle tradizioni, che testimoniava un'identica
Conoscenza di base, era il miglior criterio della loro realtà
fondamentale. Come è potuto accadere che una direzione rigida,
ispirata a una volontà di dominio temporale (e sotto minaccia
di scomunica), abbia attribuito lo stesso valore normativo a delle
imposizioni e a delle proibizioni arbitrarie, così come ai dogmi
indiscutibili?
Le dissidenze del luteranesimo e del calvinismo ne sono state
il risultato e le reazioni sanguinarie del cattolicesimo non hanno
impedito né lo svilppo del protestantesimo né gli abusi contro
il quale esso si rivoltava.
Le torture dell'Inquisizione dirette contro la ricerca individuale
della Conoscenza, così come il martirio dei saggi Templari,
hanno ostacolato la causa del cattolicesimo più di quanto non
l'abbiano protetta.
Bisognerà per questo incriminare il messaggio Cristico che
è venuto, nell'ora richiesta dall'Armonia cosmica, a portare
all'Umanità l'annuncio e la prova della possibile unione del
divino con l'umano? Tutte le grandi tradizioni hanno parlato
dell'umanità terrestre come di uno stato transitorio fra uno stato
originale di non separazione e un ritorno cosciente all'unificazio­
ne. Il male, per l'uomo, è venuto dalla volontà di potere, di pos­
sedere e di sapere, grazie ai sensi e al cervello, ciò che conosceva
in se stesso prima di essere separato.
Per questo il Vangelo ha presentato lo stato dell'infanzia come
la condizione d'accesso al "regno dei cieli": lo stato dell'infanzia,
vale a dire la sottomissione del mentale agli impulsi dello spirito
e del cuore.

16
I grandi Messaggeri dello Spirito, come i maestri di mistica,
sono stati unanimi nel definire lo scopo supremo dell'umanità
come la riunione al suo divino principio. I mew che tutti hanno
dato sono la semplicità di cuore e di pensiero, la soppressione del­
l'odio, della vendetta e della violenzp,, anche quando fossero eser­
citate sotto il pretesto di rettificare la coscienza umana. Le dispu­
te teologiche e il dispotismo teocratico non possono né essere loro
imputate, né invalidare il loro insegnamento. D'altra parte non
è opportuno attaccare gli autori di queste lotte né le ragioni del
loro fanatismo: sarebbe un altro errore che non potrebbe che susci­
tare inutili polemiche.
Attaccare implica la volontà di vincere, di avere ragione,
di trionfare su un avversario; ora, questa volontà, che può essere
un elemento di successo nelle faccende terrestri, è un elemento
d'insuccesso se si vuole illuminare la coscienza umana, poiché
non è un intervento arbitrario che impedirà a un errore di mani­
festarsi come tale.
Lao Tse definì la Sagge;;:;::,a come la ''suprema docilità ad essere
il giocattolo delle circostanze fortuite". Ecco perché, dice ancora,
il Saggio è capace di compiere i grandi disegni del Non agire".
I grandi disegni del non-agire sono la "volontà del Padre che
è nei cieli" e che devono compiersi sulla terra come in cielo: nei
due termini l'insegnamento è identico.
Identico anche per la semplicità di cuore e di pensiero: ''Se non
sarete simili a questi fanciulli, non entrerete affatto nel regno dei
cieli" dice il Cristo. E Lao Tse: "Gli uomini in cui la virtù
è solida, sono simili nella loro mente a un neonato.
Essi non hanno l'aria di dubitare che gli insetti velenosi piw­
chino, che gli artigli delle bestie feroci lacerino e che i becchi degli
uccelli rapaci feriscano... Costoro sanno esprimere nel linguaggio
più ordinario verità evidenti... "

17
Buddha stesso ha predicato, come il Vangelo, la soppressione
di ogni elemento di odio e di discordia e biasimato la complessità
delle dottrine, ponendo la Conoscercy1 reale nella visione diretta
"di ciò che non può essere scritto" e nella comunione di spirito.
''Sventura a voi dottori della legge, dice il Cristo, perché pur
avendo posseduto la chiave della conoscenza, non siete affatto
entrati e inoltre avete impedito di entrare a coloro che lo volevano
fare" (Luca 17,52).
E benché Gesù sia venuto da Israele e sia venuto "a compiere
la legge dei profeti': è a una Samaritana (dei quali i giudei sono
nemici) che egli ha insegnato il modo del solo vero culto: "viene
il tempo, ed è già venuto, che i veri adoratori adoreranno il padre
in spirito e in verità, poiché il padre richiede tali adoratori.
Dio è spirito e bisogna che coloro che l'adorano, lo adorino in
spirito e in verità" (Giov. 4,21.23.24).
Q,uesta è la parola che nessun Saggio può contraddire e che,
essendo universale, può apportare la pace a tutti gli uomini che
la cercano "in spirito e in verità". Ogni uomo sincero, avendo nel
proprio cuore questa potenza che è la "volontà di Luce': deve
ascoltare in sé questo appello per non cercare più invano. Poiché
egli deve sapere che, essendo una Verità unica alla base di tutte le
religioni, la rivelazione di questa Unità attraverso i diversi miti
sarebbe un elemento di pace al posto della divisione; possono
temere questa chiarificazione solo coloro che vorrebbero oscurare
l'insegnamento primitivo per legittimare le proprie imprese sulla
cosciercy1 e l'intelligenza degli uomini.
Il disordine dell'epoca attuale viene dalla confusione apporta­
ta dalla molteplicità di credenze e di opinioni. L'agitazione della
nostra vita utilitaristica, le false opinioni di una morale conven­
zionale e di un'estetica artificiale, hanno deviato il nostro discer­
nimento al punto che sembra che solo un grande cataclisma

18
potrebbe risvegliare la coscienzfl.
Ma la nostra mentalità confonde il discernimento del reale con
l'apprezzamento personale e il giudizio cerebrale con il giudizio
''secondo verità". Un giudizio ''secondo verità" è la separazione
del falso dal vero, dell'impuro dal puro; ma è sempre relativo
allo scopo di questa separazione: deve essere un rigetto definitivo
dell'impuro? O un discernimento di ciò che, nell'impuro, potrà
essere trasmutato in puro? Ora, in quest'ultimo caso, il discerni­
mento necessita, in chi giudica, una conoscenza o partecipazione
alla natura dell'impuro come a quella del puro. Facciamo
un esempio: il piombo, coppellando l'oro, è esso stesso mescolato
con le impurità dell'oro, di modo che si potrebbe dire - secondo
la mentalità utilitaristica - che in questa operazione è l'oro che
ha fatto da vero giudice.
La Saggezza egiziana non pensava così, poiché essa chiama
''giudice" il mezzo o la cosa imperfètta che separa il puro dal­
l'impuro. Ora, questa cosa imperfètta è la natura umana, di cui
il corpo fisico è il mezzo e il supporto della coscienz11 acquisita
grazie alle sue esperienze vitali. Ma perché questa coscienza
mediatrice possa giocare il suo ruolo con discernimento, occorre
che resti libera di subire le sue prove senz11 l'alterazione di nozio­
ni falsificate e di regole convenzionali. Altrimenti la "cosa
imperfètta" rigetterà il ''puro" {si separerà da lui) invece di la­
sciarsi trasmutare in lui.
Ora il ''puro" è l'elemento immortale dell'uomo, il suo Ka3
superiore o anima divina, è l'elemento Cristico - o Horusiano -
che vuole unirsi all'uomo corporale per globalizzarne la coscienz11
e insegnargli a discernere i valori reali dai valori relativi...
E questa è la grande paura della nostra ''personalità mortale",
che gli resistefni o all'ultimo. Per questo è giusto dire che "la pie-
3 Vedere Appendice: Stati psico-spirituali, §2.

19
tra angolare" - o Cristo manifestato - sarà sempre la pietra
d'inciampo della cerebralità umana, poiché osni Realtà è un giu­
dizio per l'errore che si oppone ad essa. E a causa del fatto
che il senso dei valori reali è stato falsificato che il mondo degli
uomini subisce attualmente uno sconvolgimento che somiglia
a un ciclone.
Certo, vi sono necessariamente nell'esistenza terrestre delle crisi
periodiche nelle quali tutti gli elementi umani che possono rifarsi
al libero arbitrio si ergono come dei prigionieri sfuggiti dalla loro
prigione e si attaccano odiosamente, accusandosi l'un l'altro
di un fallimento di cui non comprendono le vere cause.
In un simile disordine, un vero Saggio non verrà compreso;
bisogna dapprima che si calmino i principali forori. Ma se si
vuole che dopo la tempesta un'alba serena possa risorgere, biso­
gna compenetrarsi con questa idea che solo una Saggezza basata
sulla Conoscenza potrà renderne salde le fondamenta. Questa
Saggezza non è mai stata rifiutata alla nostra Umanità, ma essa
si è manifestata nel Tempo e luogo appropriato.
Lo Spirito, essendo universale, non si è mai scelto un interprete
esclusivo per rivelarsi al mondo. Tutti i popoli e tutte le epoche
hanno prodotto dei grandi esseri che hanno donato quella saggez­
za e quella potenza che può raggiungere l'uomo che ha saputo
coltivare in sé il dono sacro. Ma così come un cristallo ha bisogno
per formarsi di un liquido, matrice della propria natura, affin­
ché, dopo la propria comparsa, altri cristalli simili si formino
attorno ad esso, così non basta che un'anima superiore si incarni
nel mondo per illuminarlo.
Infatti questo mondo non si lascia affatto trasformare se non
si trovano in esso degli elementi capaci di ricevere il messaggio
e di farlo fruttificare.
E questi elementi non costituiranno mai se non una élite, vale

20
a dire il "piccolo numero". La massa degli esseri umani, la cui
coscienZ/1 ancora troppo nebulosa non prova l'impulso a un risve­
glio individuale, si raggrupperà sempre in greggi aventi una pru­
dente aspettativa. Ma ogni uomo che non vuole subire le incertez­
ze tempestose della massa deve avere il coraggio, oggi, di cercare
la propria luce liberamente e senZfl timore.
"L'attuale momento" è uno stadio del tutto nuovo. Fra ieri
e oggi un baratro si è già aperto.
Gli sconvolgimenti della nostra epoca caotica hanno almeno
il vantaggio di aver distrutto delle barriere e frantumato dei
valori che la società umana non osava ancora toccare. Costoro
sappiano bene che, anziché subire lo sprojòndamento di questa
impalcatura, faranno bene ad affrettarsi a scavare presso
le vecchie basi della Saggezza per trovarvi le fondamenta
indistruttibili.
È per aiutarli che sono scritte queste righe.

21
Prima parte

L'ESSERE UMANO
l. La libertà della ricerca individuale

L'uomo ha diritto di pretendere la libertà nella


ricerca individuale? Sarebbe imprudente dare una
risposta assoluta a tale questione, perché questa rispo­
sta dipende dallo stato di coscienza dell'individuo,
dalla sua convinzione e spesso dal suo coraggio.
Non si deve mai cercare di forzare la "comprensio­
ne" di coloro che non possono o non vogliono
"ascoltare". Non si deve dimenticare che non biso­
gna confondere la polpa di un frutto col suo nocciolo,
né la massa umana con gli elementi suscettibili di for­
marne il germe vivente: l'élite. In essa si trovano gli
eletti, vale a dire gli elementi disposti a generare in
loro il sovrumano; questi sono i chiamati per la rico­
stituzione dell'Uomo cosmico cosciente, di cui ciascu­
no è una cellula, un Numero-entità. Fra costoro biso­
gna distinguere due categorie.
In primo luogo, quelli che non sono interamente
soddisfatti dalle spiegazioni dogmatiche occidentali,
essendo ancora ricollegati a certe osservanze religio­
se; non bisogna mai, in questo caso, incitarli ad
abbandonare le loro osservanze cultuali.
I riti e la preghiera collettiva hanno in sé una poten­
za di "sostegno" senza la quale il "liberato" rischie­
rebbe di sdrucciolare nella tentazione di confondere
amoralità con libertà d'esperienza. In secondo luogo,
vi sono degli esseri che sentono la necessità imperio-

25
sa di cercare liberamente la Luce fuori dagli obblighi
dogmatici e dalle rigidità culturali.
A costoro bisogna dire la verità che insegnano
ai loro discepoli i mistici buddhisti: "Fino ad ora tu
avevi bisogno dei riti, del culto e delle immagini, per
consolare la tua esistenza terrena, per arginare le tue
passioni e orientare il tuo spirito verso un mondo
superiore . Ma se vuoi liberarti e creare in te gli ele­
menti di una vita eterna, devi abbandonare gli obbli­
ghi dottrinali, quando sono ormai un ostacolo alla tua
libera ricerca". A costoro anche il Cristo ha dato una
risposta nelle sue parole alla Samaritana: "Donna,
credimi: viene il tempo in cui non adorerete più
il Padre sulla montagna né a Gerusalemme... perché i
veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e in
verità ... Dio è spirito e bisogna che coloro che
l'adorano, l'adorino in spirito e in verità" (Giovanni,
4-21. 23.24.).
Ma bisogna poter discernere ciò che è "in spi­
rito e in verità"! Il Buddhismo dice giustamente che
l'ignoranza è un ostacolo alla liberazione. Intendiamo
con ciò le credenze erronee che intralciano l'espe­
rienza individuale con dottrine rigide e costrizioni
intellettuali e morali.
Nulla è più favorevole, in effetti, all'egoistica amo­
ralità, che la scusa della credenza cieca e della certez­
za del perdono, del quale perdono non si attuano
neppure le condizioni di efficacia.

26
Perdono, condanna, colpa e peccato, non hanno
che un valore relativo poiché essi non sono validi che
nella loro realtà intrinseca. Le colpe commesse con­
tro una convenzione stabilita derivano dalla legisla­
zione sociale o comunitaria. Quanto ai peccati "veri",
quale uomo potrebbe giudicare un altro uomo,
non potendo leggere nella sua coscienza i suoi reali
motivi?
Il male che rende l'uomo "veramente" peccatore
non è nell'atto in sé ma nella trasgressione a una con­
vinzione. Questo principio resta valido, giusta o sba­
gliata che sia la convinzione: se essa non è una
costruzione mentale, è il prodotto della coscienza
attuale dell'individuo; obbedendole, egli obbedisce
alla sua attuale "verità" e, anche se ne risulta un'azio­
ne spiacevole, non ne subirà che le conseguenze tem­
porali restandone compl e t a m e n t e innocente
"in verità". Vale a dire che questa esperienza accre­
scerà la sua coscienza senza allontanarlo dall'unifica­
zione finale. Se, al contrario, la sua convinzione è sta­
bilita su argomenti razionali, la conseguenza funesta
di un errore può, se egli se ne rende conto, illumina­
re la sua coscienza; altrimenti ne risulterà un oscura­
mento, fino al momento in cui imparerà a eliminare
il mentale dal proprio discernimento.
L'assenza di ogni convinzione, vale a dire dell'atten­
zione della coscienza, non è uno stato di innocenza ma
di imbestialimento, nel quale l'uomo perde il senso

27
della sua responsabilità e della sua esperienza umana.
D'altra parte, la sottomissione cieca a un'autorità
confessionale è una scusa che, sopprimendo la sensa­
zione della responsabilità, intralcia l'apprendimento
del discernimento.
Non si impara se non ciò che è stato sofferto da sé
stessi e provato interiormente.
L'aiuto che può essere apportato non sono che
"consigli" relativi alla rettitudine dello scopo e all'effi­
cacia dei mezzi.
L'e sperienza di un essere non può trasformare
un altro essere.
Chi vuole realizzare la propria Unità sovrumana
deve uscire dal gregge, affrontare solo l'esplorazione
di se stesso e, attraverso sé, dell'Universo.

28
2. n grande interrogativo

Vi sono certi istanti nei quali, quale che sia la frene­


sia o la convulsione della propria esistenza, l'uomo
si arresta, preso da vertigine, da scoraggiamento o da
panico e si pone la domanda fatale: "A che pro?" ...
Tacete ora, fermatevi e ascoltate l'angoscia di questa
domanda.
Essa è terribile nel silenzio che riceve come rispo­
sta, come è terribile nel silenzio della notte l'irrompe­
re della pendola che suona per l'ennesima volta
la fine di un'ora. Essa è fredda, come il marmo di
una tomba e procura lo stesso brivido d'isolamento:
"Chi dunque mi risponderà?"
Oh! Lo so che per fuggire questo minuto di panico,
si accetta il compromesso della "risposta" che capi­
ta... e i chiacchieroni sono così numerosi! Per la folla
e le pe rsone normali, il silenzio è intollerabile;
si deve dire qualunque cosa purché si colmi questo
vuoto, questo presentimento "di un'altra cosa",
di qualcosa che non finirà... Questo atteggiamento
determina, meglio di tutte le frontiere, la demarcazio­
ne che separa il nostro Occidente dall'Oriente.
È la sfera del pensiero a cui ricorre l'occidentale per
risolvere la propria inquietudine; egli consulterà degli
autori, comparerà delle opinioni, interrogherà altri
pensatori, cercherà la "risposta" fuori di sé.
Il contemplativo orientale, al contrario, comincia

29
col chiudere il proprio cerchio; gambe e mani incro­
ciate per meglio raccogliersi, egli ascolta nel suo pic­
colo mondo gli echi del grande mondo dove il pen­
siero cede il passo al sogno.
Questa non è una forma letteraria: si tratta del
sogno da svegli nel quale la belva, accucciata, perce­
pisce le minime pulsazioni di vita attorno a sé e ne
avverte le reazioni. Si tratta di ascoltare interiormente
i richiami, i rimorsi, gli avvertimenti che le preoccu­
pazioni quotidiane provocano costantemente.
Si tratta di osare approfondire e chiarire, nella pro­
pria coscienza segreta, gli elementi di certezza
e di incertezza, i motivi di desiderio e di insoddisfa­
zione, che l'abitudine, il pudore o il timore dell'opi­
nione altrui ci impediscono di formulare. L'opinione
degli altri è la nostra scusa peggiore. Coloro che ci
trascinano nella baraonda comune, rispondono essi
stessi alle preoccupazioni del momento. L'uomo
è sempre solo davanti al proprio dramma.
È veramente un dramma che si gioca attorno alla
"domanda"; poiché se non vi è altro fine che
una fossa per tante lotte incoerenti, la vita non è che
una lugubre farsa! E se vi è una risposta sensata, se
la vita terrena ha un movente e uno scopo superiore
a quelli che reggono l'esistenza volgare, questo
movente e questo fine hanno dovuto essere indicati
in tutte le epoche dell'Umanità.
Allora perché queste divergenze, le quali non

30
hanno seminato che odio, sangue e ridicole contro­
versie, attorno alla "Domanda"? I contadini non
avranno opinioni divergenti sulla stagione della semi­
na e quella delle messi: la necessità di mangiare li ha
resi docili alle leggi della Natura. Se l'uomo fosse così
sensato da apprendere le leggi del proprio "divenire"
nella corrispondenza fra le tradizioni successive delle
diverse razze, constaterebbe una legge identica:
una legge di stagioni cosmiche e di età dell'Umanità.
Chi dunque oserebbe dire che la messe è più saggia
delle sementi? E chi potrebbe giudicare come tempo
perso e funesto, il sotterramento delle sementi duran­
te l'inverno? ... Le nostre dispute sono così futili,
quando discutono sui mezzi impiegati dal Cielo e dai
Saggi per risvegliare la coscienza dell'Umanità; quan­
do pretendiamo di giudicare secondo le nostre possi­
bilità di comprensione attuale, l'insegnamento propi­
zio alla formazione di un'altra epoca.
Se vogliamo trovare la risposta alla nostra inquietu­
dine, occorre per prima cosa definirla, cercando
di discernere il suo aspetto relativo e il suo aspetto
reale. Occorre, a tal fine, cessare di comparare
e di giudicare i punti di vista di un'età e di una for­
mazione diverse dalle nostre. Dobbiamo dunque per
prima cosa porci al di fuori di ogni dottrina, per
porre le due questioni brutali di interesse immediato:
"Qual è il valore e lo scopo dell'esistenza umana?"
"V i è una Potenza la cui volontà determina questo

31
scopo e la sua realizzazione?"
Se sì, perché ci lascia nell'ignoranza di questo
scopo, facendo di noi dei burattini dei quali essa tira
le cordicelle?
Oppure l'uomo è il giocattolo di forze naturali
e dell'egoismo altrui, obbligato anch'esso a difendere
il proprio "io"... Nei due casi, perché proviamo tal­
volta un senso di rivolta contro questo "io", impoten­
te a realizzare aspirazioni di un ordine superiore
al suo? L'io può rivoltarsi contro se stesso? Se non
è lui, chi dunque gli si oppone... in se stesso?
La risposta a queste domande possiamo trovarla in
noi stessi o dobbiamo riceverla dall'esterno?
Se la cerchiamo in qualche Insegnamento, quale
sarà il nostro criterio per apprezzare il valore di que­
sto Insegnamento?... Se vogliamo giudicare secondo
la nostra coscienza, qual è questa coscienza alla quale
ci indirizziamo?
Per la maggior parte degli uomini, ciò che essi chia­
mano coscienza è la registrazione delle nozioni,
impressioni e convinzioni, create per mezzo della
riflessione cerebrale e dell'educazione. Queste forma­
zioni sono tanto sfuggenti quanto il riflesso delle nubi
in uno specchio. Esse non sono propriamente nostre,
poiché possono essere modificate da diverse influen­
ze. Nulla, di questo insieme, sopravvive alla dissolu­
zione del nostro essere fisico, emotivo e mentale.
È una coscienza cerebrale che non si inscrive nel

32
nostro essere immortale. Quanti uomini sulla Terra
hanno risvegliato coscientemente la loro reale
Coscienza, quella che li renderebbe "conoscenti"
e responsabili? È dunque necessario, per parlare
"coscientemente", intendersi dapprima sulle parole,
poi considerare i mezzi per risvegliare questa
coscienza.

2.1 La "conoscenza di sé"


È necessario prima di tutto, per evitare il problema
di comprensioni errate, precisare il senso di parole
come "anima" "coscienza" "conoscenza di sé"
' ' '
le cui molteplici accezioni generano le sterili dispute
della Torre di Babele.
A meno di ridurre l'essere umano all'animale intel­
ligente che si decompone nella tomba, la conoscenza
della "persona umana " comporta necessariamente
la considerazione dei suoi elementi non mortali, quali
che siano i nomi che gli si danno. Così come
la Scienza attuale ravvisa differenti stati più o meno
degradati di energia, anche l'U orno Totale deve
cercare di riconoscere in se stesso gli stati di energia
sottile che costituiscono i suoi elementi immortali.
Se ne è incosciente, si abbassa allo stato di animale
intelligente e attribuisce alle sue facoltà cerebrali dei
fenomeni che dipendono dalle sue facoltà superiori.
Se, al contrario, egli impara a discernerli, risveglia
la coscienza del suo essere immortale e conquista

33
le prerogative del "regno " superiore all'umanità ani­
male. 11uomo animale, con le facoltà intellettuali che
dipendono dal suo cervello peribile, è chiamato in
quest'opera l'Automa e la conoscenza delle leggi che
reggono la sua armonia è la prima condizione da
soddisfare per equilibrare le funzioni.
Gli stati più o meno sottili dell'Dorno sono studiati
nel capitolo della Coscienza. Le loro corrispondenze
nelle grandi Tradizioni sono riassunte nell'Appendi­
ce, nel capitolo "Stati psico-spirituali".

34
3. La persona umana

3. 1 Le due volontà
Il fatto, per un essere umano, di aspirare a uno stato
di essere superiore testimonia un'insoddisfazione del
suo stato attuale, insoddisfazione che manifesta
la presenza latente di una coscienza diversa da quella
del suo essere animale.
Che l'uomo resti sordo a questo invito o che si sfor­
zi (vanamente o efficacemente) di seguirne l'impulso,
la doppia possibilità dimostra l'esistenza di due
volontà divergenti che corrispondono a due stati
di essere differenti. Uno è quello dell'umanità anima­
le, che chiameremo l'Automa perché subisce le reazio­
ni reciproche degli elementi che lo compongono: fisi­
co, emotivo e mentale.
I.Jaltro, che preciseremo nel capitolo "Coscienza",
rivela una coscienza e delle tendenze di ordine più
sottile e più elevato di quelle dell'Automa. Potremmo
denominare le loro volontà rispettive: "volontà per­
sonale'' e "volontà di Luce".
Se appena vi è, dentro un essere, qualche richiamo
della "volontà di Luce", si stabilisce una lotta inevita­
bile con la "volontà personale", in seguito alle loro
divergenze di obiettivi e soprattutto per la loro mutua
ignoranza. lJarmonia non può stabilirsi se non grazie
a una concordanza reciproca di queste due volontà
e questa concordanza presuppone una mutua cono-

35
scenza, vale a dire la "conoscenza di sé".
Essendo l' Automa il supporto degli stati superiori
dell'uomo, sono i suoi elementi costitutivi che devo­
no essere il primo oggetto di studio e di osservazione.
Sfortunatamente la fisiologia e la psicologia classica­
mente insegnate si disperdono in una complessità di
teorie e di analisi dei dettagli, che isolano ogni ele­
mento e ogni aspetto di ciascuna funzione, mentre,
di per sé, il loro studio sintetico può rivelare le leggi
della loro genesi e del loro gioco vitale.
D'altra parte, numerosi cercatori hanno tentato di
allargare le loro conoscenze dell'Umano con lo stu­
dio dei suoi rapporti con gli astri e gli elementi che
costituiscono il suo universo.
È vero che l'uomo, abitante del pianeta Terra, porta
in sé tutte le corrispondenze del sistema solare dal
quale il nostro pianeta dipende.
L'astrologia ha definito le corrispondenze planetarie
di ogni parte del corpo umano. Queste relazioni sono
interessanti da conoscere per una terapeutica basata
sui rapporti analogici fra i pianeti, i metalli e le pian­
te, a condizione che esse siano fondate su una profonda
conoscenza delle funzioni vitali e delle loro ripercussioni
nei diversi stati conoscibili dell'essere.
Per questa ragione, questa scienza assai complessa
comporta un aspetto esoterico che ne interdice la vol­
garizzazione.
La conoscenza delle leggi cosmiche, che ne è la

36
base, è la tradizione di una Saggezza il cui insegna­
mento fu sempre riservato a un centro realmente ini­
ziatico. In mancanza di questa conoscenza, ci si espo­
ne alla soggettività delle scienze dette occulte, che
derivano da vaghi riflessi della Tradizione autentica.
Fortunatamente, il loro studio non è indispensabile
alla realizzazione dell'uomo totalmente cosciente. Questa
realizzazione è la sola cosa necessaria dopo la quale
tutto il resto può "venire in sovrappiù". I suoi ostacoli
più pericolosi sono: la curiosità che disperde l'atten­
zione, la complessità dei sintomi e delle opinioni,
i metodi di analisi e di dissociazione. Senza dubbio,
grande è la tentazione di interpretare "conoscenza di
sé" come un'osservazione analitica delle reazioni psi­
chiche, emotive e intellettuali, per controllarne l'ori­
gine e l'interdipendenza.
Una rigorosa disciplina può raggiungere questo
risultato il cuifrutto più bello, già molto difficile da rag­
giungere, non può essere che la padronanza sull'Automa,
vale a dire il controllo di tutta la vita fisica, emotiva
e mentale.
Questa padronanza può conferire certi poteri psi­
chici su se stessi e sugli altri esseri; ma questa impresa
non si esercita altro che sugli stati inferiori dell'uomo
e il metodo di dissociazione per mezzo del quale
si effettua si oppone ad ogni contatto con la parte spi­
rituale di cui il mondo è sintesi e unione. Per poco che
l'essere spirituale appaia di quando in quando, per

37
fare sentire il proprio richiamo, esso non potrà,
in questo caso, che suscitare una vaga inquietudine,
un'angoscia causata dall'impossibilità di stabilire
un contatto fra due stati di essere totalmente differen­
ti. La dissezione (o vivisezione) può mostrare la costi­
tuzione fisica in un essere organizzato; essa non può
mai rivelare le operazioni segrete dell'energia vitale
della quale essa ha modificato o interrotto il corso
normale.
Essa non potrà disvelare la potenza di magnetizza­
zione per mezzo della quale ognuno degli organi può
trarre dal sangue arterioso ciò che gli conviene, men­
tre esso irriga uniformemente tutto il corpo. Chi dun­
que potrà spiegare questa affinità misteriosa che per­
mette alle diverse cellule di analizzare questo sangue,
secondo la propria natura?
Le funzioni di assimilazione e di trasmutazione
di una materia nell'energia adatta ad ogni natura
organica, resteranno dei veri segreti per l'anatomista
e la trasmutazione delle energie vitali, nervose o ses­
suali, in forze spirituali, è allo stesso modo impenetra­
bile per ogni metodo basato sulla dissociazione
o sulla volontà.
* * *

Se vogliamo acquisire la "sola cosa necessaria" nella


conoscenza dell'essere umano, la sua complessità

38
deve essere studiata in modo da rendere evidente
l'interdipendenza dei suoi diversi elementi e la possi­
bilità di regolarli coscientemente.
Uno studio sintetico dell'Automa umano ci obbliga,
per prima cosa, a considerare gli organi nei loro rap­
porti con il sangue e con le sorgenti di forza vitale;
secondariamente, a situarli correttamente nei gruppi
funzionali ai quali essi appartengono, poi nella loro
regione di influenze reciproche, regione dalla quale
non li si può isolare se si vuole fondare una vera
diagnostica.
Essendo questo studio troppo "tecnico" per il carat­
tere del nostro testo, l'abbiamo riportato in appendi­
ce, per concentrare qui la nostra attenzione su una
visione semplice e globale, evocatrice dell'unità del­
l'essere e del gioco di sintesi di tutte le funzioni vitali.
Questa conoscenza ci permetterà di risvegliare in noi
la coscienza dell'armonia che le regge e che le mette
in rapporto con le identiche funzioni nell'Universo.
Essa ci permetterà di imparare a mantenerle in equi­
librio, agendo sull'una per mezzo delle altre.
Molti disordini sono aggravati da una terapia disso­
ciante, che si indirizza agli effetti morbosi lasciando
sussistere le cause del disordine. L'essere umano è un
universo i cui stati sottili possono agire sui più grosso­
lani, a condizione di porre questi ultimi sotto il domi­
nio dei primi.
In medicina come in psicologia, è l'ambito che biso-

39
gna prima di tutto mettere in grado di rimediare
ai disordini organici; l'azione locale non deve essere
che provvisoria. Studieremo poco a poco i mezzi per
mettere i diversi "ambiti" dell'uomo nelle condizioni
favorevoli. Diamo per prima cosa al nostro "ambito"
intellettuale le nozioni indispensabili per orientare
il nostro pensiero in modo conforme a una visione
sintetica.

3.2 Costituzione dell'Automa


La persona fisica dell'uomo è composta da cinque
corpi di cui quattro sono percepibili materialmente,
il quinto non è conoscibile che attraverso la sensibi­
lità dei suoi punti di contatto:
l o un corpo osseo: lo scheletro;
2° un corpo di carne: inviluppo di pelli (interne ed
esterne) , tessuti fibrosi, muscolari e connettivi
etc.;
3° un corpo di vasi, coi suoi fiumi, ruscelli e bacini;
4o un corpo di luoghi generatori e di condotti
trasmettitori della forza nervosa: sistema ner­
voso, con il midollo, l'encefalo e i nervi; l
5° un corpo di "linee di forza " o "meridiani" , che
esteriorizzano (nell'inviluppo cutaneo ) i punti
di sensibilità "riflessi", rivelanti lo stato dell'or­
gano al quale essi corrispondono.
1 "Meridiani": termine impiegato dall'agopuntura cinese per designare delle linee di jor2:fl
(cioè di energia molto sottile) i cui punti sensibili (esteriormente) rivelano la loro re/azione
con uno degli organi.

40
Questi cinque corpi sono così armoniosamente
associati che dipendono gli uni dagli altri, avendo
però ciascuno la propria natura, il proprio ritmo
e il proprio ruolo particolare. Essi compongono così
un universo completo di luoghi funzionali, cooperan­
ti alla rigenerazione, al sostentamento e alla trasfor­
mazione delle sostanze necessarie all'esistenza del
corpo animale.
Gli stati di essere più sottili, che costituiscono la
superiorità dell'uomo sull'animale, hanno i loro punti
di contatto fisici in certi centri vitali, per mezzo dei
quali l'Automa può entrare in relazione con essi.
Il nostro mondo individuale, costruito a immagine
del grande Mondo, ha il suo sole e i suoi pianeti,
i suoi punti cardinali, i suoi due poli, il suo inferno,
i suoi limbi e i suoi paradisi, fra i quali l'uomo
potrebbe, se imparasse a conoscersi, presentire
il luogo di permanenza che la sua attitudine attuale
gli prepara nell'al di là.
La manifestazione più tangibile del mondo delle
Cause, è quella delle funzioni che reggono la nostra
esistenza. Queste funzioni si sono incarnate nel
nostro corpo fisico sotto forma di organi, che sono delle
specificazioni della Coscienza. Diciamo organi, diciamo
pianeti, parliamo del cuore o del Sole: avremo sem­
plicemente citato delle manifestazioni funzionali
della stessa V ita.
Il nostro sistema solare ha un centro attivo: il Sole,

41
il cui globo è il corpo visibile animato dal vero Sole
invisibile, nocciolo di tutta la sua potenza.
Allo stesso modo, il nostro cuore è il vaso centrale
di scambio e il regolatore del flusso sanguigno, porta­
tore della vita animica. Ma il focolare animatore,
sede della vita spirituale e fonte dell'Intelligenza del
cuore, è il nostro cuore occulto, posto fra il nostro cuore
fisico e il plesso solare, ma del quale tutta la regione car­
diaca è sfera d'irraggiamento. Il ruolo dei pianeti è
analogo a quello degli organi e tutti i luoghi dello
Zodiaco celeste sono vitalmente rappresentati nel
corpo attraverso i luoghi del metabolismo energetico
del corpo stesso. Si ha dunque una triplice manifesta­
zione dell'energia che ci vitalizza: il sistema nervoso
anatomicamente conoscibile, il reticolo esteriore e
longitudinale dei "meridiani" e il circuito dei centri
zodiacali del fuoco segreto, animati dal triplo serpen­
te di fuoco della colonna vertebrale.
È importante rappresentarsi la cooperazione del­
l'organismo intero nel mantenimento costante di que­
sto Fuoco, del quale lo Spirito cosmico è la fonte ine­
sauribile:
- i polmoni lo aspirano, con l'aria che purifica
e anima il sangue;
- gli organi della digestione, animati da questo san­
gue, trasformano l'energia in calore animale, liberan­
dola mediante la composizione e la trasformazione
degli alimenti;

42
- il loro ultimo prodotto, il chilo sublimato, apporta
al sangue, poi al midollo, l'energia specificata per mea_o
dell'assimilazione individuale.
È allora che il fuoco segreto della colonna vertebra­
le opera l'ultima trasmutazione, nella quale questo
Fuoco finale della genesi umana si ricongiunge al
Fuoco da cui ha avuto origine.
Non manca a quest'opera che un anello della cate­
na, il quale non dipende più dall'automatismo anima­
le, ma dalla decisione spirituale dell'individuo:
è quello della sovra-animazione mediante il DESIDE­
RIO, che può attingere direttamente alla Fonte divina
e questo è il miracolo dell'Amore, per mezzo del
quale l'Io si esteriorizza nel sé, realizzando quella
"Fusione" che frantuma il cerchio chiuso del proprio
egocentrismo.
È questo il molteplice gioco dei circuiti "concentra­
tivi", legante funzioni che cooperano incessantemen­
te, del quale dobbiamo sforzarci di percepire la sinte­
si vivente. Sono sempre le stesse funzioni genetiche
che si ripetono circolarmente, in ogni stadio della tra­
sformazione dell'essere, nell'Universo come in noi
stessi. Possiamo studiarli e cercare di sperimentarli
particolarmente, a condizione di non dimenticare
mai che, malgrado la successione delle fasi di ogni
trasformazione, la molteplicità dei "piani" crea nell 'insie­
me del gioco vitale una simultaneità che non permette la
dissociazione.

43
L'altro aspetto sintetico che occorre considerare,
è l'orientamento del corpo come quello della nostra
terra. Il nostro corpo presenta un asse che è la colon­
na vertebrale e due poli: il nord che riceve e il sud
che emette. A questi poli sono situati i due mondi
procreatori: a sud il procreatore sessuale, a nord il
procreatore cerebrale.
All'interno del corpo, i due poli sono contrassegnati
dalle due ghiandole complementari: al nord la tiroide
di natura bianca, a sud le surrenali di natura nera.
Esse reggono l'azione e l'equilibrio dei tre principi:
solforoso, mercuriale e salino e formano il legame tra
il corpo e i due procreatori.
Dall'altra parte, la tiroide, polo nord del sistema
ghiandolare del tronco, gioca il ruolo di intermedia­
rio tra le surrenali e la ghiandola ipofisi che è situata
nell'encefalo.
Il lato destro dell'uomo e la sua mano destra sono
attivi e "danno"; il suo lato e la sua mano sinistri
sono passivi e "ricevono". Il dorso è passivo e sensiti­
vo come i nervi posteriori del midollo spinale.
Tutti gli organi che cooperano all'assorbimento
delle materie necessarie al sostentamento della vita
corporea, alla loro trasformazione e alla loro assimi­
lazione, sono situati nella parte anteriore del corpo.
Le quattro membra sono i simboli viventi della
duplicità: le gambe per il movimento, le braccia
e le mani per l'azione. La testa è di per sé un riassun-

44
to dell'uomo, poiché tutte le funzioni del suo organi­
smo, apparente e occulto, hanno i loro "interruttori"
o i loro posti di comando, localizzati nella sede cere­
brale. Si potrebbe dire che se il corpo è il mondo dei
tipi specificati da ciascun organo e dalle parti che lo
compongono, la testa è l'immagine del mondo degli
archetipi, principi di ciò che "diviene".
Le due parti della testa sono tanto dissimili quanto
il "dorso" e il "davanti" del corpo. La nuca continua
il ruolo energetico della colonna vertebrale, con
i punti vitali essenziali delle vertebre cervicali, del
bulbo e del cervelletto. È la cima del Pilastro di
Osiride. Il volto è lo specchio di Horus (Verbo­
Logos) con gli organi dei cinque sensi, organi dei cin­
que modi di espressione del Verbo. Esso ospita i due
luminari: l'occhio destro solare e l'occhio sinistro
lunare, due globi le cui palpebre fanno la notte e il
giorno, e la loro iride è un piccolo zodiaco le cui divi­
sioni recano inscritto lo stato di tutti gli organi del
corpo. Nel feto, i due luminari, gli occhi, compaiono
per primi; poi i pianeti, gli organi si modellano l'uno
dopo l'altro.

3.3 Gli umori


Quattro fiumi irrigano il giardino di Eden, nel
mezzo del quale è celato l'albero della scienza del
Bene e del Male.
Quattro umori irrigano allo stesso modo il nostro

45
giardino: due sono perfetti nella loro origine e i loro
colori sono quelli delle due perfezioni della Natura;
- uno è bianco: la linfa, di carattere lunare, elemen­
to nutritivo;
- l'altro è rosso: il sangue, di carattere solare, ele­
mento di animazione e vitalizzante.
Essi sono i primi elementi di transubstanziazione.
Gli altri due sono imperfetti perché sono elementi
di separazione e di fissazione;
- uno è di natura verde: la bile, elemento di separa­
zione e di dissoluzione;
- l'altro è di natura nera: l'atrabile, elemento di con­
centrazione.
Questi quattro umori formano due coppie, come due
fiumi ciascuno dei quali dà origine a due ruscelli di
origine identica ma caratterizzati da qualità differenti.
Gli Antichi avevano ragione a chiamarli "umori",
poiché essi colorano e influenzano il carattere dell'in­
dividuo secondo la loro predominanza nell'organismo.
La bile, corrosiva, e l' atrabile, costrittiva, incitano
rispettivamente all'amaro e all'aggressività da una
parte, alla melanconia e al timore dubbioso dall'altra.
Essi sono i servi della volontà egoistica.
Il sangue e la linfa sono degli umori più altruisti: 2
il sangue rosso, trasportatore dell'anima "sensitiva" ,
è un potente rigeneratore. Il suo umore è fiducioso e

2 La nefesh ebraica. Nell'antico Egitto, il ba animale; è l'anima "animale", la potenza


vitale animica, la cui dipartita è la morte del corpo.

46
generoso. La linfa bianca è la nutrice del corpo inte­
ro; al minimo pericolo accorre nell'organismo; essa
sacrifica i suoi leucociti che si precipitano nel punto
minacciato per costituirvi, a prezzo della loro propria
distruzione, una barriera contro l'infezione. Essi sono
i trasmettitori della vita animica.
Il flusso dei quattro umori può e deve essere equili­
brato per evitare le lotte inutili che risultano dal loro
disordine.

3.4 Sintesi e coordinazione delle potenze vitali


La tavola dei gruppi funzionali, riportata in appen­
dice, mostra i cooperanti a un'azione fisica genetica.
Le relazioni e dipendenze di ogni organo fornisco­
no gli elementi di uno studio fruttuoso sulla possibi­
lità di una padronanza su questi organi e di una tera­
peutica equilibrante.
Ciò che ci preme qui conoscere e osservare sono
le relazioni fisiche e psichiche degli organi, special­
mente in rapporto ai nostri diversi stati psichici e spi­
rituali e le loro relazioni con i due mondi procreatori:
cervello e sesso.
Il fegato e la milza sono una bilancia delle forze
psichiche che si manifestano attraverso le reazioni
di questi due organi.
Il FEGATO, incarnando le caratteristiche della perso­
na e della sua eredità, colora delle stesse caratteristi­
che l'energia sessuale di cui è il tesoriere.

47
Il fegato gioca, come Giove, il ruolo di un sole per­
sonale, benché faccia parte del sistema solare centra­
le (il cuore). Esso ha, come il Sole nello zodiaco,
dodici funzioni (ematopoietica, glicogena, distruttrice
delle tossine, purificatrice del sangue, etc.).
Come Giove, padre di Marte, esso genera la bile
marziana. Regge il suo piccolo universo esteriore (cer­
vello e sesso). Ogni attività biliosa intempestiva susci­
ta immediatamente un'attività cerebrale di associazione
di idee che provoca delle reazioni, a catena, di irrita­
zione e di volitività, il cui circuito è così rapido che
dà un'impressione di simultaneità: bile-cervello-fega­
to-milza-bile... etc.
Giove è chiamato, in Egitto, "l'astro del Sud", il che
è proprio esatto. Giove-Amon-Min, è l'energia procrea­
trice. Il fegato è il sole energetico del mondo sessuale
e dell'IO.
È la sede della "semenza" della Coscienza permanente
dell'lo, che può mantenere l'equilibrio se è "risveglia­
ta". Il fegato è l'autocrate dell'organismo e può essere
un agente di pace o di collera, secondo che obbedi­
sca agli impulsi del sole centrale, il cuore, o a quelli
dei tre fattori della volontà personale: la volontà cere­
brale, la passione sessuale e l'egoismo del proprio IO
innato.
LA MILZA. Al contrario del fegato, la milza è in rap­
porto diretto con il sole centrale dell'organismo:
il cuore fisico e spirituale.

48
In rapporto al cuore fisico, essa gioca il ruolo terre­
stre e saturniano, trasformante e armonizzante i glo­
buli bianchi e rossi del sangue, fra i quali essa mantie­
ne l'equilibrio.
Con il pancreas, che è stranamente legato ad essa
dallo stomaco, ha sul cuore un'influenza di regione.
Psichicamente, essendo la sede della "forma eteri­
ca" (astrale) che porta l'eredità materna, è in relazio­
ne con il mondo (o stato) astrale: l'akasha, che conser­
va l'iscrizione e l'immagine di tutto ciò che accade
nel nostro Universo. Per questo essa è, come insegna
la Cina, la sede dell'ideazione immaginativa e reagisce
fisicamente all'emotività personale.
D 'altra parte essa è, con il cuore spirituale, la regio- 3
ne della reazione della Coscienza spirituale ; per que-
sto può essere la sede occulta del discernimento
cosciente, della Coscienza (o Maat) individuale,
essendo in contatto con questa realtà, come con
l'ideazione immaginativa e l'emotività.
Se l'emotività e la funzione Saturniana predomina­
no sull'impulso della Coscienza spirituale, questa
discordia produce malinconia, come la disarmonia
delle funzioni epatiche produce la collera o le lacri­
me.
IL CUORE. È impossibile comprendere la natura
e il ruolo del cuore se si considera isolatamente il suo
organo, trascurando la sua regione, il suo propulsore
3 O " Testimone spirituale ". Vedere capitolo Iv.· Dell'Anima e della Coscienza.

49
e il suo animatore.
Il Cuore spirituale è il sole animatore del cuore fisico.
È un centro di fuoco spirituale, che può essere risve­
gliato e accresciuto mediante la meditazione e la vigi­
le attenzione. È la sede della Presenza, il magnete del
nostro Ka divino; la sua espressione è il DESIDERIO,
l'Amore impersonale che, solo, può trionfare su tutti
i fuochi passionali. È, con la milza, la regione reattiva
della nostra "Coscienza spirituale". È possibile, per
mezzo della concentrazione magnetica, diventare
un focolare irraggiante vita indistruttibile.
Il cuore fisico è il suo ministro: "il Ministro del
Maestro e Signore" dicono i Saggi Cinesi. Suo pro­
pulsare è il Maestro del Cuore, che è un "comando di
funzione" ma che ha, come se fosse un organo, il suo
"meridiano" di energia con i suoi punti sensibili,
reperibili. È l'agente energetico intermediario fra
il Cuore spirituale e il cuore fisico e, come tale, è in
rapporto con il Cosciente e con l'Automa.
Regola il battito del cuore e l'azione energetica di
tutta la regione sessuale: reni (in questo stesso rappor­
to), ghiandole sessuali e sesso.
I Cinesi lo chiamano "la Madre del sangue", perché
regola il suo flusso, così come l'energia dell'intestino
tenue che apporta al sangue il chilo rinfrescante
e nutriente.
Il cuore fisico, grazie al suo propulsore e al suo ani­
matore, è dunque il centro e il regolatore dell'organi-

50
smo intero.
È il centro e il motore del circuito rigeneratore del
sangue nei polmoni, animati dall'aria e dal fuoco 4
aspirato. Con la sua "regione" (stomaco-milza-pan-
creas), mediante la sua attività energetica, è l'agente
di combustione dell'alimento terrestre che dovrà
diventare nutrimento assimilabile. È il collettore del
sangue, caricato delle acque inviate dai reni e dal
fegato, e del chilo nutritivo distillato dall'intestino
tenue.
L'intestino tenue e i reni sono regolati energicamen­
te dal Maestro del Cuore.
Questa mutua dipendenza rende comprensibile
la possibilità di migliorare le funzioni organiche per
mezzo del cuore. E, reciprocamente, lo stato del
cuore dipende dall'equilibrio degli organi che lo ser­
vono.

3.5 n controllo dei circuiti


Oltre all'interdipendenza degli organi, secondo
la loro parentela energetica, regionale o funzionale,
bisogna considerare i circuiti.
La ripartizione di tutti i fluidi si realizza per mezzo
dei circuiti, dei quali il cuore è il nocciolo equilibran­
te: ripartizione dell'energia del sangue e delle sostan­
ze risultanti dalla digestione.
Questi circuiti sono retti dai comandi energetici dei
4 Vedere Appendice: "Studio sintetico degli organi".

51
"tre riscaldatori", respiratorio, digestivo e sessuale, i
quali sono essi stessi governati dal Maestro del cuore.
Tutto, in definitiva, dipende dal Maestro del cuore.
Ora, essendo esso l'intermediario tra il cuore e la
Coscienza superiore, questa può di fatto agire per
mezzo suo.
Il circuito rigeneratore del sangue: cuore-polmoni­
cuore, essendo alle dipendenze del Maestro del
cuore, può consentire di agire coscientemente sulla
respirazione per ottenere un acquietamento o un'ani­
mazione intensa.
Il circuito "Maestro del cuore-reni-sesso" dà la pos­
sibilità di trasmutare la forza sessuale attraverso
l'azione cosciente del Maestro del cuore.
D'altra parte, il circuito "fegato-bile-cervello" può 5
essere controllato dalla Coscienza dell'Io , che può
osservare le reazioni personali dell'Automa ed evitar­
le, interrompendo il circuito "bile-cervello".
Diamo questi esempi succinti per dimostare le pos­
sibilità di controllo effettivo di una coscienza vigile,
sulle reazioni impulsive dell'Automa.

3.6 Lefonti di energia di calore animale


La conoscenza delle relazioni funzionali non basta
per avere il segreto dell'attività organica, poiché
l'agente efficiente di tutte queste operazioni è una
potenza imponderabile, manifestata da effetti che dif-
5 vedere il capitolo IV: "Dell'Anima e della Coscienza".

52
feriscono secondo i gradi della sua sottigliezza.
Gli si dà comunemente il nome di energia, applican­
do questa parola alla sorgente dei fenomeni di calore,
di movimento e di eccitazione vitale, senza i quali
le funzioni organiche non potrebbero giocare il loro
ruolo. Sotto il nome di "forza nervosa", essa è cono­
sciuta dalla fisiologia classica grazie alla rete dei suoi
condotti percepibili, i nervi, che attivano e sensibiliz­
zano tutti gli elementi costitutivi del corpo. Grazie ad
essi, le attività funzionali divengono produttrici
di calore vitale; loro principali fonti organiche sono i
polmoni, lo stomaco con l'intestino crasso e il fegato:
- i polmoni, attraverso la funzione respiratoria che
può accrescere o diminuire il calore interno e i battiti
del cuore;
-lo stomaco e l' intestino crasso, poiché il fuoco svilup­
pato mediante le funzioni digestive ne fa dei grandi
produttori di calore e di energia animale;
- il fegato, una delle cui dodici funzioni è di genera-
6
re l'energia del sangue ; l'energia sessuale dipende
dal suo buon funzionamento.
Al contrario dei precedenti organi che generano
calore animale, l'intestino tenue, che nutre il sangue
per mezzo del chilo lunare, è l'organo che, secondo
il termine egiziano, "rinfresca i suoi fratelli". Per questo
la sua infiammazione può mettere il cuore in pericolo, se
esso priva il sangue di questo elemento rinfrescante
6 vedere Appendice: "Studio sintetico degli organi".

53
modificando la natura fredda del chilo. IJalbero della
vita energetica dorsale gioca, rispetto alla forza ner­
vosa1 lo stesso ruolo di quello dell' "albero di scam­
bio" per la circolazione sanguigna, completata dal
sistema simpatico coi suoi differenti plessi e dalle
energie ancora più sottili che percorrono la colonna
vertebrale, chiamate in sanscrito Ida, Pingala
e Sushunna. Il più misterioso dei circuiti vitali, fino
ad ora sconosciuto in Occidente, è tuttavia una chia­
ve di equilibrio essenziale; si tratta delle sorgenti
di energia il cui scorrere traccia impercettibilmente
i meridiani dell'agopuntura; le funzioni organiche
sono attivate da queste fonti, mentre esse si giovano
dell'energia generata dall'organo. Le linee di forza
derivano dalle sorgenti che i Cinesi chiamano i tre
Riscaldatori, attuanti rispettivamente le funzioni:
respiratoria, digestiva e sessuale. Una quarta sorgen­
te, che è indispensabile conoscere per comprendere
le funzioni occulte del cuore, porta in Cina il nome
di Maestro del Cuore, nome che adotteremo perché
è di per sé una rivelazione. Si chiama anche "invilup­
po del cuore", specificando bene che non ha né
forma, né organo ma che si tratta (come per i Riscal­
datori), di una "centralina di comando della forza".
Questa sorgente potente di energia sottile costitui­
sce, con il Cuore spirituale, la vera "regione" del cuore,
regione di cui il cuore fisico non è che l'organo appa-
7 Per lo studio dell' "albero di scambio", vedere Appendice: "Studio sintetico degli organi':

54
rente e, come dicono i Cinesi, "il ministro del Mae­
stro e Signore".

3. 7 Laforza attiva o ilfuoco vivente


Questo studio delle funzioni organiche ci conduce
necessariamente a riconoscere ciò che le fa agire:
il Fuoco, il quale, sotto i suoi diversi aspetti, è il loro
animatore e l'agente efficiente di ogni vita funzionale.
Ora, se le sue manifestazioni sono molteplici, la sua
fonte è unica. È il Fuoco animatore del Mondo, Luce
essenziale e Principio causale di tutto ciò che esiste;
chiamato "Verbo" da Giovanni Evangelista e Horus
dall'Antico Egitto (Horus our nella sua accezione uni­
versale). Nella sua incarnazione umana, è chiamato
Cristo dall'Evangelo e "Horus degli uomini"
dall'Egitto ("l'Horus che sorge dalle membra dell'uo­
mo"). Per un unico Principio, tanti nomi quante lin­
gue: è sempre lo Spirito, la Luce che è nelle tenebre,
il FUOCO di tutti i Saggi. Il fuoco, di cui conosciamo
gli aspetti distruttivi, calorici e luminosi, ne è la mani­
festazione. Imprigionato nella materia, è il Dragone
cinese e lo Ptah egiziano. Dualizzato dalla sua caduta
nella Natura, è detto Satanico, o Sethiano (Egitto),
nel suo aspetto concretizzante; è detto Luciferico,
o Horusiano, nel suo aspetto liberatore. Nell'aspetto
reattivo che suscita in tutto ciò che esiste, è la VITA
e produce tutti gli aspetti dell'energia. Si manifesta
nel corpo umano per mezzo della vita del sangue

55
e di tutti gli organi, attraverso la forza energetica del
midollo e di tutto il sistema nervoso. Più sottilmente,
è la doppia corrente di vita, Ida e Pingala, che circola
a destra e a sinistra della superficie curva del midollo
spinale e che, se funziona correttamente, mette in
azione la corrente spirituale Sushumna che sale al
centro del midollo. Questo triplice flusso invisibile
è il serpente di fuoco degli Yogi. È questa la corrente
di fuoco, "Sushumna : che sfocia nel "centro corona­
'

le" (centro sottile e non fisico) simboleggiato dalla


benda del Faraone, come il diadema di Tout-Ankh­
Amon. Un serpente d'oro lo attraversa dalla nuca
fino alla fronte, dove si erge la testa del cobra dopo
essere uscito da un attorcigliamento che rappresenta
il centro energetico. Le due correnti di Fuoco, Ida
e Pingala, sono dette dall'Egitto "anima di Ra"
e "anima di Osiride". È esso, questo Fuoco di vita,
che è rappresentato dall'uraeus (iar colui che sale)
=

che si eleva fino al centro frontale. È la fonte unica


di energia, i cui due aspetti sono chiamati in Cina yin
e yang, che designano in generale la natura comple­
mentare. Sotto il nome di tsri, la medicina cinese
indica l'energia vitale che scorre lungo fili impercettibi­
li che essa chiama "meridiani". Questi meridiani
costituiscono, nell'inviluppo cutaneo del corpo
e delle membra, una rete di "linee di forza" la cui esi­
stenza è provata dai numerosi "punti sensibili" situati
per tutta la lunghezza di questi meridiani e che sono

56
i riflessi esteriori di tutto l'organismo interiore.
Quali che siano la forma e la potenza di queste
manifestazioni, non bisogna mai perdere di vista
l'unicità della loro sorgente: il FUOCO, causa e agente
di tutte le operazioni della Natura, sia che si manifesti
in tutte le fasi genetiche attraverso le trasformazioni
e i colori delle diverse sostanze, sia che rivesta
le membra e gli organi di questi circuiti vitalizzanti.

