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QUADERNI FIORENTINI

per la storia del pensiero giuridico moderno

45
(2016)
MARCO NICOLA MILETTI

GIUSTIZIA PENALE E IDENTIT NAZIONALE


(A proposito di Il diritto del Duce. Giustizia e repressione nellItalia
fascista, a cura di Luigi Lacch, Roma, Donzelli, 2015)

1. Continuit o rivoluzione. 2. Mutuazioni liberali. 3. Leredit a valle. 4.


Falsificazione della legalit. 5. Gli ambigui apporti delle scuole. 6. La confor-
mazione della magistratura. 7. Uno specchio per la storia italiana.

1. Continuit o rivoluzione.
Senza una grande rivoluzione politica , sentenziava Giuseppe
Maggiore in un celebre scritto del 1939, non possibile alcuna
rivoluzione o riforma nel campo del diritto (1). A distanza di oltre
settantanni dal disastroso epilogo, resta controverso se e in che misura
il fascismo abbia rivoluzionato il campo del penale italiano, quello
che ispirava la riflessione di Maggiore; o se invece ne abbia pi
banalmente ma con effetti prognostici meno tranquillizzanti
esasperato taluni tratti identitari profondi.
Dipanatasi intorno a questo interrogativo sin dai primi sondaggi
degli anni Settanta (2), lindagine storico-giuridica, sensibilmente inten-

(1) G. MAGGIORE, Diritto penale totalitario nello Stato totalitario, in Rivista


italiana di diritto penale , XI (1939), p. 142.
(2) C. SCHWARZENBERG, Diritto e giustizia nellItalia fascista, Milano, Mursia,
1977; G. NEPPI MODONA, Tecnicismo e scelte politiche nella riforma del codice penale, in
Democrazia e diritto , 17 (1977), 4, pp. 661-684; P. PIASENZA, Tecnicismo giuridico e
continuit dello Stato: il dibattito sulla riforma del codice penale e della legge di pubblica
sicurezza, in Politica del diritto , X (1979), 3, pp. 261-317. Nel selezionare gli studi
meritevoli, a suo parere, di menzione, M. SBRICCOLI, Le mani nella pasta e gli occhi al cielo.
La penalistica italiana negli anni del fascismo, in Quaderni fiorentini , 28 (1999),
Continuit e trasformazione: la scienza giuridica italiana tra fascismo e repubblica, II, p.
817, nt. 1, ora in ID., Storia del diritto penale e della giustizia. Scritti editi e inediti
(1972-2007), Milano, Giuffr, 2009, II, p. 1001, nt. 1 definiva vasta la letteratura,
incostante la qualit . Lavvicinamento degli storici del diritto alle tematiche poste dal
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sificatasi negli ultimi lustri, continua a scavare nei faldoni darchivio, a


scrutare tra le maglie della legislazione, a dissodare repertori di giuri-
sprudenza sulle piste di residui del passato liberale e di presagi
repubblicani. I sintomi della lunga durata sono conclamati: le affinit
con linvoluzione autoritaria del liberalismo conservatore di fine Otto-
cento; un codice penale datato 1930 e tuttora vigente; una scuola,
quella tecnico-giuridica, che ha pressoch monopolizzato la scena quasi
per lintero secolo XX; le ferite non ancora rimarginate, le inconfessabili
rimozioni. Vischiosit che, se da un lato rendono francamente impro-
ponibile, rispetto alla storia italiana del penale, linterpretazione cro-
ciana del fascismo come parentesi (3), dallaltro incoraggiano ricerche
di ormai collaudato taglio interdisciplinare (4).
Competenze diverse sincrociano nel volume Il diritto del Duce,
curato da Luigi Lacch nellmbito dun progetto di ricerca nazionale
coordinato dallUniversit di Macerata. I singoli contributi ruotano
intorno alla giustizia penale al tempo del fascismo, vagliandone gli
aspetti istituzionali, normativi, giurisprudenziali, comparatistici. Co-
mune la consapevolezza della strutturale ambiguit della leva giudi-
ziaria: ora docile strumento repressivo, ora potente macchina di costru-

ventennio stato comunque tardivo, rileva A. MAZZACANE, La cultura giuridica del


fascismo: una questione aperta, in Diritto, economia e istituzioni nellItalia fascista, a cura
di A. Mazzacane, Baden-Baden, Nomos, 2002, pp. 1-12.
(3) Cfr. M. MAGGI, LItalia che non muore. La politica di Croce nella crisi
nazionale, Napoli, Bibliopolis, 2001, p. 10; ID., Etica, politica, ideologia: modelli filosofici
nellItalia del Novecento, in Filosofia e politica. Studi in onore di Girolamo Cotroneo.
Volume III, a cura di G. Furnari Luvar, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005, p. 235, nt.
32. Reputa inappropriata, con riferimento al diritto fascista, limmagine della parentesi
M.A. LIVINGSTON, Criminal Law, Racial Law, Fascist Law: Was the Fascist Era Really a
Parenthesis for the Italian Legal System?, in Fascism and Criminal Law. History, Theory,
Continuity, edited by Stephen Skinner, Oxford and Portland, Hart Publishing, 2015, p.
97. Scettica anche lattuale storiografia giuridica, come segnala I. STOLZI, Fascismo e
cultura giuridica: persistenze ed evoluzioni della storiografia, in Rivista di storia del
diritto italiano , LXXXVII (2014), p. 283. La storiografia politica sul fascismo pare,
invece, ora orientata nel senso della discontinuit: ne accenna A. MENICONI, La magi-
stratura e la politica della giustizia durante il fascismo attraverso le strutture del ministero
della Giustizia, in Il diritto del Duce. Giustizia e repressione nellItalia fascista, a cura di
L. Lacch, Roma, Donzelli, 2015, p. 80.
(4) Cfr. STOLZI, Fascismo e cultura giuridica, cit., p. 259, con ampia bibliografia
di studi collettanei. Nelle letture dei giuristi positivi prevale la sensibilit per gli
elementi tecnici rivelatisi ex post segni precursori: MAZZACANE, La cultura giuridica del
fascismo, cit., p. 3.
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zione del consenso; spesso asservita al regime ma anche dotata di


insospettabili logiche proprie, non del tutto addomesticabili (5).
La medesima doppiezza ridonda nella diagnosi storiografica.
Come rilevano i tre curatori del recentissimo Giustizia penale e politica
in Italia tra Otto e Novecento, la cui lettura va considerata, per molti
versi, complementare a quella del libro qui recensito, la giustizia assolve
una funzione conformativa e performativa: da un lato rifrange le dina-
miche sociali, dallaltro apre un canale delezione per intervenirvi (6). Se
il penale sempre strumento di riaffermazione e di esercizio del
potere ma anche veicolo privilegiato di ideologie (7), la duplice
valenza si esalta nei sistemi totalitari, nei quali lo ha insegnato Otto
Kirchheimer i tribunali alimentano la propaganda (8). Il fascismo
non fece eccezione: come pi volte traspare da Il diritto del Duce, la
giustizia agognata da Mussolini mirava non solo alla repressione vio-
lenta ma anche a mietere consenso in vista delledificazione dello Stato
etico e della genesi dellhomo novus (9).
La dimensione giudiziaria si presta dunque a colmare la lacuna
lamentata, anni addietro, da Sbriccoli nelle conoscenze del penale
fascista, vale a dire le relazioni tra diritto e politica, giuristi e auto-
rit (10). Rapporti che, per la verit, la dottrina pi schiettamente

(5) L. LACCH, Tra giustizia e repressione: i volti del regime fascista. Introduzione
a Il diritto del Duce, cit., p. X. Si v. anche L. LACCH, Sulla forma giudiziaria. Dimensione
costituzionale della giustizia e paradigmi del processo politico tra Otto e Novecento, in
Giustizia penale e politica in Italia tra Otto e Novecento. Modelli ed esperienze tra
integrazione e conflitto, Milano, Giuffr, 2015, p. 5.
(6) F. COLAO, L. LACCH, C. STORTI, Introduzione a Giustizia penale e politica in
Italia, cit., p. VIII.
(7) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p. XIV.
(8) O. KIRCHHEIMER, Politische Justiz (1955), trad. it. Giustizia politica, in ID.,
Giustizia politica, a cura di R. Racinaro, Macerata, Liberilibri, 2002, pp. 27-28. LA.
osservava, invero (ivi, p. 29), che anche nei paesi democratici i processi politici
occidentali [...] sono del tutto consapevoli del potere dellopinione pubblica . Condi-
vide espressamente LACCH, Sulla forma giudiziaria, cit., p. 7.
(9) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p. XXXVIII; F. COLAO, I processi ai
maggiori esponenti di idee contrarie al governo nazionale , in Il diritto del Duce, cit., p.
33, la quale, riprendendo uno spunto di G. NEPPI MODONA, Diritto e giustizia penale nel
periodo fascista, in Penale Giustizia Potere. Metodi, Ricerche, Storiografie. Per ricordare
Mario Sbriccoli, a cura di L. Lacch, C. Latini, P. Marchetti, M. Meccarelli, Macerata,
Eum, 2007, p. 341, sottolinea la strumentalizzazione del valore sicuritario della
deterrenza .
(10) SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., II, p. 1001.
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organica al regime non aveva affatto dissimulato (11) e che gi alla vigilia
della marcia su Roma prorompevano nelle pagine solitamente sobrie
della letteratura scientifica. Floriana Colao registra, in proposito, la
contestuale convergenza tra il Trattato di diritto penale del Manzini, la
Rivista Penale di Lucchini e taluni articoli de La Scuola positiva
nella ricerca duna qualificazione giuridica (delitto comune o delitto
politico) delle violenze bolsceviche e squadriste: scritti quanto mai
schierati nello stigmatizzare gli scontri di piazza, nel ridicolizzare una
classe dirigente inetta e nelladditare la via penale quale estremo
baluardo contro lo spettro della guerra civile (12).
Conquistato il potere, il fascismo rivel sin dallamnistia del 22
dicembre 1922 lintenzione di utilizzare lo strumento penale come
arma di lotta politica (13). E nel processone ai leader comunisti non
esit a piegare la forma giudiziaria alle sue strategie (14). Tuttavia, a
conferma delleterogenesi dei fini di cui si diceva, i procedimenti
giudiziari si ribaltavano talora da congegni repressivi in insperate
tribune per i perseguitati. Cos accadde nel processo ai comunisti italiani
del 1923, dimostrazione dellanomala dialettica che sinnesca nei tribu-
nali politici. Cos si ripet nel processo di Savona del settembre 1927,
tramutatosi da una parte in aperta sfida al regime per gli imputati

