RELAZIONE-NOTAIO-SBORDONE Referto Tecnico
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RELAZIONE-NOTAIO-SBORDONE Referto Tecnico
NOTAIO
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(Testo scritto della relazione svolta a Rimini il 24 giugno 2016 in occasione della
giornata di studio organizzata dall'Associazione Sindacale dei Notai dell'Emilia-
Romagna "Aldo dalla Rovere" e da FEDERNOTAI -con il patrocinio del Comitato
Notarile Regionale dell'Emilia-Romagna e del Consiglio Notarile dei Distretti
Riuniti di Forlì e Rimini- dal titolo "Urbanistica - Banche - Attualità")
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Non sussistono dubbi sul fatto che il controllo sull'attività urbanistico-edilizia
sia di competenza (non già del Notaio ma) del Comune: basti vedere quanto disposto
* dall'art. 4 ("Sportello unico per l'edilizia") della L.R. 30 luglio 2013 n. 15
("Semplificazione della disciplina edilizia"), secondo il quale "1. I Comuni, in forma
singola ovvero in forma associata ..... , esercitano le funzioni di autorizzazione e di
controllo dell'attività edilizia, e la funzione generale di vigilanza sull'attività
urbanistico edilizia, assicurando la conformità degli interventi alle previsioni degli
strumenti urbanistici e territoriali ed alle ulteriori disposizioni operanti, ed il rispetto
dei diritti inerenti i beni e gli usi pubblici. 2. La gestione dei procedimenti abilitativi
inerenti gli interventi che riguardano l'edilizia residenziale, e le relative funzioni di
controllo, sono attribuite ad un'unica struttura, denominata "Sportello unico per
l'edilizia" (Sportello unico), costituita dal Comune o da più Comuni associati. .....",
* dall'art. 2 ("Vigilanza sull'attività urbanistico edilizia") della L.R. 21 ottobre 2004
n. 23 ("Vigilanza e controllo dell'attività edilizia ed applicazione della normativa
statale di cui all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con
modifiche dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326"), secondo il quale "1. I Comuni,
anche in forma associata, esercitano la vigilanza sull'attività urbanistico edilizia,
anche attraverso i controlli svolti per la formazione dei titoli abilitativi e per la
certificazione della conformità edilizia e agibilità, per assicurare la rispondenza
degli interventi alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici ed edilizi, nonché alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi. .....
3. I compiti di vigilanza sono svolti dal dirigente o dal responsabile dello Sportello
unico per l'edilizia, di seguito denominato "Sportello unico per l'edilizia", secondo le
modalità stabilite dalla presente legge, dallo statuto del Comune e dai regolamenti
comunali. 4. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria provvedono, a norma
dell'articolo 27, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia (Testo A)) a dare comunicazione all'Autorità giudiziaria, alla Regione, alla
Provincia, allo Sportello unico per l'edilizia ed al competente organo periferico del
Ministero per i beni e le attività culturali nei casi di opere abusive realizzate sugli
immobili di cui all'articolo 9, commi 4 e 5, delle presunte violazioni urbanistico
edilizie riscontrate nei luoghi in cui sono realizzate le opere. Lo Sportello unico per
l'edilizia verifica, entro trenta giorni dalla comunicazione, la regolarità delle opere e
dispone gli atti conseguenti. 5. Il Segretario comunale redige e pubblica
mensilmente, mediante affissione nell'Albo comunale, i dati relativi agli immobili e
alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di
polizia giudiziaria, delle relative ordinanze di sospensione e dei conseguenti
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provvedimenti sanzionatori, e trasmette i dati anzidetti all'Autorità giudiziaria
competente, al Presidente della Giunta provinciale, al Presidente della Giunta
regionale e, tramite l'Ufficio territoriale del Governo, al Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti. ..... " nonché
* dall'art. 8 ("Responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente, del
costruttore, del direttore dei lavori, del progettista e del funzionario dell'azienda
erogatrice di servizi pubblici") della medesima L.R. 23/2004, secondo il quale "1. Il
titolare del titolo abilitativo, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e
per gli effetti delle norme contenute nella presente legge, della conformità delle
opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al
direttore dei lavori, alle prescrizioni e alle modalità esecutive stabilite dal titolo
abilitativo. Essi sono, altresì, tenuti solidalmente al pagamento delle sanzioni
pecuniarie e alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere
abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso o
che l'abuso sia stato realizzato dopo la consegna dell'immobile. ..... 3. Nel caso in cui
il titolo abilitativo contenga dichiarazioni non veritiere del progettista necessarie ai
fini del conseguimento del titolo stesso, l'Amministrazione comunale ne dà notizia
all'Autorità giudiziaria, al progettista nonché al competente Ordine professionale, ai
fini dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari." -.
Appare quindi legittimo e opportuno (oggi più che mai, attesa la perdurante
gravissima situazione di crisi del mercato immobiliare e considerati i problemi che
dalla medesima possono essere -e sono stati, infatti- generati) chiedersi se, al di là
dell'attività ad oggi a lui normativamente demandata, il Notaio possa (o debba) fare
"qualcosa in più" ed in cosa questo "qualcosa in più" possa (o debba) consistere e
quando questo "qualcosa in più" possa (o debba) essere fatto (a rogito o, e meglio, già
in sede di contratto preliminare?), sia al fine di tutelare la parte acquirente (che nella
maggior parte dei casi si palesa come "contraente debole") sia al fine di tutelare la
parte venditrice (che potrebbe, in perfetta buona fede, rendere dichiarazioni
incomplete o errate -esponendosi in tal modo alle sanzioni previste dalla legge e/o ad
azioni risarcitorie esperite nei suoi confronti dalla parte acquirente- o che potrebbe
avere tutto l'interesse a far sì che le documentate regolarità e conformità di quanto
venduto determinino il potenziale acquirente a preferire quel dato edificio ad un altro,
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ancorché quest'ultimo fosse offerto in vendita ad un prezzo inferiore e
apparentemente più conveniente) sia al fine di collaborare con il Comune (al quale
solo spetta, come detto, il compito di esercitare la vigilanza sull'attività urbanistico-
edilizia ma che non sempre riesce di fatto ad esperire efficacemente tale controllo)
sia, da ultimo, nell'interesse del Notaio stesso (venendo in tal modo esaltata la sua
duplice natura di pubblico ufficiale garante della legalità e di professionista esperto al
quale le parti possono rivolgersi per avere garanzie e certezza e venendo in tal modo
a manifestarsi, incontrovertibilmente, la sua naturale e fondamentale centralità e la
sua infungibilità nella contrattazione immobiliare).
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- all'art. 5 ("Attività edilizia libera") del D.L. 25 marzo 2010 n. 40 ("Disposizioni
urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e
nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di
un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori.", noto anche
come "Decreto Incentivi"), convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010 n.
73, il quale aveva riscritto l'art. 6 ("Attività edilizia libera") del D.P.R. 380/2001;
- all'art. 49 ("Disposizioni in materia di conferenza di servizi") del D.L. 31 maggio
2010 n. 78 ("Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitività economica."), convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010 n.
122, il quale, tra l'altro, aveva riscritto -peraltro modificandone la rubrica- l'art. 19
della L. 7 agosto 1990 n. 241 ("Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.");
- all'art. 5 ("Costruzioni private") del D.L. 13 maggio 2011 n. 70 ("Semestre
Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.", noto anche come "Decreto
Sviluppo"), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011 n. 106, -articolo la
cui tecnica redazionale (comune peraltro all'intero provvedimento normativo) è a mio
avviso fortemente criticabile (non fosse altro che per la sua difficile lettura)- il quale,
dopo una enunciazione non si comprende se di principi fondamentali o di linee-guida,
aveva disposto tra l'altro:
a) alcune modifiche al D.P.R. 380/2001, tra le quali le più rilevanti erano la
riscritturazione dell'art. 20 ("Procedimento per il rilascio del permesso di
costruire") -comma 2, lettera a), numero 3)- e l'introduzione di una sanatoria edilizia
ex lege per i casi di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che
non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali -comma 2,
lettera a), numero 5)-,
b) alcune modifiche all'art. 19 della L. 241/1990 -comma 2, lettera b), numero 2)-,
c) l'interpretazione autentica del richiamato art. 19 -comma 2, lettera c)- nonché
d) la riproposizione di un "Piano casa" o "Piano città", mediante la previsione di
misure dirette a incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e a
promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate -commi da 9 a
14 compresi-;
- al 1° comma dell'art. 6 ("Liberalizzazione in materia di segnalazione certificata di
inizio attività, denuncia e dichiarazione di inizio attività. Ulteriori semplificazioni")
del D.L. 13 agosto 2011 n. 138 ("Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
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finanziaria e per lo sviluppo."), convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre
2011 n. 148, il quale aveva modificato ulteriormente l'art. 19 della L. 241/1990;
- all'art. 2 ("Semplificazione delle procedure amministrative mediante SCIA") e al
comma 2-bis dell'art. 23 ("Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole
e medie imprese") del D.L. 9 febbraio 2012 n. 5 ("Disposizioni urgenti in materia di
semplificazione e di sviluppo."), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012
n. 35, i quali avevano rispettivamente modificato ulteriormente l'art. 19 della L.
241/1990 e ampliato le tipologie di interventi per i quali può farsi ricorso alla SCIA;
- agli artt. 13 ("Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l'esercizio
dell'attività edilizia") e 13-bis ("Modifiche all'articolo 6 del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380") del D.L. 22 giugno
2012 n. 83 ("Misure urgenti per la crescita del Paese."), convertito, con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012 n. 134, articoli che avevano apportato ulteriori
modifiche alla disciplina della SCIA, a quella del permesso di costruire e a quella dei
cosiddetti interventi edilizi liberalizzati nonché rilevanti modifiche alle disposizioni
in materia di Sportello Unico per l'Edilizia, e infine
- all'art. 30 ("Semplificazioni in materia edilizia") del D.L. 21 giugno 2013 n. 69
("Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.", noto anche come "Decreto del
Fare"), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013 n. 98, articolo che, tra
l'altro, aveva apportato ulteriori modifiche al D.P.R. 380/2001 -variandone gli artt. 3,
6, 10, 20, 22, 24 e 25 e inserendovi due nuovi articoli, e segnatamente l'art. 2-bis
("Deroghe in materia di distanze tra fabbricati") e l'art. 23-bis ("Autorizzazioni
preliminari alla segnalazione certificata di inizio attività e alla comunicazione
dell'inizio dei lavori")-.
Tale caos (da me denunziato e criticato in diverse relazioni svolte in occasione di
precedenti convegni e da me definito come "patologica situazione derivante da
un'iperproduzione normativa metastatica") era stato ulteriormente aggravato dalle
diverse interpretazioni amministrative che si erano via via succedute sia a livello
statale sia a livello regionale e che, ancorché finalizzate a dirimere i dubbi applicativi,
avevano in realtà aumentato la situazione di profonde confusione e incertezza. Mi
riferisco in particolare:
- alla Circolare PG. 2010.0196035 del 2 agosto 2010, a firma dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Reti di Infrastrutture Materiali e
Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti della Regione Emilia-Romagna, avente
ad oggetto "Indicazioni applicative in merito all'art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001
relativo all'attività edilizia libera.";
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- alla Circolare ANCI Toscana del 17 settembre 2010, avente ad oggetto "Prime
indicazioni sulle conseguenze della modifica dell'art. 19, legge 7 agosto 1990, n. 241,
disposta con legge 30 luglio 2010, n. 122, nell'ordinamento edilizio";
- alla Nota del 16 settembre 2010 a firma del Capo dell'Ufficio Legislativo del
Ministero per la Semplificazione Normativa, indirizzata all'Assessore al Territorio e
all'Urbanistica della Regione Lombardia in risposta alla richiesta di chiarimenti da
questi inviata il 30 agosto 2010 circa l'ambito di applicazione alla materia edilizia
delle nuove disposizioni (Nota inviata per conoscenza anche agli Uffici Legislativi
dei Ministeri dell'Economia e delle Finanze, per la Pubblica Amministrazione e
Innovazione e delle Infrastrutture e dei Trasporti);
- alla Circolare n. 4 del 13 dicembre 2010 del Settore Sportello Unico per l'Edilizia
del Comune di Milano;
- alla Comunicazione PG. 2010.0280997 del 12 novembre 2010, a firma
dell'Assessore alle Attività Produttive, Piano Energetico e Sviluppo Sostenibile,
Economia Verde, Autorizzazione Unica Integrata e dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Reti di Infrastrutture Materiali e
Immateriali della Regione Emilia-Romagna, avente ad oggetto "Comunicazioni in
merito alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività, di cui all'art. 49
del D.L. n. 78 del 2010 convertito con modifiche dalla L. n. 122 del 2010." e
- alla Deliberazione della Giunta Regionale dell'Emilia-Romagna n. 1281 del 12
settembre 2011, avente ad oggetto "Indicazioni applicative in merito alle disposizioni
di cui all'articolo 5 del Decreto Legge n. 70/2011, convertito con modificazioni dalla
Legge 106/2011, in materia di titoli abilitativi edilizi e di riqualificazione incentivata
delle aree urbane" (pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 147 del 28 settembre 2011).
Ricordo, inoltre, che per dirimere i dubbi sollevati da diverse Regioni (tra le quali la
Regione Emilia-Romagna) in ordine alla legittimità della SCIA in ambito edilizio era
dovuta intervenire la Corte Costituzionale la quale, con la nota sentenza n. 164 del 20
giugno 2012 (depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana il 4 luglio successivo), aveva dichiarato non
fondate le questioni di legittimità costituzionale:
1) dell'art. 49, commi 4-bis e 4-ter, del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010 n. 122, promosse (tra le altre) dalla Regione
Emilia-Romagna in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 97, 114, secondo comma,
117, secondo comma, lettere e) e m), terzo e quarto comma, 118 e 121, secondo
comma, della Costituzione nonché sotto il profilo della violazione del principio della
leale collaborazione e
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2) dell'art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del D.L. 13 maggio 2011
n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011 n. 106, promosse dalla
Regione Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 3, 9, 97, 114, 117 e 118 della
Costituzione.
Nella "Nota illustrativa sulla legge regionale n. 15 del 30 luglio 2013
"Semplificazione della disciplina edilizia"" (pubblicata dalla Regione Emilia-
Romagna sul proprio sito internet) si legge, infatti, quanto segue: "La legge regionale
n. 15 del 30 luglio 2013 "Semplificazione della disciplina edilizia" costituisce un
intervento organico, sostitutivo della legge regionale sull'attività edilizia n. 31 del
2002, che si è resa necessaria per due ordini di motivi. Innanzitutto, per dare
attuazione alle recenti disposizioni statali che sono intervenute nel campo delle
procedure edilizie, anche recentemente con il decreto cosiddetto "del fare",
ridefinendo la disciplina dell'attività edilizia libera e, soprattutto, estendendo anche
a questo settore lo strumento della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
Occorre però evidenziare che il recepimento delle innovazioni statali non è
effettuato in modo meramente riproduttivo, in quanto la legge regionale è l'esito
anche di un ampio processo di monitoraggio e analisi della precedente disciplina
regionale. Essa rappresenta poi una delle principali azioni della complessiva attività
di semplificazione del sistema amministrativo in cui è impegnata la Giunta regionale
in attuazione della L.R. n. 18 del 2011, che ha individuato proprio l'edilizia come uno
dei principali settori che necessitano di più urgente riconsiderazione. La legge in
questione è stata dunque l'occasione per operare tale riordino della materia,
nell'ottica della sua semplificazione. L'aspetto di principale innovazione è costituito
dalla sostituzione della SCIA alla DIA, come titolo abilitativo della maggior parte
degli interventi edilizi (sostanzialmente di tutti quelli sul patrimonio edilizio esistente
e delle nuove costruzioni puntualmente disciplinate dalla pianificazione urbanistica).