57
4. Dell'anima e della coscienza
La confusione causata dall'abitudine a usare impro­
priamente le parole "anima" e "coscienza" è aggrava­
ta dall'imprecisione del loro significato, abitudine che
atrofizza la "comprensione" di colui che parla come
di colui che ascolta.
In tempi nuovi occorre un linguaggio nuovo, non
fosse altro che per rendere alla parola il suo "spirito"
originale, il suo Verbo vivente, esauritosi per la ripeti­
zione abitudinaria. La parola giusta è una parola
magica per l'orecchio attento al suo significato essen­
ziale, ma l'alterazione di essa minaccia di distorcere,
con la sua deformazione, tutto il comportamento del­
l'uomo.
Poche parole hanno causato, con la loro alterazio­
ne, conseguenze così funeste come le espressioni
"anima" e "coscienza", perché le realtà che esprimo­
no sono gli elementi base di ciò che costituisce l'uo­
mo non mortale e che può illuminarlo sullo scopo
della sua esistenza. Ogni volta che un insegnamento
iniziatico è stato soppiantato dai dogmi usciti dalle
dispute teologiche, il senso delle parole "anima"
e "coscienza" ha subito delle varianti, conformi alle
dottrine religiose o ai saggi filosofici aventi autorevo­
lezza in quell'epoca.
Nei primi secoli del cristianesimo si parlava del
"ternario": corpo, anima e spirito. San Paolo non
temeva d'insegnare che mentre il corpo del Cristo

58
stava nella tomba, la sua anima discese "agli inferi",
mentre il suo spirito fu "deposto fra le mani del
Padre". Le discussioni di Origene con Eraclide ri­
guardo al ternario umano - corpo, anima e spirito -
non sono che un episodio delle innumerevoli dispute
teologiche che hanno, alla fine, portato all'oscura
semplificazione del catechismo cattolico: la composi­
zione binaria dell'uomo, un 'anima e un corpo.
Che si tratti di Origene o di altri teologi, i cui testi
parlano dell'anima impura o cattiva o viziosa, essi
non hanno potuto in questo modo qualificare la
"scintilla divina" che è l'anima spirituale Non si può
. . .

nemmeno identificarla con "l'anima veicolata dal


sangue", che Mosè proibisce di mangiare con la
carne degli animali (anima che appartiene dunque
anche agli animali). In un altro testo in cui si parla
"dell'anima che, posta a metà strada fra la carne e lo
spirito", può indirizzarsi sia verso la carne che verso
lo spirito, si ritrova sempre corpo, anima e spirito.
Confermando questa idea, la Qabala ebraica diffe­
renzia nephesh (anima sensitivo-vegetativa portata dal
sangue), da ruach, lo spirito o anima spirituale.
Tutte le tradizioni iniziatiche hanno dato agli stati
non materiali dell'uomo dei nomi che determinano le
loro qualità di sottigliezza e d'immortalità, differen­
ziando così questi stati psico-spirituali, che il cattoli­
cesimo confonde in un'unica parola pericolosamente
globale: l'anima.

59
Ognuna di queste tradizioni ha scelto, per esprimer­
le, delle parole e dei simboli convenienti all'evoluzio­
ne e al "genio" particolare di ogni razza e di ciascun
Tempo. Volerle trasporre è sempre esporsi a un'inter­
pretazione errata.
Dunque è pericoloso l'oblio di due precetti essen­
ziali:
A: il passato non può imporre la sua legge al momen­
to attuale: solo il momento presente apporta alla co­
scienza umana l'esperienza che le conviene.
B: la Saggezza può essere applicata al miglioramento delle
masse, ma la sua instaurazione diretta per trascen­
dere un essere umano, non può che realizzarsi indivi­
dualmente.
Da queste leggi bisogna inferire:
- il dovere di diffirenziare delle realtà essenziali, secondo
che ci si indirizzi alle masse o agli individui;
- la necessità di adattare i termini impiegati alle possibilità
ricettive dei contemporanei.
I.Jimpiego del senso esatto delle parole decresce in
proporzione diretta alla cultura democratica, la cui
istruzione superficiale volgarizza tutte le nozioni,
distrugge il rispetto del gesto e della parola essenziali
e degrada il discernimento mediante l'abitudine al
pressapochismo.
Il discernimento non può essere coltivato senza
risvegliare il senso del REALE e del RELATIVO; ciò che
è reale non può essere conosciuto che da ciò che nel-

60
l'uomo è reale, vale a dire indistruttibile.
I differenti stati dell'essere non mortale possono
essere definiti attraverso la sola parola "Coscienza", la
quale deve ancora essere compresa nella sua essenza.
Cercheremo di chiarirne le diverse accezioni.

4.1 Eorigine della coscienza


"Ammettendo una Causa-origine dell'Universo,
questa Causa è necessariamente unica. Ora, se
la ragione ci impone l'idea di un'unità indivisibile,
dunque senza quantità, la nozione di questa unità
sfugge al nostro punto di vista di creature facenti
parte di questo Universo, conseguenza della Causa
unica.
Questa unità esiste per noi solo se la comparazione
è possibile: ora, comparazione significa coscienza e
dualità. Di conseguenza, la creazione si situa fra i
Numeri Uno e Due; e la dualità sarà il carattere fon­
damentale dell'Universo Creato.
La dualità (la Natura in quanto stato dualizzato)
implica la comparazione e una successione di feno­
meni . . . 11Unità crea "rimirando se stessa" . . . Noi pos­
siamo chiamare questa Unità Dio o Energia senza
polarità, in quanto Unità indivisibile e Dio, o Energia
polarizzata in quanto Unità cosciente di se stessa.
Da ciò consegue che l' Universo non è che coscienza e
non presenta che un'evoluzione di coscienza, dall'origine
alla sua fine, che è ritorno alla sua causa; vale a dire

61
evoluzione di una "coscienza innata", verso la co­
scienza psicologica che è "coscienza della coscienza
innata", prima tappa verso la coscienza liberata dalle
contingenze fisiche, vale a dire la Coscienza perma­
nente o immortale.
L'uomo è l'individualizzazione di tutte le funzioni,
affinità e poteri dell'Universo e la Coscienza è la mi­
sura dell'individualizzazione, la quale rende attuale
ciò che è virtuale nell'armonia cosmica.
L'individualizzazione ha corporificato nell'organi­
smo le funzioni "genetiche", separando gli effetti del
Pensiero creatore nel tempo e nello spazio; la co­
scienza deve unificarli di nuovo. Dunque la coscienza
viene dalla conoscenza degli elementi della genesi,
poi dalla conoscenza del legame spirituale che li uni­
sce. Per dirla in altro modo, vi è la conoscenza del
Bene e del Male e la conoscenza dell'Unità; l'intelli­
genza del mortale che separa come la falce e l'intelli­
genza del permanente che unifica."
(Estratto dal Tempio nell 'Uomo, di R.A. Schwaller De
Lubicz)

4.2 La coscienza nell'universo


IN PRINCIPIO ERA IL VERBO, E IL VERBO ERA CON
DIO, E IL VERBO ERA DIO. ESSO ERA AL PRINCIPIO
CON DIO, TUTTE LE COSE SONO STATE FATTE PER
MEZZO SUO E NULLA DI CIÒ CHE È STATO FATTO, È
STATO FATTO SENZA DI LUI. IN LUI ERA LA VITA, E LA

62
VITA ERA LA LUCE DEGLI UOMINI, E LA LUCE BRILLÒ
NELLE TENEBRE.
(Giovanni l, 1-5)

Il Verbo eterno, essenza della Parola, è la potenza


virtuale dell'Assoluto; potenza che, incarnandosi
nella Vergine cosmica, Saggezza o Coscienza cosmi­
ca, diviene Verbo-Parola, autore di tutte le cose me­
diante la propria incarnazione.
Tutto ciò che entra nel Divenire è dunque incarna­
zione del Verbo-Parola. Ogni incarnazione è gestazio­
ne che, in principio, è tenebra. È detto che in queste
tenebre brillò la Luce, questa "luce che illumina ogni
uomo che viene in questo mondo" (Giov. 1,9).
Questa Luce è Coscienza. Ogni cosa esistente,
essendo una manifestazione del Verbo, un ritmo del
Verbo, un verbo del Verbo, è una coscienza specifica­
ta. Questa coscienza è la coscienza essenziale o innata
della specie, veicolata dal seme, arricchita nell'essere
umano dalla coscienza permanente delle sue prece­
denti esperienze.

4.3 La coscienza nell'essere umano


La coscienza innata, che plasma tutti i regni della
Natura, diviene la coscienza istintiva nel regno ani­
male; è assopita nell'uomo dalla sua educazione arti­
ficiale che orienta tutta la sua attenzione verso
le testimonianze dei sensi e della sua intelligenza

63
razionale. Ciò che l'uomo chiama volgarmente
"coscienza" è la sua coscienza cerebrale, che non è
che uno specchio riflettente pensieri o deduzioni
basate sull'associazione di idee o di impressioni o di
emozioni, delle quali è incapace di discernere la pro­
venienza e la realtà.
Per dirla altrimenti, la coscienza cerebrale è una
proiezione mentale di ciò che l'uomo crede di essere,
di ciò che egli crede di volere o fare, ma che effettiva­
mente subisce perché ignora quelle influenze esterio­
ri o interiori che determinano le sue azioni o gesta,
perché la sua coscienza cerebrale non è più in contat­
to con i suoi stati di coscienza reale, di quanto
lo siano due ricetrasmittenti sintonizzate su frequenze
diverse. L'uomo che non conosce sperimentalmente
i suoi diversi stati di coscienza, subisce delle pulsioni:
il suo libero arbitrio è illusorio.
E questa tragica illusione, che fa dell'essere umano,
per intelligente che sia, un burattino irresponsabile
rispetto al proprio destino, questa illusione è causa
di errori così disastrosi che essa è il primo ostacolo
da eliminare, per trovare il vero scopo della nostra
esistenza e per non morire completamente.
* * *

La coscienza umana individuale, al momento della


nascita, comprende la coscienza acquisita nelle prece-

64
denti esperienze, innestata sulla coscienza della spe­
cie umana, la quale comporta già tutte le coscienze
della Natura.
Ma questa spiegazione troppo semplicistica non for­
nisce una visione degli stati di coscienza che costitui­
scono la nostra realtà immortale. Tuttavia, benché
la spiegazione non si indirizzi che alle nostre facoltà
cerebrali, è utile servirsene per diminuire la resisten­
za della nostra intelligenza razionale, mostrando
la possibilità di assistere quale spettatore all'acquisi­
zione di una conoscenza che la supera. È un sotterfu­
gio? Senza dubbio! Ma se questo sotterfugio ottiene
un armistizio della nostra combattiva ragione, potre­
mo profittare del suo silenzio per ascoltare il richia­
mo della nostra inquietudine e trovare il modo
di risvegliare la nostra vera coscienza.

4.4 Il ternario umano


:Uessere umano considerato nelle sue possibilità di
coscienza è triplice :
-IJAUTOMA
- :Uio-TESTIMONE (Testimone-coscienza dell'Io)
-Il TESTIMONE SPIRITUALE

VAutoma è l'uomo mortale (fisico, emotivo e mentale).


La coscienza innata, istintiva, si addormenta general­
mente, vale a dire cessa di essere percepibile per lui,

65
allorché si sviluppano le sue facoltà mentali.
Egli subisce allora il gioco delle funzioni organiche
e delle reazioni - nervose, emotive e cerebrali - che
esse provocano con i loro appetiti.
È un automa perché subisce le mutue reazioni degli
elementi che lo compongono, così come le influenze
esteriori che agiscono su di lui durante tutti i momen­
ti della sua esistenza: nazionalità, famiglia, relazioni,
educazione, leggi e costumi, etc. Normalmente, se
l'uomo non è esercitato attraverso un'applicazione
metodica a diven ire consapevole dei propri stati
di coscienza, essi si sviluppano o si atrofizzano a sua
insaputa, eccettuato la sua coscienza cerebrale che
non si lascia mai spegnere. Allora egli subisce le rea­
zioni psichiche, emotive e mentali, senza avere altro
controllo che quello che gli offrono i suoi sensi
e il suo cervello.
Tuttavia, questa esistenza di automa intelligente ha
due Testimoni, che sono due stati di coscienza non
mortali. Ognuno di questi Testimoni registra (gene­
ralmente ad insaputa dell'Automa) le impressioni che
lo colpiscono e provocano nell'uomo delle reazioni
di cui l'Automa ignora il valore e la sorgente.
Il loro dualismo è comprensibile grazie alla qualità
(personale o impersonale) che differenzia le loro testi­
monianze e l'oggetto di queste testimonianze. Per
questo si può parlare di due testimoni.

66
4.5 I due testimoni
IL TESTIMONE IO ha l'aspetto della personalità,
aspetto che è il nome del proprio ciclo e ritmo perso­
nale rafforzato dalle sue caratteristiche ereditarie
e astrali, poiché le condizioni della sua incarnazione
sono state determinate dall'affinità del ritmo e dalle
necessità karmiche della sua evoluzione.
Questo Testimone è l'elemento Osirideo dell'uomo
sottomesso al rinnovamento dei cicli del Divenire.
Come tale, esso vuole la continuazione delle espe­
rienze personali. Il TESTIMONE SPIRITUALE ha l'aspet­
to spirituale dell'essere incarnato - suo nome spiri­
tuale - sua più alta coscienza. È il testimone del suo
8
Ka divino, o anima divina, attraverso le sue incarna-
, 9
zioni. E l'elemento Horusiano della sua evoluzione,
perché vuole la liberazione dell'essere, al di là dell'in­
catenamento karmico del Divenire, mediante l'unifi­
cazione delle coscienze.
Questi due Testimoni immortali corrispondono ai
due angeli che la tradizione cristiana attribuisce
all'uomo come consiglieri: il cattivo angelo e quello
buono, o "angelo custode". Il primo è il Testimone
"personale", coscienza permanente dell'Io, testimone
delle sue reazioni alle esperienze vitali e delle proprie
resistenze alla sua subordinazione.
La sua sede fisica nell'organismo umano è il fegato
e il suo "posto d'ascolto" è nel cervello.
8-9: Viidere Appendice: "Statipsico-spirituali" e "L'Anima secondo l'Antico Egitto':

67
Il secondo è il Testimone spirituale; testimone neu­
tro perché totalmente indipendente dalla persona,
non essendo essa che il supporto dell'incarnazione
e l'oggetto della trasmutazione necessaria al compi­
mento del suo ruolo "Cristico-Horusiano" di reden­
zione. Infatti questa redenzione deve compiersi
mediante l'unione del divino con l'umano.
La sua sede fisica di reazione è la milza e il suo
posto d'ascolto è il centro occulto del cuore spiritule.
Questo doppio elemento di coscienza non mortale
costituisce la superiorità dell'uomo sull'animale
e diversifica la qualità dell'individuo secondo il pre­
dominio dell'uno o dell'altro e secondo i loro rappor­
ti con l'Automa. Sfortunatamente, per la maggior
parte degli umani, è l'Automa che comanda, anche
senza constatare l'esistenza di un filo diretto
di comando.
Questo filo diretto è il Testimone dell'Io non morta­
le. Questa "Coscienza-Testimone" registra, con
o senza la partecipazione dell'Automa, i risultati delle
esperienze vitali, in uno stato più sottile della coscien­
za cerebrale. Questo filo di comando, mediante
le sensazioni che subisce l'Automa attribuendosele,
persegue uno scopo di realizzazione dello specifico
che egli rappresenta nell'Umanità (sviluppo di tutte
le possibilità del suo Io).
Durante questo tempo, l'Automa rimane nell'illu­
sione di dirigere la propria esistenza, avendo coltiva-

68
to la coscienza delle sue facoltà cerebrali, molte delle
quali esistono già negli animali superiori. E questa
coscienza cerebrale, attraverso la comparazione
e l'associazione delle idee, gli dà l'impressione di
poter decidere, scegliere, giudicare. Così, l'Automa
mortale e l'Io non mortale perseguono parallelamen­
te il loro scopo personale, con questa differenza:
l'Automa ignora la presenza di un Io, del quale è sia
il servitore e sia l'ostacolo per inerzia. È l'abdicazione
della sovranità dell'uomo sull'animale e sulla Natura,
poiché la sua scienza razionale non gli donerà mai
il segreto della vita, né l'accesso al regno sovrannatu­
rale.
* * *

Quanto all'animale, è naturale che subisca le ten­


denze della sua specie, con tutte le loro conseguenze
nella sua esistenza; esso compie il proprio destino
seguendo semplicemente la propria coscienza istinti­
va, poiché questa coscienza della specie è il solo filo
ininterrotto che passa da un individuo all'altro attra­
verso il seme, e non vi è in lui altro Testimone che
voglia accrescere la qualità del proprio individuo.
Potrà avere la qualità - o proprietà - della sua specie,
più o meno accentuate secondo la potenza della
semenza che l'ha formato, ma non potrà aggiungere
altre attitudini alla propria semenza.

69
Tutto ciò che può acquisire attraverso un ammae­
stramento, al di fuori delle sue qualità specifiche, sarà
artificiale e non passerà ai suoi discendenti. Al con­
trario, la vita naturale (selvaggia) e le difficoltà che
dovrà superare, potranno sviluppare le qualità istinti­
ve della sua specie.
L'automa umano è menomato, riguardo a queste
stesse possibilità, a causa della sua educazione artifi­
ciale e a causa delle resistenze mentali che distraggo­
no la sua attenzione dalla coscienza istintiva; e que­
sta, non esercitata, si atrofizza. Tuttavia se accade che
l'Automa si lasci dirigere dal suo "Testimone perso­
nale", la sua situazione diviene superiore a quella del­
l'animale, a condizione che le sue facoltà cerebrali
gli servano esclusivamente da specchio e come tra­
scrizione, senza intervenire con un'interpretazione
razionale. Allora la Coscienza dell'Io, che è innestata
sulla coscienza istintiva, farà dell'Automa un uomo
responsabile del proprio comportamento e capace
di imparare a conoscere le proprie possibilità.
Questo sarà un primo passo nel regno umano
sovrannaturale, poiché l'uomo naturale, illuminato da
questa coscienza sovrannaturale in quanto non men­
tale, potrà per mezzo di essa identificarsi con le cose
e gli esseri della Natura, dunque conoscerli e divenir­
ne il Maestro.
Questo potere, con la conoscenza che ne deriva,
sarà un incentivo sufficiente perché un uomo, aven-

70
dolo più o meno intravisto, possa accettare di sotto­
mettere il proprio Automa alla disciplina imposta
dalla sua coscienza risvegliata.
Facciamo notare che qui non parliamo di mezzi, ma
della possibilità, sulla quale è necessario meditare per
provarne la realtà.
L'altro aspetto di questa possibilità, che è necessario
considerare per non cadere in un pericolo temibile è
che, quale che sia l'interesse per il risveglio di questa
coscienza nell'essere umano, lo scopo di questo
Testimone è ancora uno scopo egoistico, essendo l'ac­
crescimento dell'aspetto "personale".
Questa "Coscienza-Io", per immortale che sia, visto
che serve all'esistenza attuale, non è altro che la
coscienza di una specificazione e delle specificazioni
della Natura dualistica. Ammettendo che essa non si
accresca fino a potersi identificare (quindi comanda­
re) alle cose e agli esseri della Natura, non potrà,
a causa della sua stessa potenza, stabilire un contatto
con gli stati che le sono superiori. L'uomo governato
da essa, avendo acquisito tutti i poteri e la padronan­
za sul proprio automa, sarà stabilito nel ritmo
Osirideo che è la continuazione del ciclo personale,
nel suo ritmo personale, qualunque possano essere
i suoi scopi di aiuto all'Umanità.
V i è in effetti un'antinomia apparente fra i due
Testimoni. Il Testimone del Sé, vale a dire dell'essere
spirituale, essendo di carattere totalmente impersona-

71
le, indifferente a tutte le contingenze terrestri, non
può mettersi al servizio dell'uomo retto dal suo
Testimone personale. Non perché abbia uno scopo o
una volontà differenti: ciò che noi intendiamo per
scopo e volontà non può esistere per lo Spirito. Ma vi
è una tale differenza di stato e di ritmo, che
il "Personale" non può né costringere, né modificare
e neanche contattare lo "Spirituale".
In compenso, se esiste un uomo così semplice e privo
di opposizione mentale da lasciarsi impregnare senza
resistere, il suo Testimone spirituale può incarnarsi in
lui e agire in lui a tal punto che la sua Coscienza-Io
sembrerà inesistente, salvo per delle manifestazioni
di coscienza istintiva. È ciò che accade in certi esseri
che si dicono "semplici di spirito" o "innocenti", tal­
volta perfino "idioti", perché la loro Intelligenza
razionale non interviene nel loro comportamento,
mentre essi manifestano spesso degli stati d'intuizione
sorprendente.
In realtà, i due Testimoni sono i due aspetti di una
Coscienza unica, come i due aspetti dell"'arcangelo
decaduto": satanica, ovvero di Natura concretizzante,
fissatrice, possessiva e luciferica, la cui natura lumino­
sa è attratta verso la propria fonte. La redenzione del­
l'aspetto satanico non può compiersi che mediante
la "discesa del Cristo agli inferi", vale a dire attraver­
so la discesa, o esperienza, della Coscienza spirituale
nell'Umano, esperienza nella quale si uniscono i due

72
aspetti, divenuti reciprocamente coscienti l'uno del­
l'altro.
* * *

Per questo, qualunque sia la padronanza ottenuta isolata­


mente grazie a uno dei due Testimoni - padronanza
dell'Automa grazie all'Io cosciente o dominazione totale del
corpo grazie alla Coscienza spirituale senza tenere in alcun
conto il "Testimone-Io " - non vi sarà liberazione finale a
causa dell 'eliminazione di uno degli elementi di redenzione.
Nel primo caso, la Coscienza spirituale non sarà pre­
sente per attirare l'Io fuori dalla sua limitazione per­
sonale e impedire la sua "inflazione". Nel secondo
caso, il rifiuto del tener conto dell'Io apre la porta a
disordini fisici e soprattutto ad allucinazioni emotive,
immaginative (astrali) e sentimentali che, sotto il pre­
testo dell'amore divino, possono generare delle illu­
sioni fenomeniche che sono degli ostacoli alla realiz­
zazione spirituale.
In ogni caso, non vi è liberazione definitiva per
l'essere umano senza la realizzazione della Coscienza
unificata, nella quale il Testimone-Io riconosce
e accetta l'impulso del Testimone spirituale. È evi­
dente che questa accettazione modificherà gli obietti­
vi della Padronanza ricercati dall'Io, non potendo il
Sé essere limitato da scopi egoistici, poiché è essen­
zialmente impersonale.

73
Il programma di questa realia,azione totale sarà quindi:
in primo luogo la padronanza sull'Automa grazie al
Testimone-lo, padronanza che avrà come risultato finale
un essere umano cosciente della fonte dei suoi impulsi,
cosciente dei suoi organi e dei suoi istinti, potendo così cer­
carne le corrispondenze nella Natura.
La condizione essenziale del successo sarà che l'intelligenza
razionale si limiti rigorosamente alla constatazione dei
risultati, senza interpretazione.
Il secondo obiettivo è l'allargamento di questa Coscienza
dell 'Io nella Coscienza del Sé, obiettivo per il quale la colla­
borazione dei due "Testimoni" è indispensabile.
Ora, il "Testimone spirituale " è presente e non aspetta che
questa esperienza. Tutto lo sforzo deve venire dal "Testimone
personale" per eliminare, attraverso un 'attenzione continua,
gli ostacoli che impediscono alla Coscienza spirituale di
manifestarsi all'uomo, divenuto ora cosciente del suo "lo ".
Gli ostacoli da eliminare sono le motivazioni egoi­
stiche e l'ostinazione a conservare i punti di vista per­
sonali.
La soppressione di questi ostacoli apre lo sguardo
interiore su delle realtà di ordine universale.

74
5. Lo scopo

Lo scopo è la realizzazione del regno sovrumano


attraverso il risveglio e l'unificazione della coscienza
dell'Io e di quella del Sé. Il cammino è la rianimazione
cosciente del corpo intero, la constatazione del ruolo
delle sue funzioni e di tutte le sue reazioni animiche.
È, infine, la conoscenza dei due Testimoni e dei
loro rispettivi ruoli. Si formerà così l'ambiente capace
di gestare il "nocciolo spirituale", che potrà crescere
e ampliarsi fino a invadere l'intero uomo e realizzare
il corpo incorruttibile, di cui il corpo fisico non sarà
altro se non il docile strumento e l'inviluppo appa­
rente. Il primo mezzo per seguire questo cammino
senza deviare, è la distruzione progressiva dell'auto­
matismo, imparando a conoscere il dramma del quale
l'essere umano è il campo di battaglia, la natura dei
combattenti e le loro armi.
Questo dramma è il Duello fra le sue due "volontà":
la volontà personale e la volontà di Luce. Un gran nume­
ro di esseri umani non conosce questo dramma: sono
coloro presso i quali né l'uno né l'altro dei due
Testimoni può farsi sentire, essendo soffocato il loro
appello dalla coscienza cerebrale. In costoro - che
sono la folla - l'Automa regna senza controllo, non
avendo altro tormento che gli avvertimenti di un
senso morale atavico o coltivato con l'educazione
e le regole religioso-sociali convenzionali.

75
Per costoro, i "casi di coscienza" sono ridotti a una
scelta tra l'obbedienza a questa morale "stabilita"
o la sua violazione per cedere ai desideri istintivi
e agli interessi personali.
L'Inquietudine della Domanda e il cammino di cui
si occupa quest'opera, non interessano la "moltitudi­
ne". Per gli altri, il "piccolo numero" al quale si indi­
rizzano i Saggi, l'inquietudine è creata dall'appello
più o meno frequente di una Coscienza superiore: il
Testimone Personale o il Testimone Spirituale.
Se il Testimone Personale-lo è il solo che si manife­
sta, suscita un desiderio di governare l'Automa e di
agire "con cognizione di causa", anziché subire i suoi
pensieri e i suoi impulsi. La padronanza possibile in
questo caso non può attendere che a una realizzazio­
ne dell'Io nel carattere della sua Entità, senza cercare
l'unificazione nell'Impersonale.
Il dramma, in questo caso, non sarà che una lotta
per ridurre l'Automa al ruolo di docile servitore, per
l'ottenimento di "poteri" personali.
Il vero dramma comincia sia quando il Testimone
Spirituale cerca di dominare l'Automa (il che porta
a un'abnegazione dell'Io e a un'ascesi mistica), sia
quando il Testimone-Io è sollecitato dal Testimone
Spirituale per cooperare alla realizzazione del supe­
ruomo mediante la supremazia del Divino (dunque
impersonale) nell'Umano. Allora comincia il Duello,
fra la volontà personale e la volontà di Luce.

76
* * *

Se hai accettato questo Duello, sappi che il tuo corpo


intero sarà il terreno di combattimento: il nocciolo
spirituale è di essenza divina ma, per ritrovare la pro­
pria potenza, deve incarnarsi nel seno dell'essere
umano, "mortificarsi", rinascere e resuscitare per
generare la propria Coscienza. È un errore infernale
considerare l'anima come un'"Intelligenza" eterea,
sedente da "qualche parte" alla sommità di te stesso
o del Mondo e che tu dovresti "raggiungere" elevan­
doti, mediante delle aspirazioni spirituali, al di sopra
del tuo corpo e della Terra!
Nessun uomo terrestre percepirà lo Spirito se non nella
propria carne!
Questa non è un'immagine letteraria ma la più con­
creta delle realtà.
Non puoi trovare il tuo Dio che generandolo tu
stesso, attraverso le tenebre del tuo proprio corpo!
È quando egli prende coscienza di una sostanza che ne
diviene il Dio! Questa sostanza non può avere altro
Dio che il proprio, quando essa è divenuta la sua
matrice e il suo "Tempio". "Non vi è altro Dio che
Dio" e altra Luce che il Verbo; ma ogni creatura non
può conoscere che il proprio Verbo; e il "Padre delle
Luci" è inaccessibile e inconoscibile per colui che
non ha imparato a essere in comunione con la pro­
pria Unità.

77
L' Alto deve penetrare il Basso, se tu vuoi che
il Basso divenga come l'Alto "per fare il miracolo
di una sola cosa" (Tavola di Smeraldo).
Ma se vi sono il Basso e l'Alto, l'uno non può agire
senza l'altro ed essi dipendono l'uno dall'altro.
"... e il Verbo-Luce brillò nelle tenebre".
Certi "pusillanimi" negano, come un sacrilegio,
la sua Presenza nei luoghi abietti e nelle latrine, ma vi
è blasfemia in questo dubbio; per lo Spirito non vi
sono luoghi impuri, se non quelli che lo rifiutano.
La materia più vile può accettare lo Spirito ma l'in­
telligenza razionale e la Coscienza dell'lo possono
rifiutarlo, poiché l'una e l'altra possono immaginare
di essere esse stesse la Luce.
Tu che vuoi la Luce, sappi quindi che non puoi trovar­
la se non generandola tu stesso nelle tue proprie
tenebre; e non bestemmiare dicendola incompatibile
con la materia tenebrosa: questa materia non esiste­
rebbe se non si fosse già prima formata in essa.
Ma questa Luce, appena risvegliata, diventa il tuo
potente Maestro, il tuo Dio vivente in te, che trasforma
in gioia ogni lotta, in estasi le tempeste, in Cono­
scenza i misteri e i dubbi. Bada soltanto di non resta­
re indeciso; osa scrutarti e scegliere il tuo cammino.
Il dolore inutile è il frutto dei compromessi medio­
cri e dell'incertezza.

78
6. n duello

Non si mediterà mai abbastanza sui due attori del


Duello, di cui l'uno, semplice e immateriale, non è
conoscibile che dall'Intelligenza del Cuore e l'altro è
così complesso che occorre un'attenta introspezione
per discernerne le parti componenti.
Il primo attore che si esprime nell'uomo come
"volontà di Luce" è il nostro proprio Verbo spirituale,
la voce del nostro Ka divino, il Testimone spirituale
della nostra esperienza umana. Con "l'Intelligenza
del cuore" occorre intendere qui questa "intellezio­
ne" che si risveglia mediante la rianimazione, volon­
taria o involontaria, del centro occulto situato fra il
cuore e il plesso solare, che è il nostro Cuore spiritua­
le. Il suo ruolo apparente è un impulso che ci obbliga
a introdurre nel nostro comportamento una motiva­
zione superiore ai nostri impulsi egoistici. Il suo ruolo
effettivo (quando questo impulso è accettato) è di ani­
mare i nostri centri occulti intuitivi e spirituali.
L' effetto della sua azione è il sentimento di una
Presenza che calma l'uomo inquieto, togliendogli
l'impressione dolorosa di incertezza e d'impotenza.
Il secondo attore, che è effettivamente il combatten­
te perché resiste all'Impersonale, è la Personalità
nella sua totalità, cioè l'Automa con i suoi compo­
nenti ( fisico, emotivo e cerebrale) e la Coscienza
dell'Io, suo Testimone permanente.

79
* * *

Bisogna capire che tutto ciò che, in noi, non è né


"la Coscienza-Testimone lo", né la "Coscienza­
Testimone spirituale", fa parte dell'Automa: i movi­
menti volontari dell'organismo gli appartengono
come quelli involontari e anche i pensieri, le azioni
e le decisioni diretti dalla volontà e dalla coscienza
cerebrale, che ugualmente dipendono dall'organismo
(fisico, emotivo e mentale), sono mortali come lui.
Penetrare profondamente il significato del
Testimone lo è ciò che differenzia questa Coscienza
IO
dalla coscienza cerebrale , è uscire dallo stato
"addormentato" e fare il primo passo verso la libera­
zione.
Allora potremo comprendere come questa coscien­
za dell'Io, che ci fa anzitutto risvegliare, faccia tuttavia
parte della Personalità i cui obiettivi sono general­
mente opposti a quelli del nostro Testimone spirituale.
La Personalità vuole:
- la propria continuità sulla Terra;
-i valori relativi di questa esistenza passeggera;
- un sapere cerebrale, messo al servizio dei suoi
interessi temporali (carriera sociale, scientifica o
commerciale);
-la mediocrità, poiché solo l'atteggiamento prudente
ottiene l'approvazione dell'opinione pubblica e i
10 Cf capitolo IV: Dell'Anima e della Coscien;:p.

80
vantaggi sociali e mondani;
- l' utilità, cioè tutto ciò che serve a questa vita terre-
na e conviene alla logica razionale.
Il Testimone spirituale vuole:
- unirsi all'Umano per trasmutarlo in essere immortale;
- i valori assolut� il cui carattere è d'essere indistrut-
tibili·
'
- l'apertura del "Cuore" alla Conoscenza intuitiva;
- il senso dell'eccesso, trampolino sublime che proietta
fuori dei limiti naturali le tendenze umane e trasfor­
ma gli elementi di caduta in elementi di evoluzione;
- l'amore del Reale invariabile;
- l'amore della V ita per il principio della V ita;
- l'amore dell'Amore impersonale.
* * *

La Personalità vuole se stessa e ognuno dei suoi ele­


menti difende la propria sopravvivenza. Quando
l'Automa non è retto dalla "Coscienza-Io", il solo
controllo è la sua coscienza cerebrale che è, così
come abbiamo già detto, una proiezione mentale
di quello che crede essere o volere: subisce allora
gli impulsi diversi dei suoi istinti predominanti come
delle influenze esteriori e da questa anarchia risultano
dei disordini psichici e organici. Se riceve qualche
impulso dal suo Testimone-Io, ne attribuisce l'origine
alla sua decisione cerebrale, non sapendo discernere

81
con la "Coscienza-Io". La più grande difficoltà è que­
sto discernimento fra l'Io dell'Automa-animale-e­
intelligente e l'lo cosciente o Testimone-lo. Lo scopo
dell'uno come dell'altro è uno scopo personale,
anche negli atti altruistici se non sono ispirati dal
Testimone spirituale: l'Automa li compirà per soddi­
sfare i suoi impulsi animali, sentimentali o razionali.
L'Io cosciente li ispirerà per raggiungere certi obiet­
tivi personali. L'Io non è mai altruista a proprie
spese: "Io" non può cercare di perdere se stesso: l'ab­
negazione e il desiderio dell'Impersonale sono impul­
si del Testimone spirituale. E le astuzie dell'Io per
deviarli a suo vantaggio sono di un 'abilità satanica. La
sua trappola più comune è il nome che si dà: "io",
"me" creando la confusione fra l"'io" dell'Automa
' '
i suoi molteplici "io" e l'Io cosciente. Dobbiamo, per
annullarlo, confrontare questo arlecchino con le sue
maschere di ricambio: l'io familiare, l'io professiona­
le, l'io mondano, l'io sessuale, l'io del credente e del
non credente: tanti visi diversi, tanti personaggi e
comportamenti differenti secondo l'età, le circostanze
e le passioni segrete nutrite da ciascuno di loro.
Ognuno di questi "io", tuttavia, dice "io voglio, io
prometto", facendo finta di ignorare che un altro
di questi "io" potrebbe negare questa affermazione.
Precisiamo che non si tratta di una questione
di parole, ma di una confessione di se stesso a se stes­
so per illudersi su questo personaggio inservibile che

82
è questo molteplice "io" nell'esistenza quotidiana.
Tanto l'uno quanto l'altro di questi visi si manifesta
secondo il ruolo che deve �ocare; ma tutti sono scrit-
11
ti nello specchio dell' akasha , che sarà lo specchio del
giudizio. Ora, "giudizio" suppone colui che giudica e
colui che è giudicato e significa qui due stati: la
coscienza antica e la nuova coscienza acquisita.
E questo giudizio non si pone nel tempo, ma in
ogni momento in cui l'lo cosciente riconosce le proprie
immagini proiettate dalla sua Personalità e con la
quale non vuole né può più identificarsi. È l'istante di
vera contrizione, quando un allargamento della
coscienza permette di misurare il valore dell'atto.
Ma la liberazione finale esiste quando si fondono
le due Coscienze: allora il Passato è nel Divenire.
Il primo passo verso la liberazione è l'eliminazione
degli elementi di confusione. Questa eliminazione
necessita un primo confronto delle parole con ciò che
esse rappresentano, poi delle apparenze con la realtà.
Eviteremo tuttavia di procedere per mezzo della
psicanalisi o della dissociazione, procedimenti che
sono dei nuovi tranelli inventati dal cervello "io" per
accrescere la sua importanza.
Se il nostro scopo finale è semplice, dovrà esserlo
anche il cammino. Poniamo semplicemente la
domanda: l"'io" che individua colui che parla, pensa
o agisce, rappresenta sempre lo stesso "io"?
1 7 vedere: "Gli Statipsico-spirituali. "

83
No, bensì uno degli aspetti dell"'io". Dunque sarà
saggio, per noi, capirci esattamente, definire che
"ego" indicherà in questo studio l'io globale dell'Auto­
ma, che sempre, qualunque sia il suo aspetto, subisce
ciò che crede di fare o volere liberamente, non essen­
do cosciente che cerebralmente, fino a che la coscien- 12
za del vero Io non è risvegliata e agente.
Quanto a questo vero lo, non intraprenderemo qui
delle vane dialettiche sulla sua realtà e sulla sua
sopravvivenza rispetto alle quali le opinioni dei meta-
12 ll senso che noi attribuiamo in questa opera ai termini EGO e IO non è una scelta fatta
da noi fra le diverse concezioni filosofiche riferentesi al senso dell'IO
e dell'EGO, come pure alla realtà e alla permanert:(fl attribuite o rifiutate all'EGO da
queste diverse opinioni. L'impiego che facciamo qui delle parole EGO e IO è motivato
dalla necessità di differenziare i diversi aspetti del nostro Automa umano dalla Cosciercyz
permanente, testimone delle nostre successive esperienze vitali. La parola EGO si presta
male a questa doppia accezione: l'abitudine invalsa al suo impiego volgare rende più dif
ficile ancora una differenziazione che è già troppo incline a malintesi.
EGO, nel linguaggio comune, rappresenta la persona che parla di se stessa, riferendo
'�e stesso " a stati o azioni o funzioni del proprio Automa. EGO è dunque necessaria­
mente un riepilogo di ciò che costituisce il nostro Automa e si riferisce indifferentemente
a qualsiasi sua manifestazione. È in questo senso che lo adoperiamo in questo studio.
Qyanto allaparola IO, le attribuiamo le seguenti due accezioni:
1) ce ne serviamo per esprimere gli aspetti mutevoli della persona che si indica con
EGO: i nostri differenti IO, ruoli giocati dall'Automa secondo la funzione sollecita­
ta dall'impulso del momento, personaggi impermanenti di cui ciascuno a turno
credepoter dire: "Io sono Io ";
2) dall'altra parte, chiamiamo "lo cosciente " - o piuttosto Testimone-lo -
la nostra coscienza individuale, non mortale, che rappresenta una realtà innata,
permanente ma evolvibile:
• innata, perché incarnata con la nostra nascita;
• permanente, perché è la cosciercyz acquisita sperimentalmente attraverso la lunga
successione difasi del nostro divenire;
• evolvibile, perché si arricchisce di ogni nuova esperienza vitale. Poiché questa
Coscienza-Testimone-/o è evolvibile, non è invariabile, qualità che non può essere
attribuita che all'elemento spirituale comunemente chiamato "anima divina" o Ka
divino e di cui veniamo a conoscere gli impulsi da questa Cosciercyz superiore che
chiamiamo Testimone spirituale.

84
fisici presentano soprattutto divergenze di punti
di vista. Parliamo di questa Coscienza che "è propria "
della Coscienza Universale, innata e specifica
in ognuno degli esseri umani; addormentata in alcu­
ni, sveglia in altri, che l'arricchiscono con le loro
esperienze e che possono accrescerne in sé la specifi­
cità. Noi la chiamiamo qui Testimone-Io o Coscienza
dell'Io. Parleremo in seguito della stessa Coscienza nel
suo stato impersonale e, perciò, divino. Essa è il
nostro Testimone spirituale, che vuole illuminare la
Coscienza dell'Io e unificarla a sé per riscattarla dal
contatto con la Natura dualistica e reintegrarla nel
proprio regno originale. Date a queste realtà il nome
che vi pare . . . una cosa è certa: questo doppio aspetto
della Coscienza è il nostro elemento d'immortalità,
l'oggetto della predicazione di tutti gli Inviati dal
Cielo, l'unico tesoro che dà un valore alla nostra esi­
stenza umana, la sola acquisizione imperitura che
merita di essere salvata.
Questa realtà unanimemente affermata dai Saggi, ci
sembra sufficiente per determinare lo scopo della
nostra vita terrena e scegliere un cammino conforme
alle possibilità umane piuttosto che l'inseguimento
aleatorio di un ideale vano.
A che serve la speculazione su stati di suprema bea­
titudine o meditazione estatica delle più alte samadhi,
stati che la nostra coscienza attuale non ci può far
conoscere? La Terra non è che una tappa dei nostri

85
pellegrinaggi; è con i mezzi del nostro essere terreno
che dobbiamo fare la nostra esperienza. Se dei grandi
esseri sono pervenuti a una comunione estatica con
l'Inconoscibile, la loro testimonianza conferma sola­
mente la possibilità di questa fusione e la coesistenza
di questa Beatitudine divina con la loro Coscienza
spirituale, la quale diventa poi il Testimone.
Questa testimonianza è confermata dalla loro sere­
na certezza, dall'irraggiamento della loro Realtà che
può risvegliare la fame spirituale di altri esseri e fare
loro trovare il cammino.
Ma la loro esperienza personale non può servire
da modello: essa è sempre individuale e la conoscen­
za di se stessi, che è la base indispensabile, non può
essere ottenuta che dallo sforzo di ciascuno.

6.1 Le due forme del duello


Il combattimento si svolge anzitutto fra l'Automa
e il Testimone-Io, quando questi prova a imporre
all'"Io" automa un comportamento propizio alla rea­
lizzazione del suo tipo innato.
Per esempio: un controllo cosciente delle sue fun­
zioni organiche, dei suoi gesti e delle sue reazioni fisi­
che, il rifiuto di obbedire a delle abitudini ereditarie e
a pregiudizi, l'osservanza di tendenze che gli sono
proprie; la padronanza del cosciente sul subcosciente e
l'incosciente.
Queste esigenze del Testimone-Io costituiscono già

86
13
un programma che dettaglieremo più avanti . La rea-
lizzazione di questo programma è l'oggetto del Duel­
lo fra "lo" automa e lo cosciente; infatti l'lo cosciente
manifesta la sua volontà con delle suggestioni e degli
impulsi di cui l'Automa discute l'opportunità e ai
quali cerca di sottrarsi. lJ"Io" deve allora far scintilla­
re l'esca di interessi personali con una maestria
straordinaria, con poteri spettacolari o semplicemen­
te di una superiore celebrità nell'esercizio della sua
professione. Quale che sia il valore personale acquisi­
to grazie a questo esercizio, esso servirà all'esaltazio­
ne dell'lo cosciente fino a che esso resterà il solo
padrone della situazione.
* * *

È solo la prima vittoria da realizzare: sottomettere


l"'lo" automa al controllo dell'Io cosciente, mettere
la coscienza cerebrale al servizio del Testimone-Io,
affinché questa Coscienza innata rettifichi i dati del­
l'intelligenza razionale. Il primo effetto sarà l'uscita
dell'Automa dal suo sonno; il secondo effetto sarà di
dare alla vita quotidiana un interesse insospettato:
l'interesse del domatore che padroneggia l'animale
feroce, dell'alpinista che conquista un picco inaccessi­
bile, l'interesse di riuscire a conoscere le tendenze
e gli scopi segreti del proprio Io, di riconoscere i
13 �dere capitolo XV:· ':Attenzione e Media;j.one" e capitolo XVI: "Comportamento generale".

87
mezzi per realizzarli, di potere infine dirigere questo
lavoro a piacimento. Ci troviamo ora di fronte a due
possibilità: o !asciarci prendere dall'attrattiva agoni­
stica di questa lotta, con il fiero desiderio di una glori­
ficazione dell'Io; o considerare i risultati acquisiti
come un primo risveglio dalla nostra sonnolenza,
come l'acquisizione di una tecnica necessaria che ci
permetterà di sottomettere a sua volta il nostro Io
cosciente ai desideri del Testimone spirituale.
Allo stesso modo in cui l'alpinista vincitore di una
vetta pericolosa, trascurando la vanità della sua
impresa sportiva, troverà nell'atmosfera esaltante
delle cime un trampolino per uscire dai suoi propri
limiti e attendere l'Impersonale.
Ma quello che sembra facile sulla cima luminosa
diventa difficoltoso nella banalità del cammino quoti­
diano. E l'Io reclama i diritti sulla vittoria che è sua . . .
È imprudente perciò intensificare questa "educazio­
ne personale" lasciandò l'Io cosciente solo padrone
della situazione. Bisognerà dargli, dopo i primi risul­
tati ottenuti, un rivale: il nostro Testimone spirituale.
È il secondo aspetto del Duello, nel quale l'Automa
prende volentieri le parti del suo maestro, l'Io
cosciente, e resiste con esso agli impulsi dello
Spirituale. Questi non agirà con i "mezzi pratici"
di cui si è servito l'Io, ma per mezzo di insinuazioni,
con alternanze di aperture luminose e di silenzi tene­
brosi, che danno all'uomo insoddisfatto un imperioso

88
bisogno della sua Presenza. Non sarà più allora den­
tro il cervello, il fegato, il sesso e i loro complici che
si giocherà la sorte della battaglia: il cuore solo dovrà
cercare di resistere, con la sua serenità, a tutte queste
rivolte. Se la volontà di Luce fa sì che la supremazia
sia data al Cuore, fisico e spirituale, esso proverà che
può, con la sua potenza pacifica, stabilire l'equilibrio
dell'organismo e realizzare un regno di pace nel
quale si attenueranno poco a poco le rivendicazioni
insistenti della Personalità. Studieremo la possibilità
di questa nuova padronanza quando avremo definito
i modi concreti per pervenire a quello che è l'lo
cosciente (Testimone-Io).
Il Cuore attinge la propria forza dalla sua partecipa­
zione a quella dell'impersonale, al quale dominio
si apre con la disposizione a dare, all'espansione
e la non resistenza. Sembra illogico che la coopera­
zione del nostro Io cosciente possa essere ottenuta
mediante l'opera di rigenerazione che distruggerà il
suo egoismo. Ciò è reso possibile, tuttavia, dalla gioia
contagiosa che emana dalla Presenza del Testimone
spirituale. Questa Presenza sveglia "l'Intelligenza del
Cuore": la Conoscenza che ne risulta è un'esca per
l'Io personale, che può approfittarne, se accetta pro­
gressivamente di mettere la propria maestria al servi­
zio dell'Impersonale, ottenendo, come prezzo del suo
sacrificio, la partecipazione a questa Conoscenza
e l'unione immortale con il Testimone spirituale.

89
6.2 Le due chiavi del regno sovraumano
Il potere d'accesso al "regno dei cieli" è indicato
nella Chiesa cristiana da due chiavi: la chiave d'argen­
to e la chiave d'oro. 11Egitto le simboleggia con due
corone: la corona bianca e la corona rossa.
Questo doppio simbolo di perfezione esprime
lo stato superiore dell'Umanità, il regno sovrumano,
accessibile all'uomo terreno con il risveglio della sua
Coscienza, poi con la rigenerazione progressiva
dell'Umano con il Divino. La chiave d'argento è quel­
la del potere temporale sugli esseri e gli "stati d'esse­
re" che fanno parte della Natura. È un potere tempo­
rale, cioè condizionato dal tempo e dalle circostanze
del loro "divenire".
La chiave d'oro simboleggia il potere della Coscienza
spirituale unita al suo divino Principio Universale.
11unione delle due chiavi rappresenta l'unione indisso­
lubile del Divino cosciente con l'Umano cosciente, cioè
la realizzazione Cristica. La parola del Cristo a Pietro
indica la differenza fra i due poteri: "... tu non compren­
derai le cose che sono di Dio, ma solamente quelle che
sono degli uomini" (Marco, 8, 33).
* * *

Alla chiave d'argento corrisponde la corona bianca


d'Osiride, Neter o Principio del divenire esistenziale,
dove la vita non si estingue con la morte che per

90
rinascere sotto altra apparenza. Osiride è il Maestro
della Natura di cui egli regge le funzioni, cioè le mol­
teplici incarnazioni della Coscienza. L'Osiride
umano, nell'insegnamento egiziano, è la Coscienza
dell'lo, suo Testimone permanente che dimora, con
la sua sopravvivenza, nel regno Osirideo di cui ha
acquisito la padronanza durante la sua vita terrena.
Facciamo notare che questa sopravvivenza
è uno stato d'immortalità relativo, perché non defini­
tivo. Questo stato postumo corrisponde a quello che
noi potremmo chiamare un "paradiso" terrestre tran­
sitorio: paradiso terrestre perché non sottomesso alle
contingenze fisiche, ma nel quale sussiste (secondo
il senso greco della parola paradiso: giardino, orto)
uno stato d'essere psichicamente vegetativo come
lo simboleggiano le mitologie antiche (i Campi Elisi
greci, i Campi dei Roseti egiziani, i giardini del Para­
diso di Maometto, ecc.). Queste immagini si riferisco­
no ai legami terreni contratti a causa dei desideri
e degli scopi personali. Questo stato è transitorio,
perché la sua durata è condizionata dall'esaurimento
più o meno rapido di queste "forze d'attrazione"
(della sua "sete", dice l'Egitto) o dalla necessità di una
nuova incarnazione. La Coscienza dell'lo Osirideo -
il Testimone lo -dà all'uomo terrestre la chiave della
padronanza dei tre stati inferiori del suo essere (fisico,
psichico e mentale) e dei tre mondi, o stati, che gli
corrispondono nel suo universo. Ora, questa padro-

91
nanza non è che il piano inferiore del regno sovru­
mano: essa si riferisce ancora "alle cose degli uomini"
e non "alle cose di Dio". Lo spirituale non è colpito
dalla Coscienza-Io, come questa non si è lasciata tra­
scendere dal Testimone spirituale.
* * *

La chiave d'oro corrisponde alla corona rossa


e al potere spirituale che dà la Coscienza del divino.
Questa chiave dà l'elemento necessario al grado
superiore del regno sovrumano: l'irraggiamento del
Cuore spirituale.
Quando la corona rossa (o la Coscienza spirituale)
è unita alla corona bianca (o Coscienza dell'Io purifi­
cato dal suo egoismo), è chiamata "doppia potenza"
(sekhemtz) : è il potere supremo della Coscienza totale
che dà l'immortalità definitiva. Nel nostro corpo
umano, il Cuore spirituale e il cuore fisico, suo mini­
stro, detengono la chiave d'oro del regno divino che
è la patria del Testimone spirituale. Il simbolo dell'o­
ro è un insegnamento: perfezione del regno minerale
nel quale gli elementi complementari sono indissolu­
bilmente legati, significa la cessazione degli antagoni­
smi e la più alta perfezione di un regno. Ora, come il
cuore fisico riceve i globuli bianchi e rossi, puri o
viziati, del sangue individualizzato e così governa il
loro circuito rigeneratore, ugualmente, se un'attenzio-

92
ne vigile sottomette le impressioni delle coscienze
inferiori e le decisioni dell'Io al controllo del Cuore
spirituale, questi potrà modificare le loro direttive
e le loro qualità, come il Sole modifica il colore
e il sapore dei frutti. Lo potrà... se non si permette
all'Io di essere d'ostacolo con il suo egocentrismo
esclusivo.
* * *

Ognuna di queste chiavi si acquisisce con un meto­


do differente: la Padronanza dell'lo si ottiene con dei
mezzi pratici di cui noi abbozzeremo un program-
14
ma . Il risveglio e l'irraggiamento del Cuore spiritua-
le dipendono da una disposizione interiore e da una
purificazione dell'AMBIENTE.
Questo sarà il programma della Via del Cuore.

14 Védere capitolo XV.· '�ttenzjone e Mediazione" e capitolo XVI: "Comportamento gene­


rale".

93
Seconda parte

UORIENTAMENTO
DEL CAMMINO
7. La voce del cuore

Studiando gli elementi del "duello", abbiamo potu­


to constatare che i due combattenti erano i due aspet­
ti dell"' lo": il Testimone-Io o lo cosciente e l"'io"
automa che rifiuta di lasciarsi dirigere. La sottomis­
sione dell'lo alle sugge stioni pas s eggere della
"volontà di Luce", risveglia già la Coscienza spiritua­
le ma noi dobbiamo ora imparare a conoscere la via
che la riguarda direttamente.
Chiamiamo questo cammino "la via del cuore",
perché il Cuore (compreso ne lla sua totalità)
ne è maestro e signore. È la via regale perché conce­
de tutto il potere al Testimone spirituale del nostro re,
cioè del nostro Ka divino. È la via "dei bambini"
ai quali è promesso il regno dei cieli, perché è la via
semplice che, senza complessità mentali e metodi
artificiali, risveglia la coscienza innata e l'amplifica
fino alla coscienza sovrumana, seguendo docilmente
gli impulsi del Cuore.
Questa semplicità, tuttavia, non implica la soppres­
sione del Duello e il risveglio del Testimone-Io:
la fase ultima della nostra evoluzione terrestre non
ci permette più di saltare questa tappa, che bisogna
anzitutto raggiungere per realizzare nella sua pienez­
za l'esperienza della nostra umanità terrestre, poiché
tale è stato lo scopo della nostra incarnazione su que­
sta Terra. Le condizioni nelle quali ci ha posto questa
incarnazione non creano mai ostacoli irriducibili

97
a questa realizzazione: esse devono essere utilizzate
senza recriminazione, come se comportassero provvi­
denzialmente le occasioni di rompere i nostri impedi­
menti.
Sicuramente possiamo provare a migliorare queste
condizioni e riusciremo nella misura in cui i nostri
sforzi saranno guidati dalla nostra "volontà di Luce".
Il nostro Testimone spirituale non può avere pietà
per le nostre prove personali: piuttosto le susciterà
per accelerare la nostra liberazione... a meno che noi
lo riduciamo deliberatamente al silenzio, cosa che
determinerà il suo allontanamento definitivo, quindi
la perdita della nostra vera immortalità.
Al contrario, quando lo scopo finale è chiaramente
definito e accettato, si ha generalmente la sorpresa
di vedere le condizioni di vita modificarsi da sole,
come se si piegassero alle nuove direttive adottate.