(11) MAGGIORE, Diritto penale totalitario, cit., pp. 148-149 rimarcava la stretta
interdipendenza tra diritto [penale] e politica e l immancabile [...] parallelismo tra
concezione dello Stato e conformazione del diritto penale .
(12) COLAO, I processi, cit., p. 35. Cfr. V. MANZINI, Trattato di diritto penale
italiano. Seconda edizione accresciuta e perfezionata. Volume quinto, Torino, Utet, 1921,
p. 652 (e spec. ivi, nt. 1); L. LUCCHINI, Il socialismo militante in Italia un delitto comune,
in Rivista Penale , XLVIII (1922), vol. 95, fsc. 1 (gen.), pp. 21-32 e spec. p. 28; L.
LUCCHINI, Delitti politici e delitti comuni, ivi, fsc. 3 (mar.), pp. 197-203 e spec. p. 201 (per
la posizione di Lucchini v. M.N. MILETTI, Dalladesione alla disillusione. La parabola del
fascismo nella lettura panpenalistica di Luigi Lucchini, in I giuristi e il fascino del regime
[1918-1925], a cura di I. Birocchi e L. Loschiavo, Roma, Roma Tre-Press, 2015, pp.
304-306); P. GIUDICE, Squadre dazione fasciste e arditi del popolo di fronte alla legge
penale, in La Scuola Positiva Rivista di Diritto e Procedura Penale , n.s. II, n. 1-2-3
(gen.-mar. 1922), pp. 118-124; G. MARASCO, Socialisti e fascisti nel diritto penale, in
Rivista Penale , XLVII (1921), vol. 93, fsc. III (mar.), pp. 278-284 (ivi, p. 278 per la
denuncia dellimpassibilit dello Stato di fronte ai fattacci di cronaca; ivi, pp. 281-284
per la larvata benevolenza dellA. verso il ruolo giustizialista che andavano spontanea-
mente assumendo le squadre fasciste).
(13) G. NEPPI MODONA, M. PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, in
Storia dItalia. Annali 12. La criminalit, a cura di L. Violante, Torino, Einaudi, 1997, p.
767 (laffermazione va attribuita a Pelissero).
(14) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p. XXVIII; LACCH, Sulla forma
giudiziaria, cit., p. 28.
LETTURE 687

Parri e Rosselli, implacabili accusatori delle violenze e delle illegalit


fasciste; dallaltra in opportunit per i giudici di bollare lantifascismo
degli inquisiti come un fardello ormai sorpassato da nuove con-
cezioni etico-sociali suffragate dall unanime consenso della na-
zione (15). Il linguaggio dei magistrati liguri fa il paio con quello del
germanico Tribunale del popolo, le cui pronunce avverte Vorm-
baum somigliavano sovente a testi politici propagandistici dal
gergo volutamente atecnico e popolare (16).

2. Mutuazioni liberali.
Da tempo persuaso che lintrinseca politicit conferisca alla giu-
stizia penale una precipua valenza costituzionale , Lacch ritiene che
nel periodo fascista i valori fondativi fossero quelli mutuati dalla crisi
dello Stato liberale: il nazionalismo, lautoritarismo (17). Un cos spic-
cato recupero rebours di canoni ideologici ripropone allo storico del
diritto e al vigentista il dilemma della continuit penalistica tra tarda

(15) Per il processo ai principali esponenti del PcdI cfr. COLAO, I processi, cit.,
p. 37: lA. aderisce alla tesi di J.M. VERGS, De la stratgie judiciaire, Paris, 1968, trad. it.
Strategia del processo politico, Torino, Einaudi, 1969, p. 16, secondo cui nei tribunali
politici coesisterebbero sempre rottura e connivenza. Sul processo di Savona v. COLAO, I
processi, cit., p. 50, sulla base delle considerazioni di G. NEPPI MODONA, Quali giudici per
quale giustizia nel ventennio fascista, in Linconscio inquisitorio. Leredit del codice Rocco
nella cultura processualpenalistica italiana, a cura di L. Garlati, Milano, Giuffr, 2010, p.
223 ( aperta sfida , implacabili accusatori ); COLAO, I processi, cit., p. 51 quanto alle
espressioni (nel testo riportate letteralmente) della sentenza savonese del 1927.
(16) T. VORMBAUM, Il Tribunale del popolo durante il dominio nazista (1934-45),
in Il diritto del Duce, cit., pp. 241-242.
(17) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., pp. X-XI. Sviluppando la matrice
sbriccoliana del rapporto tra penale, giustizia e potere (cfr. L. LACCH, Introduzione a
Penale Giustizia Potere, cit., pp. 22-24), lA. insiste da tempo sulla categoria interpreta-
tiva del penale costituzionale: cfr. ad es., seppur con riferimento a contesti limitati e
diversi, ID., La penalistica costituzionale e il liberalismo giuridico. Problemi e immagini
della legalit nella riflessione di Francesco Carrara, in Quaderni fiorentini , 36 (2007),
Principio di legalit e diritto penale (per Mario Sbriccoli), I, pp. 663-695 (e spec. p. 664);
L. LACCH, Un luogo costituzionale dellidentit giudiziaria nazionale: la Corte dassise
e lopinione pubblica (1859-1913), in Processo penale e opinione pubblica in Italia tra Otto
e Novecento, a cura di F. Colao, L. Lacch e C. Storti, Bologna, il Mulino, 2008, pp.
77-120. Su un piano pi generale STOLZI, Fascismo e cultura giuridica, cit., p. 267 esorta
a non trascurare, in nome delle evidenti continuit statualistico-autoritarie con il passato
ottocentesco, la capacit della classe dirigente fascista di decifrare le novit del pano-
rama giuridico-istituzionale dei primi decenni del Novecento.
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et liberale e ventennio mussoliniano (18), allinterno dun pi vasto


dibattito sulle connivenze o sulle afferenze organiche dei giuristi al
regime e sullidentificabilit duna vera e propria dottrina giuridica
fascista (19).
Certo, alcune permanenze vanno ascritte ad una sorta di conge-
nita inerzia che pare affliggere luniverso penalistico (20). Lo ammetteva
apertamente, al fine di spronare allo studio storico del diritto, Vincenzo
Manzini, che forse incarn al pi alto grado la lunga durata della scienza
penale nellItalia del Novecento:
Il procedimento penale non frutto delle meditazioni dei filosofi, n delle

(18) Per limitarsi ad una bibliografia minima cfr. M. SBRICCOLI, Caratteri origi-
nari e tratti permanenti del sistema penale italiano (1860-1990), in Storia dItalia. Annali
14 Legge Diritto Giustizia, a cura di L. Violante in collaborazione con L. Minervini,
Torino, Einaudi, 1998, pp. 528-529, ora in SBRICCOLI, Storia del diritto penale, cit., I, p.
643; ivi, p. 637 circa le presunte anticipazioni di Arturo Rocco, sul cui statualismo v. ora
L. GARLATI, Arturo Rocco inconsapevole antesignano del fascismo nellItalia liberale, in I
giuristi e il fascino del regime, cit., pp. 202-204 e 212. Quanto agli studi penalistici, G.
FIANDACA, Il codice Rocco e la continuit istituzionale in materia penale, in La questione
criminale , VII (1981), 1, pp. 67-81 ha da tempo rimarcato le continuit tra il penale
liberale e gli aspetti ritenuti pi repressivi del codice Rocco. Il tema, comunque, innerva
lintera letteratura penalistica contemporanea.
(19) La questione dellautonomia duna cultura giuridica fascista stata oggetto,
negli ultimi anni, di vivaci discussioni. Tra le riflessioni di respiro generale basti segnalare
P. CAPPELLINI, Il fascismo invisibile. Una ipotesi di esperimento storiografico sui rapporti
tra codificazione civile e regime, in Quaderni fiorentini , 28 (1999), I, pp. 175-282;
MAZZACANE, La cultura giuridica del fascismo, cit., pp. 5-12; A. SOMMA, Fascismo e diritto:
una ricerca sul nulla?, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile , LV (2001),
pp. 597-663; A. SOMMA, Parallele convergenti. La comune matrice del fascismo e del
liberismo giuridico, in Rivista critica di diritto privato , XXII (2004), pp. 61-88; I.
BIROCCHI, Il giurista intellettuale e il regime, in I giuristi e il fascino del regime, cit., pp.
9-61 (spec. 12-14). In questultimo vol. collettaneo alcuni contributi si concentrano
sullapprodo di singoli penalisti al fascismo degli esordi: cfr. F. COLAO, Un fatale
andare . Enrico Ferri dal socialismo all accordo pratico tra fascismo e Scuola positiva,
ivi, pp. 129-157; GARLATI, Arturo Rocco inconsapevole antesignano, cit., pp. 191-213;
MILETTI, Dalladesione alla disillusione, cit., pp. 289-324. Per una puntuale sintesi della
bibliografia su penalistica e fascismo v. F. COLAO, Processo penale e pubblica opinione
dallet liberale al regime fascista, in Linconscio inquisitorio, cit., p. 252, nt. 57.
(20) A proposito dellaccesso del difensore agli atti istruttori F. CORDERO, Stilus
curiae (analisi della sentenza penale) (1985), in Rivista italiana di diritto e procedura
penale , 1986, ora in ID., Ideologie del Processo Penale, edizione integrata da Appendice,
Roma, Universit degli Studi La Sapienza, 1998, p. 233 rileva con amarezza: La lunga
durata una categoria congeniale al mondo penalistico [...]. Le abitudini giudiziarie [...]
cadono fuori dal tempo politico .
LETTURE 689

