Chimica Inorganica
Chimica Inorganica
Chimica Inorganica
Chimica Generale
Rodomontano
Agosto 2011
Sommario
1 Teoria atomica e leggi quantitative 1.1 La struttura della materia: atomi ed elementi 1.2 Simbologia chimica 1.3 Coefficienti stechiometrici e bilanciamento 1.4 Le prime leggi della chimica 1.4.1 Legge della conservazione della massa di Lavoisier (1789) 1.4.2 Legge delle proporzioni definite e costanti (Proust 1799) 1.4.3 Legge delle proporzioni multiple (Dalton 1803) 1.4.4 Legge dei rapporti volumetrici gassosi definiti e costanti (Gay Lussac 1808) 1.5 Pesi atomici e molecolari relativi: lunit di massa atomica 1.6 Nuclidi: numero atomico Z e numero di massa A 1.7 La mole ed il Peso molare 1.8 Il numero di Avogadro 1.9 Calcolo delle quantit che reagiscono 1.10 Composizione percentuale e formula di un composto 1.11 Esercizi 1.11.1 Bilanciamento 1.11.2 Pesi (masse) relativi ed assoluti 1.11.3 Mole, Peso molare e numero di Avogadro 1.11.4 Elementi, Nuclidi (isotopi, isobari, isotoni) e Ioni 1.11.5 Rapporti stechiometrici numerici e ponderali 1.11.6 Quantit che reagiscono e reagente limitante 1.11.7 Conversione composizione percentuale/formula Modelli atomici classici 2.1 La struttura interna dellatomo 2.2 I modelli atomici di Thomson e Rutherford La radiazione elettromagnetica 3.1 Modello ondulatorio e corpuscolare a confronto 3.2 Le onde elettromagnetiche 3.3 I parametri di unonda e lo spettro elettromagnetico 3.4 Spettri di emissione e di assorbimento 3.5 I quanti di radiazione: fotoni Modelli atomici quantistici semiclassici 4.1 Il modello atomico di Bohr 4.2 Conferme sperimentali del modello di Bohr 4.3 Il modello di Bohr-Sommerfeld: numero quantico secondario l 4.4 Il numero quantico magnetico m 4.5 Numero quantico di spin e principio di esclusione di Pauli Modelli atomici quanto-meccanici 5.1 La natura ondulatoria della materia: De Broglie 5.2 Natura ondulatoria della materia: interpretazione probabilistica 5.3 La meccanica ondulatoria di Schrdinger 5.4 La meccanica matriciale di Heisenberg 5.4.1 Il principio di indeterminazione di Heisenberg 5.5 L'equazione relativistica di Dirac 5.6 Meccanica quantistica: interpretazioni 5.6.1 Il microscopio di Heisenberg 5.6.2 Principio di complementariet e interpretazione di Copenaghen 5.6.3 La probabilit quantistica ed il microscopio di Feynman 5.6.4 L'effetto tunnel 5.6.5 Il gatto di Schrdinger ed il principio di sovrapposizione degli stati 5.6.6 Paradosso EPR: Entanglement e Nonlocalit 5.6.7 La disuguaglianza di Bell e lesperimento di Aspect 5.6.8 Conclusioni Struttura atomica e caratteristiche chimiche 6.1 Il riempimento degli orbitali 6.1.1 Principio di minima energia
2 3
6.1.2 Principio di esclusione di Pauli 6.1.3 Principio di massima molteplicit di Hund 6.2 Configurazioni elettroniche e Strutture di Lewis degli elementi 6.3 Metalli e non metalli 6.4 Energia di prima ionizzazione 6.5 Affinit elettronica 6.6 Altre informazioni utili nella tabella periodica 7 I legami chimici 7.1 Il legame covalente: Teoria di Lewis 7.1.1 Raggio covalente 7.1.2 Legame dativo e promozione elettronica 7.1.3 La geometria delle molecole: teoria VSEPR 7.1.4 Legame covalente polare: elettronegativit e momento di dipolo 7.1.5 Molecole con elettroni spaiati e paramagnetismo 7.1.6 Strutture di Lewis molecolari e carica formale 7.2 Il Legame covalente: Teoria del legame di valenza (VB) 7.2.1 Ibridazione orbitalica 7.2.2 Risonanza o mesomeria 7.2.3 Delocalizzazione elettronica 7.2.4 Regole di risonanza 7.2.5 Criteri di stabilit delle strutture risonanti 7.2.6 Due esempi di risonanza: il gruppo carbossilico ed il gruppo peptidico 7.3 Il legame covalente: Teoria dellOrbitale Molecolare (MO) 7.4 Legame ionico 7.5 Legame metallico 7.6 Legami intermolecolari e forze di van der Waals 7.6.1 Forze di Keesom o interazioni dipolo-dipolo (effetto di orientazione) 7.6.2 Forze di Debye o interazioni dipolo permanente-dipolo indotto (effetto di induzione) 7.6.3 Forze di London o interazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto (effetto di dispersione) 7.6.4 Repulsione di van der Waals a corto raggio e potenziale di Lennard-Jones 7.6.5 Interazioni tra ioni e molecole neutre 8 Costruzione dei composti e nomenclatura chimica 8.1 Numero di ossidazione (nox) o stato di ossidazione (stox) 8.2 Regole per la costruzione dei composti binari 8.3 Principali composti binari 8.3.1 Idruri 8.3.2 Perossidi 8.3.3 Ossidi 8.3.4 Idracidi 8.4 Composti ternari: Ossiacidi ed Idrossidi 8.4.1 Acidi 8.4.2 Idrossidi 8.5 I Sali 8.5.1 Processi di salificazione 8.5.2 Dissociazione dei Sali 8.5.3 Sali idratati 8.5.4 Sali doppi 8.5.5 Sali complessi 8.6 Composti complessi e agenti complessanti 8.6.1 Nomenclatura dei complessi 9 Isomeria 9.1 Isomeria costituzionale 9.1.1 isomeria di catena 9.1.2 Isomeria di posizione 9.1.3 Isomeria di gruppo funzionale 9.2 Stereoisomeria 9.2.1 Isomeria conformazionale 9.2.2 Isomeria configurazionale 10 Stechiometria
10.1 Bilanciamento delle reazioni chimiche 10.2 Reazioni di ossidoriduzione 10.3 Strategia di bilanciamento delle reazioni redox in forma molecolare 10.3.1 Bilanciamento con numeri di ossidazione frazionari 10.3.2 Reazioni redox di dismutazione o disproporzionamento 10.3.3 Redox con pi di due elementi che variano il nox 10.4 Strategia di bilanciamento di reazioni redox in forma ionica netta 10.5 Trasformazione di una redox proposta in forma molecolare in una redox in forma ionica 10.6 Rapporti ponderali: calcolo delle quantit che reagiscono 11 Stato gassoso 11.1 Le leggi dei gas 11.1.1 Legge di Boyle 11.1.2 Legge di Charles o 1a legge di Gay-Lussac 11.1.3 2a legge di Gay-Lussac 11.1.4 Equazione di stato dei gas perfetti (Clapeyron) 11.1.5 Equazione di stato dei gas reali (van der Waals) 11.2 Cenni di teoria cinetica dei gas 11.2.1 Distribuzione delle velocit - Maxwelliana 11.3 Legge di Graham 11.4 Legge di Dalton o delle pressioni parziali 11.5 Temperatura critica 12 Stato liquido 12.1 Diffusione ed entropia 12.2 Evaporazione e tensione di vapore 12.3 Ebollizione 12.4 Diagramma di stato 13 Soluzioni 13.1 Concentrazione di una soluzione 13.2 Solubilit 13.3 Elettroliti, non-elettroliti e grado di dissociazione 13.4 Osmosi e Pressione osmotica 13.5 Legge di Raoult 13.5.1 Regola della leva 13.5.2 Distillazione e diagramma lenticolare 13.5.3 Soluzioni non ideali: deviazioni dalla legge di Raoult e azeotropi 13.6 Innalzamento ebullioscopico ed abbassamento crioscopico 13.7 Propriet colligative 14 Cinetica chimica 14.1 Velocit di reazione 14.2 Ordine, molecolarit e meccanismo di reazione 14.2.1 Reazioni di primo ordine (cinetica di primo ordine) 14.2.2 Reazioni di secondo ordine (cinetiche di secondo ordine) 14.2.3 Reazioni di ordine zero (cinetiche di ordine zero) 14.3 Determinazione dellordine di reazione 14.3.1 Metodo dellisolamento 14.3.2 Metodo delle velocit iniziali 14.3.3 Metodo dei tempi di dimezzamento. 14.3.4 Uso dellequazione cinetica integrata 14.4 Costante di velocit specifica ed equazione di Arrhenius 14.4.1 Determinazione dei parametri di Arrhenius 14.4.2 Teoria degli Urti 14.4.3 Teoria dello Stato di Transizione 14.4.4 Altri fattori che influenzano la velocit di una reazione 15 Equilibrio chimico 15.1 Legge di azione di massa (legge di Guldberg-Waage) 15.1.1 Costante di equilibrio (Kc Kp Kn K) 15.1.2 Posizione del punto di equilibrio 15.1.3 Calcolo delle concentrazioni di equilibrio e Quoziente di reazione 15.2 Equilibri chimici omogenei ed eterogenei 15.3 Modificazioni di un equilibrio chimico: il principio di Le Chatelier
16 Equilibri di dissociazione ionica 16.1 Il prodotto ionico dellacqua 16.2 pH e pOH 16.3 Calcolo del pH 16.3.1 Calcolo pH per acidi e basi forti 16.3.2 pH in soluzioni molto diluite di acidi (e basi) forti 16.3.3 pH in soluzioni di acidi e basi deboli: ka e kb (pka e pkb) 16.3.4 Metodo semplificato per il calcolo del pH di acidi e basi deboli 16.3.5 Calcolo del pH di acidi e basi deboli molto diluiti e/o molto deboli. 16.3.6 pH in soluzioni di acidi e basi deboli poliprotici 16.4 Indicatori di pH 16.5 Idrolisi salina ed equilibrio di idrolisi 16.5.1 Idrolisi basica 16.5.2 Idrolisi acida 16.5.3 Idrolisi acida di un catione metallico 16.5.4 Lidrolisi come reazione acido-base di Brnsted 16.5.5 Idrolisi neutra 16.5.6 Idrolisi di un sale derivante da un acido debole e da una base debole 16.5.7 Idrolisi di elettroliti anfoteri (anfoliti) 16.6 Soluzioni tampone 16.6.1 Equazione di Henderson-Hasselbach 16.6.2 Meccanismo d'azione di una soluzione tampone 16.6.3 Capacit tampone b ed efficienza di una soluzione tampone 16.6.4 Limiti di applicabilit della relazione di Henderson-Hasselbach 16.6.5 Calcolo delle concentrazioni delle specie chimiche di un tampone a pH noto 16.6.6 Calcolo della Ka al punto di semiequivalenza 16.7 Elettroliti anfoteri in soluzione 16.8 Equilibri di solubilit e prodotto di solubilit k ps 16.8.1 Effetto dello ione comune 16.8.2 Equilibrio di solubilit e precipitazione 16.8.3 Equilibrio di solubilit, idrolisi e pH 16.9 Equilibri di complessazione e costante di formazione dei complessi. 16.9.1 Competizione tra equilibrio di complessazione ed equilibrio di solubilit 16.9.2 Equilibrio di complessazione e pH 16.10 Teorie Acido-base 16.10.1 Acidi e basi secondo Arrhenius 16.10.2 Acidi e basi secondo Brnsted 16.10.3 Acidi e basi secondo Lewis 16.11 Titolazione Acido-base 16.12 Curve di titolazione 16.12.1 Curva di Titolazione di un acido forte con una base forte 16.12.2 Curva di Titolazione di una base forte con un acido forte 16.12.3 Curva di Titolazione di un acido debole monoprotico con una base forte 16.12.4 Curva di Titolazione di un acido debole poliprotico con una base forte 16.13 Forza ionica e attivit 17 Elettrochimica: celle galvaniche 17.1 Celle galvaniche (pile) 17.1.1 La pila Daniell 17.2 Rappresentazione schematica delle semicelle e diagramma di cella 17.3 Classificazione delle semicelle 17.3.1 Semicelle di prima specie (elettrodo Metallo-Ione metallico) 17.3.2 Semicelle di seconda specie (elettrodo Metallo-Sale insolubile-Anione) 17.3.3 Semicelle redox 17.3.4 Semicelle a gas 17.4 Potenziale di elettrodo 17.4.1 Elettrodo standard ad idrogeno 17.4.2 Potenziali standard di riduzione 17.4.3 Serie elettrochimica 17.4.4 Propriet dei potenziali di riduzione E 17.5 Equazione di Nernst
