Circolare NTC18
Circolare NTC18
Circolare NTC18
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REPUBBLICA ITALIANA
SI PUBBLICA TUTTI I
PA R T E P R I M A Roma - Lunedì, 11 febbraio 2019 GIORNI NON FESTIVI
DIREZIONE E REDAZIONE PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA - UFFICIO PUBBLICAZIONE LEGGI E DECRETI - VIA ARENULA, 70 - 00186 ROMA
AMMINISTRAZIONE PRESSO L’ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO - VIA SALARIA, 691 - 00138 ROMA - CENTRALINO 06-85081 - LIBRERIA DELLO STATO
PIAZZA G. VERDI, 1 - 00198 ROMA
N. 5
SOMMARIO
ALLEGATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 2
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
CIRCOLARI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE
E DEI TRASPORTI
Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto mini-
steriale 17 gennaio 2018.
Con decreto ministeriale 17 gennaio 2018, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del
20 febbraio 2018, n. 42 è stato approvato l’aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni», testo normativo
che raccoglie in forma unitaria le norme che disciplinano la progettazione, l’esecuzione ed il collaudo delle costruzioni
al fine di garantire, per stabiliti livelli di sicurezza, la pubblica incolumità.
Tale aggiornamento costituisce un più avanzato sistema normativo atto a fornire i criteri generali di sicurezza, a
precisare le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, a definire le caratteristiche dei materiali ed a trattare gli
aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere, nuove ed esistenti: impostazione condivisa dal mondo accademi-
co, professionale e produttivo-imprenditoriale.
In considerazione del carattere innovativo di detto aggiornamento, si è ritenuto opportuno emanare la presente
circolare applicativa che sostituisce la precedente circolare n. 617 del 2 febbraio 2009, relativa alle norme tecniche
approvate con decreto ministeriale 14 gennaio 2008, la quale ha lo scopo di fornire agli operatori del settore, ed in
particolare ai progettisti, opportuni chiarimenti, indicazioni ed clementi informativi per una più agevole ed univoca
applicazione delle norme stesse.
Pur essendo state apportate numerose e significative modifiche rispetto alla precedente circolare, non è sta-
to cambiato l’impianto generale e l’articolazione del documento e, pertanto, il testo è articolato conformemente
alle norme tecniche di cui mantiene la medesima strutturazione in capitoli e paragrafi., al fine di una più agevole
consultazione.
La presente circolare è stata sottoposta al parere dell’Assemblea generale del Consiglio superiore dei lavori pub-
blici, che si è espressa favorevolmente in data 27 luglio 2018, con voto n. 29/2017.
Il Ministro: TONINELLI
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ALLEGATO
SOMMARIO
CAPITOLO C1 - INTRODUZIONE
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CAPITOLO 2 – SICUREZZA E PRESTAZIONI ATTESE
C2.2.5 ROBUSTEZZA
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C3.1.4 SOVRACCARICHI
C3.3.8.1 EDIFICI A PIANTA RETTANGOLARE CON COPERTURE PIANE, A FALDE, INCLINATE E CURVILINEE
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C3.3.8.2 TETTOIE
C3.3.8.7 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TORRI E PALI A TRALICCIO A SEZIONE RETTANGOLARE O QUADRATA
C3.4.3.1 GENERALITÀ
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C3.6.1 INCENDIO
C3.6.1.1 DEFINIZIONI
C3.6.2 ESPLOSIONI
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CAPITOLO
CAPITOLO 4 - COSTRUZIONI CIVILI E INDUSTRIALI
C4.1.2.1 MATERIALI
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C4.2.1 MATERIALI
C4.2.4 VERIFICHE
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C4.2.12.1 MATERIALI
C4.2.12.1.4 Classificazione delle sezioni, instabilità locale e distorsione delle sezioni trasversali
C4.2.12.1.7 Unioni
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C4.4.8.1.9 Taglio
C4.4.9 COLLEGAMENTI
C4.4.12 ROBUSTEZZA
C4.4.13 DURABILITÀ
C4.5.2.3 MURATURE
C4.5.6 VERIFICHE
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CAPITOLO 5 - PONTI
C5.1.3.3.5 Disposizioni dei carichi mobili per realizzare le condizioni di carico più gravose
C5.2.2.4.2 Temperatura
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CAPITOLO 6 – PROGETTAZIONE GEOTECNICA
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C6.5.3.1.2 Paratie
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CAPITOLO 7 – PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHE
C7.3.5 RISPOSTA ALLE DIVERSE COMPONENTI DELL’AZIONE SISMICA ED ALLA VARIABILITÀ SPAZIALE DEL MOTO
C7.4.2.1 CONGLOMERATO
C7.4.4.1 TRAVI
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C7.4.4.2 PILASTRI
C7.4.4.5 PARETI
C7.4.5.1.2 Strutture con pilastri incastrati alla base e orizzontamenti ad essi cernierati
C7.4.6.1.2 Pilastri
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C7.7.5.1 GENERALITÀ
C7.8.1.1 PREMESSA
C7.8.1.2 MATERIALI
C7.8.2.2.2 Taglio
C7.8.3.2.2 Taglio
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C7.9 PONTI
C7.9.5.1 PILE
C7.10.1 SCOPO
C7.10.5.2 MODELLAZIONE
C7.10.5.3 ANALISI
C7.10.6 VERIFICHE
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C7.11.3.1.2.1 Scelta della schematizzazione geometrica e definizione del modello geotecnico di sottosuolo
C7.11.5 FONDAZIONI
C7.11.5.3 VERIFICHE ALLO STATO LIMITE ULTIMO (SLV) E ALLO STATO LIMITE DI ESERCIZIO (SLD)
C7.11.6.3 PARATIE
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C8.1 OGGETTO
C8.5.2 RILIEVO
C8.5.5 AZIONI
C8.6 MATERIALI
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C8.7.1.2 MECCANISMI LOCALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.1.2.1.6 Verifica degli Stati Limite Ultimi di Salvaguardia della Vita (SLV) e di prevenzione del Collasso (SLC)
C8.7.1.2.1.7 Verifica semplificata dello SLV con fattore di comportamento q (analisi cinematica lineare)
C8.7.1.2.1.8 Verifica in spostamento allo SLV e allo SLC (analisi cinematica non lineare)
C8.7.1.2.1.9 Verifica con analisi dinamica non lineare dello SLV e SLC
C8.7.1.3 MECCANISMI GLOBALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
C8.7.2.2.2 Analisi dinamica modale con spettro di risposta elastico o con fattore di comportamento q
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C8.7.2.4.6 Collegamenti
C8.7.6 INDICAZIONI AGGIUNTIVE PER GLI ELEMENTI NON STRUTTURALI E GLI IMPIANTI SOGGETTI AD AZIONI SISMICHE
C8.7.6.1 INDIVIDUAZIONE DEI COMPONENTI NON STRUTTURALI CHE RICHIEDONO UNA VALUTAZIONE SISMICA
C8.7.6.3 RACCOMANDAZIONI AGGIUNTIVE PER LA LIMITAZIONE DEL RISCHIO DI FUORIUSCITE INCONTROLLATE DI GAS A
CAUSA DEL SISMA
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CAPITOLO 9 – COLLAUDO STATICO
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CAPITOLO 11 – MATERIALI E PRODOTTI AD USO
STRUTTURALE
C11.1 GENERALITÀ
C11.2 CALCESTRUZZO
C11.2.1 SPECIFICHE PER IL CALCESTRUZZO
C11.3 ACCIAIO
C11.3.1.1 CONTROLLI
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C11.3.2.10 PROCEDURE DI CONTROLLO PER ACCIAI DA CEMENTO ARMATO NORMALE – BARRE E ROTOLI
C11.3.4.1 GENERALITÀ
C11.3.4.11.2 Controlli nei centri di trasformazione e nei centri di produzione di elementi tipologici in acciaio
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C11.10.1.1.1.1 Resistenza caratteristica a compressione degli elementi nella direzione dei carichi verticali
C11.10.1.1.1.2 Resistenza caratteristica a compressione degli elementi nella direzione ortogonale a quella dei carichi verticali
e nel piano della muratura
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CAPITOLO C1.
INTRODUZIONE
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Ovviamente, un sistema duttile, costruzione o terreno che sia, mobilita progressivamente la sua capacità a prezzo di
deformazioni crescenti. Ecco dunque l’attenzione delle NTC nei riguardi degli stati limite di esercizio, attenzione che si deve
trasferire al progettista.
Le considerazioni innanzi espresse evidenziano i limiti concettuali, ai fini della valutazione della duttilità necessaria, delle analisi
che fanno riferimento al solo modello di mezzo elastico lineare o al solo modello di mezzo rigido-plastico, mentre tale obiettivo è
perseguibile con modelli non lineari, in grado di descrivere adeguatamente il comportamento duttile di una costruzione. Il
riferimento a modelli non lineari e a comportamento elastoplastico incrudente è ormai consolidato nell’ingegneria strutturale e
geotecnica e i metodi di analisi che incorporano questi modelli sono ormai implementati in programmi di analisi di ampia
diffusione. Peraltro il metodo di analisi più diffuso rimane quello che modella le strutture come elastiche lineari, eventualmente
tenendo conto dei così detti effetti del 2° ordine mediante matrici di rigidezza geometriche. La dimestichezza che con esso hanno
i progettisti, unita all’indubbia facilità d’uso, hanno fatto sì che le revisionate NTC lo utilizzino sistematicamente, favorendone
l’adozione anche in presenza di azioni dinamiche di forte entità (il sisma eccezionale) e di comportamenti dei materiali
fortemente non lineari per eccesso di deformazione, oltre che di tensione.
Da un lato, dunque, modello di analisi elastico lineare, dall’altro materiale deformato fortemente, ben oltre il limite elastico;
questa evidente contraddizione ha motivazioni precise che è bene ricostruire.
Nella continua ricerca di soluzioni sicure e più economiche, l’ingegneria civile è stata, di necessità, costretta a spingersi nel campo
delle deformazioni plastiche, cercando nella plasticità e nella riduzione di rigidezza che essa comporta un modo per favorire la
naturale ridistribuzione della domanda sia sulla singola sezione e sulla singola membratura, sia sull’intera costruzione; un modo,
dunque, per conseguire costruzioni ad un tempo più sicure e più economiche.
Tale processo ha interessato, negli anni, dapprima la sezione e immediatamente dopo l’intera costruzione, sostanziandosi nelle
metodologie tipiche dell’analisi limite (analisi plastica) e dell’analisi non lineare. Nello specifico, si è passati: per la sezione, dal
valutare la capacità riferendosi alle tensioni (metodo delle tensioni ammissibili, non più ammesso dalle revisionate NTC) al
valutarla riferendosi alle resistenze (metodo a rottura), per la costruzione, dal valutare la domanda con analisi lineari elastiche al
valutarla con analisi plastiche o non lineari.
A questo punto, è bene precisare che la ricerca di duttilità non è confinata ai casi in cui l’azione sismica sia dimensionante, anzi
essa è basilare, in tutte le altre situazioni di carico, per conseguire la robustezza, ovvero la “capacità di evitare danni sproporzionati
rispetto all’entità di possibili cause innescanti eccezionali …” e di eventuali errori di progettazione o di esecuzione.
Le accortezze costruttive, utili per conseguire sezioni, elementi, collegamenti, strutture duttili (indipendentemente dalla duttilità
intrinseca del materiale impiegato), si possono dunque utilizzare sistematicamente, qualunque sia l’azione che produce la
domanda; in particolare la progettazione in capacità e i particolari costruttivi illustrati nel Capitolo 7 migliorano il
comportamento locale e d’insieme anche in presenza di azioni gravitazionali o di azioni eccezionali.
In tal senso sono utilmente generalizzabili la distinzione tra sezioni, elementi, collegamenti a comportamento fragile e a
comportamento duttile e le accortezze finalizzate ad accoppiare correttamente gli uni con gli altri e a conseguire un
comportamento duttile sia locale sia globale, evitando i collassi locali.
L’ampia messe di dati sperimentali resasi disponibile, evidenziando la sostanziale aleatorietà dei parametri che caratterizzano sia
i materiali sia le azioni, ha poi costretto a trattare il problema della sicurezza in termini probabilistici, sempre, indipendentemente
dal metodo d’analisi adottato.
La sicurezza viene valutata, come recita il § 2.1. “Principi fondamentali“, riferendosi a precisi Stati Limite, sia Ultimi (SLU) sia di
Esercizio (SLE), : “La sicurezza e le prestazioni di un’opera o di una parte di essa devono essere valutate in relazione agli stati limite che si
possono verificare durante la vita nominale di progetto, di cui al § 2.4”; il “mancato superamento di uno stato limite” (“verifica”) è
immediatamente deducibile dalla definizione stessa dello stato limite.
Per alcuni degli Stati Limite Ultimi (SLU) si prefigura la necessità di cogliere il comportamento d’insieme della costruzione al di
là del limite elastico; ciò avviene per gli Stati Limite Ultimi:
a. raggiungimento della massima capacità di resistenza della struttura nel suo insieme;
b. raggiungimento di una condizione di cinematismo;
per la verifica dei quali si deve ricorrere o ad un modello plastico o ad un modello non lineare. È evidente, infatti, che un modello
elastico lineare non sempre consente di leggere il raggiungimento della massima capacità d’insieme o il manifestarsi di una
condizione di cinematismo e, dunque, non sempre consente di progettare sfruttando a pieno la capacità della costruzione.
Da tale constatazione scaturisce l’abbinamento tra analisi elastica lineare e verifica della sezione effettuata accettando che il
materiale si deformi fortemente, ben oltre il limite elastico, con la evidente contraddizione prima segnalata.
Volendo effettuare un’analisi elastica lineare e non potendo “verificare” gli stati limite d) ed e) si rinuncia a utilizzare,
consapevolmente e totalmente, la capacità d’insieme della costruzione (seguendone l’evoluzione al crescere della domanda) e ci
si limita a sfruttare, cautelativamente e a favore di sicurezza, la capacità delle singole sezioni.
Come necessariamente avviene, a fronte di un metodo di “verifica” che opera a favore di sicurezza, la struttura finisce per avere
un eccesso di capacità (sovracapacità) rispetto alla capacità minima ammessa. La significativa sovra capacità conseguita
valutando la domanda con un’analisi elastica lineare e verificando le sezioni a rottura si può leggere, con un’analisi plastica o non
lineare, seguendo la domanda e la sua evoluzione al plasticizzarsi delle sezioni.
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L’istanza a conseguire strutture sicure ma più economiche spinge, peraltro, a contenere il più possibile tale sovra capacità; a tal
fine le revisionate NTC impiegano la ridistribuzione.
In particolare, come recita il § 4.1.1.1 “Analisi elastica lineare” e come si può fare per qualunque materiale e qualunque azione:
“... OMISSIS … Per le sole verifiche agli stati limite ultimi, i risultati dell’analisi elastica possono essere modificati con una ridistribuzione
dei momenti, nel rispetto dell’equilibrio e delle capacità di rotazione plastica delle sezioni dove si localizza la ridistribuzione. In particolare la
ridistribuzione non è ammessa per i pilastri e per i nodi dei telai, è consentita per le travi continue, le travi di telai in cui possono essere
trascurati gli effetti del secondo ordine e le solette, a condizione che le sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di
campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5-2,0.”
La ridistribuzione è un’applicazione semplificata dell’analisi plastica che permette di sfruttare, almeno in parte, la duttilità
disponibile. L’entità delle sollecitazioni da ridistribuire è lasciata alla scelta del progettista, con un limite superiore fissato al 30%;
l’applicazione al modello delle aliquote di sollecitazione da ridistribuire (cambiate di segno) consente di determinare, con
un’analisi elastica lineare, le variazioni della domanda. La ridistribuzione, formulata nel Capitolo 4 per le costruzioni con
struttura di c.a., può essere estesa a costruzioni in altri materiali o ad azioni diverse dalle azioni gravitazionali (in particolare le
azioni sismiche) semplicemente adattando i limiti propri della ridistribuzione al materiale e all’azione considerati.
Tutte le precedenti considerazioni si riferiscono, evidentemente, alle nuove costruzioni, ma l’unità e la completezza del percorso
progettuale, inteso come percorso obbligato, valgono anche per le costruzioni esistenti (Capitolo 8). Un’analisi critica consentirà
di cogliere meglio la sostanziale coerenza esistente tra progettazione del nuovo e progettazione di interventi sull’esistente.
Centralità del modello di calcolo, capacità e domanda definite in termini sia tensionali sia estensionali, importanza della duttilità
e attenzione ai modi per conseguirla (la progettazione in capacità), metodi di analisi, sostanziale preferenza attribuita all’analisi
lineare elastica, verifica in termini di stati limite, ridistribuzione, sono ancora dati unificanti, validi sia per progettare le nuove
costruzioni, sia per contribuire all’identificazione delle criticità delle costruzioni esistenti e per definire i relativi interventi.
La principale differenza tra costruzioni nuove e costruzioni esistenti è rappresentata, in termini progettuali, dalle peculiarità e
dalle problematiche connesse alla loro conoscenza.
Per le nuove costruzioni la conoscenza è analitico-previsionale (legata allo stato di progetto e alle caratteristiche meccaniche dei
materiali realmente prodotti e impiegati, con una relativa attenzione a come i vari elementi sono organizzati tra loro, in quanto
tale organizzazione è fissata/garantita dal progetto, a meno di grossolani errori di ideazione o di esecuzione).
Per le costruzioni esistenti la conoscenza è sintetico-consuntiva (legata allo stato di fatto, con una relativa attenzione alle
caratteristiche meccaniche dei materiali impiegati che, entro certi limiti, sono conoscibili e valutabili, e un’attenzione particolare
al modo nel quale le diverse membrature sono articolate tra loro, meccanicamente e temporalmente, e a come, di conseguenza,
interagiscano).
Tale peculiare distinzione conoscitiva tra costruzioni nuove e costruzioni esistenti non era ben evidenziata dalla precedente
versione della Norma (in particolare dalla sua circolare attuativa).
Nell’approccio classico alla teoria della sicurezza le incertezze intrinseche nel modello di calcolo vengono accorpate con le
incertezze sulle azioni (si veda al riguardo il § 6.3.2. dell’EN1990). Accade così che l’incertezza intrinseca del modello sfumi nelle
incertezze proprie delle azioni, scomparendo spesso dalla comune consapevolezza. Conseguentemente il modello diviene, per chi
lo definisce, estraneo al controllo delle incertezze, laddove invece, specie per le costruzioni esistenti, è il loro principale
contenitore.
Recuperare l’incertezza del “livello di conoscenza” propria del modello di calcolo (incertezza usualmente espressa attraverso un
coefficiente moltiplicativo dell’azione) ricorrendo soltanto a un coefficiente riduttivo della resistenza dei materiali può
enfatizzare eccessivamente l’importanza delle indagini sui materiali, che restano comunque indispensabili.
Ciò porta talvolta a sottostimare l’importanza delle indagini relative ai dettagli costruttivi, alla connessione dei vari elementi tra
loro, alle loro modalità di interazione e di collasso; questi elementi sono invece fondamentali per identificare le criticità presenti e
irrinunciabili per individuare il modello di calcolo globale (che descrive il comportamento d’insieme della costruzione) e i
modelli di calcolo dei meccanismi di collasso locali.
A conferma di ciò, il § 8.5.4. “Livelli di conoscenza e fattori di confidenza” recita:” Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle
fasi conoscitive…, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello e definiti i correlati fattori di
confidenza, da utilizzare nelle verifiche di sicurezza.
Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per
informazione crescente: LC1; LC2; LC3.
Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i
diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso.
Specifica attenzione dovrà essere posta alla completa individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili.”
Come si vede, le revisionate NTC sono esplicite in merito a quali siano le indagini da compiere ovvero quelle finalizzate a far
emergere eventuali criticità presenti e a individuare i vari modelli di calcolo necessari per descrivere comportamenti globali e
locali.
D’altra parte, mentre è agevole quantificare in termini di numerosità e di distribuzione i prelievi dei materiali e le relative prove
meccaniche, è estremamente difficile definire “livelli di conoscenza e fattori di confidenza” associati all’effettivo comportamento della
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costruzione. Ancor più complesso è poi individuare le tipologie di elementi costruttivi che condizionano, positivamente o
negativamente, tale comportamento, specie se sono interagenti e combinate nei modi più vari. Non è possibile, infatti, un
confronto diretto tra le varie tipologie di elementi costruttivi rilevabili su una costruzione esistente e le prescrizioni tecnico-
costruttive che la Norma impone alle nuove costruzioni e che consentono, per queste, un immediato giudizio di accettabilità.
Tuttavia, proprio dalla mancata conoscenza del comportamento delle costruzioni esistenti derivano prevalentemente i risultati
non sempre soddisfacenti che gli interventi possono produrre.
La sostanziale unitarietà del processo progettuale, purché la conoscenza sia quella effettivamente necessaria nel senso prima
evidenziato, non è compromessa neppure dai vincoli di carattere storico, artistico o ambientale che spesso caratterizzano le
costruzioni esistenti.
Le costruzioni storiche, giunte a noi attraversando i secoli, sono frutto di lunghi e complessi processi di trasformazione,
adattamento, danneggiamento e riparazione/ricostruzione (anche a seguito di terremoti di intensità non inferiore a quella che, di
norma, ha una limitata probabilità di verificarsi durante la “vita utile” di una nuova costruzione); ogni volta si è intervenuti con i
metodi di cui la tradizione costruttiva del tempo e del luogo disponeva (non necessariamente analitici, ma non per questo meno
efficaci e determinanti). In questo contesto sono maturate le condizioni per cui i tentativi di migliorare il rapporto
capacità/domanda modificando il comportamento delle costruzioni esistenti hanno prodotto risultati non sempre soddisfacenti.
Approcci progettuali basati invece sul riconoscimento, mediante adeguati e rigorosi processi di conoscenza, di tutti i possibili
fattori di vulnerabilità di una costruzione storica e su interventi volti a ridurli, se non del tutto eliminarli, modificando il meno
possibile il comportamento strutturale della costruzione esistente, sono non solo più rispettosi dei criteri di conservazione di
valori storico-artistici, ma anche più affidabili ed efficaci dal punto di vista della sicurezza strutturale, come evidenziato anche
dalle esperienze maturate in occasione dei più recenti terremoti.
Stabilito un ordine di priorità in merito ai vincoli da rispettare e dunque delimitato in modo chiaro, in forza della conoscenza
effettivamente disponibile, il campo dei possibili/desiderabili interventi, anche per il costruito si procederà nei modi già illustrati
per le nuove costruzioni e perseguendo le stesse finalità.
Peraltro, quanto ai livelli di sicurezza minimi da garantire, si consentirà al costruito di averli minori di quelli imposti al nuovo
perseguendo dunque, almeno nei casi in cui siano dimensionanti le azioni sismiche, il rafforzamento o il miglioramento piuttosto
dell’adeguamento, che verrà limitato alle situazioni in cui è obbligatorio per norma. Tale scelta articolata dei livelli di sicurezza
riguarda sia le azioni sismiche sia le azioni gravitazionali, per le quali è possibile riferirsi sia ai carichi permanenti effettivamente
presenti (quali individuati a seguito delle indagini condotte) sia a carichi variabili ridotti, accettando restrizioni d’uso.
Infatti, al § 8.3 “Valutazione della sicurezza” si legge: ”Nelle verifiche rispetto alle azioni sismiche il livello di sicurezza della costruzione
è quantificato attraverso il rapporto ]E tra l'azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe
nel progetto di una nuova costruzione; l'entità delle altre azioni contemporaneamente presenti è la stessa assunta per le nuove costruzioni,
salvo quanto emerso sui carichi verticali permanenti a seguito delle indagini condotte (di cui al § 8.5.5) e salvo l’eventuale adozione di appositi
provvedimenti restrittivi sull’uso e, conseguentemente, sui carichi verticali variabili.
La restrizione sull’uso può mutare da porzione a porzione della costruzione e, per l’i-esima porzione, è quantificata attraverso il rapporto ]V,i
tra il valore massimo del sovraccarico variabile verticale sopportabile da quella parte della costruzione e il valore del sovraccarico verticale
variabile che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione.”
La diversità di trattamento tra nuovo ed esistente (sull’intero territorio nazionale) è motivata dalla volontà di perseguire, in un
regime di risorse limitate, la massima riduzione possibile del rischio sismico medio. Così facendo si interviene, a parità di risorse
pubbliche impiegate, su un numero di costruzioni esistenti molto maggiore di quello che si avrebbe allineando la sicurezza
minima dell’esistente a quella del nuovo.
Il vantaggio che la collettività ne consegue in termini di riduzione di morti, feriti e danni è evidente.
In particolare, senza intervenire a livello globale e con interventi economicamente modesti, si possono eliminare criticità, per lo
più locali, capaci di originare meccanismi di collasso anche rilevanti. Dunque, per una riduzione del rischio diffusa,
l’eliminazione programmata di modeste criticità può costituire una strategia d’intervento ragionevole ed economicamente
sostenibile.
Alla luce di tutte le considerazioni precedenti e dell’obiettivo perseguito (agevolare l’uso delle revisionate NTC rendendone uni-
voca l’interpretazione) si può dunque confermare una chiave di lettura improntata all’unitarietà e alla completezza del percorso
progettuale, inteso come percorso obbligato, qualunque siano la costruzione, il materiale e l’azione considerati e indipendente-
mente dal fatto che ci si riferisca ad una costruzione nuova o ad una esistente.
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Le previsioni delle Norme Tecniche per le Costruzioni sono da ritenersi coordinate con ed integrate da tutte le vigenti disposizio-
ni primarie e secondarie disciplinanti il settore delle costruzioni, ivi incluse quelle che disciplinano la loro progettazione nonché
le relative competenze professionali. Analogamente, i diversi Capitoli ed i singoli paragrafi delle Norme Tecniche per le Costru-
zioni, e di questa Circolare, sono da ritenersi tra loro reciprocamente integrati, tanto ed in quanto le rispettive disposizioni non si
pongano in contrasto oppure sia diversamente disposto in maniera espressa.
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CAPITOLO C2.
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C2.2.5 ROBUSTEZZA
Il requisito della robustezza è inteso come la “capacità di evitare danni sproporzionati rispetto all’entità di possibili cause innescanti
eccezionali quali esplosioni e urti” e, più in generale, rispetto a qualsiasi evento di carattere eccezionale, che possa causare il collasso
di una parte limitata dell’organismo strutturale. Le misure che possono essere adottate a tal fine nella progettazione sono legate
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all’uso previsto della costruzione e alle conseguenze del suo eventuale collasso. L’effettivo livello di robustezza di una
costruzione dipende anche, ed in modo non trascurabile, dalle peculiarità del progetto, ed è estremamente complesso da
quantificare attraverso prescrizioni progettuali, unicamente riconducibili a verifiche numeriche; esso attiene, più in generale, alla
corretta concezione dell’organismo strutturale e dei suoi dettagli costruttivi.
In via generale la progettazione delle costruzioni condotta secondo le prescrizioni contenute nelle NTC, tenuto conto dei criteri di
progettazione per le azioni sismiche, garantisce il conseguimento di livelli di robustezza che possono essere ritenuti, in generale,
soddisfacenti. Per costruzioni di particolare importanza o complessità strutturale o, laddove ritenuto necessario, anche in
relazione alle specificità del progetto, il livello di robustezza potrà essere incrementato attraverso l’adozione di motivate strategie
progettuali tra quelle elencate al § 2.2.5, che possono essere combinate tra loro.
Le verifiche per le azioni eccezionali riferite a scenari di rischio prevedibili in sede di progetto fanno parte del complesso delle
misure da adottare per il conseguimento della robustezza.
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Il livello di prestazione è cosa diversa dalla classe d’uso che, invece, definisce i livelli minimi di sicurezza differenziati in
relazione alla funzione svolta nella costruzione e, pertanto, alle conseguenze che ne derivano in caso di fallimento.
Il livello di prestazione rispetto alla durabilità da fornire alla costruzione dovrà perciò scaturire da una valutazione tecnico-
economica che il Committente stabilirà a seguito di un’opportuna interazione con il progettista, ed è disgiunta dalle indicazioni
che la norma fornisce per individuare la classe d’uso da attribuire.
Con riferimento alle costruzioni non temporanee, ferma restando la facoltà di garantire una maggiore durabilità adottando valori
della Vita nominale maggiori di 50 anni nella progettazione di nuove costruzioni o di interventi sulle costruzioni esistenti,
quando si valuta la sicurezza di un’opera esistente rispetto alle azioni sismiche si farà riferimento alla vita nominale di 50 anni.
Tale valore, infatti, è rappresentativo del livello di sicurezza minimo richiesto dalla norma nei confronti delle azioni sismiche e
assicura la confrontabilità dei risultati ottenuti per diverse costruzioni, indipendentemente dal livello di durabilità che si sarà
inteso adottare sulla specifica costruzione.
L’effettiva durata del periodo d’uso di una costruzione esce dalle possibilità di previsione progettuali, venendo a dipendere da
eventi futuri fuori dal controllo del progettista; inoltre, la grande maggioranza delle costruzioni ha avuto e ha, anche attraverso
successivi interventi di ripristino manutentivo, una vita effettiva molto maggiore della vita nominale di progetto quantificata
nelle norme.
Va rilevato che i livelli di affidabilità, funzionalità e durabilità richiesti sono maggiori dei livelli minimi accettabili, e sono tali da
far sì che l’inevitabile degrado che si verifica nel tempo non comporti riduzioni inaccettabili dei predetti livelli.
Pertanto, nelle previsioni progettuali, se le condizioni ambientali e d’uso si mantengono, nel corso di VN, nei limiti previsti, sarà
possibile utilizzare l’opera senza interventi significativi di riparazione o di manutenzione straordinaria. Peraltro, una volta
effettuati detti interventi, la vita nominale di progetto originaria sarà sostanzialmente ripristinata, cosicché risulta possibile che
grazie a interventi successivi, la vita effettiva della costruzione possa essere molto maggiore della vita nominale di progetto. La
vita nominale di progetto viene così a perdere ogni connotazione di carattere “biologico”, perché essa sostanzialmente si rinnova
a seguito degli interventi di riparazione o di manutenzione straordinaria.
Fig. C.2.1 – Evoluzione dell’affidabilità strutturale e del periodo di vita nominale in funzione delle strategie d’intervento
Va anche segnalato, come sintetizzato nella figura C.2.1, che non è necessario concentrare gli interventi al termine di VN, perché
sono possibili anche strategie d’intervento alternative, che prevedono interventi più contenuti e più ravvicinati nel tempo.
Va ancora rilevato che costruzioni o parti di esse che possono essere smantellate e riutilizzate non sono da considerarsi
temporanee e vanno classificate, ai fini della determinazione della vita nominale, come opere con livelli di prestazione ordinari
(VN
N .
Con riferimento alla tabella 2.4.I si evidenzia che, ai sensi e per gli effetti del Decreto del Capo Dipartimento della Protezione
Civile n. 3685 del 21 ottobre 2003, il carattere strategico di un’opera o la sua rilevanza ai fini della protezione civile per le
conseguenze di un eventuale collasso, sono definiti dalla classe d’uso.
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Più in particolare, detto Decreto individua, tra le opere di competenza statale, gli edifici che possono assumere rilevanza in
relazione alle conseguenze di un eventuale collasso e, che quindi, sono compresi nella classe III, in quanto costruzioni il cui uso
preveda affollamenti significativi e gli edifici e le opere infrastrutturali, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume
rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, che risultano compresi nella classe IV, in quanto costruzioni con
importanti funzioni pubbliche o strategiche, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità.
A titolo di esempio, in classe III ricadono scuole, teatri, musei, in quanto edifici soggetti ad affollamento e con la presenza
contemporanea di comunità di dimensioni significative.
Per edifici il cui collasso può determinare danni significativi al patrimonio storico, artistico e culturale (quali ad esempio musei,
biblioteche, chiese) vale quanto riportato nella “Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 febbraio 2011 “Valutazione
e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14
gennaio 2008” e ss.mm.ii.
Per le costruzioni a servizio di attività a rischio di incidente rilevante si adotteranno valori di CU anche superiori a 2, in relazione
alle conseguenze sull'ambiente e sulla pubblica incolumità determinate dal raggiungimento degli stati limite.
Per i fini delle Norme Tecniche delle Costruzioni, le attività a rischio di incidente rilevante sono quelle effettuate in stabilimenti
nei quali le sostanze pericolose sono presenti in quantità pari o superiori alle quantità elencate nella colonna 2 della parte 1 o
nella colonna 2 della parte 2 dell'allegato 1 al decreto Legislativo 26 giugno 2015, n.105.
Per le strutture il cui collasso può dar luogo ad incidente rilevante si adotteranno i seguenti valori di coefficienti d’uso:
! Cu > 2 per attività a rischio di incidente rilevante per i quali risultano essere presenti scenari incidentali con impatto
all’esterno dell’attività stessa (sezione L dell’allegato 5 al D. Lgs 105/2015) con categorie di effetti di inizio letalità ed
elevata letalità. I valori di soglia da prendere in considerazione per tali categorie di effetti sono quelli indicati nella tabella
2 del punto 6.2 del decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001. In attesa di più specifiche successive
indicazioni normative è possibile assumere cautelativamente Cu = 2,5.
Tale valore si intende riferito ad attività, che per il loro elevato contenuto tecnologico sono soggette ad aggiornamento e
rinnovamento costruttivo tale da determinare una vita nominale delle strutture, tipicamente non maggiore di 50 anni.
Per le strutture il cui collasso non può dar luogo ad incidente rilevante, ancorché eventualmente presenti all’interno di
stabilimenti a rischio di incidente rilevante, si adottano le classi d’uso definite al §2.4.2 delle NTC e C2.4.2,
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
rappresentativi di quelle variabili da impiegarsi nelle combinazioni per gli stati limite, al fine di tenere conto della ridotta
probabilità di contemporanea occorrenza dei valori caratteristici delle azioni variabili stesse in un assegnato scenario di carico.
In relazione al valore caratteristico delle azioni permanenti Gk è specificato che questo possa essere assunto pari al valore medio
della distribuzione qualora il coefficiente di variazione dell’azione sia inferiore a 0,10, che è un limite entro cui rientrano la
maggior parte delle azioni permanenti.
Il paragrafo 2.5.3 elenca le combinazioni delle azioni ai fini delle verifiche dei vari stati limite ultimi e di esercizio. Viene altresì
precisato che nelle combinazioni si dovranno trascurare le azioni di natura variabile Qkj che danno un contributo favorevole ai
fini delle verifiche e, se del caso, i carichi permanenti non strutturali G2. Questi ultimi potranno quindi essere trascurati, ad
esempio, nel caso di situazioni transitorie, in cui la costruzione subisca alterazioni e modifiche che prevedano la possibilità di
assenza dei carichi G2 favorevoli alle verifiche. Questa indicazione non contrasta, quindi, con il contenuto della tabella 2.6.I,
nonché delle conseguenti tabelle 6.2.I e 6.2.III, in cui vengono forniti i valori dei coefficienti parziali per le azioni o per l’effetto
delle azioni nelle verifiche SLU, in cui, per i carichi G2, qualora questi diano un contributo favorevole ai fini delle verifiche, viene
indicato il valore minimo pari a 0,8.
Come previsto nella nota alla Tabella 2.6.I, nel caso in cui l’intensità dei carichi permanenti non strutturali o di una parte di essi
(ad es. carichi permanenti portati) sia ben definita in fase di progetto, per detti carichi o per la parte di essi nota si potranno
adottare gli stessi coefficienti parziali validi per le azioni permanenti.
La selezione del coefficiente parziale F sulla base della classificazione del tipo di carichi in “favorevoli” o “sfavorevoli” va
effettuata in relazione agli effetti globali indotti dai carichi stessi e risultanti sulla costruzione, tenendo sempre conto della loro
natura fisica e della loro correlazione. Differenti assunzioni possono essere adottate nel caso di singole verifiche locali.
! Lo stato limite per la perdita dell’equilibrio EQU della struttura o di una sua parte considerati come corpi rigidi, non
riguarda più il terreno o l’insieme terreno-struttura, compresa adesso nelle verifiche GEO, ma tale verifica è limitata al
ribaltamento di strutture fuori terra (ad esempio ciminiere, cartelloni pubblicitari, torri, ecc. rispetto ad una estremità della
fondazione).
! Lo stato limite di resistenza della struttura, STR, che riguarda anche gli elementi di fondazione e di sostegno del terreno, è
da prendersi a riferimento per tutti i dimensionamenti strutturali. Nei casi in cui le azioni sulle strutture siano esercitate
dal terreno, si deve far riferimento ai valori caratteristici dei parametri geotecnici.
! Lo stato limite di resistenza del terreno, GEO, deve essere preso a riferimento per il dimensionamento geotecnico delle
opere di fondazione e di sostegno e, più in generale, delle strutture che interagiscono direttamente con il terreno, oltre che
per le verifiche delle opere di terra (rilevati, argini, …), degli scavi e di stabilità globale dell’insieme terreno-struttura. Tra
gli stati limite GEO sono da considerare anche meccanismi di rottura che coinvolgano la struttura o parte di essa (è il caso,
ad esempio, della resistenza a carico limite sotto forze trasversali dei pali di fondazione).
Nel Capitolo 6 delle NTC (Progettazione geotecnica), sono anche considerati gli stati limite ultimi di tipo idraulico, che
riguardano la perdita d’equilibrio della struttura o del terreno dovuta alla sottospinta dell’acqua (UPL) o l’erosione e il
sifonamento del terreno dovuto ai gradienti idraulici (HYD).
Come precisato nel § 2.6.1 delle NTC, nella progettazione di elementi strutturali che coinvolgano azioni di tipo geotecnico, (plinti,
platee, pali, muri di sostegno, paratie, ...), le verifiche nei confronti degli stati limite ultimi strutturali (STR) e geotecnici (GEO) si
eseguono adottando due approcci progettuali, differenziati per tipo di opera e, talvolta, per tipo di verifica, secondo quanto
riportato nel Capitolo 6 delle NTC e chiarito al § C6.2.4.1.
Per le verifiche di natura geotecnica secondo gli Approcci progettuali 1 e 2, per i materiali e le resistenze di natura geotecnica, si
deve fare riferimento ai coefficienti parziali indicati allo scopo nel Capitolo 6 delle norme.
Ai fini della verifica di dispositivi antisollevamento o, nel caso di travi continue, di dispositivi di sollevamento degli apparecchi
d’appoggio, si potranno condurre due verifiche separate: la prima volta a determinare la necessità di un tale dispositivo al fine di
garantire l’equilibrio della struttura, con la combinazione EQU, e la seconda volta alla verifica strutturale (combinazione STR) del
dispositivo.
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CAPITOLO C3.
AZIONI SULLE COSTRUZIONI
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C3.1.4 SOVRACCARICHI
Anzitutto è stato cambiato il titolo del paragrafo, da Carichi variabili, derivato dall’UNI EN 1991-1-1, in Sovraccarichi, più noto
da tempo ai Tecnici italiani.
Vi sono poi modifiche alla Tab. 3.1.II Valori dei sovraccarichi per le diverse categorie d’uso delle costruzioni.
Si tratta di modifiche che si muovono nel senso di avvicinare ulteriormente il testo a quello dell’Eurocodice, pur conservando
l’impostazione generale precedente.
Per le costruzioni scolastiche si applicano i valori dei sovraccarichi riportati nelle vigenti NTC; il D.M. 18.12.1975, riportante le
norme tecniche relative all’edilizia scolastica, non si applica ai sensi dell’articolo 12, comma 5, della Legge 11 gennaio 1996, n.23.
I valori di progetto indicati nella Tabella 3.1.II costituiscono valori da adottare in relazione alla destinazione funzionale degli
ambienti. In fase di progetto, al fine di tenere conto della possibile futura modifica della destinazione funzionale degli ambienti,
può essere opportuno adottare i valori dei sovraccarichi corrispondenti alla pertinente destinazione funzionale più critica.
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Le caratteristiche del moto sismico atteso al sito di riferimento, per una fissata 395 , sono espresse dall’accelerazione massima e
dallo spettro di risposta elastico in accelerazione.
È ammessa la possibilità di descrivere il terremoto in forma di storie temporali del moto del terreno, a condizione che esse siano
compatibili con le caratteristiche del moto sismico attese. In particolare, per ciascuna 395 i caratteri del moto sismico su sito di
riferimento rigido orizzontale sono descritti dalla distribuzione sul territorio nazionale delle seguenti grandezze, sulla base delle
quali risultano compiutamente definiti gli spettri elastici di risposta:
ag = accelerazione massima al sito;
TC* = periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale.
Il valore di ag è desunto dalla pericolosità di riferimento, attualmente fornita dallo INGV, mentre Fo H TC sono calcolati in
modo che gli spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento forniti dalle NTC approssimino al meglio i
corrispondenti spettri di risposta elastici in accelerazione, velocità e spostamento derivanti dalla pericolosità di riferimento.
I valori di ag, FO e T*C sono riportati negli allegati A e B al decreto del Ministro delle Infrastrutture 14 gennaio 2008 pubblicato nel
S.O. alla Gazzetta Ufficiale del 4 febbraio 2008 n. 29 e negli eventuali successivi aggiornamenti; di essi si fornisce la
rappresentazione in termini di andamento medio in funzione del periodo di ritorno TR, per l’intero territorio nazionale. (v. Figure
C3.2.1 a, b, c). Si riportano inoltre, in corrispondenza di ciascun valore di TR, i relativi intervalli di confidenza al 95% valutati con
riferimento ad una distribuzione log-normale, per fornire una misura della loro variabilità sul territorio (“variabilità spaziale”).
Nel caso di costruzioni di notevoli dimensioni, va considerata l’azione sismica più sfavorevole calcolata sull’intero sito ove sorge
la costruzione e, ove fosse necessario, la variabilità spaziale del moto di cui al § 3.2.5.
0.70
0.60
0.50
0.40
ag (g)
0.30
0.20
0.10
0.00
10 100 1000 10000
TR (anni)
Figura C3.2.1 a – Variabilità di ag con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%
3.00
2.90
2.80
2.70
Fo (-)
2.60
2.50
2.40
2.30
2.20
10 100 1000 10000
TR (anni)
Figura C3.2.1 b – Variabilità di Fo con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%
0.60
0.50
0.40
TC* (s)
0.30
0.20
0.10
0.00
10 100 1000 10000
TR (anni)
Figura C3.2.1 c – Variabilità di 7& con TR: andamento medio sul territorio nazionale ed intervallo di confidenza al 95%
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ottenendo, per i vari stati limite, le espressioni di TR in funzione di VR riportate nella Tabella C.3.2.I.
Alla base dei risultati così ottenuti è la strategia progettuale che impone, al variare del periodo di riferimento VR, la costanza della
probabilità di superamento 395 di ciascuno degli stati limite considerati (strategia progettuale di norma).
È immediato constatare (v. formula C.3.2.1) che, imponendo 395 = costante al variare di CU, si ottiene
ª¬TR CU VN OQ PVR CU VN FRVWDQWH º¼ e dunque, a parità di VN, TR varia dello stesso fattore CU per cui viene
moltiplicata VN per avere VR.
Fissata la vita nominale VN della costruzione e valutato il periodo di ritorno TR,1 corrispondente a CU = 1, si ricava il TR
corrispondente al generico CU dal prodotto CU ·TR,1. Al variare di CU, TR e VR variano con legge uguale.
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periodo di ritorno ottenuto con la strategia progettuale appena illustrata, il rapporto R tra i due periodi di ritorno varrebbe:
TR b VN OQ PVR CU OQ PVR
R
TR a CU VN OQ PVR CU OQ PVR CU
[C.3.2.2]
ed avrebbe, al variare di CU e 395 , gli andamenti riportati nel grafico successivo.
Constatato che, con la strategia ipotizzata, si rispettano le condizioni preliminarmente indicate come irrinunciabili (sostanziale
costanza di TR, dunque protezione sostanzialmente immutata, per i valori di 395 relativi agli SLU ossia per 395 "#
significativa crescita di TR, dunque protezione significativamente incrementata, per i valori di 395 relativi agli SLE ossia per
395 60%) si può poi passare a valutare come applicare la indicazione di norma, ossia come modificare le 395 .
Per trovare come modificare, al variare di CU, i valori di 395 nel periodo di riferimento VR per ottenere gli stessi valori di TR
suggeriti dalla strategia ipotizzata, basta imporre R=1 nella formula C.3.2.2 ed indicare con PV i nuovi valori di 395 , così R
ottenendo:
OQ PV
R
R OQ PV
R CU OQ PVR CU PV
R PVR CU CU [C.3.2.3]
CU OQ PVR CU
È così possibile ricavare, al variare di CU, i valori di PV a partire dai valori di 395 ; tali valori sono riportati, insieme ai valori di TR
R
corrispondenti, nella Tabella C.3.2.II. Adottando la strategia ipotizzata, al crescere di CU i valori dei PV corrispondenti agli Stati R
Limite di Esercizio (SLE) si riducono sensibilmente ed i corrispondenti TR crescono, mentre i valori dei PV corrispondenti agli R
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SLO 81,00% 68,80% 64,60% VR VR VR
SLE
SLD 63,00% 55,83% 53,08% VR VR VR
SLV 10,00% 9,83% 9,75% VR VR VR
SLU
SLC 5,00% 4,96% 4,94% VR VR VR
Se dunque la protezione nei confronti degli SLE è di prioritaria importanza, si possono sostituire i valori di 395 con quelli di PV , R
così conseguendo una miglior protezione nei confronti degli SLE. La strategia progettuale testé ipotizzata, peraltro, conduce ad
un’opera decisamente più costosa e dunque è lecito adottarla unicamente nei casi in cui gli SLE siano effettivamente di prioritaria
importanza.
Ottenuti i valori di TR corrispondenti ai quattro stati limite considerati (utilizzando, a seconda dei casi, la strategia progettuale a
o b) si possono infine ricavare, al variare del sito nel quale la costruzione sorge ed utilizzando i dati riportati negli Allegati A e B
al Decreto del Ministro delle Infrastrutture 14 gennaio 2008 e eventuali successivi aggiornamenti, l’accelerazione del suolo ag e le
forme dello spettro di risposta di progetto per ciascun sito, costruzione, situazione d’uso, stato limite.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
¦
N
H j
hj [C.3.2.4]
VS eq
hj hj
¦ ¦
N N
j V j V
s j s j
La velocità equivalente è ottenuta imponendo l’equivalenza tra i tempi di arrivo delle onde di taglio in un terreno omogeneo
equivalente di spessore pari ad H. Dove H è la profondità del substrato definito come quella formazione costituita da roccia o
terreno molto rigido caratterizzato da valori di Vs non inferiori ad 800 m/s. Per depositi con profondità H del substrato superiore
a 30 m, la velocità equivalente delle onde di taglio Vs,eq è definita dal parametro Vs,30 ottenuto ponendo H = 30 m nell’equazione
[3.2.1] - [C.3.2.4]e considerando le proprietà degli strati di terreno fino a tale profondità. Derivando da una media armonica, la
velocità equivalente assume valori differenti da quelli ottenuti dalla media aritmetica delle velocità dei singoli strati pesata sui
relativi spessori, soprattutto in presenza di strati molto deformabili di limitato spessore. Lo scopo della definizione adottata è
quello di privilegiare il contributo degli strati più deformabili.
$&+
+< ?@?
s,eq, così come definita dall’equazione [3.2.1]-
[C.3.2.4] coincide di fatto con la Vs,30 delle NTC 2008. L’introduzione della Vs,eq unita alla modifica nella definizione delle
categorie di sottosuolo si è resa necessaria al fine di includere nell’attuale testo normativo le configurazioni stratigrafiche che
rimanevano escluse nelle NTC 2008 (ad esempio profili di tipo B con profondità del substrato inferiore a 30 m).
Infine nelle NTC 2018 sono state eliminate le categorie speciali di sottosuolo (Classi S1 ed S2 presenti nelle NTC 2008). Per tutte
quelle configurazioni litostratigrafiche non riconducibili alla classificazione riportata in Tab. 3.2.II (ad esempio terreni instabili o
suscettibili di liquefazione, per determinati sistemi geotecnici o se si intende aumentare il grado di accuratezza nella previsione
dei fenomeni di amplificazione), le azioni sismiche da considerare nella progettazione possono essere determinate mediante
specifiche analisi di risposta sismica locale, meglio descritte nel § C.7.11.3.1. Queste analisi presuppongono un’adeguata
conoscenza delle proprietà meccaniche dei terreni in condizioni cicliche e dinamiche, determinate mediante specifiche indagini e
prove geotecniche.
La risposta sismica locale e, comunque, la modellazione sismica in generale, comprendono un propedeutico studio
geomorfologico, stratigrafico e tettonico, nonché una individuazione delle categorie di sottosuolo a cui afferiscono le opere in
progetto.
J"K <
+
.
La forma spettrale per le componenti orizzontali è definita mediante le stesse espressioni fornite dall’UNI EN 1998 nelle quali,
tuttavia, non si è assunto un singolo valore per l’amplificazione massima ma si è fornita tale grandezza, Fo, in funzione della
pericolosità del sito insieme alle grandezze ag, TC e, conseguentemente, TB, TD. Per la componente verticale, invece, le uniche
grandezze fornite in funzione della pericolosità del sito sono l’accelerazione massima, posta pari alla massima accelerazione
orizzontale del suolo ag, e l’amplificazione massima Fv, espressa come funzione di ag.
La categoria di sottosuolo e le condizioni topografiche incidono sullo spettro elastico di risposta. Specificamente, l’accelerazione
spettrale massima dipende dal coefficiente S = SSST che comprende gli effetti delle amplificazioni stratigrafica (SS) e topografica
(ST). Per le componenti orizzontali dell’azione sismica, il periodo TC di inizio del tratto a velocità costante dello spettro, è
funzione invece del coefficiente CC, dipendente anch’esso dalla categoria di sottosuolo.
Il coefficiente di amplificazione topografica ST è definito in funzione delle condizioni topografiche riportate nella Tabella 3.2.II ed
assume i valori riassunti nella Tabella 3.2.V delle NTC.
Per le componenti orizzontali dell’azione sismica il coefficiente SS è definito nella Tabella 3.2.IV delle NTC. Esso è il rapporto tra
il valore dell’accelerazione massima attesa in superficie e quello su sottosuolo di categoria A ed è definito in funzione della
categoria di sottosuolo e del livello di pericolosità sismica di base del sito (descritto dal prodotto Fo·ag).
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Figura C3.2.3 – Andamento del coefficiente SS per le componenti orizzontali dell’azione sismica
Nella Figura C.3.2.3 è mostrata, per le cinque categorie di sottosuolo, la variazione di SS in funzione del prodotto Fo·ag.
A parità di categoria di sottosuolo, l’andamento di SS con Fo·ag è caratterizzato da due tratti orizzontali, rispettivamente per bassi
ed elevati valori di pericolosità sismica di base; tali tratti sono raccordati da un segmento di retta che descrive il decremento
lineare di SS con Fo·ag.
In genere, per bassi valori di pericolosità sismica di base, a parità di Fo·ag i valori di SS si incrementano al decrescere della
rigidezza del sottosuolo, passando dal sottosuolo di categoria A al sottosuolo di categoria E. In particolare, per Fo·ag < 0.78g, il
sottosuolo di categoria D mostra amplificazioni maggiori delle altre categorie di sottosuolo. Come conseguenza del
comportamento ciclico non lineare e dissipativo del terreno, per valori elevati della pericolosità sismica di base si osserva
un’inversione di tendenza. $ XY\ " ^o·ag < 1.17g i fenomeni di amplificazione diventano più marcati per il sottosuolo di
categoria C mentre per elevati livelli di pericolosità sismica del sito, caratterizzati da valori del prodotto Fo·ag > 0.93g, le
accelerazioni massime su sottosuolo di categoria D sono inferiori a quelle su sottosuolo di categoria A. Si verifica cioè una
deamplificazione del moto in termini di accelerazione massima.
Per la componente verticale dell’azione sismica, in assenza di studi specifici, si assume SS=1.
Sottosuolo
A
B
C
D
E
&F
7F
V
– Andamento del coefficiente CC
Il coefficiente CC è definito nella Tabella 3.2.IV delle NTC in funzione della categoria di sottosuolo e del valore di TC riferito a
sottosuolo di categoria A, TC*. Nella Figura C.3.2.4, la variazione di CC è mostrata, per le cinque categorie di sottosuolo, in
funzione di TC*.
A parità della categoria di sottosuolo, il coefficiente CC decresce al crescere di TC* e, conseguentemente, l’effetto di amplificazione
massima si sposta verso periodi più brevi e si riduce l’estensione del tratto orizzontale caratterizzato da ordinata spettrale
massima. In genere, a parità di TC*, i valori di CC si incrementano al decrescere della rigidezza del sottosuolo, ovvero passando
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dal sottosuolo di categoria A al sottosuolo di categoria E. Il sottosuolo di categoria D presenta, nell’intervallo di valori di
interesse, valori di TC maggiori di quelli relativi alle altre categorie di sottosuolo.
— 49 —
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1. per ogni coppia di registrazioni orizzontali, si costruisce uno spettro SRSS, dato dalla radice quadrata della somma dei
quadrati degli spettri di ogni componente;
2. lo “spettro medio SRSS” è pari alla media degli spettri SRSS di ciascuna coppia di accelerogrammi, appartenente al
medesimo gruppo di storie temporali;
3. le coppie di registrazioni, nel numero indicato dalla norma, devono essere selezionate e scalate in modo tale che lo spettro
medio SRSS approssimi, secondo i criteri di coerenza spettrale di norma, lo “spettro di riferimento”, dato dal prodotto
dello spettro elastico di progetto per un opportuno coefficiente D.
Il valore del coefficiente D é in genere non superiore a 1,3 che corrisponde alla risultante di due componenti il cui rapporto è circa
pari a 0,85. Tuttavia, nel definire la coerenza spettrale, con particolare riguardo al rapporto fra le componenti accelerometriche, in
assenza di studi sismo-tettonici specifici che giustifichino scelte differenti, si deve adottare un valore limite per il coefficiente D
pari a , ovvero la risultante di due componenti uguali tra loro, come specificato al §3.2.3.1 della norma.
Ai fini dell’impiego di accelerogrammi nelle analisi, una descrizione delle azioni sismiche coerente con l’evento di origine può
essere ottenuta proiettando ciascuna coppia di registrazioni lungo le direzioni principali del sisma, definite come le direzioni per
le quali si annulla la correlazione tra le componenti. Il coefficiente di correlazione tra due componenti accelerometriche Xe Y
nell’intervallo di tempo t1< t < t2, può essere così determinato:
X t Y t dt
t
U X Y
³
t
[C3.2.5]
t dt ³t t dt
t t
³
X Y
t
dove t1 e t2 rappresentano gli estremi dell’intervallo temporale considerato, che può essere assunto corrispondente alla fase
intensa del sisma.
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I coefficienti di pressione interna, da considerare, se del caso, congiuntamente ai coefficienti di pressione esterna, sono riportati al
paragrafo C3.3.8.5.
Per costruzioni di forma non regolare e per i ponti, si dovrà fare riferimento ad indicazioni aggiuntive tratte da documenti di
comprovata validità.
C3.3.8.1 EDIFICI A PIANTA RETTANGOLARE CON COPERTURE PIANE, A FALDE, INCLINATE E CURVILINEE
Per la valutazione della pressione esterna si assumeranno, nei casi più comuni, gli schemi di seguito riportati; per le forme non
contemplate nel presente documento e per ulteriori approfondimenti sui criteri di analisi costituiscono utile riferimento
l’Eurocodice EN-1991-1-4 e le Istruzioni CNR DT207. Per le forme non contemplate nei documenti citati si potrà ricorrere a dati di
letteratura o a prove specifiche in galleria del vento o, infine, a simulazioni di fluidodinamica computazionale utilizzando
strumenti di comprovata validità scientifica.
(a) (b)
a) Parametri caratteristici di edifici a pianta rettangolare,
b) Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali
Figura C3.3.2
Tabella C3.3.I: Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali
Faccia sopravento CU = 2,0 CU
xy "{pe= 0,7 + 0,1·h/d xy "
{pe= -0,5 - -0,8·h/d xy "{pe= -0,3 - 0,2·h/d
h/d > 1: cpe= 0,8 h/d > 0,5: cpe= -0,9 }xy "{pe= -0,5 -0,05·(h/d-1)
I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle pareti di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura,
C3.3.3 e in Tabella C3.3.II, il valore della dimensione e è pari al minimo tra b e 2h.
G
(a) (b)
a) Schema planimetrico di riferimento
b) Suddivisione delle pareti verticali di edificio a pianta rettangolare in zone di uguale pressione (prospetti laterali)
Figura C3.3.3
Tabella C3.3.II - Edifici a pianta rettangolare: cpe per facce sopravento, sottovento e laterali.
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Zona A B C D E
h/d cpe,10 cpe,1 cpe,10 cpe,1 cpe,10 cpe,1 cpe,10 cpe,1 cpe,10 cpe,1
5 -1,2 -1,4 -0,8 -1,1 -0,5 +0,8 +1,0 -0,7
1 -1,2 -1,4 -0,8 -1,1 -0,5 +0,8 +1,0 -0,5
"
~ -1,2 -1,4 -0,8 -1,1 -0,5 +0,7 +1,0 -0,3
+
x", l’altezza
di riferimento è costante e pari alla quota di sommità dell’edificio ( = ); la pressione del vento è pertanto uniforme.
Per gli edifici alti, ossia con altezza compresa fra la dimensione in pianta ortogonale al flusso del vento e 5 volte la profondità
&+
zza di
riferimento è costante e pari a = ; la pressione del vento è pertanto uniforme. Nella parte superiore dell’edificio, per z
compreso fra b e h, la quota di riferimento può essere scelta seguendo uno dei due seguenti criteri (figura C3.3.4):
1. L’altezza di riferimento è costante e pari alla sommità dell’edificio ( = ); la pressione del vento è pertanto uniforme fra
le quote z=b e z=h. In questo modo il calcolo delle forze aerodinamiche è semplificato, ma la forza totale che ne risulta è
generalmente maggiore di quella reale.
2. L’edificio è suddiviso in tronchi di altezza arbitraria, a ciascuno dei quali corrisponde un’altezza di riferimento costante
pari alla sommità del tronco; se l’altezza di ciascun tronco coincide con l’interpiano dell’edificio, ed ogni singolo tronco
risulta centrato sulla posizione degli elementi orizzontali (solai), è lecito ammettere che l’altezza di riferimento sia pari alla
quota del solaio relativo; in entrambi i casi la pressione del vento è uniforme su ogni tronco. In questo modo il calcolo
delle forze è più oneroso, ma i valori che si ottengono sono più aderenti alla realtà e non maggiori di quelli che si
ottengono applicando la procedura di cui al punto precedente.
Particolare attenzione va posta nel caso di edifici particolarmente snelli, il cui rapporto h/d sia maggiore di 5, per i quali potrà
farsi utile riferimento a studi specifici di settore.
— 53 —
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E
- Schema di riferimento per coperture piane
Nella zona sottovento la pressione può assumere sia valori negativi sia valori positivi, per cui si devono considerare entrambi i
casi.
I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in Figura
C3.3.6 e in Tabella C3.3.IV. In riferimento alla Figura C3.3.6 e Tabella C3.3.IV, il valore della dimensione e è pari al minimo fra b e
2h.
(a)
(b)
a) Suddivisione delle coperture piane in zone di uguale pressione,
b) Altezza di riferimento per coperture piane con parapetti o raccordi (curvi e piani)
Figura C3.3.6
— 54 —
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"" 45° la pressione può variare rapidamente da valori negativi a valori
positivi, per cui vengono forniti valori dei coefficienti di pressione con entrambi i segni; in generale, si considerano ambedue le
condizioni di carico, valutando quale può condurre a situazioni più gravose per la struttura o l’elemento strutturale considerato.
- Schema di riferimento per coperture a semplice falda
Figura C3.3.8 - Coperture a semplice falda: valori del coefficiente cpe: vento perpendicolare alla direzione del colmo.
Tabella C3.3.V -
.
I coefficienti globali da assumere sulle coperture a singola falda di un edificio a pianta rettangolare, nel caso di vento parallelo
alla direzione del colmo sono riportati in Figura C3.3.9 e in Tabella C3.3.VI.
— 55 —
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Figura C3.3.9 - Coefficienti di pressione per coperture a semplice falda: vento parallelo alla direzione del colmo
Tabella C3.3.VI -
.
