Boccaccio e La Caccia

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STEFANO CAMPAGNOLO

CONTRIBUTO DEL BOCCACCIO A UN GENERE POETICO-MUSICALE


DEL TRECENTO: LA CACCIA

Bergamo Sede dellAteneo 4 dicembre 2013

Giovanni Boccaccio sempre stato, fra i nostri grandi trecentisti, quello


ricondotto al mondo poetico-musicale del Trecento italiano con maggiore
consuetudine e facilit rispetto alle altre due Corone: notissime e ampia-
mente discusse sono le vivide descrizioni di esecuzioni musicali presenti
nellopera maggiore come in alcune delle minori, numerosi gli strumenti
musicali che vi sono enumerati e le pratiche descritte, solide le attribuzioni
delle rime musicate in vita che ci sono pervenute:1 sono coerenti persino le
testimonianze sulle attitudini alla musica di Dante e Petrarca nei profili bio-
grafici dallo stesso Boccaccio tratteggiati. Un collegamento tra mondo poeti-
co e narrativo di Boccaccio e pratica musicale trecentesca non solo quella
testimoniata nel repertorio che va sotto il nome di ars nova italiana , ap-
parso dunque naturale, anche in virt delle acquisite consapevolezze storio-
grafiche che stringono Firenze e lars nova in un binomio indissolubile, co-
me confermano le predilezioni mostrate da altri poeti fiorentini depoca pi
tarda, quali Franco Sacchetti e Niccol Soldanieri.
Non ci si per mai soffermati, se non fuggevolmente, su un dato di fon-
damentale importanza relativo alla biografia del poeta: Boccaccio fu a Na-
poli dal 1327 al 1340, cio negli anni pi importanti della sua formazione,
non solo culturale, ovvero fra i suoi 14 e 27 anni.2 Certo, Boccaccio trov a
Napoli una solida enclave fiorentina e toscana in genere secondo la ben
nota tendenza sempre manifesta dei fiorentini fuori patria a costituirsi in
nazione, tendenza che cos tanti decisivi indirizzi della nostra storia delle
arti ha determinato in pi momenti storici trovando, tra i fiorentini l di-
moranti, persone cui fu legato poi tutta la vita, come Nicola Acciaioli, e in-

1 Una sola composizione del Petrarca sopravvissuta con musica del suo tempo, (RVF, LII,
Non al suo amante pi Diana piacque) e nessuna di Dante. Boccaccio invece rappresentato in
tutti i generi della poesia per musica trecentesca: tra le rime con certa attribuzione contiamo
un madrigale (Come in sul fonte fu preso Narciso), e una ballata (Non so qual i mi voglia), en-
trambe musicate da Lorenzo Masini; mentre la ballata O giustitia regina, al mondo freno mes-
sa in musica da Niccol da Perugia di pi dubbia paternit. Tutte tre le composizioni sono
contenute musicate in testimone unico nel celeberrimo Palatino 87 della Biblioteca Mediceo
Laurenziana, noto come Codice Squarcialupi.
2 Per tutti i riferimenti biografici si veda VITTORE BRANCA, Giovanni Boccaccio: Profilo bio-
grafico, Firenze, Sansoni, 1977.

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tellettuali fra i quali spicca senzaltro Cino da Pistoia, anchegli tra il 1330 e
il 1332 presso lo studium napoletano come insegnante di diritto civile. Certo
pure che la corte napoletana di Re Roberto, insieme con la papale avigno-
nese, era la pi cosmopolita delle corti europee, fortemente ancora legata
alloriente, ma soprattutto alla cultura francese: il francese era la lingua del-
la corte, tanto quanto litaliano. Gli studiosi potevano inoltre contare sulla
formidabile biblioteca reale ricca soprattutto di testi scientifici. qui che
Boccaccio form la propria erudizione cos variata da disparati riferimenti.
Queste riflessioni sono utili per introdurre la tesi di questa relazione, ov-
vero la stretta parentela che mostra con la tradizione della poesia per musi-
ca dellars nova quella che considerata la prima opera impegnativa di
Boccaccio: La Caccia di Diana. Vittore Branca trovava un sicuro rapporto
con la tradizione della caccia,3 ma gli storici della musica non hanno invece
mai preso in considerazione lopera di Boccaccio come perspicuo esempio
di caccia musicale ante litteram.4 Infatti, accostandosi alla Caccia di Diana
provenendo dallanalisi della tradizione della caccia per musica, non sem-
plice individuarne i legami: bisogna compiere il percorso inverso per com-
prendere come, nellanalisi dei modelli utilizzati dal Boccaccio, non si possa
prescindere dalla tradizione musicale, derivandone poi i dovuti corollari re-
lativamente allo sviluppo del genere e alle questioni legate allambiente
dorigine di cui alla premessa sugli anni napoletani e alla diffusione del
repertorio.
La Caccia di Diana ha avuto una discreta circolazione manoscritta in sil-
logi, probabilmente dautore, in cui era associata allAmorosa visione e al
capitolo ternario Contento quasi ne pensier damore, evidentemente in ra-
gione della comune struttura metrica, ma scarsa fortuna in epoca moderna:
malgrado Girolamo Claricio, introducendo nel 1521 ledizione milanese de
lAmorosa visione ne annunciasse una prossima edizione, la prima pubbli-

