RELAZIONE-NOTAIO-SBORDONE Referto Tecnico

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DOTTOR PIETRO SBORDONE

NOTAIO

VIA DELLA REPUBBLICA N. 4 - 43019 SORAGNA (PR)


TEL. 0524/597923 - 597952 - FAX 0524/597277

STRADA GARIBALDI N. 2 - 43121 PARMA


TEL. 0521/200360 - FAX 0521/507732

E-MAIL: [email protected]

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"RESPONSABILITA' PROFESSIONALE E CIVILE DEL NOTAIO IN CAMPO


URBANISTICO-EDILIZIO - IL REFERTO TECNICO DI CONFORMITA'
URBANISTICO-EDILIZIA E CATASTALE"

(Testo scritto della relazione svolta a Rimini il 24 giugno 2016 in occasione della
giornata di studio organizzata dall'Associazione Sindacale dei Notai dell'Emilia-
Romagna "Aldo dalla Rovere" e da FEDERNOTAI -con il patrocinio del Comitato
Notarile Regionale dell'Emilia-Romagna e del Consiglio Notarile dei Distretti
Riuniti di Forlì e Rimini- dal titolo "Urbanistica - Banche - Attualità")

**********

Il miglior modo per far abrogare una pessima legge


consiste nel farla applicare rigorosamente.
(Abraham Lincoln)

1
2
Non sussistono dubbi sul fatto che il controllo sull'attività urbanistico-edilizia
sia di competenza (non già del Notaio ma) del Comune: basti vedere quanto disposto
* dall'art. 4 ("Sportello unico per l'edilizia") della L.R. 30 luglio 2013 n. 15
("Semplificazione della disciplina edilizia"), secondo il quale "1. I Comuni, in forma
singola ovvero in forma associata ..... , esercitano le funzioni di autorizzazione e di
controllo dell'attività edilizia, e la funzione generale di vigilanza sull'attività
urbanistico edilizia, assicurando la conformità degli interventi alle previsioni degli
strumenti urbanistici e territoriali ed alle ulteriori disposizioni operanti, ed il rispetto
dei diritti inerenti i beni e gli usi pubblici. 2. La gestione dei procedimenti abilitativi
inerenti gli interventi che riguardano l'edilizia residenziale, e le relative funzioni di
controllo, sono attribuite ad un'unica struttura, denominata "Sportello unico per
l'edilizia" (Sportello unico), costituita dal Comune o da più Comuni associati. .....",
* dall'art. 2 ("Vigilanza sull'attività urbanistico edilizia") della L.R. 21 ottobre 2004
n. 23 ("Vigilanza e controllo dell'attività edilizia ed applicazione della normativa
statale di cui all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con
modifiche dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326"), secondo il quale "1. I Comuni,
anche in forma associata, esercitano la vigilanza sull'attività urbanistico edilizia,
anche attraverso i controlli svolti per la formazione dei titoli abilitativi e per la
certificazione della conformità edilizia e agibilità, per assicurare la rispondenza
degli interventi alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici ed edilizi, nonché alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi. .....
3. I compiti di vigilanza sono svolti dal dirigente o dal responsabile dello Sportello
unico per l'edilizia, di seguito denominato "Sportello unico per l'edilizia", secondo le
modalità stabilite dalla presente legge, dallo statuto del Comune e dai regolamenti
comunali. 4. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria provvedono, a norma
dell'articolo 27, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
edilizia (Testo A)) a dare comunicazione all'Autorità giudiziaria, alla Regione, alla
Provincia, allo Sportello unico per l'edilizia ed al competente organo periferico del
Ministero per i beni e le attività culturali nei casi di opere abusive realizzate sugli
immobili di cui all'articolo 9, commi 4 e 5, delle presunte violazioni urbanistico
edilizie riscontrate nei luoghi in cui sono realizzate le opere. Lo Sportello unico per
l'edilizia verifica, entro trenta giorni dalla comunicazione, la regolarità delle opere e
dispone gli atti conseguenti. 5. Il Segretario comunale redige e pubblica
mensilmente, mediante affissione nell'Albo comunale, i dati relativi agli immobili e
alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di
polizia giudiziaria, delle relative ordinanze di sospensione e dei conseguenti
3
provvedimenti sanzionatori, e trasmette i dati anzidetti all'Autorità giudiziaria
competente, al Presidente della Giunta provinciale, al Presidente della Giunta
regionale e, tramite l'Ufficio territoriale del Governo, al Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti. ..... " nonché
* dall'art. 8 ("Responsabilità del titolare del titolo abilitativo, del committente, del
costruttore, del direttore dei lavori, del progettista e del funzionario dell'azienda
erogatrice di servizi pubblici") della medesima L.R. 23/2004, secondo il quale "1. Il
titolare del titolo abilitativo, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e
per gli effetti delle norme contenute nella presente legge, della conformità delle
opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al
direttore dei lavori, alle prescrizioni e alle modalità esecutive stabilite dal titolo
abilitativo. Essi sono, altresì, tenuti solidalmente al pagamento delle sanzioni
pecuniarie e alle spese per l'esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere
abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso o
che l'abuso sia stato realizzato dopo la consegna dell'immobile. ..... 3. Nel caso in cui
il titolo abilitativo contenga dichiarazioni non veritiere del progettista necessarie ai
fini del conseguimento del titolo stesso, l'Amministrazione comunale ne dà notizia
all'Autorità giudiziaria, al progettista nonché al competente Ordine professionale, ai
fini dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari." -.

Peraltro la legge (ovviamente quella statale, rientrando tanto l'"ordinamento


civile" quanto l'"ordinamento penale" tra le materie nelle quali -giusta il disposto
dell'art. 117, 2° comma, della Costituzione- lo Stato ha legislazione esclusiva) pone a
carico del Notaio obblighi (e responsabilità) di natura assolutamente diversa rispetto a
quelli innanzi indicati, in quanto essenzialmente di natura "documentale": basti qui
ricordare
* l'art. 40 ("Mancata presentazione dell'istanza") della L. 28 febbraio 1985 n. 47
("Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizia") -tuttora in vigore per gli edifici la cui costruzione sia
stata iniziata fino a tutto il 17 marzo 1985 (data di entrata in vigore della medesima
legge)-, il quale dispone: " ..... Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi
quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù,
relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non
risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della
concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi
dell'articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente
della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero
4
copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli
estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto
versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'articolo 35.
Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della
licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio,
rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4
della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data
anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita
nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo. Per
gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della
concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la
quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata. Se la mancanza delle
dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia
dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della
domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati
stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1°
settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti
mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la
menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio
o la copia della domanda indicate al comma precedente. Si applica in ogni caso il
disposto del terzo comma dell'articolo 17 e del primo comma dell'art. 21. Le nullità
di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti
derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a
quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione
coatta amministrativa. Nella ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di
sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento
derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata
entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di
credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore
della presente legge.",
* l'art. 46 ("Nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia
iniziata dopo il 17 marzo 1985") del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ("Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia") -che sostituisce il
previgente art. 17 della L. 47/1985-, il quale -con riferimento agli edifici la cui
costruzione sia stata iniziata dopo il 17 marzo 1985- dispone: "1. Gli atti tra vivi, sia
in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o
costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro
5
parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono
essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi
del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si
applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di
servitù. 2. Nel caso in cui sia prevista, ai sensi dell'articolo 38, l'irrogazione di una
sanzione soltanto pecuniaria, ma non il rilascio del permesso in sanatoria, agli atti di
cui al comma 1 deve essere allegata la prova dell'integrale pagamento della sanzione
medesima. 3. La sentenza che accerta la nullità degli atti di cui al comma 1 non
pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in base ad un atto iscritto o
trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda diretta a far accertare la
nullità degli atti. 4. Se la mancata indicazione in atto degli estremi non sia dipesa
dalla insussistenza del permesso di costruire al tempo in cui gli atti medesimi sono
stati stipulati, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante
atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione
omessa. 5. Le nullità di cui al presente articolo non si applicano agli atti derivanti
da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali. L'aggiudicatario,
qualora l'immobile si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di
costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro
centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria. 5-bis.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi
realizzati mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3,
qualora nell'atto non siano indicati gli estremi della stessa.",
* l'art. 30 ("Lottizzazione abusiva") del medesimo D.P.R. 380/2001 -che sostituisce il
previgente art. 18 della L. 47/1985-, il quale -con riferimento ai terreni- dispone: "1.
Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate
opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in
violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o
comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione;
nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e
la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali
la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli
strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di
urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo
non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. 2. Gli atti tra vivi, sia in forma
pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o
scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non
possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti
6
stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le
prescrizioni urbanistiche riguardanti l'area interessata. Le disposizioni di cui al
presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici
censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell'area
di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati. 3. Il certificato di
destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del
competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla
presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data
di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano
intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici. 4. In caso di mancato rilascio
del suddetto certificato nel termine previsto, esso può essere sostituito da una
dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti attestante l'avvenuta
presentazione della domanda, nonché la destinazione urbanistica dei terreni secondo
gli strumenti urbanistici vigenti o adottati, ovvero l'inesistenza di questi ovvero la
prescrizione, da parte dello strumento urbanistico generale approvato, di strumenti
attuativi. 4-bis. Gli atti di cui al comma 2, ai quali non siano stati allegati
certificati di destinazione urbanistica, o che non contengano la dichiarazione di cui
al comma 3, possono essere confermati o integrati anche da una sola delle parti o
dai suoi aventi causa, mediante atto pubblico o autenticato, al quale sia allegato un
certificato contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate al
giorno in cui è stato stipulato l'atto da confermare o contenente la dichiarazione
omessa. 5. I frazionamenti catastali dei terreni non possono essere approvati
dall'agenzia del territorio se non è allegata copia del tipo dal quale risulti, per
attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo è stato depositato presso il
comune. [6. I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti aventi per oggetto il
trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di appezzamenti di terreno di
superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono trasmettere, entro trenta giorni
dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro ricevuto o autenticato al dirigente
o responsabile del competente ufficio del comune ove è sito l'immobile. - Tale comma
è stato abrogato, a partire dal 25 marzo 2006, dall'art. 1, 1° comma, del D.P.R. 9
novembre 2005 n. 304. Evidenzio, in argomento, che analogo obbligo di trasmissione
allo Sportello unico per l'edilizia del Comune ove è sito l'immobile era prescritto, con
riferimento ai terreni siti nella Regione Emilia-Romagna, dal 6° comma dell'art. 12
("Lottizzazione abusiva") della L.R. 23/2004, comma poi soppresso, con effetto dal
28 settembre 2013, dall'art. 38, 2° comma, della L.R. 15/2013 - n.d.a.] 7. Nel caso in
cui il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale accerti
l'effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta
7
autorizzazione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri
soggetti indicati nel comma 1 dell'articolo 29, ne dispone la sospensione. Il
provvedimento comporta l'immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di
disporre dei suoli e delle opere stesse con atti tra vivi, e deve essere trascritto a tal
fine nei registri immobiliari. 8. Trascorsi novanta giorni, ove non intervenga la
revoca del provvedimento di cui al comma 7, le aree lottizzate sono acquisite di
diritto al patrimonio disponibile del comune il cui dirigente o responsabile del
competente ufficio deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si
applicano le disposizioni concernenti i poteri sostitutivi di cui all'articolo 31, comma
8. 9. Gli atti aventi per oggetto lotti di terreno, per i quali sia stato emesso il
provvedimento previsto dal comma 7, sono nulli e non possono essere stipulati, né in
forma pubblica né in forma privata, dopo la trascrizione di cui allo stesso comma e
prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del
provvedimento del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.
10. Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti
presentati ai competenti uffici del catasto dopo il 17 marzo 1985, e non si applicano
comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea
retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti
reali di garanzia e di servitù." nonché
* l'art. 47 ("Sanzioni a carico dei notai") del medesimo D.P.R. 380/2001 -che
sostituisce il previgente art. 21 della L. 47/1985-, il quale dispone: "1. Il ricevimento
e l'autenticazione da parte dei notai di atti nulli previsti dagli articoli 46 e 30 e non
convalidabili costituisce violazione dell'articolo 28 della legge 16 febbraio 1913 n.
89, e successive modificazioni, e comporta l'applicazione delle sanzioni previste
dalla legge medesima. 2. Tutti i pubblici ufficiali, ottemperando a quanto disposto
dall'articolo 30, sono esonerati da responsabilità inerente al trasferimento o alla
divisione dei terreni [; l'osservanza della formalità prevista dal comma 6 dello stesso
articolo 30 tiene anche luogo della denuncia di cui all'articolo 331 del codice di
procedura penale - Tale periodo è stato soppresso, a partire dal 25 marzo 2006,
dall'art. 1, 2° comma, del D.P.R. 304/2005 - n.d.a.]." -.

Rinviando per ogni opportuno approfondimento ai numerosi studi del


Consiglio Nazionale del Notariato (ed in particolare allo Studio n. 4508/C dal titolo
"Testo unico sull'edilizia. I suoi contenuti essenziali. Novità rispetto alla precedente
disciplina", a firma del Dottor Giovanni Casu, allo Studio n. 5389/C dal titolo
"Menzioni urbanistiche e validità degli atti notarili" e alla Segnalazione Novità
Normative dal titolo "La disciplina dell'attività edilizia. Novità normative 2014 (cd.
8
decreto "Sblocca Italia" post conversione)", entrambi a firma dell'amico e collega
Notaio Giovanni Rizzi), mi limito in questa sede a ricordare -con specifico
riferimento alle norme relative agli edifici- in primo luogo che esse prevedono la
nullità per il caso in cui manchino nell'atto le menzioni prescritte dalla legge (e ciò
indipendentemente dalla regolarità effettiva della costruzione, che pure ovviamente
deve sussistere) e in secondo luogo che la dichiarazione prescritta a pena di nullità
attiene al solo titolo originario (salvo il caso di "ristrutturazione maggiore", quale
definita dall'art. 10, 1° comma, lettera c), del D.P.R. 380/2001, per la quale -come
rilevato dal Notaio Rizzi- è necessario menzionare anche il titolo abilitativo
ulteriore). Peraltro sottolineo che (come evidenziato anche nello Studio da ultimo
citato) l'indicazione in atto di tutti gli ulteriori titoli abilitativi (e/o di tutte le ulteriori
comunicazioni di inizio lavori) successivi al primo (vale a dire l'enunciazione in atto
della "storia urbanistico-edilizia" dell'edificio dedotto in contratto), ancorché non
obbligatoria, è estremamente opportuna anche al fine di garantire alla parte
acquirente l'acquisto di un bene pienamente conforme (o almeno dichiarato tale) alle
disposizioni in materia urbanistico-edilizia, stante l'esigenza di assicurare alla parte
acquirente medesima un'effettiva tutela circa le qualità del bene acquistato.
Ma non posso qui non ricordare anche quanto affermato in proposito dal
Consiglio Nazionale del Notariato nella Circolare del 1° marzo 1987 dal titolo "La L.
28 febbraio 1985 n. 47. Criteri applicativi": "Occorre a questo punto occuparsi della
posizione e della responsabilità del notaio, in relazione al sistema di nullità così
ricostruito. Il problema che si pone è quello di stabilire in quali casi l'esistenza delle
cause di nullità che sono state indicate escludono -in relazione alla loro natura- la
ricevibilità stessa dell'atto o la sua autenticazione da parte del notaio, anche alla
luce del disposto dell'art. 21 comma 1 della legge. Si deve preliminarmente ribadire
la considerazione già fatta secondo cui il notaio riceve dall'alienante quegli elementi
richiesti a pena di nullità dagli artt. 17, 18, 40 e 41 in forma di dichiarazioni o di
documenti da allegare all'atto. La legge quindi non gli fa carico di alcun dovere di
ricerca o di acquisizione di detti elementi. Non sono ricevibili quindi gli atti per i
quali non siano forniti al notaio quegli elementi (in forma di dichiarazione e/o di
allegati) richiesti dalla legge a pena di nullità. Su questi elementi il notaio deve
esercitare quel controllo formale che è tenuto a compiere in ragione della sua
funzione, con la precisazione che tale controllo riguarderà anche le dichiarazioni,
che devono possedere quei caratteri di "riconoscibilità" di cui si è detto. A questo
controllo di idoneità astratta delle dichiarazioni o dei documenti, ne deve seguire un
altro, riguardante la riferibilità di questi elementi formali all'immobile oggetto
dell'atto. Così, ad esempio, questa riferibilità viene a mancare -con conseguente
9
irricevibilità dell'atto- nel caso di vendita di edificio con adiacente fabbricato
autonomo, per la quale l'alienante renda la dichiarazione richiesta soltanto
relativamente all'edificio principale. Così ancora nel caso di vendita di intero
edificio per il quale l'alienante dichiari che l'ultimo piano, costituente organismo
autonomo, è stato realizzato abusivamente. Ovviamente in questi casi l'atto sarà
ricevibile limitatamente ai beni o loro parti per i quali sussista la riferibilità nel
senso sopraindicato. Per converso questa riferibilità si deve presumere tutte le volte
in cui per l'atto, avente un oggetto complesso, sia resa esclusivamente una generica
dichiarazione. E' da ritenere, infine, che la dichiarazione, benché resa nella forma
richiesta e riguardante l'intero immobile dedotto in contratto, non sia idonea al fini
della ricevibilità qualora contrasti con altri elementi documentali risultanti dall'atto.
Così se si dichiari il fabbricato edificato prima del 1967 in presenza di una
contrapposta dichiarazione di acquisto dell'area in epoca successiva. Al di fuori di
questi casi, altre cause di nullità del contratto non possono impedire la ricevibilità
dell'atto e -se detta nullità venga in seguito dichiarata- non possono certamente
configurare per il notaio violazione dell'art. 28, n. 1, L.N . -. Non v'è dubbio infatti -
al di là delle ragioni strettamente giuridiche- che il notaio debba rispondere soltanto
di quelle cause di nullità che egli stesso può prevenire in quanto sia in grado di
riconoscerle. Così se la dichiarazione resa dall'alienante sia formalmente regolare e
non contraddittoria nel significato indicato, l'eventuale accertamento della sua
falsità, e quindi per quanto si è detto la nullità del contratto, non potrà in alcun modo
coinvolgere la responsabilità del notaio e non comporterà violazione dell'art. 28, n.
1, L.N. -. E ciò a maggior ragione per la totale difformità, se si ritenga determini
nullità, pretendendo il suo accertamento (come tutti quelli fondati sulla nozione di
conformità) una verifica tecnica e un giudizio di merito che sicuramente esulano
dalla funzione e dalla competenza stessa del notaio." -.
Le tesi del Consiglio Nazionale del Notariato (innanzi letteralmente riportate) sono
state fatte proprie anche dalla costante giurisprudenza della suprema Corte (si veda,
per tutte, la sentenza della Corte di Cassazione, sezione III penale, n. 535 del 28
febbraio 2013).

Fermo quanto sopra (e senza volermi addentrare nello spinoso dibattito se


l'attività del Notaio debba farsi rientrare nelle "obbligazioni di mezzi" o in quelle "di
risultato" -mi limito qui a ricordare che la sentenza della Corte di Cassazione, sezione
III civile, n. 15726 del 2 luglio 2010, in materia di omessa effettuazione delle visure
ipotecarie, afferma espressamente che nell'adempimento delle obbligazioni inerenti
all'esercizio dell'attività di Notaio, il professionista è tenuto ad una prestazione che,
10
pur rivestendo i caratteri dell'obbligazione di mezzi e non di risultato, non può
ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di
direzione della compilazione dell'atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle
ulteriori attività, preparatorie e successive, funzionali ad assicurare la serietà e la
certezza del rogito e, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento
dello scopo tipico, non meno che del risultato pratico, del negozio divisato dalle parti,
con la conseguenza che l'inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a
responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di prestazione
d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun
esplicito riferimento a tale, peculiare, forma di responsabilità-), pur ribadendo che
nessuna norma (come sopra detto) pone a carico del Notaio l'obbligo di svolgere
specifiche indagini finalizzate all'individuazione dei titoli abilitativi relativi
all'edificio oggetto dell'atto ovvero all'accertamento dell'esatta corrispondenza tra
l'edificio realizzato e il progetto depositato in Comune a corredo dei titoli abilitativi
medesimi, non posso non ricordare:
a) che diversi pronunciati giurisprudenziali (alcuni anche molto recenti) affermano
espressamente che il Notaio ha l'obbligo di fornire adeguate consulenza e
informazione alle parti che a lui si rivolgono (basti pensare alla sentenza della Corte
di Cassazione, sezione III civile, n. 10296 del 21 giugno 2012, secondo la quale il
Notaio incaricato della stipula di un atto di compravendita immobiliare risponde dei
danni patiti dall'acquirente a causa dell'assenza nell'immobile dei requisiti per il
rilascio del certificato di abitabilità, a nulla rilevando che la mancanza di quei
requisiti potesse essere agevolmente accertata dall'acquirente stesso, quando non sia
dimostrato che il professionista abbia informato il cliente di tale situazione e delle sue
possibili conseguenze -nella specie, la suprema Corte ha cassato la sentenza di
merito, la quale aveva escluso l'inadempimento del Notaio con riferimento al
contratto di prestazione d'opera professionale, ritenendo lo stesso Notaio in grado di
percepire, in base ai titoli di provenienza, la mancata consonanza dell'immobile
compravenduto rispetto ai vincoli imposti in un atto d'obbligo intercorso tra il
costruttore ed il Comune, e perciò tenuto a sollecitare l'attenzione delle parti
stipulanti su detta situazione- e alla più recente sentenza del Tribunale di Savona
dell'11 gennaio 2016, nella quale, ribadito che nell'attività di informazione che il
Notaio svolge verso le parti non può farsi rientrare qualunque fatto o circostanza
determinante l'assetto finale degli interessi delle parti medesime ma solo ciò che
attiene alle cognizioni tecniche proprie dell'attività notarile, si afferma che fornire una
corretta ed esaustiva informazione costituisce uno degli obblighi essenziali gravanti
sul Notaio in conseguenza delle ricezione dell'incarico professionale -obbligo che
11
scaturisce dal combinato-disposto degli artt. 1176, comma 2, 1374 e 1375 c.c.- e che
tra i predetti doveri di informazione rientra quello relativo alla presenza o meno del
certificato di abitabilità) e
b) che la stessa dottrina notarile afferma, da un lato, che il Notaio, il quale abbia
informato adeguatamente le parti, ha regolarmente ed interamente fatto fronte ai suoi
doveri di prestazione professionale diligente (cfr. Giovanni Casu "Il vincolo
alberghiero tra lottizzazione abusiva e mutamento di destinazione d'uso", commento
a Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 6396 del 15 febbraio 2007, in Rivista del
Notariato, LXII, pagg. 417 e seguenti) e, dall'altro, che -ancorché il Notaio non sia
tenuto, non avendone peraltro gli strumenti, a valutare l'idoneità del titolo abilitativo
cui si è fatto ricorso per assentire il bene- sussiste responsabilità professionale del
Notaio il quale, essendo a conoscenza di un'eventuale irregolarità nel procedimento o
ritenendo che il titolo abilitativo non sia idoneo, non ne abbia informato
adeguatamente le parti (cfr. Quesito n. 525 - 2006/C - risposta a firma di Cristina
Lomonaco e Antonio Ruotolo). Peraltro, come evidenziato da un illustre Autore (S.
Tondo "Dovere per il notaio di informazione e consulenza", in Studi e Materiali -
Quaderni semestrali del Consiglio Nazionale del Notariato, 1/2002, Giuffrè, Milano,
2002, pag. 315), "Il compito d'esame e informazione, che incombe al notaio in
rapporto alle parti, è espressione della stessa funzione notarile, per modo che la sua
violazione è violazione di un compito funzionale"; lo stesso Autore, inoltre, rileva
"Preme aggiungere che il documento notarile ..... è sempre più chiamato, per dopo la
sua formazione, ad assolvere esso stesso una funzione, oltre che certificativa, anche
informativa, nell'interesse, oltre che delle parti, anche della generalità." -.

Appare quindi legittimo e opportuno (oggi più che mai, attesa la perdurante
gravissima situazione di crisi del mercato immobiliare e considerati i problemi che
dalla medesima possono essere -e sono stati, infatti- generati) chiedersi se, al di là
dell'attività ad oggi a lui normativamente demandata, il Notaio possa (o debba) fare
"qualcosa in più" ed in cosa questo "qualcosa in più" possa (o debba) consistere e
quando questo "qualcosa in più" possa (o debba) essere fatto (a rogito o, e meglio, già
in sede di contratto preliminare?), sia al fine di tutelare la parte acquirente (che nella
maggior parte dei casi si palesa come "contraente debole") sia al fine di tutelare la
parte venditrice (che potrebbe, in perfetta buona fede, rendere dichiarazioni
incomplete o errate -esponendosi in tal modo alle sanzioni previste dalla legge e/o ad
azioni risarcitorie esperite nei suoi confronti dalla parte acquirente- o che potrebbe
avere tutto l'interesse a far sì che le documentate regolarità e conformità di quanto
venduto determinino il potenziale acquirente a preferire quel dato edificio ad un altro,
12
ancorché quest'ultimo fosse offerto in vendita ad un prezzo inferiore e
apparentemente più conveniente) sia al fine di collaborare con il Comune (al quale
solo spetta, come detto, il compito di esercitare la vigilanza sull'attività urbanistico-
edilizia ma che non sempre riesce di fatto ad esperire efficacemente tale controllo)
sia, da ultimo, nell'interesse del Notaio stesso (venendo in tal modo esaltata la sua
duplice natura di pubblico ufficiale garante della legalità e di professionista esperto al
quale le parti possono rivolgersi per avere garanzie e certezza e venendo in tal modo
a manifestarsi, incontrovertibilmente, la sua naturale e fondamentale centralità e la
sua infungibilità nella contrattazione immobiliare).

Tenuto conto del fatto che:


- qualsiasi verifica tecnica sull'immobile dedotto in contratto e/o qualsiasi giudizio di
merito in ordine all'immobile realizzato (con riferimento al rispetto tanto delle norme
urbanistico-edilizie vigenti quanto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici
comunali e dello specifico titolo abilitativo) sicuramente esulano sia dalla funzione
sia dalle competenze del Notaio (basti pensare, tanto per fare un esempio, alla non
facile valutazione della sussistenza dei presupposti necessari perché possa ritenersi
operante la particolare forma di sanatoria edilizia ex lege -comunemente nota come
"tolleranza costruttiva"- prevista dall'art. 19-bis della L.R. 21 ottobre 2004 n. 23);
- il Notaio ha, invece, l'obbligo di fornire alle parti che a lui si rivolgono adeguate
consulenza e informazione e che a tal fine egli non può esimersi da un controllo
(ancorché, ovviamente, di natura documentale-formale e non di natura tecnico-
sostanziale) dei titoli abilitativi e dell'iter edilizio, controllo finalizzato appunto
all'adempimento di tale obbligo;
- la normativa urbanistico-edilizia è notevolmente complessa e in continua
evoluzione e la stessa individuazione della disciplina applicabile al caso concreto si
presenta spesso difficile, specie ove si consideri che, da un lato, (come noto) la
materia in oggetto rientra tra le "materie di legislazione concorrente" e che, dall'altro,
le leggi regionali riconoscono ai singoli Comuni la facoltà di dettare -con riferimento
ai titoli abilitativi- prescrizioni diverse e più restrittive rispetto a quelle previste dalle
stesse leggi regionali;
- la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che le prescrizioni dettate dagli
artt. 40 della L. 47/1985 e 46 del D.P.R. 380/2001 non si applicano ai contratti
preliminari ma le stesse concordemente ritengono che, qualora oggetto del contratto
preliminare sia un immobile incommerciabile (in quanto abusivo), le parti non
potranno avvalersi del rimedio di cui all'art. 2932 c.c. in quanto, avendo la sentenza
di cui al medesimo articolo funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto, essa non
13
può in alcun modo realizzare un effetto maggiore e diverso da quello che sarebbe
stato possibile alle parti o che, comunque, eluda le norme di legge che governano
l'autonomia negoziale delle parti stesse (si vedano sul punto -oltre alle ben note
sentenze della Cassazione, sezione II civile, n. 25050 del 30 novembre 2007 e n.
13225 del 22 maggio 2008- anche le più recenti sentenze della medesima sezione
della suprema Corte n. 23591 del 17 ottobre 2013 e n. 28194 del 17 dicembre 2013,
entrambe oggetto della Segnalazione Novità Giurisprudenziali, a firma del Notaio
Andrea Todeschini Premuda, pubblicata su CNN Notizie del 29 gennaio 2014, la
sentenza della Cassazione, sezione VI-2 civile, n. 8483 del 29 aprile 2016 e la
sentenza della Cassazione, sezione II civile, n. 9318 del 9 maggio 2016);
- lo stesso Consiglio Nazionale del Notariato (che già nella Circolare del 1° marzo
1987, innanzi citata, aveva evidenziato la necessità di distinguere tra "regime
dell'atto" e "regime del bene oggetto dell'atto"), nelle adunanze del 7 e del 25
febbraio 2010 (secondo i comunicati diffusi con i notiziari trasmessi a mezzo posta
elettronica) ha affermato di ravvisare la necessità di avviare una riflessione sul tema
della garanzie sostanziali offerte dall'atto notarile, anche al fine di pervenire alla
individuazione di prassi e strumenti idonei a garantire un'adeguata sostanziale tutela
degli acquirenti di immobili (all'uopo coinvolgendo opportunamente le istituzioni
territoriali e altri professionisti), arrivando a ipotizzare un intervento più incisivo del
Notaio (anche sulla scorta della più recente giurisprudenza) nonché l'introduzione di
opportuni sistemi idonei ad incrementare la certezza giuridica e preannunziando la
presentazione, a breve, di una bozza di articolato al riguardo (il medesimo CNN,
d'intesa con alcune associazioni di consumatori, ha pure predisposto e diffuso, nello
stesso anno, una Guida per il Cittadino dal titolo "Acquisto Certificato: agibilità,
sicurezza ed efficienza energetica degli immobili");
- occorre, altresì, attenersi alle prescrizioni introdotte dall'art. 19, comma 14, del D.L.
31 maggio 2010 n. 78 ("Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitività economica"), convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010 n.
122, il quale dispone: "All'art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, è aggiunto il
seguente comma: «1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi
aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di
diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia,
devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre
all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la
dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei
dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia
catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di
14
conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di
aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli
intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri
immobiliari.»";
appare di assoluta evidenza la utilità di un referto di conformità urbanistico-edilizia e
catastale redatto da un professionista di area tecnica -dopo l'effettuazione dei
necessari sopralluogo nell'immobile e verifiche presso gli uffici catastali e comunali-
e da consegnarsi al Notaio, unitamente alla restante ordinaria documentazione, già (se
possibile) in sede di contratto preliminare (con riferimento al quale non posso non
ricordare lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 19-2007/C dal titolo "La
redazione del preliminare - Profili operativi", a firma dell'amico e collega Notaio
Giovanni Rizzi, Studio che, per lucidità di analisi e ampiezza di trattazione,
costituisce, a mio avviso, uno dei lavori più completi mai pubblicati sull'argomento e
uno dei più importanti e pregevoli elaborati scientifici mai prodotti dal Consiglio
Nazionale del Notariato).
L'utilità di tale documento (atto a "fotografare" in modo chiaro e completo la
situazione urbanistico-edilizia e catastale dell'immobile dedotto in contratto) appare
ancor più evidente ove si consideri che, come recentemente affermato dalla Suprema
Corte (Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 25357 del 28 novembre 2014), la
responsabilità del venditore di un immobile affetto da irregolarità edilizia, ai sensi
dell'art. 1489 c.c., non può essere invocata dal compratore che fosse edotto della
difformità al momento dell'acquisto.
La prassi di richiedere il suddetto referto tecnico -in uso nel Distretto Notarile
di Parma già dal 1986 per gli immobili non di nuova costruzione e introdotta più di
recente anche per gli immobili di nuova costruzione- non lede affatto (come da taluno
impropriamente affermato) il ruolo o il prestigio o l'autorevolezza del Notaio: questi,
infatti, nell'avvalersi dell'ausilio del professionista tecnico, fa come il Giudice che,
come previsto dagli artt. 61, 1° comma, e 68, 1° comma, c.p.c., per il compimento di
singoli atti, si fa assistere da un consulente di particolare competenza tecnica ovvero
da altra persona idonea al compimento di atti che egli non è in grado di compiere da
solo.
A conferma di quanto appena affermato, ricordo che il 10 dicembre 2014 è
stato siglato, tra il Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato e il Presidente del
Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati, un protocollo d'intesa per
avviare una collaborazione tra le due categorie volta a rendere gli atti di trasferimento
immobiliare in linea con i più elevati standard di sicurezza anche sotto il profilo
urbanistico ed edilizio attraverso la diffusione di una perizia tecnica facoltativa
15
finalizzata all'accertamento della conformità urbanistico-edilizia e catastale
dell'immobile dedotto in contratto. Analogo protocollo d'intesa è stato siglato il 2
febbraio 2015 tra il Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato e il Presidente
del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Viste le particolari problematiche che si pongono con riferimento agli atti di
trasferimento di beni immobili (problematiche che saranno ampiamente esaminate nel
prosieguo della presente relazione), ritengo necessario che, nel redigere tale referto
tecnico, il professionista incaricato non si limiti alle indicazioni strettamente
necessarie per la validità dell'atto notarile quali richieste dalle norme innanzi
richiamate (e così alla indicazione dei titoli abilitativi edilizi in virtù dei quali
l'immobile dedotto in contratto è stato realizzato ovvero alla indicazione che le opere
di costruzione dello stesso sono state iniziate anteriormente al 1° settembre 1967) ma
che egli, in tale documento, provveda a:
- indicare qual è, in base alla previsione degli strumenti urbanistici comunali vigenti,
la destinazione urbanistica del lotto di terreno sul quale insiste l'edificio di cui fa
parte l'immobile dedotto in contratto,
- indicare tanto i titoli abilitativi edilizi in virtù dei quali l'edificio medesimo è stato
realizzato (PdC, DIA o SCIA ed eventuali varianti) quanto i successivi titoli
abilitativi e/o comunicazioni di inizio lavori richiesti e/o presentati al Comune e
relativi sia all'immobile dedotto in contratto che all'edificio di cui esso è parte (vale a
dire tutti gli ulteriori titoli abilitativi e/o comunicazioni di inizio lavori -anche in
sanatoria- in virtù dei quali l'edificio e l'immobile hanno acquisito le loro legittime
definitive e attuali configurazione e consistenza planovolumetrica),
- indicare (qualora si tratti di immobile facente parte di edificio i cui lavori di
costruzione sono stati iniziati in data anteriore al 1° settembre 1967) se, in base alla
normativa vigente all'epoca della costruzione, fosse o meno necessario munirsi di un
titolo abilitativo edilizio e, in caso di risposta positiva, se esso è stato reperito negli
archivi comunali ovvero i motivi per i quali esso non è stato reperito (ricordo che fu
l'art. 4 del R.D.L. 25 marzo 1935 n. 640 -pubblicato sulla G.U. n. 120 del 22 maggio
1935 e in vigore da tale data-, convertito dalla L. 23 dicembre 1935 n. 2471, a
prescrivere per la prima volta in tutti i Comuni l'obbligo di chiedere un'autorizzazione
preventiva da parte di chi volesse svolgere all'interno dei centri abitati un'attività
edificatoria -esecuzione di nuove costruzioni ovvero modifiche o ampliamenti di
quelle esistenti-; tale obbligo fu poi ribadito dall'art. 6 del successivo R.D.L. 22
novembre 1937 n. 2105 -in vigore dal 1° gennaio 1938-, convertito dalla L. 25 aprile
1938 n. 710. Quindi, l'art. 31 della L. 17 agosto 1942 n. 1150 stabilì l'obbligo di
chiedere apposita licenza edilizia per l'esecuzione di nuove costruzioni edilizie
16
ovvero per ampliare quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri
abitati e, ove esistesse il piano regolatore comunale, anche all'interno delle zone di
espansione. Infine, con l'art. 10 della L. 6 agosto 1967 n. 765, la c.d. "legge-ponte",
in vigore dal 1° settembre 1967, l'obbligo di chiedere apposita licenza edilizia per
l'esecuzione di nuove costruzioni, per l'ampliamento, la modifica o la demolizione di
quelle esistenti ovvero per procedere all'esecuzione di opere di urbanizzazione fu
esteso all'intero territorio comunale),
- indicare (per il caso in cui, in base alla normativa vigente all'epoca della
costruzione, fosse prescritto l'ottenimento dell'autorizzazione di abitabilità e/o di
agibilità dell'immobile dedotto in contratto) gli estremi di tale provvedimento ovvero,
per il caso in cui esso non fosse stato rilasciato, i motivi del mancato rilascio (ricordo
che la necessità di una preventiva autorizzazione del Sindaco per poter abitare le case
di nuova costruzione o in parte rifatte era già stabilita dall'art. 39 della L. 22 dicembre
1888 n. 5849 -poi trasfuso nell'art. 69 del R.D.L. 1° agosto 1907 n. 636-. La materia
fu poi integralmente regolata dagli artt. 220, 221 e 222 del R.D. 27 luglio 1934 n.
1265 -"Testo Unico delle leggi sanitarie"-),
- dichiarare (nel caso in cui la domanda per ottenere il rilascio del provvedimento che
autorizza l'abitabilità e/o l'agibilità dell'immobile dedotto in contratto non sia stata
seguita dalla emissione di tale provvedimento da parte del Comune) di aver verificato
che sussistono tutti i presupposti richiesti dalla normativa pro tempore vigente perché
possa ritenersi regolarmente formato o possa regolarmente formarsi -decorsi i termini
di legge- il "silenzio-assenso" ovvero indicare i motivi per i quali esso non possa
ritenersi ancora formato o, allo stato, non possa formarsi,
- dichiarare che l'immobile dedotto in contratto e le parti comuni dell'edificio di cui
esso è parte sono perfettamente regolari e conformi sia sotto l'aspetto urbanistico sia
sotto l'aspetto edilizio ovvero, in presenza di accertate difformità edilizie non
rientranti nella c.d. "tolleranza costruttiva", indicare quali sono le difformità
riscontrate, se esse sono o meno sanabili e, qualora si tratti di difformità sanabili,
quali sono le procedure necessarie per la sanatoria e a quanto ammontano (almeno
approssimativamente) i relativi costi,
- dichiarare, infine, che i dati catastali (e segnatamente i c.d. dati di classamento)
dell'immobile dedotto in contratto e la relativa planimetria depositata in catasto sono
conformi allo stato di fatto dell'immobile medesimo, sulla base delle disposizioni
vigenti in materia catastale.
In tale documento, il professionista incaricato potrebbe, altresì, precisare se
l'immobile oggetto del referto tecnico rientri o meno tra gli edifici per i quali trovano
applicazione le disposizioni in materia di certificazione energetica, ed in particolare
17
se per tale immobile sussista o meno l'obbligo di dotazione dell'Attestato di
Prestazione Energetica, indicandone, in caso di risposta positiva, i relativi estremi
(data di emissione e codice di identificazione univoca).
Infatti, buona parte del contenzioso nella materia in esame (quanto meno di quello in
sede civile) non ha ad oggetto questioni connesse ad abusi edilizi di tipo primario (e
cioè edifici realizzati in assenza di idoneo titolo abilitativo o in totale difformità dal
medesimo) bensì questioni connesse ad abusi di tipo urbanistico (ben più insidiosi,
come noto, di quelli di tipo edilizio), ad abusi edilizi minori (per i casi in cui essi non
siano sanabili ovvero -per i casi in cui essi siano sanabili- relativamente alla richiesta,
avanzata dalla parte acquirente nei confronti della parte venditrice, di rimborso delle
spese sostenute per l'occorrente pratica di sanatoria), alla mancanza del certificato di
abitabilità/agibilità o alla mancanza dei requisiti per l'abitabilità/agibilità
dell'immobile dedotto in contratto.
Si consideri, inoltre, che secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente:
- la repressione degli abusi edilizi è espressione di attività strettamente vincolata e
non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, potendo la misura repressiva
intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione
dell'abuso (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza n. 13 del 5 gennaio
2015);
- l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, avendo natura di sanzione
amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia
anche nei confronti dell'erede o dell'avente causa del condannato o di chiunque vanti
sull'immobile un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo
nel caso in cui siano emanati, dall'ente pubblico cui è affidato il governo del
territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (cfr.
Cassazione, sezione III penale, sentenza n. 42699 del 23 ottobre 2015);
- la diligenza che incombe sul venditore, essendo connessa all'assunzione dell'obbligo
di consegnare un immobile provvisto del requisito di abitabilità, ha per oggetto la
scrupolosa predisposizione o il controllo di tutti gli atti finalizzati all'ottenimento
della licenza di abitabilità, ivi compresi gli atti presupposti, necessari all'utile
esperimento dell'iter amministrativo, quali ad esempio l'esistenza di una formale
lottizzazione, che si pone a monte di tale iter (Cassazione, sezione II civile, sentenza
n. 20349 del 9 ottobre 2015);
- la consegna del certificato di abitabilità dell'immobile oggetto del contratto, ove
questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé
condizione di validità della compravendita (e quindi di ricevibilità dell'atto da parte
del Notaio), integra un'obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell'art. 1477
18
c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla
possibilità di adibire legittimamente la stessa all'uso contrattualmente previsto
(Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 20349 del 9 ottobre 2015);
- l'obbligo di consegnare il certificato di agibilità grava ex lege sul venditore, in base
all'art. 1477, comma 3 c.c.; a ciò consegue che il rifiuto del promittente acquirente di
stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità
o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia, pur se il mancato rilascio
dipende da inerzia del Comune -nei cui confronti peraltro è obbligato ad attivarsi il
promittente venditore- è giustificato, poiché il promittente acquirente ha interesse ad
ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-
sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all'acquisto, e cioè la fruibilità e la
commerciabilità del bene (cfr. da ultimo Cassazione, sezione II civile, sentenza n.
2438 dell'8 febbraio 2016).

**********

Ho già ricordato che l'urbanistica e l'edilizia -attenendo tanto al "governo del


territorio" quanto alla "tutela della salute"- rientrano tra quelle che l'art. 117, 3°
comma, della Costituzione definisce "materie di legislazione concorrente", vale a
dire materie nelle quali la potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, la quale è riservata alla legislazione dello
Stato. In tali materie, peraltro, giusta quanto disposto dal 6° comma del medesimo
articolo, spetta alle Regioni la potestà regolamentare (avendo invece i Comuni, le
Province e le Città metropolitane potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite).

La Regione Emilia-Romagna -con la L.R. 30 luglio 2013 n. 15


("Semplificazione della disciplina edilizia"), pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 222 del
30 luglio 2013, successivamente modificata dall'art. 52 della L.R. 20 dicembre 2013
n. 28 ("Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo 40 della legge
regionale 15 novembre 2011, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di
previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2014 e del
bilancio pluriennale 2014-2016"), pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 383 del 20
dicembre 2013 e in vigore dal 1° gennaio 2014- ha cercato di porre rimedio al
notevole caos (normativo e, conseguentemente, interpretativo e applicativo) derivante
dai numerosi interventi fatti negli ultimi anni dal legislatore statale nella materia in
esame. Mi riferisco in particolare:

19
- all'art. 5 ("Attività edilizia libera") del D.L. 25 marzo 2010 n. 40 ("Disposizioni
urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e
nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di
potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento
alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di
un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori.", noto anche
come "Decreto Incentivi"), convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010 n.
73, il quale aveva riscritto l'art. 6 ("Attività edilizia libera") del D.P.R. 380/2001;
- all'art. 49 ("Disposizioni in materia di conferenza di servizi") del D.L. 31 maggio
2010 n. 78 ("Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitività economica."), convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010 n.
122, il quale, tra l'altro, aveva riscritto -peraltro modificandone la rubrica- l'art. 19
della L. 7 agosto 1990 n. 241 ("Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.");
- all'art. 5 ("Costruzioni private") del D.L. 13 maggio 2011 n. 70 ("Semestre
Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia.", noto anche come "Decreto
Sviluppo"), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011 n. 106, -articolo la
cui tecnica redazionale (comune peraltro all'intero provvedimento normativo) è a mio
avviso fortemente criticabile (non fosse altro che per la sua difficile lettura)- il quale,
dopo una enunciazione non si comprende se di principi fondamentali o di linee-guida,
aveva disposto tra l'altro:
a) alcune modifiche al D.P.R. 380/2001, tra le quali le più rilevanti erano la
riscritturazione dell'art. 20 ("Procedimento per il rilascio del permesso di
costruire") -comma 2, lettera a), numero 3)- e l'introduzione di una sanatoria edilizia
ex lege per i casi di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che
non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali -comma 2,
lettera a), numero 5)-,
b) alcune modifiche all'art. 19 della L. 241/1990 -comma 2, lettera b), numero 2)-,
c) l'interpretazione autentica del richiamato art. 19 -comma 2, lettera c)- nonché
d) la riproposizione di un "Piano casa" o "Piano città", mediante la previsione di
misure dirette a incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e a
promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate -commi da 9 a
14 compresi-;
- al 1° comma dell'art. 6 ("Liberalizzazione in materia di segnalazione certificata di
inizio attività, denuncia e dichiarazione di inizio attività. Ulteriori semplificazioni")
del D.L. 13 agosto 2011 n. 138 ("Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione

20
finanziaria e per lo sviluppo."), convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre
2011 n. 148, il quale aveva modificato ulteriormente l'art. 19 della L. 241/1990;
- all'art. 2 ("Semplificazione delle procedure amministrative mediante SCIA") e al
comma 2-bis dell'art. 23 ("Autorizzazione unica in materia ambientale per le piccole
e medie imprese") del D.L. 9 febbraio 2012 n. 5 ("Disposizioni urgenti in materia di
semplificazione e di sviluppo."), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012
n. 35, i quali avevano rispettivamente modificato ulteriormente l'art. 19 della L.
241/1990 e ampliato le tipologie di interventi per i quali può farsi ricorso alla SCIA;
- agli artt. 13 ("Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l'esercizio
dell'attività edilizia") e 13-bis ("Modifiche all'articolo 6 del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380") del D.L. 22 giugno
2012 n. 83 ("Misure urgenti per la crescita del Paese."), convertito, con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012 n. 134, articoli che avevano apportato ulteriori
modifiche alla disciplina della SCIA, a quella del permesso di costruire e a quella dei
cosiddetti interventi edilizi liberalizzati nonché rilevanti modifiche alle disposizioni
in materia di Sportello Unico per l'Edilizia, e infine
- all'art. 30 ("Semplificazioni in materia edilizia") del D.L. 21 giugno 2013 n. 69
("Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia.", noto anche come "Decreto del
Fare"), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013 n. 98, articolo che, tra
l'altro, aveva apportato ulteriori modifiche al D.P.R. 380/2001 -variandone gli artt. 3,
6, 10, 20, 22, 24 e 25 e inserendovi due nuovi articoli, e segnatamente l'art. 2-bis
("Deroghe in materia di distanze tra fabbricati") e l'art. 23-bis ("Autorizzazioni
preliminari alla segnalazione certificata di inizio attività e alla comunicazione
dell'inizio dei lavori")-.
Tale caos (da me denunziato e criticato in diverse relazioni svolte in occasione di
precedenti convegni e da me definito come "patologica situazione derivante da
un'iperproduzione normativa metastatica") era stato ulteriormente aggravato dalle
diverse interpretazioni amministrative che si erano via via succedute sia a livello
statale sia a livello regionale e che, ancorché finalizzate a dirimere i dubbi applicativi,
avevano in realtà aumentato la situazione di profonde confusione e incertezza. Mi
riferisco in particolare:
- alla Circolare PG. 2010.0196035 del 2 agosto 2010, a firma dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Reti di Infrastrutture Materiali e
Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti della Regione Emilia-Romagna, avente
ad oggetto "Indicazioni applicative in merito all'art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001
relativo all'attività edilizia libera.";

21
- alla Circolare ANCI Toscana del 17 settembre 2010, avente ad oggetto "Prime
indicazioni sulle conseguenze della modifica dell'art. 19, legge 7 agosto 1990, n. 241,
disposta con legge 30 luglio 2010, n. 122, nell'ordinamento edilizio";
- alla Nota del 16 settembre 2010 a firma del Capo dell'Ufficio Legislativo del
Ministero per la Semplificazione Normativa, indirizzata all'Assessore al Territorio e
all'Urbanistica della Regione Lombardia in risposta alla richiesta di chiarimenti da
questi inviata il 30 agosto 2010 circa l'ambito di applicazione alla materia edilizia
delle nuove disposizioni (Nota inviata per conoscenza anche agli Uffici Legislativi
dei Ministeri dell'Economia e delle Finanze, per la Pubblica Amministrazione e
Innovazione e delle Infrastrutture e dei Trasporti);
- alla Circolare n. 4 del 13 dicembre 2010 del Settore Sportello Unico per l'Edilizia
del Comune di Milano;
- alla Comunicazione PG. 2010.0280997 del 12 novembre 2010, a firma
dell'Assessore alle Attività Produttive, Piano Energetico e Sviluppo Sostenibile,
Economia Verde, Autorizzazione Unica Integrata e dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Reti di Infrastrutture Materiali e
Immateriali della Regione Emilia-Romagna, avente ad oggetto "Comunicazioni in
merito alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività, di cui all'art. 49
del D.L. n. 78 del 2010 convertito con modifiche dalla L. n. 122 del 2010." e
- alla Deliberazione della Giunta Regionale dell'Emilia-Romagna n. 1281 del 12
settembre 2011, avente ad oggetto "Indicazioni applicative in merito alle disposizioni
di cui all'articolo 5 del Decreto Legge n. 70/2011, convertito con modificazioni dalla
Legge 106/2011, in materia di titoli abilitativi edilizi e di riqualificazione incentivata
delle aree urbane" (pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 147 del 28 settembre 2011).
Ricordo, inoltre, che per dirimere i dubbi sollevati da diverse Regioni (tra le quali la
Regione Emilia-Romagna) in ordine alla legittimità della SCIA in ambito edilizio era
dovuta intervenire la Corte Costituzionale la quale, con la nota sentenza n. 164 del 20
giugno 2012 (depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana il 4 luglio successivo), aveva dichiarato non
fondate le questioni di legittimità costituzionale:
1) dell'art. 49, commi 4-bis e 4-ter, del D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010 n. 122, promosse (tra le altre) dalla Regione
Emilia-Romagna in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 97, 114, secondo comma,
117, secondo comma, lettere e) e m), terzo e quarto comma, 118 e 121, secondo
comma, della Costituzione nonché sotto il profilo della violazione del principio della
leale collaborazione e

22
2) dell'art. 5, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c), del D.L. 13 maggio 2011
n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011 n. 106, promosse dalla
Regione Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 3, 9, 97, 114, 117 e 118 della
Costituzione.
Nella "Nota illustrativa sulla legge regionale n. 15 del 30 luglio 2013
"Semplificazione della disciplina edilizia"" (pubblicata dalla Regione Emilia-
Romagna sul proprio sito internet) si legge, infatti, quanto segue: "La legge regionale
n. 15 del 30 luglio 2013 "Semplificazione della disciplina edilizia" costituisce un
intervento organico, sostitutivo della legge regionale sull'attività edilizia n. 31 del
2002, che si è resa necessaria per due ordini di motivi. Innanzitutto, per dare
attuazione alle recenti disposizioni statali che sono intervenute nel campo delle
procedure edilizie, anche recentemente con il decreto cosiddetto "del fare",
ridefinendo la disciplina dell'attività edilizia libera e, soprattutto, estendendo anche
a questo settore lo strumento della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).
Occorre però evidenziare che il recepimento delle innovazioni statali non è
effettuato in modo meramente riproduttivo, in quanto la legge regionale è l'esito
anche di un ampio processo di monitoraggio e analisi della precedente disciplina
regionale. Essa rappresenta poi una delle principali azioni della complessiva attività
di semplificazione del sistema amministrativo in cui è impegnata la Giunta regionale
in attuazione della L.R. n. 18 del 2011, che ha individuato proprio l'edilizia come uno
dei principali settori che necessitano di più urgente riconsiderazione. La legge in
questione è stata dunque l'occasione per operare tale riordino della materia,
nell'ottica della sua semplificazione. L'aspetto di principale innovazione è costituito
dalla sostituzione della SCIA alla DIA, come titolo abilitativo della maggior parte
degli interventi edilizi (sostanzialmente di tutti quelli sul patrimonio edilizio esistente
e delle nuove costruzioni puntualmente disciplinate dalla pianificazione urbanistica).
Entrambi gli istituti consentono al privato di presentare all'amministrazione
comunale una comunicazione dell'avvio di un'attività edilizia, la quale può essere
iniziata senza attendere il rilascio di un atto avente natura autorizzativa; ma con la
SCIA tale meccanismo abilitativo consente l'avvio delle trasformazioni edilizie nel
momento stesso della presentazione della comunicazione, e dunque sin dal momento
di avvio del procedimento amministrativo di controllo. Ciò comporta una rilevante
modifica sia del modo di operare della P.A., che ora svolge la propria funzione di
controllo a lavori già iniziati, sia del ruolo e della responsabilità del committente e
dei professionisti, chiamati ad assumersi pienamente la responsabilità della
legittimità degli interventi, non solo per tutti i profili che attengono al campo edilizio
e urbanistico ma anche con riferimento a ogni disciplina di settore avente rilevanza
23
per l'attività edilizia. Muovendo da tale profonda innovazione, la legge procede ad
una riconsiderazione dei compiti di controllo esercitati dalle amministrazioni
comunali, sia sui progetti edilizi presentati che sulle opere realizzate. Perciò la
disciplina di dettaglio della SCIA di cui all'art. 19 della legge 241 del 1990 viene
adattata alle peculiarità del settore edilizio ma anche alle esigenze di certezza e
affidabilità delle posizioni giuridiche rappresentate dagli operatori del settore
edilizio. ..... L'introduzione del meccanismo della SCIA ha reso ancora più urgente
realizzare le precondizioni di fatto e normative che consentano il sistematico ricorso
alla asseverazione dei progettisti come modalità di accelerazione dei procedimenti.
Non potendo intervenire riducendo e semplificando le discipline legislative settoriali
e le normative tecniche che incidono sull'attività edilizia, la legge si pone l'obiettivo
di realizzare una maggiore uniformità applicativa della disciplina vigente e di
semplificare l'eccessiva eterogeneità degli strumenti regolamentari comunali,
innanzitutto attraverso un più ampio ricorso ad atti di coordinamento tecnico, da
predisporsi dalla Regione in stretto raccordo con gli enti locali e con i
rappresentanti degli operatori economici e professionali del settore. ..... Inoltre, la
legge impegna la Regione (art. 12) a svolgere una importante attività di
standardizzazione del processo edilizio, attraverso l'adozione di una modulistica
unificata da utilizzare in tutto il territorio regionale e l'individuazione degli elaborati
progettuali e della documentazione da produrre nelle diverse fasi del processo
edilizio. ..... La seconda parte della legge contiene modifiche ad alcune leggi
regionali strettamente connesse all'edilizia: la L.R. n. 23 del 2004 sulle sanzioni
edilizie, la L.R. 20 del 2000 in materia di pianificazione, la L.R. 34 del 2002 sugli
edifici ove hanno la sede le associazioni di promozione sociale, la legge 19 del 1982
in materia di sanità. Mentre le modifiche alla L.R. 3 del 1999 sulla valutazione di
impatto ambientale si sono rese urgenti per ottemperare ai principi della Corte
Costituzionale pronunciati sulla legge della Regione Marche. ..... Si segnala infine
che, durante l'esame in Assemblea legislativa, sono state recepite nel provvedimento
legislativo regionale alcune disposizioni statali, ancora in corso di conversione e
contenute nel decreto legge n. 69 del 2013 cosiddetto "del fare", relative
all'applicazione graduale della SCIA per eseguire interventi di ristrutturazione
edilizia con modifica della sagoma. ..... " -.
Come si evince dalla lettura della L.R. 15/2013, e come chiaramente
evidenziato nella "Nota illustrativa" innanzi citata, tale L.R. è (o meglio era, visto
quanto si dirà nel prosieguo) finalizzata al riordino della disciplina dell'attività
edilizia, in un'ottica di maggior semplificazione e in conformità ai principi
fondamentali enunciati e/o desumibili in via interpretativa dal D.P.R. 380/2001 e
24
dalle norme statali emanate più di recente nella materia in esame (come innanzi
ricordate), mediante:
- l'abrogazione pressoché integrale della L.R. 25 novembre 2002 n. 31 (cfr. art. 59, 1°
comma, della L.R. 15/2013),
- la previsione di una nuova disciplina dell'attività edilizia (cfr. artt. da 1 a 34
compresi della L.R. 15/2013), che sostituisce quella precedentemente in vigore e
come innanzi abrogata,
- la modifica degli artt. 2, 4, 8, 12, 13, 14, 15, 17, 18 e 21 e la sostituzione integrale
dell'art. 16 della L.R. 21 ottobre 2004 n. 23 nonché l'inserimento nella medesima L.R.
di tre nuovi articoli, gli artt. 14-bis, 16-bis e 17-bis (cfr. artt. da 35 a 48 compresi
della L.R. 15/2013) -tra le modifiche apportate merita specifica segnalazione la
soppressione (disposta dal comma 2 dell'art. 38 della L.R. 15/2013) del comma 6
dell'art. 12 della L. 23/2004 il quale (anche dopo l'abrogazione della omologa norma
statale) continuava a prescrivere (per i terreni siti nella Regione Emilia-Romagna di
superficie inferiore a 10.000 mq.) la trasmissione allo Sportello unico per l'edilizia
del Comune ove era sito l'immobile della copia dell'atto di trasferimento, entro 30
giorni dalla data di registrazione dell'atto medesimo-,
- la modifica degli artt. 16 e 19 della L.R. 24 marzo 2000 n. 20 nonché l'inserimento
nella medesima L.R. del nuovo art. 18-bis (cfr. artt. da 49 a 51 compresi della L.R.
15/2013) nonché
- la modifica dell'art. 16 della L.R. 9 dicembre 2002 n. 34 e la modifica degli artt. 4 e
4-ter della L.R. 18 maggio 1999 n. 9 (cfr. artt. da 52 a 54 compresi della L.R.
15/2013).
Giusta quanto disposto dall'art. 61 ("Entrata in vigore") della L.R. 15/2013, le
disposizioni contenute nella medesima L.R. sono entrate in vigore il 28 settembre
2013, fatta unicamente eccezione per le disposizioni contenute nell'art. 55 ("Misure
per favorire la ripresa economica"), le quali sono entrate in vigore il 31 luglio 2013.
Occorre, peraltro, considerare quanto stabilito dall'art. 57 ("Procedimenti in corso e
norme transitorie") della stessa L.R., il quale dispone quanto segue: "1. I
procedimenti relativi all'attività edilizia, in corso alla data di entrata in vigore della
presente legge, sono conclusi ed i relativi provvedimenti acquistano efficacia
secondo le disposizioni delle leggi regionali previgenti, fatta salva la facoltà per gli
interessati di riavviare il procedimento nell'osservanza della presente legge. Si
intendono in corso i procedimenti per i quali, alla data di entrata in vigore della
presente legge: a) sia stata presentata la domanda per il rilascio del permesso di
costruire; b) sia stata presentata al Comune la DIA o la SCIA; c) sia stata
presentata la domanda per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di
25
agibilità. 2. Le sanzioni previste dalla presente legge si applicano agli illeciti
commessi in data successiva alla sua entrata in vigore. 3. Fatti salvi i procedimenti
in corso, dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di avere
efficacia le deliberazioni con cui i Comuni hanno sottoposto a permesso di costruire
gli interventi di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e i
mutamenti d'uso senza opere, ai sensi del previgente articolo 8, comma 2, della legge
regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia). 4. In fase di
prima applicazione, l'articolo 12, comma 2, della presente legge si applica per le
definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e l'edilizia di cui all'Allegato A della
deliberazione dell'Assemblea legislativa 4 febbraio 2010, n. 279 (Approvazione
dell'atto di coordinamento sulle definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e
l'edilizia e sulla documentazione necessaria per i titoli abilitativi edilizi (art. 16,
comma 2, lettera c), L.R. 20/2000 - art. 6, comma 4, e art. 23, comma 3, L.R.
31/2002). Il termine per il recepimento, previsto dalla medesima disposizione,
decorre dalla data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale Telematico della Regione
Emilia-Romagna (BURERT) della presente legge. Decorso inutilmente tale termine,
per salvaguardare l'immutato dimensionamento dei piani vigenti, i Comuni
approvano, con deliberazione del Consiglio comunale, coefficienti e altri parametri
che assicurino l'equivalenza tra le definizioni e le modalità di calcolo utilizzate in
precedenza dal piano e quelle previste dall'atto di coordinamento tecnico
regionale."-.
Per meglio comprendere la portata delle disposizioni di cui ai citati artt. 61 e 57 della
L.R. 15/2013, può essere opportuno leggere la "Premessa: Entrata in vigore della
nuova disciplina degli interventi edilizi prevista dalla L.R. n. 15 del 2013" alla
"Tabella sinottica della disciplina degli interventi edilizi" (pubblicata dalla Regione
Emilia-Romagna sul proprio sito internet), premessa che, per comodità, riporto qui di
seguito integralmente: "La disciplina degli interventi edilizi, sintetizzata nella tabella
sinottica che segue, si applica agli interventi edilizi costituenti "attività edilizia
libera" (di cui all'art. 7 della L.R. n. 15 del 20013) e ai procedimenti abilitativi edilizi
(SCIA e permesso di costruire) che saranno avviati dal 28 settembre 2013 (art. 61
L.R. n. 15/2013). Inoltre, ai sensi dell'art. 57, comma 1, L.R. n. 15 del 2013, la stessa
disciplina non trova applicazione per i procedimenti relativi all'attività edilizia in
corso alla medesima data, con l'effetto che: a) le comunicazioni di inizio attività
(CIL) e le SCIA, già presentate alla medesima data, sono esaminate dagli sportelli
unici comunali secondo le modalità stabilite dalla relativa disciplina statale
(rispettivamente, art. 6 del DPR n. 380 del 2001 e art. 19 della L. n. 241 del 1990);
b) i permessi di costruire, le cui istanze siano già presentate alla medesima data,
26
sono rilasciati secondo quanto previsto dalla L.R. n. 31 del 2002; c) gli interventi
edilizi per i quali, prima della medesima data, siano stati avviati i lavori (relativi ad
attività edilizia libera, Scia e permessi di costruire) sono conclusi secondo la
disciplina statale e regionale previgente, ivi compreso il rilascio del certificato di
conformità edilizia e di agibilità, ove previsto. E' fatta salva la possibilità per gli
interessati di riavviare il procedimento abilitativo in corso, di cui alle precedenti
lettere a) e b), nell'osservanza della nuova legge (cioè ritirare la pratica e
ripresentarla dopo il 28 settembre 2013). Si intendono in corso l'attività edilizia e i
procedimenti per i quali, al 28 settembre 2013: - sia stata inviata alla
amministrazione comunale la comunicazione di inizio lavori di cui ai commi 2 e
seguenti dell'art. 6 del DPR n. 380 del 2001; - sia stata presentata la domanda per il
rilascio del permesso di costruire; - sia stata presentata al Comune la (super-)DIA o
la SCIA; - sia stata presentata la domanda per il rilascio del certificato di conformità
edilizia e di agibilità. Si ricorda poi che dalla medesima data del 28 settembre 2013
cessano di avere efficacia le deliberazioni dei Consigli comunali con le quali, ai
sensi dell'art. 8, comma 2, della L.R. n. 31 del 2002, gli interventi edilizi di
risanamento conservativo e restauro, di ristrutturazione e di mutamento di
destinazione d'uso senza opere siano stati assoggettati a permesso di costruire (art.
57, comma 3, L.R. n. 15 del 2013). Infine, si sottolinea che, ai sensi dell'art. 57
comma 2, della L.R. n. 15 del 2013, la disciplina sanzionatoria degli abusi edilizi,
prevista dalla medesima legge (e richiamata nella tabella che segue), ove risulti
difforme da quella previgente, si applica solo agli illeciti commessi dopo il 28
settembre 2013." -.
L'art. 60 ("Disapplicazione di norme statali") della L.R. 15/2013 dispone
quindi: "A seguito dell'entrata in vigore della presente legge non trova diretta
applicazione nel territorio regionale la disciplina di dettaglio prevista dalle
disposizioni legislative e regolamentari statali della Parte I, Titoli I, II e III, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001." (evidenziandosi la maggior
precisione di tale disposizione rispetto alla omologa disposizione contenuta nel
previgente art. 50 della L.R. 31/2002 che così stabiliva: "1. A seguito dell'entrata in
vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione nella Regione la
disciplina prevista dalle seguenti disposizioni legislative e regolamentari statali: a) i
Titoli I, II, III e l'art. 39 della Parte I e gli artt. 89 e 94, commi 1 e 2, della Parte II
del dPR 6 giugno 2001, n. 380; b) l'art. 1, commi 6, 7, 8, 9 e 10 della Legge 21
dicembre 2001, n. 443. 2. Fino alla data di entrata in vigore del dPR n. 380 del 2001
ogni riferimento a disposizioni del medesimo decreto, contenuto nella presente legge,
deve intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni riportate nella tabella
27
allegata allo stesso, recante "Tavola di corrispondenza dei riferimenti normativi del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia.") -.
Analoga disapplicazione della disciplina statale di dettaglio è stabilita anche dall'art.
40 ("Disapplicazione di norme statali") della L.R. 23/2004 che così dispone: "A
seguito dell'entrata in vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione
nella Regione la disciplina di dettaglio prevista: a) dal Titolo IV, Parte I, del decreto
del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ad eccezione dei commi 2 e 3
dell'articolo 29 e degli articoli 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50 e 51; b) dall'articolo 5 del
decreto legge n. 168 del 2004, convertito con modificazioni, dalla legge n. 191 del
2004." -.