Entrambi gli istituti consentono al privato di presentare all'amministrazione
comunale una comunicazione dell'avvio di un'attività edilizia, la quale può essere
iniziata senza attendere il rilascio di un atto avente natura autorizzativa; ma con la
SCIA tale meccanismo abilitativo consente l'avvio delle trasformazioni edilizie nel
momento stesso della presentazione della comunicazione, e dunque sin dal momento
di avvio del procedimento amministrativo di controllo. Ciò comporta una rilevante
modifica sia del modo di operare della P.A., che ora svolge la propria funzione di
controllo a lavori già iniziati, sia del ruolo e della responsabilità del committente e
dei professionisti, chiamati ad assumersi pienamente la responsabilità della
legittimità degli interventi, non solo per tutti i profili che attengono al campo edilizio
e urbanistico ma anche con riferimento a ogni disciplina di settore avente rilevanza
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per l'attività edilizia. Muovendo da tale profonda innovazione, la legge procede ad
una riconsiderazione dei compiti di controllo esercitati dalle amministrazioni
comunali, sia sui progetti edilizi presentati che sulle opere realizzate. Perciò la
disciplina di dettaglio della SCIA di cui all'art. 19 della legge 241 del 1990 viene
adattata alle peculiarità del settore edilizio ma anche alle esigenze di certezza e
affidabilità delle posizioni giuridiche rappresentate dagli operatori del settore
edilizio. ..... L'introduzione del meccanismo della SCIA ha reso ancora più urgente
realizzare le precondizioni di fatto e normative che consentano il sistematico ricorso
alla asseverazione dei progettisti come modalità di accelerazione dei procedimenti.
Non potendo intervenire riducendo e semplificando le discipline legislative settoriali
e le normative tecniche che incidono sull'attività edilizia, la legge si pone l'obiettivo
di realizzare una maggiore uniformità applicativa della disciplina vigente e di
semplificare l'eccessiva eterogeneità degli strumenti regolamentari comunali,
innanzitutto attraverso un più ampio ricorso ad atti di coordinamento tecnico, da
predisporsi dalla Regione in stretto raccordo con gli enti locali e con i
rappresentanti degli operatori economici e professionali del settore. ..... Inoltre, la
legge impegna la Regione (art. 12) a svolgere una importante attività di
standardizzazione del processo edilizio, attraverso l'adozione di una modulistica
unificata da utilizzare in tutto il territorio regionale e l'individuazione degli elaborati
progettuali e della documentazione da produrre nelle diverse fasi del processo
edilizio. ..... La seconda parte della legge contiene modifiche ad alcune leggi
regionali strettamente connesse all'edilizia: la L.R. n. 23 del 2004 sulle sanzioni
edilizie, la L.R. 20 del 2000 in materia di pianificazione, la L.R. 34 del 2002 sugli
edifici ove hanno la sede le associazioni di promozione sociale, la legge 19 del 1982
in materia di sanità. Mentre le modifiche alla L.R. 3 del 1999 sulla valutazione di
impatto ambientale si sono rese urgenti per ottemperare ai principi della Corte
Costituzionale pronunciati sulla legge della Regione Marche. ..... Si segnala infine
che, durante l'esame in Assemblea legislativa, sono state recepite nel provvedimento
legislativo regionale alcune disposizioni statali, ancora in corso di conversione e
contenute nel decreto legge n. 69 del 2013 cosiddetto "del fare", relative
all'applicazione graduale della SCIA per eseguire interventi di ristrutturazione
edilizia con modifica della sagoma. ..... " -.
Come si evince dalla lettura della L.R. 15/2013, e come chiaramente
evidenziato nella "Nota illustrativa" innanzi citata, tale L.R. è (o meglio era, visto
quanto si dirà nel prosieguo) finalizzata al riordino della disciplina dell'attività
edilizia, in un'ottica di maggior semplificazione e in conformità ai principi
fondamentali enunciati e/o desumibili in via interpretativa dal D.P.R. 380/2001 e
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dalle norme statali emanate più di recente nella materia in esame (come innanzi
ricordate), mediante:
- l'abrogazione pressoché integrale della L.R. 25 novembre 2002 n. 31 (cfr. art. 59, 1°
comma, della L.R. 15/2013),
- la previsione di una nuova disciplina dell'attività edilizia (cfr. artt. da 1 a 34
compresi della L.R. 15/2013), che sostituisce quella precedentemente in vigore e
come innanzi abrogata,
- la modifica degli artt. 2, 4, 8, 12, 13, 14, 15, 17, 18 e 21 e la sostituzione integrale
dell'art. 16 della L.R. 21 ottobre 2004 n. 23 nonché l'inserimento nella medesima L.R.
di tre nuovi articoli, gli artt. 14-bis, 16-bis e 17-bis (cfr. artt. da 35 a 48 compresi
della L.R. 15/2013) -tra le modifiche apportate merita specifica segnalazione la
soppressione (disposta dal comma 2 dell'art. 38 della L.R. 15/2013) del comma 6
dell'art. 12 della L. 23/2004 il quale (anche dopo l'abrogazione della omologa norma
statale) continuava a prescrivere (per i terreni siti nella Regione Emilia-Romagna di
superficie inferiore a 10.000 mq.) la trasmissione allo Sportello unico per l'edilizia
del Comune ove era sito l'immobile della copia dell'atto di trasferimento, entro 30
giorni dalla data di registrazione dell'atto medesimo-,
- la modifica degli artt. 16 e 19 della L.R. 24 marzo 2000 n. 20 nonché l'inserimento
nella medesima L.R. del nuovo art. 18-bis (cfr. artt. da 49 a 51 compresi della L.R.
15/2013) nonché
- la modifica dell'art. 16 della L.R. 9 dicembre 2002 n. 34 e la modifica degli artt. 4 e
4-ter della L.R. 18 maggio 1999 n. 9 (cfr. artt. da 52 a 54 compresi della L.R.
15/2013).
Giusta quanto disposto dall'art. 61 ("Entrata in vigore") della L.R. 15/2013, le
disposizioni contenute nella medesima L.R. sono entrate in vigore il 28 settembre
2013, fatta unicamente eccezione per le disposizioni contenute nell'art. 55 ("Misure
per favorire la ripresa economica"), le quali sono entrate in vigore il 31 luglio 2013.
Occorre, peraltro, considerare quanto stabilito dall'art. 57 ("Procedimenti in corso e
norme transitorie") della stessa L.R., il quale dispone quanto segue: "1. I
procedimenti relativi all'attività edilizia, in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge, sono conclusi ed i relativi provvedimenti acquistano efficacia
secondo le disposizioni delle leggi regionali previgenti, fatta salva la facoltà per gli
interessati di riavviare il procedimento nell'osservanza della presente legge. Si
intendono in corso i procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore della
presente legge: a) sia stata presentata la domanda per il rilascio del permesso di
costruire; b) sia stata presentata al Comune la DIA o la SCIA; c) sia stata
presentata la domanda per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di
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agibilità. 2. Le sanzioni previste dalla presente legge si applicano agli illeciti
commessi in data successiva alla sua entrata in vigore. 3. Fatti salvi i procedimenti
in corso, dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di avere
efficacia le deliberazioni con cui i Comuni hanno sottoposto a permesso di costruire
gli interventi di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e i
mutamenti d'uso senza opere, ai sensi del previgente articolo 8, comma 2, della legge
regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia). 4. In fase di
prima applicazione, l'articolo 12, comma 2, della presente legge si applica per le
definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e l'edilizia di cui all'Allegato A della
deliberazione dell'Assemblea legislativa 4 febbraio 2010, n. 279 (Approvazione
dell'atto di coordinamento sulle definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e
l'edilizia e sulla documentazione necessaria per i titoli abilitativi edilizi (art. 16,
comma 2, lettera c), L.R. 20/2000 - art. 6, comma 4, e art. 23, comma 3, L.R.
31/2002). Il termine per il recepimento, previsto dalla medesima disposizione,
decorre dalla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale Telematico della Regione
Emilia-Romagna (BURERT) della presente legge. Decorso inutilmente tale termine,
per salvaguardare l'immutato dimensionamento dei piani vigenti, i Comuni
approvano, con deliberazione del Consiglio comunale, coefficienti e altri parametri
che assicurino l'equivalenza tra le definizioni e le modalità di calcolo utilizzate in
precedenza dal piano e quelle previste dall'atto di coordinamento tecnico
regionale."-.
Per meglio comprendere la portata delle disposizioni di cui ai citati artt. 61 e 57 della
L.R. 15/2013, può essere opportuno leggere la "Premessa: Entrata in vigore della
nuova disciplina degli interventi edilizi prevista dalla L.R. n. 15 del 2013" alla
"Tabella sinottica della disciplina degli interventi edilizi" (pubblicata dalla Regione
Emilia-Romagna sul proprio sito internet), premessa che, per comodità, riporto qui di
seguito integralmente: "La disciplina degli interventi edilizi, sintetizzata nella tabella
sinottica che segue, si applica agli interventi edilizi costituenti "attività edilizia
libera" (di cui all'art. 7 della L.R. n. 15 del 20013) e ai procedimenti abilitativi edilizi
(SCIA e permesso di costruire) che saranno avviati dal 28 settembre 2013 (art. 61
L.R. n. 15/2013). Inoltre, ai sensi dell'art. 57, comma 1, L.R. n. 15 del 2013, la stessa
disciplina non trova applicazione per i procedimenti relativi all'attività edilizia in
corso alla medesima data, con l'effetto che: a) le comunicazioni di inizio attività
(CIL) e le SCIA, già presentate alla medesima data, sono esaminate dagli sportelli
unici comunali secondo le modalità stabilite dalla relativa disciplina statale
(rispettivamente, art. 6 del DPR n. 380 del 2001 e art. 19 della L. n. 241 del 1990);
b) i permessi di costruire, le cui istanze siano già presentate alla medesima data,
26
sono rilasciati secondo quanto previsto dalla L.R. n. 31 del 2002; c) gli interventi
edilizi per i quali, prima della medesima data, siano stati avviati i lavori (relativi ad
attività edilizia libera, Scia e permessi di costruire) sono conclusi secondo la
disciplina statale e regionale previgente, ivi compreso il rilascio del certificato di
conformità edilizia e di agibilità, ove previsto. E' fatta salva la possibilità per gli
interessati di riavviare il procedimento abilitativo in corso, di cui alle precedenti
lettere a) e b), nell'osservanza della nuova legge (cioè ritirare la pratica e
ripresentarla dopo il 28 settembre 2013). Si intendono in corso l'attività edilizia e i
procedimenti per i quali, al 28 settembre 2013: - sia stata inviata alla
amministrazione comunale la comunicazione di inizio lavori di cui ai commi 2 e
seguenti dell'art. 6 del DPR n. 380 del 2001; - sia stata presentata la domanda per il
rilascio del permesso di costruire; - sia stata presentata al Comune la (super-)DIA o
la SCIA; - sia stata presentata la domanda per il rilascio del certificato di conformità
edilizia e di agibilità. Si ricorda poi che dalla medesima data del 28 settembre 2013
cessano di avere efficacia le deliberazioni dei Consigli comunali con le quali, ai
sensi dell'art. 8, comma 2, della L.R. n. 31 del 2002, gli interventi edilizi di
risanamento conservativo e restauro, di ristrutturazione e di mutamento di
destinazione d'uso senza opere siano stati assoggettati a permesso di costruire (art.
57, comma 3, L.R. n. 15 del 2013). Infine, si sottolinea che, ai sensi dell'art. 57
comma 2, della L.R. n. 15 del 2013, la disciplina sanzionatoria degli abusi edilizi,
prevista dalla medesima legge (e richiamata nella tabella che segue), ove risulti
difforme da quella previgente, si applica solo agli illeciti commessi dopo il 28
settembre 2013." -.
L'art. 60 ("Disapplicazione di norme statali") della L.R. 15/2013 dispone
quindi: "A seguito dell'entrata in vigore della presente legge non trova diretta
applicazione nel territorio regionale la disciplina di dettaglio prevista dalle
disposizioni legislative e regolamentari statali della Parte I, Titoli I, II e III, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001." (evidenziandosi la maggior
precisione di tale disposizione rispetto alla omologa disposizione contenuta nel
previgente art. 50 della L.R. 31/2002 che così stabiliva: "1. A seguito dell'entrata in
vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione nella Regione la
disciplina prevista dalle seguenti disposizioni legislative e regolamentari statali: a) i
Titoli I, II, III e l'art. 39 della Parte I e gli artt. 89 e 94, commi 1 e 2, della Parte II
del dPR 6 giugno 2001, n. 380; b) l'art. 1, commi 6, 7, 8, 9 e 10 della Legge 21
dicembre 2001, n. 443. 2. Fino alla data di entrata in vigore del dPR n. 380 del 2001
ogni riferimento a disposizioni del medesimo decreto, contenuto nella presente legge,
deve intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni riportate nella tabella
27
allegata allo stesso, recante "Tavola di corrispondenza dei riferimenti normativi del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia.") -.
Analoga disapplicazione della disciplina statale di dettaglio è stabilita anche dall'art.
40 ("Disapplicazione di norme statali") della L.R. 23/2004 che così dispone: "A
seguito dell'entrata in vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione
nella Regione la disciplina di dettaglio prevista: a) dal Titolo IV, Parte I, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ad eccezione dei commi 2 e 3
dell'articolo 29 e degli articoli 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50 e 51; b) dall'articolo 5 del
decreto legge n. 168 del 2004, convertito con modificazioni, dalla legge n. 191 del
2004." -.
28
alternativa al PdC (c.d. "SUPER-DIA") -a seguito della modifica apportata all'art. 10,
comma 1, lettera c)-,
g) è stata modificata la disciplina del permesso di costruire in deroga agli strumenti
urbanistici -a seguito delle modifiche apportate all'art. 14-,
h) sono state introdotte modifiche alla disciplina del PdC -a seguito delle modifiche
apportate agli artt. 15, 16, 17 e 20-,
i) è stata modificata la disciplina della SCIA -a seguito della sostituzione della rubrica
del Capo III del Titolo II della Parte I e delle modifiche apportate all'art. 22-,
l) è stata modificata la disciplina dei mutamenti di destinazione d'uso -a seguito
dell'inserimento del nuovo art. 23-ter-,
m) è stata modificata la disciplina del certificato di agibilità -a seguito delle
modifiche apportate agli artt. 24 e 25-,
n) è stata inserita una nuova disciplina per il permesso di costruire convenzionato,
utilizzabile -in alternativa ai tradizionali Piani Urbanistici Attuativi- qualora le
esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata -
a seguito dell'introduzione del nuovo art. 28-bis-,
o) è stata modificata la disciplina delle sanzioni per i casi di interventi edilizi eseguiti
in assenza di PdC o in totale difformità o con variazioni essenziali -a seguito delle
modifiche apportate all'art. 31)- e
p) è stato previsto che il Governo, le Regioni e le autonomie locali concludano, in
sede di Conferenza unificata, accordi o intese finalizzati all'adozione di uno schema
di regolamento edilizio-tipo al quale i singoli Comuni, nel predisporre i propri
regolamenti edilizi, dovranno obbligatoriamente uniformarsi.
Inoltre, con il medesimo art. 17, è stato inserito nell'art. 28 della L. 17 agosto 1942 n.
1150, il nuovo comma 7 che stabilisce che l'attuazione degli interventi previsti nelle
convenzioni di lottizzazione ovvero negli accordi similari comunque denominati dalla
legislazione regionale può avvenire anche per stralci funzionali e per fasi e tempi
distinti; in tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati
gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le relative
garanzie purché l'attuazione parziale sia coerente con l'intera area oggetto di
intervento.
Sempre con riferimento alla normativa statale ricordo che i reati previsti dal
D.P.R. 380/2001 puniti con la sola pena pecuniaria sono stati esclusi -per espressa
previsione contenuta nell'art. 2 della L. 28 aprile 2014 n. 67- dalla depenalizzazione
disposta dal D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 8.
29
Il richiamato nuovo intervento del legislatore statale nella materia in esame ha
reso necessaria una complessa attività di coordinamento della disciplina contenuta
nella L.R. 15/2013 e nella L.R. 23/2004 con le disposizioni statali di recente
emanazione.
