Economia e Gestione Delle Imprese
Economia e Gestione Delle Imprese
Economia e Gestione Delle Imprese
ECONOMIA
E GESTIONE
DELLE IMPRESE
LA CORPORATE GOVERNANCE
11. Ruolo e significato della corporate governante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 17
12. I rischi della discrezionalit manageriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 19
13. Gli strumenti interni di corporate gorvernance . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 20
14. Gli strumenti esterni di corporate governance . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 22
15. La governante nei principali paesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 24
LA GESTIONE DELLIMPRESA
16. Direzione, organizzazione e strategia: alcuni concetti di base per la gestione dimpresa . . . . . . . . . . . . Pag. 28
17. Management strategico in contesti dinamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 33
18. La gestione strategica dei processi di sviluppo dellimpresa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 36
19. La gestione strategica dei processi di innovazione tecnologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 40
20. La gestione commerciale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 43
21. La gestione delle operation . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 46
22. La gestione finanziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 50
23. La gestione dei rischi e la protezione delle risorse aziendali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 53
24. La gestione del valore dimpresa e la misurazione delle performance . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Pag. 57
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LA GESTIONE DELLIMPRESA COME CREAZIONE DI VALORE
D = dividendo
= costo del capitale proprio
(rendimento atteso degli azionisti)
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2.3 LIMPRESA ORIENTATA AL VALORE
Nella gestione orientata al valore ci sono due aspetti:
INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE che partono da un esame del quadro estente individuando le
attivit che non generano valore e quelle che hanno bisogno di miglioramenti.
VALUE-BASED MANAGEMENT (VBM) che consiste nellintrodurre sistemi operativi che determinino,
dopo la ristrutturazione, un costante orientamento al valore.
Mentre le ristrutturazioni sono rare ed eccezionali questi sistemi entrano a far parte della gestione
quotidiana. Il VBM costituito da tre componenti:
Misurazione del valore creato;
Pianificazione degli investimenti e delle scelte aziendali;
Sistema di incentivazione per ottenere che i manager facciano scelte indirizzate alla creazione di
valore per gli azionisti.
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3.3 LE SCELTE OPERATIVE: FUNZIONI E PROCESSI
Sono volte a massimizzare lefficienza e le vendite, date le scelte strategiche. Le numerose attivit svolte in
impresa sono articolate in funzioni:
FUNZIONI PRIMARIE riguardanti lattivit fondamentale di creazione di ricchezza (produzione,
vendita, distribuzione, logistica);
FUNZIONI DI SUPPORTO volte a creare i presupposti affinch le prime possano operare nelle migliori
condizioni (organizzazione e personale, amm. e controllo, finanza ecc..)
La moltiplicazione delle funzioni avvenuta nel corso del tempo in risposta alle diverse difficolt che le
imprese si sono trovate ad affrontare nei diversi momenti storici:
ANNI 50: fase di esplosione della produzione di massa, la sfida della gestione era la tecnologia di produzione su larga
scala PRODUZIONE
ANNI 60: raggiungimento della piena occupazione, ricerca di nuovi sbocchi differenziando i prodotti, e farsi maggiore
concorrenza MARKETING
ANNI 70: dopo periodi di crisi con alta inflazione e alti tassi dinteresse si afferm la funzione della FINANZA e della
PIANIFICAZIONE AZIENDALE intesa come attivit interna di coordinamento delle scelte e delle azioni di organizzazione.
ANNI 80: ritorna la questione della produzione staccandosi progressivamente verso la LOGISTICA dati i sistemi
produttivi pi versatili. Grazie allo sviluppo dellinformatica e delle telecomunicazioni si riscopre la GESTIONE DELLA
TECNOLOGIA E DELLINNOVAZIONE
ANNI 90: influenza dei fattori non competitivi come la tutela dellambiente naturale, la salute e sicurezza sul lavoro
ecc quindi emersa una nuova funzione che ha lo scopo di tutelare il valore economico da tutti i fattori di rischio di
origine non competitiva PROTEZIONE AZIENDALE
La prospettiva funzionale deve essere affiancata da quella per processi; per processo si intende un insieme
di attivit, svolte in modo sequenziale o parallelo per realizzare una certa prestazione (es: evasione degli
ordini, creazione di un nuovo prodotto).
Lottica per processi permette di superare le problematiche di frazionamento e scarso coordinamento delle
attivit tipiche dellorganizzazione funzionale. Lattenzione viene posta allintero percorso che conduce
alloutput.
Laggregazione di pi processi omogenei rappresenta un MACROPROCESSO.
4. La responsabilit di impresa
4.1 IL CONTESTO SOCIO-AMBIENTALE DELLATTIVIT DI IMPRESA
In questo quadro, il fenomeno della globalizzazione assume unimportanza particolare, in quanto esso allo
stesso tempo unimportante fonte di crescita e cambiamento per le imprese. I fattori di cambiamento sono:
GLOBALIZZAZIONE (determina cambiamenti drammatici, scaturisce in un problema politico con i primi
gruppi contro le imprese);
IPERCOMPETIZIONE (confronto competitivo elevato, nessuno ha il VC per il lungo periodo);
QUESTIONE AMBIENTALE (crescita della sensibilit del pubblico verso i temi dellecologia);
CORPORATE GOVERNANCE
Le imprese sono chiamate ad uninterazione bilanciata fra valore degli azionisti ed interessi degli
stakeholder; deve essere sviluppata una strategia di responsabilit sociale.
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4.2 SCELTE DI IMPRESA E RESPONSABILIT SOCIALE
Uno dei principali ostacoli alla formulazione di una strategia di responsabilit sociale il fatto che spesso,
allatto pratico, i costi o i benefici economici delle diverse scelte possibili sono poco chiari. Su questo tema si
scontrano due teorie: la prima, pessimistica, sostiene che la responsabilit di impresa dovrebbe ridursi al
rispetto dei contratti e delle norme di legge; la seconda, ottimistica, sostiene che la responsabilit sociale
contribuisce al successo dellimpresa e alla creazione di ricchezza degli azionisti, in quanto innesca circoli
virtuosi in cui limpresa ottiene fiducia, reputazione e altre risorse sociali che gli stakeholder diversamente
non concederebbero. Nessuna di queste teorie corretta se intesa come teoria generale sulle scelte
aziendali. Limpresa si trova di volta in volta di fronte a situazioni diverse, in cui i rapporti fra gli interessi
degli azionisti e quelli degli altri stakeholder variano. Questa matrice (value matrix) classifica le scelte di
imprese sulla base di due variabili:
La presenza di norme che regolino una certa materia;
Il fatto che un dato comportamento, crei o distrugga valore per gli azionisti.
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TEORIE E MODELLI DI IMPRESA
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RISCHIO IMPRENDITORIALE Le imprese esistono in quanto per una
(Knight, 1921) particolare risorsa, quella imprenditoriale, non
ci sarebbe un mercato: data lincertezza Distrugge la teoria
dellevoluzione di unimpresa e il rischio Neoclassica che
sotteso allattivit aziendale, non esiste un affermava lassenza
mercato in grado di scambiare con prezzi di incertezza e di
efficienti tutte le competenze aziendali, in profitti sostenibili.
particolare quella chiave definita
entrepreneurial judgement, qualit individuale
che afferma lassenza di perfetta informazione.
Teorie comportamentiste
Negli anni 50 e 60 le teorie attribuiscono una crescente importanza alla dimensione individuale del
processo decisionale superando lassunto neoclassico di perfetta razionalit. I due concetti rilevanti sono:
RAZIONALIT LIMITATA (Simon, 1957)
1) Le decisioni aziendali sono prese in condizioni di incertezza e di soggettivit; non si conosce,
infatti, con certezza levoluzione di alcune variabili nel futuro, e ognuno ha unidea diversa di
come tali variabili si potranno manifestare.
2) Regola di soddisfazione secondo la quale le imprese si comporterebbero in modo da raggiungere
un livello di soddisfazione (e non massimo) di profitto, adattato sulla base delle conoscenze e
dellapprendimento realizzato dal manager.
PROCEDURE (Cyert e March, 1963)
Impossibilit da parte dellimpresa di seguire specifici e unificanti obiettivi a medio-lungo periodo,
con la conseguenza che il management o la propriet riescono a incidere in modo marginale sulle
sorti dellimpresa. In tal senso limpresa funziona attraverso una sequenza di scelte di breve periodo
e di successivi processi di apprendimento altrettanto di breve periodo. Elemento centrale una
classica visione burocratica dellimpresa con un ottimo funzionamento delle decisioni da prendere
allinterno di essa.
Teorie manageriali
Altre teorie focalizzano lattenzione sul ruolo del management della crescita aziendale:
RISORSE IN ECCESSO (Penrose, 1959)
Penrose definisce limpresa come insieme di risorse che spiegano anche perch limpresa crese. Se si
hanno risorse in eccesso, allora si incentivati a cercare di sfruttare investendo con nuove risorse
che possono ulteriormente essere in eccesso e cos via. (ES: risorse intangibili)
MASSIMIZZAZIONE DA PARTE DEI MANAGER DELLA CRESCITA AZIENDALE (Marris-Baumol, 64-68)
Le imprese crescono molto anche perch i manager (che gestiscono limpresa) possono avere
obiettivi diversi da quelli di massimizzazione degli azionisti. Possono avere obiettivi di
massimizzazione della crescita aziendale.
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5.4 LIMPRESA COME RISPOSTA A UN PROBLEMA INFORMATIVO
Ipotesi di partenza: Rimozione della perfetta informazione, obiettivi divergenti fra gli attori chiave.
LIMPRESA UNA FINZIONE LEGALE, OVVERO UN INSIEME DI CONTRATTI, SVILUPPATO PER CREARE UNA
STRUTTURA DI INCENTIVI AL MANAGEMENT E ALLA PROPRIET.
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6. Le teorie sui rapporti con lambiente
6.1 PREMESSA: LE DIMENSIONI DI ANALISI DEI RAPPORTI FRA IMPRESA E AMBIENTE
Quali sono i confini dellattivit di impresa e cosa determina la presenza di diverse imprese? Per poter
rispondere, occorre assumere una dimensione esterna, cio analizzare i rapporti fra limpresa e lambiente
(gli ambienti) di riferimento nel quale questa inserita.
Lo scambio e la combinazione di risorse nei processi di creazione di valore richiedono infatti che limpresa
realizzi interazioni significative con lambiente esterno. In questo capitolo le teorie sono state classificate fra
quelle che enfatizzano una forte dipendenza dellimpresa dallambiente di riferimento e quelle che, per
converso, mettono in luce una capacit dellimpresa di influenza sulle dinamiche ambientali; inoltre sar
descritta la teoria degli stakeholder.