Fascia sopravento di "D" cpe,A
\D/50
profondità pari al minimo tra
15°<D cpe,A
b/2 ed h
"D" cpe,B
~D/30
Restanti zone "D"K cpe,B
YDy
K"D cpe,B
DKyY
I coefficienti locali e di dettaglio da assumere sulle coperture a singola falda di un edificio a pianta rettangolare sono riportati in
Figura C3.3.10 e in Tabella C3.3.VII e C3.3.VIII, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.
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Tabella C3.3.VII -
.
+
X
""K
&+
previsto per le coperture a falda singola circa la variazione di segno della pressione.
Per la falda sottovento, si fa riferimento ai valori riportati in Tabella C3.3.IX e Figura C3.3.12.
Figura C3.3.12 - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: falda sottovento con vento in direzione perpendicolare al colmo
— 57 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Tabella C3.3.IX -
.
Nel caso di vento parallelo alla direzione del colmo, i coefficienti di pressione sono riportati nella Tabella C3.3.X e Figura C3.3.13.
Figura C3.3.13 - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: vento in direzione parallela al colmo
Tabella C3.3.X -
.
I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture a doppia falda di un edificio a pianta rettangolare sono
riportati in Figura C3.3.14 e in Tabella C3.3.XI e XII, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.
— 58 —
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- Suddivisione delle coperture a falda doppia in zone di uguale pressione
Tabella C3.3.XI - Coefficienti di pressione per coperture a doppia falda: vento in direzione ortogonale al colmo.
Tabella C3.3.XII - Suddivisione delle coperture a doppia falda in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.
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- Schema delle coperture a padiglione
Per le falde laterali, relative alle pareti parallele alla direzione del vento, si considerano i coefficienti riportati i Figura C3.3.16 e
Tabella C3.3.XIII.
Tabella C3.3.XIII - Suddivisione delle coperture a doppia falda in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.
I coefficienti locali cpe,10 e di dettaglio cpe,1 da assumere sulle coperture a padiglione di un edificio a pianta rettangolare sono
riportati in Figura C3.3.17 e in Tabella C3.3.XIV, il valore di e è pari al minimo fra b e 2h.
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- Suddivisione delle coperture a padiglione in zone di uguale pressione
$
""K
<+
te di
pressione, vanno considerati due casi diversi: nel primo si adottano tutti i valori positivi dei coefficienti di pressione, nel secondo
tutti i valori negativi; non occorre prendere in considerazione combinazioni di carico in cui i coefficienti di pressione assumano
valori sia positivi sia negativi. E’ possibile utilizzare un’interpolazione lineare per valori i
+x&+
sia fatta fra valori corrispondenti di segno non opposto. I valori dei coefficienti di pressione sono sempre da valutare in funzione
dell’inclinazione della falda sopravento.
Tabella C3.3.XIV - Suddivisione delle coperture a padiglione in zone di uguale pressione: vento in direzione parallela al colmo.
— 61 —
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coperture a falde multiple sono gli stessi forniti nei precedenti paragrafi per le coperture corrispondenti a semplice e a doppia
falda.
Limitatamente al caso di vento perpendicolare alla direzione del colmo, e per i soli tipi costruttivi illustrati in Figura C3.3.18, i
coefficienti di pressione sopra definiti possono essere moltiplicati per i fattori riduttivi indicati nella stessa figura. In particolare:
- nel caso riportato nella Figura C3.3.18 (a), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione definiti nel
paragrafo coperture a falda singola, con inclinazione negativa. Tali coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8
nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi;
- nel caso riportato nella Figura C3.3.18 (b), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione definiti nel
paragrafo coperture a falda singola, con inclinazione positiva. Nel caso in cui tali coefficienti siano positivi (cpe> 0), nel
secondo tratto e in quelli successivi si assume cpe = -0,4. Nel caso in cui tali coefficienti siano negativi (cpe< 0), essi sono
moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8 nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi;
- nel caso riportato in Figura C3.3.18 (c), si applicano al primo tratto della copertura (prima falda sopravento) i coefficienti
di pressione definiti nel paragrafo coperture a falda singola con inclinazione positiva. Ai tratti successivi della copertura si
applicano i coefficienti di pressione riportati nel paragrafo coperture a falda doppia con inclinazione negativa; tali
coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,6 a partire dal terzo tratto della copertura;
- nel caso riportato in Figura C3.3.18 (d), si applicano ad ogni tratto della copertura i coefficienti di pressione riportati nel
paragrafo coperture a falda doppia con inclinazione negativa. Tali coefficienti sono moltiplicati per il fattore riduttivo 0,8
nel secondo tratto, e per il fattore riduttivo 0,6 nei tratti successivi.
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+X
Nel caso di vento parallelo alle generatrici della copertura, in prima approssimazione, è lecito applicare i coefficienti di pressione
relativi alle coperture piane.
(a)
(b)
(c)
a) e b) Schema di riferimento per coperture a volta cilindrica,
c) Coefficienti di pressione per coperture a volta cilindrica
Figura C3.3.19
C3.3.8.2 TETTOIE
Il presente paragrafo fornisce i criteri per valutare le azioni globali del vento sulle coperture in cui lo spazio sottostante non sia
delimitato in maniera permanente da pareti.
++
+
ella
tettoia e l’area totale della superficie ortogonale alla direzione del vento al di sotto della tettoia (Figura C3.3.20). Si identificano
due situazioni limite:
-
+
-
++
+
+X
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<lmente diversa da quella prevista per gli edifici in quanto l’eventuale ostruzione può essere offerta
anche da elementi che non delimitano completamente e permanentemente lo spazio al di sotto della tettoia.
Figura C3.3.20 -
!
"
Il presente paragrafo schematizza l’azione del vento sulle tettoie attraverso le forze F risultanti dal campo di pressioni sulla
superficie della falda della tettoia, dirette ortogonalmente ad essa. Tali forze sono quantificate dal prodotto dei coefficienti di
forza, cF, per la superficie della falda in esame e sono applicate nei punti indicati nel seguito per le varie tipologie di tettoia.
Per la valutazione più dettagliata del campo di pressione agente sulle tettoie, al fine di valutare azioni locali su elementi o su
porzioni delle tettoie costituite da un singolo strato di copertura, si potrà fare riferimento a documenti di comprovata validità. La
valutazione delle pressioni locali sulla faccia superiore e sulla faccia inferiore delle tettoie costituite da un doppio strato di
copertura richiede valutazioni specifiche e, se necessario, lo svolgimento di prove in galleria del vento.
X$
<+
X&+ è pari all’altezza massima h della tettoia. L’area di riferimento L2, ossia l’area su cui è applicata la
forza risultante, è pari all’area della tettoia.
Tabella C3.3.XV -
.
Per il calcolo della tettoia si considerano le condizioni di carico più gravose tra le quattro indicate nella Figura C3.3.22, dove la
forza risultante F = qp (z) L2 cF
— 64 —
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Tettoie a semplice falda: posizione del punto di applicazione della forza risultante in funzione della direzione di provenienza del vento e della direzione della forza
Figura C3.3.22
Le tettoie a semplice falda con vento agente parallelamente alla linea di colmo possono essere analizzate, in prima
approssimazione, come tettoie piane a sem
X
X$
<+
valori
X&+ è pari all’altezza massima h della tettoia. L’area di riferimento L2, ossia l’area
su cui è applicata la forza risultante, è pari all’area di ciascuna falda della tettoia.
Per il calcolo della tettoia si considerano le condizioni di carico più gravose tra quelle indicate nella Figura C3.3.24, dove la forza
risultante F = qp (z) L2 cF è considerata agente simultaneamente su entrambe le falde oppure soltanto su una di esse. Ciascuna
falda delle tettoie a doppia falda con vento agente parallelamente alla linea di colmo può essere analizzata, in prima
approssimazione, come una tettoia piana a sempli
X
— 65 —
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(a)
(b)
a) Tettoie a doppia falda: posizione del punto di applicazione delle forze risultanti in funzione della direzione della forza – #
$!&
b) Tettoie a doppia falda: posizione del punto di applicazione delle forze risultanti in funzione della direzione della forza – #
*!
- Tettoie a falda multipla: individuazione dei vari elementi
Tabella C3.3.XVII -
&
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La distribuzione altimetrica della pressione in generale è diversa dal profilo della pressione cinetica di picco del vento
indisturbato. Il presente paragrafo fornisce un criterio di valutazione dell’altezza di riferimento, tale da condurre a stime
approssimate, generalmente a favore di sicurezza, della risultante delle pressioni.
Per le costruz
++
x"
<
alla quota di sommità della costruzione ( = ); la pressione del vento è pertanto uniforme in altezza.
Per le costruzioni alte, ossia
+}x"
definiscono due zone distinte:
- nella prima parte della costruzione, sino alla quota z = b, l’altezza di riferimento è costante e pari a = ; la pressione del
vento è pertanto uniforme in altezza;
- nella parte superiore della costruzione, per z compreso fra b e h, la quota di riferimento può essere scelta seguendo uno
dei due seguenti criteri:
1. l’altezza di riferimento è costante e pari alla sommità della costruzione (z = h); la pressione del vento è pertanto
uniforme fra le quote z=b e z=h. In questo modo il calcolo delle forze aerodinamiche è semplificato, ma la forza totale
che ne risulta è generalmente maggiore di quella reale;
2. la costruzione viene suddivisa in tronchi di altezza arbitraria, a ciascuno dei quali corrisponde un’altezza di
riferimento costante pari alla sommità del tronco; la pressione del vento su ogni tronco è pertanto uniforme in altezza.
In questo modo il calcolo delle forze è più oneroso, ma i valori che si ottengono sono più aderenti alla realtà e non
maggiori di quelli che si ottengono applicando la procedura di cui al punto precedente.
I coefficienti di pressione esterna cpe sono forniti dalla relazione:
[C3.3.4]
dove:
cpeo è il coefficiente di pressione esterna per un cilindro circolare di lunghezza teoricamente infinita;
è un coefficiente che tiene conto della lunghezza finita del cilindro (effetti di bordo).
Il coefficiente di pressione esterna cpeo è fornito dalla relazione:
[C3.3.5]
p è l’angolo indicato in Figura C3.3.26, espresso in gradi (°); i parametri cpm, cpb
m b hanno il significato illustrato nella
stessa Figura C3.3.26. La Tabella C3.3.XVIII riporta alcuni valori indicativi di tali parametri, corrispondenti a diversi numeri di
Reynolds Re
++
+x
+ y"
-3.
è fornito dalla relazione:
[C3.3.6]
X$
+
xy "
+
= 2/3.
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- Schema di riferimento per cupole sferiche
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C3.3.8.7 COEFFICIENTI DI PRESSIONE PER TORRI E PALI A TRALICCIO A SEZIONE RETTANGOLARE O QUADRATA
Per torri e pali a traliccio a sezione rettangolare o quadrata e vento diretto normalmente ad una delle pareti, salvo più accurate
valutazioni, i cp sono da valutare nel modo seguente:
per torri con elementi tubolari a sezione circolare
cp ®
¯ per torri con elementi aventi sezione di forma diversa dalla circolare
L’azione di insieme esercitata dal vento spirante normalmente ad una delle pareti va valutata con riferimento alla superficie della
parte piena di una sola faccia.
Per vento spirante secondo la bisettrice dell’angolo formato da due pareti, l’azione d’insieme è pari a 1,15 volte quella sopra
definita.
Salvo documentazione specifica, i medesimi coefficienti si adottano cautelativamente anche per torri a sezione triangolare, per le
quali non è da applicare il coefficiente 1,15 suddetto.
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dove
è il valore caratteristico del carico della neve al suolo (con un periodo di ritorno di 50 anni);
è il carico della neve al suolo riferito ad un periodo di ritorno di n anni;
Pn è la probabilità annuale di superamento (approssimativamente equivalente a 1/ n, dove n è il corrispondente periodo di
ritorno espresso in anni;
Qè il coefficiente di variazione della serie dei massimi annuali del carico della neve, stimato per la regione considerata.
In riferimento alla figura n <
R è il rapporto .
– Adattamento del carico della neve al suolo al variare del periodo di ritorno (coefficiente di variazione Q !&H
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Vengono, poi, fornite indicazioni riguardo agli effetti locali, che si generano in presenza di:
- sporgenze;
- neve aggettante rispetto al bordo della copertura;
- barriere paraneve.
Per numerose tipologie di coperture (a 2 falde, a più falde, cilindriche, ecc.) sono riportate più condizioni di carico alternative per
l’azione della neve, che debbono essere tutte considerate, assumendo ovviamente la condizione più severa per la struttura
considerata. L’esistenza di più condizioni di carico deriva dalle modalità dell’effetto combinato neve-vento durante la
precipitazione nevosa, che può determinare accumuli di neve o riduzione di neve, a seconda della zona di copertura considerata
e della direzione del vento. Questo specifico fenomeno è appunto quello che determina le condizioni di carico alternative previste
dalle NTC, che debbono essere tutte considerate nelle verifiche, indipendentemente dalla concomitanza nelle combinazioni con
l’azione del vento.
C3.4.3.1 GENERALITÀ
La figura C3.4.2 illustra i valori dei coefficienti di forma per le tipologie di copertura ad una, a due o a più falde, al variare
dell’angolo D di inclinazione della falda sull’orizzontale, espresso in gradi sessagesimali. Gli stessi valori sono riportati nella
Tabella C3.4.I.
2.0
1.6
μ2
μ 1.0
0.8
μ1
- Coefficienti di forma per il carico neve
Angolo di
inclinazione della 0qdDd 30q 30q<D< 60q Dt 60q
falda D
μ1 0,8 0,8(60 - D)/30 0,0
— 73 —
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Caso (i) μ1(D 1) μ1(D 2) μ1(D 1) μ1(D 2)
μ2(D ) D = (D D
Caso (ii)
- Coefficiente di forma per il carico neve – Coperture a più falde
Qualora una o entrambe le falde convergenti in un compluvio abbiano una inclinazione superiore a 60°, si dovrà prestare
particolare attenzione alla scelta dei coefficienti di forma da utilizzare. In particolare si dovrà tenere presente che l’intensità degli
accumuli che si vengono a formare nelle zone di compluvio è funzione dell’azione di redistribuzione della neve operata dal vento
e della altezza del compluvio.
L’effetto degli accumuli in presenza di irregolarità del piano di copertura, quali ad esempio coperture con elementi prefabbricati,
dovrà essere considerato solo per compluvi nei quali la larghezza delle campate (tratto sotteso dalle due falde adiacenti di
inclinazione DeD) sia superiore a 3,5 m e per angoli di inclinazione delle falde superiori o uguali a 30°. Per campate di
dimensione e/o di inclinazione inferiore si può assumere, in via semplificativa, che la corrugazione della copertura sia ininfluente
per la formazione di accumuli nelle zone di compluvio.
— 74 —
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La condizione di carico conseguente ai fenomeni di cui sopra è denominata Caso (ii) nella Figura C.3.4.5.
D ls
h
b1 b2
- Coefficiente di forma per il carico neve – Coperture adiacenti a costruzioni più alte
in cui Jè il peso dell’unità di volume della neve [kN/m3], che per i presenti calcoli può essere assunto pari a 2 kN/m3.
Il valore del coefficiente Pw dovrà comunque essere compreso tra i limiti seguenti:
0,8 dPw d 4,0.
La lunghezza della zona in cui si forma l’accumulo è data da ls = 2h, e comunque 5 dlsd15 m.
Nel caso in cui b2<ls il valore del coefficiente di forma al livello della fine della copertura posta a quota inferiore dovrà essere
valutato per interpolazione lineare tra i valori di P1 e P2.
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- Coefficienti di forma per il carico neve in corrispondenza di sporgenze ed ostruzioni
s e
- Neve aggettante dal bordo di una copertura
— 76 —
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C3.6.1 INCENDIO
C3.6.1.1 DEFINIZIONI
Si chiariscono di seguito le seguenti definizioni:
- la capacità di compartimentazione è riferibile ai requisiti REI nonché ad ulteriori requisiti aggiuntivi attribuibili agli
elementi delimitanti un compartimento antincendio ai fini della mitigazione del rischio di incendio. Utili indicazioni in
merito sono riportate nel D.M. 16 febbraio 2007, nel D.M. 3 agosto 2015 e nella UNI EN 13501-2;
- il carico d’incendio è il potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, corretto in
base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Come conseguenza si rende più
sintetica la definizione di carico d’incendio specifico, con la precisazione che è riferito all’unità di superficie lorda e che le
indicazioni per il calcolo del carico di incendio specifico di progetto (qf,d) sono fornite nel decreto del Ministro dell’Interno
9 marzo 2007 e nel D.M. 3 agosto 2015; la definizione del carico di incendio specifico di progetto può essere altresì
effettuata attraverso la norma UNI EN 1991-1-2 integrata dalla corrispondente Appendice Nazionale che richiama i due
decreti citati.
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Si precisa che nel caso di presenza di elementi strutturali lignei è possibile considerare solo una quota parte del loro contributo
alla determinazione del carico di incendio, da definire con riferimento a riconosciute normative o documenti di comprovata
validità; utili riferimenti sono disponibili nella lettera circolare della Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica
del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile prot. P414/4122 sott. 5 del 28/5/2008 o nel D.M. 3
agosto 2015.
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Il comportamento meccanico della struttura è analizzato tenendo conto della riduzione della resistenza meccanica dei
componenti dovuta al danneggiamento dei materiali per effetto dell’aumento di temperatura, con le regole specificate ai punti
4.1.13, 4.2.11, 4.3.9, 4.4.14, 4.5.11 delle NTC.
Sono da considerarsi le combinazioni dovute alle azioni eccezionali definite al § 2.5.3 trascurando la concomitanza con altre
azioni eccezionali e con le azioni sismiche.
Si deve tenere conto, ove necessario, degli effetti delle sollecitazioni indirette dovute alle dilatazioni termiche contrastate ad
eccezione di quando sia riconoscibile a priori che esse siano trascurabili o favorevoli. Le sollecitazioni indirette, dovute agli
elementi strutturali adiacenti a quello preso in esame, possono essere trascurate quando i requisiti di sicurezza all’incendio sono
valutati in riferimento a curve nominali d’incendio e alle corrispondenti classi di resistenza al fuoco.
C3.6.2 ESPLOSIONI
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CAPITOLO C4.
COSTRUZIONI CIVILI E INDUSTRIALI
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Nel Capitolo 4 le NTC definiscono, per i diversi materiali considerati, le caratteristiche richieste, i metodi di analisi per le
rispettive strutture, le verifiche, sia locali che globali, che occorre effettuare per accertare il rispetto dei diversi stati limite fissati,
le indicazioni sui particolari costruttivi e sulle modalità esecutive, le specifiche relative alla resistenza al fuoco e alle azioni
eccezionali.
Le prescrizioni aggiuntive legate alla presenza di azioni sismiche sono specificate nel Capitolo 7.
Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando inteso che le relative considerazioni sono immediatamente
estendibili alle solette.
La ridistribuzione dei momenti flettenti deve garantire l’equilibrio sia globale sia locale della struttura, ma prefigura possibili
plasticizzazioni nelle zone di estremità delle travi; occorre dunque accompagnare la ridistribuzione con una verifica di duttilità.
Tale verifica, peraltro, può essere omessa se si rispettano le limitazioni sull’entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC e meglio
precisate nel seguito.
La ridistribuzione dei momenti flettenti può effettuarsi, senza esplicite verifiche in merito alla duttilità delle membrature, purché
il rapporto G tra il momento dopo la ridistribuzione 0 L M 0 L M '0 L M ed il momento prima della ridistribuzione 0 L M soddisfi
quanto riportato all’interno del testo normativo.
Il limite G0,70 ha lo scopo di evitare che un eccesso di ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di
Esercizio nelle sezioni in cui si riduce il momento resistente.
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Ai fini della ridistribuzione dei momenti negli elementi, in ciascun nodo, l’aliquota dei momenti da ridistribuire, 'M, non può
eccedere il 30% del minore tra i due momenti d’estremità concorrenti al nodo, nel caso di momenti di verso opposto. Nel caso di
momenti equiversi, il rapporto G va riferito al momento che viene ridotto in valore assoluto.
La ridistribuzione dei momenti permette una progettazione strutturale più economica ed efficiente, riducendo i momenti
massimi di progetto, e compensando questa diminuzione con l’aumento dei momenti di progetto nelle zone meno sollecitate.
Ciò consente di:
progettare travi aventi resistenza massima a flessione minore di quella richiesta dall’analisi elastica, grazie ad una più
uniforme distribuzione delle resistenze lungo il loro sviluppo;
utilizzare meglio la resistenza minima a flessione delle sezioni, dovuta al rispetto delle limitazioni costruttive imposte
dalle NTC, quando essa ecceda significativamente le sollecitazioni agenti derivanti dall’analisi elastica.
Il diagramma dei momenti flettenti deve risultare staticamente ammissibile, cioè deve essere equilibrato e soddisfare in ogni
sezione la condizione:
0 (G d 0 5G [C4.1.1]
dove 0 (G è il valore di progetto del momento dopo la ridistribuzione e MRd è il momento resistente di progetto.
Nel caso di una trave continua (Figura C4.1.1), i momenti M1 e M2 delle sezioni più sollecitate (in corrispondenza degli appoggi)
possono venire ridotti ai valori >? e >;? , nel rispetto dei limiti >? @ A> e >;? @ A>; . Il diagramma del momento flettente sortito
dall’analisi elastica lineare della trave continua in esame, rappresentato dalla curva a tratto continuo, va di conseguenza traslato,
nel rispetto dell’equilibrio con il carico p applicato, come indicato dalla curva a tratteggio.
Nei telai i momenti trasmessi dai pilastri ai nodi, non essendo ammessa per tali elementi la ridistribuzione, sono quelli desunti
dall’analisi elastica. Poiché tali momenti debbono essere in equilibrio con quelli trasmessi allo stesso nodo dalle travi, la
ridistribuzione si effettua applicando, all’estremità delle travi convergenti nel nodo, momenti flettenti di segno opposto ed
uguale intensità, lasciando immutato il regime di sollecitazione nei pilastri.
Operativamente, si possono evidenziare due possibili situazioni a seconda che i momenti trasmessi al nodo dalle travi in esso
convergenti (momenti d’estremità) abbiano verso discorde (Figura C4.1.2) o concorde (Figura C4.1.3).
Figura C4.1.2 - Diagramma delle sollecitazioni e schema dei momenti trasmessi al nodo con momenti d’estremità discordi
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Figura C4.1.3 - Diagramma delle sollecitazioni e schema dei momenti trasmessi al nodo con momenti d’estremità concordi
Il soddisfacimento dell’equilibrio impone che, nel caso in cui i momenti d’estremità delle travi abbiano verso discorde, essi siano
entrambi ridotti di 'M (Figura C4.1.4) e che, in caso contrario, il momento d’estremità della trave di sinistra sia ridotto di 'M e
quello della trave destra sia aumentato della stessa quantità 'M (Figura C4.1.5).
Figura C4.1.4 - Momenti d’estremità di verso opposto: ridistribuzione del momento nelle travi
Figura C4.1.5 - Momenti d’estremità di verso concorde: ridistribuzione dei momenti nelle travi
I diagrammi dei momenti ottenuti a seguito della ridistribuzione, per le due diverse situazioni prefigurate, sono rappresentati in
Figura C4.1.6.
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Figura C4.1.6 - Diagrammi dei momenti a seguito della ridistribuzione dei momenti nelle travi
Come già detto, il diagramma dei momenti flettenti su ciascuna trave, ottenuto per effetto della ridistribuzione, deve essere
staticamente ammissibile.
C4.1.2.1 MATERIALI
La principale novità rispetto alle NTC precedenti è costituita dai diagrammi di progetto tensione-deformazione per il
calcestruzzo confinato.
Il confinamento del calcestruzzo, che si consegue utilizzando staffe chiuse, legature interne e dettagli costruttivi in accordo con
quanto illustrato nel § 7.4.6, ha lo scopo di incrementare la resistenza ultima e la duttilità delle sezioni, per quanto di competenza
del calcestruzzo.
Per il diagramma tensione-deformazione del calcestruzzo confinato, la norma consente l'utilizzo di modelli analitici di
comprovata validità, che siano rappresentativi del reale comportamento del materiale in stato di tensione triassiale. In assenza di
specifiche valutazioni le NTC, in linea con l'UNI EN 1998-2, forniscono un diagramma tensione-deformazione per il calcestruzzo
confinato del tipo parabola-rettangolo. Tale legame descrive il comportamento del calcestruzzo confinato in condizioni di assial-
simmetria, esprimendo la pressione laterale di confinamento attraverso l'unico parametro V. Per la sezione circolare tale
parametro può essere ricavato in base a considerazioni di equilibrio su una porzione compresa in un passo staffe, come in Figura
C4.1.7a.
Per la sezione rettangolare, in maniera analoga, si determinano le pressioni di confinamento lungo le due direzioni principali
della sezione, come illustrato in Figura C4.1.7b.
Vlx
Vl
Ast-i·fy,st by Vly
Ast,x-i·fy,st
D0
(a) Ast,x-i·fy,st
bx
(b)
Figura C4.1.7- Pressione laterale di confinamento: (a) sezioni circolari, (b) sezioni rettangolari
Nel caso di sezione rettangolare, Vl è dato dalla BCDE F CDG (Eq. 4.1.12c) e rappresenta la pressione laterale equivalente, ovvero il
valore della pressione di confinamento che, in condizioni assialsimmetriche, produrrebbe gli stessi effetti medi in termini di
incremento di resistenza del calcestruzzo confinato.
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La pressione efficace di confinamento V2 si ottiene a partire dalla pressione laterale di confinamento, per mezzo di un coefficiente
riduttivo espresso dal rapporto tra il volume di calcestruzzo effettivamente confinato e il volume di calcestruzzo racchiuso dalle
staffe, come indicato in Figura C4.1.8.
A B’ A’
by
s
bj
B
bi
Figura C4.1.8- Rapporto tra il volume di calcestruzzo effettivamente confinato e il volume di calcestruzzo racchiuso dalle staffe.
Nell'utilizzo del legame tensione-deformazione del calcestruzzo confinato proposto dalle NTC, le resistenze dei materiali sono
quelle caratteristiche, a meno di specifiche indicazioni riportate in altri Capitoli delle NTC o della circolare, quali ad esempio
quelle relative alle verifiche di resistenza e di duttilità nelle costruzioni esistenti.
In alternativa al legame parabola-rettangolo, in particolare per le verifiche di duttilità nelle quali assume più importanza la
descrizione del tratto post-picco del legame, è possibile utilizzare il legame riportato nell'Annex E delle UNI EN 1998-2. Tale
legame è rappresentato in Figura C4.1.9 e deve essere utilizzato riferendosi a resistenze caratteristiche, medie o di calcolo, in
funzione del tipo di verifica da eseguire, come sopra specificato.
Nella Figura C4.1.9, il pedice "0" dopo la virgola indica il calcestruzzo non confinato, mentre il pedice "c" indica il calcestruzzo
confinato.
Vc
Calcestruzzo
confinato
fc,c
Calcestruzzo
non confinato
fc,0
Ec
Vc xr Hc Ec
; dove: x ; r ;
f c c r xr H c c EVHF
f c c
EVHF ; f c c f c Oc ;
H c c
V V
Oc ;
f c f c
ª § f cc ·º
H c c « ¨ ¸ »
¨f ¸
¬« © c ¹»¼
Figura C4.1.9- Legame tensione-deformazione del calcestruzzo confinato con ramo "softening”
Nella relazioni riportate in Figura C4.1.9, la pressione laterale efficace è determinata attraverso le espressioni [4.1.12.a ÷ 4.1.12.i],
utilizzando resistenze coerenti con quelle utilizzate nelle verifiche.
Quando il calcestruzzo è confinato, oltre che da armature trasversali, anche attraverso interventi esterni alla sezione, per
descriverne il comportamento possono essere utilizzati modelli di comprovata validità presenti nella letteratura scientifica, in
linee guida o normative internazionali, utilizzando resistenze dei materiali coerenti con le NTC. Sia nelle verifiche di resistenza
sia in quelle di duttilità, il legame tensione-deformazione per il calcestruzzo confinato deve essere utilizzato solo per le zone
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confinate; pertanto, nelle analisi devono essere utilizzati legami diversi per il nucleo confinato e per le zone esterne alle staffe
(copriferro). Un unico legame può invece essere utilizzato nel caso di confinamento esterno alla sezione.
Il calcolo della deformazione flessionale di solai e travi si effettua, in genere, mediante integrazione delle curvature, tenendo
conto della viscosità del calcestruzzo e, se del caso, degli effetti del ritiro. Si considera lo stato non fessurato (sezione interamente
reagente) per tutte le parti della struttura per le quali, nelle condizioni di carico considerate, le tensioni di trazione nel calcestruzzo
non superano la sua resistenza media fctm a trazione. Per le altre parti si fa riferimento allo stato fessurato, potendosi considerare
l’effetto irrigidente del calcestruzzo teso fra le fessure.
Al riguardo, detto pf il valore assunto dal parametro di deformazione nella membratura interamente fessurata e p il valore
assunto da detto parametro nella membratura interamente reagente, il valore di calcolo p* del parametro è dato da
HI = JHK + (1 J)H [C4.1.2]
in cui
J = 1 LM; [C4.1.3]
Nella [C4.1.3] si assume E 0 I 0 (rapporto tra il momento di fessurazione Mf e il momento flettente effettivo) o E 1I 1
(rapporto tra la forza normale di fessurazione Nf e la forza normale effettiva), a seconda che la membratura sia soggetta a
flessione o a trazione, e il coefficiente c assume il valore 1, nel caso di applicazione di un singolo carico di breve durata, o il valore
0,50, nel caso di carichi permanenti o per cicli di carico ripetuti.
Per quanto riguarda la salvaguardia dell’aspetto e della funzionalità dell’opera, le frecce a lungo termine di travi e solai, calcolate
sotto la condizione quasi permanente dei carichi, non dovrebbero superare il limite di 1/250 della luce.
In relazione all’integrità delle pareti portate divisorie e di tamponamento, le frecce di travi e solai, sotto la condizione quasi
permanente dei carichi, non dovrebbero superare il limite di 1/500 della luce. In tale verifica la freccia totale calcolata può essere
depurata della parte presente prima dell’esecuzione delle pareti. Detto valore si riferisce al caso di pareti divisorie in muratura.
Per altri tipi di pareti si dovranno valutare specificatamente i limiti di inflessione ammissibili.
Per travi e solai con luci non superiori a 10 m è possibile omettere la verifica delle inflessioni come sopra riportata, ritenendola
implicitamente soddisfatta, se il rapporto l/h tra luce e altezza rispetta la limitazione
N 0.015 R 500 V
,KK
O P Q11 + TU X [C4.1.4]
S + S? GR V
,WD
dove fcke fyk sono espressi in MPa, U e U’ sono i rapporti tra armatura tesa e compressa, rispettivamente, As,eff ed As,calc sono,
rispettivamente, l’armatura tesa effettivamente presente nella sezione più sollecitata e l’armatura di progetto nella stessa sezione,
e K è un coefficiente correttivo, che dipende dallo schema strutturale.
Per sezioni a T aventi larghezza dell’ala almeno tre volte maggiore dello spessore dell’anima, i valori dati dalla [C4.1.4] devono
essere ridotti del 20%.
Per travi e piastre nervate caricate da tramezzi che possano subire danni a causa di inflessioni eccessive, i valori dati dalla [C4.1.4]
devono essere moltiplicati per il rapporto 7/l essendo l la luce di progetto in m.
Per piastre non nervate la cui luce maggiore l ecceda 8,5 m, caricate da tramezzi che possano subire danni a causa di inflessioni
eccessive, i valori dati dalla [C4.1.4] devono essere moltiplicati per il rapporto 8,5/l, con l in m.
I valori da attribuire a K nel caso di calcestruzzo molto sollecitato (U=1,5%) o poco sollecitato (U=0,5%) sono riportati in Tabella
ª $ VHII º
C4.1.I, insieme con i valori limite di l/h calcolati assumendo fck=30 MPa e « » .
«¬ I \N $ VFDOF »¼
Tabella C4.1.I- Valori di K e snellezze l/h limite per elementi inflessi di c.a. in assenza di compressione assiale
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Nel caso di elementi di c.a.p. si può applicare la tabella C4.1.I moltiplicando il valore di K per 1,2.
L’ampiezza caratteristica di verifica delle fessure, wk può essere calcolata con l’espressione:
wk
Ysm'sm [C4.1.5 e 4.1.14]
dove:
sm è la deformazione unitaria media delle barre d’armatura;
'sm è la distanza media tra le fessure.
+
Ac,eff è l’area efficace di calcestruzzo teso attorno all’armatura, di altezza hc,ef, dove hc,ef <
~
x!
x! y?
o h/2 (vedere Figura C4.1.10); nel caso di elementi in trazione, in cui esistono due aree efficaci, l’una all’estradosso e l’altra
all’intradosso, entrambe le aree vanno considerate separatamente;
kt è un fattore dipendente dalla durata del carico e vale:
kt = 0,6 per carichi di breve durata,
kt = 0,4 per carichi di lunga durata.
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Legenda:
$$VVHQHXWUR
%6XSHUILFLHGHOFDOFHVWUX]]RWHVR
&=RQDLQFXLVLDSSOLFDODIRUPXOD>&@
'=RQDLQFXLVLDSSOLFDODIRUPXOD>&@
Figura C4.1.11– Ampiezza delle fessure, w, in funzione della posizione rispetto alle barre di armatura
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La verifica dell’ampiezza di fessurazione per via indiretta può riferirsi ai limiti di tensione nell’acciaio d’armatura definiti nelle
Tabelle C4.1.II e C4.1.III. La tensione Vs è quella nell’acciaio d’armatura prossimo al lembo teso della sezione calcolata nella
sezione parzializzata per la combinazione di carico pertinente (v. Tabella 4.1.IV delle NTC). Per le armature di pretensione
aderenti la tensione Vs si riferisce all’escursione oltre la decompressione del calcestruzzo. Per le sezioni precompresse a cavi post-
tesi si fa riferimento all’armatura ordinaria aggiuntiva.
La verifica delle tensioni in esercizio si può effettuare nelle usuali ipotesi di comportamento lineare dei materiali, trascurando la
resistenza a trazione del calcestruzzo teso.
Nei calcoli per azioni di breve durata può assumersi il valore del modulo di elasticità del calcestruzzo Ec dato dalla [11.2.5] delle
NTC, ed un modulo di elasticità dell’acciaio Es pari a 210.000 N/mm2. Tale valore può essere opportunamente ridotto nel caso di
fili, trecce e trefoli da calcestruzzo armato precompresso.
Nel caso di azioni di lunga durata, gli effetti della viscosità del calcestruzzo si possono tenere in conto riducendo opportunamente il
modulo di elasticità Ec mediante l’introduzione del coefficiente di viscosità Idefinito nel § 11.2.10.7 delle NTC.
Nei casi in cui si ritenga possibile effettuare un’unica verifica indipendente dal tempo, si può assumere un coefficiente di
omogeneizzazione n fra i moduli di elasticità di acciaio e calcestruzzo, pari a n = 15.
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0
Iu
05G PI
I yd
0¶\G
Iu PLQ>I H cu I M @
M Rd
I yd I cyd
M cyd
Nella formula [4.1.35] si intende con f’cd la resistenza di progetto a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima valutato come
¡cd
+ ¡
X
Con riferimento alle zone diffusive si ricorda che i modelli di calcolo di uso corrente operano tutti nell’ipotesi che non vi siano in
essi zone diffusive. In presenza di zone diffusive occorre dunque valutare le tensioni dovute alla diffusione e combinarle con
quelle fornite dal modello di calcolo.
Per i possibili modelli relativi alle zone diffusive può farsi utile riferimento a documenti di comprovata validità, di cui al § 12
delle NTC.
Con riferimento al secondo capoverso del § 4.1.6.1.1 delle NTC, si precisa che detta prescrizione si riferisce anche alle travi senza
armatura al taglio.
Con riferimento al § 4.1.6.1.3 delle NTC, al fine della protezione delle armature dalla corrosione il valore minimo dello strato di
ricoprimento di calcestruzzo (copriferro) deve rispettare quanto indicato in Tabella C4.1.IV, nella quale sono distinte le tre
condizioni ambientali di Tabella 4.1.IV delle NTC. I valori sono espressi in mm e sono distinti in funzione dell’armatura, barre da
c.a. o cavi aderenti da c.a.p. (fili, trecce e trefoli), e del tipo di elemento, a piastra (solette, pareti,…) o monodimensionale (travi,
pilastri,…).
A tali valori di tabella vanno aggiunte le tolleranze di posa, pari a 10 mm o minore, secondo indicazioni di norme di comprovata
validità.
I valori della Tabella C4.1.IV si riferiscono a costruzioni con vita nominale di 50 anni (Tipo 2 secondo la Tabella 2.4.I delle NTC).
Per costruzioni con vita nominale di 100 anni (Tipo 3 secondo la citata Tabella 2.4.I) i valori della Tabella C4.1.IV vanno
aumentati di 10 mm. Per classi di resistenza inferiori a Cmin i valori della tabella sono da aumentare di 5 mm. Per produzioni di
elementi sottoposte a controllo di qualità che preveda anche la verifica dei copriferri, i valori della tabella possono essere ridotti
di 5 mm.
Per acciai inossidabili o in caso di adozione di altre misure protettive contro la corrosione e verso i vani interni chiusi di solai
alleggeriti (alveolari, predalles, ecc.), i copriferri potranno essere ridotti in base a documentazioni di comprovata validità.
Cmin Co ambiente ¢¢o CmindC<Co ¢¢o CmindC<Co ¢¢o CmindC<Co ¢¢o CmindC<Co
La classe di resistenza minima Cmin indicata in tabella deve comunque intendersi riferita alla pertinente classe di esposizione di
cui alla UNI EN 206:2016 richiamata nella Tabella 4.1.III delle NTC.
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Nella valutazione della lunghezza di sovrapposizione si deve tenere conto dello sforzo in entrambe le barre e considerare la
percentuale delle barre sovrapposte nella sezione.
I blocchi di laterizio sia collaboranti che non collaboranti devono avere le seguenti caratteristiche minime:
il profilo delle pareti delimitanti le nervature di calcestruzzo da gettarsi in opera non deve presentare risvolti che
ostacolino il deflusso del calcestruzzo e restringano la sezione delle nervature stesse sotto i limiti minimi stabiliti. Nel caso
si richieda ai blocchi il concorso alla resistenza agli sforzi tangenziali si devono impiegare elementi monoblocco disposti in
modo che nelle file adiacenti, comprendenti una nervatura di calcestruzzo, i giunti risultino sfalsati tra loro. Si devono
adottare forme semplici, caratterizzate da setti rettilinei allineati, per lo più continui, particolarmente nella direzione
orizzontale, con rapporto spessore/lunghezza il più possibile uniforme. Speciale cura deve essere rivolta al controllo della
integrità dei blocchi con particolare riferimento alla eventuale presenza di fessurazioni;
le pareti esterne sia orizzontali che verticali devono avere uno spessore minimo di 8 mm. Le pareti interne sia orizzontali
che verticali devono avere uno spessore minimo di 7 mm. Tutte le intersezioni dovranno essere raccordate con raggio di
curvatura, al netto delle tolleranze, maggiore di 3 mm. Il rapporto tra l’area complessiva dei fori e l’area lorda delimitata
dal perimetro della sezione dei blocchi non deve risultare maggiore di 0,6 + 0,625h (dove h è l’altezza del blocco in metri,
x"
?~X
I blocchi di entrambe le categorie devono garantire una resistenza a punzonamento o punzonamento-flessione (quest’ultimo caso
se sono del tipo interposto) per carico concentrato non minore di 1,50 kN. Il carico deve essere applicato su un’impronta quadrata
di 50 mm di lato nel punto della superficie orizzontale superiore a cui corrisponde la minore resistenza del blocco.
Per i blocchi collaboranti, la resistenza caratteristica a compressione, riferita alla sezione netta delle pareti e delle costolature,
deve risultare non minore di 30 N/mm2, nella direzione dei fori, e di 15 N/mm2 nella direzione trasversale ai fori, nel piano del
solaio. La resistenza caratteristica a trazione per flessione, determinata su campioni ricavati dai blocchi mediante opportuno taglio di
listelli di dimensioni minime mm 30 x 120 x spessore, deve essere non minore di 10 N/mm².
Per i blocchi non collaboranti, la resistenza caratteristica a compressione, riferita alla sezione netta delle pareti e delle costolature,
deve risultare non minore di 15 N/mm2, nella direzione dei fori, e di 7 N/mm2 nella direzione trasversale ai fori, nel piano del
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solaio. La resistenza caratteristica a trazione per flessione, determinata su campioni ricavati dai blocchi mediante opportuno taglio di
listelli di dimensioni minime mm 30 x 120 x spessore, deve essere non minore di 7 N/mm2.
Il modulo elastico del laterizio non deve essere superiore a 25 kN/mm2.
Il coefficiente di dilatazione termica lineare del laterizio deve essere Dt £¤-6 °C-1
Il valore della dilatazione per umidità misurata secondo quanto stabilito dalle UNI 9730-3, deve essere < 0.4 mm/m.
Nei solai in cui l’armatura è collocata entro scanalature, qualunque superficie metallica deve essere contornata in ogni direzione
da un adeguato spessore di malta cementizia.
Al fine di garantire un’efficace inserimento dell’armatura nelle scanalature, detta armatura non dovrà avere diametro superiore a
12 mm.
Le classi di massa per unità di volume ammesse per impieghi strutturali sono riportate nella Tabella C4.1.VI. Nella stessa tabella,
per ciascuna classe, sono indicati i valori nominali della massa per unità di volume del calcestruzzo da adottare nel calcolo del
peso proprio delle membrature.
Tabella C4.1.VI - Classi di massa per unità di volume del calcestruzzo di aggregati leggeri ammesse per l’impiego strutturale
Classe di massa per unità di volume D1,5 D1,6 D1,7 D1,8 D1,9 D2,0
Intervallo di massa per unità di volume [kg/m3] 1400<U" 1500<U"£ 1600<U"Y 1700<U"\ 1800<U" 1900<U"~
Massa per unità di volume calcestruzzo non armato [kg/m3] 1550 1650 1750 1850 1950 2050
Massa per unità di volume calcestruzzo armato [kg/m3] 1650 1750 1850 1950 2050 2150
Oltre ai normali controlli di accettazione in termini di resistenza, per i calcestruzzi di aggregati leggeri si dovranno eseguire
controlli di accettazione con riguardo alla massa per unità di volume, da condurre secondo quanto specificato nelle norme UNI
EN 206-1 e UNI EN 12390-7.
La resistenza alla frantumazione dell’aggregato leggero influenza la resistenza a compressione del calcestruzzo leggero e,
pertanto, deve essere determinata in conformità all’Appendice A delle UNI EN 13055:2016 e dichiarata dal produttore.
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I valori caratteristici della resistenza a trazione semplice, corrispondenti ai frattili 0,05 e 0,95, possono assumersi pari a:
frattile 5%:flctk,0,05 = 0,7 flctm [C4.1.14.a]
frattile 95%:flctk,0,95 = 1,3 flctm [C4.1.14.b]
La resistenza a trazione di calcolo è pari a:
flctd = 0,85 flctkyC [C4.1.15]
Le verifiche nei confronti degli stati limite di esercizio si eseguono conformemente alle indicazioni valide per le strutture di
calcestruzzo ordinario, adeguate in relazione alle specificità dei calcestruzzi di aggregati leggeri.
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nella quale:
K1 = 0,40+0,60 U/2200
k = 1 + (200/d)1/2d2
vl,min = 0,030 k3/2 flck1/2
essendo:
d l’altezza utile della sezione (in mm);
Ul=Asl/(bw d) il rapporto geometrico di armatura longitudinale ("0,02);
cp= NEd/Ac la tensione media di compressione nella sezione ("0,2 fcd);
bw la larghezza minima della sezione (in mm).
Nel caso di elementi di calcestruzzo armato precompresso disposti in semplice appoggio, nelle zone non fessurate da momento
flettente (con tensioni di trazione non superiori a flctd) la resistenza può valutarsi, in via semplificata, con la formula [4.1.24] delle
NTC, sostituendo a fctd il corrispondente valore flctd per il calcestruzzo di aggregati leggeri.
In ogni caso il taglio di calcolo VEd non dovrà superare la limitazione seguente, nella quale la caratteristica resistente è valutata
con riferimento alla condizione fessurata del calcestruzzo:
VEd "
K1 bw d Ql flcd [C4.1.18]
Nella [C4.1.18] Ql è il fattore di riduzione della resistenza del calcestruzzo fessurato per sollecitazioni taglianti dato da:
Ql = 0,5 K1 !lck/250) [C4.1.19]
dove la resistenza caratteristica a trazione del calcestruzzo leggero flck è espressa in N/mm2.
C4.1.12.1.3.2.2. Elementi con armature trasversali resistenti al taglio
Si applicano le regole di calcolo di cui al § 4.1.2.3.5.2 delle NTC
+
+
¥KXX~\¦¡cd con il valore 0,40 flcd.
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Per strutture precompresse a cavi pretesi si dovranno impiegare trefoli con diametro inferiore o uguale a ½”.
Il calcolo della tensione ultima di aderenza di barre inserite in getti di calcestruzzo leggero strutturale può essere valutato con
riferimento alla formulazione valida per il calcestruzzo ordinario, sostituendo il valore di fctk, che compare nella Formula [4.1.7] delle
NTC, con il valore flctk.
— 95 —
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C4.2.1 MATERIALI
Per quanto attiene le costruzioni di acciaio la gamma degli acciai da carpenteria laminati a caldo e formati a freddo normalmente
impiegabili è compresa tra l’acciaio S235 e l’acciaio S460. E’ introdotta la possibilità di impiego di acciai inossidabili.
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Ad eccezione delle verifiche di stabilità, che devono essere condotte con stretto riferimento alla classificazione della Tabella 4.2.III
delle NTC, una parte di sezione di classe 4 può essere trattata come una parte di sezione di classe 3 se è caratterizzata da un
rapporto larghezza/spessore entro il limite previsto per la classe 3, incrementato di N,
I \N
N [C4.2.1]
J 0 VF(G
essendo Vc,Ed la massima tensione di compressione indotta nella parte considerata dalle azioni di progetto.
Il calcolo delle sezioni di classe 4 può essere effettuato in riferimento alle metodologie di calcolo descritte nel § C4.2.12.
D
PD[ G /0 S [C4.2.3]
da ciascun lato della cerniera, essendo d l’altezza netta dell’anima in corrispondenza della cerniera e L0,8Mpla distanza tra
la cerniera in cui il momento flettente assume il valore plastico di calcolo, Mpl,Rd, e la sezione in cui il momento flettente
vale 0,8 Mpl,Rd, e se, inoltre, risulta che lo spessore dell’anima si mantiene costante nell’intervallo [-2d, 2d] centrato sulla
cerniera plastica, e che, contemporaneamente, al di fuori delle zone sopra menzionate, la piattabanda compressa è di
classe 1 o 2 e l’anima non è di classe 4.
Le zone tese indebolite dai fori, poste a distanza dalla cerniera plastica minore di a*, debbono comunque soddisfare il principio di
gerarchia delle resistenze indicato al § 4.2.4.1.2 delle NTC
$ I \N $ QHW I WN
d [C4.2.4]
J 0 J 0
dove A è l’area lorda, Anet è l’area netta, ftk è la resistenza a rottura caratteristica e JM2=1,25.
È ammesso il ricorso al metodo di analisi elastico con ridistribuzione purché l’entità dei momenti da ridistribuire sia non
superiore a 0,15Mpl,Rd, il diagramma dei momenti sia staticamente ammissibile, le sezioni delle membrature in cui si attua la
ridistribuzione siano di classe 1 o 2 e siano esclusi fenomeni di instabilità.
— 97 —
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Figura C4.2.1 - Configurazione deformata di strutture a telaio sotto azioni orizzontali e verticali
L’applicazione della [C4.2.5] richiede che la forza normale di progetto NEd nelle travi sia poco significativa. In assenza di
valutazioni più precise, questa condizione si intende soddisfatta se la snellezza adimensionale O della trave, considerata
incernierata alle estremità, soddisfa la condizione
$ I \N
O d [C4.2.6]
1 (G
dove A è l’area della trave.
— 98 —
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essendo m il numero dei pilastri di una stilata soggetti ad uno sforzo assiale di progetto NEd non minore del 50% della forza
normale media di progetto agente sui pilastri della stilata stessa.
Per il calcolo degli effetti delle imperfezioni sugli orizzontamenti si può far riferimento agli schemi di Figura C4.2.3, in cui h è
l’altezza d’interpiano e I il valore dell’imperfezione, calcolato con la [C4.2.7].
Nell’analisi dei telai i difetti di verticalità possono essere trascurati quando
+ (G t 9(G [C4.2.9]
con HEd e VEd definiti al § C4.2.3.4.
— 99 —
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Nell’analisi di un sistema di controvento, le imperfezioni del sistema controventato possono essere tenute in conto considerando
uno scostamento di quest’ultimo dalla configurazione iniziale di valor massimo e0 uguale a
/
H DP [C4.2.13]
dove L è la luce del sistema di controvento e Dm dipende dal numero m di elementi controventati,
§ ·
DP ¸ [C4.2.14]
¨© P¹
Gli effetti delle imperfezioni sul sistema di controvento possono essere tenute in conto anche mediante un carico distribuito
equivalente
TG
H GT 1 (G [C4.2.15]
/
dove Gq è la freccia massima del sistema di controvento dovuta a qd e ai carichi esterni, da considerarsi nulla se si effettua
un’analisi del second’ordine, e NEd è la forza normale di compressione nel sistema o quella trasmessa dagli elementi
controventati (Figura C4.2.5).
Se il sistema di controventamento è preposto alla stabilizzazione laterale di un elemento inflesso di altezza h, la forza NEd,
riportata nella [C4.2.15] e rappresentativa degli effetti prodotti dall’instabilità della piattabanda compressa dell’elemento inflesso
sul controventamento, è data da
0 (G
1 (G [C4.2.16]
K
dove MEd è il massimo momento flettente nell’elemento inflesso. Se l’elemento da stabilizzare è soggetto anche a compressione
assiale, una quota di tale sollecitazione deve essere considerata per determinare NEd.
Le forze che piattabande o elementi compressi giuntati esercitano sul sistema di controvento, in corrispondenza del giunto,
possono essere assunte uguali a
D P 1 (G
)G D P I [C4.2.17]
essendo NEd la forza di compressione nella piattabanda o nell’elemento (Figura C4.2.6).
Le imperfezioni locali non debbono essere considerate nelle verifiche di stabilità, poiché le formule di verifica nella presente
sezione e adottate al § 4.2 delle NTC le considerano implicitamente. Se, invece, la verifica della membratura è eseguita mediante
un’apposita analisi del secondo ordine, si dovrà considerare un’imperfezione locale dell’asta, che potrà essere assunta uguale a e0
per l’instabilità a compressione e a 0,5e0 per l’instabilità flessotorsionale, essendo e0 dato in Tabella C4.2.I.
— 100 —
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03D
H
I \N
la lunghezza stabile può essere valutata, in via semplificata, come
/V H L ] SHU d \ d
[C4.2.20]
/V \ H L ] SHU d \
essendo iz il raggio d’inerzia della piattabanda relativo all’asse dell’anima e \ il rapporto tra i momenti flettenti alle estremità del
segmento considerato, MEd,min e Mpl,Rd,
0 (GPLQ
\
0 SO5G
— 101 —
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C4.2.4 VERIFICHE
Oltre alle verifiche di stabilità dell’asta composta si devono eseguire anche le verifiche di stabilità e resistenza dei correnti e delle
aste di parete, come specificato nel seguito. Per configurazioni più complesse, non trattate nel presente documento, si può far
riferimento a procedimenti di comprovata validità.
C4.2.4.1.3.1.1. Calcolo della forza normale di progetto agente in un corrente
Per un elemento costituito da due correnti a parete piena, la forza normale di progetto nei correnti può essere ricavata da
0 (G K $ &
1 &(G 1 (G [C4.2.22]
- HII
dove
NEd è la forza normale di progetto dell’asta composta;
h0 è la distanza tra i baricentri dei correnti;
AC è l’area della sezione di ciascun corrente;
Jeff è il momento di inerzia efficace della sezione dell’elemento composto;
MEd è il momento di progetto dato da
,
1 (G H 0 (G
0 (G [C4.2.23]
1 (G 1FU 1 (G 69
in cui
S (- HII
1FU è il carico critico euleriano dell’asta composta;
/
0 ,(G è il valore del massimo momento flettente agente in mezzeria dell’asta composta;
— 102 —
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Schema dell’asta
composta (1) (2) (3) (4)
(v. fig. C4.2.7)
Q ($ G D K
Q ($ G D K Q ($ G D K (- & S (- &
SV – rigidezza a ª $ K º d
G G G « G ª -& K º D
taglio «¬ $ Y G ¼ D « Q - D »
¬ 9 ¼
Ad area dei diagonali, AV: area dei calastrelli, JV: momento di inerzia del calastrello, AC: area di un
corrente, n numero di piani di tralicciatura o calastrellatura
— 103 —
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Cautelativamente, nei correnti, lo sforzo di taglio massimo di progetto VEd può essere combinato con la forza normale massima
di progetto NEd.
La rigidezza a taglio equivalente SV della parete calastrellata è indicata in Tabella C4.2.II (schema (4)).
Il momento di inerzia effettivo della sezione composta può essere ricavato da
- HII K $ & P - & [C4.2.27]
dove JC è il momento di inerzia della sezione del corrente e P è un coefficiente di efficienza, uguale a 0 se la snellezza dell’asta
composta O è maggiore o uguale a 150, uguale a 1 se la snellezza è minore o uguale a 75 e uguale a (2-O/75) se la snellezza è
compresa tra 75 e 150.
La snellezza O dell’asta è definita come :
/ $&
O / [C4.2.28]
L K $ & ,&
C4.2.4.1.3.1.5. Sezioni composte da elementi ravvicinati collegati con calastrelli o imbottiture
La verifica di aste composte costituite da due o quattro profilati, vedi Figura C4.2.10, posti ad un intervallo pari alle spessore
delle piastre di attacco ai nodi e comunque ad una distanza non superiore a 3 volte il loro spessore e collegati con calastrelli o
imbottiture, può essere condotta come per un’asta semplice, trascurando la deformabilità a taglio del collegamento, se gli
interassi dei collegamenti soddisfano le limitazioni della tabella C4.2.III. Nel caso di angolari a lati disuguali, tipo (6) di Figura
C4.2.10, l’instabilità dell’asta con inflessione intorno all’asse y di Figura C4.2.10 può essere verificata considerando un raggio
d’inerzia
L
L\ [C4.2.29]
dove i0 è il raggio d’inerzia minimo dell’asta composta.
— 104 —
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(*) La distanza è misurata tra i centri di due collegamenti successivi e iminè il raggio di
inerzia minimo del singolo profilo costituente l’asta.
Nei casi in cui le aste non soddisfino le condizioni della Tabella C4.2.III è possibile determinare un’appropriata snellezza
equivalente dell’asta ricorrendo a normative di comprovata validità.
Il coefficiente di snellezza adimensionale O /7 , di cui al § 4.2.4.1.3.2 delle NTC, che consente di eseguire la verifica ad instabilità
flesso-torsionale dipende dal valore del momento critico elastico di instabilità torsionale, Mcr, del profilo inflesso in esame. Tale
valore può calcolarsi, per profili di qualunque geometria, utilizzando metodi numerici, quali ad esempio metodi agli elementi
finiti oppure programmi di calcolo strutturale che consentano di eseguire analisi di “buckling”.
In alternativa, per profili standard (sezioni doppiamente simmetriche ad I o H) il momento critico può calcolarsi con la seguente
formula
S § S · (- Z
0 FU \ (- \ *- 7 ¨ ¸ [C4.2.30]
/FU © /FU ¹ *- 7
dove Lcr è la lunghezza di libera inflessione laterale, misurata tra due ritegni torsionali successivi, EJy è la rigidezza flessionale
laterale del profilo (misurata in genere rispetto all’asse debole), GJT è la rigidezza torsionale del profilo mentre EJ Z è la rigidezza
torsionale secondaria del profilo. Il coefficiente \ tiene conto della distribuzione del momento flettente lungo la trave ed è dato
dall’espressione
0% §0 ·
\ ¨ % ¸ [C4.2.31]
0$ © 0$ ¹
in cui MA ed MB sono i momenti flettenti agenti alle estremità della trave, con _MB_<_MA_.
Oltre alle verifiche di resistenza, per elementi pressoinflessi devono essere eseguite, quando rilevanti, anche verifiche di
instabilità a pressoflessione.
In assenza di più accurate valutazioni, si possono impiegare, in alternativa, i metodi A e B riportati nel seguito, o anche altre
metodi ricavati da normative di comprovata validità.
C4.2.4.1.3.3.1. Metodo A
Nel caso di aste prismatiche soggette a compressione NEd e a momenti flettenti My,Ed e Mz,Ed agenti nei due piani principali di
inerzia, in presenza di vincoli che impediscono gli spostamenti torsionali, si dovrà controllare che risulti:
1 (G J 0 0 \HT(G J 0 0 ]HT(G J 0
d [C4.2.32]
FPLQ I \N $ § 1 · § 1 ·
I \N :\ ¨ (G ¸ I \N :] ¨ (G
¨ 1FU\ ¸ ¨ 1FU] ¸¸
© ¹ © ¹
dove:
Fmin è il minimo fattore F relativo all’inflessione intorno agli assi principali di inerzia;
Wy e Wz sono i moduli resistenti elastici per le sezioni di classe 3 e i moduli resistenti plastici per le sezioni di classe 1 e
2,
Ncr,y e Ncr,z sono i carichi critici euleriani relativi all’inflessione intorno agli assi principali di inerzia;
Myeq,Ed e Mzeq,Ed sono i valori equivalenti dei momenti flettenti da considerare nella verifica.
Se il momento flettente varia lungo l’asta si assume, per ogni asse principale di inerzia,
0 HT(G 0 P(G [C4.2.33]
— 105 —
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Nel caso di asta vincolata agli estremi, soggetta a momento flettente variabile linearmente tra i valori di estremità Ma e Mb,
_Ma_t_Mb_, (Figura C4.2.11), si può assumere per Meq,Ed il seguente valore
0 HT(G 0 D 0 E t 0 D [C4.2.35]
C4.2.4.1.3.3.2. Metodo B
In assenza di più accurate valutazioni, nel caso di membrature a sezione costante con sezioni doppiamente simmetriche aperte o
chiuse, soggette a sforzo assiale e momento flettente, la verifica di stabilità a pressoflessione, per sezioni di classe 1, 2 o 3, può
essere eseguita controllando che siano soddisfatte le seguenti disuguaglianze
1 (G J 0 0 \(G J 0 0 ](G J 0
N \\ N \] d
F \ $ I \N F/7 :\ I \N :] I \N
[C4.2.37]
1 (G J 0 0 \(G J 0 0 ](G J 0
N ]\ N ]] d
F] $ I \N F/7 :\ I \N :] I \N
dove NEd, My,Ed ed Mz,Ed sono, rispettivamente, lo sforzo assiale ed i massimi momenti flettenti agenti sull’elemento nei piani di
normale y e z, A è l’area e Wy e Wz i moduli resistenti elastici per le sezioni di classe 3 e i moduli resistenti plastici per le sezioni
di classe 1 e 2, e kyy, kyz, kzy e kzz sono opportuni coefficienti di interazione dati nel seguito.
Per sezioni di classe 4 le [C4.2.37] si modificano nelle
1 (G J 0
N \\
0 \(G '0 \(G J 0
N \]
0 ](G '0 \(G J 0
d
F \ $ HII I \N F/7 :HII \ I \N :HII ] I \N
[C4.2.38]
1 (G J 0
N ]\
0 \(G '0 \(G J 0
N ]]
0 ](G '0 \(G J 0d
F] $ HII I \N F/7 :HII \ I \N :HII ] I \N
dove Aeff è l’area efficace della sezione, Weff,y e Weff, z i moduli resistenti efficaci e 'My,Ed e 'Mz,Ed i momenti della forza normale NEd
rispetto al baricentro della sezione efficace,
'0 \(G H 1] 1 (G e '0 ](G H 1\ 1 (G [C4.2.39]
con eN,y e eN,z distanze del baricentro della sezione efficace dal baricentro della sezione lorda, lungo gli assi y e z rispettivamente.
Nelle [C4.2.37] e [C4.2.38] Fy, Fz sono i coefficienti di riduzione per l’instabilità a compressione e FLT è il coefficiente di riduzione
per l’instabilità flessotorsionale, dati nel § 4.2.4.1.3.1 e § 4.2.4.1.3.2 delle NTC.
