Boccaccio e La Caccia
Boccaccio e La Caccia
Boccaccio e La Caccia
1 Una sola composizione del Petrarca sopravvissuta con musica del suo tempo, (RVF, LII,
Non al suo amante pi Diana piacque) e nessuna di Dante. Boccaccio invece rappresentato in
tutti i generi della poesia per musica trecentesca: tra le rime con certa attribuzione contiamo
un madrigale (Come in sul fonte fu preso Narciso), e una ballata (Non so qual i mi voglia), en-
trambe musicate da Lorenzo Masini; mentre la ballata O giustitia regina, al mondo freno mes-
sa in musica da Niccol da Perugia di pi dubbia paternit. Tutte tre le composizioni sono
contenute musicate in testimone unico nel celeberrimo Palatino 87 della Biblioteca Mediceo
Laurenziana, noto come Codice Squarcialupi.
2 Per tutti i riferimenti biografici si veda VITTORE BRANCA, Giovanni Boccaccio: Profilo bio-
grafico, Firenze, Sansoni, 1977.
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tellettuali fra i quali spicca senzaltro Cino da Pistoia, anchegli tra il 1330 e
il 1332 presso lo studium napoletano come insegnante di diritto civile. Certo
pure che la corte napoletana di Re Roberto, insieme con la papale avigno-
nese, era la pi cosmopolita delle corti europee, fortemente ancora legata
alloriente, ma soprattutto alla cultura francese: il francese era la lingua del-
la corte, tanto quanto litaliano. Gli studiosi potevano inoltre contare sulla
formidabile biblioteca reale ricca soprattutto di testi scientifici. qui che
Boccaccio form la propria erudizione cos variata da disparati riferimenti.
Queste riflessioni sono utili per introdurre la tesi di questa relazione, ov-
vero la stretta parentela che mostra con la tradizione della poesia per musi-
ca dellars nova quella che considerata la prima opera impegnativa di
Boccaccio: La Caccia di Diana. Vittore Branca trovava un sicuro rapporto
con la tradizione della caccia,3 ma gli storici della musica non hanno invece
mai preso in considerazione lopera di Boccaccio come perspicuo esempio
di caccia musicale ante litteram.4 Infatti, accostandosi alla Caccia di Diana
provenendo dallanalisi della tradizione della caccia per musica, non sem-
plice individuarne i legami: bisogna compiere il percorso inverso per com-
prendere come, nellanalisi dei modelli utilizzati dal Boccaccio, non si possa
prescindere dalla tradizione musicale, derivandone poi i dovuti corollari re-
lativamente allo sviluppo del genere e alle questioni legate allambiente
dorigine di cui alla premessa sugli anni napoletani e alla diffusione del
repertorio.
La Caccia di Diana ha avuto una discreta circolazione manoscritta in sil-
logi, probabilmente dautore, in cui era associata allAmorosa visione e al
capitolo ternario Contento quasi ne pensier damore, evidentemente in ra-
gione della comune struttura metrica, ma scarsa fortuna in epoca moderna:
malgrado Girolamo Claricio, introducendo nel 1521 ledizione milanese de
lAmorosa visione ne annunciasse una prossima edizione, la prima pubbli-
3 Cfr. VITTORE BRANCA, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, Roma, Edizioni di sto-
ria e letteratura, v. I: Un primo elenco dei codici e tre studi, 1958, pp. 119-198; argomenti ri-
presi nellintroduzione alledizione del poemetto, primo volume degli opera omnia da lui cura-
ti: GIOVANNI BOCCACCIO, Tutte le opere, I: Caccia di Diana. Filocolo, a c. di V. Branca [Caccia di
Diana], e A. E. Quaglio [Filocolo], Milano, Mondadori 1967, pp. 3-13. Non cos Torraca (FRAN-
CESCO TORRACA, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339), Napoli, Pierro, 1915): Questo poe-
metto () non da confondere, a parer mio, con le cacce in rima, specie di madrigali pi o
meno brevi, pi o meno goffi: quelle, che abbiamo, sono tutte posteriori (pp. 137-138); su
questultima affermazione di Torraca (che esprimeva un giudizio sulla base di quanto aveva
pubblicato fino ad allora GIOSU CARDUCCI, Cacce in rima dei secoli XIV e XV raccolte da Giosu
Carducci, Bologna, Zanichelli, 1896) ha preso posizione ANTONIO ILLIANO, Per una rilettura della
Caccia di Diana, Italica, LXI (1984), pp. 312-334, dicendo a proposito delle cacce che anche
per la grande vivacit del dialogato venatorio (Piglia, piglia!) molto simile a quello del Boc-
caccio, non facile assodare se sono tutte posteriori alla Caccia di Diana (p. 329).