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6.4 LE TEORIE DI INFLUENZA MANAGERIALE
STRATEGIA E LEADERSHIP
La leadership rappresenta la competenza distintiva pi importante allinterno delle imprese. Il top
manager ha il compito di dare un significato strategico allimpresa, mantenendone lintegrit
organizzativa (Selznick, 1957). Il riferimento al top manager delle grandi imprese, in grado di
incidere sulle strutture amministrative per realizzare la crescita dimensionale. Il cambiamento
strategico comporta un mutamento strutturale nellimpresa (Chandler, 1962).
VISIBLE HAND
In molti settori delleconomia la mano visibile del management, rappresentata dalloperato delle
imprese, rimpiazza la teoria della mano invisibile del mercato di Adam Smith. Nascono i primi studi
legati alla strategia aziendale. (Chandler, 1977).
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STAKEHOLDER
INTERNI ESTERNI
Lavoratori Clieni
Management Fornitori
Azionisti Stato, Organiz. Internaz.
Sindacati
Concorrenti
Potenziali entranti
Prestatori di servizi
Produttore di prodotti sostitutivi
Opinione pubblica
Attivisti
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7.2 GLI STAKEHOLDER ESTERNI PRIMARI
MODELLO DELLE 5 FORZE DI PORTER
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8. Gli stakeholder secondari e la gestione del sistema
8.1 GLI STAKEHOLDER ESTERNI SECONDARI
Essi influenzano e sono influenzati con minore capacit di incidere sulla sopravvivenza dellimpresa.
SISTEMA FINANZIARIO
Gli operatori finanziari sono un importante stakeholder esterno per limpresa; il loro ruolo dipende da:
Indebitamento/rischio dellimpresa;
Dimensione e prestigio dellimpresa;
Caratteristiche dellintero sistema finanziario.
GRUPPI DI INTERESSE E LA SOCIET
Vincoli normativi (smaltimento dei rifiuti, sicurezza sul lavoro, emissioni inquinanti, certificazioni di qualit) ;
Impatto responsabilit sociale sul vantaggio competitivo.
SISTEMA PUBBLICO E IL MACROAMBIENTE
Regolamentazione dei mercati;
Tutela della concorrenza (Antitrust);
Politiche macroeconomiche.
Categorie di stakeholder
1) Stakeholder latenti che hanno un basso grado di rilevanza (posseggono uno solo dei tre fattori);
possono essere dormienti se hanno una limitata interazione con lazienda ma hanno comunque
interessi (Es. una grande banca che ha finanziato una piccola impresa), discrezionali e domandanti
(Es. reclami, richieste, proteste).
2) Stakeholder con aspettative che hanno un pi alto grado di considerazione e posseggono 2 dei 3 fattori;
possono essere con aspettative dominanti (alla quale dedicata attenzione da parte di chi governa
limpresa), dipendenti e pericolosi (da parte di soggetti illegittimi ad esercitare il potere).
3) Stakeholder assoluti che hanno il massimo grado di rilevanza possedendo tutti e tre i fattori.
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8.3 COMPORTAMENTI E STRATEGIE NEL SISTEMA DEGLI STAKEHOLDER
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9.2 LE RISORSE COME FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
LA RESOURCE-BASED VIEW
Negli studi di strategic management, nella seconda met degli anni 80 stato formulato un diverso
approccio allo studio del VC, noto come re source-based view (Wernerfelt 1984; Barney 1991).
Secondo questo approccio il VC non dipende dallintensit delle forze settoriali e dalle strategie
individuate da Porter, ma dalle caratteristiche specifiche dellimpresa stessa: le sue risorse. Esse si
suddividono in:
Risorse materiali, cio impianti, macchinari, materie prime ecc.. ;
Risorse immateriali, cio brevetti, marchi, fiducia ecc.. ;
Risorse finanziarie, cio i fondi finanziari, di debito o propri;
Risorse umane, cio il personale.
RISORSE E VENDITE: valore e scarsit
Solo le risorse che evidenziano determinate caratteristiche sono in grado di supportare un VC
sostenibile nel tempo. Tali risorse devono avere un valore per limpresa (devono consentire di
cogliere unopportunit nel mercato). Se unimpresa investe su una risorsa senza valore, pone le
condizioni per una posizione di svantaggio competitivo.
Se invece, nel sistema, le risorse migliori, le competenze degli ingegneri pi brillanti, gli impianti
pi efficienti, non esauriscono la domanda, alcune imprese ricorreranno a risorse di secondo ordine
e cos via, dando spazio al concetto di scarsit. Quando unimpresa possiede una risorsa dotata di
scarsit essa beneficia di una rendita. Quando una risorsa presenta caratteristiche di valore e scarsit
consente allimpresa di generare una situazione di vantaggio competitivo temporaneo.
LA SOSTENIBILIT DEL VANTAGGIO COMPETITIVO: i meccanismi di isolamento e la capacit di
sfruttamento delle risorse
Un insieme di risorse non pu mantenere allinfinito le condizioni di valore, scarsit e innovazione.
Perch le rendite possano essere mantenute nel tempo, devono sussistere meccanismi di
isolamento tali da prevenire la possibilit di benefici da parte dei competitor. Nellapproccio RBV
(Resource-based view) ci che pu consentire la persistenza delle rendite nel tempo la natura del
processo di generazione delle risorse che hanno generato le rendite.
Le caratteristiche che impediscono/rendono pi difficoltosa limitazione delle risorse che originano
rendite sono:
Diseconomie di compressione temporale cio il fenomeno per cui limitatore non in grado di
risparmiare tempo replicando semplicemente la risorsa, ma deve ripetere parte degli
investimenti che hanno consentito il first mover di generare le rendite;
Dimensione ottima minima: si verifica quando incrementare il livello di una risorsa si presenta
pi semplice quanto maggiore il livello di partenza della risorsa stessa;
Interdipendenza
Ambiguit casuale: impossibilit di identificare, anche per limpresa che lo realizza, tutte le
determinanti allorigine del successo competitivo;
Non mobilit delle risorse
Quando unimpresa in possesso di un insieme di risorse, cio una competenza, con valore, scarsit,
e non imitabile crea le condizioni per una situazione di vantaggio competitivo sostenibile. La
presenza di meccanismi per lo sfruttamento delle risorse un fattore di aggiustamento e consente
allimpresa di beneficiare di un vantaggio competitivo realizzato e sostenibile nel tempo. Le
caratteristiche di non limitabilit e di sfruttamento delle combinazioni di risorse sono fattori
necessari per la difesa e la protezione delle condizioni di vantaggio competitivo, e dipendono da:
Contesti di mercato che isolano le risorse dai concorrenti;
Contesti organizzativi che combinano le risorse internamente e ne sfruttano il potenziale.
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LA CORPORATE GOVERNANCE
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11.4 IL MERCATO DI CAPITALI
Per comprendere i meccanismi e i sistemi di corporate governance occorre tenere conto che i rapporti fra
azionisti e management sono in parte mediati dal mercato di capitali. Il mercato dei capitali articolato in
numerose parti (Perrini 1999):
Mercati diretti, in cui le parti negoziano lo scambio finanziario in modo diretto e individualizzato. Il
tipico mercato diretto quello creditizio, in cui le banche da una parte raccolgono il risparmio dai
risparmiatori e dallaltra prestano denaro a imprese o individui;
Mercati aperti, in cui sono scambiati titoli o altre attivit standardizzate; lo scambio avviene secondo
regole prestabilite e in modo impersonale. Essi si suddividono in mercati primari (sottoscrizione di
titoli di nuova emissione) e secondari (titoli gi emessi sono scambiati fra gli operatori).
Le S.p.A. hanno la propriet rappresentata da titoli (azioni) che hanno i tratti necessari per essere scambiati
sui mercati aperti; il possessore pu liberalmente cedere le azioni; per questo motivo, le azioni hanno
sempre alimentato unimportante mercato (mercato azionario). Le S.p.A. possono emettere anche titoli di
debito, le obbligazioni, che sono scambiate nel mercato obbligazionario.
Il tipo pi importante di mercato secondario dato dalle Borse valori, che sono luoghi istituzionalizzati di
scambio di titoli. Le Borse svolgono diverse funzioni:
Stabilire quali titoli sono ammessi alle contrattazioni;
Garantire laccesso degli investitori alle transazioni, direttamente o per il tramite di intermediari
autorizzati;
Gestire il sistema di oscillazione dei prezzi, che assicura lincontro impersonale fra la domanda e
lofferta;
Trasmettere agli investitori informazioni sugli scambi e sugli emittenti dei titoli, in modo che le
transazioni avvengano in condizione di trasparenza e parit fra gli operatori.
Societ che vogliono disporre di un canale per raccogliere finanziamenti emettendo azioni chiedono la
quotazione, ossia lammissione dei propri titoli agli scambi di una Borsa.
I prezzi della borsa si formano dallincontro fra domanda e offerta ed essi sono il risultato delle aspettative
degli operatori che cercano di prevedere e anticipare le performance future delle societ. Il valore di un
titolo azionario la somma dei flussi di cassa che esso genera in futuro per chi lo possiede. I flussi sono:
I dividendi;
Oppure i capital gain, ossia gli incrementi di prezzo delle azioni.
Il problema degli investitori che dividendi e capital gain sono grandezze incerte. Lunica cosa da fare
formare delle opinioni sul futuro della societ.
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11.6 LIMPORTANZA DELLA CORPORATE GOVERNANCE
Secondo Macey (1998), un sistema di corporate governance deve essere giudicato in base a tre elementi:
1) La capacit di impedire ai manager di sfruttare la gestione di impresa per trarne vantaggi impropri;
2) La capacit delle imprese di trovare finanziamenti nel mercato dei capitali;
3) La capacit di rimuovere un management inefficiente.
La concorrenza obbliga le imprese a minimizzare i costi, perci i manager che sprecassero i fondi degli
azionisti per realizzare obiettivi personali, o comunque investissero in cattivi progetti, finirebbero presto o
tardi per porre le imprese da loro gestite fuori mercato, determinandone il fallimento. In questo modo, essi
perderebbero il loro posto di lavoro. Per, non ci possiamo attendere che la concorrenza basti da sola per
evitare tali comportamenti.
La maggior parte dei settori sono lontani dalla concorrenza perfetta, quindi non possiamo sperare che il
mercato possa sostituirsi ai meccanismi di corporate governance nel disciplinare i manager. Lestrema
attualit del tema della corporate governance pu essere collegato a:
le privatizzazioni in Europa che hanno portato al passaggio dalla propriet pubblica a quella privata
di grandi imprese, soprattutto in settori con monopoli naturali (energia, telecomunicazioni). Ci ha
suscitato un dibattito su come queste societ dovrebbero essere gestite;
la diffusione dellinvestimento azionario fra i risparmiatori; ci ha posto il problema di garantire una
tutela adeguata ai piccoli risparmiatori che investono nelle imprese;
integrazione a livello mondiale dei mercati finanziari, rendendo problematico il mantenimento dei
sistemi di corporate governance diversi nei vari paesi.