teorie di una scuola, n del costume di un singolo popolo e neppure della


politica dun determinato Stato. Esso sopratutto il prodotto della necessit
e dellesperienza sociali formatosi, svoltosi e perfezionatosi attraverso i secoli
[...]. Il pensiero filosofico, le teorie sociali e politiche senzaltro vi influi-
scono: ma linstituto giuridico processuale penale rimasto sempre iden-
tico nelle sue linee fondamentali, nella sua funzione, nella sua ragion
dessere . La probabilit, quindi, dun mutamento radicale tanto vero-
simile, quanto lo , negli Stati civili, labolizione della famiglia o lavvento del
comunismo. Le idee e i sentimenti individuali e collettivi possono avere bens
la pi irresistibile energia suggestiva, propulsiva e rivoluzionaria, ma [...] non
quando urtino contro linvincibile forza dinerzia della necessit e dellespe-
rienza (21).

Ci nonostante, indizi di discontinuit affiorano in vari passaggi


de Il diritto del Duce. Secondo Lacch, le leggi fascistissime del 1925/26
segnarono un inequivoco spartiacque, giacch soppressero la dialettica
statutaria autorit / libert. In questa torsione gioc un ruolo decisivo
ma sfuggente il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, del quale si
occupano, da angolazioni diverse, vari saggi. Per Lacch esso non fu la
mera riproposizione di forme di giustizia militare: costitu, piuttosto,
una cabina di regia , inedita rispetto allet liberale, dalla quale il
regime prov a sfoderare la potenza eversiva della rivoluzione fascista e
a instaurare un ordine costituzionale di giustizia politica mediante
trame e strategie flessibili (22). Anche Leonardo Pompeo DAles-
sandro vede nel Tribunale speciale, del quale ricostruisce le scansioni
istituzionali salienti, un momento di reale rottura rispetto al sistema
penale liberale : egli propende per la sostanziale politicit dellorgani-
smo, pur riconoscendone il carattere anfibio pronto ad adattarsi alle
progressive esigenze del governo e pur senza ignorare la labilit dei
confini di competenza rispetto alla magistratura ordinaria (23).

(21) V. MANZINI, Istituzioni di diritto processuale penale, terza edizione aggior-


nata con la nuova legislazione fascista, Padova, Cedam, 1929, pp. 3-4. Il brano ricompare
nelle edd. successive: Padova, Cedam, 19314, pp. 5-6; Padova, Cedam, 19418, p. 7.
(22) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., pp. XVIII (leggi fascistissime),
XX-XXI e XXV (Tribunale speciale); ID., Sulla forma giudiziaria, cit., pp. 22-23 e 26.
Anche per il tramite del Tribunale speciale (LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p.
XX; ID., Sulla forma giudiziaria, cit., p. 23) la legalit fascista [...] incorpor
lemergenza nel suo modo di essere .
(23) L.P. DALESSANDRO, Per una storia del Tribunale speciale: linee di ricerca tra
vecchie e nuove acquisizioni, in Il diritto del Duce, cit., p. 155 (rottura, anche alla luce di
documenti ufficiali: v. ivi, p. 157); ivi, pp. 153 e 173 (adattabilit); ivi, p. 158 ( bivalenza,
militare e politica , specie nei primi anni di attivit). Ivi, p. 160 quanto alla trasforma-
zione culminata nel giugno del 1931 (attribuzione al capo del governo delle competenze
dapprima spettanti al ministro della Guerra); ivi, pp. 161-162 (pressioni del ministro
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La profonda ambiguit del Tribunale speciale emerge anche


dallo spoglio condotto da Alessandra Bassani e Ambra Cantoni
del fondo archivistico concernente lo spionaggio politico. La Bassani
scorge nella temporaneit permanente della corte un legame
inconscio con il sistema liberale di dialettica fra politica e giustizia : e
giudica lestensione di competenza ai reati comuni, sopraggiunta negli
anni Quaranta, sintomo dell avvitamento paranoico del regime in-
torno alle proprie paure (24). Pi lineare appare al confronto la
parabola, descritta nel contributo di Vormbaum, del Tribunale del
popolo, istituito in Germania come giudice speciale nel 1934 e trasfor-
mato nel 1936 in corte ordinaria (25).
A riprova della duttilit degli strumenti a disposizione del Tribu-
nale speciale, il contributo di Matteo Petracci inquadra linternamento

Rocco affinch il Tribunale speciale non sospendesse le procedure ordinarie, ad es.


lutilizzo della condanna condizionale). Sul tema cfr. PELISSERO in NEPPI MODONA,
PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, cit., p. 771. Riguardo alla natura
giuridica, il Tribunale speciale (rileva C. LATINI, La sentenza dei giornalisti. Repressione
del dissenso e uso dei tribunali penali militari durante lo stato dassedio nel 1898, in
Inchiesta e pre-giudizio. Una riflessione interdisciplinare. Atti del Convegno Teramo, 4
maggio 2006, a cura di P. Marchetti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2007, p. 57)
teneva insieme il rispetto dellart. 71 dello Statuto albertino, che consentiva listituzione
di tribunali speciali in quanto naturali; e linnegabile natura eccezionale, rivoluzio-
naria e politica . Pi di recente, la stessa C. LATINI, Cittadini e nemici. Giustizia militare
e giustizia penale in Italia tra Otto e Novecento, Firenze, Le Monnier, 2010, p. 332 ha
osservato come la presenza di giudici militari non contrastasse necessariamente con il
carattere politico del Tribunale speciale. Sul punto v. gi G. NEPPI MODONA, La
magistratura e il fascismo, in Fascismo e societ italiana, a cura di G. Quazza, Torino,
Einaudi, 1973, pp. 154-155.
(24) A. BASSANI, A. CANTONI, Il segreto politico nella giurisprudenza del Tribunale
speciale per la difesa dello Stato, in Il diritto del Duce, cit. [le citazioni riportate qui e nelle
ntt. ss. vanno attribuite alla Bassani], pp. 180-181 ( temporaneit permanente e
legame inconscio ); ivi, pp. 175-177 (ulteriori ambiguit di composizione, natura,
competenze del Tribunale speciale); ivi, p. 178 ( avvitamento ). Pelissero rilevava
qualche anno fa come lestensione (avviata dal 1939) delle competenze del Tribunale
speciale a reati non politici rivelasse la preoccupazione del governo per leccessiva
indulgenza duna magistratura ordinaria evidentemente non del tutto addomesticata:
NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, cit., p. 771. Sul
ricostituito Tribunale speciale per la difesa dello Stato (abrogato il 29 luglio 1943) nella
Rsi e sul suo sostanziale svuotamento funzionale a vantaggio di tribunali militari, i quali,
a loro volta frammentati, si limitavano a ratificare celermente e in sede locale operazioni
di polizia, si sofferma T. ROVATTI, I tribunali speciali della Repubblica sociale italiana, in
Il diritto del Duce, cit., pp. 287 e 296.
(25) VORMBAUM, Il Tribunale del popolo, cit., pp. 236-238.
LETTURE 691

in manicomio degli antifascisti come misura di sicurezza conseguente


la dichiarazione di pericolosit sociale . In questi procedimenti i periti
arrivavano a configurare la cospirazione come una patologia da disa-
dattamento, ma verosimilmente erano le violenze processuali la
causa o almeno la concausa delle sindromi psicotiche (26).
suscettibile, insomma, di generalizzazione la notazione di Mo-
nica Stronati relativa alla concessione della grazia: la continuit delle
forme poteva nascondere il perseguimento di fini diversi da quelli per
i quali taluni meccanismi processuali o alcune figure di reato erano stati
originariamente pensati. Il fascismo, conferma Stephen Skinner in
rapporto al reato di vilipendio, fu capace di espandere gli elementi
autoritari e flessibili del diritto liberale . In unottica parimenti com-
paratistica Camilla Poesio fa notare come il confino e la Schutzhaft gi
prima del fascismo e del nazismo fossero stati ampiamente utilizzati
dalla polizia contro la criminalit politica come strumenti extra-
giuridici sostitutivi di una pena o come errata corrige di una sentenza
assolutoria (27).
Se dal piano istituzionale e normativo lanalisi affonda nella
casistica giudiziaria, la sensazione duna lunga incubazione dellideario
e delle prassi penali fasciste esce rafforzata. Claudia Storti ipotizza che,
nel trentennio precedente alla dittatura, loperato della Cassazione in
materia di delitti dei lavoratori ribelli contribu a delineare la cornice
giuridica dellinvoluzione totalitaria (28). Una campagna giurispru-
denziale analoga, come chi scrive ha provato a dimostrare, condusse,
allindomani della Grande Guerra, alla progressiva erosione de facto