3 Cfr. VITTORE BRANCA, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, Roma, Edizioni di sto-
ria e letteratura, v. I: Un primo elenco dei codici e tre studi, 1958, pp. 119-198; argomenti ri-
presi nellintroduzione alledizione del poemetto, primo volume degli opera omnia da lui cura-
ti: GIOVANNI BOCCACCIO, Tutte le opere, I: Caccia di Diana. Filocolo, a c. di V. Branca [Caccia di
Diana], e A. E. Quaglio [Filocolo], Milano, Mondadori 1967, pp. 3-13. Non cos Torraca (FRAN-
CESCO TORRACA, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339), Napoli, Pierro, 1915): Questo poe-
metto () non da confondere, a parer mio, con le cacce in rima, specie di madrigali pi o
meno brevi, pi o meno goffi: quelle, che abbiamo, sono tutte posteriori (pp. 137-138); su
questultima affermazione di Torraca (che esprimeva un giudizio sulla base di quanto aveva
pubblicato fino ad allora GIOSU CARDUCCI, Cacce in rima dei secoli XIV e XV raccolte da Giosu
Carducci, Bologna, Zanichelli, 1896) ha preso posizione ANTONIO ILLIANO, Per una rilettura della
Caccia di Diana, Italica, LXI (1984), pp. 312-334, dicendo a proposito delle cacce che anche
per la grande vivacit del dialogato venatorio (Piglia, piglia!) molto simile a quello del Boc-
caccio, non facile assodare se sono tutte posteriori alla Caccia di Diana (p. 329).
4 FEDERICO GHISI, Immagini poetiche del Boccaccio imitate dalla lirica per musica dellars
nova, in Atti del III Congresso internazionale, sul tema La musica al tempo del Boccaccio e i
suoi rapporti con la letteratura (Siena-Certaldo, 19-22 luglio 1975), a c. di A. Ziino, Certaldo,
Centro di studi sullArs nova italiana del Trecento, 1978, pp. 283-287:285 preferisce citare il
Teseide per le tematiche venatorie.

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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia

cazione a stampa venne solo nel 1832 e nel secolo XIX ve ne fu poi una se-
conda.5 Successivamente lautenticit dellopera venne avocata in dubbio
finch Branca non ne attest lautografia,6 con il primo di una serie di studi
dedicati a questa Caccia, che ha segnato anche gli esordi e la carriera del
massimo studioso del Boccaccio. Branca torn a pi riprese su questopera,
sempre sottolineandone gli aspetti peculiari e invitando la critica a non sot-
tovalutarla: nella Caccia infatti c gi tutto Boccaccio e molte delle temati-
che utilizzate torneranno ciclicamente nellarco di tutta la produzione del
certaldese.
Il poemetto unopera in lode delle gentildonne napoletane, redatto in-
torno al 1334. La datazione piuttosto agevole, poich le donne protagoni-
ste della caccia, tutte di altissimo lignaggio, hanno potuto essere identificate
in larga maggioranza ed stato possibile discriminare le date di composi-
zione dellopera sulla base dei loro dati biografici. Manca inoltre la citazione
o il senhal di Fiammetta, che sarebbe stato agevolissimo introdurre in que-
stopera, e che inizia a essere utilizzato pi tardi (presumibilmente nel
1336).
Si articola in 18 canti di 58 versi endecasillabi ciascuno (tranne il III che
di 61 versi), in terza rima.
Lazione del poemetto si svolge al principio della primavera: nel tempo
adorno che lerbette nove rivestono ogni prato, e vede una bella donna
non nominata, cui Amore onora pi chaltra per sua somma virtute, adu-
nare uno stuolo di gentildonne alla gran corte dellalta iddea Diana, la
quale le ha elette per consorte in Partenope. Inizia cos in una valle non
molto spaziosa dettato lelenco puntuale delle partecipanti identificate
perlopi con vezzeggiativi e diminutivi , la vera e propria caccia delle tren-
tatr fanciulle spartite in quattro gruppi e guidate dalla stessa Dea. Le scene
di caccia che trapassano un po in tutte le diverse pratiche di questa attivi-
t considerata allora arte cortese, dalla falconeria alluccellagione , occu-
pano i Canti III-XV e conducono, giunto il mezzogiorno, al momento in cui,
ammucchiate le prede, Diana esorta le convitate a immolare la caccia a Gio-
ve. A questo punto le giovani si ribellano alla dea, perch accese daltro fo-
co. Diana, turbata, torna al cielo e quindi la donna gentile invita le com-
pagne a invocare Venus santa Dea, madre dAmore la quale sollecitamen-
te si manifesta ed esaudisce le loro preghiere facendo scaturire, dal rogo
delle fiere appiccato in sacrificio, per ciascuna preda un giovinetto gaio e
bello che, passato attraverso un bagno purificatore nel fiume e rivestito
dun rosso mantello, viene ingiunto dalla Dea a star suggetto e amare le

5 GIOVANNI BOCCACCIO, Amorosa visione di messer Giou. Bocc. nuouamente ritrouata ()


Apologia di H. Claricio immol. contro detrattori della poesia del Bocc. , Milano, Castiglioni,
1521; ID., La caccia di Diana. Poemetto di Giovanni Boccaccio ora per la prima volta pubblica-
to per cura di I. Moutier, Firenze, Magheri, 1832; ID., La caccia di Diana, s.n., Firenze, Tip.
Carnesecchi, [1884].
6 VITTORE BRANCA, Per lattribuzione della Caccia di Diana a Giovanni Boccaccio, Annali
della Regia scuola normale superiore di Pisa, s. II, VII/2-3 (1938), pp. 288-302.