7.1 La via di mezzo


Il cammino che studiamo qui è una via di mezzo,
che si pone al centro fra l'acquisizione della padro­
nanza umana dell'Io cosciente e la pura via mistica
che non si cura più di questo Io.
Quando un uomo ha permesso al suo Testimone­
Io di padroneggiare il suo Automa, può sviluppare
la propria coscienza fisica, psichica e mentale,
in modo tale da acquisire diversi poteri in questi tre
domini. Ma questi poteri, che serviranno al suo desti-

98
no terreno, non saranno che un ostacolo alla sua rea­
lizzazione spirituale, poiché essi concorrono all'esal­
tazione dell'Io, che diventerà suo padrone esclusivo
se non ha sviluppato nello stesso tempo la "volontà
di Luce"; e quando questa suggerisce un desiderio
di vita superiore, accadrà un grande scompiglio per
l'impossibilità di rispondervi.
Al contrario, tuffarsi nella ricerca di stati mistici
non considerando la Coscienza dell'Io e la sottomis­
sione dell'Automa, vuoi dire esporsi a diventare
a propria insaputa il loro schiavo, subendo i disordini
dell'organismo e le illusioni dell'immaginazione
psichica e mentale. V uoi dire rifiutare l'ultima espe­
rienza alla quale è chiamata l'Umanità attuale:
la totale conoscenza di se stessi, cioè del microcosmo,
per trovare il regno sovrumano grazie alla totalità
della Coscienza.
La via di mezzo cerca anzitutto di risvegliare l'es­
sere cosciente che dorme nell'Automa, quindi di met­
tergli in mano le due chiavi del regno: la padronanza
dei suoi tre stati inferiori e la loro sottomissione alla
sua Coscienza spirituale. L'una non deve essere
acquisita a scapito dell'altra ed è qui che il cuore
gioca il ruolo di mediatore, essendo contemporanea­
mente il regolatore dell'organismo e il ministro del
Testimone spirituale.
Se si vuole seguire il cammino che gli dà il predo­
minio, bisogna conoscere la forza e i mezzi del suo

99
antagonista; in questo caso non si avrà più duello ma
competizione fra le due potenze: quella del cuore
e quella del fegato. Il cuore non combatte: suggeri­
sce, si sforza di stabilire la pace e l'armonia, mentre
il fegato gli oppone la sua volontà di dominio esclusivo.
Ricordiamoci quello che è stato detto sulla natura
e il ruolo complesso del fegato e notiamo che è for­
mato da tre lobi, le cui funzioni sono differenti; con
la vescica biliare forma un gruppo organico quadru­
plice, così importante quanto il gruppo "stomaco­
milza-pancreas" con il cuore che è energeticamente
unito a loro.
Chiamiamo il gruppo di sinistra "gruppo cardia­
co", quello di destra "gruppo epatico" e constatiamo
che un parallelismo di funzioni li bilancia:
l'azione del fegato sui globuli sanguigni è parallela
a quella della milza; vi è parallelismo fra la natura
psichica dei due organi, come fra gli effetti morali
che risultano dalle loro funzioni: il fegato è la sede
del germe dell'Io, delle sue caratteristiche innate ed
ereditate dal padre; la milza è la sede degli impulsi
e della forma eterica portati dall'eredità materna;
essa è l'organo reattivo del Testimone spirituale.
Il fegato, malgrado la sua dolcezza gioviana, pro­
duce la bile amara e separatrice; l'effetto morale della
funzione biliare sarà l'audacia e il coraggio o la colle­
ra aggressiva, secondo lo svolgimento corretto o
difettoso della sua funzione.

100
Ugualmente l'emozione alla quale coopera la
milza può essere esaltante o deprimente, secondo che
sia la reazione a un impulso spirituale o a una defi­
cienza organica.
Dalle due parti vengono quindi due tipi di reazione
possibili: reazione dell'Automa o reazione di una
coscienza. Dal lato del fegato si ha reazione della per­
sonalità: istintiva, biliosa e cerebrale, reazione coscien­
te del Testimone-Io. Dal lato della milza si ha una rea­
zione istintivo emotiva-impulsiva, violenta o "spleni­
ca", reazione cosciente del Testimone spirituale.
Se l'azione irritante del circuito "bile-cervello" pro­
voca la milza, si avrà la cattiva emotività che essa
suscita, emotività che agirà sul plesso solare, poi
di nuovo sulla bile, ecc.
Nel gruppo cardiaco, il cuore non prende mai
le parti della personalità: potrà subire meccanica­
mente le sue reazioni inquietanti se il circuito bilioso
non è stato alterato; ma all'aggressività dei suoi
avversari non oppone che la non-resistenza e si
accontenta di riparare i danni e l'equilibrio compro­
messo.
Tutto accade come se due sovrani si spartissero
il governo di un regno, ciascuno assumendo le fun­
zioni rispondenti alle proprie attitudini, ma esercitan­
do l'uno e l'altro un'influenza diametralmente oppo­
sta: il "governo epatico" da una parte, dove il fegato
è ministro della persona-automa e qualche volta

101
dell'Io cosciente, nel qual caso diventa spesso il terre­
no del duello fra questi due aspetti dell'Io. Il fegato
estende così il suo governo ai due poli del corpo
umano: l'attività cerebrale e l'energia sessuale.
Dall'altra parte il "governo cardiaco"; il cuore non
è mai un provocatore di disordine. Contrariamente
all'egocentrismo del suo antagonista, il cuore agisce
al servizio dell'armonia generale: ministro del Cuore
spirituale, è con esso la sede dell'Amore spirituale.

7.2 R poteredel cuore


Ciò che bisogna sapere è che, anche nelle sue fun­
zioni fisiche, il cuore è realmente l'organo della pace.
Ma poiché esso è indipendente dalla volontà perso­
nale e dalle facoltà cerebrali, il suo ruolo magistrale
è misconosciuto dalla maggior parte degli uomini,
i quali non considerano che il suo ruolo meccanico
e paralizzano le sue possibilità. Non si può dare al
cuore la preponderanza necessaria senza conoscere
il suo straordinario potere. Lasciamo parlare su que­
sto tema un esperto cardiologo:
"A dire il vero, il regno del cuore, con le sue vie di
distribuzione, ossia i vasi, comprende l'intera esten­
sione dell'essere vivente nel tempo e nello spazio. . .
Il cuore è impegnato in un gioco misterioso di equi­
librio con l'organismo intero, ben al di là dei vasi
e delle loro pressioni mutevoli. . . Per correggere una
rottura d'equilibrio o i misfatti di una lesione, dispo-

102
ne di notevoli modi di compensazione consacrati
da millenarie esperienze. L'eredità ci ha trasmesso
questa Saggezza del cuore. Essa è, in noi, un dono
della specie. . . Il cuore possiede un'attitudine a ripa­
rare i danni che possono colpirlo, senza che per un
solo istante si esaurisca la sorgente di energia che è in
lui. È a giusto titolo il simbolo di un dono inesauribi­
le. Nella pratica della cardiologia abbiamo dovuto
riconoscere che il cuore ha un potere quasi illimitato
di conservare la vita, tanto che può usare liberamente
delle sue risorse naturali e applicare i suoi stratagem-
15
mi" . (Qui l'autore fa una nota restrittiva sulle "situa-
zioni meccaniche incontrollabili, quali un'embolia
voluminosa dell'arteria polmonare . . . ", ecc., dove
"il cuore cede di fronte a una impresa praticamente
insormontabile") . . .
"Ma troppo spesso, in effetti, le disgraziate interfe­
renze della psiche, soprattutto quella dell'angoscia,
trasformano il corso degli avvenimenti in catastrofe.
Molte volte si è visto un cuore robusto, appena alte­
rato nella sua struttura, cedere sotto la prova di una
crisi acuta di ansia e soccombere in poche ore. Sotto
il colpo della tempesta emotiva crolla tutto il meravi­
glioso edificio delle difese omeostatiche trasmesse 16
con la Saggezza del cuore, dall'inizio dei tempi".
Le esperienze probanti di questo saggio cardiologo
15 Godet: L'esperien;:p, liberatrice, edi<jone Gallimard, 1952, capitolo XII.
16 Godet, id., p.124.

103
confermano questa affermazione della potenza reatti­
va del cuore alle malattie che possono colpirlo
e ugualmente le sue possibilità di rifacimento delle
lesioni vascolari, se una disposizione tranquilla e fidu­
ciosa gli permette di agire senza ostacoli.
D'altra parte, essendo solidale con gli organi della
sua regione (milza - pancreas - stomaco), il cuore
può migliorare i loro disordini funzionali o subirli,
secondo l'attitudine psichica e mentale: un riposo
completo (fisico e morale), una mediazione calmante
sulla regione del cuore, gli daranno il libero esercizio
del suo potere curativo. Al contrario, questo potere
è ostacolato dall'analisi ansiosa dei sintomi patologici
o da una medicazione che impedisce le reazioni natu­
rali e l'autodifesa dell'organismo.
La conoscenza dei poteri del cuore è indispensabi­
le alla pratica della via di mezzo, affinché essa rag­
giunga la preponderanza della sua influenza. Questa
via è un bilanciamento continuo fra l'egoismo dell'Io
e l'altruismo del Sé. Il Cuore solo può realizzare que­
sto prodigio di equilibrio, attraverso la sua posizione
mediatrice fra il temporale e il non temporale, fra
l'organismo mortale ed il suo archetipo immortale.
11alternanza del suo movimento (dilatazione - con­
trazione) è l'immagine perfetta di questo bilancia­
mento fra i due poteri, di cui il personale deve dive­
nire cosciente, per essere trasceso dall'impersonale.
Non bisogna dunque mai perdere di vista né l'uno

104
né l'altro di questi obiettivi: anzitutto risvegliare, con
un'attenzione costante, la Coscienza dell'Io, affinché
essa illumini a sua volta la nostra coscienza cerebrale
sulla mutevolezza dei nostri impulsi emotivi o razio­
nali; nello stesso tempo, prendere coscienza, con
la mediazione, del gioco vitale delle nostre funzioni
organiche, lontani da ogni preoccupazione medica
o psicanalitica.
Ma quando il nostro Io cosciente è risvegliato, biso­
gna sottometterlo al controllo della nostra Coscienza
spirituale e non permettergli di applicare il suo pote­
re ai propri scopi egoistici: come un cane da caccia
che, avendo "puntato" la selvaggina, deve reprimere
il desiderio di inseguire il proprio premio.
Ora, per ottenere questa abnegazione dell'lo, biso­
gna potergli offrire una compensazione. Questa com­
pensazione non può essere che una gioia superiore
alle sue piccole gioie egoistiche. Questa Gioia è la
Luce che rischiara ogni nuova tappa del cammino; è
l'entusiasmo che risulta da ogni risveglio della
Conoscenza, è l'ardore provocato dalla rottura di una
catena, poi di un'altra catena, fino alla rottura del
guscio dell'Io, quando l'azione continua della
Presenza finisce per vincere le sue resistenze e attirar­
la alla Luce. Il modo più rapido per pervenirvi è la
ripetizione frequente della mediazione col cuore.
La mediazione del cuore.
Essa consiste nel concentrare tranquillamente l'at-

105
tenzione sul cuore e sulla regione situata fra il cuore e
il plesso solare, poiché è la sede fisica del Cuore spiri­
tuale.
È il vero tabernacolo della Presenza divina di cui
il corpo umano è il tempio.
Là deve essere concentrata la nostra attenzione
vigile, per ascoltarvi i suggerimenti del nostro
Testimone spirituale e per custodire il Fuoco anima­
tore.
Il sentimento di questa Presenza è la forza che per­
mette di superare gli ostacoli, se è costantemente
intensificata dalla mediazione. Questa mediazione
deve cominciare da un intenso sforzo di identificazio­
ne del nostro cuore con il Cuore cosmico, che è la
nostra sorgente di vita e di luce, centro e principio di
ogni affinità.
Dobbiamo !asciarci penetrare dalla potenza pacifi­
cante del nostro Cuore totale, sia fisico che spirituale,
renderlo pienamente efficace con la nostra certezza.
Non si tratta affatto di autosuggestione né di immagi­
nazione ma di una "fusione", cioè di una comunione
con una Realtà.
Bisogna infine abbandonare ogni sensazione
di ansia, pessimismo o sentimento di rancore, che
impedirebbero questa comunione.
Questa condizione è essenziale, poiché due tenden­
ze, o ritmi opposti, non possono fondersi. La tenden­
za del cuore è di cercare la pace, rimediando con un

106
ritmo compensatore ai disordini squilibranti. La
causa di questa tendenza è il Cuore spirituale di cui
l'organo-cuore è l'espressione fisica. Ogni disposizio­
ne opposta a questa tendenza è dunque un ostacolo
alla manifestazione della Presenza, poiché essa crea
una discordanza anziché una comunione.
Si comprenderà dunque come la cancellazione di
un sentimento di timore o aggressivo sia una vittoria
fruttuosa sull'avversario del Cuore: fruttuosa in quan­
to via d'accesso verso la Luce.
Con l'aiuto di questa mediazione, le complicazioni
della vita quotidiana perdono la loro importanza, i
problemi si semplificano, le difficoltà si appianano
nella misura in cui si chiarifica il discernimento del
reale e delle rare cose necessarie.
* * *

La mediazione del cuore è la chiave di volta della


via di mezzo, la sola che noi possiamo dire efficace,
se non vogliamo parlare di esercizi che esigono un
controllo per la loro perfetta esecuzione. D'altra
parte, questa "via di mezzo" non necessita di compli­
cate pratiche Yoga, la cui applicazione è pericolosa se
non è sorvegliata da un maestro esperto. Ancor
meno ci occuperemo di metodi funesti, il cui obietti­
vo è lo sviluppo della supremazia dell'Io, per l'atteni­
mento di poteri e di influenza tramite la volontà.

107
La prima difficoltà della Via del Cuore è la sua
semplicità, perché per la nostra mentalità moderna
abituata alla complessità, la semplicità di un mezzo
sembra incompatibile con la sua efficacia.
E numerosi sono i ricercatori che preferiscono, per
questa ragione, i procedimenti scabrosi di metodi
spettacolari!
Tuttavia, semplicità non vuoi dire facilità, ma inge­
nuità d'intenzione e di procedimenti. La semplicità
d'intenzione richiede la chiarezza dello scopo, con
la soppressione di giravolte superflue e di ostacoli
inutili. La semplicità di pensiero è l'eliminazione
di tutte le idee estranee alla natura del soggetto.
La semplicità del cuore è il distacco da ciò che non
è essenziale relativamente allo scopo che si persegue,
distacco dalle precedenti acquisizioni cerebrali, dai
pregiudizi, dalle opinioni e dalle credenze, al fine
di partire alla ricerca del Reale, con l'ingenuità
di un bambino che guarda il mondo con degli occhi
nuovi.
Cosa vi può essere di inquietante in questa abnega-I?
zio ne? Più il cuore è avido , più la Luce si rivela
abbondantemente: e quanto al "sapere" scientifico
abbandonato temporaneamente, l'essenziale ne sarà
illuminato da un nuovo criterio. Facciamo notare tut­
tavia che nessuno, su questo cammino, ci imporrà
17 L'autrice ha scritto a-vide facendo un gioco di parole inesprimibile in italiano. In fran-
cese vide vuoi dire vuoto. Con ciò ha voluto legare l'avidità alla manca'fl.i!Yl, a un
"vuoto" che chiede di essere colmato.(N.d.C.)

108
queste rinunce. Nessuna legge formulerà dei divieti,
né dei comandi. Ma la voce interiore che ci consi­
glierà saprà suggerire i sacrifici necessari. Niente sarà
fittizio e la misura del nostro Desiderio sarà quella
del nostro progresso.

109
8. La sorgente

Non vi è che una Sorgente: la Saggezza eterna.


Il suo messaggero è lo Spirito dai sette doni. È "l'ar­
cobaleno" che riunisce il Cielo alla Terra, rivelando
i sette colori da una Luce unica. E ogni uomo può
ricevere questa Luce, nel colore rifratto grazie al pro­
prio prisma. Non vi è che una Conoscenza: la cono­
scenza delle leggi della Genesi. Questa Conoscenza
può essere "compresa" sotto diverse forme e suddivi­
sa in differenti rami: la scienza dei Numeri, Entità
e Funzioni universali; la scienza delle "Fasi" o trasfor­
mazioni, in ogni genesi; la scienza delle "nature", dei
caratteri e loro segnature. Ognuno di questi rami può
essere la sorgente di diverse scienze umane; ma essi
non sono che gli aspetti di un'unica Conoscenza:
quella della Genesi. Essa è la base del primo libro
di Mosé, come è la base di tutti i Libri sacri.
La Conoscenza mistica, o scienza della genesi
dell'Dovo mistico, non è altro che la conoscenza del
"Divenire" dell'D orno divino in uomo terrestre
e della rigenerazione dell'uomo terrestre in Uomo
divino.
Diciamo conoscenza e non scienza, perché non
è indispensabile avere studiato precedentemente
le leggi per realizzarla in sé; infatti un'illuminazione
improvvisa può risvegliare il germe spirituale nell'es­
sere predisposto; e se costui è assolutamente docile

IlO
agli impulsi ricevuti, può portare a maturità questa
semenza fino alla totale Coscienza, mediante una
continua e circolare comunione di questo germe con
la sua Causa.
* * *

Non è nelle teologie complicate fondate sulla Verità


rivelata, che bisogna cercare le basi fondamentali.
Più si risale verso la sorgente e più la Verità è inse­
gnata brevemente, perché le Leggi che è necessario
conoscere si possono esprimere in poche parole.
V i sono più verità essenziali condensate nella
Genesi di Mosé che in tutto il resto dell'Antico
Testamento. Più splendida, forse perché ancora più
condensata, è la Tavola di Smeraldo di Ermete, poi­
ché insegna in poche parole la grande legge unitaria
affermando l'identità di "ciò che è in Alto" e di "ciò
che è in Basso": qui vi è tutto l'insegnamento dell'An­
tico Egitto.
Anche le prime righe del Vangelo di Giovanni inse­
gnano all'uomo tutto ciò che serve per trovare il pro­
prio cammino. Quando l'uomo ha riconosciuto
e provato in se stesso che "Al principio di tutte
le cose vi è sempre il Verbo, che tutto vive in Lui, che
la sua Vita è Luce e che le tenebre hanno in gestazio-
18
ne questa Luce" , egli sa allora che il suo vero scopo
18 Giovanni, 1, 1-5.

111
è di risvegliare e gestare questa Luce nelle tenebre del
proprio corpo, fino alla sua completa resurrezione.
* * *

Ma nessuno può pretendere di rivelare la Verità ad


altri, poiché non si apprende che da sé. Un libro
o un Maestro possono indicare le disposizioni neces­
sarie a trovarla: spiegarla sarebbe impedirne anticipa­
tamente la comprensione.
Nessun Maestro degno di questo nome può illudersi
pretendendo di imporre una nuova credenza. Il solo
gesto possibile è aiutare i "ricercatori" a capire l'inse­
gnamento dei Saggi secondo il livello della loro attua­
le coscienza.
NON VI SONO NUOVE VERITÀ DA CERCARE: tutto
è già stato dato.
Ma si trova disperso nella profusione,
snaturato dall'analisi,
affievolito dalla ripetitività abitudinaria.
Le parole essenziali sono state prostituite.
Occorre risvegliare il senso vitale di queste nozioni.

112
9. La conoscenza

La Conoscenza non è una scienza, è uno stato:


lo stato di identificazione.
Identificarsi con qualche cosa, vuoi dire unificarsi
con questa cosa, vuoi dire "fondersi con".
L'identificazione non è possibile che fra stati di esse­
re dalla stessa modalità, poiché gli stati dalla stessa
modalità si penetrano naturalmente, come i liquidi
della stessa densità. Il pensiero comunica con il pen­
siero, l'emozione con l'emozione, la passione con
la passione dello stesso tipo: è per questo che il pen­
siero, l'emozione, la passione sono trasmissibili senza
parole, individualmente o collettivamente.
Un individuo non può comunicare con un altro con
un tipo di vibrazioni inesistenti in quest'ultimo: per
esempio, sarebbe impossibile per l'uomo trasmettere
un'emozione religiosa, morale o intellettuale a un
animale, non avendo in sé quest'ultimo degli stati
vibratori dello stesso tipo.
Così l'animale selvaggio incontrato da un viaggiato­
re conoscerà istintivamente l'intenzione aggressiva
o amichevole di quest'ultimo, con uno sguardo, per­
ché quest'ordine di impulsi esiste nell'animale; ma
sentirà lo stato emotivo o passionale dell'uomo e non
il suo pensiero, né la sua ragione, né il tipo di attacco
che progetta. L'uomo, al contrario, potrà supporre
con il ragionamento l'intenzione della belva, ma rara-

113
mente conoscerà il suo stato emotivo perché la sua
attività mentale impedirà questa comunicazione.
La Conoscenza è dunque lo stato di identificazione
con uno stato d'essere o una funzione.
La funzione è una specificazione della coscienza.
Ogni specie, nella Natura, è caratterizzata da certe
funzioni e modalità che costituiscono la sua coscienza
innata, istintiva. Questa coscienza istintiva è, per l'a­
nimale, la sua "conoscenza", cioè il suo stato di iden­
tificazione con le funzioni e gli stati d'essere della sua
specie.
Altra cosa è l'apprendimento, che è un esercizio di
osservazione, di memoria, di deduzione o di tecnica,
o il sapere, che è un apprendimento intellettuale.
Il gatto appena nato, che trova e che si attacca natu­
ralmente alle mammelle di sua madre, benché cieco,
si identifica a una funzione della sua specie: la cono­
sce, ma più tardi imparerà a trovare il posto dove
si servirà del latte.
Le possibilità di Conoscenza sono molto più estese
nell'uomo, poiché vi sono in lui gli elementi, o alme­
no sedi ricettive, di stati superiori agli stati psichico,
emotivo e mentale: questi stati superiori sono
la proiezione, nell'essere umano, degli stessi stati
d'essere nel Cosmo. Ma lo stato di identificazione gli
è più difficile dell'animale, perché l'egocentrismo
della sua "Coscienza personale" (il Testimone-Io) gli
impedisce di cercare l'identificazione con altre cose

114
che non siano lui stesso; d'altra parte l'intelligenza
razionale trattiene l'Automa nella modalità mentale
e non gli permette di sincronizzarsi con modalità
superiori alle sue.
Anziché "stati d'essere" o "modalità", potremmo
dire, per essere più comprensibili: "stati vibratori"
o "lunghezze d'onda", benché questi termini non
siano che immagini approssimative.
L'identificazione più costantemente applicata
è quella dell'Automa con i suoi stati inferiori - fisico,
emotivo, mentale - senza altro intervento, del
"Testimone-Coscienza-Io", che un impulso generale
verso tutto ciò che può contribuire all'inflazione
dell'Io.
Infatti le impressioni di ciascuno di questi tre stati
sono indistintamente registrate dagli altri due,
in modo che le sofferenze o altre sensazioni fisiche
risultano confuse con sentimenti e, sotto l'influenza
dell'esaltazione o della depressione fisica o sentimen­
tale, vengono emessi giudizi od opinioni.
Questa confusione determina il comportamento
dell'individuo senza che alcuna Coscienza reale
(dell'Io o del Sé) possa illuminarlo, poiché non
lo capirebbe, senza che alcun ordine venga a classifi­
care queste impressioni secondo la loro rispettiva
causa. Né il "Testimone personale", né il "Testimone
spirituale" possono intervenire in questo caos
di impressioni, il cui ordine o "lunghezza d'onda",

115
è differente dalla loro. E non lo potrebbero . . . a meno
di provocare qualche choc o scossa violenta che,
di sorpresa, mette l'Automa in contatto con uno dei
suoi "Testimoni" prima che il mentale abbia avuto
il tempo di reagire. Questo contatto dà all'Automa
un'impressione vitale di forza o di luce che, vitalmen­
te, desidererà ritrovare; per questo si constata spesso
una trasformazione repentina, morale o spirituale, in
seguito a un pericolo, a una malattia grave o a una
violenta emozione. Questi choc sono il mezzo fre­
quentemente impiegato dall'uno o l'altro dei
"Testimoni- Coscienze", per scuotere l'inerzia
dell'Automa e imporsi di sorpresa al mentale.
Bisogna ricordarsi di questo procedimento che, con
ripetizioni di choc appropriati, può arrivare a mante­
nere l'Automa sotto il controllo di uno dei Testimoni.
Questa possibilità, così come la scelta del
Testimone, è l'oggetto di quest'opera.
Lo scopo è: strappare l'essere umano dal suo sonno
mortale, mettere l'Automa al servizio dei due
Testimoni nel modo e nella misura necessari alla libe­
razione finale.
La conseguenza deve essere un'acquisizione di
Conoscenza, che sarà naturalmente proporzionata
alla qualità dell'identificazione e della coscienza
risvegliata.

* * *

1 16
Vi sono tanti oggetti di Conoscenza quante funzioni
e stati d'essere. Ora, la coscienza innata dell'uomo,
comporta tutte le coscienze funzionali che formano
la Natura: essendo l'essere umano il riepilogo del
Cosmo, i diversi "stati d'essere" del Cosmo si proiet­
tano in lui. Detto in altro modo, vi sono in lui tutte
le possibilità di conoscenza ed è in se stesso che egli
le deve cercare.
Il migliore istruttore non può né dare la coscienza,
né infondere la Conoscenza. Ma è possibile provoca­
re nell'uomo ben disposto le condizioni favorevoli al
loro risveglio. È spesso utile preparare il terreno spe­
cificando le nozioni essenziali a eliminare pregiudizi.
Ma l'insegnamento efficace è quello che conduce il
ricercatore a porre chiaramente i suoi problemi per
trovare la risposta nella propria meditazione.
Proveremo dunque a praticare alternativamente
questi mezzi: un tempo per spiegare, un tempo per
"risvegliare", sperando che il lettore voglia, in queste
riflessioni meditative, accettare il modo semplicista,
il più semplice possibile, per avvicinarci poco a poco
alla semplicità del cuore e del pensiero, alla quale
è stato promesso l'accesso al regno divino.
* * *

Non vi è più qui né autore né lettore: vi è (speriamo


che vi sia... ) la coscienza; e la Coscienza di Me stesso,

1 17
di Te, è un frammento della Coscienza universale...
a meno che non sia un'elucubrazione del mio cervel­
lo pensante, colui che pretende di essere Io . . . Come
saperlo?
Quello che credo di sapere è ciò che il mio pensiero
ha riconosciuto come evidente: accade però che
la tale o tal altra evidenza venga invalidata da nuove
constatazioni della scienza.
Questo Io che crede di comprendere, è una funzio­
ne cerebrale . . . Questo Io che crede di volere, può
essere un impulso di qualche bisogno passionale
o di una suggestione ricevuta a sua insaputa; questo
Io che crede di amare, ha dato il suo amore a tanti
oggetti diversi che potrei dubitare fosse sempre lo
stesso! "Potrei dubitare?" Chi dunque è l'Ego? Chi ha
posto questa domanda? Chi ha parlato nell'istante
presente? È l'Ego che dubita dell'Io? È l'Ego che
19
dubita di sé. L'Ego è l'lo? Se non fosse così, potreb-
be ignorare le intenzioni dell'Io? . . . Se l'Io morisse in
questo istante, l'Ego sarebbe presente per domanda­
re: "Chi sono?.. . "

Discutere non porta ad alcuna soluzione. L'Ego


non è certo che di una cosa: la sua insoddisfazione.
L'Ego accusa questo Io incoerente di non mostrare
la mutevolezza del proprio comportamento. A volte
pensa in accordo con l'Ego, a volte fa quello che
l'Ego non vuole e i suoi atti sono discordanti, come
19 Sulla distin<Jone fra EGO e IO, vedere capitolo VI: "D Duello".

1 18
se molti lo agissero secondo i propri capricci o sotto
qualche influenza estranea.
Ma il fatto di constatarlo sembra dare all'Ego un
vantaggio su questo multiforme Io: il vantaggio
di poter rifiutare o accettare di identificarsi con gli
impulsi dell'Io. Questo potere consiste nell'essere
cosciente; essere cosciente di sé, è conoscersi: l'Ego
'
puo conoscersi.?. . . .
E se io parlo, chi sei allora tu, tu che mi ascolti? Sei
il tuo Io? Sei il tuo EGO?
* * *

E se continuo su questo tono, che avverrà di tutta


questa analisi? Una constatazione di elementi così
diversi nella mia personalità così complessa farà
sì che il mio cervello si arricchisca di nuove nozioni
di cui l'Io si vanterà! Senza dubbio lo potrei prendere
di sorpresa, obbligandomi a dissociare il mio mecca­
nismo corporale, i miei impulsi emotivi, la confusio­
ne continua dei miei pensieri e immaginazioni.
Ma quale ruolo giocherà l'Ego in questa dissezione?
Inoltre, se questo E G O fosse una unità, una
coscienza immutabile nella sua modalità di espressio­
ne, si potrebbe sperare che queste dissociazioni fini­
scano per mettere a nudo la sua presenza?
Ma non c'è bisogno di lunghe esperienze per con­
statare un dualismo nei suoi impulsi direttivi: a volte

119
spietatamente personale, sembra intensificare l'egoi­
smo dell'individuo; altre volte suscita uno slancio
d'altruismo o il sacrificio dell'Io per un puro ideale . . .
Vi è in ciò una speranza di scoprire in noi un ele­
mento di stabilità permanente, un "gestore responsa­
bile" della nostra incarnazione, che ne riconosca
lo scopo e che possa illuminare il nostro discernimen­
to riguardo al cammino che conduce a questa meta?
* * *

Ci ritroviamo qui sulla soglia della nostra inquietu­


dine, avendo fatto qualche progresso relativamente
all'oggetto dell'Interrogativo: abbiamo già intravisto
il senso reale della coscienza e la sua immanenza
in ogni esistenza. I.Janimale la subisce: l'uomo vuole
di più, se la sua vita d'automa non lo soddisfa.
Ma l'orgoglio legittimo dell'uomo, candidato al regno
superiore, cerca istintivamente di trovare in sé un ele­
mento di certezza che sopprima il duello fra due ten­
denze contraddittorie. Ahimè! È un risveglio irrealizza­
bile nel nostro mondo naturale dualistico. Tuttavia, ciò
che è impossibile all'uomo "naturale", è possibile a
colui che risveglia in se stesso la presenza del
"Testimone spirituale" del quale abbiamo già parlato.
Poiché questa presenza non esclude il "Testimone
personale", essa è l'elemento proprio della superevo­
luzione che permette, col suo predominio, la realizza-

120
zione dell'essere sovrumano. Allora si può parlare di
una Coscienza unica, permanente, immortale, dove
la lotta non è più discordia ma esperienza, per una
scelta e un aumento della Conoscenza.
Fino a quel momento, bisogna accettare questa dua­
lità e non placare l'inquietudine con una lenta accet­
tazione del nostro automatismo. D'altra parte, l'in­
quietudine è causata dall'ignoranza e dall'incoerenza
delle direttive.
Nessuna teoria darà la soluzione.
Seguendo fedelmente il programma stabilito, elimi­
neremo tutte le complessità, fisseremo la nostra atten­
zione sul centro stesso del problema: il ritorno alla
semplicità del bambino.

* * *

Per qualche istante, cercheremo di stabilire una


mediazione fra io, tu, e "gli altri", non importa chi.
Ha importanza chi parla e chi ascolta: io è chi parla,
tu è chi ascolta. Cercheremo di non dividere e di far
sì che questa parola sia una mediazione.
Quando il bambino prende il latte da sua madre,
il latte è la mediazione. Fra il Cielo che dà e il fiore
che riceve, la luce è la mediazione.
L'assimilazione di ciò che è ricevuto e assorbito
è il mistero.
Il bambino non pensa al mistero: egli prende

121
il latte. Il fiore non pensa al mistero: si apre all'ora in
cui può ricevere ciò di cui ha bisogno.
Questa è la saggezza, la saggezza di chi conosce
il gesto necessario per compiere la funzione necessa­
ria al momento necessario. Gesto-funzione-saggezza
di chi dà e di chi riceve se non vi è opposizione, né
dissociazione. È la conoscenza innata del bambino,
fino a che non è uscito dal "regno dei cieli". Il neona­
to non ha la speranza del regno dei cieli: egli è nel
regno, fino a che non è uscito dallo stato d'innocenza
che è non-differenziazione. Quando ne uscirà, dovrà
faticosamente constatare la differenza e apprendere il
duro mestiere dell'uomo dalla duplice volontà: ciò
che si deve fare e ciò che non si deve fare, senza
poter discernere la voce dei due Testimoni che gli
suggeriscono ciascuno un consiglio differente.
Più tardi poi la cosa si semplifica: il Testimone-Io è
il solo ascoltato! Ma tu e io conosciamo questa com­
media e siamo stanchi di obbedire come ciechi.
Proviamo, tuttavia, a cercare coscientemente la
chiave del regno perduto. Cerchiamo di ascoltare,
come ascolta il bambino; cerchiamo di ascoltare
in fondo al petto questa vibrazione che corrisponde
alla concezione della realtà. . . Proviamo, come prova
il bambino, fino a che "ciò accade". Provare, è già
liberarsi dalle volontà ripetitive e allargare il campo
delle forze intuitive.
Ascolta, senza stancarti, ascolta! Guarda il fiore che

122
si apre quando ha bisogno del sole. Guarda il suo
desiderio. Osserva ciò che cerchi in te, per giungere a
discernere chi cerca e quello che cerchi. Guarda ciò
che non si vede e poco a poco il tuo sguardo interio­
re si aprirà, come i tuoi occhi si abituano poco a poco
a vedere nell'oscurità. Io so che la principale resisten­
za è il timore dell'illusione, che può fuorviarti essen­
do fuori dal controllo delle tue facoltà cerebrali.
Potrei risponderti che le tue percezioni sensoriali
e certi ragionamenti inesatti sono cause di altrettante
illusioni! Ma ciò fa parte del mondo che tu conosci
e il suo controllo sarà l'oggetto di un altro studio.
Per il momento si tratta di aprire una porta su un
mondo di cui tu ignori la corrispondenza in te stesso,
osservando tuttavia che la porta si è socchiusa talvol­
ta a tua insaputa, cosa che è più difficile di un'esplo­
razione cosciente!
Conoscere non è "apprendere" e collocare da qual­
che parte nel cervello delle nozioni che spariranno
alla morte delle cellule cerebrali.
Conoscere - cioè nascere con - è aprire gli occhi
sulla natura di una cosa come se si nascesse in essa,
in modo tale che questa percezione risvegli la co­
scienza di ciò che di analogo è in noi.
Se io sono in uno stato di totale rilassamento, sia
mentale che fisico, se non credo e non pretendo
di sapere, posso sentire in me le risonanze di ciò che
vorrei conoscere, come un'arpa risuona su tutte

123
le armoniche della nota che è stata toccata.
IJesperienza ha provato che il medico che sa imme­
desimarsi nel suo malato diviene un eccellente tera­
peuta, allo stesso modo il montanaro, il domatore,
l'esploratore possono evitare i pericoli che hanno
presentito, pre-sentendone l'avvicinamento. Bisogna,
per pervenirvi coscientemente, rinunciare deliberata­
mente alle discussioni oziose, ingigantite dalla molte­
plicità di dottrine e di opinioni. Bisogna rinunciare
a dispute e controversie, procedere verso l'unica stel­
la che brilla sulla culla del bambino.
È la tua stella, quella del bambino che dorme in te
e attende il suo risveglio. Bisogna, per trovare la linea
semplice che è tua e non di un altro, divenire "sem­
plici di spirito", la testa e la memoria pulite, il cuore
bruciante dal desiderio di aprirsi senza timore, posse­
dere gli occhi che si stupiscono facilmente del bambi­
no ignaro, per il quale il mondo è nuovo.
Bambino, subirai con incanto il richiamo del mera­
viglioso e il brivido dell'emozione.
Bambino, non sezionerai il mondo come un cada­
vere e non soffocherai le tue percezioni con le paratie
stagne del materialismo o dello spiritualismo, ecc.
Subirai il fascino delle leggende e dei misteri, felice
di essere piccolo per poter ammirare delle potenze
che ti sono superiori. . . Cosa hai guadagnato con
il tuo scetticismo sospettoso? T i credi dunque così
grande che il sovrumano ti sembra impossibile?

124
Oppure ti vergogni della tua mediocrità al punto
che l'idea del sovrumano ti adombra?
Smetti di tergiversare: se sei soddisfatto, non
domandare niente di più; se cerchi a tastoni la luce,
partiamo insieme in pellegrinaggio e cerchiamo
di trovarla nella penombra del mistero.
Cos'è il mistero? L'hai cercato in te?
Mettiti davanti al tuo specchio e svela, se puoi,
il mistero della tua immagine. Chi è colui che ti guar­
da? Sei tu? Tu di fronte a te stesso? No, è l'immagine.
E l'immagine è un gioco di luce. . . o d'ombra, su una
cosa che riflette la luce che si proietta o piuttosto
la cosa che si proietta perché ferma la luce.
E tu stesso, chi sei? Luce? Ombra? O cosa? Di
quale luce sei l'ombra? Di quali forze sei la forma? Di
cosa sei la proiezione?
Guarda il tuo riflesso e il contorno del tuo corpo
attorno al quale si delimita la tua vita. . . apparente­
mente; poiché "lui", questo corpo, è quello per
il quale tu fai tutto . . . è per lui che tu "vuoi" la tua vita
di ogni giorno, è per lui che lavori, per lui che ami,
per lui che temi e che lotti per sostenere la sua vita
fisica, per accontentare i suoi gusti, i suoi sensi, i suoi
appetiti. . .
Guardalo: ti ha mai detto chi è? E cosa ti darà quale
premio dei tuoi sforzi?
Domandaglielo: cerca di strappare il loro segreto ai
suoi occhi che lasciano trasparire così poco le lotte

125
del tuo animo; svelali . . . se lo puoi. Chi sei tu, mio
corpo, che durante una vita intera fai muovere un
piccolo mondo al tuo servizio? Forma: da dove viene
la tua forma? Rispondimi: tu sei me, dunque devi
conoscermi. . ' I o, c h 1. sono .10.? . . I o ?. . . . o T u ?. . . .
.

Vertigine!
Se chiudi i miei occhi, posso ancora vederti . . . den­
tro; ma tu, rifletti, non puoi sentirmi. Vi è dunque Io,
che "sa", e l'Immagine?
Ascolta, ora: nel tuo petto qualche cosa si muove,
il suo impulso regola il flusso del sangue, lo riceve, lo
fa fluire senza tregua, senza sosta: esso batte da quan­
do è . . .
Batte, senza che il tuo pensiero lo conosca: batte
ogni secondo della tua esistenza; e che sai tu di lui?
Cerca di arrestarlo. . . non lo puoi, la tua volontà
non è in grado: solo la tua emozione può accelerarlo.
Cosa? Un impulso immateriale può agire su un
"corpo"? . . . Spiega questo mistero con l'intelligenza! . . .
Questo cuore batte, senza il tuo controllo, la misura
del tuo ritmo, rapido o lento: cosa puoi fare tu?
È il Tempo della tua vita che esso misura, è il tuo
ritmo, il tuo e ciascuno ha il suo.
su QUALE RITMO COSMICO è regolato questo pendolo?
O uomo intelligente, tu non lo sai? Chi dunque
ti ha costretto a subire questo "mistero"?
Puoi forse comprendere come la tua nutrizione
si trasforma nella tua propria sostanza, la tua, non

126
quella di qualche animale? E come, da una materia
chimicamente trasformata nei tuoi organi digestivi,
essa si trasforma finalmente in sostanza vivente per­
sonificata, cioè animata dall'energia di cui il tuo
corpo è esso stesso dotato?
Non mi rispondere da chimico, poiché la scienza,
qui, è obbligata a restare in silenzio e non può,
in ultima analisi, che constatare questa trasmutazione
la cui la fase ultima le sfugge. Essa non può spiegare
di più come l'infima quantità di materia nutritiva,
non eliminata dal corpo, possa bastare al suo mante­
nimento . . .
Ciò è ancora più stupefacente nel bambino dove
questa sproporzione è così grande da rendere eviden­
te l'impossibilità della sua crescita senza l'apporto
di una sostanza esteriore non materiale, che permetta
la moltiplicazione delle cellule e dei globuli sanguigni.
QUESTA CRESCITA È VERAMENTE UN MISTERO, DI CUI
IL BIOLOGO NON PUÒ DARE UNA SPIEGAZIONE SUFFI­
CIENTE.
Che cos'è questo mistero?
* * *

Si potrebbe dire che un mistero è la manifestazione


di una Legge causale, impenetrabile dalle facoltà
cerebrali o sensoriali. Questa definizione non dà
il senso sacro del mistero.

127
Per comprendere che vi sono dei misteri nel senso
sacro della parola, bisogna anzitutto rendersi conto
che noi viviamo nel mondo delle apparenze e che in
questo mondo come nello specchio, l'immagine
è l'inverso della Realtà.
l1immagine è il mondo delle forme, nel quale noi
evolviamo con il nostro corpo, i nostri sensi e i nostri
pensieri; la Realtà è il mondo del movimento dello
Spirito, nel quale noi viviamo, ma senza saperlo.
l1insegnamento della pittura in Cina, comincia con
questo assioma:
"La rivoluzione dello Spirito genera il movimento
della V ita. Se non sei nato con questo principio
impresso dentro di te, inutile sperare di apprender­
lo". È crudele? Non più di San Paolo che affermava
che "Cristo è stato offerto per togliere i peccati dei
più" (Ebrei, 9, 28).
Non più crudele del Vangelo: "Poiché il Figlio del­
l'uomo è venuto a dare la sua vita per il riscatto dei
più" (Marco, 10,45) e altrove: "Questo è il mio san­
gue, il sangue della nuova alleanza, che è sparso fra
i più" (Marco, 14, 24). "lo prego per loro - dice
il Cristo- non prego per il mondo" (Giovanni, 17,9).
E ancora: "Vi è stato dato di conoscere il mistero
del Regno di Dio; ma per coloro che sono al di fuori,
tutto viene detto in parabole, in modo che vedendo
non vedano e intendendo essi non comprendano -
per timore che si convertano e che i loro peccati

128
siano loro perdonati" (Marco, 4,1 1- 12).
Per tradurre in linguaggio più chiaro e più moder­
no, diciamo: se il mistero non è percepibile che ai
"chiamati", cioè agli individui che hanno recato con
sé, alla loro nascita, la facoltà di percepire
"la Rivoluzione dello Spirito che genera il movimen­
to della Vita", come volete farlo capire alla folla, a
gente troppo intelligente che rifiuta ogni percezione
oltre quella fisica e mentale?
Bisogna concludere che la percezione del mondo
delle Cause è preclusa per sempre all'Umanità?
Sì, con i mezzi umani. Tutti i veri Iniziati però, sono
venuti sulla Terra per indicarne il mezzo sovrumano.
Ora, che questo "Mondo delle Cause" sia stato reso
con "Tao" o con "Regno dei Cieli", il metodo essen­
ziale indicato per accedervi è lo stesso: semplicità
di cuore e di pensiero.

129
10. Il discernimento del discernimento

IO INTENDO PER DISCERNIMENTO LA DIFFERENZA


CERTA FRA LA REALTÀ PERCEPITA E LA POSSIBILITÀ
D'ILLUSIONE IN QUESTA PERCEZIONE.
Non confondo discernimento e fede, perché la fede
può essere una creazione personale (mentale o emoti­
va) mentre il discernimento è una certezza conosciuta
con la coscienza superiore dell'essere, relativa alla
realtà o alla verità considerate.
Ogni certezza è il risultato di un'esperienza: la cer­
tezza è relativa se è il frutto di un'esperienza sensoria­
le o emotiva o mentale; è indubitabile se è frutto
di un'esperienza spirituale reale di identificazione.
lJidentificazione è l'unione di una parte di un essere
con l'oggetto della contemplazione, sia che questo
oggetto sia situato o no nel dominio della percezione
sensoriale.
La vera identificazione è una comunione di ciò che
si percepisce con ciò che è percepito, comunione che
esclude ogni intrusione di nozioni estranee alla realtà
dell'oggetto percepito: essa esige dunque l'elimina­
zione di tutte le nozioni o impressioni della persona­
lità "percipiente", che potrebbero alterare l'integrità
della percezione, cioè necessita della neutralità totale
ottenuta momentaneamente sia grazie alla maestria,
sia per caso.
lJidentificazione si può realizzare grazie al controllo

130
perfetto delle facoltà mentali, controllo che ne padro­
neggia l'instabilità e le riduce al ruolo assolutamente
neutro di osservatore: l'identificazione cosciente otte­
nuta in queste condizioni è una conoscenza vera.
Essa può anche realizzarsi accidentalmente per
assenza momentanea di ogni nozione, ma senza con­
trollo cosciente che coordini la percezione spirituale:
si tratta allora di identificazione incosciente.
A questo ordine appartiene la maggior parte delle
percezioni intuitive che, mancando il discernimento,
non possono avere valore di certezza: esse restano
"probabilità", la cui valutazione può diventare sem­
pre più esatta con l'esercizio di un controllo rigorosa­
mente privo di pregiudizi personali.
IL DISCERNIMENTO DEL DISCERNIMENTO È LA POSSI­
BILITÀ DI DISTINGUERE SENZA SBAGLIARE LA QUALITÀ
DELL'IDENTIFICAZIONE: CERTEZZA O PROBABILITÀ.
Il Tempo non misura il valore di un lampo
di d iscernimento; questa luce è un momento
di Saggezza (Conoscenza veritiera).
Un Saggio può, più o meno frequentemente, avere
questi momenti di "discernimento": essi non sono
mai continui, poiché questo Saggio è obbligato
a subire le contingenze e la relatività dell'esistenza
terrestre.
Il discernimento del vero discernimento suppone,
nell'uomo che vuole esercitarsi, la conoscenza speri­
mentale dei suoi diversi stati di coscienza e della qua-

131
lità della loro testimonianza. Allora solamente
il nostro discernimento avrà un valore reale e ci per­
metterà di cercare in noi stessi la risposta.

132
1 1. L'ambiente

Nella genesi di ogni cosa, la formazione dell' "am­


biente" è la prima necessità. La formazione dell'am­
biente è suscitata dall'influsso spirituale.
Se non hai in te la "volontà di Luce", sei come una
calamita che ha perduto la sua virtù attrattiva, come
un uccello senza ali, senza mezzo di propulsione pro­
pria, che non può che subire le leggi dell'ambiente.
Se vuoi la tua liberazione, devi diventare il tuo stes­
so "ambiente", gestando la tua Luce, formando il tuo
ciclo tu stesso.
Ma abbi cura che questo ciclo sia veramente
in armonia con il tuo destino iniziale: se vuoi genera­
re la divina "Luce-Saggezza", non darle per utero
il centro malato delle tue deformazioni personali!
E bada alle potenze che attiri con i tuoi desideri o la
tua preghiera. . . Quanto rari sono gli uomini capaci
di attirare la Potenza divina semplicemente, senza
formula e senza nome, "in Spirito e in Verità"!
Coloro che attirano lo Spirito, in quanto veri "pove­
ri di Spirito", lo desiderano "in verità", praticano il
solo DESIDERIO che merita questo nome: il DESIDE­
RIO che non aspira che a Quello. V ivono di Quello,
unificandosi a Quello, come il fiore beve la vita della
Luce, perché questo DESIDERIO è la loro necessità
vitale e questa necessità è quella del loro stesso
germe divino che chiede il proprio nutrimento.

133
Per costoro, il Regno divino è in essi, perché essi
sono in lui; infatti chi non è separato è uno e questo
DESIDERIO è non separazione.
Ma ciò che impedisce questo DESIDERIO è tutto
quello che gli uomini chiamano desiderio. Il deside­
rio dei "Terrestri" si attacca a tutto ciò che non
è Quello, perché Quello - lo Spirito - rappresenta
per loro il vuoto: e gli uomini hanno paura del vuoto!
Allora, per non provarlo, essi prestano ascolto a tutti
i loro desideri, i quali non sono il DESIDERIO, ma
delle avidità (e l'avidità è mentale), o delle affinità
per bisogno di complemento. Così continua il gioco
della Natura: è il regno della Terra.
Numerosi sono gli umani che, per proiezione della
loro immaginazione, creano degli dei "a loro immagi­
ne e somiglianza"! Quelli che vogliono adorare sono
delle potenze, capaci di accordare loro tutti i beni che
desiderano in questo mondo o nell"' altro mondo",
meritando per risposta la parola eristica: "Voi non
sapete ciò che domandate" (Marco, 10,38).
Quello che vogliono è un "idolo" che protegge
e che favorisce, oppure è l'immagine di un essere
divino che si possa amare possessivamente. Gli uomi­
ni fabbricano i loro paradisi, come i loro dei, confor­
memente ai loro desideri e per loro infelicità, trove­
ranno spesso quello che hanno immaginato! Ma ciò
che si può immaginare non appartiene più al "regno"
dell'inesprimibile Divino!

134
Il desiderio efficace è quello che anima le cellule
di un essere fino a renderlo atto ad afferrare, ad ag­
guantare l'oggetto della sua affinità. Un tale desiderio
è una potenza magica di cui l'uomo, come apprendi­
sta-mago, si serve imprudentemente! Infatti il "dio",
la potenza, che gli risponde, è di natura identica a
quella del suo desiderio: potenze monetarie per l'af­
famato di soldi, potenze convenzionali per l'ambizio­
so sociale, potenze cerebrali per l'intellettuale
e questa identità trattiene il mendicante sotto
la dominazione di questa affinità. Questo sarà il suo
inferno, o il suo purgatorio, che lo incatena già
durante questa esistenza!
Quanto ai cosiddetti "desideri" spirituali, non biso­
gna confondere la potenza DESIDERIO con i desideri
animici di spiritualità, le aspirazioni sentimentali
verso un Dio dal quale ci si attende reciprocità,
le "buone intenzioni" e tutte le illusioni che addor­
mentano le anime devote in una beatitudine effime­
ra. A che serve illudermi? Non posso ingannare che
il mio essere mortale. Il Reale appare quando si eli­
mina l'illusorio; ma l'esperienza necessaria è cono­
scere il Reale che risiede nel mondo illusorio.
Devo perciò sgombrare il mio terreno, eliminare
gli elementi che non sono il mio vero Io, per creare
in me l'ambiente capace di attirare lo Spirito. Solo
l'Io immortale è capace di eliminare i desideri perso­
nali a profitto del DESIDERIO, il solo DESIDERIO dell'e-

135
terno. Allora il "Testimone-Io" si sottometterà senza
reticenze alla supremazia del "Testimone spirituale".
* * *

IJambiente è ciò in cui si riuniscono e si assembla­


no gli estremi complementari. Il mezzo è ciò che
li riunisce.
Il mezzo, o possibilità di riunirli, è la scienza della
formazione di un ambiente armonioso.
* * *

Ogni "ambiente" puro e maturo per la gestazione


di un germe, ospiterà facilmente la semenza della
propria natura. La purezza non consiste in un'assenza
di sporcizia, fisica o morale, secondo l'idea errata che
il giudizio del mondo appiccica a questa parola: la
purezza di una cosa risiede nella sua omogeneità,
conforme al proprio tipo specifico.
Un uomo è perfettamente puro nell'istante in cui si
è totalmente identificato con il carattere cosmico
della sua Entità; uno scorpione può essere perfetta­
mente puro e lo è quanto più realizza perfettamente
la sua natura. Ogni compromesso che indebolisce il
ritmo essenziale di un essere, crea in lui uno stato ete­
rogeneo, dunque impuro;
" . . . poiché, dice Ippocrate, l'omogeneo si unisce

136
all'omogeneo, ma l'eterogeneo lotta, combatte e si
separa . . . "
Ogni mescolanza di sangue, di tendenze divergenti,
crea un terreno di scontri e di lotta: ugualmente
il forzare un "ambiente" con qualità estranee al suo
tipo o secondo un ideale arbitrario, sarebbe una sor­
gente di lotte superflue e non si potrebbe formare che
un prodotto mostruoso.
È importante quindi che l' "ambiente" sia in armo­
nia con la propria semenza affinché il frutto sia stabi­
le e sano.
La prima condizione per formare in se stesso un
tale "ambiente", è dunque conoscere tutte le tenden­
ze profonde del proprio essere reale: la seconda con­
dizione è il risveglio e la rieducazione dei sensi inte­
riori; la terza condizione è la coltivazione e l'intensifi­
cazione della volontà di Luce.

11.1 Alla ricerca delle tendenze


Se nel bagliore rivelatore di un'ora cataclismatica,
incontrassi il tuo "Doppio" sul tuo cammino, svestito
degli orpelli mondani, sprovvisto dello scudo di giu­
stificazioni con cui un'ipocrisia convenzionale copre
i tuoi impulsi segreti, ma in tutta la sua nudità mora­
le, con le sue invidie, le sue tendenze, le sue astuzie
feroci e le sue vigliaccherie, sei certo che sapresti
riconoscerlo?
Quanti saggi, sulla terra, saprebbero e oserebbero

137
dare freddamente il loro vero nome agli impulsi
segreti delle loro azioni?
Sarebbe, questa, la più bella vittoria che un uomo
potrebbe riportare su se stesso e la sua prima prova
di padronanza: la chiaroveggenza di tutte le tendenze
che governano il proprio essere intimo. Se ci tieni
a mantenere la simpatia da parte di "tutto il mondo"
e a beneficiare della giustificazione della gente nor­
male, non entrare nel labirinto di questa ricerca
coraggiosa! Resta nell'ombra complice, dove ogni
verità che minacca di mostrare il suo viso è subito
velata da una mediocrità rassicurante e classificata
sotto il nome di un sistema conosciuto per scoraggia­
re il ricercatore: perché potrebbe succedere che
la scoperta del tuo mondo segreto venga a turbare
la tua quiete, così come il valore delle opinioni, dei
pregiudizi e delle nozioni che governano la tua vita
normale!
Ma se il tuo scopo è la conquista della Maestria
e della Conoscenza, allora proietta su una delle tue
giornate la luce fredda di un giudizio impersonale;
osserva le sfumature di tutti i tuoi impulsi e scava
senza indulgenza e senza scuse, fino a metterne
a nudo le radici e scoprirne l'origine. . .
Avrai l a sorpresa d i riconoscere qualche volta
i segni dei tuoi antenati e certe note familiari che
sono l'eredità atavica.
Altri impulsi, ai quali tu avrai dato un valore mora-

138
le senza verificare le loro credenziali, si riveleranno
come dei riflessi abitudinari, cerebrali o affettivi,
impressi in te dall'educazione o dalla suggestione
quotidiana del tuo ambiente esteriore, sociale o reli­
gioso.
Questi due primi ordini d'impulsi sono degli ele­
menti estranei che impediscono la purezza del tuo
T ipo assoluto.
Un terzo ordine ti appartiene in proprio, osservalo
senza giudicarlo: sono le spinte passionali, stimmate
della tua natura profonda, che possono rivelarti, per
analogia con l'espressione di queste stesse forze nella
Natura (negli astri, animali, piante o metalli), i carat­
teri dell'Entità che è la tua e aiutarti a identificarti
in essa.
Cominciamo insieme questa introspezione.