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Tabella C4.2.IV - Coefficienti di interazione per la verifica di stabilità a pressoflessione di elementi con modesta deformabilità torsionale
I coefficienti di interazione kyy, kyz, kzy e kzz sono dati nella Tabella C4.2.IV, per le membrature a sezione chiusa e per quelle a
sezione aperta vincolate a torsione, e nella Tabella C4.2.V per le membrature a sezione aperta non vincolate a torsione. I valori
riportati dipendono dai coefficienti Dmy, Dmz per l’instabilità a compressione con inflessione intorno agli assi y e z,
rispettivamente, e dal coefficiente DmLT, per l’instabilità flessotorsionale, che sono dati, in funzione del tipo di carico e
dell’effettiva distribuzione dei momenti flettenti lungo l’elemento strutturale, in Tabella C4.2.VI.
Tabella C4.2.V - Coefficienti d’interazione per la verifica di stabilità a pressoflessione di elementi deformabili torsionalmente
Per la valutazione dei coefficienti Dmy si farà riferimento ai vincoli allo spostamento lungo z; per la valutazione dei coefficienti
Dmz e DmLT si farà riferimento ai vincoli allo spostamento lungo y.
Per elementi con modo instabile per traslazione dei piani, si deve assumere Dmy=0,9 o Dmz=0,9, rispettivamente.
Per il calcolo dei coefficienti d’interazione si possono adottare metodi alternativi, adeguatamente comprovati.
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Tabella C4.2.VI - Coefficienti correttivi del momento flettente per la verifica di stabilità a presso-flessione deviata.
d \ d \ t
d D6 d d \ d DV t DV t
d DK d d \ d D K D K
d \ d D K D K
d D K
DK 0 K 0V d \ d D K \ D K \
D XOWN
O RS [C4.2.40]
DFURS
dalla quale si ottiene il fattore di riduzione della resistenza del sistema
FRS ^
PLQ F O RS F/7 O RS ` [C4.2.41]
Tali moltiplicatori dei carichi di progetto, sono ricavati all’interno del § 4.2.4.1.3 delle NTC con formule semplificate valide solo
per particolari casi di sollecitazione e per le geometrie delle sezioni più comuni e doppiamente simmetriche. Il calcolo, invece, di
tali coefficienti tramite modelli numerici più complessi consente la loro definizione per geometrie e condizioni di carico
qualunque, purché convalidato tramite attendibili riscontri sperimentali. Ovviamente tale metodo di analisi è fortemente
raccomandato nel caso di strutture speciali e/o caratterizzate da conformazioni strutturali particolarmente complesse, per le quali
sia giustificato il riscontro sperimentale.
La verifica complessiva nei confronti dell’instabilità al di fuori del piano per l’elemento strutturale generico (non prismatico, con
condizioni al contorno particolari, ecc.) o per la struttura è imposta con la formula seguente
FRS D XOWN
t [C4.2.42]
J 0
I pannelli d’anima degli elementi strutturali, laminati oppure realizzati in soluzione composta saldata, devono essere verificati
nei confronti dei fenomeni di instabilità dell’equilibrio allo stato limite ultimo.
In presenza di fenomeni di instabilità che potrebbero portare a rotture per fenomeni di fatica la verifica deve essere condotta in
fase d’esercizio (verifica a respiro delle anime): al riguardo si veda § 7.4 del documento UNI EN 1993-2:2007 ed § 4.6 dell’UNI EN
1993-1-5:2007. Inoltre, nel caso di profili in parete sottile e/o sagomati a freddo di classe 4 è necessario fare riferimento ai
documenti tecnici specializzati, che trattino le loro problematiche di resistenza e stabilità in maniera più esaustiva. Al riguardo si
veda anche il documento UNI EN 1993-1-3.
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Per la verifica dei pannelli d’anima è necessario riferirsi in genere a normative e documentazione tecnica di comprovata validità.
Nei casi maggiormente ricorrenti è possibile verificare la stabilità dei pannelli d’anima utilizzando le procedure esposte nei
paragrafi seguenti.
C4.2.4.1.3.4.1. Stabilità dei pannelli soggetti a taglio
I pannelli d’anima rettangolari delle travi a pareti piena devono essere verificati nei riguardi dell’instabilità per taglio quando il
rapporto altezza spessore hw/t supera il valore
K :
t H [C4.2.43]
W K
nel caso di pannelli non irrigiditi e
K :
t H NW [C4.2.44]
W K
per pannelli irrigiditi, dove hw è l’altezza del pannello, t il suo spessore, K è uguale a 1,20, kW è il minimo coefficiente di instabilità
per taglio del pannello e
H I \ >03D@ [C4.2.45]
In questo caso devono essere previsti irrigidimenti trasversali in corrispondenza dei vincoli.
La resistenza all’instabilità per taglio di un pannello d’anima privo di irrigidimenti intermedi è espressa da
K I \Z K Z W
9E5G 9EZ5G 9EI 5G d [C4.2.46]
J 0
dove fyw è la tensione di snervamento del pannello, Fw è un coefficiente che tiene conto dell’instabilità elastica dell’elemento ed è
dato nella Tabella C4.2.VII in funzione del coefficiente di snellezza Ow e della rigidezza dell’irrigiditore sull’appoggio, Vbw,Rd è il
contributo resistente dell’anima
F Z I \Z K Z W
9EZ5G [C4.2.47]
J 0
e Vbf,Rd è il contributo resistente delle piattabande.
Il contributo resistente delle piattabande può essere espresso da
EI W I I \I ª § 0 ·º
9EI 5G « ¨ (G ¸¸ »
«¬ ¨© 0 I U HG
[C4.2.48]
§ EI W I I \I · ¹ »¼
D ¨ ¸ J 0
¨ W K Z I \Z ¸
© ¹
in cui bf è la larghezza efficace dell’anima, non maggiore di 15Htf da ciascun lato dell’irrigiditore, tf lo spessore della piattabanda
di resistenza assiale minima e Mf,red è il momento resistente di progetto ridotto della sezione costituita dalle aree efficaci, Afi e Afs
rispettivamente, delle sole piattabande inferiore e superiore, che tiene conto dell’eventuale presenza dello sforzo normale di
progetto NEd,
0 IN § 1 (G J 0 ·
0 I UHG ¨ ¸ [C4.2.49]
J 0 ¨ $ IL $ IV I \I ¸
© ¹
Il coefficiente Fw (vedi Tabella C4.2.VII) dipende dalla rigidezza del montante d’appoggio: un montante d’appoggio costituito da
due coppie di piatti simmetrici rispetto al piano dell’anima, poste a distanza longitudinale e>0,1hw, e tali che l’area di ciascuna
coppia di piatti sia almeno uguale a 4hwt2/e può essere considerato rigido, negli altri casi il montante d’appoggio deve essere
considerato non rigido.
Tabella C4.2.VII - CoefficientiFwper il calcolo della resistenza all’instabilità a taglio del pannello
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I \Z
O: [C4.2.50]
WFU
dove WFU N W V ( è la tensione tangenziale critica e VE è la tensione critica euleriana, che per un piatto di altezza hw e spessore t è
data da
S ( W § W · >
V( ¨ ¸ 03D @
Q K Z © KZ ¹
In assenza di irrigiditori longitudinali, il parametro kW, coefficiente per l’instabilità a taglio, è dato da
§K ·
NW ¨ Z ¸ VHD K Z t
© D ¹
[C4.2.51]
§K ·
NW ¨ Z ¸ VH D K Z
© D ¹
dove a è la lunghezza del pannello compreso tra due irrigiditori trasversali rigidi consecutivi. In assenza di irrigidimenti la
lunghezza a del pannello si considera coincidente con quella della trave.
Un irrigiditore trasversale può essere considerato rigido quando il suo momento d’inerzia Ist soddisfa le relazioni seguenti
§ , · ,VO
NW ¨
VO ¸ [C4.2.56]
D © W KZ ¹ W KZ
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dove \= V2/V1 è il rapporto tra le tensioni ai bordi del pannello, essendo V1 la tensione di compressione massima in valore
assoluto.
++
+
©<
U VHO S d
O S [C4.2.58]
U d VHO S !
O S
Nelle espressioni [C4.2.57] e [C4.2.58], la snellezza relativa del pannello Op è
I\ E
OS [C4.2.59]
VFU W H N V
dove il coefficiente per l’instabilità per compressione kV, dipendente da \ e dalle condizioni di vincolo, è dato nella Tabella
C4.2.VIII per i pannelli con entrambi i bordi longitudinali irrigiditi e nella Tabella C4.2.IX per i pannelli con un solo bordo
longitudinale irrigidito, e E è la larghezza del pannello. E é uguale a hw per i pannelli d’anima, è uguale alla larghezza b della
piattabanda per le piattabande interne, è uguale a b-3tf per le piattabande delle sezioni rettangolari cave di spessore tf ed è uguale
alla lunghezza c dello sbalzo per le piattabande o le ali irrigidite da un sol lato.
Tabella C4.2.VIII - Larghezza efficace di pannelli compressi con entrambi i bordi longitudinali irrigiditi
Distribuzione delle tensioni Larghezza efficace del pannello
V
\
V
EHII U E
EH EHII EH EHII
V
! \ t
V
EHII U E
EH EHII EH EHII EH
\
V
\
V
E
EHII U
\
EH EHII EH EHII
\ V V 1,00 ! \ ! 0 ! \ ! -1 ! \ !
\
\
fattore kV 4,00 7,81 \ \ 23,9
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Tabella C4.2.IX - Larghezza efficace di pannelli compressi con un solo bordo longitudinale irrigidito
V
! \ t
V
EHII UF
V
\
V
F
EHII U EF U
\
\ V V 1,00 ! \ ! 0 ! \ ! -1
\
fattore kV 0,43 1,70 \ \ 23,8
Distribuzione delle tensioni Larghezza efficace del pannello
V
! \ t
V
EHII UF
V
\
V
F
EHII U EF U
\
\ V V t \ t
— 112 —
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Detta Asl l’area di tutti gli irrigiditori longitudinali compresi nella larghezza b0, il coefficiente D0 è
$ VO .
D [C4.2.63]
E W
Nel caso di travi continue in cui le luci di due campate adiacenti non differiscono di più del 50% e gli eventuali sbalzi hanno luce
non superiore al 50% della campata adiacente, le luci equivalenti Le ed i coefficienti E possono essere calcolati come indicato in
Figura C4.2.13.
— 113 —
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La distribuzione delle tensioni normali nella piattabanda, considerando l’effetto del trascinamento da taglio, è riportata in Figura
C4.2.14., con l’andamento delle tensioni nei due casi (a) e (b) descritto rispettivamente da
V E V ½ V ½
°
° °
° °° °
°
DE ! ® § \ · ¾ EE d ® § \ · ¾ [C4.2.64]
°V\ V V V ¨¨ ¸¸ ° °V\ V ¨¨ ¸¸ °
°
¯ © E ¹ °
¿ °
¯ © E ¹ ¿
°
Allo stato limite ultimo, gli effetti di trascinamento da taglio delle piattabande compresse possono essere determinati
considerando un’area efficace Aeff data da
in cui E e N sono ricavati dalla Tabella C.4.2.X e Ac,eff è l’area efficace della piattabanda compressa, che tiene conto dell’instabilità
ed è definita al § C4.2.4.1.3.4.4.
L’espressione [C4.2.65] è valida anche per le piattabande tese, purché si sostituisca Ac,eff con l’area lorda della piattabanda tesa.
C4.2.4.1.3.4.4. Pannelli con irrigiditori longitudinali
Nel calcolo dei pannelli con irrigiditori longitudinali si deve tener conto delle aree efficaci delle zone compresse, considerando
l’instabilità globale del pannello irrigidito e l’instabilità locale di ciascun sottopannello e le riduzioni per effetto del trascinamento da
taglio, se significative. Per le zone tese le aree efficaci si assumono uguali a quelle lorde, con le eventuali riduzioni per effetto del
trascinamento da taglio.
Per tener conto dell’instabilità locale l’area effettiva di ciascun sottopannello deve essere valutata considerando il coefficiente di
riduzione indicato nel seguito.
Il pannello irrigidito deve essere verificato per l’instabilità globale: il calcolo deve essere effettuato considerando le aree efficaci
degli irrigiditori e modellando il pannello come una piastra ortotropa equivalente, in modo da determinare il coefficiente di
riduzione Uc per l’instabilità globale.
Indicati con Asl,eff la somma delle aree efficaci di tutti gli irrigiditori longitudinali che sono nella zona compressa e con Uloc il
coefficiente di riduzione della larghezza bc,loc della parte compressa di ogni sottopannello, valutati come indicato nel seguito, e
detto t lo spessore del sottopannello, l’area efficace Ac,eff,loc degli irrigiditori e dei sottopannelli che sono in zona compressa è data
da
$ FHII ORF $ VOHII ¦ UORF EFORF W [C4.2.66]
F
essendo la sommatoria estesa a tutta la zona compressa del pannello irrigidito, ad eccezione delle parti, di larghezza blat,eff,
vincolati a lastre adiacenti (Figura C4.2.15).
— 114 —
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L’area efficace della parte compressa del pannello nervato è quindi data da
Nel caso di lastre irrigidite pressoinflesse si può far riferimento alla Figura C4.2.16. In detta figura bi e bi+1 rappresentano le
larghezze di lamiera collaboranti con l’irrigiditore, che possono essere ricavate, sempre in riferimento alla Figura C4.2.16, dalla
Tabella C4.2.XI.
Il coefficiente di riduzione Uc per l’instabilità globale può essere determinato come
UF [ U FF [ FF [C4.2.68]
dove Fc è il coefficiente di riduzione per l’instabilità di colonna, U il coefficiente di riduzione per l’instabilità di lastra e
VFUS
d[ d
VFUF [C4.2.69]
essendo Vcr,c e Vcr,p le tensioni critiche eleuriane per l’instabilità di colonna e l’instabilità di piastra, rispettivamente.
C4.2.4.1.3.4.5. Instabilità di colonna
In un pannello di lunghezza a, la tensione critica eleuriana Vcr,c è data da
S ( W
VFUF [C4.2.70]
Q D
se non irrigidito, e da
EF
VFUF VFUVO [C4.2.71]
EVOO
se irrigidito, essendo bc e bsl,l, rispettivamente, le distanze del lembo e dell’irrigiditore maggiormente compressi dall’asse neutro
di pressoflessione (Figura C4.2.16).
— 115 —
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Tabella C4.2.XI - Calcolo della larghezza di lamiera collaborante in riferimento alla Figura C4.2.16
larghezza collaborante
larghezza collaborante per il calcolo dell’area
per il calcolo dell’area \i
efficace
lorda
(Tabella C4.2.VIII)
\ \ VFUVO
b1,inf E EHII \ !
\ \ VFUS
V
b2,sup E E HII \ !
\ \ VFUVO
\ \ V
b2,inf E E HII \ !
\ \ VFUVO
V
b3,sup EF EFHII \
V
Nella [C4.2.71] Vcr,sl rappresenta la tensione critica eleuriana dell’irrigiditore maggiormente compresso
S ( ,VOO
VFUVO [C4.2.72]
$ VO D
essendo Asl,l e Isl,l l’area e il momento d’inerzia per l’inflessione fuori piano della sezione lorda dell’irrigiditore e delle parti di
pannello ad esso adiacenti, determinate come indicato in Figura C4.2.16.
La snellezza relativa Oc è definita da
I\
OF [C4.2.73]
VFUF
per i pannelli non irrigiditi e da
A fy
Yc = Z Asl,l,^eff [C4.2.74]
sl cr,c
per i pannelli irrigiditi, essendo Asl,l,eff l’area efficace dell’irrigiditore e delle parti di pannello ad esso adiacenti.
Il fattore di riduzione Fc può essere ottenuto applicando la formula [4.2.44] del § 4.2.4.1.3.1 delle NTC e considerando un
opportuno valore amplificato, De, del coefficiente D.
Per pannelli irrigiditi si può assumere
H
DH D [C4.2.75]
L
dove D=0,34 (curva b della Tabella 4.2.VIII delle NTC) per irrigiditori a sezione chiusa e D=0,49 (curva c della Tabella 4.2.VIII
delle NTC) per irrigiditori a sezione aperta. Nella [C4.2.75] e=max(e1,e2), dove e1 e e2 rappresentano le distanze dal baricentro
della lamiera e dal baricentro dell’irrigiditore singolo, rispettivamente, (o dei baricentri dei due irrigiditori, in casi di irrigiditori
doppi) dal baricentro della sezione efficace dell’irrigiditore (vedi Figura C4.2.16), e i è il raggio d’inerzia della sezione lorda
dell’irrigiditore, comprensiva della parte di lamiera collaborante:
,VOO
L [C4.2.76]
$VOO
Per pannelli non irrigiditi si può porre De=D=0,21 (curva a della Tab. 4.2.VIII delle NTC).
C4.2.4.1.3.4.6. Instabilità di piastra
La tensione critica per l’instabilità di piastra può essere determinata come qui indicato, a seconda che, in zona compressa, la
piastra abbia tre o più irrigiditori longitudinali o ne abbia meno di tre.
Piastre con tre o più irrigiditori longitudinali in zona compressa
Piastre con tre o più irrigiditori longitudinali in zona compressa possono essere trattate come piastre ortotrope equivalenti.
La tensione critica euleriana al bordo maggiormente compresso della piastra ortotropa equivalente, Vcr,p, è data da
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
S ( §W·
VFUS N VS ¨ ¸
Q ©E¹
[C4.2.77]
dove t e b sono lo spessore e la larghezza della piastra irrigidita (v. Figura C4.2.16) e kV,p è il coefficiente d’instabilità per tensioni
normali.
In mancanza di determinazioni più accurate, il coefficiente kV,p per un pannello di lunghezza a può essere assunto uguale a
ª D J º
«¬ »¼ [C4.2.78.a]
N VS VHD d J
D \ G
N VS
J VHD ! J [C4.2.78.b]
\ G
in cui
D
D t ;
E
\ è il rapporto tra le tensioni ai lembi del pannello, \=V2/V1t0,5, essendo V1 la tensione al lembo maggiormente compresso;
J è il rapporto tra il momento d’inerzia baricentrico dell’intera piastra irrigidita, Isl, e il momento d’inerzia della lamiera:
J
Q ,VO [C4.2.79]
EW
G è il rapporto tra l’area complessiva lorda degli irrigiditori 6Asl e l’area lorda della lamiera
G
¦ $VO [C4.2.80]
EW
Piastre con uno o due irrigiditori longitudinali in zona compressa
Piastre con uno o due irrigiditori longitudinali in zona compressa possono essere trattate con i seguenti metodi semplificati,
trascurando il contributo degli eventuali irrigiditori tesi.
Piastra con un solo irrigiditore longitudinale
Se la piastra presenta un solo irrigiditore in zona compressa, quest’ultimo può essere considerato come un elemento compresso
isolato vincolato elasticamente dalla lamiera, cosicché la tensione critica eleuriana può essere calcolata come
( ,VO W E
VFUVO VHD t D F [C4.2.81.a]
$VO E E
S ( ,VO (E D W
VFUVO VHD D F
$ VO D
S Q $ VO E E
[C4.2.81.b]
dove Asl,1 è l’area lorda dell’irrigiditore, ottenuta come indicato in Figura C4.2.16 e in Tabella C4.2.XI, Isl,1 è il momento d’inerzia
baricentrico della sezione lorda dell’irrigiditore, b1 e b2 sono le distanze dell’irrigiditore dai bordi longitudinali del pannello
b1+b2=b, e ac è uguale a
,VO E E
DF [C4.2.82]
W E
Piastra con due irrigiditori longitudinali
Se la piastra presenta due irrigiditori longitudinali, di area Asl,1 e Asl,2, e momenti d’inerzia Isl,1 e Isl,2, rispettivamente, si possono
considerare le tre situazioni limite illustrate in Figura C4.2.17.
Nel caso I il primo irrigiditore si instabilizza e il secondo è considerato rigido; nel caso II il secondo irrigiditore si instabilizza e il
primo è considerato rigido; nel caso III, infine, si considera un unico irrigiditore equivalente di area Asl,eq=Asl,1+Asl,2 e momento
d’inerzia Isl,eq=Isl,1+Isl,2, disposto nel punto d’applicazione della risultante delle forze normali incassate dei due irrigiditori.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Figura C4.2.17 - Lastra irrigidita con due irrigiditori nella parte compressa
Mediante le formule [C4.2.81], ponendo b1=b*1, b2=b*2, b=b*, si calcolano le tensioni critiche euleriane, Vcr,pI, Vcr,pII e Vcr,pIII, relative
ai tre casi indicati in Figura C4.2.17.
La tensione critica del pannello Vcr,p è quella minima tra le tre sopra determinate
Con le ipotesi sopra dette, si deve verificare, mediante un’analisi elastica del second’ordine che la tensione massima
nell’irrigiditore risulti minore di fy/JM1 e che l’incremento massimo di freccia dell’irrigiditore risulti minore di b/300.
Nel caso che gli irrigiditori longitudinali siano soggetti a forze trasversali, occorre far riferimento a metodologie di calcolo e a
normative di comprovata validità.
C4.2.4.1.3.4.8. Verifiche semplificate
Le verifiche possono essere semplificate controllando che, in assenza di sforzo normale, il momento d’inerzia dell’irrigiditore Ist
soddisfi la disuguaglianza
VP § E · § Z ·
,VW t X ¸ [C4.2.85]
( ¨© S ¸¹ ©¨ E ¹
dove
VFUF § 1 (G ·§ ·
VP ¸¨ D D ¸ [C4.2.86]
VFUS ¨© E ¹© ¹
S ( HPD[ J 0
X [C4.2.87]
E I \
essendo emax la massima distanza tra i lembi dell’irrigiditore e il suo baricentro, NEd la massima forza di compressione nei
pannelli adiacenti all’irrigiditore e Vcr,c e Vcr,p le tensioni critiche per l’instabilità di colonna e l’instabilità di piastra, definite ai §§
C4.2.4.1.3.4.5 e C4.2.4.1.3.4.6. NEd deve comunque soddisfare la relazione
1G t 1
G VPD[ $ FHII [C4.2.88]
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
in cui Ac,eff è l’area compressa effettiva del pannello nervato e Vmax la massima tensione di compressione nel pannello nervato
stesso.
Qualora l’irrigidimento sia anche soggetto a forza normale di compressione Nst, questa deve essere incrementata ai fini della
presente verifica semplificata di
VP E
'1VW [C4.2.89]
S
In alternativa al metodo appena descritto, in assenza di forza normale, la verifica semplificata può essere effettuata mediante
un’analisi elastica lineare, considerando un carico fittizio addizionale uniformemente distribuito sulla lunghezza b
S
T VP Z Z HO [C4.2.90]
dove w0 è l’imperfezione [C4.2.84] e wel la deformazione elastica, che può essere determinata per iterazione, o assunta
cautelativamente uguale a b/300.
Nel caso di irrigiditori aperti, si deve inoltre effettuare la verifica di stabilità torsionale.
In assenza di analisi più rigorose, la verifica può considerarsi soddisfatta se
,7 I\
t [C4.2.91]
,S (
i cui IT è il momento d’inerzia torsionale del solo irrigiditore e IP è il momento d’inerzia polare del solo irrigiditore, rispetto
all’attacco con la lamiera.
Qualora si consideri la rigidezza torsionale da ingobbamento impedito, la verifica di stabilità torsionale può essere effettuata
controllando, in alternativa alla [C4.2.91], che risulti soddisfatta la disuguaglianza
VFU t I \ [C4.2.92]
dove Vcr è la tensione critica eleuriana per l’instabilità torsionale dell’irrigiditore considerato incernierato alla lamiera.
C4.2.4.1.3.4.9. Requisiti minimi per gli irrigiditori longitudinali
Gli irrigiditori longitudinali dovrebbero essere vincolati ad entrambe le estremità ad irrigiditori trasversali. Irrigiditori
longitudinali che non soddisfano questo requisito possono essere impiegati solo per le anime, e non per le piattabande, e non
possono essere considerati nell’analisi globale né nel calcolo delle tensioni; possono essere, invece, messi in conto per la
determinazione delle tensioni critiche eleuriane e per il calcolo delle larghezze efficaci dei sottopannelli d’anima.
Per le verifiche di stabilità torsionale degli irrigiditori longitudinali si possono adottare le stesse formule fornite al § C4.2.4.1.3.4.7
per gli irrigiditori trasversali.
Per le strutture soggette a carichi ciclici deve essere verificata la resistenza a fatica, considerando una distribuzione temporale
delle azioni coerente con la tipologia strutturale in esame e con il regime d’impegno previsto nel corso della vita nominale.
La distribuzione temporale delle ampiezze delle azioni nel corso della vita della struttura è assegnata mediante il cosiddetto
spettro di carico, che fornisce il numero di ripetizioni di ciascun livello delle azioni di progetto in un intervallo di tempo di
riferimento, in funzione della destinazione d’uso della struttura e dell’intensità dell’utilizzazione. Quando lo spettro di carico
effettivo è complesso al punto da non poter essere impiegato direttamente nelle verifiche, esso può essere sostituito da spettri
convenzionali, in grado di riprodurre il danneggiamento a fatica e/o il livello massimo di escursione delle tensioni ªmax prodotti
dallo spettro effettivo.
Nel caso degli edifici la verifica a fatica non è generalmente necessaria, salvo che per membrature che sostengono macchine
vibranti o dispositivi di sollevamento e trasporto dei carichi.
Gli spettri di carico da impiegare nelle verifiche possono essere determinati mediante studi specifici o anche dedotti da normative
di comprovata validità. Gli spettri di carico da impiegare per le verifiche a fatica dei ponti stradali e ferroviari sono assegnati nel
§ 5.1.4.3 delle NTC.
Nella verifica dei dettagli strutturali metallici, caratterizzati dalla presenza di limite di fatica ad ampiezza costante, spesso è
necessario considerare spettri di carico convenzionali differenziati, a seconda che si tratti di verifiche a fatica a vita illimitata o di
verifiche a danneggiamento.
Gli spettri di tensione debbono essere ricavati analizzando gli oscillogrammi di tensione V(t), indotti nel dettaglio considerato
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
dalle azioni dello spettro di carico assegnato, con opportuni metodi di identificazione e di conteggio. Per le strutture civili si
possono impiegare, in alternativa, il metodo del serbatoio (reservoir method) o il metodo del flusso di pioggia (rainflow method). Per
singole strutture, ad esempio strutture offshore ecc., anche in considerazione della particolare tipologia dello spettro di carico cui
sono soggette, si può far ricorso a metodi di conteggio alternativi, previa adeguata giustificazione.
Nel metodo del serbatoio (Figura C4.2.19) si ipotizza che l’oscillogramma delle tensioni rappresenti il profilo di fondo di un
serbatoio pieno di liquido, i cui paramenti esterni sono costituiti dal tratto convergente verso il massimo assoluto e da un tratto
corrispondente, reale o fittizio. posto al termine del diagramma stesso.
In riferimento alla Figura C4.2.19, si immagina di svuotare il serbatoio a partire dal minimo assoluto, punto 1 di figura, al vuoto
che si forma corrisponde il primo ciclo ed alla differenza di quota tra 1 ed il pelo libero originario il delta di tensione relativo; al
termine di questa operazione si formano altri bacini, semplici (2’22”) o multipli (3’35’53”) e (4’66”44”). L’operazione si ripete
procedendo a svuotare in successione dagli altri punti di minimo relativo, ordinati in senso crescente, Vi<Vi+1, fino a svuotare
l’intero serbatoio; ad ogni operazione di svuotamento corrisponde un ciclo, il cui delta di tensione è pari all’altezza d’acqua
svuotata.
Il metodo del flusso di pioggia, meno intuitivo ed abbastanza complesso dal punto di vista operativo, individua i cicli mediante il
flusso di una goccia d’acqua che scorre sulla traiettoria, immaginato verticale l’asse dei tempi (Figura C4.2.20). Si procede
alternativamente da un massimo locale e da un minimo locale, curando che i massimi siano ordinati in senso decrescente e i
minimi in senso crescente. Ogni volta che la goccia si distacca dalla traiettoria e cade o incontra un tratto già bagnato viene
inizializzato un nuovo semiciclo, in modo che ciascun tratto dell’oscillogramma venga percorso una sola volta. I semicicli di
uguale ampiezza vengono poi accoppiati sì da individuare i cicli.
Con riferimento alla Figura C4.2.20 e dopo aver spostato il tratto 0 -1 alla fine dell’oscillogramma:
la prima goccia viene rilasciata dal punto 1, che rappresenta il massimo assoluto del diagramma, percorre il tratto 1-2-2’-6
e cade individuando un semiciclo di ampiezza 'V1 = V1-V6;
la seconda goccia viene rilasciata dal punto 6, che rappresenta il minimo assoluto del diagramma, percorre il tratto 6-7-7’-
11-11’-14 e cade individuando un semiciclo di ampiezza 'V1 = V14-V6 (V14=V1);
la terza goccia viene rilasciata dal punto 11, che rappresenta il secondo massimo locale del diagramma, percorre il tratto
11-12 e cade individuando un semiciclo di ampiezza 'V2 = V11-V12;
la quarta goccia viene rilasciata dal punto 12, che rappresenta il secondo minimo locale del diagramma, percorre il tratto
12-11’, incontra il tratto 11’-14, che è già bagnato, e si arresta individuando un semiciclo di ampiezza 'V2 = V11-V12 (V11 =
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Le classi di resistenza a fatica per tensioni normali relative a i dettagli più comuni sono riportate nella Tabelle C4.2.XII.a,
C4.2.XII.d, C4.2.XIII, C4.2.XIV, C4.2.XV e C4.2.XVI.a, mentre in Tabella C4.2.XVII sono riportate le classi dei dettagli tipici dei
carriponte. Nelle tabelle le classi relative ad alcuni dettagli sono contrassegnate con un asterisco: per questi dettagli è possibile
adottare una classificazione superiore di una classe, se si assume come resistenza a fatica ad ampiezza costante quella
corrispondente a 107 cicli (vedi Figura C4.2.22).
Per la resistenza dei dettagli costruttivi tipici degli impalcati a piastra ortotropa, si può far riferimento al documento UNI EN
1993-1-9.
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Tabella C4.2.XII.a - Dettagli costruttivi per prodotti laminati e estrusi e loro classificazione ('V)
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
3URGRWWLODPLQDWLHHVWUXVL 'LIHWWL VXSHUILFLDOL H GL ODPLQD]LRQH H VSLJROL YLYL
/DPLHUHHSLDWWLODPLQDWL GHYRQRHVVHUHHOLPLQDWLPHGLDQWHPRODWXUD
/DPLHUHHSLDWWL
3URILOL FDYL VHQ]D VDOGDWXUD UHWWDQJRODUL H
FLUFRODUL
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
'WFDOFRODWLFRQ
H3URGRWWLODPLQDWLHHVWUXVLFRPHTXHOOL
GL WDEHOOD &;9,D VRJJHWWL D WHQVLRQL '9 6W
'W
WDQJHQ]LDOL ,W
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
(OHPHQWLVWUXWWXUDOLIRUDWLVRJJHWWL DIRU]D
'VULIHULWLDOODVH]LRQHQHWWD
QRUPDOHHPRPHQWRIOHWWHQWH
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
6DOGDWXUHORQJLWXGLQDOLFRQWLQXH
6DOGDWXUDDXWRPDWLFDDSLHQDSHQHWUD]LRQH
HIIHWWXDWDGDHQWUDPELLODWL H1RQVRQRFRQVHQWLWHLQWHUUX]LRQLULSUHVHD
6DOGDWXUD DXWRPDWLFD D FRUGRQL G¶DQJROR PHQR FKH OD ULSDUD]LRQH VLD HVHJXLWD GD XQ
/H SDUWL WHUPLQDOL GHL SLDWWL GL ULQIRU]R WHFQLFR TXDOLILFDWR H VLDQR HVHJXLWL FRQWUROOL DWWL D
GHYRQR HVVHUH YHULILFDWH FRQVLGHUDQGR L YHULILFDUHODFRUUHWWDHVHFX]LRQHGHOODULSDUD]LRQH
GHWWDJOLHGHOODWDEHOOD&;9,D
6DOGDWXUDDXWRPDWLFDDFRUGRQLG¶DQJROR
R D SLHQD SHQHWUD]LRQH HIIHWWXDWD GD
HQWUDPEL L ODWL PD FRQWHQHQWH SXQWL GL
LQWHUUX]LRQHULSUHVD
6DOGDWXUD DXWRPDWLFD D SLHQD
SHQHWUD]LRQH VX SLDWWR GL VRVWHJQR QRQ 6H LO GHWWDJOLR FRQWLHQH SXQWL GL
FRQWHQHQWHSXQWLGLLQWHUUX]LRQHULSUHVD LQWHUUX]LRQHULSUHVD VL GHYH IDU ULIHULPHQWR DOOD
FODVVH
6DOGDWXUDORQJLWXGLQDOHDFRUGRQLG¶DQJROR
DWUDWWL
'VULIHULWLDOOHWHQVLRQLQHOODSLDWWDEDQGD
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
6DOGDWXUD ORQJLWXGLQDOH D SLHQD D (QWUDPEH OH IDFFH PRODWH LQ GLUH]LRQH GHJOL
D SHQHWUD]LRQH VIRU]LHFRQWUROOLQRQGLVWUXWWLYLDO
E E&RPHVDOGDWDDVVHQ]DGLLQWHUUX]LRQLULSUHVH
F F&RQLQWHUUX]LRQLULSUHVH
6DOGDWXUD ORQJLWXGLQDOH DXWRPDWLFD GL D 'LIHWWL HQWUR L OLPLWL GHOOD 81, (1
D FRPSRVL]LRQH LQ VH]LRQL FDYH FLUFRODUL R 6SHVVRUH Wd PP H FRQWUROOL QRQ GLVWUXWWLYL DO
UHWWDQJRODUL LQ DVVHQ]D GL
E
LQWHUUX]LRQLULSUHVH E&RPHVDOGDWDDVVHQ]DGLLQWHUUX]LRQLULSUHVH
F
F&RQLQWHUUX]LRQLULSUHVH
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
N V W
6DOGDWXUHVHQ]DSLDWWRGLVRVWHJQR 6DOGDWXUHHIIHWWXDWHGDHQWUDPELLODWLHVRWWRSRVWH
*LXQWLWUDVYHUVDOLLQSLDWWLHODPLHUH DFRQWUROOLQRQGLVWUXWWLYL
N V W
&RPH LO GHWWDJOLR PD FRQ OXQHWWH GL 6DOGDWXUH HIIHWWXDWH GD HQWUDPEL L ODWL PRODWH LQ
VFDULFR GLUH]LRQH GHJOL VIRU]L H VRWWRSRVWH D FRQWUROOL QRQ
GLVWUXWWLYL
3HU VSHVVRUL W! PP VL GHYH DGRWWDUH XQD /H VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH LQL]LDWH H WHUPLQDWH
FODVVHULGRWWDGHOFRHIILFLHQWH VX WDFFKL G¶HVWUHPLWj GD ULPXRYHUH XQD YROWD
FRPSOHWDWDODVDOGDWXUD
N V W , ERUGL HVWHUQL GHOOH VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH
PRODWLLQGLUH]LRQHGHJOLVIRU]L
, SURILOL ODPLQDWL GHYRQR DYHUH OH VWHVVH
GLPHQVLRQLVHQ]DGLIIHUHQ]HGRYXWHDWROOHUDQ]H
6DOGDWXUHVHQ]DSLDWWRGLVRVWHJQR 6DOGDWXUHHIIHWWXDWHGDHQWUDPELLODWLQRQPRODWH
*LXQWL WUDVYHUVDOL LQ WUDYL FRPSRVWH LQ HVRWWRSRVWHDFRQWUROOLQRQGLVWUXWWLYL
DVVHQ]DGLOXQHWWHGLVFDULFR /H VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH LQL]LDWH H WHUPLQDWH
*LXQWL WUDVYHUVDOL FRPSOHWL GL SURILOL VX WDFFKL G¶HVWUHPLWj GD ULPXRYHUH XQD YROWD
ODPLQDWLLQSUHVHQ]DGLOXQHWWHGLVFDULFR FRPSOHWDWDODVDOGDWXUD
*LXQWLWUDVYHUVDOLGLODPLHUHSLDWWL SURILODWL , ERUGL HVWHUQL GHOOH VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH
HWUDYLFRPSRVWH PRODWLLQGLUH]LRQHGHJOLVIRU]L
3HU VSHVVRUL W! PP VL GHYH DGRWWDUH XQD 6RYUDVSHVVRUH GL VDOGDWXUD QRQ PDJJLRUH GHO
FODVVHULGRWWDGHOFRHIILFLHQWH GHOODODUJKH]]DGHOFRUGRQHSHULGHWWDJOL
H R GHO SHU LO GHWWDJOLR FRQ ]RQH GL
N V W WUDQVL]LRQHUHJRODUL
— 125 —
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
6DOGDWXUHHIIHWWXDWHGDHQWUDPELLODWL
*LXQWL WUDVYHUVDOL FRPSOHWL GL SURILOL /H VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH LQL]LDWH H WHUPLQDWH
ODPLQDWLLQDVVHQ]DGLOXQHWWHGLVFDULFR VX WDFFKL G¶HVWUHPLWj GD ULPXRYHUH XQD YROWD
FRPSOHWDWDODVDOGDWXUD
, ERUGL HVWHUQL GHOOH VDOGDWXUH GHYRQR HVVHUH
PRODWLLQGLUH]LRQHGHJOLVIRU]L
6DOGDWXUHVXSLDWWRGLVRVWHJQR ,FRUGRQLG¶DQJRORFKHILVVDQRLOSLDWWRGLVRVWHJQR
*LXQWLWUDVYHUVDOLLQSLDWWLHODPLHUH GHYRQR WHUPLQDUH D SL GL PP GDL ERUGL
GHOO¶HOHPHQWR H GHYRQR HVVHUH LQWHUQL DOOD
*LXQWL WUDVYHUVDOL GL ODPLHUH H SLDWWL FRQ VDOGDWXUDGLWHVWD
UDVWUHPD]LRQL LQ ODUJKH]]D H VSHVVRUH
FRQSHQGHQ]DQRQPDJJLRUHGL
9DOHDQFKHSHUODPLHUHFXUYH
3HU VSHVVRUL W! PP VL GHYH DGRWWDUH XQD
FODVVHULGRWWDGHOFRHIILFLHQWH
N V W
6DOGDWXUH VX SLDWWR GL VRVWHJQR 'D DGRWWDUVL TXDQGR L FRUGRQL G¶DQJROR FKH
SHUPDQHQWH FRQ UDVWUHPD]LRQL LQ ILVVDQR LO SLDWWR GL VRVWHJQR WHUPLQDQR D PHQR GL
ODUJKH]]D H VSHVVRUH FRQ SHQGHQ]D QRQ PPGDLERUGLGHOO¶HOHPHQWRRTXDQGRQRQSXz
PDJJLRUHGL HVVHUHJDUDQWLWRXQEXRQDFFRSSLDPHQWR
9DOHDQFKHSHUODPLHUHFXUYH
3HU VSHVVRUL W! PP VL GHYH DGRWWDUH XQD
FODVVHULGRWWDGHOFRHIILFLHQWH
N V W
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
— 126 —
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
)D]]ROHWWL G¶DWWDFFR VDOGDWL D XQ ODWR GL XQ 5DFFRUGR GL WUDQVL]LRQH GL UDJJLR U UHDOL]]DWR FRQ
SLDWWR R GHOOD SLDWWDEDQGD GL XQD WUDYH H WDJOLR PHFFDQLFR R D JDV UHDOL]]DWR SULPD GHOOD
GRWDWLGLUDFFRUGRGLWUDQVL]LRQHGLUDJJLRU VDOGDWXUDGHOID]]ROHWWR$OWHUPLQHGHOODVDOGDWXUD
/D OXQJKH]]D / GHYH HVVHUH YDOXWDWD FRPH ODSDUWHWHUPLQDOHGHYHHVVHUHPRODWDLQGLUH]LRQH
SHULGHWWDJOLH GHOODIUHFFLDSHUHOLPLQDUHFRPSOHWDPHQWHODSXQWD
D GHOODVDOGDWXUD
/DVWHVVDFODVVLILFD]LRQH SXzHVVHUH DGRWWDWD
E DQFKH SHU SLDWWDEDQGH VDOGDWH GRWDWH GL
UDFFRUGRGLWUDQVL]LRQHGLUDJJLRU
F
DUt/RU!PP
E/!Ut/
FU/
$WWDFFKLWUDVYHUVDOL
H /H SDUWL WHUPLQDOL GHOOH VDOGDWXUH GHYRQR
6DOGDWLDXQDSLDVWUD HVVHUH PRODWH DFFXUDWDPHQWH SHU HOLPLQDUH WXWWH
OHULHQWUDQ]HSUHVHQWL
1HUYDWXUH YHUWLFDOL VDOGDWH D XQ SURILOR R D
XQDWUDYHFRPSRVWD
'LDJUDPPL GL WUDYL D FDVVRQH FRPSRVWH 6H OD QHUYDWXUD WHUPLQD QHOO¶DQLPD 'V GHYH
D VDOGDWLDOO¶DQLPDRDOODSLDWWDEDQGD HVVHUHFDOFRODWRXVDQGROHWHQVLRQLSULQFLSDOL
E
D l dPP
E l dPP
/H FODVVL VRQR YDOLGH DQFKH SHU QHUYDWXUH
DQXODUL
(IIHWWR GHOOD VDOGDWXUD GHO SLROR VXO
PDWHULDOHEDVHGHOODSLDVWUD
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
*LXQWLDFURFHRD7
,O JLXQWR GHYH HVVHUH FRQWUROODWR OH
/HVLRQL DO SLHGH GHOOD VDOGDWXUD LQ JLXQWL D GLVFRQWLQXLWj H L GLVDOOLQHDPHQWL GHYRQR HVVHUH
SLHQD SHQHWUD]LRQH R D SDU]LDOH FRQIRUPLDOOHWROOHUDQ]HGHOOD81,(1
SHQHWUD]LRQH
1HO FDOFROR GL 'V VL GHYH IDU ULIHULPHQWR DO
/HVLRQH DO SLHGH GHOOD VDOGDWXUD D SDUWLUH YDORUH GL SLFFR GHOOH WHQVLRQL PHGLDQWH XQ
GDO ERUGR GHO SLDWWR FDULFDWR LQ SUHVHQ]D RSSRUWXQRIDWWRUHGLFRQFHQWUD]LRQHGHJOLVIRU]LNI
D GL SLFFKL ORFDOL GL WHQVLRQH QHOOH SDUWL
WHUPLQDOL GHOOD VDOGDWXUD GRYXWL DOOD
E H ,O GLVDOOLQHDPHQWR GHL SLDWWL FDULFDWL QRQ
GHIRUPDELOLWjGHOSDQQHOOR
GHYHVXSHUDUHLOGHOORVSHVVRUHGHOODSLDVWUD
F Dl dPPHWTXDOVLDVL LQWHUPHGLD
G E l dPPHWTXDOVLDVL
H
F l dPPHWTXDOVLDVL
I
G l dPPHWTXDOVLDVL
J
Gl !PPHWdPP
H l dPPHW!PP
Hl !PPHWdPP
I l dPPHW!PP
Il !PPHWdPP
Jl !PPHW!PP
— 127 —
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
DOGHWWDJOLR7DEHOOD&;9,E
*LXQ]LRQLDVRYUDSSRVL]LRQH 'VqULIHULWRDJOLHOHPHQWLVRYUDSSRVWL
/HVDOGDWXUHGHYRQRWHUPLQDUHDSLGLPPGDO
*LXQ]LRQH D VRYUDSSRVL]LRQH D FRUGRQL ERUGRGHOODSLDVWUD
G¶DQJROR YHULILFD GHJOL HOHPHQWL /H YHULILFKH D IDWLFD GHOOD VDOGDWXUD SHU WHQVLRQL
VRYUDSSRVWL WDQJHQ]LDOL GHYRQR HVVHUH HIIHWWXDWH LQ
ULIHULPHQWRDOGHWWDJOLR7DEHOOD&;9,E
&RSULJLXQWLGLWUDYLHWUDYLFRPSRVWH 6HLOFRSULJLXQWRqSLODUJRGHOODIODQJLDRFFRUUH
=RQHWHUPLQDOLGLFRSULJLXQWLVDOGDWLVLQJROL HVHJXLUHXQFRUGRQHWHUPLQDOHWUDVYHUVDOHFKH
RPXOWLSOLFRQRVHQ]DFRUGRQLWHUPLQDOL GHYHHVVHUHDFFXUDWDPHQWHPRODWRSHUHOLPLQDUH
WUDVYHUVDOL OHLQFLVLRQLPDUJLQDOL
D DWFWHWdPP
E /DOXQJKH]]DPLQLPDGHOFRSULJLXQWRqPP
EWFWHWdPP
F EWFtWHWdPP
G FWFWHWdPP
H FWFtWHWdPP
GWFWHW!PP
GWFtWHWdPP
HWFtWHW!PP
&RSULJLXQWLGLWUDYLHWUDYLFRPSRVWH &RUGRQHWUDVYHUVDOHULQIRU]DWRPRODWRH
=RQHWHUPLQDOLGLFRSULJLXQWLVDOGDWLFRQ UDFFRUGDWR
FRUGRQHWHUPLQDOHULQIRU]DWRGLOXQJKH]]D 6HWF!PPLOUDFFRUGRGLSHQGHQ]DQRQ
PLQLPDWF PDJJLRUHGLGHYHHVVHUHHVWHVRILQRDOERUGR
VXSHULRUHGHOFRSULJLXQWR
Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
G¶DQJRORVRJJHWWHDWHQVLRQLWDQJHQ]LDOL DSLGLPPGDOERUGRGHOODSLDVWUD
Tabella C4.2.XVII - Dettagli costruttivi e resistenza a fatica per le vie di corsa di carriponte
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dettaglio
— 128 —
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Classe del
Dettaglio costruttivo Descrizione Requisiti
dettaglio
6DOGDWXUD D 7 D SDU]LDOH SHQHWUD]LRQH R /D FODVVH q UHODWLYD DL GHOWD GL FRPSUHVVLRQH
D SLHQD SHQHWUD]LRQH HTXLYDOHQWH D YHUWLFDOL 'VYHUW LQGRWWL QHOOD VH]LRQH GL JROD GHOOD
SDU]LDOHSHQHWUD]LRQH VDOGDWXUDGDLFDULFKLUXRWD
6DOGDWXUD D 7 D SLHQD SHQHWUD]LRQH WUD /D FODVVH q UHODWLYD DL GHOWD GL FRPSUHVVLRQH
DQLPDHSLDWWDEDQGDD7 YHUWLFDOL'VYHUWLQGRWWLQHOO¶DQLPDGDLFDULFKLUXRWD
6DOGDWXUD D 7 D SDU]LDOH SHQHWUD]LRQH R /D FODVVH q UHODWLYD DL GHOWD GL FRPSUHVVLRQH
D SLHQD SHQHWUD]LRQH HTXLYDOHQWH D YHUWLFDOL 'VYHUW LQGRWWL QHOOD VH]LRQH GL JROD GHOOD
SDU]LDOH SHQHWUD]LRQH WUD DQLPD H VDOGDWXUDGDLFDULFKLUXRWD
SLDWWDEDQGDD7
6DOGDWXUD D 7 D FRUGRQL G¶DQJROR WUD /D FODVVH q UHODWLYD DL GHOWD GL FRPSUHVVLRQH
DQLPDHSLDWWDEDQGDD7 YHUWLFDOL 'VYHUW LQGRWWL QHOOD VH]LRQH GL JROD GHOOD
VDOGDWXUDGDLFDULFKLUXRWD
La curva S-N per connettori a piolo sollecitati a taglio delle strutture composte acciaio-calcestruzzo è rappresentata in Figura
C4.2.24 ed è caratterizzata dall’assenza di limite di fatica. La pendenza della curva è m = 8 e la classe del particolare per
calcestruzzo normale è 'WC = 90 MPa.
Per calcestruzzi leggeri la classe si riduce, in funzione del limite superiore della densità della classe di appartenenza, U, espresso
in kg/m3, a
§ U ·
'W& ¨ ¸ 03D >C4.2.98@
© ¹
Le tensioni tangenziali devono essere valutate in riferimento alla sezione nominale del connettore.
Nelle verifiche a fatica le tensioni da considerare devono essere coerenti con quelle alle quali è riferita la curva S-N del dettaglio.
Di solito, le curve S-N dei dettagli costruttivi riportate nelle normative sono riferite alle tensioni nominali e pertanto ad esse si deve
generalmente far riferimento. Per dettagli costruttivi particolarmente complessi o innovativi, per i quali si proceda ad uno studio
— 129 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
ad hoc, potrebbe essere necessario riferirsi alle tensioni di picco, misurate o determinate con specifici protocolli sperimentali. In
questo caso, le tensioni debbono essere calcolate per via teorica o numerica con le stesse modalità adottate sperimentalmente.
Nell’associare al dettaglio in esame la corrispondente curva S-N di resistenza a fatica è consentito tener conto degli effetti benefici
di eventuali trattamenti termici o meccanici di distensione, sulla base della letteratura consolidata o di adeguata sperimentazione.
Per i dettagli costruttivi dei quali non sia nota la curva di resistenza a fatica le escursioni tensionali potranno riferirsi alle tensioni
geometriche o di picco, cioè alle tensioni principali nel metallo base in prossimità della potenziale lesione, secondo le modalità e le
limitazioni specifiche del metodo, nell’ambito della meccanica della frattura.
Nel caso di verifica a danneggiamento, sulla base del danno D si può definire uno spettro di tensione equivalente, ad ampiezza di
tensione costante, 'Veq,d (o 'Weq,d), in grado di produrre, nello stesso numero di cicli, Q WRW ¦ Q L , un danneggiamento uguale a
quello prodotto dallo spettro di tensione di progetto, oppure, in alternativa, un delta di tensione convenzionale 'VE,d, in grado di
produrre in 2u106 cicli, lo stesso danneggiamento prodotto dallo spettro di tensione di progetto.
Nel caso di variazioni simultanee di tensioni normali e tangenziali, la valutazione della resistenza a fatica dovrà considerare i loro
effetti congiunti adottando idonei criteri di combinazione del danno.
Nel caso di variazioni non simultanee del campo di tensioni normali e tangenziali si potranno sommare i danneggiamenti DV e DW
prodotti dai cicli di tensione normale e dai cicli di tensione tangenziale, valutati separatamente con la formula [4.2.57] del §
4.2.4.1.4 delle NTC, controllando che
' 'V 'W d >C4.2.99@
Nella valutazione della resistenza a fatica dovrà tenersi conto dello spessore del metallo base nel quale può innescarsi una
potenziale lesione.
Nel caso che l’influenza dello spessore sulla resistenza a fatica non sia trascurabile, la classe del dettaglio deve essere ridotta
secondo la formula
'V&UHG N V 'V& >C4.2.100@
dove il coefficiente riduttivo ks dipende dal dettaglio strutturale considerato ed i cui valori indicativi sono indicati, per alcuni dettagli
costruttivi, nel documento UNI EN 1993-1-9.
C4.2.12.1 MATERIALI
Per i profilati di acciaio profilati a freddo e le lamiere grecate, l’acciaio deve essere conforme a quanto previsto al § C11.3.4.11.2.1.
Per effetto del processo di formatura a freddo si verifica un innalzamento della tensione di snervamento dell’acciaio che può
essere considerato nei calcoli.
Ove il fenomeno non sia valutato sperimentalmente sulla membratura nel suo complesso, il valore della tensione di snervamento
media dopo formatura fmyk può essere valutata nel modo seguente:
— 130 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
I WN I \N N Q W d
I P\N I \N
$J
I WN I \N >C4.2.101@
in cui
k=7 per formatura continua con rulli,
k=5 per gli altri metodi di formatura,
Ag è l’area lorda della sezione trasversale della membratura,
n è il + x"t (pieghe con angolo diverso da 90° sono tenute in conto con frazioni di n),
t è lo spessore (al netto dei rivestimenti) del piatto o nastro prima della formatura.
Il valore medio della tensione di snervamento fmyk può essere tenuto in conto nei calcoli nei casi seguenti:
verifiche di resistenza di aste tese,
verifiche di resistenza e verifiche di stabilità di aste compresse aventi sezione di classe 1, 2 e 3 (cioè sezioni completamente
reagenti),
verifiche di resistenza e verifiche di stabilità di travi inflesse le parti compresse delle quali siano di classe 1, 2 e 3 (cioè parti
compresse completamente reagenti).
Il valore medio della tensione di snervamento fmyk non deve essere tenuto in conto nei calcoli nei casi seguenti:
determinazione dell’area efficace,
calcolo di membrature che, dopo il processo di formatura a freddo, siano sottoposte ad un trattamento termico di
distensione.
Nella Tabella C4.2.XIX sono riportati i valori limite dei rapporti larghezza – spessore per i quali è applicabile la presente
Circolare.
Tabella C4.2.XIX - Valori limite dei rapporti larghezza-spessore di profili formati a freddo
Tali limiti rappresentano il campo dei valori per i quali è disponibile probante esperienza costruttiva e valida sperimentazione.
Inoltre, per garantire sufficiente rigidezza degli irrigidimenti di bordo, devono essere rispettate le seguenti limitazioni:
F G
d d d d >C4.2.102@
E E
— 131 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Negli elementi soggetti a flessione le ali molto larghe (sia tese sia compresse) tendono ad incurvarsi in direzione dell’asse neutro
(curling). Tale fenomeno può essere considerato, in assenza ed in presenza di irrigidimenti (purché non ravvicinati tra loro), nel
modo seguente.
Per una trave con asse rettilineo ed in riferimento alla Figura C4.2.25, si ha:
VD EV
X >C4.2.103@
( W ]
dove u è la massima inflessione trasversale verso l’asse neutro dell’ala, z è la distanza nominale dell’ala dall’asse neutro, t è lo
spessore della membratura, bs è la metà della distanza tra le anime (per sezioni a cassone o sezioni ad U) o la lunghezza della
parte a sbalzo, a è la tensione normale media nelle ali calcolata con riferimento all’area lorda.
Bisogna tener conto di questo fenomeno nel calcolo della resistenza flessionale quando X t K , essendo h l’altezza della
trave.
C4.2.12.1.4 Classificazione delle sezioni, instabilità locale e distorsione delle sezioni trasversali
Nelle membrature formate a freddo e nelle lamiere grecate, al fine della utilizzazione delle Tabelle 4.2.III, IV e V delle NTC per la
classificazione delle sezioni, la larghezza bp degli elementi piani deve essere determinata a partire dai punti medi di raccordo di
due lati adiacenti, secondo le indicazioni di Figura C4.2.26.
In Figura C4.2.26 il punto P è il punto medio del raccordo da considerare per determinare la larghezza dell’elemento piano; X è
l’intersezione degli assi degli elementi piani.
Il raggio medio di piega del raccordo rm si determina a partire dal raggio interno di piega UP U W , mentre la proiezione gr
del segmento PX sull’asse dell’elemento piano è uguale a
JU UP ª¬ WDQ ) VLQ ) º¼ >C4.2.104@
Figura C4.2.26 –Determinazione del punto X per la valutazione della larghezza di elementi piani
— 132 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Nel caso di parti compresse appartenenti alla classi 3 e 4 si possono verificare fenomeni di instabilità locale e distorsione della
sezione trasversale che interagiscono tra loro ed insieme alla inflessione trasversale delle aste compresse e/o inflesse. Questi
fenomeni possono essere studiati mediante una specifica modellazione matematica. In alternativa si possono applicare i metodi
semplificati indicati nel seguito.
I vari tipi di elementi piani possono essere schematizzati con i modelli riportati in Figura C4.2.28.
Le parti piane compresse che, con la definizione di larghezza data sopra, non rispettano le limitazioni per la classe 3 sono
soggette a fenomeni di ingobbamento locale i quali si possono considerare con il metodo delle larghezze efficaci per la
determinazione delle quali si devono seguire i criteri esposti al § C4.2.4.1.3.4.
Tenendo presenti le larghezze efficaci degli elementi piani compressi si possono determinare le grandezze geometriche efficaci
che tengono conto dei fenomeni di instabilità locale e che sono richiamate al § 4.2.4.1 delle NTC, nell’ipotesi che non intervenga la
distorsione della sezione trasversale considerata più oltre.
Per discutere i fenomeni di distorsione della sezione trasversale si distinguono:
elementi piani, con o senza irrigidimenti intermedi, delimitati da un’anima e da un irrigidimento di bordo (Figura
C4.2.29);
elementi piani compresi tra due anime con uno o più irrigidimenti intermedi (Figura C4.2.30).
Figura C4.2.30 –Elementi piani delimitati da due anime con irrigidimenti intermedi
L’irrigidimento, insieme alla larghezza collaborante che gli compete (Figura C4.2.31) viene studiato come trave compressa su
letto elastico alla Winkler. Il letto elastico ha costante elastica dipendente dall’elemento piano e dalle altre parti della sezione della
trave alle quali l’elemento è collegato.
— 133 —
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In Figura C4.2.32 sono riportati alcuni schemi statici di riferimento per il calcolo della costante k del letto elastico.
Detti As l’area efficace dell’irrigidimento con la larghezza collaborante che gli compete e Is il momento di inerzia
dell’irrigidimento con la larghezza collaborante che gli compete, calcolato rispetto al suo asse baricentrico parallelo all’elemento
+
I \N
OG >C4.2.106@
VFUV
Essendo
FG SHUO G
FG O G SHU d O G d >C4.2.108@
FG SHUO G !
OG
Per semplicità ed in prima approssimazione si può assumere l’area ridotta dello irrigidimento, che tiene conto dell’instabilità
distorsionale, pari a $ VULG FG $ V .
Nel caso Fd< 1, per migliorare l’approssimazione si può far ricorso ad un processo iterativo che comporta le seguenti fasi:
nuova definizione della larghezza efficace del pannello piano, riferita alla tensione massima di compressione,
I \N
VFRP(G, FG >C4.2.109@
J 0
nuova determinazione delle caratteristiche geometriche dell’irrigidimento, As e Is;
V
G5G
FG O
G I \N >C4.2.110@
— 134 —
11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
$ VULG
W ULG W >C4.2.112@
$V
ese (di
questa differenza si deve tener conto anche nella determinazione di Mcy,Rd e di Mcz,Rd).
Nel caso di tensoflessione, la condizione di resistenza è
0 \(G 0 ](G 1 (G
r d >C4.2.120@
0 F\5G 0 F]5G 1 W5G
— 135 —
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— 136 —
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La verifica di stabilità di una trave inflessa soggetta a fenomeni di instabilità flessotorsionali si effettua con i criteri di cui al §
4.2.4.1.3 delle NTC adottando la curva di stabilità b.
Tuttavia, quando l’area efficace ha assi principali di inerzia sensibilmente discosti da quelli dell’area lorda, quei criteri non sono
applicabili e devono essere effettuate specifiche indagini numeriche.
Si tratta di problemi specifici per i quali si rinvia alla normativa di comprovata validità.
C4.2.12.1.7 Unioni
Nelle unioni dei profilati formati a freddo e delle lamiere grecate si possono impiegare, oltre ai mezzi d’unione classici, bulloni e
saldature a cordoni d’angolo, trattati nelle NTC, altri mezzi di collegamento quali viti auto filettanti o automaschianti, chiodi sparati,
chiodi ciechi, saldature per punti (a resistenza o per fusione) e bottoni di saldatura.
Poiché nelle unioni che interessano i profilati formati a freddo e le lamiere grecate possono intervenire elementi strutturali aventi
spessori inferiori a 4 mm (minimo ammesso nelle NTC per gli elementi delle strutture di acciaio) sono necessari alcuni
adattamenti ai piccoli spessori delle indicazioni delle Norme Tecniche anche per l’impiego dei bulloni e delle saldature.
Data la varietà delle soluzioni tecnologiche disponibili per i mezzi di unione quali viti autofilettanti o automaschianti, chiodi
sparati, chiodi ciechi, bottoni di saldatura, alcune grandezze della resistenza delle unioni sono basate su attendibili risultati
sperimentali, disponibili in letteratura, altre sono invece da determinarsi sperimentalmente (con procedure EOTA) per le
applicazioni specifiche.