Il legislatore statale è, però, nuovamente intervenuto nella materia in esame:


infatti, con l'art. 6-ter ("Disposizioni per l'infrastrutturazione degli edifici con
impianti di comunicazione elettronica") e soprattutto con gli artt. 17
("Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia") e 17-bis ("Regolamento unico
edilizio") del D.L. 12 settembre 2014 n. 133 ("Misure urgenti per l'apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la
semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attività produttive.", noto anche come "Decreto Sblocca Italia"), convertito, con
modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014 n. 164, sono state apportate rilevanti
modifiche al D.P.R. 380/2001. In particolare:
a) sono stati ampliati gli interventi di manutenzione ordinaria, liberamente eseguibili
senza necessità né di titolo abilitativo né di comunicazione di inizio lavori -a seguito
della modifica apportata all'art. 6, comma 1, lettera a)-,
b) è stata modificata e ampliata la definizione di "interventi di manutenzione
straordinaria" -a seguito delle modifiche apportate all'art. 3, comma 1, lettera b), e
all'art. 6, comma 2, lettera a)-,
c) è stata prevista una nuova tipologia di interventi edilizi, definiti "interventi di
conservazione" -a seguito dell'inserimento del nuovo articolo 3-bis-,
d) è stato ridefinito il tipo di modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie
coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa attuabili tramite CIL -a seguito
della modifica apportata all'art. 6, comma 2, lettera e-bis)-,
e) è stata modificata la disciplina della CIL -a seguito delle modifiche apportate ai
commi 4, 5, 6 e 7 del medesimo art. 6-,
f) è stata modificata la disciplina relativa agli interventi di ristrutturazione edilizia,
prevedendo che in taluni casi essi siano assoggettati a SCIA e non più a PdC o a DIA

28
alternativa al PdC (c.d. "SUPER-DIA") -a seguito della modifica apportata all'art. 10,
comma 1, lettera c)-,
g) è stata modificata la disciplina del permesso di costruire in deroga agli strumenti
urbanistici -a seguito delle modifiche apportate all'art. 14-,
h) sono state introdotte modifiche alla disciplina del PdC -a seguito delle modifiche
apportate agli artt. 15, 16, 17 e 20-,
i) è stata modificata la disciplina della SCIA -a seguito della sostituzione della rubrica
del Capo III del Titolo II della Parte I e delle modifiche apportate all'art. 22-,
l) è stata modificata la disciplina dei mutamenti di destinazione d'uso -a seguito
dell'inserimento del nuovo art. 23-ter-,
m) è stata modificata la disciplina del certificato di agibilità -a seguito delle
modifiche apportate agli artt. 24 e 25-,
n) è stata inserita una nuova disciplina per il permesso di costruire convenzionato,
utilizzabile -in alternativa ai tradizionali Piani Urbanistici Attuativi- qualora le
esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata -
a seguito dell'introduzione del nuovo art. 28-bis-,
o) è stata modificata la disciplina delle sanzioni per i casi di interventi edilizi eseguiti
in assenza di PdC o in totale difformità o con variazioni essenziali -a seguito delle
modifiche apportate all'art. 31)- e
p) è stato previsto che il Governo, le Regioni e le autonomie locali concludano, in
sede di Conferenza unificata, accordi o intese finalizzati all'adozione di uno schema
di regolamento edilizio-tipo al quale i singoli Comuni, nel predisporre i propri
regolamenti edilizi, dovranno obbligatoriamente uniformarsi.
Inoltre, con il medesimo art. 17, è stato inserito nell'art. 28 della L. 17 agosto 1942 n.
1150, il nuovo comma 7 che stabilisce che l'attuazione degli interventi previsti nelle
convenzioni di lottizzazione ovvero negli accordi similari comunque denominati dalla
legislazione regionale può avvenire anche per stralci funzionali e per fasi e tempi
distinti; in tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati
gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le relative
garanzie purché l'attuazione parziale sia coerente con l'intera area oggetto di
intervento.
Sempre con riferimento alla normativa statale ricordo che i reati previsti dal
D.P.R. 380/2001 puniti con la sola pena pecuniaria sono stati esclusi -per espressa
previsione contenuta nell'art. 2 della L. 28 aprile 2014 n. 67- dalla depenalizzazione
disposta dal D.Lgs. 15 gennaio 2016 n. 8.

29
Il richiamato nuovo intervento del legislatore statale nella materia in esame ha
reso necessaria una complessa attività di coordinamento della disciplina contenuta
nella L.R. 15/2013 e nella L.R. 23/2004 con le disposizioni statali di recente
emanazione.
Tale attività di coordinamento è stata effettuata dalla Regione Emilia-Romagna:
- in parte con alcune circolari. Mi riferisco, in particolare:
* alla Circolare PG. 2014.0442803 del 21 novembre 2014, a firma dell'Assessore alla
Programmazione Territoriale, Urbanistica, Riqualificazione Urbana, Reti di
Infrastrutture Materiali e Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti, avente ad
oggetto "Indicazioni applicative conseguenti all'entrata in vigore del decreto legge n.
133 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014", nella quale
si precisa quanto segue: "Le modifiche al T.U. edilizia, in particolare, sono state
assunte dal legislatore statale con il dichiarato obiettivo di semplificare le procedure
edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, ma anche di favorire
il recupero del patrimonio edilizio esistente e la riduzione del consumo dei suoli, per
assicurare processi di sviluppo sostenibile. Tali disposizioni non solo comportano
significative innovazioni alla disciplina edilizia e urbanistica statale ma si ritiene che
incidano direttamente sull'ordinamento regionale in materia. Numerose norme
regionali infatti si debbono considerare superate e sostituite ovvero integrate da
quanto disposto dal DL convertito, che contiene disposizioni legislative di dettaglio
che innovano i principi fondamentali della materia edilizia e che, in quanto tali,
prevalgono direttamente sulla normativa regionale antecedente e sono
immediatamente operative. Allo scopo di promuovere una applicazione uniforme di
tali innovazioni normative, secondo gli obiettivi di semplificazione della disciplina
edilizia, perseguiti dalla L.R. n. 15 del 2013, la circolare allegata intende fornire agli
operatori pubblici e privati del settore edilizio prime indicazioni interpretative del
testo statale e una ricostruzione degli effetti che la sua entrata in vigore comporta
sull'ordinamento regionale. In particolare, la circolare allegata contiene una
sintetica illustrazione dei contenuti delle disposizioni del DL convertito in materia
edilizia e, evidenziata in azzurro, una prima ricostruzione dei principali effetti sulle
leggi regionali n. 15 del 2013 e n. 23 del 2004 (di seguito denominate,
rispettivamente, "L.R. n. 15"e "L.R. n. 23"). Inoltre, al solo scopo di facilitare
l'attività interpretativa, è stato predisposto, nella seconda parte della presente
circolare, un elaborato che evidenzia la disciplina edilizia vigente nella nostra
regione. A tale scopo è stato riprodotto il testo delle disposizioni della L.R. 15 e della
L.R. 23 interessate da dette innovazioni statali, con evidenziate le previsioni da
considerare superate a seguito dell'entrata in vigore del DL convertito e le
30
disposizione di quest'ultimo che trovano diretta e immediata applicazione, ad
integrazione o in sostituzione, del testo regionale.",
* alla Circolare PG. 2014.0495744 del 17 dicembre 2014, sempre a firma
dell'Assessore alla Programmazione Territoriale, Urbanistica, Riqualificazione
Urbana, Reti di Infrastrutture Materiali e Immateriali, Mobilità, Logistica e Trasporti,
avente ad oggetto "Precisazioni in merito alla circolare del 21/11/2014 recante
"Indicazioni applicative conseguenti all'entrata in vigore del decreto legge n. 133 del
2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014"", nella quale si
evidenzia che: "le disposizioni legislative di dettaglio contenute nel DL convertito .....
prevalgono direttamente, non soltanto sulla disciplina legislativa regionale
antecedente, ma anche sulle previsioni degli strumenti urbanistici comunali con esse
incompatibili. In tal modo, per fare un esempio, il nuovo art. 3, comma 1, lettera b,
secondo periodo, del DPR n. 380 del 2001 (secondo cui le opere di manutenzione
straordinaria e le opere interne alla costruzione possono comportare anche il
frazionamento ed accorpamento delle unità immobiliari, con variazione delle
superfici delle singole unità immobiliari e del carico urbanistico, purché non sia
modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria
destinazione d'uso), venendo a modificare la definizione degli interventi di
manutenzione straordinaria, prevale e si sostituisce automaticamente, non solo alla
definizione di cui all'Allegato alla L.R. n. 15 del 2013, lettera b, ma anche alle
differenti definizioni degli interventi di manutenzione straordinaria contenute nei
piani urbanistici e alle eventuali disposizioni dei medesimi piani che stabilissero una
differente disciplina circa la qualificazione degli interventi di frazionamento o
accorpamento, il titolo abilitativo richiesto, la loro onerosità, ecc. Di conseguenza,
sempre per rimanere nell'esempio fin qui descritto, l'asseverazione del tecnico
abilitato circa la conformità dell'intervento "agli strumenti urbanistici approvati e ai
regolamenti edilizi vigenti", richiesta dall'art. 6, comma 4, del DPR n. 380 del 2001
per la presentazione della CIL asseverata, deve considerarsi riferita agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi, così come implicitamente modificati dalle norme
introdotte dal DL convertito, secondo quanto sottolineato in precedenza." e
* alla Circolare PG. 2015.0151451 dell'11 marzo 2015, a firma dell'Assessore ai
Trasporti, Reti Infrastrutture Materiali e Immateriali, Programmazione Territoriale e
Agenda Digitale e dell'Assessore al Turismo e al Commercio, avente ad oggetto
"Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, a seguito dell'introduzione dell'art. 23-
ter del testo unico dell'edilizia, con particolare riguardo alle attività commerciali.";
- in parte con un successivo intervento del legislatore regionale il quale, con la L.R.
16 luglio 2015 n. 9 ("Legge Comunitaria Regionale per il 2015"), ha provveduto a
31
inserire nell'art. 7 ("Attività edilizia libera e interventi soggetti a comunicazione")
della L.R. 15/2013 il nuovo comma 2-bis in materia di installazioni fotovoltaiche, a
riscrivere l'art. 28 ("Mutamento della destinazione d'uso") della medesima L.R. e a
modificare, correlativamente, il successivo art. 30 ("Oneri di urbanizzazione").
Con la Circolare PG. 2015.0550910 del 31 luglio 2015, a firma dell'Assessore ai
Trasporti, Reti Infrastrutture Materiali e Immateriali, Programmazione Territoriale e
Agenda Digitale, avente ad oggetto "Circolare illustrativa della nuova disciplina
regionale del mutamento di destinazione d'uso e dell'obbligo di comunicazione al
GSE della realizzazione degli impianti solari fotovoltaici a servizio degli edifici.
Articoli 33, 34 e 35 della Legge regionale n. 9 del 2015 (Legge Comunitaria
Regionale per il 2015).", è stata fornita una prima illustrazione delle disposizioni
contenute nella predetta L.R. 9/2015.

Ricordo, infine, che (sempre, ovviamente, ad opera del legislatore statale) sono
in arrivo ulteriori rilevanti modifiche al D.P.R. 380/2001: mi riferisco alle bozze,
diffuse in questi giorni, di un nuovo decreto legge, definito "Decreto Competitività",
approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 giugno u.s. -nel quale sono previsti, tra
l'altro, l'ampliamento degli interventi edilizi attuabili previa presentazione di una CIL
e di quelli attuabili previa presentazione di una SCIA nonché la eliminazione del
certificato di agibilità, che verrebbe sostituito da una segnalazione certificata di
agibilità- e di un nuovo decreto legislativo, definito "Decreto SCIA 2", approvato dal
Consiglio dei Ministri nella medesima seduta in attuazione della delega contenuta
nella L. 7 agosto 2015 n. 124 ("Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche.") -nel quale sono previste ulteriori modifiche alla
disciplina della SCIA-.

**********

L'urbanistica può essere definita come la programmazione costruttiva


dell'intero territorio ed attiene più propriamente a tutta la normativa pianificatoria che
lo concerne; l'edilizia, invece, esprime la disciplina che regola la concreta
utilizzazione costruttiva del suolo ed attiene specificamente ai meccanismi abilitativi
necessari perché una costruzione sia ritenuta legittima.

Nella Regione Emilia-Romagna (tenuto conto della disapplicazione -come


sopra evidenziata- della disciplina statale di dettaglio e fermi restando, ovviamente, i
principi fondamentali enunciati e/o desumibili in via interpretativa dal D.P.R.
380/2001 e dalle norme statali emanate più di recente nella materia in esame -come
innanzi ricordate-):
32
- la materia urbanistica è regolata principalmente dalla L.R. 24 marzo 2000 n.
20 "Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio" (nel testo vigente a seguito
delle modifiche apportate dalle LL.RR. 16 novembre 2000 n. 34, 21 dicembre 2001
n. 47, 25 novembre 2002 n. 31, 19 dicembre 2002 n. 37, 3 giugno 2003 n. 10, 17
dicembre 2003 n. 26, 23 dicembre 2004 n. 27, 27 luglio 2005 n. 14, 6 luglio 2009 n.
6, 30 novembre 2009 n. 23 e 23 dicembre 2010 n. 14, dalla già ricordata L.R. 30
luglio 2013 n. 15 nonché dalla L.R. 18 luglio 2014 n. 17) mentre
- la materia edilizia è regolata principalmente dalla L.R. 30 luglio 2013 n. 15
"Semplificazione della disciplina edilizia" (nel testo vigente a seguito delle modifiche
apportate dalla L.R. 20 dicembre 2013 n. 28 e dalla L.R. 16 luglio 2015 n. 9) e dalla
L.R. 21 ottobre 2004 n. 23 "Vigilanza e controllo dell'attività edilizia ed applicazione
della normativa statale di cui all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269,
convertito con modifiche dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326" (nel testo vigente a
seguito delle modifiche apportate dalle LL.RR. 23 dicembre 2004 n. 27, 27 luglio
2005 n. 14, 29 dicembre 2006 n. 20 e 6 luglio 2009 n. 6 nonché dalla già ricordata
L.R. 30 luglio 2013 n. 15) nonché, per alcuni particolari aspetti, dalla Deliberazione
dell'Assemblea Legislativa Regionale 4 marzo 2008 n. 156 (in particolare dal punto 4
e dall'Allegato 5, che disciplinano l'Attestato di Qualificazione Energetica -ricordo
che con la Deliberazione della Giunta Regionale 26 settembre 2011 n. 1366 è stata
sostituita integralmente, a partire dal 6 ottobre 2011, la "Parte Seconda - Allegati"
della D.A.L. 156/2008, che con la successiva Deliberazione della Giunta Regionale
24 giugno 2013 n. 832 sono stati modificati gli Allegati 1 ("Definizioni e termini") e
15 ("Requisiti e specifiche degli impianti") della medesima D.A.L. 156/2008, che con
la successiva Deliberazione della Giunta Regionale 13 ottobre 2014 n. 1577 è stato
ulteriormente modificato l'Allegato 1 ("Definizioni e termini") della medesima
D.A.L. 156/2008 e che, infine, con la Deliberazione della Giunta Regionale del 13
ottobre 2014 n. 1577 -come rettificata con successiva Deliberazione della medesima
Giunta Regionale del 27 febbraio 2015 n. 181- sono stati nuovamente modificati gli
Allegati 1, 2 e 3 della D.A.L. 156/2008-) e dalla Deliberazione della Giunta
Regionale 20 luglio 2015 n. 967 (con la quale è stato approvato l'atto di
coordinamento tecnico regionale per la definizione dei requisiti minimi di prestazione
energetica degli edifici, Atto che -unitamente al relativo Allegato 5- contiene la
nuova disciplina in materia di Attestato di Qualificazione Energetica in vigore dal 1°
ottobre 2015), dal Titolo III ("Norme per la qualificazione del patrimonio edilizio
abitativo") della L.R. 6 luglio 2009 n. 6 -c.d. "Piano casa regionale"- (contenente
disposizioni che prevedevano misure straordinarie, operanti fino al 31 dicembre
2010, finalizzate al rilancio dell'attività economica mediante la promozione di
33
interventi edilizi volti a migliorare la qualità architettonica, la sicurezza e l'efficienza
energetica del patrimonio edilizio abitativo), dalla Deliberazione dell'Assemblea
Legislativa Regionale 4 febbraio 2010 n. 279 (con la quale è stato approvato l'atto di
coordinamento sulle definizioni tecniche uniformi per l'urbanistica e l'edilizia e sulla
documentazione necessaria per i titoli abilitativi edilizi), dalle Deliberazioni della
Giunta Regionale nn. 75 e 76 del 27 gennaio 2014 (con le quali sono stati approvati
rispettivamente l'atto di coordinamento tecnico per la definizione delle tipologie di
intervento edilizio comportanti frazionamento di unità immobiliari esonerate dal
contributo di costruzione e per l'individuazione dei casi di frazionamento dei
fabbricati produttivi in deroga ai limiti fissati dagli strumenti urbanistici e l'atto di
coordinamento tecnico sui criteri di definizione dei campioni di pratiche edilizie
soggette a controllo e sulle modalità di svolgimento dell'ispezione delle opere
realizzate) e dalla Deliberazione della Giunta Regionale 7 settembre 2015 n. 1275
(con la quale sono state approvate le nuove disposizioni regionali in materia di
attestazione della prestazione energetica degli edifici, disposizioni contenute
nell'Allegato A alla medesima D.G.R. -e nei relativi allegati- e in vigore dal 1°
ottobre 2015).
Sempre con riferimento alla materia edilizia, ricordo anche la L.R. 26
novembre 2010 n. 11 ("Disposizioni per la promozione della legalità e della
semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e
privata"). L'art. 12 di tale legge ("Efficacia del permesso di costruire") dispone: "1.
L'efficacia del permesso di costruire di cui agli articoli 12 e seguenti della legge
regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia) è sospesa ed i
lavori non possono essere avviati fin tanto che il committente o il responsabile dei
lavori non abbia trasmesso all'ente competente una dichiarazione attestante
l'avvenuta verifica della documentazione di cui all'articolo 90, comma 9, lettere a) e
b), del decreto legislativo n. 81 del 2008. 2. Ai fini di cui al comma 1 la Giunta
regionale può stabilire ulteriori verifiche delle condizioni di idoneità tecnico
professionale, rilevanti ai fini della sicurezza nei cantieri in cui operano le imprese
esecutrici dei lavori. Tali verifiche sono individuate, in conformità con le disposizioni
vigenti in materia, secondo criteri di congruità, proporzionalità ed adeguatezza,
anche in relazione alla dimensione dei cantieri ovvero alla particolare pericolosità di
lavori così come definiti ai sensi della legge regionale n. 2 del 2009. 3. L'efficacia
del permesso di costruire è altresì sospesa, con i medesimi effetti di cui al comma 1,
fin tanto che il committente o il responsabile dei lavori non abbia trasmesso all'ente
competente la documentazione attestante l'insussistenza delle condizioni di cui
all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le
34
organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere), nei confronti delle imprese
affidatarie ed esecutrici dei lavori oggetto del suddetto permesso di costruire.
L'entrata in vigore di tale disposizione è subordinata alla sottoscrizione da parte
della Regione di un accordo con le amministrazioni statali e le amministrazioni
pubbliche competenti, in merito alle modalità di richiesta e di rilascio della
documentazione di cui al presente comma, secondo criteri di adeguatezza e
semplificazione, e alla pubblicazione del suddetto accordo nel Bollettino Ufficiale
Telematico della Regione Emilia-Romagna (BURERT). 4. Il comma 1 si applica agli
interventi edilizi per i quali la domanda per il rilascio del permesso di costruire sia
presentata dopo l'entrata in vigore della presente legge. La disposizione di cui al
comma 3 si applica agli interventi edilizi per i quali la domanda sia presentata
decorsi i trenta giorni dalla data di pubblicazione nel BURERT dell'accordo, di cui
al medesimo comma 3." -. In argomento, segnalo che sul B.U.R.E.R.T. n. 59 del 6
aprile 2012 sono stati pubblicati: la D.G.R. n. 1529 del 24 ottobre 2011 (recante
l'approvazione dello schema del protocollo d'intesa tra la Regione Emilia-Romagna e
le Prefetture regionali per l'attuazione della legge regionale in parola), la relativa
Circolare esplicativa prot. PG/2012/0079948 del 28 marzo 2012 e il protocollo
d'intesa tra le suindicate Regione e Prefetture debitamente sottoscritto a Rimini in
data 5 marzo 2012.
Interessano, invece, entrambe le materie in parola:
- la L.R. 21 dicembre 2012 n. 16 ("Norme per la ricostruzione nei territori interessati
dal sisma del 20 e 29 maggio 2012"), da ultimo modificata dalla già ricordata L.R. 18
luglio 2014 n. 17, il cui art. 1 ("Ambito di applicazione") recita: "1. Le disposizioni
previste nella presente legge sono volte a disciplinare gli interventi per la
ricostruzione nei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Reggio Emilia
i cui territori sono stati interessati dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012,
così come individuati dall'articolo 1, comma 1, del decreto legge 6 giugno 2012 n. 74
(Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno
interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova,
Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012), convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° agosto 2012, n. 122. La presente legge trova altresì applicazione nei
comuni limitrofi, limitatamente agli edifici danneggiati, qualora il nesso causale tra i
danni subiti e gli eventi sismici venga accertato dal Comitato tecnico previsto
dall'articolo 3, comma 3, del Protocollo d'Intesa firmato dal Ministro dell'economia
e delle finanze e dai Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto,
in data 4 ottobre 2012. 2. Sono disciplinati altresì dalla presente legge, gli interventi
e le opere infrastrutturali, ancorché localizzati, in tutto o in parte, al di fuori del
35
territorio dei comuni indicati al comma 1, qualora siano diretti alla realizzazione o
all’adeguamento di reti infrastrutturali e di servizi di cui usufruiscono direttamente
le popolazioni dei medesimi comuni. 3. Le disposizioni della presente legge trovano
diretta e immediata applicazione negli ambiti territoriali indicati dai commi 1 e 2,
prevalendo su ogni previsione con esse incompatibile contenuta negli strumenti di
pianificazione territoriale e urbanistica, vigenti o adottati." e
- la L.R. 4 luglio 2013 n. 5 ("Norme per il contrasto, la prevenzione, la riduzione del
rischio della dipendenza dal gioco d'azzardo patologico, nonché delle problematiche e
delle patologie correlate"), successivamente modificata con la già ricordata L.R. 18
luglio 2014 n. 17, con la L.R. 30 aprile 2015 n. 2 e, da ultimo, con la L.R. 29
dicembre 2015 n. 22, il cui art. 6 ("Apertura ed esercizio dell'attività") recita: "1.
L'esercizio delle sale da gioco e l'installazione di apparecchi da gioco di cui
all'articolo 110 del regio decreto n. 773 del 18 giugno 1931 (Approvazione del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza) sono soggetti al regime autorizzatorio
previsto dalla normativa vigente. 2. Al fine di perseguire le finalità di cui all'articolo
1 della presente legge e gli obiettivi di cui all'articolo 2 della legge regionale 24
marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio), i Comuni
possono dettare, nel rispetto delle pianificazioni di cui all'articolo 7, comma 10, del
decreto legge n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, previsioni
urbanistico-territoriali in ordine alla localizzazione delle sale da gioco. 3. Salvo
quanto previsto dalla normativa nazionale, per i medesimi obiettivi e finalità di cui al
comma 2, i Comuni possono disciplinare, nell'ambito dei propri strumenti di
pianificazione di cui alla legge regionale n. 20 del 2000, gli elementi architettonici,
strutturali e dimensionali delle sale da gioco e delle relative pertinenze. 3 bis. La
nuova costruzione e gli interventi edilizi di recupero delle sale da gioco, nonché il
mutamento di destinazione d'uso, con o senza opere, da qualunque funzione a quella
di sala da gioco, sono subordinati al rilascio del permesso di costruire, secondo
quanto disposto dall'articolo 18 della legge regionale 30 luglio 2013, n. 15
(Semplificazione della disciplina edilizia). I termini istruttori di cui all'articolo 18,
comma 4 della legge regionale n. 15 del 2013 sono raddoppiati. 3 ter. Le disposizioni
di cui al comma 3 bis trovano altresì applicazione per i locali pubblici, aperti al
pubblico e i circoli privati nonché per le attività commerciali e i pubblici esercizi,
comunque denominati, che siano destinati alla raccolta di scommesse o che offrano
servizi telematici di trasmissione dati anche al di fuori dai confini nazionali,
finalizzati al gioco d'azzardo e alle scommesse. 3 quater. Ai fini del rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità, i locali indicati nei commi 3 bis e 3 ter
sono sottoposti a controllo sistematico, ai sensi dell'articolo 23, comma 6, della legge
36
regionale n. 15 del 2013. Per i medesimi locali non trova applicazione quanto
previsto dall'articolo 23, comma 5 e comma 7 della legge regionale n. 15 del 2013. 3
quinquies. Gli interventi e le opere di cui ai commi 3 bis e 3 ter, eseguiti in assenza di
titolo abilitativo o in totale o in parziale difformità da esso, sono rimossi ovvero
demoliti e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici
ed edilizi entro il congruo termine, comunque non superiore a sessanta giorni,
stabilito dallo Sportello unico per l'edilizia con propria ordinanza, decorso il quale
l'ordinanza stessa è eseguita a cura del Comune e a spese dei responsabili
dell'abuso. Per i medesimi interventi non trova applicazione quanto previsto
dall'articolo 14, commi 2 e 4, dall'articolo 15, commi 2 e 3, dall'articolo 16 e
dall'articolo 16 bis, comma 4 della legge regionale 21 ottobre 2004, n. 23 (Vigilanza
e controllo dell'attività edilizia ed applicazione della normativa statale di cui
all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326). ....." -.
Meritano, inoltre, di essere ricordate anche le D.G.R. nn. 993 e 994 del 7 luglio
2014, entrambe pubblicate sul B.U.R.E.R.T. n. 210 del 14 luglio 2014.
Con la D.G.R. n. 993/2014, la Giunta Regionale, nell'osservanza di quanto disposto
dall'art. 12 della L.R. 30 luglio 2013 n. 15 e in attuazione dell'"Accordo tra il
Governo, le Regioni e gli Enti locali, concernente l'adozione di moduli unificati e
semplificati per la presentazione dell'istanza del permesso di costruire e della
segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) edilizia." adottato il 12 giugno 2014
e pubblicato sul S.O. n. 56 alla G.U. n. 161 del 14 luglio 2014, al fine di semplificare
e uniformare i modelli di atti edilizi in uso presso i Comuni e le Unioni di Comuni
della Regione e i conseguenti procedimenti edilizi, ha approvato l'"Atto di
coordinamento tecnico regionale per la definizione della modulistica edilizia unificata
(art. 12, comma 4, lettere a) e b), e comma 5, LR 15/2013)", il quale comprende in
particolare i modelli uniformi delle seguenti tipologie di atti edilizi (modelli
comprensivi delle indicazioni relative alla documentazione da allegare):
1. Richiesta di permesso di costruire, ai sensi degli artt. 17, 18, 19, 20, della L.R.
15/2013, dell'art. 17 della L.R. 23/2004 e dell'art. 7 del D.P.R. 160/2010;
2. Relazione tecnica di asseverazione della richiesta di permesso di costruire, ai sensi
dell'art. 18, comma 1, della L.R. 15/2013;
3. Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi degli artt. 13, 14, 15, 16 e
22 della L.R. 15/2013, degli artt. 17 e 17-bis della L.R. 23/2004 e dell'art. 5 del
D.P.R. 160/2010;
4. Relazione tecnica di asseverazione della SCIA, ai sensi dell'art. 14, comma 1, della
L.R. 15/2013;
37
5. Richiesta di certificato di conformità edilizia e di agibilità, ai sensi dell'art. 23 della
L.R. 15/2013;
6. Relazione tecnica di asseverazione della richiesta di CCEA, ai sensi dell'art. 23,
comma 2, lettera b), della L.R. 15/2013;
7. Comunicazione di inizio lavori (CIL), per gli interventi di attività edilizia libera di
cui all'art. 7, comma 4, della L.R. 15/2013;
8. Comunicazione di fine lavori per opere soggette a CIL, a norma dell'art. 7, comma
6, della L.R. 15/2013;
9. Comunicazione opere temporanee o stagionali, a norma dell'art. 7, comma 1,
lettera f), e comma 2, della L.R. 15/2013;
10. Comunicazione di accatastamento da rurale a urbano, a norma dell'art. 7, comma
1, lettera o), e comma 3, della L.R. 15/2013.
Tenuto conto del fatto che le indicazioni contenute nei citati modelli uniformi
risultano ad ogni effetto sostitutive delle omologhe indicazioni contenute
nell'Allegato B, Sezioni 1 e 2, dell'atto di coordinamento tecnico sulle definizioni
tecniche uniformi per l'urbanistica e l'edilizia e sulla documentazione necessaria per i
titoli abilitativi edilizi approvato con la citata D.A.L. n. 279 del 4 febbraio 2010, il
nuovo atto di coordinamento dispone che le suddette precedenti indicazioni cessano
di avere efficacia dal 14 luglio 2014.
Giusta quanto disposto dagli artt. 1 e 2 della Parte Prima dell'atto di coordinamento
tecnico in commento, entro 180 giorni dall'approvazione di tale atto gli Sportelli
Unici per l’Edilizia (SUE) e gli Sportelli Unici per le Attività Produttive (SUAP)
operanti nell’ambito dei Comuni e delle relative forme associative della Regione
Emilia-Romagna sono tenuti a utilizzare la nuova "Modulistica edilizia unificata"
contenuta nella Parte Seconda dell'atto medesimo, provvedendo a uniformare le
procedure edilizie alle indicazioni operative desumibili da tale nuova modulistica per
quanto attiene alle informazioni, alla documentazione progettuale, alle autorizzazioni,
pareri e atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della legittimità dei
relativi atti.
Decorso il predetto termine, in assenza di un atto espresso di recepimento comunale,
la nuova modulistica edilizia unificata trova comunque diretta applicazione a pena di
illegittimità degli atti assunti in difformità dalla stessa, ai sensi dell'art. 12, comma 2,
della L.R. 15/2013 e dell'art. 16, comma 3-bis, della L.R. 20/2000.
I procedimenti edilizi avviati prima della scadenza del predetto termine sono conclusi
con le modalità precedentemente utilizzate dallo Sportello Unico, in conformità a
quanto previsto dalla L.R. 15/2013.