Il ruolo delle acquisizioni nella corporate governance duplice: da una parte esse sono considerate una
potenziale espressione del disallineamento fra manager e azionisti, dallaltra esse possono servire a
rimuovere i manager inefficienti.
Di fronte al tentativo di acquisizione della societ (takeover), i manager possono resistere al ricambio e
rimanere in carica, anche quando le loro prestazioni si sono dimostrate inadeguate. Le possibili forme di
resistenza sono:
Dichiarare che il prezzo offerto dallacquirente basso;
Convincere gli azionisti che lacquirente intende attuare politiche speculative o cambiamenti a danno
dellimpresa;
Ottenere il sostegno di altri stakeholder;
Proporre linserimento di clausole attive in caso di takeover.
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VANTAGGI SVANTAGGI
La concentrazione azionaria, se efficace, Il rapporto di agenzia tra azionisti di maggioranza
elimina il problema dellagenzia, perch toglie al e azionisti di minoranza si amplifica in presenza di
management la sua indipendenza. piramidi (catena di societ).
Il vantaggio della piramide che essa permette di esercitare un controllo assoluto di fatto con un
investimento modesto.
Se mettiamo a confronto linvestimento degli La leva azionaria invece data dal rapporto fra la quota
azionisti di controllo della holding A con il capitale detenuta in X e il possesso integrato. Questa grandezza
sociale della X otteniamo: misura quante volte si moltiplica il possesso integrato
grazie alla catena di controllo.
RAPPORTO DI
LEVA FINANZIARIA =
POSSESSO INTEGRATO =
Si pu dimostrare che il possesso integrato pari La leva azionaria cresce se la catena si allunga, o se a
al prodotto delle percentuali di controllo ai vari qualche livello il controllo mantenuto con percentuali
livelli della piramide: inferiori al 51%.
Poss. Int = 51% x 51% x 51% x 51% = 6,76 % Leva Azionaria = = 7,54
13.3 LINCENTIVAZIONE MANAGERIALE E LE STOCK OPTIONS
Lincentivazione manageriale mira a intervenire sulla struttura degli incentivi del management, per fare in
modo che i suoi interessi vengano a essere allineati a quelli degli azionisti. Per alienare gli obiettivi di
propriet e management si possono utilizzare programmi di incentivazione, in cui la remunerazione del
management varia al variare della performance dellimpresa (pay-per-performance). Le applicazioni
principali di questo principio sono due:
Programmi di bonus, nei quali la remunerazione dei manager si scompone in due parti, una certa e
una incerta (corrisposta in misura che varia con il raggiungimento di un certo obiettivo di
performance;
Remunerazione = quota fissa + bonus legato ai risultati
Incentivi azionari (Es. stock options), che comportano lassegnazione diretta al manager di azioni
sociali o di altri titoli con un rendimento legato ai prezzi di Borsa della societ. In questo modo si
dovrebbe ottenere che la ricchezza dei manager vari nella stessa direzione in cui varia quella degli
azionisti.
Nonostante la crescente diffusione di questi strumenti ci sono molti dubbi sulla loro efficacia nel risolvere il
problema dellagenzia. Il rischio quello che, pur essendoci lincentivo a perseguire gli interessi degli
azionisti, i manager agiscano lo stesso in modo opposto manipolando i risultai oppure provocando effetti
distorsivi.
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13.4 IL CONTROLLO INTERNO
Le attivit di controllo interno hanno lo scopo di assicurare che le operazioni aziendali avvengano nel
rispetto di norme e principi di buona gestione. Il controllo interno si pu suddividere in tre parti:
Controllo di legittimit (o di compliance), con il quale si verifica in modo costante che le attivit di
impresa siano conformi alle norme di legge;
Controllo procedurale, nel quale si verifica il rispetto delle procedure specifiche stabilite dallimpresa
per evitare frodi interne ecc.. ;
Controllo contabile, per verificare che i conti e i bilanci siano veritieri.
Le banche hanno vantaggi informativi e strumenti di influenza potenzialmente sfruttabili anche nellinteresse
di altri stakeholder (tassi di interesse alti/bassi). Lesercizio di questi poteri da parte delle banche dipende dal
tipo di assetto del sistema creditizio in un certo paese. Si distingue fra:
Sistemi di banche pure, in cui le banche non possono acquistare partecipazioni in imprese industriali,
e devono specializzarsi per scadenze, fornendo prestiti a breve termine (< 18 mesi) oppure solo
prestiti a m/l termine (> 18 mesi);
Sistemi di banche miste, in cui le banche possono acquistare partecipazioni in imprese non
finanziarie e possono esercitare il credito su tutte le scadenze.
14.4 LA REPUTAZIONE
Il meccanismo della reputazione fa si che un agente rinunci a comportamenti opportunistici per non
autoescludersi dal mercato. Tale meccanismo pu essere sfruttato da autorit pubbliche e investitori ad
esempio tramite codici volontari di governance.
Le maggiori Borse europee hanno spesso pubblicato questa formula; la Borsa Italiana ha pubblicato il suo
codice (Codice Preda) nel 1999. La creazione di codici di condotta fungono da reindirizzamento verso le best
practice (le cose migliori). Queste pratiche non sono obbligatorie (non sono legge), per ogni anno occorre
fare una relazione sulle pratiche adottate. Il codice Preda tratta principalmente:
Funzione e composizione del CdA, nel quale richiede la presenza di un numero adeguato di consiglieri
indipendenti;
Modalit di nomina e remunerazione degli amministratori;
Modalit di gestione e comunicazione allesterno delle informazioni price sensitive (quelle che possono
avere un impatto sui prezzi di Borsa);
Distribuzione degli incarichi per il controllo interno;
Gestione dei conflitti di interesse nelle relazioni degli amministratori con parti correlate;
Rapporti con gli investitori istituzionali e gli azionisti di minoranza.
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Il modello di governance americano ha attraversato fasi periodiche di crisi e di attacchi. Gi alla fine dell800
con robber e baron e la legge Sherman (legge Antitrust) contro i monopoli; unaltra crisi avvenne negli anni
80 quando leconomia americana mostr segni di indebolimento competitivo (Capital disadvantage:
investimenti brevi, e orientamento al breve periodo della Borsa americana); lultima crisi del 2002 degli
scandali societari hanno ricordato che i manager dotati di potere discrezionale e senza lo stretto controllo
degli azionisti possono lanciarsi in pericolosi comportamenti opportunistici.
Gli interventi normativi che ne sono seguiti, non hanno messo in discussione la separazione tra propriet e
management, ma hanno incentivato il controllo interno.
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15.6 IL MODELLO DI GOVERNANCE GIAPPONESE
Come in Germania, in Giappone la propriet delle imprese statica e dominata da banche e assicurazioni, e
la cultura di impresa appare impregnata da uno spirito di conservazione. Molti ritengono che il sistema
giapponese debba essere trasformato in modo radicale. Dopo la seconda guerra mondiale le norme di diritto
commerciale sono state modellate sullesempio di quelle americane, quindi in Giappone ritroviamo la
struttura occidentale delle societ di capitali. Il C.d.A delle societ giapponesi tendono soprattutto a
rappresentare gli interessi dellimpresa (visto come bene in s distinto dal patrimonio degli azionisti) e quelli
dei dipendenti (i cui bisogni ed esigenze si ritiene debbano essere tutelati in via prioritaria). Quasi tutti i
consiglieri sono manager dellimpresa o ex dipendenti. Inoltre essi, di solito, rappresentano i maggiori
finanziatori o il governo. Gli azionisti sono proprietari passivi e stabili. Nella maggior parte delle grandi
societ giapponesi oltre il 60% del capitale in mano a un gruppo di azionisti interessato pi ai rapporti con
limpresa che a ottenere un adeguato ritorno delle azioni possedute. Il restante capitale sociale collocato
fra gli investitori privati, e alimenta un mercato borsistico piuttosto ampio. Le imprese giapponesi
cominciarono a svilupparsi negli anni 50 grazie a politiche fiscali ed economiche di supporto alla
ricostruzione postbellica e al boom creato dalla guerra di Corea. Il tipico modello che ne risult fu quello di
imprese di grandi dimensioni (keiretsu), retti da partecipazioni incrociate che si sviluppavano lungo due
dimensioni:
Verticale, riguardante imprese fornitrici o clienti con cui si stabilivano relazioni di lungo termine,
sancite da scambi di azioni;
Orizzontale, basata sulle alleanze con atre grandi imprese operanti in altri settori industriali, o con
banche e assicurazioni, a loro volta regolate da legami azionari.
I keiretsu possono essere di tipo imprenditoriale (gruppi di natura industriale, che si sviluppano lungo la
dimensione verticale: lazienda principale il primo azionista delle imprese a monte o a valle, interviene
nella loro gestione [Hitachi, Toyota, Nissan, Toshiba, Sony]) o finanziario (si sviluppano lungo la dimensione
orizzontale: sono orientati al mantenimento e allo sviluppo di situazioni di potere [Mitsui, Mitsubishi]). In
entrambi i casi il keiretsu si incentra su una main bank che, oltre a erogare prestiti, coordina la raccolta di
fondi da altre banche, e detiene partecipazioni azionarie.
I rapporti con i dipendenti sono importanti alla collaborazione; i dirigenti sono convinti che, come
stakeholder, il personale meriti altrettanta considerazione e rispetto degli azionisti.
Sul piano della corporate governance, il funzionamento degli organi sociali giapponesi ha alcune particolarit.
Il C.d.A molto numeroso rispetto agli standard occidentali. Il consiglio ospita due figure di presidente: il
presidente della societ (vero capo dellimpresa)e il presidente del C.d.A. il cambio del presidente della
societ il momento pi delicato della vita dellimpresa. Questo sistema armonico di relazioni stato
ammirato a lungo; cera la sensazione che lorientamento al lungo periodo, e il mantenimento di rapporti
solidaristici con i lavoratori si traducessero in superiori performance. Oggi, con una crisi insistente, la
governance giapponese viene accusata di bloccare le iniziative di innovazione, di incentivare la corruzione
dei dirigenti e della p.a. e di favorire atteggiamenti di eccessiva prudenza e conservazione.
Di conseguenza, cresciuto il numero di coloro che chiedono riforme della governance che portino le
imprese pi vicine al modello americano.
Dal 2003 in vigore un nuovo codice di diritto commerciale, che permette alle imprese giapponesi di
scegliere fra il sistema di governance tradizionale e un nuovo sistema basato su un C.d.A. simile a quello
americano.
I keiretsu rimangono forti ma i vecchi legami sembrano meno solidi che in passato e sembra finalmene
emergere una classe dirigenziale meno conservatrice e pi pronta ad adottare gli standard internazionali
nella pratica di affari.