17.5.1 Potenziali dellIdrogeno e dellOssigeno in funzione del pH 17.6 Applicazioni dellequazione di Nernst 17.6.1 Pile a concentrazione 17.6.2 Analisi potenziometriche 17.6.3 Relazione tra Keq e fem (Ecella) 17.6.4 Relazione tra Keq ed E per reazioni non-redox 17.7 Lavoro eseguito da una pila 18 Elettrochimica: celle elettrolitiche 18.1 Elettrolisi di sali fusi 18.2 Elettrolisi di una soluzione contenente pi ioni (precedenza di scarica) 18.3 Tensione di decomposizione 18.4 Sovratensione 18.4.1 Applicazioni dei fenomeni di sovratensione 18.4.2 Cause dei fenomeni di sovratensione 18.5 Le leggi di Faraday 18.6 Equivalente elettrochimico 18.7 Fenomeni elettrochimici di interesse pratico 19 Elementi di termodinamica chimica 19.1 I sistemi termodinamici 19.2 Funzioni di stato e di percorso 19.3 Energia interna (E) 19.3.1 Variazioni dell'energia interna E di un sistema chimico 19.4 Entalpia (H) e termochimica 19.4.1 Legge di Lavoisier-Laplace (1780) 19.4.2 Legge di Hess (1840) 19.5 Entropia (S), Energia libera (G) e criteri di spontaneit 19.6 Previsioni sulla spontaneit di una reazione 19.7 Energia libera e sistemi all'equilibrio 19.7.1 Transizioni di fase: Regola di Trouton 19.7.2 Transizioni di fase: Equazione di Clausius-Clapeyron 19.7.3 Equazione di Clausius-Clapeyron e Legge di Henry 19.7.4 Equazione di Clausius-Clapeyron e Legge di Raoult 19.7.5 Energia libera e costante di equilibrio 19.7.6 Equazione di Eyring (calcolo della costante cinetica) 19.8 Relazione tra G e E 19.9 Dipendenza delle funzioni di stato dalla Temperatura: Calore Specifico 19.9.1 Dipendenza dellEnergia interna da T 19.9.2 Dipendenza dellEntalpia da T: equazione di Kirchhoff 19.9.3 Dipendenza dellEntropia da T 19.9.4 Dipendenza dellEnergia Libera da T 19.10 G e S di mescolamento 19.11 La costante di equilibrio K per temperature diverse da 25C Equazione di vant Hoff 20 Appendici 20.1 Costanti di dissociazione acida e basica (a 25C) 20.2 Prodotti di solubilit (ordinati per anione) (a 25C) 20.3 Prodotti di solubilit (ordinati per catione) (a 25C) 20.4 Costanti di formazione dei complessi (a 25C) 20.5 pk di formazione parziali dei complessi (a 25C) 20.6 Funzioni termodinamiche di formazione (Hf - Gf - S) 20.7 Potenziali Standard di riduzione in volt (a 25C e 1 atm) 20.8 Elementi chimici (massa, configurazione elettronica, nox, etimo) 20.9 Costanti fondamentali 20.10 Unit di misura 20.11 Nomenclatura
LUniverso composto di materia ed energia, due aspetti della medesima entit visto che, come dimostr Einstein, esse possono convertirsi luna nellaltra secondo la relazione E = mc2. La chimica la scienza che studia le caratteristiche, la struttura e le trasformazioni della materia e gli scambi energetici connessi a tali trasformazioni. Oggi noi possediamo un modello sufficientemente dettagliato per descrivere la struttura della materia, il modello atomico. Parlare di atomi attualmente quasi un fatto scontato, ma il modello atomico si afferm con difficolt, nonostante sia stato proposto per la prima volta pi di duemila anni fa.
1.1 La struttura della materia: atomi ed elementi
Le prime ipotesi sulla struttura e sulla natura della materia vennero infatti avanzate, agli albori del pensiero occidentale, in Grecia. A tal proposito possiamo individuare, in estrema sintesi, due problemi fondamentali intorno ai quali si svilupp il dibattito filosofico su questo tema: A) continuit/discontinuit della materia: latomo Da una parte Aristotele che ipotizza l'esistenza di una materia continua, divisibile indefinitamente in frammenti sempre pi piccoli e quindi irriducibile ad unit elementari. due correnti di pensiero che interpretavano la materia in modi diametralmente opposti. Dallaltra Democrito di Abdera (IV sec a.C.), anche se il primo ad avere parlato di atomi fu Leucippo, che ritiene invece la materia discontinua e sostiene pertanto l'esistenza di particelle minuscole, chiamate atomi1, invisibili, incorruttibili ed eterne. Le idee di Democrito sopravvissero nei secoli. Furono divulgate da Epicuro di Samo (III sec. a.C.) e, nel mondo latino, da Tito Lucrezio Caro (95-55 a.C.) nel "De Rerum Natura". B) complessit/semplicit della materia: lelemento La ricerca dell'arche, del 'principio primo, dal quale discendeva tutta la molteplicit dell'essere, rappresent forse l'elemento peculiare della prima speculazione greca intorno al mondo. Il problema di poter ricondurre l'enorme variet di sostanze conosciute alla combinazione di poche sostanze semplici significava fondamentalmente razionalizzare il mondo e quindi spiegare i fenomeni complessi riconducendoli e riducendoli alla loro composizione elementare. A parte i primi tentativi effettuati in tal senso dai primi 'Fisiologi' presocratici, come Talete (624-546 a.C.) che individu nell'acqua il principio primo o Anassimene (586-528 a.C.) che lo identific nell'aria, l'ipotesi che ebbe la maggior fortuna durante tutto il medioevo, grazie all'autorevole consenso di Aristotele, fu senza dubbio quella di Empedocle (490-430 a.C.). Secondo tale ipotesi tutta la materia era composta da quattro sostanze fondamentali ed elementari: l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco. Il concetto di atomo e di elemento sono fondamentali in chimica. Le prime definizioni moderne si devono a Boyle e a Newton. Per R.Boyle (1627-1691) gli elementi sono "corpi primitivi, semplici, incontaminati, che, non essendo costituiti da altri corpi o di loro mescolanze, sono ingredienti di cui i corpi misti sono costituiti e nei quali questi possono essere in definitiva risolti".
1dal
Mentre Newton immagin gli atomi come minuscole sfere, dominate solo da forze attrattive e repulsive. In Opticks cos scrive: "In principio Dio cre la materia in particelle mobili, impenetrabili, dure, massicce, solide...." Oggi la nostra idea di atomo notevolmente cambiata rispetto al modello newtoniano, ciononostante vi sono ambiti della chimica e della fisica moderna (teoria cinetica dei gas, ad esempio) in cui tale modello risulta essere ancora perfettamente adeguato ed in grado di giustificare alcuni comportamenti della materia. La chimica moderna, che nasce tra la fine del 700 e linizio dell800, giunge ad unificare il concetto di atomo e di elemento. Tale unificazione si produce con la formulazione da parte di Dalton della Teoria atomica, che possiamo cos sintetizzare La materia composta di atomi indivisibili ed inalterabili; Esistono atomi con caratteristiche differenti. Tutti gli atomi di uno stesso tipo costituiscono le sostanze semplici o elementi; Le trasformazioni chimiche si producono per unione o separazione di atomi secondo rapporti rigorosamente determinati e caratteristici per ogni sostanza chimica.
La teoria atomica stata in seguito sostanzialmente confermata ed a tuttoggi uno dei paradigmi della chimica. In natura esistono 90 tipi di atomi che individuano altrettanti elementi chimici (gli elementi fino allUranio sono 92, ma il 43mo (Tc Tecnezio) ed il 61mo (Pm Promezio) sono prodotti artificialmente). Tuttavia oggi gli atomi non sono pi considerati strutture elementari ed indivisibili. Essi sono infatti composti da tre tipi di particelle subatomiche: il protone, il neutrone e lelettrone. Il protone, con carica elettrica positiva, ed il neutrone, privo di carica elettrica, vanno a formare la parte centrale dellatomo, detta nucleo. Gli elettroni, con carica elettrica negativa, uguale e contraria a quella dei protoni, orbitano intorno al nucleo. Un atomo neutro quando i protoni del suo nucleo sono esattamente neutralizzati da un ugual numero di elettroni. Gli atomi che presentano elettroni in pi o in meno rispetto ai protoni del nucleo risultano elettricamente carichi e sono detti ioni. Se vi un difetto di elettroni essi risultano caricati positivamente (cationi), viceversa presentano una carica negativa (anioni).
1.2 Simbologia chimica
Agli inizi dell800 erano gi stati identificati una cinquantina di elementi chimici che il chimico svedese J.J. Berzelius (1779 1848) raccolse nel 1818 in una tabella. Lo stesso Berzelius propose di adottare la simbologia chimica attualmente in uso. Ciascun elemento chimico viene univocamente associato ad un simbolo, in genere corrispondente alliniziale del suo nome latino (o alle prime due lettere se vi possibilit di equivoco con altri elementi). Ad esempio C il Carbonio, Ca il Calcio, Ce il Cerio, Co il Cobalto, Cu il Rame. I simboli rappresentano sia gli elementi che i relativi atomi. Cos N rappresenta lelemento Azoto, ma anche un atomo di Azoto. In questo modo possibile rappresentare le sostanze chimiche mediante opportune scritture convenzionali, dette formule. Nelle formule grezze (o brute) sono rappresentati i simboli degli elementi chimici che costituiscono la sostanza, ciascuno seguito in basso a destra da un numero, detto indice, che specifica quanti atomi di quellelemento sono presenti. Lindice 1 non compare, essendo sottinteso.