38
Con successiva Determinazione n. 16913 del 17 novembre 2014 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto ad un primo
aggiornamento dei predetti modelli unificati sia per adeguare gli stessi alle nuove
disposizioni contenute nell'art. 17 del richiamato "Decreto Sblocca Italia" sia per
correggere le imprecisioni e gli errori materiali rilevati nel testo dei modelli
medesimi. La Giunta Regionale, con la Deliberazione n. 121 del 16 febbraio 2015,
ha chiarito che i modelli edilizi unificati regionali approvati con la D.G.R. n.
993/2014 e aggiornati con la citata Determinazione sono pienamente rispondenti alla
modulistica statale di cui agli accordi del 12 giugno 2014 e del 18 dicembre 2014 e
conformi alla normativa regionale vigente e che pertanto, anche dopo tale ultimo
accordo, la modulistica da utilizzare per la comunicazione di inizio lavori relativi agli
immobili situati in Emilia-Romagna è quella regionale, come sopra approvata e
aggiornata, e non quella allegata al citato accordo del 18 dicembre 2014.
Con successiva Determinazione n. 3316 del 20 marzo 2015 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto ad un
secondo aggiornamento della modulistica edilizia unificata regionale al fine di
eliminare alcune incompletezze o incoerenze con la normativa vigente nonché al fine
di rendere i modelli approvati conformi alla logica di funzionamento della procedura
informatica regionale (Sistema SIEDER).
Infine, con la Determinazione n. 8822 del 14 luglio 2015 del Responsabile del
Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria della Direzione
Generale Programmazione Territoriale e Negoziata, Intese. Relazioni Europee e
Relazioni Internazionali della Regione Emilia-Romagna, si è provveduto al terzo (e,
per ora, ultimo) aggiornamento della modulistica edilizia unificata regionale al fine di
una sua semplificazione e di un suo adeguamento alle norme contenute nella D.G.R.
n. 699/2015 e nell'art. 135-bis del D.P.R. 380/2001.
Con la D.G.R. n. 994/2014, la Giunta Regionale ha approvato l'"Atto di
coordinamento tecnico regionale per la semplificazione degli strumenti di
pianificazione territoriale e urbanistica, attraverso l'applicazione del principio di non
duplicazione della normativa sovraordinata (artt. 16 e 18-bis, comma 4, LR
20/2000)".
Tale atto di coordinamento si articola in tre parti:

39
- "PARTE PRIMA - PREMESSA – L'APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI NON
DUPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SOVRAORDINATA, PER LA
SEMPLIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
E URBANISTICA", nella quale sono evidenziate le esigenze di semplificazione delle
fonti normative dell'attività urbanistico-edilizia e sono illustrati i limiti
all'applicazione del principio di non duplicazione della normativa urbanistica e le
modalità attuative del principio di non duplicazione della disciplina sovraordinata,
- "PARTE SECONDA - NORME DI COORDINAMENTO", nella quale (art. 1
"Principio di non duplicazione della normativa sovraordinata") si precisa il contenuto
di tale principio ("1. Ai sensi del comma 1 dell'art. 18-bis della legge regionale n. 20
del 2000, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, della Regione,
delle Province, della Città metropolitana di Bologna e dei Comuni adottati e
approvati dopo il 29 settembre 2013, attengono unicamente alle funzioni di governo
del territorio attribuite al loro livello di pianificazione e non contengono la
riproduzione, totale o parziale, della normativa sovraordinata stabilita dalle leggi
statali e regionali, dai regolamenti, dagli atti di indirizzo e di coordinamento tecnico,
dalle norme tecniche, dalle prescrizioni, indirizzi e direttive stabilite dalla
pianificazione sovraordinata, e da ogni altro atto normativo di settore, comunque
denominato, avente incidenza sugli usi e le trasformazioni del territorio e sull'attività
edilizia. 2. Ai sensi del comma 2 dell'art. 18-bis della legge regionale n. 20 del 2000,
al fine di assicurare l'osservanza del principio di non duplicazione della normativa
sovraordinata di cui al comma 1, le previsioni degli strumenti di pianificazione
territoriale e urbanistica, si coordinano alle disposizioni dei piani e degli atti
normativi sovraordinati e provvedono al recepimento della normativa sovraordinata
sopravvenuta esclusivamente attraverso richiami espressi alla stessa, che trova
diretta applicazione.") e si precisano le modalità e i tempi di adeguamento degli
strumenti di pianificazione vigenti al divieto di duplicazione della normativa
sovraordinata nonché le conseguenze del mancato adeguamento dei medesimi e
- "PARTE TERZA - PRIMA RICOGNIZIONE DELLE DISPOSIZIONI INCIDENTI
SUGLI USI E LE TRASFORMAZIONI DEL TERRITORIO E SULL'ATTIVITÀ
EDILIZIA, CHE TROVANO UNIFORME E DIRETTA APPLICAZIONE NEL
TERRITORIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA", nella quale si procede ad
una prima ricognizione delle normative generali e di settore aventi incidenza sugli usi
e le trasformazioni del territorio e sull'attività edilizia (secondo la definizione di cui
all'art. 18-bis, comma 1, lettera f), della L.R. 24 marzo 2000 n. 20), raggruppate
secondo le tematiche nelle quali si articola comunemente l'esposizione della
disciplina generale dell'attività edilizia, precisandosi che si tratta delle disposizioni
40
suscettibili di applicazione diretta nel territorio regionale in quanto "autoapplicative"
(caratterizzate cioè da un contenuto prescrittivo puntuale che non necessita, per la sua
piena efficacia, di ulteriori provvedimenti attuativi, da emanarsi dalla stessa
Amministrazione o da altro Ente).
Con la medesima D.G.R., la Giunta Regionale ha deliberato inoltre di sostituire le
voci 41 ("Distanza dai confini di zona o ambito urbanistico"), 42 ("Distanza dai
confini di proprietà") e 44 ("Distanza tra edifici/Distacco (De)") dell'Allegato A della
citata D.A.L. n. 279 del 4 febbraio 2010 con nuove definizioni tecniche uniformi, con
effetto dal 14 luglio 2014.
Da ultimo, la Regione Emilia-Romagna è ancora intervenuta nella materia in
esame con la L.R. 9 maggio 2016 n. 7 ("Disposizioni collegate alla prima variazione
generale al bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2016-2018"),
pubblicata sul B.U.R.E.R.T. n. 131 del 9 maggio 2016, e in vigore dal giorno
successivo. L'art. 10 di tale legge ("Misure per favorire la ripresa economica nel
settore edilizio") dispone: "A conferma di quanto disposto dall'articolo 28, comma 4,
della legge regionale 25 novembre 2002, n. 31 (Disciplina generale dell'edilizia),
dall'articolo 30, comma 4, della legge regionale 30 luglio 2013, n. 15
(Semplificazione della disciplina edilizia) e dall'articolo 34, comma 3, della legge
regionale 16 luglio 2015, n. 9 (Legge comunitaria regionale per il 2015), a causa del
perdurare delle difficoltà economiche del settore edilizio ed al fine di favorire la
ripresa dell'attività edificatoria, non si procede all'aggiornamento delle tabelle
parametriche relative agli oneri di urbanizzazione, di cui alla deliberazione del
Consiglio regionale 4 marzo 1998, n. 850 (Aggiornamento delle tabelle parametriche
di definizione degli oneri di urbanizzazione, di cui agli articoli 5 e 10 della legge 28
gennaio 1977, n. 10), le quali continuano ad essere applicate con l'incidenza ivi
stabilita sino alla ridefinizione della disciplina sul contributo di costruzione che sarà
predisposta con la nuova legge regionale in materia di governo del territorio, e
comunque non oltre il 31 dicembre 2017." -.

**********

Entrando ora nel vivo della relazione, iniziamo ad esaminare una prima
questione problematica, vale a dire quella relativa al c.d. "vincolo di pertinenzialità
urbanistica obbligatoria tra unità a destinazione abitativa e unità a destinazione
produttiva facenti parte di un fabbricato o di un complesso immobiliare realizzato in
zona territoriale omogenea D".

41
Come noto, i Comuni, attraverso i propri strumenti di pianificazione
urbanistica -Piano Strutturale Comunale (PSC), Regolamento Urbanistico ed Edilizio
(RUE) e Piano Operativo Comunale (POC)-, provvedono rispettivamente a delineare
le scelte strategiche di assetto e sviluppo del proprio territorio, anche al fine di
tutelarne l'integrità fisica ed ambientale e l'identità culturale (PSC), a dettare la
disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di
trasformazione nonché delle destinazioni d'uso (RUE) e ad individuare e disciplinare
gli interventi di tutela, valorizzazione, organizzazione e trasformazione del territorio,
disciplinando in particolare la delimitazione, l'assetto urbanistico, le destinazioni
d'uso e gli indici edilizi (POC) -.
Con tali strumenti, il territorio comunale viene suddiviso (in conformità a quanto
stabilito dall'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444) in "zone territoriali omogenee", e
così:
- "Zona A": "le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono
carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi,
comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali
caratteristiche, degli agglomerati stessi",
- "Zona B": "le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle
zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta
degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria
della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq",
- "Zona C": "le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che
risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di
superficie e densità di cui alla precedente lettera B)",
- "Zona D": "le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti
industriali o ad essi assimilati",
- "Zona E": "le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui -
fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà
richieda insediamenti da considerare come zone C)" e
- "Zona F": "le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse
generale",
e per ciascuna di tali "zone territoriali omogenee" viene dettata una specifica
disciplina.
Gli strumenti urbanistici comunali normalmente consentono che su un lotto di
terreno compreso in "zona territoriale omogenea D" sia realizzata, unitamente ad una
unità immobiliare a destinazione produttiva (unità principale), anche un'unità
immobiliare destinata ad abitazione del custode o del titolare dell'attività produttiva
42
(unità, quindi, con funzione accessoria e strumentale rispetto a quella a destinazione
produttiva).
In concreto (e a seconda delle prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici
comunali e/o del progetto depositato in Comune a corredo del titolo abilitativo), è
possibile che venga realizzato sul lotto un unico corpo di fabbrica, comprendente
entrambe le unità, ovvero che sul lotto vengano realizzati due distinti corpi di
fabbrica, dei quali uno comprendente l'unità a destinazione produttiva e l'altro
comprendente l'unità a destinazione abitativa. Nel caso di un più ampio intervento
urbanistico realizzato da un unico soggetto attuatore, si potrebbe addirittura arrivare a
realizzare sui vari lotti i soli edifici a destinazione produttiva e a "concentrare" su un
unico lotto, e così in un unico ulteriore e distinto fabbricato, tutte le unità a
destinazione abitativa.

Ebbene i problemi che si pongono in questo caso sono:


- è possibile un godimento autonomo e separato di tali unità immobiliari? E' cioè
possibile che, non essendovi più il custode, il titolare dell'attività produttiva conceda
in locazione ad un terzo la sola unità a destinazione abitativa, continuando a svolgere
la propria attività lavorativa nell'altra unità? Ovvero che il proprietario delle due
unità, avendo cessato l'attività ed essendo andato in pensione, conceda in affitto ad un
terzo l'unità a destinazione produttiva, continuando ad abitare nell'altra unità? Ovvero
che, essendo il titolare dell'attività produttiva deceduto, i suoi eredi concedano in
affitto ad un terzo l'unità a destinazione produttiva, continuando ad abitare nell'altra
unità, o addirittura concedano in locazione -ad un ulteriore e diverso soggetto- anche
l'unità a destinazione abitativa?
- è possibile alienare (a titolo oneroso o a titolo gratuito) le due unità a soggetti
diversi ovvero alienare (a titolo oneroso o a titolo gratuito) una sola delle predette due
unità, mantenendo la proprietà dell'altra?
- è possibile, al fine di ottenere un finanziamento da un istituto di credito, concedere
in garanzia (e quindi consentire l'iscrizione di un'ipoteca volontaria su) una soltanto
delle predette unità immobiliari?
- nel caso in cui il proprietario delle due unità sia sottoposto a procedura esecutiva
immobiliare (individuale o concorsuale) le due unità potranno andare a formare due
autonomi lotti o dovranno essere obbligatoriamente ricomprese in un unico lotto?
e infine, e per il caso in cui ai quesiti che precedono debba darsi una risposta
negativa:
- quali sono le conseguenze del godimento separato e/o dell'alienazione separata e/o
dell'iscrizione di ipoteca su una sola delle due unità?
43
- come fare a individuare l'esistenza del vincolo in parola?
- che durata ha tale vincolo?
- è possibile eliminare tale vincolo? E se sì, come?

Dal punto di vista urbanistico-edilizio


Siamo in presenza di un illecito sia dal punto di vista edilizio (le unità erano
state assentite come un tutt'uno inscindibile e la cosa dovrebbe risultare con chiarezza
sia dal progetto che dal titolo abilitativo) sia, e soprattutto, dal punto di vista
urbanistico (essendo in "zona territoriale omogenea D", l'unità a destinazione
abitativa è realizzabile solo in quanto strumentale e accessoria a quella a destinazione
produttiva).
Il godimento separato e/o l'alienazione separata determinano, di fatto, un
mutamento della destinazione d'uso posto in essere in assenza del necessario titolo
abilitativo, e quindi abusivo; tale abuso (di tipo "primario") non è sanabile, tenuto
conto di quanto disposto dall'art. 17 ("Accertamento di conformità") della L.R.
23/2004, secondo il quale "1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di
costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di SCIA, o in difformità da essa,
fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 13, comma 3, e 14, comma 1, e
comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile
dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile può richiedere il rilascio del
permesso in sanatoria o presentare una SCIA in sanatoria, rispettivamente nel caso
di interventi soggetti a permesso di costruire ovvero a SCIA, se l'intervento risulti
conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al momento della
realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. 2.
Fatti salvi gli effetti penali dell'illecito, il permesso e la SCIA in sanatoria possono
essere altresì ottenuti, ai soli fini amministrativi, qualora l'intervento risulti conforme
alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della
domanda. 3. Il permesso e la SCIA in sanatoria nei casi previsti dai commi 1 e 2
sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione: a) nelle ipotesi di nuova
costruzione e di ristrutturazione edilizia, del contributo di costruzione in misura
doppia ovvero, in caso di esonero ..., in misura pari a quella prevista dalla normativa
regionale e comunale, e comunque per un ammontare non inferiore a 2.000 euro; b)
nelle ipotesi di interventi edilizi di recupero, anche in caso di esonero dal contributo
di costruzione, del contributo di costruzione previsto dalla normativa regionale e
comunale per gli interventi di ristrutturazione edilizia, e comunque per un
ammontare non inferiore a 1.000 euro; c) nei restanti casi, di una somma, da 500
euro a 5.000 euro, stabilita dallo Sportello unico per l'edilizia in relazione
44
all'aumento di valore dell'immobile, valutato ai sensi dell'articolo 21, comma 2. 4.
La richiesta del titolo abilitativo in sanatoria è accompagnata dalla dichiarazione
del professionista abilitato che attesti, ai sensi dell'articolo 481 del codice penale, le
necessarie conformità. In relazione alla normativa tecnica per l'edilizia, la
conformità delle opere da sanare è dichiarata dal professionista abilitato con
riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione delle
medesime opere. 4 bis. L'accertamento di conformità di cui ai precedenti commi
trova applicazione per i lavori realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica o
in difformità da essa, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica
dell'intervento secondo quanto disposto dall'articolo 167, commi 4 e 5, del decreto
legislativo n. 42 del 2004. Sulla richiesta del permesso o della SCIA in sanatoria è
acquisito il parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio per
gli interventi edilizi per i quali il parere è richiesto ai sensi dell'articolo 3 della legge
regionale n. 31 del 2002." -.
Troverebbero allora applicazione, a seconda dei casi, i seguenti articoli della
richiamata L.R. 23/2004:
- l'art. 13 ("Interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza del titolo abilitativo, in
totale difformità o con variazioni essenziali"), il quale -coordinato con le disposizioni
introdotte dal "Decreto Sblocca Italia"- dispone quanto segue: "1. Gli interventi di
nuova costruzione eseguiti in totale difformità dal titolo abilitativo sono quelli che
comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per
caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del
titolo stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e
tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed
autonomamente utilizzabile. 2. Lo Sportello unico per l'edilizia, accertata
l'esecuzione di interventi in assenza del titolo abilitativo richiesto, in totale difformità
dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 14
bis, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la demolizione, indicando
nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto ai sensi del comma 3, nonché
le eventuali servitù di passaggio. 3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla
demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni
dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime nonché quella necessaria, secondo le
vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle
abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune. L'area
acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie
utile abusivamente costruita. 4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione
a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce
45
titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che
deve essere eseguita gratuitamente. 4-bis. L'autorità competente, constatata
l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo
compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e
sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree
e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a
rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura
massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte
salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance
individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del
dirigente e del funzionario inadempiente. 4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al
comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e
rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree
destinate a verde pubblico. ..... 5. L'opera acquisita è demolita con ordinanza dello
Sportello unico per l'edilizia a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con
deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e
sempre che l'opera non contrasti con interessi urbanistici o ambientali. 6.
L'acquisizione prevista dal comma 3 non opera per parti di organismi edilizi non
dotate di autonoma configurazione fisica e funzionale e nel caso in cui il proprietario
dell'immobile non sia corresponsabile del compimento dell'abuso.",
- l'art. 14 ("Interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di titolo
abilitativo, in totale difformità o con variazioni essenziali"), secondo il quale "1. Gli
interventi e le opere di ristrutturazione edilizia, ..... eseguiti in assenza di titolo
abilitativo, in totale difformità o con variazioni essenziali da esso, sono rimossi
ovvero demoliti e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti
urbanistico edilizi entro il congruo termine, non superiore a centoventi giorni,
stabilito dallo Sportello unico per l'edilizia con propria ordinanza, decorso il quale
l'ordinanza stessa è eseguita a cura del Comune e a spese dei responsabili
dell'abuso. 2. Fuori dai casi di cui all'articolo 10, lo Sportello unico per l'edilizia, su
richiesta motivata dell'interessato presentata a seguito della avvenuta sospensione
dei lavori, irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore
dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere, determinato ai sensi
dell'articolo 21, comma 2, qualora accerti, con apposita relazione tecnica,
l'impossibilità della rimozione o demolizione delle opere abusive, in relazione al
pregiudizio strutturale e funzionale che sarebbe arrecato alle parti residue
dell'immobile. In tale ipotesi il Comune può prescrivere l'esecuzione di opere dirette
a rendere l'intervento più consono al contesto ambientale, assegnando un congruo
46
termine per l'esecuzione dei lavori. Lo Sportello unico per l'edilizia si pronuncia
sulla richiesta entro novanta giorni, decorsi i quali la richiesta stessa si intende
rifiutata. 3. Qualora le opere abusive siano state eseguite su immobili non vincolati
compresi nei centri storici e negli insediamenti storici, di cui rispettivamente agli
articoli A-7 e A-8 dell'allegato alla legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina
generale sulla tutela e l'uso del territorio), lo Sportello unico per l'edilizia, ai fini di
provvedere sulla richiesta dell'interessato, acquisisce il parere della Commissione
per la qualità architettonica e il paesaggio circa la restituzione in pristino o la
irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 2. Qualora il parere non
venga reso entro sessanta giorni dalla richiesta, lo Sportello unico per l'edilizia
provvede autonomamente. 4. Qualora, ai sensi del comma 2, non si disponga la
demolizione delle opere, è dovuto il contributo di costruzione.",
- l'art. 15 ("Interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo"), secondo il
quale "1. Gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia eseguiti in
parziale difformità dal titolo abilitativo sono rimossi o demoliti a cura e spese del
responsabile dell'abuso entro il congruo termine, non superiore a centoventi giorni,
stabilito dallo Sportello unico per l'edilizia con propria ordinanza, decorso il quale
l'ordinanza stessa è eseguita a cura del Comune e a spese del responsabile
dell'abuso. 2. Fuori dai casi di cui all'articolo 10, lo Sportello unico per l'edilizia, su
richiesta motivata dell'interessato presentata a seguito dell'avvenuta sospensione dei
lavori, irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale
dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere, determinato ai sensi
dell'articolo 21, comma 2, e comunque non inferiore a 1000 euro, qualora accerti,
con apposita relazione tecnica, l'impossibilità della rimozione o demolizione delle
opere abusive in relazione al pregiudizio strutturale e funzionale che sarebbe
arrecato alle parti residue dell'immobile. In tale ipotesi il Comune può prescrivere
l'esecuzione di opere dirette a rendere l'intervento più consono al contesto
ambientale, assegnando un congruo termine per l'esecuzione dei lavori. Lo Sportello
unico per l'edilizia si pronuncia sulla richiesta entro novanta giorni, decorsi i quali
la richiesta stessa si intende rifiutata. 3. Nei casi di cui al comma 2, è corrisposto il
contributo di costruzione qualora dovuto.",
- l'art. 16 ("Sanzioni per interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA"),
secondo il quale "1. Fuori dai casi di cui agli articoli 13, 14 e 15, gli interventi edilizi
eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività
comportano la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale
dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi, determinata ai
sensi dell'articolo 21, commi 2 e 2 bis, e comunque non inferiore a 1.000 euro, salvo
47
che l'interessato provveda al ripristino dello stato legittimo. Assieme alla sanzione
pecuniaria il Comune può prescrivere l'esecuzione di opere dirette a rendere
l'intervento più consono al contesto ambientale, assegnando un congruo termine per
l'esecuzione dei lavori." e
- l'art. 16-bis ("Sanzioni per interventi di attività edilizia libera"), il quale -coordinato
con le disposizioni introdotte dal "Decreto Sblocca Italia"- dispone quanto segue: "1.
Nei casi di attività edilizia libera di cui all'articolo 7, comma 4, della legge regionale
in materia edilizia la mancata comunicazione di inizio lavori comporta l'applicazione
di una sanzione pecuniaria pari a 1.000,00 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi
se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di
esecuzione. 2. La stessa sanzione si applica in caso di difformità delle opere
realizzate, rispetto alla comunicazione, qualora sia accertata la loro conformità alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici. 3. La sanzione pecuniaria di cui al comma 1
trova altresì applicazione in caso di: a) mancata comunicazione della data di inizio
dei lavori e di rimozione delle opere dirette a soddisfare esigenze contingenti, di cui
all'articolo 7, comma 2, della legge regionale in materia edilizia; b) mancata
comunicazione alla struttura comunale competente in materia urbanistica del
mutamento di destinazione d'uso non connesso a trasformazione fisica di fabbricati
già rurali, con originaria funzione abitativa, che non presentano più i requisiti di
ruralità, per i quali si provvede alla variazione nell'iscrizione catastale, di cui
all'articolo 7, comma 3, della legge regionale in materia edilizia. 4. Qualora gli
interventi attinenti all'attività edilizia libera siano eseguiti in difformità dalla
disciplina dell'attività edilizia, lo Sportello unico applica la sanzione pecuniaria pari
al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla
realizzazione degli interventi stessi, determinata ai sensi dell'articolo 21, commi 2 e 2
bis, e comunque non inferiore a 1.000,00 euro, salvo che l'interessato provveda al
ripristino dello stato legittimo. Rimane ferma l'applicazione delle ulteriori sanzioni
eventualmente previste in caso di violazione della disciplina di settore." -.
Ricordo, in argomento che la suprema Corte (Cassazione, sezione III civile, sentenza
n. 1693 del 26 gennaio 2006), intervenendo nella materia in esame, ha affermato:
"L'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del Comune della
costruzione eseguita in totale difformità o assenza della concessione, emessa dal
Sindaco ai sensi dell'art. 7 della legge n. 47 del 1985, che si connota per la duplice
funzione di sanzionare comportamenti illeciti e di prevenire perduranti effetti
dannosi di essi, dà luogo ad acquisto a titolo originario, con la conseguenza che
l'ipoteca e gli altri eventuali pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente
al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa
48
trascrizione e/o iscrizione. La fattispecie è assimilabile al perimento del bene, ipotesi
nella quale si estingue l'ipoteca, giacché l'immobile abusivo è destinato al
"perimento giuridico", normalmente conseguente alla demolizione, salva la
eccezionale acquisizione al patrimonio comunale, che lo trasforma irreversibilmente
in res extra commercium sotto il profilo dei diritti del debitore e dei terzi che vantino
diritti reali limitati sul bene." -.
Potrebbe, peraltro, in contrario sostenersi (quanto meno nei casi in cui il fabbricato
sia stato costruito in conformità al titolo abilitativo) che, poiché ad essere abusivo
non è l'edificio in quanto tale ma il mutamento di destinazione d'uso dipendente dal
godimento separato e/o dalla alienazione separata, non potrebbero trovare
applicazione gli articoli innanzi richiamati laddove sia cessato il godimento separato
ovvero laddove entrambe le unità siano ritornate ad appartenere al medesimo
proprietario, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza che accerta la nullità
del contratto di alienazione separata.
Ancor più gravi sono le conseguenze dal punto di vista più strettamente
urbanistico.
Infatti, ad avviso della suprema Corte (cfr. da ultimo Cassazione, sezione III penale,
sentenze n. 42741 del 17 novembre 2008, n. 36844 del 22 settembre 2009, n. 39078
dell'8 ottobre 2009, n. 42178 del 3 novembre 2009 e n. 48924 del 21 dicembre 2009,
Cassazione, sezione VI penale, sentenza n. 45492 del 27 dicembre 2010, Cassazione,
sezione III penale, sentenze n. 26728 del 7 luglio 2011, n. 36294 del 6 ottobre 2011,
n. 535 del 28 febbraio 2013, n. 15981 dell'8 aprile 2013, n. 19085 del 3 maggio 2013,
n. 37383 del 12 settembre 2013, n. 38001 del 18 settembre 2013, n. 51710 del 3
dicembre 2013, n. 51384 del 19 dicembre 2013, n. 2646 del 21 gennaio 2014 e n. 91
del 7 gennaio 2015 nonché Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 23367 del 3
novembre 2014) ricorre, nel caso di alienazione separata, il reato di lottizzazione
abusiva, fattispecie prevista dall'art. 30 del D.P.R. 380/2001 (secondo il quale "Si ha
lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere
che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione
delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite
dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando
tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti
equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in
relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti
urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di
urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo
non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.") e dall'omologo art. 12 della L.R.
49
23/2004 (secondo il quale "Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio
quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia
dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o
adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta
autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il
frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro
caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua
destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale
previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli
acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.") -.
In particolare la suprema Corte, con le richiamate recenti sentenze e in conformità al
proprio consolidato orientamento (consacrato nel 2001 da una pronunzia a sezioni
unite che ha affermato che la nozione di "lottizzazione di terreni a scopo edilizio"
deve intendersi estesa sino a comprendere qualsiasi forma di insediamento urbano,
non autorizzabile o non legittimamente autorizzato, realizzato attraverso
l'utilizzazione edilizia del territorio), ha ribadito:
* che il reato di lottizzazione abusiva è integrato non solo dalla trasformazione effettiva
del territorio ma da qualsiasi attività che oggettivamente comporti anche solo il
pericolo di una urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata (sentenza
37383/2013),
* che il reato di lottizzazione abusiva è configurabile non soltanto nel caso in cui
oggetto della condotta illecita siano terreni illegittimamente frazionati ma anche nel
caso in cui si tratti di edifici già costruiti, in quanto l'alienazione frazionata dei singoli
immobili, per il principio dell'accessione, è intimamente connessa al frazionamento in
lotti del terreno su cui tali immobili sono stati edificati (sentenza 39078/2009),
* che la fattispecie della lottizzazione abusiva è configurabile anche in relazione ad un
complesso immobiliare già edificato attraverso il cambio di destinazione d'uso
rilevabile dalla stipula di contratti preliminari di compravendita, come quelli aventi ad
oggetto unità abitative destinate a residenza privata e facenti parte di un complesso
originariamente autorizzato per lo svolgimento di attività alberghiera, implicando
comunque la vendita parcellizzata degli immobili il frazionamento delle aree su cui
insistono (sentenze 42741/2008 e 38001/2013),
* che il contratto preliminare di compravendita che abbia ad oggetto singole unità
immobiliari già comprese in una struttura alberghiera è nullo per contrasto con la
normativa in tema di lottizzazione abusiva, per la modifica dell'originaria
destinazione d'uso qualora si accerti sia l'inesistenza di un'organizzazione
imprenditoriale idonea alla gestione dei servizi comuni e alla locazione dei singoli
50
appartamenti compravenduti sia la parcellizzazione del complesso immobiliare in
alloggi suscettibili di essere occupati stabilmente (sentenza n. 23367/2014),
* che l'acquirente di un terreno abusivamente lottizzato o di un'opera abusivamente
costruita non può essere considerato, per ciò solo, estraneo al reato di lottizzazione
abusiva, salva la possibilità di dimostrare di non essersi reso conto, in buona fede, di
partecipare ad un'operazione illecita nonostante la normale diligenza adoperata
nell'adempimento dei doveri di informazione e conoscenza. Pertanto l'acquirente che
agisca scientemente ovvero che non abbia adoperato la normale diligenza concorre
con il venditore nella consumazione del reato (sentenze 36844/2009, 39078/2009,
42178/2009, 45492/2010, 19085/2103, 51387/2013, 2646/2014 e 91/2015),
* che integra un contributo causale alla illecita condotta del venditore di un immobile
o di un terreno abusivamente lottizzato il comportamento dell'acquirente che ometta
di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto, così
ponendosi colposamente in una situazione di inconsapevolezza (sentenza
48924/2009),
* che la semplice qualità di sub-acquirente non rende, per ciò solo, legittimo
l'acquisto di un terreno o di un edificio oggetto di illecita operazione lottizzatoria, in
quanto il sub-acquisto può costituire un sistema elusivo surrettiziamente finalizzato a
vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale (sentenze
39078/2009 e 48924/2009) nonché
* che in tema di lottizzazione, il fatto che il Notaio abbia garantito la commerciabilità
del bene (o che l'istituto bancario abbia fatto eseguire una perizia per la concessione
del mutuo) non determina una situazione di immediata evidenza di buona fede,
trattandosi di accertamenti aventi diverse finalità, per cui il terzo acquirente versa in
una situazione quanto meno di colpa, penalmente rilevante, quando non sia stato
cauto ed attento nel verificare le previsioni urbanistiche e pianificatorie della zona
(sentenze 26278/2011, 535/2013 e 15981/2013).
Tale orientamento è stato fatto proprio anche dai giudici amministrativi (da ultimo
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 5170/2010 del 3 agosto 2010).
Dal punto di vista penale
Nel caso di specie troveranno applicazione le sanzioni penali di cui all'art. 44
del D.P.R. 380/2001, il quale dispone: "1. Salvo che il fatto costituisca più grave
reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica: a) l'ammenda fino a 20658 euro
per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal
presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti
urbanistici e dal permesso di costruire; b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da
10328 a 103290 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza
51
del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione; c)
l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30986 a 103290 euro nel caso di
lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma
dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle
zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in
variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso. 2. La sentenza
definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone
la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.
Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al
patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza
definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari. 2-bis. Le
disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili
di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma
3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa." -.
Dal punto di vista civilistico
Argomentando da quanto stabilito dagli artt. 31 e 32 del D.P.R. 380/2001 e
dall'art. 13 della L.R. 23/2004, può fondatamente ritenersi che l'alienazione separata
dell'unità destinata ad abitazione (tanto nel caso in cui l'unità a destinazione
produttiva resti di proprietà dell'originario titolare quanto nel caso in cui l'unità a
destinazione produttiva sia contestualmente trasferita a un ulteriore e diverso
acquirente) sia nulla, trattandosi di trasferimento di bene realizzato in totale
difformità dal titolo abilitativo e, come tale, incommerciabile. Si tratterebbe,
pertanto, di nullità ai sensi del 2° comma dell'art. 1418 c.c. -.
A conferma di quanto sopra, ricordo:
- la Circolare del Consiglio Nazionale del Notariato dell’8 marzo 1985 "Prime note
sulla L. 28 febbraio 1985 n. 47", ove si legge: "Prima di concludere l'esame dell'art.
17 è bene ricordare che, essendo stato espressamente abrogato (v. art. 2 legge in
esame) l'art. 15 della legge n. 10/77 (Bucalossi), la dichiarazione dell'acquirente di
essere a conoscenza della mancanza della concessione non elimina né la nullità del
contratto, né la sua irricevibilità. Da una lettura finale e complessiva dell'intero art.
17 si può ricavare che il legislatore ha inteso con esso dettare regole dirette a
considerare gli immobili "abusivi" come assolutamente incommerciabili e quindi
l'articolo in esame svolge una funzione dissuasiva in ordine ad ogni futura forma di
abusivismo edilizio.";
- la successiva Circolare del 1 marzo 1987 "La L. 28 febbraio 1985 n. 47. Criteri
applicativi";