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LA GESTIONE DELLIMPRESA
16. Direzione, organizzazione e strategia: alcuni concetti di base per la gestione dimpresa
16.1 INTRODUZIONE ALLA GESTIONE DIMPRESA
La gestione si preoccupa di far funzionare limpresa (intesa come sistema aperto) in modo coordinato e
finalizzato. Ci avviene quando la direzione definisce la strategia e lorganizzazione che consentono di
indirizzare e coordinare la gestione strategica, cio i processi cruciali per la sopravvivenza e la crescita
dellimpresa, e la gestione operativa, ossia lattuazione dei processi operativi di scambio e di trasformazione.
Il management, inteso come disciplina, ha per oggetto lo studio dell economia e gestione dimpresa;
questultima intesa come linsieme delle attivit che consentono di realizzare il processo gestionale ai
diversi livelli gerarchici dellimpresa, ovvero lattivit o larte di gestire e dirigere unimpresa.
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16.3 LORGANIZZAZIONE DELLIMPRESA
Lorganizzazione quellattivit che definisce la struttura organizzativa e i meccanismi di funzionamento
dellimpresa. Infatti, organizzare significa ordinare un sistema di parti indipendenti e correlate, ciascuna
avente una specifica funzione rispetto al complesso. Lorganizzazione riguarda sia gli aspetti tecnici di
struttura organizzativa sia di gestione del capitale umano che dei flussi informativi: definisce la divisione del
lavoro, i compiti, i poteri, le responsabilit e le relazioni che ogni organo o persona dovr assumere nella
gestione. Le imprese possono adottare modelli organizzativi diversi che si differenziano per il grado di
accentramento decisionale o di delega, per i livelli di responsabilit e per la gestione e motivazione del
capitale umano (Fontana 1977); lorganizzazione si traduce in vantaggio competitivo (Ansoff 1979; Valdani
2000).
Lorganizzazione dellimpresa stabilisce i confini dellattivit aziendale, definendo quali sono e come
funzionano le risorse interne, e quali, invece, possono o devono essere prese dallesterno (outsourcing).
Struttura divisionale
Si adotta nelle imprese complesse che operano in pi aree geografiche, con pi stabilimenti di
produzione o con diverse linee di prodotti. In tal caso la struttura si basa su due criteri:
Azienda articolata per divisioni che possono corrispondere a prodotti o aree geografiche diverse;
Ogni divisione organizzata per funzioni aziendali;
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Ha il pregio del decentramento e della specializzazione, in compenso porta ad una duplicazione di
uffici che svolgono funzioni uguali (elevati costi).
Struttura a matrice
Tale organizzazione utilizza contemporaneamente il criterio funzionale e divisionale e abbina al
principio di specializzazione del lavoro quello dellutilizzo mirato delle risorse per il raggiungimento
di obiettivi specifici. Tale struttura mantiene le specializzazioni funzionali e crea organi di
integrazione (product manager, project manager ecc.). Tipicamente sono organizzate a matrice le
imprese che realizzano grandi progetti o che non possono/intendono adottare la struttura
divisionale.
Struttura per processi
Segue una logica di ottimizzazione di compiti e funzioni interrelati rispetto a una comune finalit da
raggiungere. Consente di superare le barriere funzionali presenti nei modelli precedenti e di operare
in rapporto a obiettivi globali. Tipicamente lobiettivo dei processi lorientamento al cliente.
Organizzarsi per processi (impresa process based) vuol dire andare oltre i modelli funzionali e
divisionali per adottare struttura pi elastiche. Si prediligono logiche volte allesternalizzazione di
alcune aree di attivit (outsourcing make or buy).
Struttura a rete
Si fonda sullinstaurazione di relazioni molto strette tra pi parti dellimpresa e tra questultima,
clienti e fornitori. La struttura a rete prevede che i modelli organizzativi dimpresa debbano tenere
conto anche di attivit svolte presso altre aziende, ma che risultano legate fra loro da forme di
accordo pi o meno stabili. Dunque, lorganizzazione si articola su pi procedure di
regolamentazione dei rapporti (contratti, licenze, consorzi, joint venture) che su una struttura vera e
propria. Tutto ci per ottenere vantaggi di flessibilit, velocit ed efficienza sulla gestione operativa.
Si adatta a imprese che utilizzano Internet nelle relazioni e nelle-business.
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16.3.3 Linformation technology nella gestione dellimpresa
Lorganizzazione ha un legame profondo con il sistema informativo (IT) dellimpresa. Il sistema informativo
aziendale pu essere definito come linsieme delle attrezzature e delle procedure utilizzate per la
creazione, diffusione e circolazione delle informazioni in impresa o nellorganizzazione a rete. I principali
compiti dellIT sono:
Elaborazione automatica dei dati: attivit relative alla gestione di procedure di trattamento dati
mediante computer;
Supporti decisionali: attivit volte al miglioramento della qualit dei processi decisionali e include lo
sviluppo dei supporti informatici e non.
Grazie allinformation technology il sistema informativo pu influenzare la competitivit dellimpresa in una
molteplicit di aree.
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16.4.3 La pianificazione strategica e il controllo direzionale
La strategia riguarda le decisioni essenziali, le scelte di fondo di unimpresa, mentre la pianificazione attiene
allaspetto procedurale, al processo decisionale che porta alla definizione della strategia. Il concetto di
pianificazione strategica si riferisce quindi alla logica e al processo attraverso cui si perviene a tali scelte
strategiche. Essa deve essere intesa come uno strumento basato sul monitoraggio costante dellambiente,
delle capacit e degli obiettivi dimpresa e in grado di riorientare i comportamenti in relazione allevoluzione
dei fattori monitorati. Per operare con successo, le imprese devono pertanto tenere sotto osservazione
quanto accade al loro esterno. Dal rapporto impresa-ambiente nasce la necessit di formulare strategie che
siano coerenti non solo con gli obiettivi e con le risorse disponibili (coerenza interna) ma anche con le
minacce e le opportunit esterne (coerenza esterna). In tale contesto si inserisce il concetto di pianificazione
strategica: metodologia di lavoro volta a dare ordine e a razionalizzare il processo decisionale che deve
condurre alla definizione delle strategie. Nel ciclo di pianificazione aziendale occorre distinguere tre
momenti ben distinti:
Pianificazione strategica
Si occupa della formulazione delle strategie. Definisce le fasi in cui si articoler il cammino strategico
dellimpresa.
Programmazione
Tende alla realizzazione concreta delle strategie. In questa fase si definiscono i programmi dazione,
lallocazione delle risorse finanziarie alle diverse unit aziendali. La programmazione realizza il
collegamento indispensabile tra la fase di pianificazione strategica, tipicamente pluriennale, e il
processo di budgeting, che ha un orizzonte annuale.
Il processo di budgeting
Processo che realizza concretamente lallocazione delle risorse alle singole unit aziendali, mediante
la proiezione di costi e ricavi, articolati sia a livello di area daffari che di unit gestionali.
Controllo direzionale
il processo con cui il management della societ assicura che limpresa metta in atto le strategie in
modo efficace ed efficiente. Il controllo operativo, invece diretto a garantire che specifici compiti
siano attuati in modo efficace e efficiente. La fase di controllo si concentra sulla valutazione delle
performance ottenute.
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17. Management strategico in contesti dinamici
17.1 LE STRATEGIE DIMPRESA IN UNOTTICA DINAMICA
Si pongono le attenzioni sul rapporto tra strategie e fasi evolutive dellimpresa applicando il modello del ciclo
di vita che ruota intorno al concetto di prodotto e descrive le fasi tipiche di evoluzione della domanda di un
bene in un determinato contesto concorrenziale. Il modello del ciclo di vita si basa su astrazioni e
semplificazioni della realt.
17.3 NASCITA
La nascita di nuove imprese un veicolo fondamentale per lingresso nel sistema economico di
imprenditorialit e di idee innovative. Limpresa nasce per effetto della spinta creativa di un imprenditore
individuale, che genera unorganizzazione intorno a unidea e alla propria azione personale (new venture).
Nello sviluppo della societ e delleconomia, si generano in continuazione nuove opportunit per effetto di:
Progressi e scoperte tecnologiche
Cambiamenti demografici
Mutamenti dei gusti e degli stili di vita
Nuove regole pubbliche o disposizioni legislative
Affinch lopportunit si trasformi in un successo economico, devono essere soddisfatte due condizioni:
Il nuovo prodotto deve essere difendibile da imitazioni rapide;
La nuova impresa deve disporre delle risorse e delle competenze necessarie per produrre la novit e
fornire il nuovo bene o servizio in modo efficiente.
Ogni nuova impresa deve effettuare tali passi (Vesper 1993):
1. Cogliere le opportunit;
2. Rifinire lidea: deve essere adattata alle esigenze della produzione e alle richieste degli utilizzatori;
3. Proteggersi da imitazioni: tutela della riservatezza e esclusivit delle tecnologie applicate ai prodotti;
4. Costruzione della squadra (teaming);
5. Start-up: momento in cui si pone in essere una vera organizzazione, dando vita a una nuova entit
giuridica dimpresa. In tale fase si arriva spesso alla predisposizione di un business plan: documento che
mette in evidenza la mission (obiettivi) dellimpresa, le risorse di cui necessita, il patrimonio di cui
dispone e le prospettive di crescita;
6. Finanziamento: raccolta di risorse finanziarie. Oltre al finanziamento bancario, una forma specifica di
finanziamento di nuove iniziative il venture capital: finanziamento da parte di una societ di
investimento o, pi raramente, da una persona fisica dotata di ingenti capitali;
7. Lancio del prodotto: il momento dellintroduzione sul mercato del nuovo prodotto.
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17.4 CRESCITA
Quando termina la fase della nascita, molto probabile che le imprese abbiano ben chiaro quali siano la
tecnologia, la struttura organizzativa e le strategie di mercato che avranno successo. La crescita sempre pi
spesso una condizione necessaria alla sopravvivenza dellimpresa. In tale contesto la strategia dimpresa
assume un ruolo di grande importanza. Il management sposta la propria attenzione dal prodotto verso
linnovazione di processo. I concorrenti diventano pi efficienti producendo, a bassi costi, beni e servizi
qualitativamente migliori. La fase di crescita caratterizzata da una minore incertezza degli scenari futuri
che il management deve essere in grado di gestire e analizzare. Limpresa, quindi, pu scegliere tra diverse
strategie di sviluppo.
17.5 MATURIT
Lo stadio di maturit del ciclo di vita del settore mostra maggiore stabilit rispetto alle fasi di nascita e di
crescita, ma offre condizioni meno favorevoli per lottenimento di adeguati livelli di redditivit.
La maturit si identifica principalmente con il rallentamento della crescita della domanda del mercato, fino a
tassi di sviluppo prossimi allo zero. Le tecnologie di base, ormai, sono a conoscenza di tutti i concorrenti. I
consumatori hanno ormai conseguito una completa conoscenza dei prodotti, sono in grado di valutarne le
caratteristiche e sono meno sensibili alla pubblicit. Tali fattori si identificano con le condizioni di base a
partire dalle quali si possono delineare i tratti fondamentali del quadro competitivo in un settore maturo
(Figura 17.4).