H2SO4 CO2 H2O N2 Na2CO3 O2 Mg(NO3)2
Come si pu osservare dalle formule che le rappresentano, le sostanze chimiche possono essere costituite da atomi di uno stesso elemento (O2 N2) e sono perci dette sostanze elementari, o da atomi di elementi diversi (H2SO4 CO2) e sono perci dette sostanze composte o, semplicemente, composti. I composti sono sostanzialmente di due tipi: molecolari o ionici. Un composto molecolare formato da molecole. Una molecola la pi piccola parte di materia che presenta le medesime caratteristiche chimiche della sostanza alla quale appartiene. costituita da un gruppo definito di atomi, tra loro legati, ma distinti e separati dagli atomi che costituiscono altre molecole. Le formule che rappresentano tali composti sono dette formule molecolari. Un composto ionico costituito dallalternarsi di anioni e cationi legati dalla reciproca attrazione elettrostatica e presenti in rapporti precisi, definiti dalla loro carica. Ad esempio nel carbonato di sodio si alternano ioni Na+ e ioni CO32- nel rapporto di 2:1, necessario per neutralizzare le cariche elettriche. La formula Na2CO3 non rappresenta la molecola, che non esiste in quanto tale, ma descrive il minimo rapporto di combinazione tra gli elementi. Tali formule sono dette formule minime. Gli ioni presentano, ad esponente del simbolo che li rappresenta, il numero di cariche, positive o negative che li caratterizza, esattamente pari al numero di elettroni persi o acquistati. Esistono anche ioni poliatomici. Le formule grezze (sia molecolari che minime) non danno alcuna informazione sul modo in cui gli atomi sono legati (connettivit). A questo scopo sono state introdotte rappresentazioni, dette formule di struttura. Nel caso si desiderino evidenziare anche informazioni relative alla disposizione nello spazio degli atomi e dei loro legami necessario utilizzare formule spaziali o steriche, le quali, oltre ad evidenziare la posizione dei legami, mostrano anche la loro orientazione (angolo di legame) e danno quindi informazioni sulla struttura tridimensionale (geometria) della sostanza
Nelle trasformazioni chimiche, comunemente dette reazioni chimiche, le sostanze messe a reagire, dette reagenti, si trasformano in altre specie chimiche, dette prodotti di reazione. Ci avviene essenzialmente perch alcuni legami che tenevano uniti gli atomi nelle sostanze reagenti si spezzano e si riformano secondo nuove combinazioni. Le nuove configurazioni atomiche che si generano costituiscono i prodotti finali della reazione.
Ovviamente durante tali trasformazioni il numero totale di atomi di ciascun elemento chimico non varia, anche se si trova diversamente combinato nei prodotti rispetto ai reagenti (principio della conservazione della materia). Una reazione chimica viene simbolicamente rappresentata mediante unequazione chimica. A primo membro troviamo le formule dei reagenti, mentre a secondo membro le formule dei prodotti di reazione, tutte separate dal segno di addizione (+). Il segno di eguaglianza tra i due membri (=) viene sostituito dalla freccia di reazione (), se la reazione si completa e tutti i reagenti si trasformano nei prodotti o dalla doppia freccia di reazione ( ), se si tratta di un equilibrio chimico e la reazione forma una miscela in equilibrio di reagenti e prodotti.
1.3
Affinch lequazione descriva la reazione non solo dal punto di vista qualitativo (quali specie chimiche sono coinvolte nella reazione), ma anche quantitativo, necessario anteporre a ciascuna formula un numero intero, detto coefficiente stechiometrico, che specifichi il numero di molecole di ciascuna specie chimica che partecipano alla reazione. La determinazione dei coefficienti stechiometrici costituisce il bilanciamento della reazione. Bilanciare una reazione significa dunque calcolare opportuni coefficienti per i quali necessario moltiplicare le formule delle specie chimiche che partecipano alla reazione, affinch ogni elemento compaia a sinistra e a destra del segno di reazione con il medesimo numero di atomi. In altre parole una reazione bilanciata quando soddisfa il principio di conservazione della materia. Per bilanciare una reazione non vi sono regole precise, ma in genere opportuno seguire i seguenti consigli: Si pareggiano inizialmente gli atomi di elementi che compaiono in un minor numero di specie chimiche (in genere lossigeno e lIdrogeno sono molto diffusi e si bilanciano rispettivamente per ultimo (O) e penultimo (H)); Se, bilanciando un elemento, si modifica qualche altro elemento, si procede subito al suo bilanciamento
Esempio
Iniziamo bilanciando il ferro: poich vi un atomo di ferro tra i prodotti di reazione e 2 tra i reagenti, moltiplichiamo per 2 il nitrato ferrico Fe(NO3)3 ponendogli davanti un coefficiente "2".
Una volta che l'equazione bilanciata siamo in grado di effettuare considerazioni di tipo quantitativo sulla reazione. Nel caso della reazione appena bilanciata possiamo ad esempio affermare che una molecola di carbonato ferrico Fe2(CO3)3 necessita di 6 molecole di acido nitrico HNO3 per reagire e che da tale reazione si producono 2 molecole di nitrato ferrico Fe(NO3)3 e 3 di acido carbonico H2CO3.
Esempio
Bilanciamo il Ferro (x 2) lo Zolfo (x 4)
lOssigeno: ci sono 11 atomi a destra e 2 a sinistra, moltiplico per 2 a destra e per 11 a sinistra per averne 22 e 22 Ribilancio Ferro e Zolfo
Gran parte dei concetti fin qui esposti (atomo, molecola, sostanze elementari e composti, reazione chimica e relativo bilanciamento) sono stati definiti agli albori della chimica moderna ed hanno contribuito alla sua fondazione.
1.4 Le prime leggi della chimica
Le prime leggi della chimica risalgono alla fine del 700 e formalizzano alcuni comportamenti regolari che si iniziano a scoprire nei rapporti di combinazione tra le sostanze che reagiscono. Le regolarit osservate nel comportamento della materia durante le reazioni vennero espresse attraverso una serie di leggi quantitative che costituirono i presupposti alla formulazione della stessa teoria atomica. 1.4.1 Legge della conservazione della massa di Lavoisier (1789) "In una reazione chimica, la somma dei pesi dei reagenti sempre uguale alla somma dei pesi dei prodotti di reazione". Essa afferma che la materia non si crea e non si distrugge. Tale legge, che oggi sembra ovvia, non lo era affatto al tempo in cui venne formulata. La combustione, ad esempio, in cui materiali come il legno o la carta, perdono apparentemente peso durante il processo sembrava confermare la tesi opposta. Gli stessi fenomeni di fusione dei metalli in cui si producevano scorie, dette allora calci, pi pesanti dei metalli stessi ponevano grossi problemi interpretativi. Nel 1715 il chimico tedesco G.E.Stahl2 aveva introdotto il concetto di flogisto o principio infiammabile per giustificare questo strano comportamento. Lavoisier riusc a fare definitivamente chiarezza su questi e molti altri problemi. Egli viene oggi considerato il primo vero chimico sperimentale ed il fondatore della chimica moderna. Il suo lavoro infatti caratterizzato dalla rigorosa applicazione di strumenti di misura e del metodo sperimentale alla pratica di laboratorio.
2Fino
a tutto il '600 il fatto che durante il processo di fusione dei metalli all'aria una parte di essi bruciava trasformandosi in scoria simile alla calce (calcinazione), con aumento di peso, non trovava spiegazione. Cos come non ci si spiegava come le scorie, scaldate con carbone, riformassero il metallo di partenza, perdendo peso. Stahl ipotizz dunque l'esistenza di un fluido, detto appunto flogisto, avente la propriet di togliere peso alla materia che lo conteneva. Sottoponendo il metallo a riscaldamento , il flogisto abbandonava la materia restituendo ad essa peso.
Pesando accuratamente reagenti e prodotti di reazione, Lavoisier dimostr che le calci (oggi si chiamerebbero ossidi) derivate dalla fusione dei metalli all'aria, pesano di pi dei metalli di partenza perch sono combinazioni del metallo con l'ossigeno atmosferico, portando al definitivo abbandono della teoria del flogisto Per ci che riguarda la comprensione della natura e della struttura della materia i risultati ottenuti da Lavoisier rappresentano un notevole passo in avanti, suggerendo la possibilit che durante le reazioni chimiche le sostanze non 'spariscano', ma semplicemente si combinino in vario modo per dare sostanze aventi diverse propriet, ma massa complessivamente uguale. Lavoisier riusc in definitiva a dimostrare che il peso dei corpi semplici (elementi) pu ritrovarsi inalterato nelle loro combinazioni in corpi composti. E, viceversa, che i corpi composti possono spezzarsi in elementi pi semplici aventi complessivamente lo stesso peso. 1.4.2 Legge delle proporzioni definite e costanti (Proust 1799) "In un determinato composto chimico gli elementi che lo formano stanno tra loro in proporzioni di peso definite e costanti". Ad esempio per ottenere acqua dobbiamo sempre far reagire Idrogeno ed Ossigeno nelle proporzioni di 1 g contro 8 g. Qualsiasi eccesso di uno dei due elementi rispetto a tale rapporto, non reagisce per dare acqua e rimane inalterato alla fine della reazione. Tale legge venne aspramente criticata dal chimico francese Berthollet (1748-1822), il quale riteneva che la composizione chimica di un composto non fosse percentualmente fissa e definita, ma dipendesse dal modo in cui il composto stesso veniva preparato. Anche la legge di Proust (1754-1826) suggeriva fortemente, come quella di Lavoisier, la possibilit che ogni elemento chimico fosse costituito da particelle aventi una massa caratteristica, in grado di unirsi tra loro solo in proporzioni fisse. 1.4.3 Legge delle proporzioni multiple (Dalton 1803) Quando due elementi si combinano tra loro per dare pi di un composto, le quantit in peso di uno che si combinano con una quantit fissa dell'altro stanno tra loro in rapporti esprimibili mediante numeri interi, in genere piccoli3. Dalton intu che solo immaginando la materia formata da particelle microscopiche, indivisibili, indistruttibili e non creabili (quindi stabili), si potevano spiegare i rapporti di combinazione degli elementi chimici nel dare i composti. La teoria atomica venne enunciata ufficialmente da Dalton solo nel 1808. naturalmente essa aveva bisogno di altre conferme sperimentali. Soprattutto, implicando che ogni elemento fosse formato da atomi aventi una massa caratteristica, richiedeva che fossero calcolati i pesi dei diversi atomi. Tutti i dati sperimentali fino ad allora ottenuti non erano certo in grado di dimostrare l'esistenza degli atomi, ma potevano facilmente essere spiegati se si accettava il modello atomico. Come spesso accade il modello dovette ben presto subire una parziale revisione ed essere modificato per render conto di nuovi dati sperimentali che emergevano dallo studio delle reazioni gassose. Fino alla met del '700 i gas4, ed in particolare l'aria, non venivano concepiti come sostanze chimicamente attive, ma semplicemente come un mezzo amorfo, un substrato fluido che occupava lo
Se prendiamo ad esempio i 4 composti del cloro con l'ossigeno, troviamo che con 71 g di cloro reagiscono rispettivamente 16g, 48g, 80g e 112g di Ossigeno per dare quattro composti tra loro diversi. Si pu facilmente verificare che tali pesi stanno tra loro come 1:3:5:7. 4 termine introdotto da van Helmont (1577-1644) dalla parola caos
3
spazio vuoto. Nella seconda met del '700 i chimici iniziano ad isolare i primi gas: nasce la chimica pneumatica.
Nel 1755 J.Black (1728-1799) annuncia la scoperta di un gas diverso dall'aria che egli chiama aria fissata (anidride carbonica). Nel 1766 H.Cavendish (1731-1810) comunica alla Royal Society la scoperta dell'aria infiammabile (Idrogeno), ottenuta facendo reagire metalli con acidi 5. Nel 1784 riusc a dimostrare che il prodotto della combustione dell'aria deflogisticata (ossigeno) con aria infiammabile (Idrogeno) era l'acqua. Priestley (1733-1804) dimostr che i vegetali sono in grado di risanare l'aria fissata (anidride carbonica) prodotta dalla combustione delle candele o dalla respirazione animale. A lui si deve anche la scoperta dell'ossigeno6. Solo dopo la pubblicazione dei lavori di Priestley e di Lavoisier sull'ossigeno divennero noti in Europa i lavori del chimico svedese C.W.Scheele, che scopr l'ossigeno indipendentemente nel 1755.