(26) M. PETRACCI, La follia nei processi del Tribunale speciale per la difesa dello
Stato, in Il diritto del Duce, cit., pp. 228-230 (internamento); 219 (matrici psichiche
dellantifascismo); 224 (violenze processuali).
(27) Rispettiv. M. STRONATI, La grazia e la giustizia durante il fascismo, in Il diritto
del Duce, cit., pp. 138-139; S. SKINNER, I reati contro lo Stato e lintreccio tra fascismo e
democrazia negli anni venti e trenta del Novecento: vilipendio, libello sedizioso e la
sospensione della legalit, ivi, p. 74; C. POESIO, Il confino di polizia, la Schutzhaft e la
progressiva erosione dello Stato di diritto, ivi, pp. 106-107. Potrebbero aggiungersi le
considerazioni di M. MECCARELLI, Fuori dalla societ: emergenza politica, espansione del
sistema penale e regimi della legalit nel tardo Ottocento. Una comparazione tra Italia e
Francia, in Perpetue appendici e codicilli alle leggi italiane. Le circolari ministeriali, il
potere regolamentare e la politica del diritto in Italia tra Otto e Novecento, a cura di F.
Colao, L. Lacch, C. Storti, C. Valsecchi, Macerata, Eum, 2011, p. 151 con riferimento
alle leggi eccezionali e al contrasto del nemico attraverso largomento dell abuso della
libert politica .
(28) C. STORTI, Lavoratori ribelli e giudici eversivi. Sciopero e licenziamento col-
lettivo nella giurisprudenza di Cassazione tra 1900 e 1922, in Il diritto del Duce, cit., p. 8.
692 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

delle garanzie approntate dal codice Finocchiaro-Aprile e prepar cos


le chiusure inquisitorie del 1930 (29).

3. Leredit a valle.
Speculare alla presunzione duna matrice liberale del diritto
penale fascista la questione della continuit in uscita, a valle, cio, del
ventennio mussoliniano. Questo secondo versante interpella le co-
scienze e le mentalit del penalista odierno in termini ancor pi
perentori. Qualche anno fa Skinner ha ravvisato una perdurante con-
taminazione dellattuale sistema penale italiano con lingombrante pas-
sato anti-democratico, ma ha nel contempo avvertito che anche la
legislazione di altri paesi promana da sorgenti non altrettanto limpide.
Pi di recente, in un saggio apparso in un volume a cura dello stesso
Skinner, Michael A. Livingston ha dichiarato di concordare con lipo-
tesi dun diritto penale italiano a tuttoggi, e pi o meno consapevol-
mente, contaminato dallesperienza fascista: non sino al punto da porne
in dubbio la legittimit, bens nel senso di richiedere una costante
verifica della compatibilit delle norme con le coordinate della demo-
crazia (30).
La storiografia giuridica italiana non si sottrae alla diagnosi. Quasi
ventanni fa Sbriccoli liquidava come plausibili, ma mistificati gli
argomenti spesi, allindomani della seconda guerra mondiale, a sostegno
della conservazione dei codici Rocco, quali la recezione in essi di
regole preesistenti ovvero la loro inscrivibilit (salvo dettagli marginali
agevolmente emendabili) entro la tradizione di rispetto liberale verso i
principi di legalit, tassativit, irretroattivit e simili (31). Il fascismo

(29) M.N. MILETTI, Uno zelo invadente . Il rifiuto della pubblicit istruttoria
nel codice di procedura penale del 1930, in Processo penale e opinione pubblica, cit., spec.
pp. 234-259. Il c.p.p. del 1913 (ha osservato F. CORDERO, Guida alla procedura penale,
Torino, Utet, 1986, pp. 95-98) aveva disinnescato ogni valenza accusatoria e precluso
sensibilmente i diritti della difesa, peraltro (ID., Strutture dun codice, in Indice
Penale , 1989, ora in F. CORDERO, Ideologie, cit., p. 247) apparsi gi in partenza pallide
garanzie . Sulle disillusioni procurate dal codice Finocchiaro-Aprile v. M.N. MI-
LETTI, Un processo per la Terza Italia. Il codice di procedura penale del 1913. I: Lattesa,
Milano, Giuffr, 2013, pp. 399-477; ID., Ombre dinquisizione. Lintervento della difesa
nellistruttoria penale italiana (1865-1913), in Quaderni fiorentini , 36 (2007), II, pp.
953-954.
(30) S. SKINNER, Tainted Law? The Italian Penal Code, Fascism and Democracy,
in International Journal of Law in Context , 7 (2011), pp. 423-446; LIVINGSTON,
Criminal Law, cit., pp. 96-97.
(31) SBRICCOLI, Caratteri originari, cit., pp. 649-650. Cfr. anche PELISSERO, in
NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, cit., pp. 846-847, a cui
LETTURE 693

ha osservato di recente Floriana Colao guardando con eguale scettici-


smo alle sirene continuiste lasci allItalia repubblicana un ideario
intriso dellossessiva ricerca della verit materiale, dellontologica peri-
colosit dellimputato , del rifiuto dellimparzialit del giudice, del
primato della difesa della societ (edulcorata poi dal legislatore
repubblicano in tutela della collettivit ) (32). Bilancio a parte meri-
tano gli studi penalistici sulle leggi razziali, sulle quali si ritiene sia
rimasto a lungo steso un pietoso velo di oblio (33). Le rimozioni,
invero, non costituiscono prerogativa italiana, ove si pensi agli inquie-
tanti meccanismi escogitati nella Repubblica Federale tedesca e
ricostruiti da Vormbaum ne Il diritto del Duce per garantire ai giudici
del Tribunale del popolo una clamorosa impunit (34).

4. Falsificazione della legalit.


Il rispetto della legalit assurge dunque a parametro-cardine nella
valutazione delle due continuit del penale fascista: verso il passato
liberale e verso il futuro repubblicano. NellIntroduzione al volume qui
esaminato Lacch evoca il celebre raffronto, proposto da Calamandrei

parere la persistenza del tecnicismo giuridico nella penalistica italiana di et repubbli-


cana avrebbe ostacolato una diagnosi pienamente consapevole dellautoritarismo penale
fascista. Le dispute post-belliche sulla defascistizzazione dei codici penali sono ora
ricostruite da F. COLAO, Giustizia e politica. Il processo penale nellItalia repubblicana,
Milano, Giuffr, 2013, pp. 19-24. Con specifico riguardo al quadrante processuale il
tema affrontato nei saggi raccolti in Diritti individuali e processo penale nellItalia
repubblicana. Materiali dallincontro di studio Ferrara, 12-13 novembre 2010, a cura di
D. Negri e M. Pifferi, Milano, Giuffr, 2011.
(32) F. COLAO, Caratteri originari e tratti permanenti del processo penale dal
codice moderatamente liberale , al codice fascista , al primo codice della Repub-
blica , in Giustizia penale e politica in Italia, cit., pp. 198-199.
(33) Cos PELISSERO, in NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il
fascismo, cit., p. 797. Dello stesso avviso LIVINGSTON, Criminal Law, cit., p. 86. Passi
avanti sono stati compiuti, invero, dalla storiografia giuridica: cfr. ora E. DE CRISTOFARO,
Codice della persecuzione. I giuristi e il razzismo nei regimi nazista e fascista, Torino,
Giappichelli, 2008, pp. 327-349. Per alcune notazioni storiografiche cfr. A. MAZZACANE,
Il diritto fascista e la persecuzione degli ebrei, in Le leggi antiebraiche nellordinamento
italiano. Razza Diritto Esperienze, a cura di G. Speciale, Bologna, Ptron, 2013, pp.
23-25; per una rassegna aggiornata della storiografia giuridica sulle leggi razziali S.
FALCONIERI, Razzismo e antisemitismo. Percorsi della storiografia giuridica, in Studi
storici , 55 (2014), 1, Fascismo: itinerari storiografici da un secolo allaltro, pp. 155-168;
v. anche A. MENICONI, Lettura di S. Gentile, La legalit del male [...], in Quaderni
fiorentini , 44 (2015), pp. 1011-1013.
(34) VORMBAUM, Il Tribunale del popolo, cit., pp. 244-248.
694 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

nel dicembre del 1944, tra il nazismo che aveva con aperta e conse-
guenziaria improntitudine [...] distrutto la legalit ; e il fascismo che,
con pacchiano machiavellismo , aveva preferito falsificarla e con-
servarla sulla facciata . Lapparente sopravvivenza, nel codice penale
del 1930, del principio nulla poena sine lege, forse omaggio a una
tradizione di sapienza giuridica che nemmeno la tirannia [aveva] potuto
ignorare , era stata contraddetta incalzava linsigne giurista fioren-
tino dallistituzione del Tribunale speciale e delle commissioni per il
confino, organismi legittimati a trasformare linnocenza in delitto
capitale (35).
Si di recente dubitato delleccessiva benevolenza del giudizio di
Calamandrei, osservando come, di fronte a leggi palesemente liberticide,
il presidio della legalit e del formalismo tecnico si fosse rivelato pi
fragile di quanto si volesse far apparire nellimmediato dopoguerra (36).
Limmagine della falsificazione offre tuttavia ai coautori de Il diritto del
Duce unimplicita ipotesi di lavoro da saggiare entro i rispettivi campi
dindagine: i vertici delle istituzioni, la polizia, il Tribunale speciale, la
giustizia ordinaria (37).
Com noto, a Giuseppe Maggiore, il quale nel 1939 aveva proposto
di riformulare il nullum crimen trasformando in reato ogni fatto che
offende lautorit dello Stato ed meritevole di pena secondo lo spirito
della Rivoluzione fascista e la volont del Duce (38), Biagio Petrocelli
obiett, due anni dopo, che il principio di legalit rappresentava una
delle basi pi solide del regime autoritario , dal momento che la certezza
del comando costituiva un fondamentale interesse dello Stato (39). Lequi-
voco, tuttaltro che dissipato dalla compiacenza di Petrocelli, risiede nel
fatto che la legalit, privata delle garanzie sostanziali del giusnaturali-
smo illuministico, diventa pura forma asservita alle scelte autoritarie del