Nei settori a elevata intensit di capitale, tale situazione scatena una crisi generalizzata che lascia in vita solo
pochi produttori. Lunico imperativo per le imprese operanti in settori maturi quello della riduzione dei
costi unitari. Le imprese che raggiungono questo obiettivo si impongono nel settore come leader di costo.
La riduzione dei costi pu essere perseguita attraverso:
Curva di esperienza: il maggiore grado di conoscenza di un processo diminuisce lo sforzo che si
compie nellattuarlo e replicarlo;
Economie di scala: le grandi dimensioni si considerano una dimensione necessaria per la
sopravvivenza in un settore maturo;
Ottenimento di risorse produttive a basso costo: si fa riferimento allaccesso di risorse a condizioni
privilegiate, compreso il fattore lavoro;
Livelli elevati di efficienza operativa, in tutti gli aspetti della gestione: accanto alla riduzione dei costi,
risultano indispensabili azioni dirette alleliminazione degli sprechi e al contenimento delle spese
nelle attivit amministrative abbattimento dei costi generali con ottimizzazione del management
aziendale e del lavoro di ufficio, ridimensionamento del personale (business reengineering).
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17.6 DECLINO E CRISI
La fase di declino intesa come riduzione della capacit reddituale e come indebolimento della situazione
finanziaria, e quella della crisi in senso stretto, intesa come condizione di perdite economiche forti e
strutturali, unite a manifestazioni non occasionali di insolvenza.
Si possono identificare quattro strategie nei confronti dei business in declino (Harrigan e Porter 1993):
a. Strategia di quota: punta a far acquisire allimpresa una posizione di leadership nel settore
aumentando la quota di mercato. Per raggiungere questo obiettivo, limpresa deve cercare di mettere
fuori gioco i concorrenti per esempio scatenando una guerra ai prezzi, abbassare le barriere, cercare di
rendere pi onerosa la permanenza nel mercato;
b. Strategia di nicchia: punta alloccupazione di un segmento della domanda protetto dal declino; si
possono riproporre le stesse mosse della strategia di quota;
c. Stratega di mietitura: limpresa mira ad ottenere il massimo ritorno finanziario dal business in declino,
evitando di effettuare ulteriori investimenti. Si deve evitare una guerra dei prezzi e puntare, pi che
sulle quantit, sui margini unitari di contribuzione;
d. Strategia di disinvestimento: punta alla dismissione dellattivit, per destinare le risorse ottenute a
nuovi business. Tale politica pu dimostrarsi conveniente, a condizione che venga attuata prima che il
declino si manifesti.
Harrigan e Porter propongono un modello per stabilire la strategia pi opportuna sulla base di due variabili:
Struttura del settore,che pu essere favorevole o sfavorevole, a seconda dellintensit del tasso di
caduta delle vendite complessive, del livello delle barriere alluscita, delle reazioni prevedibili al
declino dei concorrenti attuali;
Presenza o meno di punti di forza rispetto alla domanda residuale (clienti che rimarranno nel
mercato).
Le cause primarie sono date dai fattori di tipo ambientale o interno, che determinano lincapacit
strutturale dellazienda di mantenersi in stabili condizioni di economicit.
Tra i fattori aziendali individuiamo:
Strategici (relativi al venire meno della coerenza fra ambiente e strategie);
Finanziario-societari (relativi allassetto delle fonti, degli impieghi e dei collegamenti societari);
Organizzativi (decadimento dellefficienza, della qualit della struttura organizzativa);
Straordinari (eventi eccezionali).
Le cause secondarie intervengono dopo che le cause primarie hanno dato origine a uno stato patologico,
moltiplicandone gli effetti, ostacolando la risoluzione della crisi ed affrettandone la conclusione negativa.
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Le cause secondarie possono essere lerosione del sostegno degli stakeholder, le crescenti inefficienze, il
deterioramento del clima interno e dei processi decisionali.
opportuno il tentativo di rivitalizzazione, dopo aver studiato le cause specifiche della patologia e dopo
aver analizzato leffettiva possibilit di rimozione.
Limpresa deve essere anche in grado di attuare delle adeguate strategie di fronteggiamento della crisi; uno
degli strumenti maggiormente diffusi il turnaround, inteso come cambiamento rapido offrendo garanzie
agli stakeholder che ristabiliscano il consenso e la fiducia, riducendo i costi, sostituendo il management.
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18.2.3 La crescita contrattuale
La crescita contrattuale, via intermedia tra linterna e lesterna, comprende unampia tipologia di forme di
collaborazione e cooperazione con terzi. Gli accordi tra imprese portano vantaggi che si possono
classificare in (Porter e Fuller 1986):
Lacquisizione di economie di scala, di apprendimento e di altri vantaggi di costo legati a sinergie;
Laccesso ad asset esclusivi, messi a disposizione dal partner, come tecnologie, prodotti, impianti,
personale esperto ecc ;
La riduzione dei rischi e la condivisione degli investimenti finanziari connessi a investimenti di
elevata entit per quanto riguarda la ricerca, lo sviluppo e lindustrializzazione di nuovi prodotti;
Lunione delle forze per provare a cambiare la struttura settoriale.
La formazione di unalleanza deve essere preceduta da una attenta analisi degli obiettivi strategici e
finanziari e dalla compatibilit delle culture organizzative chiamate a collaborare. Faulkner (1995) sintetizza
ci in due concetti:
fit strategico, che dipende dalla misura in cui si integrano le risorse dei partner, rispetto alle
possibilit di uso complementare e allottenimento di sinergie; da esso dipendono i potenziali
vantaggi competitivi dellalleanza;
fit culurale, che esprime la misura in cui le culture aziendali dei partner possono permettere una
buona convivenza e lo sviluppo di una genuina cooperazione.
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18.3.3 Lo sviluppo attraverso lintegrazione verticale
Un altro dei modi di esaminare la collocazione dellimpresa rispetto al suo ambiente competitivo
consiste nellindividuarne la posizione allinterno della filiera tecnologica (insieme di lavorazioni che
devono essere effettuate per passare da un certo ventaglio di materiali grezzi a un prodotto finito
(Volpato 1995)). Si devono considerare parte della filiera anche le attivit che non comportano la
trasformazione fisica del prodotto, comprese il trasporto, la distribuzione, la promozione commerciale
ecc.
Allinterno di ogni filiera tecnologica si collocano pi imprese, ciascuna delle quali specializzata nello
svolgimento di una o pi delle fasi di lavorazione, occupando una determinata posizione: tale posizione
corrisponde al grado di integrazione verticale: unimpresa pi o meno verticalmente integrata a
seconda dellintensit del controllo esercitato sulla filiera tecnologica cui appartiene.
La strategia di integrazione verticale consiste nella scelta di aumentare il grado di integrazione.
Integrazione a valle (verso i clienti) e integrazione a monte (verso i fornitori). Lattuazione della strategia
di integrazione verticale pu avvenire mediante processi interni o esterni.
Vantaggi tecnici: coordinamento pi stretto e razionale delle attivit, risparmi di costi.
Vantaggi economici: possibilit di appropriarsi dei margini di profitto di clienti e fornitori.
Vantaggi concorrenziali: aumento del potere di mercato dellimpresa.
Svantaggi: il coordinamento di numerose attivit genera problemi organizzativi aumento dei costi.
Altri svantaggi: aumento del rischio imprenditoriale, incremento della rigidit della struttura dei costi e
riduzione della flessibilit strategica.
Limpresa internazionale sfrutta le conoscenze e le capacit della casa madre, sviluppate nel paese di
origine, per diffonderle nei vari paesi del mondo. Tale orientamento rappresenta la prima fase del
processo di internazionalizzazione. Linternazionalizzazione si basa sul presupposto che la formula
imprenditoriale sperimentata nel proprio paese possa essere esportata con successo in altri mercati
senza particolari adattamenti. In alcuni casi, si sopravvaluta la validit internazionale della formula
imprenditoriale, a causa della ridotta esperienza del management, che sottovaluta le differenze
internazionali o sopravvaluta i vantaggi competitivi in possesso dellimpresa (Barlett e Ghoshal 1989).
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Limpresa multinazionale mira a creare una forte presenza locale sensibilizzandosi e adattandosi alle
differenze nazionali. il modello tipico di diffusione dellimpresa multinazionale del dopoguerra. In
genere una multinazionale entra nei paesi ospiti mediante linvestimento diretto. Ogni sussidiaria gode
di autonomia e indipendenza rispetto alla casa madre (+ costi). Il fattore chiave di successo della
multinazionale consiste nella capacit di adattamento ai bisogni espressi dalla domanda locale e alle
caratteristiche competitive e strutturali del paese ospite. Il governo della multinazionale riconducibile a
un modello di gestione e pianificazione di tipo bottom up, dove il centro esercita poca influenza.
Limpresa globale affronta paesi differenti come se fossero un unico grande mercato indifferenziato. Le
decisioni impostate dallimpresa sono in chiave di ricerca di economie di scala e sfruttamento di
differenziali locali di costo e qualit. Tale strategia permette margini di profitto maggiori rispetto ai
concorrenti, grazie allabbattimento dei costi medi. Un settore pu definirsi globale se le imprese che vi
operano possono acquisire significativi vantaggi competitivi integrando le attivit su scala mondiale.
Le decisioni sul dove localizzare le varie attivit sono in genere guidate da considerazioni di vantaggio
competitivo. Porter (1987) propone una classificazione delle strategie internazionali basata sulla
dispersione/concentrazione geografica delle attivit della catena del valore e sul grado di
coordinamento, stretto o debole, delle attivit svolte in diversi paesi:
Strategia di esportazione con commercializzazione decentralizzata: si concentrano nel paese di
origine tutte le attivit , in particolare quella produttiva, tranne marketing e vendite disperse nei
vari paesi, raggiunti grazie alle esportazioni;
Strategia multi domestica: si lascia alle singole unit locali ampia autonomia (imprese
internazionali);
Forte investimento allestero e forte coordinamento delle attivit: limpresa opera in maniera
dispersa, decentralizzando il pi possibile mantenendo un forte coordinamento di tutte le filiali;
Strategia globale pura: forte centralizzazione delle risorse decisive rispetto ai vantaggi
competitivi (imprese globali).
19.2 LINNOVAZIONE
Linnovazione lo sviluppo a fini commerciali di nuovi prodotti o nuovi processi, atti ad accrescere la
proposta di valore veicolata al mercato mediante beni e servizi. In tal senso, innovazione anche il
miglioramento di prodotti e processi gi esistenti. Essa propone al mercato un significativo vantaggio
rispetto allofferta precedentemente disponibile. Linnovazione si differenzia per natura e per forma.
Per natura si distingue tra innovazioni radicali e incrementali, a seconda che si verifichino o meno salti di
sistemi tecnologici o rivoluzioni tecnologiche (nascita di nuovi settori).