52
- lo Studio del medesimo Consiglio Nazionale del Notariato n. 508 del 16 febbraio
1993, ove si legge: "Ma proprio questa evenienza denota che l'interesse
maggiormente protetto dalla l. 47 è quello della regolarità edilizia del manufatto e
che l'incommerciabilità va quindi valutata come uno degli strumenti indiretti posti a
tutela di tale regolarità, in aggiunta alle sanzioni penali e a quelle amministrative.
Né maggior pregio sembra rivestire l'altro argomento di detta opinione, che fa leva
sull'esigenza di dare al disposto formale della l. 47 una giustificazione autonoma ed
a sé stante, a prescindere dalla tutela dell'interesse pubblico perseguito.";
- la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 2241/UL del 17 giugno 1995, che
testualmente afferma: "l'eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta
soltanto agli immobili eseguiti in assenza di concessione o in totale difformità da
essa; mentre non sono oggetto ad alcun limite alla commerciabilità gli abusi di
minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di tipo amministrativo o
penale.";
- il già citato Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 5389/C, ove si chiarisce
che per la validità degli atti notarili aventi per oggetto beni o diritti immobiliari
debbono sussistere due requisiti: uno di carattere formale e l’altro di carattere
sostanziale. Quanto al primo (c.d. "requisito formale"), si rileva che la legge
prescrive che nell'atto notarile, a pena di nullità, debbono essere menzionati gli
estremi del titolo abilitativo (con precisazione che per gli interventi anteriori al 1°
settembre 1967 è valido l'atto nel quale anziché gli estremi della licenza sia riportata
o allegata apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nella quale venga
attestato, per l'appunto, l'avvenuto inizio dei lavori di costruzione sin da data
anteriore al 1° settembre 1967). Quanto al secondo (c.d. "requisito sostanziale"), lo
Studio in parola afferma: "Affinché sia valido, l'atto notarile deve anche avere per
oggetto edifici commerciabili ossia dotati dei requisiti minimi di regolarità
urbanistica senza i quali gli stessi debbono ritenersi "totalmente abusivi" e come tali
incommerciabili." -.
Quid juris nel caso in cui oggetto del trasferimento separato sia, invece, l'unità
a destinazione produttiva (restando l'unità a destinazione abitativa di proprietà
dell'originario titolare)?
Nell'introdurre questo argomento, ho parlato di "vincolo di pertinenzialità urbanistica
obbligatoria".
Se si fosse in presenza di un vero e proprio vincolo di pertinenzialità, nell'accezione
di cui agli artt. 817, 818 e 819 c.c., si dovrebbe ritenere che, giusta quanto disposto
dal 1° comma del richiamato art. 818 c.c., non rinvenendosi nell'atto di trasferimento
una espressa diversa volontà delle parti, l'atto stesso comprenda (oltre all'unità a
53
destinazione produttiva) anche l'unità a destinazione abitativa e che, pertanto,
continuando entrambe le unità ad appartenere al medesimo proprietario, non vi sia
nullità.
In realtà, però, mi sembra più corretto ritenere (alla luce in particolare degli artt. 817,
2° comma, e 818, 2° comma, c.c.) che, nel caso di specie, non si sia in presenza di un
rapporto di pertinenzialità in senso civilistico.
Infatti, da un lato la "destinazione" non è un atto volontario del proprietario della cosa
principale ma è imposta dalla normativa comunale (difetterebbe, pertanto,
quell'elemento soggettivo che -come costantemente affermato dalla suprema Corte-
deve concorrere necessariamente con l'elemento oggettivo affinché possa ritenersi
configurato il rapporto pertinenziale), dall'altro, come detto, la medesima normativa
comunale impedisce che l'unità a destinazione abitativa possa formare oggetto di
separati atti o rapporti giuridici.
Meglio, allora, parlare -anziché di "pertinenzialità"- di "strumentalità e accessorietà
obbligatoriamente imposte dalla normativa contenuta nello strumento urbanistico
comunale".
In conseguenza, e per le considerazioni innanzi svolte, mi sembra corretto ritenere
che anche l'alienazione separata della sola unità a destinazione produttiva sia affetta
da nullità.
In ogni caso, la nullità dell'alienazione separata condizionerà, evidentemente, la
successiva circolazione del bene alienato separatamente, ferma l'applicabilità di
quanto disposto dall'art. 2652 ("Domande riguardanti atti soggetti a trascrizione.
Effetti delle relative trascrizioni rispetto ai terzi."), 1° comma, n. 6), c.c., che dispone:
"Si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell'articolo 2643,
le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse
previsti: ..... 6) le domande dirette a far dichiarare la nullità o a far pronunziare
l'annullamento di atti soggetti a trascrizione e le domande dirette a impugnare la
validità della trascrizione. Se la domanda è trascritta dopo cinque anni dalla data
della trascrizione dell'atto impugnato, la sentenza che l'accoglie non pregiudica i
diritti acquistati a qualunque titolo dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto
o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda. .....") -.
Cercando, infine, di dare una risposta al quesito se sia possibile, al fine di
ottenere un finanziamento da un istituto di credito, concedere in garanzia (e quindi
consentire l'iscrizione di un'ipoteca volontaria su) una soltanto delle predette unità
immobiliari, ricordo che l'art. 46 del D.P.R. 380/2001 dispone al 1° comma che "Gli
atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto
trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi
54
ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli
e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione
dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali
disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali
di garanzia o di servitù." e al 3° comma che " La sentenza che accerta la nullità degli
atti di cui al comma 1 non pregiudica i diritti di garanzia o di servitù acquisiti in
base ad un atto iscritto o trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda
diretta a far accertare la nullità degli atti." -.
Gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia sono
espressamente esclusi dalla previsione normativa di cui al 1° comma dell’articolo in
parola; in conseguenza sembra corretto ritenere che la sanzione di nullità non trovi
applicazione per tali tipi di atti (si parla, pertanto, di "incommerciabilità relativa dei
fabbricati abusivi"). Il motivo di tale espressa esclusione, come è stato puntualmente
rilevato, è intuibile: questi atti hanno tutti il connotato di negozi giuridici dai quali
esula del tutto il fine speculativo. Inoltre la dazione della garanzia è sovente motivata
da situazioni di bisogno e non necessariamente porta, come esito finale ed effettivo,
ad un'alienazione dei beni stessi.
La previsione del 1° comma appare in linea con quella del 3° comma, secondo il
quale i diritti di garanzia acquisiti in base a un'ipoteca iscritta anteriormente alla
trascrizione della domanda diretta a far accertare la nullità, non restano pregiudicati
dalla sentenza che accerta la nullità stessa: infatti, potendosi costituire garanzie su
immobili abusivi sarebbe stato per lo meno contraddittorio prevedere che restassero
pregiudicati gli stessi diritti sorti anteriormente alla trascrizione della domanda
giudiziale di nullità.
Tuttavia, alla luce di quanto affermato dalla suprema Corte nella sentenza n.
1693/2006, innanzi citata, la posizione dell'istituto di credito che abbia accettato in
garanzia una soltanto delle due unità immobiliari risulta tutt'altro che "blindata".

Per quanto concerne la posizione del Notaio


Richiamate le considerazioni introduttive innanzi svolte e alla luce di quanto
fin qui detto, sembra possibile affermare quanto segue.
In conformità a quanto disposto dall'art. 47 del D.P.R. 380/2001, il Notaio che
abbia adempiuto alle prescrizioni contenute negli artt. 40 della L. 47/1985, 46 del
D.P.R. 380/2001 e 30 del medesimo D.P.R. 380/2001 non potrà essere accusato di
violazione dell'art. 28 della L.N., e ciò anche laddove venisse successivamente
dichiarata la nullità dell'alienazione in quanto avente ad oggetto un immobile
incommerciabile perché totalmente abusivo.
55
Pertanto, una responsabilità del Notaio (ex artt. 47 del D.P.R. 380/2001 e 28 della
L.N.) sarà configurabile solo ed esclusivamente nel caso in cui le dichiarazioni rese
dall'alienante siano evidentemente non riferibili agli immobili oggetto del contratto e
tale circostanza poteva essere agevolmente rilevata dal Notaio in sede di rogito
ovvero nel caso in cui le dichiarazioni rese dall'alienante contrastino con altri
elementi documentali risultanti dall'atto notarile (come nel caso in cui egli dichiari
che la costruzione dell'edificio dedotto in contratto sia iniziata anteriormente al 1°
settembre 1967 ma poi enunci come titolo di provenienza dell'area inedificata un atto
di acquisto avente data successiva).
Qualora il Notaio abbia puntualmente rispettato le prescrizioni contenute negli
artt. 40 della L. 47/1985, 46 del D.P.R. 380/2001 e 30 del medesimo D.P.R.
380/2001, una sua responsabilità penale -per concorso nel reato di lottizzazione
abusiva (ex artt. 110 e ss. c.p.)- sarà configurabile solo ed esclusivamente nel caso in
cui egli abbia in modo attivo e consapevole contribuito all'altrui attività illecita
finalizzata al suddetto scopo (in tal senso si veda anche lo Studio n. 3629 del
Consiglio Nazionale del Notariato dell'11 dicembre 2001 "Testo unico sull'edilizia.
Prime riflessioni").
Ritengo opportuno, su questo specifico punto, invitarvi ad una attenta e meditata
lettura della Regola n. 13 "Normativa urbanistica ed edilizia - Terreni" del Protocolli
dell'attività notarile approvati in prima lettura dal Consiglio Nazionale del Notariato il
17 settembre 2007, Regola che, ancorché non approvata in via definitiva e pertanto
non ancora in vigore, è ben conosciuta dall'Autorità Giudiziaria (come emerge dalla
lettura del dispositivo della già citata sentenza della suprema Corte n. 535/2013).
In ogni caso, il Notaio dovrà porre, nell'esercizio della sua attività professionale,
particolare attenzione agli aspetti urbanistici (e cioè alla "zona territoriale omogenea"
in cui ricade il lotto di terreno sul quale insiste l'edificio dedotto in contratto). In
particolare, tenuto conto del fatto che il 1° comma dell'art. 1 del D.P.R. 9 novembre
2005 n. 304 ha abrogato -a partire dal 25 marzo 2006- il 6° comma dell'art. 30 del
D.P.R. 380/2001 (secondo il quale "I pubblici ufficiali che ricevono o autenticano atti
aventi per oggetto il trasferimento, anche senza frazionamento catastale, di
appezzamenti di terreno di superficie inferiore a diecimila metri quadrati devono
trasmettere, entro trenta giorni dalla data di registrazione, copia dell'atto da loro
ricevuto o autenticato al dirigente o responsabile del competente ufficio del comune
ove è sito l'immobile.") e che, correlativamente, il 2° comma del medesimo art. 1 ha
abrogato -a partire dalla medesima data- il secondo periodo del 2° comma dell'art. 47
del D.P.R. 380/2001 (secondo il quale "l'osservanza della formalità prevista dal
comma 6 dello stesso articolo 30 tiene anche luogo della denuncia di cui all'articolo
56
331 del codice di procedura penale."), il Notaio -in presenza di univoci indici di
lottizzazione abusiva negoziale- dovrà presentare o trasmettere senza ritardo al
pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria denunzia scritta, giusta
quanto disposto dall'art. 331 c.p.p. (per il caso di omessa o ritardata denunzia il
Notaio è punito con la multa da € 30,00 a € 516,00, ex art. 361, 1° comma, c.p.p.) -.
Resta da esaminare, a questo punto, un ultimo (e forse più delicato) aspetto:
quello della (eventuale) responsabilità professionale del Notaio che abbia ricevuto o
autenticato un atto portante l'alienazione (a titolo oneroso o a titolo gratuito) delle due
unità a soggetti diversi ovvero l'alienazione (a titolo oneroso o a titolo gratuito) di una
sola delle predette due unità.
Quid juris nel caso in cui la parte acquirente, ritenendo di aver subito un danno,
esperisca -nei confronti del Notaio che ha ricevuto o autenticato l'atto di alienazione
separata- azione di responsabilità, lamentando la violazione da parte del
professionista del dovere di prestare al cliente adeguate consulenza e informazione?
Tale responsabilità professionale del Notaio è stata riconosciuta da alcune recenti
sentenze della Cassazione (in particolare dalle due sentenze pronunziate dalla sezione
III civile n. 15726 del 2 luglio 2010 e n. 10296 del 21 giugno 2012, ricordate
all'inizio della presente relazione) nonché dalla più recente sentenza del Tribunale di
Savona dell'11 gennaio 2016 (pure innanzi ricordata). Ad avviso dei Giudici,
nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività di Notaio, il
professionista è tenuto ad una prestazione che, pur rivestendo i caratteri
dell'obbligazione di mezzi e non di risultato, non può ritenersi circoscritta al compito
di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione
dell'atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività, preparatorie e
successive, funzionali ad assicurare la serietà e la certezza del rogito e, in particolare,
la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico, non meno che del
risultato pratico, del negozio divisato dalle parti, con la conseguenza che
l'inosservanza di tali obblighi accessori dà luogo a responsabilità ex contractu per
inadempimento dell'obbligazione di prestazione d'opera intellettuale, a nulla
rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale,
peculiare, forma di responsabilità: l'obbligo di fornire una corretta ed esaustiva
informazione alle parti scaturisce, infatti, dal combinato-disposto degli artt. 1176,
comma 2, 1374 e 1375 c.c. -.
Trattandosi di responsabilità contrattuale:
- il Notaio è tenuto ad adempiere alla propria obbligazione usando una diligenza che,
valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata (art. 1176, 2° comma, c.c.), è
dalla giurisprudenza definita come "seria diligenza"; la limitazione della
57
responsabilità ai soli casi di dolo o di colpa grave (a norma dell'art. 2236 c.c.) non
sembra, nel caso di specie, invocabile, applicandosi essa ai soli casi che presentino
problemi tecnici di particolare difficoltà, come nel caso di interpretazione di leggi o
di risoluzione di questioni opinabili (cfr. Cassazione, sezione III civile, sentenza n.
21700 del 20 ottobre 2011);
- sarà il Notaio a dover provare che l'inadempimento non è a lui imputabile (art. 1218
c.c.);
- il risarcimento del danno per l'inadempimento dovrà comprendere sia la perdita
subita dal cliente -c.d. "danno emergente"- sia il suo mancato guadagno -c.d. "lucro
cessante"- che siano immediatamente e direttamente conseguenti all'inadempimento
del Notaio (art. 1223 c.c.);
- il risarcimento sarà limitato al danno che poteva prevedersi al momento in cui è
sorta l'obbligazione; nel solo caso di dolo (al quale, secondo la dottrina prevalente,
non può essere equiparata -nello specifico- la colpa grave) il risarcimento sarà esteso
anche ai danni non prevedibili (art. 1225 c.c.);
- il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno è quello ordinario
decennale (art. 2946 c.c.); esso inizia a decorrere (art. 2935 c.c.) non già dal momento
in cui la condotta del professionista ha determinato l'evento dannoso bensì da quello
in cui la produzione del danno è oggettivamente percepibile e conoscibile da parte del
cliente danneggiato (cfr. da ultime Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 16463
del 15 luglio 2009 e Cassazione, sezione II civile, sentenze n. 6747 del 7 aprile 2016
e n. 8703 del 3 maggio 2016).

**********

Passando ora all'esame di ulteriori questioni problematiche (attinenti più


propriamente alla materia edilizia), occorre preliminarmente ricordare che la L.R.
15/2013 (art. 9, 1° comma) prescrive, in via generale, che le attività edilizie sono
soggette a titolo abilitativo e che la loro realizzazione è subordinata -salvi i casi di
riduzione o di esonero- alla corresponsione di un contributo di costruzione
commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di
costruzione (art. 29, 1° comma). L'Allegato alla medesima L.R. contiene le
definizioni dei singoli interventi edilizi (definizioni sulle quali, peraltro, come
avremo modo di vedere, hanno profondamente inciso le disposizioni introdotte prima
dal "Decreto del Fare" e poi dal "Decreto Sblocca Italia").

Fanno eccezione a tale prescrizione generale:

58
- gli interventi e le opere di cui all'art. 7 ("Attività edilizia libera e interventi soggetti
a comunicazione"), i quali sono, appunto, attuabili liberamente e senza titolo
abilitativo edilizio -quelli di cui al 1° comma- ovvero previa mera comunicazione di
inizio dei lavori (CIL) -quelli di cui al 4° comma- (per tali interventi e/o opere,
inoltre, giusta quanto disposto dal 1° comma dell'art. 32 della medesima L.R., non è
dovuto il contributo di costruzione, fatta unicamente eccezione per gli interventi di
manutenzione straordinaria soggetti a CIL comportanti sia un aumento del carico
urbanistico sia un aumento della superficie calpestabile, i quali sono soggetti al
pagamento degli oneri di urbanizzazione) nonché
- le opere e gli interventi di cui all'art. 10 ("Procedure abilitative speciali").

La medesima L.R. (art. 9, 2° comma) prevede due soli titoli abilitativi: la


segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) e il permesso di costruire (PdC).
Mi preme rilevare come la formulazione letterale di tale norma non lasci più adito a
dubbi in merito alla qualificazione della SCIA (così come, per il passato, della DIA)
come "titolo abilitativo edilizio". Tale qualificazione, peraltro, era già stata
chiaramente affermata dai giudici amministrativi (cfr. da ultimo Consiglio di Stato,
sezione IV, ordinanza n. 14 del 7 dicembre 2010 e Consiglio di Stato, Adunanza
Plenaria, sentenza n. 15 del 2 maggio - 4 luglio 2011 nella quale il Collegio, dopo
aver chiarito "che la denuncia di inizio attività non è un provvedimento
amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo
costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l'intenzione di
intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge", espressamente afferma:
"Ne consegue che mentre nel silenzio assenso il titolo abilitativo è dato dal
provvedimento tacito dell'autorità, nella fattispecie in esame il titolo abilitante è
rappresentato dall'atto di autonomia privata che, grazie alla previsione legale
direttamente legittimante, consente l'esercizio dell'attività dichiarata senza il bisogno
dell'intermediazione preventiva di un provvedimento amministrativo.") -.
Come detto, uno dei principali aspetti innovativi della L.R. 15/2013 sulla
disciplina dell'attività edilizia è rappresentato proprio dalla sostituzione della SCIA
alla DIA come titolo abilitativo della maggior parte degli interventi edilizi
(sostanzialmente di tutti quelli sul patrimonio edilizio esistente e delle nuove
costruzioni puntualmente disciplinate dalla pianificazione urbanistica).
Infatti, come emerge da varie disposizioni della L.R. 15/2013 (ed in particolare dal 1°
comma dell'art. 13, che recita: "Sono obbligatoriamente subordinati a SCIA gli
interventi non riconducibili alla attività edilizia libera e non soggetti a permesso di
costruire, tra cui: ....."), la stessa provvede a definire in modo tassativo gli interventi
59
edilizi attuabili liberamente, quelli attuabili previa CIL e quelli subordinati a PdC,
utilizzando, invece, un criterio residuale per individuare gli interventi edilizi
subordinati a SCIA.

**********

Dovendo rispettare i tempi assegnati, mi limiterò all'esame di alcune questioni


problematiche relative alla fase finale dell'iter edilizio, concernenti gli adempimenti
prescritti alla fine dei lavori per quanto attiene agli interventi edilizi soggetti a titolo
abilitativo (PdC o SCIA).

Ricordo preliminarmente che la L.R. 31/2002 prevedeva (artt. 20, 21 e 22) due
diverse e distinte modalità di chiusura della pratica edilizia:
- in via generale (e cioè salvo che si trattasse degli interventi indicati nel 2° comma
dell'art. 21), l'iter edilizio si concludeva con la trasmissione al Comune, entro 15
giorni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori, della scheda tecnica descrittiva.
L'art. 20 della L.R. 31/2002 ("Scheda tecnica descrittiva e fascicolo del fabbricato")
stabiliva quanto segue: "1. Ogni immobile oggetto di intervento edilizio è dotato di
una scheda tecnica descrittiva, articolata per le diverse unità immobiliari che lo
compongono, nella quale sono riportati i dati catastali ed urbanistici utili all'esatta
individuazione dell'immobile, i dati metrici e dimensionali, le prestazioni fornite in
ordine ai requisiti obbligatori, nonché gli estremi dei provvedimenti comunali e delle
denunce di inizio attività relativi allo stesso. La scheda tecnica deve inoltre essere
completa con le dichiarazioni concernenti la rispondenza dell'edificio ai requisiti
obbligatori. 2. La scheda tecnica contiene la dichiarazione che sono stati
regolarmente effettuati i controlli in corso d'opera e finali e che l'opera realizzata è
conforme al progetto approvato o presentato ed alle eventuali varianti allo stesso.
Alla scheda tecnica sono allegati i certificati di collaudo e le ulteriori certificazioni
se previsti dalla legge. 3. La scheda tecnica ..... è predisposta ed aggiornata, anche
per gli effetti dell'art. 481 del codice penale, da un professionista abilitato. ..... 6. La
scheda tecnica è parte integrante del fascicolo del fabbricato, nel quale sono raccolte
e aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico
e riguardanti la sicurezza dell'intero fabbricato. ...." -.
Il 4° comma del medesimo articolo prevedeva che per tali interventi (non soggetti a
certificazione comunale della conformità edilizia) la Giunta Regionale, con propria
deliberazione, poteva individuare forme semplificate di predisposizione della scheda
tecnica descrittiva (si parlava, in tali casi, appunto di "scheda tecnica descrittiva
semplificata").
60
Sempre per tali interventi, il 4° comma del successivo art. 21 stabiliva che "la
dichiarazione di conformità del professionista abilitato, contenuta nella scheda
tecnica descrittiva ..... , tiene luogo del certificato di conformità edilizia e agibilità."-.
Infine, il 5° comma del medesimo articolo disponeva che il ritardo o la mancata
trasmissione al Comune di copia della scheda tecnica descrittiva comportava
l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da € 77,00 a € 464,00;
- qualora, invece, gli interventi edilizi eseguiti nell'immobile fossero rientrati tra
quelli indicati nel 2° comma dell'art. 21 ("Certificato di conformità edilizia e
agibilità") -e quindi soltanto ove si fosse trattato di interventi di nuova edificazione,
di interventi di ristrutturazione urbanistica o di interventi di ristrutturazione edilizia
(nelle rispettive definizioni contenute, come detto, nell'Allegato)-, la L.R. 31/2002
stabiliva che il titolare del PdC o il soggetto che aveva presentato la DIA (ovvero i
loro successori o aventi causa) era tenuto a chiedere il rilascio del certificato di
conformità edilizia e agibilità.

La disciplina della chiusura della pratica edilizia è stata profondamente


modificata dalla L.R. 15/2013, soprattutto in dipendenza delle modifiche alla
medesima apportate dall'art. 52 della L.R. 28/2013.
Tale ultima L.R., infatti:
- da un lato, ha abrogato l'art. 24 ("Scheda tecnica descrittiva e fascicolo del
fabbricato") della L.R. 15/2013 il quale, peraltro, appariva profondamente diverso
dall'art. 20 della vecchia L.R. (si riporta qui di seguito l'abrogato art. 24: "1. Ogni
immobile per il quale è richiesto il certificato di conformità edilizia e di agibilità ai
sensi dell'articolo 23, comma 1 è dotato di una scheda tecnica descrittiva generale e
delle schede relative alle singole unità immobiliari che lo compongono, nelle quali
sono riportati i dati catastali ed urbanistici utili all'esatta individuazione
dell'immobile o dell'unità immobiliare, i dati metrici e dimensionali, le prestazioni
fornite in ordine ai requisiti obbligatori, nonché gli estremi dei titoli edilizi relativi
allo stesso. 2. La scheda tecnica, predisposta ed aggiornata da un professionista
abilitato, attesta, ai sensi dell'articolo 481 del codice penale, la conformità edilizia e
l'agibilità dell'immobile. Essa contiene l'attestazione che l'opera realizzata è
conforme al progetto originario ed alle eventuali varianti, dal punto di vista
dimensionale e delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. La scheda tecnica contiene
altresì l'attestazione della sussistenza dei requisiti edilizi per il superamento e non
creazione delle barriere architettoniche, sensoriali e psicologico-cognitive e delle
condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e dei
relativi impianti, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente e con
61
riferimento al certificato di regolare esecuzione dei lavori, ai certificati di collaudo e
ad ogni altra dichiarazione di conformità e certificazione previste dalla legge. 3.
Con atto di coordinamento tecnico assunto ai sensi dell'articolo 16 della legge
regionale n. 20 del 2000 sono individuate forme semplificate di predisposizione della
scheda tecnica descrittiva, relativamente agli interventi non rientranti nella nuova
costruzione e nella ristrutturazione urbanistica ed edilizia. 4. Ai fini di una corretta
compilazione della scheda tecnica, il responsabile del procedimento è tenuto a
fornire al progettista i dati in possesso dell'ente che verranno richiesti. 5. La scheda
tecnica è parte integrante del fascicolo del fabbricato, nel quale sono raccolte e
aggiornate le informazioni di tipo progettuale, strutturale, impiantistico, geologico e
in particolare riguardanti la sicurezza, l'igiene, il risparmio energetico dell'intero
edificio e dei relativi impianti, nonché l'accessibilità, usabilità e fruibilità
dell'edificio ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche,
sensoriali e psicologico-cognitive. A tal fine, con l'atto di coordinamento tecnico di
cui al comma 3: a) sono specificati i contenuti del fascicolo del fabbricato; b) sono
stabilite le modalità di compilazione, custodia e aggiornamento del fascicolo, sia per
gli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sia per le nuove
costruzioni.");
- dall'altro, ha sostituito integralmente gli artt. 23 ("Certificato di conformità edilizia e
di agibilità") e 26 ("Sanzioni per il ritardo e per la mancata presentazione dell'istanza
di agibilità") della L.R. 15/2013, lasciandone invece invariato l'art. 25 ("Agibilità
parziale").