Simboli adottati nel seguito
t spessore minimo delle membrature interessate nel collegamento
t1 spessore massimo delle membrature interessate nel collegamento
— 137 —
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t* spessore del materiale base nel quale sono ancorate le viti autofilettanti oppure i bottoni di saldatura
d0 diametro del foro per il mezzo di collegamento (Figura C4.2.34)
d diametro del mezzo di collegamento (chiodo, vite, ecc.)
dw diametro della testa della vite di collegamento o diametro della rondella sotto testa o diametro visibile del punto di
saldatura (Figura C4.2.35)
ds diametro efficace del punto o bottone di saldatura,
RONDELLA
In Figura C4.2.34 sono indicati gli interassi e le varie distanze che interessano il dimensionamento dei collegamenti; in Figura
C4.2.35 sono indicati i diametri dei punti e bottoni di saldatura.
— 138 —
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W
D d SHUW WRSSXUHSHUW t WHW PP
G >C4.2.134@
D SHUW t WHW t PP
"1<2,5 t) D può essere determinato per interpolazione lineare.
La resistenza allo strappo della lamiera collegata è data da
I WN H W
)W5G >C4.2.135@
J 0
essendo e1 indicato in Figura C4.2.34.
La resistenza a trazione della sezione netta è data da
$ QHW I WN
)Q5G >C4.2.136@
J 0
C4.2.12.1.7.2.2. Viti autofilettanti o automaschianti soggette a trazione
La resistenza all’imbutitura delle lamiere collegate è data da
I WN G Z W
)S5G >C4.2.137@
J 0
Questo valore è da ridurre al 50% quando queste viti sono adottate per collegamenti impegnati dagli effetti del vento.
La resistenza allo spanamento (strappo della filettatura) è data, infine, da
W
G I WN
)5G SHUW V
J 0
>C4.2.138@
W
G I WN
)5G SHUW t V
J 0
Le formule [C4.2.133], [C4.2.135], [C4.2.136], [C4.2.137] e [C4.2.138] per viti autofilettanti e automaschianti sono valide per
diametri d compresi nell’intervallo
PP d G d PP >C4.2.139@
e per geometrie del collegamento che rispettino le condizioni
H t GS t GH t GS t G >C4.2.140@
I collegamenti con viti tese devono soddisfare, inoltre,
PP d W d PPHW t PP >C4.2.141@
— 139 —
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Informazioni sulla resistenza a taglio, a trazione, ecc. delle viti autofilettanti o auto-maschianti devono essere dedotte
sperimentalmente, con adeguata base statistica (EOTA), sulle specifiche produzioni.
§G ·
E U ¨ ¸ d >C4.2.152@
© X ¹
Per il calcolo della resistenza a taglio dei bulloni si applicano le formule [4.2.63] e [4.2.64] di cui al § 4.2.8 delle NTC: con piccoli
spessori di serraggio i piani di rescissione interessano sempre la parte filettata della vite.
— 140 —
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x
H t G S t G H t G S t G >C4.2.153@
dove ds= 0,5t+5 mm per punti di fusione e ds= 5t , t in mm, per punti a resistenza.
0,5
Secondo la direzione della forza trasmessa, la distanza minima tra il centro del bottone ed il bordo libero deve soddisfare la
relazione
)Z6G J 0
H t >C4.2.159@
I WN W
— 141 —
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dove Fw,Sd è la resistenza a taglio del bottone, che per i bottoni circolari è data da
S G V I WN
)Z6G >C4.2.160@
J 0
Il diametro effettivamente resistente della saldatura a bottone ds,(fig. C4.2.35), viene determinato con la seguente espressione:
ds = 0,7dw - 1,5 ]t >C4.2.161@
con la limitazione d
dw
con dw diametro di saldatura visibile (figg. C4.2.35 e C4.2.36)
con le seguenti limitazioni
G S I WN ¦ W GS
)Z6G d SHU d
J 0 ¦W I WN
¦ W
I WN GS
)Z6G d SHU d >C4.2.162@
J 0 I WN I WN ¦ W I WN
G S I WN ¦ W GS
)Z6G d SHU !
J 0 ¦W I WN
)Z6G
S G
V
/ Z G V I WN
>C4.2.163@
J 0
con la limitazione
)Z6G d
/Z G S I WN ¦ W
>C4.2.164@
J 0
essendo Lw indicato in Figura C4.2.36 e l’effettivo diametro periferico dp di una saldatura a bottone si ottiene con le seguenti
espressioni:
per un unione a due piastre di spessore minimo t:
dp = dw – t >C4.2.165@
per unione di di piastre multipla con spessore totale ¬t:
dp = dw - 2 ¬t >C4.2.166@
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Per l’ulteriore approfondimento di elementi non trattati o non completamente trattati nelle NTC e nella presente Circolare si può
fare utile riferimento a normative di comprovata validità, in particolare agli Eurocodici.
Tabella C4.3.I - Classificazione di piattabande compresse in profilati o in sezioni saldate parzialmente rivestiti
a
Classe 1: O9d
b
a
Classe 2: 9 d < O 14 d
b
a
Classe 3: 14 d < O 20 d
b
a
Classe 4: > 20 d
b
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Figura C4.3.1 - Distribuzione delle tensioni plastiche allo SLU per il calcolo del momento resistente positivo
Si definisce, in questo paragrafo, grado di connessione il rapporto Nc/Ncf tra il massimo sforzo trasmissibile dalla connessione Nc
e la risultante delle compressioni in soletta Ncf.
In via approssimata tale rapporto si può assumere pari al grado di connessioneKdefinito al § 4.3.4.3 delle NTC come il rapporto
tra il numero effettivo di connettori a taglio presenti e il numero di connettori che assicurano il completo sviluppo del momento
resistente plastico della sezione composta.
Nel caso di connessione a pieno ripristino si ha Nc=Ncf.
La resistenza del calcestruzzo a trazione è trascurata ed in caso di momento negativo la connessione a taglio in genere è
sufficiente a trasferire la risultante di trazione delle barre d’armatura in soletta, calcolata ipotizzando le barre d’armatura
completamente snervate e soggette ad una tensione fsd(vedi Figura C4.3.2).
Figura C4.3.2 - Distribuzione delle tensioni plastiche allo SLU per il calcolo del momento resistente negativo
Quando la connessione a taglio è a parziale ripristino di resistenza (Nc/Ncf<1) e realizzata con connettori “duttili”, il momento
resistente, MRd, è calcolato utilizzando il metodo rigido-plastico ed il valore ridotto della risultante delle compressioni in soletta,
Nc. In particolare, può assumersi una relazione lineare tra il grado di connessione K ed il momento resistente ottenibile, vedi
Figura C4.3.3, rappresentata dalla formula
0 5G 0 SOD5G 0 SO5G 0 SOD5G K >C4.3.1@
Figura C4.3.3 - Relazione tra il momento resistente della trave e il grado di connessione per connettori a taglio duttili
— 144 —
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Nel caso di connessione “completa” a taglio, pertanto, un eventuale incremento del numero dei connettori a taglio nella sezione
III non si tradurrebbe in aumento della capacità portante, essendo determinante la resistenza flessionale.
Figura C4.3.5 – Legame tra resistenza della trave e resistenza della connessione
Per contro, disponendo connettori in minor numero si avrà una capacità portante ridotta, che dipende dalla numerosità dei
connettori disposti nella sezione III, perché si riduce la risultante delle tensioni normali (di trazione e compressione) e quindi il
momento limite nella sezione II: in questo caso si parla di connessione “parziale” a taglio.
In Figura C4.3.5 è schematizzato quanto sopra esposto: in ascisse è riportata la resistenza della connessione a taglio nella sezione
III, in ordinate la capacità portante ultima della trave composta.
Al limite, quando mancassero del tutto i connettori, la resistenza della soletta può essere trascurata rispetto a quella della trave di
acciaio.
L’applicazione della connessione “parziale” a taglio ha interesse per le travi composte acciaio-calcestruzzo nelle quali non è
necessario sfruttare a fondo la collaborazione tra i due materiali per ottenere la resistenza richiesta.
Questo concetto si applica alle travi composte quando, ad esempio, le solette vengono gettate su casseri non puntellati, ma
sostenuti direttamente dalle travi di acciaio. Le sezioni di acciaio devono essere dimensionate per sostenere il peso del getto
cosicché, dopo l’indurimento del calcestruzzo, la connessione “completa” può portare a travi composte più prestazionali del
richiesto.
Un altro caso in cui questo concetto si applica è quello in cui la progettazione delle travi composte è governata dalle limitazioni di
deformabilità negli stati limite di esercizio; in tal caso, infatti, la resistenza ultima della sezione che ne consegue risulta
sovrabbondante.
Situazione analoga si ha quando, per ragioni tecniche o economiche, il progettista è portato a preferire una sezione maggiore
delle travi metalliche e un numero minore di connettori, piuttosto che travi con sezione di acciaio ridotta e maggior numero di
connettori, come potrebbe accadere quando la soletta à gettata su una lamiera grecata, che limita posizione e numero dei
connettori a causa della posizione e larghezza delle onde.
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Le regole di progetto contenute nel § 4.3.4 delle NTC per la verifica delle travi composte acciaio-calcestruzzo riguardano elementi
strutturali realizzati con connettori a taglio dotati di comportamento duttile. In particolare, tale condizione è imprescindibile
allorquando si applichi il calcolo plastico per la definizione del momento resistente della trave. Nelle NTC (§ 4.3.4.3.1.1) sono
indicate le condizioni che si devono verificare per assumere l’ipotesi di connettori duttili.
La spaziatura massima tra i connettori deve essere pari a V0$; W I I \N per le travi collaboranti con solette piene o
solette gettate su lamiere con greche parallele all’asse della trave; V0$; W I I \N nel caso in cui le greche della lamiera
siano ortogonali all’asse della trave, dove con tf si è indicato lo spessore della piattabanda del profilo e con fyk la tensione di
snervamento della piattabanda del profilo. In ogni caso la spaziatura massima deve essere inferiore ad 800 mm. La spaziatura
minima dei connettori a pioli deve essere non minore di 5 volte il diametro del gambo del connettore. In direzione ortogonale alla
forza di scorrimento l’interasse dei pioli non deve essere inferiore a 2,5 volte il diametro del gambo per le solette di calcestruzzo
piene ed a 4 volte il diametro del gambo per tutti gli altri tipi di soletta.
I connettori possono essere disposti uniformemente tra i punti di momento massimo e minimo della trave solo nel caso di sezioni
di classe 1 e classe 2 e se il fattore di connessione Krispetta le limitazioni indicate. Se l’azione composta della connessione è tale
da definire una sezione con un momento plastico resistente maggiore di 2,5 volte quello della sola sezione di acciaio è necessario
eseguire verifiche supplementari nelle sezioni intermedie tra quelle di massimo e minimo momento perché in tale caso il sistema
di connessione potrebbe avere un comportamento non duttile.
Quando i connettori a taglio disposti sul profilo di acciaio sono simultaneamente considerati efficaci per due elementi ortogonali,
come ad esempio nel caso di una trave composta longitudinale e di una soletta composta, si deve considerare la combinazione
delle forze di connessione provenienti dai due elementi strutturali e la verifica di resistenza del connettore può essere eseguita
con la formula
)O )W
d >C4.3.2@
3O5G 3W5G
dove Fl è l’azione longitudinale di progetto derivante dall’elemento principale, mentre Ft è la forza di progetto trasversale
derivante dall’elemento secondario e Pl,Rd e Pt,Rd sono le resistenze a taglio del singolo connettore in direzione longitudinale e
trasversale. La resistenza del connettore nelle due direzioni può assumere valori differenti a causa del diverso grado di
ricoprimento offerto dal calcestruzzo al connettore a piolo nelle due direzioni (longitudinale e trasversale).
Il calcolo della forza di scorrimento a taglio necessaria per il progetto dei connettori può essere condotta utilizzando sia la teoria
elastica sia la teoria plastica. Per le connessioni a completo ripristino di resistenza, in sezioni progettate utilizzando il calcolo
plastico, la forza totale di scorrimento con cui progettare la connessione tra la sezione di massimo momento positivo e un
appoggio di estremità è data da
° $ D I \N
I $ $ I ½
°
9OG )FI PLQ ® FN F VH VN ¾ >C4.3.3@
° JD
¯ JF JV °
¿
dove Aa, Ac ed Ase sono le aree, rispettivamente, del profilo di acciaio, della soletta di calcestruzzo e dell’armatura compressa. La
forza di scorrimento tra una sezione soggetta al minimo momento flettente e la sezione soggetta al massimo momento flettente
(appoggio intermedio e campata) è pari a
$ V IVN $ DS I \S ° $ D I \N I $ $ I ½° $ I $ DS I \S
9OG )FI PLQ ® FN F VH VN ¾ V VN >C4.3.4@
JV J DS ¯° J D JF J V ¿° J V J DS
dove Aap è l’area della lamiera grecata, da considerarsi solo se è dimostrata la sua efficacia, fyp la sua tensione di snervamento e
As e fsk sono, rispettivamente, l’area e la tensione di snervamento delle barre d’armatura in soletta.
Nel caso di connessione a parziale ripristino di resistenza con connettori duttili, si può assumere che allo stato limite ultimo si
sviluppino scorrimenti sufficienti per ottenere nelle sezioni critiche i momenti resistenti calcolati sulla base della teoria plastica.
In tal caso, la forza di scorrimento agente tra la sezione di estremità della trave e la sezione a momento flettente massimo si
assume pari a
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0 5G 0 DSO5G
9OG )F Ku )FI u )FI >C4.3.5@
0 SO5G 0 DSO5G
mentre la forza di scorrimento tra la sezione a massimo momento flettente positivo e la sezione a minimo momento flettente
negativo è pari a
$ V IVN $ DS I \S
9OG )F >C4.3.6@
JV J DS
Se si utilizza per le sezioni trasversali la teoria elastica, anche la forza di scorrimento per unità di lunghezza deve essere calcolata
utilizzando la teoria elastica, considerando l’aliquota di taglio che agisce dopo che la connessione si è attivata. Le proprietà
statiche della sezione trasversale devono essere uguali a quelle utilizzate nel calcolo delle tensioni normali.
Per le travate da ponte, nello stato limite di esercizio, il taglio longitudinale per ciascun connettore non deve eccedere il 60% della
resistenza di progetto.
La disposizione dell’armatura trasversale in soletta secondo le tipologie mostrate nelle Figure 4.3.5a, 4.3.5b e 4.3.5c delle NTC è
necessaria per l’eliminazione di possibili rotture fragili nel calcestruzzo a causa degli elevati sforzi di taglio che si concentrano in
prossimità della connessione piolata. Le superfici interessate dai maggiori sforzi di taglio sono differenti in relazione alla
tipologia di soletta considerata nel progetto della trave composta e comunque l’armatura trasversale deve essere disposta in
modo tale da rinforzare e cucire tali superfici di scorrimento potenziali.
La sollecitazione di taglio agente lungo tali superfici critiche, QEd, è determinata, sulla base delle ipotesi di calcolo seguite per la
definizione del momento resistente plastico della sezione, dalla forza di compressione massima sviluppata in soletta. Per cui la
sollecitazione di taglio per unità di lunghezza si ricava, vedi Figura C4.3.6, dalla formula
')V
Q (G >C4.3.7@
'[ K I
dove hf è lo spessore della piattabanda di calcestruzzo e 'x la distanza tra la sezione di momento massimo o minimo e la sezione
di momento nullo.
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Nel caso in cui la soletta di calcestruzzo collaborante sia garantita nei riguardi dell’instabilità laterale, è possibile assumere che la
piattabanda superiore del profilo d’acciaio connesso a taglio alla soletta sia stabile lateralmente. In tutti gli altri casi è necessario
verificare la sicurezza delle ali dei profili nei riguardi della stabilità.
In generale è possibile verificare l’instabilità flesso-torsionale dei profili di acciaio trascurando il ritegno torsionale costituito dalla
soletta di calcestruzzo ed utilizzando le formule ed i metodi proposti nel § C.4.2 e nelle NTC.
In alternativa è possibile considerare il contributo alla stabilità laterale fornito dalla soletta. Il momento resistente di progetto nei
confronti dell’instabilità flesso-torsionale è pari a:
0 E5G F/7 0 5G >C4.3.10@
dove FLT è il fattore riduttivo della resistenza flessionale MRd espresso, tramite la formula 4.2.51 delle NTC, in funzione della
snellezza relativa OLT
0 5N
O /7 >C4.3.11@
0 FU
dove MRk è il momento resistente della sezione composta, calcolato utilizzando i valori caratteristici delle resistenze, e Mcr è il
momento critico corrispondente all’instabilità flesso-torsionale, calcolato per la trave di maggior luce e con il maggiore momento
sollecitante negativo.
Se sono verificate le seguenti ipotesi:
a. la flangia superiore del profilo è connessa alla soletta;
b. la soletta è composta e fissata su due profili contigui a formare una sezione ad “U invertita” (v. Figura C4.3.7);
c. in ogni punto di appoggio l’elemento di acciaio ha la flangia inferiore bloccata lateralmente e l’anima irrigidita,
il contributo stabilizzante da considerare nel calcolo di Mcr si può valutare definendo la rigidezza rotazionale kS per unità di
lunghezza della soletta d’impalcato come:
>C4.3.12@
N6
N N
dove k1, rigidezza flessionale in fase fessurata della soletta di calcestruzzo o composta ed in direzione trasversale ai profili
d’acciaio, è definita come N D (- D , in cui D=2 per le travi esterne ed D=3 per le travi interne (per un telaio con più di 4
travi D=4 per le travi più interne) e a è la distanza tra due profili consecutivi; (EJ)2 è il modulo di rigidezza fessurato per unità di
larghezza della soletta; k2 è la rigidezza flessionale dell’anima del profilo d’acciaio, che vale
(D W Z >C4.3.13@
N
Q K6
dove Q è il coefficiente di Poisson, hS è l’altezza del profilo di acciaio e tw è lo spessore dell’anima.
Se la trave composta è continua su più appoggi o fa parte di un telaio a più campate ed è di classe 1, 2 o 3 la sezione può essere
progettata senza un sistema di stabilizzazione laterale se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
(a) le luci di campate adiacenti non differiscono tra loro di più del 20% (15% nel caso di una campata esterna a sbalzo e della
campata adiacente);
(b) il carico su ogni campata è uniformemente distribuito ed i carichi permanenti costituiscono più del 40% dei carichi di
progetto;
(c) la piattabanda superiore è collegata alla soletta;
(d) la soletta è connessa ad un altro profilo di acciaio che la supporta e che è parallelo alla trave composta considerata;
(e) se la soletta è composta, questa connette due profili di acciaio a formare un telaio ad “U invertita”;
(f) in ogni punto di appoggio l’elemento di acciaio ha la piattabanda inferiore lateralmente bloccata e l’anima irrigidita;
(g) se la sezione di acciaio non è rivestita di calcestruzzo, rispetta i limiti imposti, sull’altezza della sezione, nella Tabella
C4.3.II;
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(h) se l’elemento della sezione è parzialmente rivestito di calcestruzzo, l’altezza h della sua sezione di acciaio non eccede
l’altezza fornita in Tabella C4.3.II di più di 200 mm, per le classi d’acciaio S235, S275 ed S355, e di più di 150 mm, per le classi
S420 ed S460.
Figura C4.3.8 - Distribuzione plastica delle tension: (a) asse neutro nel calcestruzzo sopra la lamiera; (b) asse neutro che taglia la lamiera grecata
La resistenza allo scorrimento tra lamiera grecata e soletta deve essere verificata nelle zone in cui sono localizzate le massime
sollecitazioni di taglio, in generale le sezioni prossime agli appoggi, poiché in caso di connessione parziale tra i due elementi non
è possibile sviluppare il momento resistente plastico così come al § 4.3.6.2 delle NTC. A tal riguardo, è possibile definire una
relazione lineare che rappresenta l’interazione parziale tra la lamiera grecata ed il calcestruzzo, basata sulla resistenza allo
scorrimento offerta dalla lamiera, Wu,Rd, che consente di ricavare il momento resistente massimo ottenibile prima del
raggiungimento della crisi per flessione (vedi Figura C4.3.9). Tale relazione, basandosi sulla capacità Wu,Rd della lamiera grecata,
dipende dal tipo di lamiera utilizzata.
Altre tipologie di connessione e differenti condizioni di carico definiscono differenti diagrammi di interazione parziale, come
presentato in § 7.4.3 della CNR10016.
Metodi per il calcolo della resistenza allo scorrimento di sistemi di connessione a pioli, illustrati nella Figura 4.3.4(a,b) delle NTC,
sono basati sulle resistenze fornite nel § 4.3.4.3.1 delle NTC; ulteriori informazioni e metodi per il calcolo sono riportati in § 9.7.3,
§ 9.7.4 della UNI EN 1994-1-1:2005.
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È opportuno evitare, per quanto possibile, gli stati di coazione longitudinali o trasversali alla fibratura. In ogni caso i loro effetti
saranno valutati, caso per caso, con particolare cautela, mettendo esplicitamente in conto l'evoluzione nel tempo delle
deformazioni del legno.
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Nel caso di strutture costituite da elementi o componenti aventi lo stesso comportamento viscoelastico, in via semplificata, la
deformazione totale finale utot,fin relativa ad una certa condizione di carico, si può quindi valutare come segue:
utot,fin= u1,inst (1+kdef) + u21,inst (1+\21kdef) + ¬(i=2…n) [u2i,inst (\0i + \2ikdef)] >C4.4.3@
dove:
u1,inst: è la deformazione istantanea del carico permanente;
u21,inst: è la deformazione istantanea del carico variabile prevalente;
u2i,inst: è la deformazione istantanea dell’i-esimo carico variabile della combinazione considerata.
I valori delle deformazioni totali finali, calcolate mediante le formulazioni precedenti, richiedono una più accurata valutazione
nel caso di impalcati sottoposti in esercizio a un carico permanente tale di indurre tensioni massime da flessione indicativamente
superiori al 30% del corrispondente valore caratteristico di resistenza.
In aggiunta alla verifica di freccia istantanea dovuta ai soli carichi variabili nella combinazione di carico rara riportata nel § 4.4.7
delle NTC, si consiglia, per la medesima combinazione di carico, di limitare opportunamente anche la freccia istantanea totale,
derivante cioè dai carichi permanenti e dai carichi variabili, in particolare nel caso degli impalcati che sopportano elementi
portati fragili, quali tramezzature in laterizio, pavimentazioni ceramiche ecc.
Lo scorrimento delle unioni può essere determinato mediante prove sperimentali eseguite nel rispetto dei pertinenti documenti
di comprovata validità o può essere calcolato, in funzione delle caratteristiche dei materiali e del tipo di unione, con riferimento a
normative di comprovata validità.
Per il calcolo della deformazione istantanea delle membrature si fa riferimento al valore medio dei moduli di elasticità normale e
tangenziale del materiale; per le deformazioni istantanee delle unioni si fa riferimento al valore istantaneo del modulo di
scorrimento.
La deformazione a lungo termine può essere calcolata utilizzando i valori medi dei moduli elastici ridotti opportunamente
mediante il fattore 1/(1+ kdef) per le membrature e utilizzando un valore ridotto con lo stesso fattore del modulo di scorrimento
dei collegamenti.
Si dovrà verificare che le azioni previste sulla struttura non producano vibrazioni che ne possano compromettere la normale
utilizzazione o comunque ridurre il comfort degli utenti.
Si raccomanda che gli effetti provocati sui solai da vibrazioni e urti indotti dal calpestio siano limitati, in modo da garantire un
accettabile livello di comfort per gli utilizzatori. Per solai aventi una frequenza fondamentale maggiore o uguale a 8 Hz, le
verifiche devono essere effettuate limitando il valore massimo di freccia verticale indotto da un carico concentrato F agente su
qualsiasi punto del solaio, nonché limitando il valore di velocità iniziale derivante da un carico impulsivo agente nel punto del
solaio che fornisce la massima risposta. A tal proposito è possibile fare riferimento a quanto proposto all’interno della UNI EN
1995-1-1. Nel caso in cui la frequenza fondamentale del solaio risulti inferiore a 8 Hz, si raccomanda, al fine di scongiurare
possibili fenomeni di amplificazione, di limitare opportunamente la massima accelerazione verticale indotta da un carico
dinamico rappresentativo del fenomeno di calpestio lungo il solaio, anche facendo utile riferimento a documenti di comprovata
validità.
Nel calcolo dei parametri necessari alle verifiche sopra riportate, si raccomanda di tenere in conto la collaborazione laterale
dipendente dalla rigidezza trasversale del solaio. Si suggerisce inoltre di adottare un valore di massa del solaio corrispondente
alla combinazione di carico quasi-permanente.
Nel caso si ritenga opportuno svolgere analisi più dettagliate si può far riferimento ai metodi di verifica proposti all’interno di
normative di comprovata validità.
Nel caso di giunzioni di elementi lignei mediante coprigiunti è possibile computare in maniera semplificata l’azione flettente nel
coprigiunto indotta dall’eccentricità della trazione parallela alla fibratura, riducendo al 60% la resistenza a trazione nel medesimo
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coprigiunto. È possibile trascurare queste azioni di flessione qualora si prevedano idonei dispositivi di contenimento atti a
prevenire eventuali aperture del giunto, che generalmente non si considerano partecipanti alla trasmissione dell'azione di
trazione nel coprigiunto salvo valutazioni più accurate (si veda il § C4.4.9).
Nel caso di elementi soggetti a trazione trasversale alla fibratura, quali travi a doppia rastremazione, travi centinate ecc.,
particolare attenzione dovrà essere posta nei casi in cui tali elementi risultino parzialmente o totalmente esposti alla pioggia o alla
radiazione solare, a causa della possibilità di innesco di lesioni che possono compromettere la capacità di resistenza. In tali casi si
deve valutare la opportunità di introdurre appropriati elementi di contenimento trasversale.
Nella determinazione della resistenza a compressione perpendicolare alla fibratura è ammesso assumere un valore incrementato
rispetto al valore caratteristico, facendo utile riferimento a documenti di comprovata validità.
C4.4.8.1.9 Taglio
Le fessurazioni, che possono instaurarsi anche in tempi successivi alla messa in opera, determinano una riduzione della
larghezza della trave che si ripercuote sullo stato tensionale. Pertanto, ai fini del calcolo della tensione massima di taglio Wd dovrà
essere presa in considerazione una larghezza di trave ridotta secondo il fattore kcr che assume i valori seguenti:
kcr = 2,0/fv,k per legno massiccio;
kcr = 2.5/fv,k per legno lamellare;
kcr = 1.0 per gli altri prodotti a base legno secondo le UNI EN 13986 e UNI EN 14374;
essendo fv,k il valore della resistenza caratteristica a taglio dell'elemento considerato (in MPa).
In assenza di certificazioni, la resistenza a taglio per rotolamento delle fibre (rollingshear) si può approssimativamente assumere
non maggiore di due volte la resistenza a trazione ortogonale. In presenza di valori di resistenza certificati si dovrà fare
riferimento ai valori caratteristici riportati nelle certificazioni di prodotto (ETA, Valutazione Tecnica Europea, o CIT, Certificato
di Idoneità Tecnica).
Nel caso di pannelli di tavole incollate a strati incrociati, nella verifica a taglio delle tavole disposte parallelamente alla direzione
dell’azione sollecitante si dovrà fare riferimento al valore della resistenza a taglio fv,d mentre nella verifica a taglio delle tavole
disposte ortogonalmente alla direzione dell’azione sollecitante si dovrà fare riferimento al valore della resistenza a taglio per
rotolamento delle fibre fR,d.
C4.4.9 COLLEGAMENTI
I collegamenti di carpenteria sono quelli tipici delle tradizionali costruzioni storiche, realizzati per lavorazione delle superfici di
contatto. Di regola sono in grado di trasmettere solamente sforzi di compressione per contatto, e quindi in grado di esplicare
unicamente la funzione di vincoli monolateri, a meno che non vengano opportunamente integrati con altre tipologie di unioni.
Particolare attenzione dovrà essere posta nei confronti dei collegamenti di carpenteria detti a “coda di rondine”, a causa del
comportamento igroscopico del legno nonché della elevata precisione richiesta per l’accoppiamento degli elementi. Resistenza e
deformabilità di tali collegamenti devono essere attentamente valutate, tenendo in debito conto gli angoli di contatto tra elementi
secondari e principali e considerando inoltre l’interruzione della fibratura e la riduzione della sezione causate dagli intagli negli
elementi. Nell'eventualità che si debbano prevedere rinforzi meccanici per garantire la trasmissione della reazione verticale
all'appoggio, è necessario affidare in toto la trasmissione della stessa a tali dispositivi.
I collegamenti meccanici sono caratterizzati dalla trasmissione delle sollecitazioni attraverso opportuni mezzi di unione,
generalmente metallici, o mediante adesivi. I metodi di calcolo per la valutazione della resistenza e della deformazione dei singoli
mezzi di unione non riportati in documenti di comprovata validità, devono essere convalidati sulla base idonee prove
sperimentali.
La valutazione della capacità portante di collegamenti con mezzi di unione multipli, tutti dello stesso tipo e dimensione, terrà
conto della ridotta efficienza dovuta alla presenza di più mezzi di unione.
La capacità portante di collegamenti con piani di taglio multipli va valutata con riferimento a una opportuna combinazione di
unioni con uno e/o due piani di taglio.
Per i collegamenti meccanici realizzati con mezzi di unione a gambo cilindrico, come chiodi, bulloni, perni, viti e cambre, la
capacità portante dipende dal contributo della resistenza allo snervamento dell'acciaio, della resistenza al rifollamento del legno,
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nonché della resistenza all'estrazione del mezzo di unione. È sempre da evitare che, prima del raggiungimento della resistenza
dell’unione, si attivino meccanismi di rottura di tipo fragile come: spacco, espulsione di tasselli di legno in corrispondenza dei
singoli connettori, strappo lungo il perimetro del gruppo di mezzi di unione. La resistenza a trazione della sezione netta
dell’elemento ligneo o dell’eventuale piastra metallica va comunque verificata. In generale, si dovranno sempre tenere in
considerazione le eccentricità locali presenti nei sistemi di collegamento, in particolare prevedendo idonei dispositivi di chiusura
atti a prevenire eventuali aperture del giunto. In generale, tali dispositivi non potranno essere considerati nel calcolo della
resistenza del collegamento (si veda anche C4.4.8.1.1).
Per collegamenti meccanici realizzati con pannelli di tavole incrociate incollate, la determinazione dei valori caratteristici di
portata può essere eseguita sulla base delle indicazioni contenute nelle certificazioni di prodotto o nella norma UNI EN 1995-1-1.
Nel caso di connettori inseriti nelle facce laterali dei pannelli (superfici parallele al piano del pannello) la resistenza a rifollamento
può essere determinata in accordo con le indicazioni contenute nelle certificazioni di prodotto o in alternativa in accordo alla
norma UNI EN 1995-1-1, facendo riferimento alla direzione della fibratura nello strato superficiale del pannello.
Nel caso di connettori inseriti sui bordi dei pannelli (superfici ortogonali al piano del pannello), la resistenza a rifollamento può
essere determinata in accordo con le indicazioni contenute nelle certificazioni di prodotto o, in alternativa, in accordo alla norma
UNI EN 1995-1-1 applicando, per i connettori inseriti con un angolo inferiore a 30° tra asse del connettore e direzione della
fibratura, una riduzione del 50% della resistenza di rifollamento. A causa dell’incertezza di montaggio, si deve assumere che il
connettore venga inserito nello strato con direzione della fibratura più sfavorevole.
Per i collegamenti meccanici realizzati con mezzi di unione di superficie, come anelli, caviglie, piastre dentate, la capacità
portante è la minore tra la capacità portante del gruppo di mezzi di unione costituente il collegamento stesso, tenendo conto della
loro disposizione e del loro numero, e la resistenza della sezione residua indebolita dalla presenza degli stessi elementi di unione.
Per i collegamenti meccanici realizzati con mezzi di unione di acciaio incollati, si utilizzano barre o piastre inserite in apposite
sedi ricavate negli elementi di legno da unire e solidarizzate ad essi mediante adesivi strutturali. Tali unioni potranno essere
impiegate per strutture in classe di servizio 1 e 2 su legno già in equilibrio igrometrico con l’ambiente. Particolare attenzione
dovrà essere posta nel garantire che le caratteristiche dell'adesivo e la sua adesione all'acciaio e al legno siano compatibili con la
durabilità della struttura, sulla base di evidenze sperimentali o specifici test di laboratorio, nelle condizioni di temperatura e
umidità che saranno presenti per tutta la vita in esercizio della struttura.
La resistenza delle singole unioni dovrà essere valutata con riferimento a normative di comprovata validità.
Il progetto riporterà espressamente le specifiche relative alle modalità di realizzazione e di messa in opera dei sistemi di
connessione.
Nelle travi, gli eventuali fori passanti con dimensione massima maggiore di 50 mm vanno, per quanto possibile, centrati rispetto
all’asse longitudinale, e devono essere rispettate distanze e dimensioni minime reperite in normative di comprovata validità.
Particolare attenzione dovrà essere posta alla verifica nei confronti di eventuali tensioni di trazione ortogonale alla fibratura, in
particolar modo nella classe di servizio 2 e 3, come riportato nel paragrafo C4.4.8.1.2.
Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da più parti unite mediante connettori meccanici, occorre tener conto
dello scorrimento nelle unioni ai fini della determinazione delle tensioni nelle varie parti nonché per la valutazione delle
deformazioni della trave.
Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da elementi incollati con anime sottili, realizzate con materiali di legno o
derivati dal legno, è possibile valutare lo stato tensionale nel materiale nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane. Se i
materiali (legno o derivati dal legno) costituenti le ali e le anime sono diversi si può omogeneizzare la sezione in relazione ai
moduli di elasticità medi.
Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da elementi incollati con ali sottili, realizzate con materiali di legno o
derivati dal legno, anche con più anime, è possibile valutare gli sforzi nel materiale nell’ipotesi di conservazione delle sezioni
piane, tenendo conto di una distribuzione non uniforme delle tensioni nelle ali.
L’utilizzo di travi incollate secondo tipologie diverse e con materiali non derivati dal legno va valutato con particolare cautela e
comunque dopo un’attenta analisi sia tecnologica che statica. In ogni caso si terrà conto del comportamento reologico dei
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materiali accoppiati e degli incollaggi utilizzati, in relazione alla resistenza, alla deformabilità e alla durabilità, valutando
attentamente i rischi legati a fenomeni di delaminazione.
Nel caso di colonne composte, ottenute assemblando due o più elementi resi collaboranti da idonei sistemi di collegamento, la
valutazione della snellezza terrà conto in modo appropriato della deformabilità dei collegamenti.
Nel caso di pannelli strutturali realizzati con tavole incollate a strati incrociati, le verifiche di resistenza e le verifiche di
deformabilità dovranno tenere conto della reale stratigrafia dell’elemento strutturale. Il calcolo del comportamento flessionale
fuori piano di tali elementi deve essere eseguito considerando, ai fini della resistenza a flessione, le sole tavole disposte
parallelamente alla direzione dell’azione sollecitante, trascurando le tavole disposte ortogonalmente. Sia nel calcolo delle tensioni
che nel calcolo dell’inerzia della sezione, si deve tener conto della deformabilità tagliante per rotolamento delle fibre degli strati
disposti ortogonalmente alla direzione dell’azione sollecitante. Il calcolo degli elementi può essere eseguito sulla base delle
indicazioni contenute nella norma UNI EN 1995-1-1, con riferimento alle travi giuntate meccanicamente, schematizzando tali
pannelli come elementi composti formati dagli strati di tavole disposte parallelamente alla direzione dell’azione sollecitante,
collegate da una connessione deformabile costituita dagli strati di tavole disposte ortogonalmente. Formulazioni specifiche per i
vari casi potranno essere reperite in documenti di comprovata validità e nelle certificazioni di prodotto.
Per quanto non espressamente specificato e per altri elementi strutturali si può fare riferimento a normative di comprovata
validità.
C4.4.12 ROBUSTEZZA
In aggiunta a quanto riportato nelle NTC si terrà anche conto di quanto segue:
scelta di sistemi statici poco sensibili a collassi parziali;
scelta e disposizione corretta dei sistemi di controventamento;
scelta di sistemi di collegamento poco sensibili all'azione dell'incendio;
utilizzazione di più elementi funzionanti in parallelo o di collegamenti realizzati con un numero elevato di mezzi elementari
di unione a comportamento non fragile.
C4.4.13 DURABILITÀ
La durabilità delle strutture lignee deve essere sempre assicurata, prevedendo in sede di progetto adeguati particolari costruttivi
ed opportuni accorgimenti di protezione dagli agenti atmosferici e dagli attacchi biologici di funghi e/o insetti xilofagi, ed
utilizzando le specie legnose più idonee per durabilità naturale o per possibilità di impregnazione, in relazione alle condizioni
ambientali di esercizio.
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È possibile anche prevedere elementi sacrificali, da sostituire periodicamente secondo il piano di manutenzione da allegare
obbligatoriamente al progetto esecutivo come previsto nel § 10.1, che comprende comunque tutte le altre operazioni di
manutenzione ordinaria e straordinaria da mettere in atto durante la vita utile della struttura.
I mezzi di unione metallici strutturali devono, generalmente, essere intrinsecamente resistenti alla corrosione, oppure devono
essere protetti contro la corrosione.
L’utilizzo di pannelli di tavole incollate a strati incrociati in ambienti le cui condizioni di esercizio sono attribuibili alla classe di
servizio 3 secondo § 4.4.5 delle NTC non è in generale ammesso, a meno che non sia esplicitamente previsto nella certificazione di
prodotto.
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Per le unioni con spinotti si raccomanda che il diametro dello spinotto non sia minore di 6 mm, che le tolleranze sul suo diametro
siano entro 0/+0,1 mm, che le preforature negli elementi di legno abbiano un diametro non maggiore di quello dello spinotto e
che i fori delle eventuali piastre di acciaio abbiano un diametro non superiore a 1 mm rispetto al diametro dello spinotto.
Considerate le numerose tipologie di viti sul mercato, si raccomanda di fare riferimento alle certificazioni del prodotto
effettivamente utilizzato (ETA, Valutazione Tecnica Europea, o CIT, Certificato di Idoneità Tecnica), soprattutto per quanto
attiene la necessità e le modalità di effettuazione delle preforature nel legno. In mancanza di specifiche indicazioni, per viti infisse
in legno di conifera, con diametro del gambo liscio d "£
<x
+X x
per tutte le viti infisse in legno di latifoglie e per viti in legno di conifere aventi un diametro d>6 mm, è richiesta una preforatura
tale che:
il foro-guida per il gambo abbia diametro uguale a quello del gambo stesso e profondità uguale alla lunghezza del gambo;
il foro-guida per la porzione filettata abbia un diametro pari approssimativamente al 70% del diametro del gambo.
Per legno con massa volumica maggiore di 500 kg/m3, si raccomanda che il diametro di preforatura sia determinato tramite
prove.
Nel caso si utilizzino viti, le cui certificazioni di prodotto (ETA, Valutazione Tecnica Europea, o CIT, Certificato di Idoneità
Tecnica) attestino la capacità di auto-foratura, non è necessario eseguire il preforo.
Nei casi in cui la resistenza dell'incollaggio sia un requisito limitativo per la verifica agli stati limite ultimi, si raccomanda che la
produzione delle unioni incollate sia sottoposta a controllo di qualità, per assicurare che l'affidabilità e la qualità dell’unione
siano conformi alle specifiche tecniche pertinenti.
Si raccomanda che siano seguite le prescrizioni del produttore dell'adesivo, in relazione alla conservazione, miscelazione e
applicazione, alle condizioni ambientali necessarie, sia in fase di applicazione sia in fase di indurimento, all'umidità degli
elementi e a tutti i fattori pertinenti al corretto utilizzo dell'adesivo.
Per gli adesivi per i quali il raggiungimento della piena resistenza richiede un periodo di tempo dopo l'indurimento iniziale, si
raccomanda che l'applicazione di carichi (pesi propri, permanenti, variabili) non avvenga prima della conclusione di tale periodo.
In fase di montaggio della struttura si raccomanda di evitare sovraccarichi sugli elementi o sulle connessioni, di porre particolare
attenzione alla rispondenza degli elementi strutturali alle prescrizioni progettuali con riferimento alle condizioni di umidità, alla
presenza di distorsione, di spaccature, difetti o imprecisioni di lavorazione in corrispondenza dei giunti, prevedendo
eventualmente la sostituzione degli elementi difettosi.
Nelle fasi di immagazzinamento, trasporto o messa in opera si raccomanda che il sovraccarico degli elementi sia accuratamente
evitato. Se la struttura è caricata o vincolata provvisoriamente durante la costruzione in maniera differente da quella prevista
nelle condizioni di esercizio in opera, si raccomanda che la condizione temporanea sia considerata come uno specifico caso di
carico, includendo ogni possibile azione dinamica. Nel caso di strutture a telaio, archi intelaiati, portali intelaiati, si raccomanda
di porre particolare cura nell'evitare distorsioni durante il sollevamento dalla posizione orizzontale a quella verticale.
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verifica dei dettagli strutturali e in particolare dei collegamenti (numero degli elementi costituenti il collegamento, chiodi,
bulloni, dimensioni di fori, caratteristiche dei fori, spaziature e distanze dalle estremità e dai bordi degli elementi lignei,
presenza di rotture per spacco ecc.);
controllo finale del risultato del processo di produzione, per esempio tramite ispezione visuale o prova di carico.
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È quindi necessario tenere conto, nella verifica di sicurezza, della distribuzione non uniforme in senso longitudinale delle
compressioni. In alternativa, è possibile valutare l’eccentricità longitudinale el dei carichi verticali e definire una ulteriore
riduzione convenzionale della resistenza a compressione applicando alla resistenza ridotta fd,rid un ulteriore coefficiente )l
valutato dalla Tabella 4.5.III delle NTC, ponendo m = 6el/l dove l è la lunghezza del muro, e ponendo O= 0.
La verifica di sicurezza viene formulata quindi come Nd"))lfdtl dove Nd è il carico verticale totale agente sulla sezione del muro
oggetto di verifica, l e t sono rispettivamente lunghezza e spessore del muro.
L’eccentricità accidentale ea va considerata in ciascuna delle relazioni 4.5.10 con segno tale da rendere massimo il valore assoluto
dell’eccentricità di calcolo. Il valore di eccentricità e1 è adottato per la verifica dei muri nelle loro estremità superiori, nelle sezioni
inferiori l’eccentricità di calcolo dovrà essere assunta almeno pari ad ea.
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Le NTC chiariscono che si intendono per “sistemi costruttivi diversi da quelli disciplinati dalle presenti norme tecniche” quelli per cui le
regole di progettazione ed esecuzione non siano previste nelle NTC stesse o nei riferimenti tecnici e nei documenti di comprovata
validità di cui al Capitolo 12, nel rispetto dei livelli di sicurezza previsti dalle norme tecniche. Si estende quindi il concetto di
sistemi costruttivi disciplinati dalla normativa tecnica nazionale, oltre a quelli esplicitamente trattati (quali strutture in c.a. e
c.a.p., in carpenteria metallica, miste acciaio-cls, in legno ed in muratura), anche ai sistemi costruttivi le cui regole di
progettazione siano riportate nei documenti di comprovata validità di cui al Capitolo 12, nel rispetto dei livelli di sicurezza delle
norme tecniche nazionali. In altre parole si intendono disciplinati dalle norme tecniche nazionali anche quei sistemi costruttivi
compiutamente trattati negli Eurocodici, quali, a mero titolo esemplificativo, quelli basati sull’impiego dell’alluminio, a
condizione che siano applicate le Appendici nazionali italiane agli stessi Eurocodici.
Pertanto, all’impiego di sistemi costruttivi diversi da quelli disciplinati nelle NTC, così come sopra chiarito, si applica quanto
indicato all’articolo 52, comma 2, del DPR 380/2001, che prevede che la loro idoneità debba essere comprovata da una
dichiarazione rilasciata dal Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, su conforme parere dello stesso Consiglio e
previa istruttoria del Servizio Tecnico Centrale.
Tale dichiarazione sarà riferita allo specifico progetto e/o cantiere, non avrà carattere generale, dovrà essere comunque
preventiva all’avvio dei lavori e potrà essere richiesta mediante istanza indirizzata al Servizio Tecnico Centrale del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici secondo le procedure previste dallo stesso Servizio. La documentazione allegata all’istanza dovrà
ricomprendere anche la descrizione delle regole di progettazione ed esecuzione assunte a base del progetto, la loro giustificazione
teorica, tecnica, scientifica ed eventualmente sperimentale, nonché la dimostrazione del rispetto dei principi e dei livelli di
sicurezza previsti dalle NTC.
Come indicato nelle NTC, in ogni caso, i materiali o prodotti strutturali utilizzati nel sistema costruttivo devono essere conformi
ai requisiti di cui al Capitolo 11, con particolare riferimento, per i materiali o prodotti innovativi, a quanto previsto al caso c) del §
11.1 (qualificazione mediante marcatura CE basata su ETA oppure mediante Certificato di Valutazione Tecnica). La
qualificazione dei materiali e prodotti deve essere oggetto di apposita esauriente relazione accompagnata dalla pertinente
documentazione specificata nelle relative Linee Guida, ove disponibili, oppure indicata dal Servizio Tecnico Centrale; tale
relazione deve essere allegata alla richiesta di Dichiarazione di cui al presente paragrafo.
La Dichiarazione di idoneità di sistemi costruttivi, di cui all’articolo 52, comma 2, del D.P.R. 380/2001, costituisce, pertanto, atto
tecnicamente diverso dal Certificato di Valutazione Tecnica di materiali o prodotti innovativi o comunque non coperti dalla
normativa nazionale od europea, di cui al § 11.1, caso c), delle NTC. Quest’ultimo, infatti, costituisce documentazione di
qualificazione idonea alla dichiarazione delle prestazioni finalizzata alla commercializzazione ed impiego di un prodotto da
costruzione, indipendentemente dall’uso specifico, dalle regole di progettazione dell’opera di destinazione e che non ne
comprova l’idoneità ad uno specifico impiego in un determinato sistema costruttivo o in una determinata opera. La
Dichiarazione di idoneità di cui al presente paragrafo si riferisce invece ad uno specifico sistema costruttivo oppure ad una
specifica opera, con particolare riferimento ai casi in cui vengono impiegati materiali e prodotti o metodi e criteri di progettazione
non contenuti nelle NTC o nei documenti di comprovata validità in esse considerati.
Infine, stanti le possibili difficoltà applicative e/o interpretative della materia trattata al § 4.6 delle NTC e nel presente paragrafo,
le NTC rammentano che le amministrazioni territorialmente competenti alla verifica dell’applicazione delle norme tecniche per
le costruzioni ai sensi del DPR 380/2001 (gli ex Uffici del Genio Civile Regionali, nelle articolazioni territoriali oggi previste da
apposite leggi regionali) o le amministrazioni committenti, possono avvalersi dell’attività consultiva, ai sensi dell’articolo 2,
comma 1, lettera b), del DPR 204/2006, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che si esprime previa istruttoria del Servizio
Tecnico Centrale. A tal fine, quindi, le Amministrazioni, di controllo o committenti, possono richiedere specifici pareri preventivi
al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per il tramite del Servizio Tecnico Centrale.
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CAPITOLO C5.
PONTI
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Il Capitolo 5 delle NTC tratta i criteri generali e le indicazioni tecniche per la progettazione e l’esecuzione dei ponti stradali e
ferroviari.
In particolare, per quanto riguarda i ponti stradali, oltre alle principali caratteristiche geometriche, vengono definite le diverse
possibili azioni agenti ed assegnati gli schemi di carico corrispondenti alle azioni variabili da traffico.
Gli schemi di carico stradali e ferroviari da impiegare per le verifiche statiche e a fatica sono generalmente coerenti con gli schemi
delle UNI EN 1991-2, cui si può far riferimento per aspetti di dettaglio non trattati nelle NTC.
I carichi da traffico per ponti stradali del modello principale sono indipendenti dall’estensione della zona caricata, includono gli
effetti dinamici e sono indifferenziati per le verifiche locali e le verifiche globali, cosicché le possibili ambiguità e/o difficoltà
applicative sono minimizzate.
Per i ponti stradali sono anche forniti appositi modelli di carico per il calcolo degli effetti globali in ponti di luce superiore a 300
m.
Per i ponti ferroviari particolare attenzione viene posta sui carichi ed i relativi effetti dinamici. Particolari e dettagliate
prescrizioni vengono fornite per le verifiche, sia agli SLU sia agli SLE.
I modelli di carico assegnati, sia per i ponti stradali che per i ponti ferroviari, sono modelli ideali, intesi a riprodurre gli effetti del
traffico reale caratterizzati da assegnato periodo di ritorno. Essi non sono pertanto rappresentativi di veicoli o convogli reali.
Si segnala ancora che i coefficienti parziali di sicurezza relativi ai sovraccarichi da traffico sono minori di quelli pertinenti ad altri
sovraccarichi; infatti, il coefficiente JQ per le azioni da traffico stradale vale 1,35 per le combinazioni EQU e STR e 1,15 per la
combinazione GEO, e il coefficiente JQ per le azioni da traffico ferroviario vale 1,45 per le combinazioni EQU e STR e 1,25 per la
combinazione GEO.
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- esame delle conseguenze della presenza di corpi flottanti, considerando anche il possibile disormeggio dei natanti, trasportati
dalle acque in relazione a possibili ostruzioni delle luci (specie se queste possono creare invasi anche temporanei a monte), sia
in fase costruttiva sia durante l'esercizio delle opere;
- sollecitazioni indotte dall’acqua per evento sismico quando sia di qualche rilievo la superficie immersa delle pile (e, per i ponti
esistenti, delle spalle) con riferimento al livello idrico massimo che si verifica mediamente ogni anno.
Per la stima del livello idrico massimo che si verifica mediamente ogni anno, in assenza di dati che garantiscano una robusta
caratterizzazione statistica degli eventi, è da utilizzarsi il minimo fra i valori di portata massimi annuali registrati. Scalzamento e
azioni idrodinamiche devono in tal caso essere combinate con tutte le altre azioni variabili, mentre nella situazione
corrispondente all’evento di piena di progetto, nella combinazione con le altre azioni variabili sono da considerare solo quelle
variabili da traffico.
In situazioni particolarmente complesse può essere opportuno sviluppare le indagini anche con l'ausilio di modelli fisici.
Quando, per caratteristiche del territorio e del corso d’acqua, si possa verificare nella sezione oggetto dell’attraversamento il
transito di tronchi di rilevanti dimensioni, in aggiunta alla prescrizione di un franco normale minimo di 1,50 m, è da
raccomandare che il dislivello tra fondo e sottotrave sia indicativamente non inferiore a 6÷7 m. Nel caso di corsi di acqua arginati,
la quota di sottotrave sarà comunque non inferiore alla quota della sommità arginale per l’intera luce. Per tutti gli attraversamenti
è opportuno sia garantito il transito dei mezzi di manutenzione delle sponde e/o delle arginature.
Le limitazioni alle modifiche delle pile o delle spalle e relative fondazioni di ponti esistenti previste al punto 5.1.2.3 della Norma,
sono da riferirsi agli elementi che interessano l’alveo, come sopra definito, o i corpi arginali. La possibilità di deroga, subordinata
all’autorizzazione dell’Autorità competente come previsto allo stesso punto della norma, è relativa alle sole pile.
Per i ponti esistenti sono ammessi gli interventi per l’incremento della sicurezza strutturale in analogia a quanto prescritto al § 8.4
della Norma, solo nel caso in cui siano esclusi incrementi, rispetto all’attuale, del livello di traffico di progetto e gli stessi
interventi non vadano in alcun modo a peggiorare le condizioni di sicurezza idraulica esistenti. Poiché in questi casi sono
possibili fenomeni di instabilità locale, in applicazione del §8.3 della Norma, è opportuno effettuare la verifica delle fondazioni, e
quindi la valutazione dello scalzamento di eventuali spalle o pile in alveo. Anche gli interventi necessari per l’incremento della
sicurezza strutturale devono essere accompagnati dallo studio di compatibilità idraulica dove sia messa in evidenza la frequenza
probabile (1/Tr) degli eventi che garantiscono il franco previsto da Norma.
Nelle Relazioni idrologica e idraulica sarà valutato il sistema di smaltimento delle acque meteoriche, tenendo in considerazione
anche i seguenti aspetti:
- analisi degli eventi pluviometrici brevi ed intensi della zona;
- disposizione delle caditoie in numero e posizioni dipendenti dalle loro dimensioni, dalla geometria plano-altimetrica della sede
stradale e dai dati pluviometrici, al fine di evitare ristagni;
- influenza del trasporto solido e dell’eventuale deposito residuo in condotta sul dimensionamento del sistema di tubazioni che
collettano le acque fino al tubo di eduzione;
- posizione e lunghezza dei tubi di eduzione affinché l’acqua di scolo sia portata a distanza tale da evitare la ricaduta sulle
strutture anche in presenza di vento.
Fermo restando il rispetto della normativa ambientale vigente, in tutti quei casi in cui le acque di eduzione possono produrre
danni e inconvenienti o nel caso di attraversamento di zone urbane, è opportuno considerare la possibilità che esse siano intubate
fino a terra ed eventualmente immesse in un sistema fognante.
Nelle strutture a cassone va considerata l’opportunità di praticare, nei punti di possibili accumulo, fori di evacuazione di
eventuali acque di infiltrazione. Tubi di evacuazione e gocciolatoi saranno predisposti in modo da evitare scoli di acque sul
manufatto.
Restano esclusi dal punto 5.1.2.3 della Norma i tombini, intendendosi per tombino un manufatto totalmente rivestito in sezione,
eventualmente suddiviso in più canne, in grado di condurre complessivamente portate fino a 50 m3/s. L’evento da assumere a
base del progetto di un tombino ha comunque tempo di ritorno uguale a quello da assumere per i ponti. La scelta dei materiali
deve garantire la resistenza anche ai fenomeni di abrasione e urto causati dai materiali trasportati dalla corrente.
Oltre a quanto previsto per gli attraversamenti dalla Norma, nella Relazione idraulica è opportuno siano considerati anche i
seguenti aspetti:
- è da sconsigliare il frazionamento della portata fra più canne, tranne nei casi in cui questo sia fatto per facilitare le procedure di
manutenzione, predisponendo allo scopo luci panconabili all’imbocco e allo sbocco e accessi per i mezzi d’opera;
- sono da evitare andamenti planimetrici non rettilinei e disallineamenti altimetrici del fondo rispetto alla pendenza naturale del
corso d’acqua.
- per sezioni di area maggiore a 1,5 m2 è da garantire la praticabilità del manufatto;
- il tombino può funzionare sia in pressione che a superficie libera, evitando in ogni caso il funzionamento intermittente fra i due
regimi: nel caso in una o più sezioni il funzionamento sia in pressione, la massima velocità che si realizza all’interno dello stesso
tombino non dovrà superare 1,5 m/s;
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- nel caso di funzionamento a superficie libera, il tirante idrico non dovrà superare i 2/3 dell’altezza della sezione, garantendo
comunque un franco minimo di 0,50 m;
- il calcolo idraulico è da sviluppare prendendo in considerazione le condizioni che si realizzano nel tratto del corso d’acqua a
valle del tombino;
- la tenuta idraulica deve essere garantita per ciascuna sezione dell'intero manufatto per un carico pari al maggiore tra: 0,5 bar
rispetto all'estradosso o 1,5 volte la massima pressione d'esercizio;
- il massimo rigurgito previsto a monte del tombino deve garantire il rispetto del franco idraulico nel tratto del corso d'acqua a
monte;
- nel caso sia da temersi l'ostruzione anche parziale del manufatto da parte dei detriti galleggianti trasportati dalla corrente, è da
disporre immediatamente a monte una varice presidiata da una griglia che consenta il passaggio di elementi caratterizzati da
dimensioni non superiori alla metà della larghezza del tombino; in alternativa il tombino è da dimensionare assumendo che la
sezione efficace ai fini del deflusso delle acque sia ridotta almeno alla metà di quella effettiva. È in ogni caso da garantire
l’accesso in alveo ai mezzi necessari per le operazioni di manutenzione ordinaria o straordinaria da svolgere dopo gli eventi di
piena;
- i tratti del corso d'acqua immediatamente prospicienti l'imbocco e lo sbocco del manufatto devono essere protetti da fenomeni
di scalzamento e/o erosione, e opportune soluzioni tecniche sono da adottare per evitare i fenomeni di sifonamento.
Nel caso il tombino sia opera provvisionale, ovvero a servizio di un cantiere, le precedenti disposizioni possono essere assunte
come elementi di riferimento, tenendo opportunamente conto del tempo di utilizzo previsto per l’opera provvisionale stessa.
C5.1.3.3.5 Disposizioni dei carichi mobili per realizzare le condizioni di carico più gravose
Gli assi tandem si considerano viaggianti secondo l’asse longitudinale del ponte e sono generalmente disposti in asse alle
rispettive corsie. Nel caso in cui si debbano considerare due corsie con tandem affiancati, per ponti con carreggiata di larghezza
minore di 5,80 m, la minima distanza trasversale tra due tandem affiancati si può considerare uguale a 50 cm.
Ai fini del calcolo delle spalle, dei muri d’ala e dei muri laterali, i carichi orizzontali da traffico sui rilevati o sui terrapieni
possono essere considerati assenti.
Per il calcolo dei muri paraghiaia si deve, invece, considerare un’azione orizzontale longitudinale di frenamento, applicata alla
testa del muro paraghiaia (vedi Figura C5.1.1), di valore caratteristico pari al 60% del carico asse Q1k. Pertanto si considererà un
carico orizzontale di 180 kN, concomitante con un carico verticale di 300 kN.
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I veicoli del modello di carico a fatica n. 2 debbono essere disposti in asse alla corsia convenzionale n. 1, che è quella che
determina l’effetto più severo nel dettaglio in esame; il delta di tensione da considerare è espresso nuovamente da (C5.1.1),
essendo Vmax e Vmin, rispettivamente, le tensioni massima e minima indotte dai veicoli dello spettro. Ove effetti di interazione tra
veicoli simultaneamente presenti su una o più corsie siano rilevanti, è necessario tener conto, facendo ricorso a studi specifici o a
letteratura tecnica consolidata.
Per le verifiche a danneggiamento si possono impiegare, in alternativa, il modello di carico a fatica n. 3, semplificato e
generalmente cautelativo, costituito da un veicolo di fatica convenzionale equivalente, e il modello di carico a fatica n. 4,
costituito da uno spettro di carico equivalente (Tab. 5.1.VIII delle NTC).
Il flusso annuo di veicoli da considerare su ciascuna corsia è dato, in funzione della strada servita, nella Tab. 5.1.X delle NTC,
mentre la composizione del traffico è riportata, in funzione della tipologia di traffico interessante il ponte in esame, nella Tab.
5.1.VIII.
Con assunzione estremamente cautelativa, i veicoli dei modelli di carico di fatica 3 o 4 possono essere applicati in asse alle corsie
convenzionali determinate in accordo con il §5.1.3.3.2 delle NTC.
È possibile, tuttavia, adottare disposizioni più favorevoli e realistiche dei veicoli, considerando che il flusso avvenga per il 10%
sulle corsie convenzionali e per il 90% sulle corsie fisiche. La posizione dei veicoli nelle corsie fisiche dovrà essere, comunque, tale
da determinare nel dettaglio in esame gli effetti più severi. L’aliquota del flusso di traffico considerata sulle corsie convenzionali
(10%) tiene conto del fatto che, nel corso della vita del ponte, per effetto di incidenti, congestioni di traffico, lavori di
manutenzione ecc., si possano verificare modifiche o restringimenti della carreggiata, tali da determinare condizioni di flusso più
severe di quelle corrispondenti al flusso sulle corsie fisiche.
Nel caso in cui siano da prevedere significativi effetti di interazione tra veicoli, si deve far riferimento a studi specifici o a
metodologie consolidate.
Il modello di carico di fatica 3, considerato in asse alla corsia convenzionale, può essere utilizzato per le verifiche col metodo dei
coefficienti di danneggiamento equivalente, metodo O. Per la determinazione dei coefficienti di danneggiamento equivalente, che
devono essere specificamente calibrati sul predetto modello di carico di fatica 3, si può far riferimento alle norme UNI EN1992-2,
UNI EN1993-2 ed UNI EN1994-2.