4 FEDERICO GHISI, Immagini poetiche del Boccaccio imitate dalla lirica per musica dellars
nova, in Atti del III Congresso internazionale, sul tema La musica al tempo del Boccaccio e i
suoi rapporti con la letteratura (Siena-Certaldo, 19-22 luglio 1975), a c. di A. Ziino, Certaldo,
Centro di studi sullArs nova italiana del Trecento, 1978, pp. 283-287:285 preferisce citare il
Teseide per le tematiche venatorie.
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cazione a stampa venne solo nel 1832 e nel secolo XIX ve ne fu poi una se-
conda.5 Successivamente lautenticit dellopera venne avocata in dubbio
finch Branca non ne attest lautografia,6 con il primo di una serie di studi
dedicati a questa Caccia, che ha segnato anche gli esordi e la carriera del
massimo studioso del Boccaccio. Branca torn a pi riprese su questopera,
sempre sottolineandone gli aspetti peculiari e invitando la critica a non sot-
tovalutarla: nella Caccia infatti c gi tutto Boccaccio e molte delle temati-
che utilizzate torneranno ciclicamente nellarco di tutta la produzione del
certaldese.
Il poemetto unopera in lode delle gentildonne napoletane, redatto in-
torno al 1334. La datazione piuttosto agevole, poich le donne protagoni-
ste della caccia, tutte di altissimo lignaggio, hanno potuto essere identificate
in larga maggioranza ed stato possibile discriminare le date di composi-
zione dellopera sulla base dei loro dati biografici. Manca inoltre la citazione
o il senhal di Fiammetta, che sarebbe stato agevolissimo introdurre in que-
stopera, e che inizia a essere utilizzato pi tardi (presumibilmente nel
1336).
Si articola in 18 canti di 58 versi endecasillabi ciascuno (tranne il III che
di 61 versi), in terza rima.
Lazione del poemetto si svolge al principio della primavera: nel tempo
adorno che lerbette nove rivestono ogni prato, e vede una bella donna
non nominata, cui Amore onora pi chaltra per sua somma virtute, adu-
nare uno stuolo di gentildonne alla gran corte dellalta iddea Diana, la
quale le ha elette per consorte in Partenope. Inizia cos in una valle non
molto spaziosa dettato lelenco puntuale delle partecipanti identificate
perlopi con vezzeggiativi e diminutivi , la vera e propria caccia delle tren-
tatr fanciulle spartite in quattro gruppi e guidate dalla stessa Dea. Le scene
di caccia che trapassano un po in tutte le diverse pratiche di questa attivi-
t considerata allora arte cortese, dalla falconeria alluccellagione , occu-
pano i Canti III-XV e conducono, giunto il mezzogiorno, al momento in cui,
ammucchiate le prede, Diana esorta le convitate a immolare la caccia a Gio-
ve. A questo punto le giovani si ribellano alla dea, perch accese daltro fo-
co. Diana, turbata, torna al cielo e quindi la donna gentile invita le com-
pagne a invocare Venus santa Dea, madre dAmore la quale sollecitamen-
te si manifesta ed esaudisce le loro preghiere facendo scaturire, dal rogo
delle fiere appiccato in sacrificio, per ciascuna preda un giovinetto gaio e
bello che, passato attraverso un bagno purificatore nel fiume e rivestito
dun rosso mantello, viene ingiunto dalla Dea a star suggetto e amare le
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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia
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con volar sopra rivere a guazo12, o il Febbraio dei Sonetti dei mesi di Folgo-
re da San Gimignano13, e poco altro. Non a caso Branca parla di figurazio-
ni venatorie nuovissime per la nostra letteratura, che soltanto negli anni se-
guenti saranno riprese a aggraziate nelle cacce, da Boccaccio perci
transitate in una tradizione solenne, altamente aristocratica.14
Uno degli argomenti avverso la contiguit tra Caccia di Diana e cacce
musicali che quelle superstiti sono successive allopera di Boccaccio: ma
davvero cos?