Giusta quanto disposto dal 2° comma dell'art. 23 della L.R. 15/2013, la pratica
edilizia si chiude con la trasmissione da parte dell'interessato allo Sportello unico
della comunicazione di fine dei lavori, trasmissione che deve avvenire entro 15
giorni dall'effettiva conclusione delle opere e comunque entro il termine di validità
del titolo abilitativo originario (giusta quanto disposto dall'art. 26 della medesima
L.R. "1. La tardiva richiesta del certificato di conformità edilizia e di agibilità, dopo
la scadenza della validità del titolo, comporta l'applicazione della sanzione
amministrativa pecuniaria per unità immobiliare di 100,00 euro per ogni mese di
ritardo, fino ad un massimo di dodici mesi. 2. Trascorso tale termine il Comune,
previa diffida a provvedere entro il termine di sessanta giorni, applica la sanzione di
1000,00 euro per la mancata presentazione della domanda di conformità edilizia e
agibilità.") -.
La comunicazione di fine lavori deve essere corredata:

62
- dalla domanda di rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità,
certificato che ora, come disposto dal 1° comma dell'art. 23, è richiesto per tutti gli
interventi edilizi subordinati a PdC o a SCIA nonché per gli interventi privati la cui
realizzazione sia prevista da accordi di programma, ai sensi della lettera a) del 1°
comma dell'art. 10 ("Procedure abilitative speciali");
- dalla dichiarazione asseverata, predisposta da professionista abilitato, che l'opera
realizzata è conforme al progetto approvato o presentato ed alle varianti, dal punto di
vista dimensionale, delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie nonché delle condizioni
di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli
stessi installati, superamento e non creazione delle barriere architettoniche, ad
esclusione dei requisiti e condizioni il cui rispetto è attestato dalle certificazioni di cui
oltre;
- dal certificato di collaudo statico, dalla dichiarazione dell'impresa installatrice che
attesta la conformità degli impianti installati alle condizioni di sicurezza, igiene,
salubrità e risparmio energetico e da ogni altra dichiarazione di conformità comunque
denominata, richiesti dalla legge per l'intervento edilizio realizzato;
- dall'indicazione del protocollo di ricevimento della richiesta di accatastamento
dell'immobile, quando prevista, presentata dal richiedente (evidenzio che, mentre nel
caso di intervento edilizio da attuarsi previa mera CIL il 6° comma dell'art. 7 della
L.R. stabilisce che alla fine dei lavori l'interessato deve obbligatoriamente provvedere
alla "trasmissione allo Sportello unico della copia degli atti di aggiornamento
catastale, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni", nel caso di interventi edilizi
subordinati a PdC o a SCIA è espressamente prescritta la sola "indicazione del
protocollo di ricevimento della richiesta di accatastamento dell'immobile, quando
prevista, presentata dal richiedente". Visto però quanto stabilito dalla lettera d) del
comma 10 del medesimo art. 23, mi pare evidente che anche per tali interventi sia
necessario trasmettere la copia integrale degli atti di aggiornamento catastale, ove
prescritti per legge);
- dalla SCIA per le eventuali varianti in corso d'opera realizzate ai sensi dell'art. 22
(SCIA che, come disposto di commi 3 e 5 del medesimo articolo, riguardando
modifiche meno rilevanti al progetto originario, può essere presentata allo Sportello
unico successivamente alla esecuzione delle opere edilizie e, appunto,
contestualmente alla comunicazione di fine dei lavori e che costituisce parte
integrante dell'originario titolo abilitativo);
- dalla documentazione progettuale che l'interessato si è (eventualmente) riservato di
presentare all'atto della fine dei lavori, ai sensi dell'art. 12, 5° comma, lettera c).
La Giunta regionale, con atto di coordinamento tecnico assunto ai sensi dell'art. 12,
63
individua i contenuti dell'asseverazione della dichiarazione predisposta dal
professionista abilitato e la documentazione da allegare alla domanda di rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità, allo scopo di assicurare la
semplificazione del procedimento per il rilascio dello stesso e l'uniforme applicazione
della relativa disciplina.
Lo Sportello unico, ove rilevi l'incompletezza formale della documentazione
presentata, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla presentazione della domanda,
richiede all'interessato, per una sola volta, la documentazione integrativa non a
disposizione dell'amministrazione comunale. La richiesta interrompe il termine per il
rilascio del certificato (di cui al comma 10 del medesimo art. 23), il quale ricomincia
a decorrere per intero dal ricevimento degli atti.
La completa presentazione della documentazione prescritta a corredo della
comunicazione di fine dei lavori ovvero l'avvenuta completa integrazione della
documentazione come sopra richiesta dallo Sportello unico consente l'utilizzo
immediato dell'immobile, fatto salvo l'obbligo di conformare l'opera realizzata alle
eventuali prescrizioni stabilite dallo Sportello unico in sede di rilascio del certificato
di conformità edilizia e di agibilità, ai sensi del comma 11, secondo periodo, dell'art.
23 (tale utilizzo immediato, peraltro, giusta quanto disposto dal comma 3-quater
dell'art. 6 della L.R. 5/2013, non è mai consentito qualora l'immobile oggetto di
intervento edilizio sia una sala da gioco ovvero un locale pubblico, un locale aperto al
pubblico, un circolo privato, un'attività commerciale o un pubblico esercizio,
comunque denominato, che sia destinato alla raccolta di scommesse o che offra
servizi telematici di trasmissione dati finalizzati al gioco d'azzardo e alle scommesse
o nel quale siano presenti e comunque accessibili apparecchi per il gioco lecito).
Il 6° comma dell'art. 23 stabilisce che, ai fini del rilascio del certificato di conformità
edilizia e di agibilità, sono sottoposte a controllo sistematico le opere realizzate in
attuazione di:
- interventi di nuova edificazione;
- interventi di ristrutturazione urbanistica;
- interventi di ristrutturazione edilizia;
- interventi edilizi per i quali siano state attuate varianti che presentino i requisiti di
cui all'art. 14-bis ("Variazioni essenziali") della L.R. 23/2004 (il quale -coordinato
con le disposizioni introdotte dal "Decreto Sblocca Italia"- dispone quanto segue: "1.
Sono variazioni essenziali rispetto al titolo abilitativo originario: a) il mutamento
della destinazione d'uso che comporta un incremento del carico urbanistico di cui
all'articolo 30, comma 1, della legge regionale in materia edilizia; b) gli aumenti di
entità superiore al 20 per cento rispetto alla superficie coperta, al rapporto di
64
copertura, al perimetro, all'altezza dei fabbricati, gli scostamenti superiori al 20 per
cento della sagoma o dell'area di sedime, la riduzione superiore al 20 per cento delle
distanze minime tra fabbricati e dai confini di proprietà anche a diversi livelli di
altezza; c) gli aumenti della cubatura rispetto al progetto del 10 per cento e
comunque superiori a 300 metri cubi, con esclusione di quelli che riguardino
soltanto le cubature accessorie ed i volumi tecnici, così come definiti ed identificati
dalle norme urbanistiche ed edilizie comunali; d) gli aumenti della superficie utile
superiori a 100 metri quadrati; e) ogni intervento difforme rispetto al titolo
abilitativo che comporti violazione delle norme tecniche per le costruzioni in materia
di edilizia antisismica; f) ogni intervento difforme rispetto al titolo abilitativo, ove
effettuato su immobili ricadenti in aree naturali protette, nonché effettuato su
immobili sottoposti a particolari prescrizioni per ragioni ambientali, paesaggistiche,
archeologiche, storico-architettoniche da leggi nazionali o regionali, ovvero dagli
strumenti di pianificazione territoriale od urbanistica. Non costituiscono variazione
essenziale i lavori realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione
paesaggistica, qualora rientrino nei casi di cui all'articolo 149 del decreto legislativo
n. 42 del 2004 e qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, ai sensi
dell'articolo 167 del medesimo decreto legislativo. 2. Ai sensi dell'articolo 22 della
legge regionale in materia edilizia, le varianti al titolo originario, che non
presentano le caratteristiche di cui al comma 1 del presente articolo e che siano
conformi alla disciplina dell'attività edilizia, di cui all'articolo 9, comma 3, della
medesima legge regionale in materia edilizia, possono essere attuate in corso
d'opera e sono soggette alla presentazione di SCIA di fine lavori, fermo restando, nei
casi di cui alle lettere e) ed f) del comma 1, la necessità di acquisire preventivamente
i relativi atti abilitativi. 3. Per assicurare l'uniforme applicazione del presente
articolo in tutto il territorio regionale, i Comuni, al fine dell'accertamento delle
variazioni, utilizzano unicamente le nozioni, concernenti gli indici e parametri edilizi
e urbanistici, stabilite dalla Regione ai sensi dell'articolo 16 della legge regionale n.
20 del 2000.") -.
I successivi commi 7 e 8 dell'art. 23 dispongono, rispettivamente, che
l'amministrazione comunale può definire modalità di svolgimento a campione dei
controlli di cui al 6° comma -comunque in una quota non inferiore al 25% degli
stessi- qualora le risorse organizzative disponibili non consentano di eseguire il
controllo di tutte le opere realizzate e che, fuori dai casi di cui al 6° comma, almeno il
25% dei restanti interventi edilizi è soggetto a controllo a campione (ricordo che con
la D.G.R. n. 76 del 27 gennaio 2014 è stato approvato l'atto di coordinamento tecnico
sui criteri di definizione dei campioni di pratiche edilizie soggette a controllo).
65
Peraltro, giusta quanto disposto dal comma 3-quater dell'art. 6 della L.R. 5/2013,
qualora l'immobile oggetto di intervento edilizio sia una sala da gioco ovvero un
locale pubblico, un locale aperto al pubblico, un circolo privato, un'attività
commerciale o un pubblico esercizio, comunque denominato, che sia destinato alla
raccolta di scommesse o che offra servizi telematici di trasmissione dati finalizzati al
gioco d'azzardo e alle scommesse o nel quale siano presenti e comunque accessibili
apparecchi per il gioco lecito, tale immobile è obbligatoriamente sottoposto a
controllo sistematico, non potendo in tal caso trovare applicazione (per espressa
previsione contenuta nel predetto comma 3-quater) quanto previsto dal 7° comma
dell'art. 23.
Entro 20 giorni dalla presentazione della domanda ovvero della documentazione
integrativa richiesta, lo Sportello unico comunica agli interessati che le opere da loro
realizzate sono sottoposte a controllo a campione ai fini del rilascio del certificato di
conformità edilizia e di agibilità. In assenza della tempestiva comunicazione della
sottoposizione del controllo a campione, il certificato di conformità edilizia e di
agibilità si intende rilasciato secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori.
Giusta quanto disposto dal 10° comma dell'art. 23, il certificato di conformità edilizia
e di agibilità è rilasciato entro il termine perentorio di 90 giorni dalla richiesta, fatta
salva l'interruzione di cui al comma 4, secondo periodo, del medesimo articolo. Entro
tale termine il responsabile del procedimento, previa ispezione dell'edificio (ricordo
che con la citata D.G.R. 76/2014 è stato approvato l'atto di coordinamento tecnico
sulle modalità di svolgimento dell'ispezione delle opere realizzate), controlla:
a) che le varianti eventualmente realizzate siano conformi alla disciplina dell'attività
edilizia di cui all'art. 9, comma 3;
b) che l'opera realizzata corrisponda al titolo abilitativo originario, come integrato
dall'eventuale SCIA di fine lavori presentata ai sensi dell'art. 22;
c) la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica
degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento e non creazione delle
barriere architettoniche, in conformità al titolo abilitativo originario;
d) la correttezza della classificazione catastale richiesta, dando atto nel certificato di
conformità edilizia e di agibilità della coerenza delle caratteristiche dichiarate
dell'unità immobiliare rispetto alle opere realizzate ovvero dell'avvenuta segnalazione
all'Agenzia delle entrate delle incoerenze riscontrate.
In caso di esito negativo dei controlli di cui al comma 10, lettere a) e b), trovano
applicazione le sanzioni di cui alla L.R. 23/2004, per le opere realizzate in totale o
parziale difformità dal titolo abilitativo o in variazione essenziale allo stesso; ove,
66
invece, lo Sportello unico rilevi la carenza delle condizioni di cui al comma 10,
lettera c), ordina motivatamente all'interessato di conformare l'opera realizzata, entro
il termine di 60 giorni, trascorso infruttuosamente il quale trova applicazione la
sanzione di cui all'art. 26, 2° comma, della L.R. 15/2013 (e cioè la sanzione
pecuniaria di € 1.000,00).
Giusta quanto disposto dal 12° comma dell'art. 23, decorso inutilmente il termine per
il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità, sulla domanda si intende
formato il "silenzio-assenso", secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori.
Come stabilito dal 13° comma del medesimo articolo, "la conformità edilizia e
l'agibilità, comunque certificata ai sensi del presente articolo, non impedisce
l'esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso,
ai sensi dell'articolo 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del
testo unico delle leggi sanitarie), ovvero per motivi strutturali." -.

La disciplina del certificato di conformità edilizia e di agibilità contenuta


nell'art. 23 della L.R. 15/2013, e come innanzi ricordata, deve -a seguito della
modifica apportata dal "Decreto Sblocca Italia" al comma 5-ter dell'art. 25
("Procedimento di rilascio del certificato di agibilità") del D.P.R. 380/2001-
intendersi integrata con le disposizioni contenute nei commi 5-bis e 5-ter del
medesimo art. 25 i quali stabiliscono: "5-bis. Ove l'interessato non proponga
domanda ai sensi del comma 1, fermo restando l'obbligo di presentazione della
documentazione di cui al comma 3, lettere a), b) e d), del presente articolo e
all'articolo 5, comma 3, lettera a), presenta la dichiarazione del direttore dei lavori
o, qualora non nominato, di un professionista abilitato, con la quale si attesta la
conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità, corredata dalla
seguente documentazione: a) richiesta di accatastamento dell'edificio che lo sportello
unico provvede a trasmettere al catasto; b) dichiarazione dell'impresa installatrice
che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di
sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa
vigente. 5-ter. Le Regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per
l'effettuazione dei controlli." -.
In argomento, la citata Circolare PG. 2014.0442803 del 21 novembre 2014 precisa
quanto segue: "Per effetto delle modifiche al comma 5-ter dell'art. 25 del T.U.
edilizia, le Regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per
l'effettuazione dei controlli nell’ambito del particolare procedimento di cui al comma
5-bis, concernente l'attestazione della conformità dell'opera al progetto presentato e
67
la sua agibilità da parte del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un
professionista abilitato. Il testo previgente prevedeva invece che le regioni dovessero
stabilire anche le modalità per l'attuazione delle disposizioni attinenti a tale
procedimento alternativo al rilascio del certificato di agibilità. Per effetto di questa
modifica legislativa, si ritiene che il procedimento di cui al comma 5-bis dell'art. 25
del dpr n. 380 del 2001 trovi diretta e immediata applicazione nella nostra regione,
rimanendo fermo che la dichiarazione asseverata del direttore dei lavori ivi prevista
può produrre gli effetti equivalenti al rilascio del certificato di conformità edilizia e
di agibilità solo nel caso in cui siano osservati tutti i requisiti e presupposti indicati
dalla medesima disposizione, tra cui innanzitutto l'acquisizione degli atti e pareri ivi
richiamati. Inoltre, si ritiene che, nell'esercizio della generale funzione di vigilanza e
controllo delle trasformazioni edilizie, i Comuni debbano esercitare sulle medesime
dichiarazioni le forme di controllo (sistematico o a campione) previste ai fini del
rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità dai commi 6, 7 e 8 dell'art.
23 della L.R. n. 15, con le modalità stabilite dalla Delibera della Giunta regionale n.
76 del 2014." -.
Personalmente ritengo che il parere espresso dalla Regione Emilia-Romagna nella
predetta circolare (ad avviso della quale il particolare procedimento di cui al comma
5-bis dell'art. 25 del D.P.R. 380/2001 trova diretta e immediata applicazione nella
nostra Regione) non tenga adeguatamente conto di tre dati importanti:
* il primo, che in base alla L.R. 15/2013 il documento da richiedere alla fine dei
lavori non è (come meglio precisato nel prosieguo) solo un certificato di agibilità
(come invece stabilito dalla normativa statale) ma è anche, e prima di tutto, un
certificato di conformità edilizia,
* il secondo, che nella stessa L.R. era già prevista la possibilità di utilizzare
l'immobile senza dover attendere il rilascio del predetto certificato o il formarsi del
"silenzio-assenso" (possibilità espressamente prevista dal comma 5 dell'art. 23 della
medesima L.R.) e
* il terzo, che deve ritenersi comunque salvo quanto disposto dal citato comma 3-
quater dell'art. 6 della L.R. 5/2013.

In ordine alla natura giuridica del certificato in parola, si rinvengono in dottrina


notevoli divergenze di opinione: secondo alcuni Autori (Sandulli e Santoliquido) si
tratta di un "provvedimento di abilitazione" rigorosamente vincolato, potendosi
ravvisare nel procedimento di controllo da parte del Comune soltanto una
"discrezionalità tecnica"; secondo altri (Virga, Vitta e Mastropasqua), invece, si tratta
di un "provvedimento di autorizzazione", presupponendo l'esercizio di una
68
"discrezionalità amministrativa", intesa quale potere di accettare o rifiutare il giudizio
tecnico in base a motivazioni di opportunità amministrativa.
Secondo, poi, la giurisprudenza della suprema Corte, tale certificato non ha valore di
mera certificazione amministrativa ma costituisce atto pubblico, anche agli effetti
della sussistenza del reato di cui all'art. 479 c.p. ("Falsità ideologica commessa dal
pubblico ufficiale in atti pubblici").

La disciplina del certificato di conformità edilizia e di agibilità contenuta nella


L.R. 15/2013, come innanzi ricordata, appare profondamente diversa sia rispetto a
quella contenuta negli artt. 21 e 22 della abrogata L.R. 31/2002 sia rispetto a quella
contenuta negli artt. 24, 25 e 26 del D.P.R. 380/2001.

Rispetto alla disciplina contenuta nell'abrogata L.R. 31/2002 le differenze più


rilevanti sono le seguenti:
- - - nella L.R. 31/2002 era il tipo di intervento edilizio eseguito (e non il titolo
abilitativo necessario per lo stesso) che determinava l'obbligo di richiedere il
certificato di conformità edilizia e agibilità. Nella L.R. 15/2013, invece, tale obbligo
è imposto per tutti gli interventi edilizi subordinati al rilascio (nel caso di PdC) o alla
presentazione (nel caso di SCIA o "SUPER-SCIA") di un titolo abilitativo (salvo,
come detto, per gli interventi privati la cui realizzazione sia prevista da accordi di
programma, ai sensi della lettera a) del 1° comma dell'art. 10, interventi che, come
detto, sono assoggettati a procedure abilitative speciali ma per i quali è comunque
previsto l'obbligo di richiedere il certificato di conformità edilizia e di agibilità); il
tipo di intervento eseguito assume, invece, rilevanza (ai sensi dei commi 6, 7 e 8
dell'art. 23) per stabilire se il controllo al quale sottoporre le opere realizzate debba
essere effettuato in modo sistematico ovvero a campione;
- - - la L.R. 31/2002 (art. 21, 3° comma) stabiliva che erano tenuti a chiedere il
rilascio del certificato in parola il titolare del PdC o il soggetto che aveva presentato
la DIA ovvero i loro successori o aventi causa -dovendo, a mio avviso, intendersi per
"successori" del e per "aventi causa" dal titolare del PdC/soggetto che ha presentato
la DIA (non già gli acquirenti delle singole unità immobiliari quanto piuttosto) i
soggetti che avessero acquisito (per successione mortis causa o per atto tra vivi) dal
titolare del PdC/soggetto che aveva presentato la DIA l'immobile per il quale era stato
richiesto o presentato il titolo abilitativo e che, quindi, fossero subentrati nel titolo
medesimo, giusta quanto disposto dall'art. 6, 3° comma, secondo periodo, della
medesima L.R. 31/2002-. La L.R. 15/2013, invece, pone l'obbligo di richiedere il
certificato di conformità edilizia e di agibilità a carico dell'"interessato";

69
- - - il 5° comma della L.R. 15/2013 disciplina in modo più chiaro rispetto al comma
7-bis dell'art. 21 della L.R. 31/2002 la possibilità dell'utilizzo immediato
dell'immobile nelle more del rilascio del certificato di conformità edilizia e di
agibilità o della formazione del "silenzio-assenso";
- - - la L.R. 15/2013 (a differenza della L.R. 31/2002) -venendo incontro alle esigenze
di cittadini ed imprese di poter disporre di parti autonome dei complessi edilizi
oggetto dell’intervento prima della completa conclusione dei lavori (onde consentire,
ad esempio, l'apertura di un esercizio commerciale o la compravendita di singole
unità immobiliari) e in conformità a prassi già adottate da alcune amministrazioni
comunali (come ad esempio, e sin dal 2006, il Comune di Parma)- prevede
espressamente, all'art. 25, l'"agibilità parziale", disponendo: "1. Il rilascio del
certificato di conformità edilizia e agibilità parziale può essere richiesto: a) per
singoli edifici e singole porzioni della costruzione, purché strutturalmente e
funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le infrastrutture
per l'urbanizzazione degli insediamenti relative all'intero edificio e siano state
completate le parti comuni relative al singolo edificio o singola porzione della
costruzione; b) per singole unità immobiliari, purché siano completate le opere
strutturali, gli impianti, le parti comuni e le opere di urbanizzazione relative
all'intero edificio di cui fanno parte. 2. Nel caso di richiesta di agibilità parziale, la
comunicazione di fine lavori individua specificamente le opere edilizie richiamate
dalle lettere a) e b) del comma 1, trovando applicazione per ogni altro profilo il
procedimento di cui all'articolo 23." -.
La disposizione in commento risolve, tra gli altri, i problemi che in passato si
ponevano con notevole frequenza con riferimento agli edifici ricompresi in Piani
Particolareggiati di Iniziativa Privata, superando e rendendo inefficaci le clausole
contenute in molte convenzioni urbanistiche stipulate tra il Comune e il "soggetto
attuatore" che, nel disciplinare l'esecuzione delle opere di urbanizzazione, stabilivano
ad esempio "Non potranno essere rilasciati certificati di conformità edilizia prima
del rilascio del certificato di funzionalità delle opere di urbanizzazione. Tale clausola
dovrà essere espressamente inserita nei rogiti di vendita dei singoli lotti edificabili."
ovvero "L'agibilità dei fabbricati realizzati potrà essere rilasciata solo dopo l'esito
favorevole del collaudo delle opere di urbanizzazione del sottosuolo e/o collaudo di
stralci funzionali di opere, in accordo con l'Amministrazione Comunale." -.
Con riferimento a tali clausole, avevo già (in precedenti relazioni a convegni, svolte
nel vigore della L.R. 31/2002) evidenziato che esse -come si evince dalla loro
formulazione- non ponevano alcun obbligo in capo al "soggetto attuatore",
limitandosi piuttosto a individuare nel mancato rilascio del certificato di funzionalità
70
delle opere di urbanizzazione un "fatto impeditivo" al rilascio del certificato di
conformità edilizia e agibilità da parte del Comune.
Esse, peraltro, non trovavano fondamento in alcuna norma di legge e avevano,
piuttosto, natura di (mera) pattuizione contrattuale (ricordo in argomento che anche
gli Autori che negano la natura contrattuale delle convenzioni urbanistiche
riconoscono che relativamente alle stesse sono comunque pienamente operative le
norme di diritto civile, in quanto compatibili); pertanto, pur vincolando pienamente le
parti che avevano sottoscritto la convenzione, esse avrebbero dovuto -giusta quanto
disposto dal 2° comma dell'art. 1372 c.c.- ritenersi improduttive di effetti nei
confronti dei terzi (tali essendo sia gli acquirenti dei singoli lotti di terreno ricompresi
nel Piano sia, e a maggior ragione, gli acquirenti delle singole unità immobiliari sugli
stessi edificate).
Inoltre, tenuto conto di quanto sopra detto, la loro qualificazione come obligationes
propter rem, già discutibile, a mio avviso, nel caso in cui un soggetto -acquistando la
totalità dell'area ricompresa nel Piano- fosse subentrato nell'esatta posizione
dell'originario stipulans -assumendo così la qualifica di (nuovo) "soggetto attuatore"-,
non sarebbe certamente stata sostenibile negli altri casi (a sostegno della suesposta
ricostruzione riporto qui di seguito la massima della sentenza della Corte di
Cassazione, sezione II civile, n. 12571 del 27 agosto 2002: "L'assunzione, a carico
del proprietario del terreno, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione
costituisce un'obbligazione "propter rem". Ciò comporta che essa va adempiuta non
solo da colui che ha stipulato la convenzione con il Comune, ma anche da colui
(se soggetto diverso) il quale richiede la concessione edilizia, e - inoltre - che colui
che realizza opere di trasformazione edilizia, valendosi della concessione
rilasciata al suo "dante causa", è solidalmente obbligato con quest'ultimo per il
pagamento degli oneri anzidetti. La natura reale dell'obbligazione non riguarda,
invece, i soggetti che utilizzano le opere di urbanizzazione da altri realizzate per una
loro diversa edificazione, senza avere con i primi alcun rapporto, e che, per ottenere
la loro diversa concessione edilizia, devono pagare al Comune concedente, per loro
conto, i relativi oneri di urbanizzazione.") -.
Come noto, l'art. 28 della L. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall'art. 8 della
L. 6 agosto 1967 n. 765, prevede che la convenzione urbanistica sia trascritta a cura
del proprietario. L'istituto della trascrizione, come è stato autorevolmente
evidenziato (Brienza e Petrelli), è qui utilizzato quale strumento di pubblicità della
conformazione e dello statuto urbanistico ed edilizio dell'area, quale strumento, cioè,
attraverso il quale si rende conoscibile la destinazione urbanistica della stessa, le
modalità e i limiti della sua utilizzazione e della sua circolazione e, in definitiva, la
71
qualità urbanistica della stessa. Dall'obbligo della trascrizione, parte della dottrina e
alcune pronunciati giurisprudenziali fanno discendere l'efficacia erga omnes degli
obblighi contenuti nella medesima (contra, però, Cassazione, sezione I civile,
sentenza n. 4301 del 29 aprile 1999). Ma non può non evidenziarsi che l'eventuale
trascrizione di una pattuizione obbligatoria (e qui sarebbe meglio parlare di
pattuizione convenzionale, giacché, come detto, dalle clausole in commento non
sembra derivare alcun obbligo) nulla aggiunge alla sua originaria efficacia né rende la
stessa opponibile ai terzi (essendo la trascrizione, come noto, conseguenza e non
fonte della realità).
Avevo anche evidenziato che, tenendo conto della formulazione letterale di tali
clausole ("Non potranno essere rilasciati certificati di conformità edilizia ....."),
sarebbe stato legittimo ritenere che le stesse fossero piuttosto il retaggio di vecchie
convenzioni il cui testo (non più rimeditato in modo approfondito) era stato
predisposto in un'epoca in cui era sconosciuto l'istituto del "silenzio-assenso", istituto
che, come dirò meglio nel prosieguo, opera in presenza di due elementi (necessari e
sufficienti): la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge e il
decorso (infruttuoso) del termine stabilito dalla medesima -rilevando che non mi
pareva che il "certificato di funzionalità delle opere di urbanizzazione" fosse (né
potesse ritenersi) ricompreso tra "i certificati di collaudo e le ulteriori certificazioni
..... previsti dalla legge" che, ai sensi dell'art. 20 della L.R., dovevano essere allegati
alla scheda tecnica descrittiva-;
- - - il 12° comma dell'art. 23 della L.R. 15/2013 (conformemente al 4° comma
dell'art. 25 del D.P.R. 380/2001) qualifica ora espressamente l'inerzia
dell'amministrazione comunale come "silenzio-assenso". Il 6° comma dell'art. 22
della L.R. 31/2002, invece, si limitava a stabilire che "Nel caso di inutile decorso del
termine di cui al comma 3, la conformità edilizia e agibilità si intende attestata
secondo quanto dichiarato dal professionista nella scheda tecnica descrittiva. In tale
caso la scheda tecnica descrittiva tiene luogo del certificato di conformità." -.
Il "silenzio-assenso" -istituto non nuovo nel diritto amministrativo (in generale) e nel
diritto urbanistico-edilizio (in particolare)- fu introdotto per la prima volta, in materia
di "abitabilità", dall'art. 4 del D.P.R. 22 aprile 1994 n. 425 ("Regolamento recante
disciplina dei procedimenti di autorizzazione all'abitabilità, di collaudo statico e di
iscrizione al catasto") -decreto poi abrogato dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001 n.
379 e dall'art. 136 del D.P.R. 380/2001- e fu poi disciplinato dall'art. 25 del predetto
D.P.R. 380/2001 (norma, si badi, di natura regolamentare) e, per quanto concerne la
Regione Emilia-Romagna, appunto dal 6° comma dell'art. 22 della L.R. 31/2002; ma,
mentre l'art. 25 del D.P.R. 380/2001 qualificava (peraltro per la prima volta)
72
espressamente l'inerzia della Pubblica Amministrazione nella materia di cui ci stiamo
occupando come "silenzio-assenso", la L.R. 31/2002 non conteneva, come detto,
analoga espressa qualificazione (ancorché si riteneva pacificamente che anche con
riferimento all'ipotesi di cui al 6° comma dell'art. 22 di tale legge potesse
correttamente parlarsi di "silenzio-assenso").
Come noto, numerose e diverse sono le ipotesi di inerzia da parte della Pubblica
Amministrazione alle quali la legge dà rilievo, attribuendo al "silenzio" il valore
legale tipico proprio di un atto amministrativo (precisandosi che, dalle ipotesi di
"silenzio significativo", vanno tenuti ben distinti i casi in cui la volontà della Pubblica
Amministrazione si manifesta in "forma tacita", e cioè sia desumibile indirettamente
da un provvedimento o da un comportamento della medesima -come, ad esempio, nel
caso in cui sia emanato un provvedimento successivo che presuppone un atto
precedente e dal quale si desume, quindi, il compimento di quest'ultimo e il relativo
contenuto-. Si parla, in tali casi, anche -e più correttamente- di "dichiarazioni
implicite").
La dottrina più autorevole (Sandulli) individua le seguenti ipotesi di "silenzio
significativo":
- il "silenzio-accoglimento", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di
accoglimento di un'istanza;
- il "silenzio-rigetto", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il valore di diniego
di accoglimento di un'istanza o di un ricorso;
- il "silenzio-assenso", nei casi in cui la legge attribuisce al silenzio il contenuto di un
atto positivo di controllo;
- il "silenzio-inadempimento", nei casi in cui la Pubblica Amministrazione ometta di
provvedere nei termini previsti dalla legge (e nonostante la formale messa in mora ad
opera dell'interessato) e la legge non contenga alcuna indicazione in ordine al
significato da attribuire al silenzio.
A tali ipotesi, secondo un altro Autore (Guarino), sarebbero da aggiungere anche
quelle del "silenzio-approvazione", del "silenzio facoltativo", del "silenzio-rinunzia"
e del "silenzio illecito".
Per quanto concerne il "silenzio-assenso", in particolare, va evidenziato che esso (a
differenza del "silenzio-rifiuto") è un istituto di origine legislativa e non
giurisprudenziale, la cui applicazione eccezionale trova conferma negli artt. 2 e 20
della già citata L. 241/1990: i casi di "silenzio-assenso" sono, quindi, tassativamente
indicati dalla legge.
La Corte di Cassazione ha affermato (Cassazione, sezione III civile, sentenza del 16
ottobre 1998) che "In tema di rilascio di licenza di abitabilità, il silenzio-assenso
73
previsto dall'art. 4 del D.P.R. n. 425 del 1994 si configura non tanto come
legittimazione ex lege che prescinde dalla pronuncia della Pubblica Amministrazione
e trova il suo fondamento nell'effettiva sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla
legge per il suo rilascio, quanto come forma di assentimento tacito i cui effetti,
tuttavia, non si producono ove non sussistano i presupposti e i requisiti previsti dalla
legge." e (Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 7472 del 14 aprile 2015) che "In
tema di licenza di abitabilità di immobili la fattispecie di assenso delineata dall'art. 4
del d.P.R. n. 425/1994 presuppone sia che il proprietario, all'atto della presentazione
della domanda di rilascio del certificato di abitabilità (ora, agibilità), offra tutta la
documentazione richiesta dal primo comma di detta norma, sia il decorso del tempo
idoneo ad integrare la fattispecie legale tipica del silenzio-assenso." -.
Le suindicate pronunzie contengono l'espressione di un principio generale (principio
ribadito, ancorché con riferimento alla chiusura per "silenzio-assenso" di una pratica
di condono edilizio, anche dal Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza n. 3076
del 17 giugno 2014 nella quale si legge: "Risulta condivisibile l'affermazione del
primo Giudice contestata dagli odierni appellanti secondo la quale il silenzio assenso
ex art. 35, l. 47 del 1985 come modificato dall'art. 39, l. 724 del 1994 e successive
modifiche, non opera nel caso in cui l'istanza non sia corredata dalla necessaria
documentazione. E', infatti, espressione di orientamento consolidato di questo
Consiglio l'affermazione secondo la quale il decorso dei termini fissati dall'art. 35,
comma 18, L. 28 febbraio 1985, n. 47 - per la formazione del silenzio-accoglimento
sull'istanza di condono edilizio e per la prescrizione dell'eventuale diritto al
conguaglio delle somme dovute - presuppone la completezza della domanda di
sanatoria (Cons. St., Sez. VI, 1° febbraio 2013, n. 612; CGA 23 ottobre 2012, n.
1000; Cons. St., Sez. V, 2 febbraio 2012, n. 578). Pertanto, nella fattispecie nessun
silenzio assenso poteva dirsi formato." e dal Consiglio di Stato, sezione VI, nella
sentenza n. 3661 del 27 luglio 2015 "Il silenzio assenso non si perfeziona per il solo
fatto dell'inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della
domanda di sanatoria e del pagamento dell'oblazione, occorrendo altresì
l'acquisizione della prova, da parte del Comune medesimo, della ricorrenza dei
requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore. In
particolare, pertanto, il silenzio assenso non si forma per effetto della presentazione
di una domanda che non sia corredata dalla integrale dimostrazione dell'esistenza di
detti requisiti, relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all'ubicazione, alla
consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere
utilmente esercitati i poteri di verifica dell'amministrazione comunale."), in
conseguenza e in applicazione del quale (tenendo conto delle disposizioni contenute
74
nella L.R. 15/2013) deve ritenersi che, affinché possa considerarsi validamente
formato il "silenzio-assenso", ai sensi e per gli effetti di cui al 12° comma dell'art. 23,
è necessario:
- 1) che l'edificio sia stato regolarmente assentito con un idoneo titolo abilitativo e
che questo sia conforme alla disciplina dell'attività edilizia di cui al 3° comma
dell'art. 9;
- 2) che i lavori siano stati iniziati e ultimati nel rispetto dei termini di validità
(rectius di efficacia) del titolo medesimo;
- 3) che l'opera realizzata corrisponda al titolo abilitativo originario, come integrato
dall'eventuale SCIA di fine lavori presentata ai sensi dell'art. 22;
- 4) che sussistano tutte le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza
energetica dell'edificio e degli impianti nello stesso installati, superamento e non
creazione delle barriere architettoniche, in conformità al titolo abilitativo originario;
- 5) che sia stata presentata allo Sportello unico la comunicazione di fine dei lavori,
corredata da tutta la documentazione prescritta dal 2° comma dell'art. 23.
Tra i documenti da presentare a corredo della documentazione di fine lavori ricordo,
in particolare, l'Attestato di Qualificazione Energetica (A.Q.E.) -.
I punti 4.6 e 4.8 della già citata D.A.L. 156/2008 stabilivano rispettivamente che "La
scheda tecnica descrittiva di cui all'art. 20 della L.R. 31/2002 è integrata dalla
dichiarazione di conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e alla
relazione tecnica per il soddisfacimento dei requisiti minimi di rendimento energetico
di cui agli allegati 2 e 3 e dall'attestato di qualificazione energetica redatto secondo
lo schema di cui all'Allegato 5. ....." e che "L'attestato di qualificazione energetica,
redatto da tecnici abilitati, in riferimento ai propri ambiti di competenza e asseverato
dal direttore dei lavori, attesta la conformità delle opere realizzate al progetto ed
alle norme di riferimento vigenti. ...." -. Il punto 2 dell'Allegato 5 della medesima
D.A.L. disponeva quindi: "L'attestato di qualificazione energetica dell'edificio (o di
una sua parte), redatto da uno o più tecnici qualificati, in riferimento ai propri
ambiti di competenza, e asseverato dal direttore dei lavori: a) attesta la conformità
delle opere realizzate al progetto, nel rispetto dei valori limite fissati dalle norme
vigenti b) attesta la prestazione energetica complessiva o parziale del sistema
edificio/impianti c) indica i possibili interventi migliorativi in un bilancio
costi/benefici." -.
La redazione dell'A.Q.E. (al termine dei lavori) era prescritta dalla medesima D.A.L.:
* per gli edifici di nuova costruzione, e cioè gli edifici per la realizzazione dei quali la
richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata presentata successivamente al