In prossimità di un giunto d’espansione può essere necessario considerare un fattore di amplificazione dinamica addizionale
'Mfat, da applicare a tutti i carichi e dato da
§ G ·
'MIDW ¨ ¸ t [C5.1.2]
© ¹
dove d è la distanza della sezione considerata dalla sezione di giunto, espressa in m.
km4 = 10°C per strutture di c.a., c.a.p. e acciaio/cls Installazione con la stima della temperatura della struttura e
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I valori caratteristici della variazione termica uniforme per la massima espansione/contrazione si possono esprimere con la
seguente formulazione.
kmEo,R = kmEo [C5.1.7]
kmtu,R = kmtu [C5.1.8]
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A titolo puramente informativo si può considerare che, in assenza di significativa risposta da parte del ponte, una persona che
cammini ecciti il ponte con un’azione periodica verticale di frequenza compresa tra 1 e 3 Hz e un’azione orizzontale simultanea
di frequenza compresa tra 0,5 e 1,5 Hz, e che un gruppo di persone in leggera corsa ecciti il ponte con una frequenza verticale
pari a circa 3 Hz.
C5.2.2.4.2 Temperatura
Le azioni della temperatura sono definite al § 3.5 delle NTC.
Nelle stesse norme sono individuate le metodologie per valutare l’effetto dell’azione. Le strutture andranno progettate e
verificate nel rispetto di queste azioni.
Per le opere direttamente esposte alle azioni atmosferiche le variazioni termiche uniformi da considerare, in mancanza di studi
approfonditi, rispetto alla temperatura media del sito, sono da assumersi pari a quanto indicato nello stesso § 3.5.
Per la valutazione della domanda relativa alla componente cinematica dei vincoli e per il calcolo della dimensione dei varchi,
ovvero della distanza tra costruzioni contigue in corrispondenza delle interruzioni strutturali vale quanto indicato al punto
C.5.1.4.5.
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Figura C5.2.1 - Legame tra resistenza allo scorrimento e scorrimento longitudinale per metro di singolo binario (posa su ballast)
Figura C5.2.2 - Legame tra resistenza allo scorrimento e scorrimento longitudinale per metro di singolo binario (posa diretta con attacco tradizionale indiretto
di tipo K)
Figura C5.2.3 - Legame tra resistenza allo scorrimento e scorrimento longitudinale per metro di singolo binario (posa diretta con attacco elastico)
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Per le verifiche col metodo dei coefficienti di danneggiamento equivalente, metodo O, si può utilizzare il modello di carico LM71,
associato ad un appropriato coefficiente dinamico.
Per la determinazione dei coefficienti di danneggiamento equivalente, che devono essere specificamente calibrati sul predetto
modello LM71, si può far riferimento alle norme UNI EN 1992-2, UNI EN 1993-2 ed UNI EN 1994-2.
La determinazione dell’effettivo spettro di carico da considerare nella verifica del ponte dovrà essere effettuata in base alle
caratteristiche funzionali e d’uso della infrastruttura ferroviaria cui l’opera appartiene.
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CAPITOLO C6.
PROGETTAZIONE GEOTECNICA
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pericolosità geologiche presenti e devono essere finalizzati alla definizione della compatibilità geologica con le peculiarità
dell’opera da realizzare.
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La scelta dei mezzi di indagine è effettuata in fase di pianificazione e verificata durante lo svolgimento dell’indagine stessa,
modificando ed integrando le scelte iniziali, se necessario.
Gli eventuali scavi, cunicoli o trincee realizzati a scopo esplorativosono realizzati in modo da non causare apprezzabili modifiche
alla situazione esistente, sia dal punto di vista statico, sia da quello idraulico.
Le indagini di tipo tradizionale (sondaggi, prove penetrometriche, piezometri, ecc.), sono frequentemente integrate da indagini di
tipo geofisico. In questo caso, i risultati delle indagini geofisiche sono interpretati alla luce dei risultati ottenuti dalle altre
indagini di tipo tradizionale, con l’obbiettivo di ottenere un quadro sperimentale coerente ed unitario.
Generalmente le indagini di tipo geofisico inducono nei terreni deformazioni molto piccole; pertanto i risultati ottenuti non sono
immediatamente utilizzabili nelle analisi geotecniche di stati limite che diano luogo a livelli deformativi più elevati, a meno che
non si utilizzino modelli costitutivi del terreno che tengano conto della dipendenza della rigidezza dal livello deformativo o come
dato di base per valutare la rigidezza operativa dei terreni.
I risultati delle indagini e delle prove geotecniche in sito sono documentati con:
una planimetria con la collocazione delle verticali di indagine;
indicazioni su tipologia e caratteristiche delle attrezzature impiegate;
i profili stratigrafici ottenuti dalle perforazioni di sondaggio e dagli scavi esplorativi;
i particolari esecutivi delle prove e delle misure eseguite in sito e in laboratorio;
i risultati delle prove e delle misure eseguite in sito e in laboratorio;
le notizie di eventi particolari verificatisi durante lo svolgimento delle indagini e ogni altro dato utile per la
caratterizzazione del sottosuolo.
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individuare i valori caratteristici dei parametri geotecnici per le analisi e le verifiche nei riguardi degli stati limite ultimi e di
esercizio.
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La relazione è inoltre corredata da una planimetria con l’ubicazione delle indagini, sia quelle appositamente effettuate, sia quelle
di carattere storico e di esperienza locale eventualmente disponibili, dalla documentazione sulle indagini in sito e in laboratorio,
da un numero adeguato di sezioni stratigrafiche con indicazione dei profili delle grandezze misurate (resistenza alla punta di
prove penetrometriche, altezze piezometriche, valori della velocità di propagazione delle onde di taglio, ecc.).
Nel caso di impiego del metodo osservazionale di cui al § 6.2.5 delle NTC, la relazione geotecnica comprende la descrizione delle
possibili soluzioni progettuali alternative, con le relative verifiche, e la specificazione dei parametri di controllo per l’adozione di
una delle soluzioni previste e dei relativi limiti di accettabilità. A questo fine, il piano di monitoraggio include l’individuazione
della specifica strumentazione di controllo e la definizione delle procedure di acquisizione, archiviazione ed elaborazione delle
misure.
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terreno dipende anche dalle caratteristiche di resistenza e sarebbe alterata in presenza di una loro fattorizzazione con
coefficienti parziali. Inoltre, in tali analisi, la fattorizzazione dei soli parametri di resistenza modificherebbe il rapporto
rigidezza-resistenza del terreno alterando la distribuzione delle tensioni di contatto. Per queste ragioni le analisi
d’interazione devono pertanto essere effettuate senza alcuna fattorizzazione di questi parametri, impiegando quindi i
loro valori caratteristici. Anche la fattorizzazione dei carichi non è possibile in queste analisi poiché comporterebbe
un’artificiosa alterazione delle condizioni di plasticizzazione del terreno e, conseguentemente, una irrealistica
ridistribuzione delle tensioni di contatto. Le analisi d’interazione devono essere svolte impiegando i valori caratteristici
anche delle azioni. Il margine di sicurezza è poi introdotto fattorizzando opportunamente le sollecitazioni risultanti
dall’analisi d’interazione. Poiché nelle verifiche strutturali si adottano sempre valori unitari dei coefficienti JR, che
fattorizzano la resistenza, questo procedimento è comune sia all’Approccio 1 combinazione A1+M1+R1 sia all’Approccio
2.
La Combinazione A2+M2+R2 dell’Approccio 1 è la sola che deve essere utilizzata per le verifiche di stabilità globale della parte di
sottosuolo su cui insistono le opere di fondazione e di sostegno, nonché per le verifiche della stabilità dei fronti di scavo e dei
paramenti delle opere di materiali sciolti.
Lo stato limite di ribaltamento dei muri di sostegno è compreso nelle verifiche GEO, da condurre con l’Approccio 2,
diversamente da quanto previsto nelle NTC08 nelle quali era trattato come uno stato limite di equilibrio di corpo rigido (EQU).
Questa scelta è stata effettuata per evitare che la verifica a ribaltamento richieda una differente determinazione della spinta
rispetto a quella da utilizzare per le verifiche a scorrimento e a carico limite. Le verifiche EQU, ai fini geotecnici, sono limitate al
ribaltamento di strutture fuori terra, quali ciminiere, cartelloni pubblicitari, torri, ecc., rispetto ad una estremità della fondazione.
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A questo fine deve essere predisposta una serie di indagini, anche distribuite nel tempo, per identificare, come verrà più
dettagliatamente illustrato nel seguito, il modello geologico di riferimento e i modelli geotecnici necessari per le verifiche di
sicurezza e per la progettazione degli interventi.
La sequenza delle indagini e la scelta della relativa strumentazione di indagine e di controllo devono conseguire da osservazioni
e rilievi di carattere preliminare che permettano di definire il tipo di frana, in atto o potenziale, e il suo stato attuale. A questo fine
è utile acquisire innanzitutto i dati già disponibili, qualora esistano, riguardanti l’evoluzione della frana e gli eventuali effetti sui
manufatti esistenti.
Le indagini e gli accertamenti devono essere rivolti dapprima all’individuazione dei caratteri geometrici e cinematici della frana,
con scelte calibrate in base al tipo di fenomeno e al suo stato. Devono essere inoltre finalizzati anche alla ricostruzione lito-
stratigrafica del versante e alla caratterizzazione geotecnica dei terreni e degli ammassi rocciosi coinvolti nel fenomeno franoso.
Tra le indagini assumono interesse preminente, per la marcata influenza che tale aspetto ha spesso sulle condizioni di stabilità,
quelle finalizzate alla ricostruzione del regime delle pressioni interstiziali, da perseguire alla luce dell’inquadramento
idrogeologico del sito, con strumentazione adatta a misure puntuali e all’impiego nei terreni in studio. La stabilità di un versante
è infatti spesso controllata dal regime delle pressioni interstiziali e dalle sue variazioni nel tempo; tali variazioni non richiedono
necessariamente la presenza di flussi di acqua significativi.
Con tali riferimenti viene definito l’ambito geomorfologico significativo che corrisponde a quella porzione di territorio,
identificabile cartograficamente sul terreno e delimitabile anche in profondità, nella quale sussistano assetti predisponenti ad una
specifica tipologia di movimento franoso ed in cui i processi morfo-evolutivi di versante/fondovalle possano interferire
direttamente o indirettamente con l’area d’interesse.
L’obiettivo dello studio geologico di un versante è, pertanto, quello di costruire un modello geologico finalizzato, oltre che alla
illustrazione dei predetti assetti, anche alla conoscenza delle condizioni evolutive che hanno prodotto l’attuale assetto lito-
strutturale, idrogeologico e geomorfologico, con connessa analisi dettagliata dello stato e tipo di attività delle eventuali instabilità
presenti. La ricostruzione dell’assetto litostratigrafico e strutturale del versante deve integrare, in una specifica modellazione, sia
rilievi di superficie sia indagini specifiche del sottosuolo.
L’evoluzione di un versante naturale, e di conseguenza anche la sua stabilità, può essere condizionata da situazioni geologiche
locali non riportate nella cartografia geologica o non visibili in superficie, che richiedono, quindi, una caratterizzazione geologica
di dettaglio. Pertanto, dovrà essere posta particolare attenzione:
alla presenza di specifici assetti che inducono condizioni di suscettibilità a movimenti franosi;
alla presenza e alla giacitura di intercalazioni anche sottili di litotipi a minore resistenza;
alla sovrapposizione stratigrafica o tettonica di litotipi con differenti caratteristiche litologiche, idrogeologiche e
geostrutturali;
al grado di alterazione degli ammassi rocciosi;
all’esistenza di discontinuità ad elevata persistenza ed all’eventuale materiale di riempimento.
Nel caso di presenza di eventi di frana nell’area di specifico interesse, i dati scaturenti dalle attività di indagine, sia di superficie
sia in profondità, dovranno condurre ad una dettagliata ricostruzione dell’evento nelle tre dimensioni attraverso specifiche
planimetrie (carta della frana) e sezioni illustrative. Soprattutto quando si è in presenza di eventi attivi può essere necessario
integrare i dati dei rilievi con misure di spostamento superficiale o profondo del pendio e con i dati di monitoraggio più in
generale, al fine di validare il modello geologico.
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Nel caso di pendii costituiti da terreni, le verticali di indagine devono essere preferibilmente allineate lungo una o più sezioni
longitudinali del pendio ed essere opportunamente spaziate per ottenere informazioni sufficienti lungo tutta l’estensione del
pendio e nell’ambito delle profondità significative per il fenomeno in atto o potenziale.
Per i pendii in frana attiva, le indagini devono definire la posizione e la forma della superficie di scorrimento. A tal fine si deve
provvedere alla misura degli spostamenti in superficie e in profondità. Queste misure devono permettere la determinazione
dell’entità degli spostamenti e del loro andamento nel tempo, da porre eventualmente in relazione al regime delle pressioni
interstiziali e a quello delle precipitazioni atmosferiche. Gli spostamenti in profondità devono essere riferiti a quelli misurati in
superficie, avendo cura, ad esempio, di eseguire il rilievo topografico della testa degli inclinometri ogni volta che si effettuino le
corrispondenti misure.
La caratterizzazione geotecnica del pendio richiede la determinazione sperimentale delle proprietà meccaniche e idrauliche dei
terreni attraverso prove in situ e in laboratorio. In presenza di terreni a grana fina, le prove di laboratorio sono soprattutto
necessarie per la determinazione dei parametri di resistenza.
La definizione del modello geotecnico può essere utilmente orientata a seconda che si sia in presenza di una frana o di un pendio
naturale del quale occorra valutarne la stabilità. Nel primo caso, il riconoscimento della superficie di scorrimento fornisce
indicazioni essenziali per l’ubicazione dei piezometri. Inoltre, poiché il fenomeno in atto comporta il valore unitario del
coefficiente di sicurezza, tramite delle analisi a ritroso è possibile calibrare i valori dei parametri di resistenza del terreno
compreso nella fascia di scorrimento. Nel secondo caso, invece, questa calibrazione non è possibile, essendo incognito il
coefficiente di sicurezza, e la scelta dei valori dei parametri di resistenza non può che scaturire dall'interpretazione dei risultati
delle prove di laboratorio e di quelle in sito.
Il regime idrico, superficiale e profondo, gioca un ruolo molto importante sulla stabilità di un pendio perché la sua conoscenza
permette di definire le condizioni idrauliche al contorno nell’identificazione della rete idrodinamica.
Il regime delle pressioni interstiziali nel sottosuolo deve essere ricostruito con adeguata approssimazione mediante misure
puntuali effettuate con piezometri, da posizionare tenendo conto che una distribuzione disomogenea della permeabilità può
influenzare apprezzabilmente la rete idrodinamica con notevoli riflessi sulla distribuzione delle pressioni interstiziali e quindi
sulle condizioni di stabilità del pendio. A questo fine, è in genere appropriato l’impiego di piezometri a circuito aperto tipo
Casagrande, purché si tenga opportunamente conto della loro prontezza, utili anche per la valutazione in sito delle caratteristiche
di permeabilità dei terreni. Piezometri a circuito chiuso, con registrazione automatica delle misure, possono essere impiegati in
situazioni di particolare importanza e complessità, che richiedano un monitoraggio protratto a lungo nel tempo. I piezometri
devono essere installati in posizioni opportunamente scelte in relazione alle caratteristiche geometriche e stratigrafiche del
pendio e alla posizione presunta della superficie di scorrimento, potenziale o effettiva. Per rilevare le variazioni del regime delle
pressioni interstiziali nel tempo è necessario effettuare il rilievo per un periodo di tempo di durata significativa. La ricostruzione
del regime idrico nelle zone di sottosuolo non saturo implica in genere misure tensiometriche.
Alcuni tipi di frane, quali le colate di fango indotte da fenomeni meteorologici intensi o persistenti in terreni non saturi, con
attivazione pressoché immediata ed effetti talvolta catastrofici devono essere studiati con riferimento a specifici ed appropriati
modelli interpretativi.
Nei pendii in roccia si devono effettuare rilievi della struttura dell'ammasso roccioso con individuazione delle principali
discontinuità, definite da posizione, giacitura e persistenza. Si deve procedere, poi, alla caratterizzazione meccanica della
resistenza a taglio delle discontinuità, che è influenzata dalla rugosità della superficie, dalla resistenza a compressione della
roccia in prossimità della superficie stessa, dalla presenza di materiale di riempimento, e così via.
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stabilità adeguate in tempi compatibili con i requisiti di progetto. In ogni caso, le condizioni di stabilità devono essere verificate
non solo lungo il cinematismo di collasso critico originario, ma anche lungo possibili cinematismi alternativi che possano
innescarsi a seguito della realizzazione dell’intervento di stabilizzazione.
Se un pendio è interessato da una nuova costruzione, il progettista deve verificare la stabilità del pendio prima della
realizzazione dell’opera, quantificandone il coefficiente di sicurezza nelle condizioni più critiche. Se in queste condizioni il valore
del coefficiente di sicurezza è giudicato adeguato alla nuova costruzione si procede alle verifiche dell'opera, valutandone anche la
stabilità globale secondo quanto prescritto nel §6.8.2. Il progettista deve poi rianalizzare la stabilità del pendio tenendo conto
della presenza della nuova costruzione e controllando che il valore del coefficiente di sicurezza non risulti inferiore al valore
ottenuto con l’analisi effettuata prima della costruzione dell’opera. In caso contrario, è necessario predisporre interventi di
stabilizzazione del pendio per riportarne il margine di sicurezza finale almeno pari a quello precedente la realizzazione della
nuova opera.
Nel caso di frane di ampie dimensioni, per le quali non sempre è possibile giungere alla stabilizzazione, gli interventi possono
essere progettati con il fine di rallentare l'evoluzione dei fenomeni in atto. In tal caso, l’efficacia di un intervento sul pendio deve
essere valutata in termini di riduzione della pericolosità. Poiché l'obiettivo finale è la mitigazione del rischio per la vita umana e
per le proprietà, in alcuni casi possono essere concepiti interventi di protezione (reti paramassi, vasche di accumulo, ecc.), che
non incidono sulla pericolosità dell'evento franoso ma sulla protezione di persone e cose.
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Per le verifiche sotto azioni sismiche, oltre a quanto previsto nel presente paragrafo, le fondazioni superficiali devono rispettare i
criteri di verifica di cui al §7.11.5.3.1.
Nel progetto si deve tenere conto della presenza di sottoservizi e dell’influenza di questi sul comportamento del manufatto.
Nella condizione di collasso per raggiungimento del carico limite della fondazione, l’effetto dell’azione di progetto è la
componente della risultante delle forze in direzione normale al piano di posa. La resistenza di progetto è il valore della forza
normale al piano di posa cui corrisponde il raggiungimento del carico limite del complesso terreno-fondazione.
La resistenza di progetto a carico limite è funzione delle caratteristiche di resistenza del terreno di fondazione, di fattori
geometrici (profondità del piano di posa, dimensioni della fondazione, inclinazione del piano di posa e della superficie limite,
ecc.), delle condizioni di drenaggio (condizioni non drenate o condizioni drenate), della presenza della falda idrica, delle
caratteristiche dell'azione di progetto (inclinazione e eccentricità), del meccanismo di raggiungimento della condizione ultima
(rottura generale, punzonamento) e così via.
Nello stato limite di collasso per scorrimento, l’effetto dell’azione di progetto è data dalla componente della risultante delle forze
in direzione parallela al piano di scorrimento della fondazione, mentre la resistenza di progetto è il valore della forza parallela
allo stesso piano cui corrisponde lo scorrimento della fondazione. Per fondazioni massicce (pozzi, blocchi di ancoraggio, ecc.) a
diretto contatto con le pareti di scavo, eventualmente sostenute da paratie o palancolate, nella verifica allo scorrimento si può
tenere conto della resistenza al taglio mobilitata lungo le pareti parallele all’azione di progetto, oltre che della spinta attiva e della
resistenza passiva parallele alla stessa azione.
Il progetto delle fondazioni superficiali deve prevedere anche l’analisi degli stati limite ultimi per raggiungimento della
resistenza strutturale degli elementi che compongono la fondazione stessa (STR). In questo caso l’effetto dell’azione di progetto è
costituita dalla sollecitazione nell’elemento e la resistenza di progetto è il valore della sollecitazione che produce la crisi
nell’elemento esaminato.
VERIFICHE AGLI STATI LIMITE ULTIMI GEOTECNICI
Nelle verifiche agli stati limite ultimi di tipo geotecnico (GEO) per la stabilità globale l’analisi deve essere condotta con la
Combinazione 2 (A2+M2+R2) dell’Approccio 1, tenendo conto dei coefficienti parziali, riportati nelle tabelle 6.2.I e 6.2.II, dei
gruppi A2 per le azioni di progetto derivanti dalle analisi strutturali ed M2 per i parametri di resistenza del terreno; la resistenza
globale del sistema deve essere ridotta tramite i coefficienti R del gruppo R2 riportati nella tabella §6.8.I .
Per le verifiche agli stati limite ultimi di tipo geotecnico (GEO) per carico limite e per scorrimento si deve fare riferimento
all'Approccio 2. L’analisi deve essere condotta con la Combinazione (A1+M1+R3), nella quale i coefficienti parziali sui parametri
di resistenza del terreno (M1) sono unitari, i coefficienti parziali sulle azioni (A1) sono indicati dalla tabella 6.2.I e la resistenza
globale del sistema è ridotta tramite i coefficienti R del gruppo R3 riportati in tab. 6.4.I.
VERIFICHE AGLI STATI LIMITE ULTIMI STRUTTURALI
Nelle verifiche agli stati limite ultimi finalizzate al dimensionamento strutturale (STR), si considerano gli stati limite ultimi per
raggiungimento della resistenza negli elementi di fondazione. Si deve fare riferimento all’Approccio 2 con la combinazione
(A1+M1+R3), assumendo R=1.
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Le verifiche agli stati limite ultimi delle opere di sostegno si riferiscono allo sviluppo di meccanismi di collasso determinati dalla
mobilitazione della resistenza del terreno interagente con le opere (GEO) e al raggiungimento della resistenza degli elementi che
compongono le opere stesse (STR).
Per le verifiche sotto azioni sismiche, oltre a quanto previsto nel paragrafo 6.5, le opere di sostegno devono rispettare i criteri di
verifica di cui al successivo §7.11.6.
APPROCCIO 2
E' questo l'unico approccio ammesso per le verifiche di tipo GEO (carico limite, scorrimento e ribaltamento) e di tipo STR. Nelle
verifiche per il dimensionamento geotecnico della fondazione del muro (GEO), si considera lo sviluppo di meccanismi di collasso
determinati dal raggiungimento della resistenza del complesso terreno-fondazione. L’analisi deve essere condotta con la
Combinazione (A1+M1+R3), nella quale le azioni permanenti e variabili sono amplificate mediante i coefficienti parziali del
gruppo A1, che possono essere applicati alle spinte, ai pesi e ai sovraccarichi; i coefficienti parziali sui parametri di resistenza del
terreno (M1) sono unitari e la resistenza globale del sistema è ridotta tramite i coefficienti R del gruppo R3. Tali coefficienti si
applicano solo alla resistenza globale nei confronti del meccanismo di collasso, che è costituita, a seconda dello stato limite
considerato, dalla forza parallela al piano di posa della fondazione che ne produce lo scorrimento, dalla forza normale alla
fondazione che produce il collasso per carico limite, o dal momento stabilizzante nelle verifiche a ribaltamento. Essi vengono
quindi utilizzati solo nell’analisi degli stati limite GEO.
Nelle verifiche STR si considerano gli stati limite ultimi per raggiungimento della resistenza negli elementi strutturali o
comunque negli elementi che costituiscono il muro di sostegno. Per tale analisi non si utilizzano i coefficienti R.
C6.5.3.1.2 Paratie
Gli stati limite ultimi per sviluppo di meccanismi di collasso determinati dal raggiungimento della resistenza del terreno
interagente con una paratia riguardano la rotazione intorno a un punto dell’opera, la formazione di un meccanismo di collasso
nel terreno per rotazione con formazione di una o più cerniere plastiche nella struttura o per plasticizzazione di eventuali sistemi
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di vincoli, l’instabilità del fondo scavo in terreni a grana fine in condizioni non drenate, l’instabilità globale dell’insieme terreno-
opera, il collasso per carico limite verticale e lo sfilamento di uno o più ancoraggi.
Per l’instabilità del fondo scavo in terreni a grana fine e per l’instabilità globale dell’insieme terreno-opera si deve far riferimento
alla Combinazione 2 (A2+M2+R2) dell’Approccio 1, tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tab.6.2.I, 6.2.II e alla 6.8.I
della sezione relativa alle opere di materiali sciolti e ai fronti di scavo.
Per lo stato limite di sfilamento degli ancoraggi si rimanda alla sezione relativa agli ancoraggi (§ 6.6).
Per lo stato limite di collasso per carico limite verticale si tiene conto della resistenza laterale e di quella alla punta, tenendo conto
degli effetti connessi alla realizzazione in analogia a quanto fatto per i pali di fondazione.
Per rotazione intorno a un punto dell’opera deve intendersi uno stato limite in cui si raggiungano le condizioni di equilibrio
limite nel terreno interagente con l’opera e sia cinematicamente possibile, al raggiungimento della resistenza del terreno, un atto
di moto rigido per la paratia. Tipicamente, per una paratia con più livelli di vincolo questo stato limite ultimo non può verificarsi.
Per tali opere si possono verificare solo meccanismi di collasso per rotazione che coinvolgano sia il terreno sia gli elementi
strutturali.
Gli stati limite relativi al raggiungimento delle resistenze negli elementi strutturali (STR) sono quelli relativi al raggiungimento
della condizione di rottura in una sezione della paratia o in un elemento del sistema di contrasto costituito da puntoni, ancoraggi,
travi di ripartizione, ecc..
Gli stati limite di sifonamento del fondo scavo o di instabilità del fondo scavo per sollevamento dovuto a sottospinta idraulica
agente al di sotto di strati di terreni a grana fine a fondo scavo sono rispettivamente di tipo HYD e UPL e vanno analizzati come
illustrato al § 6.2.4.2 delle NTC.
APPROCCIO 1
Nelle verifiche nei confronti di stati limite ultimi geotecnici delle paratie, si considera lo sviluppo di meccanismi di collasso
determinati dalla mobilitazione della resistenza del terreno ed eventualmente della struttura e, specificamente, dal raggiungimento
delle condizioni di equilibrio limite nel terreno interagente con la paratia o con parte di essa. Le analisi devono essere condotte con la
Combinazione 2 (A2+M2+R1), nella quale i parametri di resistenza del terreno sono ridotti tramite i coefficienti parziali del gruppo
M2, i coefficientiJR sulla resistenza globale (R1) sono unitari e le sole azioni variabili sono amplificate con i coefficienti del gruppo
A2. I valori dei parametri di resistenza di progetto sono perciò inferiori a quelli caratteristici e di conseguenza il valore di progetto
della spinta attiva è maggiore, e il valore della resistenza passiva è minore, dei corrispondenti valori che deriverebbero dai parametri
di resistenza caratteristici. Le azioni di progetto Ed sono le risultanti o i momenti risultanti delle forze sulla paratia che producono il
cinematismo di collasso ipotizzato, mentre le resistenze di progetto Rd sono le risultanti o i momenti risultanti delle forze che vi si
oppongono.
Nelle verifiche nei confronti di stati limite per raggiungimento della resistenza negli elementi strutturali l’analisi deve essere
svolta utilizzando la Combinazione 1 (A1+M1+R1), nella quale i coefficienti sui parametri di resistenza del terreno (M1) e sulla
resistenza globale del sistema (R1) sono unitari, mentre le azioni permanenti e variabili sono amplificate mediante i coefficienti
parziali del gruppo A1. In questo caso, i coefficienti parziali amplificativi delle azioni possono applicarsi direttamente alle
sollecitazioni, calcolate con i valori caratteristici delle azioni e delle resistenze. In particolare, le sollecitazioni (comprese quelle nei
puntoni e negli ancoraggi) devono calcolarsi portando in conto, anche in maniera semplificata, l’interazione fra paratia e terreno,
operando su configurazioni che rispettino l’equilibrio e la compatibilità con il criterio di resistenza. Dato che i coefficienti parziali
amplificativi delle azioni permanenti e variabili (gruppo A1) sono diversi, è necessario in genere distinguere le sollecitazioni
prodotte dai carichi permanenti da quelle prodotte dai carichi variabili.
Se le analisi sono svolte impiegando codici di calcolo automatico basati sulla discretizzazione del continuo (ad elementi finiti o
alle differenze finite) o sui metodi della reazione di sottofondo (“metodi a molle”), le verifiche SLU di tipo geotecnico e di tipo
strutturale scaturiscono da una stessa analisi d’interazione terreno-struttura impiegando, come indicato nel §6.2.4.1.3 delle
Norme e nel precedente §C6.2.4.1, i valori caratteristici dei parametri geotecnici e delle azioni.
Nella verifica nei confronti di meccanismi di rottura che coinvolgono il terreno (GEO), dopo la simulazione di tutte le fasi di
scavo, il margine di sicurezza si ricava con un ulteriore passo di calcolo, finalizzato alla ricerca di un meccanismo di collasso del
terreno ed eventualmente nella struttura, riducendo progressivamente i parametri di resistenza dopo aver incrementato le azioni
permanenti non strutturali e le azioni variabili (sovraccarichi) dei coefficienti parziali (JG2JQ) del gruppo A2. Si ricorda, a tal
proposito, che il peso del terreno che interagisce con la paratia e le azioni che da esso derivano sono da considerare come
permanenti strutturali. In tali verifiche il comportamento delle sezioni della paratia e degli altri elementi strutturali è
schematizzato ammettendo la formazione di cerniere plastiche, con valori delle sollecitazioni limite pari a quelli di
plasticizzazione di progetto. La verifica è soddisfatta se il fattore di riduzione dei parametri risulta non inferiore a Jc’ e a JM’ nelle
analisi in tensioni efficaci e a Jcu nelle analisi in tensioni totali. Questo tipo di verifica, se soddisfatta, garantisce che non si
formino, con il margine di sicurezza previsto dalle NTC per l'Approccio 1 combinazione 2, né meccanismi di collasso nel solo
terreno né meccanismi di collasso che coinvolgano anche gli elementi strutturali.
La verifica allo stato limite ultimo nei confronti del raggiungimento della resistenza in una sezione della paratia o in uno degli
elementi dell'eventuale sistema di vincoli (puntoni o ancoraggi) si esegue moltiplicando le sollecitazioni calcolate con l’analisi
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d’interazione prima della ricerca di un meccanismo di collasso per i coefficienti parziali del gruppo A1 (JG1, JG2e JQ). La presenza
di un sovraccarico (permanente non strutturale o variabile) può essere trattata ripetendo l’analisi nella doppia ipotesi di presenza
e assenza del sovraccarico, in modo da isolare l’aliquota di sollecitazione ad esso associata e permetterne la fattorizzazione
prescritta in normativa.
Se ritenuto necessario per le peculiarità dell’opera, le verifiche di cui sopra si eseguono anche per le fasi di scavo intermedie.
Nel caso di paratie a sbalzo o con un solo livello di vincolo in testa le verifiche di sicurezza nei riguardi degli stati limite ultimi
possono essere svolte spesso impiegando i metodi dell’equilibrio limite.
Nella verifica SLU nei confronti di meccanismi di tipo geotecnico, la verifica si esegue adottando la Combinazione 2 dei
coefficienti parziali di sicurezza, controllando che la condizione fondamentale Ed "Rd sia sempre soddisfatta, escludendo anche
che si verifichino meccanismi di collasso che coinvolgano il complesso terreno-struttura. In queste verifiche, l'effetto delle azioni
Ed e la resistenza Rd sono rispettivamente i momenti della spinta attiva di progetto e della spinta passiva di progetto rispetto ad
un punto di rotazione (punto di applicazione del vincolo nelle paratie con un livello di ancoraggio; punto di rotazione per le
paratie a sbalzo). Mantenendo la stessa configurazione geometrica si effettua la verifica SLU di tipo strutturale mediante
un’analisi d’interazione, svolta ancora con i valori caratteristici dei parametri geotecnici e delle azioni, ma semplificata
dall’assunzione a priori della distribuzione delle pressioni di contatto. Da quanto noto sulla mobilitazione delle spinte, si ipotizza
infatti che a monte della paratia le tensioni orizzontali assumano il valore di equilibrio limite attivo, mentre a valle assumano
valori la cui risultante sia inferiore alla resistenza passiva della quantità necessaria ad ottenere le condizioni di equilibrio, che in
un’analisi di questo tipo devono essere soddisfatte. Le sollecitazioni così calcolate devono essere quindi moltiplicate per i
coefficienti parziali del gruppo A1 (Combinazione 1), come in precedenza.
Inoltre, in presenza di terreni sovraconsolidati, con elevati valori del coefficiente di spinta in quiete, se le verifiche STR sono
effettuate impiegando i metodi semplificati di interazione che prevedono la completa mobilitazione della spinta attiva, è
opportuno confrontarne i risultati con quelli ottenuti con l’impiego di uno degli altri metodi innanzi citati, più completi, per
evitare possibili sottostime delle sollecitazioni nella struttura.
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Nel caso di ancoraggi attivi impiegati per una funzione permanente, devono essere adottati tutti gli accorgimenti costruttivi
necessari a garantire la durabilità e l’efficienza del sistema di testata dei tiranti, soprattutto per quelli a trefoli, in particolare nei
riguardi della corrosione. Deve inoltre essere predisposto un piano di monitoraggio per verificare il comportamento
dell’ancoraggio nel tempo.
La validità delle schematizzazioni del sottosuolo adottate in progetto e delle conseguenti soluzioni progettuali deve essere
verificata durante la costruzione degli ancoraggi sulla base di osservazioni dirette.
L’ampiezza dell’indagine è funzione delle caratteristiche morfologiche del sito entro cui ricade l’opera ancorata, della complessità
delle condizioni litologiche, strutturali e idrogeologiche del sottosuolo, del tipo e dell’importanza dell’opera ancorata. L’indagine
deve essere estesa a tutto il volume significativo, ovverosia a quella parte di sottosuolo interessata direttamente o indirettamente
dall’esecuzione dell’opera ancorata o che ne influenza il comportamento. Il volume significativo si estende almeno oltre tutte le
superfici di scorrimento considerate nelle analisi di progetto.
Il progetto di un sistema di ancoraggio richiede l’esecuzione di analisi di tipo globale, riferite al complesso degli ancoraggi, e
analisi sull’ancoraggio singolo.
Per le analisi di tipo globale, si devono considerare uno o più cinematismi possibili, relativi a diverse superfici di rottura, tenendo
conto delle caratteristiche stratigrafiche, strutturali, idrauliche e geotecniche del terreno, anche al di fuori della zona direttamente
interessata dagli ancoraggi. Dalle analisi di tipo globale derivano ad esempio lunghezza minima e resistenze di progetto degli
ancoraggi nei casi di scarpate instabili, di vasche o platee di fondazione soggette alla spinta di galleggiamento, di fronti di scavo
da stabilizzare.
Il secondo tipo di verifiche sono riferite all’ancoraggio singolo e consentono di definire le caratteristiche geometriche della
fondazione del singolo tirante, le dimensioni dell’armatura e del sistema di bloccaggio in funzione delle prestazioni richieste.
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Indagini specifiche
Il programma di ricerche e di indagini sui terreni e sulle rocce deve essere predisposto ed attuato sulla base dell’inquadramento
geologico della zona ed in dipendenza dell’entità del ricoprimento. Nel caso di rocce fratturate le ricerche devono comprendere la
descrizione qualitativa e quantitativa dello stato di fratturazione ed, in genere, delle discontinuità strutturali presenti nella
formazione.
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anche materiali ottenuti dalla frantumazione di rocce. Sono da escludere materiali con forti percentuali di sostanze organiche di
qualsiasi tipo e materiali fortemente rigonfianti.
Per i muri in terra armata o rinforzata i materiali da preferire sono costituiti da terre con passante ai 15 Pm non superiore al 20%.
Per gli elementi di rinforzo dei muri in terra armata o rinforzata è necessario effettuare verifiche locali, di rottura e di sfilamento,
e verifiche nei riguardi dell’azione aggressiva dell’ambiente ed in particolare delle acque.
I materiali per gli argini saranno scelti tenendo presenti i possibili moti di filtrazione. Per i dreni saranno adoperati materiali di
elevata permeabilità. La loro granulometria deve essere scelta in relazione alle caratteristiche dei materiali a contatto con i dreni
stessi secondo quanto specificato di seguito.
Per i moli devono essere adoperati blocchi di materiale durevole, in particolare nei confronti dell’acqua marina, e di dimensioni e
caratteristiche idonee a resistere alle azioni esercitate dal moto ondoso. Limitatamente alla zona interna del manufatto possono
essere adoperati materiali naturali o di frantumazione purché privi di frazione fine e opportunamente protetti da filtri.
Per gli aspetti non trattati nelle NTC nei riguardi dell’impiego delle terre nei manufatti stradali e ferroviari ci si riferisca alla
specifica normativa per la campionatura, le prove sui materiali e la tecnica di impiego delle terre.
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CAPITOLO C8.
COSTRUZIONI ESISTENTI
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Le costruzioni esistenti rappresentano certamente argomento particolarmente significativo nell’ambito dell’applicazione delle
NTC. Rispetto al D.M.14 gennaio 2008 la norma riporta alcune modifiche la cui portata concettuale assume però particolare
rilievo.
L’importanza che le criticità locali assumono negli edifici esistenti, in termini di danni a persone e cose, ha portato, fra l’altro, a
considerare con maggiore attenzione gli interventi locali di rafforzamento e gli interventi di miglioramento.
Tale maggiore attenzione si è anche tradotta in un diverso ordine di presentazione (le varie forme d’intervento sono ora elencate
dalla meno alla più impattante, dalla riparazione e rafforzamento locale all’adeguamento), nella diversa definizione
dell’intervento di adeguamento e nell’ampia considerazione dedicata alla valutazione e riduzione del rischio sismico e, in special
modo, nella maggiore attenzione prestata agli interventi finalizzati a ridurre la vulnerabilità delle costruzioni esistenti.
La presente Circolare, quindi, fornisce istruzioni operative per la corretta ed uniforme applicazione dei principi riportati nel
Capitolo 8 delle NTC. Si osserva, in particolare, come molti dei contenuti delle Appendici della Circolare 617 C.S.LL.PP. del 2
febbraio 2009, sono ora ricondotti a questo testo.
C8.1 OGGETTO
Le costruzioni esistenti sono definite, nel § 8.1 delle NTC, come quelle costruzioni per le quali “alla data della redazione della
valutazione di sicurezza e/o del progetto d’intervento” la struttura sia stata “completamente realizzata”.
Detta definizione va certamente declinata per ciascun caso in esame.
In termini del tutto generali, con l’espressione struttura completamente realizzata può intendersi una struttura per la quale, alla data
della redazione della valutazione di sicurezza e/o del progetto di intervento, sia stato redatto il certificato di collaudo statico ai
sensi delle Norme Tecniche vigenti all’epoca della costruzione; se all’epoca della costruzione l’obbligo del collaudo statico non
sussisteva, devono essere state almeno interamente realizzate le strutture e i muri portanti e le strutture degli orizzontamenti e
delle coperture.
Per gli interventi finalizzati alla riduzione della vulnerabilità sismica dei beni del patrimonio culturale vincolato, il riferimento
normativo, nelle more dell’emanazione di ulteriori disposizioni, è costituito dal D.P.C.M. 9 febbraio 2011 “Valutazione e
riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto
ministeriale 14 gennaio 2008”. Tale direttiva, in considerazione della specificità e articolazione del contenuto nonché delle
caratteristiche del patrimonio storico edilizio italiano, è adottabile come riferimento per le costruzioni che comunque abbiano una
valenza storica, artistica o urbanistico-ambientale, anche se non esplicitamente vincolate, fatto salvo quanto previsto al punto 8.4
delle NTC.
1Per quanto riguarda le costruzioni esistenti di muratura, la valutazione della sicurezza deve essere effettuata nei confronti dei meccanismi di
collasso, sia locali, sia globali, ove questi ultimi siano significativi; la verifica dei meccanismi globali diviene, in genere, significativa solo dopo che
gli eventuali interventi abbiano eliminato i meccanismi di collasso locale. E’ inoltre opportuno considerare la distinzione tipologica tra edifici
singoli e edifici in aggregato (es. edilizia dei centri storici, complessi formati da più corpi). In particolare, per le tipologie in aggregato,
particolarmente frequenti nei centri storici, il comportamento globale è spesso non definibile o non identificabile, al contrario del comportamento
delle singole parti o unità strutturali.
Per quanto riguarda le costruzioni esistenti di c.a. e di acciaio, le NTC evidenziano come in esse possa essere attivata la capacità di elementi con
meccanismi resistenti sia “duttili” sia “fragili”; a tale riguardo, è opportuno che l’analisi sismica globale utilizzi, per quanto possibile, metodi di
modellazione e analisi che consentano di valutare in maniera appropriata sia la resistenza sia la duttilità disponibili, tenendo conto della
possibilità di sviluppo di entrambi i tipi di meccanismo e adottando parametri di capacità dei materiali diversificati a seconda del tipo di
meccanismo.
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Attenzione deve essere, dedicata alla individuazione, per quanto possibile, di situazioni critiche locali e al loro conseguente
effetto sulle verifiche. Esempi tipici sono la presenza e la realizzazione di cavedi, nicchie, canne fumarie, aperture in breccia,
riprese murarie nelle pareti portanti che, indebolendo sensibilmente i singoli elementi strutturali o le connessioni tra i vari
elementi costruttivi, possono facilitare l’innesco di meccanismi locali.
Anche lo spostamento o la demolizione di tramezzature o tamponature con rigidezza e resistenza non trascurabili per una
specifica struttura, potrebbero alterare la configurazione del fabbricato.
Riguardo ai dettagli costruttivi, per gli edifici esistenti le NTC non impongono la conformità alle prescrizioni previste per le
nuove costruzioni.
Gli esiti della valutazione della sicurezza comportano conseguenze diversificate in termini di tempi e necessità di intervento, a
seconda che le carenze della struttura si manifestino nei confronti delle azioni non sismiche o di quelle sismiche.
Le categorie di intervento si differenziano in interventi locali o di riparazione, di miglioramento e di adeguamento.
Le NTC specificano, per ciascuna categoria, la condizione di applicazione, sancendo l’obbligatorietà del collaudo statico, non solo
per gli interventi di adeguamento, ma anche per quelli di miglioramento. Sono poi definiti alcuni fondamentali criteri di
intervento, comuni a tutte le tipologie, quali la ricerca della regolarità, l’attenzione necessaria per le fasi di esecuzione e le priorità
da assegnare e sono quindi esaminati i più usuali interventi per le varie tipologie strutturali.
Non è invece previsto il collaudo statico per gli interventi locali o di riparazione di cui al §8.4.1 delle NTC.
Al fine di una corretta valutazione del possibile utilizzo delle costruzioni, il tecnico incaricato delle verifiche o del progetto deve
esplicitare, nei documenti progettuali, i livelli di sicurezza attuali e quelli che l’eventuale intervento si prefigge di conseguire,
nonché le eventuali conseguenti limitazioni nell’uso della costruzione, esplicitando, per quanto possibile anche il livello di
sicurezza degli elementi costruttivi non strutturali.
Il complesso delle norme vigenti, infatti, consente l’utilizzo anche delle costruzioni esistenti che non raggiungano i livelli di
sicurezza richiesti per le costruzioni nuove.
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2È opportuno che gli interventi in progetto siano primariamente finalizzati all’individuazione e all'eliminazione o riduzione di carenze e criticità
locali che possano incidere sulla capacità strutturale, per poi prevedere l'eventuale rafforzamento della costruzione nel suo complesso. Interventi
mirati all’eliminazione di specifiche criticità locali, pur con opere di modesto impatto economico e senza alterare sistemi d’equilibrio venutisi a
creare nel tempo, possono infatti produrre aumenti sensibili della sicurezza
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il valore di ]E, sempre a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere incrementato di un valore comunque non minore
di 0,1.
Nel miglioramento mediante l’impiego di isolatori sismici, si deve garantire che la sottostruttura si mantenga in campo
sostanzialmente elastico; per la verifica del solo sistema di isolamento, il valore di E deve essere assunto almeno pari a 1,0.
Inoltre, nel valutare la domanda di spostamento nei dispositivi e nei giunti sismici, il periodo proprio fondamentale del sistema
isolato deve essere determinato tenendo conto opportunamente dell'elongazione del periodo proprio della sovrastruttura a
+
+
E ad essa attribuito.
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C8.5.2 RILIEVO
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caso di sollecitazioni di trazione permanenti, inoltre, la resistenza a trazione delle murature, non indicata nella tabella, può
ridursi significativamente.
Nel caso di murature di blocchi artificiali di tecnologia moderna, i parametri da utilizzare per le verifiche possono essere derivati
dalle indicazioni per la progettazione di nuove costruzioni in muratura (§11.10 delle NTC).
Tabella C8.5.I -Valori di riferimento dei parametri meccanici della muratura, da usarsi nei criteri di resistenza di seguito specificati (comportamento a tempi
brevi), e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura. I valori si riferiscono a: f = resistenza media a compressione, W0 = resistenza media a taglio in
assenza di tensioni normali (con riferimento alla formula riportata, a proposito dei modelli di capacità, nel §C8.7.1.3), fv0 = resistenza media a taglio in assenza
di tensioni normali (con riferimento alla formula riportata, a proposito dei modelli di capacità, nel §C8.7.1.3), E = valore medio del modulo di elasticità normale,
G = valore medio del modulo di elasticità tangenziale, w = peso specifico medio.
f W0 fv0 E G w
Tipologia di muratura (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (N/mm2) (kN/m3)
(*) Nella muratura a conci sbozzati i valori di resistenza tabellati si possono incrementare se si riscontra la sistematica presenza di zeppe profonde in pietra che
migliorano i contatti e aumentano l’ammorsamento tra gli elementi lapidei; in assenza di valutazioni più precise, si utilizzi un coefficiente pari a 1,2.
(**) Data la varietà litologica della pietra tenera, il peso specifico è molto variabile ma può essere facilmente stimato con prove dirette. Nel caso di muratura a conci
regolari di pietra tenera, in presenza di una caratterizzazione diretta della resistenza a compressione degli elementi costituenti, la resistenza a compressione fpuò
essere valutata attraverso le indicazioni del § 11.10 delle NTC.
(***) Nella muratura a mattoni pieni è opportuno ridurre i valori tabellati nel caso di giunti con spessore superiore a 13 mm; in assenza di valutazioni più precise, si
utilizzi un coefficiente riduttivo pari a 0,7 per le resistenze e 0,8 per i moduli elastici.
Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal
fine.
Le caratteristiche meccaniche della muratura, in uno stato di fatto migliore di quello indicato nella Tabella C8.5.I, possono
ottenersi applicando (indicativamente e salvo più dettagliate valutazioni) i coefficienti migliorativi di Tabella C8.5.II.
I coefficienti migliorativi sono funzione dei seguenti fattori:
malta di buone caratteristiche: il coefficiente indicato in Tabella C8.5.II, diversificato per le varie tipologie, si può
applicare sia ai parametri di resistenza (f, W e fv0), sia ai moduli elastici (E e G);
presenza di ricorsi (o listature): il coefficiente di tabella si può applicare ai soli parametri di resistenza (f eW0); tale
coefficiente ha significato solo per alcune tipologie murarie, in cui si riscontra tale tecnica costruttiva;
presenza sistematica di elementi di collegamento trasversale tra i paramenti: il coefficiente indicato in tabella si può
applicare ai soli parametri di resistenza (f, W0 e fv0).
I suddetti coefficienti migliorativi possono essere applicati in combinazione tra loro, in forma moltiplicativa, considerando la
concomitanza al più dei due effetti che hanno i coefficienti moltiplicativi più alti.
I dati riportati nella Tabella C8.5.I fanno riferimento, ad eccezione dell’ultima riga, a una muratura costituita da due paramenti
accostati, con eventuale nucleo interno di limitato spessore (significativamente inferiore a quello dei paramenti). In questi casi è
preventivamente necessario valutare se la muratura ha caratteristiche tali da garantire che il pannello murario possa comportarsi
unitariamente nei riguardi delle sollecitazioni, sia verticali, sia a taglio; in caso contrario la modellazione con parametri meccanici
equivalenti ha poco significato.
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I muri realizzati con due paramenti semplicemente accostati o con riempimenti “a sacco” di scadenti caratteristiche meccaniche
presentano un elevato rischio di instabilità, che può essere accentuato dalla presenza di orizzontamenti appoggiati solo su uno
dei paramenti e dall’assenza di efficaci ancoraggi tra i solai e i paramenti esterni dei muri. Il rischio di instabilità, maggiore nei
muri in pietrame, è presente anche nei casi di pietre squadrate sulle superfici esterne.
Nel caso non sussistano rischi di instabilità dei singoli paramenti si potrà considerare il muro come composto da due pareti tra
loro semplicemente accostate, ciascuna di spessore pari alla propria sezione efficace.
Dopo avere esclusa la possibilità di meccanismi di distacco tra i paramenti, nel caso in cui il nucleo interno sia ampio rispetto ai
paramenti, e in particolare se scadente, è opportuno ridurre i parametri di resistenza e deformabilità propri dei paramenti esterni.
Nel caso di nucleo interno di spessore consistente, le proprietà meccaniche equivalenti della muratura, da attribuire all’intero
spessore della parete, sono da ottenersi a partire da quelle dei paramenti (Tabella C8.5.I, eventualmente modificata dai
coefficiente della Tabella C8.5.II) e del nucleo, attraverso valutazioni opportune.
Nel caso particolare di nucleo interno di caratteristiche meccaniche trascurabili, le proprietà equivalenti del panello murario
possono essere ottenute, cautelativamente e in via semplificata, trascurando lo spessore del nucleo.
Tabella C8.5.II -Coefficienti correttivi massimi da applicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone; ricorsi o listature; sistematiche connessioni
trasversali; consolidamento con iniezioni di malta; consolidamento con intonaco armato; ristilatura armata con connessione dei paramenti.
complessivo
Iniezione di
coefficiente
trasversale
Massimo
Ricorsi o
listature
Tipologia di muratura
(**)
Muratura in pietrame disordinata (ciottoli, pietre erratiche e irregolari) 1,5 1,3 1,5 2 2,5 1,6 3,5
Muratura a conci sbozzati, con paramenti di spessore disomogeneo 1,4 1,2 1,5 1,7 2,0 1,5 3,0
Muratura in pietre a spacco con buona tessitura 1,3 1,1 1,3 1,5 1,5 1,4 2,4
Muratura irregolare di pietra tenera (tufo, calcarenite, ecc.,) 1,5 1,2 1,3 1,4 1,7 1,1 2,0
Muratura a conci regolari di pietra tenera (tufo, calcarenite, ecc.,) 1,6 - 1,2 1,2 1,5 1,2 1,8
Muratura a blocchi lapidei squadrati 1,2 - 1,2 1,2 1,2 - 1,4
Muratura in mattoni pieni e malta di calce (***) - 1,3 (****) 1,2 1,5 1,2 1,8
Muratura in mattoni semipieni con malta cementizia (es,: doppio UNI
1,2 - - - 1,3 - 1,3
foratura d40%)
(*) I coefficienti correttivi relativi alle iniezioni di miscele leganti devono essere commisurati all’effettivo beneficio apportato alla muratura, riscontrabile con verifiche
sia nella fase di esecuzione (iniettabilità) sia a-posteriori (riscontri sperimentali attraverso prove soniche o similari).
(**) Valori da ridurre convenientemente nel caso di pareti di notevole spessore (p.es. > 70 cm).
(***) Nel caso di muratura di mattoni si intende come “malta buona” una malta con resistenza media a compressione fm superiore a 2 N/mm2. In tal caso il coefficiente
correttivo può essere posto pari a fm0.35 (fm in N/mm2).
(****) Nel caso di muratura di mattoni si intende come muratura trasversalmente connessa quella apparecchiata a regola d’arte.
In presenza di murature consolidate o nel caso in cui si debba progettare un intervento di rinforzo, è possibile incrementare i
valori ottenuti con il procedimento suddetto applicando gli ulteriori coefficienti indicati in Tabella C8.5.II, in base alle tecniche di
consolidamento previste, secondo le modalità di seguito illustrate
Consolidamento con iniezioni di miscele leganti
Il coefficiente indicato in tabella, diversificato per le varie tipologie murarie, può essere applicato ai valori sia dei parametri di
resistenza (f, W0e fv0), sia dei moduli elastici (E e G); i benefici conseguibili dipendono in modo sensibile dalla qualità originaria
della malta, risultando tanto maggiori quanto più questa è scadente. È bene ricordare che gli effettivi benefici delle iniezioni sono
funzione della reale possibilità delle malte iniettate di riempire lacune esistenti nella trama muraria e di aderire ai materiali
esistenti; in ogni caso, è raccomandabile l’esecuzione di saggi, preventivi e di verifica, per valutare i risultati effettivamente
conseguiti.
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In tal caso non si applicano i coefficienti relativi alla connessione trasversale della muratura non consolidata e alla ristilatura
armata. Si rileva che il consolidamento con intonaco armato non ha alcuna efficacia in assenza di sistematiche connessioni
trasversali e la sua efficacia è ridotta quando realizzato su un solo paramento.
Nell’adozione degli eventuali coefficienti migliorativi si deve tenere conto delle caratteristiche delle malte utilizzate (cementizie o
a calce) e delle armature (metalliche o in fibra). Infine, si segnala la necessità di una preventiva verifica che il paramento non
evidenzi un’eccessiva disgregazione o presenza di vuoti, tale da rendere inefficace l’accoppiamento con l’intonaco armato; in
questi casi è opportuno accoppiare l’intervento con iniezioni.
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lignee, solai in c.a., tiranti d’acciaio ecc.), da indagarsi con le metodologie indicate negli specifici Capitoli.
Nei casi, previsti dalle NTC, in cui sia necessario eseguire indagini sulle fondazioni, queste saranno volte a determinarne
morfologia, profondità e materiali costituenti, a prescindere dai gradi di approfondimento sopra riportati.
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che si è instaurato in particolari condizioni di posa in opera (ad esempio testate di travi e capriate inserite nella muratura o
elementi nascosti da controsoffitti, elementi lignei che appoggiano in fondazione).
Si possono distinguere, in relazione al loro grado di approfondimento, tre livelli di prova.
Prove limitate: si tratta di indagini basate principalmente su esami visivi delle superfici, che comprendano almeno tre facce e una
testata di ogni elemento dell’orditura primaria e secondaria e che prevedano limitati controlli degli elementi costruttivi e delle
connessioni; sono previste rimozioni locali dello strato di protezione per procedere a una valutazione dello stato di
conservazione, ad esempio in accordo alla norma UNI 11119.
Prove estese: si tratta di indagini visive diffuse sulle superfici degli elementi, accompagnate da alcuni controlli strumentali a
supporto, nonché sulle condizioni dei collegamenti. Sono previste rimozioni locali dello strato di protezione per procedere a una
valutazione dello stato di conservazione, ad esempio in accordo alla norma UNI 11119. Come controlli strumentali, sono almeno
da prevedere alcuni controlli dell'umidità del materiale in zone specificatamente individuate come particolarmente sensibili.
Prove esaustive: si tratta di indagini visive diffuse e sistematiche, accompagnate da approfondimenti strumentali, eventualmente
di tipo resistografico. Si prevedono analisi per l’identificazione della specie, la misura dell’umidità nel materiale e nelle zone di
interfaccia con materiali diversi e l’analisi dei collegamenti, con valutazione dei fenomeni di degrado degli elementi di
connessione. Tali analisi possono anche richiedere attività di laboratorio. È opportuno l’impiego di tecniche non distruttive o
parzialmente invasive per valutare le caratteristiche meccaniche del materiale o individuare zone degradate al di sotto della
superficie.
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[C8.5.4.2]
Eseguito un numero n di prove dirette, l’aggiornamento del valore medio può essere effettuato come segue:
ux{|}~͛
" = u|}
[C8.5.4.3]
dove { è la media delle n prove dirette e è un coefficiente che tiene conto del rapporto tra la dispersione (varianza)
della stima effettuata attraverso le prove (combinazione tra incertezza della misurazione sperimentale e dispersione
dei parametri meccanici nell’ambito dell’edificio che si sta analizzando) e la varianza V’2 della distribuzione a-priori.
Nel determinare la stima aggiornata del valore medio del parametro meccanico, il coefficiente rappresenta il peso relativo della
distribuzione a-priori (associata ai parametri della tabella C.8.5.I) rispetto alle prove sperimentali3.
Qualora la media delle n prove dirette { sia significativamente diversa dal valore μ’ adottato per la distribuzione a-priori, e
quindi la differenza tra μ’ e μ” risulti rilevante, l’accettabilità del risultato ottenuto applicando l’equazione C8..5.4.3 deve essere
adeguatamente motivata.
Tabella C.8.5.III –Valori del coefficiente suggeriti per l’aggiornamento del valore medio dei parametri meccanici, secondo l’equazione [C8.5.4.3], con
riferimento ai più diffusi metodi di indagine diretta sulle proprietà meccaniche della muratura.
E 1,5
Prova di compressione diretta (su una porzione di parete muraria)
f 1
E 1,5
Martinetto piatto doppio
f (*) 2 (*)
G 1,5
Prova di compressione e taglio (su un pannello isolato nella parete muraria) – prova tipo Sheppard
¯0 - fv0 1
G 1,5
Prova di compressione diagonale
¯0 1
Prova di taglio diretto sul giunto fv0 2
Prove in laboratorio sui costituenti (**) fb, fm, fg 2
(*) La prova con il martinetto piatto doppio consente di ottenere una misura del modulo elastico E della muratura, molto più raramente di
misurarne direttamente la resistenza a compressione. Il coefficiente in tabella è quello suggerito quando nella prova viene misurata
direttamente la resistenza a compressione. Ricordando che esiste una correlazione empirica approssimata di proporzionalità tra modulo E e la
resistenza media a compressione della muratura (desumibile dagli intervalli di variazione dei due parametri nella tabella C.8.5.I) il modulo E
ottenuto dalla prova con martinetto piatto può fornire una stima indiretta di f utilizzabile nell’equazione [C8.5.4.3] purché si adotti un valore di
¯
?X
(**) Nel caso di muratura in blocchi di pietra squadrati o artificiali pieni o semipieni si ipotizza che, con prove a compressione diretta sugli
elementi e sulla malta (i costituenti), si possa stimare la resistenza caratteristica a compressione della muratura fk tramite i metodi descritti al §
11.10.3.1.2 delle Norme. Nota: fk, la resistenza a compressione media f della muratura potrà essere quindi stimata come f = 1,25 fk.
3Dalla formula emerge che, al crescere del numero di prove, il peso attribuito alla misura sperimentale aumenta, in quanto anche in presenza di
una significativa dispersione del parametro nell’edificio la stima del suo valore medio risulta più attendibile.
® <
opportuno considerare che l’incertezza legata al metodo di misura sperimentale non si riduce aumentando il numero di prove. Inoltre,
l’attendibilità dei diversi metodi di prova cambia in relazione alle diverse tipologie murarie. In assenza di valutazioni specifiche da parte del
progettista, la Tabella C.8.5.III suggerisce valori del coefficiente per i più diffusi metodi di indagine diretta in sito. Particolare cautela dovrà
essere utilizzata nel caso di prove in laboratorio su campioni di muratura estratti in situ, a causa delle difficoltà nell’estrarre, movimentare e
trasportare i provini senza arrecare loro danni.
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La quantità e il tipo di informazioni richieste per conseguire uno dei tre livelli di conoscenza previsti, sono, a titolo
esclusivamente orientativo, ulteriormente precisati nel seguito.
LC1: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al
§ C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare
l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, poiché non si dispone dei disegni costruttivi i dettagli costruttivi
siano stati ricavati sulla base di un progetto simulato (con riferimento al § C8.5.2) e con indagini limitate in-situ sulle armature e
sui collegamenti presenti negli elementi più importanti (i dati raccolti devono essere tali da consentire verifiche locali di
resistenza), poiché non si dispone di informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali (provenienti dai disegni
costruttivi o dai certificati di prova) si siano adottati i valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca, convalidati da prove
limitate in-situ sugli elementi più importanti (con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,35. La
valutazione della sicurezza è, in genere, eseguita mediante analisi lineare, statica o dinamica; le informazioni raccolte devono
consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo.
LC2: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al
§ C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare
l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o parzialmente dai disegni
costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti,
o (con riferimento al § C8.5.2) a seguito di una indagine estesa in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si
esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le
caratteristiche meccaniche dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi, integrati da prove limitate in situ (se i valori
ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei disegni di progetto, si eseguono prove estese in situ),
o con prove estese in situ(con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,2. La valutazione della
sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte sulle dimensioni
degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto di un modello
strutturale idoneo.