* * *

Le tendenze ataviche costituiscono la segnatura


di una famiglia o di una razza: esse sono il tratto
e il ritmo impressi per contagio e per una sorta
di mimetismo a tutte le cellule del corpo, a tutti i glo­
buli del sangue; e il sangue, veicolo di questa anima
animale, trasfonde con esso, di generazione in gene­
razione, le sue stimmate e le sue tendenze superficia­
li, fino alla loro cancellazione grazie a nuove impron-

139
te. Questa impressione è tanto più profonda, quanto
famiglie o popolazioni vissero più strettamente chiuse
nel loro cerchio.
Secondo il succedersi degli avvenimenti esteriori,
esse possono smussarsi o deformarsi; ma occorre un
tempo lungo o delle violente scosse per cancellare
il tratto impresso nelle generazioni successive. È per
questo che si osserva negli emigrati, trapiantati
da popoli radicalmente differenti per razza e tradizio­
ne, una più grande flessibilità di abitudini, un giudi­
zio meno rigido, un'attitudine più larga all'ammissio­
ne di idee nuove.
Colui che si intenerisce riconoscendo, davanti lo
specchio. il gesto familiare di suo padre o il sorriso
di suo nonno, colui che sorride con indulgenza alla
sua violenza ereditaria, dovrebbe piuttosto sforzarsi
di rompere questi anelli della sua servitù e indirizzare
l'interesse allo scopo glorioso del suo viaggio.
Famiglia, patria e gruppo religioso, sono dei rifugi
indispensabili alla massa dei Terrestri.
Ma a coloro che desiderano, attraverso lo stretto
sentiero, pervenire alla sommità della loro Umanità,
il Vangelo ha mostrato il modo assoluto: "Colui che
non odia la sua donna, i suoi bambini, suo padre. . . ,
non può essere mio discepolo"! (Luca, 14, 26).
Il Vangelo dell'Amore non intendeva, con la parola
odio, la rabbia che infetta la nostra società, ma questa
·esclusività che dà alla conquista del Reale, la predo-

140
minanza sugli altri doveri di relazioni sociali. Qui,
ancora, la scelta formale si impone: se resti attaccato
alla catena del Ricordo, se in te domina
l'istinto della continuazione sulla Terra, accetta docil­
mente i doveri del "tuo Mondo": segui fino all'ecces­
so le sue tradizioni e i suoi costumi; metti nella loro
osservanza un'intensità così cosciente da accelerare
l'istante in cui, per contro, il tuo "senso di eternità"
si sveglierà e ti chiamerà al dovere più sacro della
ricerca individuale!
Ma se, già da oggi, questo bisogno del Reale predo­
mina, allora segui il precetto della liberazione: lascia
cadere tutto ciò che il passato ha scritto nelle tue
fibre: cerca il tuo nome; distaccati dall'anima del tuo
gruppo. Sappi che potrai più efficacemente servire
i tuoi compagni di viaggio quando sarai tu stesso
divenuto un sole radiante la propria luce, piuttosto
che trainare con loro la stessa catena di servitù.

* * *

Lo stesso vale per le tendenze scritte nelle tue cellu­


le dall'educazione che ti fu imposta. Dalla tua nascita,
tutti i tuoi riflessi cerebrali, il modo di giudicare,
le tue espressioni affettive, furono modellate e scolpi­
te da volontà estranee, le quali impediscono lo svi­
luppo della tua coscienza personale. Liberati subito

141
di questo peso morto e togli le barriere delle difese
e dei pregiudizi che impediscono le tue investigazio­
ni. Che ne sai tu del Male e del Bene?
Il loro valore relativo varia secondo i popoli
e i climi; e quanto al loro senso assoluto, non puoi
conoscerlo se non identificandoti con la sorgente
stessa di ogni cosa. Per identificarti con essa, devi
lasciar cadere tutti i giudizi preconcetti, le opinioni
di comodo, le convenzioni necessarie alle relazioni
sociali.
Numerosi sono i cosiddetti peccati che non merita­
no questo nome nella bilancia cosmica. Ma molte
azioni, supposte innocenti, aggravano pesantemente
il tuo Karma.
Senza dubbio, la negazione di un dovere accettato
è un debito personale con la parte lesa. Senza dub­
bio, sei responsabile di fronte all'ordine sociale delle
trasgressioni alle sue leggi. Senza dubbio, sei sotto­
messo ai doveri familiari, nella misura in cui sono
stati liberamente accettati (perciò gli obblighi paterni
o coniugali sono più imperiosi degli obblighi filiali
o fraterni).
Ma un dovere di interesse generale prevarrà sem­
pre sugli altri e il dovere di crescita spirituale è
il primo di tutti: poiché un'azione saggia di un uomo
completo può aiutare l'Umanità più che la vita intera
di un borghese virtuoso!
Ogni membro "consenziente" di un gruppo qualun-

142
que si sottomette, in questo modo, alle sue leggi parti­
colari ed alle sue sanzioni terrene; ma nessun gruppo,
fosse anche religioso, ha il diritto di impedire l'evolu­
zione di un essere, tormentando la sua Coscienza
o sostituendosi al tribunale del suo Destino con una
condanna cosiddetta "eterna" o con un perdono
ingannatore a causa della mancanza di un vero penti­
mento.
La conquista del Regno sovrumano ha le sue spietate
esigenze e non tollera né scuse, né concessioni sentimen­
tali rispetto ai valori relativi di ciò che costituisce
il "Mondo umano".
20
("Io non sono venuto per il Mondo", dice il Cristo. . . ) .
Il dovere può prendere strane forme quando obbe­
disce alla spinta sublime della ricerca della Luce: per
esempio l'obbligo, per certe dinastie cinesi,
di distruggere le opere della precedente, allo scopo
di ricostruire con uno "spirito nuovo", come certe
scuole d'arte rivoluzionaria. Le tendenze distruttive,
male espresse oggi da alcune teorie sociali derivate
da un'intuizione deviata, l'idea di "Rivoluzione per­
manente" ecc., sono altrettante testimonianze di que­
sto impulso della Coscienza umana che cerca la
distruzione dei valori passeggeri per trovare, median­
te lo choc e il vuoto, la Luce reale.
Senza dubbio, è dannoso affidare al popolo inco­
sciente gli elementi di distruzione che dovrebbero
2 0 Giovanni, 17, 9.

143
poter adoperare i Saggi. Ma l'uomo dell'èlite non tro­
verà il suo "regno" che mediante l'impietoso sabotag­
gio di tutto ciò che non è, nel suo individuo, un ele­
mento di vita indistruttibile e solo la Coscienza acqui­
sita con l'esperienza vissuta merita questo nome!
L'obbedienza cieca è l'appannaggio del gregge
e la mediocrità è il suo rifugio. L'audacia responsabile
è la virtù del conquistatore che vuole guadagnare
la chiave del suo regno.
Felice colui che, per trovare la sua "Immagine"
eterna, osa bruciare senza pietà i fantocci del suo pas­
sato. Felice è l'amante del V uoto, che non teme di
cadere nell'abisso dove la Fede creatrice non può
perdere che la sua ombra e il "Vivente" che il suo
fantasma! Tu che non vuoi morire con il tuo corpo,
seziona e getta al fuoco, fra le tue "nozioni" e le tue
abitudini, quelle che possono venir distrutte . . . l'indi­
struttibile si rivelerà da sé!
* * *

Le tendenze profonde, o tendenze passionali, sono


le forze tiranniche che sono legate al tuo destino,
come il bisogno di cantare lo è alla gola dell'usignolo.
Il bisogno è una forza elementare che proviene
dalla necessità, per ogni organo materiale, di rispon­
dere alla sua funzione. Lo stomaco vive per mangia­
re; esso suscita, per questo lavoro, dei succhi che

144
attaccano il nutrimento. Se l'alimento gli manca, gli
acidi secreti minacciano la sua stessa sostanza ed esso
lancia un grido di richiamo che è uno spasimo dolo­
roso. Questo spasimo si trasforma in una sensazione
di bisogno tirannico, che obbliga l'animale
a uccidere per saziarsi.
Dal batterio, la più primitiva forma dello stomaco,
fino al nostro animale umano, il gioco di questo
impulso si va perfezionando nella sua espressione,
ma sia che suggerisca al ragno la scienza della trap­
pola, sia che "contrassegni" la scaltrezza della volpe o
la violenza della belva, è sempre la stessa obbedienza
a una necessità elementare. Vi sono tanti bisogni
quante sono le funzioni vitali negli esseri organizzati:
ma questi bisogni si esprimono con ritmi differenti,
nei modi più grossolani o più raffinati, secondo
il grado di evoluzione della specie e dell'individuo.
L'orgoglio della conquista frenerà tuttavia per un
momento la voracità del leone, come colpirà la gioia
istintiva del gioco nel gatto. Se il raffinamento si svi­
luppa proporzionalmente alla coscienza, i modi
di espressione sfumano secondo le sette qualità nelle
quali si ritrova la firma dei sette caratteri planetari.
Questi sette modi sono essi stessi il risultato di una
combinazione delle quattro Qualità fondamentali:
il Caldo, il Secco, il Freddo e l'Umido.
Gli umori dei corpi animali (sangue, linfa, bile, atra­
bile) sono la materializzazione di queste "Qualità";

145
le proporzioni con cui si associano determinano
il temperamento fisico di ogni soggetto, cioè determi­
nano il manifestarsi dei suoi istinti e influenzano
le sue reazioni psichiche: il bilioso sarà collerico,
il linfatico più pigro, l'atrabilioso indolente e melan­
conico e il sanguigno più ardente.
Ma questi temperamenti non fanno che modificare,
quanto al loro colore e alla loro intensità, le passioni
che sono proprie ad ogni vita animale.
Diventa evidente che le tendenze passionali, essen­
do forze elementari della Natura, non possono essere
cancellate da un atto di volontà. L'ingegnere più abile
non può soffocare il flusso di una sorgente sotterra­
nea: può impedire il suo zampillare ostruendo
il luogo della sua uscita ma non farà che deviare
il suo corso: essa approfitterà delle prime fessure
favorevoli per riapparire alla superficie.
La passione è di ordine istintivo, ma la Coscienza
può sottometterla e farne uno strumento di combatti­
mento per la Luce.

146
12. La visita della caverna

Un uomo possedeva tutto quello che si può avere


sulla terra, la ricchezza, l'amore e la scienza umana;
malgrado tutto, l'inquietudine rodeva il suo cuore
insaziabile. Cercò l'appagamento in viaggi lontani
ma gli sembrava di girare in tondo su se stesso, come
se ogni tappa lo riportasse al suo doloroso punto di
partenza. Volle affrontare le cime pericolose ma si
accontentò del rischio e non seppe comprendere il
senso dell'evasione. Errando di cima in cima attra­
verso le solitudini nevose, si trovò stanco della vita...
Domandò: "dov'è lo Spirito?". Attraversò i mari e
vide esaurire le loro onde sulla riva. Niente gli rivelò
il loro misterioso flusso e riflusso. Il cielo stellato dei
"Magi" della Caldea lo immergeva in una follia di
calcoli senza speranza.
Le sabbie del deserto ravvivarono la sua febbre per­
ché, non avendone compreso la voce, non poté sop­
portare il loro silenzio. Si ritrovò un giorno nel paese
della sua nascita, inquieto come alla partenza. Una
notte di primavera, andò senza meta in un bosco di
vecchie querce; stanco di tutto, meditava ai piedi di
un tronco spezzato, quando si ricordò di una caverna
profonda dove viveva un eremita molto saggio.
Penetrò nella grotta, tutta grigia di fumo e trovò il
vecchio uomo che lo fece sedere vicino a un fuoco di
legna secca:

147
- Ho visitato - disse - tutti i luoghi del mondo e non
ho trovato la "risposta".
- Cosa cerchi?
- La Verità.
- Non sai leggere?
- Ho decifrato tutte le filosofie.
- Che hanno a che fare i libri con la Verità?
- Che cosa avrei potuto leggere?
- Sei cieco? - disse l'eremita - Se tu non sai leggere
la verità che la Natura ha "segnato" nel tuo corpo e
nella terra, nel cielo, puoi sperare di decifrare i
suoi segreti negli scritti degli uomini?
- È questa la Verità? disse l'uomo.
- È questa.
- Quale uomo la conosce?
- Colui che conosce la Natura e se stesso.
- Io mi conosco molto bene!
- Che ne sai tu di te stesso?
- Conosco i miei difetti, le mie virtù, i miei gusti,
i miei disgusti e volontà.
- Tutto ciò è te stesso? È prendere la folla per l'indi­
viduo!
- Cosa sono allora?
- Nessuno te lo può dire, se non è la tua coscienza.
Hai visitato invano l'esterno della terra, esplora
dunque ora l'interno del tuo mondo: esso ti riserva
delle sorprese.
- Non saprei come fare. V uoi essere la mia guida?

148
- Non posso che dissipare i veli - rispose il Saggio - se
tu lo vuoi veramente.
L'eremita venne a sedersi di fronte al "ricercatore"
e, dopo un silenzio, disse:
- Riflettiti...
E l'uomo, gli occhi fissi negli occhi dell'eremita,
vi contemplò la sua immagine.
- Io vedo "l'Altro"- disse al Saggio -. Egli scruta avi­
damente i tuoi pensieri... Compone un abile que­
stionario per sorprendere i tuoi segreti... No, quello
non sono io! Io, io non voglio ciò.
- Che ne sai tu? Ma che importa, guarda: cosa fa ora?
- Delle formule magiche! Egli chiama dei poteri,
vuole vincere gli uomini... Vuole forzare l'amore...
Vuole forgiare la sua volontà per vendicare un'in­
giuria ... È terribile, vuole...
- Lascia! Le sue volontà ti romperanno la testa.
- Fermale - disse l'uomo - divento folle.
- Non posso. Tu solo puoi rinunciare a questi "pote-
ri" maledetti. Lo vuoi?
- Io rinuncio.
Con un soffio, l'eremita cancellò la visione.
- Se posso cancellarla - disse - è perché non è tua.
Cerca te stesso, ora.
Posò le sue dita sulle tempie dell'uomo.
- Eccomi, i miei pensieri...
L'eremita sorrise:
- Ah, veramente!

149
Con gli occhi chiusi, l'Altro, per un momento,
rimase assorto.
- No, mi sbaglio: è una folla... Quali danze sfrenate
di idee confuse! Si concatenano... si susseguono,
affollate ... Le une si dissipano in fumo, altre
accorrono... una richiama altre... si incrociano, si
suddividono, si moltiplicano... Non posso distin­
guere: è una folla!
!Juomo si irritava; rimase preso nel gioco. Vedeva
se stesso affrontare questi turbinii e tentare inutilmen­
te di arginarne il corso.
In tutte le direzioni andavano e venivano delle
idee, delle credenze entravano in lotta... Dei dubbi lo
attanagliavano, delle opinioni di tutti i colori si lan­
ciavano all'assalto, volendo trionfare su di lui. Egli si
dibatteva e cercava di aprirsi un passaggio. Le respin­
geva, cercava di allontanarle per "guardare dietro"...
Ma altre si precipitavano.
- Basta! - gridò - non distinguo più niente.
!Jeremita fece un gesto e i movimenti rallentarono.
Allora, come in una scena in cui tutte le azioni si
decompongono, i dettagli si rivelarono; quello che
era passato inosservato prendeva corpo, la trama
complicata si chiariva e permetteva di scoprire
la concatenazione.
!Juomo era stupefatto. Tutti i concetti intelligenti
avevano uno strano andamento zoppicante... Quello
che era stato chiamato "logico" era rotto improvvisa-

150
mente da una nuova conseguenza. Percepiva i nodi
complicati di ciò che aveva creduto improvvisato.
Seguiva i suoi pensieri fino alla loro origine e si stu­
piva della loro diversità... Cosa? Queste ispirazioni
che egli aveva creduto sue venivano dall'esterno?
Vedeva composte, in uno stretto gruppo, un insie­
me di idee estranee che componevano "la sua
opera"... Un'idea "geniale" proveniva da un avversa­
rio! Altre, in lunghe catene intrecciate, si collegavano
alle tradizioni di famiglia... La maggior parte, sradica­
te al passaggio di mille altre correnti, frantumate,
incoerenti, si riunivano con sforzo a dei brani di let­
tura, a degli studi personali. Quale paternità gli resta­
va in tutto questo?
- Fino a quando durerà questa spaventosa girando-
la? - gridava.
- Fino alla morte del tuo cervello.
- In seguito cosa ne resterà?
- Delle forme fluttuanti, senza ordine né scopo, così
come le vedi.
- Queste forme cosa diventeranno?
- La proprietà di altri cervelli che esse sfioreranno a
loro insaputa.
- Ma io, cosa otterrò?
- Niente, poiché lo strumento non ci sarà più.
- Cosa potrei rimpiangere - sospirò - se poco mi
apparteneva di tutto ciò! Dov'è dunque l'Io?
- Cerca ancora.

151
IJ eremita toccò col dito il plesso dell'uomo e l'uo­
mo trasalì: attorno a lui, come una marea montante,
delle onde di emozioni presero il largo; speranze,
amori, rancori l'assalirono, come li aveva subiti in
giorni ancora vicini: egli fremette.
- Io li conosco - disse - perché farli rivivere?
Egli li riviveva avidamente, tentava, senza riuscirei,
di scegliere al volo delle immagini amate, riviveva
dei dolori che trovava ora eccessivi. Con un gesto
stanco volle cancellarle, ma le immagini si modifica­
rono : altre, più vecchie, rimpiazzavano le prime,
come un film che si svolgeva al rovescio, le ondate
dei ricordi miravano a risalire il corso del tempo e
l'uomo guardava senza comprendere.
Le avventure passionali in cui si dibatteva il "suo
riflesso" non gli causavano alcuna emozione, le osser­
vava senza alcun turbamento, giungendo al parossi­
smo della felicità o precipitando nella disperazione;
tutt'al più un sorriso indulgente salutava alcune esu­
beranze. Si stupiva delle onde di gioia che illumina­
vano certe scene, riviveva delle ondate di collera di
cui non comprendeva più il senso. Dove era, lui, l'Io
d'oggi, in questo romanzo del passato ? Quello che
potrebbe ancora rispondere in lui a questi echi,
avrebbe delle vibrazioni così differenti!
Di tutte queste onde in movimento, qualcuna alme­
no andava a comporre la SUA armonia? Come rico­
noscerla?

152
- Per saperlo - disse l'eremita rispondendo al suo
pensiero segreto - bisogna andare ancora più in
profondità.
Posò la sua mano sulla nuca dell'uomo.
Questi, per un istante restò muto, scosso da un bri­
vido violento; un fiotto di sangue gli salì al viso.
Di colpo si rivoltò:
- Cos'ho ancora a che fare con questi orrori? Non
ho respinto tutte queste ossessioni? Esse non mi
toccano!
- Se te ne sei liberato, perché ti turbano?
L'uomo vacillava, cercava vanamente di fuggire
l'evocazione; il respiro ansimante, i lombi in fiamme,
benché non volesse, poco a poco cedette all'invasio­
ne. Affluivano immagini brucianti ... tentazioni di per­
versioni machiavelliche giocavano con follie sensua­
li ... Una rabbia possessiva lottava con un sadismo
cupo, si confondeva con un vissuto erotico, rivelando
il sabba inconfessato dei suoi sogni.
L'eremita lasciò calmare la tempesta.
Allora, l'uomo affranto domandò:
- lo sono venuto a cercare la pace, perché hai risve­
gliato i miei demoni?
- Sei venuto a cercare la Verità: la pace ne è il frutto:
bisogna innanzi tutto rinvigorire le radici profonde.
- Le radici profonde si immergono in questa folla?
- I vizi sono il risultato di deviazioni di tendenze
naturali della tua Entità. Essi diventano delle oppo-

153
sizioni al destino del tuo essere.
- Bisogna dunque lasciare che queste opposizioni si
affermino?
- È indispensabile riconoscerle come tali al fine di
allargare la coscienza.
IJuomo ebbe un riso amaro:
- La Coscienza si trova nel letame ? ...
- Tu non credi che sia così! È quando gli elementi
contraddittori entrano in lotta che si sviluppa la
loro vera natura. La Qualità specifica che tu incarni
non si rivelerà che grazie allo choc del contrasto.
Così la natura Marziana, tutta violenza, sarà facil­
mente schiava di Venere. Il Venusino, portato verso
la bellezza, cercherà piuttosto di disonorarsi per
svegliare la coscienza di questa bellezza.
Il Solare, dominatore, può essere masochista.
E il Saturnino, amante della solitudine e del miste­
ro, cercherà spesso la sua contemplazione nell'esibi­
zionismo.
- Lo Spirito nell'uomo non può rinascere senza que-
sti turbamenti?
- La discesa agli inferi precede la resurrezione!
- Tu sai dove è l'inferno?
- Nelle viscere della terra del tuo corpo! Ma il suo
fuoco è anche quello che causa la resurrezione!
- Come può un medesimo principio produrre degli
effetti opposti?
- La tua anima, incarnata nella tua materia, ne ha

154
sposato le grossolanità; essa non può liberarsene
che per mezzo della sottilizzazione di ciò che,
attrattivamente, ha potuto legarsi a essa.
- Non è una risposta alla mia domanda.
- Perché tu non vedi il doppio movimento della Vita:
il bisogno di vedersi riflesso ha provocato la separa­
zione, il bisogno di riunificazione provoca l'attra­
zione. Ma la riunione non avverrà che quando ogni
complemento sarà "divenuto se stesso" perfetta­
mente. Come potrebbe avvenire senza riconoscere
tutte le proprie tendenze?
- Bisogna dunque immergersi in tutta questa sporci­
zia per rigenerarsi?
-IO NON HO DETTO QUESTO! NESSUN SAGGIO PUÒ
CONSIGLIARE A UN UOMO L'ESPERIENZA FISICA DI
TUTTE LE SUE TURPITUDINI! MA NIENTE ACCADRÀ
SE EGLI CHIUDE LA SUA PORTA ALLA LUCE PER TIMO­
RE DEI LADRI E DEL FUOCO.
- Il solo modo, comprendilo bene, è lasciar salire alla
superficie le tue impressioni, le tue invidie, le tue
spinte impulsive: osservarle senza menzogna, sape­
re giocare con loro per mezzo del paradosso al fine
di svegliare la coscienza della tendenza cosmica
che ne è il motore.
I.Juomo restò trasecolato.
- Non è giocare con il fuoco? ....
- Il fuoco che cova sotto la cenere è un pericolo
minore?

1 55
Non sei più forse il giocattolo di queste ossessioni?
- No, se non in sogno.
- I tuoi sogni sono lo specchio della tua verità.
Quando, con il sonno, evadi dalla tua prigione
cerebrale, i tuoi istinti si rivelano con i loro veri
impulsi e testimoniano che quello che tu credevi
estinto era solamente tenuto a freno.
Il ricercatore ebbe un gesto di collera:
- Ho visto, percorrendo il mondo, così poco Bene e
tanto Male, che ho condannato tutti i "peccati" che
diminuiscono la mia dignità.
L'eremita sorrise:
- Quello che giudichi ti giudicherà e sarai condanna­
to per quello che condanni.
- Non comprendo.
- È peccato, per se stessi, ciò che si giudica essere
"peccato". Così tu determini la tua stessa legge
senza saperlo, a tuo rischio e pericolo.
- Ma è il trionfo dell'amoralità. Sarebbe allora non
riconoscere mai il Male.
- Non è giusto : lo scopo è arrivare a conoscere
il Principio essenziale del Male e del Bene, per poi
comprenderne la relatività nell'esperienza di ogni
individuo.
- Qual è allora la Legge?
- Conosciti, esperimentati nei tuoi più profondi istin-
ti. Come il domatore prova la belva fino a che non
abbia esaurito tutte le sue astuzie, sappi fissare lo

156
sguardo sui tuoi più segreti riflessi, poi fa quello che
la tua nuova coscienza ti permette di fare.
- Non è una lotta troppo arrendevole e arbitraria?
- Più rigida di quanto tu possa immaginare: la visione
del pericolo è la migliore delle guide.
- E se cado durante il cammino?
- Non ti ho consigliato di farlo, ma di scoprire e ricono-
scere tutti i tuoi istinti.
Cosa puoi temere di più rispetto ad ora? ... La tua
anima attuale è una giungla di cui ignori ancora
molti aspetti. Bisogna illuminare tutti gli angoli in
ombra, snidare tutti i rettili e le belve, tutto questo
mondo eterogeneo che inglobi ancora sotto la pic­
cola parola "lo". Impara a chiamarli secondo i loro
appetiti, impara a svelare le astuzie di ognuno.
Alcuni ti sono estranei, altri fanno parte del tuo
"regno": quando saranno docili sotto i tuoi coman­
di, saprai che cos'è il tuo vero Io.
Allora ritornerai qui.
Quando il grano sarà maturo e la prima uva dora­
ta, se ti troverò "pronto", proverò ad allargare il
tuo orizzonte!

157
13. La questione sessuale

La vita sessuale è una questione che non si può elu­


dere se la si vuole mettere al servizio del sovrumano,
poiché la sola soddisfazione degli istinti ritarda la sua
evoluzione. Alcune dottrine nefaste vantano diversi
metodi per provocare il risveglio di facoltà superiori
e di poteri straordinari con l'eccitazione sessuale.
Tutti questi metodi sono da fuggire come un vero
pericolo. Non sono mai le facoltà superiori che esse
risvegliano ma delle forze malsane dalle quali è quasi
impossibile liberarsi. È uno dei più grandi pericoli
che l'uomo possa correre : egli diviene lo schiavo
di queste potenze e rischia lo squilibrio nervoso
e mentale.
D'altra parte, la repressione della vita sessuale è un
altro pericol o . È un' evidenza psic ologica che
un impulso passionale contrastato con forza sia soffo­
cato e non vinto. La vera vittoria è il disarmo dell'av­
versario grazie a un impulso di vita più potente.

* * *

Fino a che esistiamo nel nostro corpo terreno,


subiamo la legge della Natura che è dualità: e questa
dualità crea l'affinità fra i complementi separati.
Questa dualità che è la base e il male iniziale della
Natura, è anche la base della nostra esperienza terre-

158
na il cui scopo è di superare questa Natura cercando
il ritorno all'Unità.
Essa è la base dello sviluppo della nostra coscienza,
poiché ci dona la possibilità di scelta fra qualità oppo­
ste, fra ciò che è reale o relativo, buono o cattivo per
la nostra coscienza attuale.
Essendo la dualità la causa della sessualità, quindi
dell'affinità fra i complementi, è la causa del deside­
rio che gli uomini chiamano amore.
IJ errore è confondere amore, desiderio e bisogno.
Il bisogno è un appetito e concerne il corpo fisico.
I bisogni sono dunque animali e sono provocati da
funzioni fisiologiche condizionate da "momenti"
periodici della Natura.
Il desiderio suscitato dal bisogno o da un istinto
della specie è un impulso animale. Il desiderio, al di
fuori di ogni impulso animale, può esistere nell'uomo
come affinità di qualità o stati d'essere di ordine più
sottile; ma non essendo generalmente coscienti della
sua causa profonda, alteriamo la qualità di questo
desiderio confondendolo con delle brame, o dei biso­
gni, ai quali servirà da scusa. È così che l'idea dell'a­
more è stata prostituita. I.Jamore applicato al deside­
rio sessuale rappresenta l'Amore assoluto, amore
senza oggetto, frutto di una coscienza della solidarietà
che vi è fra ogni cosa. L'affinità sessuale selettiva
è una manifestazione in atto di questo amore cosmi­
co. I.Jerrore tragico risiede nella confusione fra le ori-

159
gini delle diverse emozioni amorose: fisiche, senti­
mentali o "ideali", oppure cosiddette spirituali,
le quali hanno generalmente un'origine sessuale,
cosciente o incosciente. Ma si dimentica, o si ignora,
il rapporto del sesso con il fegato e il cervello.
I tre elementi di questa grande triade, che è quella
della "personalità", reagiscono gli uni sugli altri a tal
punto che è spesso difficile riconoscere quale fra loro
è responsabile di un impulso passionale, sessuale
o cerebrale. L'eccitazione o la deficienza di uno di
loro ha delle ripercussioni sugli altri e produce dei
sentimenti che l'uomo, incosciente di questo gioco,
prende sul serio senza sospettare che essi sono degli
effetti fisiologici. Al di fuori di queste eccitazioni ses­
suali prodotte dalle "stagioni" della vita umana
e dalla Natura, ogni individuo è lo zimbello dei suoi
istinti particolari, che lo fanno reagire sessualmente
ad alcune azioni o circostanze che lo stimolano.
Queste caratteristiche istintive, incise nel fegato, tro­
vano la loro reazione nel sesso e nel cervello e questi
ultimi, che sono sempre parti collegate, si forniscono
reciprocamente delle giustificazioni per spiegare
e soddisfare il desiderio che ne risulta. L'uomo inco­
sciente si lascia sorprendere da questi impulsi di cui
diventa facilmente schiavo e disperde le sue forze
senza profitto per la sua coscienza. Ma colui il cui
scopo è di uscire dalla sua animalità cercherà sincera­
mente di scoprire i suoi istinti osservandone le mani-

1 60
festazioni. Senza dubbio perderà l'effetto eccitante
delle "sorprese" ma guadagnerà la possibilità di ser­
virsene con padronanza per accrescere il suo "fuoco
di vita", senza prostituire l'amore, a causa della sua
confusione: il soddisfacimento di un istinto.
L'energia sessuale è della stessa origine del fuoco
sottile animatore. Tocca all'uomo dirigerla saggia­
mente o disperderla sconsideratamente.
Colui il cui scopo è la soddisfazione, rifiuterà questa
padronanza, preferendo subire le sorprese e provare
il proprio piacere senza sforzo. Ma l'uomo che porta
in sé il senso, anch'esso incosciente dell'Amore
"vero", prova vergogna della propria animalità ses­
suale, perché la sua espressione non è il richiamo del
mantenimento della spe cie . In questo consiste
il senso morale che è la voce della coscienza, giudice
dell'essere umano. Egli si troverà dunque di fronte al
problema del fuoco: dovrà soffocarlo? O può servir­
sene per esaltare in sé una vita superiore?
Negare o soffocare l'eccitazione sessuale non è che
una vessazione imposta dalla volontà, vessazione
il cui risultato è troppo spesso un rifluire dell'energia
verso l'immaginazione cerebrale o sentimentale . . .
causa frequente di disordini psichici.
La ripetizione continua di questi tentativi conduce
all' atonia: cammino di morte e non di vita!
L'impotenza non è la padronanza.
La padronanza reale non si acquista, senza reazioni

161
negative, se non quando una gioia inferiore è colmata
da una gioia di ordine superiore.
Se l'assoggettamento ai piaceri sensuali è una ser­
vitù animale, il desiderio cosciente è, al contrario,
appannaggio dell'essere umano. È la chiave della vita
e della liberazione se è illuminato, cioè spogliato
da tutti i pretesti artificiali.
Il desiderio "chiave della vita" cerca l'accrescimen­
to del fuoco animatore. Esso può essere suscitato
o esaltato dall'eccitazione sessuale o dalla "volontà
di Luce".
Quanto all'eccitazione sessuale, essa falsifica il desi­
derio se si giustifica con dei motivi di estetica, con
la sentimentalità o con immaginazioni erotiche cere­
brali.Ogni forma di erotismo è essenzialmente basata
sulla ricerca di uno choc emotivo. Uno choc emotivo
ha come causa un fatto che altera repentinamente lo
stato normale dei nostri sentimenti. L'emotività
è scossa dalla rottura di una norma nei sentimenti,
nella morale, negli attaccamenti affettivi alla reputa­
zione o alla sicurezza.
Che il motivo dell'urto sia dolore, gioia o angoscia,
è la rottura dell'equilibrio che smuove l'inerzia abi­
tuale e che provoca lo choc emotivo. Questo choc
è ricercato per l'eccitazione che esso provoca; se que­
sta eccitazione ha per scopo una soddisfazione ses­
suale, il suo profitto sarà limitato a questo piacere
sensuale. Quanto all'essere cosciente che aspira a una

162
gioia superiore, egli cercherà questo choc per aumen­
tare in sé l'intensità del fuoco animatore.
Quale che sia lo scopo, il desiderio dello choc emo­
tivo suscita la ricerca di una rottura di equilibrio.
Ogni eccesso provoca questa rottura ma l'erotico
la pratica a profitto dell'ardore sessuale. Ogni perver­
sione erotica esprime un bisogno di compensazione
a una tirannia dell'Io: il masochismo è l'inverso del­
l'autodominio; la ricerca di svilimento è la "mortifica­
zione" dell'esteta sensuale.
Gli impulsi erotici possono svilire se la loro inten­
zione è la soddisfazione del piacere animale; con l'in­
tenzione inversa, essi possono, come gli altri choc
emotivi, accrescere la coscienza e la vita.
Sono lo scopo e il modo di applicazione che differi­
scono. L'uomo che mette a rischio la sua vita per una
causa impersonale può trovare nella paura del peri­
colo la gioia esaltante di sacrificare la propria sicurez­
za egoistica. Colui che può, a volontà, c e dere
coscientemente al proprio animale senza cercare dei
motivi che lo scusino o trovare, padroneggiandola,
l'esaltazione nel sacrificio, ha conquistato una chiave
di vita per mezzo della trasmutazione del fuoco.
Non lo si ripeterà mai troppo: è la gioia di superarsi
che trasmuterà il desiderio del piacere fuggevole in
desiderio di Gioia infinita.

1 63
14. L'inevitabile alternanza

Lo Spirito è la Sostanza- origine delle " c o s e "


e la cosa diviene l'opposizione allo Spirito: dunque
la cosa subisce e reagisce.
I1uomo, in quanto automa, è la "cosa"; non discerne
ciò che dà l'impulso e lo subisce passivamente come
una canna sbattuta dai venti: inconsciamente ne è lo
zimbello, se si ribella ne subisce i contraccolpi.
Come un pendolo, è mosso dalla legge di alternanza:
sforzo, impotenza;
speranza, disperazione.
La forza reattiva provocata dallo slancio rende più
dolorosa la caduta. Impara a vivere il pendolo :
ti rivelerà la Saggezza.
Il suo movimento di alternanza è inevitabile; cono­
scerlo è sopprimere l'inquietudine (dell'ignoranza) ;
misurarlo è padroneggiarlo: non opporvisi vuoi dire
acquistare la pace; saper impiegare il suo slancio,
vuoi dire accrescere la sua forza e la sua vita. Vi sono
quattro tempi nel suo movimento. Questo è, per l'uo­
mo saggio, il nome di ciascuno di loro:
Primo tempo: Volontà-di-potenza (di padronanza)
Secondo tempo: Squilibrio
Terzo tempo: Non-volere
Quarto tempo: Equilibrio sereno
La volontà di potenza dà lo slancio di salire. Pietoso
è l'uomo timoroso che non osa o non può servirsene!

164
La falsa umiltà tiene l'animo in servitù e nutre la sod­
disfazione morbosa della sua miseria: è la putrida
virtù del mediocre.
Lo scopo proposto da tutti i Saggi è il possesso del
"Regno interiore", è la chiave del Regno divino, cioè
che non è di questa terra. Ma l'uomo che la cerca ha
i piedi sulla terra e il suo corpo è il suo strumento.
La propria forma personale è il suo ostacolo; ma
la Volontà di Luce manifesta di tanto in tanto l'essere
segreto di cui è l'involucro. Il suo NOME reale, scono­
sciuto dal portatore, è il filo che realizza tutte le sue
esistenze; la sua Coscienza è il "Regno divino" dove
la Personalità umana diventa il servitore del suo esse­
re immortale.
Questa vittoria del sovrumano, che è lo scopo più
alto sulla terra, non si ottiene senza colpo ferire ;
la Personalità è a un tempo lo strumento di combatti­
mento e la vittima preposta: la sua resistenza è dun­
que inevitabile, il suo istinto di conservazione crea
l'opposizione dell'individualità. Ma l'esca di un pote­
re può sedurla.
Questo potere è reale: la padronanza sul corpo fisi­
co dà forza e salute; la padronanza sulle emozioni
domina le imprese esteriori e apre l'orecchio interio­
re; la padronanza sul mentale, formulando i pensieri
sottomessi o rifiutandoli a piacimento, permette e tra­
smette la visione intuitiva.
L'attrattiva di un tale potere può vincere l'inerzia!

1 65
È saggio servirsene per dare lo slancio nella salita.
È sufficiente che la Coscienza vegli perché la volontà
di Luce si sostituisca alla volontà di potenza; allora, ad
ogni nuovo slancio, la qualità della "potenza" sarà
meno personale, più altruista, venendo da una padro­
nanza sugli istinti accapparratori della natura egocen­
trica. Vessenziale è servirsene per dare lo slancio al pen­
dolo. E il successo segna l'istante critico: la nozione del
confine che delimita lo sforzo e provoca la caduta. Qui
interviene la saggezza: coscienza dell'instabilità del suc­
cesso ottenuto, accettazione del UMITE, sotto la condi­
zione di un nuovo slancio creatore ... a tempo debito:
ecco il segreto!
Vuomo della Terra non ama questo gioco: se accetta
lo sforzo vuole coglierne il frutto; la sua volontà forza
il risultato per evitare la caduta... e il pendolo cade!
Il terzo tempo di questo pendolo è la compensazio­
ne mistica dello sforzo orgoglio s o di potenz a :
è il non-volere, che è accettazione non d'impotenza
ma della lotta vitale d'alternanza. È l'accettazione
della caduta senza resistenza per la certezza della rea­
zione di risalita. Così si può allargare l'azione del
pendolo, dal suo punto d'inserzione personale fino
all'Universale!
Ecco l'istante decisivo, l'istante del giudizio in cui si
condanna il movimento di slancio per l'orgoglioso
che rifiuta la caduta, in cui si giustifica per colui che
l'ammette:

166
POICHÉ L'UMILTÀ DEL SAGGIO È DI COMPRENDERE
CHE POTENZA NON È CHE CONOSCENZA DELLE LEGGI.
E colui che l'accetta, trova al fondo della caduta
il frutto della sua coscienza, che è equilibrio sereno.
Questa è "pace acquisita" che dà il nuovo slancio
per una risalita grazie a questa legittima Volontà
di potenza.
L'ampiezza di questo pendolo non è definita che
dalla coscienza; ma essa tende sempre a esaurirsi se
non interviene un nuovo impulso, da cui la giustifica­
zione del mezzo impiegato nel primo movimento:
svegliare l'appetito di un istinto personale per suscita­
re il gioco che ne sarà la distruzione, rendendone
sensibile la ragione dell'alternanza.
La cessazione (assoluta) dell'alternanza risulterà dal­
l'universalizzazione della Coscienza. Questa è la via
che osa utilizzare le contraddizioni della natura indi­
viduale, contrariamente alla via che vuole sopprime­
re le proprie debolezze con la loro negazione e che
provoca l'inibizione.
Ma il frutto della Luce è giudice e giudizio.
* * *

Impariamo l'utilizzazione del movimento del pen­


dolo, nella sua manifestazione più costante che è l'al­
ternanza della doppia funzione: dilatazione, contra­
zione.

167
L'aria penetra in noi per mezzo di un doppio movi­
mento di re spirazione : come i nostri polmoni,
la Terra si gonfia, si ritrae e tutto quello che vive sulla
Terra conosce questa alternanza: aspirare ed espirare,
dilatazione e contrazione.
La dilatazione è l'istante felice di unione; la contra­
zione è la funzione satanica della materializzazione;
tutte e due sono necessarie, ma bisogna conoscere
i loro impulsi per utilizzarle saggiamente. La dilatazio­
ne è l'atto di unione, di assorbimento cosmico, senza
scelta né opposizione né separazione; è la tendenza
all'espansione, alla frattura dei limiti, alla fusione del
tutto nel Tutto . È la "non-volontà personal e " ,
è "l'apertura del Cuore" senza reticenze e il tentativo
di evasione dall'abisso, fuori dai confini della materia.
È lo slancio del pendolo: ma esso ricade inevitabil­
mente perché il suo punto di arrivo è sulla terra
e il suo movimento di caduta è l'espirazione e la con­
trazione. Salvo l'Unità assoluta, tutto è sottomesso
a questo moto del pendolo: è il movimento inesora­
bile del "Divenire" dell'Universo.
È per questo che la Saggezza non cerca la pace
in un "Bene" costante, senza caduta e senza impurità,
ma in un'abile utilizzazione dei movimenti di opposi­
zione.
La dilatazione è inevitabilmente seguita dalla con­
trazione; perciò ogni progresso, ogni slancio genero­
so, è subito seguito da una reazione. Se vuoi sapere

168
come sarà, rifletti pensando ai motivi personali
di opposizione che concorrono a caratterizzarla;
saranno gli argomenti critici, i dubbi, le rivolte o uno
scettico pessimismo.
Se sei incosciente subirai questa reazione e potrai
tristemente constatare che il progresso ottenuto nel
periodo dilatante è distrutto dal periodo contraente;
così gli uomini di "buona volontà", cieche vittime
di questo doloroso oscillamento, avanzano a passo
di tartaruga verso la loro evoluzione superiore.
Tu che vuoi la vittoria rapida, diventa cosciente del
ritmo contradditorio e sappi volgere a tuo beneficio
il suo movimento malefico, come il fabbro maestro
utilizza il rimbalzo del martello per alleggerire il suo
peso, l'incudine sotto il colpo, resiste e respinge :
il saggio artigiano sfrutta l'impulso repulsivo e se ne
serve per colpire di nuovo senza sforzo.
IL RIMBALZO SI AMPLIFICA CON LA RIPETIZIONE fino
a un numero di colpi determinati dalla resistenza del
metallo, che richiede anche il proprio p eriodo
di riposo.
Medita attentamente questa legge e sappi imparar­
ne la lezione.
Quanto alla contrazione, poiché essa è un male
necessario, come potrai servirtene ? Innanzi tutto
ricordati che ogni azione si amplifica se le imprime
un'attività sfruttando la reazione.
La contrazione è l'increspatura satanica che vuole

1 69
conservare ciò che detiene: è l'avarizia della materia
che tesoreggia in se stessa il proprio nutrimento.
È il timore a unirsi, è un rinserramento su se stessi,
il bisogno di riconoscere i propri limiti, per rinchiu­
dere il proprio Io in un guscio impenetrabile.
La contrazione condensa e concretizza. Quando
risenti della sua influenza, essa materializza il tuo
progresso: agisci, ascolta, scrivi quello che hai assimi­
lato durante il periodo esaltante. È esattamente l' op­
posto di ciò che fa l'Automa; l'uomo incosciente subi­
sce la crisi depressiva come una fase di impotenza e
lascia che l'amarezza o la malinconia brucino il suo
sangue invano. Per contro l'Automa esprime la fase
dilatante con l'azione, con l'esuberanza, la distrazio­
ne, la dispersione, in poco tempo disperde e spreca
la vita che riceve in quel momento.
Osserva coscientemente questo flusso e questo
riflusso e sappi approfittare del ritmo del pendolo per
accrescere la tua forza.
Nel periodo dilatante ricerca il Silenzio, prolunga le
tue meditazioni e riposati quanto più puoi per "ascol­
tare" e per covare il tuo Fuoco. Soprattutto non cede­
re alla tentazione di esteriorizzare la tua gioia
in chiacchiere e in azioni: vorrebbe dire dilapidare
il tuo tesoro. È interiormente che devi dilatare il tuo
ardore.
La calma e il silenzio, essi soli, daranno la loro
potenza ai movimenti di slancio , di espansione

1 70
e di dono, favorevoli alla rianimazione del tuo essere.
Riserva l'esteriorizzazione per il periodo oscuro,
di contrazione. In questo tempo duro e freddo, con­
solida le tue conquiste; concretizza quello che hai
capito e assimilato nella gioia, esprimi ciò che hai
sognato. Come il fabbro, sappi impiegare il movi­
mento reattivo per agire e dare la forma a ciò che hai
ricevuto.
Mobilita i tuoi umori astringenti per fissare le tue
nuove conoscenze.
E se, malgrado tutto, l'umore combattivo predomi­
na, applicalo a un lavoro assorbente, intellettuale
o manuale; non permettergli mai di rovinare il tuo
"progresso".

171
15. Attenzione e mediazione

Il potere temporale del Testimone-Io risulta dalla


sottomissione dell'Automa e della sua coscienza cere­
brale alle direttive dell'lo cosciente. Da questa allean­
za deriva un essere risvegliato, che dirige liberamente
il proprio organismo fisico, psichico e mental e .
L'acquisizione di questa chiave di padronanza neces­
sita uno sforzo continuo e disciplinato.
Le precedenti esposizioni della costituzione dell'es­
sere umano e la coordinazione delle funzioni organi­
che non sono che delle spiegazioni su ciò che bisogna
sapere per rimediare alle deficienze e ai disordini
funzionali. Ma sapere non è conoscere e la conoscen­
za di se stessi esige di risvegliare la coscienza di tutti
gli elementi che la compongono, cioè il fisico, lo psi­
chic o e il mental e . Que sti sono i tre aspetti
dell'io automa e la più grande difficoltà consiste nel
constatare quale sia il propulsore dei nostri diversi
impulsi.
Vi sono più inconvenienti che vantaggi nello sfor­
zarsi di dissociare gli stimoli di ogni impulso; questo
sforzo di dissociazione conduce a un'analisi mentale,
opposta allo scopo perseguito.
Questa presa di coscienza deve ottenersi con un'at­
tenzione senza tensione.
Attenzione non vuoi dire introspezione.
Vegliare non è dormire. Le preoccupazioni della

1 72
nostra esistenza quotidiana assorbono tutte le nostre
facoltà a spese della nostra vita interiore e il risveglio
della nostra coscienza è troppo spesso l'ultimo dei
nostri pensieri! Questa assenza di attenzione ci mette
in uno stato di sonno qualunque sia la nostra attività
intellettuale o professionale, perché questa non atten­
zione non ci permette alcun contatto con i due
Testimoni del nostro essere reale. Per permettere
al nostro Testimone-Io di farci conoscere i nostri stati
fisico, psichico e mentale, dobbiamo prestargli un'at­
tenzione costante, osservando il nostro Automa nel
suo comportamento.
Questa attenzione diventerà presto fastidiosa se non
è giustificata da un interesse stimolante. Perciò è
necessario praticare frequentemente un momento di
mediazione, vale a dire uno stato meditativo che ci
faccia uscire dalla nostra incosciente sonnolenza.
Sostituiamo qui con "mediazione" il termine "medita­
zione", per evitare l'errore provocato con quest'ulti­
mo termine se gli si dà il senso di riflessione mentale
o, al contrario, di meditazione spirituale.
Lo stato di cui parliamo qui stabilisce una mediazio­
ne fra l'Automa e il Testimone-lo, facendo appello
a questo Io cosciente per conoscere e reggere saggia­
mente l'armonia delle nostre funzioni organiche.
È una mediazione perché è uno stato mediatore fra
il pensiero e l'intuizione, uno stato di attenzione con­
centrata sulla parte dell'individuo del quale si vuole

1 73
risvegliare la coscienza.
Questa mediazione necessita di un tranquillo rilas­
samento fisico e mentale. Tuttavia il pensiero comin­
cia col giocarvi un ruolo per rammentarsi degli orga­
ni che occupano la regione considerata; se la media­
zione è ben condotta, il pensiero dovrà poco a poco
ritrarsi per lasciare che l'intuizione esprima la cono­
scenza vitale che ne nascerà.
Questa conoscenza non è che il risveglio della
coscienza innata ed esso si effettua con l'attenzione
concentrata su questa o quella regione.
* * *

Per aiutare la memoria, riassumiamo qui i punti


essenziali studiati nella "Persona umana" sui quali sarà
proficuo esercitare la "concentrazione meditativa".
Da una parte, i nostri quattro corpi fisici (corpo
osseo, corpo di carne, corpo di vasi e corpo di nervi)
dei quali è bene evocare frequentemente le immagini
per prendere coscienza del ruolo di ciascuno di essi
nell'armonia dell'insieme. Dall'altra parte raggruppa­
menti di organi che creano un gioco d'influenze reci­
proche fra gli organi che li compongono:
21
- l'albero del ricambio , ch�2 con l'aspirazione e il riget-
to "di arie e di acque" , mette in relazione la vita
21 vedere Appendice: "Studio sintetico degli organi".
22 Ippocrate.

1 74
organica e animica dell'uovo umano con quella
dell'uovo cosmico; 23
- le sette funzioni essenziali, ciascuna delle quali
regge un gruppo di quattro organi che si trovano, a
causa di questa identità funzionale, in relazione
simpatica;
24
- le quattro regioni , la cui orientazione dà agli orga-
ni che vi sono inclusi un carattere particolare.
Infine, bisogna fare attenzione al principio funzio­
nale che domina in ogni regione:
- nella regione alta: i polmoni, luogo di rianimazione
del sangue, sede della vita animica e dell'impulso
vitale incosciente delle cellule e dell'Automa;
- nella regione bassa: l'intestino tenue, principale
nutritore del corpo, che seleziona le sostanze ali­
mentari e le trasforma in nutrimenti assimilabili;
- nella regione sinistra: lo stomaco, che "apre il cam­
mino" alle funzioni di digestione il cui prodotto
finale nutrirà il sangue e che per questa ragione
è chiamato nell'Antico Egitto "la bocca del cuore";
- nella regione destra: il fegato, nel quale sono
inscritte le caratteristiche della persona; sede del­
l'impulso vitale personale ; organo reattivo del
Testimone-Io.
Ognuno di questi soggetti può servire da argomento
alla "mediazione" quotidiana, il cui risultato deve
23 Vedere nota 21
24 Vedere nota 21

1 75
essere l'acquisizione progressiva della padronanza
dell'Io cosciente sull'Automa.
La condizione del successo è la continuità.
Benché que sta concentrazione me ditativa
- o mediazione - abbia un oggetto fisico, non riguar­
da meno gli stati più sottili, poiché non vi sono pareti
divisorie fra la materia e l'energia. IJanalisi e lo sche­
ma non esistono che nel nostro cervello : il gioco
della vita si sviluppa sinteticamente e si rivela al
ricercatore se non separa le sue operazioni.
Questo modo di mediazione ha dunque un triplo
vantaggio : è un apprendimento progressivo per
il risveglio di stati più sottili, con un punto di appog­
gio fisico a evitare il pericolo di illusioni psichiche;
inoltre i bagliori di coscienza risvegliati da questa
pratica, producono il discernimento fra le intuizioni
reali e le immaginazioni fantasiose. Infine questa
mediazione, applicata alle funzioni organiche, fa del
ricercatore un essere cosciente che esce dall'anima­
lità.

* * *

Ma per l'acquisizione di questa padronanza, il prin­


cipale ostacolo è la resistenza della "Personalità",
resistenza che si esprime con la critica cerebrale
e l'aggressività biliosa, da cui la necessità di imparare
a interrompere il circuito bile-cervello.

176
La maggioranza dei disordini organici è causata dal­
l'emotività, l'ansia, la rabbia, generalmente causate
da pensieri o fatti che contrariano la volontà persona­
le o gli impulsi passionali. La contrazione del plesso
nervoso aggrava le reazioni, ma il punto di partenza
organico di questi disordini è pressoché sempre una
funzione biliare o cerebrale.
Sia che un'irritazione impulsiva suscitata dal fegato
(sede della "personalità") provochi un disordine bilia­
re, sia che un pensiero contrariante ne sia l'origine,
il risultato è identico: il circuito bile-cervello si stabili­
sce istantaneamente, la bile provocando l'irritazione
cerebrale e quest'ultima suscitando un movimento
biliare e creando una corrente, un va e vieni conti­
nuo che fa scattare a catena le sue nefaste reazioni:
bile-cervello-bile-stomaco-milza-bile, ecc., e se qual­
che goccia di bile si introduce nello stomaco, questo
sarà l'inizio di disordini dolorosi che avrebbero potu­
to essere evitati intervenendo all'origine.
La prima cosa da fare è di interrompere il contatto
fra la bile e il cervello sviando energicamente il pen­
siero dal soggetto irritante; non si tratta perciò di cer­
care degli argomenti convincenti, ma di interrompere
bruscamente il contatto obbligandosi, per esempio,
a osservare attentamente un oggetto qualunque .
Avendo così deviato i l pensiero, qualche istante
di mediazione arresterà il concatenamento delle rea­
zioni biliose.

177
Questo piccolo atto di padronanza ha un'importan­
za capitale, perché dà la vittoria all'Io cosciente
sull'Automa contro l'attacco più anarchico di costui.

178
16. Comportamento generale

Ciò che interessa discernere è la natura relativa


o reale dei diversi elementi della nostra persona
e della nostra vita. Questa è la conoscenza necessaria
per non morire completamente.
Ciò che bisogna fare è svegliarsi: cessare di essere
addormentati, cessare di subire gli impulsi e gli atti
abitudinari dell'Automa, i quali devono essere
costantemente controllati dall'Io cosciente. In altre
parole è il risveglio, poi la veglia continua del
Testimone-Io che liberano l'uomo dalla fatalità, dan­
dogli la libertà di dirigere le proprie azioni, atti
e pensieri conformemente allo scopo ispirato dal
Testimone spirituale.
È questo controllo che testimonia la "presenza dello
Spirito" senza la quale la nostra esperienza terrena
non raggiunge lo scopo.
La prima tappa di questa sottomissione dell'Automa
è la soppressione della tirannia delle abitudini e l'eco­
nomia della forza vitale.
Siate avari di questa preziosa energia e non consu­
matela se non per una buona ragione. Risparmiatela,
evitando le chiacchiere e le discussioni futili, il vaneg­
giamento delle preoccupazioni, i movimenti bruschi
e inutili.
Le azioni devono essere sorvegliate per spezzarne
l'automatismo; abbiate il coraggio di modificare tem-

1 79
poraneamente l'uno o l'altro dei vostri gesti abituali.
Sforzatevi di rendere le vostre membra indipenden­
ti facendo loro eseguire simultaneamente dei movi­
menti dissimili per ciascuna di esse.
Non permettete più ai molteplici aspetti dell'lo
di imporvi la loro volontà incoerente, né le loro opi­
nioni preconcette. Guardatevi agire e osate decidere
nel vostro Io cosciente il modo di essere e di pensare
che corrisponde al vostro attuale scopo.
Se il vostro scopo finale è il frutto di una questione
di principio, il vostro scopo attuale si modificherà
progressivamente secondo la luce data dall'allarga­
mento della vostra coscienza. È in ciò che consisterà
la vostra esperienza e perciò è indispensabile un'at­
tenzione continua poiché dovete essere avvertiti
senza tregua delle peripezie del Duello e dello stato
dei combattenti.
Sorvegliate le fasi della liberazione: rifiutate di esse­
re schiavo dei vostri gusti, disgusti e "impossibilità" :
ogni abitudine vinta è una catena spezzata. Tuttavia
guardatevi dal fare di questa attenzione una nuova
schiavitù! Non bisogna né analizzare né contrarre
la propria volontà in uno sforzo troppo teso per
paura di un fallimento.
Vegliare è osservare sinceramente i motivi reali del
nostro agire. È tenersi in contatto continuo con
il Cuore in quanto sede del Testimone spirituale, che
è la sorgente del discernimento.