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cacciatrici. Lazione narrata, come si riveler infine con un ultimo colpo di


scena (Canto XVIII), da un cervo, che, con un perfetto rovesciamento del
mito di Atteone, al momento della trasmutazione viene anchegli mutato co-
me le altre fiere in creatura umana e razionale e offerto alla bella donna
le cui lodi occupano quasi per intero lultimo canto.
Il Boccaccio napoletano dappena ventun anni, quello per lappunto della
Caccia (ma anche del Filostrato, del Filocolo e del Teseida, nonch di parte
delle Rime superstiti), un geniale contaminatore di generi e saperi: quanto
scaturisce nuovo, ma non uninvenzione tout court. Fra le fonti della
Caccia possiamo identificare le pi varie influenze: classiche soprattutto
ovidiane con il contrasto fra Diana e Venere, la rievocazione di Atteone, ma
anche da Apuleio , influssi della letteratura patristica e biblica, dello Stil
novo e Dante, dei bestiari medievali, sia italiani, sia latini e francesi, della
manualistica sulla caccia.
Si conviene che linflusso dominante, almeno sotto il profilo formale, sia
quello dantesco: cronologicamente la Caccia , probabilmente, la prima
opera dopo la Commedia ad adottare la terza rima. Inoltre, lispirazione
sembra da ricercarsi in unopera di Dante stesso, autocitatosi nella Vita No-
va (VI) accennando a una epistola in forma di serventese scritta in lode
delle sessanta pi belle donne di Firenze. Lopera perduta, non sappiamo
dunque in che misura Boccaccio possa aver ricalcato il modello, se lo co-
nobbe direttamente. Va sottolineato che Boccaccio conobbe per precoce-
mente le opere di Dante, che circolarono assai presto in ambiente napoleta-
no: Graziolo de Bambaglioli, uno dei primi commentatori di Dante, fu a Na-
poli tra il 1334 e il 1335, dove furono copiati almeno sei codici della Com-
media nel corso del Trecento.
Nelle tematiche ritroviamo i pi svariati influssi e alcuni spunti originali:
la mutazione da cervo in uomo dellio narrante una novit introdotta da
Boccaccio e ripresa allegoricamente poi nella Comedia delle Ninfe fiorentine
(o Ameto), e nella novella di Cimone del Decameron (V.1): esaltato il potere
damore di ingentilire un animo fino a mutarlo da fera in uomo, trasforma-
zione che nella Caccia letterale. Evidenti anche le possibili letture moraliz-
zanti e la relativa derivazione soprattutto dallOvidio moralizzato: la meta-
fora del bagno purificatore assolutamente trasparente in tal senso e il cer-
vo simbolo del cristiano se non del Cristo stesso.7
Limpalcatura mitologica centrata su Diana, e le figure correlate alla
dea come Atteone, in contrasto con Venere: amore casto contro amore car-
nale. La caccia allegoria amorosa ma anche remedium amoris, da cui la
ribellione delle cacciatrici.

7 la tesi fondamentale della lettura di Anthony Cassell e Victoria Kirkham, autori di


unedizione con introduzione, traduzione e commento della Caccia: GIOVANNI BOCCACCIO, Dianas
Hunt. Caccia di Diana. Boccaccios First Fiction, eds. and transl. by A. K. Cassell and V. Kir-
kham, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 1991, che rilevano nellopera anche al-
cune implicazioni numerologiche.

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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia

Il risultato del mescolamento di questi diversi influssi unopera origina-


le, che nella letteratura trecentesca viene solitamente raffrontata con lassai
pi tarda, ma altrettanto singolare, Battaglia delle belle donne di Firenze
del Sacchetti.
Tuttavia, se il sirventese e Dante hanno fornito la cornice formale e le va-
rie letture e riletture mitologiche del giovane Boccaccio costruito limpalca-
tura didattico-allegorica, e se pure i trattati di falconeria e cinegetica, quan-
to i bestiari, hanno costituito la materia e il supporto tecnico del poemetto,
resta che la Caccia di Diana dominata da vivide descrizioni di caccia che
non trovano precursori nella nostra letteratura.
Cassell e Kirkham hanno richiamato al proposito alcune opere della let-
teratura francese come possibili antecedenti,8 ma siamo perlopi alla coin-
cidenza degli ambiti cronologici e a poco vale rifarsi ad archetipi remoti co-
me quelli dati dalle pastourelles, da Federico II e il suo De arte venandi
cum avibus o ai trattati di caccia posteriori, come quelli preparati per la cor-
te di Gaston Phbus. noto inoltre come la corrispondente forma musicale
francese della nostra caccia (la chace) non vanti alcuna primogenitura.9
Giovanni Barberi Squarotti in Selvaggia dilettanza, tratta della caccia con
una esauriente ricerca intertestuale10, ripercorrendo lesordio e la persisten-
za della tematica venatoria nella poesia italiana a partire dallacquisizione,
operata dai siciliani, delle figure della poesia trobadorica derivate a lor vol-
ta dai bestiari medievali, tramite estensione della tematica dellasservimen-
to damore che lega lamante con lacci o reti. Vi mancano per totalmente,
o quasi, le vivaci rappresentazioni che ci sono consuete nella caccia per mu-
sica e che ritroviamo, come vedremo, nel Boccaccio. Possiamo enumerare,
per qualche elemento lessicale e figurativo quali precedenti pi vicini alle
cacce quali le intendiamo, lincipit del famoso sonetto di Dante Sonar brac-
chetti, e cacciatori aizzare11, la ripresa che ne fa Matteo Corregiaio in Fal-