Tale attività di coordinamento è stata effettuata dalla Regione Emilia-Romagna:
- in parte con alcune circolari. Mi riferisco, in particolare:
* alla Circolare PG. 2014.0442803 del 21 novembre 2014, a firma dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Riqualificazione Urbana, Reti di
Infrastrutture Materiali e Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti, avente ad
oggetto "Indicazioni applicative conseguenti all'entrata in vigore del decreto legge n.
133 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014", nella quale
si precisa quanto segue: "Le modifiche al T.U. edilizia, in particolare, sono state
assunte dal legislatore statale con il dichiarato obiettivo di semplificare le procedure
edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, ma anche di favorire
il recupero del patrimonio edilizio esistente e la riduzione del consumo dei suoli, per
assicurare processi di sviluppo sostenibile. Tali disposizioni non solo comportano
significative innovazioni alla disciplina edilizia e urbanistica statale ma si ritiene che
incidano direttamente sull'ordinamento regionale in materia. Numerose norme
regionali infatti si debbono considerare superate e sostituite ovvero integrate da
quanto disposto dal DL convertito, che contiene disposizioni legislative di dettaglio
che innovano i principi fondamentali della materia edilizia e che, in quanto tali,
prevalgono direttamente sulla normativa regionale antecedente e sono
immediatamente operative. Allo scopo di promuovere una applicazione uniforme di
tali innovazioni normative, secondo gli obiettivi di semplificazione della disciplina
edilizia, perseguiti dalla L.R. n. 15 del 2013, la circolare allegata intende fornire agli
operatori pubblici e privati del settore edilizio prime indicazioni interpretative del
testo statale e una ricostruzione degli effetti che la sua entrata in vigore comporta
sull'ordinamento regionale. In particolare, la circolare allegata contiene una
sintetica illustrazione dei contenuti delle disposizioni del DL convertito in materia
edilizia e, evidenziata in azzurro, una prima ricostruzione dei principali effetti sulle
leggi regionali n. 15 del 2013 e n. 23 del 2004 (di seguito denominate,
rispettivamente, "L.R. n. 15"e "L.R. n. 23"). Inoltre, al solo scopo di facilitare
l'attività interpretativa, è stato predisposto, nella seconda parte della presente
circolare, un elaborato che evidenzia la disciplina edilizia vigente nella nostra
regione. A tale scopo è stato riprodotto il testo delle disposizioni della L.R. 15 e della
L.R. 23 interessate da dette innovazioni statali, con evidenziate le previsioni da
considerare superate a seguito dell'entrata in vigore del DL convertito e le
30
disposizione di quest'ultimo che trovano diretta e immediata applicazione, ad
integrazione o in sostituzione, del testo regionale.",
* alla Circolare PG. 2014.0495744 del 17 dicembre 2014, sempre a firma
dell'Assessore alla Programmazione Territoriale, Urbanistica, Riqualificazione
Urbana, Reti di Infrastrutture Materiali e Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti,
avente ad oggetto "Precisazioni in merito alla circolare del 21/11/2014 recante
"Indicazioni applicative conseguenti all'entrata in vigore del decreto legge n. 133 del
2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014"", nella quale si
evidenzia che: "le disposizioni legislative di dettaglio contenute nel DL convertito .....
prevalgono direttamente, non soltanto sulla disciplina legislativa regionale
antecedente, ma anche sulle previsioni degli strumenti urbanistici comunali con esse
incompatibili. In tal modo, per fare un esempio, il nuovo art. 3, comma 1, lettera b,
secondo periodo, del DPR n. 380 del 2001 (secondo cui le opere di manutenzione
straordinaria e le opere interne alla costruzione possono comportare anche il
frazionamento ed accorpamento delle unità immobiliari, con variazione delle
superfici delle singole unità immobiliari e del carico urbanistico, purché non sia
modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria
destinazione d'uso), venendo a modificare la definizione degli interventi di
manutenzione straordinaria, prevale e si sostituisce automaticamente, non solo alla
definizione di cui all'Allegato alla L.R. n. 15 del 2013, lettera b, ma anche alle
differenti definizioni degli interventi di manutenzione straordinaria contenute nei
piani urbanistici e alle eventuali disposizioni dei medesimi piani che stabilissero una
differente disciplina circa la qualificazione degli interventi di frazionamento o
accorpamento, il titolo abilitativo richiesto, la loro onerosità, ecc. Di conseguenza,
sempre per rimanere nell'esempio fin qui descritto, l'asseverazione del tecnico
abilitato circa la conformità dell'intervento "agli strumenti urbanistici approvati e ai
regolamenti edilizi vigenti", richiesta dall'art. 6, comma 4, del DPR n. 380 del 2001
per la presentazione della CIL asseverata, deve considerarsi riferita agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi, così come implicitamente modificati dalle norme
introdotte dal DL convertito, secondo quanto sottolineato in precedenza." e
* alla Circolare PG. 2015.0151451 dell'11 marzo 2015, a firma dell'Assessore ai
Trasporti, Reti Infrastrutture Materiali e Immateriali, Programmazione Territoriale e
Agenda Digitale e dell'Assessore al Turismo e al Commercio, avente ad oggetto
"Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, a seguito dell'introduzione dell'art. 23-
ter del testo unico dell'edilizia, con particolare riguardo alle attività commerciali.";
- in parte con un successivo intervento del legislatore regionale il quale, con la L.R.
16 luglio 2015 n. 9 ("Legge Comunitaria Regionale per il 2015"), ha provveduto a
31
inserire nell'art. 7 ("Attività edilizia libera e interventi soggetti a comunicazione")
della L.R. 15/2013 il nuovo comma 2-bis in materia di installazioni fotovoltaiche, a
riscrivere l'art. 28 ("Mutamento della destinazione d'uso") della medesima L.R. e a
modificare, correlativamente, il successivo art. 30 ("Oneri di urbanizzazione").
Con la Circolare PG. 2015.0550910 del 31 luglio 2015, a firma dell'Assessore ai
Trasporti, Reti Infrastrutture Materiali e Immateriali, Programmazione Territoriale e
Agenda Digitale, avente ad oggetto "Circolare illustrativa della nuova disciplina
regionale del mutamento di destinazione d'uso e dell'obbligo di comunicazione al
GSE della realizzazione degli impianti solari fotovoltaici a servizio degli edifici.
Articoli 33, 34 e 35 della Legge regionale n. 9 del 2015 (Legge Comunitaria
Regionale per il 2015).", è stata fornita una prima illustrazione delle disposizioni
contenute nella predetta L.R. 9/2015.
Ricordo, infine, che (sempre, ovviamente, ad opera del legislatore statale) sono
in arrivo ulteriori rilevanti modifiche al D.P.R. 380/2001: mi riferisco alle bozze,
diffuse in questi giorni, di un nuovo decreto legge, definito "Decreto Competitività",
approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 giugno u.s. -nel quale sono previsti, tra
l'altro, l'ampliamento degli interventi edilizi attuabili previa presentazione di una CIL
e di quelli attuabili previa presentazione di una SCIA nonché la eliminazione del
certificato di agibilità, che verrebbe sostituito da una segnalazione certificata di
agibilità- e di un nuovo decreto legislativo, definito "Decreto SCIA 2", approvato dal
Consiglio dei Ministri nella medesima seduta in attuazione della delega contenuta
nella L. 7 agosto 2015 n. 124 ("Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche.") -nel quale sono previste ulteriori modifiche alla
disciplina della SCIA-.
**********
38
Con successiva Determinazione n. 16913 del 17 novembre 2014 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto ad un primo
aggiornamento dei predetti modelli unificati sia per adeguare gli stessi alle nuove
disposizioni contenute nell'art. 17 del richiamato "Decreto Sblocca Italia" sia per
correggere le imprecisioni e gli errori materiali rilevati nel testo dei modelli
medesimi. La Giunta Regionale, con la Deliberazione n. 121 del 16 febbraio 2015,
ha chiarito che i modelli edilizi unificati regionali approvati con la D.G.R. n.
993/2014 e aggiornati con la citata Determinazione sono pienamente rispondenti alla
modulistica statale di cui agli accordi del 12 giugno 2014 e del 18 dicembre 2014 e
conformi alla normativa regionale vigente e che pertanto, anche dopo tale ultimo
accordo, la modulistica da utilizzare per la comunicazione di inizio lavori relativi agli
immobili situati in Emilia-Romagna è quella regionale, come sopra approvata e
aggiornata, e non quella allegata al citato accordo del 18 dicembre 2014.
Con successiva Determinazione n. 3316 del 20 marzo 2015 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto ad un
secondo aggiornamento della modulistica edilizia unificata regionale al fine di
eliminare alcune incompletezze o incoerenze con la normativa vigente nonché al fine
di rendere i modelli approvati conformi alla logica di funzionamento della procedura
informatica regionale (Sistema SIEDER).
Infine, con la Determinazione n. 8822 del 14 luglio 2015 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto al terzo (e,
per ora, ultimo) aggiornamento della modulistica edilizia unificata regionale al fine di
una sua semplificazione e di un suo adeguamento alle norme contenute nella D.G.R.
n. 699/2015 e nell'art. 135-bis del D.P.R. 380/2001.
Con la D.G.R. n. 994/2014, la Giunta Regionale ha approvato l'"Atto di
coordinamento tecnico regionale per la semplificazione degli strumenti di
pianificazione territoriale e urbanistica, attraverso l'applicazione del principio di non
duplicazione della normativa sovraordinata (artt. 16 e 18-bis, comma 4, LR
20/2000)".
Tale atto di coordinamento si articola in tre parti:
39
- "PARTE PRIMA - PREMESSA – L'APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI NON
DUPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SOVRAORDINATA, PER LA
SEMPLIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
E URBANISTICA", nella quale sono evidenziate le esigenze di semplificazione delle
fonti normative dell'attività urbanistico-edilizia e sono illustrati i limiti
all'applicazione del principio di non duplicazione della normativa urbanistica e le
modalità attuative del principio di non duplicazione della disciplina sovraordinata,
- "PARTE SECONDA - NORME DI COORDINAMENTO", nella quale (art. 1
"Principio di non duplicazione della normativa sovraordinata") si precisa il contenuto
di tale principio ("1. Ai sensi del comma 1 dell'art. 18-bis della legge regionale n. 20
del 2000, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, della Regione,
delle Province, della Città metropolitana di Bologna e dei Comuni adottati e
approvati dopo il 29 settembre 2013, attengono unicamente alle funzioni di governo
del territorio attribuite al loro livello di pianificazione e non contengono la
riproduzione, totale o parziale, della normativa sovraordinata stabilita dalle leggi
statali e regionali, dai regolamenti, dagli atti di indirizzo e di coordinamento tecnico,
dalle norme tecniche, dalle prescrizioni, indirizzi e direttive stabilite dalla
pianificazione sovraordinata, e da ogni altro atto normativo di settore, comunque
denominato, avente incidenza sugli usi e le trasformazioni del territorio e sull'attività
edilizia. 2. Ai sensi del comma 2 dell'art. 18-bis della legge regionale n. 20 del 2000,
al fine di assicurare l'osservanza del principio di non duplicazione della normativa
sovraordinata di cui al comma 1, le previsioni degli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, si coordinano alle disposizioni dei piani e degli atti
normativi sovraordinati e provvedono al recepimento della normativa sovraordinata
sopravvenuta esclusivamente attraverso richiami espressi alla stessa, che trova
diretta applicazione.") e si precisano le modalità e i tempi di adeguamento degli
strumenti di pianificazione vigenti al divieto di duplicazione della normativa
sovraordinata nonché le conseguenze del mancato adeguamento dei medesimi e
- "PARTE TERZA - PRIMA RICOGNIZIONE DELLE DISPOSIZIONI INCIDENTI
SUGLI USI E LE TRASFORMAZIONI DEL TERRITORIO E SULL'ATTIVITÀ
EDILIZIA, CHE TROVANO UNIFORME E DIRETTA APPLICAZIONE NEL
TERRITORIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA", nella quale si procede ad
una prima ricognizione delle normative generali e di settore aventi incidenza sugli usi
e le trasformazioni del territorio e sull'attività edilizia (secondo la definizione di cui
all'art. 18-bis, comma 1, lettera f), della L.R. 24 marzo 2000 n. 20), raggruppate
secondo le tematiche nelle quali si articola comunemente l'esposizione della
disciplina generale dell'attività edilizia, precisandosi che si tratta delle disposizioni
40
suscettibili di applicazione diretta nel territorio regionale in quanto "autoapplicative"
(caratterizzate cioè da un contenuto prescrittivo puntuale che non necessita, per la sua
piena efficacia, di ulteriori provvedimenti attuativi, da emanarsi dalla stessa
Amministrazione o da altro Ente).
Con la medesima D.G.R., la Giunta Regionale ha deliberato inoltre di sostituire le
voci 41 ("Distanza dai confini di zona o ambito urbanistico"), 42 ("Distanza dai
confini di proprietà") e 44 ("Distanza tra edifici/Distacco (De)") dell'Allegato A della
citata D.A.L. n. 279 del 4 febbraio 2010 con nuove definizioni tecniche uniformi, con
effetto dal 14 luglio 2014.
Da ultimo, la Regione Emilia-Romagna è ancora intervenuta nella materia in
esame con la L.R. 9 maggio 2016 n. 7 ("Disposizioni collegate alla prima variazione
generale al bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2016-2018"),
pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 131 del 9 maggio 2016, e in vigore dal giorno
successivo. L'art. 10 di tale legge ("Misure per favorire la ripresa economica nel
settore edilizio") dispone: "A conferma di quanto disposto dall'articolo 28, comma 4,
della legge regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia),
dall'articolo 30, comma 4, della legge regionale 30 luglio 2013, n. 15
(Semplificazione della disciplina edilizia) e dall'articolo 34, comma 3, della legge
regionale 16 luglio 2015, n. 9 (Legge comunitaria regionale per il 2015), a causa del
perdurare delle difficoltà economiche del settore edilizio ed al fine di favorire la
ripresa dell'attività edificatoria, non si procede all'aggiornamento delle tabelle
parametriche relative agli oneri di urbanizzazione, di cui alla deliberazione del
Consiglio regionale 4 marzo 1998, n. 850 (Aggiornamento delle tabelle parametriche
di definizione degli oneri di urbanizzazione, di cui agli articoli 5 e 10 della legge 28
gennaio 1977, n. 10), le quali continuano ad essere applicate con l'incidenza ivi
stabilita sino alla ridefinizione della disciplina sul contributo di costruzione che sarà
predisposta con la nuova legge regionale in materia di governo del territorio, e
comunque non oltre il 31 dicembre 2017." -.
**********
Entrando ora nel vivo della relazione, iniziamo ad esaminare una prima
questione problematica, vale a dire quella relativa al c.d. "vincolo di pertinenzialità
urbanistica obbligatoria tra unità a destinazione abitativa e unità a destinazione
produttiva facenti parte di un fabbricato o di un complesso immobiliare realizzato in
zona territoriale omogenea D".
41
Come noto, i Comuni, attraverso i propri strumenti di pianificazione
urbanistica -Piano Strutturale Comunale (PSC), Regolamento Urbanistico ed Edilizio
(RUE) e Piano Operativo Comunale (POC)-, provvedono rispettivamente a delineare
le scelte strategiche di assetto e sviluppo del proprio territorio, anche al fine di
tutelarne l'integrità fisica ed ambientale e l'identità culturale (PSC), a dettare la
disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di
trasformazione nonché delle destinazioni d'uso (RUE) e ad individuare e disciplinare
gli interventi di tutela, valorizzazione, organizzazione e trasformazione del territorio,
disciplinando in particolare la delimitazione, l'assetto urbanistico, le destinazioni
d'uso e gli indici edilizi (POC) -.
Con tali strumenti, il territorio comunale viene suddiviso (in conformità a quanto
stabilito dall'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444) in "zone territoriali omogenee", e
così:
- "Zona A": "le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono
carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi,
comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali
caratteristiche, degli agglomerati stessi",
- "Zona B": "le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle
zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta
degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria
della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq",
- "Zona C": "le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che
risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di
superficie e densità di cui alla precedente lettera B)",
- "Zona D": "le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti
industriali o ad essi assimilati",
- "Zona E": "le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui -
fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà
richieda insediamenti da considerare come zone C)" e
- "Zona F": "le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse
generale",
e per ciascuna di tali "zone territoriali omogenee" viene dettata una specifica
disciplina.