1 80
Sappiamo che abbiamo tre sfere da sorvegliare :
mentale, psichica e fisica. I mezzi precedentemente
dati c o operano alla p adronanza dei p ensieri
e dell'emotività. Quanto alle nostre funzioni organi­
che, dobbiamo considerarle come delle forze animali
e trattarle nello stesso modo in cui un abile domatore
osserva ed educa le sue belve: senza negligenza, senza
debolezze per i loro capricci ma senza violenza.
Per addestrarle senza rischio di ribellione, il doma­
tore deve essere sicuro della superiorità umana sulla
forza animale: il minimo dubbio a questo riguardo
lo metterebbe in pericolo. Tuttavia deve sapere che
è grazie alla sua conoscenza innata (istintiva) delle
nature inferiori, che può avere un contatto con i suoi
animali e non per mezzo della sua volontà diretta dal
mentale; allora solamente potrà domare con saggez­
za, senza violenza.
È esattamente il programma della padronanza
umana sul proprio organismo animale, è la coscienza
dell'Io che deve reggere le sue funzioni organiche,
governarle, senza esserne schiavo; la preoccupazione
timorosa della "mia digestione", del "mio cuore fragi­
le", del "mio povero ventre", ecc. dà al mio io, come
prezzo della sua sollecitudine, una miserabile servitù.
Non lo si ripeterà mai abbastanza: le potenze
animali che sono i nostri organi fisici sono natural­
mente sottomessi all'uomo che sa e vuole comandar­
li. Essi sono in lui per servirlo e non per farne uno

181
schiavo! Ma l'inerzia dell'io egoista lo fa volentieri
abdicare da questo potere per la soddisfazione segre­
ta di compiangere i propri dolori o attirare l'interesse
sul suo "caso" personale. La maggior parte dei nostri
stati patologici è aggravata da questo vizio inconfes­
sato. Ed è così per i nostri drammi intimi e preoccu­
pazioni quotidiane; cerchiamo di avere il coraggio
di riconoscere che la commiserazione degli altri o di
se stessi, è il loro principale alimento ... nella maggio­
ranza dei casi, cosa resterebbe d'essenziale se li velas­
simo con un silenzio assoluto?
M a le astuzie dell'Io (quello c o s ciente come
l'Automa), per carpire l'interesse e giustificare il pro­
prio egoismo, hanno la flessuosità del serpente! La
forza centripeta dell'Io è incommensurabile: ESSO È
la forza centripeta e ogni Io umano la subisce e la
subirà fino al giorno in cui il proprio sole lo attirerà
nella sua luce È per questo che la "via del cuore" è
...

il solo cammino che conduce alla liberazione finale.


* * *

La seconda tappa è il risveglio della coscienza istin­


tiva che permette all'uomo di unificarsi con l'anima
cosmica. Colui che vuole pervenirvi non indugerà
più nel dettaglio (colore, sapore o forma) che soddisfa
piacevolmente il desiderio dei sensi, ma ascolterà in
sé l'eco delle forze animiche della Natura.

182
Il vino autunnale accusa una specie di febbre a pri­
mavera, quando la linfa sale nel suo ceppo originale
e "piange le lacrime della vigna": si dice allora che
SENTE SUA MADRE. Così l'uomo, anche a sua insaputa,
sente sua madre, la Natura istintiva, subendo gli
impulsi delle sue stagioni, dei suoi movimenti ciclici
e dei suoi accidenti fortuiti.
Può subirli istintivamente o coscientemente. Istin­
tivamente vuoi dire: obbedendo alla coscienza istinti­
va innata, senza lasciare intervenire la coscienza cere­
brale per soffocarla con le sue nozioni convenzionali
e le sue reticenze ataviche.
Così agendo l'uomo segue il corso naturale della
sua esperienza vitale che lo farà evolvere, forse lenta­
mente ma senza deviazione e lo condurrà allo scopo:
le sue reticenze mentali invece, ostacolano questa
esperienza e ritardano considerevolmente la sua evo­
luzione. Egli le subisce coscientemente, se sviluppa
contemporaneamente la sua doppia coscienza dell'Io
e del Sé. Per pervenirvi, bisogna avere cura ogni gior­
no, secondo la bella parola del rituale egiziano, di
"dare la casa al suo padrone": dopo aver risvegliato
la coscienza funzionale degli organi con una concen- 25
trazione meditativa senza tensione , biso�a pratica- 26
re intensamente la "mediazione del cuore" per dare
al Testimone spirituale la sovranità sull'Automa
25 Vedere capitolo XV. · ''Atten;:;ione e Mediazione"
26 Vedere capitolo VII: "La Via del Cuore':

183
e sull'Io cosciente. Questo mezzo è una via rapida
nella quale l'istinto diviene un p reludio della
Conoscenza intuitiva, dove l'azione attenta sostituisce
l'automatismo e dà all'essere umano le possibilità di
uno stato superiore.
Questo stato superiore è una disposizione serena in
cui la volontà personale non viene più ad opporsi
agli impulsi del Cuore, dove il "libero-arbitrio", del
quale si può inorgoglire l'Io diventato cosciente
è sostituito dal discernimento del Reale e del relativo
e dalla libertà di scelta determinata dal discernimen­
to. È la fine della lotta fra l'intellettualità e la perce­
zione intuitiva. È lo stato di silenzio attento, dove
l'uomo dic e : "Chi sono io ? " e riconosce il suo
Maestro.

* * *

Chi è il tuo Maestro? Il tuo Maestro non può essere


che colui che conosce il tuo Destino provvidenziale e
che può condurti senzà errore verso il suo compi­
mento. È dunque necessariamente il Testimone per­
manente del tuo Destino, cioè della tua Coscienza
immortale, il tuo Testimone spirituale arricchito dal­
l'esperienza del tuo Testimone-lo. È l'elemento
Cristico in te, solo mediatore possibile fra il tuo esse­
re umano e la Causa divina, che è inaccessibile alla
tua intelligenza.

1 84
Questo Testimone è il tuo Maestro, perché egli
è la tua verità (ciò che sei in Verità), la tua stessa via
e la tua vita indistruttibile; che significherebbe altri­
menti la parola di Paolo: " ... fino a che Cristo sia for­
mato in voi?".
(Paolo, Galati, 4, 19).

* * *

Tu che hai ascoltato l'appello del tuo Maestro, non


commettere l'errore di cercare la Luce nelle nuvole,
distogliendo lo sguardo dalle tenebre che la genera­
no ! Infatti le tenebre la generano per mezzo della
coscienza che fa loro conoscere la luce. Abbi timore,
piuttbsto, di soffocarla con delle false luci e con le tue
illusioni su te stesso. Esplora le tue tenebre per capire
con quali choc puoi farne scaturire la Luce. Se hai
paura di rimuovere il volgo dall'uomo che tu sei,
vi resterai impantanato ... Se temi di guardare in fac­
cia le tue illusioni e le tue abitudini, perderai il cam­
mino del tuo Maestro e dovrai subire i colpi del sen­
tiero da te scelto.
Se hai paura di sbriciolare i tuoi ostacoli, non rag­
giungerai mai il sovrumano.
Guardati tuttavia dal confondere questa spaccatura
con una rinuncia rassegnata la quale, anziché la vita,
produrrebbe l'inerzia e la morte.
Il desiderio soffocato dalla repressione, non essendo

185
che respinto, rischia di ritornare a ossessionare i tuoi
sogni, ma fa che la tua ricerca di una Gioia superiore
divenga così intensa da estinguerne il ricordo.
Non rassegnarti mai: è un'espressione d'impotenza.
Osa esasperare la tua sofferenza, per sublimarla in
ardore.
Fuggi ogni mediocrità, le piccole virtù anemiche, gli
sforzi flebili e i rimpianti sterili. Le "buone intenzio­
ni" non servono più durante i cataclismi: è per mezzo
di balzi che bisogna avanzare!
* * *

Non volendo né s chematizzare né delimitare


i diversi "stati" d'essere fortuitamente evocati dal
gioco della vita, cerchiamo di risvegliarne la coscien­
za con modi di espressione che variano secondo
lo stato che evochiamo. Sono sempre gli stessi sogget­
ti, guardati da un altro punto di vista, come se fossero
percepiti attraverso un ambiente differente dove si
prova invece di comprendere.
Per questo cambieremo ora il linguaggio: abbiamo
sacrificato abbastanza alla comprensione razionale;
è l'essere vivente che si deve indirizzare all'essere
vivente, senza preoccuparsi se quello è io o tu o un
altro: non si tratta sempre della Coscienza che risve­
glia un'altra Coscienza? Possa "tu" ascoltare te stesso
durante questa "sveglia" comune!

186
1.1attitudine interiore è la grande maga in questa via,
ma essa non compie dei miracoli se non è attuata
praticamente e non sognata idealmente.
Ci sono poche cose da fare ma parecchie da soppri­
mere. Non vi sono credenze da imporre, ma molte
da eliminare.
Si tratta di imparare a vedere in realtà, ad ascoltare
interiormente, ad agire coscientemente. Sette acquisi­
zioni sono necessarie per pervenirvi e sette ostacoli
sono da eliminare.

187
Terza parte

ACQUISIZIONI
E O STACOLI
17. Le sette acquisizioni

l. Il senso della presenza


2. La concentrazione
3. La serenità
4. Il gesto essenziale
5. Il silenzio
6. Il riconoscimento
7. Il senso del dono

19 1
17.1 Prima acquisizione: il senso della presenza
La prima acquisizione necessaria è il "senso della
Presenza". L'uomo, per la maggioranza dei nostri
contemporanei, non conosce il proprio corpo che dai
suoi bisogni e dalle sue malattie e limita la sua
coscienza alla prigione del suo cervello!
Il suo mentale, al lavoro senza sosta per le preoccu­
pazioni quotidiane, si arroga il diritto di presiedere
alla scelta di tutti i suoi atti, sia fisici, sia emotivi, sia
di natura spirituale senza preoccuparsi se i suoi voleri
sono arbitrari o legittimi.
La molteplicità dei suoi pensieri fa della sua testa
un centro vorticoso, che capta a proprio esclusivo
profitto la sua attenzione.
Il poco che concede al resto del suo corpo non
ha per oggetto che la sua salute, la sua vanità o la sua
sensualità: il suo essere superiore è relegato come
un intruso fuori dai suoi rapporti vitali e pregato
di non richiamare la sua Presenza che negli istanti
riservati (a volte!) a questo dovere occasionale.
Non avete mai considerato le conseguenze di que­
sta deviazione? L'attenzione portata su una parte del
corpo, fa di questa parte una calamita di energia;
l'attenzione mentale riconduce tutte le sensazioni
al solo punto terminale cerebrale e lascia il resto del
corpo privo della coscienza sensitiva, poiché la forza
mentale non può animare gli altri centri vitali, i quali
restano assopiti e incapaci d'attrarre a sé la loro parte

1 92
di energia sottile che è il fuoco vivente.
Tuttavia è questa energia l'agente di rianimazione:
è lei che può dare la pienezza di vita capace di supe­
rare la malattia e anche svegliare i nostri centri supe­
riori. E il più grande ostacolo alla sua penetrazione
è la nostra "officina dei pensieri" il cui meccanismo
infernale obnubila il senso della Presenza.
La Presenza è l'immanenza dell'Essere. Non si può
parlare, in questo senso, della Presenza se non per
colui che ha in sé un elemento non mortale, vale
a dire relativamente all'essere umano, quello che,
in lui, non può essere distrutto con la morte: dunque
la Coscienza.
Poiché questa Coscienza si presenta sotto due aspet­
ti, la Coscienza dell'Io (Testimone-Io) e la Coscienza
del Sé (Testimone spirituale), si può anche parlare
di due aspetti della Presenza. Avere il senso della
Presenza significa dunque essere cosciente dell'una
o dell'altra Coscienza, vuoi dire rendersi conto della
Presenza-Io o della Presenza spirituale. E se le due
si unificano sotto la direzione del Testimone spiritua­
le, si ha la Presenza reale del divino nell'umano, dun­
que l a realizzazione dell' e s s ere indistruttibile
(Cristico-Horusiano).
Tutto ciò che abbiamo studiato precedentemente
aveva per obiettivo la preparazione di questa unifica­
zione . Questi sforzi hanno un'utilità immediata:
il sostegno di questa Presenza che, fin dal principio

1 93
della sua realizzazione, sarà la migliore risposta alla
grande domanda: "A che pro? ... "
Impara ad ascoltare la sua voce, poiché essa può
risolvere i problemi della tua esistenza. È la tua sola
Realtà, ma tu la soffochi con ragionamenti e preoccu­
pazioni meschine.
È a questo risveglio del senso della Presenza che
si riferiscono le parole dei Saggi e del Vangelo, alla
necessità di vegliare, perché il "Maestro" al suo pas­
saggio non trovi la lampada spenta...
Impara a vegliare, tu che ti lasci illudere dall'agita­
zione della vita quotidiana e dall'attività della tua
intelligenza, le quali ti trattengono, malgrado le appa­
renze, in uno stato di sonno se non sono controllate
dalla tua Coscienza vigile. Ma l'attenzione richiesta
non dipende né dalla ragione né dalla volontà.
Si tratta di sentire la Vita come un'energia calda che
riempie il corpo intero, come se la vita lo penetrasse
nello stesso modo in cui l'acqua riempie una spugna.
Si tratta di sentire l'organismo, docile alla disciplina
.
imposta dall'Io cosciente.
Si tratta di ascoltare l'arbitrato del Cuore nei disor­
dini causati dagli impulsi personali.
Si tratta di tenere gli occhi fissi sulla bussola
per raddrizzare il timone, malgrado l'assalto degli
elementi.
Impara prima ad essere la coscienza delle tue mac­
chine. Poi, senti la fiducia dell'equipaggio nella pre-

1 94
senza del capitano. Poi, diventa la coscienza del capi­
tano, che sente in silenzio le minime reazioni della
nave e dell'equipaggio.
Infine, conosci la gioia dell'evasione: ormai sicuro
della tua direzione, guarda il tuo cammino perdersi
all'orizzonte, guarda l'orizzonte perdersi nel cielo
e diventa la coscienza dell'illimitato!

17.2 Seconda acquisizione: la concentrazione


Quale che sia l'intelligenza di un individuo, la sua
potenza di realizzazione sarà sempre proporzionale
alla sua potenza di concentrazione. Se i suoi sforzi
sono dispersi su obiettivi differenti, non produrrà mai
il suo capolavoro.
La realizzazione del sovrumano è il capolavoro dei
capolavori. Inutile intraprenderlo se non si dominano
tutte le altre preoccupazioni.
È il principio di questo insegnamento orientare
e raggruppare le tendenze per concentrarsi su questo
punto. Aiutatevi, ritornando costantemente su questi
soggetti essenziali e sappiate resistere alla forza
di inerzia che cercherà sempre la sua giustificazione
nelle distrazioni quotidiane e nella diversità dei pro­
getti. Il suo principale aiutante è la divagazione del
pensiero che smorza la vostra forza interiore; la sua
attività incessante si desume da tutti gli impulsi deri­
vati dalle vostre tendenze e dal vostro "bisogno
di cambiamento".

1 95
Non si può sperare in un profondo risultato se non
si è capaci di p adroneggiare questo carosello.
Bisogna poter distogliere i pensieri vagabondi e, nel
caso di un vaneggiamento incoercibile, è utile
costringersi a risalire il corso di ognuno di essi fino
alla loro origine. Questo sforzo di attenzione accresce
la potenza di concentrazione e fa sentire al mentale
l'autorità del suo maestro.
Ma questo procedimento meccanico non è che
un mezzo artificiale, il quale si serve ancora del pen­
siero per disciplinare il pensiero. Tutto ciò è meglio,
comunque, della concentrazione più o meno ipnotica
su un'immagine o un oggetto o dello sforzo intenso
della volontà.
Bisogna evitare di impiegare mezzi che concentra­
no la volontà. Questa facoltà è una forza naturale,
la cui proprietà è di imporsi fosse anche con la vio­
lenza. I.Juomo ha anche il potere, concentrando forte­
mente la propria volontà, di esteriorizzarla per agire
sugli altri. Questa azione è una violenza opposta alla
Via del Cuore.
La volontà è uno strumento della personalità.
Lo strumento del Cuore è la potenza di magnetizza­
zione che attrae e conserva le forze vitali dell'essere
umano nell'orbita e nel ritmo del proprio sole.
È la propria affinità con la sua entità spirituale, affi­
nità che potrebbe dargli il coraggio di dominare
le resistenze dell'Io.

196
La consonanza dei suoi impulsi con l'armonia fisica
e spirituale dell'essere è la Saggezza del Cuore.
In colui che accoglie le sue suggestioni, la reazione
è un desiderio di superamento: desiderio di cedere
all'attrazione di questa calamita, così temuta dall'lo,
desiderio di lasciarsi portare verso un più alto desti­
no, desiderio di trasformare in potenza reale questo
DESIDERIO, fino ad allora non formulato.
Affinché questa potenza si realizzi, bisogna pratica­
re la concentrazione su di essa.
Ogni altro richiamo, ogni volontà personale, sono
delle calamitazioni divergenti che diminuiscono la
sua attrazione.
Non bisogna dunque confondere concentrazione
e volontà.
La concentrazione auspicabile è la convergenza
di tutte le forze vitali sullo scopo ideale desiderato
per farne una potente calamita, così come i raggi
luminosi concentrati da una lente trasformano il suo
centro in una sorgente di fuoco.
Avendo ottenuto questa focalizzazione generale
della nostra vita, sapremo anche concentrare l'atten­
zione su ogni gesto e ogni azione senza far agire
la volontà.
La concentrazione è un'arma a doppio taglio: prati­
cata con lo sforzo della volontà, devia dalla Via del
Cuore; praticata mediante il DESIDERIO e per seguire
questa Via, essa conduce alla semplicità del cuore,

1 97
della vista e del pensiero.
Cerca la semplificazione del cammino!
Lo scopo è davanti a te: cammina verso esso, senza
voltare la testa. Se ti compiaci del passato, ti fissi
27
nella sterilità della "statua di sale".
Sfronda i dettagli superflui. Elimina i ricordi inutili.
Rifiuta il richiamo delle preoccupazioni e dei vani
rimpianti. Evita i discorsi oziosi per ritrovare il senso
della Parola.
Semplifica per potere concentrare.
Concentra per entrare nella Semplicità.

17.3 Terza acquisizione: la serenità


Il tempo è sereno quando il cielo non è velato
da nuvole e né venti né nebbie disturbano la traspa­
renza dell'aria.
Il cielo dell'uomo è la sfera sottile che lo avvolge
e lo penetra, nella quale i suoi astri compiono le loro
rivoluzioni.
È l'ambiente formato dalle emanazioni dei suoi
organi ed elementi costitutivi, i quali emettono, irra­
diano, scambiano i loro fluidi sottili e le loro diverse
influenze.
Il Cuore solare illumina la sfera umana.
L'armonia delle influenze crea la serenità del suo
cielo. La trasparenza alla Luce è l'effetto della non­
resistenza.
27 Cf Genesi, 79, 26.

1 98
* * *

Questa acquisizione necessita per prima cosa l'eli­


minazione di alcune debolezze dell'animale umano:
l'impazienza nervosa, la fretta istintiva e l'incostanza.
Que ste sono tre cause di deficienza, che hanno
la loro origine in una concezione erronea dei valori:
questa falsa comprensione scaturisce da una coscien­
za ibrida, animale-umana, indeterminata.
L'uomo non ancora illuminato dalla sua coscienza
spirituale, per quanto riguarda i valori reali o relativi,
lascia che il proprio mentale appaghi i desideri istinti­
vi del suo essere inferiore, le cui esigenze anarchiche
creano dei turbinii tumultuosi di fretta, impazienza
e capricci incoerenti.
Subendo questi impulsi, l'Automa umano assomi­
glia a certi tipi animali. Il cane freme d'impazienza
davanti all'osso desiderato. L'incostanza della scim­
mia è tipica della dispersione delle idee. L'agitazione
della mosca la fa cadere nella tela tesa dal ragno.
La fretta è la preoccupazione principale dell'ape
nello svolgere il proprio dovere sociale; è l'inquietu­
dine della formica, la quale ha sempre "qualche cosa
da fare", che si perde in giri superflui, conoscendo
la direzione dello scopo che persegue ma non
il modo di aggirare l'ostacolo. Al contrario, alcuni
animali ci danno una lezione di autocontrollo, come
per esempio il gatto, la cui saggezza è un modello,

1 99
riunendo la più grande passione alla più calma indif­
ferenza.
Nella sua immobilità medita il balzo, sempre esatto;
la forza dei suoi lombi è proporzionata alla distensio­
ne del suo rilassamento; ha nel sonno l'abbandono
del neonato, mentre il suo istinto è sempre vigile.
La sua agilità senza tensione rende la sua caduta
senza pericolo, costantemente pronto all'attacco,
senza ostilità e pronto a difendersi senza incertezze:
vincitore impassibile, non è mai vinto.

* * *

La serenità è il frutto dell'indipendenza.


Crea in te questa indipendenza, che non è indiffe­
renza ma neutralità di fronte alle impressioni ricevute
dall'esterno: bello o brutto, buono o cattivo, felice
o triste, piacevole o faticoso ... Altra cosa è discernere
le qualità, altra cosa è !asciarle intaccare dal nostro
umore. L'apprezzamento basato sui gusti personali
impedisce il discernimento del reale. Bisogna dunque
coltivare il discernimento dei valori reali e dei valori
relativi, con la neutralità che è il primo passo verso
la trasparenza.
La concentrazione sui valori essenziali apre la porta
a questo discernimento.
L'acquisizione del "senso della Presenza" chiude
la porta ai valori illusori. E questa depurazione pro-

200
gressiva è la chiave della trasparenza.
La trasparenza è la qualità di colui che si lascia
attraversare dalla luce e la cui limpida neutralità
lascia vedere, senza deformarla, l'immagine dell'og­
getto davanti al quale si interpone.
La stessa definizione è valida per lo stato che per­
mette d'essere permeabile alla Luce e trasparente per
la Presenza.
Questa trasparenza diventa illuminazione interiore
e irr aggiamento e steriore. E s s a non distrugge
gli assalti dell'lo egoista, ma indebolisce la loro
potenza. La pace su questa Terra non può essere la
soppressione di forze opposte, ma la loro conciliazio­
ne nell'interesse di uno scopo comune: la vita indi­
struttibile.
* * *

Tu che lotti con Te stesso per la tua indipendenza,


non puoi eliminare le tue resistenze, ma puoi evitare
le disposizioni che le favoriscono.
Elimina quello che può disturbare la serenità del
tuo cielo, non !asciarlo mai alterare: né dalla turbo­
lenza cerebrale, poiché essa è la portinaia del tuo
demonio, né dai dubbi pessimistici, poiché essi soffo­
cano il fuoco nascente, né dalla paura qualunque sia
il suo nome (timore, scrupolo o apprensione), poiché
essa inaridisce il cuore e spegne l'Amore.

20 1
17.4 Quarta acquisizione: il gesto essenziale
La quarta acquisizione è la coscienza del "Gesto
essenziale". Il senso della Presenza sarà ancora una
volta il maestro che ci aiuterà a realizzarla; deve dun­
que diventare la preoccupazione di ognuno dei nostri
atti. La sua assenza è descritta, nella vita quotidiana,
dall'espressione popolare "mancare di presenza
di spirito". Dovremmo riflettere più spesso sul senso
esatto delle parole!
Che valore avrà un atto compiuto in assenza di spi­
rito? La distrazione è diventata la scusa più facile per
i nostri gesti incoscienti, bisogna imparare a conside­
rarla come la perdita di un momento vitale. Il nostro
Io cosciente deve essere il testimone, costantemente
sveglio, di tutti i nostri atti e di tutti i nostri gesti, poi­
ché è la nostra memoria immortale della coscienza
acquisita con un gesto o un'esperienza, mentre
la nostra memoria mentale è infedele e distruttibile
come il cervello.
Un gesto o un atto eseguito senza il controllo
di questo Testimone è perduto per la nostra esperien­
za vitale.
Al contrario, la sua esecuzione cosciente arricchisce
la nostra conoscenza.
Non si può sperare di trovare la Conoscenza senza
prendere coscienza della materia; ora la conoscenza
della materia ha per base il Gesto essenziale.
Conoscere il Gesto essenziale di un lavoro, vuol

202
dire prendere coscienza del modo in cui una materia
può essere adoperata.
Conoscere il Gesto essenziale di un animale o di
un vegetale è conoscere i suoi "appetiti", la sua
segnatura astrale e le sue qualità particolari.
Conoscere il Gesto essenziale di una genesi è cono­
scere le leggi del divenire del Mondo. Il primo gradi­
no di questo apprendistato è la pratica del gesto più
diretto e più esatto per ottenere il risultato desiderato;
che si tratti di aprire una serratura, di forgiare un
metallo, di coltivare una pianta o di cucinare un ali­
mento, la ricerca del gesto appropriato presenterà lo
stesso interesse, poiché necessita una comprensione
profonda della cosa manipolata.
Non è la scienza teorica (chimica, geologia o mecca­
nica) che può svelare la Natura: è la materia stessa
che deve rivelare, con le sue affinità, le analogie delle
sue forme e le condizioni delle sue trasformazioni,
il suo ruolo nel sistema terrestre e i segreti del pro­
prio divenire. Ma nessun insegnamento cerebrale
darà questo risultato: bisogna stabilire il contatto con
ogni sostanza, fino a sentire in se stessi le fasi della
sua trasformazione, la sua resistenza, le sue debolez­
ze, ecc.
Così il Maestro fabbro conosce senza alcun segno
esteriore il "difetto " , cioè il punto e s atto dove
il metallo indebolirà; così l'artista smaltatore, senza
tirare fuori i suoi smalti dal fuoco, deve sentire il loro

203
stato di fusione, pena la perdita di tutto il suo lavoro.
La minima coscienza così acquisita supera tutto
il sapere intellettuale sullo stesso soggetto!
Quale che sia la tua professione, osserva - e ugual­
mente prova - i "Gesti essenziali" di molti artigiani,
al fine di sentire le reazioni differenti delle diverse
materie.
Acuisci la tua sensibilità cercando il modo sempre
più perfetto di trasformarle a tuo piacimento.
Non dispiacerti per le ore passate a fare questi lavo­
ri accessori: il tempo "perduto" per queste prove sarà
un guadagno inestimabile. Non cercarvi lo scopo
utilitario: abbandona questo senso borghese dei valo­
ri terrestri; cerca la gioia di affinare la tua sensibilità
e di aprire i tuoi sensi interiori a quello che le tue
facoltà cerebrali non possono penetrare.
Ti accorgerai presto che questo "cambiamento
di orientamento" ti apre già la prima porta della
Conoscenza.
La ricerca continua del Gesto essenziale fa sentire
il ritmo e la natura delle cose; il suo supremo gradino
è l'identificazione o comunione perfetta con la Cosa.
È, secondo Lao Tse, il possesso del Tao, cioè
la fusione di colui che conosce con quello che è cono­
sciuto. Valuta il grado del tuo progresso dalla bella
immagine Taoista: il nuotatore che facilmente attra­
versa il torrente è un buon nuotatore.
Colui che può rientrare nei gorghi e uscirne vincito-

204
re è un bravissimo nuotatore. Ma colui che sa immer­
gersi nel torrente, lasciarsi afferrare dal vortice
e rigettare da lui in tutta serenità, quello è il nuotato­
re perfetto, e pratica il Tao.

17.5 Quinta acquisizione: il silenzio


Il Silenzio è il primo frutto della padronanza dei
sensi e delle tre attività inferiori: fisica, psichica (emo­
tiva) e mentale. Esso è il pozzo della Saggezza che
nasconde tutti i tesori, e il "luogo" di tutta la cono­
scenza. La Natura ha orrore del vuoto: se l'illusione
svanisce, la Realtà prende il suo posto. Le percezioni
dei nostri cinque sensi esplorano il dominio delle
apparenze; esse sono le finestre aperte sul mondo
corruttibile: bisogna saperle chiudere a volontà per
percepire l'entrata del palazzo interiore.
Questo palazzo del Silenzio, tempio della Contem-pla­
zione, è stato il soggetto delle immagini entusiaste di
tutte le letterature iniziatiche; permette lo sviluppo suc­
cessivo degli stati o mondi superiori, dopo la padronanza
dei nostri mondi inferiori. Tutti gli insegnamenti mistici
concordano con questa verità:
Il vuoto troverà il suo pieno ... dice LaoTse.
Colui che ha poco riceverà molto ...
Rigetta la tua intelligenza... ripete Lao Tse.
Felici i poveri di spirito perché essi conosceranno Dio ...
Il regno divino è per i fanciulli e per coloro che loro
rassomigliano ... afferma Gesù.

205
È nel Silenzio, vuoto di tutte le apparenze, che
si manifesta la Realtà.
È là l'unico Tempio di cui tutti gli altri non sono che
delle immagini; è là che l'essenza di tutte le religioni
si identifica in questa verità.
Lo Spirito causale, divenendo cosciente di se stesso,
crea la forma o le apparenze attraverso le quali ritor­
na alla sua origine come Coscienza Universale.
* * *

La prima forma del Silenzio è l'immobilità:


- immobilità dei pensieri e non-volontà di azione;
- immobilità del corpo e non-volontà di emozioni:
quest'ultima forma di Silenzio eviterà il pericolo
delle illusioni psichiche nella concentrazione medi­
tativa.
Queste immagini psichiche, o visioni, costituiscono
una trappola temibile, dato che esse appaiono al
principiante come un privilegio e un progresso.
Sono, al contrario, i miraggi di una regione malsana
dalla quale bisogna fuggire in fretta!
Bisogna scartare ogni allucinazione, ogni sogno
estatico e osservare senza posa, stando all'erta, il desi­
derio di evitare i giochi dell'immaginazione psichica
e cerebrale. Bisogna cercare il vero Silenzio.
Come penetrando in una caverna profonda ci si
allontana dalle voci e dai rumori esteriori, ugualmen-

206
te bisogna entrare nel Silenzio soffocando tutti i ricor­
di, tutte le nozioni intellettuali, chiudendo l'orecchio
alle voci conosciute, dimenticando perfino il caratte­
re letterario che aveva modellato la forma del pensie­
ro. I linguaggi decadenti della nostra umanità hanno
perduto, attraverso la preoccupazione di una falsa
estetica, il senso iniziatico e la magia del Verbo; biso­
gna staccarsi dalla loro forma artificiale per ritrovare
il senso della Parola.
Ogni pensiero convenzionale ostacola la compren­
sione della Parola senza formula, della Voce senza
sonorità, che si esprime nel Silenzio.
La comprensione è la percezione della Coscienza
dell'anima, l'esercizio del senso intuitivo, l'apertura
dell'orecchio interiore; lui solo può rivelare il senso
vitale di ogni cosa. Il Silenzio gli è tanto necessario
quanto l'utero lo è all'embrione.
La sua sede è la regione centrale che è vicina al
cuore. È il vero cuore solare del nostro corpo.
È là che bisogna ascoltare e tenere in gestazione ciò
che si fa conoscere nel Silenzio.
Bisogna "ascoltare" il Silenzio, anche se niente
parla o risponde, anche se tutto, in sé, sembra inerte
e stupido.
Il Silenzio è sempre fecondo, ma il suo frutto si
rivela spesso al di fuori del tempo di silenzio, nei
momenti più inattesi.
Il Silenzio è il pozzo nel quale cade l'Universo,

207
il vuoto che attira lo Spirito. Ma la Coscienza risve­
gliata in questi istanti può restare oscura per qualche
tempo ; la Conoscenza che ne risulta in fondo al
cuore aspetta la sua ora per salire in superficie . . .
e durante questa attesa, l e preoccupazioni futili
rischiano di soffocarla. Bisogna imparare a "covare"
questo tesoro. Sarebbe esorbitante esigere la com­
prensione immediata di ciò che è conosciuto durante
il breve momento strappato alle preoccupazioni gior­
naliere. Una sorda prescienza di qualche verità sarà il
primo risultato. Accoglietela con riconoscenza, per­
ché il dubbio e l'ingratitudine arrestano i progressi.
Attendete pazientemente che le conoscenze confuse
diventino delle evidenze ; non cercate di precisare
con delle conclusioni cerebrali affrettate ciò che pre­
sentite, poiché ostacolereste lo sviluppo dell'intuizio­
ne. Tutta la Conoscenza conosciuta dal Cuore sale in
superficie da sola come la panna sul latte, senza alcu­
no sforzo del pensiero: questa è la vera Conoscenza
intuitiva. Solamente in seguito, l'intelligenza cerebra­
le può appropriarsene e arricchirla di nozioni già
conosciute; questo è il lavoro di traduzione delle con­
cezioni intuitive. Ma questa traduzione chiede l'abitu­
dine a esercitare l'orecchio interiore per ascoltare,
con neutralità e una docile impersonalità, le correzio­
ni apportate dalla Conoscenza del Cuore.
Gli ostacoli ai progressi della Conoscenza intuitiva
sono:

208
- la fretta del risultato;
- l'immaginazione cerebrale o emotiva;
- l'intrusione dei pensieri nella concentrazione medi-
tativa;
- l'ingratitudine e il dubbio relativamente alle perce­
zioni intuitive che non possono ancora essere com­
prese cerebralmente;
- la soddisfazione di se stesso e la ripugnanza a con­
statare i propri errori.

* * *

Bisogna compenetrarsi di questa Verità:


"Tutto è nell'uomo", non vi è niente nella Natura
che non sia rappresentato in lui; ma, oltre a questa
Natura, vi è una semenza di Luce divina che gli
è stata data nella sua qualità di uomo, per farla frutti­
ficare.
Il genio non è che uno strappo momentaneo al velo
che nasconde questa Luce.
Questo velo è tessuto dalle nostre abitudini e dai
nostri pregiudizi, dalle nostre ambizioni, dalla nostra
volontà personale, dalle nostre ripugnanze e dai
nostri gusti particolari, dalla vanità della nostra scien­
za razionale.
La voce di questa Luce è la Coscienza dell'Uni­
verso. Non vi sono domande alle quali essa non
possa rispondere per l'uomo che ha rotto il guscio del

209
suo Io. La percezione di questa voce è proporzionata
alla semplicità e alla trasparenza di colui che l'ascolta.
28
17.6 Sesta acquisizione: il senso del riconoscimento
La comprensione di ciò che qui è inteso per "rico­
noscimento" necessita una chiarificazione dei soggetti
ai quali si deve applicare, cioè le impressioni e perce­
zioni che è importante osservare e intensificare, per­
ché esse sono un valore vitale reale. Consideriamole,
per distinguerle da quelle che non hanno che un
valore incerto o relativo. I sensi sono i ricettori che
trasmettono al cervello le apparenze fisiche delle
cose, sotto la loro forma visibile, udibile, olfattiva,
saporosa e tattile. Il cervello le traduce e "registra"
secondo le possibilità delle sue facoltà, cioè esso defi­
nisce, classifica e giudica le impressioni ricevute, per
mezzo di associazione di idee e per comparazione
con nozioni già conosciute.
In ciò è il limite della sua esperienza, poiché le sue
attitudini di giudizio sono proporzionate al numero
e all'esattezza delle nozioni già registrate; ma queste
nozioni stesse dipendono dall'acutezza delle sue per­
cezioni sensoriali e dalla fedeltà della loro trascrizio­
ne. In altre parole, esse sono sempre relative, perché
sempre modificate dalla personalità che le percepi­
sce. Non è così per i sensi "interiori". Questi possono
28 Il termine francese reconnaissance si presta alla doppia interpretazione, riconoscen-
!(11-riconoscimento e in taluni punti l'autrice sfrutta questa ambivalen!(fl del termine,
salvo chiarire, alla fine dell'argomento, la corretta interpretazione. (N.d.T.)

2 10
entr are direttamente in contatto con l'e s senza
e il ritmo delle cose, grazie alla sincronicità di ciò che
vi è in "se stessi" di identico alla cosa osservata.
Vi sono due modi di "vita" opposti, che richiamano
riflessi differenti:
- le percezioni sensoriali sono apportate dall'esterno
attraverso i cinque sensi; la tendenza dell'uomo
"sensoriale" sarà di espandere la sua vita e la sua
gioia all'esterno;
- ma ogni conos cenza reale viene dall'interno
e il "meditante" cercherà la propria potenza nella
concentrazione della sua forza vitale e della sua
gioia interiore;
- un sentimento rumorosamente manifestato è presto
esaurito; un dolore chiuso si concentra e può mette­
re radice al punto di generare delle malattie incura­
bili.
La "gioia" covata nel silenzio cresce come un fuoco
sotto la cenere che diventa sorgente di un intenso
calore.
La gioia è l'espansione emotiva delle fibre sensibili
dell'essere, che si dilatano per meglio sentire l'ogget­
to o la causa della loro esaltazione.
Ma la sorgente della gioia umana è quasi sempre
avvelenata dal principio della possessività che vi
si ricollega.
La possessività dà una gioia ristretta perché limitata
dall'oggetto posseduto e dal timore di perderlo.

211
La possessività è una soddisfazione. La "soddisfa­
zione" dà una sensazione di saturazione, che non
implica necessariamente la gioia: infatti la gioia com­
porta un elemento di POTENZA.
Ora, se il desiderio è un'esaltazione di potenza, l'ap­
pagamento di questo desiderio è una caduta di ten­
sione e un indebolimento.
La gioia è una sensazione esaltante di dilatazione,
è la dilatazione del cuore: l'assenza di gioia è uno
stato inerte dove nasce facilmente la paura; la paura
è una concentrazione che si oppone alla dilatazione.
Questa "dilatazione" è uno stato di fiducia serena
che dà un'impressione di distensione, di libertà: si
respira liberamente.
La libertà del "soffio" e la sua ampiezza accrescono
la potenza vitale e di rimando questo accrescimento
dà una sensazione esaltante, creatrice di gioia.
La gioia è dunque un elemento essenziale della
padronanza umana; bisogna imparare a coltivarla
come una fonte di vita. Il riconoscimento della più
piccola gioia moltiplica la potenza; è per questo che
bisogna sviluppare il senso del riconoscimento.
RICONOSCERE UNA COSA, È RIPERCORRERLA IN
SE STESSI, AFFINCHÉ ESSA VI RISVEGLI L'ECO DI IDEN­
TICHE VIBRAZIONI.
Il riconoscimento è la riflessione interna di una cosa
conosciuta o ricevuta; e con questa riflessione se ne
moltiplica il valore.

212
Ma vi sono due modi differenti di riflettere la luce:
- uno è il modo delle cose inanimate che, come uno
specchio, riflettono verso l'esterno i raggi di una
luce attenuata;
- l'altro è il modo delle semenze viventi e della mate­
ria organizzata che concentrano in se stesse questa
luce e la gestano.
Il cervello pensante è uno specchio del mondo ;
esso riflette esteriormente l'energia sotto forma
di proiezioni mentali, di pensieri "fuggitivi".
Non vi è in queste onde riflesse alcuna semenza spi­
rituale, alcuna potenza vitalizzante; l'emozione, colle­
gata al controllo cerebrale, è così snaturata dal gioco
di associazione di idee, che sterilizza la qualità vitale
dell'impulso ricevuto.
Come l'energia non si manifesta se non trasformata
in fenomeni sensibili o in movimenti, così l'emozione
può essere trasposta differentemente secondo la dire­
zione che le è stata data: sia in reazioni intellettuali,
quindi artificiali, se essa è registrata dalla memoria
cerebrale, sia in potenza vitalizzante se essa è ascolta­
ta interiormente e se le sue ripercussioni operano
liberamente sui centri vitali energetici.
Quindi è vitalmente che bisogna riconoscere ogni
gioia, per moltiplicarne la potenza. Mille occasioni
di gioia reale potrebbero svegliare, in un essere atten­
to, delle vibrazioni vitalizzanti : una sensazione
di Arte pura, la bellezza di un gesto essenziale,

213
un atomo di coscienza improvvisamente illuminato,
un dolore dominato, lo choc o la frattura che rivelano
repentinamente la realtà di un valore.
Ma l'uomo, a causa del rispetto umano, rinnega
la propria sensibilità, soffoca la sua emozione oppure,
per avarizia, soppesa l'oggetto per spillarne un valore
utilitario.
Colui che saprà, come il bambino o l'essere primiti­
vo, lasciarsi invadere dal suo flusso vivificante e con­
centrarlo nel proprio cuore come un saggio, avrà tro­
vato il segreto di una sorgente di vita. La gioia è un
tesoro di forza incalcolabile.
La gioia, moltiplicata dal Riconoscimento, diventa
un centro di attrazione per le forze animiche benefi­
che; le sue onde, di natura calda e altruistica, attirano
onde della stessa natura; come la tristezza attira onde
malefiche e influenze malsane.

* * *

Non parlo volontariamente qui del Riconoscimento


(Riconoscenza) nel suo senso morale di "gratitudine"
di fronte a un benefattore, perché il punto di vista
dell'uomo cosciente differisce dall'anima-gregge;
- se il beneficio ricevuto è di ordine materiale, è un
debito materiale che il saggio liquiderà per preoc­
cupazione di giustizia e di Karma;
- se il beneficio è di ordine spirituale, entra nel con-

2 14
testo delle gioie che devono essere accolte e riflesse
con amore; questa riflessione interiore è il miglior
ringraziamento dato al benefattore. Infatti, in que­
sto dominio spirituale vi è comunità di beni fra
colui che dà e colui che riceve per il semplice fatto
che la Luce "offerta" è accettata e coltivata.
IJingratitudine in questo caso, consisterà nel rifiuta-
re questa Luce o nel non riconoscerne l'origine per
attribuire a se stessi il merito. Questa colpa non può
recare danno a chi la compie, ma porta in sé il pro­
prio castigo, perché questa disposizione egoistica
oscura la Luce ricevuta e rompe il contatto con la
sorgente da cui essa emana.

17. 7 Settima acquisizione: il senso del dono


Il Dono, nel senso umano più alto, è un gesto
di abnegazione dell'Io in favore di altri; il Dono, nel
senso sovrumano, è la fusione dell'Io con il Sé.
Fra l'uomo animale e l'uomo cosciente, la delimita­
zione è indicata dalla tendenza egoistica o altruistica.
Il senso terrestre del Dono è egoista. Un essere non
può dare che quello che gli appartiene in proprio,
cioè i suoi beni o la sua persona.
Questo dono ha sempre un riflesso interessato; in
definitiva, è per il proprio beneficio che si dà.
IJ elemosina fatta a un povero è una soddisfazione
alla nostra pietà o l'acquisizione di un merito o, nel
caso più nobile, un aiuto offerto a una "parte" della

215
nostra umanità;
- un dono fatto al "proprio" figlio è fatto alla propria
carne;
- un dono fatto all'amico vuole di ritorno l'amicizia;
- un dono alle potenze o alle divinità richiede sem-
pre un favore e più il valore offerto corrisponde al
desiderio del sollecitato, più il sollecitatore ha delle
possibilità di essere esaudito.
E questo è per calcolo di egoismo!
In questo suo egoismo, l'uomo perde la nozione dei
valori indistruttibili, poiché giudica tutto il mondo
secondo la propria misura e attraverso il prisma dei
propri sentimenti.
Egli attribuisce alle Forze divine gli appetiti umani
e perde in sé il senso dell"'appetito divino".
La prima forma di questo appetito divino è la ten­
denza altruistica, il senso del DONO REALE lo connota.
Il dono fatto nella speranza di ottenere qualche
cosa, fosse un merito o della gratitudine, non è un
dono : è uno scambio, un prestito, un commercio.
Ogni dono umano suppone questo scambio, poiché il
senso dei valori terrestri implica l'idea di un parago­
ne, di una bilancia, di un compenso.
Questa legge di compenso è una delle più tiranni­
che nei nostri mondi inferiori: essa pareggia i livelli
nei vasi comunicanti come nell'oscillazione del pen­
dolo; è l'origine dell'idea di offerta e di libagione:
offerta delle primizie dei greggi e delle mietiture,

216
prima coppa di vino versata "per gli Dei", offerta
della decima, ecc. È l'idea di compenso che spartisce
con la Natura o le divinità i prodotti concessi da loro.
Il Dono umano crea sempre un debito: se è un paga­
mento per colui che lo fa, diventa un carico per colui
che lo riceve.
Il Vangelo propone già uno sforzo di perfeziona­
mento augurando "che la mano sinistra ignori quello
che la mano destra ha dato": ma non è che uno sfor­
zo, poiché la dualità rimane ; e se vi è dualità, vi
è necessità di compenso.
Il vero Dono è quello che si fa senza compenso.
Solo lo Spirito può dare e ricevere, in questo senso
assoluto; infatti il suo Dono è totale, cioè una fusione
di colui che dà con colui che riceve, senza diminuzio­
ne di se stesso.
È per questo che il senso del Dono reale è un senso
divino: solo quello che vi è nell'uomo di divino, può
concepirlo e realizzarlo, poiché solo Questo può
risvegliare la COSCIENZA COSMICA nell'essere umano,
fino ad esaltare questo stesso essere al di là delle sue
frontiere, fino a superare i limiti del possibile, fino ad
assetarlo d'Infinito, fino ad assimilarselo e a realizzar­
si con lui in un irraggiamento senza fine. QUESTO È IL
DONO REGALE DEL SOLE.
Tu, che hai sentito questo richiamo dell"'Immenso"
e il brivido di questo Sconosciuto, presentito come
conoscibile, sai che non potrai più spegnere in te

217
il loro richiamo nostalgico, anche se i flutti dell'esi­
stenza vengono a sommergerli con le loro banalità: e
se hai conosciuto, non fosse che per un istante, la
bruciatura del loro Amore, tu porti in te la scintilla
capace di incenerire tutto ciò che ostacola la tua
Potenza. La potenza del Sé è senza limiti: solo l'Io si
oppone al Sé!
La loro fusione è questo Amore, forte di ogni forza;
poiché l'Alto e il Basso sono uniti in essi.
Essi non sanno di "darsi", poiché il loro Dono
è scambio, gioia d'Amore e vibrazione ardente;
- non vi è più "comparazione"
- non vi è più "compensazione"
- non vi è più né Tu, né Io, ma una Vita intensa,
dove tutto si compenetra e si conosce!

2 18
18. Gli ostacoli

Gli o stacoli che ritardano la realizzazione del


"sovrumano" possono essere classificati in due cate­
gorie:
- da una parte le disposizioni che, in generale,
si oppongono alla correttezza della ricerca; sono
i sette ostacoli che formano l'oggetto di questo stu­
dio;
- dall'altra parte le resistenze inerenti al carattere
di ogni individuo, resistenze che vengono chiamate
comunemente suoi difetti.
Fra questi difetti, gli uni sono imputabili all'eredità
29
immediata o educazione difettosa e possono allora
venire eliminati con un'attenzione perseverante.
Gli altri sono il cattivo aspetto delle influenze astrali
che caratterizzano ogni uomo alla sua nascita. Queste
figure astrali con le loro tendenze innate, costituisco­
no la natura profonda, i ritmi dell'individuo: essi non
possono essere eliminati ma è possibile orientare in
positivo la tendenza o qualità essenziale che ne è
l'origine.
Si tratta allora di una modificazione della loro
applicazione, cioè di una trasposizione del loro modo
e del loro oggetto. Per esempio:
- la collera e l'aggressività Marziane possono essere
29 Diciamo "eredità immediata "perché è diverso dal caso in cui succede che l'essere incar­
nato subisce l'eredità di un lontano antenato del quale potrebbe essere la reincama:done.

2 19
trasformate in coraggio e in gioia del "sacrificio";
- la sensualità Venusiana può diventare l'attrattiva
delle impressioni sensoriali verso la coltivazione del
senso artistico impersonale. L'appetito dei piaceri
sensuali si attenuerà progressivamente con l'attività
e la saggia direzione del Fuoco animatore.
- L'attività trepidante del Mercuriale, la sua flessibi­
lità e la sua abilità troppo astute, troveranno la loro
trasformazione qualitativa nel discernimento dei
motivi di azione e nell'applicazione della destrezza
ai "gesti essenziali" di una tecnica, per esempio.
- L'orgoglio vanitoso del Gioviano può essere modifi­
cato in generosità altruistica con il risveglio del
senso di responsabilità.
- L'egoismo del Saturniano pessimista può diventare
una sorgente di Conoscenza con lo studio delle
Cause profonde e la mediazione silenziosa.
- La freddezza Lunare, la sua apatia e la sua noncu­
ranza, possono diventare passività cosciente che,
con la neutralità, apre la porta all'intuizione.
La tendenza ambiziosa e dominatrice della natura
Solare può trasmutarsi in po tenza e s p ansiva
dell'Amore impersonale, il quale non sviluppa la sua
forza attrattiva che per irradiarla con un senso altrui­
stico.

18. 1 La scusa
Il principale ostacolo all'abolizione di tutti questi

220
ostacoli è la SCUSA: le eterne giustificazioni inventate
dalla Persona per legittimare le debolezze del suo
comportamento. Nessuna trasformazione è possibile
con la scusa! Nessuna luce può attraversare il velo
delle illusioni tessute dai nostri giudizi deformanti.
Accecati dalle nostre continue giustificazioni, soffo­
chiamo ogni possibilità di discernimento. Se la vera
conoscenza delle nostre tendenze è la condizione
necessaria al risveglio della nostra coscienza, come
possiamo realizzare effettivamente questo risveglio se
deformiamo con la scusa le motivazioni profonde dei
nostri atti?
La "conoscenza di sé" esige la luce cruda proiettata
impietosamente su tutti gli aspetti del nostro compor­
tamento. La scusa è una viltà, incompatibile con
la nobiltà di uno scopo sovrumano. Trascendere l'u­
mano è superare i limiti dell'animale umano.
La scusa è la difesa dell'essere inferiore: l'Automa.
Riconoscere i propri difetti non è affatto umiliante
per la Coscienza spirituale, per la quale queste debo-
. lezze sono d'ostacolo alla sua sovranità. Bisogna dun­
que prendere posizione: o cedere all'Automa giustifi­
candone le turpitudini o svelare senza pietà tutti gli
aspetti dell' "lo" per permettere al Testimone spiritua­
le di rigenerarlo.

22 1
I sette ostacoli

l. La preoccupazione personale
2. L'errore nell'interpretazione della provvidenza.
3. La falsa pietà.
4. La ricerca della santità.
5. La sentimentalità.
6. La soddisfazione.
7. Le abitudini.

222
18. 1. 1 Primo ostacolo: la preoccupazione personale
La lotta per la sovranità del Sé sull'Io è una danza
su una corda tesa e un eterno paradosso.
Bisogna saper formare il proprio cerchio in sé,
senza tuttavia limitarsi, sapersi rinchiudere in questo
"uovo nebuloso" e unirsi con l'illimitato; bisogna
osare di essere supremamente egoista cercando
soprattutto la propria realizzazione e tutto ciò allo
scopo massimamente altruista del Dono totale!
"Può salvare gli esseri solo chi realizza la propria
salvezza, dice il Tao: solo chi sa salvare se stesso,
salva il Mondo."
"Solo ciò che è fisso, fissa quello che può essere
fissato" (Tchouang Tseu).
Ma poiché lo scopo è la vittoria dell'Impersonale,
il principale ostacolo è la preoccupazione per la pro­
pria Personalità.
La Personalità è la custode feroce della propria
esistenza e delle proprie prerogative ; è la megera
e la sirena: come Fafner essa si oppone ed essa pos­
siede.
Gravando con tutto il suo peso terrestre sul Fuoco
di vita che gli fu affidato alla nascita, lo soffoca per
meglio difendere se stessa, per la paura che, risve­
gliandosi, esso la domini a sua volta.
Il suo regno è quello delle cose contingenti, di cui
ogni essere umano è costretto ad accettare i molti
pesi.

223
Sarebbe un errore applicare, a questi valori di ordi­
ne pratico, lo stesso atteggiamento che si ha verso
i valori reali. Bisogna considerarli freddamente come
dei problemi razionali che possono essere risolti,
come un problema meccanico, senza la partecipazio­
ne del Cuore. Su questo terreno, bisogna evitare
di identificarci con l'oggetto delle nostre preoccupa­
zioni: la megera ne approfitterà per imbrogliare tutti
i "valori", per oscurare il nostro giudizio e ottenere
delle decisioni conformi ai suoi interessi personali.
Quando si tratta di questioni materiali o relative
alla vita sociale convenzionale, bisogna considerarle
al di fuori di noi stessi, lasciare che il cervello si occu­
pi di loro e, corazzati di indifferenza, risolvere i pro­
blemi riducendoli ai loro elementi essenziali.
È l'occasione per praticare il controllo dei pensieri
e il discernimento delle necessità o delle iniziative
capricciose della Personalità. Evidentemente, il crite­
rio di discernimento deve sempre essere, per noi, lo
scopo essenziale, ma i nostri centri emotivi (biliare e
splenico) non devono mai influenzare le nostre deci­
sioni "razionali". Le tre attività inferiori, fisica, emoti­
va e mentale, devono poter agire indipendentemente
l'una dall'altra. L'intervento dell'una nell'attività del­
l'altra (intervento o anche intromissione di cui siamo
il più delle volte incoscienti) produce uno stato caoti­
co di sentimenti e pensieri, la cui interpretazione
è necessariamente erronea.

224
La confusione dei loro impulsi con gli impulsi spiri­
tuali è più funesta ancora: essa espone la loro vera
origine a delle illusioni, così come a numerosi disor­
dini fisici e psichi ci. Un corretto cammino verso la
Coscienza non deve suscitare, né lasciar sussistere
alcuno squilibrio fisico, nervoso o cerebrale.
Ma un tale cammino non tollera alcun errore di
orientamento! La cattiva applicazione della "fusione"
sarebbe un errore di orientamento: bisogna sforzarsi
di comunicare, di unirsi con tutto ciò che può portare
Luce e Conoscenza. Bisogna, al contrario, evitare di
farlo con le vicissitudini della vita quotidiana, che
devono essere trattate come obblighi esteriori, ai quali
il Cuore deve restare insensibile e impenetrabile.
Questa disciplina è il mezzo efficace per acquisire
la nozione dei "valori", la chiarezza del pensiero
e la padronanza dei sentimenti.
* * *

L'esame fisico, preoccupazione per la salute, è l'al­


tro aspetto della "Preoccupazione personale".
Essa concede un diritto tirannico al nostro corpo,
diritto di cui esso abuserà per attirare la nostra atten­
zione e darsi importanza con molteplici manifestazio­
ni patologiche. La preoccupazione per la vita mortale
toglie all'essere umano le forze di cui dispone per tra­
scenderla.

225
30
"Chi vuole salvare la propria vita, la perderà", dice
il Vangelo. La Saggezza offre all'uomo la sovranità
sul suo mondo inferiore; ma come potrà diventarne il
maestro, qualora se ne renda schiavo? Abbiamo stu­
diato precedentemente gli elementi costitutivi della
Personalità umana e il mezzo per mantenerla in equi­
librio. È la prima fase della Conoscenza di sé e que­
sta acquisizione porta in se stessa la propria ricom­
pensa. Non lasciamo che la nostra egoistica "megera"
la devii a suo profitto.

* * *

Il corpo è la casa fatta di argilla e di acqua: se


lo Spirito insufflato gli ha donato la Vita, questa casa
animata può diventare una calamita per lo Spirito.
Non si può credere quanto lo Spirito penetri impe­
tuosamente nel corpo che si libera per riceverlo!
Tutto arriva a colui che osa perdersi per trovare
l'Universo. IJAbisso non lo inghiottisce, ma è lui che
si allarga nell'Abisso!

18. 1.2 Secondo ostacolo: l'errore nell'interpretazione


della provvidenza
Se vuoi conoscere l'Essenza divina, non attribuirle
una forma immaginaria.
Se vuoi percepire la Causa Divina, non inventarla
30 Matteo, 16, 25.