1.4.4 Legge dei rapporti volumetrici gassosi definiti e costanti (Gay Lussac 1808) I volumi delle specie chimiche gassose che partecipano ad una reazione stanno tra loro sempre in rapporto numerico semplice. Ad esempio nelle seguenti reazioni: 1 litro di Ossigeno + 2 litri di Idrogeno = 2 litri di vapor dacqua
La teoria atomica daltoniana che spiegava bene la legge di Proust delle proporzioni multiple e definite, non era tuttavia in grado di spiegare le regolarit incontrate dai Gay-Lussac (1778-1850) nello studio delle reazioni gassose. Infatti, partendo dal presupposto che anche i gas siano costituiti da atomi, la teoria atomica pu cercare di giustificare i risultati ottenuti da Gay-Lussac in due modi:
il volume proporzionale alla massa degli atomi Il volume che occupa 2 litri costituito da particelle di massa doppia rispetto a quello che occupa 1 litro. Secondo questa ipotesi per il gas che si forma, essendo costituito dalla somma delle masse dei gas che si uniscono, dovrebbe occupare un volume pari a 3 litri, in netto contrasto con l'esperienza. il volume proporzionale al numero degli atomi Il gas che occupa 2 litri costituito da un numero di particelle doppio rispetto al gas che occupa 1 litro. In tal caso tuttavia per ogni atomo del primo gas che si unisce con 2 atomi del secondo gas si dovrebbe formare una particella del gas finale. Quest'ultimo dovrebbe pertanto occupare un volume pari ad 1 litro.
Cos in entrambi i casi l'interpretazione del modello atomico non sarebbe in grado di spiegare il comportamento quantitativo delle reazioni gassose. Fu per sufficiente una piccola modifica alla teoria di Dalton per rendere il modello atomico nuovamente utilizzabile.
era per un sostenitore della teoria del flogisto e credeva che l'aria infiammabile fosse liberata dai metalli che perci considerava corpi composti 6In realt la scoperta dell'ossigeno controversa in quanto anche Lavoisier pubblic poco dopo Prestley osservazioni identiche. Ma mentre Prestley era un fautore della teoria del flogisto e considerava l'aria un gas seplice che poteva deflogisticarsi trasformandosi in ossigeno o flogisticarsi trasformandosi in azoto (il miscuglio di aria deflogisticata e flogisticata dava l'aria di partenza), Lavoisier considerava correttamente ossigeno ed azoto due componenti separati dell'aria
5Cavendish
Tale nuova impostazione si deve ad Amedeo Avogadro (1776-1856). Secondo Avogadro volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione devono contenere lo stesso numero di particelle. Tali particelle non devono per necessariamente essere elementari (atomi), ma possono anche essere gruppi di atomi (molecole). In tal modo la reazione gassosa precedente pu essere scritta cos: O2 + 2H2 2H2O
Se ne deduce che lOssigeno e lIdrogeno devono essere costituiti non da atomi singoli, ma da molecole biatomiche e che lacqua una molecola triatomica formata da 2 atomi di Idrogeno ed 1 di Ossigeno. L'ipotesi di Avogadro, che poi si rivel esatta, fu per osteggiata da atomisti illustri e solo nel 1858, Stanislao Cannizzaro (1826-1910) ne verific definitivamente la validit attraverso una serie di esperimenti conclusivi. La teoria atomico-molecolare, cos come era stata proposta da Avogadro, apriva la strada alla possibilit di pesare atomi e molecole, fatto questo che avrebbe portato ulteriori conferme all'esistenza degli atomi stessi.
1.5 Pesi atomici e molecolari relativi: lunit di massa atomica
Se infatti volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di T e P contengono lo stesso numero di molecole, il rapporto tra il peso di due volumi uguali di gas diversi deve essere uguale al rapporto tra i pesi delle loro molecole. Naturalmente occorreva fissare il peso molecolare di un gas di riferimento rispetto al quale pesare tutti gli altri. Venne scelto l'idrogeno, alla cui molecola biatomica venne assegnato un peso molecolare convenzionale pari a 2. In tal modo vennero calcolati i pesi atomici e i pesi molecolari relativi Pr all'idrogeno di molte sostanze. Nella prima met dell'Ottocento, soprattutto ad opera di Berzelius (1779-1849), se ne conoscevano qualche migliaio. Preso un volume fisso di un gas generico A avente peso WA ed un ugual volume di idrogeno avente peso WH2 e sapendo che per definizione il peso molecolare relativo dellIdrogeno PrH2 = 2, il peso molecolare relativo cercato (PrA) sar dato dalla seguente proporzione: WA :WH2 = Pr A :PrH2 e quindi
Pr A =
2 WA : WH2
In effetti sarebbe pi corretto parlare di massa atomica o molecolare relativa (mr) e non di peso. Si ricordi infatti che mentre la massa una caratteristica costante di un corpo materiale , il suo peso dipende dal luogo in cui si misura, essendo il peso la forza di reciproca attrazione tra il corpo ed il pianeta (o in generale il corpo celeste) sul quale giace. Tuttavia, applicando la seconda legge della dinamica (f = ma), si osserva che il peso direttamente proporzionale alla massa del corpo (P = mg), nellipotesi che laccelerazione di gravit g sia costante su tutto il pianeta (ipotesi accettabile solo in prima approssimazione). In chimica resta comunque molto diffusa labitudine di parlare di pesi atomici e di pesi molecolari, anche se ormai molti testi utilizzano pi correttamente il termine massa.
Oggi non si usa pi lIdrogeno come unit di misura per pesare (massare) le sostanze, ma 1/12 della massa del Carbonio 12 (latomo di carbonio con un nucleo formato da 6 protoni e 6 neutroni ). Tale quantit nota come unit di massa atomica (uma o u). Lunit di massa atomica vale 1 u = 1,660 538 782 10-24 g Utilizzando dunque come fattore di conversione (approssimato) 1,6605 10 -24 g/u possibile trasformare i pesi relativi (espressi in u) in pesi assoluti (espressi in g). Pa (g) = Pr (u) 1,6605 10-24 (g/u)
Ad esempio il peso atomico assoluto del Carbonio 12
Nella seconda met dell'Ottocento la scoperta di nuovi elementi chimici e lo studio delle loro propriet, sia fisiche che chimiche, rese evidente l'esistenza di regolarit all'interno dei diversi tipi di atomi. Vi furono molti tentativi di classificare e raggruppare gli elementi in funzione delle loro caratteristiche. Il risultato di maggior rilievo in questa direzione fu senz'altro quello conseguito dal russo D.I. Mendeleev che nel 1869 propose una tavola periodica degli elementi ordinati secondo il peso atomico relativo crescente in periodi (righe orizzontali) e gruppi (colonne verticali). All'interno di uno stesso gruppo venivano collocati gli elementi che presentavano caratteristiche chimiche analoghe. Fatto notevole della tabella periodica che alcune caselle lasciate vuote da Mendeleev poich non esisteva alcun elemento con le caratteristiche previste per quella posizione, vennero in seguito occupate quando l'elemento in questione venne scoperto. Oggi sappiamo che gli elementi non vanno ordinati secondo il peso atomico crescente, ma secondo il numero crescente di protoni che presentano nel loro nucleo. Il numero di protoni del nucleo detto numero atomico Z ed ogni elemento differisce dagli altri per avere un diverso numero atomico che, per gli elementi naturali, pu assumere i valori da 1 (Idrogeno) a 92 (Uranio). La classificazione secondo il peso atomico crescente coincide, per la maggior parte degli elementi, con la classificazione effettuata secondo il numero atomico crescente. Esistono tuttavia 4 coppie di elementi adiacenti (Ar/K Co/Ni Te/I Th/Pa (Torio/Proattinio)) che, se classificati secondo il peso atomico crescente, non si incolonnano correttamente. Ogni atomo poi caratterizzato dal numero dei neutroni N del suo nucleo. Protoni e neutroni vengono anche complessivamente indicati con il termine di nucleoni. Il numero di nucleoni di un atomo costituisce il suo numero di massa A (la massa di un atomo data essenzialmente dal suo nucleo e quindi da protoni e neutroni, in quanto gli elettroni sono circa 3 ordini di grandezza meno massicci di un nucleone). Tra A, Z ed N esiste la seguente ovvia relazione A=Z+N Quando ci si riferisce alla composizione nucleare di un atomo, si preferisce indicare questultimo con il termine di nuclde. Ciascun nuclide viene univocamente individuato dal valore di Z ed A. Un nuclide di un elemento viene rappresentato ponendo il numero atomico Z in basso a sinistra del simbolo dellelemento ed il numero di massa A (Z + N) in alto a sinistra. Ad esempio il simbolo 14 C (leggi: 6 carbonio sei-quattordici) rappresenta lisotopo del Carbonio che possiede 6 protoni e 8 neutroni (N = A Z = 14 6 = 8). Visto che il simbolo dellelemento in corrispondenza biunivoca con il numero atomico Z questultimo pu essere sottointeso e cos si pu ad esempio scrivere 12C o C-12 per indicare lisotopo sei-dodici del Carbonio. Un nuclide di un generico elemento X viene dunque rappresentato
A Z
o semplicemente
Gli isotopi sono nuclidi di un medesimo elemento chimico (stesso Z) che differiscono per il numero dei 1 2 3 neutroni N (ad esempio 1 H (Przio) 1 H (Deuterio) 1 H (Trizio)) Il termine isotopo deriva da un termine greco che significa stesso posto, in quanto tutti gli isotopi di un medesimo elemento, avendo lo stesso numero atomico Z, occupano lo stesso posto, la stessa casella, nella tabella periodica. Nuclidi con lo stesso numero di massa A sono detti isbari ( ad esempio 14C e 14N ) 6 7 Nuclidi con lo stesso numero neutroni N sono detti istoni ( ad esempio
56 26
Fe e
58 28
Ni )
La tabella periodica riporta in ciascuna casella sia il valore del numero atomico Z dellelemento che il valore del suo peso atomico relativo. In realt il peso atomico la media ponderata (pesata) delle masse dei suoi isotopi. Ogni elemento chimico presente in natura sotto forma di una miscela dei suoi isotopi, i quali sono per pi o meno abbondanti e contribuiscono pertanto in maniera diversa al peso atomico dellelemento, in proporzione alla loro diffusione percentuale.
35 37 Prendiamo ad esempio i due isotopi pi diffusi del Cloro, il Cloro-35 ( 17 Cl ) ed il Cloro-37 ( 17 Cl ). Se essi fossero presenti in natura con le medesime percentuali, il peso atomico relativo medio del Cloro sarebbe di 36 u. In realt su 100 atomi di Cloro, 75 sono di Cloro-35 e 25 sono di Cloro-37. Per calcolare il peso atomico medio dobbiamo dunque calcolare non una media semplice, ma una media che tenga conto della loro diversa frequenza, del loro diverso peso (inteso come importanza), appunto una media ponderata o pesata. 35 75 + 37 25 PCl = 35 0,75 + 37 0,25 = = 35,5u 100 I pesi atomici relativi che compaiono nella tabella periodica possono essere utilizzati per determinare i pesi molecolari relativi (nel caso di formule minime si parla di peso-formula).
Per determinare il peso molecolare relativo di una sostanza sufficiente sommare i pesi atomici di tutti gli elementi che compaiono nella formula, ciascuno moltiplicato per il rispettivo indice. Ad esempio il peso molecolare dellacido solforico H2SO4 pari a PrH2 SO4 = 2 Pr H + PrS + 4 PrO = 2 1 + 32 + 4 16 = 98u
1.7 La mole ed il Peso molare
Un concetto strettamente correlato al peso relativo e fondamentale in chimica per i calcoli quantitativi quello di mole. La mole una delle 7 grandezze fondamentali, definite nel Sistema Internazionale (SI) di unit di misura come quantit di sostanza: simbolo mol.