Per le cacce abbiamo purtroppo a confrontarci con un esiguo numero di
testi per musica e altre rime che ci sono giunte non musicate, ma che forse
lo furono anchesse. Delle tre forme frequentate dai nostri compositori del
Trecento e tipicamente italiche: madrigale, ballata e caccia, questultima
stata, a giudicare dallesiguit del repertorio, per quanto le fonti possano
averne disperso parte significativa, la meno prediletta:15 sono solo 26 le
composizioni che Thomas Marrocco ha accluso alla sua edizione dedicata al
genere.16 La sua selezione comprende tutte quelle rimaste e anzi c pi che
qualche incertezza classificatoria sullinclusione nel novero di alcuni com-
ponimenti di forma spuria.
12 Falcon volar sopra rivere a guazo, / correr mastin, levrieri e brachetti, / gitar astor,
sparvieri e smerletti / e di campagna ogni altro bel sollazzo, / se del tutto non son tenuto pazo,
/ dico chensime tutti esti diletti / tanto piacer non danno a glintelletti / come tener sua donna
in brazo. / Per me piase lamorose veste, / cantar damore per sole o per pioza / e done remi-
rar vaghe ed oneste. / Di ci dolce salute al cor sapoza: / donca chi vol si vada a le foreste, /
ch io mi vo vestire a questa foza.
13 E di febbraio vi dono bella caccia / di cerbi, cavriuoli e di cinghiari, / corte gonnelle con gros-
si calzari / e compagnia che vi diletti e piaccia; / can da guinzagli e segugi da traccia / e le borse for-
nite di danari, / ad onta degli scarsi e degli avari / o chi di questo vi d briga e mpaccia; / e la sera
tornar co vostri fanti / carcati de la molta salvagina, / avendo gioia, alegrezza e canti; / far trar del
vino e fummar la cucina, / e fin al primo sonno star razzanti; / e poi posar infino alla mattina.
14 Introduzione alla Caccia di Diana, cit., p. 9.
15 Poco frequentata prima di tutto perch era tecnicamente difficile: era sicuramente, nel
periodo arcaico, la forma pi complessa, la via italiana alla composizione a pi di due voci.
Lars nova italiana si distingue dalla francese proprio e innanzitutto per la grande libert di
espressione che dimostra, libert che fa fatica a essere inquadrata in forme troppo rigidamente
fissate: la sua natura improvvisativa, lire melodiando (espressione riferita al madrigale
presente nel trecentesco trattato anonimo Capitulum de vocibus applicatis verbis su cui cfr. NI-
NO PIRROTTA, Musica tra Medioevo e Rinascimento, Einaudi, 1984, p. 84) che mal saccorda coi
procedimenti isoritmici cari alla musica doltralpe, che rende la musica italiana di natura es-
senzialmente monodica, supportata e fornita di sostanza formale soprattutto dal rapporto col
testo poetico e dalla notazione stessa, pi che dai procedimenti compositivi.
16 THOMAS MARROCCO, Fourteenth-Century Italian Cacce, Cambridge (Mass.), The Mediaeval
Academy of America, 1961 (second ed.). Oltre alle cacce edite da Marrocco, ne sono state ritro-
vate tre altre da Oscar Mischiati in un frammento presso lArchivio di stato di Reggio Emilia, e
pubblicate in MARCO GOZZI AGOSTINO ZIINO, The Mischiati Fragment: a New Source of Italian
Trecento Music at Reggio Emilia, in Kontinuitt und Transformation in der italienischen Vo-
kalmusik zwischen Due- und Quattrocento, hrsg von O. Huck, et al., Hildsheim, Olms, 2007,
pp. 281-327. Diciotto sono invece le cacce selezionate da MARIA TERESA BRASOLIN, Proposta per
una classificazione metrica delle cacce trecentesche, in Atti del III Congresso internazionale,
sul tema La musica al tempo del Boccaccio, cit., pp. 83-105.