226
secondo le regole della tua logica o di una morale
ipocrita.
Se vuoi intravedere la predestinazione degli esseri
e delle cose, devi risalire al di là delle loro incarna­
zioni successive, fino al gesto iniziale che li ha conce­
piti; troverai in questa origine una Causa alle conse­
guenze ineluttabili che si sottomettono armoniosa­
mente o ne discordano, secondo che esse obbedisca­
no alla loro predestinazione o subiscano le circostan­
ze fortuite.
QUESTA È LA PROVVIDENZA.
L'uovo fecondato porta in sé la provvidenza dell'e­
sistenza del pulcino che ne uscirà. La Necessità - o la
Causa - che determina la nascita di una nebulosa,
determina anche il carattere e il modo secondo
i quali si moltiplicherà la sua s o stanza : questa
è la provvidenza della nebulosa.
Se non sei capace di risalire alle origini del Destino,
non cercare la spiegazione vacillante nella concezio­
ne di un Dio extracosmico, governante il tuo mondo
borghese, che ascolta le lamentele giornaliere della
brava gente e distribuisce ad ognuno, secondo il pro­
prio merito, la sua piccola ricompensa, come la puni­
zione dei cattivi. Se la provvidenza di un tale Dio
provvedesse all'esistenza di tutte le sue creature,
sarebbe responsabile della necessità che obbliga l'ani­
male a trovare il suo cibo con l'assassinio di un altro
più debole?

227
La bontà, la pietà, che l'uomo gl'inventa, provvede­
rebbero alla vita degli uni con la morte violenta degli
altri? Questo governo "provvidenziale" sarebbe, biso­
gna ammetterlo, una palese ingiustizia e crudeltà nel
caso di innocenti puniti assieme ai colpevoli, dei
bambini torturati, delle folle massacrate, dei villaggi
rasi al suolo dalla valanga o dal vulcano!
Se credi di bestemmiare negando questa provviden­
za "arbitraria" sappi che la bestemmia sta proprio in
questa invenzione umana e nella sua confusione con
il dono sublime dello Spirito, il cui eterno sacrificio
vivifica e nutre l'Universo, senza discriminazione,
senza calcolo e senza scelta.
È questa confusione dovuta all'ignoranza delle
cause, che suscita l'idea di un Dio vendicativo o pie­
toso, di un Creatore che discute l'opportunità delle
sue opere o "si pente di aver creato"! Guardiamoci
dall'inventare un Dio a nostra immagine! Il Divino,
secondo la parola evangelica, non deve essere adora­
to "che in Spirito e in Verità".
Sforziamoci quindi di conoscere ciò che è "vera­
mente".

* * *

Prima di tutto e in tutto, vi è il Principio assoluto,


che un Saggio cinese espresse col TAO.
"È, secondo il commentario di Tchouang Tseu,

228
il centro vuoto della ruota, l'asse, il Principio innomi­
nabile che non ha né attività, né esistenza propria,
ma al di fuori del quale non vi è affatto realtà e
verità: poiché Esso è l'Intatto Efficace che, come una
luce diffusa, illumina tutto uniformemente, dando ad
ogni cosa la sua vera apparenza. "Il Tao è il principio
immanente dell'Universale spontaneità, che si distin­
gue per un'indifferenza totale; esso è "vuoto" di pre­
giudizi e non ostacola alcuna libera iniziativa: con
Lui, l'Innominabile, nessuna individuazione viene a
scontrarsi. "Anima il gioco e si tiene al di fuori del
gioco; la sua regola unica è il non-intervento. Agisce,
nel senso che irradia instancabilmente una sorta di
vacuità continua; esso forma un ambiente neutro,
propizio al flusso e al riflusso indefinito delle intera­
zioni spontanee."

* * *

Bisogna ora considerare la Provvidenza che porta


in sé tutto ciò che è "divenuto".
La Provvidenza è ciò che è innato in ogni cosa crea­
ta e porta in sé le proprie cause e le proprie conse­
guenze. L'errore è di volere fare intervenire un Dio,
che cancellerà le conseguenze delle cause.
Diversi accidenti, che risultano da cause fortuite,
possono deviare queste provvidenziali lotte e saranno
altrettanti impulsi karmici che daranno nascita all'e te-

229
rogeneo, nemico dell'armonia primordiale, senza che
nessuna "Provvidenza divina" abbia il potere di inter­
venire.
Ma è possibile per la conoscenza umana abbando­
nare i sentieri divergenti per ritrovare la via "provvi­
denziale" e liberarsi dalle deviazioni per ritornare
all'Unità; e questa possibilità è la misericordia divina.
La testimonianza perfetta di questa misericordia è la
rivelazione Cristica, la quale offre all'Umanità la libe­
razione dalle deviazioni sopraggiunte nel suo primiti­
vo destino provvidenziale, poiché la via Cristica è la
via dell'unificazione, per mezzo della trasmutazione
dell'umano mediante il divino.
* * *

E se hai ancora bisogno di un "cervello divino" che


ti sorvegli e ti protegga, non cercarlo nella Potenza
inconoscibile, ma negli Esseri radianti la cui Maestria
illumina la più alta regione della nostra sfera terrestre
e serve da intermediaria fra l'Umanità e la Saggezza
inaccessibile.

18. 1.3 Terzo ostacolo: lafalsa pietà


Ogni forma d'altruismo ha la sua controparte nel­
l'egoismo. La compassione, predicata dal Maestro
buddista, è la comunione con la sofferenza degli esse­
ri, grazie alla consapevolezza della nostra solidarietà.

230
Solo il vero amante, praticando l'Amore impersona­
le, è capace, senza ombra di egoismo, di unire il pro­
prio cuore al cuore degli altri e di alleggerire, con
la sua compassione attiva, la loro sofferenza.
La sofferenza non è da confondere con il dolore.
Il dolore è la conseguenza di un disordine o di un
31
disaccordo tra l'impulso provvidenziale e l'impulso
personale.
Il dolore può essere l'effetto del Karma o dell'igno­
ranza attuale: infatti la coscienza può trovare il modo
di evitare il dolore di una sofferenza necessaria.
Il dolore è una reazione dell'essere personale, fisico
o mentale.
La sofferenza è la lotta per la presa di coscienza
di un'imperfezione fra lo stato REALE auspicabile e lo
stato effettivo; questa imperfezione provoca una ten­
sione, al fine di trovare lo stato sano.
Se vi è resistenza negli elementi personali (fisici
o morali) vi è il dolore, se vi è accettazione cosciente,
il dolore può essere eliminato e ridotto in sofferenza
cioè in una prova, la cui reazione vitale può anche
diventare una gioia.
La sofferenza è la scuola della coscienza, la quale
non può venire acquisita senza di essa. La compassio­
ne accetta di provare le sofferenze umane, per meglio
trasmutarle: è un gesto di puro Amore.
La pietà è una reazione personale davanti al dolore
31 Vedi "Secondo ostacolo ".

23 1
degli altri, apprezzata dall'Io: è la reazione dell'uma­
no che teme per se stesso un dolore simile, oppure
la condiscendenza del benefattore che si scusa, col
suo gesto, di essere privilegiato.
In ogni caso, è un'impressione relativa alla propria
sensibilità e un giudizio personale. Come potrebbe
l'uomo ignorante decifrare la molteplicità delle cause
e degli effetti? I Signori della compassione, che dona­
no la loro beatitudine per compatire la sofferenza
umana, non toglierebbero ad alcun essere la prova
necessaria alla propria evoluzione.
Queste parole ripugneranno a coloro che fanno
parte di "questo mondo", poiché essi p raticano
la pietà al fine di averne diritto loro stessi. E per que­
sto che bisogna differenziare la pietà arbitraria
e la falsa carità dall' altruismo compassionevole
e disinteressato.
La Natura non ha pietà: essa obbedisce alle diretti­
ve "provvidenziali" del suo Divenire. Ogni animale
segue le leggi della sua specie, senza pietà per
la preda che assicura la sua esistenza; ma al di fuori
di questa caccia necessaria, si trovano numerosi
esempi di atti altruistici che fra gli uomini si attribui­
rebbero volentieri alla pietà: per esempio, la dedizio­
ne di una femmina per i piccoli di un'altra madre...
cura e nutrimento portati dai suoi simili a un animale
ferito ... sacrificio dell'individuo che espone la propria
vita per la salvezza dei giovani o del proprio clan...

232
La caratteristica di questo altruismo è che obbedisce
a una coscienza innata di solidarietà animale, nella
quale non interviene né calcolo né giudizio. Non vi
è pietà, ma giustizia nel senso di obbedienza a una
legge della specie.
I1uomo, essendo in cima al regno animale, si trova
in una situazione intermedia fra questa animalità e il
regno umano superiore (sovrumano), la cui suprema
qualità è l'integrazione di tutte le coscienze della
Natura e la coscienza delle sue coscienze.
Fra questi due stati estremi, l'uomo occupa una
situazione incerta, fra la sua coscienza istintiva, obnu­
bilata dal mentale e la coscienza spirituale, il cui
seme, nascosto in lui, generalmente non si dischiude.
In que sto stato intermedio, dove l'Automa fa
da padrone con la sua coscienza cerebrale, egli ha
l'illusione di governare i suoi atti e i suoi sentimenti
per mezzo di un apparente libero arbitrio.
In realtà, questo libero arbitrio non è che la possibi­
lità di scelta fra l'obbedienza al richiamo del regno
umano superiore o l'obbedienza alla legge dell'ani­
male umano al quale appartiene con il suo essere
inferiore . .
A sec onda che si sottometta all'una o all' altra
di queste direttive, può elevarsi al sovrumano o subi­
re la lenta evoluzione dell'animale umano.
Bisogna perciò che questi due aspetti della coscien­
za non siano soffocati dall'Automa, la qual cosa

233
è la più frequente. In questo terzo caso, il libero arbi­
trio è illusorio poiché gli impulsi che subisce non
sono quelli del suo lo cosciente, ma di un personag­
gio costruito dall'ambiente, d<:tll'eredità, dall'educa­
zione, dai costumi e dalle leggi convenzionali.
A ciascuno dei tre casi precedentemente enunciati
può corrispondere uno degli aspetti del sentimento
che si chiama pietà.
All'ultimo caso corrisponde la definizione della cat­
tiva pietà: sentimento più o meno interessato, reazio­
ne personale, ragionata o relativa alla propria sensibi­
lità. Né l'una né l'altra di queste due coscienze, né
l'istintiva né la spirituale, è l'origine di questa pietà.
Quanto all'altruismo causato da un sentimento reale
di solidarietà per la sofferenza di altri, può avere due
origini. La prima è la coscienza istintiva della solida­
rietà della specie animale o umana: è l'altruismo del­
l'animale e quello dell'essere umano che ascolta
la sua coscienza innata.
L'altra origine, che è la coscienza della solidarietà
spirituale dell'Umanità, è il gradino superiore di que­
sto altruismo totalmente spoglio dall'egoismo e che è
la più alta compassione, impersonale e disinteressata.
La "Via del Cuore" vi conduce direttamente.
Non bisognerebbe tuttavia dedurre da tutto ciò che
un uomo, ancora incapace di sentirla, debba restare
indifferente alle sofferenze degli altri : l'assenza
di altruismo sarebbe la sua caduta! Ma l'altruismo

234
benevolo non può coesistere con un sentimento di
reazioni egoistiche che, con l'illusione di una falsa
carità, impedisce di provare la vera compassione.
lJaltruismo compassionevole non è il frutto di sforzi
di volontà, ma lo squarcio del velo delle "virtù" che
il nostro egoismo ci nasconde.
Osa squarciare questo velo . . . osa sradicare le tue
giustificazioni... osa calpestare questa falsa pietà e sof­
frire nel tuo cuore la miseria degli altri: saprai trovare
il gesto opportuno per alleggerire ciò che sentirai,
allora, come tua stessa sofferenza.
Animali o umani, tutti gli essere viventi sulla Terra
fanno parte dell'D orno cosmico, di cui essi sono gli
stati di coscienza.
IJuomo, potendo raggiungere la più alta coscienza,
è solidale con gl'inferiori che deve aiutare e con
i superiori con i quali dovrà poter collaborare.
Che lo sappia o che lo ignori, l'uomo non può evi­
tare questa solidarietà. Sia abbastanza saggio da rico­
noscerla, poiché essa richiede responsabilità!
La misura di questa responsabilità è la misura della
tua coscienza. Elargisci dunque questa coscienza,
rompendo il guscio del tuo Io egoista.
Potrai allora, senza pericolo, considerare la legge
karmica delle conseguenze contenute in ognuno dei
nostri atti e che nessuna pietà divina saprebbe soppri­
mere. Sentendoti responsabile nella solidarietà, com­
prenderai che questa legge karmica non può servirti

235
come giustificazione per esentarti dal dovere altruisti­
co, poiché il Cielo ti dà l'esempio della misericordia
immanente del Karma: nel mondo "del divenire",
niente è assoluto: in un cammino errato vi è la possi­
bilità di cambiare orientrunento per tornare sul cam­
mino previsto dalla Provvidenza iniziale: questa pos­
sibilità è la misericordia divina.
* * *

Ma quale sarà la motivazione così potente da provo­


care questo cambiamento di direzione?
Tre elementi condizionano la situazione morale
di un individuo:
- il destino provvidenziale che fu scritto nell'embrio­
ne;
- le deviazioni causate dall'educazione, dall'incoscien­
za e dall'incoerenza dei diversi aspetti dell'Io, ai
quali si aggiungono le complicazioni karmiche che
ne risultano;
- gli avvertimenti della Coscienza spirituale che susci­
tano di quando in qùando inquietudine e insoddisfa­
zione. Ma queste luci fuggitive non sono sufficienti
per vincere le abitudini e le resistenze passionali
e mentali della Personalità. Allora l'intervento del
Testimone spirituale si manifesterà con degli choc
o delle prove che strapperanno momentaneamente
l'addormentato dalla sua pericolosa incoscienza.

236
Da come reagirà, dipenderà l'insuccesso o il benefi­
cio di queste prove.
In questo caso, la pietà ignorante, sopprimendo
la prova, ne distruggerà il frutto che sarebbe stato
coscienza, mentre una compassione condiscendente
avrebbe potuto aiutare a trasformare la sofferenza
in Luce.
L'altruismo più efficace per alleggerire l'umana
miseria è, quindi, quello di diventare cosciente della
nostra solidarietà e dell'aiuto potente che questa
coscienza gli può apportare, poiché la luce data per
uscire dai cammini sbagliati è una collaborazione con
la misericordia divina.
Per dare la Luce, distruggi in te l'errore creato dal­
l'illusione della pietà.
Se vuoi dare, da', ma senza giudicare né la sofferen­
za né il beneficio: da' senza parlare, senza importi
e non prendere il posto del Destino, di cui tu ignori i
disegni.
Se vuoi aiutare, ama e l'Amore ti dirà ciò che con­
viene fare.

18. 1.4 Quarto ostacolo: la ricerca della santità


Un santo, secondo il "canone" cattolico, è un uomo
che possiede e pratica all'estremo una delle tre virtù
teologali. La mentalità moderna concede oggi l'au­
reola alle "santità" meno compromettenti, poiché
la realizzazione totale della Fede o della Speranza

:l:l7
o dell'Amore in una vita umana, le condurrebbe su
vie eccessive, che la saggezza del mondo non avalle­
rebbe ... tanto più che non fu approvata la mistica
assoluta di un San Francesco d'Assisi!
La santità, concepita secondo i nostri criteri mode­
rati, è la pratica prudente delle virtù medie, che ci
mette al riparo dalle contaminazioni e dalle colpe
ritenute tali.
Pietoso è in verità un tale santo e ben povera la sua
conoscenza vitale!
Quale coscienza può dunque acquisire colui che
non conosce il Male ed il Bene se non con l'osservan­
za o la violazione dei comandamenti obbligatori?
Giudicare così vuoi dire pre-giudicare, non è mai
conoscere.
Gli elementi più attivi per l'acquisizione della
Coscienza sono: il senso della propria responsabilità,
lo choc causato da una tentazione combattuta e, se
la caduta non ha potuto essere evitata, dalla preziosa
umiliazione della vergogna e del rimorso.
Non parlo qui del rimorso suscitato dal giudizio
di una morale convenzionale e atavica, né del ricor­
do assillante della colpa che trasforma il colpevole
· in "rimuginatore" della propria miseria.
Il rimorso liberatore nasce da un momento di Luce
che illumina le motivazioni profonde della colpa
commessa. Questa constatazione vera necessita una
neutralità impietosa che rifiuta le giustificazioni sug-

238
gerite dagli impulsi passionali e cerebrali della
"Personalità".
Il riscatto di una colpa è la cancellazione dei suoi
effetti nefasti, da una parte per gli altri (il che com­
porta tutte le riparazioni possibili dei danni causati),
dall'altra parte per se stessi.
Quest'ultimo effetto, che è un'obliterazione della
Coscienza o la sua violazione, non può essere distrut­
to se non obbligandosi a considerare senza pietà la
natura degli impulsi che hanno causato la colpa, fino
a sentire una vergogna così dolorosa che essa renderà
intollerabile la ripetizione di questa colpa.
Questo è il rimorso utile che distrugge le radici del
male, a condizione che sia provato fino a questo risul­
tato integrale.
È questo il risultato che conta e non il tempo impie­
gato ad ottenerlo.
La vergogna e il rimorso sentiti ardentemente
hanno il valore sacrificale di una pira purificatoria.
Questo rimorso ha un valore "di iniziazione" impa­
gabile, che non lascia dietro a sé né tristezza paurosa,
né spiacevoli pentimenti ma un nuovo ardore per
il combattimento, POICHÉ NON È LA VANITÀ UMANA
che lo smuove ma la coscienza superiore e ogni choc
capace di risvegliarlo è, per l'uomo saggio, un nuovo
elemento di padronanza e di Vita.
I candidati alla "irreprensibile virtù" ignorano que­
sto tesoro, poiché il loro programma è, al contrario,
quello di farsi delle illusioni sulle loro tentazioni
segrete e di nascondere la loro responsabilità sotto
quella delle autorità vigenti e delle loro leggi.
Così sostituiscono la mortificazione dell'esperienza
con la sicurezza dell ' o b b e dienza e la lezione
di un errore con l'accontentarsi di se stessi.
Ma questa obbedienza è un sonnifero per la Co­
scienza, il cui risveglio necessita a ogni passo la prova
della scelta e il libero esame.
Colui che rifiuta l'esperienza necessaria alla sua
anima, per timore di offuscare la propria virtù, AMA
LA SUA FORMA TERRENA e non la SUA VITA ETERNA!
Felice colui che mai, per paura della caduta o della
mortificazione, spegne in sé e negli altri la scintilla
meravigliosa: questa è la colpa inespiabile!
"A colui che non avrà fatto fruttificare il tesoro
32
affidato, verrà tolto anche quello che ha" dice
il Vangelo .
Il Saggio accende in sé il Fuoco divino fino a ren­
derlo trionfante su tutti i fuochi inferiori.
La meschinità lo confonde col "falso pudore"
e lo sacrifica all'opinione del mondo. Povero uomo
della Terra, che teme di perdere ciò che non possie­
de: l'integrità della sua "purezza" è il mantello col
quale il suo giudizio arbitrario copre i suoi istinti
soffocati. Povero "Ebreo errante", condannato a tra­
scinare senza fine il suo pellegrinaggio inutile, del
32 Atti, 7, 22.

240
quale rifiuta le lezioni! Può errare così fino alla fine
del mondo senza trovare il riposo della realizzazione,
perché ha sacrificato il suo Dio, il suo Fuoco salvato­
re, all'idolo di se stesso ...
La sua paura del peccato lo trascina nel solco delle
mediocrità, dove l'ipocrisia maschera le sue invidie,
dove la paura atrofizza ogni slancio, dove la GIUSTIFI­
CAZIONE soffo ca i rimproveri della sua anima
e il rimorso liberatore.
Egli non cerca la redenzione poiché si ritiene giusti­
ficato, senza la speranza di conquista di un REGNO
DIVINO, poiché ha creato il suo paradiso sulla Terra
accontentandosi di se stesso!
Se soffochi ogni passione, come potrai riconoscere
ciò che hai da trasformare?
I sogni idealistici, i desideri cerebrali, non sono che
un'illusione senza sostanza, cioè non trasformabile;
solamente la materia fisica e il fuoco della Terra pos­
sono essere sublimati dal Fuoco del Cielo. Le impres­
sioni e proiezioni mentali non sono che dei "riflessi",
che possono attivare la volontà cerebrale ma non
il fuoco di vita che occorre risvegliare.
Questo fuoco non reagisce che sotto l'impulso di
forze istintive, sia nel loro aspetto animale che nel
loro aspetto spirituale: sono questi i due poli la cui
reazione reciproca, coscientemente controllata e sag­
giamente diretta, suscita il risveglio della vita, della
coscienza vitale e la loro crescita.
I piccoli uomini di questo mondo hanno nominato
uno dei poli VIRTÙ e l'altro VIZIO; l'uomo, che per
obbedire loro, subisce uno degli aspetti e non l'altro,
si trova sospeso senza appiglio nel vuoto. Sopprimere
un polo è come sopprimere l'altro, è la negazione
della vita e il rifiuto della redenzione per timore della
colpa!
Ogni gesto che ti libera dalla tua prigione, ogni atto
che può condurti a superare te stesso, comporta
necessariamente qualche punto eccessivo senza
il quale non avrà questo potere, poiché resterà nella
"norma": come potresti accettarne l'audacia se la tua
prudenza ti rinchiude nella preoccupazione costante
di evitare ogni errore? Non è il fariseo irreprensibile
che Gesù introduce nella sua intimità, ma il peccatore
Zacheo cosciente e p entito della sua indegnità
e la prostituta Maddalena così sconvolta dall'amore,
che vi distrusse le radici del suo obbrobrio.
Sarebbe folle cercare in queste righe un incoraggia­
mento alla depravazione (si TRATTA INVECE DI UN'os­
SERVAZIONE OBIET TIVA SULLA SUA VERA NATURA
ISTINTIVA), invece di vedervi una critica specifica alla
"purezza" cristiana: il bramino scrupoloso, come
l'eremita isolato con la preoccupazione ansiosa della
propria perfezione, incontrano lo stesso ostacolo sul
cammino regale.
E colui che cercherà in quest'opera un modo "mec­
canico" per diventare un SUPERUOMO, senza prestare

242
attenzione alla sua virtuosa vanità, non vi troverà
l'entrata del santuario segreto; questa entrata è stretta
e così bassa che bisogna sapere, come nell'Antico
Egitto, "annusare la terra" per entrarvi! Essa non
è accessibile che agli esseri semplici che, senza avere
la pretesa di essere indenni da ogni macchia, aprono
avidamente il loro cuore alla Luce, dimenticando
in questa ricerca le loro preoccupazioni personali,
le loro paure e i loro pregiudizi.

18. 1.5 Quinto ostacolo: la sentimentalità


La sentimentalità è la falsa relazione creata dall'im­
maginazione fra la Natura e noi stessi.
Quando un fatto naturale ci commuove, questa
emozione può essere vera o falsa:
- essa è vera se agisce spontaneamente e direttamen­
te sui nostri centri vitali, senza l'intervento dell'im­
maginazione, dell'egoismo e dello spirito di pos­
sesso;
- essa diventa artificiale se il gioco egocentrico della
sentimentalità trasferisce la risonanza di questo
fatto naturale al diapason dei nostri gusti e disgusti
e li immagina secondo le nostre impressioni parti­
colari.
IJuomo ha bisogno di emozioni; non sapendole tro­
vare nel dominio del reale, le crea artificialmente nel
suo dominio personale. I sentimenti così creati sono
falsi, poiché i rapporti sui quali essi si basano sono
relativi alla "Personalità" e questa non si lascia mai
impressionare se non da ciò che la tocca egoistica­
mente.
Il sentimentale sperimenta tutte le manifestazioni
sensoriali secondo il loro accordo o il loro disaccordo
con le proprie nozioni cerebrali o affettive.
Egli apprezza i colori secondo il loro effetto più o
meno ammaliante sui sensi; nella musica ricerca
la melodia capace d'esprimere i propri sentimenti o i
propri ricordi ; ama l'armonia appagante e fugge
la discordanza irritante.
Nel linguaggio poetico si lascia illudere dalla forma
cangiante, dall'immagine convenzionale che risponde
al suo idealismo particolare o alla sua sensualità.
In altre parole, il sentimentale vive in un mondo
artificiale di impressioni e di sentimenti, che sono
le reazioni dell'Automa a tutto ciò che può toccare
la sua emotività sensuale, affettiva o cerebrale.
Questo stato emotivo è artificiale nel senso di non
reale perché è prodotto da motivazioni personali
e non dal contatto con realtà naturali o spirituali.
Non riguardando che gli elementi distruttibili del
nostro essere, l'emotività sentimentale non arrichisce
per nulla la coscienza.
L'istinto animale è più vicino alla realtà dell'artificio
mentale, nel quale i ricordi e i sentimenti affettivi si
incidono in impressioni costantemente variabili,
come sono variabili le concezioni cerebrali.

244
Altra cosa è la coscienza istintiva, suscettibile
di ricevere, al di fuori del controllo intellettuale,
le impressioni delle forze elementari della Natura
e di subire direttamente le loro risonanze, attraverso
i propri istinti. L'emozione che ne risulta è causata
dal risveglio di una coscienza addormentata che
supera le concezioni cerebrali dell'Automa. Ma que­
sto non si può fare se l'intelletto interviene per rifiuta­
re, dubitare, scegliere, riformare, "spiegando" secon­
do le sue interpretazioni arbitrarie.
Per la nostra Umanità, i due stati reali sono i due
estremi: il fisico e lo spirituale. I due stati intermedia­
ri, "l'astrale-emotivo" e il mentale, non sono che dei
rapporti fuggevoli e relativi, le cui espressioni non
sono giuste se non quando traducono fedelmente
le impressioni ricevute dagli stati fisico e spirituale;
ma quando "l'astrale-emotivo" e il mentale giocano
isolatamente o fra loro, essi creano un complesso
di sentimenti finti basati su delle impressioni errate.
La sentimentalità è un miraggio nella sterilità di un
deserto.
Il viaggiatore che accetta questo miraggio passa
la sua vita a cercare l'oasi illusoria e muore di sete
a qualche passo dalla sorgente, della quale ha perdu­
to la direzione.
La sentimentalità è l'imitazione dell'Amore, ma
l'Amore impersonale ha il potere di dissolverla poi­
ché c onsuma ogni valore distruttibile, essendo

245
il Fuoco vivente, trionfante su tutte le forze superiori
e inferiori.

18. 1. 6 Sesto ostacolo: la soddisfazione


Felice il cuore insaziabile! Colui che è soddisfatto
delle cose mediocri non ha empito sufficiente per
raggiungerne delle più grandi; colui che è appagato
dalle apparenze del mondo terreno, non ha la capa­
cità necessaria per assorbire i doni celesti.
La vita fisica è una successione di piccoli appaga­
menti: il corpo ha fame e mangia, ha sonno e dorme,
desidera ed esige il possesso.
Ciò che è prodotto da una separazione richiama
l'appagamento di una completezza: e il prodotto
di un appagamento porta in sé il principio di una
nuova separazione . È questa la legge che regola
la Natura.
Ogni desiderio, che un gesto fisico, sentimentale
o cerebrale può appagare, APPARTIENE ALL'ESISTENZA
MORTALE.
La soddisfazione è la compensazione di un deside­
rio, di un dolore o di un rimorso: è sempre l'attenua­
zione di una tensione.
I "figli della Terra" temono l'eccesso della tensione
e vogliono la calma della soddisfazione.
I "figli del Cielo" cercano questa tensione e rifiuta­
no il surrogato, il piacere passeggero o la giustifica­
zione che la potrebbe smorzare.

246
I "figli del Cielo" sono quegli uomini il cui deside­
rio supera la misura delle gioie terrestri, ma questo
desiderio non è efficace se non osa rompere i limiti
dell'animale umano. Questi limiti sono la misura
delle possibilità di soddisfazione. Ciò che li supera
diventa sacrificio per la Persona umana, poiché
fa parte della Natura e la vetta della Natura è il regno
animale-umano, il quale non può essere superato che
mediante rottura di ciò che lo limita.
L'Io Cosciente - o Testimone-Io - può subito far
partecipare l'essere umano allo stato inferiore del
regno sovrumano, grazie alla padronanza sul suo
Automa, tuttavia non può raggiungere lo stato supe­
rio r e , che è la sua rigenerazione me diante
il Testimone spirituale, finché si fa limitare dalla più
funesta delle soddisfazioni: la soddisfazione di se stes­
so. L'Io si completa nel proprio sviluppo e viene sod­
disfatto dalla gioia egoistica della sua esaltazione.
Beato il desiderio di Assoluto che spezza i limiti ter­
reni e dilata l'aspirazione dell'uomo fino alla sua
espansione totale nel Sé!

18. 1. 7 SeUimo ostacolo: le abitudini


Le Abitudini sono le vecchie strade sulle quali
le nostre cellule ataviche ci trascinano, pigramente
asservite ai nostri antenati, nel segreto disegno
di allontanarci da ogni cammino liberatore.
L'Abitudine è l'accettazione delle impronte lasciate

247
agli altri esseri e assimilata a causa della routine.
«Si perde la propria natura se ci si attacca alle ahitu­
clini», dice la Saggezza Taoista, «si distrugge il proprio
Sé se ci si attacca agli altri esseri, il Sé non deve lasciar­
si contaminare dagli altri; gli conviene, al contrario,
rifugiarsi nel Tao, o Essenza specifica, che vi è propria,
poiché ciò vuoi dire rifugiarsi nel "Cielo"».
L'uomo cosciente è esso stesso il proprio scopo,
avendo il proprio corpo da rianimare; il proprio cam­
mino, mediante il proprio Destino immanente alla sua
incarnazione; il proprio Cielo, grazie alla sua anima
incarnata.

248
Quarta parte

LE TAPPE
19. Reincarnazione - Karma
La prima questione posta dai curiosi a qualsiasi
testimone di una qualche Conoscenza tradizionale,
tradisce quasi sempre la stessa ansietà: "Cosa diventa
l'uomo dopo la morte ? Si reincarna? Quando ?
Quante volte? Come?". Troppo spesso, la mentalità
di questi curiosi reclama una risposta fantastica, come
se si domandasse a un pio cattolico di quale materia
sono costruiti i seggi degli apostoli nel Cielo ... Ciò
non è ridicolo: si troveranno delle "anime pie" per
studiare gravemente il problema e ognuna proporrà
una soluzione secondo la propria immaginazione!
Ogni teoria trova degli ascoltatori quando si tratta
del mondo invisibile: "un'opinione vale l'altra", non
è vero? E si può sempre sostenerla senza pericolo,
poiché nessun visitatore dell'al di là verrà a contrad­
dirla!
La stessa cosa vale apparentemente per la reincar­
nazione e i profani avranno buon gioco nel difendere
le loro opinioni personali. La sfortuna è che né
le loro opinioni, né le loro credenze impediranno
loro di subire, dopo la morte, l'ineluttabile legge del
loro proprio Karma, il quale si potrebbe chiamare
la legge della loro Necessità.
Tutte le tradizioni religiose hanno affermato la rein­
carnazione fino al momento in cui il cristianesimo
è venuto ad annunciare pubblicamente il principio
della redenzione che, per l'uomo nel quale si realizza,

25 1
può mettere fine alle reincamazioni. Il Cristo insegna
anche a Nicodemo che nulla può entrare nel Regno
divino "se non nasce di nuovo" e precisa ancora, "se 33
non nasce dall'acqua e dallo spirito" , "poiché ciò
che è nato dalla carne è carne e ciò che è nato dallo
spirito è spirito" (Giovanni, 3,3,5-6).
In altre parole, può partecipare alla vita divina del
"Regno celeste" l'essere immortale la cui semenza
spirituale (Testimone spirituale) ha rigenerato l'Io
cosciente (Testimone lo) che è il suo AMBIENTE.
·
"Ambiente" è da intendere qui testualmente come
ciò che è fra l'Alto e il Basso, fra lo spirituale e il fisi­
co ... come l'ACQUA sta fra l'aria e la terra.
È questa la ri-nascita che l'ultima reincarnazione
purificatrice permette di realizzare, prima o anche
dopo la morte.
Questa rinascita farà dell'essere umano il "Figlio
dell'uomo" che, "essendo venuto dal cielo (cioè dalla 34
sua entità spirituale) può ritornare al cielo" , cioè
nello stato divino, seguendo l'esempio del suo proto­
tipo eristico che è l'Umano immortale unificato al
Divino che l'ha rigenerato.
Qualche autore moderno non ammette la reincar­
nazione che in rari casi, contraddicendo con ciò l'in­
segnamento secolare. Ma se si interrogano i Maestri
attuali di queste Tradizioni, risponderanno come noi
33 Vèdere la.fine del capitolo: "L'acqua-madre del Cristallo".
34 Giovanni, 3, 13.

252
facciamo qui: "Se neghiamo la reincarnazione dicia­
mo una menzogna; se l'affermiamo senza spiegare il
suo significato reale, immaginerete delle cose errate".
Per approfondire questo argomento, sappiate che
il semplice buon senso cercherà di esaminare prima
le capacità di comprensione di colui che domanda:
cosa sa egli del suo stato spirituale? Quale conoscen­
za gli può venire dal suo cervello? Cosa sa del suo
essere metafisica? Del suo essere astrale? Ha svilup­
pato le sue facoltà intuitive? Se non ha alcuna espe­
rienza di questi differenti domini e se non è capace
di rianimare a volontà il suo corpo fisico, come potrà
comprendere le diverse possibilità di reincarnazione?
Già se si parla del mondo fisico come di un'appa­
renza transitoria, la maggioranza si scandalizza, rifiu­
tando del resto di educare le facoltà che danno acces­
so al dominio dell'invisibile. Con quale parola perciò
si potrebbero esprimere, per spiegare all'intelligenza
comune, gli stati post mortem che essa non può contat­
tare? Come parlare dei colori a uno nato cieco!
Non capite che le vostre convinzioni, senza alcun ele­
mento di controllo, sono fondate sulle vostre preferenze
e hanno lo stesso valore delle opinioni degli strateghi
da salotto che discutono animatamente i piani di bat­
taglia, della quale ignorano gli elementi?
In fondo, la vostra preoccupazione è la sopravvi­
venza della vostra personalità, cioè l'accumulo della
vostra esperienza cerebrale, delle vostre concezioni

253
ideali, artistiche, scientifiche o sociali, delle vostre
ambizioni, infine del piccolo mondo così laboriosa­
mente edificato attorno al vostro Io e la cui sparizio­
ne vi sembra essere perdita cosmica... Quale disillu­
sione se voi lasciaste alla vostra coscienza superiore
rivelare che questo aspetto artificiale dell'Io è precisamente
il bagaglio superfluo di cui l'individuo si sbarazza dopo
la morte! Pochi uomini sopportano senza ribellarsi il
confronto con questa realtà, come se la loro negazio­
ne potesse impedire l'effetto di legge cosmica!
Ma l'illusione acceca gli uomini al punto che essi
accetteranno la soppressione di un arto e poi di un
altro e anche, al limite, della facoltà cerebrale, a con­
dizione che restino nel mondo a venire la memoria
e le testimonianze di ciò che ha costituito sulla Terra
il loro Io sociale, intelligente e affettivo.
Avete almeno fatto la scelta, fra tanti attaccamenti,
preferenze e opinioni che cambiano, di quello che
domanderete alla morte di fissare per l'Eternità quale
vostro vero volto? . . . Guardatevi soprattutto da una
scelta di cattivo gusto: sarebbe fastidioso dopo così
lunga fatica!
Cercate di capire che questa ironia ha lo scopo
di aiutare la vostra Realtà a trionfare sulle abitudini
egoistiche della "Personalità" cieca.
Se questo capitolo vi irrita, rimandatene la lettura
a un'epoca più favorevole. Ma se la volontà di Luce
vi domina, ascoltate ancora ciò che segue.

254
Volete sapere perché e come accade la reincarna­
zione ? Tentiamo un esperimento. Distendetevi in
calma perfetta del corpo e soprattutto dei nervi.
Poi, lentamente, attentamente, ripetete le parole
seguenti provando a convincervi della loro efficacia.
"Lascio andare ogni pensiero, ogni preoccupazione,
ogni volontà personale ... Elimino ogni tristezza, ogni
dispiacere, ogni vendetta, ogni rancore ... Abbandono
ogni amore personale, ogni progetto, ogni desiderio,
ogni speranza terrena".
Se vi sforzate di essere sinceri in queste affermazio­
ni (vi sfido a pronunciare queste parole senza bronto­
lare) , vedrete che delle forze ardenti si ribellano,
si oppongono a tale impegno, rifiutando tale abban­
dono... Queste forze sono quelle che vi riporteranno sulla
Terra, inevitabilmente.
Non vi è, negli stati spirituali, alcuna correlazione
con i ricordi e gli interessi intellettuali e immaginari
della vostra esistenza terrestre; ma sono le seduzioni
emotive impresse nel vostro Io cosciente da questi ricor­
di che, ostacolando la sua liberazione, causeranno
il vostro ritorno all'esistenza, attrattivamente, con la
necessità di realizzazione: questo è uno dei principali
aspetti della legge del Karma.
Siamo obbligati a spiegare la parola "Karma" che
viene dal sanscrito, non avendo espressione che cor­
risponda esattamente nella nostra lingua; si potrebbe
dire tuttavia che Karma è il vero senso della Necessità.

255
Il Karma è la concatenazione inevitabile degli effet­
ti generati dagli atti, gesti e parole dell'esistenza
umana.
Lanciate un grido verso le rocce e ne ripercuoteran­
no l'eco: voi non potrete più fermare le loro ripercussioni
sonore; così ognuno dei vostri atti porta in sé le pro­
prie conseguenze, delle quali dovete subire gli effetti
fino al loro esaurimento totale. 35
La prima incarnazione del vostro Ka (entità) deter-
mina il Tempo, il modo e le condizioni (luogo, geni­
tori, ecc.) della vostra prima esistenza. Questi Tempi,
modi e condizioni, diventeranno cause di molteplici
effetti, cioè di influenze modificanti le caratteristiche
secondarie e il comportamento del vostro Io.
Esse complicheranno e qualche volta devieranno
il ritmo d'azione imposto dal vostro destino provvi­
denziale : nuove cause genereranno nuovi effetti,
il cui esaurimento necessita la ripetizione delle rein­
carnazioni fino al cancellamento di queste deviazioni.
Così si concatenano le maglie del vostro Karma,
alcune azioni necessitando anche di più reincamazio­
ni per esaurire le loro ultime ripercussioni. È così che
un insulto o un omicidio potranno provocare la rein­
carnazione del colpevole in un luogo favorevole alla
riparazione del male che egli ha causato: nessun giu­
dizio volontario, nessuna decisione di punizione
interviene in tutto ciò, ma unicamente la Necessità,
35 Vèdere Appendice: ''L'anima nell'Antico Egitto ".

256
il gioco inevitabile delle reazioni agli impulsi creati
dall'omicidio o dall'insulto.
Se l'odio provocato da questa violenza suscita ven­
detta, questa genererà nuovi odi, seguiti da altre ven­
dette che possono ritardare indefinitamente l' esauri­
mento di questo Karma.
Ogni popolo ha il suo Karma, la propria Necessità,
come ogni individuo ; ma bisogna distinguere fra
Karma e Destino.
Fate vibrare la nota D O , immediatamente essa
richiama altre risonanze che si chiamano le sue armo­
niche. Così sentirete, nello stesso tempo, il DO, la sua
ottava DO, l'ottava della quinta SOL, la seconda ottava
del D O e l'ottava della terza MI. Altre armoniche
si produrranno ancora secondo la legge dei Numeri,
ma troppo deboli per essere percepite; tutte queste
armoniche sono il destino del DO.
Supponiamo che la corda sia rovinata o che un
gesto sbagliato modifichi le risonanze: essi daranno
luogo a false risonanze, delle quali bisognerà subire
la disarmonia fino al loro esaurimento; la lesione
o il contatto sbagliato con questa corda genererà un
karma o Necessità deviato dal suo destino provviden­
ziale.
* * *

"Ma, direte voi, dov'è in tutto ciò il mio libero arbi-

257
trio? Se sono condotto su questa Terra da precedenti
impulsi, se tutte le mie azioni sono determinate
da una concatenazione ineluttabile, le mie decisioni
sono imposte dalla fatalità e io sono un burattino irre­
sponsabile!"
Questa obiezione vale per un osservatore superfi­
ciale di questa complicata scena. Osserviamo però
le sfumature di questa tragi-commedia che costituisce
uno dei vostri casi di coscienza.
La scena rappresenta un nucleo familiare, in un
ambiente che fu determinato dalla necessità di acqui­
sire una certa esperienza o di pagare certi debiti kar­
mici. Un cielo da temporale appesantisce l'atmosfera.
Fra i personaggi che circolano sullo sfondo, alcuni
furono spinti da questo stesso Karma, altri sono
venuti a causa del proprio destino, altri ancora sono
attirati dal dramma che si va a rappresentare.
In primo piano, l' eroe della storia: voi stesso.
Esaminiamolo con delle lenti pluridimensionali, che
ci riveleranno i movimenti complessi di tutti i suoi
stati di coscienza e gli impulsi del suo Automa.
Vedo prima un universo di organi e di canali rag­
gruppati attorno a un sole centrale e a due poli, delle
correnti di liquidi, dei fluidi e dell'energia passano
e ripassano in movimento perpetuo attorno a dei luo­
ghi organici. Vedo questi elementi organizzare la loro
azione o lottare aspramente per la propria preponde­
ranza. Vedo le reazioni amare della bile, le reticenze

258
spleniche e ipocondriache, le debolezze linfatiche,
impressionare i centri volitivi ed esaurire le energie
vitali.
Guardo più acutamente e vedo ogni organo sotto­
posto al pianeta di cui è l'analogo, attirare e respinge­
re secondo le proprie affinità diversi elementi e crea­
re, come i pianeti, una sfera di influenze emananti
da lui: sfera che agisce attraverso altre sfere.
La scena è mutevole, secondo il lavoro dell'organo
che modifica gli umori, come lo spostamento dei pia­
neti modifica l'equilibrio del cielo.
Un disordine è subitamente suscitato da un caso
di coscienza che necessita una decisione immediata;
degli interessi contraddittori sono in gioco. Un disor­
dine bilioso, provocato da questa inquietudine, inne­
sca un circuito di reazioni a catena, emotive e cere­
brali, che ingarbugliano tutti i dati del problema.
L'istante che descriviamo è un istante "astrologico",
i cui risultati imprigionano il nostro attore in una
trappola senza uscita. Osserviamolo: cosa decide?
La tensione causata da questo disordine interiore gli
impedisce di osservare che la scena si è riempita
di varie comparse: delle "buone intenzioni" passano
in primo piano, un vecchio astio interviene, delle
ambizioni si fanno posto, variando i turbinii delle
correnti di influenze.
Il pover'uomo, che si crede solo, si dibatte nell'incer­
tezza.

259
Attenzione! Qualche cosa ha toccato la molla spiri­
tuale : dal più profondo delle sue cellule una vaga
coscienza si risveglia, facendo comparire una luce
negli occhi dell'eroe . . . Dal cielo, come per caso, un
bagliore ha lampeggiato, rivelando una comparsa
imprevista.
Dal fondo di un'antica dimora una vecchia abitudi­
ne è sorta, scortata da rigidi principi; sicuri della loro
impresa essi sogghignano e con i loro corpi logori
ostruiscono l'entrata del cammino intravisto. Il nostro
attore la ricerca, angosciato ... ma l'istante di Luce
è passato, le tenebre tornano a dominare.
Per debole che sia la voce del Testimone-Coscienza,
stringe malgrado tutto il cuore dell'eroe; la lotta gli
sembra impari, esita ad abbattere l'ostacolo ... Che
fare?
Ci osserva: rispondiamogli.
- Povero burattino! Prima di decidere, osserva alme­
no le forze di cui sei il giocattolo: "tutti gli elementi
del tuo e ssere attuale s ono degli agglomerati
di esperienze anteriori che soffocano il tuo Io reale;
ognuno vuole vivere la propria vita, approfittando
della tua ignoranza. È un regno in anarchia che
attende il risveglio del suo padrone per organizzar­
si. Sei scettico?
- Cosa posso fare, Automa senza libero arbitrio,
le cui azioni sono già determinate?
- In ciò è l'errore: se le tue azioni sono determinate

260
da influenze esteriori e dal tuo Karma, tu conservi,
in ogni istante critico, la libertà di non volere o piut­
tosto di "non opposizione" al destino inciso dalla
tua nascita e che è la tua armonia. Tu hai la scelta
fra questo non volere e la libera decisione di "vole­
re qualcos'altro", cioè di creare disarmonia.
Questo famoso libero arbitrio sembra dunque piut­
tosto negativo: non c'è bisogno di volere per segui­
re l'impulso armonico dell'essere.
- Al contrario, mi occorre una grande energia per
respingere l'istinto malvagio!
- Perché ti plasmi con dei ragionamenti; il campo
di battaglia è stato cambiato : dal Cuore, il cui
appello poteva farsi intendere, l'hai trasportato al
cervello; è con la memoria e con la logica che gli
uomini regolano le loro controversie e questi avvoca­
ti sono troppo freddi per giungere al processo finale.
I loro concetti razionali non hanno le chiavi del
Regno divino; queste chiavi sono la semplicità, la
Fede che è identificazione, l'Amore che è comunione
del Fuoco.
Se segui la mentalità di questo Mondo, la tua fede
non è un'esperienza impressa nella tua Coscienza:
essa è basata sull'argomentazione o sull'adesione
alle credenze vigenti. La tua carità è un tributo
pagato per l'acquisizione della coscienza o può esse­
re un calcolo per garantirti l'aldilà. La tua morale è
fondata su una legge egualitaria, senza preoccuparsi

:l li l
dei bisogni spirituali di ognuno. Questa legge sche­
matica soffo ca la voce intima con la quale la
coscienza innata esprime la sua Necessità armonica
e suggerisce, in ogni momento, l'azione che vi corri­
sponde.
Più spesso questa azione è un'obbedienza agli avve­
nimenti in cui essa fa la sua esperienza.
- È fatalismo !
- No, è concordanza con la spinta armonica del
36
Destino provvidenziale ; e se l'orecchio interiore è
esercitato, prevede i pericoli materiali e spirituali,
come succede agli esseri semplici e istintivi che non
coltivano la volontà divergente.
- E come distinguere la spinta armonica dalla
volontà divergente?
- È questo il punto cruciale in cui l'idea del Karma
gioca il suo ruolo educativo : l'uomo che sceglie
ragionando ciò che crede essere "il suo bene", può
sbagliarsi su un'azione richiesta dal suo Destino
provvidenziale; ma se è convinto dell'inesorabile
Necessità, fuggirà istintivamente l'atto che aggrave­
rebbe il suo Karma. Se si spinge oltre, se impara a
neutralizzare l'impulso di questa ruota karmica, da
burattino diventerà Maestro.
La scena, lievemente, è cambiata: un chiarore
comincia a filtrare fra le nuvole; il nostro attore osa
voltarsi per fissare le sue comparse.
36 Sulla ''Provviden;:p': vedere capitolo XVIII: "Secondo Ostacolo".

262
Poco a poco, esaminate in questo modo, esse torna­
no sullo sfondo e riprendono il loro giusto posto;
le abitudini perdono le loro forze, pur ritornando
ancora, minacciose, per confondere il sentiero.
La sera è vicina; l'eroe saprà approfittare del chia­
rore ? O lascerà ancora che il suo libero arbitrio
lo faccia deviare?
* * *

Cercatore, il sipario cala su una scena dove tu sei


stato attore e spettatore.
È una tragedia perché la tua vita è un gioco.
È una commedia perché l'ignoranza rende lo sforzo
umano ridicolo.
Quando il sipario sarà calato, gli attori torneranno
a raccogliere le impressioni suscitate; forse qualcuna
non riapparirà.
* * *

Gli attori ritorneranno, fino a che non sarà esaurito


l'ultimo impulso della ruota del Karma. È un bisogno
di appagamento che attira gli umani là dove essi hanno
amato, sofferto, vibrato e che riconduce il criminale
sui luoghi del suo crimine.

* * *

263
La Necessità karmica è la base morale filosofica­
mente perfetta; ma applicata alla lettera diventa legge
crudele.
Il Karma, di suo, esige il rispetto di tutto ciò che
capita a se stessi e agli altri, considerando tutto ciò
logicamente come conseguenza necessaria di atti
antecedenti che richiedono giustizia e riparazione.
Il risultato ugualmente logico sarebbe l'attitudine
impassibile e l'indifferenza davanti all'infelicità e alla
miseria del prossimo.
Ora, ciò che è stato generato da me può subire
umanamente, per mezzo mio, una modificazione, ma
non quello che è stato generato dal mio prossimo.
Se vedo la sofferenza di un essere umano e vedo
che lo posso aiutare, non modificherò con ciò le con­
seguenze karmiche dei suoi atti, ma potrò forse dimi­
nuire il suo rancore, migliorare il suo ritmo e impedi­
re così di aggravare la concatenazione del suo
Karma.
NON BISOGNA DIMENTICARE CHE SIAMO TUTTI UNITI
IN SOLIDO NELL'UOMO COSMICO; DUNQUE QUESTA
SOLIDARIETÀ CI RENDE, IN QUALCHE MODO, PARTECIPI
A QUELLO CHE SUCCEDE AGLI ALTRI. POSSIAMO, IN
QUESTA MANIERA, MIGLIORARE IL LORO STATO D'ESSE­
RE PER MEZZO DELLA NOSTRA STESSA REALTÀ. È COSÌ
CHE L'AZIONE ATTIVA DELL'AMORE IMPERSONALE PUÒ
COMPENSARE LA DUREZZA DELLA LEGGE DEL KARMA.

264
* * *

Se la cessazione dei ritorni all'esistenza terrena


è lo scopo finale e la liberazione dell'essere spirituale,
è tuttavia augurabile che la reincarnazione possa
effettuarsi fino all'esaurimento delle catene karmiche
e all'unificazione dei diversi aspetti della coscienza.
È difficile spiegare schematicamente le possibilità
e impossibilità; l'esempio del cristallo potrà permet­
terei di immaginare questi differenti casi.
Il sistema assiale, specifico di ogni forma cristallina,
può rappresentare il Ka divino. Venendo un cristallo
disgregato per dissoluzione, il suo solvente diventa
la sua "acqua-madre", cioè il suo "ambiente ".
L'apporto di un'infima parte dello stesso cristallo
nella sua acqua-madre, sufficientemente concentrata,
susciterà la formazione di cristalli identici, cioè spin­
gerà la sostanza del suo ambiente ad aggregarsi nuo­
vamente conformemente al proprio Ka, vale a dire:
reincarnazione.
Ma può accadere, se l'ambiente non è abbastanza
concentrato, che la particella di cristallo si dissolva
nell'acqua in eccesso; allora il cristallo verrà dissolto,
diverrà inesistente: detto in altro modo, non potrà
reincarnarsi.
Analogicamente si può, malgrado l'immagine
37
imperfetta, comprendere lo stato dei disincarnati
37 Si tratta del loro Io cosciente, o Ka intermediario.

265
i quali, non essendosi formato !"'ambiente omoge­
neo", non possono né cristallizzarsi attorno al loro Ka
divino, né reincarnarsi (cioè riprendere forma) per
mancanza di ambiente attrattivo; essi rischiano, come
il cristallo dissolto nell'acqua-madre eterogenea o
troppo diluita, di restare dopo la morte in questo
stato latente che l'Occidente chiama "limbo", senza
potersi realizzare né in uno stato, né nell'altro.
È per ovviare a questo pericolo che i popoli antichi
hanno moltiplicato gli accorgimenti (immagini e sta­
tuette funerarie, rappresentazioni di scene preferite
dal defunto, ritratti di antenati, ecc.) per creargli un
richiamo terreno, in ragione dell'attrazione affettiva
che essi sono in grado di esercitare sulla forma astrale
che ancora li avviluppa.

* * *

Quanto alla realtà della reincarnazione, la sua com­


prensione necessita la conoscenza degli elementi
costitutivi dell'essere umano.
Ciò che nell'uomo si reincarna, è ciò che non può
essere distrutto dalla morte, cioè il doppio aspetto
della sua Coscienza: il suo Testimone spirituale
e il suo Testimone-Io (il suo Ka divino e il suo Ka
intermediario).
Se durante l'esistenza terrena, il Testimone-Io ha
"integrato " le coscienze animali del suo corpo

266
(i suoi Ka animici), egli ha costituito l'ambiente immor­
tale, generatore del suo "corpo glorioso" che potrà,
progressivamente, formarsi in questo ambiente per
comunione con il Testimone spirituale, fino alla loro
unificazione totale - prima o dopo la morte - il che
sarebbe la liberazione definitiva.
Ma fino a questa vittoria finale, sussiste sempre
il pericolo di un allontanamento del Testimone spiri­
tuale, se durante l'esistenza terrena la Personalità
rifiuta di sottomettersi al suo dominio.
Quale che sia il potere acquisito dal Testimone-Io,
se la morte lo sorprende in questo isolamento, l'Io
cosciente non può che seguire nell'altro mondo l'im­
pulso egoista manifestato sulla Terra. È sempre la sete
insaziabile dell'Io che volendo essere se stesso, esclude la pos­
sibilità di riunirsi con il suo Ka divino, suo Testimone
spirituale del Sé impersonale, di cui percepisce e
invidia la potenza.
Per questo le tavolette funerarie dell'Antico Egitto
lo rappresentano "alla ricerca del suo Ka", senza il
quale non può essere certo della propria immortalità
definitiva.
Questa ansiosa ricerca, "sulle orme" del Ka divino,
corrisponde alla "dannazione" con la quale la teolo­
gia cristiana esprime la sofferenza dei "dannati ",
coscienti della loro privazione del Divino, che a loro
è diventato inaccessibile.
I.Juna e l'altra di queste tradizioni esprimono la stes-

267
sa realtà, salvo per la questione della perpetuità: in
effetti le scene funerarie egiziane raffigurano gli osta­
coli che impediscono al disincarnato di raggiungere il
suo Ka, senza tuttavia porli nella condizione irrime­
diabile di un inferno eterno. Questo stato di insoddi­
sfazione può dunque condurlo a una nuova incarna­
zione, la quale non farà che accrescere l'impulso di
esaltazione dell'Io, soprattutto se la precedente esi­
stenza gli ha fatto acquisire la prima chiave del regno
38
sovrumano : la maestria dei suoi tre stati inferiori, la
quale gli conferisce qualche potere sugli esseri e gli
stati d'essere che fanno parte della Natura. Ciò può
spiegare le disposizioni innate che danno a certi esseri
una vera padronanza umana, che essi impiegano per
fini di dominio diametralmente opposti alla realizza­
zione spirituale. Se, per questo motivo o per il rifiuto
della Luce, la disposizione dell'uomo rende impossi­
bile la sua rigenerazione mediante l'azione del
Testimone spirituale, può accadere che esso si allon­
tani definitivamente, esponendo così l'Io cosciente
alla dissoluzione di cui i teologi parlano con terrore
come della "seconda morte". Quali che siano le cause
e le condizioni di un tale abbandono, che si può pro­
durre sia durante sia dopo l'esistenza terrena, l'uomo
"privato" dei suoi elementi immortali è ridotto allo
stato di animale umano e non può più tendere al
regno sovrumano. Dopo la sua morte, i suoi elementi
38 Vedere: ''Le due chiavi del regno sovrumano': capitolo VI, 3.