75
1° luglio 2008, data di entrata in vigore della normativa regionale (o più
correttamente, come recitava il punto 4.1 della D.A.L., a partire dal 1° luglio 2008);
* per gli interventi sugli edifici esistenti, e cioè gli edifici costruiti in forza di PdC
richiesto o di DIA presentata anteriormente al 1° luglio 2008, (interventi) richiamati
al punto 3.1, lettera a), della D.A.L. -e cioè per i casi di demolizione totale e
ricostruzione degli edifici esistenti e di interventi di ristrutturazione integrale di
edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 metri quadrati- per i quali la
richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata presentata a partire dal 1°
luglio 2008;
* per gli interventi sugli edifici esistenti, nell'accezione innanzi indicata, (interventi)
richiamati al punto 3.1, lettere b) e c), della D.A.L., e cioè:
a) ampliamento dell'edificio nel caso che il volume a temperatura controllata della
nuova porzione di edificio risulti superiore al 20% di quello dell'edificio esistente e
comunque in tutti i casi in cui l'ampliamento sia superiore agli 80 metri quadrati,
b) interventi su edifici esistenti non ricadenti nelle tipologie di cui alle lettere a) e b)
del punto 3.1 della D.A.L., quali:
- ampliamenti volumetrici, sempre che il volume a temperatura controllata della
nuova porzione dell'edificio non risulti superiore al 20% di quello esistente e
comunque in tutti i casi in cui l'ampliamento sia inferiore agli 80 metri quadrati,
- ristrutturazione totale o parziale di edifici esistenti di superficie utile non superiore a
1.000 metri quadrati,
- manutenzione straordinaria dell'involucro edilizio,
- recupero di sottotetti per finalità d'uso,
- nuova installazione o ristrutturazione di impianti termici in edifici esistenti,
- sostituzione di generatori di calore
interventi per i quali la richiesta di PdC o la SCIA (ovvero la DIA) fosse stata
presentata a partire dal 1° luglio 2008.
Il punto 6 - compiti del direttore lavori a fine lavori - lettera a) dell'Allegato 5 della
medesima D.A.L. (nella sua formulazione originaria, poi modificata dalla D.G.R. n.
1362 del 20 settembre 2010) stabiliva testualmente che la dichiarazione di fine lavori
era inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non era accompagnata dalla dichiarazione
di conformità al progetto dell'intervento realizzato e dall'A.Q.E., debitamente
asseverati. Tale inciso non era stato riprodotto nel nuovo testo dell'Allegato 5 alla
D.A.L. ma (come affermato in precedenti interventi) avevo ritenuto, tenuto conto di
quanto stabilito dal punto 1 del novellato Allegato 5 e tenuto conto del fatto che,
come prescritto dal punto 4.2 della D.A.L., tale documentazione era necessaria per il
collaudo delle opere e per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di
76
agibilità, che nulla nella sostanza fosse cambiato e che pertanto, mancando la predetta
documentazione, la dichiarazione di fine lavori dovesse comunque considerarsi
inefficace -evidenziandosi che tale inefficacia sembrerebbe riguardare anche i profili
disciplinati dal 1° comma dell'art. 16 ("I lavori oggetto della SCIA devono iniziare
entro un anno dalla data della sua efficacia e devono concludersi entro tre anni dalla
stessa data. Decorsi tali termini, in assenza di proroga di cui al comma 2, la SCIA
decade di diritto per le opere non eseguite. La realizzazione della parte
dell'intervento non ultimata è soggetta a nuova SCIA.") e dal 5° comma dell'art. 19
("La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è
subordinata a nuovo titolo abilitativo per le opere ancora da eseguire ed
all'eventuale aggiornamento del contributo di costruzione per le parti non ancora
eseguite.") della L.R. 15/2013-.
Con la ricordata Deliberazione della Giunta Regionale del 20 luglio 2015 n. 967, è
stato approvato l'atto di coordinamento tecnico regionale per la definizione dei
requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici.
In conseguenza, a partire dal 1° ottobre 2015, la materia è regolata dalle nuove
disposizioni contenute nel predetto Atto, allegato alla D.G.R. in parola, e nei relativi
Allegati (in particolare dall'art. 8 dell'Atto e dall'Allegato 5). La medesima D.G.R.
stabilisce che le disposizioni contenute nella D.A.L. 156/2008 e nei relativi allegati
(come innanzi ricordate) continuano a trovare applicazione per le varianti in corso
d'opera e per le variazioni essenziali relative a titoli edilizi in corso di validità al 1°
ottobre 2015.
L'Allegato 1 ("Definizioni e termini") all'Atto in parola definisce l'Attestato di
Qualificazione Energetica (AQE) come "il documento predisposto ed asseverato da
un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla
progettazione o alla realizzazione dell'edificio, nel quale sono riportati i fabbisogni
di energia primaria di calcolo, la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità
immobiliare, in relazione al sistema di certificazione energetica regionale in vigore,
ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il
caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova
costruzione." -.
L'art. 8 dell'Atto ("Documentazione tecnica, titoli abilitativi, accertamenti") dispone
quanto segue: "1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Atto, il
rispetto dei requisiti minimi di cui all'Allegato 2 è obbligatorio, con la gradualità ivi
indicata, per tutti gli interventi di cui all'art. 3, indipendentemente dal fatto che essi
siano soggetti a titolo abilitativo ai sensi della Legge Regionale n. 15/2013, o siano
riconducibili ai casi di cui all'art. 7 della medesima Legge Regionale 15/2013. 2. Ai
77
sensi dell'art. 8 comma 1 del Decreto, il progettista o i progettisti, nell'ambito delle
rispettive competenze, edili, impiantistiche termotecniche, elettriche e
illuminotecniche, devono predisporre una relazione tecnica di progetto attestante la
rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici
e dei relativi impianti termici di cui al presente atto, tenuto conto delle eventuali
eccezioni puntualmente indicate in Allegato 2. 3. La relazione tecnica di progetto di
cui al comma 2 tiene luogo a tutti gli effetti della documentazione progettuale di cui
all'articolo 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, deve essere predisposta
sulla base dello schema riportato in Allegato 4, con riferimento alla tipologia di
intervento prevista, e contiene la dichiarazione con cui il progettista abilitato
assevera che l'intervento da realizzare: a) è compreso nelle tipologie di intervento
elencate nell'articolo 3; b) è conforme ai requisiti di prestazione energetica di cui
all'Allegato 2 applicabili. 4. Ai fini della più estesa applicazione dell'articolo 26,
comma 7, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, per gli enti soggetti all'obbligo di cui
all'articolo 19 della stessa legge, la relazione tecnica di cui al comma 2 è integrata
attraverso attestazione di verifica sulla applicazione del progetto articolo 26, comma
7 redatta dal Responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia
nominato. 5. Ai sensi dell'art. 8 comma 1 del Decreto, il proprietario dell'edificio, o
chi ne ha titolo, allega la relazione tecnica di cui al comma 2 alla
richiesta/presentazione del titolo abilitativo o alla comunicazione di inizio attività.
Nel caso di attività edilizia libera eseguibile senza comunicazione, la relazione è
conservata dal proprietario o da chi ne ha titolo, tra cui l'amministratore di
condominio. 6. Nel caso di sostituzione dei generatori di calore di potenza nominale
del focolare inferiore a 35 kW, o di installazione di pompa di calore avente potenza
termica non superiore a 15 kW, la relazione tecnica di cui al comma 2 può essere
omessa a fronte dell'obbligo di acquisizione della dichiarazione di conformità
rilasciata ai sensi del DM 37 del 2008. L'obbligo di redazione della relazione tecnica
sussiste solo nel caso di un eventuale cambio di combustibile o tipologia di
generatore, come, ai soli fini esemplificativi e in modo non esaustivo, la sostituzione
di una caldaia a metano con una caldaia alimentata a biomasse combustibili. 7. Nel
caso di edifici di nuova costruzione di cui all'art. 3 comma 2 lett. a), e di edifici
esistenti soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello di cui all'art. 3 comma
2 lett. b) punto i, nell'ambito della relazione di cui al comma 2 è prevista una
valutazione della fattibilità tecnica, ambientale ed economica per l'inserimento di
sistemi alternativi ad alta efficienza, tra i quali sistemi di fornitura di energia
rinnovabile, cogenerazione, teleriscaldamento e teleraffrescamento, pompe di calore
e sistemi di monitoraggio e controllo attivo dei consumi. La valutazione della
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fattibilità tecnica di sistemi alternativi deve essere documentata e disponibile a fini di
verifica. 8. L'inosservanza degli obblighi di dotazione minima da fonti energetiche
rinnovabili, di cui al punto B.7 dell'Allegato 2 del presente Atto, per le tipologie di
intervento ivi specificate, comporta l'obbligo di conformazione del progetto e delle
opere, secondo le modalità stabilite dagli artt. 13, 18 e 23 della L.R. 15 del 2013. 9.
Al termine dei lavori, nel caso di edifici di nuova costruzione di cui all'art. 3 comma
2 lett. a), di edifici esistenti soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello di
cui all'art. 3 comma 2 lett. b) punto i, e di ampliamenti di cui all'art. 3 comma 3
punto i, deve essere predisposto e asseverato da un professionista abilitato, non
necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione
dell'edificio, l'Attestato di Qualificazione Energetica, senza alcun onere aggiuntivo
per il committente. 10. L'Attestato di Qualificazione Energetica, redatto in
conformità allo schema di cui all'Allegato 5, attesta il rispetto dei requisiti minimi di
prestazione energetica previsti e riporta i fabbisogni di energia primaria di calcolo,
la classe di appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione al
sistema di certificazione energetica in vigore, ed i corrispondenti valori massimi
ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano
fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. 11. L'attestato di
qualificazione energetica, al di fuori di quanto previsto al precedente comma 9, è
facoltativo ed è predisposto al fine di semplificare il successivo rilascio dell'attestato
di prestazione energetica. 12. Nel casi di interventi di riqualificazione energetica di
cui di cui all'art. 3 comma 2 lett. c), nel caso in cui l'intervento preveda la mera
sostituzione di elementi edilizi o di sistemi tecnici per l'edilizia funzionalmente
autonomi e dotati di caratteristiche prestazionali certificate, la conformità delle
opere realizzate rispetto al progetto è attestata, dall'impresa esecutrice. 13. La
documentazione di cui ai precedenti commi 9 e 12 è allegata alla richiesta di
certificato di conformità edilizia e agibilità ovvero alla comunicazione di fine dei
lavori per le opere soggette a CIL. Nel caso di intervento di attività edilizia libera
non soggetto a CIL la stessa documentazione è conservata dal proprietario o da chi
ne ha titolo. 14. Ai sensi dell'art. 15 comma 1 del Decreto, la relazione tecnica di cui
al comma 2 e l'attestato di qualificazione energetica di cui al comma 9 sono resi in
forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'articolo 47 del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. 15. Ai sensi dell'art. 8
comma 3 del Decreto, una copia della documentazione di cui al comma 14 è
conservata dal Comune, anche ai fini degli accertamenti di cui ai commi seguenti: a
tale scopo il Comune può richiedere la consegna della documentazione anche in
79
modalità informatica. 16. La verifica dei requisiti di prestazione energetica di cui al
presente Atto è svolta nell'ambito dei controlli sui titoli edilizi e sulle opere come
richiesti dalla Legge Regionale n. 15/2013 e con le modalità di cui alla delibera della
Giunta regionale n. 76 del 2014. 17. A tal fine, e ai sensi dell'art. 8 comma 4 del
Decreto, il Comune, anche avvalendosi di esperti o di organismi esterni, qualificati e
indipendenti, definisce le modalità per la conduzione dei controlli, accertamenti e
ispezioni in corso d'opera, ovvero entro cinque anni dalla data di fine lavori
dichiarata dal committente, volti a verificare la conformità delle opere e dei lavori
realizzati alla documentazione progettuale di cui al comma 2 e il rispetto dei requisiti
del presente Atto." -.
L'art. 1 ("L'Attestato di Qualificazione Energetica: ambito di applicazione e modalità
di redazione") dell'Allegato 5 all'Atto ("Attestato di Qualificazione Energetica degli
edifici") stabilisce quanto segue: "1. Ai sensi di quanto indicato all'art. 8 comma 9
dell'Atto, e nei casi ivi previsti (ovvero per le Categorie di intervento 1 e 2 indicate
all'art. 1 dell'Allegato 2) [e cioè per gli edifici di nuova costruzione e ad essi
assimilati e per gli edifici esistenti oggetto di ristrutturazioni importanti di primo
livello, quali definiti dall'Allegato 1 all'Atto], deve essere redatto l'Attestato di
Qualificazione Energetica, con riferimento al sistema edificio/impianto nella sua
globalità, conformemente alle disposizioni di cui al presente Allegato. 2. L'attestato
di qualificazione energetica è redatto ed asseverato da uno o più tecnici qualificati,
in riferimento ai propri ambiti di competenza, non necessariamente estraneo alla
proprietà, alla progettazione o alla realizzazione degli interventi, e riporta: a)
attestazione della conformità delle opere realizzate al progetto ed alle norme di
riferimento vigenti; b) i fabbisogni di energia primaria di calcolo, attraverso i
relativi indici globale e parziale per i servizi energetici considerati, ed i
corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il
caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova
costruzione; c) la classe di appartenenza dell'edificio o dell'unità immobiliare in
relazione al sistema di certificazione energetica vigente, e quella minima ammissibile
per un identico edificio di nuova costruzione secondo la normativa in vigore; d) i
possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche e la classe di
appartenenza dell'edificio, o dell'unità immobiliare, in relazione ai passaggi di classe
a seguito della eventuale realizzazione degli interventi stessi, in un bilancio
costi/benefici. 3. L'estensore provvede ad evidenziare opportunamente sul
frontespizio del documento che il medesimo non costituisce attestato di prestazione
energetica dell'edificio, nonché, nel sottoscriverlo, quale è od è stato il suo ruolo con
riferimento all'edificio medesimo. 4. Il tecnico qualificato che redige l'Attestato di
80
qualificazione energetica ne assevera i contenuti con riferimento al rispetto dei
criteri e delle metodologie di determinazione della prestazione energetica. 5. Il
direttore dei lavori, al completamento degli stessi, assevera la conformità delle opere
realizzate e dei lavori eseguiti rispetto al progetto ed alla relazione di cui al comma
2, e l'attestato di qualificazione energetica dell'edificio come realizzato, quando
previsto. 6. L'Attestato di qualificazione energetica deve essere presentata al comune
di competenza, contestualmente alla dichiarazione di fine lavori, quando richiesta.
La dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è
accompagnata da tale documentazione asseverata. 7. Ai sensi dell'art. 15 comma 1
del Decreto, la relazione tecnica di cui all'art. 8 comma 2 dell'Atto e l'attestato di
qualificazione energetica di cui al comma 9 sono resi in forma di dichiarazione
sostitutiva di atto notorio ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al
D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445." -.
Il successivo art. 2 ("Contenuti dell'Attestato di Qualificazione Energetica") stabilisce
quali sono gli elementi descrittivi che l'A.Q.E. deve riportare mentre l'art. 3 ("Schema
di riferimento per la redazione dell’Attestato di Qualificazione Energetica") dispone
che per la compilazione dell'A.Q.E. è opportuno utilizzare lo schema di riferimento
contenuto nel medesimo Allegato 5.
Come detto, quindi, la dichiarazione di fine lavori è inefficace ove alla stessa non sia
allegato l'A.Q.E., evidenziandosi che tale inefficacia sembrerebbe riguardare anche i
profili disciplinati dal 1° comma dell'art. 16 ("I lavori oggetto della SCIA devono
iniziare entro un anno dalla data della sua efficacia e devono concludersi entro tre
anni dalla stessa data. Decorsi tali termini, in assenza di proroga di cui al comma 2,
la SCIA decade di diritto per le opere non eseguite. La realizzazione della parte
dell'intervento non ultimata è soggetta a nuova SCIA.") e dal 5° comma dell'art. 19
("La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito è
subordinata a nuovo titolo abilitativo per le opere ancora da eseguire ed
all'eventuale aggiornamento del contributo di costruzione per le parti non ancora
eseguite.") della L.R. 15/2013.
Ricordo, infine, che, giusta quanto disposto dal 3° comma dell'art. 56 ("Titoli
abilitativi, procedimenti edilizi e sanzioni") della citata L.R. 6/2009, "Alla
conclusione dei lavori la verifica delle opere realizzate è attuata in conformità al
Titolo III della medesima legge regionale n. 31 del 2002. La scheda tecnica
descrittiva di cui all'articolo 20 della legge regionale n. 31 del 2002 è integrata
dall'attestazione di qualificazione energetica, che certifica l'utilizzo delle tecniche
costruttive e il rispetto degli indici di prestazione energetica di cui all'articolo 53,
81
comma 3 e comma 5, lettera a), e all'articolo 54, comma 4. In mancanza di detta
certificazione, il certificato di conformità edilizia e agibilità di cui all'articolo 21
della medesima legge regionale n. 31 del 2002 non può essere rilasciato." -.
Ritengo, perciò, che il Notaio debba opportunamente verificare (attraverso l'esame
diretto dei titoli abilitativi -tanto del titolo originario quanto delle successive varianti,
onde accertare la natura delle stesse- e/o attraverso l'acquisizione di idonea
dichiarazione scritta redatta da un tecnico abilitato) se sussista o meno l'obbligo di
redazione dell'A.Q.E. e, in caso di risposta positiva, che esso sia stato regolarmente
depositato in Comune a corredo della comunicazione di fine dei lavori -fermo
restando, ovviamente, che nessuna valutazione il Notaio dovrà effettuare in merito al
contenuto del documento, la cui responsabilità è per legge demandata ad altro
soggetto (come sancito dall'art. 8 dell'Atto e dal relativo Allegato 5 nonché dall'art.
15 del D.Lgs. 192/2005) e il cui controllo (anche per quanto attiene alla sua regolarità
formale) è di competenza degli uffici comunali-.
Sempre per quanto concerne il rapporto tra le norme in materia energetica e le norme
in materia di edilizia, ricordo che il 1° comma dell'art. 6 ("Attestato di prestazione
energetica, rilascio e affissione.") del D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 192 dispone che "A
decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'attestato di
prestazione energetica degli edifici è rilasciato per gli edifici o le unità immobiliari
costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per gli edifici indicati al comma 6.
Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, sono
dotati di un attestato di prestazione energetica prima del rilascio del certificato di
agibilità. Nel caso di nuovo edificio, l'attestato è prodotto a cura del costruttore, sia
esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente.
..... " e che, correlativamente, i commi 4 e 7 del successivo art. 15 "(Sanzioni.")
dispongono rispettivamente che "Il direttore dei lavori che omette di presentare al
comune l'asseverazione di conformità delle opere e l'attestato di qualificazione
energetica, di cui all'articolo 8, comma 2, prima del rilascio del certificato di
agibilità, è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 1000 euro e non
superiore a 6000 euro. Il comune che applica la sanzione deve darne comunicazione
all'ordine o al collegio professionale competente per i provvedimenti disciplinari
conseguenti." e che "In caso di violazione dell'obbligo di dotare di un attestato di
prestazione energetica gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a
ristrutturazioni importanti, come previsto dall'articolo 6, comma 1, il costruttore o il
proprietario è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 3000 euro e non
superiore a 18000 euro." -.

82
Occorre allora chiedersi: il mancato rispetto dell'obbligo di dotazione dell'A.P.E.
produce effetti sull'iter edilizio? E cioè, e più chiaramente: la mancata dotazione
dell'A.P.E. impedisce il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità
(ovvero il valido e regolare formarsi del "silenzio-assenso", in presenza dei
presupposti e delle condizioni stabiliti dalla L.R. 15/2013)?
A favore di una risposta positiva potrebbero invocarsi due argomenti: il primo
consistente nel tenore letterale della disposizione di cui al 1° comma, secondo
periodo, del citato art. 6 e il secondo consistente nella disposizione di cui al comma
282 dell'art. 2 della L. 24 dicembre 2007 n. 244 - Legge Finanziaria 2008, il quale
dispone che "Per le nuove costruzioni che rientrano fra gli edifici di cui al decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, il rilascio del
certificato di agibilità al permesso di costruire è subordinato alla presentazione della
certificazione energetica dell'edificio." (dovendosi intendere per "certificazione
energetica dell'edificio", giusta la definizione contenuta nel punto 4 dell'Allegato A
del medesimo D.Lgs., "il complesso delle operazioni svolte dai soggetti di cui
all'articolo 4, comma 1-bis per il rilascio dell'attestato di prestazione energetica e
delle raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica
dell'edificio").
A favore di una risposta negativa potrebbero, invece, invocarsi i seguenti argomenti:
- il predetto art. 15, a differenza di quanto stabiliva nella sua originaria formulazione,
prevede ora una specifica sanzione per la mancata dotazione prima del rilascio del
certificato di agibilità;
- il comma 282 dell'art. 2 della Legge Finanziaria 2008 non ha espressamente
modificato il 1° comma dell'art. 25 ("Procedimento di rilascio del certificato di
agibilità") del D.P.R. 380/2001 e non ha inserito l'A.P.E. tra i documenti da
presentare allo sportello unico a corredo della domanda di rilascio del certificato di
agibilità;
- il 2° comma dell'art. 8 ("Relazione tecnica, accertamenti e ispezioni.") del D.Lgs.
192/2005 dispone "La conformità delle opere realizzate rispetto al progetto e alle sue
eventuali varianti ed alla relazione tecnica di cui al comma 1, nonché l'attestato di
qualificazione energetica dell'edificio come realizzato, devono essere asseverati dal
direttore dei lavori e presentati al comune di competenza contestualmente alla
dichiarazione di fine lavori senza alcun onere aggiuntivo per il committente. La
dichiarazione di fine lavori è inefficace a qualsiasi titolo se la stessa non è
accompagnata da tale documentazione asseverata." -. Correlativamente, il comma 4
del novellato art. 15 del medesimo D.Lgs. stabilisce che "Il direttore dei lavori che
omette di presentare al comune l'asseverazione di conformità delle opere e l'attestato
83
di qualificazione energetica, di cui all'articolo 8, comma 2, prima del rilascio del
certificato di agibilità, è punito con la sanzione amministrativa non inferiore a 1000
euro e non superiore a 6000 euro. Il comune che applica la sanzione deve darne
comunicazione all'ordine o al collegio professionale competente per i provvedimenti
disciplinari conseguenti.";
- per quanto concerne poi gli edifici ubicati nella Regione Emilia-Romagna, il citato
comma 3 dell'art. 56 della L.R. 6/2009, come detto, stabilisce espressamente che non
può essere rilasciato il certificato di conformità edilizia e di agibilità qualora non sia
stato depositato l'A.Q.E. -.
In passato avevo manifestato la convinzione che il mancato rispetto dell'obbligo di
dotazione dell'A.P.E. non potesse incidere in alcun modo sull'iter edilizio e che,
pertanto, la mancata dotazione dell'A.P.E. (a differenza del mancato rispetto
dell'obbligo di trasmissione allo Sportello unico dell'A.Q.E.) non potesse impedire né
il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità né il valido e regolare
formarsi del "silenzio-assenso", in presenza dei presupposti e delle condizioni stabiliti
dalla normativa urbanistico-edilizia vigente.
D'altro canto, il modello unificato regionale per la richiesta del certificato di
conformità edilizia e di agibilità ai sensi dell'art. 23 della L.R. 15/2013 (approvato
con la citata Determinazione n. 8822 del 14 luglio 2015 e tuttora vigente) indica
testualmente, tra la documentazione da allegare alla richiesta:
- l'"Attestato di qualificazione energetica (AQE), redatto da tecnico abilitato" per il
caso in cui "l'IMM. o U.I. è soggetto/a all'osservanza dei requisiti minimi di
prestazione energetica (punto 4.6. della DAL n. 156/2008 e allegato 5, punto 1, della
medesima DAL, come sostituito dalla DGR 1366/2011)"
ovvero (ed in alternativa)
- l'"Attestato di prestazione energetica, redatto da certificatore energetico iscritto
all'albo regionale" per il caso in cui "si richiede il rilascio del CCEA senza la
realizzazione di lavori, per immobile o unità immobiliare esistente privo/a di
agibilità".
Ritengo però di dover rivedere tale convinzione alla luce delle nuove disposizioni
regionali in materia di attestazione della prestazione energetica degli edifici
contenute nell'Allegato A alla citata D.G.R. 1275/2015 -e nei relativi allegati- in
vigore dal 1° ottobre 2015.
Infatti, l'art. 3 ("Predisposizione e rilascio dell'attestato di prestazione energetica") di
tale Allegato dispone testualmente: "1. L'Attestato di Prestazione Energetica degli
edifici deve essere predisposto e rilasciato da un soggetto certificatore accreditato
dalla Regione con le modalità di cui al successivo art. 5. 2. E' obbligatorio
84
procedere alla attestazione della prestazione energetica nel caso di: a) edifici di
nuova costruzione, ivi compresi tutti i casi di demolizione e ricostruzione di edifici
esistenti, o di edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti, o derivanti dalla
ristrutturazione o completamento degli immobili di cui all'art. 1 comma 5 lett. e) ed
f); b) edifici esistenti, nel caso di vendita, di trasferimento a titolo gratuito o di nuova
locazione, ove l'edificio o l’unità immobiliare non ne sia già dotato; c) edifici
utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico con superficie utile totale
superiore a 250 mq, ove l'edificio non ne sia già dotato. 3. Per gli edifici di nuova
costruzione, la produzione dell'Attestato di Prestazione Energetica è onere del
costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera
direttamente, che deve provvedere in merito prima del rilascio del certificato di
agibilità di cui all'art. 23 della L.R. 15/2013: in tal caso, l'Attestato è allegato alla
relativa richiesta presentata al Comune. ....." -.
E' evidente, a questo punto, che è necessario provvedere ad un aggiornamento del
modello unificato regionale per la richiesta del certificato di conformità edilizia e di
agibilità, non essendo quello attualmente in vigore più rispondente alle disposizioni
regionali in materia di certificazione energetica degli edifici;
- 6) che, dalla presentazione della domanda ovvero (nel caso in cui lo Sportello unico
abbia -entro i successivi 15 giorni- richiesto documentazione integrativa non a
disposizione dell'amministrazione comunale) dal ricevimento da parte dello Sportello
unico di tutta la documentazione integrativa richiesta, siano decorsi 90 giorni.
Mi pare opportuno sottolineare:
- che, nel caso in cui non siano stati presentati allo Sportello unico tutti i documenti
e/o le dichiarazioni obbligatoriamente prescritti dalla legge al fine del rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità, la mancanza dei presupposti e dei
requisiti richiesti dalla legge impedirà comunque, anche in difetto di tempestiva
richiesta di integrazione documentale da parte dello Sportello unico, che -decorsi i 90
giorni- si formi il "silenzio-assenso";
- che viceversa, qualora siano stati regolarmente presentati tutti i documenti e le
dichiarazioni obbligatoriamente prescritti dalla legge ai fini del rilascio del certificato
di conformità edilizia e di agibilità e -decorsi 15 giorni- lo Sportello unico richieda ad
integrazione della pratica ulteriore documentazione (si pensi ad esempio
all'autorizzazione per la concessione precaria di passo carraio), tale richiesta (tardiva)
non impedirà il maturare del termine per il valido formarsi del "silenzio-assenso"
(ferme, ovviamente, le sanzioni e le altre conseguenze eventualmente previste dalle
normative di settore in dipendenza della omissione);

85
- che, stante quanto precede, è assolutamente necessario, ai fini della regolarità e
della sicurezza della circolazione degli immobili, che lo Sportello unico provveda, in
modo puntuale e tempestivo, al controllo delle pratiche edilizie e alla eventuale
richiesta di integrazione documentale;
- 7) che, scaduto il predetto termine di 90 giorni, lo Sportello unico non abbia ancora
rilasciato il certificato di conformità edilizia e di agibilità.
Qualora -essendo stata regolarmente presentata tutta la predetta documentazione
obbligatoria ed essendo decorsi (dalla presentazione della domanda per il rilascio del
certificato di conformità edilizia e di agibilità o dalla sua integrazione) 90 giorni- si
sia formato sulla domanda medesima il "silenzio-assenso", secondo la
documentazione presentata a corredo della comunicazione di fine dei lavori, lo
Sportello unico non potrà più rilasciare il certificato di conformità edilizia e di
agibilità (intendendosi questa definitivamente attestata per "silenzio-assenso");
peraltro, il certificato eventualmente rilasciato dallo Sportello unico sarebbe
assolutamente inutile, in quanto giuridicamente improduttivo di (ulteriori e diversi)
effetti.
Ben potrebbe, invece, lo Sportello unico (ancorché ciò non sia espressamente previsto
per il certificato in parola, a differenza di quanto stabilito dal 10° comma dell'art. 18
con riferimento al procedimento per il rilascio del PdC) rilasciare (d'ufficio o a
richiesta dell'interessato) una dichiarazione avente (mera) funzione ricognitiva
dell'avvenuta formazione del "silenzio-assenso", nella quale -richiamati i titoli
abilitativi con i quali è stato assentito l'edificio e rilevato il decorso dei 90 giorni dalla
presentazione di tutta la documentazione prescritta dalla legge- lo stesso dichiari che
sulla domanda per il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità si è
formato il "silenzio-assenso", secondo la documentazione presentata a corredo della
comunicazione di fine dei lavori, a far data dal novantesimo giorno.
Tale comportamento -fortemente auspicabile, proprio ai fini della regolarità e della
sicurezza della circolazione degli immobili- è stato già da tempo adottato dal Comune
di Parma (seguito in tempi più recenti da alcuni altri Comuni della Provincia).