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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia
17 Nei testimoni manoscritti vengono qualificate come cacce solo quei componimenti in
cui coincidono forma musicale e poetica (cfr. LUCIA MARCHI, Chasing Voices, Hunting Love:
The Meaning of the Italian Caccia, Essays in Medieval Studies, XXVII (2011), pp. 13-
32:22-24).
18 la tesi di NINO PIRROTTA, Per lorigine e la storia della caccia e del madrigale trecen-
tesco, Rivista Musicale Italiana, XLVIII, (1946), pp. 305-323; XLIX, (1947), pp. 121-142. In
relazione alla Caccia di Diana discute di questa e altre ipotesi (Carducci, Emilio Lovarini, San-
torre Debenedetti, Francesco Novati, e altri, con relativi riferimenti), Vittore BRANCA,
Tradizione, cit., pp. 196-197.
19 La descrizione della forma poetica di CLAUDIO VELA, Poesia per musica, in Antologia
della poesia italiana, I: Duecento-Trecento, a c. di C. Segre e C. Ossola, Torino, Einaudi, pp.
915-941:916-917.
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lontana dai primi esempi conosciuti, come Or qua, compagni, qua, cum
gran piacere, contenuta nel cosiddetto codice Rossi.20
Si pu ragionevolmente pensare che alcune delle cacce esistenti possano
datarsi almeno intorno al 1340 e che, valutandone la compiutezza e la defi-
nizione formale, debbano essere esistiti componimenti similari pi antichi.
In breve, non si pu affermare che la caccia cos come la conosciamo appar-
tenga a unepoca successiva al poemetto di Boccaccio.
Quali sono, dunque, gli elementi di contiguit fra cacce musicali e Caccia
di Diana? Nel confronto diretto troviamo scarse rispondenze puntuali ma
assonanze quasi a ogni passo e sovrapposizione di elementi tematici. Nel-
lopera del Certaldese abbiamo una struttura endecasillabica e la rigida me-
trica del ternario, oltre allassenza di onomatopee, che parrebbero in con-
trasto con quanto detto sulla forma della caccia, ma molti passi di Boccac-
cio, nella eccitazione delle cacciatrici e nei frequenti dialoghi, fanno saltare
la struttura dellendecasillabo attraverso il ricorso allenjambement, suonan-
do non troppo dissimili dalle cacce musicali. Alla lettura integrale, si ha
limpressione di essere davanti allamplificazione di una caccia per musica.
Branca fa un elenco dei momenti della Caccia di Diana accostabili agli
stereotipi della caccia per musica:21 lincitamento ai cani;22 le grida reci-
proche di esortazione;23 le enumerazioni della selvaggina;24 le vaghe
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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia
25 vv. 1-6: Segugi a corta e can per la foresta / in su, in gi, in qua, in l abbaiando / bauf
auf babauf, / e cacciator chiamar confortando / Ve l, ve l, ve, / Dragon, Dragon, t, t,
. Il testo ripreso da GIUSEPPE CORSI, Poesie musicali del Trecento, Bologna, Commissione
per i testi di lingua, 1970, p. 359.
26 vv. 18-19: Te, te <Dragon>, Dragon!. Non vi tu che son io? / dicea luna, e laltra se
smaria, da GOZZI ZIINO, The Mischiati Fragment, cit., p. 303.
27 Non ho trovato altre occorrenze: lelencazione di nomi di cani pi celebre quella del
racconto di Atteone nelle Metamorfosi di Ovidio (Met., III.206 e segg.). Cassell e Kirkham (op.
cit., p. 185) richiamano giustamente per il nome di Graffiacani uno dei diavoli di Malebranche
(Inferno, XXII.34); va notato per che tra questi c anche un Dragognazzo, peggiorativo di
Dragone. Lispirazione di Boccaccio quindi reminiscenza dantesca.