La mole una quantit di una sostanza chimica numericamente uguale al suo peso relativo, espresso in grammi anzich in uma (pi correttamente andrebbe espressa in kg, ma in chimica pi diffuso luso del grammo).
Esempio: calcoliamo quanto vale 1 mole di anidride carbonica CO 2. Il peso relativo della CO2
PrCO2 = 12 + 2 16 = 44u ,
Uno dei problemi pratici che pi spesso si pongono nei calcoli chimici quantitativi trasformare un determinata quantit di sostanza espressa in grammi (W), nel corrispondente numero di moli (n) o viceversa. Per far ci ovviamente necessario conoscere il peso di una mole o Peso molare. Il Peso molare PM (pi correttamente Massa Molare) il peso (massa) di 1 mole e si misura in g mol-1 (pi correttamente in kg mol-1). Il Peso molare di una sostanza rappresenta quindi un fattore di conversione che permette di trasformare una quantit di sostanza espressa mediante il suo peso W, nellequivalente numero di moli n e viceversa. Infatti se consideriamo W grammi di una sostanza e vogliamo sapere a quante moli n corrispondono dobbiamo dividere W per il peso di una mole, cio per il Peso molare. W ( g) n (mol ) = PM ( g / mol )
Esempio: quante moli di acqua sono presenti in 27 mg di H2O Il peso relativo della H2O PrH 2O = 2 1 + 16 = 18u ed il suo Peso molare 18 g/mol. In nimero di moli contenuto in 27 mg = 2,7 10-2 g di acqua sar quindi pari a
n H 2O =
WH 2 O PM
H 2O
Viceversa se vogliamo calcolare quanti grammi pesa un determinato numero n moli di una sostanza, sar sufficiente moltiplicare il numero n di moli per il peso di una mole, cio per il Peso molare.
W ( g ) = n (mol ) PM ( g / mol )
Esempio: calcoliamo quanto pesano 3,5 10-2 moli di anidride carbonica CO2. Il peso relativo della CO2 PrCO2 = 12 + 2 16 = 44u ed il suo Peso molare 44 g/mol. Il peso di 3,5 10-2 moli sar quindi pari a
Si pu facilmente verificare che 1 mole di una qualsiasi sostanza contiene sempre lo stesso numero di particelle costituenti (atomi, ioni, molecole etc). Per calcolare tale numero sufficiente dividere il peso di una mole (Peso molare) per il peso di una particella (Peso molecolare assoluto). P (g/mol) PM NA = M = = 6,022 141 79 10 23 mol -1 - 24 Pa (g) Pr 1,660 538 782 10 Il Peso molare ed il Peso molecolare relativo sono per definizione numericamente uguali per qualsiasi sostanza. Il loro rapporto vale dunque sempre 1 ed il numero di particelle contenuto in una mole risulta
essere il medesimo per ogni sostanza e numericamente pari al reciproco della massa in grammi dellunit di massa atomica. Tale numero, indicato con NA, conosciuto come numero di Avogadro. 7 (si noti che, se si esprime il peso molare in kg/mol, il fattore di conversione a denominatore vale 1,6605 10-27 kg/u ed il numero di particelle per mole risulta essere 1000 volte pi elevato) allora possibile introdurre una definizione pi generale di mole: una mole una quantit di sostanza contenente un numero di Avogadro di entit costituenti, identiche e numerabili. Cos possibile ad esempio parlare di una mole di elettroni senza far riferimento al loro peso, ma al loro numero ed in definitiva alla loro carica complessiva e quindi ad una certa quantit di carica elettrica (il Faraday = 96.485,34 C).
Esempio: calcolare quante molecole sono contenute in un bicchier dacqua avente la capacit di 0,135 litri. Lacqua presenta una densit di 1 kg dm-3 (1 dm3 = 1 l) e 0,135 l pesano pertanto 135g che corrispondono a
n H2 O =
WH2 O PM H2 O
il numero di molecole presenti in 7,5 moli sar dunque pari a 7,5 mol x 6,022 1023 mol-1 = 4,52 1024
Una conseguenza del principio di Avogadro che un medesimo numero di moli di una qualsiasi sostanza gassosa devono occupare sempre il medesimo volume (a P e T costanti). Infatti se volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di T e P contengono lo stesso numero di particelle, allora deve anche essere vero che gas che contengono lo stesso numero di particelle devono occupare lo stesso volume. Se ne deduce pertanto che 1 mole di un qualsiasi gas, contenendo sempre lo stesso numero di particelle (il numero di Avogadro) deve occupare sempre il medesimo volume ed in particolare, a 0C e alla pressione di 1 atm occupa un volume pari a 22,414 l, detto volume molare standard.
1.9 Calcolo delle quantit che reagiscono
Come abbiamo gi avuto modo di dire il concetto di mole essenziale per semplificare i calcoli quantitativi o stechiometrici. La stechiometria (dal greco stoiceion = elemento, sostanza fondamentale) quella parte della chimica che si occupa degli aspetti quantitativi delle reazioni ed in particolare dei rapporti numerici e ponderali che intercorrono tra le specie chimiche che reagiscono. Per poter procedere con i calcoli stechiometrici necessario che una equazione sia bilanciata. In unequazione bilanciata sono gi definiti i rapporti numerici tra specie chimiche. Quando scriviamo lequazione bilanciata 3H2 + N2 2NH3 individuiamo ad esempio il rapporto numerico di reazione tra Idrogeno e Azoto che risulta essere pari a 3:1. Il rapporto tra Idrogeno ed ammoniaca invece di 3:2 e cos via. Ma i coefficienti stechiometrici non rappresentano solo il numero di molecole, ma anche il numero di moli che reagiscono. Per rendercene conto, dopo aver ricordato che uneguaglianza rimane tale se moltiplichiamo entrambi i suoi membri per uno stesso numero, moltiplichiamo entrambi i membri per il numero di Avogadro (NA).
Nel 1865 Loschmidt esegu la prima stima di NA, calcolando un valore compreso tra 1023 e 1024. Egli pot anche affermare che le dimensioni molecolari dovevano essere dellordine di 10-8 cm.
7
NA (3H2 + N2) = NA(2NH3) Applichiamo la propriet distributiva 3 NA (H2) + 1 NA (N2) = 2NA (NH3) ma per la definizione di mole: un numero di Avogadro di molecole di Azoto costituiscono una mole di Azoto, 3 numeri di Avogadro di molecole di Idrogeno costituiscono 3 moli di Idrogeno e 2 numeri di Avogadro di molecole di Ammoniaca costituiscono 2 moli di Ammoniaca. Se ne deduce quindi che i rapporti numerici precedentemente individuati tra i coefficienti stechiometrici non sono solo rapporti molecolari, ma anche rapporti molari. In altre parole per ogni 3 moli di Idrogeno reagisce 1 mole di Azoto per dare 2 moli di Ammoniaca.
Esempio calcolo moli che reagiscono (rapporti numerici) Calcoliamo quante moli di Idrogeno e di Azoto devono reagire per ottenere 0.35 moli di Ammoniaca. Il rapporto numerico tra Idrogeno e Ammoniaca
n H 2 / n NH 3 =
cui, indicato con x il numero di moli di Idrogeno necessarie per produrre 0,35 moli di Ammoniaca, impostiamo la seguente proporzione 3 mol : 2 mol = x : 0,35 mol che risolta ci da x =
nH 2
= 0,525 mol
Eseguiamo lo stesso calcolo per lAzoto, osservando che il suo rapporto numerico con lammoniaca Impostiamo quindi la proporzione che risolta ci da x = 1 mol : 2 mol = x : 0,35 mol
n N 2 / n NH 3 =
1/2.
nN2
= 0,175 mol
* * * * * * * * I rapporti numerici possono essere facilmente trasformati in rapporti ponderali (e viceversa), utilizzando il Peso molare come coefficiente di conversione. Ricordiamo infatti le due formule di conversione
n= W PM
W = n PM
Dunque per trasformare i coefficienti stechiometrici, che rappresentano il numero n di moli che reagiscono, nellequivalente quantit in peso W, sufficiente moltiplicarli tutti per il rispettivo Peso molare. Riprendendo in considerazione la reazione di sintesi dellAmmoniaca, potremo pertanto scrivere 3H2 + N2 2NH3 3 PM H 2 + 1 PM N 2 = 2 PM NH3
3 2 + 1 28 = 2 17 6g H2 + 28g N2 = 34g NH3
In generale, prima di eseguire calcoli sulle quantit che reagiscono bene preparare uno schema che visualizzi i rapporti molari ed i rapporti ponderali, nel modo seguente: 1) scrivere la reazione bilanciata (numero di moli n) 2) Scrivere i pesi molari (PM) sopra ciascuna specie chimica 3) Scrivere i pesi (W) che partecipano alla reazione sotto ciascuna specie chimica, calcolandoli come prodotto tra il Peso molare ed il numero di moli n (dove n il coefficiente stechiometrico della reazione bilanciata)
2 g/mol 3H2 6g
+ +
28 g/mol 1N2 28 g
= =
17 g/mol 2NH3 34 g
In questo modo sono subito evidenti sia i rapporti molari che i rapporti ponderali che intercorrono tra qualsiasi coppia di sostanze coinvolte nella reazione. Troviamo cos che il rapporto ponderale Idrogeno/Azoto WH 2 / WN 2 = 6 / 28 il rapporto ponderale Idrogeno/Ammoniaca WH 2 / WNH 3 = 6 / 34 , il rapporto ponderale Azoto/Ammoniaca WN 2 / WNH 3 = 28 / 34 . il rapporto molare Idrogeno/Azoto n H 2 / n N 2 = 3 / 1 il rapporto molare Idrogeno/Ammoniaca n H 2 / n NH 3 = 3 / 2 , il rapporto molare Azoto/Ammoniaca n N 2 / n NH 3 = 1 / 2 . Si noti che si tratta di unapplicazione della legge di Proust delle proporzioni definite e costanti e che, se i calcoli sono stati eseguiti correttamente, viene verificato anche il principio di conservazione della massa: infatti la somma delle masse di tutti i reagenti deve essere uguale alla somma delle masse di tutti i prodotti.