Gli strumenti urbanistici comunali normalmente consentono che su un lotto di
terreno compreso in "zona territoriale omogenea D" sia realizzata, unitamente ad una
unità immobiliare a destinazione produttiva (unità principale), anche un'unità
immobiliare destinata ad abitazione del custode o del titolare dell'attività produttiva
42
(unità, quindi, con funzione accessoria e strumentale rispetto a quella a destinazione
produttiva).
In concreto (e a seconda delle prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici
comunali e/o del progetto depositato in Comune a corredo del titolo abilitativo), è
possibile che venga realizzato sul lotto un unico corpo di fabbrica, comprendente
entrambe le unità, ovvero che sul lotto vengano realizzati due distinti corpi di
fabbrica, dei quali uno comprendente l'unità a destinazione produttiva e l'altro
comprendente l'unità a destinazione abitativa. Nel caso di un più ampio intervento
urbanistico realizzato da un unico soggetto attuatore, si potrebbe addirittura arrivare a
realizzare sui vari lotti i soli edifici a destinazione produttiva e a "concentrare" su un
unico lotto, e così in un unico ulteriore e distinto fabbricato, tutte le unità a
destinazione abitativa.
52
- lo Studio del medesimo Consiglio Nazionale del Notariato n. 508 del 16 febbraio
1993, ove si legge: "Ma proprio questa evenienza denota che l'interesse
maggiormente protetto dalla l. 47 è quello della regolarità edilizia del manufatto e
che l'incommerciabilità va quindi valutata come uno degli strumenti indiretti posti a
tutela di tale regolarità, in aggiunta alle sanzioni penali e a quelle amministrative.
Né maggior pregio sembra rivestire l'altro argomento di detta opinione, che fa leva
sull'esigenza di dare al disposto formale della l. 47 una giustificazione autonoma ed
a sé stante, a prescindere dalla tutela dell'interesse pubblico perseguito.";
- la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 2241/UL del 17 giugno 1995, che
testualmente afferma: "l'eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta
soltanto agli immobili eseguiti in assenza di concessione o in totale difformità da
essa; mentre non sono oggetto ad alcun limite alla commerciabilità gli abusi di
minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di tipo amministrativo o
penale.";
- il già citato Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 5389/C, ove si chiarisce
che per la validità degli atti notarili aventi per oggetto beni o diritti immobiliari
debbono sussistere due requisiti: uno di carattere formale e l’altro di carattere
sostanziale. Quanto al primo (c.d. "requisito formale"), si rileva che la legge
prescrive che nell'atto notarile, a pena di nullità, debbono essere menzionati gli
estremi del titolo abilitativo (con precisazione che per gli interventi anteriori al 1°
settembre 1967 è valido l'atto nel quale anziché gli estremi della licenza sia riportata
o allegata apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nella quale venga
attestato, per l'appunto, l'avvenuto inizio dei lavori di costruzione sin da data
anteriore al 1° settembre 1967). Quanto al secondo (c.d. "requisito sostanziale"), lo
Studio in parola afferma: "Affinché sia valido, l'atto notarile deve anche avere per
oggetto edifici commerciabili ossia dotati dei requisiti minimi di regolarità
urbanistica senza i quali gli stessi debbono ritenersi "totalmente abusivi" e come tali
incommerciabili." -.
Quid juris nel caso in cui oggetto del trasferimento separato sia, invece, l'unità
a destinazione produttiva (restando l'unità a destinazione abitativa di proprietà
dell'originario titolare)?
Nell'introdurre questo argomento, ho parlato di "vincolo di pertinenzialità urbanistica
obbligatoria".
Se si fosse in presenza di un vero e proprio vincolo di pertinenzialità, nell'accezione
di cui agli artt. 817, 818 e 819 c.c., si dovrebbe ritenere che, giusta quanto disposto
dal 1° comma del richiamato art. 818 c.c., non rinvenendosi nell'atto di trasferimento
una espressa diversa volontà delle parti, l'atto stesso comprenda (oltre all'unità a
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destinazione produttiva) anche l'unità a destinazione abitativa e che, pertanto,
continuando entrambe le unità ad appartenere al medesimo proprietario, non vi sia
nullità.
In realtà, però, mi sembra più corretto ritenere (alla luce in particolare degli artt. 817,
2° comma, e 818, 2° comma, c.c.) che, nel caso di specie, non si sia in presenza di un
rapporto di pertinenzialità in senso civilistico.
Infatti, da un lato la "destinazione" non è un atto volontario del proprietario della cosa
principale ma è imposta dalla normativa comunale (difetterebbe, pertanto,
quell'elemento soggettivo che -come costantemente affermato dalla suprema Corte-
deve concorrere necessariamente con l'elemento oggettivo affinché possa ritenersi
configurato il rapporto pertinenziale), dall'altro, come detto, la medesima normativa
comunale impedisce che l'unità a destinazione abitativa possa formare oggetto di
separati atti o rapporti giuridici.
Meglio, allora, parlare -anziché di "pertinenzialità"- di "strumentalità e accessorietà
obbligatoriamente imposte dalla normativa contenuta nello strumento urbanistico
comunale".
In conseguenza, e per le considerazioni innanzi svolte, mi sembra corretto ritenere
che anche l'alienazione separata della sola unità a destinazione produttiva sia affetta
da nullità.
In ogni caso, la nullità dell'alienazione separata condizionerà, evidentemente, la
successiva circolazione del bene alienato separatamente, ferma l'applicabilità di
quanto disposto dall'art. 2652 ("Domande riguardanti atti soggetti a trascrizione.
Effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi."), 1° comma, n. 6), c.c., che dispone:
"Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell'articolo 2643,
le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse
previsti: ..... 6) le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare
l'annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la
validità della trascrizione. Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data
della trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i
diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto
o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. .....") -.
Cercando, infine, di dare una risposta al quesito se sia possibile, al fine di
ottenere un finanziamento da un istituto di credito, concedere in garanzia (e quindi
consentire l'iscrizione di un'ipoteca volontaria su) una soltanto delle predette unità
immobiliari, ricordo che l'art. 46 del D.P.R. 380/2001 dispone al 1° comma che "Gli
atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto
trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi
54
ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli
e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione
dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali
disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali
di garanzia o di servitù." e al 3° comma che " La sentenza che accerta la nullità degli
atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in
base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda
diretta a far accertare la nullità degli atti." -.
Gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia sono
espressamente esclusi dalla previsione normativa di cui al 1° comma dell’articolo in
parola; in conseguenza sembra corretto ritenere che la sanzione di nullità non trovi
applicazione per tali tipi di atti (si parla, pertanto, di "incommerciabilità relativa dei
fabbricati abusivi"). Il motivo di tale espressa esclusione, come è stato puntualmente
rilevato, è intuibile: questi atti hanno tutti il connotato di negozi giuridici dai quali
esula del tutto il fine speculativo. Inoltre la dazione della garanzia è sovente motivata
da situazioni di bisogno e non necessariamente porta, come esito finale ed effettivo,
ad un'alienazione dei beni stessi.
La previsione del 1° comma appare in linea con quella del 3° comma, secondo il
quale i diritti di garanzia acquisiti in base a un'ipoteca iscritta anteriormente alla
trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità, non restano pregiudicati
dalla sentenza che accerta la nullità stessa: infatti, potendosi costituire garanzie su
immobili abusivi sarebbe stato per lo meno contraddittorio prevedere che restassero
pregiudicati gli stessi diritti sorti anteriormente alla trascrizione della domanda
giudiziale di nullità.
Tuttavia, alla luce di quanto affermato dalla suprema Corte nella sentenza n.
1693/2006, innanzi citata, la posizione dell'istituto di credito che abbia accettato in
garanzia una soltanto delle due unità immobiliari risulta tutt'altro che "blindata".
**********
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- gli interventi e le opere di cui all'art. 7 ("Attività edilizia libera e interventi soggetti
a comunicazione"), i quali sono, appunto, attuabili liberamente e senza titolo
abilitativo edilizio -quelli di cui al 1° comma- ovvero previa mera comunicazione di
inizio dei lavori (CIL) -quelli di cui al 4° comma- (per tali interventi e/o opere,
inoltre, giusta quanto disposto dal 1° comma dell'art. 32 della medesima L.R., non è
dovuto il contributo di costruzione, fatta unicamente eccezione per gli interventi di
manutenzione straordinaria soggetti a CIL comportanti sia un aumento del carico
urbanistico sia un aumento della superficie calpestabile, i quali sono soggetti al
pagamento degli oneri di urbanizzazione) nonché
- le opere e gli interventi di cui all'art. 10 ("Procedure abilitative speciali").
**********
Ricordo preliminarmente che la L.R. 31/2002 prevedeva (artt. 20, 21 e 22) due
diverse e distinte modalità di chiusura della pratica edilizia:
- in via generale (e cioè salvo che si trattasse degli interventi indicati nel 2° comma
dell'art. 21), l'iter edilizio si concludeva con la trasmissione al Comune, entro 15
giorni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori, della scheda tecnica descrittiva.
L'art. 20 della L.R. 31/2002 ("Scheda tecnica descrittiva e fascicolo del fabbricato")
stabiliva quanto segue: "1. Ogni immobile oggetto di intervento edilizio è dotato di
una scheda tecnica descrittiva, articolata per le diverse unità immobiliari che lo
compongono, nella quale sono riportati i dati catastali ed urbanistici utili all'esatta
individuazione dell'immobile, i dati metrici e dimensionali, le prestazioni fornite in
ordine ai requisiti obbligatori, nonché gli estremi dei provvedimenti comunali e delle
denunce di inizio attività relativi allo stesso. La scheda tecnica deve inoltre essere
completa con le dichiarazioni concernenti la rispondenza dell'edificio ai requisiti
obbligatori. 2. La scheda tecnica contiene la dichiarazione che sono stati
regolarmente effettuati i controlli in corso d'opera e finali e che l'opera realizzata è
conforme al progetto approvato o presentato ed alle eventuali varianti allo stesso.
Alla scheda tecnica sono allegati i certificati di collaudo e le ulteriori certificazioni
se previsti dalla legge. 3. La scheda tecnica ..... è predisposta ed aggiornata, anche
per gli effetti dell'art. 481 del codice penale, da un professionista abilitato. ..... 6. La
scheda tecnica è parte integrante del fascicolo del fabbricato, nel quale sono raccolte
e aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico
e riguardanti la sicurezza dell'intero fabbricato. ...." -.
Il 4° comma del medesimo articolo prevedeva che per tali interventi (non soggetti a
certificazione comunale della conformità edilizia) la Giunta Regionale, con propria
deliberazione, poteva individuare forme semplificate di predisposizione della scheda
tecnica descrittiva (si parlava, in tali casi, appunto di "scheda tecnica descrittiva
semplificata").
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Sempre per tali interventi, il 4° comma del successivo art. 21 stabiliva che "la
dichiarazione di conformità del professionista abilitato, contenuta nella scheda
tecnica descrittiva ..... , tiene luogo del certificato di conformità edilizia e agibilità."-.
Infine, il 5° comma del medesimo articolo disponeva che il ritardo o la mancata
trasmissione al Comune di copia della scheda tecnica descrittiva comportava
l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da € 77,00 a € 464,00;
- qualora, invece, gli interventi edilizi eseguiti nell'immobile fossero rientrati tra
quelli indicati nel 2° comma dell'art. 21 ("Certificato di conformità edilizia e
agibilità") -e quindi soltanto ove si fosse trattato di interventi di nuova edificazione,
di interventi di ristrutturazione urbanistica o di interventi di ristrutturazione edilizia
(nelle rispettive definizioni contenute, come detto, nell'Allegato)-, la L.R. 31/2002
stabiliva che il titolare del PdC o il soggetto che aveva presentato la DIA (ovvero i
loro successori o aventi causa) era tenuto a chiedere il rilascio del certificato di
conformità edilizia e agibilità.
Giusta quanto disposto dal 2° comma dell'art. 23 della L.R. 15/2013, la pratica
edilizia si chiude con la trasmissione da parte dell'interessato allo Sportello unico
della comunicazione di fine dei lavori, trasmissione che deve avvenire entro 15
giorni dall'effettiva conclusione delle opere e comunque entro il termine di validità
del titolo abilitativo originario (giusta quanto disposto dall'art. 26 della medesima
L.R. "1. La tardiva richiesta del certificato di conformità edilizia e di agibilità, dopo
la scadenza della validità del titolo, comporta l'applicazione della sanzione
amministrativa pecuniaria per unità immobiliare di 100,00 euro per ogni mese di
ritardo, fino ad un massimo di dodici mesi. 2. Trascorso tale termine il Comune,
previa diffida a provvedere entro il termine di sessanta giorni, applica la sanzione di
1000,00 euro per la mancata presentazione della domanda di conformità edilizia e
agibilità.") -.
La comunicazione di fine lavori deve essere corredata:
62
- dalla domanda di rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità,
certificato che ora, come disposto dal 1° comma dell'art. 23, è richiesto per tutti gli
interventi edilizi subordinati a PdC o a SCIA nonché per gli interventi privati la cui
realizzazione sia prevista da accordi di programma, ai sensi della lettera a) del 1°
comma dell'art. 10 ("Procedure abilitative speciali");
- dalla dichiarazione asseverata, predisposta da professionista abilitato, che l'opera
realizzata è conforme al progetto approvato o presentato ed alle varianti, dal punto di
vista dimensionale, delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie nonché delle condizioni
di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli
stessi installati, superamento e non creazione delle barriere architettoniche, ad
esclusione dei requisiti e condizioni il cui rispetto è attestato dalle certificazioni di cui
oltre;
- dal certificato di collaudo statico, dalla dichiarazione dell'impresa installatrice che
attesta la conformità degli impianti installati alle condizioni di sicurezza, igiene,
salubrità e risparmio energetico e da ogni altra dichiarazione di conformità comunque
denominata, richiesti dalla legge per l'intervento edilizio realizzato;
- dall'indicazione del protocollo di ricevimento della richiesta di accatastamento
dell'immobile, quando prevista, presentata dal richiedente (evidenzio che, mentre nel
caso di intervento edilizio da attuarsi previa mera CIL il 6° comma dell'art. 7 della
L.R. stabilisce che alla fine dei lavori l'interessato deve obbligatoriamente provvedere
alla "trasmissione allo Sportello unico della copia degli atti di aggiornamento
catastale, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni", nel caso di interventi edilizi
subordinati a PdC o a SCIA è espressamente prescritta la sola "indicazione del
protocollo di ricevimento della richiesta di accatastamento dell'immobile, quando
prevista, presentata dal richiedente". Visto però quanto stabilito dalla lettera d) del
comma 10 del medesimo art. 23, mi pare evidente che anche per tali interventi sia
necessario trasmettere la copia integrale degli atti di aggiornamento catastale, ove
prescritti per legge);
- dalla SCIA per le eventuali varianti in corso d'opera realizzate ai sensi dell'art. 22
(SCIA che, come disposto di commi 3 e 5 del medesimo articolo, riguardando
modifiche meno rilevanti al progetto originario, può essere presentata allo Sportello
unico successivamente alla esecuzione delle opere edilizie e, appunto,
contestualmente alla comunicazione di fine dei lavori e che costituisce parte
integrante dell'originario titolo abilitativo);
- dalla documentazione progettuale che l'interessato si è (eventualmente) riservato di
presentare all'atto della fine dei lavori, ai sensi dell'art. 12, 5° comma, lettera c).
La Giunta regionale, con atto di coordinamento tecnico assunto ai sensi dell'art. 12,
63
individua i contenuti dell'asseverazione della dichiarazione predisposta dal
professionista abilitato e la documentazione da allegare alla domanda di rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità, allo scopo di assicurare la
semplificazione del procedimento per il rilascio dello stesso e l'uniforme applicazione
della relativa disciplina.