268
animici (i suoi Ka inferiori) cercano di riprendere
forma nei regni che sono propri (animale, vegetale,
minerale), per ricominciare il loro ciclo nel corso del
quale potranno di nuovo cercare la possibilità di una
rianimazione.
In ciò consiste la misericordia divina.
Si possono in questo modo spiegare dottrine così
39
diverse come le metempsicosi , a condizione di con-
siderarle come le trasformazioni di un residuo.

39 Non confondere metempsicosi con metamorfosi...

269
20. I maestri

La tradizionale affermazione dell'esistenza di


Maestri di Saggezza ha bisogno di essere precisata.
Si è detto, fra le altre cose, che tre "Maestri" erano
le guide delle tre grandi vie mistiche: il Maestro della
Conoscenza, il Maestro dell'Amore e il Maestro
dell'Azione. Vediamo quello che bisogna intendere
per queste "tre vie".
Esse sono i modi con i quali si può esprimere ed
esercitare l'allargamento della COSCIENZA attraverso
l'esistenza umana.
La Conoscenza deriva da un allargamento della
Coscienza che permette l'esercizio dell'Unione.
Abbiamo già parlato delle sue caratteristiche e del
suo criterio: essa non comporta, in principio, alcuna
azione.
IJAmore esercita soprattutto il Dono assoluto nell'e­
spansione illimitata dell'Io nel Sé Universale; non
cerca che di irradiare, non può agire che sotto
la forma impersonale del Dono senza discriminazio­
ne. L'assenza di volontà personale e la tendenza
espansiva lo conducono così all'Unione ma esso non
si esprime necessariamente come conoscenza intelli­
gibile.
L'Azione, nel suo principio, è movimento ed esecu­
zione di volontà: senza volontà non vi è azione.
La volontà stessa è un movimento verso uno scopo

270
definito. Così volontà e movimento si sovrappongo­
no in qualche modo.
Misticamente l'azione è un'esecuzione, sia di una
volontà alla quale essa obbedisce, sia di un impulso
dovuto alla necessità delle circostanze.
Questa necessità è risultato di una precedente
volontà personale, qualche volta molto lontana, il
concatenamento delle cui conseguenze porta all'ob­
bligo di una nuova azione, cioè l'azione obbedisce
sempre a una volontà.
L'azione non comporta la Conoscenza, la quale
è oscurata dal movimento e dalla volontà.
Ecco perché Guide e Istruttori non possono gene­
ralmente esservi sottomessi che nella misura minima
necessaria alla loro missione.
L'uomo d'azione deve esaminare, innanzitutto,
la qualità delle volontà alle quali egli si sottomette,
poiché ciò che è proprio dell'azione è agire per agire
nell'integrità delle direttive ricevute, senza preoccu­
parsi del risultato.
D'altronde, non è saggio dividere la ricerca mistica
in tre casi così determinati: è un metodo scolastico
che non corrisponde molto alla realtà. Non si posso­
no isolare gli elementi della vita come si seziona
un cadavere.
Tutto ciò che è vivo, è complesso e bisogna conside­
rare ognuna di queste tre vie come una potente ten­
denza che è obbligata, per esprimersi, ad allearsi più

271
o meno alle altre due o a una di esse. Ciò detto, ritor­
niamo al no stro punto di partenza: vi sono dei
Maestri dotati di poteri sovrumani, che ci spiano, ci
giudicano o ci aiutano? Dove risiedono? Chi sono?
Se si vogliono spiegare delle dottrine prendendo in
prestito il loro linguaggio, ci si espone ad una nuova
disputa verbale. Meglio provare a guardare il fatto
sotto un aspetto nuovo, sforzandosi di dimenticare le
idee e le parole preconcette.
Proviamo a gettare un'occhiata imparziale sui grup­
pi umani che popolano la nostra Terra.
Osserviamo una grande mole di simboli, dogmi,
culti; vi convivono fanatismi irriducibili, le pratiche
più strane, le morali più opposte.
Le Chiese divergenti per culto dalla "vera Fede"
si combattono il Venerdì Santo nella chiesa del Santo
Sepolcro.
I feticci dei negri conservano nella loro foresta
la dottrina dell'animismo dei primitivi.
I discepoli buddisti della compassione sono accanto
ai feroci Thugs di Kali, il muezzin canta l'Unità
di Allah per gli Sciiti come per i Sunniti, e i Parsi
di Zoroastro affermano la dualità dei primi Principi!
Tuttavia un anelito comune sale da tutti questi petti:
"A"m tateCI.· 1 D ateCI.1 Proteggetlct .1 D et· .1 . . . A nge 1 1· .1
· · ·

• • •

.
Sant1 1. . . . Stregom l. . . . Gem 1. . . . Fate per nm czo
· · ·

" c.he non


'

abbiamo il coraggio di fare noi stessi!". Povera umanità


pietosa, che non parla che d'indipendenza e di libertà

272
e non ha la forza di riconquistare il suo status origina­
le: "Uomo re della creazione". Dire che Adamo,
l'uomo rosso, possa "nominare" tutte le altre creatu­
re, è come dire che ne aveva la sovranità latente :
Uorno che hai fatto del tuo potere? Ascolta la strana
leggenda che ogni setta di ogni Fede bisbiglia
in segreto: "Il nostro Messia è vicino! . . . Il nostro Re
della Terra è nato ! . . . Il Mahdi, il nostro!. . . Il nostro
Cristo Re! . . . Il nostro Maestro viene a regnare sulle
nazioni!"
Dall'Oriente fino all'Occidente la stessa speranza
agita tutti i fanatismi; e i credenti di ogni culto se ne
appropriano; ognuno lo attende, lo chiama, LUI, colui
che deve venire a portare loro ... cosa? La Luce?
Ecco il dominio del Mondo! Ecco come, nel perpe­
tuarsi del loro potere temporale, preti e fedeli hanno
tradito la grande promessa che è quella della "venuta
del Maestro" di cui il Vangelo dice: "Svegliatevi dun­
que, poiché voi non sapete quando il vostro Signore
40
deve venire" ... l'ora della venuta del Maestro per
il nuovo impulso e il risveglio dell'D orno divino
in coloro che sono pronti.
- Ma il Maestro, chi è?
- Abbi pazienza! Tu hai troppa fretta: chi vuole
conoscere il più deve prima conoscere il meno: non
ignorerai più il suo vero volto se non ti lascerai
ingannare dalle parole.
40 Matteo, 24, 42.

:n:·!
Non hai mai riflettuto, nel silenzio, al suo valore
profondo? Non hai mai sentito il brivido della sua
presenza ?
Il Maestro ? È la potenza che, in un momento
di squilibrio, ti afferra, ti sovrasta, ti rivela a te stesso
e qualche volta riesce, di sorpresa, a importi la tua
regalità!
Il Maestro? È il discorso vibrante dell'oratore che ti
scuote all'improvviso; il fabbro, la cui abilità a forgia­
re l'acciaio ti avvince con la potenza del suo "gesto
essenziale"; è la reazione inopinata di combinazione
chimica, che oppone ai calcoli previsti il gioco di
legge ignorata.
Il Maestro? È il mendicante che riesce a turbare
la tua quiete, quando si presenta affamato, alla porta
del ristorante dove tu gus ti un buon pranz o ;
è il mare, fino ad allora calmo, che improvvisamente
afferra il pescatore alla gola quando le sue onde
profonde, agitate dal vento, si infrangono in tempe­
sta, disalberando la nave, se l'uomo non riesce ad
adattarsi al ritmo folle degli elementi e a maneggiare
il velame nell' istante favorevole; è l'impulso di uccide­
re, che la gelosia scatena improvvisamente nell'uomo
che si credeva sicuro della sua virtù ...
- Il Maestro ha questi istanti violenti?
- Sì : dal momento che vi è il buon Mae stro,
vi è anche il cattivo. Il "Maestro" è l'unione forzata
dell'essere intimo, il brivido irresistibile una median-

2 74
te vibrazione che ci mette improvvisamente "all'uni­
sono".
Dimmi: in quegli istanti, questa vibrazione non
è forse il tuo Maestro? Non si domina se non ciò che si
conosce; ignoravi questa forza impetuosa o non l'hai al
momento riconosciuta; essa ti sorprende e si fonde
con te: è quello, il "Maestro che viene". E la padro­
nanza umana consiste giustamente nella coscienza con­
tinua, così presente da non lasciarsi più sorprendere.
Questi istanti, quali che siano, sono degli istanti
benedetti, delle occasioni di Luce che ti trasfigurereb­
bero se tu sapessi ...
Macché! Gli uomini ne hanno paura. Preferisci
ignorare l'impulso astioso o crudele, rigettandolo in
qualche angolo oscuro delle tue cellule, dal quale
ritornerà forse fuori un giorno, malgrado te.
Se l'avessi guardato fisso, !asciandolo vibrare
"in tua presenza", ti avrebbe rivelato delle forze
segrete che si sviluppano a tua insaputa; e conoscerle
vuoi dire imparare a distruggerle.
Ma hai paura di turbarti. Se il tuo cuore "si chiude"
davanti al povero che ha fame, il tuo pranzo può
essere disturbato! E devi diffidare della parola che ti
commuove : potrebbe comprometterti se l'oratore
valesse qualcosa...
Prudenza! Paura di vivere! Paura di trovare "per
caso" luce!
Oh, felice il semplice che osa, senza badare alle

'275
convenzioni umane, salutare il Maestro al suo passag­
gio, qualunque sia il suo volto; fulmine, entusiasmo,
onta, terrore o scossa erotica, miserabile o artista,
Machiavelli o Gesù. "Quello" che risveglia lo Spirito
in te, è un gesto di richiamo del Maestro della tua
anima.
I suoi mezzi sono innumerevoli: desiderio, rimorso,
sete di eccesso o d'infinito, impulso creatore; è sempre
il bruciore del Fuoco, risvegliato in te il giorno in cui
fosti "dotato" di anima vivente e che, bruciando
di quando in quando, trasforma il tuo essere in vulca­
no. Si parla sempre della tua anima, non si parla mai
del Fuoco.
Tuttavia la tua anima d'uomo imperfetto è comples­
sa, così complessa che i suoi elementi anarchici pos­
sono provocare in te movimenti senza nesso appa­
rente e tu non riconosci più te stesso. Ma non vi è che un
Fuoco al mondo, le cui manifestazioni sono molteplici.
Il Fuoco Originario è semplice e indivisibile ma dopo
la sua caduta nella sostanza che diventa la sua matri­
ce, crea una divisione in due fuochi opposti.
Così si hanno due poli.
Si ha il "mondo" e "l'immondo".
Si ha il fuoco celeste e il fuoco terrestre.
Si ha il DESIDERIO e la volontà: si ha la lotta.
E da questa lotta deriveranno la sofferenza, l'incer­
tezza e la malattia. Là dove vi è lotta vi è vita; e se
i fuochi dei due poli si congiungono un istante, vi

276
è il bagliore. Ogni congiunzione genera la distruzione
momentanea di una forma, ma la decomposizione
delle parti genera nuova attività e vita, non potendo
la natura terrestre restare immobile. Questa è la base
che, profondamente meditata, apre numerose porte.
Il Fuoco resta sempre il Fuoco: esso è. Ma trasforma
ogni cosa. Nascosto nel seme dove sonnecchia fino
a che la terra umida lo risveglia, può aspettare per
lungo tempo questa resurrezione.
Ma al suo risveglio, scalda dolcemente il seme
e comincia a manifestare la sua azione per lo sdop­
piamento dei principi e la loro lotta.
E "la sua rivoluzione genera il movimento della
vita".
Qui ci fermiamo. Siamo alla soglia di un tale miste­
ro che bisogna accettare un incontro fra il Cuore
e la ragione.
- Ma questo è inconcepibile: "questo" Fuoco spiritua­
le, causa vivente di ogni cosa, questo Fuoco può
attendere per lungo tempo la sua resurrezione ?
Perché que sta p azienza? Il principio di vita
è dunque inerte? Ciò che ci anima non vuole dun­
que vivere ? Ciò che è Realtà non cerca dunque
di superare la forma illusoria? Ciò che è verità non
vuole dunque dominare la discordia? ...
- Sei tu, cervello, che giudichi così perché separi,
paragoni e immagini il mondo secondo te stesso;
ma per la Natura non vi è né buono né cattivo: vi è

'2 7 7
attrazione o repulsione. Sono forze elementari, non
razionali quelle a cui obbedisce questo Fuoco
essenziale.
- Cosa? Lo Spirito non è dunque Maestro di se stes­
so?
- No, fino a che è attirato nella rete della materia,
obbedisce alla Necessità del regno in cui si è incar­
nato; come l'ovulo, animato dallo sperma, seguirà,
da quel momento, ineluttabilmente le fasi di gesta­
zione secondo la sua specie.
- È dunque prigioniero di questa sostanza?
- Sì, fino al momento della sua dissoluzione; allora è
liberato dai suoi vincoli e può riprendere vita dalla
fusione con ciò che, in questa sostanza, si era già
unito a lui.
- Tutto ciò non può essere fatto che con la morte?
- Questa morte sopravviene innumerevoli volte nella
tua vita, in certi sedi del tuo corpo e qualche volta
un po' di materia diventa la tua carne vivente.
- Ma come chiamare ciò che è così unito?
- È l'anima sensitiva.
- Cosa? I1anima è dunque materia?
- No, ma essa sembra tale perché ha sempre bisogno
di una "sostanza" che la veicoli.
Se il Principio spirituale è semplice, l'anima di cui
parliamo è complessa, perché essa è l'agglomerato
di tutte le tendenze vitali che si sono, per così dire,
raggruppate attorno al "nucleo spirituale" primitivo

278
(come il cromosoma), secondo le sue peregrinazioni
nell'esistenza materiale. Questa "anima complessa"
è chiamata più esattamente, in Egitto, il Ka, di cui
svilupperemo altrove i differenti aspetti. Ognuno di
questi Ka lotta per la propria vita e tende a mono­
polizzare la volontà secondo il proprio profitto.
Solo la coscienza del gioco di questi diversi elemen­
ti permetterà di realizzare un individuo armonioso
e completo. Questo è lo scopo dell'esistenza umana.
Vi è la Necessità, per ogni vita individuale, di pren­
dere totalmente coscienza della materia che l'incar­
na, prima di ritornare alla sua Sorgente divina.
Quello che è uscito un tempo dall'Unità, non può
trovare la vita eterna senza questa resurrezione o
realizzazione totale.
- Ma quello che non è uscito?
- Entriamo qui nel mondo degli Archetipi, di cui tutte
le creature terrestri sono i simboli.
Prima di dubitare, riflettete su ciò: perché sarebbe
inconcepibile che un'Armonia di Potenze archetipi­
che costituisca un mondo spirituale che domina
e compenetra con le sue energie il nostro mondo
materiale, allorché vediamo nei centri nervosi del
cervello "microcosmo" un centro energetico da cui
dipendono tutte le funzioni fisiche e mentali del
corpo terreno? Con questa differenza tuttavia, che ciò
che è effetto e divisibile nell'uno, è causale e indivisibile
nell'altro. Là risiede il mistero delle Gerarchie spiri-

279
tuali che possono stare in seno all'Unità, senza perde­
re la propria Entità.
È difficile da capire? Impossibile per il nostro pen­
siero. Non lo possiamo concepire che con l'unione di
ciò che vi è in noi della stessa natura di questa
Origine indistruttibile.
Per la nostra intelligenza, che per comprendere
deve sempre paragonare, quindi contrapporre, que­
sta diversità nell'Unità è insopportabile.
Tuttavia un'immagine può essere creata mediante la
luce, che in se stessa è bianca e che non manifesta i
sette colori se non quando è infranta da un prisma.
E la luce è vibrazione del Fuoco essenziale e il Fuoco è
manifèstazione del Verbo originale. Il Verbo è "ciò" che si
è incarnato e ciò che si è incarnato è, come dice
Platone, "l'Identico ". L'"Identico" è il medesimo di
"Ciò " malgrado le sue incarnazioni, "Ciò" non è mai
diviso. In ogni incarnazione tutti i Numeri essenziali
sono incarnati in un solo Fuoco; essi si manifesteran­
no successivamente, in seguito al "divenire" delle
forme, pur essendo virtualmente simultanei.
"Ciò" prende forma nei differenti regni della terra
e, attraverso ognuna delle sue forme, raggiunge pro­
gressivamente la propria coscienza perfetta.
Arriviamo infine al mondo dei veri "Maestri" .
Quando un uomo di questa Terra è riuscito a incarna­
re il suo Ka divino e a integrare la sua Coscienza, egli
ha realizzato il suo "corpo di gloria", cioè il suo esse-

280
re indistruttibile, per il quale la morte non è che libe­
razione dai suoi ostacoli fisici.
Può allora vivere nella patria, o "ambiente spiritua­
le" che gli corrisponde o restare nello stato accessibi­
le all'Umanità, per aiutare la sua evoluzione; meglio
ancora può cercare una nuova incarnazione, per
svolgere il suo ruolo di aiuto. Questi sono, nei loro
diversi stati, i "Perfetti" che si possono chiamare i
Maestri.
Niente di tutto ciò è contrario al buon senso.
Ma il pericolo comincia con la fantasmagoria che
spesso è stata creata attorno a questa realtà.
Ricordiamoci sempre di questo: fra il "mondo" spi­
rituale e il "mondo" fisico vi è un abisso così insor­
montabile per le facoltà cerebrali, da essere una mura­
glia fisica per il corpo fisico. Ogni pensiero umano è
dunque fallibile, se non esprime fedelmente ciò che
l' "unione" gli rivela. Bisogna sottolineare che ogni
Istruttore capterà nella Luce dei Saggi (sia essa ispira­
ta da un Maestro o ritrovata in se stesso è la stessa 41
cosa) quello che ne può assorbire la natura della sua
anima. Così un sole diffonde su tutti i suoi pianeti
raggi di una luce identica; tuttavia ogni pianeta li
riflette secondo il suo "colore" e influenza con il pro­
prio aspetto i raggi che emanano da essa.
Non vi è, in questa diversità inevitabile di colorazio­
ne, alcun tradimento di trasmissione ma ciò spiega
41 Couleur: "colore" nel testo originale. (N. d. T.)

28 1
quanto sia insensato per un Istruttore, per quanto
grande sia, ritenersi unico possessore della Verità.
Egli non può insegnare che sotto la forma e il "colo­
re" che corrispondono alla natura della sua anima
e alla sua possibilità di espressione fedele. Fuori da
questo dominio, oltrepassa o devia dalla sua missione
e carica il suo Karma di una pesante responsabilità.
La tentazione, tuttavia, è tanto più grande in quanto
i suoi discepoli, non conoscendo il limite imposto al
loro Maestro dalla propria missione, forzano spesso,
con sventatezza o vanità, l'ampliamento di questa; ed
è il reale pericolo contro il quale ogni illuminato
è obbligato a premunirsi, a forza di abnegazione
e impersonalità. Ogni metodo di insegnamento attrae
naturalmente i discepoli cui conviene; e questi disce­
poli non dovranno mai dimenticare (questo lo sa
anche il loro Maestro) che la Saggezza non è accessi­
bile a tutti gli uomini, ugualmente pronti, sotto lo stesso
aspetto e con lo stesso metodo. È questo quello che hanno
così lealmente compreso e applicato i Saggi del
Tibet, che dirigono qualche volta i loro allievi verso
tale o tal altro Maestro, il cui insegnamento conviene
loro meglio.
I discepoli devono praticare la stessa Saggezza e
mai compromettere negli altri il risveglio della Luce,
con una vergognosa gelosia di scuola.

282
21. L'Elite

Quando si intravede la possibilità di chiarire qual­


che problema che angoscia l'uomo di oggi, si incon­
tra la prima difficoltà: per chi bisogna parlare?
Le differenze di cultura e di credenze, l'influenza
dell'educazione e le deformazioni professionali crea­
no una tale moltiplicità di opinioni e di direttive, che
riesce difficile trovare un linguaggio comune.
Al di fuori del "gran numero" il cui interesse non
è rivolto che alle preoccupazioni materiali e alle
ambizioni personali molti esseri sono attualmente
tormentati da una sete di conoscenza, relativa ai pro­
blemi essenziali o da un'insoddisfazione delle loro
aspirazioni profonde. I.Jincertezza è alla base di que­
sti due tipi di inquietudine: incertezza di un cammi­
no, per incertezza dello scopo. Sembra che, per i due,
la soluzione sia la conoscenza delle leggi che determi­
nano l'incarnazione umana e che definiscono il suo
scopo. Ma si rischia, una volta di più, che questo
insegnamento prenda l'asp etto di una dottrina
la quale avrà i suoi sostenitori come i suoi detrattori...
a meno che non la si dimostri; ebbene ciò non è pos­
sibile se non individualmente.
Si sarebbe dunque tentati di limitare questa risposta
all' Elite che può comprendere. Ma chi può scegliere
l'Elite alla quale bisogna indirizzarsi?
Essa non è determinabile che in relazione allo

283
scopo considerato: se lo scopo è il dominio dei popo­
li, sarà costituita dai magnati delle potenze militari
o economiche o dei segreti politici.
Se lo scopo è la formazione di un'aristocrazia della
razza o della potenza fisica o intellettuale, l'Elite sarà
la selezione dei loro elementi, i più adatti. Se lo scopo
è raggiungere il destino più alto dell'umanità, l'Elite
sarà determinata dalle qualità necessarie a realizzarlo.
Questo destino è indicato, nella storia umana,
da alcuni grandi esseri che, nella successione delle
razze e delle epoche, sono arrivati al suo apice.
Il loro esempio può essere qualificato come favolo­
so o divino, ma perché si sono posti come modelli
indicando come scopo un regno o stato sovrumano?
A forza di parlare dei progressi della scienza, della
potenza del pensiero matematico, delle scoperte bio­
logiche o meccaniche, si è perduto di vista il solo pro­
gresso che conta per lo scopo essenziale dell'uomo:
la prova dell'essere eterno e della sua evoluzione, che
sopravvive alla sua esistenza corporea; delle facoltà,
grazie alle quali acquisisce il discernimento di ciò
che è reale rispetto alla Realtà spirituale e di ciò che,
nella realtà sensibile, è relativo rispetto a questa
Realtà.
La potenza del pensiero può inorgoglire l'intellet­
tuale e obnubilarlo sul suo vero destino; ma la Realtà
prende la sua rivincita, quando delle reazioni fortuite
vengono a invalidare le deduzioni più logiche dei

284
sapienti, psicologi o politici. La morte è l'ultima delle
sue rivincite: al momento di abbandonare tutto quel­
lo per cui ha vissuto, il morente si può domandare
cosa gli importa di tutto questo ... Credente o non cre­
dente nella sopravvivenza, l'uomo prova il bisogno
di continuità che giustifichi le sue lotte e compensi le
proprie delusioni; rispetto al coraggio di prendere in
considerazione una sopravvivenza che potrebbe cominciare
da questa esistenza, con uno stato di trascendenza che i
Saggi hanno chiamato il "regno sovrumano", quanti
uomini ne sono impediti da un falso pudore!
È meglio, ai loro occhi, morire con la spaventosa
sensazione di avere "sprecato la propria vita", piutto­
sto che essere ridicolizzati dal riso degli "spiriti forti".
Altri si sono lasciati sedurre dai metodi destinati
all'acquisizione di poteri detti "magici" o psichici, che
producono dei fenomeni anormali negli stati inferiori
dell'essere o della materia: fisico, emotivo o mentale;
non vi è nulla in tutto ciò che riguardi il "sovrumano ".
Il regno sovrumano è lo stato in cui la coscienza
spirituale predomina sulla coscienza psicologica della
vita inferiore e in cui l'Universale prevale sul partico­
lare. I Saggi che ne hanno parlato hanno denunciato,
come suoi ostacoli essenziali, la complessità dei desi­
deri e dell'intelligenza.
Essi non hanno parlato di "poteri", ma di facoltà
inerenti allo Spirito che governa la materia. . . Non
hanno parlato della volontà realizzatrice di fenomeni,

285
ma dell' assenza di egoismo, di odio e di violenza, che ha il
potere di smorzare le aggressività animali e umane.
Ciascuno di loro ha parlato secondo il proprio lin­
guaggio, di selezione di esseri, i quali hanno acquisi­
to le qualità richieste per partecipare al regno sovru­
mano, i "chiamati" o che vi sono pervenuti, gli "elet­
ti". Che sia per mezzo dei Vangeli, che sia grazie a
Lao Tse o ai Maestri egiziani, è detto che il "regno
divino", il Tao, il cammino di Maat, è da scoprire in
noi stessi.
Il che è come dire che l'elezione, o selezione
dell'Elite , si decide in ognuno di noi, secondo
la nostra reticenza od obbedienza ai nostri impulsi
superiori.
Nessun Saggio ha mai detto che sono favoriti gli
uomini rinomati per la loro scienza o la loro potenza,
ancora meno i sapienti "dottori della legge"!
Tutti invece sono stati d'accordo nell'attribuire que­
sta elezione agli esseri che hanno ritrovato nella loro
piena coscienza di uomo, la semplicità del fanciullo.
Si potrebbero definire, per quanto detto sopra, Elite
dell'Umanità attuale gli esseri che hanno almeno
cominciato a prendere coscienza del loro stato attuale
di coscienza e che, insoddisfatti nella loro umanità ani­
male, aspirano a raggiungere uno stato superiore.
Ciò implica già una scelta molto ristretta, poiché,
anche fra gli uomini detti "colti", quanti hanno acqui­
sito la nozione reale di ciò che differenzia il sovruma-

286
no dall'umano ? Molti l'apprenderanno quando
saranno già su questo cammino: è dunque un circolo
vizioso, sul quale non ci si può basare per definire
l'Elite e coloro che hanno in sé la semenza delle qua­
lità richieste, non si preoccupano affatto di tale clas­
sificazione.
L'interesse per questa definizione si dà solo se è
necessario rettificare un giudizio errato sulla natura
del progresso che fa passare l'Umanità allo stato
di sovrumanità.
Non è la definizione che importa, ma la constatazio­
ne dei sintomi, caratteristici di una disposizione
acquisita o di una predestinazione. Essi sono:
- la tendenza a simpatiap,re con la sofferenza degli altri,
simpatia che non è la pietà ma un'apertura del
Cuore, il cui irraggiamento, senza scelta né discri­
minazione, è per se stesso un balsamo che soccorre
impersonalmente;
- la generosità morale e materiale, nel senso opposto
all'invidia e all'avarizia;
- la coscienza o prescienza della solidarietà;
- il senso efficiente della responsabilità;
- la ricerca di ciò che conduce alla semplicità del cuore
e del pensiero, poggiando sul punto essenziale in ogni
cosa e rifiutando tutto quello che è basato sull'abi­
tudine, l'opinione mondana o i pregiudizi.
Bisogna anche aggiungere il "senso dell'eccesso",
quando il suo movente non è l'avidità dei piaceri sen-

287
suali. Oltre questo fine, l'eccesso esprime il bisogno
di uscire dai limiti naturali o convenzionali; è un ten­
tativo di evasione, fuori dallo stato precario dell'uma­
no, per toccare, non fosse che per un istante, il sovru­
mano. Come la natura non sostiene mai l'eccesso,
questa tendenza è giustificata da un desiderio istinti­
vo di superare le proprie frontiere. Se il fine dell' ec­
cesso non è un interesse o piacere egoistico, basterà
dirigerlo per raggiungere lo scopo, avendo il corag­
gio eroico di spezzare i limiti della sicurezza per
entrare nell'illimitato.

* * *

Non è quindi il caso di definire l'Elite come una


selezione di esseri privilegiati per la loro cultura, i
loro poteri o le loro conoscenze.
I suoi membri sono coloro che cercano, non importa
in quale modo, di contattare "Ciò che non può mori­
re" in loro stessi e nell'Universo: coloro che si sentono
eredi, non dei loro antenati terrestri ma di esseri già
pervenuti allo stato di "viventi incorruttibili" ...
Tuttavia non bisogna credere che queste disposizio­
ni siano sempre coscienti fra gli esseri "predisposti";
frequentemente, al contrario, esse si manifestano
solamente con un'indefinibile "fame" che nessuna
delle soddisfazioni umane può saziare.
Ma è sufficiente che queste tendenze siano chiara-

288
mente esposte perché l'uomo attento riconosca nel
proprio cuore il richiamo al quale esse corrispondo­
no ; la sua adesione cosciente ne fa un membro
dell'Elite e lo rende immediatamente sensibile alle
sofferenze degli altri uomini. Infatti, la causa di queste
sofferenze è l'egocentrismo: esso rende l'individuo
impermeabile al Fuoco animatore del Mondo, avvol­
gendolo con una corazza che isola gli uni dagli altri
come delle cellule sclerotizzate.
Costoro, quali che siano i loro sforzi per acquisire
una padronanza, dei poteri o "la Conoscenza", accre­
scono con questo sforzo anche lo spessore della loro
corazza, grazie all'inflazione del loro Io.
Essi possono costituire un 'Elite terrena, ma non
hanno rapporto con il regno sovrumano, dove sono
frantumate le "corazze" personali e dove la Co­
noscenza è il frutto di comunione "fra i Sé". Questa
differenza segna la distanza che separa i due cammi­
ni: al loro punto di partenza essa può avere lo spesso­
re di una lama di rasoio, ma il loro punto di arrivo
è distante come la nostra crosta terrestre dal sole che
l'anima!
Il regno "dei cieli" o del sovraumano, è una libera­
zione dell'umano con la sua espansione al di là della
personalità. I poteri che gli sono promessi sono
i miracoli compiuti con la non-resistenza e l'amore
impersonale. E la sua Elite è costituita dai "semplici"
di cuore e di pensiero, che ne sono il fermento.
Quinta parte

LUCI
SUL CAMMINO
22. Seconda visita alla caverna

L'uomo ritornò alla caverna. Ma il tempo aveva tra­


sformato il paesaggio, il grano tagliato rendeva
la terra ispida, dei rovi nascondevano la roccia e ogni
traccia di sentiero era cancellata dalle foglie nuove.
L'uomo, deluso, non trovava l'entrata.
Avendo cercato invano qualche punto di riferimen­
to, elaborò dei piani, fece dei calcoli ... senza risultato.
Prima di abbandonare la ricerca, vide, avvicinando­
si ai cespugli, i tralci rossi di una vigna che sosteneva­
no dei grappoli maturi. Si avvicinò e la sua avidità gli
fece fare un passo falso; incespicò, il suo piede sci­
volò nel vuoto... e l'uomo si ritrovò, ruzzolando alla
cieca, ai piedi della scala discesa suo malgrado!
Un riso rauco risvegliò la sua coscienza.
- Dove cerchi l'entrata, uomo prudente? Nelle stelle?
Da dove viene la voce? ... Il visitatore confuso ispe­
ziona con gli occhi l'antro vuoto. Dall'alto, infiltran­
dosi da una doppia fessura, due fasci luminosi riem­
piono il muro di riflessi cangianti.
Delle ombre vi si proiettano, dando l'illusione
di forme animate, di scene fantastiche.
E l'uomo affascinato contempla i giochi meraviglio­
si della luce, la combinazione dei colori, la meta­
morfosi incessante delle ombre ... egli guarda, dimen­
ticando la voce e la caverna.
Ma ecco che altre aperture emettono delle sonorità

293
inesplicabili ... Che strano concerto, le voci e i rumori
di tutto ciò che si muove sembrano mischiarsi fra
loro senza confondersi! Si stupisce di distinguere le
parole e i canti familiari, le grida degli animali, la
voce del vento, del ruscello e del tuono, il brontolio
della valanga e il più piccolo fruscio d'ali, che lo inca­
tenano obbligandolo a immergersi in ognuno di essi.
Vaghi profumi fanno deviare la sua attenzione; cerca
e scopre altre fessure. l.Jimplacabile curiosità lo obbli­
ga a considerare minuziosamente tutti gli odori, tutti
i sapori, analizzando e comparando, dimenticando
l'esistenza del suo scopo e del suo viaggio.
- Cosafai?
La voce sotterranea lo colpisce come un rimprovero e
lo distoglie dall'influsso.
- Ascolto, osservo ... mi sono dilettato con le fanta­
smagorie di questo luogo, che hanno sorpreso
i miei sensi ... e il tempo è passato. Ti cercavo, non
ti ho trovato!
- Non puoi trovarmi dove non sono. Cosa vuoi?
- Ricevere un consiglio dalla tua saggezza.
Ma è venuta la notte: saprò ancora raggiungerti?
- Conosci l'antico detto: "Visita l'interno della Ter-
42
ra" . Io abito nella caverna: Tu, dove sei?
- Credo di essere nella caverna.
- Illuso! Tu non conosci il cammino della Profondità;
42 VJ. T.R.I. O.L. È un acrostico, impiegato in Alchimia, formato dalle lettere iniziali
della seguente frase: Visita Interiora Terrae, Rectificando Invenies Occultum Lapidem
(Visita l'interno della Terra, rettificando troverai la pietra occulta). (N.d. C.)

294
per trovarmi bisogna discendere. Sei sicuro di cer­
carmi?
- Lo voglio con tutta la mia volontà.
- Il tuo volere è una violenza, è inefficace per avvici-
narmi; ma il desiderio che brucia nel tuo petto saprà
quale gesto è necessario. Obbedisci, qualunque cosa
ti comandi. Vieni... se osi!
IJuomo si avvicinò al centro della sala da cui sembra­
va risuonare la voce e con tutto il suo desiderio, "si
lasciò andare". Allora il suolo sprofondò al centro e
l'uomo si trovò, senza comprendere, nella caverna
oscura ai piedi del Maestro.
IJeremita sorrideva:
- Hai saputo strapparti dall'influenza dei sensi?
IJuomo scosse la testa:
- È la voce che mi ha liberato!
- Non avrebbe potuto farlo se il tuo desiderio non
avesse già preso forma; essa ha solamente accelerato
la tua scelta.
- È la mia scelta? ... Nella mia prima visita, hai illumi­
nato il mio cammino; oggi, di nuovo, tutto mi sem­
bra confuso.
- Se vuoi raggiungere il tuo scopo devi, come il navi­
gante, "fare il punto" per verificare le tue direttive.
Io ho posto tre domande al tuo inconscio : se sai
rispondere senza ingannarti, esse saranno la tua
bussola: "Cosa fai? Cosa vuoi? Dove sei?"
- Cosa faccio? Ho cercato seguendo il cammino che

295
tu mi avevi tracciato.
- Ma questo cammino era la conoscenza di te stesso .. .
- E che doveva darmi la conoscenza del Mondo . . .
Ecco! Conosco ora le mie debolezze e la mia vera
natura, ma se voglio padroneggiarle mi scontro con
un limite che non posso oltrepassare.
- Tu concepisci la padronanza come una negazione,
una violenza che sopprime : la Saggezza elude
le astuzie del nemico servendosi delle proprie
debolezze ; questo è il gioco degli animali della
giungla, è quello dell'arbusto che avvolge la roccia
ombrosa e si raddrizza per cercare la luce.
- È un gioco puerile che assorbe troppo chi vuole
scoprire l'Universo. Dove hai cercato una simile
Conoscenza?
- In me stesso non l'ho trovata; allora ho ascoltato
coloro che consigliavano: "Dimentica il tuo corpo,
impara a uscire da te stesso".
- Molto bene; cosa hai fatto?
- Ho cercato di essere superiore, ho elevato il mio
spirito alle più alte speculazioni, ho scrutato tutte
le ipotesi della filosofia e della scienza.
- E che cosa hai scoperto?
- Nessuna certezza: tutto è rimasto un'ipotesi.
- Cosa speravi di trovare?
- Le Leggi del Mondo.
- Credi che siano in rapporto con delle nozioni cere-
brali?

296
- Verso cosa mi potrei indirizzare?
- Alla sola Coscienza vitale. Quali meditazioni hai
fatto?
- Questo va bene per un eremita! Le preoccupazioni
quotidiane non ne lasciano la libertà.
- Allora rinuncia alla tua ricerca.
- Non posso! Sono assillato dalla sete di sapere.
- Sarai inquieto tutta la vita, perché la scienza non ha
la chiave dell'Universo, né della Vita.
- Dove bisogna cercare la risposta?
- Esclusivamente in te stesso.
- Ho provato, ho fallito.
- Hai sbagliato i me;:zi.
- Devo dunque tornare indietro?
- Il cammino è rapido quando uno è certo che tutto
il resto è vano. Se ti conosci veramente, saprai che
non puoi fare alcun gesto, assimilare alcun nutri­
mento, senza esprimere una funzione principale.
Ma ciò è troppo semplice per te ! La tua vanità
vuole trovare la Saggezza in un mondo ideale: il
tuo cervello pretende di inventare!
Tu consideri come un fastidio ogni contingenza ter­
restre... Insensato colui che cerca nelle nuvole la
pepita d'oro che calpesta!
Sappi dunque che il sentiero diretto ha per punto di
partenza il tuo dovere quotidiano; i lavori per i quali
tu hai qualche attitudine sono il terreno propizio
per le tue prime prove. È inutile cercare altrove

297
quello che non hai saputo acquisire con la rivelazio­
ne del loro "gesto essenziale"; inoltre questa acqui­
sizione apre un punto di vista su un altro orizzonte.
- Non ho incontrato iniziati fra i più famosi artigiani.
- Perché essi ignorano la porta di cui essi possiedono
una chiave. Non è difficile adorare Dio nella gloria
di un Paradiso; ma è sovrumano risvegliare il senso
del Sacro fino a riverirlo nelle sue incarnazioni più
abbiette. Ciò è tuttavia il frutto della conoscenza
della materia!
- Il chimico, il chirurgo, avrebbero dovuto acquisirlo
allora?
- Assolutamente no, perché essi analizzano ... Il segre­
to della vita sfugge al loro scalpello e l'analisi toglie
agli elementi fisici gli elementi vitali che ne sono
la causa.
- Questo l'ho compreso. Chi mi impedisce di coglie­
re il frutto di questa coscienza?
- La complessità della tua vita. Non parlo delle
necessità essenziali benchè, non spetti che a te
ridurle allo stretto necessario; ma dico che non vi
è chiarezza nel tuo programma, perché lo scopo
non è chiaro ai tuoi occhi.
Ora, solo una cosa è necessaria: la formazione del tuo
essere immortale che nessuna società, nessun prete,
nessun amico può fare per te.
Nessuno può quindi proibirti di cercare questa cosa
sopra ogni legge, prima degli altri doveri!

29H
Il mezzo è l'abolizione degli ostacoli e l'animazione
del tuo corpo; in seguito, l'accrescimento del Fuoco
sacro.
- Non mi stai conducendo nel vago idealismo che
condanni?
- Affatto: io parlo del tuo corpo, nel quale solamente
puoi trovare il nocciolo del Regno divino.
- Il successo è assicurato?
- È certo per l'uomo di cui diventa l'unico scopo. Per que-
sto deploro la complessità della tua vita.
- Questo scopo unico è egoista!
- No: è oltre l'egoismo. Per dare la Luce, dobbiamo
essere noi stessi luminosi.
- Ma le contingenze della vita...
- ... non sono degli ostacoli per colui che se ne serve
come esercizi di padronanza. È la particolarità del
nostro Tempo che la Ricerca non si faccia in eremitaggio:
l'èlite umana, chiamata al "Regno superiore", deve
fare l'esperienza totale della propria umanità, che
deve superare con il senso altruista e non con la vio­
lenza. Questo senso altruista non è un sogno ideale,
né il frutto di una piccola carità: esso nasce natural­
mente dalla coscienza della solidarietà umana, ma
anche dal sentimento di potenza che dà la certezza
del cammino. I.Jodio, l'invidia, il sordido egoismo
sono riflessi di impotenza della Personalità umana
in preda ad aspirazioni contraddittorie.
"Lo scopo è abbastanza chiaro?"

299
- Lo sta diventando. Il mio errore è stato quindi quel­
lo di cedere alla mia ambizione di sapere?
- Senza dubbio, come all'influenza dei sensi. Ma era
inevitabile; dal momento in cui cerchi di uscire da te
stesso, ne tralasci la padronanza! Chi vuoi fare l' ange­
lo, fa la bestia... Torneremo su questo discorso.
Studia la seconda domanda: "Cosa vuoi?"
- Voglio quello che non sono, faccio quello che non
voglio!
- Tu cerchi l'impossibile, mentre hai il Divino a porta­
ta di mano! Sii più preciso:
"Cosa vuoi?"
- Voglio la fine delle mie lotte, la Pace, la Gioia,
la Vita.
- Questo è il frutto, non il mezzo; sii più preciso: "Cosa
vuoi?"
- Voglio la soluzione del problema dell'esistenza:
il poter uscire dalla mediocrità, dalla "massa",
dominare le mie forze inferiori e acquisire sensi
e forze superiori.
- Finalmente cominci a chiarire il tuo scopo con più
franchezza. La tua ambizione è legittima; l'Umanità
è giunta al punto in cui il nocciolo è maturo per
aprirsi e dare il suo seme. Felici coloro che fanno
parte del nocciolo: essi saranno questi eletti, mem­
bri del nuovo seme, di cui ogni religione ha parla­
to. È un dovere pretenderlo per ogni uomo che vi
si senta chiamato.

300
Ma ascolta bene ciò che ti dico : questa pretesa,
secondo la parola Cristica ti pone fuori dal Mondo,
con le stimmate dell'isolato, perché lo spirito del
nocciolo è incompatibile con quello della massa e la
massa non sopporterebbe le sue esigenze."
L'uomo ascolta, ansioso:
- Questa separazione non può essere brutale: si deve
compiere da sola poco a poco?
- Ti sbagli: praticamente puoi vivere nel Mondo, ma
per quel che riguarda la sua mentalità, non raggiun­
gerai mai quello che cerchi prima di avere rotto
con essa, senza speranza di ritorno.
Vi è un'opposizione formale fra il sentiero della
Luce e la strada del Mondo, fra i mezzi della scien­
za e il cammino della Conoscenza; a volte sembra­
no raggiungersi in qualche risultato, ma i loro scopi
sono diametralmente opposti: uno vuole il frutto
sulla Terra, l'altro vuole il frutto eterno: questo solo
legittima la tua ambizione.
Non credere a un compromesso possibile fra i due
cammini! Le tue lotte e i tuoi fallimenti vengono
da questo errore. Nessun ponte : bisogna saltare
a piedi uniti e deliberatamente, senza voltare la
testa verso i metodi del passato.
Allora la massa inveirà contro di te, la maggioranza
ti accuserà di utopia, di vanità paradossale.
- Non m'importa: il loro smarrimento accusa i loro
metodi, i loro fallimenti e i miei li condannano. Ma

301
io temo i miei fallimenti : ogni mio successo fu
seguito da una caduta.
- Studiamo allora la terza domanda: Dove sei?
- Non lo so! Quante volte sono partito entusiastica-
mente?... Mi sembra di girare in tondo e di ritro­
varmi sempre allo stesso punto. Il vecchio sorrise
beffardo:
- Credi di essere il solo? Tutta la vita gira in cerchio e
ritorna su se stessa, ma non è mai allo stesso punto.
Ignori la legge a spirale della Natura? Dell'Uni­
verso? Ogni passaggio per un punto analogo ripro­
pone delle difficoltà simili, ma con la sfumatura di
un nuovo Tempo e l'esperienza del precedente.
Non hai osservato il tronco d'albero e le immagini
delle nuvole?
- Non vedo il nesso.
- Ovvio, trascuri l'essenziale e ti perdi in speculazioni
vane, che non tengono in considerazione le Cause;
la tua curiosità è avida di ogni nozione cerebrale, ti
lasci sfiorare dal loro aspetto superficiale, senza che
risveglino nella tua coscienza il senso profondo
delle loro corrispondenze vitali.
Ogni fibra del tuo corpo, ogni cellula, ogni organo,
è un segno di queste corrispondenze; ogni funzione
del tuo organismo è la corrispondenza di una fun­
zione cosmica. Ognuna è cosciente di se stessa; tu
che le riunisci tutte, le ignori.
Il tuo cervello pretende di schematizzare la fisiolo-

302
gia di quello che vive sulla Terra, con l'analisi e con
l'insieme delle nozioni sensoriali percepite, ma la
scienza è costretta a correggere senza sosta l'errore
di queste nozioni. Il tuo mentale si arricchisce di
nuove affermazioni ... ipotetiche quanto le antiche.
. . . E la morte dissolve in fumo questo sapere, che è fatto
di dissezione e che non conosce la Natura se non
per mezzo della distruzione.
- La morte dissolve anche tutte le altre conoscenze?
- Distingui, per prima cosa, fra sapere e conoscenza:
sapere è comprendere. Conoscenza è esperienza
incisa nell'aspetto permanente dell'essere che farà
la tua immortalità.
- Questa Conoscenza non può esistere senza la for­
mulazione dei pensieri!
- Se tu avessi praticato le meditazioni consigliate,
sapresti che essa esiste al di fuori di ogni espressio­
ne cerebrale; conosceresti questa evidenza che non
ha bisogno di logica, questa identificazione muta di
una legge, la cui analogia dà all'animale la cono­
scenza dell'erba velenosa e il presentimento della
valanga.
Acquisito ciò, il pensiero disciplinato può trasmet­
terlo nel limite in cui la Coscienza che ascolta può
vibrare armonicamente, perché il pensiero espresso
è limitato, fissato, come l'urto del martelletto sulla
corda che vibrerà e genererà l'eco fino all'infinito.
- Il mondo nel quale vivo è costruito sul pensiero.

303
- Questo mondo al quale tu credi è la rete che
ti imprigiona: questo pensiero ne tesse la rete ;
senza sosta costruisce le trappole dei tuoi desideri
artificiali, delle tue paure immaginarie, dei tuoi
dolori inutili. Esso appanna il tuo senso reale con
i suoi argomenti astuti, imbroglia il filo del Destino
per suscitare la tua resistenza e ti pone di fronte
all'inestricabile, disperato.
L'uomo, con la fronte nelle mani, rifletteva...
Quando sollevò la testa, una certezza rischiarava
il suo sguardo:
- Maestro, ho infine compreso il suo gioco: è quello
che mi ha persuaso ad abbandonare i tuoi mezzi
come perdita di tempo inutile. Quali sono le armi
migliori per combatterlo?
- Per prima cosa, ricercare appassionatamente la riusci­
ta delle meditazioni consigliate. Per seconda cosa,
sacrifi c are il giudizio c erebrale, l'adesione
ai valori relativi e al mondo delle apparenze, per
trovare in cambio la coscienza vitale e il senso dei
valori assoluti.
Per esempio : tutto ciò che ti capita, tutto ciò che
provi con i sensi, sia per te come una musica che
non susciti né pensiero, né alcuna formulazione cere­
brale; fa che risvegli in te uno stato che puoi chiama­
re per cominciare "emotivo", che ti lasci calmo o
inquieto. Ascolta questa calma o questa inquietudi­
ne. È tutto. Abbandona ogni analisi, ogni specula-

304
zione e sii!
Per terza cosa, cerca in tutto il punto centrale, la
causa, il cuore della cosa.
- Questo programma è contrario al ritmo delle
abitudini: chi mi darà la forza necessaria?
- Il Fuoco risvegliato dalle meditazioni.

22. 1 n pozzo
IJuomo dice all'eremita:
- Le tue parole sembrano essenziali, ma chi me ne
rivelerà il senso? IJuomo è troppo greve per rag­
giungere le vette. Il suo peso lo riporta sempre a
terra.
- Non parli nel modo giusto: l'uomo è troppo legge­
ro; il suo cervello lo attrae senza posa, lo fa fluttua­
re in uno stato nebuloso dove tutto è illusorio,
irreale quanto lo spirito, irreale quanto la materia.
- Lo riconosco: "resto smarrito"davanti alla visione
reale quando talvolta si produce e non ne riesco
a ricordare nulla.
- E come hai paura di perdere questo contatto con
l'apparenza! "Smarrirsi" nel vuoto ... quale spavento
per l'uomo-animale ! Quale gioia p e r l'uomo
cosciente!
- Non mi hai rimproverato di fluttuare nello stato
nebuloso?
- Certo, nello stato nebuloso delle aspirazioni ideali e
delle speculazioni mentali; ma ti augurai, al contra-

305
rio, di discendere, per conoscere il cuore delle cose.
Bisogna che tu visiti l'interno della Terra, della tua
propria Terra: senza questo, il mio insegnamento
sarà superficiale.
- Tu sei il mio Maestro: conducimi!
IJeremita lo guidò verso il fondo della grotta, sul­
l'orlo di un pozzo profondo.
- Prima ti devi sforzare di visitare l'abisso fino alla
sua maggior profondità; sappi discendere fino alle
sue fondamenta dove sonnecchia il Fuoco sacro.
Se arrivi a risvegliarlo, conoscerai il tuo fine e la
tua potenza.
Ora concentra il tuo desiderio, rientra in te stesso
e scendi!
- Ma non vedo gradini . . .
- Non v i sono scale: è sufficiente la corda; tutto quello che
posso fare è di mostrartela: Guarda!
Allora l'uomo percepì, avvolta attorno a sé più
volte, la corda che sembrava unita al suo ombelico.
Alzò gli occhi per cercare il suo punto di partenza:
essa si perdeva nella notte; ma l'eremita la teneva fis­
sata al bordo del pozzo.
- Maestro, fino dove devo scendere?
- Fino a che non ti trovi nella solitudine assoluta.
- Come potrebbe essere diversamente?
- Ricordati le mie parole, ti dico SOLO, ASSOLUTA-
MENTE SOLO.
Dopo, se puoi, cerca di andare ancora più in

306
profondità. Ma resta vigile: non dimenticarti mai della
corda!
L'uomo afferra la corda con le mani; dopo una
lunga esitazione si lascia scivolare nel pozzo.
Bruscamente la caduta si arresta dopo un cammino
che gli sembrò senza fine: ma alzando gli occhi con­
stata che non è caduto se non della misura della pro­
pria altezza...
- Maestro, cosa debbo fare?
Nessuna risposta ... e il peso del suo corpo rende dif­
ficile la riflessione; si augura di cadere di più per tro­
vare un sostegno!
E il suo desiderio lo fa scendere.
Urta di continuo alle pareti con dei sussulti dolorosi.
Si sforza di capire il gesto necessario; la sua paura, a cui
dà presa, lo fa risalire verso la superficie ...
Si interroga e i suoi pensieri rispondono ; allora
si accorge del dialogo: "Questa non è la vera solitudi­
ne!" Di nuovo il suo desiderio lo trascina in profon­
dità... ma cerca un appiglio sulla roccia e il suo pensie­
ro ridiventa assillante. Allora si rende conto della sua
tirannia e deliberatamente lo respinge.
Per lungo tempo si dibatte contro la sua insistenza,
rifiuta ogni nuova immagine, essa si insinua sotto altre
forme, si impone come un importuno intrigante... ed
è stanco di questa lotta vana.
"È possibile raggiungere ciò che fa parte di se stessi?"
Improvvisamente si vede tirato in profondità dal suo

307
desiderio e trattenuto dall'ossessione delle Idee; egli
sente questa lotta come la causa dei suoi disordini ...
e la sua sorpresa è incredibile perché il pensiero gli
appare al di fuori di se stesso! Ciò che in lui lo osserva
è quindi indipendente e non ha bisogno di lui? ...
Egli non elabora: sente e tutto ciò è un'evidenza,
una certezza senza nome, che lo immerge in una
pace insospettata. Non deve turbarla con l'impazien­
za... E mentre interiormente cerca la radice di questo
altro " s e n s o " , sprofonda ins ensibilmente nel
Silenzio ... Forse cedette a un torpore sonnolento ma
la voce interiore lo rianimò: "Non dimenticarti mai
della corda! ... ". I suoi piedi toccano il suolo; si vede
(è in se stesso o al di fuori? poco importa!), è in un
antro profondo, come in una sfera cava le cui pareti
si nascondono nel momento in cui vuole toccarle.
Il cielo di questa sfera, che era ciò sul quale aveva
posato i piedi al primo stadio, questo cielo sembrava
ora cristallino, illuminato da una luce diffusa. . . E il
"ricercatore"si meraviglia poiché gli si rivela
un mondo nuovo, né dentro di lui, né al di fuori, ma
senza alcuna separazione fra l'uno e l'altro. Allora il
Fuoco si risvegliò dalle profondità; un calore intenso
invase tutto il suo corpo, salendo come un fiotto di
vita esuberante; e la Gioia lo riempì, tutti i dubbi si
cancellarono, gli ostacoli si appianarono. Intravide il
suo tesoro: sorgente di Vita, scopo e mezzo della sua
Potenza, il Fuoco Vivente, L'UNICA COSA NECESSARIA.

308
23. La pace

La Pace è un frutto divino ma gli uomini hanno


prostituito il suo nome. La Terra è uno degli elementi
dell'Universo. Ma l'uomo vede la Terra posta sotto
il Cielo e considera il Cielo come suo antagonista,
perché la divisione è la prima funzione della Natura.
Così come i suoi due occhi percepiscono una doppia
immagine che il centro ottico unifica, allo stesso
modo egli deve dimenticare l'antagonismo e creare
in sé l'Unità.
La Pace è conciliazione del Cielo e della Terra.
Ma tutto ciò per il mondo è "parola perduta" per­
ché l'uomo non conosce affatto il senso né del pro­
prio Cielo, né della propria Terra. Il suo corpo è
venuto dalla Terra, il suo Spirito è venuto dal Cielo
per conoscere la Terra. Il corpo ha rinnegato lo
Spirito da cui è animato. E l'uomo cerca Dio nel
cielo stellato, commettendo l'errore mentale di sepa­
rare lo Spirito del Cielo e lo Spirito della Terra.
Egli aspira a quello che già possiede e si stupisce
di non trovarlo e la sua fame di dannato resta insazia­
bile. Il suo fuoco soffocato suscita la sua collera e ciò
che doveva unirsi, si separa.
Così si accresce l'antagonismo, a profitto degli istin­
ti personali: essi insorgono contro il senso del Reale,
ribellandosi.
La predominanza delle "volontà particolari"sulla

309
"volontà di Luce"crea il dolore, come la resistenza
alla corrente del Destino crea dei disordini perturba­
tori. L'uomo dice : "la guerra è dolorosa, facciamo
la pace" e dicendo questo si arrende a favore del più
potente! E il nome della Pace è prostituito: la pace,
che è soddisfazione e riposo, è inerzia di cadavere.
La vera Pace è un combattimento di scambi fra
il perituro e l'eterno, in una perfetta giustizia, senza
violenza. L'uomo ha il proprio Cielo in se stesso; e se
il Cielo umano sa attrarre il Cielo divino, essi si uni­
scono come l'acqua con l'acqua e il Regno divino si
stabilisce nell'Umano. L'avversario di questa unione
è l'aggressività degli istinti personali, perché l'indivi­
duale vuole l'individuale e fugge l'Universale.
L'uomo, come l'animale, appartiene alla Natura
duale; l'aggressività è l'aspetto infernale del Fuoco
incarnato in essa.
Senza questo Fuoco non vi è né combattimento, né
vita; gli istinti animali esprimono i loro diversi carat­
teri ed ogni specie animale rappresenta uno di essi,
senza essere responsabile dell'aggressività, perché
essa subisce la legge della Natura duale. Alla som­
mità di questa Natura, l'uomo riceve il dono della
Coscienza di sé; il suo cervello, che fu dotato di
ragione, fece dei ragionamenti. Espresse la sua legge
del Bene e del Male secondo la propria concezione
di essere duale, relativo e utilitario; così creò il pecca­
to, secondo la propria legge.