LC3:si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al
§ C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare
l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o dai disegni costruttivi originali
integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti, o (con riferimento
al § C8.5.2) a seguito di una indagine esaustiva in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi
lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le caratteristiche meccaniche
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dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi e ai certificati originali di prova, integrati da prove limitate in situ (se i valori
ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei certificati originali di prova, si eseguono prove
esaustive in situ), o con prove esaustive in situ(con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC=1. La
valutazione della sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte
sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto
di un modello strutturale idoneo.
Le resistenze dei materiali cui riferirsi nelle formule di capacità degli elementi sono ricavate dalle resistenze medie, ottenute dalle
informazioni disponibili e dalle prove in situ aggiuntive, dividendole per gli FC indicati nella Tabella C8.5.IV.
Gli FC possono essere valutati anche in modo differenziato per i diversi materiali, sulla base di considerazioni statistiche
condotte su un insieme di dati significativo per gli elementi in esame e di metodi di comprovata validità.
A titolo esclusivamente orientativo, nelle tabelle C8.5.V e C8.5.VI si lega il livello (limitato, esteso, esaustivo) delle indagini alla
quantità di rilievi dei dettagli costruttivi e di prove per la valutazione delle caratteristiche meccaniche dei materiali. Rimane
inteso che il piano delle indagini deve essere opportunamente calibrato in funzione dell’analisi preliminare (v. § C8.5.2.2 e
C8.5.3.2) e quindi, in relazione al livello di conoscenza da raggiungere, orientato agli approfondimenti necessari nelle zone della
costruzione ove risulti opportuno, sia in relazione all’impegno statico delle diverse membrature e al loro ruolo riguardo alla
sicurezza della struttura, sia in relazione al grado di omogeneità dei risultati delle prove preliminari e al loro accordo con quanto
previsto dai documenti originari.
Tabella C8.5.V – Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prova per edifici di c.a.
Rilievo(dei dettagli costruttivi)(a) Prove (sui materiali)(b)(c)(d)
Livello di Indagini e Prove
Per ogni elemento “primario” (trave, pilastro)
La quantità e disposizione dell’armatura è 1 provino di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 1 campione
limitato
verificata per almeno il 15% degli elementi di armatura per piano dell’edificio
La quantità e disposizione dell’armatura è 2 provini di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 2 campioni di
esteso
verificata per almeno il 35% degli elementi armatura per piano dell’edificio
La quantità e disposizione dell’armatura è 3 provini di cls. per 300 m2 di piano dell’edificio, 3 campioni di
esaustivo
verificata per almeno il 50% degli elementi armatura per piano dell’edificio
Tabella C8.5.VI – Definizione orientativa dei livelli di rilievo e prova per edifici di acciaio
Rilievo (dei collegamenti)(a) Prove (sui materiali) (b)(c)(d)
Livello di Indagini e Prove
Per ogni elemento “primario” (trave, pilastro…)
Le caratteristiche dei collegamenti sono 1 provino di acciaio per piano dell’edificio, 1 campione di
limitato
verificate per almeno il 15% degli elementi bullone o chiodo per piano dell’edificio
Le caratteristiche dei collegamenti sono 2 provini di acciaio per piano dell’edificio, 2 campioni di
esteso
verificate per almeno il 35% degli elementi bullone o chiodo per piano dell’edificio
Le caratteristiche dei collegamenti sono 3 provini di acciaio per piano dell’edificio, 3 campioni di
esaustivo
verificate per almeno il 50% degli elementi bullone o chiodo per piano dell’edificio
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C8.5.5 AZIONI
Le verifiche di sicurezza devono essere effettuate tenendo conto di tutte le azioni presenti, sia non sismiche, sia sismiche. Con
riferimento a quanto espresso nel § 8.5 delle NTC si precisa che, nel caso di combinazioni di carico che includano l’azione sismica,
ai fini della determinazione dell’entità massima delle azioni sopportabili dalla struttura si considerano i carichi permanenti
effettivamente riscontrati e quelli variabili previsti dalle NTC.
L'azione sismica è definita, per i diversi stati limite, al § 3.2 delle NTC, tenuto conto del periodo di riferimento definito al § 2.4
delle NTC (v. anche § C8.3).
Per la combinazione dell’azione sismica con le altre azioni, valgono i criteri di cui al § 2.5.3 delle NTC. Le diverse componenti
dell’azione sismica sono combinate con i criteri riportati al § 7.3.5 delle NTC.
q
Yu1 per edifici regolari in elevazione, nel caso di muratura in blocchi artificiali con percentuale di
foratura >15% (elementi semipieni, forati…).
C8.6 MATERIALI
In aggiunta a quanto indicato al § 8.5.3 riguardo ai materiali degli edifici esistenti, il § 8.6 delle NTC fornisce indicazioni sui
materiali da utilizzare per gli interventi sulle costruzioni esistenti.
I casi di incompatibilità più frequentemente riscontrati in merito all’associazione di materiali diversi sono legati alla differente
rigidezza di questi, al loro diverso comportamento termico, ai fenomeni di ritiro differenziali e alle reazioni chimiche tra di essi.
Le differenze di rigidezza possono essere messe in conto attraverso i moduli di elasticità, peraltro affetti da incertezze nella
valutazione. Inoltre il comportamento reologico dei materiali rende ardue queste quantificazioni, in particolare nel caso della
muratura, la cui composizione è estremamente variabile.
Si ricorda che i valori dei moduli di elasticità riportati nella Tabella C.8.5.I sono riferiti a sollecitazioni a tempi brevi; sotto carichi
permanenti le caratteristiche meccaniche delle murature possono subire notevoli variazioni in relazione all’intensità e al tempo di
permanenza del carico, con conseguenze rilevanti in termini di deformazioni e sollecitazioni nei materiali.
Differenze di comportamento termico tra materiali in contatto possono determinare situazioni patologiche dovute a incrementi
delle sollecitazioni. A questo proposito, l’accoppiamento tra murature e materiali metallici, ma anche tra murature e elementi di
c.a. o di legno, deve essere valutato con particolare attenzione per evitare lesioni e disarticolazioni della compagine a causa delle
variazioni termiche e/o igrometriche.
Anche i fenomeni di ritiro dei materiali introdotti nel consolidamento, in particolare il calcestruzzo e il legno, possono
compromettere l’efficacia del rinforzo in maniera non prevedibile e determinare nelle strutture situazioni patologiche legate agli
stati di coazione.
Infine vanno adeguatamente considerate le eventuali incompatibilità chimiche.
E’ pertanto necessaria, particolarmente nel caso delle iniezioni, la determinazione della composizione chimica dei materiali
esistenti e la verifica della loro compatibilità con i materiali di apporto.
Per quanto riguarda gli interventi sulle strutture lignee, gli accoppiamenti con lastre metalliche estese vanno valutati con
attenzione perché, in presenza di fenomeni di condensa, possono determinare situazioni termo-igrometriche favorevoli al
degrado del legno.
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esistenti, in funzione delle specifiche tipologie costruttive, per migliorarne il comportamento strutturale e aumentarne la
sicurezza. Tali indicazioni sono anche utili per la valutazione della sicurezza degli edifici nello stato di fatto.
Con riferimento a quanto espresso nel § C8.3 si precisa che, ai fini della determinazione dell’entità massima delle azioni sismiche
sopportabili dalla struttura, nella combinazione di carico sismica si considerano i carichi permanenti effettivi e quelli variabili
previsti dalle NTC.
Per le costruzioni esistenti a struttura prevalentemente lignea, per le quali non sono date indicazioni specifiche, si rimanda al §4.4
delle NTC.
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cornicioni, i comignoli, i muri divisori e di altri elementi non pensati per avere funzioni strutturali; queste verifiche hanno
carattere locale e, in genere, non sono ricomprese nei modelli per l’analisi globale.
Le NTC pongono in evidenza anche la presenza frequente di fabbricati in aggregato, per i quali non è generalmente possibile
effettuare un’analisi globale estesa a tutti gli immobili contigui; in tali casi essa può essere limitata ad una porzione più o meno
estesa dell’aggregato.
Le esperienze maturate nel corso di passati eventi sismici evidenziano che i meccanismi di dissesto sono favoriti da:
assenza di connessioni, soprattutto in sommità, tra le diverse pareti di muratura;
assenza di connessioni efficaci tra pareti ortogonali;
assenza di connessioni trasversali tra i paramenti murari di una parete;
muratura comunque poco coesa e facilmente disgregabile;
presenza di elementi spingenti (archi, volte, cupole, puntoni di copertura) la spinta dei quali non sia efficacemente
trasferita a elementi strutturali adeguatamente resistenti;
presenza di orizzontamenti voltati di limitato spessore e soggetti a significativi spostamenti delle imposte (in particolare ai
piani alti dell’edificio);
coperture e/o solai male organizzati e/o mal collegati alle pareti;
presenza di pareti eccessivamente snelle;
presenza, ai piani alti, di masse di entità significativa (anche dovute a sopraelevazioni successive);
presenza di fenomeni di degrado nei materiali.
presenza di elementi non strutturali non adeguatamente ancorati o di per sé fragili e poco resistenti (cornicioni, timpani di
facciata, camini, elementi di decoro, serbatoi, apparecchiature impiantistiche ecc.);
presenza di corpi di fabbrica di differente altezza.
C8.7.1.2 MECCANISMI LOCALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
Negli edifici in muratura, per effetto dello scuotimento sismico, possono avvenire collassi parziali per perdita di equilibrio di
porzioni murarie. I meccanismi locali nelle pareti si attivano, prevalentemente, per azioni perpendicolari al loro piano medio, ma
anche per azioni nel loro piano medio. Fanno parte dei meccanismi locali, ad esempio, le criticità connesse a rotazioni delle pareti
fuori dal proprio piano e alla presenza di elementi spingenti (come archi, volte o puntoni), ma anche alla sconnessione di
orizzontamenti e coperture e alla fuoriuscita delle travi dalle sedi di appoggio.
L’identificazione dei meccanismi locali può essere ottenuta attraverso modellazioni specifiche, ad esempio con elementi continui
o discreti, o prefigurata dal progettista sulla base della conoscenza storica del manufatto o del comportamento sismico di
strutture analoghe, oppure in base al rilievo degli stati fessurativi già presenti, anche di origine non sismica.
Devono essere considerate la qualità della tessitura muraria (anche in termini di ingranamento nello spessore), degli
ammorsamenti tra le pareti e delle connessioni tra le pareti e gli orizzontamenti, la presenza di catene o altri elementi atti ad
assorbire spinte (speroni e contrafforti) e le interazioni con altri elementi appartenenti alla costruzione o agli edifici adiacenti.
Le forme ricorrenti con cui i meccanismi locali si manifestano, identificate e classificate per le diverse tipologie di edifici in base
alle esperienze maturate nel passato, sono riportate su linee guida e pubblicazioni scientifiche e costituiscono un utile riferimento
per definire le modalità di collasso.
La verifica della maggior parte dei suddetti meccanismi può essere eseguita attraverso l’analisi dei cinematismi di corpo rigido,
illustrata ai punti seguenti, utilizzabile anche per la verifica a pressoflessione fuori dal piano di pannelli murari in edifici
esistenti, come possibile alternativa alla procedura indicata al § 7.8.1.6 delle NTC. In particolare occorre eseguire la verifica dei
meccanismi locali di pressoflessione fuori dal piano individuando accuratamente gli elementi ritenuti vulnerabili per posizione e
snellezza.
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Per le verifiche che seguono, l’insieme di tali vincoli deve essere tale da costituire una catena cinematica a un grado di libertà, il
cui atto di moto può essere descritto da un parametro di spostamento (o rotazione) virtuale infinitesimo. La rappresentazione
della struttura come catena cinematica di corpi rigidi è attendibile solo se la parete non è vulnerabile nei riguardi di fenomeni di
disgregazione.
Le ipotesi tradizionalmente adottate per modellare questo tipo di meccanismi locali sono le seguenti:
resistenza della muratura a trazione, nulla;
scorrimento tra i blocchi, assente;
resistenza a compressione della muratura, infinita.
Tuttavia, per una simulazione più realistica (anche se in forma approssimata) del comportamento, è possibile considerare:
a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza dell’attrito;
b) le connessioni, anche di resistenza limitata, tra le pareti murarie;
c) la presenza di catene metalliche e di collegamenti alle strutture orizzontali;
d) la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le cerniere adeguatamente arretrate rispetto allo
spigolo della sezione;
e) la presenza di pareti a paramenti scollegati.
In generale occorre considerare i meccanismi locali significativi, verificando ciascuno di essi con analisi che vanno dalla statica,
lineare o non lineare, alla dinamica non lineare.
Nel caso di analisi statica, l’azione sismica è espressa da forze orizzontali di massa la cui intensità è rappresentata dal
moltiplicatoreD, pari al rapporto tra le forze orizzontali e i corrispondenti pesi delle masse presenti. La verifica può essere
eseguita in termini di accelerazione (approccio cinematico lineare) o di spostamento (approccio cinematico non lineare).
In particolare, la verifica attraverso i metodi dell’analisi limite con approccio cinematico si articola nei seguenti passi:
individuazione del meccanismo di dissesto;
valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi D0 che comporta l’attivazione del meccanismo;
determinazione della curvaD-dC (essendo dC lo spostamento di un punto di controllo della catena cinematica, usualmente
scelto in prossimità del baricentro delle masse) fino all’annullamento della forza sismica orizzontale;
trasformazione della curva così ottenuta nella curva di capacità che esprime l’accelerazione spettrale a in funzione dello
spostamento spettrale d di un oscillatore non lineare equivalente a un grado di libertà;
esecuzione delle verifiche di sicurezza, attraverso il controllo della compatibilità degli spostamenti e/o delle resistenze
richiesti alla struttura.
L’approccio cinematico lineare si basa sulla valutazione dell’azione orizzontale che è in grado di attivare il cinematismo; la
verifica consiste nel confronto tra l’accelerazione necessaria per attivare il cinematismo e la massima accelerazione al suolo
corrispondente allo stato limite di interesse, opportunamente ridotta, nel caso di verifica allo SLV, attraverso il fattore di
comportamento q.
L’approccio cinematico non lineare richiede la determinazione dell’azione orizzontale che la struttura è progressivamente in
grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. La curva che ne rappresenta l’andamento esprime il valore del moltiplicatore D
in funzione dello spostamento dC di un punto di riferimento del sistema, e deve essere tracciata fino all’annullamento di ogni
capacità di sopportare azioni orizzontali (D=0).
Essa può essere trasformata, come di seguito descritto (v. § C8.7.1.2.4), nella curva di capacità di un sistema equivalente a un
grado di libertà, sulla quale può essere individuata la capacità di spostamento ultimo del meccanismo; la verifica consiste nel
confronto tra lo spostamento richiesto dall’azione sismica e quello corrispondente al raggiungimento dello stato limite ultimo.
Nel caso di analisi dinamica non lineare, l’azione sismica è descritta in forma di accelerogrammi, opportunamente selezionati in
base alle caratteristiche sismologiche del sito in esame e allo stato limite considerato, come indicato nelle NTC e meglio precisato
nel seguito della presente Circolare; tali accelerogrammi debbono essere in numero sufficiente ad individuare una risposta media
significativa, stante la sensibilità alle caratteristiche del singolo accelerogramma mostrata dalla risposta dinamica di meccanismi
di parete soggetti ad azioni fuori dal loro piano medio.
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Applicando il teorema dei lavori virtuali è possibile calcolare il moltiplicatore D che attiva il cinematismo, attraverso la seguente
espressione:
_
, '_ # , |
4 = _
[C8.7.1.1]
( | ),
dove:
N è il numero dei blocchi di cui è costituita la catena cinematica;
m è il numero di forze esterne, assunte indipendenti dall’azione sismica, applicate ai diversi blocchi;
Pk è la risultante delle forze peso applicate al k-esimo blocco (peso proprio del blocco, applicato nel suo baricentro,
sommato agli altri pesi portati);
Qk è la risultante delle forze peso non gravanti sul k-esimo blocco ma la cui massa genera su di esso una forza sismica
orizzontale, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell'edificio;
Fk è la generica forza esterna applicata ad uno dei blocchi; tali forze possono favorire l’attivazione del meccanismo (ad es.
spinte di volte) o ostacolarlo (ad es. archi di contrasto, ovvero forze attritive che si sviluppano in presenza di parti
della costruzione non coinvolte nel meccanismo);
GPyN è lo spostamento virtuale verticale del baricentro delle forze peso proprie e portate Pk, agenti sul k-esimo blocco,
assunto positivo se verso l’alto;
GF,N è lo spostamento virtuale del punto d’applicazione della forza esterna Fk, proiettato nella direzione della stessa (di
segno positivo o negativo a seconda che questa favorisca o contrasti il meccanismo);
GPQx,N è lo spostamento virtuale orizzontale del baricentro delle forze orizzontali D(Pk+Qk) agenti sul k-esimo blocco,
assumendo come verso positivo quello dell’azione sismica che attiva il meccanismo;
Li è il lavoro totale di eventuali forze interne (allungamento di una catena; scorrimento con attrito in presenza di
ammorsamento tra i blocchi del meccanismo, dovuto a moti relativi traslazionali o torsionali; deformazione nel piano
di solai o coperture collegate ma non rigide).
Il moltiplicatore Dche si ottiene dall’equazione [C8.7.1.1] rappresenta una stima per eccesso dell’effettivo moltiplicatore statico
di collasso (corrispondente all’attivazione del meccanismo in ambito dinamico).
Quest’ultimo può essere stimato come il più basso dei moltiplicatori Dottenuti per i meccanismi selezionati come possibili tra
quelli ricorrenti per configurazioni analoghe, in quanto caratterizzati da condizioni statiche e cinematiche realistiche; in tal senso,
la forma geometrica delle porzioni di muratura coinvolte nella catena cinematica (e la posizione delle cerniere) dovrebbe
derivare, nell’ambito di ciascuna classe di meccanismo, da un processo di minimizzazione, facendo riferimento anche a modelli
attritivi a blocchi rigidi (identificazione del meccanismo corretto).
Un caso particolarmente significativo è quello di una parete che, pur essendo collegata alle pareti di spina ortogonali attraverso
un ammorsamento murario parzialmente efficace, ribalta fuori dal proprio piano medio (ribaltamento semplice). A meno che non
sia già in atto un distacco evidente dalle pareti ortogonali o che queste non siano totalmente prive di ammorsamento, tale
meccanismo può considerare il contributo stabilizzante esercitato dalle pareti ortogonali attraverso resistenze attritive. La
risultante della forza attritiva che può svilupparsi lungo l’altezza h dell’ammorsamento con una parete ortogonale (lesione
verticale a pettine, ipotizzando caratteristiche di ammorsamento pressoché uniformi) può essere ricavata in modo approssimato
dalla seguente espressione:
= 0.4 ( + 1)N ; `
[C8.7.1.2]
dove:
n è il numero dei filari interessati dalla lesione verticale (n=h/hb, dove hb è l’altezza media degli elementi costituenti la
muratura);
l è la lunghezza del singolo giunto attritivo, sovrapposizione tra i blocchi di due corsi successivi;
I è il coefficiente di ammorsamento, così definito I= hb/l; tale parametro è analogamente definito per il criterio di
resistenza a taglio per fessurazione diagonale, con rottura “a scaletta” nei giunti di malta, nell’equazione [C8.7.1.17];
P è il coefficiente d’attrito; un valore di riferimento è 0,577, identico a quello indicato per l’equazione [C8.7.1.17];
tS è lo spessore della parete trasversale (opportunamente ridotto nel caso di muratura a tre paramenti);
w è il peso specifico della muratura (valori sono suggeriti nella Tabella C8.5.I).
Il punto di applicazione di questa resistenza può essere assunto a quota 1/3h; si ricorda che l’altezza h (ovvero la estensione della
cerniera) dovrebbe essere identificata attraverso un processo di minimizzazione del moltiplicatore D.
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Queste resistenze attritive si sviluppano anche nel caso in cui la lesione non sia “a pettine” (verticale) ma presenti un andamento
inclinato. Tuttavia la [C8.7.1.2] può essere considerata valida solo nel caso di lesione verticale, perché nel caso di lesione inclinata
le rotazioni e i distacchi tendono ad essere prevalenti sugli scorrimenti. Nel caso limite di lesione secondo la “scaletta” naturale
(definita dal parametro I in genere si ha solo distacco per rotazione e il contributo attritivo si annulla; la [C8.7.1.2] è stata
formulata assumendo un coefficiente riduttivo pari a 0,8, per considerare che, anche nel caso di lesione verticale, non si ha uno
scorrimento puro.
Si fa inoltre presente che la [C8.7.1.2] non considera il contributo di eventuali carichi applicati in sommità ai muri ortogonali a
quello in esame, quali parapetti o solai e coperture, i quali incrementano lo stato di sollecitazione verticale sulle superfici di
ammorsamento (ciò avviene in misura ridotta anche nel caso di lesione verticale “a pettine”, a seguito della diffusione delle
tensioni nella muratura). L’entità di questa resistenza aggiuntiva può essere stimata e il suo punto di applicazione, in genere, può
essere assunto a quota 1/2h.
La curva DdC, ottenuta attraverso l’analisi cinematica non lineare, rappresenta (a meno dell’accelerazione di gravità g) la curva
forza reattiva-spostamento, o curva di spinta, del meccanismo locale. Per la sua determinazione è necessario considerare se, con
l’evolversi del cinematismo, le forze interne ed esterne si modificano o si mantengono costanti.
dove:
g è l’accelerazione di gravità;
FC è il Fattore di Confidenza, che in questo caso si applica direttamente alla capacità in termini di resistenza (nel caso in
cui, per la valutazione del moltiplicatore Dnon si tenga conto della resistenza a compressione della muratura, il
fattore di confidenza da utilizzare sarà comunque quello relativo al livello di conoscenza LC1;
GCx è lo spostamento virtuale orizzontale del punto di controllo valutato, così come gli spostamenti virtuali GPQx,k, a partire
dalla configurazione indeformata iniziale;
e* è la frazione di massa partecipante che, in prima approssimazione, può essere valutata considerando gli spostamenti
virtuali relativi al cinematismo (misurati a partire dalla configurazione indeformata iniziale) come rappresentativi del
modo di vibrazione del meccanismo locale.
_
( | ),
&I = ( | )_ ( | )
[C8.7.1.5]
_ ,
La curva di capacità così ottenuta presuppone che il comportamento del meccanismo, prima della sua attivazione, sia
infinitamente rigido; questa assunzione è ammissibile nel caso di meccanismi fuori dal piano di pareti murarie inizialmente
vincolate con continuità alle pareti trasversali, in quanto le prime, precedentemente all’attivazione del meccanismo stesso, non
sono caratterizzate da un comportamento dinamico autonomo.
Nel caso invece di elementi liberi di vibrare (quali parapetti, porzioni svettanti di facciate, pinnacoli o merlature, ecc.) è
necessario considerare che la loro risposta, prima che si verifichino le condizioni di attivazione del cinematismo, è dinamica
elastica, anche se spesso caratterizzata da un basso periodo di vibrazione; è quindi necessario introdurre un ramo elastico iniziale
nella curva di capacità, legando l’accelerazione a allo spostamento d mediante il periodo T0 attraverso la equazione [C8.7.1.6].
= [C8.7.1.6]
Il periodo T0, a sua volta, può essere stimato, a partire dalla soluzione della trave con massa distribuita, con la formula:
m4 = Z [C8.7.1.7]
¡
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dove:
g è l’accelerazione di gravità;
N è un coefficiente che vale 6,2 per elementi svettanti (mensola) e 2,2 per meccanismi flessionali verticali (trave
appoggiata);
L è la lunghezza dell’elemento;
O è la snellezza dell’elemento (rapporto tra la lunghezza L e lo spessore t);
W è il peso specifico della muratura;
E è il modulo elastico della muratura (valori sono suggeriti nella Tabella C8.5.I); si suggerisce di introdurre un valore
ridotto per considerare condizioni fessurate.
Questo tratto lineare definisce il primo ramo della curva di capacità fino all’intersezione (ay, dy) con la curva di capacità del
meccanismo locale in coordinate spettrali, come ottenuta dalla curva di spinta risultante dall’analisi cinematica non lineare
mediante la trasformazione di variabili (C8.7.1.4) e (C8.7.1.5).
C8.7.1.2.1.4 Azioni spettrali da applicare nella verifica dei meccanismi locali
Per la verifica dei meccanismi locali occorre valutare correttamente gli effetti di interazione dinamica con la costruzione, in
relazione alle sue caratteristiche dinamiche (frequenze proprie) e alla quota alla quale gli elementi soggetti a verifica sono
collocati (forme modali). Per la determinazione degli spettri di risposta alle diverse quote della costruzione, si può fare
riferimento al § C7.2.3 e, in particolare, alle equazioni [C.7.2.5÷10].
In particolare, per tener conto delle non linearità della struttura principale, che producono una riduzione dell’amplificazione
delle accelerazioni relative ai meccanismi locali, occorre valutare lo smorzamento viscoso equivalente [k e l’incremento del
periodo equivalente Tk, da introdurre nelle equazioni suddette.
È quindi opportuno valutare lo spettro alla quota z con parametri compatibili con il livello di duttilità richiesto, alla struttura
principale, dall’azione corrispondente alla formazione del meccanismo locale ricordando che, nella risposta globale allo stato
limite ultimo, gli edifici in muratura presentano un incremento del periodo equivalente compreso tra il 50% ed il 100% e
raggiungono valori di smorzamento viscoso equivalente variabili dal 10% fino al 20%.
Infine, si segnala che, nel caso di meccanismi locali che coinvolgano significative porzioni di muratura (ad esempio porzioni
svettanti di facciate), la verifica per sottostrutture non è pienamente legittima, in quanto sarebbe necessario considerare
l’interazione dinamica tra struttura principale e secondaria. Tale interazione comporta una riduzione della domanda in
accelerazione sulla struttura secondaria, che può essere eventualmente stimata attraverso un opportuno coefficiente funzione del
rapporto tra la massa di quest’ultima e quella della struttura principale; la formulazione proposta fornisce comunque una stima
cautelativa della massima amplificazione spettrale.
C8.7.1.2.1.5 Verifica dello Stato Limite di Danno del meccanismo locale
Nel caso dei meccanismi locali l’attivazione del meccanismo comporta l’apertura di lesioni, una condizione che può essere ancora
lontana dal vero e proprio ribaltamento; peraltro, la presenza di un quadro fessurativo non necessariamente indica l’attivazione
di un meccanismo di dissesto. Tuttavia, nel caso di elementi murari non efficacemente connessi al resto della costruzione per
l’assenza di catene, di ammorsamento con i muri ortogonali, di collegamenti con i diaframmi orizzontali, la vulnerabilità nei
confronti di questo stato limite può risultare elevata, come è stato osservato frequentemente a seguito dei passati terremoti.
Nell’ipotesi che la porzione rappresentata dal sistema di corpi rigidi si comporti come infinitamente rigida fino all’attivazione del
cinematismo, questo si attiva quando l’accelerazione massima alla quota z (aZ) a cui si colloca il meccanismo locale in esame è
uguale all’accelerazione a0 corrispondente al moltiplicatore di attivazione D0:
a£,¤¥ = [C8.7.1.8]
I#a
Nel caso invece di meccanismi locali relativi ad elementi liberi di vibrare (quali parapetti, porzioni svettanti di facciate, pinnacoli
o merlature, ecc.) è necessario considerare la domanda in accelerazione (alla quota z) corrispondente al periodo caratteristico
iniziale T0 del meccanismo (per uno smorzamento [=5%, a meno di più accurate valutazioni da adottare in funzione della
geometria e delle condizioni di vincolo) e confrontarla con la capacità ay (che può in genere essere approssimata da 0):
W
S£,¤¥ (m4 ) = § [C8.7.1.9]
#a I#a
Per la verifica è, in entrambi i casi, necessario valutare l’accelerazione al suolo ag,SLD, rispettivamente attraverso la [C7.2.11] o la
[C7.2.5], e confrontarla con l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di superamento corrispondente
allo stato limite di danno per la struttura oggetto di verifica.
C8.7.1.2.1.6 Verifica degli Stati Limite Ultimi di Salvaguardia della Vita (SLV) e di prevenzione del Collasso (SLC)
La verifica a stato limite ultimo può essere eseguita con riferimento ad uno dei due stati limite (SLV o SLC) individuati sulla
curva di capacità attraverso opportune soglie dello spostamento spettrale d.
SLV: lo spostamento dSLV corrisponde al minore tra gli spostamenti così definiti:
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il 40% dello spostamento d0 per cui si annulla l’accelerazione spettrale valutata su una curva di capacità in cui si
considerino solamente le azioni di cui è verificata la presenza fino al collasso;
lo spostamento corrispondente a situazioni nelle quali si verifichino rotture di elementi, quali catene o altri collegamenti,
che, pur non comportando problemi di equilibrio, producano una riduzione della capacità, in termini di accelerazione,
superiore al 50% del valore massimo; ovviamente non devono verificarsi le condizioni di seguito indicate per lo SLC (ad
esempio sfilamento di travi, collasso di volte).
SLC: lo spostamento dSLC corrisponde al minore tra gli spostamenti così definiti:
il 60% dello spostamento d0 per cui si annulla l’accelerazione spettrale valutata su una curva di capacità in cui si
considerino solamente le azioni di cui è verificata la presenza fino al collasso;
lo spostamento corrispondente a situazioni localmente incompatibili con la stabilità degli elementi della costruzione (ad
esempio sfilamento di travi, collasso di volte), nei casi in cui questo sia valutabile.
Per la verifica si utilizzano, in genere, metodi di analisi non lineare, statica o dinamica; la verifica allo SLV può essere eseguita
anche adottando un metodo lineare, considerando solo il moltiplicatore di attivazione del meccanismo e utilizzando un fattore di
comportamento q.
Le procedure descritte nel seguito sono state calibrate per meccanismi nei quali gli spostamenti dei punti di tutti i corpi rigidi
coinvolti si mantengano paralleli ad uno stesso piano; condizioni di vincolo più complesse, che comportino ad esempio
l’attivazione di cerniere torsionali, possono non esser adeguatamente rappresentante dalle equazioni che seguono.
C8.7.1.2.1.7 Verifica semplificata dello SLV con fattore di comportamento q (analisi cinematica lineare)
Questo metodo di verifica può essere utilizzato quando non viene calcolata la curva di capacità a(d), ma solo il moltiplicatore
Dche attiva il meccanismo. Tale semplificazione può essere conveniente, in particolare, per meccanismi complessi, identificati
tenendo conto anche del contributo dell’attrito e dell’interazione con altri elementi della costruzione, per i quali l’esecuzione di
un’analisi cinematica non lineare risulterebbe problematica.
L’accelerazione al suolo ag,SLV può essere calcolata moltiplicando per un fattore di comportamento q l’accelerazione valutata per
lo SLD (ag,SLD), attraverso le equazioni [C8.7.1.8] e [C7.2.8], nel caso di meccanismi locali rigidamente vincolati alla struttura
principale, o le equazioni [C8.7.1.9] e [C7.2.5], nel caso di elementi liberi di vibrare.
In assenza di valutazioni più accurate, che tengano conto del tipo di meccanismo e dello spessore delle pareti, si può assumere q =
2.
L’accelerazione al suolo ag,SLV deve essere confrontata con l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di
superamento dello SLV nella vita di riferimento, come definita al §3.2 delle NTC.
C8.7.1.2.1.8 Verifica in spostamento allo SLV e allo SLC (analisi cinematica non lineare)
La verifica in spostamento si esegue calcolando l’accelerazione al suolo che produce una domanda di spostamento sul
meccanismo locale pari a quella prima definita come corrispondente al raggiungimento dello SLV o dello SLC. A tal fine è
necessario valutare, a partire dalla curva di capacità a(d), il periodo equivalente caratteristico dei due stati limite:
q©ª«
m¤¨ = 1,68Z [C8.7.1.10]
W(q©ª« )
q©ª
m¤a = 1,56Z [C8.7.1.11]
W(q©ª )
Tali periodi sono opportunamente ridotti rispetto a quelli corrispondenti allo spostamento ultimo assunto, tenendo conto della
dispersione dei risultati in prossimità della soglia di instabilità dinamica.
La domanda di spostamento sul meccanismo locale allo SLV corrisponde al valore massimo dello spostamento spettrale valutato
nell’intervallo di periodi [T0, TSLV]. Questo criterio deve essere seguito nel caso in cui siano stati selezionati accelerogrammi di
sito o sia stata svolta un’analisi di risposta sismica locale (spettro di spostamento non strettamente crescente con il periodo T
anche per bassi periodi), in quanto i picchi dello spettro sono spesso associati a impulsi particolarmente pericolosi.
Nel caso in cui il meccanismo locale che si sta verificando sia collocato a livello del suolo e la verifica sia effettuata tramite gli
spettri di norma, la domanda di spostamento è quella calcolata attraverso lo spettro di risposta elastico in spostamento SDe(T) (§
3.2.3.2.3 delle NTC) per i valori caratteristici del periodo corrispondenti ai due stati limite.
Per meccanismi ad una quota z dell’edificio è necessario fare riferimento allo spettro in accelerazione alla quota z (v. formula
[C7.2.5]), trasformato in spettro in spostamento sempre alla quota z moltiplicandolo per T2/4S2. Per la verifica a stato limite ultimo
dei meccanismi locali, considerato che i periodi di interesse dello spettro sono in genere lunghi, è sufficiente considerare il solo
primo modo di vibrazione, o comunque il primo tra quelli caratterizzati da spostamenti significativi nella zona dove si sviluppa il
meccanismo locale.
Considerato che la domanda di spostamento deve essere valutata, per quanto sopra detto, su uno spettro di spostamento non
decrescente con il periodo T, è possibile riferirsi alle seguenti espressioni per lo SLV:
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©ª« ®
¤¨ = ¬£ (m¤¨ , J, ) @ ¬£ (m , J, ) H&¯m¤¨ > m ° [C8.7.1.12]
Dalla espressione [C8.7.1.12] è possibile calcolare l’accelerazione al suolo ag,SLV (nel caso in cui questa risulti minore di agSLD
calcolata al § C8.7.1.2.1.5, si assume quest’ultima anche per lo SLV). Per la verifica, agSLV deve essere confrontata con
l’accelerazione di riferimento al suolo ag valutata per la probabilità di superamento dello SLV nella vita di riferimento, come
definita al § 3.2 delle NTC.
Un’espressione analoga alla [C8.7.1.12] consente di valutare la domanda di spostamento allo SLC e i corrispondenti valori di
ag,SLC.
Nel calcolo della domanda di spostamento allo stato limite ultimo è importante considerare l’effetto della dissipazione, sia nel
calcolo dello spettro in quota (non linearità della struttura principale), sia nella valutazione della domanda di spostamento (non
linearità del meccanismo locale). In assenza di valutazioni più accurate, lo smorzamento viscoso equivalente [ del meccanismo
locale può essere assunto complessivamente pari all’8% per lo SLV e al 10% per lo SLC. È inoltre opportuno che lo smorzamento
[1 e il periodo T1 dell’edificio siano valutati considerando il livello di non linearità raggiunto dalla struttura principale in
corrispondenza dei valori ag,SLV e ag,SLC.
C8.7.1.2.1.9 Verifica con analisi dinamica non lineare dello SLV e SLC
La verifica con analisi dinamica non lineare può essere effettuata facendo ricorso ad approcci computazionali avanzati, anche a
più gradi di libertà, in grado di simulare il distacco, la formazione del meccanismo locale e la risposta dinamica della struttura
muraria, quali ad esempio approcci agli elementi distinti o approcci a macroelementi.
La rappresentazione dell’azione sismica mediante accelerogrammi in linea di principio consente di tenere conto, in modo
adeguato, di fattori importanti nella risposta dinamica dei meccanismi locali che si manifestano nelle strutture murarie, quali ad
esempio la distanza epicentrale, la sequenza e la durata dei picchi del segnale accelerometrico, fattori questi che possono essere
rappresentati solo parzialmente attraverso uno spettro di risposta. Per contro, però, tali fattori è possibile conoscerli con un
accettabile grado di dettaglio esclusivamente dopo che si è manifestato l’evento. A tal fine,in fase di analisi, il numero di
accelerogrammi rappresentativi da considerare è in genere maggiore che per la verifica con analisi dinamica non lineare delle
risposta globale, per tener conto della sensibilità della risposta dei meccanismi locali alle caratteristiche del singolo
accelerogramma.In particolare, si consiglia di ricercare combinazioni di accelerogrammi naturali compatibili con gli spettri in
accelerazione delle NTC, utilizzando cataloghi di registrazioni digitali, affidabili nelle componenti a lungo periodo dello spettro
di risposta.
Molti meccanismi locali possono essere descritti anche attraverso un sistema dinamico non lineare a un grado di libertà, la cui
formulazione richiede la definizione di una relazione forza-spostamento appropriata e la stima della massa associata al
meccanismo locale e dei fenomeni di dissipazione che si manifestano nella risposta dinamica.
La formulazione del modello può discendere dalla descrizione della catena cinematica di blocchi rigidi che rappresenta il
meccanismo locale e quindi la relativa curva scheletro può coincidere con la curva di capacità definita ai § C8.7.1.2.1.2 e §
C8.7.1.2.1.3. Il modello può anche essere arricchito per tenere conto della cedevolezza dei vincoli e dei contatti, della non perfetta
monoliticità dei blocchi murari, della deformabilità iniziale e di quant’altro per una migliore rappresentazione dell’effettivo
comportamento dinamico del meccanismo locale.
Per quanto attiene ai fenomeni di dissipazione, questi possono essere modellati considerando diversi contributi:
1) un opportuno coefficiente di restituzione atto a rappresentare la perdita dell’energia cinetica dovuta all’urto tra i
blocchi, funzione del tipo di meccanismo e della snellezza degli elementi;
2) una dissipazione viscosa equivalente, rappresentativa della risposta elastica iniziale e che può includere anche l’effetto
del coefficiente di restituzione (quando non esplicitamente modellato);
3) una dissipazione dovuta a locali plasticizzazioni e a meccanismi attritivi, direttamente modellata attraverso il
comportamento isteretico.
La verifica con analisi dinamica non lineare consente anche di rappresentare la risposta di meccanismi non simmetrici, in
particolare quelli influenzati da vincoli monolateri, come nel caso dell’oscillazione fuori dal piano di una parete che si può
verificare solo verso l’esterno.
In assenza di valutazioni più accurate, gli stati limite ultimi SLV e SLC si intendono rispettati a condizione che la soglia di
spostamento d0 rappresentativa della crisi della struttura non venga superata per alcuna delle analisi dinamiche effettuate e che la
media degli spostamenti massimi ottenuti, per i diversi segnali accelerometrici utilizzati, attraverso l’integrazione delle equazioni
del moto non ecceda, per ciascuno dei due stati limite, la rispettiva soglia di spostamento dSLV o dSLC così come definita al §
C8.7.1.2.1.6.
C8.7.1.3 MECCANISMI GLOBALI METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI VERIFICA
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L’analisi globale della risposta sismica degli edifici con struttura muraria “singoli” (cioè non facenti parte di un aggregato) può
essere effettuata sia mediante l’analisi dei singoli setti murari sottoposti alle azioni di loro competenza (nel proprio piano e fuori
dal proprio piano) in base ad una suddivisione per aree di influenza (come già esposto), sia mediante un modello globale in
grado di ripartire tra i vari setti le azioni sismiche agenti sull’intero fabbricato. La scelta deve essere effettuata in base alle
effettive capacità degli elementi costruttivi presenti di garantire la ripartizione delle azioni orizzontali.
L’analisi e le verifiche devono essere condotte considerando le sollecitazioni e le capacità di tutti gli elementi costruttivi, quali le
pareti, i diaframmi di piano, le connessioni tra essi e con gli eventuali presidi di rinforzo (quali ad esempio gli incatenamenti).
Nelle scelte di modellazione occorre considerare le incertezze sulle caratteristiche meccaniche delle murature, degli elementi
lignei, dei vincoli tra gli elementi strutturali e dei vincoli esterni (ad esempio con edifici in aderenza la cui modellazione esplicita
sia omessa). Oltre a ciò, può essere opportuno condurre diverse analisi con modelli alternativi e/o formulare diverse ipotesi nel
campo di variabilità dei parametri in gioco.
La verifica della risposta globale di costruzioni esistenti in muratura allo stato limite ultimo può essere eseguita con i metodi
dell’analisi lineare o non lineare.
Nell’analisi lineare, per la verifica a SLV le sollecitazioni in ciascun elemento sono valutate con un’azione sismica ridotta dal
fattore di comportamento q; tali sollecitazioni, eventualmente ridistribuite secondo quanto indicato al § 7.8.1.5.2 delle NTC,
devono essere verificate con i criteri di resistenza indicati nel seguito.
Nell’analisi non lineare, il controllo della compatibilità tra sollecitazioni e resistenze a livello di singolo elemento è eseguito nel
corso dell’analisi stessa e la verifica è effettuata a livello globale attraverso un confronto tra la domanda di spostamento e la
corrispondente capacità. Eventuali meccanismi di rottura ritenuti significativi, ma non esplicitamente considerati nell’analisi (ad
esempio quelli relativi ad alcuni elementi di connessione), devono essere verificati a posteriori.
Nel caso i diaframmi orizzontali siano di rigidezza trascurabile, ovvero non in grado di garantire una significativa ripartizione
delle azioni sismiche tra le diverse pareti murarie, l’analisi globale della risposta sismica può essere effettuata analizzando i
singoli setti murari, sottoposti alle azioni di loro competenza in base a una suddivisione per aree di influenza.
Nel caso invece di diaframmi dotati di rigidezza non trascurabile, l’analisi della risposta sismica globale può essere effettuata con
uno dei metodi di cui al § 7.3, con le precisazioni e le restrizioni indicate al § 7.8.1.5, delle NTC. In particolare è possibile
utilizzare l’analisi statica non lineare assegnando, come distribuzioni principale e secondaria, rispettivamente, la prima
distribuzione, sia del Gruppo 1, sia del Gruppo 2, indipendentemente dalla percentuale di massa partecipante sul primo modo.
Nel caso di diaframmi di rigidezza finita, non potendosi definire lo spostamento del centro di massa dell’ultimo livello (v. §
7.3.4.2 delle NTC), lo spostamento dC da assumersi per la curva di capacità può essere coerentemente assunto come lo
spostamento medio tra quello delle diverse pareti, pesato con le corrispondenti masse sismiche.
Nella modellazione globale eventuali porzioni di muratura in grado di accoppiare la risposta degli elementi verticali possono
essere considerate parte del sistema resistente, quando siano verificate entrambe le seguenti condizioni:
la porzione considerata sia sorretta da un architrave, da un arco o da una piattabanda strutturalmente efficace, che ne
garantisca il sostegno anche nel caso in cui la stessa sia fessurata e danneggiata dal sisma;
essa sia efficacemente ammorsata alle pareti che la sostengono (ovvero sia possibile confidare in una resistenza
orizzontale a trazione, anche se limitata) o si possa instaurare nella porzione un meccanismo resistente a puntone
diagonale (ad esempio per la presenza di una catena o di un elemento accoppiato resistente a trazione).
Per le verifiche di sicurezza nei riguardi del comportamento sismico globale, è possibile applicare quanto prescritto dalle NTC
per la progettazione delle nuove costruzioni in muratura, con le precisazioni nel seguito riportate.
Nel caso dell’analisi statica non lineare la capacità in spostamento relativa ai diversi stati limite è valutata, sulla curva taglio di
base-spostamento, nei modi appresso indicati:
SLC: per la definizione della bilineare equivalente, identificata seguendo i criteri indicati al § C.7.3.4.2, lo spostamento ultimo a
SLC è dato dal minore tra quelli forniti dalle seguenti due condizioni:
quello corrispondente ad un taglio di base residuo pari all’80% del massimo;
quello corrispondente al raggiungimento della soglia limite della deformazione angolare a SLC in tutti i maschi murari
verticali di un qualunque livello in una qualunque parete ritenuta significativa ai fini della sicurezza (questo controllo
può essere omesso nelle analisi quando i diaframmi siano infinitamente rigidi o quando sia eseguita l’analisi di una
singola parete).
SLV: lo spostamento ultimo a SLV, sulla bilineare equivalente sopra definita, è pari a ¾ dello spostamento a SLC
SLD: lo spostamento corrispondente è il minore tra gli spostamenti ottenuti dalle seguenti due condizioni:
quello corrispondente al limite elastico della bilineare equivalente, definita a partire dallo spostamento ultimo a SLC;
quello corrispondente al raggiungimento della resistenza massima a taglio in tutti i maschi murari verticali in un
qualunque livello di una qualunque parete ritenuta significativa ai fini dell’uso della costruzione (e comunque non
prima dello spostamento per il quale si raggiunge un taglio di base pari a 3/4 del taglio di base massimo).
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La domanda di spostamento, da confrontarsi con le suddette capacità di spostamento ai diversi stati limite, può essere valutata
sul sistema bilineare equivalente attraverso le espressioni indicate nel § C.7.3.4.2, valide sia per la risposta in campo non lineare
(SLV, con q*d3, e SLC, con q*d4) che in campo lineare equivalente (SLO e SLD).
Nel caso di analisi dinamica non lineare, le domande di spostamento, per ciascuna direzione e verso, sono rappresentate dalla
media dei valori massimi ottenuti applicando un numero significativo di storie temporali, compatibili con le condizioni di
pericolosità del sito. Ciascuna domanda di spostamento deve essere confrontata con la corrispondente capacità ottenuta da
un’analisi statica non lineare. Quest’ultima può essere definita attraverso un confronto tra le curve forza-spostamento cicliche,
ottenute dalle analisi dinamiche, e quelle monotone, ottenute dalle analisi statiche con le due distribuzioni di forze come sopra
indicato; in assenza di tale valutazione è possibile considerare la capacità di spostamento minore tra quelle fornite dalle due
distribuzioni.
dove (assumendo nel piano della parete una terna destrorsa): Mi e Mj sono le rotazioni, uj e ui sono gli spostamenti orizzontali, u0 è
lo spostamento orizzontale del punto di flesso, hi e hj sono le luci di taglio (essendo h = hi + hj l’altezza dell’elemento). Lo
spostamento ultimo a SLC è definito in corrispondenza di una rotazione della corda pari a 0,01.
Il criterio di resistenza per la verifica a taglio scorrimento, da valutare nelle sezioni soggette a momento massimo (solitamente le
due sezioni di estremità del pannello), è quello indicato al § 7.8.2.2.2 delle NTC, utilizzando i valori di fv0 indicati in tabella 8.5.1,
con la precisazione che la limitazione fv,lim relativa alla rottura dei blocchi è fornita dalla seguente relazione, ricavata per blocchi
di forma standard:
4.4µ-K¶
¨,Dv: = [C8.7.1.14]
4.·
dove fb è la resistenza a compressione del blocco, normalizzata. Lo spostamento ultimo a SLC è definito in corrispondenza di una
rotazione della corda, calcolata come sopra per la sezione di estremità di verifica, pari a 0.005.
Per le verifiche a taglio con fessurazione diagonale si rinvia ai due meccanismi di rottura definiti nel seguito.
Nelle fasce di piano i possibili meccanismi di rottura nel piano sono:
pressoflessione;
taglio con fessurazione diagonale.
Per le valutazioni relative alla pressoflessione nelle fasce, un aspetto critico della modellazione è la valutazione dell’azione
assiale, influenzata dall’interazione con i diaframmi orizzontali (in taluni modelli assunti rigidi) e dall’interazione cinematica tra
rotazione e deformazione assiale nelle fasce stesse (trascurata nei modelli a trave). Nel caso in cui siano presenti elementi
orizzontali dotati di resistenza a trazione (catene, cordoli), accoppiati alla fascia, si può fare utile riferimento al § 7.8.2.2.4 delle
NTC.
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Diversamente dal caso dei maschi, il dominio di resistenza a pressoflessione per le fasce può essere determinato tenendo conto
della resistenza a trazione (fftd) che si genera nelle sezioni di estremità per effetto dell’ingranamento con le porzioni di muratura
adiacenti. I meccanismi di rottura possono coinvolgere la resistenza per trazione dei blocchi fbtd o avvenire per scorrimento lungo
i giunti orizzontali; la resistenza a trazione orizzontale è quindi data dall’espressione:
K¶¹º ~½
Kbq = %¸ ; ¼4q + ° [C8.7.1.15]
; ¾
dove Vy è la tensione normale media agente sui giunti orizzontali nella sezione d’estremità; fv0d è la resistenza a taglio della
muratura in assenza di tensioni normali (che cautelativamente in questo contesto può essere trascurata); Pè il coefficiente
d’attrito locale del giunto;; I è il coefficiente di ingranamento murario, già definito nella equazione [C8.7.1.2].
In assenza di valutazioni più accurate, Vy può essere stimata pari a metà della tensione normale media V0 agente nei maschi
adiacenti. Stimata la resistenza a trazione della fascia fft, il dominio di resistenza a pressoflessione M-N può essere calcolato
ipotizzando la conservazione della sezione piana e un legame tensione-deformazione elastoplastico a compressione ed elasto-
fragile a trazione, nel caso di rottura dei blocchi, elastoplastico, eventualmente a duttilità controllata, nel caso di rottura per
scorrimento dei giunti. Per la resistenza a compressione occorre valutare quella in direzione orizzontale fh, usualmente inferiore a
quella in direzione verticale. Considerato che per le fasce il modello globale non è usualmente in grado di valutare in modo
affidabile l’azione assiale orizzontale, la resistenza per pressoflessione può essere calcolata in via cautelativa assumendo N=0.
Lo spostamento ultimo a SLC è valutato calcolando la deformazione angolare nelle due sezioni di estremità del pannello secondo
la [C8.7.1.13], eventualmente assumendo che il punto di flesso sia a metà dell’elemento; la soglia limite è pari a 0,02, in presenza
di elemento orizzontale resistente a trazione accoppiato alla fascia, 0,015 negli altri casi.
Per le valutazioni relative al taglio, sia nei maschi, sia nelle fasce, si distinguono due famiglie di murature:
le murature a tessitura irregolare, con rottura per trazione diagonale governata dal parametro W0;
le murature a tessitura regolare, per le quali la fessurazione può essere “a scaletta”, ossia con andamento diagonale
attraverso i giunti di malta (governata dal parametro di resistenza fv0, associato idealmente alla crisi dei giunti), oppure
diagonale attraverso gli inerti della muratura (governata dal parametro di resistenza fv,lim).
La Tabella C8.5.I, fornendo valori di riferimento per W0 e fv0, suggerisce quale criterio adottare in funzione della tipologia muraria;
per la tipologia “muratura in mattoni pieni e malta di calce” è possibile utilizzare, sulla base delle caratteristiche specifiche
rilevate dal progettista, alternativamente uno dei due metodi.
Nel caso di muratura irregolare, la resistenza a taglio di calcolo per azioni nel piano del pannello può essere valutata con la
relazione seguente:
1.5W 0 d V0 f td V
Vt l t 1 l t 1 0 [C8.7.1.16]
b 1.5W 0 d b f td
dove:
l è la lunghezza del pannello
t è lo spessore del pannello
V è la tensione normale media, riferita all’area totale della sezione (= P/lt, con P forza assiale agente, positiva se di
compressione)
ftd e W0d sono, rispettivamente, i valori di calcolo della resistenza a trazione per fessurazione diagonale e della corrispondente
resistenza a taglio di riferimento della muratura (ft = 1,5W); nel caso in cui tale parametro sia desunto da prove di
compressione diagonale, la resistenza a trazione per fessurazione diagonale ft si assume pari al carico diagonale di
rottura diviso per due volte la sezione media del pannello sperimentato valutata come t(l+h)/2, con t, l e h
rispettivamente spessore, base e altezza del pannello.
b è un coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione, dipendente dalla snellezza della parete.
Si può assumere b = h/l, comunque non superiore a 1,5 e non inferiore a 1, dove h è l'altezza del pannello.
Nel caso dei maschi la soglia limite della deformazione angolare a SLC è pari a 0,005 e, in assenza di più precise formulazioni, la
deformazione angolare rappresentativa di un pannello soggetto a taglio per fessurazione diagonale può essere valutata a partire
dai valori della rotazione della corda nei due estremi i e j (v. formula [C8.7.1.13]).
Nel caso delle fasce di piano, la resistenza a taglio può essere valutata con la formula [C8.7.1.16], nella quale la tensione media di
compressione V0, che può essere usualmente trascurata, è la maggiore tra quella orizzontale, se nota in maniera affidabile dal
modello di calcolo, e quella verticale, valutabile a partire dai carichi eventualmente trasmessi dai solai e dalla diffusione delle
tensioni verticali nei maschi murari adiacenti.
Raggiunto, allo SLC, il valore limite della deformazione angolare sopra indicato per i maschi, la presenza di un architrave
efficace consente di mantenere una resistenza a taglio residua anche per valori di deformazione angolare superiori a 0,015.
Qualora nel modello si considerassero anche le resistenze residue, in assenza di formulazioni più accurate, si possono adottare
valori della resistenza residua, come frazione di quella massima fornita dalla [C8.7.1.16], pari a:
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La porzione di aggregato che costituisce l’US comprende cellule tra loro legate in elevazione ed in pianta da un comune processo
costruttivo, e considera tutti gli elementi interessati dalla trasmissione a terra dei carichi verticali.
In particolare, il processo di indagine sugli aggregati edilizi si dovrebbe sviluppare, ove significativo in relazione alle verifiche da
effettuare e/o agli interventi previsti, attraverso l’individuazione di diversi strati d’informazione:
i rapporti tra i processi di aggregazione ed organizzazione dei tessuti edilizi;
i principali eventi che hanno influito sugli aspetti morfologici del costruito storico (fonti storiche);
la disposizione e la gerarchia dei cortili ed il posizionamento delle scale;
l’allineamento delle pareti (con particolare riferimento alle facciate, al disassamento dei fronti ed ai flessi planimetrici);
i rapporti spaziali elementari delle singole cellule murarie, nonché i rapporti di regolarità, ripetizione, modularità, ai
diversi piani, al fine di distinguere le cellule originare da quelle realizzate successivamente;
la forma e la posizione delle aperture nelle pareti: loro assialità, simmetria e ripetizione al fine di individuare il percorso di
trasmissione degli sforzi e la sua evoluzione nel tempo;
i disassamenti e le rastremazioni delle pareti, i muri poggianti “in falso” sui solai sottostanti, le differenze di quota tra
solai contigui.
L’US è caratterizzata da comportamento strutturale unitario nei confronti dei carichi orizzontali e verticali per cui,
nell’individuarla, si terrà conto della tipologia costruttiva e del permanere di elementi caratterizzanti, anche al fine di definire
interventi coerenti con la configurazione strutturale.
L’US deve comunque garantire con continuità il trasferimento dei carichi in fondazione e, generalmente, è delimitata o da spazi
aperti, o da giunti strutturali, o da edifici contigui costruiti, ad esempio, con tipologie costruttive e strutturali diverse, o con
materiali diversi, oppure in epoche diverse.
Tra le interazioni strutturali con gli edifici adiacenti occorre considerare: le azioni (sia verticali che orizzontali) provenienti da
solai o da pareti di US adiacenti; le spinte di archi e volte appartenenti ad US contigue; le spinte provenienti da archi di contrasto
o da tiranti ancorati su altri edifici; i martellamenti tra US adiacenti.
Ove necessario, occorre anche considerare gli effetti di: spinte causate da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune
con le US adiacenti; effetti locali causati da disallineamenti dei prospetti, differenze di altezza o di rigidezza tra US adiacenti;
azioni di ribaltamento e di traslazione nelle US di testata.
L'analisi di una US secondo i metodi utilizzati per edifici isolati, se effettuata modellando in maniera approssimata (o addirittura
trascurando) l'interazione con i corpi di fabbrica adiacenti, assume un significato largamente convenzionale, per cui la
determinazione della capacità sismica globale dell'US può essere eseguita attraverso metodologie semplificate.
Qualora i solai dell'edificio siano di rigidezza trascurabile si può procedere all'analisi delle singole pareti dell’US, ciascuna
analizzata come struttura indipendente, soggetta ai carichi verticali di competenza ed all'azione del sisma nella direzione
parallela alla parete; nel caso in cui la parete oggetto di verifica abbia continuità con quella di una US adiacente (ad esempio nel
caso delle facciate di aggregati in linea) è necessario stimare se l’azione sismica da prendere in considerazione non debba essere
incrementata rispetto a quella derivante dalle sole masse dell’US in esame (fatto che, ad esempio, si verifica nelle US di angolo o
di testata). L'analisi e le verifiche di ogni singola parete seguono i criteri esposti nei punti precedenti.
Nel caso di solai infinitamente rigidi o di rigidezza significativa, la verifica agli stati limite ultimi e/o di esercizio di una US in
aggregato può essere svolta, anche per edifici con più di due piani, mediante l'analisi statica non lineare analizzando e
verificando separatamente ciascun interpiano dell'edificio e trascurando la variazione della forza assiale nei maschi murari
dovuta all'effetto dell'azione sismica. Con l'esclusione di unità strutturali d'angolo o di testata, così come di parti di edificio non
vincolate o non aderenti su più lati alle US contigue (es. piani superiori di un edificio di maggiore altezza rispetto alle US
adiacenti), l'analisi può anche essere svolta trascurando gli effetti torsionali, ipotizzando che i solai, infinitamente rigidi, possano
unicamente traslare nella direzione considerata dell'azione sismica.
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cornicioni ecc.);
e. le pareti ortogonali siano tra loro ben collegate;
f. le murature non siano a sacco o a doppio paramento o, in generale, di cattiva qualità e scarsa resistenza (es. muratura in
“forati”, muratura con pietre tondeggianti di fiume o pareti di spessore chiaramente insufficiente).
Se l’intervento rispetta tutto quanto sopra descritto, lo stesso potrà essere considerato come un intervento di adeguamento e sarà
possibile omettere le analisi ante e post intervento.
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per il coefficiente parziale. Per i materiali nuovi o aggiunti si impiegano i valori di progetto.
Nel caso di analisi lineare con fattore di struttura q o di analisi non lineare, per gli elementi duttili la capacità si valuta dividendo
le proprietà dei materiali esistenti per il fattore di confidenza FC, per gli elementi fragili le proprietà dei materiali esistenti si
dividono sia per il fattore di confidenza FC sia per il coefficiente parziale. Per i materiali nuovi o aggiunti si impiegano i valori di
progetto.
C8.7.2.2.2 Analisi dinamica modale con spettro di risposta elastico o con fattore di comportamento q
Tale metodo di analisi è applicabile secondo quanto indicato al § 7.3.3.1 delle NTC, alle medesime condizioni di cui ai punti
precedenti. La prima modalità prevede che lo spettro di risposta da impiegare sia quello elastico di cui al § 3.2.3 delle NTC e si
applica con le stesse modalità di cui all’analisi statica lineare con spettro elastico; la seconda che si faccia riferimento ad uno
spettro di progetto, definito nel § 3.2.3 delle NTC, utilizzando le precisazioni riportate per l’analisi statica lineare con fattore q.
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0.225 § f yw ·
¨ ¸
¨ DU sx f ¸
0, 35
1 ª max (0,01; Z ' ) º § LV ·
Tu 0,016 (0,3Q ) « fc » ¨ ¸ 25© c ¹
(1,25100 U d ) [C8.7.2.1]
J el ¬ max (0,01; Z ) ¼ © h ¹
dove:
el= 1.5 per gli elementi primari ed 1.0 per gli elementi secondari (come definiti al § 7.2.3 delle NTC),
LV è la luce di taglio;
h è l’altezza della sezione;
Q N /( A c f c ) è lo sforzo assiale normalizzato di compressione agente su tutta la sezione Ac;
U sx Asx bw sh è la percentuale di armatura trasversale ( sh = interasse delle staffe nella zona critica);
(bo e ho dimensioni del nucleo confinato, bi distanze delle barre longitudinali trattenute da tiranti o staffe
presenti sul perimetro).
Per le pareti il valore dato dall’espressione (C8.7.2.1) deve essere diviso per 1,6.
Negli elementi non dotati di adeguati dettagli di tipo antisismico o per i quali non sia stata effettuata una verifica di duttilità,
quindi con percentuali di armatura trasversale e longitudinale diverse da quelle ottenibili utilizzando le indicazioni riportate per
la progettazione delle nuove costruzioni, il valore dato dall’espressione [C8.7.2.1] deve essere moltiplicato per 0,85.
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dove dbL è il diametro (medio) delle barre longitudinali. Il fattore [C8.7.2.3] non tiene in conto della riduzione connessa
all’assenza di adeguati dettagli di tipo antisismico; in tal caso la [C8.7.2.3] va moltiplicata per 0.85.