8 Ibid. pp. 19-21.


9 Cfr. VIRGINIA NEWES, Chace, Caccia, Fuga: The Convergence of French and Italian Tradi-
tions, Musica Disciplina, XLI, (1987), pp. 27-57.
10 GIOVANNI BARBERI SQUAROTTI, Selvaggia dilettanza. La caccia nella letteratura italiana
dalle origini a Marino, Venezia, Marsilio, 2000. Vi si notano per due pecche: non viene consi-
derata, se non per fugaci richiami, la poesia per musica, cio le cacce in musica e non c ac-
cenno, se non doverosa menzione, alla prima vera e propria caccia letteraria della nostra lette-
ratura cio la Caccia di Diana.
11 Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare, / Lepri levare, ed isgridar le genti / e di guinzagli
uscir veltri correnti, / per le belle piagge volgere e imboccare / assai credo che reggia dilettare
/ libero core e van dintendimenti. / Ed io, fra gli amorosi pensamenti, / duno sono schernito
in tale affare; / e dicemi esto motto per usanza: / Or ecco leggiadria di gentil core, / per una s
selvaggia dilettanza / lasciar le donne e lor gaia sembianza. / Allor, temendo non che senta
Amore, / prendo vergogna, onde mi ven pesanza. Il sonetto, esemplare topico del contrasto fra
Amore e la caccia (implicitamente, contrasto tra Diana e Venere), trova, secondo GUIDO
MAZZONI, Almae luces malae cruces: studii danteschi, Bologna, Zanichelli, 1941, pp. 125-130,
il pi lontano antecedente in un componimento latino dellXI secolo (Aprilis tempore). Mazzoni
cerca poi raffronti proprio con la tradizione delle cacce musicali.

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con volar sopra rivere a guazo12, o il Febbraio dei Sonetti dei mesi di Folgo-
re da San Gimignano13, e poco altro. Non a caso Branca parla di figurazio-
ni venatorie nuovissime per la nostra letteratura, che soltanto negli anni se-
guenti saranno riprese a aggraziate nelle cacce, da Boccaccio perci
transitate in una tradizione solenne, altamente aristocratica.14
Uno degli argomenti avverso la contiguit tra Caccia di Diana e cacce
musicali che quelle superstiti sono successive allopera di Boccaccio: ma
davvero cos?
Per le cacce abbiamo purtroppo a confrontarci con un esiguo numero di
testi per musica e altre rime che ci sono giunte non musicate, ma che forse
lo furono anchesse. Delle tre forme frequentate dai nostri compositori del
Trecento e tipicamente italiche: madrigale, ballata e caccia, questultima
stata, a giudicare dallesiguit del repertorio, per quanto le fonti possano
averne disperso parte significativa, la meno prediletta:15 sono solo 26 le
composizioni che Thomas Marrocco ha accluso alla sua edizione dedicata al
genere.16 La sua selezione comprende tutte quelle rimaste e anzi c pi che
qualche incertezza classificatoria sullinclusione nel novero di alcuni com-
ponimenti di forma spuria.

12 Falcon volar sopra rivere a guazo, / correr mastin, levrieri e brachetti, / gitar astor,
sparvieri e smerletti / e di campagna ogni altro bel sollazzo, / se del tutto non son tenuto pazo,
/ dico chensime tutti esti diletti / tanto piacer non danno a glintelletti / come tener sua donna
in brazo. / Per me piase lamorose veste, / cantar damore per sole o per pioza / e done remi-
rar vaghe ed oneste. / Di ci dolce salute al cor sapoza: / donca chi vol si vada a le foreste, /
ch io mi vo vestire a questa foza.
13 E di febbraio vi dono bella caccia / di cerbi, cavriuoli e di cinghiari, / corte gonnelle con gros-
si calzari / e compagnia che vi diletti e piaccia; / can da guinzagli e segugi da traccia / e le borse for-
nite di danari, / ad onta degli scarsi e degli avari / o chi di questo vi d briga e mpaccia; / e la sera
tornar co vostri fanti / carcati de la molta salvagina, / avendo gioia, alegrezza e canti; / far trar del
vino e fummar la cucina, / e fin al primo sonno star razzanti; / e poi posar infino alla mattina.
14 Introduzione alla Caccia di Diana, cit., p. 9.
15 Poco frequentata prima di tutto perch era tecnicamente difficile: era sicuramente, nel
periodo arcaico, la forma pi complessa, la via italiana alla composizione a pi di due voci.
Lars nova italiana si distingue dalla francese proprio e innanzitutto per la grande libert di
espressione che dimostra, libert che fa fatica a essere inquadrata in forme troppo rigidamente
fissate: la sua natura improvvisativa, lire melodiando (espressione riferita al madrigale
presente nel trecentesco trattato anonimo Capitulum de vocibus applicatis verbis su cui cfr. NI-
NO PIRROTTA, Musica tra Medioevo e Rinascimento, Einaudi, 1984, p. 84) che mal saccorda coi
procedimenti isoritmici cari alla musica doltralpe, che rende la musica italiana di natura es-
senzialmente monodica, supportata e fornita di sostanza formale soprattutto dal rapporto col
testo poetico e dalla notazione stessa, pi che dai procedimenti compositivi.
16 THOMAS MARROCCO, Fourteenth-Century Italian Cacce, Cambridge (Mass.), The Mediaeval
Academy of America, 1961 (second ed.). Oltre alle cacce edite da Marrocco, ne sono state ritro-
vate tre altre da Oscar Mischiati in un frammento presso lArchivio di stato di Reggio Emilia, e
pubblicate in MARCO GOZZI AGOSTINO ZIINO, The Mischiati Fragment: a New Source of Italian
Trecento Music at Reggio Emilia, in Kontinuitt und Transformation in der italienischen Vo-
kalmusik zwischen Due- und Quattrocento, hrsg von O. Huck, et al., Hildsheim, Olms, 2007,
pp. 281-327. Diciotto sono invece le cacce selezionate da MARIA TERESA BRASOLIN, Proposta per
una classificazione metrica delle cacce trecentesche, in Atti del III Congresso internazionale,
sul tema La musica al tempo del Boccaccio, cit., pp. 83-105.