310
Ora, la coscienza vitale deriva dalla legge vitale: legge
vitale e coscienza vitale sono legge e coscienza
cosmiche; la legge vitale è legge della genesi; la gene­
si genera in ognuno dei suoi stadi la coscienza che
vi corrisponde, poichè in ciascuno stadio ogni organo
o ogni essere è incarnazione di una coscienza cosmica.
L'uomo le riassume integralmente in se stesso ma
l'ultimo stadio sulla Terra gli compete di fatto: la for­
mazione del suo essere immortale e la coscienza della
propria Entità in quanto membro dell'D orno cosmico.
Tutto ciò è già funzione di un mondo superiore; è
la ricerca dell'unificazione. A questo punto tutto cam­
bia per lui; il suo scopo, la sua mentalità, la sua legge;
la legge arbitraria dell'uomo è subordinata alla legge
del Regno superiore, dove l'unico male è quello che
impedisce l'Unità.
La tendenza dualistica che trascina la massa degli
uomini è l'inferno che deve evitare. La cessazione delle
complementazione diviene il suo scopo e il suo cam­
mino: non-divisione, non-opposizione, mediazione.
L'eterno e il perituro sono i due opposti e non sono
inconciliabili che per il mondo cerebrale, perché
il gioco Luciferico che li separa, fa nascere necessaria­
mente il mediatore.
Ma l' �_pente mediatore non può agire "extra-morfica­
mente" . L'arbitro che giudica una discordia in quanto
osservatore distante non è un pacificatore; le motiva-
43 Al difoori della forma. (N.d. T.)
zioni profonde del disaccordo sopravviveranno all'ac­
cordo apparente. Il vero mediatore è colui che si iden­
tifica con le tendenze degli opposti per conciliare
l'uno e l'altro; la loro lotta diventa, attraverso lui, espe­
rienza di coscienza senza odio e senza violenza.
Così la Coscienza, testimone permanente delle
esperienze individuali, diventa mediatrice dell'eterno
e del personale, del Cielo e dell'inferno terreno.
Colui che, senza cadere, può riconoscere in se stes­
so gli istinti che lo rendono affine al più abietto
e può, senza orgoglio, diventare cosciente di ciò che
lo accomuna al più alto, ha trovato l'elemento di con­
cordia, perché egli conosce le nature dei due antagoni­
sti e diventa il loro mediatore.
La Pace è un fermento mistico dall'irraggiamento
contagioso.
Essa è preghiera che porta in sé la risposta.
Essa è offerta, nella quale scende il Divino.

312
24. La gioia

Tu devi cercare la Gioia: l'assenza della Gioia


è un suicidio lento. La Gioia è l'esultanza che produ­
ce la liberazione da una schiavitù. Le gioie del
mondo sono schiavitù, perché sono causate dal pos­
sesso della cosa desiderata: il timore della perdita
paralizza la gioia di questo possesso.
Il piacere non è gioia, ma soddisfazione; ogni esal­
tazione non è gioia: l'esaltazione del cervello o dei
sensi è tale da non raggiungere che lo stato nervoso,
quindi fisico e mentale ; l'emozione sentimentale
è relativa alla "Personalità", quindi non è la Gioia
reale.
La Gioia è un movimento del Fuoco vivente, che
commuove l'anima con una vibrazione della sua stes­
sa natura.
Questa vibrazione può essere prodotta solo se
la causa, morale o fisica, aumenta la vitalità con un 'il­
luminazione della coscienza.
Poiché l'anima, essendo Fuoco e Luce, vive del
Fuoco e della Luce, la sua tendenza è dilatazione fino
all'Universale; quindi la sua Gioia è liberazione dagli
ostacoli del "personale".
La gioia del mondo si spegne a causa del dolore.
La vera Gioia è impersonale: essa ignora il dolore
che adopera come suo combustibile.
L'assenza di gioia testimonia l'atonia, la sazietà

313
e la soddisfazione di se stessi che neutralizza la vita.
È l'assenza di sacrificio; la saggezza popolare chiama
"fuoco di gioia" un rogo il cui combustibile è frutto
di un'attività umana: oggetti, scritti o ricordi.
Per il ricercatore della Luce ogni rottura è una Gioia
perché essa sopprime un ostacolo.
La gioia del mondo si manifesta esteriorizzandosi;
la Gioia reale si concentra, per moltiplicarsi attizzando
la sua sorgente.
La Pace si conquista, la Gioia è generata.
Ogni tristezza è relativa, opera di negazione e con-
fessione di schiavitù; essa è impotente e sterile.
La Gioia è segno dell'essere liberato.
La Gioia è affermazione del Reale.
Questa Gioia non è condizionata che dalla propria
essenza. Questa essenza è il Fuoco vivente: se è atti­
vo, irradia e il suo irradiamento è Gioia.
La Gioia è l'irraggiamento di un Sole ; esso può
essere oscuro o luminoso, secondo l'oggetto che
lo riflette: l'essere lo fissa e se ne illumina; il silenzio
del Cielo lo dilata e l'aggiunge al tesoro comune.
La Gioia dei Saggi è questo tesoro e coscienza
dell'Dorno cosmico.

314
25. La vita

''Figlio dell'uomo " e ''Figlio di Dio "


La vita appare come un movimento ciclico di rige­
nerazione costante.
La vita, attraverso le apparenze, è l'individuazione
delle Funzioni cosmiche che incarnano nell'individuo
le facoltà assimilatrici e riproduttrici.
La sua apparenza materiale è lo specchio della sua
attività negli stadi principali. Chi sa decifrare questo
specchio, può conoscere il gioco delle Cause.
Sono folli coloro che vogliono sottomettere queste
potenze vitali ai poteri personali; il Saggio sceglie
l'armonia, accettando i movimenti contrari che
lo aiutano per la propria liberazione; e il Mondo
ammira il folle, ma la morte fa cessare la sua vita;
e il Mondo schernisce il Saggio... ma la sua morte
è l'entrata nella Vita indistruttibile.
Ora resta la domanda: "Cos'è la Vita?"
La Vita è Presenza divina, il Verbo fatto carne, il cui
"divenire" è genesi.
Il "corporeo" animato subisce una corrente irresisti­
bile, nata dalla coincidenza di Potenze cosmiche,
di cui riflette le funzioni nella materia.
Queste funzioni hanno un carattere di fatalità,
in quanto svolgimento naturale che non può, da
se stesso, ritornare indietro; ma questo svolgimento

3 15
può subire degli arresti momentanei nella forma.
La forma è distruttibile, ma la Vita non lo è: essa
non conosce la morte. Impietosa, distrugge il morta­
le, deteriorando ciò che è distruttibile. Ma resta l'indi­
struttibile.
La sua immortalità porta in sé gli elementi di rige­
nerazione attraverso gli elementi di distruzione.
È un unico fiume; ognuno vi attinge un'acqua diffe­
rente secondo la qualità del vaso, del desiderio.
Ogni rinnovamento di attività vitale procede da
una morte della forma. Il grano che non si corrompe
nella terra, non produce il suo germe. Il prodotto
di questo germe non sarà altro che dei chicchi, come
il chicco originale.
La Vita è la Coscienza, che si estende allargando
i limiti della forma.
All'uomo è dato il potere di generare, dal suo vi­
vente, il proprio essere immortale; così, dopo distru­
zioni successive di forme limitanti, rinascerà dalle
proprie ceneri, quando saranno consumati i suoi ele­
menti eterogenei.
La materia abbandonata alla sua forma limitante
non vuole affatto questa rigenerazione. Questa gesta­
zione dell'essere immortale esige un impulso extra­
naturale e la Vita che compie questa rigenerazione,
è sovra-naturale.
E questo è il mistero dell'espressione "Figlio del­
l'uomo". La vita trasmessa dalla donna è una via ter-

316
rena; il frutto di ogni matrice è mortale.
Il seme maschile fissa la natura mortale: ma è in sé
Luce specificata, grazie alla quale lo Spirito creatore
agisce, per mezzo del padre, come specificatore.
Per questo il "Figlio dell'uomo" è chiamato a mori­
re come il "nato da donna" e porta in sé il germe
di resurrezione, cioè un seme immortale. Ciò resterà,
per il mondo, un enigma e lo si potrà definire un
gioco crudele e vano ... ma Colui che è stato detto
"Figlio dell'uomo" non teme di porre questo enigma!
Egli si chiama "Figlio dell'uomo" e in seguito "Figlio
di Dio" ma, parlando del "nato da donna", non lo si
dice mai "Figlio di Dio".
La Natura è femmina e passiva; essa subisce l'im­
pulso dello Spirito (creazione). Lo spirito è maschio e
attivo in ciò che fa e anima. I figli della donna (della
Natura) sono votati alla vita delle apparenze e "il più
grande di essi" è il precursore di colui che reca in sé il
germe eristico.
Quest'ultimo è il "Figlio dell'uomo" che dovrà, con
il sacrificio, perdere la sua natura mortale, esaltando
nella natura umana la coscienza del "Divino".
Ognuno di questi stadi è un gradino di vita, nel
quale l'uomo animale riconquista il suo nome
immortale; e l'ultimo è "Figlio di Dio" perché nato
da Dio. Infatti, secondo le Scritture : sono chiamati 44
"dei" coloro che hanno ricevuto la parola di Dio ;
44 Giovanni, 10,34-36

317
Colui che riceve questo Verbo divino e lo incarna
pienamente, è veramente ''Figlio di Dio ".
L'espressione "Unigenito" si riferisce all'altissimo
Mistero dell"'Unico Sacrificio" e alla missione
di Colui che fu inviato dal "Padre" come incarnante
l'Uorno cosmico e che divenne il Mediatore fino alla
fine dei Tempi della Terra.
Così sulla vita naturale, che è del mondo terreno,
si inserisce la Vita spirituale, che è del Regno supe­
riore e questo Regno è quello che corona, sulla Terra,
il regno umano-animale, preceduto da altri tre regni:
animale, vegetale, minerale.
Lo scettro è offerto a ogni uomo che ha saputo
attingere, dal fiume della Vita, gli elementi della
ri-nascita, a prezzo del sacrificio dei suoi elementi
personali.

318
26. Sigla

Vi è un tempo per spiegare, un altro tempo per


meditare. Lasciamo parlare il cuore, senza preoccu­
parci del giudizio degli uomini.
"Lo Spirito soffia dove vuole... " non dove vogliono
gli uomini.
La Verità è ciò che è, non ciò che immaginano gli
uomini.
Il destino della Terra è scritto nel Sole e nella Luna,
non nella scienza degli uomini.
L'eredità della "personalità " è incisa nel suo fegato,
non sui registri degli uomini.
Il suo destino è scritto nei suoi occhi, nelle sue
mani, nel suo viso, documento cifrato per gli uomini.
Il suo nome reale è l'impulso che l'ha gettato sulla
Terra; ma il suo fantasma viene "nominato" dagli
uomini.
La sua patria di adozione è il luogo che lo attira
sulla Terra degli uomini.
La fine dell'esistenza ha l'orrore di un esilio definiti­
vo per gli uomini il cui cuore è un trono vuoto.
Ma per l'uomo il cui cuore è il trono del suo Essere
immortale, la sua patria è il Luogo del Cielo da dove
egli discende e il suo esilio è presso gli uomini.

Plan de Grasse - Natale 7956

319
Appendice

STUDIO SINTETICO
DEGLI ORGANI E DELLE LORO
RELAZIONI FUNZIONALI
l. Condizioni vitali degli organi

Non bisogna considerare solamente, in un organo,


la sua costituzione e le sue funzioni particolari ma
anche le condizioni dalle quali dipende il compimen­
to di queste funzioni, vale a dire:
l 0: i rapporti reciproci dell'organo e del sangue;
2°: le sue relazioni energetiche con le fonti della forza
vitale e con gli altri organi;
3°: i gruppi funzionali ai quali essi appartengono;
4°: la regione che circonda l'organo e gli organi com­
presi nella stessa regione.
Poniamo in evidenza, per prima cosa, i rapporti del­
l'organo con il flusso sanguigno e le correnti energeti­
che, poiché essi sono i due animatori dell'organismo.
D alla loro qualità e dal loro equilibrio dipende
la salute o lo squilibrio del corpo intero.
Il sangue e l'energia sono due potenze vitalizzanti che
hanno ognuna i loro circuiti e i loro canali. La dispo­
sizione della loro circolazione è analoga a quella del­
l'albero, che ha le sue radici in terra, la sua espansio­
ne verso il cielo, il circuito della linfa che si innalza
nel tronco, dalla radice alle foglie con ritorno alla
radice.
Per questo noi parliamo qui dell'albero della vita
energetico e dell'albero della vita sanguigno.
L'albero della vita energetico è costituito dal midollo
della colonna vertebrale, le cui radici si affondano

323
nella regione del sacro, e la cui espansione si realizza
a partire dal bulbo nell'encefalo. Il torrente dei nervi
sensitivi e motori che escono a destra e a sinistra del
midollo spinale è completato dai due circuiti del
"simpatico" e del "para-simpatico", agenti delle fun­
zioni principali della contrazione e della dilatazione.
Il circuito di energia più sottile, rivelato dai "punti
sensibili" dei meridiani dell'agopuntura, rivela la
mutua dipendenza di ogni organo con un altro, relati­
va alla potenza energetica che regola il compimento
delle loro funzioni.
L'ALBERO DELLA VITA SANGUIGNO È IL SUO "ALBE­
RO" DI RESPIRAZIONE E DI SCAMBIO DELL'ESTERIORE­
INTERIORE-ESTERIORE:
«NEI RENI SONO LE RADICI, NEI POLMONI I "RAMET­
TI"», DICONO I CINESI.
- IL BASSO CHIAMA L'ALTO, E ATTIRA QUELLO CHE
L'ALTO PRENDE.
- L'ALTO PRENDE L'ARIA E IL FUOCO DALL'ESTERNO E
LI ESPIRA ALL'ESTERNO.
- IL BASSO RIGETTA ALL'ESTERNO L'ACQUA SUPERFLUA.
- IL CUORE RICEVE (A DESTRA) IL SANGUE IMPURO E
LO INVIA A RIANIMARSI AI POLMONI. ESSO RICEVE (A
SINISTRA ) IL SANGUE R IANIMATO E LO INVIA A
TUTTO IL CORPO:
In alto: CIRCUITO CUORE-TESTA-CUORE.
In basso : CIRCUITO CUORE-CORPO-RENI- CORPO­
CUORE.

324
Al passaggio dalla milza si rigenerano i globuli bian­
chi e rossi.
Al passaggio dal fegato, si trasformano gli elementi
del sangue necessari alle dodici specificazioni.
Nei reni si filtrano e si equilibrano le acque.
Il sangue è considerato qui nel suo ruolo di ricettore
del soffio e di trasformatore dell'aria e del fuoco
inspirati dai polmoni, che esso specifica nella natura
propria dell'individuo. Gli organi che fanno parte
di questo "albero del ricambio" cooperano a questa
trasformazione e regolano la ripartizione delle
"acque" che equilibrano la sua fluidità.
La sua funzione di trasportatore dell'anima animale
e di ripartitore della vita animica attraverso l'organi­
smo, si effettua per mezzo dei grandi circuiti del tor­
rente vascolare: arterie, vene e capillari.
Questo ruolo del sangue, ricettore del soffio e ani­
matore del corpo, è svolto dalla funzione detta glo­
balmente "respirazione". Il suo aspetto meccanico
di aspirare ed espirare appartiene alle funzioni della
vita vegetativa dell"'albero del ricambio".
L'assimilazione degli elementi inspirati e la trasforma­
zione sanguigna che ne risulta, fanno parte delle sette
funzioni genetiche che reggono l'organismo.
Dalla purezza del sangue e dalle sue qualità vitali
dipendono quelle del corpo intero.
Reciprocamente tutti gli organi cooperano alla sua
continua rigenerazione.

325
Il ripartitore e il regolatore del suo flusso è il cuore.
Il luogo di rigenerazione dei suoi globuli è la milza,
azione luni-solare sui globuli bianchi e rossi, funzione
saturniana di trasformazione.
Il suo luogo di specificazione, di adattamento alle
caratteristiche personali è il fegato.
Sua "madre" o fonte di energia è il "Maestro del Cuore"
(meridiano energetico).
La sua nutrice, che gli apporta il chilo lunare è l'inte­
stino tenue.
I suoi purificatori: per aerazione e animazione,
i polmoni; per la distruzione delle tossine e separazio­
ne dalle parti eterogenee, il fegato; per filtrazione e
ripartizione delle acque, i reni. Il suo luogo di trasmu­
tazione e liberazione di energia: il midollo e certe ghian­
dole.

326
2. Coordinazione delle funzioni

Lo scopo di questo studio, estremamente somma­


rio, è di abbozzare una visione sintetica della coordi­
nazione delle funzioni organiche, che rende tutti gli
elementi del nostro corpo dipendenti gli uni dagli
altri. La nostra vita fisica si conserva, si rigenera e si
produce, grazie al gioco equilibrato di sette funzioni
concernenti il metabolismo e che noi chiameremo
genetiche. Ognuna di queste funzioni è compiuta da
un gruppo di quattro organi.
È importante conoscere questi gruppi, poiché i
quattro organi che completano la stessa funzione, cia­
scuno nella maniera particolare alla propria "missio­
ne", sono apparentati da questa funzione.

I sette gruppi di quattro organi esercitanti le sette funzioni:


l. DIGESTIONE: bocca, stomaco, intestino tenue, inte­
stino crasso.
2. SELEZIONE (purificazione per separazione) intestino
tenue, intestino crasso, fegato, reni.
3. ESCREZIONE : intestino crasso, vescica, polmoni,
pelle.
4. INDIVIDUALIZZAZIONE (assimilazione) : intestino
tenue, fegato, polmoni, reni (con ghiandole genitali
e regione).
5. TRASFORMAZIONE DEL SANGUE: fegato, milza, pol­
moni, midollo.

327
6. GENERAZIONE DI SOSTANZE: intestino tenue (chiloJ ,
reni (in rapporto alle ghiandole genitali e regione) ;
milza (globuli del sangue) ; organi genitali (sperma­
tozoi, ovuli).
7. TRASMUTAZIONE DEL SANGUE IN ENERGIA: midollo e
alcune ghiandole.
Quando una stessa funzione è esercitata da diversi
organi, l'esattezza o il disordine del suo esercizio li
influenza tutti in qualche modo. Per esempio: la lin­
gua riflette lo stato di tutti gli organi digestivi; la pelle
riflette lo stato di tutti gli organi escretori; l'insuffi­
cienza o l'eccesso delle escrezioni intestinali sono
influenzate da quelle degli altri tre escretori, e reci­
procamente (la Cina fa dipendere formalmente i pol­
moni e l'intestino crasso), ecc . .. Vale a dire che la
stessa funzione agisce in diverse fasi e ha le sue riper­
cussioni su tutti gli organi che vi collaborano.

1 Una vecchia tradi<)one cinese stabilisce un rapporto fowjonale fra i reni e la joTTfl(L(jone
del midollo osseo. Cf G. Soulie De Morand, L'Acupuncture chinoise, Mercure
de France, Paris 1939.

328
3. Le regioni

Ogni orga:q o è circondato da una regione che è


l' "ambiente" nel quale si è generato e si rigenera
continuamente . Questa regione costituisce la sua
atmosfera, così come la sfera di un astro si estende
ben al di là del suo globo, fino all'estremo limite
delle sue diverse radiazioni. Sono queste radiazioni
che costituiscono la sua sfera di scambi vitali, poiché
essa può essere penetrata dalla radiazione di altri
astri. Per questo il nostro sistema solare è composto
di sfere di emanazioni e di radiazioni, evolventesi
nell'immensa sfera radiante del loro sole.
Così la Luna, girando attorno alla terra fa parte
della sfera radiante della terra, la quale si estende
al di là della sfera di "influenze" formate dal circuito
della Luna attorno ad essa.
È così che bisogna concepire le influenze planeta­
rie; è così che bisogna considerare l'interdipendenza
degli organi e l'importanza della regione che li cir­
conda. Questo fatto, per esempio, permette che, mal­
grado l'asportazione di una milza, la sua regione
possa supplire alla funzione dell'organo e anche tal­
volta generare altri elementi di piccole milze.
Questa estensione delle "influenze" organiche spie­
ga l'esistenza di affinità fra diversi organi appartenen-
2 La medicina attuale comincia a interessarsi alla nozione di "ambito " sotto il nome di
ambito interstiziale.
ti alla stessa regione; ciò spiega la rete dei meridiani
energetici che esteriorizzano nella pelle la sensibilità
degli organi. Infatti la pelle è l'ultima "sfera" appa­
rente del corpo e tutto irradia verso la pelle, non
solamente i sudori ma le diverse emanazioni: solide
(peli, croste, scorze), acquose (sudori), sottili (odori,
sensibilità tattile), febbrili, energetiche, magnetiche,
ecc ... Ma questa funzione di esteriorizzazione è com­
pletata da una funzione d'interiorizzazione - un'aspi­
razione e un'ingestione - che conferiscono alla pelle
un ruolo simile a quello della crosta terrestre o a
quello delle foglie dell'albero, luoghi di scambi conti­
nui fra l'essere e la sua atmosfera, fra l'organo e la
sua regione, permettendo il metabolismo che conser­
va la vita.
La respirazione della pelle è talmente importante
che una bruciatura coprente un terzo della superficie
cutanea, mette la vita in pericolo. Ma ogni organo ha
esso stesso la propria pelle, il suo inviluppo, che
gioca un ruolo analogo : la pleura per i polmoni,
il peritoneo per l'intestino, le meningi per l'encefalo,
ecc ... Questo inviluppo, con le radiazioni che emette,
fa p arte della regione di un organo, c o sì come
le ghiandole, che sono le generatrici delle acque pro­
vocate dalla necessità funzionale dell'organo.
La natura di questa funzione è rivelata dal sapore e
dalla proprietà di queste acque: alcaline per la bocca
e l'intestino, acide (in maggioranza) per lo stomaco,

330
dolci per il pancreas, amare per la vescicola biliare,
salate per le lacrime, ecc . . . E l'emissione di ognuna di
queste acque è suscitata per mezzo dell'appetito, l'e­
mozione, di un centro organico o psichico.
Ogni regione è dunque, come le regioni del cielo,
il teatro di un gioco continuo di influenze, attrattive
o repulsive e delle mutue ripercussioni di queste
diverse emissioni. Gli organi influenzati da una stessa
regione si trovano dipendenti, per affinità, gli uni
dagli altri.

3. 1 Le quattro regioni dell'organismo


Lato sinistro: stomaco, milza, pancreas e cuore.
Lato destro: vescicola biliare, pancreas, fegato.
Regione alta del tronco: polmoni e bronchi, trachea,
laringe e cuore con i vasi del circuito sanguigno-re­
spiratorio.
Regione bassa (addome): intestino tenue e crasso, peri­
toneo, i reni nel loro ruolo meccanico.
Ai due poli: le due ghiandole complementari; tiroide
e surrenali, con i due mondi polari: cervello e sesso.
Al Nord: la tiroide, è in rapporto con l'estremo Nord
che è la ghiandola ipofisi e con il cervello.
Al Sud: le surrenali, sono in rapporto con le ghiando­
le e le funzioni sessuali. Le funzioni di queste ghian­
dole "polari" (Nord e Sud) sono, incrociandosi, in rap­
porto con le ghiandole e mondi del polo opposto.
Bisogna sottolineare che i due organi doppi del

331
corpo, polmoni e reni, hanno un doppio ruolo: mecca­
nico ed energetico.
!polmoni.
l o ruolo meccanico : respirazione e aerazione del
sangue viziato.
2° ruolo energetico: vitalizzazione mediante anima­
zione.
Per mezzo del loro primo ruolo, essi entrano a far
parte della regione alta. Col secondo ruolo, si appa­
rentano al Polo Nord.
I reni.
l o ruolo meccanico: filtrano il sangue ed equilibra­
no le "acque". Con questa funzione essi si appa­
rentano alla regione bassa.
2° ruolo energetico: generatori dell'energia sessuale
e, per reazione incrociata, di energia intellettuale.
Grazie a questo ruolo, con le surrenali, i reni
fanno parte del Polo Sud.
Questi due organi doppi, polmoni e reni, sono
la cima e la base dell'albero della respirazione e del
ricambio di cui il cuore è il centro.
Il cuore non è citato nella regione alta se non per
la triade che esso forma con i polmoni come motore
respiratorio, attraverso il circuito sanguigno cuore­
polmoni.
Questo gruppo è chiamato dall'Egitto "hati".
Viceversa, il cuore è il centro e il regolatore dell'or­
ganismo e il suo ruolo dovrà essere considerato parti-

332
colarmente. Noi non diamo il nome dei punti cardi­
nali alle quattro regioni, perché questa attribuzione
suggerirebbe una nozione erronea: vi è, effettivamen­
te, un incrociarsi delle influenze fra la destra e la sini­
stra, come fra l'alto e il basso, così come testimonia­
no, nelle nostre tab elle, le relazioni energetiche
e le relazioni con l'albero sanguigno.
Facciamo notare infine che gli organi che giocano
apparentemente il semplice ruolo di vasi, come
la vescica e la vescicola biliare, hanno delle funzjoni
importanti di influenza stimolante sugli organi dai
quali dipendono: i reni per la vescica, il fegato per
la colecisti.
Non vi sono vasi completamente passivi nel nostro
organismo. Per il fatto stesso di esistere, ogni organo
ha un doppio aspetto: un aspetto attivo (maschile), un
aspetto passivo (femminile), poiché non solamente
ogni qualità trova nella Natura la sua qualità comple­
mentare, ma ognuno di esse porta in se stessa il pro­
prio aspetto complementare.
Gli organi non fanno eccezione a questa regola.

3.2 I quattro figli di Horus


Occorre ora considerare un importante aspetto
degli organi, rivelato dai Saggi egiziani. Costoro,
prima di imbalsamare la mummia, le prelevavano
i quattro visceri che incarnano i Ka animali delle fun­
zioni organiche capitali.

333
Li racchiudevano poi in quattro vasi, che furono più
tardi detti "canopi" e i cui coperchi recavano tre teste
di animali ed una testa d'uomo.
Il vaso recante la testa umana era chiamato Jmset, e
conteneva il fegato.
Il vaso recante una testa di cinocefalo era chiamato
Hapi, e conteneva i polmoni.
Il vaso recante una testa di sciacallo era chiamato
3
Duamutefe conteneva lo stomaco .
Il vaso recante una testa di falco era chiamato
Qsbhsenufe conteneva l'intestino tenue.
Questi organi erano detti "Figli di Horus" perché le
loro funzioni, quando l'uomo ne diviene cosciente,
partecipano alla realizzazione dell'Horus umano, vale
a dire della sua coscienza resa totale ed immortale.
Li si rappresenta allora al giudizio del defunto,
sostenuto da un loto, vale a dire resi sottili, "sublima­
ti", spogliati da ogni elemento perituro e diventati
coscienze pure.
Ognuno di essi fa parte di una delle quattro regioni
del corpo, della quale la sua funzione è caratteristica.
I quattro vasi canopi non contengono né gli organi
polari (cervello e sesso) né i reni, la cui funzione
energetica appartiene al sistema sessuale.

DUAMUTEF: Sciacallo - Stomaco


Il vero senso di questo nome è dato dall'iscrizione
3 E talvolta l'intestino crasso.

334
d oua mout /, nel quale il geroglifico oua è il nodo
che si scioglie; mout (madre e avvoltoio) simboleggia
la funzione di decomposizione (nello stomaco come
nella matrice) , che suscita e cova la generazione
di una nuova vita. È anche la funzione dello sciacallo
che trasforma una materia putrefatta in nutrimento
vivente.
È la prima fase della genesi: "l'ap ertura del cammi­
no", che è attribuita allo sciacallo . La stessa iscrizio-
6
ne afferma che Douamoutef "dona Il cuore al Re" .

D'altra parte il nome egiziano dello stomaco è ra-ib,


vale a dire porta del cuore. Queste parole misteriose
si trovano spiegate dalla relazione importante del
gruppo "stomaco-milza-pancreas"con il cuore, rela­
zione confermata dalla medicina cinese.

IMSET: Uomo, Fegato


Il nome lmset si riferisce alla produzione di Set per
mezzo del fegato (set, il fuoco separatore Sethiano:
7 '

la bile) . E questa bile che, riversata nell'intestino


tenue, permette la separazione del puro dall'impuro,
del sottile dallo spesso.
Il simbolo della testa umana rivela due aspetti del
fegato:
4 Sarcofago di Amenophis II.
5 Anubi è oup ouat apertura del cammino
6 Sarcofago di Amenophis II
=

7 Il nome delfegato, miset o merset, è generalmente scritto con il segno mr che è un cana­
le o bacino. In effetti, ilfegato fa "sgorgare" l'acqua sethiana - la bile - e la canali;:;:p
nella colecisti.
lo
il suo ruolo psichico, in quanto sede della perso­
na e luogo d'iscrizione delle caratteristiche della
sua eredità e della sua natura innata.
2° la reazione mutua del fegato e del cervello al
minimo choc provato dalla "persona".
L'Egitto dice che "Imset conduce i suoi fratellj"
e anche che "fa rianimare"(roud = crescere, vegetare) .
Effettivamente, la bile separatrice permetterà la cre­
scita del chilo, base nutritiva della vita vegetativa.
"Imset guida i suoi fratelli" vale a dire le altre funzio­
ni animali, poiché è la sede degli impulsi "personali"
capaci di controllare o di dirigere gli istinti animali;
inoltre è in rapporto continuo con la volontà cerebra­
le, costantemente colorata dal carattere individuale.
Il fegato è la sede della persona (subcosciente), 8
dell'Automa, ma anche della Coscienza dell'Io.

HAPI : Cinocefalo, Polmoni.


Hapi = circuito, giro, solstizio, ecc.
Questo nome si riferisce al circuito sanguigno
cuore-polmoni-cuore, per mezzo del quale il sangue
ritrova la sua potenza animica.
È dunque questa funzione che, mediante l'aspirazio­
ne dell'aria esterna e l'espirazione del soffio, stabili­
sce uno scambio continuo fra la vita dell'uomo
e quella del mondo che lo circonda. Il cinocefalo, che
subisce fortemente l'influenza !uni-solare, è un sim-
B "Testimone-Io ": vedere capitolo IV, Dell'Anima e della Coscien;:p.

336
bolo di questo "circuito". Ma rappresenta anche l'a­
spetto animale dell'essere umano, la sua vita animica,
con gli impulsi incoscienti dell'Automa, la cui sede
sono effettivamente i polmoni. È il "pro " dei Cinesi
situato nei polmoni.

Q_EBHSENOUF: Falcone, Intestino tenue


Testualmente : "Rinfresca i suoi fratelli". Questo
organo produce il chilo bianco, lunare che apporta al
sangue l'elemento rinfrescante purificato dai fuochi,
brucianti o separanti, di altri organi. Esso apporta
il nutrimento "individualizzato", vale a dire diretta­
mente assimilabile dall'organismo.
Il falcone Horusiano (bianco), che è il suo simbolo,
significa la natura volatile del chilo, nel senso della
sua sottigliezza e della sua continua salita verso
il cuore, dal quale si spande nel corpo attraverso
la linfa che esso sostenta. qb significa ansa; qbh signifi­
ca freschezza. Q§bhit è l'ureus della corona reale,
il cui capo si erge al di sopra di numerose curve.
L'altro nome di questo ureus è ar. t ciò che sale.
=

qebhut è la figlia di Anubis (lo sciacallo dello stoma­


co) .
In effetti, il chilo è la figha del chimo prodotto dallo
stomaco. Questo chilo nutre le ossa e la carne (dice
l'Egitto), allorché la funzione di Douamoutef (sciacallo
e avvoltoio) è di divorarli.

:tl7
3 .3 RELAZIONI E DIPENDENZE DI OGNI ORGANO

Stomaco Relazioni Albero Relazione per regione Organi dello stesso gruppo funzionale
Figlio di Horus energetiche ematico
Sciacallo Milza Milza Booca
Agisce su: cuore Pancreas Pancreas Digestione Intestino crasso
lVesoicola biliare lr.,.n<A
Fegato Intestino tenue
Figlio di Horus Vescicola biliare Vescicola biliare Selezione l ntestino crasso
Uomo Milza Reni
Agisce su cervello
e sessc Milza Intestino tenue
Individualizzazione Polmoni
(assimilazione) Reni-Ghiandole
genitali

Milza
Trasformazione Polmoni
Pancreas del sangue Midollo
Milza Fegato Fegato Stomaco Fegato
Trasformazione Polmoni
Stomaco Pancreas del sangue Midollo

Pancreas Cuore Intestino tenue


Generazione Reni
di sostanze Ghiandole genitali
e organi genitali
lntestim1 tenue Cuore Intestino crasso Bocca
Figlio di Horus e peritoneo Digestione Stomaco
Falco Intestino crasso
Agisce sul cuore Intestino crasso
Intestino crasso
Selezione Fegato
Reni

Polmoni
Individualizzazione Fegato
(assimilazione) Reni con
ghiandole genitali
Reni (filtro)
Reni
Generazione Milza
di sostanze Organi genitali
Bocca
Intestino tenue Digestione Stomaco
Intestino tenue

Intestino tenue
Intestino crasso Polmoni Peritoneo Selezione Fegato
Reni

Escrezione Vescica
Reni (fi�ro) Polmoni
Pelle
Polmoni Intestino crasso Reni Bronchi Intestino crasso
Figlio di Horus Trachea- arteria Escrezione Vescica
Cinocefalo Pelle
Agisce sul cuore Cuore
Intestino tenue
Laringe Individualizzazione Fegato
(assimilazione) Reni
Ghiandole genitali

Fegato
Cuore Trasformazione Milza
del sangue Midollo
Reni Vescica Polmoni Intestino tenue Intestino tenue
Maestro del cuore Selezione Fegato
Intestino crasso
Ghiandole genitali
Intestino tenue
Intestino crasso Individualizzazione Fegato
Vescica (assimilazione) Polmoni
Ghiandole genitali
Intestino tenue
Generazione Milza
Surrenali di sostanze Ghiandole genitali
Vescica Reni Ano Reni Intestino crasso
Regione genitale Escrezione Polmoni
Pelle
Cuore Intestino tenue Polmoni Milza
Reni Stomaco
Polmoni
Polmoni Fegato Grandi vasi
Milza Maestro del cuore
Cuore spirituale
9
II. Gli stati psico spirituali nelle differenti tradizioni

Riportiamo anzittutto qualche indicazione generale


sugli stati dell'essere più sottili del corpo fisico, per
permetterei, in seguito, di situarli nella nostra visione
sintetica e di comprendere le relazioni degli stati psi­
chici e spirituali con le funzioni organiche.
Il soffio vitale (in Egitto : ba universale) , inspirato
dai polmoni, è individualizzato dal sangue in forza
vitale animica (in Egitto: ba animale) : è l'anima infe­
riore, "sensitiva", che è la nejèsh ebraica. Essa corri­
sponde al pro dei Cinesi: "l'impulso vitale incosciente IO
delle cellule, degli organi e del sesso" , e di cui situa-
no la sede nei polmoni.
La forma astrale o "eterica" corrisponde all'espressio­
ne popolare di "fantasma" (nell'Induismo: linga-sharira;
in Egitto: l'Ombra o Kharbit) ; essa ha la sua sede nella
milza. Il suo rapporto con l'akasha (mondo o stato nel
quale si inscrivono tutte le immagini o "immaginazio­
ni" del nostro Universo) giustifica l'idea che la milza sia
la sorgente dell'ideazione immaginativa.
La forza vitale individualizzata, che inscrive nel fegato
le caratteristiche della persona e dell'eredità paterna,
è il Ka "personale" (intermediario) degli Egiziani,
il roun dei Cinesi che lo situano nel fegato e definì-
9 Vedere capitolo IV: Dell'Anima e della Coscien�. Per gli stati psico-spirituali nelle
differenti tradizioni, if Isha Schwaller De Lubicz:, Her-Bak Discepolo, Flammarion,
Parigi 1956, Commentario VII, §11.
10 F. Souliè De Morand, l:Acupuncture chinoise, Mercure de France, Paris 1930.

340
scano la sua manifestazione come "slancio di vita
personale, tendenza e bisogno di vita personale, biso­
gni sessuali coscienti" . In realtà, questa coscienza
è quella dell'Automa, o dell'Io mortale; è una "subco­
scienza" in rapporto alla coscienza del Testimone-Io
se questa, la cui sede reattiva è il fegato, non è risve­
gliata.
Lo stato mentale (nell'Induismo: manas) ha due aspet­
ti: l'uno ha per organo il cervello con le sue diverse
localizzazioni e si rapporta a tutte le operazioni del­
l'intelligenza inferiore; l'altro appartiene alla coscien­
za immortale dell'uomo, al suo Intelletto spirituale
e non dipende più dal corpo fisico dove non vi sono
che collegamenti relativi alla sua espressione.
Lo stato intuitivo, ha i suoi collegamenti fisici con
la ghiandola pineale e la "regione del Cuore" : esso
è in rapporto con il chenn dei Cinesi, che lo traduco­
no come "coscienza" e "scintilla spirituale che mette
l'uomo in contatto con l'Universo".
Questo stato è situato dalla Cina e dall'Egitto, nel
Cuore.
Insisteremo specialmente sulla forma egiziana di
questa metafisica, i cui testi, geroglifici e tavolette
rimangono, senza alterazioni i testimoni di una tradi­
zione immutabile.
Non avendo, nelle definizioni cristiane altri termini
che le parole "anima" e "spirito" per nominare i di­
versi stati di coscienza che sopravvivono al corpo fisi-

341
co, preghiamo il lettore di adottare con noi, in questo
studio, le parole egiziane ba e ka: anzitutto perché
il loro senso metafisica è rigorosamente esatto, poi
perché la filosofia che vi si collega ci permetterà di
spiegarne i differenti aspetti più realisticamente che
in qualsiasi altro modo.
Ci serviremo per questo di estratti del nostro studio
dell'anima secondo l'Antico Egitto, in "Her-Bak
Il
Discepolo " e dei suoi Commentari.

11 Isha Schwaller De Lubicz. Her Bak Discepolo, Flammariom 1956.

342
l. L'anima secondo l'Antico Egitto

I diversi elementi che costituiscono l'essere umano


hanno nomi differenti in ogni tradizione : il loro
numero e la loro classificazione variano secondo
le scuole di una stessa Tradizione e questo non invali­
da la realtà della loro Conoscenza.
Gli elementi occulti dell'essere umano sono degli
stati o modalità di coscienza CHE ESISTONO al di fuori
di ogni appellativo o classificazione; la conoscenza
sperimentale di ognuno di questi stati costituisce
i diversi gradi della Maestria, alla quale non interes­
sano le differenze di linguaggio. Ma il loro studio teo­
rico esige una conoscenza della lingua impiegata.
L'appellativo troppo globale di "anima", espone alle
illusioni suscitate dalle diverse coscienze, il cui discer­
nimento è ostacolato dall'ignoranza.
Al contrario, la complessità di un'analisi troppo
spinta crea l'esacerbazione del Mentale, altro ostaco­
lo alla conoscenza del "Sé". L'Egitto menziona i prin­
cipali stati metafisici dell'uomo, ma senza decomporli
con un'analisi complessa come fa l'Induismo.
Non vi è obbligato, poiché dispone di simboli gero­
glifici, isolati o raggruppati, per esprimere i differenti
aspetti di uno stesso principio. Vi è, in questo proce­
dimento, meno pericolo d'errore che studiandone
separatamente gli elementi che non possono essere
isolati.
La complessità però sussiste relativamente ai diversi
sensi occulti di ognuno di questi elementi.
È ancora possibile per l'immaginazione situare
i due stati estremi dell'insieme umano: il più spiritua­
le da una parte e, dall'altra parte, il più vicino al
corpo, l'Ombra (o fantasma) , corpo "emotivo"che
conserva la nostra immagine e l'impronta della
nostra vita psichica.
È difficile definire gli elementi intermediari, che
sono a volte analizzati e a volte riuniti sotto uno stes­
so vocabolo, come i differenti aspetti del BA e quelli
del KA, perché essi partecipano della natura superio­
re e della natura inferiore.
La definizione dell'uno non può mai essere data che
relativamente all'altro, non potendo concernere che
reciprocamente.
BA, rispetto a KA, è lo Spirito animatore.
KA, rispetto a BA, è l'individualizzazione della
coscienza negli stati più o meno sottili o grossolani
dell'essere, che permette di fissare lo Spirito animato­
re.
BA apporta il soffio vitale ; la sua caratteristica
è la non fissità; BA ha sempre bisogno di un supporto.
KA è un principio di fissità e di fissazione, attrazio­
ne; è la potenza capace di attirare, di fissare e di tra­
sformare il principio vitale o animatore, BA.
La p arola bka, che esprime l'impregnazione,
la fecondazione di una femmina, mostra l' associazio-

344
ne necessaria di questi due elementi per una conce­
zione, cioè una incarnazione del Ka essenziale e speci­
fico, dato con il seme, animato dal soffio vitale
di ba.
... Bisogna ricordarsi che tutto viene dall'Uno e che
tutti gli elementi o stati dell'essere non sono che
la manifestazione di questo Uno, malgrado i diversi
nomi che gli si danno per esprimerne gli aspetti diffe­
renti. Questi stessi aspetti possono essere intercam­
biabili secondo le loro modalità di azione e reazione
reciproche, attraverso le triadi di "manifestazione"
nate dalla Trinità originale: da qui i nomi intercam­
biabili fra le diverse funzioni.
Così è per BA e KA nel quale il gioco continuo
,

di inter-cambio dà ad ognuno di loro un ruolo sia


attivo, che passivo.
Essendo stati messi in guardia contro questo errore
di interpretazione schematico, possiamo studiare BA
e KA nei loro rispettivi caratteri.
BA è l' aspetto impersonale dell'anima perché
Universale, benché qualificato dalle affinità contratte
con il KA mediante le circostanze determinanti della
nascita.
BA e KA sono, nella storia del Divenire dell'essere,
il secondo e il terzo principio o stato, manifestanti
la Trinità creatrice, poi formatrice, poi rigeneratrice.
Il primo principio non è akh, come si potrebbe cre­
dere secondo la terminologia abituale, ma possiede

345
ciò che contiene virtualmente i due aspetti (attività,
passività, àa o ia) della Sorgente, Origine (il Verbo
Parola) . Akh è questa Potenza originaria generata
nelle tenebre della Materia, su cui essa trionfa come
"luce uscente dalle tenebre".
Il secondo elemento, BA (che è considerato in
Egitto sotto tre aspetti - anima UNIVERSALE, anima
NATURALE e anima UMANA) ha, di per sé, un doppio
carattere: come nella Trinità originale il DUE ha un
doppio carattere (partecipa all'UNITÀ da cui procede
e ne ha l'essenza divina, ma partecipa anche alla
Natura, di cui è "causa"; con la sua dualità, ha un
aspetto particolare individuale) , anche BA è nello
stesso tempo Universale e particolare nell'Umano.
Tuttavia è, per la sua natura di Spirito, indivisibile:
vale a dire che se il BA cessa di essere individuale,
si trova di nuovo confuso con la sua Sorgente.
BA presenta, come KA, tre aspetti:
l o BA è l'anima Cosmica, lo Spirito del Fuoco, ani­
matore dei diversi luoghi del Mondo. All'origine
vi è il BA; alla fine vi è il BA; fra l'origine e la
fine BA è in ogni cosa, poiché è il soffio che crea
la vita. Da ciò risulta che lo Spirito BA è in tutti
gli elementi che costituiscono il Mondo e la per­
fezione finale.
2° BA è l'anima naturale fissata nella forma corpora­
le, di carattere Osirideo, cioè subente le rinascite
cicliche. Questo aspetto è simbolizzato dall'ariete

346
con due corna orizzontali.
3° BA è infine rappresentato dall'uccello con
la testa umana: è il simbolo dell'anima umana,
che va e viene, dal cielo in terra, per errare vici­
no al suo corpo fino a che la purificazione del
KA-djet (il corpo glorioso indistruttibile) gli per­
mette di riceverla.
Si può comprendere così il triplo aspetto del KA.
Il KA, originalmente, è la Forma che dà forma alla
Sostanza per fare la Materia: è il Principio spirituale
della fissità, è lui che diventa il punto di appoggio per
ogni manifestazione; è lui che subisce, attraverso que­
sto "divenire", delle modificazioni molteplici, dalla
forma più bassa fino al perfezionamento del corpo
indistruttibile.
KA, potenza cosmica, è l'essenza dell'idea del gero­
glifico "toro".
Portatore della potenza creatrice, dà la specificazio­
ne ereditaria, dalla sorgente creatrice originaria fino
ai procreatori terrestri. KA è dunque il portatore
di tutti i poteri di manifestazione e la causa delle fun­
zioni universali ; anche l' Egitto può dire che è
"il Padre del p adre dei Neter" , p oiché il KA
è il Principio realizzatore della creazione continua:
senza lui il padre non avrebbe una potenza effettiva;
tramite lui, il figlio rivela la faccia del padre.
È grazie a lui che tutto sarà "nominato".
Le facoltà attive di Ra (il sole) sono i suoi KA :
le qualità vitalizzanti di ogni nutrimento sono i loro
KA. Poiché il KA è la sorgente di tutti gli appetiti.
Tutti gli aspetti del KA si ritrovano nell'uomo, ma
non tutti gli sono sottomessi. Le qualità superiori del
KA, nutrite dai fuochi sottili del midollo, sono incor­
porate nell'uomo quando questi ne possiede la cono­
scenza e la padronanza. I visceri portano i KA ani­
mali e gli appetiti che essi incarnano sussistono un
certo periodo di tempo dopo la morte; è per questi
KA che sono offerti i nutrimenti funerari.
Ma il KA superiore dell'uomo è superiore a questi
KA animali.
Queste considerazioni permettono già di discernere
i tre aspetti del KA:
- il KA originale, creatore di tutti i KA;
- i KA della Natura: minerali, vegetali, animali;
- infine, il KA individualità dell'uomo, che comporta
il suo carattere ereditato e la propria impronta che
fissa il suo destino.
L' Egitto considera anche il KA in rapporto
all'Umano, sotto tre aspetti:
- nell'Universo, da cui viene la sua origine;
- nel Re, microcosmo, tipo e simbolo dell'D orno
compiuto;
- nell' uomo comune, non ancora compiuto.
Si può ora parlare del BA umano in rapporto al
KA, grazie al quale l'anima individuale diventa
un'Entità.

348
BA, spirito puro senza forma, ha sempre bisogno di
un supporto per manifestarsi; il supporto è l'affinità
selettiva della cosa da animare, affinità causata e
caratterizzata dal KA di cui abbiamo già spiegato la
funzione. È la caratteristica del KA, che fa una scelta
per le circostanze della sua incarnazione, così come
per gli elementi della nutrizione o dell'atmosfera
ambientale, perché non vi è affinità che con quello
che è della propria natura specifica e ciò accadrà
anche dopo la morte del corpo, per gli elementi vitali
di offerte ed ambientali.
Il KA, elemento stabile di un uomo, si differenzia
dai KA degli altri uomini per la specificità della sua
particolare affinità selettiva. Il BA Universale è in
rapporto costante con l'uomo che anima e con il suo
KA; ma questo KA lo assorbe generando un nuovo
essere che è la sua anima individualizzata, rimasta
divina, incorruttibile, dunque immortale e tuttavia
governata dall'affinità che essa ha contratto per
le caratteristiche di questo KA. È quello che noi chia­
miamo il KA superiore.
Questo BA individuale è dunque l'elemento più spi­
rituale dell'uomo e lo è, per la sua natura divina
e la sua affinità con il Creatore. Perciò sarà sempre
incomprensibile per l'intelligenza cerebrale, la cui natu­
ra relativa non può entrare in rapporto con lo Spirito.
È per ciò tanto impossibile collocare questa anima
BA e definirla, quanto chiuderla dentro un corpo,
poiché essa è incommensurabile, indivisibile, cwe
non frazionabile, libera, mobile e impassibile relati­
vamente alle vicissitudini dell'uomo; il suo rapporto
con lui non è che un rapporto di coscienza, che ne
è il legame.
È difficile discernere i differenti aspetti del KA, per­
ché la loro diversità non è nella sorgente o Causa, ma
negli effetti. Se la luce solare è riflessa da numerosi
specchi fatti di metalli differenti, questa luce prenderà
un colore e delle qualità diverse secondo lo specchio
che la rifletterà. Così ognuno di questi KA entità,
generato dalla sorgente unica di Maat, si caratterizza
nell'uomo che l'incarna con l'indicazione di forze
vitali, o kaou naturali, organici e istintivi, che esso vi
incontra e con la coscienza innata dell'essere. Il KA è
l'agente della Coscienza, Testimone permanente delle
12
trasformazioni dell'essere ; è la personalità, inscritta
nel fegato e segnata nella pelle da Sechat. Esso parte­
cipa alle reazioni emotive del cuore e dei KA del suo
corpo animale, è nutrito dai kaou degli elementi ed
13
arricchito dal doppio nefer .
L'uomo che ignora il suo mondo spirituale, ha
pochi rapporti o nessuno con il suo KA divino; il suo
KA personale è ridotto alla totalità dei suoi kaou infe­
riori e diventerà dopo la sua morte la sua Ombra
(fantasma).
12 "Testimone-Io": spiegato nel capitolo IV; Dell'Anima e della Coscien:(fl.
13 Doppia corrente di "jùoco" della colonna vertebra/e.

350
Tuttavia la ricerca delle cause spirituali e lo svilup­
po della sua coscienza, modificano la qualità del suo
KA fino al momento in cui, con il risveglio delle
facoltà spirituali, entra in contatto con il suo KA divi­
no: allora diminuisce proporzionalmente la tirannia
del suo KA inferiore. L'esposizione degli aspetti del
BA e del KA si avvicina di più alla realtà di tutte le
spiegazioni teoriche che abbiamo dovuto dare per
far comprendere i diversi aspetti di ciò che viene
comunemente chiamato anima. Si dovrebbe medita­
re, spesso e profondamente, fino a risvegliare la
coscienza della loro realtà. Per non creare nel lettore
inutili complicazioni, noi chiamiamo "anima" l'aspet­
to spirituale più alto del BA. Chiamiamo KA divi­
"

no" l'anima individualizzata che corrisponde al


"TESTIMONE SPIRITUALE" dell'uomo (che si
potrebbe anche chiamare Testimone del Sé) .
Il Testimone-Io (o Coscienza dell'Io) corrisponde al
KA intermediario. Il KA inferiore comprende la
"coscienza psicologica" dell'Automa (fisico, emotivo
14
e mentale) . I kaou animali corrispondono alle
coscienze organiche di cui fanno parte le coscienze
funzionali essenziali chiamate in Egitto "i quattro figli
di Horus" e che sono studiati in maniera particolare.
(Vedi: Appendice, capitolo e: "Studio sintetico degli
organi"§ 4.) .

14 Kaou, plurale di ka.

35 1
INDICE
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
.

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Verso l'unica Verità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Prima parte
L'ESSERE UMANO
l. La libertà della ricerca individuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2. Il grande interrogativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.1 La "Conoscenza di sé" . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3
3 . L a persona umana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
3 . 1 Le due volontà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 5
3.2 Costituzione dell'Automa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . 40
3.3 Gli umori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.4 Sintesi e coordinazione delle funzioni vitali . . . . . . . . 47
3.5 Il controllo dei circuiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3 . 6 Le fonti di energia e di calore animale . . . . . . . . . . . .. . . . 52
3 . 7 La forza attiva o il fuoco vivente . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . .
. . . . . 55
4 . Dell'anima e della coscienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
4 . 1 L'origine della coscienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 1
4 . 2 L a coscienza nell'universo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
4.3 La coscienza nell'essere umano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
4.4 Il ternario umano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . 65
4.5 I due testimoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
5. Lo scopo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . ..
.
75
6. Il duello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
6 . 1 Le due forme del duello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 6
6 . 2 Le due chiavi del regno sovraumano . .. . . . . . . . . . . . . . . . . 90
Seconda parte
L'ORIENTAMENTO DEL CAMMINO
7. La voce del cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
7.1 La via di mezzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
7.2 I l potere del cuore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
8 . La sorgente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 10
9. La conoscenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 13
10. Il discernimento del discernimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
1 1 . I.Jambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
1 1 . 1 Alla ricerca delle tendenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
12. La visita alla caverna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
13. La questione sessuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . 158
14. I.Jinevitabile alternanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
15. Attenzione-mediazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172
16. Comportamento generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

Terza p arte
ACQUISIZIONI E O STACOLI
17. Le sette acquisizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 191
17. 1 Prima acquisizione : il senso della presenza . . . . . . . 192
17.2 Seconda acquisizione: la concentrazione . . . . . . . . . . . 195
17.3 Terza acquisizione : la serenità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 198
17.4 Quarta acquisizione: il gesto essenziale . . . . . . . . . . . . 202
17.5 Quinta acquisizione : il silenzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 205
17.6 Sesta acquisizione: il senso del riconoscimento .. 2 10
17. 7 Settima acquisizione : il senso del dono . . . . . . . . . . . . . 2 15
18. Gli ostacoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219
18. 1 La scusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
18. 1 . 1 Primo ostacolo: la preoccupazione personale 223
18. 1.2 Secondo ostacolo: l'errore nell'interpretazione
della provvidenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 226
1 8 . 1 . 3 Terzo ostacolo : la falsa pietà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230
1 8 . 1 . 4 Quarto ostacolo : ricerca della santità . . . . . . . . . . . . 237
18.1.5 Quinto ostacolo : la sentimentalità . . . . . . . . . . . . . . . . . 243
18.1.6 Sesto ostacolo : la soddisfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246
18. 1 . 7 Settimo ostacolo : le abitudini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247

Quarta parte
LE TAPPE
19. Reicarnazione-Karma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 251
20. I Maestri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270
2 1 . l1Elite . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283

Quinta parte
LUCI SUL CAMMINO
22. Seconda visita alla caverna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293
22.1 Il pozzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305
23. La pace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309
24. La gioia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 13
25. La vita . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 15
26. Sigla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 19
App endice

STUDIO SINTETICO DEGLI ORGANI


E DELLE LORO RELAZIONI FUNZIONALI
l . Condizioni vitali degli organi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323
2 . Coordinazioni delle funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327
3. Le regioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329
3 . 1 Le quattro regioni dell'organismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 3 1
3 . 2 I quattro figli di Horus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333
3 . 3 Tavola delle relazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 338

II. Gli stati psico-spirituali nelle diverse tradizioni . . . . . . 340


l . L'anima secondo l'Antico Egitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343

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