28 Di questa forma metrica ha discusso CORSI, Poesie musicali, cit. pp. 23-25, contrastando
lopinione di Ettore Li Gotti che la riteneva un rispetto (opinione ripresa da MARROCCO, Fourte-
enth-Century Italian Cacce, cit.), mentre Corsi suppone che la forma sia assimilabile a quella
di Segugi a corta, pensando a una mutilazione, a una composizione cio in pi stanze in cui il
settenario conclusivo avrebbe trovato corrispondenza nella successiva cos come nella caccia
attribuita a Piero. Se le stanze fossero state due, avremmo per avuto una composizione di ec-
cezionale lunghezza (conta 144 brevi, che sarebbero state 288, contro le 144, 72 + 72 di Segu-
gi a corta) e nella musica, e anche nel testo, nulla fa pensare a una lacuna. Ristabilisce ordine
MASSIMO ZENARI, Undici madrigali a testimone unico del Panciatichiano 26, Studi di filologia
italiana, LXII (2004), pp. 131-160:147, da cui traggo il testo, che considera lultimo verso il ri-
tornello monostico di un madrigale. Nel manoscritto lultimo verso per lappunto contrasse-
gnato quale ritornello e cos trattato a livello compositivo, con il classico cambiamento di
mensura proprio dei ritornelli dei madrigali. Questa composizione assai particolare sotto il
profilo della costruzione musicale: completamente durchkomponiert, sfrutta lartificio del cano-
ne per tutta la sua durata, con lentrata della seconda voce sempre in ottava, ma via via pi
stretta, entrando cio in imitazione a distanze diverse a seconda delle frasi: rispettivamente a
10, 7, 8 e 5 brevi; concludendo con una delle pi estese sezioni in hoquetus per questo reperto-
rio; la musica si pu leggere in MARROCCO, Fourteenth-Century Italian Cacce, cit., pp. 74-76.
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Sono evidenti le assonanze con la Caccia di Diana, anche nelle scelte lessi-
cali (evidenziate dal corsivo): (Boccaccio, Caccia, I, 9-10) Donne leggiadre in
voce alta gridando, / venite omai, venite alla gran corte; (II, 19-20; 37-39) ca-
prii, lupi ed ogni altro animale, / orsi e leon si trovano in quel loco, () E, da-
ti i cani e forti reti daccia, / girfalchi, astori ed archi con saette / e spiedi agu-
ti che cinghiari impaccia, (); (XI, 1-5) Di frondi coronata, in mezzo cinta, /
col corno al collo e col turcasso allato, / di bellezza piacevole dipinta, / e con
un arco insieme accompagnato / con due saette, sen giva Marella; (XIII, 25-
31; 34-35) Alto nel bosco al mio parer vedea / due leggiadre e belle giovinette,
/ le qua ciascuna assai ben conoscea, / inghirlandate di due ghirlandette / di
rose rosse, tanto relucenti, / che a veder parean due fiammette, / vestite stret-
te, s belle e piacenti, // Le quali, andando s a poco a poco, / darchi e di sa-
ette bene armate; (XVI, 26-27; 35-36) Zizzola dAnna venne, che soletta / san-
za richiesta era gita cacciando; // dicendo: Donne gentili e donzelle, /
chardite e vigorose, liete e pronte.29
Nella loro generalit, tali consonanze assumono maggior valore alla luce
della considerazione che il topos della caccia di ninfe o donne, pur se classi-
co, non poi cos diffuso, almeno con il carattere che vediamo rispecchiato
nella Caccia di Diana e in Per larghi prati: nelle cacce musicali troviamo
perlopi allegre compagnie campestri di fanciulle che colgono fiori e sono
sorprese da improvvisi fortunali, che sono intente alla pesca su torrenti e
laghi, o piuttosto sono preda di caccia e non gi feroci cacciatrici.
A riprova, la poderosa raccolta iconografica del Boccaccio visualizzato
riesce ad allineare solo due immagini riferibili, assai dubitativamente, alla
Caccia di Diana.30
29 Mentre le assonanze fra Per larghi prati e la Caccia di Diana sono diluite fra tutti i can-
ti, se ne trovano di forti e condensate con la quinta stanza della canzone di Fazio degli Uberti I
guardo in fra lerbette per li prati, vv. 61-68: Giovani donne e donzellette accorte / rallegrando
si vanno alle gran feste / tanto leggiadre e preste, / che par ciascuna che damor sappaghi; / e
altre in gonnellette a punto corte / giocano a lombra de le gran foreste / damor si punte e de-
ste, / qual solien ninfe stare appresso a laghi (). FAZIO DEGLI UBERTI, Il Dittamondo e le rime, a
c. di G. Corsi, 2 vv., Bari, Laterza, 1956, v. II: p. 12.