Esempio - Calcolo masse che reagiscono (rapporti ponderali) Calcoliamo quanti grammi di Idrogeno e di Azoto sono necessari per sintetizzare 100 g di Ammoniaca Impostiamo una proporzione rispettando il rapporto ponderale Idrogeno/Ammoniaca
WH 2 / WNH 3 = 6 / 34
6 : 34 = x : 100 che, risolto, d come risultato x = 17,65 g di H2. Poich vi sono solo due reagenti ed il loro peso complessivo deve essere pari al peso dei prodotti (100 g), la quantit di Azoto che reagisce sar 100g 17,647g = 82,353g. Allo stesso risultato si pu giungere risolvendo la proporzione impostata sul rapporto ponderale Azoto/Ammoniaca (28/34) 28 : 34 = x : 100 o quella impostata sul rapporto ponderale Idrogeno/Azoto (6/28) 6 : 28 = 17,647 : x
* * * * * * * Nel caso in cui una reazione avvenga in pi stadi, i prodotti di reazione di uno stadio diventano i reagenti dello stadio successivo. Anche in questo caso sempre possibile individuare il rapporto stechiometrico esistente anche tra specie appartenenti a stadi diversi. Per far ci necessario sommare membro a membro le equazioni bilanciate in modo da eliminare le specie chimiche che compaiono in entrambi i membri
Esempio Rapporto ponderale in reazione a pi stadi 4FeS2 + 11O2 2SO2 + O2 SO3 + H2O 2Fe2O3 + 8SO2 2SO3 H2SO4
Calcoliamo quanti grammi di Pirite (FeS2) e di Ossigeno O2 sono necessari per ottenere 100 g di acido solforico H2SO4. Moltiplichiamo per 4 entrambi i membri della seconda equazione e sommiamola membro a membro con la prima in modo da semplificare lSO2 che rappresenta il prodotto della prima reazione necessario alla seconda per reagire. 4FeS2 + 11O2 2Fe2O3 + 8SO2 + 8SO2 + 4O2 8SO3 = _______________________________ 4FeS2 + 15O2 2Fe2O3 + 8SO3
Moltiplichiamo ora per 8 entrambi i membri della terza equazione e sommiamola membro a membro allequazione appena ottenuta in modo da semplificare lSO3. 4FeS2 + 15O2 2Fe2O3 + 8SO3 + 8SO3 + 8H2O 8H2SO4 = _______________________________ 4FeS2 + 15O2 8H2O 2Fe2O3 + 8H2SO4 Il rapporto ponderale Solfuro/Acido solforico dunque Sar quindi necessaria 119,98 : 196,16 = x : 100
Il rapporto ponderale Ossigeno/Acido solforico invece Sar quindi necessario 479,98 : 784,65 = x : 100
* * * * * * * * Nel caso in cui i reagenti non siano presenti in proporzioni stechiometriche, uno di essi sar presente in quantit insufficiente a permettere agli altri di consumarsi completamente nella reazione. Tale reagente detto reagente limitante, mentre gli altri sono detti reagenti in eccesso. Mentre il reagente limitante, essendo presente in difetto rispetto al corretto rapporto stechiometrico, reagisce completamente, i reagenti in eccesso rimangono in parte inalterati alla fine della reazione. Anche la quantit di prodotti di reazione che si genera dipende dal reagente limitante che condiziona ovviamente tutte le specie chimiche che partecipano alla reazione.
Esempio Reagente limitante Calcoliamo quanti grammi di ammoniaca si sintetizzano facendo reagire 15 g di Idrogeno con 35 g di Azoto. Individuiamo il reagente limitante e calcoliamo quanto di esso rimane inalterato alla fine della reazione. Il corretto rapporto stechiometrico Idrogeno/Azoto 3/1 che corrisponde ad un rapporto ponderale 6/28. In base a tale rapporto ponderale calcoliamo quanti grammi di Azoto reagirebbero con 15 grammi di Idrogeno 6g : 28g = 15g : x che risolta fornisce x = 70 g di Azoto, una quantit superiore a quella disponibile (35 g). LAzoto quindi il reagente in difetto e quindi limitante la reazione. Le quantit di tutte le altre specie chimiche che partecipano alla reazione devono essere calcolate rispetto allAzoto. Calcoliamo quanto Idrogeno reagisce 6g : 28g = x : 35g x = 7,5 g di Idrogeno Dunque solo met dellIdrogeno reagisce. La quantit di Ammoniaca che si forma pu essere calcolata sommando le quantit dei due unici reagenti 35 + 7,5 = 42,5 g di Ammoniaca. Pi in generale sar necessario risolvere la proporzione impostata sul rapporto ponderale Azoto/Ammoniaca = 28/34 28g : 34g = 35g : x
* * * * * * * * In molti casi le reazioni non si completano ed i prodotti di reazione si formano in misura inferiore a quanto consentirebbero i reagenti presenti. In tal caso possibile calcolare una resa percentuale della reazione come rapporto tra la quantit di prodotto realmente ottenuta e la quantit di prodotto stechiometrica.
Esempio Resa di una reazione Facendo reagire 30 g di Idrogeno e Azoto in eccesso si ottengono 136g di Ammoniaca. Calcoliamo la resa della reazione. LAzoto in eccesso garantisce allIdrogeno la possibilit di reagire completamente. La quantit teorica di Ammoniaca che si pu sintetizzare si calcola attraverso una proporzione impostata sul rapporto ponderale Idrogeno/Ammoniaca = 6/34 6g : 34g = 30g : x La resa della reazione pertanto (136/170)x100 = 80% x = 170 g di Ammoniaca
Nota la composizione percentuale di un composto possibile assegnargli una formula opportuna. Viceversa, nota la sua formula possibile determinare la percentuale in peso dei diversi elementi che lo compongono. Lanalisi chimica di una sostanza fornisce in genere la composizione, espressa come percentuale di elementi chimici in essa presenti. Utilizzando questi dati analitici possibile assegnare al composto una formula minima, detta anche formula empirica, formula grezza o formula bruta. Tale formula indica il minimo rapporto di combinazione tra gli elementi. Essa descriver adeguatamente la sostanza se si tratta di un composto ionico, mentre potrebbe anche non farlo per un composto molecolare. In questultimo caso possibile assegnare la formula molecolare, solo se si riusciti a determinare il Peso molecolare del composto stesso.
Esempio - Dalla composizione percentuale alla formula minima 300g di un composto di Sodio, Zolfo e Ossigeno contengono 97,2 g di Sodio e 67,5 g di Zolfo. Determiniamo la formula minima NaxSyOw del composto. Il numero di moli contenute in 97,2 g di Sodio
n Na = nS = nO =
WNa 97,2 ( g ) = = 4,23 (mol) PM Na 23 (g / mol) WS 67,5 ( g ) = = 2,11 (mol) PM S 32 (g / mol) WO 135,3 ( g ) = = 8,46 (mol) PM O 16 (g / mol)
Il rapporto numerico di combinazione tra gli elementi dunque Na/S/O = 4,23/2,11/8,46. Per ottenere un rapporto espresso in numeri interi dividiamo tutto per il pi piccolo numero di moli ottenuto (2,11). Si ottiene cos Na/S/O = 2/1/4. La formula cercata Na2SO4. Esempio - Dalla composizione percentuale alla formula molecolare Lanalisi qualitativa e quantitativa di un composto di Peso molecolare pari a 180 u ha fornito i seguenti risultati 40% di Carbonio, 6,6% di Idrogeno e 53,4% di Ossigeno. Determiniamo la formula molecolare CxHyOw. Prendiamo arbitrariamente in considerazione 100 g di composto i quali saranno ovviamente costituiti da 40 g di C, 6,7 g di H e 53,3 g di O. Calcoliamo il numero di moli presenti
WC 40 ( g ) = = 3,3 (mol) PM C 12 (g/mol) W 6,6 ( g ) nH = H = = 6,6 (mol) PM H 1 (g/mol) W 53,4 ( g ) nO = O = = 3,3 (mol) PM O 16 (g/mol) nC =
Il rapporto di combinazione C/H/O = 3,3/6,6/3,3 =1/2/1. La formula minima risulta essere allora C1H2O1, che corrisponde ad un peso formula pari a 30 u. Calcoliamo ora il rapporto tra il peso molecolare ed il peso formula, 180/30 = 6. Ci significa che la formula molecolare pu essere ottenuta moltiplicando per 6 tutti gli indici della formula minima: C6H12O6 Esempio - Dalla formula alla composizione percentuale Calcoliamo che percentuale di Ferro presente nei composti FeS2 ed Fe2O3. Il peso molare del solfuro di ferro
La percentuale di Ferro in esso presente 55,85/121,05 = 0,46 pari al 46%. Il peso molare dellossido ferrico
1.11 Esercizi
1.11.1 Bilanciamento
H3PO3 + CuO Cu3(PO3)2 +3H2O Cs2O + H2O CsOH P2O5 + H2O HPO3 NaCl + H2SO4 Na2SO4 + HCl NaF + Mg(OH)2 MgF2 + NaOH Al(OH)3 + H3PO4 + AlPO4 + H2O AgNO3 + FeCl3 AgCl + Fe(NO3)3 Al(OH)3 + HCN Al(CN)3 + H2O HClO + Ba(OH)2 Ba(ClO)2 + H2O H2CO3 + Fe(OH)3 Fe2(CO3)3 + H2O HgOH + H2S Hg2S + H2O H2Cr2O7 + KOH K2Cr2O7 + H2O H2SO4 + LiOH Li2SO4 + H2O SiO2 + HF H2O + SiF4 AsCl3 + H2S HCl + As2S3 H2S + AgNO3 Ag2 S + HNO3 Cr2O3 + Na2CO3 + KNO3 Na2CrO4 + CO2 + KNO2 Cu + H2SO4 CuSO4 + SO2 + H2O Na2HAsO3 + KBrO3 + HCl NaCl + KBr + H3AsO4 NaNO2 NaNO3 + NO + Na2O K2SO3 K2SO4 + K2S Pb + HNO3 Pb(NO3)2 + NO + H2O H3AsO3 + SnCl2 + HCl As + SnCl4 + H2O SO2 + H2S S + H2O HNO3 + HCl NO + Cl2 + H2O HNO3 + H2S NO + S + H2O Cu + HNO3 Cu(NO3)2 + NO + H2O Br2 + S + H2O HBr + H2SO4 Cl2 + KI + KOH KCl + KIO3 + H2O FeS2 + O2 Fe2O3 + SO2 SO2 + O2 SO3 H2 + O2 H2O KClO KCl + KClO3 CaH2 + H2O Ca(OH)2 + H2 NaIO3 + NaHSO3 NaHSO4 + Na2SO4 + H2O + I2 Fe + O2 Fe2O3 ZnS + O2 ZnO + SO2 Al + Cr2O3 Al2O3 + Cr C + SO2 CS2 + CO NH3 + O2 N2 + H2O (2,3 1,3) (1,1 2) (1,1 2) (2,1 1,2) (2,1 1,2) (1,1 1,3) (3,1 3,1) (1,3 1,3) (2,1 1,2) (3,2 1,6) (2,1 1,2) (1,2 1,2) (1,2 1,2) (1,4 2,1) (2,3 6,1) (1,2 1,2) (1,2,3 - 2,2,3) (1,2 - 1,1,2) (3,1,6 - 6,1,3) (3 - 1,2,1) (4 - 3,1) (3,8 - 3,2,4) (2,3,6 - 2,3,6) (1,2 - 3,2) (2,6 - 2,3,4) (2,3 - 2,3,4) (3,8 - 3,2,4) (3,1,4 - 6,1) (3,1,6 - 6,1,3) (4,11 - 2,8) (2,1 - 2) (2,1 -2) (3 - 2,1) (1,2 - 1,2) (2,5 - 3,2,1,1) (4,3 - 2) (2,3 - 2,2) (2,1 - 1,2) (5,2 - 1,4) (4,3 - 2,6)