Lo Sportello unico, ove rilevi l'incompletezza formale della documentazione
presentata, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla presentazione della domanda,
richiede all'interessato, per una sola volta, la documentazione integrativa non a
disposizione dell'amministrazione comunale. La richiesta interrompe il termine per il
rilascio del certificato (di cui al comma 10 del medesimo art. 23), il quale ricomincia
a decorrere per intero dal ricevimento degli atti.
La completa presentazione della documentazione prescritta a corredo della
comunicazione di fine dei lavori ovvero l'avvenuta completa integrazione della
documentazione come sopra richiesta dallo Sportello unico consente l'utilizzo
immediato dell'immobile, fatto salvo l'obbligo di conformare l'opera realizzata alle
eventuali prescrizioni stabilite dallo Sportello unico in sede di rilascio del certificato
di conformità edilizia e di agibilità, ai sensi del comma 11, secondo periodo, dell'art.
23 (tale utilizzo immediato, peraltro, giusta quanto disposto dal comma 3-quater
dell'art. 6 della L.R. 5/2013, non è mai consentito qualora l'immobile oggetto di
intervento edilizio sia una sala da gioco ovvero un locale pubblico, un locale aperto al
pubblico, un circolo privato, un'attività commerciale o un pubblico esercizio,
comunque denominato, che sia destinato alla raccolta di scommesse o che offra
servizi telematici di trasmissione dati finalizzati al gioco d'azzardo e alle scommesse
o nel quale siano presenti e comunque accessibili apparecchi per il gioco lecito).
Il 6° comma dell'art. 23 stabilisce che, ai fini del rilascio del certificato di conformità
edilizia e di agibilità, sono sottoposte a controllo sistematico le opere realizzate in
attuazione di:
- interventi di nuova edificazione;
- interventi di ristrutturazione urbanistica;
- interventi di ristrutturazione edilizia;
- interventi edilizi per i quali siano state attuate varianti che presentino i requisiti di
cui all'art. 14-bis ("Variazioni essenziali") della L.R. 23/2004 (il quale -coordinato
con le disposizioni introdotte dal "Decreto Sblocca Italia"- dispone quanto segue: "1.
Sono variazioni essenziali rispetto al titolo abilitativo originario: a) il mutamento
della destinazione d'uso che comporta un incremento del carico urbanistico di cui
all'articolo 30, comma 1, della legge regionale in materia edilizia; b) gli aumenti di
entità superiore al 20 per cento rispetto alla superficie coperta, al rapporto di
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copertura, al perimetro, all'altezza dei fabbricati, gli scostamenti superiori al 20 per
cento della sagoma o dell'area di sedime, la riduzione superiore al 20 per cento delle
distanze minime tra fabbricati e dai confini di proprietà anche a diversi livelli di
altezza; c) gli aumenti della cubatura rispetto al progetto del 10 per cento e
comunque superiori a 300 metri cubi, con esclusione di quelli che riguardino
soltanto le cubature accessorie ed i volumi tecnici, così come definiti ed identificati
dalle norme urbanistiche ed edilizie comunali; d) gli aumenti della superficie utile
superiori a 100 metri quadrati; e) ogni intervento difforme rispetto al titolo
abilitativo che comporti violazione delle norme tecniche per le costruzioni in materia
di edilizia antisismica; f) ogni intervento difforme rispetto al titolo abilitativo, ove
effettuato su immobili ricadenti in aree naturali protette, nonché effettuato su
immobili sottoposti a particolari prescrizioni per ragioni ambientali, paesaggistiche,
archeologiche, storico-architettoniche da leggi nazionali o regionali, ovvero dagli
strumenti di pianificazione territoriale od urbanistica. Non costituiscono variazione
essenziale i lavori realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione
paesaggistica, qualora rientrino nei casi di cui all'articolo 149 del decreto legislativo
n. 42 del 2004 e qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, ai sensi
dell'articolo 167 del medesimo decreto legislativo. 2. Ai sensi dell'articolo 22 della
legge regionale in materia edilizia, le varianti al titolo originario, che non
presentano le caratteristiche di cui al comma 1 del presente articolo e che siano
conformi alla disciplina dell'attività edilizia, di cui all'articolo 9, comma 3, della
medesima legge regionale in materia edilizia, possono essere attuate in corso
d'opera e sono soggette alla presentazione di SCIA di fine lavori, fermo restando, nei
casi di cui alle lettere e) ed f) del comma 1, la necessità di acquisire preventivamente
i relativi atti abilitativi. 3. Per assicurare l'uniforme applicazione del presente
articolo in tutto il territorio regionale, i Comuni, al fine dell'accertamento delle
variazioni, utilizzano unicamente le nozioni, concernenti gli indici e parametri edilizi
e urbanistici, stabilite dalla Regione ai sensi dell'articolo 16 della legge regionale n.
20 del 2000.") -.
I successivi commi 7 e 8 dell'art. 23 dispongono, rispettivamente, che
l'amministrazione comunale può definire modalità di svolgimento a campione dei
controlli di cui al 6° comma -comunque in una quota non inferiore al 25% degli
stessi- qualora le risorse organizzative disponibili non consentano di eseguire il
controllo di tutte le opere realizzate e che, fuori dai casi di cui al 6° comma, almeno il
25% dei restanti interventi edilizi è soggetto a controllo a campione (ricordo che con
la D.G.R. n. 76 del 27 gennaio 2014 è stato approvato l'atto di coordinamento tecnico
sui criteri di definizione dei campioni di pratiche edilizie soggette a controllo).
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Peraltro, giusta quanto disposto dal comma 3-quater dell'art. 6 della L.R. 5/2013,
qualora l'immobile oggetto di intervento edilizio sia una sala da gioco ovvero un
locale pubblico, un locale aperto al pubblico, un circolo privato, un'attività
commerciale o un pubblico esercizio, comunque denominato, che sia destinato alla
raccolta di scommesse o che offra servizi telematici di trasmissione dati finalizzati al
gioco d'azzardo e alle scommesse o nel quale siano presenti e comunque accessibili
apparecchi per il gioco lecito, tale immobile è obbligatoriamente sottoposto a
controllo sistematico, non potendo in tal caso trovare applicazione (per espressa
previsione contenuta nel predetto comma 3-quater) quanto previsto dal 7° comma
dell'art. 23.
Entro 20 giorni dalla presentazione della domanda ovvero della documentazione
integrativa richiesta, lo Sportello unico comunica agli interessati che le opere da loro
realizzate sono sottoposte a controllo a campione ai fini del rilascio del certificato di
conformità edilizia e di agibilità. In assenza della tempestiva comunicazione della
sottoposizione del controllo a campione, il certificato di conformità edilizia e di
agibilità si intende rilasciato secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori.
Giusta quanto disposto dal 10° comma dell'art. 23, il certificato di conformità edilizia
e di agibilità è rilasciato entro il termine perentorio di 90 giorni dalla richiesta, fatta
salva l'interruzione di cui al comma 4, secondo periodo, del medesimo articolo. Entro
tale termine il responsabile del procedimento, previa ispezione dell'edificio (ricordo
che con la citata D.G.R. 76/2014 è stato approvato l'atto di coordinamento tecnico
sulle modalità di svolgimento dell'ispezione delle opere realizzate), controlla:
a) che le varianti eventualmente realizzate siano conformi alla disciplina dell'attività
edilizia di cui all'art. 9, comma 3;
b) che l'opera realizzata corrisponda al titolo abilitativo originario, come integrato
dall'eventuale SCIA di fine lavori presentata ai sensi dell'art. 22;
c) la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica
degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento e non creazione delle
barriere architettoniche, in conformità al titolo abilitativo originario;
d) la correttezza della classificazione catastale richiesta, dando atto nel certificato di
conformità edilizia e di agibilità della coerenza delle caratteristiche dichiarate
dell'unità immobiliare rispetto alle opere realizzate ovvero dell'avvenuta segnalazione
all'Agenzia delle entrate delle incoerenze riscontrate.
In caso di esito negativo dei controlli di cui al comma 10, lettere a) e b), trovano
applicazione le sanzioni di cui alla L.R. 23/2004, per le opere realizzate in totale o
parziale difformità dal titolo abilitativo o in variazione essenziale allo stesso; ove,
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invece, lo Sportello unico rilevi la carenza delle condizioni di cui al comma 10,
lettera c), ordina motivatamente all'interessato di conformare l'opera realizzata, entro
il termine di 60 giorni, trascorso infruttuosamente il quale trova applicazione la
sanzione di cui all'art. 26, 2° comma, della L.R. 15/2013 (e cioè la sanzione
pecuniaria di € 1.000,00).
Giusta quanto disposto dal 12° comma dell'art. 23, decorso inutilmente il termine per
il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità, sulla domanda si intende
formato il "silenzio-assenso", secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori.
Come stabilito dal 13° comma del medesimo articolo, "la conformità edilizia e
l'agibilità, comunque certificata ai sensi del presente articolo, non impedisce
l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso,
ai sensi dell'articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del
testo unico delle leggi sanitarie), ovvero per motivi strutturali." -.
69
- - - il 5° comma della L.R. 15/2013 disciplina in modo più chiaro rispetto al comma
7-bis dell'art. 21 della L.R. 31/2002 la possibilità dell'utilizzo immediato
dell'immobile nelle more del rilascio del certificato di conformità edilizia e di
agibilità o della formazione del "silenzio-assenso";
- - - la L.R. 15/2013 (a differenza della L.R. 31/2002) -venendo incontro alle esigenze
di cittadini ed imprese di poter disporre di parti autonome dei complessi edilizi
oggetto dell’intervento prima della completa conclusione dei lavori (onde consentire,
ad esempio, l'apertura di un esercizio commerciale o la compravendita di singole
unità immobiliari) e in conformità a prassi già adottate da alcune amministrazioni
comunali (come ad esempio, e sin dal 2006, il Comune di Parma)- prevede
espressamente, all'art. 25, l'"agibilità parziale", disponendo: "1. Il rilascio del
certificato di conformità edilizia e agibilità parziale può essere richiesto: a) per
singoli edifici e singole porzioni della costruzione, purché strutturalmente e
funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le infrastrutture
per l'urbanizzazione degli insediamenti relative all'intero edificio e siano state
completate le parti comuni relative al singolo edificio o singola porzione della
costruzione; b) per singole unità immobiliari, purché siano completate le opere
strutturali, gli impianti, le parti comuni e le opere di urbanizzazione relative
all'intero edificio di cui fanno parte. 2. Nel caso di richiesta di agibilità parziale, la
comunicazione di fine lavori individua specificamente le opere edilizie richiamate
dalle lettere a) e b) del comma 1, trovando applicazione per ogni altro profilo il
procedimento di cui all'articolo 23." -.
La disposizione in commento risolve, tra gli altri, i problemi che in passato si
ponevano con notevole frequenza con riferimento agli edifici ricompresi in Piani
Particolareggiati di Iniziativa Privata, superando e rendendo inefficaci le clausole
contenute in molte convenzioni urbanistiche stipulate tra il Comune e il "soggetto
attuatore" che, nel disciplinare l'esecuzione delle opere di urbanizzazione, stabilivano
ad esempio "Non potranno essere rilasciati certificati di conformità edilizia prima
del rilascio del certificato di funzionalità delle opere di urbanizzazione. Tale clausola
dovrà essere espressamente inserita nei rogiti di vendita dei singoli lotti edificabili."
ovvero "L'agibilità dei fabbricati realizzati potrà essere rilasciata solo dopo l'esito
favorevole del collaudo delle opere di urbanizzazione del sottosuolo e/o collaudo di
stralci funzionali di opere, in accordo con l'Amministrazione Comunale." -.
Con riferimento a tali clausole, avevo già (in precedenti relazioni a convegni, svolte
nel vigore della L.R. 31/2002) evidenziato che esse -come si evince dalla loro
formulazione- non ponevano alcun obbligo in capo al "soggetto attuatore",
limitandosi piuttosto a individuare nel mancato rilascio del certificato di funzionalità
70
delle opere di urbanizzazione un "fatto impeditivo" al rilascio del certificato di
conformità edilizia e agibilità da parte del Comune.
Esse, peraltro, non trovavano fondamento in alcuna norma di legge e avevano,
piuttosto, natura di (mera) pattuizione contrattuale (ricordo in argomento che anche
gli Autori che negano la natura contrattuale delle convenzioni urbanistiche
riconoscono che relativamente alle stesse sono comunque pienamente operative le
norme di diritto civile, in quanto compatibili); pertanto, pur vincolando pienamente le
parti che avevano sottoscritto la convenzione, esse avrebbero dovuto -giusta quanto
disposto dal 2° comma dell'art. 1372 c.c.- ritenersi improduttive di effetti nei
confronti dei terzi (tali essendo sia gli acquirenti dei singoli lotti di terreno ricompresi
nel Piano sia, e a maggior ragione, gli acquirenti delle singole unità immobiliari sugli
stessi edificate).
Inoltre, tenuto conto di quanto sopra detto, la loro qualificazione come obligationes
propter rem, già discutibile, a mio avviso, nel caso in cui un soggetto -acquistando la
totalità dell'area ricompresa nel Piano- fosse subentrato nell'esatta posizione
dell'originario stipulans -assumendo così la qualifica di (nuovo) "soggetto attuatore"-,
non sarebbe certamente stata sostenibile negli altri casi (a sostegno della suesposta
ricostruzione riporto qui di seguito la massima della sentenza della Corte di
Cassazione, sezione II civile, n. 12571 del 27 agosto 2002: "L'assunzione, a carico
del proprietario del terreno, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione
costituisce un'obbligazione "propter rem". Ciò comporta che essa va adempiuta non
solo da colui che ha stipulato la convenzione con il Comune, ma anche da colui
(se soggetto diverso) il quale richiede la concessione edilizia, e - inoltre - che colui
che realizza opere di trasformazione edilizia, valendosi della concessione
rilasciata al suo "dante causa", è solidalmente obbligato con quest'ultimo per il
pagamento degli oneri anzidetti. La natura reale dell'obbligazione non riguarda,
invece, i soggetti che utilizzano le opere di urbanizzazione da altri realizzate per una
loro diversa edificazione, senza avere con i primi alcun rapporto, e che, per ottenere
la loro diversa concessione edilizia, devono pagare al Comune concedente, per loro
conto, i relativi oneri di urbanizzazione.") -.
Come noto, l'art. 28 della L. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall'art. 8 della
L. 6 agosto 1967 n. 765, prevede che la convenzione urbanistica sia trascritta a cura
del proprietario. L'istituto della trascrizione, come è stato autorevolmente
evidenziato (Brienza e Petrelli), è qui utilizzato quale strumento di pubblicità della
conformazione e dello statuto urbanistico ed edilizio dell'area, quale strumento, cioè,
attraverso il quale si rende conoscibile la destinazione urbanistica della stessa, le
modalità e i limiti della sua utilizzazione e della sua circolazione e, in definitiva, la
71
qualità urbanistica della stessa. Dall'obbligo della trascrizione, parte della dottrina e
alcune pronunciati giurisprudenziali fanno discendere l'efficacia erga omnes degli
obblighi contenuti nella medesima (contra, però, Cassazione, sezione I civile,
sentenza n. 4301 del 29 aprile 1999). Ma non può non evidenziarsi che l'eventuale
trascrizione di una pattuizione obbligatoria (e qui sarebbe meglio parlare di
pattuizione convenzionale, giacché, come detto, dalle clausole in commento non
sembra derivare alcun obbligo) nulla aggiunge alla sua originaria efficacia né rende la
stessa opponibile ai terzi (essendo la trascrizione, come noto, conseguenza e non
fonte della realità).