Per gli elementi armati con barre longitudinali lisce continue, senza sovrapposizione in corrispondenza della regione plastica, la
capacità di rotazione in condizioni di collasso è definita dalla [C8.7.2.1]. Viceversa, se le barre longitudinali lisce sono
caratterizzate, a partire dalla sezione di estremità dell’elemento, da una sovrapposizione di lunghezza lo il valore dato
dall’espressione (8.7.2.1) deve essere moltiplicato per il fattore:
La decurtazione valutata con la [C8.7.2.4] è applicabile solo per sovrapposizioni costituite dalla presenza di ganci ad uncino di
estremità; la lunghezza lo è definita al netto delle dimensioni degli uncini. In assenza di ganci ad uncino di estremità il valore dato
dalla [C8.7.2.4] è opportuno sia assunto pari a zero. Inoltre, il fattore [C8.7.2.4] non tiene in conto della riduzione connessa
all’assenza di adeguati dettagli di tipo antisismico; in tal caso la [C8.7.2.4] è moltiplicata per 0,85.
Allo SLC, per la valutazione della capacità {u in termini di rotazione totale rispetto alla corda può essere utilizzata anche la
seguente equazione:
1 § §
¨ T (Iu I y ) L pl ¨1
0,5L · ·
Tu ¨
pl
¸¸ ¸ [C8.7.2.5]
J el ¨© y © LV ¹¹
¸
dove Ty è la rotazione rispetto alla corda allo snervamento definita in [C8.7.2.7a] e [C8.7.2.7b], Iu è la curvatura ultima valutata
considerando le deformazioni ultime del calcestruzzo (tenuto conto del confinamento) e dell’acciaio (da stimare sulla base
dell’allungamento uniforme al carico massimo, in mancanza di informazioni si può assumere che la deformazione ultima
dell’acciaio sia pari al 4%), Iy è la curvatura allo snervamento valutata considerando l’acciaio alla deformazione di snervamento
d bL f y
L pl 0,1LV 0,17h 0,24 [C8.7.2.6]
fc
dove h è l’altezza della sezione, dbL è il diametro (medio) delle barre longitudinali, ed fc e fy sono rispettivamente la resistenza a
compressione del calcestruzzo e la resistenza a snervamento dell’acciaio longitudinale (in MPa), ottenute come media delle prove
eseguite in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di
Conoscenza raggiunto.
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LV § h · d f
Ty Iy 0,0013¨¨1 1,5 ¸¸ 0,13I y b y [C8.7.2.7a]
3 © LV ¹ fc
per pareti
LV § L · db f y
Ty Iy 0,002¨1 0,125 V ¸ 0,13I y [C8.7.2.7b]
3 © h ¹ fc
dove Iy è la curvatura al raggiungimento della tensione di snervamento della sezione terminale, h l’altezza della sezione, db è il
diametro (medio) delle barre longitudinali, ed fc e fy sono rispettivamente la resistenza a compressione del calcestruzzo e la
tensione di snervamento dell’acciaio longitudinale in [MPa], ottenute come media delle prove eseguite in sito e da fonti
aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto.
dove, oltre al significato dei simboli già noti, z è il braccio delle forze interne.
per le sezioni circolari:
S Asx
VW f yw D 2c [C8.7.2.10]
2 s
Il valore della resistenza a taglio fornito dalla (8.7.2.8) non può essere assunto maggiore del valore della resistenza a “taglio
compressione”, valutata come per le condizioni non sismiche (Eq. [4.1.28] delle NTC), utilizzando T = 45° ed assumendo fcd pari
alla resistenza media del calcestruzzo divisa per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza
raggiunto e per il coefficiente parziale del materiale.
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Nella [8.7.2.8] μª
rappresenta la parte plastica della domanda di duttilità ed è espressa dalla relazione: k,oD = k 1
dove k è la domanda di duttilità espressa come rapporto tra la rotazione massima T m per il livello di azione sismica considerato
e la rotazione di prima plasticizzazione T y . Ove necessario, la relazione tra duttilità di rotazione e duttilità di curvatura si ottiene
dalla [8.7.2.7], con Im al posto di Iu, essendo Im la domanda di curvatura massima per il livello di azione considerato.
Nella [8.7.2.8], in assenza di specifiche valutazioni, l'altezza della zona compressa della sezione può essere calcolata in maniera
semplificata attraverso la relazione: x h 0, 25 0,85 N Ac f c d 1 .
La resistenza a taglio in condizioni sismiche può essere valutata come indicato nel seguito.
Quando la domanda di duttilità P ' dell’elemento è inferiore a 2, la resistenza a taglio è data dalla maggiore tra la resistenza a
taglio con armatura trasversale per le condizioni non sismiche (Eq. [4.1.29] delle NTC) e la resistenza a taglio ciclica fornita dalla
[8.7.2.8]. Quando P ' ! 3 , la resistenza a taglio è quella relativa alle condizioni cicliche, valutata attraverso la [8.7.2.8]. Per le
situazioni intermedie, si interpola linearmente tra la resistenza a taglio per P ' 2 e quella ottenuta in base alla [8.7.2.8] per
P' 3.
Per i carichi gravitazionali e, in generale, quando la domanda di duttilità P ' dell’elemento è inferiore a 1, la resistenza a taglio
può essere valutata, alternativamente, come per gli elementi senza armature trasversali resistenti a taglio (§ 4.1.2.3.5.1 delle NTC).
In questo caso si deve verificare che, per l’azione considerata, la domanda a flessione o a pressoflessione non superi la
corrispondente capacità al limite elastico (momento di prima plasticizzazione come definito al § 4.1.2.3.4.2 delle NTC) in
entrambe le direzioni principali della sezione. Nel caso in cui si adottino metodi di analisi lineari, la domanda dovuta alle azioni
x
+
&"
X
In condizioni sismiche, un approccio prudenziale suggerisce che la resistenza a taglio valutata con riferimento agli elementi senza
armature trasversali venga considerata esclusivamente per le strutture in cui la domanda plastica sia in ogni caso contenuta, ad
es. grazie all’uso di tecniche di protezione passiva quali i controventi (elastici o dissipativi) o l’isolamento sismico.
Nel caso di rinforzi di edifici esistenti, la messa in opera dei controventi dissipativi comporta problematiche e difficoltà differenti
a seconda del tipo di struttura. Particolarmente negli edifici in cemento armato occorre curare la connessione con i telai,
verificando correttamente le sollecitazioni trasmesse alle membrature esistenti e eventualmente predisponendo sistemi di
ridistribuzione degli sforzi di taglio nei pilastri e di trazione nelle travi e negli orizzontamenti, utilizzando opportuni tiranti e
piastre di ancoraggio.
Nodi trave-pilastro
La verifica di resistenza deve essere eseguita solo per i nodi non interamente confinati come definiti al § 7.4.4.3 delle NTC. Deve
essere verificata sia la resistenza a trazione diagonale che quella a compressione diagonale. Per la verifica si possono adottare le
seguenti espressioni:
per la resistenza a trazione:
; ;
Í Í ¨Ï
C³b = Ì ÐÊ Ë + Ê Ë Ì O 0.3B ( ¸ >) [C8.7.2.11]
;ÎÏ ;ÎÏ ÎÏ
; ;
Í Í ¨Ï
C³ = + ÐÊ Ë + Ê Ë O 0.5 ( ¸>) [C8.7.2.12]
;ÎÏ ;ÎÏ ÎÏ
dove N indica l’azione assiale presente nel pilastro superiore, Vjindica il taglio totale agente sul nodo, ottenuto come somma
algebrica del taglio trasmesso dal pilastro superiore e degli sforzi orizzontali trasmessi dalle parti superiori delle travi, Aj = bjhjc
dove bj e hjc sono stati definiti al § 7.4.4.3.1 della norma. Le resistenze dei materiali sono ottenute come media delle prove eseguite
in sito e da fonti aggiuntive di informazione, divise per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza
raggiunto e per il coefficiente parziale del materiale.
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di comprovata validità. È possibile riferirsi all’Annex B (Steel and composite structures) della Norma UNI EN 1998-3:2005. In
particolare il punto B.5.2 –member deformation capacities, analizza il problema delle travi e colonne soggette a flessione, per le quali
la capacità di deformazione inelastica è espressa in termini di rotazione plastica definita come multiplo della rotazione rispetto
alla corda {y valutata al raggiungimento della tensione di snervamento. Il valore del moltiplicatore della rotazione {y dipende
dallo stato limite considerato e dalla classe della sezione trasversale della trave o della colonna (classi 1 o 2, definite al § 4.2.3.1
delle NTC). Lo stesso Annesso riporta i moltiplicatori che consentono di determinare la capacità di elementi di controvento
soggetti a compressione in termini di moltiplicatore dello sforzo normale corrispondente allo stato limite di instabilità, o di
elementi di controvento tesi, in termini di moltiplicatore dello sforzo normale corrispondente al raggiungimento della tensione di
snervamento del materiale.
M e. Rd LV
Ty
2 EI [C8.7.2.13]
dove:
Me,Rd è il momento di prima plasticizzazione di calcolo;
LV è la luce di taglio;
I è il momento di inerzia della sezione nella direzione considerata.
C8.7.2.4.6 Collegamenti
Si applica quanto prescritto per gli edifici di nuova costruzione.
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pareti portanti. I tiranti consentono anche la formazione del meccanismo tirante-puntone nelle fasce, migliorando la capacità di
accoppiamento dei maschi murari.
In alternativa, il funzionamento scatolare dell’edificio è favorito dalle cerchiature esterne, che in alcuni casi si possono realizzare
con elementi metallici o materiali compositi, particolarmente efficaci nel caso di edifici di dimensioni in pianta ridotte, come i
campanili, o quando vengono realizzati ancoraggi in corrispondenza dei martelli murari. È in ogni caso necessario evitare
l’insorgere di concentrazioni di tensioni in corrispondenza degli spigoli delle murature
Il collegamento dei diaframmi di piano alle pareti è in primo luogo assicurato dagli elementi principali degli stessi, ovvero travi
principali e secondarie in legno o putrelle metalliche. Questi elementi devono essere appoggiati nella parete muraria per una
sufficiente lunghezza ed il carico verticale deve essere adeguatamente diffuso alla muratura (eventualmente grazie ad elementi
locali di ripartizione). Anche se in modo non sistematico, l’aggiunta di elementi di connessione ancorati alla parete muraria può
essere utile a migliorare la risposta sismica, in quanto fa funzionare l’elemento inflesso anche come tirante di collegamento
confidando in un ancoraggio meccanico e non solo sull’attrito. Quando si valuta come necessario garantire un collegamento
continuo tra diaframma di piano e pareti murarie, possono essere adottati ancoraggi puntuali realizzati sul perimetro degli
orizzontamenti attraverso barre iniettate con malte o resine.
I cordoli in sommità possono costituire una soluzione efficace sia per collegare le pareti in una zona dove la muratura è meno
resistente a taglio a causa del basso livello di compressione, sia per contenere eventuali azioni spingenti della copertura, sia anche
per favorire l’appoggio delle singole membrature dell’orditura. Il collegamento del cordolo con la muratura esistente può essere
realizzato, in assenza di soluzioni più efficaci e meno invasive, attraverso perforazioni armate con barre metalliche, protette o di
tipo inossidabile, oppure di altro materiale resistente a trazione, efficacemente ancorate alla muratura.
I cordoli in sommità possono essere realizzati nei seguenti modi.
Cordoli realizzati con elementi lignei, adeguatamente protetti;
Cordoli realizzati con muratura armata..
Cordoli realizzati con elementi d’acciaio.
Cordoli di calcestruzzo armato.
L’esecuzione di cordolature a livelli intermedi risulta necessaria solo in determinati casi, che devono essere motivati. L’uso di
cordoli eseguiti a scasso nello spessore della parete deve generalmente essere evitato per gli, eventuali effetti negativi legati
all’alterazione dello stato di sollecitazioni della parete per effetto della formazione delle aperture in breccia. La soluzione più
efficace per la realizzazione di cordoli a livello intermedio è quella della trave in muratura armata, ottenuta applicando piatti
metallici sui due lati della muratura e collegandoli tramite barre passanti o mediante soluzioni di tipo analogo.
3. Collegamenti nello spessore della parete in presenza di paramenti multipli
Quando i collegamenti tra paramento esterno e interno sono insufficienti, come frequentemente avviene per le murature in
pietrame, occorre verificare che, per effetto delle azioni sismiche, non si attivi un meccanismo di flessione fuori piano nella
porzione di paramento compresa tra due ritegni dotati di ancoraggio esterno. Si può eventualmente ricorrere a diatoni di
contenimento integrativi, disposti nella parete ad adeguata distanza tra loro (in misura non necessariamente troppo fitta).
L’inserimento di diatoni artificiali, realizzati in calcestruzzo armato, in profilati metallici o in altri materiali resistenti a trazione,
compreso l’utilizzo di legature metalliche, con funzione di tirantini antiespulsivi o di legature con materiali compositi, può
realizzare un efficace collegamento tra i paramenti murari, evitando il distacco o l’innesco di fenomeni di instabilità per
compressione dei paramenti esterni.
L’efficacia di tali interventi è legata all’effettiva possibilità di solidarizzare detti presidi con la muratura circostante che, pertanto,
deve presentare buona consistenza.
4. Incremento della capacità delle pareti
Qualora i setti murari siano costituiti da materiale di bassa qualità, può risultare opportuno migliorare le caratteristiche
meccaniche del materiale. Il tipo di intervento da applicare va valutato in base alla tipologia e alla qualità della muratura e può
variare dalla ricostruzione parziale (interventi di scuci-cuci) al consolidamento mediante iniezioni o mediante interventi
superficiali o altre tecniche opportune; si deve procedere alla verifica preliminare della compatibilità chimico-fisica dei materiali
nuovi con quelli originari.
Nei casi in cui si operi attraverso le iniezioni di miscele leganti, si procede anche alla verifica della fattibilità dell’intervento in
termini di capacità delle murature di assorbire e diffondere le malte iniettate ponendo attenzione nella scelta della pressione di
immissione della miscela, per evitare dissesti locali.
L’intervento di ristilatura dei giunti, se effettuato su entrambe le superfici esterne, può migliorare le caratteristiche meccaniche
della muratura incrementandone, di fatto, l’area resistente. Particolare cura deve essere rivolta alla scelta della malta da utilizzare
in relazione a quella esistente. L’eventuale inserimento nei giunti “ristilati” di piccole barre, trefoli o piattine metalliche o di altri
materiali resistenti a trazione, specie se ancorati alla muratura attraverso connessioni trasversali dei paramenti ed organizzati
come sistema continuo nelle tre direzioni, può migliorare ulteriormente l’efficacia dell’intervento.
Il placcaggio delle murature con intonaco armato costituisce un efficiente provvedimento soprattutto nel caso in cui le murature
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siano gravemente danneggiate o incoerenti, purché siano posti in opera i necessari collegamenti trasversali bene ancorati alle
armature poste su entrambe le facce della muratura. Le fodere possono essere realizzate con malte a base di cemento o di calce e
armatura in reti o tessuti di acciaio inossidabile, oppure con materiali compositi, utilizzando fibre di carbonio, vetro o
aramidiche.
Il rinforzo dei setti murari può essere eseguito mediante elementi strutturali integrativi collaboranti disposti sulla superficie;
questi possono essere, per esempio, realizzati in acciaio (strutture reticolari costituite da piatti/nastri) o in legno (pannellature).
Opportune connessioni devono consentire la collaborazione tra la parete esistente e il rinforzo.
L’applicazione di fasciature resistenti a trazione può essere realizzata sia con fasce di materiali compositi (sopra citati) sia con
tessuti in trefoli di acciaio inossidabile, fissate al supporto murario con prodotti a base cementizia o polimerica.
L’inserimento di tiranti verticali post-tesi è un intervento applicabile solo in presenza di murature di ottima qualità.
Nel caso di realizzazione di nuove aperture in pareti esistenti, per far fronte alla diminuzione della capacità resistente della
parete e all’aumento della sua deformabilità, può essere necessario prevedere rinforzi in grado di collaborare con la muratura
esistente attraverso opportune connessioni ripristinando, per quanto possibile, la condizione dell’intera parete in atto prima della
realizzazione dell’apertura.
Un incremento della capacità portante delle pareti murarie, con conseguente miglioramento del comportamento sismico, si
ottiene infine anche attraverso l’eliminazione delle discontinuità con la chiusura di nicchie, canne fumarie cavedi o anche di
vecchie lesioni o sconnessioni all’interno delle murature, purché venga realizzato un efficace collegamento dei nuovi elementi di
muratura con quelli esistenti.
5. Contenimento delle spinte e consolidamento di archi e volte
L’assorbimento delle spinte di strutture voltate, particolarmente importante in caso di sisma, può essere ottenuto con tiranti e
cerchiature. La posizione ottimale dei tiranti è al di sopra delle imposte degli archi, ma spesso tale soluzione non può essere
adottata, per cui può essere necessario disporre i tiranti all’estradosso, purché ne sia dimostrata l'efficacia e la flessione risultante
sia adeguatamente presidiata. Presidi estradossali possono essere realizzati con elementi dotati anche di rigidezza flessionale
(elementi di limitata sezione) e aggiungendo tiranti inclinati a questi connessi e ancorati a livello delle imposte (catene a braga).
La realizzazione di contrafforti (o ringrossi murari) è utile nei confronti delle sollecitazioni non sismiche, ma il loro effetto in caso
di azioni sismiche deve essere adeguatamente valutato, a causa dei potenziali effetti locali connessi al significativo irrigidimento.
Per il consolidamento di archi e volte è possibile anche il ricorso a tecniche di rinforzo estradossali basate sull’utilizzo di
compositi fibrorinforzati. Soluzioni alternative o integrative possono essere ottenute con frenelli o riempimenti coesivi leggeri.
La realizzazione di soluzioni pesanti come cappe e contro-volte in calcestruzzo, armato o meno, va valutata con cautela a causa
degli incrementi di peso che comporta.
6. Altri interventi
Interventi su pilastri e colonne
Tenendo presente che i pilastri e le colonne sono essenzialmente destinati a sopportare carichi verticali con modeste eccentricità,
gli interventi tendono generalmente a:
migliorare la resistenza a sforzo normale mediante ad esempio cerchiature e fasciature;
eliminare eventuali spinte orizzontali prodotte da elementi spingenti poggianti su di essi.
In presenza di azioni sismiche, le colonne e i pilastri, realizzati in muratura o anche monolitici, devono, infatti, non solo essere
preservati da forze orizzontali, ma anche essere impediti di ruotare in sommità.
Sono da evitare, in genere, gli inserimenti di anime metalliche, perforazioni armate, precompressioni longitudinali e in generale,
salvo in caso di accertata e inevitabile necessità, gli interventi volti a conferire a colonne e pilastri in muratura capacità resistenti
non usuali.
Interventi sulle scale
La struttura portante delle scale deve essere accuratamente verificata, sia per le azioni non sismiche, sia per le azioni sismiche.
Particolari situazioni di rischio possono presentare le soluzioni ad arco rampante, spesso particolarmente sottile e spingente su
murature esterne, oppure quelle realizzate con gradini di pietra a sbalzo, sia per le insufficienti dimensioni dei gradini, sia per
l’insufficiente spessore delle murature nelle quali questi sono inseriti.
È infine opportuno verificare la sicurezza dei parapetti, spesso inaspettatamente poco resistenti.
Realizzazione di giunti sismici
La realizzazione di giunti sismici in edifici esistenti di muratura, specie se in aggregato, risulta tecnicamente problematica e deve
essere attentamente valutata perché può produrre effetti negativi nei confronti dell’equilibrio statico delle diverse parti coinvolte.
Interventi in fondazione
I cedimenti in fondazione di un edificio sono generalmente fenomeni che si manifestano lentamente, se non sono prodotti da
repentine alterazioni del suolo (ad es. variazioni del regime idrico per perdite di tubazioni e fognature, nuove costruzioni
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contigue, rilevati o scavi vicini). Negli edifici esistenti le insufficienze fondali sono pertanto messe in luce, nella maggior parte dei
casi, grazie alla presenza di quadri fessurativi e deformativi che possono essere individuati nella fase di rilievo. Per una prima
valutazione dell’efficacia di un sistema fondale di un edificio esistente è pertanto fondamentale un accurato rilievo dei quadri
fessurativi e dei dissesti, nonché comprendere se il fenomeno si è ormai arrestato mediante lo studio dell’evoluzione storica di
tali fenomeni.
Per quanto riguarda gli effetti dei terremoti, se si escludono casi di pendii instabili e fenomeni di liquefazione dei terreni, è raro
che i dissesti siano legati a insufficienze fondali. In ogni caso la conoscenza del sistema fondale e l’identificazione delle
manifestazioni di dissesto precedenti all’evento sismico è funzionale per la valutazione della capacità resistente post sisma.
Nel caso in cui la fondazione poggi su terreni dalle caratteristiche geomeccaniche inadeguate al trasferimento dei carichi, o nel
caso in cui si siano manifestati dissesti attribuibili al sistema fondale o siano stati effettuati interventi che modifichino i carichi
alla base, occorre procedere alla verifica e all’eventuale consolidamento delle fondazioni. Gli interventi sono di massima
classificabili nelle seguenti tipologie.
Allargamento della fondazione mediante cordoli o platee in c.a. L’intervento va realizzato in modo tale da far collaborare
adeguatamente le fondazioni esistenti con le nuove, curando in particolare la connessione fra nuova e vecchia fondazione. A tale
scopo, deve essere realizzato un collegamento rigido (travi in c.a., traversi in acciaio di idonea rigidezza, barre post-tese che
garantiscono una trasmissione per attrito) in grado di trasferire parte dei carichi provenienti dalla sovrastruttura ai nuovi
elementi. In presenza di possibili cedimenti differenziali della fondazione è opportuno valutarne gli effetti sull’intero fabbricato.
Consolidamento dei terreni di fondazione. Gli interventi di consolidamento dei terreni possono essere effettuati mediante
iniezioni di miscele cementizie, resine (ad es. poliuretani che si espandono nel terreno) o altre sostanze chimiche.
Inserimento di sottofondazioni profonde (micropali, pali radice). Nel caso di cedimenti che interessino singole porzioni di
fabbricato, è consigliabile valutare la possibilità che si verifichino assestamenti differenziali, legati alla nuova configurazione. Si
deve prevedere un’idonea struttura di collegamento tra micropali e muratura esistente (ad es. un cordolo armato rigidamente
connesso alla muratura). I collegamenti diretti tra i pali e le fondazioni esistenti devono essere considerati con particolare
prudenza per il rischio di danneggiamento del manufatto con riduzione della capacità portante delle fondazioni esistenti.
Nelle situazioni in cui, nell’eventualità di un sisma, si ritiene possibile l’attivazione di fenomeni d’instabilità del pendio, il
problema va normalmente affrontato agendo direttamente sul terreno e non a livello delle sole strutture di fondazione.
Una delle cause più ricorrenti dei cedimenti fondali è quella di alterazione del regime delle acque del sottosuolo; nel caso di
dissesti imputabili a tale fenomeno, è pertanto opportuno valutare attentamente le cause che hanno determinato l’alterazione del
regime delle acque del sottosuolo.
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~
VR 0.9VR [C8.7.4.1]
nella quale d, tj, b e s sono rispettivamente l'altezza utile della sezione trasversale dell'elemento incamiciato, lo spessore, la
larghezza e interasse delle bande (b/s=1 nel caso di camicie continue), e fyw è la resistenza di calcolo a snervamento dell’acciaio, ¸ è
l’inclinazione delle fessure per taglio.
Azione di confinamento
L’effetto di confinamento di una camicia di acciaio si valuta, come per le staffe, con riferimento alla percentuale geometrica di
armatura presente in ciascuna delle direzioni trasversali.
Per le proprietà del calcestruzzo confinato possono essere impiegate espressioni di comprovata validità, come ad esempio le
seguenti:
per la resistenza del calcestruzzo confinato:
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ª § 0,5D n D s U s f y ·
0,86 º
f cc f c «1 3,7¨¨ ¸
¸
»
[C8.7.4.6]
« © fc ¹ »
¬ ¼
dove Us è il rapporto volumetrico di armatura trasversale, pari a Us = 2 (b+h) ts / (b h) nel caso di camicie continue (ts = spessore
della camicia, b e h = dimensioni della sezione) e pari a Us = 2 As (b+h) / (b h s) nel caso di bande discontinue (As = area trasversale
della banda, s = passo delle bande), Dn ed Ds sono, rispettivamente, i fattori di efficienza del confinamento nella sezione e lungo
l’elemento, dati da:
Dn 1
b 2 R 2 h 2 R 2
[C8.7.4.7a]
3bh
s hs s hs
Ds (1 )(1 ) [C8.7.4.7b]
2b 2h
dove R è il raggio di arrotondamento (eventuale) degli spigoli della sezione (in presenza di angolari R può essere assunto pari al
minore tra la lunghezza del lato degli angolari e 5 volte lo spessore degli stessi), b, h sono le dimensioni della sezioneed hs è
l’altezza delle bande discontinue (se la camicia è continua si assume hs=s).
per la deformazione ultima del calcestruzzo confinato:
4,- ×Ø
dÖ = 0,0035 + 0,5 [C8.7.4.8]
K**
Nelle due equazioni precedenti i valori da impiegare per le resistenze dei materiali sono:
a) per il calcestruzzo esistente, la resistenza ottenuta come media delle prove eseguite in sito e da fonti aggiuntive di
informazione, divisa per il fattore di confidenza appropriato in relazione al Livello di Conoscenza raggiunto;
b) per l’acciaio della camicia, la resistenza di calcolo.
Le camicie di acciaio possono fornire un’efficace azione di “serraggio” nelle zone di giunzione per aderenza. Per ottenere questo
risultato occorre che:
la camicia si prolunghi oltre la zona di sovrapposizione per una lunghezza pari almeno al 50% della lunghezza della zona
di sovrapposizione;
nella zona di sovrapposizione la camicia sia mantenuta aderente in pressione contro le facce dell’elemento mediante
almeno due file di bulloni ad alta resistenza;
nel caso in cui la sovrapposizione sia alla base del pilastro, le file di bulloni siano disposte una alla sommità della zona di
sovrapposizione, l’altra ad un terzo dell’altezza di tale zona misurata a partire dalla base.
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C8.7.6 INDICAZIONI AGGIUNTIVE PER GLI ELEMENTI NON STRUTTURALI E GLI IMPIANTI SOGGETTI AD AZIONI SISMICHE
I danni causati dal terremoto ai componenti e ai sistemi non strutturali possono essere significativi. Ai notevoli miglioramenti
nella concezione sismica dei sistemi strutturali resistenti non sono corrisposti significativi progressi nell’ambito dell’ancoraggio e
del controventamento dei componenti e dei sistemi non strutturali, che spesso hanno subito danni estesi, anche nel caso di
terremoti di modesta intensità. D’altro canto, i danni sismici di componenti non strutturali e impianti possono essere tali da
rendere la struttura inutilizzabile per un periodo di tempo anche molto lungo, con conseguenze notevoli, in particolare per le
strutture strategiche.
Le NTC, ai §§ 7.2.3 e 7.2.4, contengono prescrizioni esplicite per la progettazione di sistemi e componenti non strutturali.
C8.7.6.1 INDIVIDUAZIONE DEI COMPONENTI NON STRUTTURALI CHE RICHIEDONO UNA VALUTAZIONE SISMICA
La scelta dei componenti non strutturali da sottoporre ad una valutazione sismica si basa sulle seguenti considerazioni:
la pericolosità sismica,
la vulnerabilità sismica del componente,
l’importanza del componente per la funzionalità nel periodo post-terremoto,
il costo e il grado di interruzione dei servizi necessari per adeguare o ancorare il componente.
C8.7.6.3 RACCOMANDAZIONI AGGIUNTIVE PER LA LIMITAZIONE DEL RISCHIO DI FUORIUSCITE INCONTROLLATE DI GAS A CAUSA
DEL SISMA
Esistono diverse alternative per migliorare le condizioni di sicurezza sismica degli impianti di gas, in ottemperanza a quanto
richiesto dal § 7.2.4 delle NTC. La Tabella C8.7.6.3.II descrive queste alternative, basate sul miglioramento dell’integrità degli
impianti o delle strutture o sull’utilizzo di dispositivi per la limitazione del flusso di gas. Ogni alternativa presenta vantaggi e
svantaggi, in relazione a costi di realizzazione, livello di miglioramento della sicurezza, benefici collaterali per emergenze non
sismiche. La scelta della opzione migliore andrà, quindi, condotta caso per caso.
Per limitare questo rischio l’opzione più efficace, ed in generale priva di controindicazioni, consiste nella messa in atto di
opportuni controventamenti e vincoli sismici degli impianti e delle apparecchiature, ai quali si è fatto cenno nei paragrafi
precedenti.
Per le valvole ad attivazione automatica, i criteri per l’accettazione e per il controllo sono disciplinate dalle norme di settore, che
potranno essere basate su standard internazionali esistenti.
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La prescrizione di cui al § 7.2.4 delle NTC, relativa al passaggio dal terreno alla costruzione dei tubi per la fornitura del gas,
evidenzia il problema che può derivare dagli assestamenti del terreno in prossimità delle fondazioni e dei danni che questi
cedimenti possono produrre sulle tubature.
Sono da esaminare, inoltre, quei casi in cui le tubature possono subire distorsioni significative a causa del moto sismico relativo
tra i punti di vincolo delle stesse alla struttura. Questa circostanza si verifica, in particolare, negli edifici dotati di sistemi di
isolamento alla base, nelle zone di passaggio tra basamento ed elevazione. Si può verificare anche quando le tubature
attraversano giunti strutturali tra corpi diversi quando non sono adottati accorgimenti che evitino i danni conseguenti agli
spostamenti differenziali.
Tabella C8.7.6.3.I - Raccomandazioni per la valutazione e l’adeguamento di componenti non strutturali esistenti e per l’ancoraggio di componenti non
strutturali di nuova installazione al variare della zona sismica
Valutazione /
Costo &
adeguamento Ancoraggi se nuovi nelle
Componente Vulnerabilità 5 Importanza interruzione per
se esistenti zone7e8
l’adeguamento
nelle zone 6
Gas per uso medico
Serbatoi di ossigeno Alta Alta Basso 1 2 3 1 2 3 4
Bombole di azoto Molto alta Alta Molto basso 1 2 3 4 1 2 3 4
Impianto elettrico d’emergenza
Batterie per la corrente elettrica
Molto alta Alta Molto basso 1 2 3 4 1 2 3 4
d’emergenza
Generatore della elettrico
Alta Alta Basso 1 2 3 1 2 3 4
d’emergenza
Batterie per i generatori di
Media Alta Molto basso 1 2 3 1 2 3
corrente elettrica d’emergenza
Ascensori
Guide dell’ascensore Molto alta Alta Medio-alto 1 2 1 2 3 4
Motori e generatori
Medio-alta Alta Medio 1 1 2 3
dell’ascensore
Pannelli elettrici e di controllo
Variabile Alta Basso 1 2 1 2 3
dell’ascensore
Apparecchiature per la comunicazione
Computer e schermi nei “call
Medio-alta Medio-alta Molto basso 1 2 3 1 2 3 4
centers” d’emergenza
Armadietti non ancorati che
supportano le apparecchiature
Alta Alta Basso 1 2 3 1 2 3 4
telefoniche per i “call centers”
d’emergenza
Interruttori e pannelli da muro
dell’impianto telefonico dei Bassa Alta Medio 1 2 3
“call centers” d’emergenza
Apparecchiature e rifornimenti medici
Scaffali per stoccaggio di
medicinali e altri importanti Alta Alta Basso 1 2 1 2 3
materiali medici di scorta
Apparecchiature mediche Variabile Alta Variabile 1 2 1 2 3
Componenti fissati al pavimento o sul tetto(4)
Caldaie Media Medio-alta Basso 1 2 1 2 3
Cabine contenenti i
Bassa Alta Medio-basso 1 1 2 3
trasformatori elettrici
Tipici componenti da installarsi
sul pavimento o sul tetto Medio-alta Media Medio-basso 1 2 1 2 3
montati su isolatori per le
6Le raccomandazioni si basano sulle osservazioni dei danni dei terremoti passati e sull’ipotesi di vulnerabilità, importanza e costi di adeguamento per sistemi tipici.
7La colonna “Ancoraggi se nuovi nelle zone” riguarda i componenti o i sistemi di nuova installazione in edifici sia nuovi che esistenti.
8Per i componenti fissati sul pavimento o sul tetto il rapporto di ribaltamento è pari h / x , dove h è l’altezza del baricentro del componente sopra la sua base, e x
c min c min
è la distanza orizzontale più breve dal baricentro al bordo della base del componente.
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Valutazione /
Costo &
adeguamento Ancoraggi se nuovi nelle
Componente Vulnerabilità 5 Importanza interruzione per
se esistenti zone7e8
l’adeguamento
nelle zone 6
vibrazioni
Tipici componenti o serbatoi
fissati al pavimento o installati
sul tetto con un rapporto di Alta Media Basso 1 2 1 2 3
ribaltamento >1.6, componenti
soggetti al ribaltamento
Tipici componenti o serbatoi
fissati al pavimento o installati
Media Media Basso 1 2 1 2 3
sul tetto con un rapporto di
ribaltamento tra 1 e 1.6.
Tipici componenti o serbatoi
fissati al pavimento o installati
Media Media Basso 1 2 1 2
sul tetto con un rapporto di
ribaltamento < 1
Pedane d’appoggio Medio-bassa Variabile Medio-alto 1 2
Sistemi di distribuzione
Tubature sospese nei sistemi
critici con un diametro
Media Alta Medio 1 2 1 2 3
nominale >200 mm e su attacchi
lunghi più di 500 mm
Tubature sospese di diametro
nominale >100 mm e attacchi Medio-bassa Medio-alta Medio 1 2
lunghi più di 300 mm
Condotto per gli impianti di
riscaldamento, ventilazione, e Bassa Medio-alta Medio 1
condizionamento d’aria
Componenti dell’impianto
elettrico come condotti
contenenti i cavi e piattaforme
Bassa Alta Medio 1
di sostegno dei condotti per la
distribuzione dell’energia
elettrica
Componenti architettonici
Medio-
Soffitto sospeso o a pannelli Bassa Medio 1
bassa
Lampadari su controsoffitti Bassa Media Medio-basso 1 1 2
Tamponamenti interni non
Media Media Molto alto 1 2
armati in muratura
Muri esterni di mattoni non
Media Media Molto alto 1 2
rinforzati
Sostanze Pericolose
Tamponamenti e altri
componenti in aree con Variabile Alta Variabile 1 2 3 4 1 2 3 4
materiale biologico o infettivo
Aree con stoccaggio o uso di
materiale pericolosi di tipo Variabile Alta Variabile 1 2 3 4 1 2 3 4
chimico, nucleare o biologico
Tabella C8.7.6.3.II - Possibili alternative per la limitazione del rischio di fuoriuscite di gas sotto azioni sismiche
Valvole ad eccesso
Criterio Valvole ad Valvole sismiche ad Valvole ad eccesso di
di flusso Sensori di
attivazione attivazione flusso (istallazione al Sistemi ibridi
di confronto (istallazione metano
manuale automatica contatore)
all’apparecchio)
Sono istallate dal Interrompono Interrompono Interrompono Individuano la Sistema modulare
Principio di
fornitore in automaticamente il automaticamente il automaticamente il elevata costituito da una
funzionamento
corrispondenza flusso del gas flusso di gas se un flusso di gas se un concentrazione di unità centrale di
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Valvole ad eccesso
Criterio Valvole ad Valvole sismiche ad Valvole ad eccesso di
di flusso Sensori di
attivazione attivazione flusso (istallazione al Sistemi ibridi
di confronto (istallazione metano
manuale automatica contatore)
all’apparecchio)
di ogni contatore quando avvertono danno provoca, a danno provoca, a gas metano e controllo, sensori,
una eccitazione valle del dispositivo, valle del producono un dispositivi di
sismica al di sopra una perdita di entità dispositivo, una segnale di controllo e di
di una soglia di superiore ad una perdita di entità allarme allarme
taratura soglia di taratura superiore ad una
soglia di taratura
Installazione anche
Installazione da parte
da parte
di personale Di solito
dell’utente.
qualificato. istallazione da
Nessuno, in Devono essere
Devono essere parte di personale
Requisiti di quanto già Installazione da dimensionate per Installazione
dimensionate per uno qualificato (se in
installazione e previste come parte di personale uno specifico carico anche da parte
specifico carico di associazione con
manutenzione parte qualificato di lavoro dell’utente.
lavoro dell’impianto dispositivi di
dell’impianto dell’apparecchio e
e adeguate in caso di intercettazione
adeguate in caso di
modifiche automatica)
modifiche
dell’impianto.
dell’apparecchio
Interrompono il
Presenti in ogni flusso quando il Interrompono il
Interrompono il Avvisano l’utente
impianto. livello di flusso solo quando Sono modulari e
flusso solo quando si quando si verifica
Istruzioni per il eccitazione si verificano possono essere
verificano condizioni una situazione
loro utilizzo di potrebbe essere condizioni di personalizzati per
di pericolo dovute ad potenzialmente
Benefici solito sono sufficiente a pericolo dovute ad varie esigenze.
una perdita di gas. pericolosa,
presenti nelle danneggiare le una perdita di gas. Ogni modulo è
Devono essere lasciandogli la
informazioni tubature del gas. Devono essere dotato di funzioni
certificate in base ad scelta su come
divulgate dal Devono essere certificate in base specifiche.
uno standard intervenire.
fornitore certificate in base ad uno standard
ad uno standard
Si può
Non fornisce
interrompere il
protezione per i
flusso di gas anche
danni a monte del
se non si verificano Non interrompono il È necessario che
dispositivo.
condizioni flusso di gas se la l’utente sia
Possono essere Non interrompono presente per
realmente perdita è al di sotto
utilizzate solo se il flusso di gas se la udire il segnale di
pericolose. della soglia di
qualcuno è perdita è al di sotto allarme e porre in
Le scosse taratura, anche se si
presente, conosce della soglia di essere le misure
successive alla sono verificate
la localizzazione taratura, anche se si necessarie.
Possibili prima possono condizioni di
delle valvole e (se sono verificate
inconvenienti causare pericolo.
richiesta) dispone condizioni di
l’interruzione del Potrebbero non Si potrebbe
dell’apposita pericolo.
gas anche dopo il attivarsi se il carico di verificare un
chiave per la Potrebbero non
ripristino della lavoro dell’impianto allarme a causa di
chiusura della attivarsi se il carico
fornitura. si modifica e le vapori diversi dal
valvola di lavoro
Potrebbero essere valvole non vengono gas metano.
dell’impianto si
attivate da adeguate.
modifica e le
vibrazioni non
valvole non
causate da
vengono adeguate.
terremoti.
Installazioni diffuse
sul territorio Disponibili con o
Le operazioni potrebbero causare senza bypass
Disponibili con o
sulla valvola interruzioni (consentono il
senza bypass
potrebbero essere generalizzate di ripristino
(consentono il
difficili quando forniture e ritardi automatico).
ripristino
Altri aspetti questa fosse nel ripristino. Devono essere
automatico).
bloccata, oppure Eventuale necessità efficaci per ogni
Non sono sensibili
impossibili per nel post-terremoto di apparecchio.
allo scuotimento
utenti disabili, usare il gas per Non sono sensibili
sismico.
feriti o anziani rendere potabile allo scuotimento
l’acqua. sismico.
Non sono sensibili ai
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Valvole ad eccesso
Criterio Valvole ad Valvole sismiche ad Valvole ad eccesso di
di flusso Sensori di
attivazione attivazione flusso (istallazione al Sistemi ibridi
di confronto (istallazione metano
manuale automatica contatore)
all’apparecchio)
cambiamenti di
flusso o di pressione.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
S Di T S De T T t TC
°
®S T S De T ª1 q 1 TC º T TC
[C8.8.5.1]
°̄ Di q «¬ T »¼
dove:
q mSe T / Fy
con
% = _ %v v e Fy la massa e la resistenza dell’oscillatore equivalente.
La verifica consiste nel controllare che la configurazione della struttura corrispondente alla domanda in spostamento del sistema
equivalente produca domande di duttilità compatibili con le rispettive capacità e forze di taglio minori delle rispettive resistenze.
Si distinguono due casi:
a) Ponti a travi semplicemente appoggiate. I ponti costituiti da impalcati semplicemente appoggiati sulle pile sono modellabili in
ogni caso come sistemi ad un grado di libertà. In direzione trasversale ciascuna pila costituisce un oscillatore semplice la
cui massa m è data dalla somma della massa efficace della pila e della massa dell'impalcato ad essa afferente. In direzione
longitudinale si distingue il caso in cui le travate siano in qualche modo vincolate ad avere uno spostamento rigido, da
quello in cui ciascun sistema pila-impalcato è indipendente da quelli contigui (su ogni testa-pila un impalcato è vincolato
con appoggi fissi e l'altro con appoggi scorrevoli). Nel primo caso l'intero ponte è assimilabile ad un oscillatore semplice di
massa m pari alla somma della massa totale dell'impalcato e delle masse efficaci delle pile, e di rigidezza pari alla somma
della rigidezza delle pile in direzione longitudinale. Nel secondo caso ciascuna pila è assimilabile ad un oscillatore
semplice come indicato per l'analisi nella direzione trasversale.
b) Ponti con impalcato continuo. La versione più semplice del metodo è applicabile per ponti per i quali la massa corrispondente
al primo modo di vibrazione è non inferiore all’80% della massa totale. Quando questa condizione non è soddisfatta
occorre considerare più modi fino al raggiungimento di una massa modale pari all’80%. Una possibilità è quella di
eseguire ripetutamente il procedimento sopra indicato con riferimento a una singola distribuzione di forze, con le
distribuzioni derivanti da ciascuno dei modi considerati e ricavando per ciascun caso la corrispondente risposta in termini
di distorsione degli elementi duttili. La risposta complessiva per tali elementi si ottiene quindi con la regola SRSS oppure
CQC. Le sollecitazioni agenti negli elementi/meccanismi fragili si ottengono infine mediante condizioni di equilibrio. Per
quanto riguarda il punto di controllo da adottare per ciascuna distribuzione di forze, l’esperienza ha mostrato che la scelta
più opportuna consiste nell’assumere come punto il nodo avente la massima ampiezza modale.
Ls
T y N I y N [C8.8.5.2]
3
§ 0.5 L p ·
> @
Tu N T y N Iu N I y N L p ¨¨1
Ls ¸¹
¸ [C8.8.5.3]
©
Nelle espressioni riportate I y N e Iu N sono le curvature di snervamento e ultima della sezione trasversale dell’elemento,
calcolate mediante una serie di analisi momento-curvatura della stessa effettuate per un numero discreto di valori dello sforzo
normale N . Ad ogni livello dello sforzo normale, i valori delle curvature Iy e Iu si ottengono approssimando il diagramma
M I con una curva bilineare. La curvatura ultima è quella minima tra la più piccola delle curvature che si ottengono
imponendo ai lembi della sezione le deformazioni limite dei materiali, e quella per la quale il momento flettente diminuisce
all’85% del valore massimo. Il calcolo delle deformazioni limite viene effettuato per tutti i materiali componenti la sezione
dell’elemento adeguato, e cioè acciaio (in trazione) e calcestruzzo (in compressione) delle parti esistenti e di eventuali
ampliamenti di sezione. Nel calcolo della deformazione limite del calcestruzzo occorre tenere conto dell’effettivo stato di
confinamento. Il limite inferiore per l’acciaio può essere convenzionalmente assunto pari a H su 0.040 , indipendentemente dalla
qualità dell’acciaio. Le lunghezze Ls e Lp sono rispettivamente la lunghezza di taglio e quella della cerniera plastica. In assenza
di più accurate determinazioni, quest’ultima può essere assunta pari a L p 0.1Ls .
Nel caso di verifica allo SLC la capacità di rotazione rispetto alla corda da utilizzare vale:
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1
T SLC T u N [C8.8.5.4]
J el
con ÙD = 1.5. Nel caso di verifica allo SLV la capacità è pari a ¾ di quella per lo SLC.
h-x Asw
Vu Vc VN Vs Vc 0.8 Ac k f c VN N Vs f y z [C8.8.5.5]
2 Ls s
dove Ac , Asw sono rispettivamente l’area della sezione di calcestruzzo interna alle staffe e quella dell’armatura trasversale, h, x e
z l’altezza efficace della sezione, la profondità dell’asse neutro e il braccio delle forze interne, s il passo delle staffe. Il parametro
k k P ' varia in generale tra 0.29 e 0.1 in funzione della duttilità in spostamento dell’elemento tra 1 e 4) e tiene conto del
degrado ciclico del contributo del calcestruzzo alla resistenza a taglio.
Il valore della resistenza a taglio da impiegare nelle verifiche (SLV e SLC) è quello sopra riportato diviso per un coefficiente di
sicurezza pari a J el 1.25 .
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La combinazione degli interventi indicati nei punti precedenti, purché essa non determini la necessità di interventi di
adeguamento.
Interventi di adeguamento
Per gli interventi di adeguamento conseguiti mediante idonei accorgimenti mirati a mitigare gli effetti dell’azione sismica
sull’opera, la valutazione della sicurezza può essere limitata alle sole strutture di elevazione solo nel caso in cui, oltre a non
sussistere le condizioni di cui al sesto capoverso del § 8.3 delle NTC, non siano previsti interventi di rinforzo delle strutture
originarie in elevazione. Possono rientrare in questa fattispecie gli interventi che modificano lo schema statico della travata (ad
esempio mediante l’uso di nuovi impalcati a trave continua o mediante la creazione di una catena cinematica tra campate
adiacenti) con o senza l’impiego di sistemi di isolamento e/o dissipazione.
Ove non ricorrano condizioni diverse, gli interventi inerenti l’adeguamento sismico di infrastrutture esistenti progettate e
realizzate antecedentemente alla classificazione sismica dell’area su cui insistono o nel rispetto di una normativa tecnica
antecedenti delle Norme Tecniche possono inquadrarsi nella lettera c) del § 8.4.3, per essi, pertanto, si può assumere ]E=0,80.
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CAPITOLO C9.
COLLAUDO STATICO
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- alle prove di accettazione in cantiere disposte dal Direttore dei Lavori. In tal caso è fondamentale il controllo della posa
in opera dei dispositivi, del rispetto delle tolleranze e delle modalità di posa prescritte in fase di progetto.
Sulla base dell’esito del predetto esame, il Collaudatore statico può prevedere, eventualmente, l’esecuzione di prove
complementari, come previsto al § 11.2 delle NTC;
Il Collaudatore statico ha facoltà di disporre l’esecuzione di speciali prove per la caratterizzazione dinamica del sistema di
isolamento, atte a verificare il comportamento della costruzione nei riguardi delle azioni di tipo sismico.
e) l’esame dei verbali delle prove di carico eventualmente fatte eseguire dal Direttore dei Lavori, tanto su strutture in
elevazione che in fondazione, controllando la corretta impostazione delle prove in termini di azioni applicate, tensioni e
deformazioni attese, strumentazione impiegata per le misure;
f) l’esame dell’impostazione generale del progetto dell’opera, degli schemi di calcolo utilizzati e delle azioni considerate;
g) l’esame delle indagini eseguite nelle fasi di progettazione e costruzione in conformità delle vigenti norme; particolare
attenzione dovrà essere posta, in tal senso, a verificare la presenza, nella documentazione progettuale, della Relazione
geologica (redatta da un Geologo) e della Relazione geotecnica (redatta dal Progettista), verificando che in quest’ultima
siano presenti i certificati delle indagini geotecniche – rilasciati da uno dei laboratori di cui all’art.59 del D.P.R. n.380/2001
– posti a base delle scelte progettuali inerenti le fondazioni e le relative verifiche;
h) la convalida dei documenti di controllo qualità ed il registro delle non-conformità, per quanto di competenza, nel caso in
cui l’opera sia eseguita in procedura di garanzia di qualità. Qualora vi siano non conformità irrisolte, il Collaudatore
statico deve interrompere le operazioni e non può concludere il collaudo statico. Tale circostanza dovrà essere comunicata
dal Collaudatore statico al Responsabile di gestione del Sistema Qualità, al Committente, al Costruttore, al Direttore dei
lavori, per l’adozione delle opportune azioni correttive o preventive sul Sistema Qualità ai fini della correzione o
prevenzione delle non conformità, secondo le procedure stabilite nel Manuale di gestione del sistema qualità;
i) l’esame della Relazione a struttura ultimata, redatta dal Direttore dei Lavori, come prescritto dalle vigenti disposizioni di
legge.
Il Collaudatore statico può richiedere, quando a propria discrezione lo ritenga necessario, ulteriori accertamenti, studi, indagini,
sperimentazioni e ricerche, utili per la formazione di un definitivo convincimento sulla sicurezza, durabilità e collaudabilità
dell’opera.
In particolare il Collaudatore statico potrà richiedere di effettuare:
- prove di carico;
- prove sui materiali messi in opera, eseguite secondo le specifiche norme afferenti a ciascun materiale previsto nelle vigenti
norme tecniche di settore;
- monitoraggio programmato di grandezze significative del comportamento dell’opera, da proseguire, eventualmente, anche
dopo il collaudo della stessa.
Al termine di questo processo il Collaudatore potrà concludere le sue attività rilasciando il Certificato di collaudo statico, nel
quale deve attestare esplicitamente la collaudabilità delle strutture.
Qualora il Collaudatore riscontri criticità tali da compromettere le prestazioni dell’opera, esclusa ogni possibilità di risolvere- da
parte del Committente, del Costruttore, del Direttore dei Lavori e del Progettista - le criticità rilevate, il Collaudatore conclude le
proprie attività rilasciando il Certificato riportante la motivata non collaudabilità delle strutture.
I contenuti del Certificato di collaudo statico devono prevedere:
- una relazione sul progetto strutturale, sui documenti esaminati e sulle eventuali attività integrative svolte;
- i verbali delle visite effettuate, con la descrizione delle operazioni svolte;
- la descrizione dell’eventuale programma di monitoraggio, di cui devono essere indicati tempi, modi e finalità, che il
Collaudatore stesso ritenga necessario prescrivere al Committente;
- le risultanze del processo relativo alle eventuali prove di carico eseguite, come descritte nel p.to C9.2;
- le eventuali raccomandazioni/prescrizioni al Committente e al Direttore dei Lavori, quando previsto dalle vigenti norme,
in ordine alla futura posa in opera di elementi non strutturali e/o impianti, come sopra richiamato e come indicato nel
Capitolo 7 delle NTC;
- il giudizio sulla collaudabilità o non collaudabilità delle strutture, anche ai fini della relativa manutenzione.
Per le costruzioni esistenti, il collaudo statico deve essere redatto per gli interventi di adeguamento e miglioramento, applicando i
criteri di collaudo statico relativi alle nuove opere, salvo quanto aggiunto, desumibile e/o diversamente indicato nel Capitolo 8
delle NTC e nel Capitolo C8.
Per gli interventi locali nelle costruzioni esistenti, le norme vigenti non prevedono il collaudo statico; è raccomandata comunque
la redazione di una Relazione sugli interventi eseguiti, a cura del Direttore dei Lavori.
A richiesta del Committente, nell’ambito della procedura di collaudo statico, può essere effettuata la revisione dei calcoli, da
compensarsi a parte.
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Per i ponti a campata multipla, la prova di carico va eseguita, secondo le modalità precisate nel § C9.2, interessando almeno 1/5
del numero complessivo di campate, arrotondato all’unità superiore.
Per le opere di significativa rilevanza, le prove statiche devono essere integrate con prove dinamiche che misurino la risposta del
ponte all’eccitazione dinamica, controllando che il periodo fondamentale sperimentale sia confrontabile con quello previsto in
progetto.
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CAPITOLO C10.
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Le norme di cui al Capitolo 10 delle NTC, disciplinando la redazione dei progetti esecutivi delle strutture, contengono anche
criteri guida per il loro esame ed approvazione da parte degli Uffici preposti nonché criteri per la loro verifica e validazione.
Anche per la progettazione geotecnica e per le costruzioni esistenti si applicano i criteri di redazione della progettazione
strutturale di cui al Capitolo 10 delle NTC, salvo quanto aggiunto e/o diversamente indicato rispettivamente nei Capitoli 6 e 8
delle NTC e nei Capitoli C6 e C8.
Per la redazione dei progetti degli interventi strutturali di edifici tutelati ai sensi del D.Lgs. 42/2006 si fa riferimento alle
specifiche disposizioni del settore, di legge e regolamentari.
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Atteso che i materiali ed i prodotti di cui è prevista in progetto l’utilizzazione, devono essere poi sottoposti alle procedure ed alle
prove sperimentali di accettazione, prescritte nelle NTC, queste devono essere dettagliatamente richiamate nella Relazione sui
materiali.
Una opportuna scelta dei materiali e un opportuno dimensionamento delle strutture, comprese le eventuali misure di protezione
e manutenzione programmata, sono necessari per garantire la durabilità, definita come conservazione delle caratteristiche fisiche
e meccaniche dei materiali e delle strutture; indicare gli accorgimenti adottati ai fini della durabilità è altresì essenziale affinché i
livelli di sicurezza previsti vengano mantenuti durante tutta la vita dell’opera.
Elaborati grafici
Gli elaborati grafici del progetto strutturale devono comprendere almeno:
- tutti i disegni che definiscono il progetto architettonico e d’insieme (planimetrie, piante, sezioni delle opere e del terreno
con la sua sistemazione, prospetti, ecc.), sui quali va riportata con evidenza l’esatta posizione delle strutture e del loro
ingombro, a tutti i livelli comprese le fondazioni rispetto al terreno. Nel caso di interventi previsti su costruzioni esistenti,
i disegni devono riportare un dettagliato rilievo delle strutture esistenti sulle quali si interviene;
- la rappresentazione degli elementi predisposti per la ispezione e manutenzione delle strutture;
- tutti i disegni in fondazione ed in elevazione, in scala adeguata, accuratamente quotati della carpenteria delle strutture
(piante e sezioni) e degli interventi sulle strutture esistenti, con la precisa indicazione della foronomia prevista per cavedi
e passaggio di impianti ed apparecchiature.
In particolare, gli elaborati grafici di insieme (carpenterie, profili e sezioni) da redigere in scala non inferiore ad 1:50, e gli
elaborati grafici di dettaglio da redigere in scala non inferiore ad 1:10, devono contenere fra l'altro:
- per le strutture in cemento armato o in cemento armato precompresso: i tracciati dei ferri di armatura con l'indicazione
delle sezioni e delle misure parziali e complessive, del copriferro e dell’interferro, nonché i tracciati delle armature per la
precompressione; resta esclusa soltanto la compilazione delle distinte di ordinazione a carattere organizzativo di cantiere;
- per le strutture metalliche o lignee o realizzate con altri materiali composti per elementi: tutti i profili e i particolari relativi
ai collegamenti, completi nella forma e spessore delle piastre, del numero e posizione di chiodi e bulloni, dello spessore,
tipo, posizione e lunghezza delle saldature; resta esclusa soltanto la compilazione dei disegni di officina e delle relative
distinte pezzi;
- per le strutture murarie, tutti gli elementi tipologici e dimensionali atti a consentirne l'esecuzione.
Nelle strutture che si identificano con l’intero intervento, quali ponti, viadotti, pontili di attracco, opere di sostegno delle terre e
simili, il progetto esecutivo deve essere completo di particolari esecutivi di tutte le opere integrative.
Su ogni elaborato grafico vanno indicati la classe e le caratteristiche del calcestruzzo, il tipo di acciaio o di ogni altro metallo, la
tipologia dei solai e le caratteristiche del legno e di ogni materiale e prodotto da impiegarsi.
Particolari costruttivi
I particolari costruttivi vanno definiti, numerati ed indicati sugli elaborati grafici di insieme del progetto strutturale; devono
essere progettati in conformità alle indicazioni delle NTC per ogni tipologia di nuova struttura o di intervento sulle costruzioni
esistenti; inoltre devono illustrare, a titolo indicativo e non esaustivo:
- ogni tipo di sezione e di nodo con le posizioni delle armature provenienti da qualsiasi direzione;
- i solai;
- le giunzioni degli elementi di carpenteria metallica;
- i dispositivi di ancoraggio dei cavi di precompressione;
- gli apparecchi e i dispositivi di ogni tipo (appoggi, respingenti, isolatori, ecc.);
- l’ancoraggio alla struttura degli elementi predisposti per la ispezione e manutenzione delle strutture;
- i prodotti, in particolare prefabbricati, da impiegarsi, nonché il dettaglio della carpenteria di fori da predisporre per il
passaggio di impianti, di apparecchi ecc. con le relative armature metalliche.
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Relazioni specialistiche
Quando previsto dalle NTC, fanno parte integrante del progetto e possono essere eventualmente redatte da uno specialista,
ferma restando la responsabilità del progettista dell’opera, le seguenti relazioni specialistiche:
1) Relazione geologica sulle indagini, caratterizzazione e modellazione geologica del sito ( § 6.2.1 delle NTC e § C 6.2.1);
2) Relazione geotecnica sulle indagini, caratterizzazione e modellazione del volume significativo di terreno (§ 6.2.2 delle
NTC e § C 6.2.2);
3) Relazione sulla modellazione sismica concernente la “pericolosità sismica di base” del sito di costruzione (§ 3.2 delle NTC e §
C3.2), contenente il riferimento a tutti i parametri ed i coefficienti in base ai quali sono state determinate le azioni sismiche
da applicare.
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CAPITOLO C11.
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Il Capitolo 11 delle NTC tratta le procedure di identificazione, di qualificazione e di accettazione in cantiere dei materiali e
prodotti per uso strutturale, con una formulazione finalizzata, fra l’altro, a definire con chiarezza i compiti assegnati ai vari
soggetti coinvolti (progettista, fabbricante o produttore, direttore dei lavori, appaltatore, collaudatore, etc.).
Ciò consente la chiara identificazione da parte del fabbricante dei materiali e prodotti e delle relative caratteristiche tecniche e
prestazionali nonché la qualificazione dei prodotti stessi mediante le specifiche procedure indicate al § 11.1 delle NTC (casi A, B e
C). A seguito di tali procedure, i progettisti e gli utilizzatori dei prodotti potranno valutare l’idoneità del prodotto qualificato allo
specifico uso richiesto per una determinata opera ed i soggetti preposti alla vigilanza ed al controllo potranno verificare la
conformità del prodotto stesso a quanto indicato nelle NTC o negli elaborati progettuali.
Al riguardo si evidenzia quanto segue:
1. Le suddette NTC disciplinano in particolare le procedure di qualificazione dei materiali e prodotti per uso strutturale da
parte del fabbricante in fase di produzione, affinché tali materiali e prodotti possano essere utilizzati nelle successive fasi
di progettazione, posa/installazione, collaudo e manutenzione delle opere ed in particolare degli elementi strutturali che
prioritariamente assicurano e/o contribuiscono alla sicurezza strutturale delle opere stesse. Ciò assume particolare rilievo
anche allo scopo di meglio definire e distinguere le responsabilità che sono proprie delle diverse figure professionali
direttamente operanti nell’ambito della norma.
2. Il termine “prodotto” (come definito nel Regolamento UE 305/2011, nel seguito CPR- Construction Products Regulation) ha
un significato estensivo che spazia dal materiale al sistema e che configura come “prodotto da costruzione” qualsiasi
prodotto fabbricato e immesso sul mercato al fine di essere permanentemente incorporato in un’opera o in una sua parte.
3. Si intendono, per “materiali e prodotti per uso strutturale”, Articolo 2, comma 1, lett. l), del D.Lgs. 106/2017, “i materiali e
prodotti che prioritariamente assicurano o contribuiscono alla sicurezza strutturale ovvero geotecnica delle opere stesse e
che consentono ad un'opera ove questi sono incorporati permanentemente di soddisfare in maniera prioritaria il requisito
di base delle opere n.1 «Resistenza meccanica e stabilità», di cui all'Allegato I del regolamento (UE)n. 305/2011”; tali
materiali e prodotti strutturali consentono quindi di soddisfare i requisiti previsti in termini di rispetto degli stati limite,
ultimi e di esercizio, nonché di durabilità e robustezza, previsti negli altri Capitoli delle NTC, ivi compresi gli aspetti
geotecnici.
In sintesi, dunque, la caratteristica che consente di identificare “materiali e prodotti per uso strutturale” è la “destinazione d’uso”,
che si intende prioritariamente strutturale.