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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia

Diversamente da quanto ha creduto di poter affermare Carducci, la de-


nominazione del genere deriva non dal contenuto poetico, ma dalla parti-
colare forma musicale, ovvero linseguimento delle due voci superiori che
si imitano in canone (il termine fuga ha identica origine), cacciandosi ap-
punto luna con laltra, e che, nella forma italiana, vedono aggiunta una
terza voce indipendente in contrappunto (tenor). Allorigine per, con ogni
probabilit, vi fu davvero una identificazione fra contenuti del testo (cio
descrizione di scene venatorie) e musica, per un processo mimetico, ma il
modello versificatorio, e quello musicale, in molti casi sono applicati ad al-
tri contesti: la pesca, briose scene di mercato, finanche un incendio. Esisto-
no anche composizioni a contenuto venatorio, con forma musicale a cano-
ne e che per utilizzano la pi regolare versificazione del madrigale. Si
tratta in definitiva di un fenomeno poetico-musicale complesso, che si fa
fatica a classificare rigorosamente.17 per questo che lampio margine di
dubbio esistente intorno ad alcune forme ha costretto gli studiosi a coniare
termini quali madrigale a canone o madrigale-caccia per operare
unadeguata distinzione.
Sotto il profilo metrico, la caccia musicale fu genere non regolato, forse
originatosi da una ibridazione fra madrigale e frottola: in tal senso, la pre-
senza e la funzione del ritornello stringe un probabile legame con il madri-
gale.18 Si possono individuare delle costanti, soprattutto a partire dalle cac-
ce pi tarde del Sacchetti o del Soldanieri, soliti aprire e chiudere la versifi-
cazione con due endecasillabi, di cui al primo, a rima AB, affidato il com-
pito di descrivere e introdurre lazione, e al secondo, che fa da ritornello fi-
nale, a rima baciata, solitamente affidata la chiusa motteggiante in cui si
disvela lio poetico. La parte centrale del componimento assolutamente li-
bera di associare versi lunghi e brevi, inserire rime al mezzo, e trova, quali
motivi caratterizzanti il genere, la concitazione delle scene descritte, le clas-
siche onomatopee e la prevalente tessitura a dialogo.19
Per quanto riguarda i tempi di nascita e consolidamento del genere ab-
biamo ben poche certezze: la prima e unica testimonianza teorica sulla cac-
cia, quella notissima nel Capitulum de vocibus applicatis verbis, sembra ri-
ferirsi a una forma, sia nella sostanza musicale, sia in quella metrica, molto

17 Nei testimoni manoscritti vengono qualificate come cacce solo quei componimenti in
cui coincidono forma musicale e poetica (cfr. LUCIA MARCHI, Chasing Voices, Hunting Love:
The Meaning of the Italian Caccia, Essays in Medieval Studies, XXVII (2011), pp. 13-
32:22-24).
18 la tesi di NINO PIRROTTA, Per lorigine e la storia della caccia e del madrigale trecen-
tesco, Rivista Musicale Italiana, XLVIII, (1946), pp. 305-323; XLIX, (1947), pp. 121-142. In
relazione alla Caccia di Diana discute di questa e altre ipotesi (Carducci, Emilio Lovarini, San-
torre Debenedetti, Francesco Novati, e altri, con relativi riferimenti), Vittore BRANCA,
Tradizione, cit., pp. 196-197.
19 La descrizione della forma poetica di CLAUDIO VELA, Poesia per musica, in Antologia
della poesia italiana, I: Duecento-Trecento, a c. di C. Segre e C. Ossola, Torino, Einaudi, pp.
915-941:916-917.

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S. Campagnolo

lontana dai primi esempi conosciuti, come Or qua, compagni, qua, cum
gran piacere, contenuta nel cosiddetto codice Rossi.20
Si pu ragionevolmente pensare che alcune delle cacce esistenti possano
datarsi almeno intorno al 1340 e che, valutandone la compiutezza e la defi-
nizione formale, debbano essere esistiti componimenti similari pi antichi.
In breve, non si pu affermare che la caccia cos come la conosciamo appar-
tenga a unepoca successiva al poemetto di Boccaccio.
Quali sono, dunque, gli elementi di contiguit fra cacce musicali e Caccia
di Diana? Nel confronto diretto troviamo scarse rispondenze puntuali ma
assonanze quasi a ogni passo e sovrapposizione di elementi tematici. Nel-
lopera del Certaldese abbiamo una struttura endecasillabica e la rigida me-
trica del ternario, oltre allassenza di onomatopee, che parrebbero in con-
trasto con quanto detto sulla forma della caccia, ma molti passi di Boccac-
cio, nella eccitazione delle cacciatrici e nei frequenti dialoghi, fanno saltare
la struttura dellendecasillabo attraverso il ricorso allenjambement, suonan-
do non troppo dissimili dalle cacce musicali. Alla lettura integrale, si ha
limpressione di essere davanti allamplificazione di una caccia per musica.
Branca fa un elenco dei momenti della Caccia di Diana accostabili agli
stereotipi della caccia per musica:21 lincitamento ai cani;22 le grida reci-
proche di esortazione;23 le enumerazioni della selvaggina;24 le vaghe