Avevo anche evidenziato che, tenendo conto della formulazione letterale di tali
clausole ("Non potranno essere rilasciati certificati di conformità edilizia ....."),
sarebbe stato legittimo ritenere che le stesse fossero piuttosto il retaggio di vecchie
convenzioni il cui testo (non più rimeditato in modo approfondito) era stato
predisposto in un'epoca in cui era sconosciuto l'istituto del "silenzio-assenso", istituto
che, come dirò meglio nel prosieguo, opera in presenza di due elementi (necessari e
sufficienti): la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge e il
decorso (infruttuoso) del termine stabilito dalla medesima -rilevando che non mi
pareva che il "certificato di funzionalità delle opere di urbanizzazione" fosse (né
potesse ritenersi) ricompreso tra "i certificati di collaudo e le ulteriori certificazioni
..... previsti dalla legge" che, ai sensi dell'art. 20 della L.R., dovevano essere allegati
alla scheda tecnica descrittiva-;
- - - il 12° comma dell'art. 23 della L.R. 15/2013 (conformemente al 4° comma
dell'art. 25 del D.P.R. 380/2001) qualifica ora espressamente l'inerzia
dell'amministrazione comunale come "silenzio-assenso". Il 6° comma dell'art. 22
della L.R. 31/2002, invece, si limitava a stabilire che "Nel caso di inutile decorso del
termine di cui al comma 3, la conformità edilizia e agibilità si intende attestata
secondo quanto dichiarato dal professionista nella scheda tecnica descrittiva. In tale
caso la scheda tecnica descrittiva tiene luogo del certificato di conformità." -.
Il "silenzio-assenso" -istituto non nuovo nel diritto amministrativo (in generale) e nel
diritto urbanistico-edilizio (in particolare)- fu introdotto per la prima volta, in materia
di "abitabilità", dall'art. 4 del D.P.R. 22 aprile 1994 n. 425 ("Regolamento recante
disciplina dei procedimenti di autorizzazione all'abitabilità, di collaudo statico e di
iscrizione al catasto") -decreto poi abrogato dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001 n.
379 e dall'art. 136 del D.P.R. 380/2001- e fu poi disciplinato dall'art. 25 del predetto
D.P.R. 380/2001 (norma, si badi, di natura regolamentare) e, per quanto concerne la
Regione Emilia-Romagna, appunto dal 6° comma dell'art. 22 della L.R. 31/2002; ma,
mentre l'art. 25 del D.P.R. 380/2001 qualificava (peraltro per la prima volta)
72
espressamente l'inerzia della Pubblica Amministrazione nella materia di cui ci stiamo
occupando come "silenzio-assenso", la L.R. 31/2002 non conteneva, come detto,
analoga espressa qualificazione (ancorché si riteneva pacificamente che anche con
riferimento all'ipotesi di cui al 6° comma dell'art. 22 di tale legge potesse
correttamente parlarsi di "silenzio-assenso").
Come noto, numerose e diverse sono le ipotesi di inerzia da parte della Pubblica
Amministrazione alle quali la legge dà rilievo, attribuendo al "silenzio" il valore
legale tipico proprio di un atto amministrativo (precisandosi che, dalle ipotesi di
"silenzio significativo", vanno tenuti ben distinti i casi in cui la volontà della Pubblica
Amministrazione si manifesta in "forma tacita", e cioè sia desumibile indirettamente
da un provvedimento o da un comportamento della medesima -come, ad esempio, nel
caso in cui sia emanato un provvedimento successivo che presuppone un atto
precedente e dal quale si desume, quindi, il compimento di quest'ultimo e il relativo
contenuto-. Si parla, in tali casi, anche -e più correttamente- di "dichiarazioni
implicite").
La dottrina più autorevole (Sandulli) individua le seguenti ipotesi di "silenzio
significativo":
- il "silenzio-accoglimento", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di
accoglimento di un'istanza;
- il "silenzio-rigetto", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di diniego
di accoglimento di un'istanza o di un ricorso;
- il "silenzio-assenso", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il contenuto di un
atto positivo di controllo;
- il "silenzio-inadempimento", nei casi in cui la Pubblica Amministrazione ometta di
provvedere nei termini previsti dalla legge (e nonostante la formale messa in mora ad
opera dell'interessato) e la legge non contenga alcuna indicazione in ordine al
significato da attribuire al silenzio.
A tali ipotesi, secondo un altro Autore (Guarino), sarebbero da aggiungere anche
quelle del "silenzio-approvazione", del "silenzio facoltativo", del "silenzio-rinunzia"
e del "silenzio illecito".
Per quanto concerne il "silenzio-assenso", in particolare, va evidenziato che esso (a
differenza del "silenzio-rifiuto") è un istituto di origine legislativa e non
giurisprudenziale, la cui applicazione eccezionale trova conferma negli artt. 2 e 20
della già citata L. 241/1990: i casi di "silenzio-assenso" sono, quindi, tassativamente
indicati dalla legge.
La Corte di Cassazione ha affermato (Cassazione, sezione III civile, sentenza del 16
ottobre 1998) che "In tema di rilascio di licenza di abitabilità, il silenzio-assenso
73
previsto dall'art. 4 del D.P.R. n. 425 del 1994 si configura non tanto come
legittimazione ex lege che prescinde dalla pronuncia della Pubblica Amministrazione
e trova il suo fondamento nell'effettiva sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla
legge per il suo rilascio, quanto come forma di assentimento tacito i cui effetti,
tuttavia, non si producono ove non sussistano i presupposti e i requisiti previsti dalla
legge." e (Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 7472 del 14 aprile 2015) che "In
tema di licenza di abitabilità di immobili la fattispecie di assenso delineata dall'art. 4
del d.P.R. n. 425/1994 presuppone sia che il proprietario, all'atto della presentazione
della domanda di rilascio del certificato di abitabilità (ora, agibilità), offra tutta la
documentazione richiesta dal primo comma di detta norma, sia il decorso del tempo
idoneo ad integrare la fattispecie legale tipica del silenzio-assenso." -.
Le suindicate pronunzie contengono l'espressione di un principio generale (principio
ribadito, ancorché con riferimento alla chiusura per "silenzio-assenso" di una pratica
di condono edilizio, anche dal Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza n. 3076
del 17 giugno 2014 nella quale si legge: "Risulta condivisibile l'affermazione del
primo Giudice contestata dagli odierni appellanti secondo la quale il silenzio assenso
ex art. 35, l. 47 del 1985 come modificato dall'art. 39, l. 724 del 1994 e successive
modifiche, non opera nel caso in cui l'istanza non sia corredata dalla necessaria
documentazione. E', infatti, espressione di orientamento consolidato di questo
Consiglio l'affermazione secondo la quale il decorso dei termini fissati dall'art. 35,
comma 18, L. 28 febbraio 1985, n. 47 - per la formazione del silenzio-accoglimento
sull'istanza di condono edilizio e per la prescrizione dell'eventuale diritto al
conguaglio delle somme dovute - presuppone la completezza della domanda di
sanatoria (Cons. St., Sez. VI, 1° febbraio 2013, n. 612; CGA 23 ottobre 2012, n.
1000; Cons. St., Sez. V, 2 febbraio 2012, n. 578). Pertanto, nella fattispecie nessun
silenzio assenso poteva dirsi formato." e dal Consiglio di Stato, sezione VI, nella
sentenza n. 3661 del 27 luglio 2015 "Il silenzio assenso non si perfeziona per il solo
fatto dell'inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della
domanda di sanatoria e del pagamento dell'oblazione, occorrendo altresì
l'acquisizione della prova, da parte del Comune medesimo, della ricorrenza dei
requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore. In
particolare, pertanto, il silenzio assenso non si forma per effetto della presentazione
di una domanda che non sia corredata dalla integrale dimostrazione dell'esistenza di
detti requisiti, relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla
consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere
utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale."), in
conseguenza e in applicazione del quale (tenendo conto delle disposizioni contenute
74
nella L.R. 15/2013) deve ritenersi che, affinché possa considerarsi validamente
formato il "silenzio-assenso", ai sensi e per gli effetti di cui al 12° comma dell'art. 23,
è necessario:
- 1) che l'edificio sia stato regolarmente assentito con un idoneo titolo abilitativo e
che questo sia conforme alla disciplina dell'attività edilizia di cui al 3° comma
dell'art. 9;
- 2) che i lavori siano stati iniziati e ultimati nel rispetto dei termini di validità
(rectius di efficacia) del titolo medesimo;
- 3) che l'opera realizzata corrisponda al titolo abilitativo originario, come integrato
dall'eventuale SCIA di fine lavori presentata ai sensi dell'art. 22;
- 4) che sussistano tutte le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza
energetica dell'edificio e degli impianti nello stesso installati, superamento e non
creazione delle barriere architettoniche, in conformità al titolo abilitativo originario;
- 5) che sia stata presentata allo Sportello unico la comunicazione di fine dei lavori,
corredata da tutta la documentazione prescritta dal 2° comma dell'art. 23.
Tra i documenti da presentare a corredo della documentazione di fine lavori ricordo,
in particolare, l'Attestato di Qualificazione Energetica (A.Q.E.) -.
I punti 4.6 e 4.8 della già citata D.A.L. 156/2008 stabilivano rispettivamente che "La
scheda tecnica descrittiva di cui all'art. 20 della L.R. 31/2002 è integrata dalla
dichiarazione di conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e alla
relazione tecnica per il soddisfacimento dei requisiti minimi di rendimento energetico
di cui agli allegati 2 e 3 e dall'attestato di qualificazione energetica redatto secondo
lo schema di cui all'Allegato 5. ....." e che "L'attestato di qualificazione energetica,
redatto da tecnici abilitati, in riferimento ai propri ambiti di competenza e asseverato
dal direttore dei lavori, attesta la conformità delle opere realizzate al progetto ed
alle norme di riferimento vigenti. ...." -. Il punto 2 dell'Allegato 5 della medesima
D.A.L. disponeva quindi: "L'attestato di qualificazione energetica dell'edificio (o di
una sua parte), redatto da uno o più tecnici qualificati, in riferimento ai propri
ambiti di competenza, e asseverato dal direttore dei lavori: a) attesta la conformità
delle opere realizzate al progetto, nel rispetto dei valori limite fissati dalle norme
vigenti b) attesta la prestazione energetica complessiva o parziale del sistema
edificio/impianti c) indica i possibili interventi migliorativi in un bilancio
costi/benefici." -.
La redazione dell'A.Q.E. (al termine dei lavori) era prescritta dalla medesima D.A.L.:
* per gli edifici di nuova costruzione, e cioè gli edifici per la realizzazione dei quali la
richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata presentata successivamente al
75
1° luglio 2008, data di entrata in vigore della normativa regionale (o più
correttamente, come recitava il punto 4.1 della D.A.L., a partire dal 1° luglio 2008);
* per gli interventi sugli edifici esistenti, e cioè gli edifici costruiti in forza di PdC
richiesto o di DIA presentata anteriormente al 1° luglio 2008, (interventi) richiamati
al punto 3.1, lettera a), della D.A.L. -e cioè per i casi di demolizione totale e
ricostruzione degli edifici esistenti e di interventi di ristrutturazione integrale di
edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 metri quadrati- per i quali la
richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata presentata a partire dal 1°
luglio 2008;
* per gli interventi sugli edifici esistenti, nell'accezione innanzi indicata, (interventi)
richiamati al punto 3.1, lettere b) e c), della D.A.L., e cioè:
a) ampliamento dell'edificio nel caso che il volume a temperatura controllata della
nuova porzione di edificio risulti superiore al 20% di quello dell'edificio esistente e
comunque in tutti i casi in cui l'ampliamento sia superiore agli 80 metri quadrati,
b) interventi su edifici esistenti non ricadenti nelle tipologie di cui alle lettere a) e b)
del punto 3.1 della D.A.L., quali:
- ampliamenti volumetrici, sempre che il volume a temperatura controllata della
nuova porzione dell'edificio non risulti superiore al 20% di quello esistente e
comunque in tutti i casi in cui l'ampliamento sia inferiore agli 80 metri quadrati,
- ristrutturazione totale o parziale di edifici esistenti di superficie utile non superiore a
1.000 metri quadrati,
- manutenzione straordinaria dell'involucro edilizio,
- recupero di sottotetti per finalità d'uso,
- nuova installazione o ristrutturazione di impianti termici in edifici esistenti,
- sostituzione di generatori di calore
interventi per i quali la richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata
presentata a partire dal 1° luglio 2008.
Il punto 6 - compiti del direttore lavori a fine lavori - lettera a) dell'Allegato 5 della
medesima D.A.L. (nella sua formulazione originaria, poi modificata dalla D.G.R. n.
1362 del 20 settembre 2010) stabiliva testualmente che la dichiarazione di fine lavori
era inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non era accompagnata dalla dichiarazione
di conformità al progetto dell'intervento realizzato e dall'A.Q.E., debitamente
asseverati. Tale inciso non era stato riprodotto nel nuovo testo dell'Allegato 5 alla
D.A.L. ma (come affermato in precedenti interventi) avevo ritenuto, tenuto conto di
quanto stabilito dal punto 1 del novellato Allegato 5 e tenuto conto del fatto che,
come prescritto dal punto 4.2 della D.A.L., tale documentazione era necessaria per il
collaudo delle opere e per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di
76
agibilità, che nulla nella sostanza fosse cambiato e che pertanto, mancando la predetta
documentazione, la dichiarazione di fine lavori dovesse comunque considerarsi
inefficace -evidenziandosi che tale inefficacia sembrerebbe riguardare anche i profili
disciplinati dal 1° comma dell'art. 16 ("I lavori oggetto della SCIA devono iniziare
entro un anno dalla data della sua efficacia e devono concludersi entro tre anni dalla
stessa data. Decorsi tali termini, in assenza di proroga di cui al comma 2, la SCIA
decade di diritto per le opere non eseguite. La realizzazione della parte
dell'intervento non ultimata è soggetta a nuova SCIA.") e dal 5° comma dell'art. 19
("La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è
subordinata a nuovo titolo abilitativo per le opere ancora da eseguire ed
all'eventuale aggiornamento del contributo di costruzione per le parti non ancora
eseguite.") della L.R. 15/2013-.
Con la ricordata Deliberazione della Giunta Regionale del 20 luglio 2015 n. 967, è
stato approvato l'atto di coordinamento tecnico regionale per la definizione dei
requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici.
In conseguenza, a partire dal 1° ottobre 2015, la materia è regolata dalle nuove
disposizioni contenute nel predetto Atto, allegato alla D.G.R. in parola, e nei relativi
Allegati (in particolare dall'art. 8 dell'Atto e dall'Allegato 5). La medesima D.G.R.
stabilisce che le disposizioni contenute nella D.A.L. 156/2008 e nei relativi allegati
(come innanzi ricordate) continuano a trovare applicazione per le varianti in corso
d'opera e per le variazioni essenziali relative a titoli edilizi in corso di validità al 1°
ottobre 2015.
L'Allegato 1 ("Definizioni e termini") all'Atto in parola definisce l'Attestato di
Qualificazione Energetica (AQE) come "il documento predisposto ed asseverato da
un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla
progettazione o alla realizzazione dell'edificio, nel quale sono riportati i fabbisogni
di energia primaria di calcolo, la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità
immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica regionale in vigore,
ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il
caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova
costruzione." -.
L'art. 8 dell'Atto ("Documentazione tecnica, titoli abilitativi, accertamenti") dispone
quanto segue: "1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Atto, il
rispetto dei requisiti minimi di cui all'Allegato 2 è obbligatorio, con la gradualità ivi
indicata, per tutti gli interventi di cui all'art. 3, indipendentemente dal fatto che essi
siano soggetti a titolo abilitativo ai sensi della Legge Regionale n. 15/2013, o siano
riconducibili ai casi di cui all'art. 7 della medesima Legge Regionale 15/2013. 2. Ai
77
sensi dell'art. 8 comma 1 del Decreto, il progettista o i progettisti, nell'ambito delle
rispettive competenze, edili, impiantistiche termotecniche, elettriche e
illuminotecniche, devono predisporre una relazione tecnica di progetto attestante la
rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici
e dei relativi impianti termici di cui al presente atto, tenuto conto delle eventuali
eccezioni puntualmente indicate in Allegato 2. 3. La relazione tecnica di progetto di
cui al comma 2 tiene luogo a tutti gli effetti della documentazione progettuale di cui
all'articolo 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, deve essere predisposta
sulla base dello schema riportato in Allegato 4, con riferimento alla tipologia di
intervento prevista, e contiene la dichiarazione con cui il progettista abilitato
assevera che l'intervento da realizzare: a) è compreso nelle tipologie di intervento
elencate nell'articolo 3; b) è conforme ai requisiti di prestazione energetica di cui
all'Allegato 2 applicabili. 4. Ai fini della più estesa applicazione dell'articolo 26,
comma 7, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, per gli enti soggetti all'obbligo di cui
all'articolo 19 della stessa legge, la relazione tecnica di cui al comma 2 è integrata
attraverso attestazione di verifica sulla applicazione del progetto articolo 26, comma
7 redatta dal Responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia
nominato. 5. Ai sensi dell'art. 8 comma 1 del Decreto, il proprietario dell'edificio, o
chi ne ha titolo, allega la relazione tecnica di cui al comma 2 alla
richiesta/presentazione del titolo abilitativo o alla comunicazione di inizio attività.