C11.1 GENERALITÀ
Per quanto riguarda le modalità di qualificazione ed identificazione, da parte del fabbricante, prima dell’immissione sul mercato
e quindi dell’impiego, dei materiali e prodotti, viene opportunamente specificato quali siano i possibili casi di riferimento:
A) materiali e prodotti per uso strutturale per i quali sia disponibile una norma europea armonizzata;
B) materiali e prodotti per uso strutturale per i quali sia prevista la qualificazione con le modalità e le procedure indicate
nelle presenti norme;
C) materiali e prodotti per uso strutturale non ricadenti in uno dei due casi indicati con le lettere A) e B) o comunque non
citati nel presente Capitolo, per i quali il produttore potrà pervenire alla Marcatura CE, valida su tutto il territorio dello
spazio economico europeo, sulla base di una pertinente Valutazione Tecnica Europea (ETA), ovvero, in alternativa, dovrà
essere in possesso di un Certificato di Valutazione Tecnica, valido esclusivamente sul territorio nazionale, rilasciato dal
Servizio Tecnico Centrale sulla base di Linee Guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ove
disponibili.
Tale ultima indicazione chiarisce che è possibile pervenire al rilascio di un Certificato di Valutazione Tecnica anche in assenza di
Linee guida già predisposte, purché sulla base di documenti tecnici di comprovata validità scientifica e di procedure tecnico
amministrative già elaborate dal Servizio Tecnico Centrale o dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e comunque tali da
assicurare livelli di sicurezza non inferiori a quelli previsti dalle NTC per altri prodotti o materiali.
Circa i concetti sopraesposti, si riportano, di seguito, alcuni chiarimenti riguardo ai termini utilizzati.
«Fabbricante» - (articolo 2, n.19, del CPR) È colui che immette uno specifico prodotto da costruzione sul mercato, per un
determinato uso, assumendosene le relative responsabilità riguardo alle prestazioni dichiarate ed alla conformità ai requisiti
applicabili stabiliti nel CPR e nelle NTC.
«Norma europea armonizzata»o “Norma armonizzata” - (articolo 2, n.11, del CPR) Costituisce il documento di cui all’art. 17 del CPR
ed è predisposta da uno degli organismi europei di normalizzazione di cui all’allegato I della direttiva 98/34/CE (nel settore
delle costruzioni si tratta essenzialmente del CEN). Gli estremi di ciascuna norma armonizzata, una volta approvata, sono
pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (nel seguito GUUE) a cura della Commissione, con indicazione del
periodo di coesistenza nel quale l’applicazione della norma stessa non è obbligatoria. Al termine di tale periodo possono
essere immessi sul mercato soltanto i prodotti da costruzione valutati in base alla norma armonizzata di riferimento e le
pertinenti norme nazionali sono ritirate. La pubblicazione dei testi delle norme europee armonizzate è compito dei singoli
— 311 —
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Organismi nazionali di normazione (per l’Italia l’UNI) che ne predispongono generalmente una versione nella propria lingua.
Può accadere che la datazione della versione nazionale di una norma europea armonizzata non coincida con quella originaria.
Ciascuna norma armonizzata, predisposta sulla base di uno specifico Mandato della Commissione Europea, in applicazione
del CPR, contiene un “Allegato ZA” che identifica i paragrafi della norma che appartengono alla parte “armonizzata” della
norma stessa e che quindi diventano cogenti ai sensi del CPR e da applicarsi, quindi, nella procedura di marcatura CE.
«Marcatura CE» - Attualmente, ai sensi del CPR, la Marcatura CE indica fondamentalmente che un prodotto da costruzione
risponde alle pertinenti Norme armonizzate, oppure è conforme ad una Valutazione Tecnica Europea (in inglese ETA -
European Technical Assessment), rilasciata ai sensi della procedura di cui al Capo IV ed all’Allegato II del CPR. Le indicazioni in
merito alla Marcatura CE (etichetta e documenti di accompagnamento), sono esplicitamente comprese in ogni Allegato ZA di
una norma armonizzata di prodotto. Tali informazioni devono essere riportate, in relazione alle effettive possibilità,
prioritariamente sul prodotto stesso, altrimenti su un’etichetta ad esso applicata, ovvero sul suo imballo, oppure far parte dei
Documenti di Trasporto (DdT). Esse devono essere riprodotte in modo visibile, leggibile ed indelebile.
«Valutazione Tecnica Europea (ETA)» - L’articolo 2 del CPR definisce la Valutazione Tecnica Europea come “Valutazione documentata
della prestazione di un prodotto da costruzione in relazione alle sue caratteristiche essenziali conformemente al rispettivo documento per la
valutazione europea”. La prassi per la quale si identificano i prodotti da costruzione per i quali possa essere rilasciato un’ETA è
disciplinata dagli articoli da 19 a 26 dell’Allegato II del CPR. Su tali basi un’ETA può essere rilasciata per un prodotto da
costruzione che non rientra o non rientra interamente nell’ambito di applicazione di una norma armonizzata o la cui
prestazione, in relazione alle caratteristiche essenziali previste, non possa essere pienamente valutata in base ad una norma
armonizzata esistente. Si tratta quindi, tra l’altro, dei seguenti casi:
- il prodotto non rientra nel campo di applicazione di alcuna norma armonizzata esistente;
- per almeno una delle caratteristiche essenziali del prodotto il metodo di valutazione previsto dalla norma armonizzata
non è appropriato; la norma armonizzata non prevede alcun metodo di valutazione per quanto concerne almeno una
delle caratteristiche essenziali del prodotto.
Secondo quanto previsto dal CPR, cui si rimanda per i necessari dettagli, gli ETA sono rilasciati dagli Organismi di
Valutazione Tecnica (TAB - Technical Assessment Bodies), designati a tal fine dagli Stati Membri, sulla base di un Documento
per la Valutazione Europea (EAD – European Assessment Document), pubblicati dall’EOTA (e resi disponibili sul relativo sito
internet) ed i cui riferimenti sono periodicamente pubblicati, a cura della Commissione Europea, in GUUE. A tal fine è anche
utile rammentare che, ai sensi dell’articolo 66(3) del CPR, anche gli orientamenti per il benestare tecnico europeo (ETAG)
pubblicati prima del 1 luglio 2013 in conformità all’articolo 11 della Direttiva 89/106/CEE possono essere utilizzati come
Documenti per la Valutazione Europea (EAD).
L’EOTA (www.eota.eu) è l’Organizzazione europea che riunisce tutti gli organismi nazionali (TAB - Technical Assessment
Bodies) deputati al rilascio della Valutazione Tecnica Europea per una o più delle aree di prodotto indicate nella Tabella 1
dell’Allegato IV del CPR.
Si rammenta, altresì, che l’articolo 4 del CPR sancisce l’obbligo di Dichiarazione della Prestazione, da parte del fabbricante,
anche nel caso in cui il prodotto sia coperto da un ETA; a tal fine dovrà essere quindi effettuata, dopo l’emanazione da parte
del TAB di un ETA e sulla base dell’ETA stesso, la pertinente procedura di valutazione e verifica della costanza della prestazione,
con il coinvolgimento, ove previsto, di un Organismo notificato per la specifica attività prevista
«Valutazione e verifica della costanza della prestazione» - Un prodotto da costruzione può essere marcato CE solo qualora il
fabbricante abbia redatto una Dichiarazione di Prestazione, e quindi, ai sensi dell’articolo 4 del CPR, nel caso in cui esso
rientri nel campo di applicazione di una Norma europea armonizzata o sia conforme ad una Valutazione Tecnica Europea. I
sistemi di valutazione e verifica della costanza della prestazione sono specificati nell’Allegato V del CPR, così come modificato dal
Regolamento delegato (UE) n. 568/2014 della Commissione del 18 febbraio 2014 (identificati sinteticamente con i numeri:
1+,1,2+,3, 4).
«Certificato di costanza della prestazione del prodotto» o «Certificato di conformità del controllo della produzione in fabbrica» - Ai sensi del
CPR sono i documenti a valore legale, rilasciati da un Organismo europeo notificato. Il primo certificato si riferisce al
prodotto, nei casi di sistema di valutazione della costanza della prestazione 1+ o 1, oppure, nel secondo caso, al Controllo
della produzione in fabbrica (FPC) nel caso di sistema 2+.
«Dichiarazione di Prestazione» -Costituisce il documento fondamentale, obbligatoriamente predisposto dal fabbricante per prodotti
da costruzione recanti la marcatura CE nei casi previsti dall’articolo 4 del CPR. Contiene le informazioni prescritte dall’articolo
6 del CPR ed è fornito in forma cartacea o su supporto elettronico ovvero messo a disposizione su un sito web, nelle lingue
richieste dalla Stato membro, secondo quanto previsto all’articolo 8 del CPR. Qualora la dichiarazione di prestazione venga
fornita su supporto elettronico oppure messa a disposizione su un sito web nei modi previsti dal Regolamento delegato (UE) n.
157/2014, ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 3, del CPR, si adottano le procedure di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.
82, e successive modificazioni (Codice dell’Amministrazione Digitale).
«Certificato di Valutazione Tecnica» - Costituisce una valutazione del materiale, prodotto, o sistema da costruzione, ai fini dell’uso
strutturale previsto in opere realizzate, in accordo alle disposizioni nazionali (si veda anche l’art.1 della legge n.64/74).Il
Certificato di Valutazione Tecnica è rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale sulla base delle procedure indicate dalle vigenti
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norme tecniche ed ha validità sul territorio nazionale o anche in quello di altri stati dell’Unione Europea in caso di
applicazione della procedura di mutuo riconoscimento, in base al concetto di “equivalenza” più avanti specificato. Qualora il
fabbricante preveda l’impiego dei prodotti strutturali anche con funzioni di compartimentazione antincendio, dichiarando
anche la prestazione in relazione alla caratteristica essenziale “Resistenza al fuoco”, le Linee Guida sono elaborate dal Servizio
Tecnico Centrale di concerto, per la valutazione di tale specifico aspetto, con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso
Pubblico e della difesa Civile del Ministero dell’Interno.
«Attestato di Qualificazione» - È il documento emesso dal Servizio Tecnico Centrale che attesta la positiva conclusione della
procedura di qualificazione per materiali e prodotti ricadenti nel caso B di cui al §11.1 delle NTC.
«Controllo della produzione in fabbrica (FPC)» - Si intende il controllo interno permanente e documentato della produzione in
fabbrica esercitato dal fabbricante in conformità alle pertinenti specifiche tecniche armonizzate.
«Equivalenza» - Laddove richiamato, il concetto di equivalenza si riferisce alla possibilità di riconoscere procedure o certificazioni
utilizzate per valutare la prestazione di un prodotto da costruzione legalmente commercializzato in un altro Stato membro.
«Organismi notificati» - Ai fini della marcatura CE su prodotti da costruzione, l’Articolo 39 della CPR richiede agli Stati membri di
notificare alla Commissione e agli altri Stati membri, gli Organismi che essi hanno autorizzato per i compiti di parte terza per
la valutazione e verifica della costanza delle prestazioni dei prodotti da costruzione, previsti nell’art. 28 del CPR,
distinguendo, con riferimento alle funzioni esercitate, tra:
- Organismi di Certificazione di prodotto (sistemi 1 e 1+) e di FPC (sistema 2+),
- Laboratori di Prova (sistema 3).
Il compito degli Organismi notificati, in relazione ai sistemi di valutazione e verifica della costanza della prestazione dei
prodotti da costruzione, è quello dettagliato nell’Allegato V del CPR, così come modificato dal Regolamento delegato (UE) N.
568/2014 della Commissione del 18 febbraio 2014.
Un medesimo Organismo, se notificato per le varie funzioni, sulla base di quanto previsto nelle specifiche tecniche
armonizzate, può agire quale Organismo di Certificazione del prodotto, da Organismo di Certificazione del controllo di
produzione in fabbrica e da Laboratorio di Prova.
La procedura di autorizzazione di tali organismi è attualmente regolata in Italia dal D.Lgs. 106/2017 e dalle specifiche
disposizioni emanate in materia dalle Amministrazioni competenti in attuazione del CPR.
Mediante lo strumento informatico messo a disposizione dalla Commissione Europea (NANDO - New Approach Notified and
Designated Organisations1), è possibile verificare:
- l’elenco degli Organismi notificati per lo svolgimento delle attività di parte terza in merito alla valutazione e verifica della
costanza della prestazione dei prodotti da costruzione, per le specifiche attività inerenti le diverse specifiche tecniche
armonizzate;
- l’elenco degli Organismi di Valutazione Tecnica (TAB), con le aree di prodotto di pertinenza;
- l’elenco delle norme europee armonizzate, con l’indicazione del relativo periodo di coesistenza;
- l’elenco dei Documenti per la valutazione europea (EAD);
- l’elenco degli ETAG precedentemente utilizzabili ai sensi della Dir.89/106/CEE ed utilizzabili ai sensi del CPR;
L’accettazione in cantiere dei materiali e prodotti per uso strutturale è responsabilità del Direttore dei Lavori e viene attuata
mediante l’acquisizione e verifica della documentazione di accompagnamento dei materiali e prodotti, nonché mediante prove di
accettazione. Per quanto riguarda gli aspetti documentali il Direttore dei Lavori deve acquisire, oltre alla predetta
documentazione di accompagnamento, la documentazione che attesti la qualificazione del prodotto (differente a seconda dei casi
A), B) o C) previsti al §11.1 delle NTC). Il Direttore dei Lavori deve anche verificare l’idoneità di tale documentazione, ad esempio
verificando la titolarità di chi ha emesso la dichiarazione di prestazione, le informazioni in esse riportate, la titolarità dell’Organismo
che ha emesso il certificato su cui si basa la dichiarazione, nonché la pertinenza del certificato stesso (caso A) o le certificazioni e/o
attestazioni (casi B e C), la loro validità ed il campo di applicazione in relazione ai prodotti effettivamente consegnati ed all’uso per
essi previsto, la conformità alle caratteristiche prestazionali contenute nelle specifiche progettuali o capitolari, etc.
Oltre ai casi in cui le NTC prevedono esplicitamente l’esecuzione delle prove di accettazione obbligatorie, precisandone le
modalità di campionamento ed esecuzione, il Direttore dei Lavori può in ogni caso richiedere l’esecuzione di ulteriori prove che
ritenga opportune o necessarie ai fini dell’accettazione del materiale o prodotto per uso strutturale. Essendo le predette prove
finalizzate all’accettazione, le stesse devono far parte della documentazione tecnica prevista dal D.P.R. 380/2001, ed in particolare
della Relazione a strutture ultimate e del collaudo statico, e pertanto deve esserne rilasciata certificazione ufficiale da un
laboratorio di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001, dotato di adeguate attrezzature, esperienze e competenze, oppure, nei casi
previsti, da un laboratorio di prova notificato ai sensi del Capo VII del CPR.
1 http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/nando/index.cfm?fuseaction=directive.notifiedbody&dir_id=33
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Le NTC prevedono, a riguardo, come eccezione alle disposizioni sopra indicate, l’esecuzione di tali prove anche da parte di “altri
laboratori, dotati di adeguata competenza ed idonee attrezzature”, solo a seguito di nulla osta del Servizio Tecnico Centrale. Tale nulla
osta potrà essere rilasciato sulla base di istanza motivata e documentata e conseguente istruttoria tecnica volta alla verifica dei
requisiti di terzietà, competenza, disponibilità delle necessarie attrezzature e capacità nell’esecuzione delle specifiche prove
richieste.
In via generale e fermo restando quanto previsto nelle NTC, possono essere oggetto di prova:
- i provini: confezionati da materiale in genere sciolto, come il conglomerato cementizio, le malte, etc;
- i saggi: ottenuti/estratti da prodotti finiti, come lo spezzone estratto da una barra di acciaio da c.a. o il tallone ricavato da
una lamiera, etc.;
- i campioni: un numero di pezzi singoli prelevati da un lotto di produzione o di spedizione, come ad esempio i bulloni.
E’ compito del Direttore dei Lavori provvedere al campionamento dei materiali e dei prodotti da sottoporre alle prove di
accettazione, quindi al confezionamento dei provini, all’esecuzione/estrazione dei saggi, al prelevamento dei campioni, nonché la
corretta conservazione e custodia degli stessi fino alla consegna al laboratorio di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001 incaricato,
che a tal fine rilascia apposito verbale di accettazione. Tali attività possono essere eventualmente eseguite attraverso personale a
tal fine formalmente delegato dal Direttore dei Lavori, ferma restando la responsabilità del Direttore dei Lavori stesso.
I certificati riportanti gli esiti delle prove di accettazione sono consegnati al Direttore dei Lavori, indipendentemente dal soggetto
che effettua il pagamento della prestazione, in originale analogico, oppure possono essere trasmessi, allo stesso Direttore dei
Lavori, tramite PEC in formato elettronico, firmati digitalmente, ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale. I laboratori di
cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001 registrano e documentano l’identità sia dei soggetti che consegnano i provini, saggi o
campioni, sia di quelli cui il laboratorio consegna i certificati, prendendo nota ed acquisendo l’eventuale delega sottoscritta dal
Direttore dei Lavori.
Principio generale della Norma è che le prove previste dalle stesse NTC, quali quelle di accettazione in cantiere o quelle di
controllo di produzione in stabilimento (quali ad esempio quelle nei centri di trasformazione), siano un reale strumento di
controllo e di verifica della qualità della filiera, atte a permettere il miglioramento continuo del processo, eventualmente
permettendo, nel caso di esito non positivo, di adottare le idonee azioni correttive. Per tale motivo le NTC richiedono, in generale
e salvo le necessarie specificazioni in funzione dei materiali (quale ad esempio per il calcestruzzo fresco, per il quale,
fisiologicamente questo non può avvenire) che la posa in opera o la commercializzazione dei prodotti sia subordinata all’esito
positivo delle pertinenti prove (di accettazione o di controllo in stabilimento). Qualora ciò non avvenga, il soggetto responsabile
(Direttore dei Lavori, Direttore tecnico di stabilimento o di centro di trasformazione, etc.) dovrà evidenziare quanto sopra nei
relativi documenti (verbale di accettazione, relazione a strutture ultimate, documenti di accompagnamento della fornitura, etc.),
motivandolo opportunamente, e subordinare, sotto la propria responsabilità, l’efficacia ed il buon esito della posa in opera e/o
della fornitura all’esito positivo delle suddette prove, assumendosi tutte le responsabilità e prendendosi carico di ogni eventuale
onere derivante dal mancato esito positivo delle prove e quindi dell’accettazione in cantiere.
Poiché le NTC rappresentano una regola tecnica nazionale che impone, ai fini dell’impiego sul territorio italiano, la dichiarazione
delle caratteristiche essenziali dei materiali e prodotti ad uso strutturale, a tali prodotti non si applicano, in generale e fatto salvo
quanto eventualmente specificato nelle NTC in merito alla produzione occasionale, le deroghe alla redazione della dichiarazione
di prestazione di cui all’articolo 5 del CPR.
In generale si intendono per prodotti occasionali, prodotti fabbricati non in serie, senza il presupposto della ripetitività tipologica,
non realizzati secondo procedure e processi ripetitivi indipendentemente dal grado di automazione di tali processi, non inserite e
non inseribili in un catalogo della produzione, poiché destinate unicamente ad una specifica opera o cantiere, il cui Direttore dei
Lavori assume la responsabilità diretta dei controlli di produzione, oltre che dei controlli di accettazione, in assoluta analogia con
i materiali e prodotti fabbricati a piè d’opera o in cantiere stesso.
Si applica il Decreto Legislativo 16 giugno 2017, n. 106 “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE)
n. 305/2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE”,
che in particolare, all’articolo 5, comma 5, richiama che “L'impiego nelle opere di un prodotto da costruzione è soggetto, per i materiali e
prodotti per uso strutturale, alle norme tecniche per le costruzioni adottate in applicazione dell'articolo 52 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, …”. Si applicano pertanto anche le disposizioni del Capo V del
medesimo Decreto legislativo, “Controllo, Vigilanza e Sanzioni” ed in particolare, anche per le violazioni di quanto riportato nelle
NTC, le sanzioni di cui agli articoli 19 (per il fabbricante), 20 (per il costruttore, il direttore dei lavori, il collaudatore ed il
progettista), 21 (per gli altri operatori economici coinvolti) e 22 (per gli organismi di certificazione e laboratori).
C11.2 CALCESTRUZZO
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l’obbligo di indicazione della classe di esposizione ambientale. Viene inoltre precisato che nel caso di impiego di armature pretese
o post-tese, permanentemente incorporate in getti di calcestruzzo, è obbligatoria l’indicazione della classe di contenuto in cloruri.
Per quanto attiene la classe di resistenza, la stessa è individuata esclusivamente dai valori caratteristici delle resistenze cilindrica
fck e cubica Rck a compressione uniassiale, misurate su provini normalizzati e cioè rispettivamente su cilindri di diametro 150 mm
e di altezza 300 mm e su cubi di spigolo 150 mm.
Per quanto attiene la resistenza caratteristica a compressione, la cui valutazione deve avvenire, di norma, dopo 28 giorni di
maturazione, si precisa che, in casi particolari, potranno essere indicati, sulla base di documentate motivazioni, anche altri tempi
di maturazione cui riferire le misure di resistenza ed il corrispondente valore caratteristico.
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- a fornire indicazioni circa le corrette modalità di conservazione dei provini in cantiere, fino alla consegna al laboratorio
incaricato delle prove;
- ad identificare i provini mediante sigle, etichettature indelebili, etc.;
- a sottoscrivere la domanda di prove al laboratorio, avendo cura di fornire, nella domanda, precise indicazioni sulla
posizione delle strutture interessate da ciascun prelievo, la data di prelievo, gli estremi dei relativi Verbali di prelievo,
nonché le sigle di identificazione di ciascun provino;
- a consegnare i provini presso il laboratorio;
- ad acquisire i relativi certificati di prova, che devono pertanto essere sempre consegnati allo stesso Direttore dei Lavori
(che ne rende noti i risultati al committente, al collaudatore ed a quanti ne abbiano titolo) indipendentemente dal soggetto
che effettua il pagamento della prestazione del laboratorio.
Delle predette operazioni il Direttore dei lavori può incaricare, mediante sottoscrizione di delega scritta, un tecnico di sua fiducia,
ferma restando tuttavia la personale responsabilità ad esso attribuita dalla legge.
Premesso che la resistenza caratteristica del calcestruzzo è definita convenzionalmente come quella ottenuta dalla prova di
rottura a 28 giorni di stagionatura, la Norma ha prescritto, laddove le prove non possano essere eseguite esattamente al 28°
giorno di stagionatura, che le stesse siano comunque eseguite entro 45 giorni dalla data di prelievo. Trascorso tale termine, il
laboratorio accetterà e sottoporrà a prova il materiale ed emetterà il relativo certificato, in cui sarà chiaramente indicato, per i
campioni eventualmente provati oltre il 45° giorno dalla data del prelievo risultante dal verbale di prelievo redatto dal Direttore
dei Lavori, che “ai sensi del §11.2.5.3 del D.M. 17.01.2018 le prove di compressione vanno integrate da quelle riferite al controllo della
resistenza del calcestruzzo in opera”. In tale situazione il Direttore dei Lavori, nell’effettuazione dei controlli integrativi di cui al
§11.2.6 delle NTC, valuterà l’approfondimento delle indagini attraverso l’esecuzione di eventuali controlli distruttivi, sulla base
della situazione effettivamente riscontrata, dell’esito delle prove e delle motivazioni del differimento nell’esecuzione della prova.
Di tale attività si darà riscontro nella Relazione a Strutture ultimate.
Qualora la consegna avvenga prima dei 28 giorni, il laboratorio provvede alla corretta conservazione dei provini.
Pertanto, tenendo opportunamente conto della possibilità di consegna anticipata dei campioni in laboratorio, il Direttore dei
lavori potrà organizzare le proprie attività in modo da ottimizzare il trasporto e la consegna dei provini al laboratorio, che
provvederà alla corretta conservazione dei provini ed alla effettuazione delle prove nei tempi stabiliti.
Da quanto sopra emerge chiaramente la responsabilità attribuita al Direttore dei Lavori in merito al confezionamento, alla
conservazione, custodia e consegna dei provini al laboratorio di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/01, al fine di garantire la
necessaria corrispondenza fra il calcestruzzo sottoposto alle prove di accettazione certificate dai suddetti Laboratori e quello
impiegato nell’opera, o in una parte o porzione dell’opera stessa, soggetta a controllo. Tale compito, assolutamente necessario a
garantire l’efficacia e credibilità della filiera di controllo prevista dalla legge e dalle norme, potrà anche essere esercitato dal
Direttore dei Lavori adottando tutte le iniziative che riterrà utili al raggiungimento dell’obiettivo, quali ad esempio garantire e
documentare la tracciabilità dei provini mediante l’impiego di idonei strumenti tecnologici (ad esempio con micro-chips o
targhette con codici a barre annegati nel calcestruzzo e soggetti a lettura digitalizzata e localizzazione spazio-temporale
automatica in cantiere ed in Laboratorio) oppure affidando allo stesso laboratorio ufficiale incaricato il compito di effettuare il
prelievo e l’accettazione dei provini in cantiere, occupandosi poi anche della maturazione fino alla stagionatura prevista per le
prove.
Un ruolo significativo nella procedura di accettazione è svolto dal Laboratorio incaricato di effettuare le prove sul calcestruzzo, il
quale, sotto il controllo del Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, deve svolgere costantemente la
propria attività nel rispetto dei principi di qualità, trasparenza e indipendenza, declinati nei requisiti previsti dalle pertinenti
disposizioni normative e ministeriali.
In tal senso, il laboratorio deve, di norma:
- certificare solo prove le cui richieste siano regolarmente sottoscritte dal Direttore dei Lavori o altra figura titolata a
richiedere prove ufficiali (collaudatore, RUP, CTU, nei casi previsti, etc.); diversamente, in luogo del previsto Certificato
ufficiale di prova, il laboratorio rilascia semplice Rapporto di prova, precisando che lo stesso Rapporto di prova non
costituisce certificato utile ai fini della procedura prevista dalla legge 1086/71;
- accettare solo richieste di prova in originale, rifiutando richieste non firmate o non firmate in originale (in fotocopia o
altro), salvo che le stesse non siano trasmesse via PEC ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale; in tal caso oltre
alla richiesta deve essere conservata (in formato elettronico o cartaceo) anche la mail di trasmissione, dalla quale sia
possibile rilevare con certezza l’identità del mittente;
- accettare solo provini di calcestruzzo provvisti di contrassegno; tutti i provini devono essere identificati mediante sigle
apposte direttamente dal richiedente, che devono corrispondere, evidentemente, alle sigle riportate sulla richiesta;
- rifiutare provini che rechino segni evidenti che mettano in dubbio il regolare prelievo dall’opera indicata dalla richiesta
(ne sono un esempio il segno di vecchie etichette rimosse, ovvero la presenza di altre sigle pregresse rispetto a quelle
indicate sulla richiesta);
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- verificare le condizioni di planarità e verticalità sui cubetti di calcestruzzo prima di eseguire la prova;
- provvedere alla esecuzione delle prove a compressione conformemente alle norme UNI EN più aggiornate;
- evitare di conservare in laboratorio, anche provvisoriamente, provini che non siano regolarmente accettati e identificati,
anche quando non siano destinati a prova o certificazione ufficiale, motivando in questo caso la permanenza in
laboratorio;
- riportare sui certificati del calcestruzzo, gli estremi dei verbali di prelievo; in assenza degli estremi dei verbali di prelievo
il laboratorio effettua le prove ma, in luogo del Certificato ufficiale valido ai sensi della Legge n. 1086/71, rilascia un
semplice Rapporto di prova;
- riportare sempre sui verbali di accettazione e sui certificati il nominativo della persona fisica che ha consegnato il
materiale al laboratorio, nonché il ruolo svolto, se diverso dal Direttore dei Lavori;
- attuare le disposizioni impartite dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Il contenuto minimo dei certificati di prova è descritto nel § 11.2.5.3 delle NTC. Lo stesso § 11.2.5.3 delle NTC ribadisce che: “Il
laboratorio verifica lo stato dei provini e la documentazione di riferimento ed in caso di anomalie riscontrate sui campioni oppure di mancanza
totale o parziale degli strumenti idonei per la identificazione degli stessi, deve sospendere l’esecuzione delle prove e darne notizia al Servizio
Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici” e che “La domanda di prove al laboratorio deve essere sottoscritta dal Direttore
dei Lavori e deve contenere precise indicazioni sulla posizione delle strutture interessate da ciascun prelievo”, diversamente pertanto il
laboratorio non accetterà i relativi campioni.
La norma precisa infine che le prove non richieste dal Direttore dei Lavori non possono fare parte dell’insieme statistico che serve
per la determinazione della resistenza caratteristica del materiale. In tal caso, pertanto, il laboratorio effettua le prove ma, in
luogo del certificato ufficiale, rilascia un semplice rapporto di prova.
Inoltre, qualora il numero dei provini di calcestruzzo consegnati in laboratorio sia inferiore a sei, il laboratorio effettua le prove e
rilascia il richiesto certificato, ma vi appone una nota con la quale segnala al Direttore dei lavori che “il numero di campioni provati
dal laboratorio non è sufficiente per eseguire il controllo di Tipo A previsto dalle vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni”, tale
segnalazione non inficia la validità del certificato, ma costituisce una segnalazione per il Direttore dei Lavori o altri soggetti
preposti al controllo.
Si evidenzia, infine, che nello spirito di quanto esplicitamente previsto ai §§ 11.2.5.3, 11.3.2.12, 11.3.3.5.4, 11.3.4.11.3, 11.7.10.2,
11.10.1.1, 11.10.2.4, delle NTC, i laboratori di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001 incaricati dell’esecuzione delle prove devono
conservare i campioni, di calcestruzzo, acciaio o qualsiasi altro materiale sottoposti a prova per almeno trenta giorni dopo
l’emissione dei certificati di prova, in modo da consentirne l’identificabilità e la rintracciabilità, e non più per i venti giorni
precedentemente previsti.
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- è necessario verificare accuratamente, prima di sottoporre le carote alla prova di compressione, la planarità ed
ortogonalità delle superfici d’appoggio; infatti, la lavorazione o preparazione inadeguata delle carote porta a risultati di
prova erronei. E’ necessario, in tal senso, che il taglio dei campioni sia effettuato con ogni possibile accuratezza al fine di
evitare disturbi al saggio stesso e che le superfici di prova siano adeguatamente preparate per garantirne planarità e
ortogonalità.
Sulla base di quanto sopra, vista la complessità delle operazioni descritte, le NTC, al § 8.5.3, prevedono esplicitamente che il
prelievo dei saggi e le relative prove siano effettuati da uno dei laboratori di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001. Ciò anche al
fine di rendere coerente tutta la procedura di controllo sul calcestruzzo in opera mediante prelievo di saggi, che già prevede che
le prove sulle carote siano eseguite e certificate da uno dei laboratori di cui all’articolo 59 del D.P.R. 380/2001.
Sotto il profilo operativo, effettuato il prelievo di un determinato numero di carote ed eseguita sulle stesse la prova di
compressione con le procedure previste, si determina il valore caratteristico della resistenza strutturale cilindrica in situ, definita
come fckis. A tale riguardo, le norme prevedono che la resistenza caratteristica in situ va calcolata in accordo alle Linee Guida per la
valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera elaborate e pubblicate dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore
dei Lavori Pubblici, edizione 2017, nonché secondo quanto previsto nella norma UNI EN 13791:2008 (§§ 7.3.2 e 7.3.3).
In particolare, le Linee Guida per la valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera sottolineano come l’estrazione delle carote
dalla struttura, per quanto condotta con le attenzioni sopra raccomandate, produca comunque un disturbo al calcestruzzo, per
cui nel risultato di prova sulla carota si manifesta un decremento di resistenza. Per tenere conto di tale decremento, le citate Linee
Guida hanno introdotto un Fattore di danno Fd, moltiplicativo della resistenza ottenuta dalla prova; il valore di Fd decresce
all’aumentare della resistenza fcarota rilevata sulla specifica carota, come indicato nella tabella seguente:
Tabella C11.2.6.I.- Fattore di disturbo in funzione della resistenza a compressione delle carote (H/D=1; d=100 mm)
fcarota[N/mm2] 10 ÷ 20 20 ÷ 25 25 ÷ 30 30 ÷ 35 35 ÷ 40 > 40
Le medesime Linee Guida precisano inoltre che se la resistenza potenziale è espressa in valori cubici, l’eventuale determinazione
della resistenza strutturale va effettuata su carote aventi rapporto H/D = 1 (con tolleranza ± 0,05); se invece la resistenza
potenziale è espressa in valori cilindrici, l’eventuale determinazione della resistenza strutturale va effettuata su carote aventi
rapporto H/D = 2 (con tolleranza ± 0,05), sconsigliando fortemente l’impiego di carote caratterizzate da un rapporto H/D
intermedio, al fine di evitare l’introduzione di ulteriori incertezze derivanti dall’utilizzo del coefficiente di conversione,
notoriamente posto pari a 0,83.
Pertanto, il valore della resistenza strutturale di ciascuna carota si determina come segue:
- fcarota * Fd = Rc,is, nel caso di provini, ottenuti da carote con rapporto H/D=1;
- fcarota * Fd = fc,is , nel caso di provini, ottenuti da carote con rapporto H/D=2.
Ciò premesso, il valore della resistenza caratteristica in opera fckis può essere determinata considerando l’approccio B se il numero
di carote è minore di 15, oppure l’approccio A se il numero di carote è > 15, secondo quanto previsto nella norma UNI EN
13791:2008 (§§ 7.3.2 e 7.3.3).
Determinato il valore della resistenza caratteristica strutturale in opera, la norma stabilisce che è accettabile un valore della
predetta resistenza caratteristica, non inferiore all’85% del valore della resistenza caratteristica assunta in fase di progetto.
Evidentemente il confronto fra i suddetti valori deve essere effettuato o utilizzando sempre la resistenza cilindrica o utilizzando
sempre la resistenza cubica.
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Ai fini dell’autorizzazione, da parte del Servizio Tecnico Centrale, degli Organismi terzi indipendenti che operano in coerenza con la
norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021, continuano ad applicarsi gli specifici criteri emanati dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
con le Istruzioni operative per il rilascio dell’autorizzazione agli Organismi di certificazione del Controllo del processo di fabbrica FPC del
calcestruzzo prodotto con processo industrializzato, ai sensi del §11.2.8 delle Norme Tecniche per le Costruzioni di cui al D.M. 14.01.2008.
Si precisa, inoltre, che gli impianti di produzione industrializzata appartenenti al costruttore nell’ambito di uno specifico cantiere,
per i quali non è richiesta la suddetta certificazione del controllo del processo di fabbrica, a condizione che il sistema di gestione
della qualità del costruttore - predisposto in coerenza con la norma UNI EN ISO 9001 e certificato da un organismo accreditato -
preveda l’esistenza e l’applicazione di un sistema di controllo della produzione dell’impianto, sono quelli predisposti nell’ambito
di uno specifico cantiere destinato alla realizzazione di un’opera nella quale viene impiegato un volume di calcestruzzo
strutturale superiore a 1500 m³.
Nei cantieri di opere che prevedono una quantità di calcestruzzo inferiore a 1.500 m³, restano nella responsabilità del Costruttore
e del Direttore dei lavori, ciascuno per le proprie competenze, tutte le procedure di confezionamento e messa in opera del
calcestruzzo.
Nel caso in cui l’impianto è ubicato all’interno di uno stabilimento di prefabbricazione di serie, allora si distinguono due casi:
- se il cls prodotto viene impiegato esclusivamente per la realizzazione dei manufatti prefabbricati, l’impianto non necessita
di certificazione in quanto rientra nella qualificazione dei manufatti stessi, sia se forniti di marcatura CE sia se qualificati
dal Servizio Tecnico Centrale;
- se il cls prodotto viene fornito ad altri utilizzatori al di fuori dello stabilimento di prefabbricazione, allora l’impianto deve
essere regolarmente certificato.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
C11.3 ACCIAIO
C11.3.1.1 CONTROLLI
Le NTC prevedono che il controllo sugli acciai da costruzione sia obbligatorio e si effettui, con modalità e frequenze diverse, negli
stabilimenti di produzione, nei centri di trasformazione, in cantiere. Per quanto attiene l’entità dei controlli, si prevede chequesti
siano effettuati:
- negli stabilimenti di produzione su lotti di produzione continua. Nella maggior parte dei casi, negli stabilimenti nei quali
sono presenti i forni di fusione, si può individuare come lotto di produzione la colata;
- nei centri di trasformazione su forniture di materiale lavorato;
- in cantiere, nell’ambito dei controlli di accettazione, su lotti di spedizione.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Gli stabilimenti di produzione (Produttori) di acciai qualificati, caso B, non sono tenuti ad allegare alle forniture copia dei
Certificati rilasciati dal Laboratorio incaricato che effettua i controlli periodici di qualità. Si precisa infatti, al riguardo, che i
predetti Certificati non sono significativi ai fini della fornitura, trattandosi di documenti riservati al Servizio Tecnico Centrale per
i controlli finalizzati al mantenimento e rinnovo della qualificazione. Tali Certificati, peraltro, non possono sostituire i Certificati
relativi alle prove effettuate a cura del Direttore dei Lavori, che devono essere rilasciati dai laboratori di cui all’art. 59 del D.P.R.
n. 380/2001 nell’ambito dei controlli obbligatori di cantiere.
Le forniture effettuate da un commerciante intermedio devono essere accompagnate da copia dei documenti sopra menzionati
rilasciati dal Produttore e completati con il riferimento al documento di trasporto del commerciante stesso.
Il Direttore dei Lavori prima della messa in opera, è tenuto a verificare quanto sopra indicato ed a rifiutare le eventuali forniture
non conformi, ferme restando le responsabilità del produttore.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
relazione ai prodotti utilizzati nell’ambito della specifica fornitura) che deve essere rilasciata dal Centro di trasformazione,
può anche essere inserita nel documento di trasporto, unitamente alla dichiarazione di cui al p.to a) della Norma. Anche
per i Centri di trasformazione, inoltre, la documentazione di accompagnamento può essere resa disponibile attraverso i
canali informatici, con regole analoghe e quelle comunitarie, fatto salvo il documento di trasporto che segue la fornitura.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Nel caso di reti e tralicci formati con elementi base prodotti in altro stabilimento, deve essere apposta su ogni confezione di reti o
tralicci un’apposita etichettatura con indicati tutti i dati necessari per la corretta identificazione del prodotto e del fabbricante
delle reti e dei tralicci stessi. In questo caso il produttore provvede, ove possibile, ad apporre su ogni pannello o traliccio una
apposita marchiatura che identifichi il produttore medesimo. La marchiatura di identificazione può essere anche costituita da
sigilli o etichettature metalliche indelebili con indicati tutti i dati necessari per la corretta identificazione del prodotto, ovvero da
marchiatura supplementare indelebile. In ogni caso, se si utilizza una propria marchiatura aggiuntiva di identificazione, questa
deve essere identificabile in modo permanente anche dopo annegamento nel calcestruzzo. Laddove invece non fosse possibile
tecnicamente applicare su ogni pannello o traliccio la marchiatura secondo le modalità sopra indicate, dovrà essere comunque
apposta su ogni pacco di reti o tralicci un’apposita etichettatura con indicati tutti i dati necessari per la corretta identificazione del
prodotto di base e del produttore. In questo caso il Costruttore al momento della fornitura deve verificare la presenza della
predetta etichettatura ed il Direttore dei Lavori, al momento dell’accettazione, deve rilevarne i dati e fornirli al collaudatore che
ne farà cenno nel Certificato di collaudo. In caso di assenza dell’etichettatura il Direttore dei lavori deve rifiutare la fornitura.
Il riferimento alla UNI EN ISO 17660 introdotto per le reti e i tralicci elettrosaldati è applicabile anche alle travi tralicciate in
acciaio conglobate nel getto di calcestruzzo collaborante, di cui alle pertinenti Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici, con particolare riferimento alla categoria classificabile come gruppo b), ovvero alle “travi in calcestruzzo armato o
precompresso”. Assume, infatti, particolare rilevanza il rispetto delle norme sulle saldature ed in particolare della UNI EN ISO
17660-1, quando le saldature delle barre sono “load-carrying”, ovvero direttamente interessate dal flusso di tensioni. Inoltre, in
ogni caso non è ammissibile l’esecuzione di giunti testa-testa, mentre alle estremità delle travi, nelle cosiddette zone dissipative o
zone critiche, è in ogni caso vietato l’uso di saldature per l’acciaio da c.a.
C11.3.2.10 PROCEDURE DI CONTROLLO PER ACCIAI DA CEMENTO ARMATO NORMALE – BARRE E ROTOLI
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
- nelle barre di acciaio dentellate, o anche “improntate”, le nervature sono ottenute producendo delle impronte sulla sezione
circolare piena, sicché la sezione effettiva che si ottiene ha una forma approssimativamente triangolare o quadrata, a
seconda che le facce nervate siano rispettivamente tre o quattro.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
La norma prevede che le prove per la determinazione di r, L, D e t, siano eseguite nel laboratorio di cui all’art. 59 del D.P.R. n.
380/2001. Qualora per ragioni tecniche, economiche o logistiche, il laboratorio, in accordo con il Fabbricante, ritiene necessario
effettuare le suddette prove presso lo stabilimento di produzione, si applicano i principi dell’articolo 46 del CPR e, pertanto,
dovrà essere trasmessa preventiva richiesta al Servizio Tecnico Centrale, indicando le motivazioni ed allegando la procedura
operativa che descriva in modo dettagliato l’apparecchiatura di prova utilizzata e le modalità di conduzione della prova stessa.
Quanto sopra si applica anche nel caso delle Prove di verifica della qualità finalizzate alla determinazione di r, D e t e per la
valutazione della resistenza a fatica, di cui al §11.3.3.5.2.3.
C11.3.4.1 GENERALITA’
Per la zincatura, se effettuata in sub-affidamento in autonomi stabilimenti, va garantito un adeguato livello di integrazione dei
Controlli di Produzione in Fabbrica tra produttore degli elementi base e zincatore. A questo scopo il produttore garantisce la
qualifica del sub-affidatario della zincatura, secondo idonee procedure.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
- Officine per la produzione di chiodi e bulloni: laddove essi intendano realizzare elementi che non rispondono alle
caratteristiche di cui al p.to 11.3.4.6, devono preliminarmente provvedere alla qualificazione dei loro prodotti secondo
quanto indicato al p.to 11.1-caso B), con le procedure di qualificazione indicate al p.to 11.3.1.2;
- Centri di produzione di prodotti formati a freddo e lamiere grecate: i materiali soggetti a lavorazione sono quelli oggetto
delle norme armonizzate citate nel Capitolo 11.3.4.1 delle NTC e delle altre norme citate al punto 11.3.4.10 delle NTC.
Laddove si effettuassero lavorazioni su materiali diversi da questi, il centro deve preliminarmente provvedere alla
qualificazione dei loro prodotti secondo quanto indicato al punto 11.1-caso B delle NTC), con le procedure di
qualificazione indicate al punto 11.3.1.2 delle NTC;
- Officine di produzione di elementi strutturali: gli elementi seriali da essi fabbricati sono qualificabili quali elementi finiti
di cui al p.to 11.3.1.2 e la loro conformità sarà valutata secondo quanto indicato al p.to 11.1-caso B), con le procedure di
qualificazione indicate al p.to 11.3.1.2;
- Centri di prelavorazione/servizio e officine di produzione di carpenteria metallica: normalmente tali impianti realizzano
lavorazioni in sub-fornitura per conto del costruttore, su materiali marcati CE, quindi non immettono prodotti lavorati
direttamente sul mercato. Quando tali impianti ricevono elementi base (prodotti lunghi e/o piani) che non sono marcati
CE in quanto non soggetti a norma armonizzata, devono preliminarmente verificare che tali elementi siano dotati di
idonea qualificazione ai sensi del p.to 11.1-caso B, secondo le procedure di qualificazione indicate al p.to 11.3.1.2; in
mancanza di tale qualificazione, il materiale base non può essere lavorato ed i prodotti strutturali da essi realizzati non
possono essere impiegati.
C11.3.4.11.2 Controlli nei centri di trasformazione e nei centri di produzione di elementi tipologici in acciaio
Tabella C11.3.4.11.2.I
Norma di Qualità degli fyk ftk
Tipo di acciaio
riferimento acciai [N/mm2] [N/mm2]
I raggi interni di piegatura dei profilati formati a freddo e delle lamiere grecate devono rispettare le seguenti limitazioni:
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
C11.7.1 GENERALITÀ
Per quanto riguarda la qualificazione ed identificazione dei differenti materiali o prodotti a base di legno, si rimanda a quanto
indicato alle casistiche A, B e C come indicato al §. 11.1 delle NTC.
Sia per i prodotti oggetto di marcatura CE (secondo i casi A e C del par. 11.1), che per i materiali oggetto di procedura di
qualificazione nazionale (caso B del par. 11.1) o di Certificato di Valutazione Tecnica (Caso C del par. 11.1) valgono gli obblighi di
denuncia di attività definite per i centri di lavorazione di cui il par. 11.7.10.1 delle medesime NTC.
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Lavori esegue prove meccaniche di accettazione in ragione della criticità, della differenziazione e numerosità, come altresì
riportato nel § 11.7.10.2.
In relazione ai controlli di accettazione in cantiere su elementi strutturali in legno il Direttore lavori può fare altresì utile
riferimento a metodi di classificazione misti, attuati tramite l’utilizzo di strumenti portatili di ausilio alla classificazione a vista e a
quanto previsto dal rapporto tecnico UNI TR 11499.
C11.8.1 GENERALITÀ
Per quanto riguarda la qualificazione ed identificazione degli specifici materiali o prodotti, si applicano, in relazione agli specifici
prodotti, i casi A), B) o C) previsti al § 11.1 delle NTC, secondo quanto di seguito precisato:
- Se è disponibile una norma armonizzata (caso A del § 11.1) il cui riferimento è riportato in GUUE, al termine del periodo
di coesistenza, è possibile l’impiego di tale prodotto solo in presenza della prevista documentazione di marcatura CE e
Dichiarazione di Prestazione, così come altresì definito dal Capo II del CPR). In tal caso non si applicano le procedure di
qualificazione così come riportato nel § 11.8.4 delle medesime NTC;
- Se il prodotto è coperto da una norma europea armonizzata, pubblicata GUUE ma per la quale non sia ancora terminato il
periodo di coesistenza, il produttore può optare alternativamente per la procedura di qualificazione nazionale riportata nel
§ 11.8.4 delle NTC, (caso B), oppure per la marcatura CE (caso A);
- Qualora il prodotto sia oggetto di una Valutazione Tecnica Europea (ETA), sulla base di un Documento di Valutazione
Tecnica Europea (EAD) pubblicato sulla GUUE, in accordo al Capo IV del CPR, il produttore appone la marcatura CE in
accordo alla specifica tecnica applicabile (ETA). In alternativa all’iter di Valutazione Tecnica Europea (ETA), un
produttore può definire la conformità del proprio prodotto anche sulla base di Linee guida approvate dal Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici (ove disponibili) al fine di ottenere un “Certificato di Valutazione Tecnica”.
- Negli altri casi si applica la procedura di qualificazione nazionale riportata nel § 11.8.4 delle NTC, (caso B del § 11.1).
Le disposizioni di cui ai §§ 11.8.1, 11.8.2 ed 11.8.3 delle Norme Tecniche per le Costruzioni si intendono estese anche agli elementi
prefabbricati di cui al p.to C del § 11.1, per i quali sia stato rilasciato un Certificato di Idoneità Tecnica all’impiego (CIT) rilasciato
dal Servizio Tecnico Centrale.
La procedura di qualificazione degli elementi prefabbricati comprende anche le fasi intermedie di produzione, quali quelle di
produzione del calcestruzzo e di lavorazione dei ferri di armatura. Pertanto, nell’ambito del sistema di controllo della produzione
devono essere predisposte apposite e dettagliate “procedure” ed “istruzioni” anche relative a tali aspetti operativi.
Inoltre, di regola, salvo produzioni di elementi secondari e se appositamente autorizzate dal Servizio Tecnico Centrale, la
produzione di elementi di serie non può prescindere dalla effettiva produzione del calcestruzzo, nella stessa sede dello
stabilimento di prefabbricazione; la mancanza o il non utilizzo di idonei impianti per la conservazione delle materie prime e di
un impianto di betonaggio interno allo stabilimento costituiscono, nella maggior parte dei casi, condizioni ostative per la
qualificazione dello stabilimento e dei prodotti, in quanto elementi significativi ai fini della valutazione complessiva della validità
dell’intera organizzazione del processo produttivo e del sistema di controllo della produzione, requisiti espressamente richiesti
dai §§ 11.8.1 e segg. delle NTC. In altri termini, il fatto di delegare i principali fattori di produzione al confezionatore esterno del
calcestruzzo, fa venire meno, per un produttore di serie, i presupposti stessi della presenza di un processo produttivo
opportunamente organizzato e del mantenimento di un adeguato livello di affidabilità nella produzione del calcestruzzo,
secondo il dettato dei §§ 11.8.1 ed 11.8.2 delle NTC.
Conseguentemente, lo stabilimento deve essere anche in possesso di adeguate apparecchiature per il confezionamento del
calcestruzzo e la conservazione dei relativi provini, nonché di attrezzature idonee a provare, valutare e correggere la qualità del
prodotto. Laddove sia utilizzato un processo automatico di produzione e controllo del calcestruzzo, occorre specificare e dare
evidenza dei sistemi interni di controllo e gestione presenti nel sistema automatizzato.
Gli elementi costruttivi di produzione occasionale di cui ai §§ 4.1.10 e 11.8 delle NTC sono quelli prodotti in stabilimenti
temporanei, esterni rispetto allo specifico cantiere per il quale sono allestiti, o anche in impianti permanenti, seppure dedicati in
via principale alla produzione di serie. Tali elementi devono essere comunque realizzati attraverso processi sottoposti ad un
sistema di controllo della produzione, certificato da ente terzo (come specificato al § 11.8.3 delle NTC).A tale proposito si precisa
che detta certificazione non è necessario che sia relativa all’intero sistema di gestione della qualità dell’azienda, ma è sufficiente
che sia riferitaalla gestione che sovraintende allo specifico “sistema di controllo della produzione”
Inoltre, essendo a tutti gli effetti assimilabili a normali cantieri edilizi, gli “stabilimenti di produzione occasionale” sono soggetti a
tutti i controlli prescritti nei §§ 11.2 e 11.3 delle NTC, in particolare per quanto riguarda i calcestruzzi prodotti ed i controlli sui
ferri di armatura. Inoltre, ai sensi del § 4.1.10.3, per quanto riguarda la produzione degli elementi prefabbricati, detti stabilimenti
“occasionali” sono soggetti alla supervisione tecnica del Direttore dei lavori dell’opera di destinazione dei medesimi elementi
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
prefabbricati. In tal senso è anche compito del Direttore dei lavori far eseguire gli usuali controlli di accettazione previsti dalle
norme; ciò indipendentemente dal soggetto al quale è attribuito il costo delle prove stesse, secondo gli accordi contrattuali.
Per la produzione occasionale non è previsto alcun adempimento, né tecnico né amministrativo, nei confronti del Servizio
Tecnico Centrale.
La produzione occasionale non può, in nessun caso, essere riferita a manufatti coperti da norma armonizzata, per la quale sia
terminato il periodo di coesistenza.
I manufatti prefabbricati “a piè d’opera”, cioè all’interno dello stesso cantiere dell’opera di destinazione, sono realizzati sotto la
piena responsabilità del Direttore dei lavori dell’opera di destinazione.
Laddove il produttore di elementi prefabbricati commercializzi direttamente anche il calcestruzzo prodotto con processo
industrializzato ovvero ferri di armatura lavorati, allora dovranno essere applicate, per tali lavorazioni, distinte procedure di
qualificazione relative alla produzione del calcestruzzo con processo industrializzato (§ 11.2.8 delle NTC) ed ai centri di
lavorazione di elementi in acciaio (§ 11.3.1.7 delle NTC).
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
Il punto f) indica che devono essere allegate anche le copie dei certificati relativi alle prove effettuate da un laboratorio incaricato
ai sensi dell’art. 59 del D.P.R. n. 380/2001. Tali certificati sono quelli relativi ai prelievi di calcestruzzo destinati al controllo di tipo
A, di cui al p.to 11.8.3.1 delle norme, ma anche alle prove effettuate sugli acciai d’armatura: p.to 11.8.3.1 per le produzioni di
serie; p.to 11.3.2.12 (barre d’armatura, reti e tralicci; 11.3.3.5.4 c.a.p.) per produzioni occasionali.
I dispositivi dinamici di vincolo provvisorio, detti anche “shock transmitters”, hanno una logica di funzionamento inversa rispetto alla
precedente, ovvero lasciano libere e prive di vincolo, le parti da essi collegate, sino a quando i movimenti relativi tra gli elementi
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
che collegano non si manifestino con una velocità maggiore della velocità di attivazione del dispositivo, superata la quale si
trasformano, per la durata del movimento rapido, in collegamento pressoché rigido tra le parti. Tali dispositivi vengono
utilizzati, ad esempio, per solidarizzare temporaneamente due elementi in presenza di movimenti rapidi (quali quelli dinamici
dovuti ad un evento sismico) per la durata dell’azione dinamica, consentendo prima e dopo l’evento, tutti i movimenti lenti (in
particolare quelli legati alle dilatazioni termiche) come se le parti non fossero tra loro collegate.
I Dispositivi dipendenti dallo spostamento, a loro volta suddivisi in Dispositivi a comportamento lineare o “Lineari” e Dispositivi a
comportamento non lineare o “Non Lineari”, sono caratterizzati da un legame forza-spostamento sostanzialmente indipendente dalla
velocità. I primi hanno un comportamento sostanzialmente lineare e nella fase di scarico non devono mostrare spostamenti
residui significativi mentre i secondi sono caratterizzati da un legame forza-spostamento non lineare, con comportamento stabile
per il numero di cicli richiesti dalle esigenze progettuali e, comunque, con dei requisiti minimi nel seguito descritti.
Nei Dispositivi dipendenti dalla velocità detti anche Dispositivi a comportamento viscoso o “Viscosi” il legame costitutivo forza-
spostamento può dipendere sia dalla sola velocità che, contemporaneamente, dalla velocità e dallo spostamento. Il
funzionamento è caratterizzato dalle forze di reazione generate dal flusso di un fluido viscoso che passa, attraverso orifizi o
sistemi di valvole, tra le due camere che il dispositivo possiede.
I Dispositivi di isolamento, o “Isolatori”, suddivisi in “Isolatori elastomerici” ed “Isolatori a scorrimento”, svolgono fondamentalmente
la funzione di sostegno dei carichi verticali, con elevata rigidezza in direzione verticale e bassa rigidezza o resistenza in direzione
orizzontale, permettendo notevoli spostamenti orizzontali. I primi sono costituiti da strati di gomma frapposti tra piastre in
acciaio e ad esse solidarizzati mediante vulcanizzazione. Tale configurazione, rispettando taluni rapporti geometrici, determina
un forte confinamento alla deformazione trasversale della gomma e conferisce al dispositivo un’elevata rigidezza e resistenza nei
confronti dei carichi verticali, conservando un’elevata deformabilità trasversale.
Gli isolatori a scorrimento hanno un funzionamento caratterizzato da basse forze di attrito orizzontali, la cui entità dipende dal
tipo di superfici utilizzate e dal loro trattamento, che si sviluppano all’interfaccia tra i materiali che costituiscono le due superfici
di contatto su cui avviene lo scorrimento.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
riduzione o incremento della rigidezza al crescere dello spostamento, con o senza spostamenti residui all’azzeramento della
forza.
La stabilità del ciclo si riscontra accertando che, fissata l’ampiezza di spostamento, lo scarto tra la rigidezza del secondo ramo di
un generico ciclo “i”, K2(i), e la stessa valutata al terzo ciclo e presa a riferimento, K2(3), sia minore del 10%. Analogamente si dovrà
riscontrare che lo scarto tra il coefficiente di smorzamento viscoso equivalente di un generico ciclo “i” e lo stesso valutato al terzo
ciclo e preso a riferimento, sia minore del 10% del valore assunto a riferimento.
La rigidezza iniziale si calcola come descritto nel paragrafo relativo ai dispositivi lineari.
Per i dispositivi dotati di ramo di softening, è possibile assumere come valore della rigidezza K1 anche il valore della rigidezza
iniziale Kin.
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
a2=(Dxbx2+ Dyby2), con Dx ed Dy che rappresentano le rotazioni rispettivamente attorno alle direzioni x ed y nel caso di un
isolatore rettangolare;
a2=3 DD2 /4 conD = (Dx2 + Dy2)1/2 nel caso di un isolatore circolare
Jt = Jc + Js +JD deformazione di taglio totale di progetto;
Ec modulo di compressibilità assiale valutato (in MPa) come
Ec = (1/(6GdinS12)+4/(3Eb))-1
dove:
Gdin modulo di taglio dinamico dell’elastomero;
Eb modulo di compressibilità volumetrica della gomma, da assumere pari a 2000 MPa in assenza di determinazione diretta;
drftx,drfty spostamenti relativi tra le due facce (superiore e inferiore) degli isolatori, prodotti dalle azioni di ritiro, fluage e
termiche (ridotte al 50%), ove rilevanti;
dE = Max^ [(dEx+drftx)2 + (0,3dEy+drfty )2]1/2 , [(0,3dEx+drftx)2 + (dEy+drfty )2]1/2 `;
C11.10.1.1.1.1 Resistenza caratteristica a compressione degli elementi nella direzione dei carichi verticali
Si definisce resistenza caratteristica quella resistenza al di sotto della quale ci si può attendere di trovare il 5% della popolazione di
tutte le misure di resistenza. La resistenza di rottura a compressione di un singolo elemento è data dalla seguente espressione:
fbi = N/A
in cui:
N = carico di rottura applicato in direzione ortogonale al piano di posa;
A = area lorda della sezione normale alla direzione di carico.
Il valore della resistenza caratteristica fbk si ricava dalla formula seguente, applicata ad un numero minimo di 30 elementi:
fbk = fbm (1 –
£KÂ
in cui:
fbm = media aritmetica della resistenza dei singoli elementi fbi;
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11-2-2019 Supplemento ordinario n. 5 alla GAZZETTA UFFICIALE Serie generale - n. 35
s
 = coefficiente di variazione;
fbm
s = stima dello scarto quadratico medio;
¦ n( fbm fbi ) 2
s= (n = numero degli elementi provati)
n1
Il valore della fbk <
ÂÃX~
C11.10.1.1.1.2 Resistenza caratteristica a compressione degli elementi nella direzione ortogonale a quella dei carichi verticali e
nel piano della muratura
La resistenza caratteristica a compressione in direzione ortogonale ai carichi verticali e nel piano della muratura (richiamata nel §
7.8.1.2. delle NTC ed ivi contraddistinta dal simbolo f bk ) sarà dedotta da quella media f bm mediante la relazione:
f bk = 0,7 f bm
19A00855
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pa
gin
a bia
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ag
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ian
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MODALITÀ PER LA VENDITA
Prezzi di vendita di un fascicolo, ogni 16 pagine o frazione (oltre le spese di spedizione) € 1,01 (€ 0,83 + IVA)
Sulle pubblicazioni della 5ª Serie Speciale e della Parte II viene imposta I.V.A. al 22%.
Si ricorda che, in applicazione della legge 190 del 23 dicembre 2014 articolo 1 comma 629, gli enti dello Stato ivi specificati sono tenuti a versare all’Istituto
solo la quota imponibile relativa al canone di abbonamento sottoscritto. Per ulteriori informazioni contattare la casella di posta elettronica
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Per l’estero, i prezzi di vendita (in abbonamento ed a fascicoli separati) anche per le annate arretrate, compresi i fascicoli dei supplementi ordinari e
straordinari, devono intendersi raddoppiati. Per il territorio nazionale, i prezzi di vendita dei fascicoli separati, compresi i supplementi ordinari e
straordinari, relativi anche ad anni precedenti, devono intendersi raddoppiati. Per intere annate è raddoppiato il prezzo dell’abbonamento in corso. Le
spese di spedizione relative alle richieste di invio per corrispondenza di singoli fascicoli vengono stabilite di volta in volta in base alle copie richieste.
Eventuali fascicoli non recapitati potranno essere forniti gratuitamente entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del fascicolo. Oltre tale periodo questi
potranno essere forniti soltanto a pagamento.
N.B. - La spedizione dei fascicoli inizierà entro 15 giorni dall’attivazione da parte dell’Ufficio Abbonamenti Gazzetta Ufficiale.
* tariffe postali di cui alla Legge 27 febbraio 2004, n. 46 (G.U. n. 48/2004) per soggetti iscritti al R.O.C.
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*45-410301190211*