(35) P. CALAMANDREI, La crisi della legalit, in La nuova Europa , I, n. 4 (31


dicembre 1944), poi in P. CALAMANDREI, Costruire la democrazia. Premesse alla Costi-
tuente, Firenze, Edizioni U, s.d. (ma 1945), vol. ora ristampato con un saggio introdut-
tivo di P. Barile, Firenze, Vallecchi, 1995, p. 20; qui si cita da P. CALAMANDREI, Opere
giuridiche, III, a cura di M. Cappelletti, Napoli, Morano, 1968, pp. 130-133. Al testo del
giurista fiorentino rinvia LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., pp. XXVI-XXVII.
(36) STOLZI, Fascismo e cultura giuridica, cit., p. 277. LA. sviluppa uno spunto
di CAPPELLINI, Il fascismo invisibile, cit., pp. 230-234. Si v. anche E. MUSUMECI, The
Positivist School of Criminology and Italian Fascist Criminal Law: a Squandered Legacy?,
in Fascism and Criminal Law, cit., pp. 52-55.
(37) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., pp. XXVI-XXVII.
(38) MAGGIORE, Diritto penale totalitario, cit., p. 160.
(39) B. PETROCELLI, Per un indirizzo italiano nella scienza del diritto penale, in
Rivista italiana di diritto penale , XIII (1941), p. 20. Cfr. PELISSERO in NEPPI MODONA,
PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, cit., pp. 834-835.
LETTURE 695

regime (40). N regge la rivendicazione, azzardata da alcuni penalisti nel


dopoguerra, dun presunto freno moderatore che la dottrina forma-
tasi prima del ventennio e operante nel corso di questultimo avrebbe
saputo opporre alle intemperanze del regime, salvaguardando, per lap-
punto, i principi di legalit e irretroattivit, il divieto di analogia, la teoria
del bene giuridico etc.: siffatti valori, notava Sbriccoli per demolire lar-
gomento del freno, appartenevano ormai pacificamente alla sfera dello
storicamente irrinunciabile (e semmai furono difesi soprattutto dai gius-
pubblicisti, pi che dalla scienza penale), mentre i penalisti attivamente
al fianco del legislatore fascista contribuirono a dilapidare le garanzie del
sistema penale e ad improntarlo a spirito di dominio (41).
Il libro Il diritto del Duce avalla questa lettura severa. Per Lacch
la formale tenuta della legalit durante il fascismo celava non solo la
matrice dello Stato di polizia ma anche un nuovo costrutto politico-
ideologico a vocazione totalitaria . Ad avviso della Bushart, quella
della legalit fu per il regime mussoliniano una scelta obbligata, imposta
dallesigenza di affermare la sovranit duno Stato forte e personifi-
cato : lipotesi del ricorso allanalogia o comunque di un diritto al di
fuori dello Stato avrebbe comportato un inaccettabile sovradimensio-
namento del potere giudiziario (42). A riprova di come la parte speciale
del codice Rocco, in virt di fattispecie incriminatrici spesso indefinite,
sanzionasse la violazione della fedelt alla legge e allo Stato pi che
loffesa ad un bene precisamente individuato, Skinner si sofferma
sullindeterminatezza della nozione codicistica di vilipendio, figura
flessibile e adeguabile a svariate forme di disobbedienza e irrive-
renza (43).

(40) PELISSERO, in NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il


fascismo, cit., p. 795.
(41) SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., pp. 1026-1028 (teoria del freno e critica);
ivi, pp. 1013-1027 (meriti della gius-pubblicistica). Sulle mistificazioni operate dalla
penalistica post-bellica riguardo al presunto rispetto fascista della legalit restano
illuminanti le considerazioni di PIASENZA, Tecnicismo giuridico, cit., pp. 272-273.
(42) Rispettiv. LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p. XXXVIII; B. BUSHART,
Il diritto penale totale. Sistema di valori o mera repressione?, in Il diritto del Duce, cit.,
pp. 118-120. Con riguardo al tedesco Tribunale del popolo, VORMBAUM, Il Tribunale del
popolo, cit., p. 243 ipotizza addirittura che i tratti di normalit giudiziale rilevati
dalla recente storiografia servissero a potenziarne leffetto terroristico .
(43) SKINNER, I reati contro lo Stato, cit., pp. 62-65. Losservazione sulle norme
incriminatrici della parte speciale del c.p. 1930 di G. NEPPI MODONA, Principio di
legalit e giustizia penale nel periodo fascista, in Quaderni fiorentini , 36 (2007), cit.,
II, pp. 992-993. Gi Pelissero (NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il
fascismo, cit., p. 790) aveva osservato come dalla parte speciale del codice penale Rocco
emergesse lideologia fascista .
696 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

Notoriamente diversa, e ben pi radicale, lopzione di fondo


dellordinamento nazista. Come osserva la Poesio nel suo contributo
che accosta confino di polizia e Schutzhaft proprio in chiave di ero-
sione allo Stato di diritto, il sistema penale tedesco, a sguito della
modifica codicistica del 1935 e dellintroduzione dellanalogia in malam
partem, transit dal principio di legalit formale al principio di legalit
sostanziale : la violazione del vincolo fidelitario tra individuo e comu-
nit faceva scattare la repressione sulla base del mero sospetto di
pericolosit, anche se non fosse stato leso alcun bene giuridico (44). Non
a caso, il penalista italiano forse pi affine a questa impostazione
scriveva nel 1939 che ogni delitto [...] un delitto di fellonia , nel
senso che offende lo Stato e la sua autorit, piuttosto che la legge (45).
E nemmeno casuale che la retorica del tradimento ispirasse, presu-
mibilmente per effetto di suggestioni teutoniche, i primi atti politici
della Repubblica sociale italiana (46). Per converso, il saggio di Skinner
mostra come il vulnus al principio di legalit non fosse appannaggio dei
totalitarismi di destra: il confronto tra il vilipendio tratteggiato dal
codice Rocco e il britannico libello sedizioso denota imprevedibili
analogie tra fascismo e democrazia inglese nelluso politico della giu-
stizia mediante sospensione della rule of law (47).
Il quadro dinsieme non appare smentito dai risultati, proposti da
Giuseppe Speciale, di sentenze risalenti agli anni 1938-43 e relative
allapplicazione della legislazione razziale. LAutore sostiene che la
giurisprudenza simpegn a disattivare la potenziale forza espansiva
del corpus legislativo anti-ebraico facendo leva sulla sua natura pretta-
mente politica, dunque eccezionale e non suscettibile di interpretazione
estensiva. In questa operazione ermeneutica, soggiunge Speciale, i
giudici italiani si guardarono dallarrogarsi la funzione sacerdotale di
interpreti dello spirito del popolo e si limitarono a svolgere un ruolo

(44) POESIO, Il confino di polizia, cit., pp. 108-109; sul punto v. anche, con alcune
precisazioni sul rapporto tra tradimento e crimine, BUSHART, Il diritto penale totale, cit.,
pp. 120-121.
(45) MAGGIORE, Diritto penale totalitario, cit., p. 155.
(46) ROVATTI, I tribunali speciali, cit., p. 280.
(47) SKINNER, I reati contro lo Stato, cit., pp. 57-59; cfr. anche ID., Introduction:
Fascism and Criminal Law, One of the Greatest Attributes of Sovereignty, in Fascism and
Criminal Law, cit., p. 7. Lo stesso SKINNER, I reati contro lo Stato, cit., p. 71 rammenta il
recente lavoro di M. HEAD, Against the State. From Treason to Terrorism, Farnham,
Ashgate, 2011, ove si mostra la propensione anche degli Stati democratici, indotti da
esigenze di auto-conservazione, a punire severamente come reati i comportamenti
configuranti minaccia alle istituzioni.
LETTURE 697

tecnico (48). La ricerca esorbita dalla sfera penalistica ma valorizza


comunque un costume giudiziario poco avvezzo a distaccarsi dallan-
coraggio al dato testuale.
Lo sfaldamento dello Stato di diritto si comp anche attraverso la
moltiplicazione dei livelli di legalit. Il regime ha insegnato Sbriccoli
non solo non unific in chiave autoritaria i due tradizionali livelli
della storia penalistica italiana, ma ne aggiunse un terzo, affidandolo
allOvra e alla Milizia e specializzandolo nella persecuzione del dissenso
politico e del fuoruscitismo (49). Il diritto del Duce conferma e circo-
stanzia tale intuizione soprattutto nei contributi su confino e Schutzhaft
e sullinternamento psichiatrico quale forma di medicalizzazione del
dissenso (50).
Anche a causa di questa dilatazione dellarea della giustizia penale
sfum la chance di rescindere, nel passaggio alla Repubblica, le incro-
stazioni totalitarie dal corpo sano dellordinamento giuridico. Nella
Germania post-nazista fu invece possibile smontare il Doppelstaat, ossia
lassetto nel quale, sotto la dittatura hitleriana, erano coesistiti norma-
tive state (poteri amministrativi preposti al mantenimento del legal
order) e prerogative state (meccanismi di arbitrio illimitato e di violenza
privi di garanzie legali) (51). La lettura de Il diritto del Duce persuade