Nel caso di attività edilizia libera eseguibile senza comunicazione, la relazione è
conservata dal proprietario o da chi ne ha titolo, tra cui l'amministratore di
condominio. 6. Nel caso di sostituzione dei generatori di calore di potenza nominale
del focolare inferiore a 35 kW, o di installazione di pompa di calore avente potenza
termica non superiore a 15 kW, la relazione tecnica di cui al comma 2 può essere
omessa a fronte dell'obbligo di acquisizione della dichiarazione di conformità
rilasciata ai sensi del DM 37 del 2008. L'obbligo di redazione della relazione tecnica
sussiste solo nel caso di un eventuale cambio di combustibile o tipologia di
generatore, come, ai soli fini esemplificativi e in modo non esaustivo, la sostituzione
di una caldaia a metano con una caldaia alimentata a biomasse combustibili. 7. Nel
caso di edifici di nuova costruzione di cui all'art. 3 comma 2 lett. a), e di edifici
esistenti soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello di cui all'art. 3 comma
2 lett. b) punto i, nell'ambito della relazione di cui al comma 2 è prevista una
valutazione della fattibilità tecnica, ambientale ed economica per l'inserimento di
sistemi alternativi ad alta efficienza, tra i quali sistemi di fornitura di energia
rinnovabile, cogenerazione, teleriscaldamento e teleraffrescamento, pompe di calore
e sistemi di monitoraggio e controllo attivo dei consumi. La valutazione della
78
fattibilità tecnica di sistemi alternativi deve essere documentata e disponibile a fini di
verifica. 8. L'inosservanza degli obblighi di dotazione minima da fonti energetiche
rinnovabili, di cui al punto B.7 dell'Allegato 2 del presente Atto, per le tipologie di
intervento ivi specificate, comporta l'obbligo di conformazione del progetto e delle
opere, secondo le modalità stabilite dagli artt. 13, 18 e 23 della L.R. 15 del 2013. 9.
Al termine dei lavori, nel caso di edifici di nuova costruzione di cui all'art. 3 comma
2 lett. a), di edifici esistenti soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello di
cui all'art. 3 comma 2 lett. b) punto i, e di ampliamenti di cui all'art. 3 comma 3
punto i, deve essere predisposto e asseverato da un professionista abilitato, non
necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione
dell'edificio, l'Attestato di Qualificazione Energetica, senza alcun onere aggiuntivo
per il committente. 10. L'Attestato di Qualificazione Energetica, redatto in
conformità allo schema di cui all'Allegato 5, attesta il rispetto dei requisiti minimi di
prestazione energetica previsti e riporta i fabbisogni di energia primaria di calcolo,
la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione al
sistema di certificazione energetica in vigore, ed i corrispondenti valori massimi
ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano
fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. 11. L'attestato di
qualificazione energetica, al di fuori di quanto previsto al precedente comma 9, è
facoltativo ed è predisposto al fine di semplificare il successivo rilascio dell'attestato
di prestazione energetica. 12. Nel casi di interventi di riqualificazione energetica di
cui di cui all'art. 3 comma 2 lett. c), nel caso in cui l'intervento preveda la mera
sostituzione di elementi edilizi o di sistemi tecnici per l'edilizia funzionalmente
autonomi e dotati di caratteristiche prestazionali certificate, la conformità delle
opere realizzate rispetto al progetto è attestata, dall'impresa esecutrice. 13. La
documentazione di cui ai precedenti commi 9 e 12 è allegata alla richiesta di
certificato di conformità edilizia e agibilità ovvero alla comunicazione di fine dei
lavori per le opere soggette a CIL. Nel caso di intervento di attività edilizia libera
non soggetto a CIL la stessa documentazione è conservata dal proprietario o da chi
ne ha titolo. 14. Ai sensi dell'art. 15 comma 1 del Decreto, la relazione tecnica di cui
al comma 2 e l'attestato di qualificazione energetica di cui al comma 9 sono resi in
forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'articolo 47 del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. 15. Ai sensi dell'art. 8
comma 3 del Decreto, una copia della documentazione di cui al comma 14 è
conservata dal Comune, anche ai fini degli accertamenti di cui ai commi seguenti: a
tale scopo il Comune può richiedere la consegna della documentazione anche in
79
modalità informatica. 16. La verifica dei requisiti di prestazione energetica di cui al
presente Atto è svolta nell'ambito dei controlli sui titoli edilizi e sulle opere come
richiesti dalla Legge Regionale n. 15/2013 e con le modalità di cui alla delibera della
Giunta regionale n. 76 del 2014. 17. A tal fine, e ai sensi dell'art. 8 comma 4 del
Decreto, il Comune, anche avvalendosi di esperti o di organismi esterni, qualificati e
indipendenti, definisce le modalità per la conduzione dei controlli, accertamenti e
ispezioni in corso d'opera, ovvero entro cinque anni dalla data di fine lavori
dichiarata dal committente, volti a verificare la conformità delle opere e dei lavori
realizzati alla documentazione progettuale di cui al comma 2 e il rispetto dei requisiti
del presente Atto." -.
L'art. 1 ("L'Attestato di Qualificazione Energetica: ambito di applicazione e modalità
di redazione") dell'Allegato 5 all'Atto ("Attestato di Qualificazione Energetica degli
edifici") stabilisce quanto segue: "1. Ai sensi di quanto indicato all'art. 8 comma 9
dell'Atto, e nei casi ivi previsti (ovvero per le Categorie di intervento 1 e 2 indicate
all'art. 1 dell'Allegato 2) [e cioè per gli edifici di nuova costruzione e ad essi
assimilati e per gli edifici esistenti oggetto di ristrutturazioni importanti di primo
livello, quali definiti dall'Allegato 1 all'Atto], deve essere redatto l'Attestato di
Qualificazione Energetica, con riferimento al sistema edificio/impianto nella sua
globalità, conformemente alle disposizioni di cui al presente Allegato. 2. L'attestato
di qualificazione energetica è redatto ed asseverato da uno o più tecnici qualificati,
in riferimento ai propri ambiti di competenza, non necessariamente estraneo alla
proprietà, alla progettazione o alla realizzazione degli interventi, e riporta: a)
attestazione della conformità delle opere realizzate al progetto ed alle norme di
riferimento vigenti; b) i fabbisogni di energia primaria di calcolo, attraverso i
relativi indici globale e parziale per i servizi energetici considerati, ed i
corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il
caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova
costruzione; c) la classe di appartenenza dell'edificio o dell'unità immobiliare in
relazione al sistema di certificazione energetica vigente, e quella minima ammissibile
per un identico edificio di nuova costruzione secondo la normativa in vigore; d) i
possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche e la classe di
appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione ai passaggi di classe
a seguito della eventuale realizzazione degli interventi stessi, in un bilancio
costi/benefici. 3. L'estensore provvede ad evidenziare opportunamente sul
frontespizio del documento che il medesimo non costituisce attestato di prestazione
energetica dell'edificio, nonché, nel sottoscriverlo, quale è od è stato il suo ruolo con
riferimento all'edificio medesimo. 4. Il tecnico qualificato che redige l'Attestato di
80
qualificazione energetica ne assevera i contenuti con riferimento al rispetto dei
criteri e delle metodologie di determinazione della prestazione energetica. 5. Il
direttore dei lavori, al completamento degli stessi, assevera la conformità delle opere
realizzate e dei lavori eseguiti rispetto al progetto ed alla relazione di cui al comma
2, e l'attestato di qualificazione energetica dell'edificio come realizzato, quando
previsto. 6. L'Attestato di qualificazione energetica deve essere presentata al comune
di competenza, contestualmente alla dichiarazione di fine lavori, quando richiesta.
La dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è
accompagnata da tale documentazione asseverata. 7. Ai sensi dell'art. 15 comma 1
del Decreto, la relazione tecnica di cui all'art. 8 comma 2 dell'Atto e l'attestato di
qualificazione energetica di cui al comma 9 sono resi in forma di dichiarazione
sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445." -.
Il successivo art. 2 ("Contenuti dell'Attestato di Qualificazione Energetica") stabilisce
quali sono gli elementi descrittivi che l'A.Q.E. deve riportare mentre l'art. 3 ("Schema
di riferimento per la redazione dell’Attestato di Qualificazione Energetica") dispone
che per la compilazione dell'A.Q.E. è opportuno utilizzare lo schema di riferimento
contenuto nel medesimo Allegato 5.
Come detto, quindi, la dichiarazione di fine lavori è inefficace ove alla stessa non sia
allegato l'A.Q.E., evidenziandosi che tale inefficacia sembrerebbe riguardare anche i
profili disciplinati dal 1° comma dell'art. 16 ("I lavori oggetto della SCIA devono
iniziare entro un anno dalla data della sua efficacia e devono concludersi entro tre
anni dalla stessa data. Decorsi tali termini, in assenza di proroga di cui al comma 2,
la SCIA decade di diritto per le opere non eseguite. La realizzazione della parte
dell'intervento non ultimata è soggetta a nuova SCIA.") e dal 5° comma dell'art. 19
("La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è
subordinata a nuovo titolo abilitativo per le opere ancora da eseguire ed
all'eventuale aggiornamento del contributo di costruzione per le parti non ancora
eseguite.") della L.R. 15/2013.
Ricordo, infine, che, giusta quanto disposto dal 3° comma dell'art. 56 ("Titoli
abilitativi, procedimenti edilizi e sanzioni") della citata L.R. 6/2009, "Alla
conclusione dei lavori la verifica delle opere realizzate è attuata in conformità al
Titolo III della medesima legge regionale n. 31 del 2002. La scheda tecnica
descrittiva di cui all'articolo 20 della legge regionale n. 31 del 2002 è integrata
dall'attestazione di qualificazione energetica, che certifica l'utilizzo delle tecniche
costruttive e il rispetto degli indici di prestazione energetica di cui all'articolo 53,
81
comma 3 e comma 5, lettera a), e all'articolo 54, comma 4. In mancanza di detta
certificazione, il certificato di conformità edilizia e agibilità di cui all'articolo 21
della medesima legge regionale n. 31 del 2002 non può essere rilasciato." -.
Ritengo, perciò, che il Notaio debba opportunamente verificare (attraverso l'esame
diretto dei titoli abilitativi -tanto del titolo originario quanto delle successive varianti,
onde accertare la natura delle stesse- e/o attraverso l'acquisizione di idonea
dichiarazione scritta redatta da un tecnico abilitato) se sussista o meno l'obbligo di
redazione dell'A.Q.E. e, in caso di risposta positiva, che esso sia stato regolarmente
depositato in Comune a corredo della comunicazione di fine dei lavori -fermo
restando, ovviamente, che nessuna valutazione il Notaio dovrà effettuare in merito al
contenuto del documento, la cui responsabilità è per legge demandata ad altro
soggetto (come sancito dall'art. 8 dell'Atto e dal relativo Allegato 5 nonché dall'art.
15 del D.Lgs. 192/2005) e il cui controllo (anche per quanto attiene alla sua regolarità
formale) è di competenza degli uffici comunali-.
Sempre per quanto concerne il rapporto tra le norme in materia energetica e le norme
in materia di edilizia, ricordo che il 1° comma dell'art. 6 ("Attestato di prestazione
energetica, rilascio e affissione.") del D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 192 dispone che "A
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'attestato di
prestazione energetica degli edifici è rilasciato per gli edifici o le unità immobiliari
costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per gli edifici indicati al comma 6.
Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, sono
dotati di un attestato di prestazione energetica prima del rilascio del certificato di
agibilità. Nel caso di nuovo edificio, l'attestato è prodotto a cura del costruttore, sia
esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente.
..... " e che, correlativamente, i commi 4 e 7 del successivo art. 15 "(Sanzioni.")
dispongono rispettivamente che "Il direttore dei lavori che omette di presentare al
comune l'asseverazione di conformità delle opere e l'attestato di qualificazione
energetica, di cui all'articolo 8, comma 2, prima del rilascio del certificato di
agibilità, è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 1000 euro e non
superiore a 6000 euro. Il comune che applica la sanzione deve darne comunicazione
all'ordine o al collegio professionale competente per i provvedimenti disciplinari
conseguenti." e che "In caso di violazione dell'obbligo di dotare di un attestato di
prestazione energetica gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a
ristrutturazioni importanti, come previsto dall'articolo 6, comma 1, il costruttore o il
proprietario è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 3000 euro e non
superiore a 18000 euro." -.
82
Occorre allora chiedersi: il mancato rispetto dell'obbligo di dotazione dell'A.P.E.
produce effetti sull'iter edilizio? E cioè, e più chiaramente: la mancata dotazione
dell'A.P.E. impedisce il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità
(ovvero il valido e regolare formarsi del "silenzio-assenso", in presenza dei
presupposti e delle condizioni stabiliti dalla L.R. 15/2013)?
A favore di una risposta positiva potrebbero invocarsi due argomenti: il primo
consistente nel tenore letterale della disposizione di cui al 1° comma, secondo
periodo, del citato art. 6 e il secondo consistente nella disposizione di cui al comma
282 dell'art. 2 della L. 24 dicembre 2007 n. 244 - Legge Finanziaria 2008, il quale
dispone che "Per le nuove costruzioni che rientrano fra gli edifici di cui al decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, il rilascio del
certificato di agibilità al permesso di costruire è subordinato alla presentazione della
certificazione energetica dell'edificio." (dovendosi intendere per "certificazione
energetica dell'edificio", giusta la definizione contenuta nel punto 4 dell'Allegato A
del medesimo D.Lgs., "il complesso delle operazioni svolte dai soggetti di cui
all'articolo 4, comma 1-bis per il rilascio dell'attestato di prestazione energetica e
delle raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica
dell'edificio").
A favore di una risposta negativa potrebbero, invece, invocarsi i seguenti argomenti:
- il predetto art. 15, a differenza di quanto stabiliva nella sua originaria formulazione,
prevede ora una specifica sanzione per la mancata dotazione prima del rilascio del
certificato di agibilità;
- il comma 282 dell'art. 2 della Legge Finanziaria 2008 non ha espressamente
modificato il 1° comma dell'art. 25 ("Procedimento di rilascio del certificato di
agibilità") del D.P.R. 380/2001 e non ha inserito l'A.P.E. tra i documenti da
presentare allo sportello unico a corredo della domanda di rilascio del certificato di
agibilità;
- il 2° comma dell'art. 8 ("Relazione tecnica, accertamenti e ispezioni.") del D.Lgs.
192/2005 dispone "La conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e alle sue
eventuali varianti ed alla relazione tecnica di cui al comma 1, nonché l'attestato di
qualificazione energetica dell'edificio come realizzato, devono essere asseverati dal
direttore dei lavori e presentati al comune di competenza contestualmente alla
dichiarazione di fine lavori senza alcun onere aggiuntivo per il committente. La
dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è
accompagnata da tale documentazione asseverata." -. Correlativamente, il comma 4
del novellato art. 15 del medesimo D.Lgs. stabilisce che "Il direttore dei lavori che
omette di presentare al comune l'asseverazione di conformità delle opere e l'attestato
83
di qualificazione energetica, di cui all'articolo 8, comma 2, prima del rilascio del
certificato di agibilità, è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 1000
euro e non superiore a 6000 euro. Il comune che applica la sanzione deve darne
comunicazione all'ordine o al collegio professionale competente per i provvedimenti
disciplinari conseguenti.";
- per quanto concerne poi gli edifici ubicati nella Regione Emilia-Romagna, il citato
comma 3 dell'art. 56 della L.R. 6/2009, come detto, stabilisce espressamente che non
può essere rilasciato il certificato di conformità edilizia e di agibilità qualora non sia
stato depositato l'A.Q.E. -.