Per forma identifica linsieme delle attivit necessarie per generare un nuovo prodotto/servizio o un nuovo
processo produttivo/distributivo.
Il processo di innovazione lattivit sistematica volta alla creazione e allapplicazione economica di nuove
conoscenze scientifio-tecnologiche, la cui accumulazione fonte di accrescimento del patrimonio
tecnologico di impresa.
Linnovazione pu essere di:
Prodotto, intesa ad apportare variazioni alla gamma di vendita;
Processo produttivo, diretta a migliorare lefficienza dei cicli di lavorazione.
Linnovazione di prodotto pu assumere diversi significati:
Tecnologia totalmente nuova, che d origine a un nuovo mercato;
Novit per limpresa che intende lanciarlo, mentre il mercato gi esistente e il consumatore
conosce il prodotto;
Innovazione che sostituisce prodotti obsoleti;
Ampliamento di una linea affermata con nuovi modelli;
Miglioramento delle caratteristiche o delle prestazioni di un prodotto esistente.
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19.3 LA TECNOLOGIA
La tecnologia pu essere considerata, in qualsiasi settore, un elemento fondamentale nel determinare i
processi di sviluppo delle imprese (Pivato e Gilardoni 2000). Daltra parte, la tecnologia definisce e influenza i
processi aziendali, supportando le attivit svolte dalle imprese per conseguire il VC e definendo la struttura
di ogni catena di valore (Porter 1985).
Lo sviluppo e il lancio di nuovi prodotti e servizi deriva da miglioramenti nelle conoscenze tecniche legate
alle modalit di impiego e utilizzo degli stessi.
Le politiche tecnologiche costituiscono il complesso sistemico delle scelte volte ad accrescere e sfruttare il
patrimonio tecnologico di cui limpresa dotata, secondo orientamenti coerenti con le strategie
complessive.
Il patrimonio tecnologico costituito dallinsieme di competenze teoriche ed empiriche, di conoscenze
tecniche e scientifiche, di abilit e accorgimenti che limpresa sviluppa nellattivit di produzione e di vendita
di beni e servizi. Dunque la tecnologia linsieme delle conoscenze e delle competenze afferenti ai prodotti,
servizi e al loro sistema di produzione, cio la fonte primaria del vantaggio competitivo.
Le competenze che costituiscono il patrimonio tecnologico possono riguardare il come realizzare una certa
attivit (KNOW-HOW) e la conoscenza del perch a fronte di una certa azione si realizzino determinati effetti
(KNOW-WHY).
Lampiezza delle conoscenze funzione del numero di tecnologie distinte che limpresa ha maturato;
mentre la profondit commisurata al livello raggiunto dallimpresa nella maturazione delle proprie
competenze.
La potenzialit applicativa delle tecnologie esprime la numerosit di sbocchi e di applicazioni commerciali
delle stesse e assume particolare rilevanza nel determinare la possibilit di intraprendere processi di
diversificazione. Tecnologie con elevate potenzialit consentono di perseguire pi agevolmente processi di
diversificazione, attraverso lo sfruttamento di proprie competenze interne.
Ai fini competitivi possibile classificare le tecnologie:
Tecnologie di base, costituite dallinsieme di competenze necessarie per poter operare in un settore
di attivit;
Tecnologie strategiche, costituite da competenze specifiche, che conferiscono allimpresa un VC
rilevante poich permettono di realizzare prodotti con prestazioni superiori o processi a costi
inferiori;
Tecnologie complementari, costituite da competenze residuali rispetto alle tecnologie strategiche
che presentano un profilo di rilevanza competitiva potenziale;
Tecnologie emergenti, costituite dallinsieme di conoscenze che costituiscono in prospettiva delle
minacce rilevanti per le attuali tecnologie di base.
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Lindirizzo strategico dello sforzo innovativo alla ricerca di una posizione di dominanza solida e duratura
rappresenta lelemento differenziante le imprese di successo; una posizione di dominanza frutto di una
corretta gestione delle capacit di sviluppo del patrimonio tecnologico e di competenze innovative.
Il processo logico che conduce limpresa alla formulazione delle politiche di sviluppo del patrimonio
tecnologico guidato dalla definizione di una strategia che identifichi le priorit di indirizzo dellinnovazione
tecnologica. Le scelte di gestione dellinnovazione tecnologica sono:
a. leadership tecnologica. Consiste nellintrodurre per primi nuove soluzioni tecnologiche assumendo cos
una posizione di avanguardia. Gli oneri connessi a tale scelta sono i costi di creazione di mercati nuovi
(costi del pioniere). I vantaggi derivano dalla possibilit di operare in una posizione di monopolio
temporaneo.
b. imitazione (o follow the leader). Consiste nellacquisire rapidamente soluzioni tecnologiche introdotte
dal leader per apportarvi miglioramenti e realizzare vendite a costi inferiori.
c. me too: perseguita da imprese imitatrici che entrano nel mercato in fase avanzata del ciclo vitale della
tecnologia, in prossimit della maturit. Lottica quella di minimizzazione dei costi.
42
20. La gestione commerciale
20.1 IL RUOLO DELLA GESTIONE COMMERCIALE
La gestione commerciale identifica linsieme di attivit e processi mediante cui limpresa acquisisce, soddisfa,
fidelizza i propri clienti. Essa svolge unazione di raccordo tra il sistema dofferta dellimpresa e le richieste
della domanda ed strettamente interconnessa con le attivit di distribuzione fisica e con la gestione delle
operation (acquisti, produzione). Interrelazioni altrettanto forti sono riscontrabili anche con la gestione
finanziaria.
Il portafoglio clienti costituisce la vera ricchezza di unimpresa, frutto dellavviamento creatosi nel tempo e
valore da difendere.
La gestione commerciale si pu definire come un processo diretto a individuare e a soddisfare i bisogni e i
desideri dei clienti mediante la realizzazione di prodotti e servizi idonei che generano valore e soddisfazione
per tutti gli operatori (Kotler 2000). In pratica, la gestione commerciale si occupa di studiare il mercato o i
mercati che ritiene interessanti, analizzare le tendenze della domanda e la situazione della concorrenza,
individuare lesistenza di opportunit di business, orientare la produzione in funzione dei potenziali
acquirenti da conquistare, creare la domanda per i nuovi prodotti e provvedere a collocare questi ultimi
presso gli sbocchi prescelti (Sciarelli 2002).
a. Il marketing management: processi danalisi che precedono i processi decisionali e i processi operativi.
In particolare:
Processi analitici: analisi dei comportamenti della domanda e della concorrenza;
Processi decisionali: individuazione delle opportunit di mercato che consiste in:
Segmentazione della domanda e targeting: identificazione di gruppi di consumatori con
preferenze e motivazioni simili da attaccare;
Posizionamento: definizione della posizione cognitiva (percezioni dei consumatori);
Differenziazione dellofferta: definizione del sistema dofferta da offrire al/i target;
Processi operativi: il marketing operativo esplicita le leve del cosiddetto marketing-mix, cio le
politiche di prodotto, prezzo, comunicazione e distribuzione;
b. Il sales management: la vendita il collocamento dei beni prodotti presso i clienti e rappresenta il
momento conclusivo dellazione di marketing. Dopo la vendita, lultima fase consiste nella misurazione e
controllo dei risultati, che consente alla direzione di valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi
programmati.
44
20.6 I PROCESSI DECISIONALI
20.6.1 La segmentazione della domanda e il targeting
La segmentazione strategica del mercato la strategia di selezione di gruppi di clienti che limpresa
desidera servire, adottando ai loro bisogni la sua offerta di valore. La segmentazione del mercato in
diversi sottoinsiemi tra loro omogenei costituisce una delle principali attivit del marketing strategico.
La segmentazione muove dallassunto che le imprese non sono in grado di servire tutti i potenziali
consumatori; quindi, invece di cercare di essere competitive ovunque, opportuno che suddividano il
mercato in segmenti attraenti e si focalizzino su un ambito pi limitato (target). I mercati di sbocco si
segmentano in base a variabili di tipo:
Geografiche (nazioni, regioni, citt) o ubicazioni (urbane o no);
Demografiche (et, sesso, religione ecc.);
Socio-economiche (reddito, istruzione, professione ecc.);
Comportamentali (fedelt della marca, vantaggi ricercati ecc.).
Dopo aver segmentato la domanda necessario operare il targeting, che consiste nellidentificare il
segmento di clienti obiettivo che vogliono essere soddisfatti mediante la strategia dellimpresa.
45
20.7 IL MARKETING OPERATIVO
Il marketing operativo consiste nella manovra delle leve che, nel loro insieme, costituiscono il marketing mix:
product, pricing, place (point of sale), promotion (prodotto,prezzo,comunicazione e distribuzione)
denominate anche 4P.
Trovare il mix pi corretto e adeguarlo ai mutamenti ambientali uno dei compiti pi delicati della gestione
commerciale. Le variabili del marketing mix possono essere utilizzate per generare vantaggi differenziali
rispetto ai concorrenti. Le variabili sono:
Prodotto (product): si individua tutto ci che limpresa offre a un mercato per soddisfare un desiderio o un
bisogno espresso dai consumatori. possibile individuare una funzione di base (bisogno generico o primario
del consumatore) e una serie di funzioni supplementari (fattori differenziali in grado di influenzare la scelta
degli acquirenti).
Prezzo (pricing): il prezzo per lacquirente esprime il valore monetario attribuito al bene/servizio che egli
desidera comperare e viene chiamato prezzo-costo. Per limpresa venditrice prezzo-ricavo. I metodi per la
determinazione del prezzo possono essere basati su:
livello dei costi: la fissazione del prezzo muove dal livello dei costi, cui si aggiunge una
percentuale o importo fisso (mark-up);
reazione della domanda: la decisione del prezzo si fonda su considerazioni relative alle possibili
reazioni della domanda (particolare interesse verso il prezzo);
comportamento della concorrenza: si fissa sulla base dellanalisi del comportamento dei prezzi e
sulla concorrenza.
Comunicazione commerciale o marketing(place): si focalizza sul consumatore finale. Lobiettivo quello di
connotare lofferta dellimpresa in maniera unica e differenziale rispetto agli altri concorrenti. Viene usata la
pubblicit, promozione, direct marketing.
Distribuzione (promotion): riguarda le modalit con cui i beni/servizi vengono resi disponibili per il
consumatore. Limpresa pu scegliere di distribuire il prodotto solo mediante alcuni rivenditori selezionati
(vendita selettiva), rivolgendosi a tutti i rivenditori (vendita estensiva) oppure appoggiandosi solamente ad
un intermediario (vendita in esclusiva). Inoltre limpresa deve scegliere il canale distributivo: diretto (da
impresa a consumatore finale), corto (un solo intermediario: dettagliante), lungo (grossista e dettagliante).