20 Il Capitulum, secondo le ricerche filologiche pi recenti (ELENA ABRAMOV-VAN RIJK, Evidence


for a Revised Dating of the Anonymous Fourteenth-Century Italian Treatise Capitulum de voci-
bus applicatis verbis, Plainsong and Medieval Music, XVI (2007), pp. 19-30), posteriore alla
Summa artis rithimici vulgaris dictaminis di Antonio da Tempo (1332), in cui tra le forme metri-
che non si fa cenno alla caccia, come non elencata nel Trattato e arte de li rithimi volgari di Gi-
dino da Sommacampagna (1380-1387). Sul Capitulum, si vedano le utili considerazioni e ulteriore
bibliografia in MARCHI, Chasing Voices, cit., pp. 19-21. Il codice Rossi (Roma, Biblioteca Apostolica
Vaticana, ms. Rossi 215 e Ostiglia, Biblioteca Greggiati, ms. senza segnatura) concordemente da-
tato agli anni 70, pur conservando un repertorio che data dal terzo-quarto decennio del 300 (cfr.
Il Codice Rossi 215: Roma, Biblioteca apostolica vaticana; Ostiglia, Fondazione Opera pia Don
Giuseppe Greggiati, studio introduttivo ed ed. in facs. a c. di N. Pirrotta, Lucca, LIM, 1992; e Il Co-
dice Rossiano 215: madrigali, ballate, una caccia, un rotondello, ed. crit. e studio introduttivo a c.
di T. Sucato, Pisa, ETS, 2003, di cui particolarmente notevoli le pp. 16-18 dedicate alla caccia).
Molto antiche sembrano anche le cacce edite da GOZZI ZIINO, The Mischiati Fragment, cit. Alle
opere citate in questa nota rinvio per la bibliografia pi squisitamente musicologica.
21 Introduzione alla Caccia di Diana, cit. p. 8.
22 III, 29- 33, e luna allaltra grid: Lascia i tuoi! / non possono scampar che non sien
morte. / Ciuffa! gridando, ciascheduna i suoi / lasci, correndo dietro a passi loro, / fin che,
presa la preda, stetter poi; XI, 24-26, quandio / forte gridare: Piglia, piglia! intesi /di die-
tro a me: per chio mi rivoltai; XIV, 1-6, Salvossi questa alquanto in alto loco, / sonando un cor-
no, raccogliendo i cani, / cherano avanti, qual molto e qual poco, / impingendoli al toro con le
mani: / Ciuffa! gridava piglial, buon Pezzuolo, /piglial, Dragone, e piglial, Graffiacani!.
23 IV, 33-37, e poi discese / del monticel, faccendo un gran romore / Zizzola e Ciancia, e di-
cean: Piglia, piglia!, / dietro ad un bianco cervio, che di fore /dun cespuglio fuggiva a maraviglia,
V, 1-5 Beritola Carafa infra la folta / e dilettevol selva con un arco / sandava, pian dicendo: Ascol-
ta, ascolta! / a Sobilia Capece, ch al varco / mi par le frasche dimenar sentire; VI, 44-45 on-
de a gridare / incominci: Compagne, aiuto, aiuto!; IX, 48 a cui ciascuna disse: S voglio io!.
24 I, 19-21 caprii, lupi ed ogni altro animale, / orsi e leon si trovano in quel loco, / e qua-
lunque altro che pi o men vale.

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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia

scene di pesca che si intrecciano alla caccia; le descrizioni di situazioni


singolari o di animali esotici e favolosi, di tradizione tutta letteraria. Questa
ricerca di luoghi topici in realt solo parzialmente utile: bisogna leggere
integralmente la Caccia di Diana per percepirne la relazione con la caccia
per musica o quantomeno la comune ascendenza archetipica.
Rileva il concordare del nome di uno dei cani (Dragone, XIV, 6) con
ben due cacce: lanonima, generalmente attribuita a Piero, del ms. Panciati-
chi 26 della Biblioteca Nazionale di Firenze, Segugi a corta e can per la fo-
resta,25 e Nella foresta! Al cervo, cacciatori, di recente ritrovamento nel
frammento dellArchivio di Stato di Reggio Emilia.26 Il nome non pare ste-
reotipo in ambito letterario,27 anche se non va enfatizzata questa coinciden-
za, trattandosi evidentemente di un nome comune per i cani in epoca me-
dievale.
La struttura metrica di Segugi a corta in due stanze, con la chiusa di
ogni stanza fatta con un distico a rima baciata cui si aggiunge un settenario
che rima con il corrispondente della seconda stanza , trova qualche somi-
glianza con una caccia musicata da Giovanni da Cascia, in unicum anches-
sa nel codice panciatichiano: Per larghi prati, per gran boschi folti, anche
questa chiusa da un settenario che rimane irrelato, essendo composta di
una sola stanza.28