(48) G. SPECIALE, La giustizia della razza. I tribunali e lart. 26 del r.d. 1728 del
17 novembre 1938, in Il diritto del Duce, cit., pp. 257-258 (forza espansiva); ivi, pp.
261-262 (ruolo tecnico). LA. si sofferma (ivi, p. 269) sullart. 26 del r.d. 17 novembre
1938, n. 1728 e in particolare sullinterpretazione fornita da Arturo Carlo Jemolo. G.
SPECIALE si occupato del rapporto tra magistratura e leggi razziali nella monografia
Giudici e razza nellItalia fascista, Torino, Giappichelli, 2007.
(49) SBRICCOLI, Caratteri originari, cit., I, p. 647. Come ha osservato ID., Le mani
nella pasta, cit., pp. 1006-1007, il sistema di giustizia costruito dal fascismo si modul
verso obiettivi differenziati a seconda del nemico: annientamento per lavversario
politico, punizione severa per il criminale, emarginazione del pericoloso, specie se
anormale. Sul ruolo non marginale della Milizia nello scardinamento dello Stato di
diritto cfr. C. POESIO, Reprimere le idee, abusare del potere. La Milizia e linstaurazione
del regime fascista. Prefazione di Rolf Petri, Roma, Aracne, 2010, p. 72. Sulluso politico
della prevenzione nella logica penale fascista cfr. F. COLAO, La legalit diversa per la
prevenzione. Una vicenda italiana dallUnit a oggi, in Il domicilio coatto. Ordine pubblico
e politiche di sicurezza in Italia dallUnit alla Repubblica, a cura di E. De Cristofaro,
Acireale-Roma, Bonanno, 2015, pp. 42-45.
(50) POESIO, Il confino di polizia, cit., pp. 95-113 (sul tema v. anche ID., Il confino
fascista. Larma silenziosa del regime, Roma-Bari, Laterza, 2011, spec. pp. 3-9 per le
intersezioni con lo Stato di diritto); PETRACCI, La follia, cit., p. 207.
(51) E. FRAENKEL, The Dual State. A Contribution to the Theory of Dictatorship.
Translated from the German by E.A. Shils, in collaboration with E. Lowenstein and K.
Knorr, New York, Oxford University Press, 1941, p. XIII.
698 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

che nel regime mussoliniano tale polarizzazione non si cre e che, al


contrario, repressione e prevenzione, criminalit politica e delinquenza
comune si combinavano in una cronica e voluta simbiosi sostanziale e
procedurale.

5. Gli ambigui apporti delle scuole.


Gli studiosi disposti ad ammettere una qualche forma di soprav-
vivenza della legalit penale durante il fascismo ne attribuiscono, di
solito, un merito non marginale allindirizzo tecnico-giuridico. La que-
stione complessa e Il diritto del Duce non laffronta ex professo: un
paio di spunti, per, sembrano corroborare lipotesi della spendibilit
garantista del tecnicismo, ovviamente nei limiti della legalit pen-
sabile entro lItalia fascista (52). Meno clemente, invero, era il giudizio
di Sbriccoli, il quale, nelle penetranti sintesi dedicate allindirizzo in
questione e alle sue modulazioni tra tarda et liberale e fascismo, non
escludeva che il formalismo avesse risparmiato lo stravolgimento del
principio di legalit e scongiurato le derive nazifasciste, ma invitava a
non sottovalutarne il silenzio dinanzi alle leggi razziali (53). Ad ogni

(52) COLAO, I processi, cit., p. 51 ( legalit pensabile derivante dalla cultura


tecnicistica: la frase riguarda i primi processi politici celebrati dal regime); SPECIALE, La
giustizia della razza, cit., p. 276 (la forma come trincea dei giudici per contra-
stare o limitare gli effetti della legislazione razziale ); LACCH, Tra giustizia e repressione,
cit., p. XXIX (il quale, a commento dellosservazione di Speciale e con il conforto di
Alessandro Galante Garrone, attribuisce alla dominante cultura del formalismo le-
gale la capacit di resistere alle aberrazioni della normativa anti-ebraica).
(53) M. SBRICCOLI, La penalistica civile. Teorie e ideologie del diritto penale
nellItalia unita, in Stato e cultura giuridica in Italia dallUnit alla Repubblica, a cura di
A. Schiavone, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 147-232, ora in SBRICCOLI, Storia del diritto
penale, cit., I, p. 584 (difesa della legalit); SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., p. 1029
(silenzio dinanzi alle leggi razziali e insufficienza dei presunti meriti). Sulla periodizza-
zione dellindirizzo tecnico-giuridico, dapprima capace di risanare il penale nella fase
dinvoluzione autoritaria dello Stato liberale ma poi, durante il fascismo, responsabile
dun impoverimento culturale della disciplina cfr. rispettiv. SBRICCOLI, Caratteri
originari, cit., I, p. 645; ID., Giustizia criminale, in Lo Stato moderno in Europa. Istituzioni
e diritto, a cura di M. Fioravanti, Roma-Bari, Laterza, 2002, ora in SBRICCOLI, Storia del
diritto penale, cit., I, p. 37. Singolare lassonanza di questultima osservazione con quanto
sostenuto nel 1939 da MAGGIORE, Diritto penale totalitario, cit., p. 147, secondo cui il
velleitario divorzio tra politica e diritto aveva provocato un depauperamento e
intristimento del diritto medesimo . Per SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., pp.
1007-1009 il regime, incapace di rifondare una propria penalistica, assecond la tipica
predilezione dei giuristi tra le due guerre per le dottrine generali, anche al fine di
distoglierli dalla critica allo status quo legislativo. Lultima considerazione collima con
LETTURE 699

modo, pur ritenendo che il limite davvero imperdonabile del tecnicismo


giuridico si celasse nella politicit di regola conservatrice e dor-
dine del dichiaratamente apolitico , Sbriccoli non credeva a un
nesso logico-politico n tanto meno ad una filiazione tra la civili-
stica penale e lideologia repressiva dello Stato totalitario . A suo
parere, l autentica , drammatica frattura realizzata dal fascismo
rispetto alla storia penale italiana andava addebitata non gi alla dot-
trina, bens alla legislazione, vettore perverso dei fini politici perse-
guiti dal regime e perci indice di pesante responsabilit dei giuristi che
vi collaborarono (54).
Non meno controverse sono le ascendenze positivistiche della
politica penale del ventennio. In un noto saggio del 1926 Enrico Ferri
spiegava che il fascismo, inizialmente affermatosi come movimento
antipositivista , convergeva ormai con la scuola positiva in parecchie
zone teoretiche ed applicative. Tra le prime figuravano la premi-
nenza dei diritti dello Stato di fronte allindividuo , il primato della
prevenzione sociale rispetto allopera postuma, e in gran parte
sterile, della repressione , la comune italianit. Tra le seconde il
giurista mantovano elencava dieci concrete riforme della giustizia e sei
misure preventive, ivi compresa listituzione della Milizia nazionale
( soluzione veramente geniale al problema dello squadrismo )
che, a suo dire, poteva considerarsi un esempio di sostituto penale, ossia
mezzo di eliminazione indiretta delle occasioni a delinquere . In
apertura larticolo ricorreva allefficace e in fondo non troppo lusin-
ghiera metafora di Apelle, il pittore che solo lanciando rabbiosamente
una spugna contro un quadro era riuscito ad ottenere leffetto pittorico
desiderato: lartista, chiosava Ferri sornione, aveva dunque tratto da un
gesto devastatore un risultato imprevisto (55).

quanto gi rilevato da E. GALLO, Una politica per la riforma del codice penale, in La
questione criminale , VII (1981), 1, p. 52.
(54) SBRICCOLI, La penalistica civile, cit., p. 583 ( politicit dellapolitico ma
esclusione di nessi diretti col fascismo); ID., Le mani nella pasta, cit., pp. 1033 (filiazione),
1015-1018 (autentica frattura , con particolare riguardo alle leggi fascistissime del
1925-26; ivi, p. 1026 quanto alle responsabilit dei giuristi che con apprezzabile perizia
cooperarono alla legislazione). Sulla vocazione poligamica del tecnicismo la Rocco,
dapprima de-politicizzante e poi legislatore, v. SBRICCOLI, La penalistica civile, cit., p.
589. Come emerge da unanalisi comparatistica condotta sui commentari stranieri da S.
SKINNER, Fascist by Name, Fascist by Nature? The 1930 Italian Penal Code in Academic
Commentary, 1928-46, in Fascism and Criminal Law, cit., pp. 81 e 83, la comune matrice
dellindirizzo tecnico-giuridico con altre culture penalistiche europee coeve non ne
attenu le responsabilit al momento del crollo del regime.
(55) E. FERRI, Fascismo e Scuola Positiva nella difesa sociale contro la criminalit,
in La Scuola positiva Rivista di diritto e procedura penale , n.s., VI (1926), pt. I,
700 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