30 Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e immagini fra Medio Evo e Rinascimento, a
c. di V. Branca, Einaudi, Torino, 1999, 3 voll.
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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia
31 Cfr. ELISABETH PELLEGRIN, La bibliotheque des Visconti et des Sforza ducs de Milan, au XV
siecle, Paris, Centre National de la Recherche Scientifique, 1955, pp. 264 e 324. Si veda inoltre
la discussione che ne fa BRANCA, Tradizione, cit., pp. 152-153.
32 Cfr. PIRROTTA, Musica tra Medioevo e Rinascimento, cit., pp. 74-77.
33 ELEONORA M. BECK, Singing in the Garden. Music and Culture in the Tuscan Trecento,
Lucca, Libreria musicale italiana; Innsbruck Wien, Studien Verlag, 1998, p. 36, n. 6 (Na-
poli sembra un probabile luogo dove lo stile locale e il francese abbiano potuto convergere e
produrre lo stile del Trecento. Nella prima parte del secolo esisteva un collegamento cultura-
le ed economico tra la Francia, Napoli e Firenze che aiuterebbe a spiegare la diffusione del
repertorio).
34 Titolo di un famoso studio di NINO PIRROTTA, Scuole polifoniche italiane durante il sec.
XIV. Di una pretesa scuola napoletana, in Collectanea Historiae musicae, I, Firenze, Olschki,
1953, pp. 11-18; in questo studio Pirrotta ritornava, per confutarla, su una tesi da egli stesso
espressa: ID., Il codice Estense lat. 568 e la musica francese in Italia al principio del 400, At-
ti della Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, ser. IV, vol. V (194445), pt. 2,
pp. 11-17, 40-44, 55-56).
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della pratica polifonica e delle forme dellars nova, una questione dibattuta
negli studi musicologici, riapertasi recentemente con alcune scoperte docu-
mentarie per merito di Carla Vivarelli35 che indirizzano in questa direzione.
La Caccia di Diana va considerata dunque, a parer mio, il pi autorevole
antecedente o quantomeno lesempio pi impegnativo del genere-caccia nel
nostro Trecento, la cui eco sopravvive nel madrigale-caccia Per larghi prati,
intonato da Giovanni. In alternativa, Boccaccio dovrebbe essere visto, e non
sarebbe sorprendente, quale un precursore assoluto anche in questo cam-
po, intento a sistemare letterariamente e in parte rinnovare una tradi-
zione ancora fluida e in via dassestamento.36
35 CARLA VIVARELLI, Di una pretesa scuola napoletana: Sowing the Seeds of the Ars nova
at the Court of Robert of Anjou, Journal of Musicology, XXIV/2 (2007), pp. 272-296; ID., Ars
cantus mensurabilis mensurata per modos iuris: un trattato napoletano di ars subtilior?, in
Dolci e nuove note, Atti del V Convegno Internazionale del Centro Studi sullArs nova italia-
na del Trecento (Certaldo, 17-18 dicembre 2005), a c. di F. Zimei, LIM, Lucca 2009 (LArs Nova
Italiana del Trecento, 7), pp. 103-142. Per il giubileo petrarchesco, mi sono occupato di defini-
re un possibile terminus post quem oltre il quale sia possibile collocare la produzione madriga-
listica del Petrarca (STEFANO CAMPAGNOLO, Petrarca e la musica del suo tempo, in Petrarca in
musica. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Arezzo, 18-20 marzo 2004, a c. di A. Che-
gai C. Luzzi, Lucca, LIM, 2006, pp. 3-41), supponendo che fosse collocabile allappressarsi
delle aree di produzione e fruizione del protomadrigale, quindi successivamente alla sua prima
residenza parmense (1341), ma queste occorrenze arsnovistiche napoletane potrebbero far ri-
considerare questa data essendo il Petrarca a Napoli e Roma precedentemente.
36 BRANCA, Introduzione a La Caccia di Diana, cit., p. 9.
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