In passato avevo manifestato la convinzione che il mancato rispetto dell'obbligo di
dotazione dell'A.P.E. non potesse incidere in alcun modo sull'iter edilizio e che,
pertanto, la mancata dotazione dell'A.P.E. (a differenza del mancato rispetto
dell'obbligo di trasmissione allo Sportello unico dell'A.Q.E.) non potesse impedire né
il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità né il valido e regolare
formarsi del "silenzio-assenso", in presenza dei presupposti e delle condizioni stabiliti
dalla normativa urbanistico-edilizia vigente.
D'altro canto, il modello unificato regionale per la richiesta del certificato di
conformità edilizia e di agibilità ai sensi dell'art. 23 della L.R. 15/2013 (approvato
con la citata Determinazione n. 8822 del 14 luglio 2015 e tuttora vigente) indica
testualmente, tra la documentazione da allegare alla richiesta:
- l'"Attestato di qualificazione energetica (AQE), redatto da tecnico abilitato" per il
caso in cui "l'IMM. o U.I. è soggetto/a all'osservanza dei requisiti minimi di
prestazione energetica (punto 4.6. della DAL n. 156/2008 e allegato 5, punto 1, della
medesima DAL, come sostituito dalla DGR 1366/2011)"
ovvero (ed in alternativa)
- l'"Attestato di prestazione energetica, redatto da certificatore energetico iscritto
all'albo regionale" per il caso in cui "si richiede il rilascio del CCEA senza la
realizzazione di lavori, per immobile o unità immobiliare esistente privo/a di
agibilità".
Ritengo però di dover rivedere tale convinzione alla luce delle nuove disposizioni
regionali in materia di attestazione della prestazione energetica degli edifici
contenute nell'Allegato A alla citata D.G.R. 1275/2015 -e nei relativi allegati- in
vigore dal 1° ottobre 2015.
Infatti, l'art. 3 ("Predisposizione e rilascio dell'attestato di prestazione energetica") di
tale Allegato dispone testualmente: "1. L'Attestato di Prestazione Energetica degli
edifici deve essere predisposto e rilasciato da un soggetto certificatore accreditato
dalla Regione con le modalità di cui al successivo art. 5. 2. E' obbligatorio
84
procedere alla attestazione della prestazione energetica nel caso di: a) edifici di
nuova costruzione, ivi compresi tutti i casi di demolizione e ricostruzione di edifici
esistenti, o di edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti, o derivanti dalla
ristrutturazione o completamento degli immobili di cui all'art. 1 comma 5 lett. e) ed
f); b) edifici esistenti, nel caso di vendita, di trasferimento a titolo gratuito o di nuova
locazione, ove l'edificio o l’unità immobiliare non ne sia già dotato; c) edifici
utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico con superficie utile totale
superiore a 250 mq, ove l'edificio non ne sia già dotato. 3. Per gli edifici di nuova
costruzione, la produzione dell'Attestato di Prestazione Energetica è onere del
costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera
direttamente, che deve provvedere in merito prima del rilascio del certificato di
agibilità di cui all'art. 23 della L.R. 15/2013: in tal caso, l'Attestato è allegato alla
relativa richiesta presentata al Comune. ....." -.
E' evidente, a questo punto, che è necessario provvedere ad un aggiornamento del
modello unificato regionale per la richiesta del certificato di conformità edilizia e di
agibilità, non essendo quello attualmente in vigore più rispondente alle disposizioni
regionali in materia di certificazione energetica degli edifici;
- 6) che, dalla presentazione della domanda ovvero (nel caso in cui lo Sportello unico
abbia -entro i successivi 15 giorni- richiesto documentazione integrativa non a
disposizione dell'amministrazione comunale) dal ricevimento da parte dello Sportello
unico di tutta la documentazione integrativa richiesta, siano decorsi 90 giorni.
Mi pare opportuno sottolineare:
- che, nel caso in cui non siano stati presentati allo Sportello unico tutti i documenti
e/o le dichiarazioni obbligatoriamente prescritti dalla legge al fine del rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità, la mancanza dei presupposti e dei
requisiti richiesti dalla legge impedirà comunque, anche in difetto di tempestiva
richiesta di integrazione documentale da parte dello Sportello unico, che -decorsi i 90
giorni- si formi il "silenzio-assenso";
- che viceversa, qualora siano stati regolarmente presentati tutti i documenti e le
dichiarazioni obbligatoriamente prescritti dalla legge ai fini del rilascio del certificato
di conformità edilizia e di agibilità e -decorsi 15 giorni- lo Sportello unico richieda ad
integrazione della pratica ulteriore documentazione (si pensi ad esempio
all'autorizzazione per la concessione precaria di passo carraio), tale richiesta (tardiva)
non impedirà il maturare del termine per il valido formarsi del "silenzio-assenso"
(ferme, ovviamente, le sanzioni e le altre conseguenze eventualmente previste dalle
normative di settore in dipendenza della omissione);
85
- che, stante quanto precede, è assolutamente necessario, ai fini della regolarità e
della sicurezza della circolazione degli immobili, che lo Sportello unico provveda, in
modo puntuale e tempestivo, al controllo delle pratiche edilizie e alla eventuale
richiesta di integrazione documentale;
- 7) che, scaduto il predetto termine di 90 giorni, lo Sportello unico non abbia ancora
rilasciato il certificato di conformità edilizia e di agibilità.
Qualora -essendo stata regolarmente presentata tutta la predetta documentazione
obbligatoria ed essendo decorsi (dalla presentazione della domanda per il rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità o dalla sua integrazione) 90 giorni- si
sia formato sulla domanda medesima il "silenzio-assenso", secondo la
documentazione presentata a corredo della comunicazione di fine dei lavori, lo
Sportello unico non potrà più rilasciare il certificato di conformità edilizia e di
agibilità (intendendosi questa definitivamente attestata per "silenzio-assenso");
peraltro, il certificato eventualmente rilasciato dallo Sportello unico sarebbe
assolutamente inutile, in quanto giuridicamente improduttivo di (ulteriori e diversi)
effetti.
Ben potrebbe, invece, lo Sportello unico (ancorché ciò non sia espressamente previsto
per il certificato in parola, a differenza di quanto stabilito dal 10° comma dell'art. 18
con riferimento al procedimento per il rilascio del PdC) rilasciare (d'ufficio o a
richiesta dell'interessato) una dichiarazione avente (mera) funzione ricognitiva
dell'avvenuta formazione del "silenzio-assenso", nella quale -richiamati i titoli
abilitativi con i quali è stato assentito l'edificio e rilevato il decorso dei 90 giorni dalla
presentazione di tutta la documentazione prescritta dalla legge- lo stesso dichiari che
sulla domanda per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità si è
formato il "silenzio-assenso", secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori, a far data dal novantesimo giorno.
Tale comportamento -fortemente auspicabile, proprio ai fini della regolarità e della
sicurezza della circolazione degli immobili- è stato già da tempo adottato dal Comune
di Parma (seguito in tempi più recenti da alcuni altri Comuni della Provincia).
Rispetto alla disciplina contenuta nel D.P.R. 380/2001 le differenze più rilevanti
riguardano il procedimento per il rilascio del certificato e, soprattutto, la funzione del
certificato stesso, che la norma statale definisce "certificato di agibilità".
Il 1° comma dell'art. 24 del D.P.R. 380/2001 recita "Il certificato di agibilità attesta
la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico
degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la
normativa vigente." -.
86
Secondo alcuni Autori (Di Stilo, Mastropasqua, Santoliquido) e secondo la prevalente
giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimi, Consiglio di Stato, sezione V, sentenza
n. 365 del 4 febbraio 2004 e Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze n. 1220 del 13
marzo 2014 e n. 4309 del 26 agosto 2014), la valutazione dell'agibilità deve
riguardare solo gli aspetti igienico-sanitari della costruzione e non anche quelli
urbanistici. In conseguenza, un provvedimento di diniego del certificato di agibilità
esclusivamente per motivi urbanistico-edilizi sarebbe illegittimo, in quanto viziato da
eccesso di potere. Tale orientamento è stato condiviso (beninteso con riferimento alla
normativa statale) anche dalla dottrina notarile (cfr. lo Studio del Consiglio Nazionale
del Notariato n. 4512/C dal titolo "Il certificato di agibilità", a firma del Dottor Mauro
Leo, nel quale si afferma "Ma è senz'altro da escludere -e così sgombrandosi il
campo da un equivoco sorto all'indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
del T.U.- che le condizioni di sicurezza ineriscano (anche) al profilo urbanistico, cioè
che il certificato di agibilità garantisca anche la regolarità tecnico edilizia
dell'immobile realizzato. ..... Tale riflessione sembra avallata anche dal nuovo iter di
rilascio del certificato di agibilità ..... " nonché, e con maggior incisività, il più
recente Studio dello stesso Consiglio Nazionale del Notariato n. 893-2013/C dal
titolo "La disciplina nazionale dell'attività edilizia. Guida operativa 2013", a firma
dell'amico e collega Notaio Giovanni Rizzi, nel quale si legge "Stante la suddetta
precisa disposizione del T.U. D.P.R. 380/2001, bisogna escludere che funzione del
certificato di agibilità sia quella di attestare "la conformità dell'edificio al progetto
approvato". Si rammenta, al riguardo, che anche sotto il vigore del Testo Unico delle
leggi sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265) e del successivo D.P.R. 22 aprile 1994
n. 425, la giurisprudenza prevalente aveva riconosciuto totale autonomia tra gli
aspetti igienico sanitari (ai quali soli si riferisce il certificato di agibilità) e quelli
urbanistico-edilizio e ciò benché nell'art. 221 Testo Unico leggi sanitarie si facesse
espresso riferimento alla verifica della conformità al progetto approvato in sede di
sopralluogo dell'Ufficiale Sanitario o di un ingegnere a ciò delegato mentre nel
D.P.R. 425/1994 si richiedesse una dichiarazione del direttore dei lavori attestante la
conformità rispetto al progetto approvato; infatti l'attestazione di conformità al
progetto approvato non poteva farsi discendere nel primo caso da una verifica di un
soggetto, quale l'Ufficiale Sanitario (solo in mancanza di Ufficiale sanitario era
prevista la delega ad un ingegnere), privo di specifica esperienza tecnica e nell'altro
caso da dichiarazione di parte; pertanto al certificato di agibilità doveva
riconoscersi la natura di attestazione dell'idoneità dell'edificio, sotto il profilo
igienico sanitario ad essere utilizzato per le finalità per le quali è stato realizzato ed
assentito (fini abitativi, commerciali, industriali, direzionali, ecc.. Tale natura del
87
certificato di agibilità, ha trovato, ora, testuale conferma proprio nella disposizione
dell'art. 24, c. 1, T.U. D.P.R. 380/2001 , tanto più che l'art. 25 medesimo T.U. D.P.R.
380/2001 richiede, per la verifica della conformità dell'opera al progetto, la sola
dichiarazione del richiedente e quindi nemmeno una dichiarazione di un tecnico
abilitato come prima prescritto dal D.P.R. 22.4.1994 n. 425, ed è indubitabile che
una dichiarazione dello stesso autore dell'opera non può far assurgere il certificato
di agibilità ad una sorta di attestato di conformità e di regolarità edilizia dell'edificio
realizzato. ..... Tuttavia la legge non richiede che tale condizione (ossia la
conformità edilizia ed urbanistica) sia oggetto di specifico accertamento da parte del
Comune (tramite lo Sportello Unico per l'Edilizia), autonomo e preventivo rispetto a
quello sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio
energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati. La normativa vigente,
infatti, impone alla parte che richiede il rilascio dell'agibilità, l'onere di
"documentare", mediante propria dichiarazione, tale conformità; l'art. 25 T.U.
D.P.R. 380/2001, infatti, dispone che la domanda di rilascio del certificato di
agibilità deve essere corredata da dichiarazione, sottoscritta dallo stesso richiedente,
di conformità dell'opera rispetto al progetto approvato; non richiede, invece, un
accertamento di tale conformità da parte degli Uffici del Comune. Il rilascio del
certificato di agibilità crea, pertanto, una "presunzione" di conformità
urbanistico/edilizia del manufatto, peraltro una presunzione "iuris tantum", proprio
perché fondata su dichiarazione di parte e non su un procedimento "pubblico" di
accertamento della conformità. ..... In pratica il rilascio da parte del Comune del
certificato di agibilità, non garantisce la regolarità urbanistica ed edilizia del
fabbricato trasferito e non sana eventuali abusi commessi, con la conseguenza che il
Comune ben potrà avviare un procedimento per la repressione di abusi edilizi
commessi anche con riguardo a edifici già dichiarati agibili.") -.
Secondo altri Autori (Giannini, Mazzarolli, Postiglione), invece, il certificato di
agibilità può essere rifiutato anche per ragioni urbanistico-edilizie, oltre che di igiene
in senso stretto. In particolare è stato evidenziato (A. ed E. Fiale, Diritto
Urbanistico, Edizioni Giuridiche Simone, XIII edizione) che "-pur avendo il T.U. n.
380/2001 abrogato l'art. 4 del D.L. n. 398/1993, convertito nella legge n. 493/1993,
che aveva testualmente esteso i controlli da effettuare ai fini del rilascio della licenza
di abitabilità all'accertamento della conformità urbanistico-edilizia- deve tuttavia
convenirsi che il rilascio del certificato di agibilità può costituire un ulteriore
strumento di politica coerente di difesa del territorio: non si comprende perché il
Comune dovrebbe autorizzare, sotto il profilo igienico-sanitario e della sicurezza,
l'uso di una costruzione illegittima sotto il profilo edilizio. I formalismi consentono
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agli abusivi di raggiungere il loro scopo, mentre la lotta all'abusivismo -al contrario-
impone un adeguato coordinamento dei controlli." -. Tale posizione è condivisa
anche da alcune pronunce dei giudici amministrativi (cfr., da ultimo, Consiglio di
Stato, sezione V, sentenza n. 592 del 3 febbraio 2000) e da quelle dei giudici ordinari
(cfr., per tutte, Cassazione, sezioni penali unite, sentenze n. 7299 del 30 giugno 1984
e n. 72 del 10 gennaio 1994) -tutte però anteriori all'entrata in vigore del D.P.R.
380/2001- e, più di recente, dal T.A.R. del Lazio (Roma, sezione II Bis, sentenza n.
4129 del 25 maggio 2005); secondo tali pronunce, il controllo effettuato dal Comune
in sede di rilascio della certificazione di agibilità deve consistere nell'accertamento
sia della conformità della costruzione al titolo abilitativo e agli strumenti urbanistici
vigenti sia della esistenza delle condizioni igienico-sanitarie per la concreta
abitabilità, comprese quelle prescritte in materia di inquinamento.
Ebbene, dalla lettura dell'art. 23 della L.R. 15/2013, ed in particolare del 10° comma,
appare evidente che il legislatore regionale -esercitando legittimamente la propria
potestà legislativa (quale stabilita dall'art. 117 della Costituzione)- ha voluto
espressamente prescrivere che il controllo comunale al termine dei lavori sia diretto
ad accertare non solo la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e
risparmio energetico dell'edificio e degli impianti in esso installati ma anche la
conformità urbanistico-edilizia dell'edificio stesso, con ciò superando le prescrizioni
contenute nel D.P.R. 380/2001 e sostanzialmente ricollegandosi a quanto stabiliva
l'abrogato art. 221 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 ("Approvazione del testo unico
delle leggi sanitarie"), il quale subordinava la concessione dell'autorizzazione di
abitabilità, tra l'altro, al fatto che, da preventiva ispezione, risultasse che la
costruzione fosse stata "eseguita in conformità del progetto approvato".
Nel medesimo senso si è espresso, nel vigore della precedente L.R., anche il Servizio
Affari Giuridici del Territorio della Regione Emilia-Romagna (cfr. Parere prot. n.
AMP/TUG n. 14587 del 23 luglio 2007).
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