La prospettiva dun imminente abbraccio mortale tra positivismo


penale e disegni mussoliniani inquietava gli spiriti liberi, e ormai
dissidenti, della scuola. Nello stesso fascicolo del fatidico 1926 che
ospitava lo scritto ferriano Adolfo Zerboglio illustrava agli aggressivi
detrattori perch continuasse a definirsi positivista , seppur aggior-
nato , quantunque avesse deciso di uscire dalle liete file dove si canta
[...] Giovinezza e di restare nei ranghi degli uomini seri . Il
penalista torinese bollava come sogno di una notte [...] di inverno
lillusione di chi salutava nel fascismo il realizzatore, almeno parziale,
delle conclusioni positiviste : lequivoco nasceva, a suo parere, dalla
differente libert di manovra di cui disponevano un governo eman-
cipato dalla pressione elettorale, se non da tutte le pressioni , e un
parlamento democratico inevitabilmente restio ad accrescere le forze
di polizia ed a rendere pi severe le leggi, appunto perch democra-
tico . Zerboglio confessava comunque di non credere al positivismo
del governo nazionale [...]. Si renderanno pi severe le pene; si adot-
teranno talune misure di sicurezza; si ritoccher il regime penitenziario;
ma ci non segna lavvento del positivismo , bens soltanto la presa
in considerazione di alcune apprezzabili [sue] conclusioni (56).
In unaspra nota introduttiva il direttore Ferri prendeva le di-
stanze dal breve testo zerbogliano ribaltandone abilmente il ncciolo
politico. Al collega egli obiettava era evidentemente sfuggito
che proprio quelle ragioni che [avevano] arresta[to] i governi demo-
cratici sulla soglia del positivismo penale , e cio il rafforzamento dello
Stato e la migliore preservazione della compagine sociale contro il
disordine criminoso , stavano sospingendo il fascismo ad accettare

pp. 241 (Apelle), 244 (primato dello Stato), 249 (prevenzione), 250 (italianit); ivi, pp.
254-274 (16 misure preventive dirette e indirette; ivi, p. 267 per la Milizia nazionale).
Nella prolusione romana del 4 dicembre 1924 lo stesso E. FERRI, Scuola criminale positiva
e filosofia idealista, in La Scuola Positiva Rivista di Diritto e Procedura Penale ,
n.s., V (1925), pt. I, pp. 1-12 e spec. pp. 8 e 5 si era limitato a segnalare la coincidenza
di conclusioni tra lidealismo contemporaneo e la scuola criminale positiva , al fine di
rimarcare la perdurante vitalit di questultima e la sua validit come metodo
piuttosto che come sistema filosofico . Critico su questo eclettismo ferriano U.
SPIRITO, Storia del diritto penale italiano. Da Cesare Beccaria ai nostri giorni. Terza
edizione riveduta e ampliata, Firenze, Sansoni, 1974, p. 169. Lencomio per la supre-
mazia fascista dello Stato sullindividuo ritorna in E. FERRI, Il fascismo in Italia e lopera
di Benito Mussolini, Mantova, Paladino, 1927, p. 85. Sullavvicinamento ferriano al
fascismo v. ora COLAO, Un fatale andare , cit., pp. 129-157 (e spec. 136-139).
(56) A. ZERBOGLIO, Luomo delinquente ed il positivismo aggiornato , in La
Scuola positiva Rivista di diritto e procedura penale , n.s., VI (1926), pt. I, pp.
350-357, spec. pp. 351 (Giovinezza) e 357 (rapporto tra positivismo e fascismo).
LETTURE 701

lessenza stessa delle nostre teoriche e soprattutto le loro conclusioni


pratiche (57).
Nel 1933 Zerboglio, a codice Rocco ormai approvato, tornava ad
escludere che la legislazione penale del Fascismo fosse di marca
positivista . Senza dubbio, ammetteva lo studioso, una misura come
il codice delle misure di sicurezza aveva consacrata la valutazione
della pericolosit, e ci rappresenta[va] unadesione al positivismo ,
ma quelle misure erano soprattutto il frutto del rinvigorirsi dellAu-
torit dello Stato : nel complesso la macchina repressiva non si [era]
orientata al positivismo integrale, ansioso di ben altre conquiste (58).
Lacuta diagnosi di Zerboglio trova conforto nella recente storio-
grafia giuridica, la quale tende a collegare lapparente rilancio della scuola
positiva durante il ventennio al fatto che essa avesse da tempo catalizzato
istanze dettate dal senso comune : la spietata persecuzione dei peri-
colosi e dei nemici interni, lappello allo Stato per unincessante preven-
zione e repressione. I profili illiberali e totalitari della vulgata positivistica
penetrarono nel fascismo non perch questultimo li avesse recepiti, come
immaginava Ugo Spirito, bens perch appartenevano al continuum di
una certa concezione del ruolo del penale nella societ e perch il sin-
cretismo penalistico del regime se ne serv astutamente (59).

(57) E. FERRI, Nota a ZERBOGLIO, Luomo delinquente, cit., p. 350.


(58) A. ZERBOGLIO, Il positivismo penale: realt e possibilit (Sintesi), in La
Scuola positiva. Rivista di diritto e procedura penale , n.s., XIII (1933), pt. I, p. 397.
LA. sospettava peraltro che laccoglimento di taluni principi della scuola servisse ad
impedirne ulteriori svolgimenti . Per una sintesi delle reazioni della scuola positiva al
varo del c.p. 1930 cfr. E. DEZZA, Le reazioni del positivismo penale al codice Rocco, in
Diritto penale XXI secolo , X, 2011, 2, pp. 421-440. Per la presunta derivazione
dellinserimento del doppio binario nel codice Rocco dalla scuola positiva v. M.
PELISSERO, Dal progetto Ferri al codice penale del 1930, ivi, pp. 316-317.
(59) SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., pp. 1004-1005; ivi, pp. 1014-1015. Non
distanti, con specifico riferimento al c.p. 1930 (rispetto al quale SBRICCOLI, Caratteri
originari, cit., I, p. 631, nt. 85 pare ancor pi drastico nellescludere dirette influenze
positivistiche), le ipotesi di G. NEPPI MODONA, Diritto penale e positivismo, in Il
positivismo e la cultura italiana, a cura di E.R. Papa, Prefazione di N. Bobbio, Milano,
FrancoAngeli, 1985, p. 57; PELISSERO, in NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale
durante il fascismo, cit., p. 785; PELISSERO, Dal progetto Ferri, cit., pp. 307-332, spec. pp.
309 e 330-332; E. AMODIO, La Scuola positiva e il pensiero di Beccaria: un dissenso nascosto
dietro la venerazione riconoscente (2014), in Dialogando con Beccaria. Le stagioni del
processo penale italiano, a cura di Giovanni Chiodi e Loredana Garlati, Torino, Giap-
pichelli, 2015, p. 105 (ove si riassumono i termini del dibattito storiografico); MUSUMECI,
The Positivist School, cit., pp. 50-52; per i profili processualistici M.N. MILETTI, Ritorno
allinquisizione. Scuola positiva e pulsioni autoritarie nel processo penale italiano, in
Diritto penale XXI secolo , X, 2011, 2, pp. 486 e 489.
702 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

La tesi convincente. Basta sfogliare le riviste penalistiche appena


precedenti alla marcia su Roma per cogliervi umori reazionari diffusi e,
per cos dire, profetici. Valga, come unico esempio, il monito lanciato
dal sostituto procuratore Pietro Giudice sul fascicolo de La Scuola
positiva del primo trimestre del 1922 di fronte al dilagare delle
violenze squadriste e comuniste: Lo Stato ha il dovere di proteggere
ed assicurare lordine, la tranquillit e la pace pubblica reprimendo quei
fatti che, indipendentemente dal loro fine (sia esso politico o no),
provocano la guerra civile (60).
Il fascismo, insomma, ricicl a fini propri larmamentario repres-
sivo positivistico, ma non lo elev a linea-guida. Avrebbe impedito,
oltretutto, una piena appropriazione linconciliabilit tra scientismo
positivista e catto-idealismo del codice Rocco; tra socialismo e autori-
tarismo; spinta alla secolarizzazione e ossequio alle gerarchie vati-
cane (61). Col consueto acume Zerboglio, tra i motivi per cui pronosti-
cava che il regime non avrebbe comportato affatto l avvento del
positivismo, includeva lomaggio del governo fascista alla chiesa
cattolica , atto incompatibile con il determinismo, cardine della
scuola positiva (62).
N appaiono sovrapponibili la concezione di difesa sociale pre-
dicata dal positivismo e quella che avevano in mente i giuristi di regime.
Il governo mussoliniano intendeva dispiegare lapparato punitivo per
tutelare non gi la societ, bens se stesso , a riprova della torsione
autoritaria degli spunti provenienti dalla scuola (63). Aveva perfetta-
mente intuito lo slittamento semantico il solito Zerboglio, allorch
deplorava la confusione tra difesa della societ e difesa dello Stato,
inteso questultimo come ordine costituito (64). Altrettanto ideolo-
gica, e parimenti in sintonia con le parole dordine del ventennio, era la
declinazione di difesa sociale proposta nel 1940 da Eugenio Florian:
lanziano maestro veneziano spiegava daver adoperato il sintagma per
rimarcare la dimensione pubblicistica del processo penale, non gi

(60) GIUDICE, Squadre dazione fasciste, cit., p. 123. Nello stesso senso, STORTI,
Lavoratori ribelli, cit., p. 29 conclude la disamina giurisprudenziale del diritto di sciopero
e dei licenziamenti collettivi nel ventennio pre-mussoliniano osservando che la Cassa-
zione aveva garantito, ben prima del fascismo, la prevalenza [...] dei princip di ordine
su quelli di libert .
(61) MUSUMECI, The Positivist School, cit., pp. 56-58.
(62) ZERBOGLIO, Luomo delinquente, cit., p. 357.
(63) SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., p. 1005. Cfr. ora PELISSERO, Dal progetto
Ferri, cit., pp. 315-316.
(64) ZERBOGLIO, Luomo delinquente, cit., pp. 352-353.
LETTURE 703

inseguendo nostalgici rigorismi bens con intento solidaristico (65).