25 vv. 1-6: Segugi a corta e can per la foresta / in su, in gi, in qua, in l abbaiando / bauf
auf babauf, / e cacciator chiamar confortando / Ve l, ve l, ve, / Dragon, Dragon, t, t,
. Il testo ripreso da GIUSEPPE CORSI, Poesie musicali del Trecento, Bologna, Commissione
per i testi di lingua, 1970, p. 359.
26 vv. 18-19: Te, te <Dragon>, Dragon!. Non vi tu che son io? / dicea luna, e laltra se
smaria, da GOZZI ZIINO, The Mischiati Fragment, cit., p. 303.
27 Non ho trovato altre occorrenze: lelencazione di nomi di cani pi celebre quella del
racconto di Atteone nelle Metamorfosi di Ovidio (Met., III.206 e segg.). Cassell e Kirkham (op.
cit., p. 185) richiamano giustamente per il nome di Graffiacani uno dei diavoli di Malebranche
(Inferno, XXII.34); va notato per che tra questi c anche un Dragognazzo, peggiorativo di
Dragone. Lispirazione di Boccaccio quindi reminiscenza dantesca.
28 Di questa forma metrica ha discusso CORSI, Poesie musicali, cit. pp. 23-25, contrastando
lopinione di Ettore Li Gotti che la riteneva un rispetto (opinione ripresa da MARROCCO, Fourte-
enth-Century Italian Cacce, cit.), mentre Corsi suppone che la forma sia assimilabile a quella
di Segugi a corta, pensando a una mutilazione, a una composizione cio in pi stanze in cui il
settenario conclusivo avrebbe trovato corrispondenza nella successiva cos come nella caccia
attribuita a Piero. Se le stanze fossero state due, avremmo per avuto una composizione di ec-
cezionale lunghezza (conta 144 brevi, che sarebbero state 288, contro le 144, 72 + 72 di Segu-
gi a corta) e nella musica, e anche nel testo, nulla fa pensare a una lacuna. Ristabilisce ordine
MASSIMO ZENARI, Undici madrigali a testimone unico del Panciatichiano 26, Studi di filologia
italiana, LXII (2004), pp. 131-160:147, da cui traggo il testo, che considera lultimo verso il ri-
tornello monostico di un madrigale. Nel manoscritto lultimo verso per lappunto contrasse-
gnato quale ritornello e cos trattato a livello compositivo, con il classico cambiamento di
mensura proprio dei ritornelli dei madrigali. Questa composizione assai particolare sotto il
profilo della costruzione musicale: completamente durchkomponiert, sfrutta lartificio del cano-
ne per tutta la sua durata, con lentrata della seconda voce sempre in ottava, ma via via pi
stretta, entrando cio in imitazione a distanze diverse a seconda delle frasi: rispettivamente a
10, 7, 8 e 5 brevi; concludendo con una delle pi estese sezioni in hoquetus per questo reperto-
rio; la musica si pu leggere in MARROCCO, Fourteenth-Century Italian Cacce, cit., pp. 74-76.

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S. Campagnolo

Questo madrigale-caccia quello che risponde maggiormente nel tema


allopera di Boccaccio: infatti la descrizione di una caccia di donne:
Per larghi prati e per gran boschi folti
Leggiadre donne e vaghe donzellette,
Vestite strette, coi capelli sciolti,
Con archi, con turcassi e con saette
E con levrieri a man, correan cacciando,
Uccidendo e pigliando
Cervi, caprioli, cinghiali e lupi,
Entrando sole ne luoghi pi cupi
Per riposarsi allombra.

Sono evidenti le assonanze con la Caccia di Diana, anche nelle scelte lessi-
cali (evidenziate dal corsivo): (Boccaccio, Caccia, I, 9-10) Donne leggiadre in
voce alta gridando, / venite omai, venite alla gran corte; (II, 19-20; 37-39) ca-
prii, lupi ed ogni altro animale, / orsi e leon si trovano in quel loco, () E, da-
ti i cani e forti reti daccia, / girfalchi, astori ed archi con saette / e spiedi agu-
ti che cinghiari impaccia, (); (XI, 1-5) Di frondi coronata, in mezzo cinta, /
col corno al collo e col turcasso allato, / di bellezza piacevole dipinta, / e con
un arco insieme accompagnato / con due saette, sen giva Marella; (XIII, 25-
31; 34-35) Alto nel bosco al mio parer vedea / due leggiadre e belle giovinette,
/ le qua ciascuna assai ben conoscea, / inghirlandate di due ghirlandette / di
rose rosse, tanto relucenti, / che a veder parean due fiammette, / vestite stret-
te, s belle e piacenti, // Le quali, andando s a poco a poco, / darchi e di sa-
ette bene armate; (XVI, 26-27; 35-36) Zizzola dAnna venne, che soletta / san-
za richiesta era gita cacciando; // dicendo: Donne gentili e donzelle, /
chardite e vigorose, liete e pronte.29
Nella loro generalit, tali consonanze assumono maggior valore alla luce
della considerazione che il topos della caccia di ninfe o donne, pur se classi-
co, non poi cos diffuso, almeno con il carattere che vediamo rispecchiato
nella Caccia di Diana e in Per larghi prati: nelle cacce musicali troviamo
perlopi allegre compagnie campestri di fanciulle che colgono fiori e sono
sorprese da improvvisi fortunali, che sono intente alla pesca su torrenti e
laghi, o piuttosto sono preda di caccia e non gi feroci cacciatrici.
A riprova, la poderosa raccolta iconografica del Boccaccio visualizzato
riesce ad allineare solo due immagini riferibili, assai dubitativamente, alla
Caccia di Diana.30

29 Mentre le assonanze fra Per larghi prati e la Caccia di Diana sono diluite fra tutti i can-
ti, se ne trovano di forti e condensate con la quinta stanza della canzone di Fazio degli Uberti I
guardo in fra lerbette per li prati, vv. 61-68: Giovani donne e donzellette accorte / rallegrando
si vanno alle gran feste / tanto leggiadre e preste, / che par ciascuna che damor sappaghi; / e
altre in gonnellette a punto corte / giocano a lombra de le gran foreste / damor si punte e de-
ste, / qual solien ninfe stare appresso a laghi (). FAZIO DEGLI UBERTI, Il Dittamondo e le rime, a
c. di G. Corsi, 2 vv., Bari, Laterza, 1956, v. II: p. 12.
30 Boccaccio visualizzato. Narrare per parole e immagini fra Medio Evo e Rinascimento, a
c. di V. Branca, Einaudi, Torino, 1999, 3 voll.