H2 + Cl2 HCl N2 + H2 NH3 CS2 + O2 CO2 + SO2 KClO3 KCl + O2 Zn + H2SO4 ZnSO4 + H2 H2O2 H2O + O2 HNO3 + H2S NO + H2O + S Li2O2 Li2O + O2 NH3 + O2 NO + H2O CuO + NH3 N2 + H2O + Cu Sn + HNO3 SnO2 + NO2 + H2O KBr + H2SO4 K2SO4 + Br2 + SO2 + H2O Cr2O3 + Na2CO3 + KNO3 Na2CrO4 + CO2 + KNO2 MnO2 + FeSO4 + H2SO4 MnSO4 + Fe2(SO4)3 + H2O KClO3 KCl + O2 K + H2O KOH + H2 P + O2 P2O3 Fe2O3 + C CO + Fe P + Cl2 PCl5 H2S + O2 H2O + S H2S + H2O2 H2SO4 + H2O SO2 + H2S H2O + S HI +H2SO4 SO2 + H2O + I2 NaI + Cl2 NaCl + I2 As + Cl2 AsCl3 KI + H2O2 KOH + I2 NaI + MnO2 + H2SO4 MnSO4 + NaHSO4 + H2O + I2 NaBr + Cl2 NaCl + Br2 Cl2 + KI KCl + I2 H2S + O2 SO2 + H2O BCl3 + P4 + H2 BP + HCl (NH4)2Cr2O7 N2 + Cr2O3 + H2O KrF2 + H2O Kr + O2 + HF Na2CO3 + C + N2 NaCN + CO K4Fe(CN)6 + H2SO4 + H2O K2SO4 + FeSO4 + (NH4)2SO4 + CO
(1,1 - 2) (1,3 - 2) (1,3 - 1,2) (2 - 2,3) (1,1 - 1,1) (2 - 2,1) (2,3 - 2,4,3) (2 - 2,1) (4,5 - 4,6) (3,2 - 1,3,3) (1,4 - 1,4,2) (2,2 - 1,1,1,2) (1,2,3 - 2,2,3) (1,2,2 - 1,1,2) (2 - 2,3) (2,2 - 2,1) (4,3 - 2) (1,3 - 3,2) (2,5 - 2) (2,1 - 2,2) (1,4 -1,4) (1,2 - 2,3) (2,1 - 1,2,1) (2,1 - 2,1) (2,3 - 2) (2,1 - 2,1) (2,1,3 -1,2,2,1) (2,1 - 2,1) (1,2 -2,1) (2,3 - 2,2) (4,1,6 - 4,12) (1 - 1,1,4) (2,2 - 2,1,4) (1,4,1 -2,3) (1,6,6 - 2,1,3,6)
1.11.2 Pesi (masse) relativi ed assoluti Calcolare i pesi molecolari relativi ed assoluti delle seguenti sostanze
K4Fe(CN)6 1. H2SO4 2. H2O 3. K2SO4 (368,34 u 6,12 10-22 g) (98,08 u 1,63 10-22 g) (18,02 u 2,99 10
-23
(151,91 u 2,52 10-22 g) (132,14 u 2,19 10-22 g) (28,10 u 4,67 10-23 g) (119,00 u 1,98 10-22 g)
g) g)
(174,26 u 2,89 10
-22
8. Br2 9. SO2 10. Na2CO3 11. KNO3 12. Na2CrO4 13. CO2 14. KNO2 15. MnO2 16. MnSO4 17. Fe2(SO4)3 18. Cr2O3
(159,81 u 2,65 10-22 g) (64,06 u 1,06 10-22 g) (105,99 u 1,76 10-22 g) (101,10 u 1,68 10-22 g) (161,97 u 2,69 10-22 g) (44,01 u 7,31 10-23 g) (85,10 u 1,41 10-22 g (86,94 u - 1,44 10-22 g) (151,00 u 2,51 10-22 g) (399,88 u 6,64 10-22 g) (151,99 u 2,52 10-22 g)
19. Ca(OH)2 20. Na2HAsO3 21. KBrO3 22. H3AsO4 23. NaCl 24. Ce2(SO4)3 25. HCl 26. Fe2O3 27. NaIO3 28. CaH2 29. Ba(ClO)2
(74,09 u 1,23 10-22 g) (169,91 u 2,82 10-22 g) (167,00 u 2,77 10-22 g) (141,94 u 2,36 10-22 g) (58,44 u 9,70 10-23 g) (568,42 u 9,44 10-22 g) (36,46 u 6,05 10-23 g) (159,69 u 2,65 10-22 g) (197,89 u 3,29 10-22 g) (42,09 u 6,99 10-23 g) (240,23 u 3,99 10-22 g)
1.11.3 Mole, Peso molare e numero di Avogadro 1. Quanto pesano: a) 0,2 mol di Idrossido di Magnesio Mg(OH)2 (11,6 g) -2 mol di Nitrito Stannoso Sn(NO2)2 b) 3 10 (6,3 g) c) 2,5 mol di Acido Ipocloroso HClO (130 g) d) 7,3 10-3 mol di Solfato di Bario BaSO4 (1,7 g) e) 0,047 mol di Cloruro di Alluminio. AlCl3 (6,2 g) 2. A quante moli corrispondono : a) 50 gr di Carbonato di Litio Li2CO3 (6,8 10-1) b) 753 gr di idrossido Ferrico Fe(OH)3 (7,04) c) 37 gr di Ossido di Calcio CaO (6,7 10-1) d) 2 gr di Anidride Nitrica N2O5 (1,85 10-2) e) 5 gr di Ossigeno gassoso.O2 (1,6 10-1) 3. 1,25 10-4 mol di un composto pesano 5 10-3 g. Qual il suo Peso molare (40 g/mol) 4. A quante moli corrispondono 3,011 1020 molecole di Azoto N2 (5 10-4 mol) 5. Quante molecole sono contenute in 3,5 10-1 mol di metano CH4 (2,108 1023) 6. Quanti atomi sono presenti in 2 g dOro Au (6,1 1021) 7. Quanto pesano 1021 atomi di Ferro Fe (9,3 10-2 g) 8. Quante molecole sono presenti in 120 g di glucosio C 6H12O6 (4 1023) 9. 3,25 mol di un composto pesano 318,5 g. Qual il suo Peso molecolare relativo (98 u) -5 -3 10. 2,5 10 mol di un composto pesano 3,4 10 g. Qual il suo Peso molecolare assoluto (2,26 10-22 g) 11. A quante moli corrispondono e quanto pesano 2 1018 atomi di Rame Cu (3,3 10-6 mol; 2,1 10-4 g) 12. 1,25 mol di un composto pesano 75 g. Qual il suo Peso molare (60 g/mol) 13. 2,6 mol di un composto pesano 847,6 g. Qual il suo Peso molecolare relativo (326 u) 14. 3,3 1020 molecole di un composto pesano 8,9 10-2 g. Calcolare il suo Peso molare (162,4 g/mol) 15. Sapendo che la massa del Sole pari 2 1033 g e che esso formato da circa il 75% di Idrogeno H e dal 25 % di Elio He, stimare il numero di atomi che lo compongono (7 1056) 1.11.4 Elementi, Nuclidi (isotopi, isobari, isotoni) e Ioni a) Quanti protoni e quanti neutroni formano il nucleo dellArgento-107 ? 70 b) Quanti neutroni sono presenti in 32 Ge ? A c) Scrivi, nella forma Z X , lisotopo del Rame che presenta nel suo nucleo 36 neutroni 60 d) Quanti nucleoni sono presenti in 28 Ni ? e) Quanti elettroni presenta il catione Al3+ ? 65 66 f) 29 Cu e 30 Zn hanno lo stesso numero di neutroni (isotoni) ?
g) Il Calcio-40 ed il Calcio-45 hanno lo stesso numero di massa A (isobari) ? 40 h) Quanti protoni e quanti neutroni vi sono in 19 K ? i) j) k) l) m) n) o) p) q) r) s) t)
24
Mg e
26
Quanti elettroni presenta lanione S2- ? Quanti elettroni presenta complessivamente lanione CO32- ? 92 Quanti neutroni sono presenti in 42 Mo ? Quanti protoni presenta il catione Cu2+ ? 78 78 34 Se e 36 Kr presentano lo stesso numero atomico Z (isotopi)? Qual il numero di massa ed il numero di nucleoni di 123 Sb ? 51 32 32 15 P e 16 S presentano lo stesso numero di neutroni (isotoni) ? Quanti protoni sono presenti nellanione Cl- ? A Scrivi, nella forma Z X , il Silicio-29 A Scrivi, nella forma Z X , il nuclide con Z = 30 ed N = 38 Il Sodio-23 ed il Magnesio-24 presentano lo stesso numero di neutroni (isotoni) ?
Risposte
a) 47; 60 b) N = A Z = 70 32 = 38 d) A = 60 e) 10 g) no, 40 45 h) 19; 21 j) 18 k) 32 m) Z = 29 n) no, hanno medesimo A = 78 p) no, hanno medesimo A = 32 (isobari) q) Z = 17 s)
68 30 65 c) 29 Cu f) si, N = A Z = 65 29 = 66 30 = 36 i) si, Z = 12 l) N = A Z = 92 42 = 50 o) A = 123 = numero nucleoni 29 r) 14 Si
Zn t) si, N = A Z = 23 11 = 24 12 = 12
Determinare il peso atomico relativo (approssimato alla 1a cifra decimale) dei seguenti elementi di cui sono fornite, tra parentesi, le abbondanze isotopiche percentuali. [24,3 u] [39,1 u] [10,8 u] [192,2 u] Ti-50 (5,34%) [47,9 u]
1. 2. 3. 4. 5.
Mg-25 (10,13%) Mg-26 (11,17%) K-41 (6,9%) B-11 (80,22%) Ir-193 (62,7%) Ti-47 (7,28%) Ti-48 (73,94%) Ti-49 (5,51%)
1.11.5 Rapporti stechiometrici numerici e ponderali 1. HClO3 + Ca(OH)2 Ca(ClO3)2 + H2O Dopo aver bilanciato la precedente reazione determinare a. il rapporto numerico e ponderale tra i due reagenti b. il rapporto numerico e ponderale tra i due prodotti di reazione c. Il rapporto numerico e ponderale tra Ca(OH) 2 e Ca(ClO3)2
2. HNO3 + HCl NO + Cl2 + H2O Dopo aver bilanciato la precedente reazione determinare
a. il rapporto numerico e ponderale tra i due reagenti b. Il rapporto numerico e ponderale tra HCl e Cl 2
c. Il rapporto numerico e ponderale tra HCl e H 2O d. Il rapporto numerico e ponderale tra Cl2 e H2O
3. C + SO2 CS2 + CO Dopo aver bilanciato la precedente reazione determinare
a. b. c. d.
il rapporto numerico e ponderale tra i due reagenti il rapporto numerico e ponderale tra i due prodotti di reazione il rapporto numerico e ponderale tra C e CO Il rapporto numerico e ponderale tra SO2 e CO
WHClO3 : WCa (OH ) 2 = 168,92 : 74,09 WCa ( ClO3 )2 : WH 2O = 206,98 : 36,03 WCa (OH )2 : WCa ( ClO3 )2 = 74,09 : 206,98 WHNO3 : WHCl = 63,01 : 109,38 WHCl : WCl2 = 72,92 : 70,91 WHCl : WH 2O = 109,38 : 36,03 WCl2 : WH 2O = 212,72 : 72,06 WC : WSO2 = 60,05 : 128,13 WCS2 : WCO = 76,14 : 112,04
Risposte 1.a n HClO3 : nCa (OH )2 = 2 : 1 1.b 1.c 2.a 2.b 2.c 2.d 3.a 3.b 3.c 3.d
nCa ( ClO3 )2 : n H 2O = 1 : 2 nCa (OH )2 : nCa ( ClO3 )2 = 1 : 1 n HNO3 : n HCl = 1 : 3 n HCl : nCl2 = 2 : 1 n HCl : n H 2O = 3 : 2 nCl2 : n H 2O = 3 : 4 nC : n SO2 = 5 : 2 nCS2 : nCO = 1 : 4
1.11.6 Quantit che reagiscono e reagente limitante Dopo aver bilanciato le reazioni rispondere ai quesiti proposti 1. Quanti grammi di H2 vengono prodotti dalla reazione tra 11,5 grammi di Na ed acqua in eccesso? La reazione (da bilanciare) : Na + H2O NaOH + H2 2. Un eccesso di Azoto reagisce con 2 g di Idrogeno. Quanti grammi di Ammoniaca vengono prodotti? La reazione (da bilanciare) : N2 + H2 NH3 3. Quanti grammi di Ossigeno vengono richiesti per bruciare completamente 85,6 grammi di Carbonio? E quanti grammi di CO2 si formeranno? La reazione (da bilanciare) : C + O2 CO2 4. H2SO4 + Al(OH)3 Al2(SO4)3 + H2O Dopo aver bilanciato, calcolare quanto Idrossido di Alluminio Al(OH)3 e' necessario per far reagire completamente 15 g di Acido Solforico H2SO4? Quanto Solfato di Alluminio Al2(SO4)3 si former da tale reazione? 5. HI + Mg(OH)2 MgI2 + H2O Dopo aver bilanciato, calcolare quanto Ioduro di Magnesio MgI2 si produce facendo reagire 30 g di Acido Iodidrico HI con 40 g di Idrossido di Magnesio Mg(OH)2. Quale dei due reagenti rimane senza aver reagito completamente alla fine della reazione e in che quantit? 6. H3PO4 + Ca(OH)2 Ca3(PO4)2 + H2O Dopo aver bilanciato, calcolare quanti grammi di Acido Ortofosforico H3PO4 sono richiesti per reagire completamente con 75 g di Idrossido di Calcio Ca(OH)2. Quanto Ca3(PO4)2 si forma da tale reazione?