La precisazione finale, quasi una riverniciatura corporativa di aneliti
reazionari tardo-liberali, suonava tanto come excusatio non petita.
Da Il diritto del Duce si traggono varie riprove della coincidenza
prettamente estrinseca e strumentale tra postulati lato sensu positivistici
e pratiche della giustizia nazi-fascista. Cos, osserva Petracci, il deter-
minismo post-lombrosiano, pur guardato con sospetto perch rischiava
di vanificare i criteri di imputabilit, legittimava linternamento a tempo
indefinito dei soggetti irrecuperabili. Vormbaum rileva, nelle sentenze
emesse in Germania dal Tribunale del popolo, la peculiare attenzione
alla personalit del reo, sintomo della tendenza alla soggettivizza-
zione . Reliquie del progetto ferriano di codice penale si scorgono,
secondo la Bassani, nel funzionamento del Tribunale speciale per la
difesa dello Stato (66).

6. La conformazione della magistratura.


Nella gamma degli strumenti adoperati dal regime per la confor-
mazione politica della giustizia penale il volume qui recensito non
trascura il ruolo svolto dalla magistratura. Il tema ha ricevuto negli
ultimi anni significativi approfondimenti storiografici, quantunque an-
cora difettino invero, non solo per il segmento fascista le analisi
di merito della produzione giurisprudenziale. Sul versante penalistico,
le indagini sinora condotte hanno mostrato una prevalente accondiscen-
denza dei magistrati, peraltro non senza luminose eccezioni, rispetto

(65) E. FLORIAN, Schema di autobiografia intellettuale, in Eugenio Florian maestro


del positivismo penale (in occasione del suo commiato dallUniversit), Milano, Fratelli
Bocca, 1940 [Quaderni di Criminalia a cura di Anselmo Crisafulli], Appendice, p. 228:
Nella procedura dedicai sempre ogni mio sforzo a propugnare ed applicare il sommo
criterio dellinteresse pubblico [...], nel quale vidi un criterio poderoso per la difesa
sociale . Il giurista veneziano si vantava daver strenuamente difeso la concezione
pubblicistica del processo opponendosi alle estranee invasioni civilistiche . Ivi, p. 227
lA. precisava daver sempre concepito la difesa sociale non meccanicamente e quasi
con nostalgia di atavici rigorismi, ma con palpito di solidale sentimento umano ed alla
luce degli ideali duna civilt progrediente . Sul significato autoritario della prima
asserzione di Florian v. COLAO, Caratteri originari, cit., p. 184. Sullevoluzione della difesa
sociale nel pensiero di Ferri cfr. ID., Un fatale andare , cit., p. 130.
(66) PETRACCI, La follia, cit., pp. 210 e 232; VORMBAUM, Il Tribunale del popolo,
cit., p. 242; BASSANI, CANTONI, Il segreto politico, cit., p. 177. Secondo Pelissero, la legge
25 novembre 1926, n. 2008 (Provvedimenti per la difesa dello Stato) impostava la
repressione politica su indicatori di disvalore penale prettamente soggettivi: NEPPI
MODONA, PELISSERO, La politica criminale durante il fascismo, cit., p. 769.
704 QUADERNI FIORENTINI XLV (2016)

alle direttive del regime, tanto da poter ritenere lordine giudiziario un


decisivo tassello della codificazione penale (67).
Meno studiata dalla storiografia istituzionale invece la presunta
discontinuit, in termini di prassi, linguaggi, strumenti, uomini ,
nella gestione fascista della macchina giudiziaria (68). Qui come
anticipa Lacch la fascistizzazione si valse di arnesi gi ben rodati
nei decenni dello Stato liberale: circolari, raccolta di informazioni,
meccanismi gerarchici e disciplinari (69). Il contributo di Antonella
Meniconi prova per lappunto ad aprire uno squarcio nella burocrazia
interna al dicastero della Giustizia, imperniata intorno al gabinetto del
ministro, allufficio del personale e allufficio legislativo: la rapida
rassegna consente di periodizzare la progressiva estensione, nel corso
degli anni Trenta, dellobbligo di tessera per i funzionari ministeriali e
per i magistrati, nonch di riflettere su alcune figure-chiave dellorga-
nizzazione giudiziaria e delle riforme legislative come quelle di Carlo
Saltelli, Dino Mandrioli, Gaetano Azzariti. Dagli elementi raccolti la
Meniconi desume una stretta compartecipazione tra politici, alti magi-
strati, dirigenti del ministero nelle principali scelte in materia di
giustizia operate dal fascismo (70).
Lenfasi retorica che spesso accompagnava le cerimonie ufficiali
denota talora un avallo entusiastico dei vertici della magistratura al
progetto mussoliniano di politicizzazione della funzione giudicante. Nel
discorso per linaugurazione dellanno giudiziario 1927, da un cui

(67) Cos NEPPI MODONA, in NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica criminale


durante il fascismo, cit., pp. 822-826. Al di l del recinto penalistico cfr. la sintesi di A.
MENICONI, Storia della magistratura italiana, Bologna, il Mulino, 2012, pp. 145-243, cui
si rimanda anche per la puntuale e abbondante bibliografia; ivi, p. 13 laccenno al
punto dolente della carenza di studi nel merito giurisprudenziale. La fascistizzazione
dei giudici tematizzata in termini problematici da G. FOCARDI, Magistratura e fascismo.
Lamministrazione della giustizia in Veneto 1920-1945, Venezia, Marsilio Istituto
Veneto per la Storia della Resistenza e dellet contemporanea, 2012, spec. pp. 24-26 e
42-43.
(68) MENICONI, La magistratura e la politica, cit., p. 80.
(69) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., p. XVI. Cfr. anche ID., Sulla forma
giudiziaria, cit., p. 24; e gi NEPPI MODONA, in NEPPI MODONA, PELISSERO, La politica
criminale durante il fascismo, cit., p. 820, il quale, per motivare la rinuncia del regime ad
effettuare, sino al 1941, specifici interventi sulla magistratura, aggiunge (ivi, p. 821) alla
considerazione circa i preesistenti meccanismi di controllo la tradizionale sudditanza
dei giudici verso il potere politico. Si v. anche NEPPI MODONA, Diritto e giustizia penale,
cit., pp. 368-378 per gli aspetti normativi, le pratiche di fascistizzazione della magistratura
e lindicazione di alcune prospettive di ricerca.
(70) MENICONI, La magistratura e la politica, cit., pp. 83-91 (struttura del
Ministero); 86 (tessera); 85-86 e 88-89 (singole figure); 92 (compartecipazione).
LETTURE 705

stralcio Lacch prende le mosse per una densa riflessione sullarchitet-


tura degli edifici giudiziari fascisti, il procuratore generale della Cassa-
zione Giovanni Appiani esortava i colleghi a conformarsi al nuovo
ordine giuridico sociale nonch alla mutata costituzione basata
sull assoluta sovranit dello Stato , sulla sostituzione della corpora-
zione allindividuo, sulla cooperazione e solidariet sociale (71).
Appiani non avrebbe potuto sintetizzare meglio la missione politica,
sociale e costituzionale che il regime si attendeva, per lo pi ricambiato,
dagli organi di giustizia.

7. Uno specchio per la storia italiana.


Grazie a un rito oppressivo , alle prassi di polizia e agli
stili giudiziari il fascismo notava Sbriccoli qualche anno fa
forgi un processo penale a sua propria immagine (72). Lquipe di
studiosi che si ritrovata ne Il diritto del Duce da tempo convinta che
la storia della dialettica tra giustizia e politica offra in chiaroscuro una
rappresentazione dellItalia e ne rispecchi un momento costitu-
tivo (73). La rifrazione si drammatizza inevitabilmente in alcuni tornanti
della vita nazionale. Se si presta credito alla celebre definizione di
Umberto Eco del fascismo come a rigid discombobulation, a struc-
tured confusion filosoficamente out of joint ma emotivamente
incardinata su fondamenta archetipiche (74), non si pu non convenire
con Sbriccoli allorch rintracciava nella legislazione penale, e in parti-
colare nel codice del 1930, alcuni di quegli archetipi: leclettismo
metodologico, lispirazione totalitaria, il populismo xenofobo, il gene-
rico sentimento anti-politico (75). Pulsioni che riemergono nella lunga
durata e che inducono, ove ve ne fosse bisogno, a considerare tuttaltro
che saldato il conto con quel passato.

(71) LACCH, Tra giustizia e repressione, cit., pp. XXXII-XXXIII.


(72) M. SBRICCOLI, Codificazione civile e penale, in Dizionario del fascismo, a cura
di V. De Grazia e S. Luzzatto, Torino, Einaudi, 2002, I, pp. 299-305, ora in SBRICCOLI,
Storia del diritto penale, cit., II, p. 991.
(73) F. COLAO, L. LACCH, C. STORTI, Premessa a Processo penale e opinione
pubblica, cit., p. 14 (chiaroscuro); COLAO, LACCH, STORTI, Introduzione, cit., p. X
( elemento costitutivo ). Cfr. anche COLAO, Caratteri originari, cit., p. 181.
(74) U. ECO, Ur-Fascism, in The New Yorker Review of Books , June 22,
1995, p. 5. Il saggio stato tradotto con il tit. Il fascismo eterno, in U. ECO, Cinque scritti
morali, Milano, Bompiani, 1997, pp. 25-48 (la cit. nel testo a p. 36).
(75) SBRICCOLI, Le mani nella pasta, cit., II, p. 1002.

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