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Contributo del Boccaccio a un genere poetico-musicale del Trecento: la caccia

Oltre ai sei manoscritti che testimoniano la Caccia di Diana, bisogna ri-


cordare il codice, perduto, elencato in tutti gli inventari della dispersa Bi-
blioteca Viscontea,31 forse proprio la copia che fu alla base delledizione ci-
tata del Claricio dellAmorosa Visione. La Caccia era nota quindi anche
nellarea in cui operarono i musicisti ora citati, Giovanni e Piero, da tutti i
biografi considerati per un qualche tempo presso la corte viscontea, cui
sembrerebbe ricondurre proprio il testo di una caccia musicata da entrambi
(Con brachi assai e con molti sparveri).32
In conclusione, se Boccaccio ebbe dunque sottocchio la tradizione della
caccia musicale mentre componeva il suo primo poemetto e nella compo-
sizione del Filostrato mostra di tenere in conto anche la tradizione dei can-
tari , vuol dire che la caccia per musica, se si ritiene sufficientemente pro-
vata una stretta affinit fra questa e la Caccia di Diana, doveva essere, nei
primi anni trenta, diffusa e consueta presso la borghesia e nobilt napoleta-
na, conclusione che ha come importante conseguenza sul piano musicologi-
co che levoluzione della forma musicale debba essere stata per quellepoca
pressoch compiuta con i caratteri che gli conosciamo. Inoltre, sul piano
della diffusione del repertorio, sarebbe questa una prova indiretta che raf-
forza la presenza e il ruolo di Napoli nella diffusione della musica del Tre-
cento italiano: Boccaccio potrebbe aver anche concepito la Caccia per un
enclave fiorentino, ma non per un pubblico come quello cui era destinata.
A proposito della diffusione dello stile musicale del Trecento, Eleonora
Beck, in nota nel suo Singing in the Garden, afferma che () Naples seems
a likely place for indigenous and French styles to have converged and pro-
duced the Trecento style. In the early part of the century there existed a cul-
tural and economic link between France, Naples, and Florence that would
help to explain the dissemination of repertory.33
Quella dellesistenza di una pretesa scuola di polifonia napoletana del se-
colo XIV,34 e in generale di una presenza rilevante nella corte napoletana

31 Cfr. ELISABETH PELLEGRIN, La bibliotheque des Visconti et des Sforza ducs de Milan, au XV
siecle, Paris, Centre National de la Recherche Scientifique, 1955, pp. 264 e 324. Si veda inoltre
la discussione che ne fa BRANCA, Tradizione, cit., pp. 152-153.
32 Cfr. PIRROTTA, Musica tra Medioevo e Rinascimento, cit., pp. 74-77.
33 ELEONORA M. BECK, Singing in the Garden. Music and Culture in the Tuscan Trecento,
Lucca, Libreria musicale italiana; Innsbruck Wien, Studien Verlag, 1998, p. 36, n. 6 (Na-
poli sembra un probabile luogo dove lo stile locale e il francese abbiano potuto convergere e
produrre lo stile del Trecento. Nella prima parte del secolo esisteva un collegamento cultura-
le ed economico tra la Francia, Napoli e Firenze che aiuterebbe a spiegare la diffusione del
repertorio).
34 Titolo di un famoso studio di NINO PIRROTTA, Scuole polifoniche italiane durante il sec.
XIV. Di una pretesa scuola napoletana, in Collectanea Historiae musicae, I, Firenze, Olschki,
1953, pp. 11-18; in questo studio Pirrotta ritornava, per confutarla, su una tesi da egli stesso
espressa: ID., Il codice Estense lat. 568 e la musica francese in Italia al principio del 400, At-
ti della Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo, ser. IV, vol. V (194445), pt. 2,
pp. 11-17, 40-44, 55-56).

491
S. Campagnolo

della pratica polifonica e delle forme dellars nova, una questione dibattuta
negli studi musicologici, riapertasi recentemente con alcune scoperte docu-
mentarie per merito di Carla Vivarelli35 che indirizzano in questa direzione.
La Caccia di Diana va considerata dunque, a parer mio, il pi autorevole
antecedente o quantomeno lesempio pi impegnativo del genere-caccia nel
nostro Trecento, la cui eco sopravvive nel madrigale-caccia Per larghi prati,
intonato da Giovanni. In alternativa, Boccaccio dovrebbe essere visto, e non
sarebbe sorprendente, quale un precursore assoluto anche in questo cam-
po, intento a sistemare letterariamente e in parte rinnovare una tradi-
zione ancora fluida e in via dassestamento.36

35 CARLA VIVARELLI, Di una pretesa scuola napoletana: Sowing the Seeds of the Ars nova
at the Court of Robert of Anjou, Journal of Musicology, XXIV/2 (2007), pp. 272-296; ID., Ars
cantus mensurabilis mensurata per modos iuris: un trattato napoletano di ars subtilior?, in
Dolci e nuove note, Atti del V Convegno Internazionale del Centro Studi sullArs nova italia-
na del Trecento (Certaldo, 17-18 dicembre 2005), a c. di F. Zimei, LIM, Lucca 2009 (LArs Nova
Italiana del Trecento, 7), pp. 103-142. Per il giubileo petrarchesco, mi sono occupato di defini-
re un possibile terminus post quem oltre il quale sia possibile collocare la produzione madriga-
listica del Petrarca (STEFANO CAMPAGNOLO, Petrarca e la musica del suo tempo, in Petrarca in
musica. Atti del Convegno Internazionale di Studi. Arezzo, 18-20 marzo 2004, a c. di A. Che-
gai C. Luzzi, Lucca, LIM, 2006, pp. 3-41), supponendo che fosse collocabile allappressarsi
delle aree di produzione e fruizione del protomadrigale, quindi successivamente alla sua prima
residenza parmense (1341), ma queste occorrenze arsnovistiche napoletane potrebbero far ri-
considerare questa data essendo il Petrarca a Napoli e Roma precedentemente.
36 BRANCA, Introduzione a La Caccia di Diana, cit., p. 9.

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