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21.2 LA PRODUZIONE
21.2.1 La produzione di beni e di servizi: definizione e obiettivi
La produzione riguarda lo svolgimento di attivit di acquisizione, combinazione e trasformazione di input
(materie prime e altri fattori produttivi), con la finalit di ottenere output (che possono essere a loro volta
fattori produttivi, beni e servizi), da destinare al consumo finale o da utilizzare quali input di ulteriori
produzioni.
Diversamente dalla produzione di beni, nella produzione ed erogazione di servizi, limpresa del settore
terziario si avvale prevalentemente del lavoro umano. Gli obiettivi e i compiti della produzione sono:
La ricerca della produttivit (contenimento dei costi di produzione);
La proposizione di prodotti innovativi;
Il miglioramento della qualit del prodotto per renderlo superiore a quelli concorrenziali;
La capacit di rispettare i tempi di consegna pattuiti con i clienti;
La capacit di rendere il sistema produttivo adattabile alle esigenze dellambiente circostante.
Nellambito della gestione delle operation larea della produzione si identifica con responsabilit e
competenze di progettazione e di gestione del sistema produttivo. Nel primo caso si tratta di definire le
caratteristiche strutturali e impiantistiche mediante scelte di investimento (leve hardware); le scelte di
investimento riguardano: il processo produttivo, la tecnologia, la capacit produttiva e il lay-out degli
impianti. La gestione del sistema produttivo (leve software), invece, si identifica con la scelta di soluzioni
organizzative, tecniche vincolate dalle precedenti scelte hardware.
Le scelte di gestione, quindi, riguardano la programmazione e il controllo della produzione e la gestione
dei flussi di materiali e della qualit. Il management del sistema produttivo necessita dellinterazione
costante con la gestione commerciale sincronizzando il ciclo delle operation con il ciclo delle vendite.
47
21.2.3 Gli impianti e il lay-out
Limpianto il complesso di beni materiali e immateriali di uso durevole, il cui impiego avviene su pi
esercizi amministrativi, nei quali limpresa industriale deve investire per svolgere la propria attivit
economica (Bonel 1989).
Il lay-out la disposizione planimetrica di aree, strutture murarie, impianti e attrezzature secondo criteri
di ottimizzazione dei flussi fisici di materiali e prodotti (Rullani 1978). La disposizione delle strutture pu
privilegiare la flessibilit o la produttivit. Si distingue fra:
lay-out a punto fisso: quando il prodotto non si muove durante il processo;
lay-out in linea: quando il prodotto segue un percorso rigidamente preordinato;
lay-out per reparto: quando il prodotto transita attraverso i reparti;
lay-out per gruppo tecnologico: quando impianti e attrezzature vengono raggruppati a isole o
celle.
21.3 LA LOGISTICA
21.3.1 La logistica come processo aziendale: definizioni e obiettivi
La logistica il processo di pianificazione, gestione e controllo dei flussi fisici dei materiali e dei correlati
flussi informativi. Il compito svolto dalla logistica assicurare la disponibilit dei prodotti nel tempo, nello
spazio e nei volumi richiesti.
La logistica in ingresso riguarda lacquisizione di materie prime e componenti e la relativa
movimentazione dai fornitori alle unit di utilizzazione; la logistica interna gestisce il flusso dei materiali in
lavorazione, mentre la logistica in uscita opera in coordinamento con la gestione commerciale e, in
particolare con il marketing e le vendite. Si occupa della gestione del sistema di ricezione e di evasione
degli ordini, della gestione delle scorte di prodotti finiti e della movimentazione e trasporto dei beni dalle
unit di produzione ai punti finali di vendita. Tali attivit hanno bisogno di un coordinamento: la funzione
che svolge tali compiti la logistica integrata.
Il processo logistico si estende allintegrazione dei flussi con svariati interlocutori esterni (fornitori di
materiali, componenti, lavorazioni, cos come fornitori di servizi logistici)
Gli obiettivi della logistica attengono alla ricerca di soluzioni in grado di ottimizzare il profilo della
disponibilit dei materiali, con riferimento a spazio, tempo e volumi, ma anche con riguardo
alleconomicit e allimpegno di risorse.
Il servizio logistico al cliente espresso con il concetto di disponibilit del prodotto e pu essere
scomposto in:
Disponibilit del prodotto
Tempestivit della consegna
Affidabilit della consegna
Flessibilit della consegna
Le scelte di ottimizzazione mirano a soluzioni che massimizzano il livello di servizio conseguibile e al
tempo minimizzino le risorse impiegate. Al fine di individuare la soluzione preferibile occorrer
considerare il costo logistico globale (costi relativi ai magazzini + costi di gestione delle scorte + trasporti +
amministrativi).
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21.3.2 La gestione dei magazzini e delle scorte
Il magazzino un impianto logistico costituito da locali, attrezzature, personale in grado di ricevere i
diversi materiali e prodotti finiti, custodirli, conservarli e renderli disponibili alla produzione e alla
consegna. La sua funzione quella di:
Ottenere una riduzione dei costi di produzione
Assicurare la capacit di stoccaggio
Garantire il costante e corretto scorrimento dei flussi fisici, e un appropriato livello di servizio al
cliente.
Le materie prime e i prodotti finiti giacenti in magazzino rappresentano le scorte o stock. La gestione delle
scorte deve garantire che la dimensione degli stock sia economica, ossia tale da assicurare il regolare
svolgimento dei processi produttivi e dei processi distributivi. La gestione delle scorte deve raccordarsi
con:
La gestione commerciale
La gestione delle operation
La gestione finanziaria
Le imprese di produzione di beni (aziende industriali) si dotano di magazzino materie prime, sussidiarie e
di consumo, magazzino semilavorati realizzati nel corso dellattivit di produzione e magazzino prodotti
finiti.
Nelle imprese di erogazione di servizi lofferta (Es. viaggio in aereo) non pu essere immagazzinata e ci
comporta la simultaneit tra produzione e utilizzazione.
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Politica di prezzo: diretta alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il rapporto
con il fornitore
Politiche di comunicazione: sono tese a promuovere limmagine aziendale presso i fornitori
potenziali e consolidati, attraverso attivit di assistenza tecnica, finanziaria o adottando politiche di
programmazione di ordini e di consegne al fornitore.
Lobiettivo ultimo, per quanto riguarda le scelte di investimento e di finanziamento, la creazione di valore,
nel senso che ogni operazione deve dimostrarsi capace di accrescere il valore dellimpresa.
50
Diviene indispensabile cercare di quantificare con anticipo le dimensioni dei fabbisogni, onde provvedere alla
raccolta con tempestivit e alle migliori condizioni possibili. Si sviluppano la pianificazione e la
programmazione finanziaria.
La programmazione finanziaria orientata al breve periodo e si basa sul budget di tesoreria.
La pianificazione finanziaria si estende nel medio-lungo periodo da tre a cinque anni. In tal modo, la gestione
finanziaria cerca di preservare la solvibilit (equilibrio finanziario) e la liquidit (equilibrio monetario)
dellimpresa.
Per formulare un giudizio completo nellottica finanziaria su un progetto di investimento occorre conoscere i
seguenti elementi:
lentit dei flussi generati dalloperazione: sar considerata pi vantaggiosa lalternativa con
somma algebrica delle entrate e uscite maggiore;
la distribuzione dei flussi nel tempo: lalternativa con flussi positivi pi vicini nel tempo;
il valore finanziario del tempo: un flusso monetario in entrata oggi non ha il medesimo valore
dello stesso flusso fra un anno.
Ci ruota intorno al concetto di VALORE ATTUALE (VA):
VA ( ) =
Il principale criterio di valutazione degli investimenti si basa sul calcolo del valore attuale dei flussi generati
da un investimento, ed definito valore attuale netto (VAN):
VAN = -
Dove indica lammontare dellinvestimento effettuato.
Linvestimento risulta conveniente solo se le entrate attualizzate risultano maggiori o almeno uguali alle
uscite attualizzate. Ci significa che il VAN deve essere . Il risultato il flusso monetario operativo
dellinvestimento.
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22.4 LE DECISIONI NELLAREA DELLA RACCOLTA DEI MEZZI FINANZIARI
Larea della finanza aziendale include tutte le decisioni riguardanti lacquisizione e lamministrazione delle
risorse finanziarie che logicamente segue lindividuazione degli investimenti da effettuare. Al fine di
ottimizzare le decisioni di finanziamento necessario che limpresa, di fronte allinsorgere di un fabbisogno
finanziario, si domandi come coprirlo e quali sono le modalit tecniche di acquisizione di fondi presenti sul
mercato finanziario.
Secondo la teoria dellordine della scelta le imprese preferiscono lautofinanziamento alle fonti esterne
e, se questo inferiore al fabbisogno, il debito prima bancario poi obbligazionario comunque preferito
ai titoli ibridi e al capitale proprio rinvenibile direttamente sul mercato. A questo punto le scelte sono
due: il debito o lapertura del capitale a soci esterni e nuovi.
Tra gli strumenti del debito, il mutuo uno strumento con un costo medio basso e con unelevata
stabilit, ma trova i principali limiti:
Nella complessit dellottenimento (procedure onerose e tempi lunghi);
Nelle garanzie reali e personali da concedere;
Nel fatto che finanzia una percentuale dellinvestimento.
Le difficolt aumentano per le piccole imprese che hanno un potere dacquisto minore nei confronti delle
banche e a volte non hanno garanzie.
Il leasing, presenta invece in generale un costi pi alto, ma trova i punti di forza nella facilit di
ottenimento, nella flessibilit di gestione e nei benefici fiscali ottenibili.
Lemissione di obbligazioni permette di reperire risorse a medio termine con assenza di garanzie reali
evitando linterposizione delle istituzioni finanziarie.
Riguardo allindebitamento, le imprese italiane ne fanno un uso ampio e prioritario.
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metodologie e gli strumenti di valutazione della convenienza economica sono gli stessi della valutazione
degli investimenti: il VAN.
La fattibilit finanziaria Il concetto di fattibilit finanziaria riguarda la verifica della compatibilit dei
progetti di sviluppo dellimpresa con il fabbisogno di risorse da questa generato. Consiste nellaccertare la
compatibilit dei flussi monetari associati a unoperazione di finanziamento con il complesso dei flussi
aziendali. Lesame deve riguardare la capacit dellimpresa di fronteggiare la successione dei flussi
negativi associati alle singole alternative di finanziamento.
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23.1.3 Le aree gestionali e larticolazione del capitolo
La tutela degli asset da rischi e minacce di tipo doloso e accidentale detta protezione aziendale.
La security la difesa dellimpresa contro gli eventi dolosi (azioni criminali provenienti dallesterno o
interno dellorganizzazione). Essa si concentra sulla protezione fisica del patrimonio tangibile e
immateriale gestendo allarmi, sorveglianza, investigazione). La security si occupa anche della tutela del
sistema informativo.