Rispetto alla disciplina contenuta nel D.P.R. 380/2001 le differenze più rilevanti
riguardano il procedimento per il rilascio del certificato e, soprattutto, la funzione del
certificato stesso, che la norma statale definisce "certificato di agibilità".
Il 1° comma dell'art. 24 del D.P.R. 380/2001 recita "Il certificato di agibilità attesta
la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico
degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la
normativa vigente." -.
86
Secondo alcuni Autori (Di Stilo, Mastropasqua, Santoliquido) e secondo la prevalente
giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimi, Consiglio di Stato, sezione V, sentenza
n. 365 del 4 febbraio 2004 e Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze n. 1220 del 13
marzo 2014 e n. 4309 del 26 agosto 2014), la valutazione dell'agibilità deve
riguardare solo gli aspetti igienico-sanitari della costruzione e non anche quelli
urbanistici. In conseguenza, un provvedimento di diniego del certificato di agibilità
esclusivamente per motivi urbanistico-edilizi sarebbe illegittimo, in quanto viziato da
eccesso di potere. Tale orientamento è stato condiviso (beninteso con riferimento alla
normativa statale) anche dalla dottrina notarile (cfr. lo Studio del Consiglio Nazionale
del Notariato n. 4512/C dal titolo "Il certificato di agibilità", a firma del Dottor Mauro
Leo, nel quale si afferma "Ma è senz'altro da escludere -e così sgombrandosi il
campo da un equivoco sorto all'indomani della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale
del T.U.- che le condizioni di sicurezza ineriscano (anche) al profilo urbanistico, cioè
che il certificato di agibilità garantisca anche la regolarità tecnico edilizia
dell'immobile realizzato. ..... Tale riflessione sembra avallata anche dal nuovo iter di
rilascio del certificato di agibilità ..... " nonché, e con maggior incisività, il più
recente Studio dello stesso Consiglio Nazionale del Notariato n. 893-2013/C dal
titolo "La disciplina nazionale dell'attività edilizia. Guida operativa 2013", a firma
dell'amico e collega Notaio Giovanni Rizzi, nel quale si legge "Stante la suddetta
precisa disposizione del T.U. D.P.R. 380/2001, bisogna escludere che funzione del
certificato di agibilità sia quella di attestare "la conformità dell'edificio al progetto
approvato". Si rammenta, al riguardo, che anche sotto il vigore del Testo Unico delle
leggi sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265) e del successivo D.P.R. 22 aprile 1994
n. 425, la giurisprudenza prevalente aveva riconosciuto totale autonomia tra gli
aspetti igienico sanitari (ai quali soli si riferisce il certificato di agibilità) e quelli
urbanistico-edilizio e ciò benché nell'art. 221 Testo Unico leggi sanitarie si facesse
espresso riferimento alla verifica della conformità al progetto approvato in sede di
sopralluogo dell'Ufficiale Sanitario o di un ingegnere a ciò delegato mentre nel
D.P.R. 425/1994 si richiedesse una dichiarazione del direttore dei lavori attestante la
conformità rispetto al progetto approvato; infatti l'attestazione di conformità al
progetto approvato non poteva farsi discendere nel primo caso da una verifica di un
soggetto, quale l'Ufficiale Sanitario (solo in mancanza di Ufficiale sanitario era
prevista la delega ad un ingegnere), privo di specifica esperienza tecnica e nell'altro
caso da dichiarazione di parte; pertanto al certificato di agibilità doveva
riconoscersi la natura di attestazione dell'idoneità dell'edificio, sotto il profilo
igienico sanitario ad essere utilizzato per le finalità per le quali è stato realizzato ed
assentito (fini abitativi, commerciali, industriali, direzionali, ecc.. Tale natura del
87
certificato di agibilità, ha trovato, ora, testuale conferma proprio nella disposizione
dell'art. 24, c. 1, T.U. D.P.R. 380/2001 , tanto più che l'art. 25 medesimo T.U. D.P.R.
380/2001 richiede, per la verifica della conformità dell'opera al progetto, la sola
dichiarazione del richiedente e quindi nemmeno una dichiarazione di un tecnico
abilitato come prima prescritto dal D.P.R. 22.4.1994 n. 425, ed è indubitabile che
una dichiarazione dello stesso autore dell'opera non può far assurgere il certificato
di agibilità ad una sorta di attestato di conformità e di regolarità edilizia dell'edificio
realizzato. ..... Tuttavia la legge non richiede che tale condizione (ossia la
conformità edilizia ed urbanistica) sia oggetto di specifico accertamento da parte del
Comune (tramite lo Sportello Unico per l'Edilizia), autonomo e preventivo rispetto a
quello sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio
energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati. La normativa vigente,
infatti, impone alla parte che richiede il rilascio dell'agibilità, l'onere di
"documentare", mediante propria dichiarazione, tale conformità; l'art. 25 T.U.
D.P.R. 380/2001, infatti, dispone che la domanda di rilascio del certificato di
agibilità deve essere corredata da dichiarazione, sottoscritta dallo stesso richiedente,
di conformità dell'opera rispetto al progetto approvato; non richiede, invece, un
accertamento di tale conformità da parte degli Uffici del Comune. Il rilascio del
certificato di agibilità crea, pertanto, una "presunzione" di conformità
urbanistico/edilizia del manufatto, peraltro una presunzione "iuris tantum", proprio
perché fondata su dichiarazione di parte e non su un procedimento "pubblico" di
accertamento della conformità. ..... In pratica il rilascio da parte del Comune del
certificato di agibilità, non garantisce la regolarità urbanistica ed edilizia del
fabbricato trasferito e non sana eventuali abusi commessi, con la conseguenza che il
Comune ben potrà avviare un procedimento per la repressione di abusi edilizi
commessi anche con riguardo a edifici già dichiarati agibili.") -.
Secondo altri Autori (Giannini, Mazzarolli, Postiglione), invece, il certificato di
agibilità può essere rifiutato anche per ragioni urbanistico-edilizie, oltre che di igiene
in senso stretto. In particolare è stato evidenziato (A. ed E. Fiale, Diritto
Urbanistico, Edizioni Giuridiche Simone, XIII edizione) che "-pur avendo il T.U. n.
380/2001 abrogato l'art. 4 del D.L. n. 398/1993, convertito nella legge n. 493/1993,
che aveva testualmente esteso i controlli da effettuare ai fini del rilascio della licenza
di abitabilità all'accertamento della conformità urbanistico-edilizia- deve tuttavia
convenirsi che il rilascio del certificato di agibilità può costituire un ulteriore
strumento di politica coerente di difesa del territorio: non si comprende perché il
Comune dovrebbe autorizzare, sotto il profilo igienico-sanitario e della sicurezza,
l'uso di una costruzione illegittima sotto il profilo edilizio. I formalismi consentono
88
agli abusivi di raggiungere il loro scopo, mentre la lotta all'abusivismo -al contrario-
impone un adeguato coordinamento dei controlli." -. Tale posizione è condivisa
anche da alcune pronunce dei giudici amministrativi (cfr., da ultimo, Consiglio di
Stato, sezione V, sentenza n. 592 del 3 febbraio 2000) e da quelle dei giudici ordinari
(cfr., per tutte, Cassazione, sezioni penali unite, sentenze n. 7299 del 30 giugno 1984
e n. 72 del 10 gennaio 1994) -tutte però anteriori all'entrata in vigore del D.P.R.
380/2001- e, più di recente, dal T.A.R. del Lazio (Roma, sezione II Bis, sentenza n.
4129 del 25 maggio 2005); secondo tali pronunce, il controllo effettuato dal Comune
in sede di rilascio della certificazione di agibilità deve consistere nell'accertamento
sia della conformità della costruzione al titolo abilitativo e agli strumenti urbanistici
vigenti sia della esistenza delle condizioni igienico-sanitarie per la concreta
abitabilità, comprese quelle prescritte in materia di inquinamento.
Ebbene, dalla lettura dell'art. 23 della L.R. 15/2013, ed in particolare del 10° comma,
appare evidente che il legislatore regionale -esercitando legittimamente la propria
potestà legislativa (quale stabilita dall'art. 117 della Costituzione)- ha voluto
espressamente prescrivere che il controllo comunale al termine dei lavori sia diretto
ad accertare non solo la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e
risparmio energetico dell'edificio e degli impianti in esso installati ma anche la
conformità urbanistico-edilizia dell'edificio stesso, con ciò superando le prescrizioni
contenute nel D.P.R. 380/2001 e sostanzialmente ricollegandosi a quanto stabiliva
l'abrogato art. 221 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 ("Approvazione del testo unico
delle leggi sanitarie"), il quale subordinava la concessione dell'autorizzazione di
abitabilità, tra l'altro, al fatto che, da preventiva ispezione, risultasse che la
costruzione fosse stata "eseguita in conformità del progetto approvato".
Nel medesimo senso si è espresso, nel vigore della precedente L.R., anche il Servizio
Affari Giuridici del Territorio della Regione Emilia-Romagna (cfr. Parere prot. n.
AMP/TUG n. 14587 del 23 luglio 2007).

**********

Un'ulteriore questione problematica nella materia in esame è rappresentata


dalla c.d. "abitabilità in sanatoria". Trattasi di questione alquanto complessa che
cercherò qui di inquadrare nel modo più semplice e chiaro possibile.

Nell'articolato sistema delle sanatorie delle opere edilizie abusive è necessario


distinguere innanzitutto tra:
- sanatorie eccezionalmente ammesse con riferimento a determinati e limitati periodi
temporali e
89
- sanatorie a regime.
Rientrano nella prima categoria i vari condoni edilizi previsti dalla L. 47/1985
(Capo IV, artt. da 31 a 44 compresi), dalla L. 23 dicembre 1994 n. 724 (art. 39) e dal
D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre
2003 n. 326 (art. 32) nonché dal condono edilizio previsto dalla L.R. 23/2004 (Titolo
II, artt. da 26 a 38 compresi).
Rientrano, invece, nella seconda categoria le ipotesi di sanatoria (sempre
ammesse, a prescindere dall'epoca della commissione dell'abuso ovvero dall'epoca di
presentazione della domanda diretta ad ottenerne la sanatoria) previste dall'art. 13
della L. 47/1985, dagli artt. 36 e 37 del D.P.R. 380/2001 e dall'art. 17 della L.R.
23/2004.

Per quanto concerne le sanatorie rientranti nella prima categoria (i c.d.


"condoni edilizi"), è necessario preliminarmente individuare qual è la normativa in
virtù della quale l'opera abusiva è stata legittimata:
- - a) trattandosi di opera abusiva sanata in virtù della L. 47/1985 ovvero in virtù della
L. 724/1994 o del D.L. 269/2003 (per i quali si applica la medesima normativa
prevista dalla L. 47/1985), troverà applicazione l'art. 35 ("Procedimento per la
sanatoria"), comma 20, della medesima L. 47/1985, che così dispone: "A seguito
della concessione o autorizzazione in sanatoria viene altresì rilasciato il certificato
di abitabilità o agibilità anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari,
qualora le opere sanate non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di
sicurezza statica, attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera b) del terzo
comma e di prevenzione degli incendi e degli infortuni"." -.
Tale norma ammette, quindi, la possibilità che venga rilasciato il certificato di
abitabilità o di agibilità in sanatoria anche nel caso in cui l'opera sanata non soddisfi i
requisiti prescritti dalle norme regolamentari, ferma la necessità che siano rispettati i
requisiti prescritti dalle norme primarie (e cioè dalle norme legislative). In ogni caso,
ove le opere condonate siano carenti sotto i profili specifici dei requisiti di sicurezza
statica e prevenzione degli incendi e degli infortuni, anche le norme regolamentari
devono considerarsi inderogabili (in tal senso espressamente A. ed E. Fiale, Diritto
Urbanistico, Edizioni Giuridiche Simone, XIII edizione).
La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità della norma in
commento, ha precisato (sentenza n. 256 del 18 luglio 1996) che la deroga prevista
dalla norma medesima "non riguarda affatto i requisiti richiesti da disposizioni
legislative e deve pertanto escludersi una automaticità assoluta nel rilascio del
certificato di abitabilità ..... a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il
90
Comune verificare che, al momento del rilascio del certificato di abitabilità, siano
osservate non solo le disposizioni di cui all'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie, ma
altresì quelle previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilità e
rispettiva normativa tecnica, quali quelle a tutela delle acque dall'inquinamento,
quelle del consumo energetico, etc." (nel medesimo senso, cfr. anche: Consiglio di
Stato, sezione II, sentenza n. 1440 del 19 ottobre 1994, Cassazione, sezione III
penale, sentenza del 23 giugno 1992, Cassazione, sezione II civile, sentenza n. 11521
del 4 novembre 1995, Consiglio di Stato, sezione V, sentenze n. 414 del 13 aprile
1999 e n. 2140 del 15 aprile 2004).
E' perciò evidente che, ove l'opera abusiva sia stata sanata in virtù della suindicata
normativa statale:
- l'abitabilità o l'agibilità in sanatoria non può ritenersi compresa implicitamente nel
titolo abilitativo in sanatoria;
- il certificato di abitabilità o di agibilità in sanatoria è un documento ulteriore e
aggiuntivo rispetto al provvedimento di sanatoria e il suo rilascio non è per il
Comune un atto dovuto che segue automaticamente il rilascio del provvedimento di
sanatoria, dovendo all'uopo il Comune verificare che siano rispettati i requisiti
prescritti dalle disposizioni legislative -e segnatamente dalle disposizioni legislative
vigenti al momento del rilascio del certificato in parola- (cfr. il Parere del Servizio
Affari Giuridici del Territorio della Regione Emilia-Romagna prot. n. AMP/TUG n.
14587 del 23 luglio 2007, innanzi citato).
E' opportuno, infine, evidenziare che -avendo la disciplina del condono edilizio
natura di normativa eccezionale- la deroga prevista dalla norma in commento per il
rilascio del certificato di abitabilità o agibilità trova applicazione esclusivamente per
le opere abusive oggetto del titolo in sanatoria. In conseguenza, da un lato
l'abitabilità o l'agibilità non si estenderà alla restante porzione di edificio che non è
stata oggetto di sanatoria, dall'altro potrà essere rilasciato il suddetto certificato di
abitabilità o agibilità in sanatoria relativamente alla porzione di edificio oggetto di
sanatoria anche qualora per l'originario edificio -di cui la porzione sanata è parte- non
fosse stato rilasciato il prescritto certificato di abitabilità o di agibilità (cfr. il citato
Parere del Servizio Affari Giuridici del Territorio della Regione Emilia-Romagna
prot. n. AMP/TUG n. 14587);
- - b) trattandosi, invece, di opera abusiva sanata in virtù della L.R. 23/2004, troverà
applicazione l'art. 27 ("Modalità procedurali per il rilascio del titolo in sanatoria"), 6°
comma, della medesima L.R., che così dispone: "Il procedimento per il rilascio del
titolo in sanatoria è definito dall'amministrazione comunale nel rispetto delle
seguenti disposizioni: ..... f) il titolo in sanatoria ha il valore e gli effetti del
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certificato di conformità edilizia e agibilità, secondo quanto dichiarato dal
professionista abilitato ai sensi dell'articolo 29, comma 1." (norma, quest'ultima, che
stabilisce che "Ai fini del rilascio del titolo in sanatoria gli interessati trasmettono
allo Sportello unico per l'edilizia la dichiarazione di un professionista abilitato
competente che asseveri, ai sensi dell'articolo 481 del codice penale: a) l'osservanza
delle condizioni richieste per la sanabilità delle diverse tipologie di abuso, a norma
del presente Titolo; b) la conformità degli interventi, anche ai fini di quanto disposto
dall'articolo 27, comma 6, lettera f), alle disposizioni legislative e alla rispettiva
normativa tecnica, vigenti alla data del 31 marzo 2003, in materia: 1) igienico
sanitaria, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34, comma 2, lettere b), c) e d); 2)
di sicurezza statica; 3) di prevenzione degli incendi e degli infortuni; c) nei Comuni
classificati sismici, la possibilità di effettuare interventi per l'adeguamento o
miglioramento antisismico, secondo quanto previsto dalla normativa tecnica
vigente.") -.
In argomento, la Circolare dell'Assessore alla Programmazione Territoriale, Politiche
Abitative, Riqualificazione Urbana prot. n. AED/20623 del 20 ottobre 2004
("Indicazioni generali per l'applicazione nella Regione Emilia-Romagna del condono
edilizio, ai sensi della L.R. 21 ottobre 2004, n. 23, con annessa modulistica") afferma
quanto segue: "Sono stati chiariti infine i rapporti tra la sanatoria e l'agibilità. L'art.
27, comma 6, lettera f), secondo il quale il titolo in sanatoria ha il valore e gli effetti
del certificato di conformità edilizia e agibilità, intende escludere che possano essere
rilasciati titoli edilizi qualora l'opera non possieda i requisiti necessari per
l'agibilità. Per evitare che possano essere condonati immobili inagibili un
professionista abilitato deve attestare, sin dalla presentazione della domanda o nei
successivi sei mesi, la sussistenza delle condizioni igienico-sanitarie, di sicurezza e di
prevenzione degli incendi e infortuni il cui rispetto non è verificato, come nei
precedenti condoni, in un momento successivo al rilascio del titolo in sanatoria, ma
condiziona la sanabilità edilizia delle opere." -.
E' perciò evidente che, ove l'opera abusiva sia stata sanata in virtù della suindicata
normativa regionale, la certificazione della conformità edilizia e di agibilità in
sanatoria deve ritenersi ricompresa nel titolo abilitativo in sanatoria e che, pertanto,
nessun ulteriore documento dovrà essere rilasciato dal Comune.
Ove l'opera abusiva sia stata sanata in virtù della citata L.R. 23/2004, occorrerà,
inoltre, tenere in debita considerazione quanto disposto dall'art. 33 della medesima
legge ("Interventi di nuova costruzione").
Il 3° comma di tale articolo dispone che "Per gli ampliamenti e soprelevazioni di
manufatti esistenti, che siano conformi alla legislazione urbanistica ma che
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contrastino con le prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31
marzo 2003, il rilascio del titolo in sanatoria è ammesso: a) nei soli casi di aumenti
della cubatura entro il limite del 10 per cento per singola unità immobiliare e
comunque per incrementi che non superino complessivamente, per l'intero edificio:
1) i 300 metri cubi, per ampliamenti e soprelevazioni di edifici produttivi, agricoli,
direzionali, commerciali, ricettivi e ricreativi ....." -.
Il successivo 4° comma dispone, quindi, che "Qualora gli ampliamenti di cui al
comma 3, lettera a), punto 1), riguardino edifici con originaria funzione diversa da
quella abitativa, tali immobili sono obbligati a mantenere una destinazione d'uso non
abitativa nei venti anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge
[e cioè fino al 23 ottobre 2024 - n.d.a.]." -.
In argomento, la richiamata Circolare dell'Assessore alla Programmazione
Territoriale, Politiche Abitative, Riqualificazione Urbana prot. n. AED/20623 del 20
ottobre 2004 afferma quanto segue: "Ai sensi del comma 4 dell'art. 33 il rilascio del
titolo in sanatoria, in caso di ampliamento e sopraelevazione di edificio con
originaria funzione diversa da quella abitativa, comporta l'obbligo a mantenere, nei
vent'anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, una
destinazione d'uso non abitativa."-. In nota, viene quindi precisato: "Pertanto, per 20
anni: - viene escluso soltanto il passaggio dalla funzione diversa da quella abitativa,
per la quale viene rilasciato il titolo in sanatoria, a quella residenziale (per es. il
passaggio da ricettivo, produttivo, direzionale, ecc. a residenziale); - non viene fatto
obbligo di mantenere la medesima destinazione d'uso per la quale è stato rilasciato il
titolo in sanatoria, (per es. direzionale); - non è precluso il passaggio nell'ambito
delle diverse destinazioni d'uso non abitative (per es. da artigianale a industriale); -
non è fatto divieto alle unità immobiliari aventi originaria funzione abitativa di
assumere una destinazione diversa (per es. da residenziale a direzionale)." -.
La Circolare prosegue quindi: "L'obbligo ha natura reale e di conseguenza pur non
essendo prescritto dalla legge alcun obbligo di trascrizione nei registri immobiliari,
vieta per il suddetto periodo il rilascio di un titolo abilitativo edilizio che, pur
risultando magari conforme al PRG (in quanto la nuova destinazione residenziale è
considerata compatibile con le norme di piano), comporti la violazione del suddetto
obbligo di legge." -.
Sarà pertanto opportuno, ai fini di una corretta (e documentata) informazione della
parte acquirente e di una regolare e sicura circolazione dell'immobile, che, ove l'atto
abbia ad oggetto immobili sanati in virtù del condono regionale e sussistano le
condizioni di cui alla norma in commento, il Notaio menzioni espressamente
l'obbligo in parola tanto nell'atto quanto nella relativa nota di trascrizione.
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Per quanto concerne, invece, le sanatorie rientranti nella seconda categoria (le
c.d. "sanatorie a regime"), troverà applicazione (con le precisazioni di cui nel
prosieguo) la disciplina ordinariamente prevista dall'art. 23 della L.R. 15/2013, come
innanzi esaminata.
Sarà, pertanto, necessario che l'interessato chieda il rilascio del certificato di
conformità edilizia e di agibilità (fermo, ovviamente, quanto disposto dall'art. 57
della medesima L.R. per i procedimenti in corso al 28 settembre 2013).
Con riferimento a tali ipotesi di sanatoria (tutte individuate dalle diverse norme che le
prevedono con la definizione di "accertamento di conformità"), ritengo opportuno
evidenziare quanto segue.
L'abrogato art. 13 della L. 47/1985 disponeva quanto segue: "Fino alla scadenza del
termine di cui all'articolo 7, terzo comma per i casi di opere eseguite in assenza di
concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, o dei termini stabiliti
nell'ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell'articolo 9, nonché,nei casi di
parziale difformità, nel termine di cui al primo comma dell'articolo 12, ovvero nel
caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell'articolo 10 e
comunque fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile
dell'abuso può ottenere la concessione o l'autorizzazione in sanatoria quando l'opera
eseguita in assenza della concessione o l'autorizzazione è conforme agli strumenti
urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati
sia al momento della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione
della domanda. Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il
sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali la richiesta si intende
respinta. Il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato al pagamento, a
titolo di oblazione, del contributo di concessione in misura doppia, ovvero, nei soli
casi di gratuità della concessione a norma di legge, in misura pari a quella prevista
dagli articoli 3, 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Per i casi di parziale
difformità l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dalla
concessione. L'autorizzazione in sanatoria è subordinata al pagamento di una
somma determinata dal sindaco nella misura da lire cinquecentomila a lire due
milioni." -.
L'art. 36 del D.P.R. 380/2001 dispone quindi: "1. In caso di interventi realizzati in
assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di
denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 22, comma 3, o in difformità
da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1,
34, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il
responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, possono ottenere il
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permesso in sanatoria se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed
edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda. 2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato
al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia,
ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista
dall'articolo 16. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità,
l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. 3.
Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente
ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni
decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata." -.
L'art. 17 della L.R. 23/2004 dispone infine: "1. In caso di interventi realizzati in
assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di SCIA, o
in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 13, comma 3,
e 14, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, il
responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile può richiedere il
rilascio del permesso in sanatoria o presentare una SCIA in sanatoria,
rispettivamente nel caso di interventi soggetti a permesso di costruire ovvero a SCIA,
se l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, sia al
momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della
domanda. 2. Fatti salvi gli effetti penali dell'illecito, il permesso e la SCIA in
sanatoria possono essere altresì ottenuti, ai soli fini amministrativi, qualora
l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al
momento della presentazione della domanda. 3. ..... 4. La richiesta del titolo
abilitativo in sanatoria è accompagnata dalla dichiarazione del professionista
abilitato che attesti, ai sensi dell'articolo 481 del codice penale, le necessarie
conformità. In relazione alla normativa tecnica per l'edilizia, la conformità delle
opere da sanare è dichiarata dal professionista abilitato con riferimento alle norme
tecniche vigenti al momento della realizzazione delle medesime opere. 4 bis.
L'accertamento di conformità di cui ai precedenti commi trova applicazione per i
lavori realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica o in difformità da essa,
qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica dell'intervento secondo quanto
disposto dall'articolo 167, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004. Sulla
richiesta del permesso o della SCIA in sanatoria è acquisito il parere della
Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio per gli interventi edilizi per
i quali il parere è richiesto ai sensi dell'articolo 3 della legge regionale n. 31 del
2002." -.
Dal tenore letterale delle norme innanzi richiamate, mi sembra possa fondatamente
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ritenersi che la presentazione della SCIA in sanatoria (come anche, in passato, quella
della DIA in sanatoria) costituisca un mero atto introduttivo di un procedimento
finalizzato ad ottenere l'emanazione da parte dell'amministrazione comunale di un
provvedimento (espresso) di sanatoria per opere edilizie (già) realizzate in assenza
della o in difformità dalla SCIA (o DIA) -per la necessità, anche in tali casi, di un
provvedimento espresso di sanatoria si veda anche (con riferimento alla normativa
statale) A. ed E. Fiale, Diritto Urbanistico, Edizioni Giuridiche Simone, XIII edizione
pagg. 809 e 810-.
Su questo specifico punto non concordo affatto con quanto affermato dal Comune di
Parma - Settore Controlli nella Nota prot. gen. n. 62359 del 7 aprile 2011, avente ad
oggetto "Chiarimenti in merito alla procedura riguardante le D.I.A. in sanatoria",
nella quale si legge che "Per la DIA IN SANATORIA non è previsto il rilascio di
alcun provvedimento finale di accoglimento." -.
D'altro canto, lo stesso concetto di SCIA (o DIA) in sanatoria appare un ossimoro,
ove si consideri la natura giuridica della DIA (ma il discorso vale ovviamente anche
per la SCIA) come definita dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 15 del 2011
("la denuncia di inizio attività ..... costituisce un atto privato volto a comunicare
l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge").
Mi pare, inoltre, opportuno evidenziare che la normativa regionale (comma 2 del
citato art. 17), a differenza di quella statale, prevede espressamente la possibilità di
ottenere un provvedimento di sanatoria qualora l'intervento risulti conforme alla
disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento della presentazione della domanda
di sanatoria. Tale provvedimento di sanatoria vale, peraltro, ai soli fini
amministrativi e non fa venire meno la rilevanza penale dell'abuso e, quindi,
l'applicabilità delle sanzioni penali di cui all'art. 44 del D.P.R. 380/2001 (rinvio su
questo specifico punto alla recente sentenza della Suprema Corte -Cassazione sezione
III penale n. 47402 del 18 novembre 2014- secondo la quale "In tema di reati
urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art.
44 del D.P.R. n. 380 del 2001, non ammettendo termini o condizioni, deve riguardare
l'intervento edilizio nel suo complesso e può essere conseguita solo qualora
ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 D.P.R. cit. e,
precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia
al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione
della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione
postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione
della cosiddetta sanatoria "giurisprudenziale" o "impropria", siano divenute
conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.").
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In argomento, il Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria
della Regione Emilia-Romagna, nel Parere prot. n. PG. 2014.421018 del 10
novembre 2014, ha affermato quanto segue: "Con l'art. 17 il legislatore regionale ha
inteso regolarizzare pienamente, dal punto di vista amministrativo, gli interventi che:
- rappresentano soltanto "abusi formali", cioè interventi conformi alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente, sia al momento della loro realizzazione, sia al
momento della presentazione della domanda (comma 1) - che risultano conformi alla
disciplina vigente al momento della presentazione della domanda (comma 2). Nel
primo caso, rileva dunque unicamente la violazione dell'obbligo di munirsi di un
titolo abilitativo edilizio prima dell'inizio dei lavori, in quanto i lavori rispondono
comunque alla normativa vigente sin dal momento della loro realizzazione. Il
secondo caso risponde invece ad una scelta discrezionale del legislatore regionale,
che ha considerato prevalente la tutela dell'affidamento del privato alla
conservazione dello stato di fatto e alla regolarizzazione dell'edificio, in
considerazione della circostanza che, in ogni caso, oggi sono presenti requisiti e
presupposti per richiedere il rilascio del titolo edilizio mancante e realizzare un
intervento edilizio che presenti le medesime caratteristiche (c.d. sanatoria
giurisprudenziale). In altre parole, il diniego della sanatoria e l'obbligo di ripristino
appaiono irragionevoli, dal momento che il soggetto potrebbe ottenere /presentare il
titolo abilitativo richiesto per la realizzazione del medesimo intervento. Quanto ai
requisiti tecnici delle opere da sanare, data l'evidente improbabilità che opere
realizzate magari diversi anni fa possano risultare pienamente rispondenti alla
disciplina tecnica vigente alla data (attuale) di rilascio del titolo in sanatoria, per
evitare che ogni sanatoria per essere rilasciata debba essere necessariamente
preceduta da lavori di messa a norma, con riferimento alla disciplina ora vigente
(spesse volte anche eccessivamente onerosi o tecnicamente problematici), il comma 4
dell'art. 17 della L.R. n. 23 del 2004 specifica che in relazione alla normativa tecnica
per l'edilizia il professionista abilitato debba dichiarare la conformità delle opere da
sanare con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione
delle medesime opere. In tal modo, il legislatore regionale ha valutato che, una volta
riscontrata la conformità dell'opera alle previsioni degli strumenti urbanistici ed
edilizi -vigenti sia al momento della realizzazione che della sanatoria (comma 1)
ovvero quantomeno a quelle vigenti al momento della presentazione della domanda
di sanatoria (comma 2)-, la sanatoria possa essere rilasciata per edifici che (aldilà
dell'abuso formale riscontrato) possiedono tutte le caratteristiche tecniche e i
requisiti presenti negli immobili della medesima tipologia realizzati nella stessa
epoca." -.
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Ricordo, infine, che l'art. 46 della L.R. 15/2013 ha inserito nella L.R. 23/2004, dopo
l'art. 17, il nuovo art. 17-bis ("Varianti in corso d'opera a titoli edilizi rilasciati prima
dell'entrata in vigore della legge n. 10 del 1977") che così dispone: "Al fine di
salvaguardare il legittimo affidamento dei soggetti interessati e fatti salvi gli effetti
civili e penali dell'illecito, non si procede alla demolizione delle opere edilizie
eseguite in parziale difformità durante i lavori per l'attuazione dei titoli abilitativi
rilasciati prima dell'entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per
la edificabilità dei suoli) e le stesse possono essere regolarizzate attraverso la
presentazione di una SCIA e il pagamento delle sanzioni pecuniarie previste
dall'articolo 17, comma 3, della presente legge. Resta ferma l'applicazione della
disciplina sanzionatoria di settore, tra cui la normativa antisismica, di sicurezza,
igienico sanitaria e quella contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, di
cui al decreto legislativo n. 42 del 2004." -.
In argomento, il Servizio Affari Generali, Giuridici e Programmazione Finanziaria
della Regione Emilia-Romagna, nel Parere prot. n. PG. 2014.421018 innanzi citato,
ha affermato quanto segue: "L'art. 17-bis, introdotto dall'art. 46 della L.R. n. 15 del
2013, risponde ad una differente esigenza, di salvaguardare l'affidamento maturato
dai privati alla conservazione, alla libera circolazione (alienazione, successione
ereditaria, ecc.) e al pieno esercizio delle facoltà di trasformazione edilizia ammesse
dal piano (ristrutturazione, ampliamento, cambio d'uso, ecc.) di edifici realizzati con
parziali difformità rispetto al titolo abilitativo edilizio rilasciato in epoca antecedente
dell'entrata in vigore della legge n. 10 del 1977 (e dunque prima del 30 gennaio del
1977). Ciò in considerazione del lunghissimo periodo di tempo trascorso dalla
realizzazione dell'opera e della circostanza che solo detta legge n. 10 del 1977 ha
introdotto all'art. 15, comma dodicesimo la possibilità di regolarizzare le varianti in
corso d'opera prima della fine dei lavori. La sanatoria sotto il profilo edilizio,
prevista dall'art. 17-bis, è subordinata (oltre che alla presentazione di apposita Scia
e al pagamento della medesima sanzione pecuniaria prevista dall'art. 17, comma 3)
solo a due requisiti, che l'abuso edilizio: - sia qualificabile come una parziale
difformità rispetto al titolo originario; - sia stato commesso nel corso dei lavori
attuativi di un regolare titolo edilizio. Pertanto, a differenza dei casi di accertamento
di conformità, appena esaminati, l'ipotesi di sanatoria di cui all'art. 17-bis non
richiede né che l'opera sia comunque conforme alla normativa urbanistica ed
edilizia; né viene richiesta la conformità dell'opera realizzata alla normativa tecnica
vigente all'epoca della realizzazione dell'intervento. Si noti che l'art. 17-bis non può
trovare applicazione solo nei casi di immobili che siano stati realizzati in totale
difformità rispetto al titolo originario. Si consideri inoltre che la legge n. 10 del
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1977, all'art. 15 relativo alle sanzioni amministrative da comminare in caso di abusi
edilizi, non prevedeva la nozione delle variazioni essenziali e la loro equiparazione
alla totale difformità dal titolo (introdotta nell'ordinamento statale dalla legge n. 47
del 1985). Pertanto è da ritenere che nella considerazione della sanabilità delle
opere abusive realizzate prima della entrata in vigore della stessa legge n. 10 del
1977 non si debbano utilizzare le soglie che caratterizzano le variazioni essenziali,
trattandosi di una disciplina sanzionatoria più gravosa introdotta dalla legislazione
statale successiva (principio di irretroattività della disciplina sanzionatoria di cui
all'art. 1 della L. 689 del 1981)." -.

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