La safety la difesa dellimpresa contro gli eventi accidentali (sicurezza sul lavoro).
Lenviromental management o protezione dellambiente naturale la tutela dellambiente naturale da
agenti inquinanti generati direttamente o no dalle attivit aziendali. Per effetto di una somiglianza di
problematiche, si tende unire sotto una gestione integrata la safety e la protezione dellambiente e si
parla di healt, safety & environment (HSE).
Il risk management una speciale metodologia di protezione aziendale che si caratterizza per il fatto di
basarsi su un processo di analisi del rischio, applicazione dellintervento prescelto.
Il crisis management la gestione della risposta dellimpresa allevento dannoso quando questo ancora
in corso o non ha ancora esaurito la produzione dei suoi effetti.
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23.2.3 Spionaggio industriale
Tutte le grandi imprese dispongono di sistemi di intelligence, ossia di sistemi formali di raccolta di notizie
riguardanti la concorrenza. Il passaggio da intelligence a spionaggio per una forte tentazione quando
le informazioni desiderate sono segrete. Le imprese che ricorrono a tale attivit sono spinte da ragioni di
natura economica di conoscenze relative a:
Tecnologia e know-how (prototipi, disegni, progetti, formule ecc.);
Strategie (piani, mosse competitive ecc.);
Dati commerciali (statistiche di vendita, elenchi dei clienti ecc.).
Gli sceglie di ricorrere allo spionaggio dispone di quattro grandi gruppi di strumenti:
1) Spionaggio elettronico;
2) Introduzione di spie;
3) Spionaggio informatico;
4) Spionaggio per mezzo di dipendenti;
i danni dello spionaggio si manifestano soprattutto nella sfera della competizione perch limpresa vede
andare in fumo vantaggi basati sul possesso di tecnologie esclusive.
La strategia di difesa si articola in:
Investigazione (attivit di controspionaggio);
Sorveglianza;
Protezione delle strutture (allarmi, casseforti ecc.);
Protezione informatica (password ecc.);
Tutela organizzativa (cercando di reprimere il white collar crime);
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24. La gestione del valore dimpresa e la misurazione delle performance
24.1 IL SUCCESSO DELLIMPRESA E LE SUE DIMENSIONI
Limpresa per garantirsi lo sviluppo e la sopravvivenza nel tempo deve creare ricchezza, ossia valore, inteso
come grandezza che assicura allimpresa la capacit di soddisfare le esigenze degli stakeholder. Lobiettivo di
creare valore assume valenze specifiche rispetto alle dimensioni comunemente ritenute gli ambiti
fondamentali dellattivit di impresa:
La dimensione economica, patrimoniale e finanziaria: capacit di mantenere un grado di
redditivit in linea con le sue prospettive di crescita, allinterno di ben definiti parametri di
solidit patrimoniale e di liquidit;
La dimensione competitiva: conseguimento, mantenimento e consolidamento del VC sui mercati
in cui limpresa opera o intende operare;
La dimensione sociale e ambientale: limpresa cerca un consenso duraturo da parte degli
stakeholder coinvolti o interessati alla gestione aziendale.
24.2 LA GESTIONE DEL VALORE DIMPRESA E I VALUE DRIVERS DELLA SUA CRESCITA
La gestione del valore assume un duplice significato: da un lato, rappresenta lobiettivo fondamentale
dellimpresa, dallaltro una grandezza in grado di esprimere la performance complessiva dellimpresa come
sintesi dei risultati raggiunti. I momenti organizzativi fondamentali del processo di creazione del valore sono:
la gestione (approccio diretto a proteggere il valore acquisito e a crearne uno nuovo) e il controllo
(misurazione periodica del valore).
La teoria e la pratica di una gestione orientata al valore (value-based management) partono dallanalisi della
dinamica finanziaria dellimpresa: flussi netti generati dallimpresa tramite la gestione-acquisto-
trasformazione-vendita e i flussi netti generati attraverso la gestione di investimenti, investendo o
disinvestendo nei fixed asset.
La somma di tali flussi d come risultato il flusso di cassa operativo totale o free cash flow from operation
(FCFO) che limpresa, con diversi value drivers, in grado di generare per remunerare entrambe le categorie
di finanziatori, azionisti e a titolo di debito.
Lanalisi del valore generato parte dalla scomposizione dei flussi sintetici (FCFO) nei differenti value drivers
che li determinano. Questi possono essere di tipo economico (vendite, costi, capitale circolante ecc.) e
operativo (quota di mercato dellimpresa, soddisfazione del cliente ecc.).
Il risultato finale dello schema di determinazione dei flussi rappresentato dal free cash flow. A tal fine
bisogna effettuare approfondite indagini sugli aspetti economico-finanziari che le caratterizzano, partendo
dal bilancio desercizio. Lanalisi del bilancio parte dal riclassificare i valori contenuti nello stato patrimoniale
e nel conto economico, per giungere alla dinamica finanziaria dellimpresa dove si individuano i flussi
monetari che hanno avuto luogo nellesercizio.
Gli impieghi Si suddividono in Attivo Fisso netto e attivo corrente. Lattivo fisso netto comprende le
immobilizzazioni distinte in materiali (Es. impianto), immateriali (Es. brevetti, marchi, avviamento) e
finanziarie (partecipazioni di societ controllate/collegate).
le immobilizzazioni materiali e immateriali sono calcolate al netto dei rispettivi fondi ammortamento.
Lattivo corrente, invece, composto da tutte le attivit legate al ciclo di acquisto-produzione-vendita.
Le fonti La destra dello stato patrimoniale evidenzia le fonti atte a soddisfare le esigenze finanziarie
complessive dellazienda. Le fonti sono classificabili in:
Mezzi propri (capitale sociale e riserve);
Debiti finanziari (sia a breve che a medio/lungo termine);
Passivit correnti.
importante la distinzione tra passivit correnti e indebitamento finanziario: le prime sono costituite da
passivit legate allattivit caratteristica dellimpresa (debiti v/fornitori, ratei e risconti); lindebitamento
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finanziario invece rappresentato dai debiti verso le banche, dai prestiti obbligazionari e altre fonti di
finanziamento da parte di terzi non legate alla gestione corrente.
La differenza tra attivit correnti e passivit correnti rappresenta il CAPITALE CIRCOLANTE NETTO (CCN).
La POSIZIONE FINANZIARIA NETTA o INDEBITAMENTO FINANZIARIO NETTO data dalla differenza tra debiti
finanziari e attivit liquide e misura leffettivo grado di indebitamento delle imprese. Si tengono distinti i
debiti dal capitale netto: il rapporto fra le due forme di finanziamento individua la STRUTTURA FINANZIARIA
(o RAPPORTO DI INDEBITAMENTO).
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24.3 MISURARE LA PERFORMANCE ECONOMICA, PATRIMONIALE E FINANZIARIA
In questo paragrafo si esamina il tema della performance specifica dal punto di vista economico,
patrimoniale e finanziario. Si ricorre a quozienti che consentono di mettere a fuoco aspetti fondamentali
della vita dellazienda, quali la redditivit, la solidit patrimoniale e la struttura finanziaria. I quozienti pi
rappresentativi ai fini dellanalisi sono:
ROI (return on investiment)
Sommatoria delle attivit operative
ROI = al netto degli ammortamenti
Il ROI, consentendo di evidenziare il grado di efficienza con cui limpresa impiega le proprie
risorse, un parametro molto utilizzato per la valutazione dei risultati a livello aziendale e
divisionale.
ROE (return on equity)
ROE =
Il ROE misura il risultato economico destinato agli azionisti come ritorno del capitale da essi
apportato nellimpresa. lutile per azione.
Rapporto di indebitamento =
un indice della solidit patrimoniale dellimpresa, ossia della sua capacit di far fronte agli
impegni nel medio-lungo periodo e, pi in generale, della congruit della struttura finanziaria
adottata. Il rapporto pu essere letto come indicatore della partecipazione degli azionisti al
finanziamento delle attivit aziendali. Esso, inoltre, un valido indicatore del rischio che
incombe sui finanziatori in termini di possibile insolvenza.
Il bilancio di esercizio e i quozienti non sono in grado da soli di chiarire lestrema complessit dellimpresa.
Alla misurazione monetaria sfuggono inevitabilmente fenomeni che incidono profondamente sulle condizioni
di crescita e funzionalit economica duratura dellimpresa, ovvero sulla possibilit della stessa di aumentare
nel tempo il proprio valore.
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La quota di mercato relativa espressa dal rapporto tra quota di mercato assoluta dellimpresa e
quota di mercato di un concorrente.
2. lindice di penetrazione e il grado di copertura ponderata del mercato. Tali indici fanno parte degli
indicatori che sono in grado di fornire informazioni sulla capacit competitiva dellimpresa. La quota di
mercato definibile come prodotto tra il livello di penetrazione (rapporto tra vendite effettuate alla
clientela servita e gli acquisti totali di questultima)e il grado di copertura ponderata della clientela
(rapporto tra gli acquisti totali della clientela servita per un prodotto e le vendite totali del prodotto
nel settore).
Dove:
VA = vendite dellazienda (o di un prodotto x)
Quota di mercato = = X
VT = vendite totali (mercato di riferimento)
Acs = acquisti totali della clientela servita (mercato di riferimento)
La capacit innovativa costituisce un fattore chiave per assicurare allimpresa una posizione competitiva
forte e stabile nel tempo. Gli indicatori pi utilizzati per valutare la performance di R&S sono i seguenti:
risorse destinate alla R&S (risorse umane, sia gli investimenti complessivi);
numero e importanza dei brevetti (i brevetti sono strumenti normativi di protezione dellattivit
industriale mediante i quali la legislazione consente allimpresa di recuperare gli investimenti
effettuati in ricerca e sviluppo e tutela del know-how;
royalty e altri proventi da brevetti (royalty e altre forme di compenso che limpresa ottiene dalla
concessione di licenze per lo sfruttamento di tecnologie coperte da brevetto);
tasso di introduzione di nuovi prodotti (capacit dellimpresa di sviluppare prodotti innovativi).
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Il bilancio sociale pu essere considerato come il controllo, in un dato momento, dellimpatto delle
attivit di unimpresa sul benessere degli individui che sviluppano forme dinterazione con essa. Gli
obiettivi del bilancio sociale toccano:
- Le relazioni pubbliche (modificare lopinione pubblica);
- La composizione dei contrasti (attenuare i contrasti tra limpresa e alcuni interlocutori:
organizzazioni di difesa dei consumatori o a tutela dellambiente);
- Il miglioramento delle relazioni industriali (con i lavoratori);
- La gestione degli interlocutori sociali (strumento di controllo del livello di attuazione della strategia
sociale dellimpresa).
Gli stakeholder interessati possono ottenere dunque indicazioni circa lattivit di protezione ambientale
condotta dallazienda, le risorse umane e le relazioni industriali, le politiche di ricerca e sviluppo.
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