7. P + O2 P2O5 Dopo aver bilanciato, calcolare quanto Fosforo P e quanto Ossigeno O2 sono necessari per produrre 1000 grammi di Anidride Fosforica P2O5. Se facessimo reagire 500 grammi di Fosforo con 500 grammi di Ossigeno, quanta Anidride Fosforica si otterrebbe? 8. ZnS + O2 ZnO + SO2 Dopo aver bilanciato, calcolare quanti grammi di ossido di zinco si formano per forte riscaldamento in aria di 1 kg di ZnS. 9. Al + Cr2O3 Al2O3 + Cr Dopo aver bilanciato, calcolare quanto cromo metallico si pu ottenere da una miscela di 5 kg di alluminio e di 20 kg di ossido cromico e quale reagente resta alla fine della reazione e in che quantit. 10. Quanti chilogrammi di acido solforico (H2SO4) possono essere preparati da un chilogrammo di minerale cuprite (Cu2S), se ciascun atomo di zolfo della cuprite viene convertito in una molecola di acido? 11. Quando il rame Cu riscaldato con un eccesso di zolfo S si forma Cu2S. Calcolare quanti grammi di solfuro rameico Cu2S possono essere prodotti da 100 g di rame riscaldato con 50 g di zolfo, che reagente rimane alla fine della reazione e in che quantit. 12. Il biossido di manganese pu essere trasformato in manganato di potassio (K2MnO4) e successivamente in permanganato (KMnO4) secondo le seguenti reazioni: MnO2 + KOH + O2 K2MnO4 + H2O K2MnO4 + CO2 + H2O KMnO4 + KHCO3 + MnO2 dopo aver bilanciato, calcolare quanto ossigeno necessario per preparare 100 g di permanganato di potassio. 13. Quanti grammi di ossigeno O2 sono richiesti per ossidare completamente 85,6 g di carbonio C ad anidride carbonica CO2 ? Quante moli di CO2 si formano? Quanto ossigeno necessario per ossidare la stessa quantit di carbonio ad ossido di carbonio CO? Quante moli di CO si formano? 14. Nella decomposizione del clorato di potassio (KClO3) in ossigeno (O2) e cloruro di potassio (KCl) si formano 64,2 g di ossigeno. Dopo aver bilanciato, calcolare quanti grammi di cloruro di potassio vengono prodotti. 15. Mg(OH)2 + HNO2 Mg(NO2)2 + H2O Dopo aver bilanciato, calcolare quanti grammi di Mg(NO2)2 si otterranno, disponendo di 8,2 g di idrossido di magnesio (Mg(OH)2) e di acido nitroso (HNO2) in eccesso. 16. NaIO3 + NaHSO3 NaHSO4 + Na2SO4 + H2O + I2 Dopo aver bilanciato, calcolare quanto iodato (NaIO3) e quanto bisolfito (NaHSO3) sono necessari per produrre 1 kg di I2. 17. Fe + O2 Fe2O3 Dopo aver bilanciato, calcolare che massa di ossido ferrico (Fe 2O3) pu essere ottenuta per completa ossidazione di 100 g di ferro. 18. Quanti grammi di acido solforico (H2SO4) possono essere ottenuti da 1 Kg di pirite (FeS2) secondo le seguenti reazioni (da bilanciare): FeS2 + O2 Fe2O3 + SO2 SO2 + O2 SO3 SO3 + H2O H2SO4
19. Una miscela di 100 g di H2 e 100 g di O2 sottoposta ad una scarica elettrica in modo che si formi acqua. Calcolare quanti grammi di acqua si producono. 20. Il perclorato di potassio (KClO4) pu essere ottenuto attraverso la seguente serie di reazioni (da bilanciare): Cl2 + KOH KCl + KClO + H2O KClO KCl + KClO3 KClO3 KClO4 + KCl Calcolare quanti grammi di Cl2 sono necessari per preparare 100 g di perclorato. 21. Dopo aver bilanciato la seguente reazione CaH2 + H2O Ca(OH)2 + H2 grammi di idrogeno possono essere prodotti da 50 g di idruro (CaH2). calcolare quanti
22. Bi + HNO3 + H2O Bi(NO3)3.5H2O + NO Dopo aver bilanciato calcolare quanti grammi di nitrato di bismuto pentaidrato Bi(NO3)3.5H2O si possono formare da 10,4 g di bismuto 23. Il solfuro di carbonio pu essere prodotto dalla seguente reazione: C + SO2 CS2 + CO Dopo aver bilanciato, calcolare quanto solfuro (CS2) si pu produrre da 450 kg di anidride solforosa (SO2). 24. L'acido azotidrico (HN3) pu essere preparato attraverso la seguente serie di reazioni: N2 + 3H2 2NH3 4NH3 + Cl2 N2H4 + 2NH4Cl 4NH3 + 5O2 4NO + 6H2O 2NO + O2 2NO2 2NO2 + 2KOH KNO2 + KNO3 + H2O 2KNO2 + H2SO4 K2SO4 + 2HNO2 N2H4 + HNO2 HN3 + 2H2O Calcolare quanto idrogeno H2 e quanto cloro Cl2 sono necessari per preparare 100 g di acido azotidrico. 25. Date le seguenti reazioni (da bilanciare): Pb + HNO3 Pb(NO3)2 + H2 Ag2O + HNO3 AgNO3 + H2O Bi(OH)3 + HNO3 Bi(NO3)3 + H2O Calcolare quanti grammi di acido nitrico (HNO3) necessario impiegare nei tre casi volendo ottenere in ciascuno di essi 200 g di sale, rispettivamente Pb(NO3)2, AgNO3 e Bi(NO3)3. 26. Il bicromato di potassio (K2Cr2O7) ossida l'acido solfidrico (H2S) a zolfo elementare (S) in ambiente acido secondo la seguente reazione K2Cr2O7 + H2S + HCl CrCl3 + KCl + S + H2O Dopo aver bilanciato, calcolare quanti grammi di bicromato sono necessari ad ossidare 15 g di acido solfidrico e quanto cloruro cromico (CrCl3) si forma. 27. Data la reazione (da bilanciare) BaCl2 + H2SO4 BaSO4 + HCl calcolare quanti grammi di solfato (BaSO4) si formano facendo reagire 500 g di cloruro (BaCl 2) con 100 g di acido solforico (H2SO4). Calcolare inoltre quale dei due reagenti non reagisce completamente ed in che quantit si trova al termine della reazione. 28. Data la reazione (da bilanciare) MgCl2 + AgNO3 AgCl + Mg(NO3)2 calcolare quanti grammi di cloruro di argento (2AgCl) e di nitrato di magnesio (Mg(NO3)2) si formano facendo reagire 150 g di cloruro di magnesio (MgCl2). Calcolare inoltre quanti grammi di nitrato di argento (AgNO3) vengono consumati.
29. Ad una soluzione contenente 40 g di cloruro di bario BaCl 2 vengono aggiunti 50 g di nitrato di argento AgNO3. Calcolare quanti grammi di cloruro di argento AgCl precipitano e quanti grammi di cloruro di bario rimangono in soluzione. BaCl2 + AgNO3 AgCl + Ba(NO3)2 30. Dopo aver bilanciato le seguenti reazioni: Cl2 + KOH KCl + KClO + H2O KClO KCl + KClO3 calcolare quanti grammi di cloro (Cl2) sono necessari per preparare 250 g di clorato di potassio (KClO3). 30. Nella fermentazione alcoolica i monosaccaridi come il glucosio vengono trasformati in alcool etilico e anidride carbonica, secondo la seguente reazione (da bilanciare) C6H12O6 CH3CH2OH + CO2 Calcolare quanti grammi di zucchero sono necessari per produrre 1000 g di alcool etilico e quante moli di anidride carbonica si generano. 32. 40,5 g di alluminio vengono introdotti in una soluzione che contiene 146 g di HCl. Calcolare quante moli di idrogeno si formano. Calcolare inoltre quale dei due reagenti presente in eccesso e quante moli rimangono senza aver reagito alla fine della reazione. La reazione (da bilanciare) la seguente Al + HCl H2 + AlCl3
Risposte
1. (2,2-2,1) 0,5g 4. (3,2-1,6) 8,0g 17,4g 7. (4,5-2) 436,4 g 563,6g 887,2g 10. 616,2g 13. 228,1g 7,13mol 114,0g 7,13mol 16. (2,5-3,2,1,1) 1,56 kg 2,05 kg 19. (2,1-2) 112,6g 22. (1,4,3-1,1) 24,1g 25. 76,1g 74,2g 95,7g 28. (1,2-2,1) 535,3g 451,6g 233,7g 31. (1-2,2) 1955,3g 21,7 mol 2. (1,3-2) 11,3g 3. (1,1-1) 228,1g 313,7g 5. (2,1-1,2) 32,6g 33,2g Mg(OH)2 6. (2,3-1,6) 66,1 g 104,7g 8. (2,3-2,2) 835g 9. (2,1-1,2) 9.635g 5.917g Cr2O3 11. 125,2g 24,8g S 12. (2,4,1-2,2) (3,4,2-2,4,1) 15,2g 14. (2-3,2) 99,7g 15. (1,2-1,2) 16,4 g 17. (4,3-2) 143,0g 18. (4,11-2,8) (2,1-2) (1,1-1) 1,635 kg 20.(1,2-1,1,1)(3-2,1)(4-3,1)204,7g21. (1,2-1,2) 4,8g 23. (5,2-1,4) 267,4g 24. 42,2g 164,8g 26. (1,3,8-2,2,3,7) 43,2g 46,5g 27. (1,1-1,2) 238,0g 287,7g BaCl2 29. (1,2-2,1) 42,2g 9,4g 30. (1,2-1,1,1) (3-2,1) 433,9g 32. (2,6-3,2) 2 mol H2 0,17 mol Al
1.11.7 Conversione composizione percentuale/formula Date le seguenti composizioni percentuali (in massa), determinare le corrispondenti formule minime 1) 3,09% H 31,60% P 65,31% O 2) 75,27% Sb 24,73% O 3) 75,92% C 6,37% H 17,71% N 4) 44,87% K 18,39% S 36,73%O Determinare la composizione percentuale dei seguenti composti 5) Fe2O3 6) CaO 7) Mg(NO3)2 8) Na2SO4 9) NH4HCO3
10) C6H12O6
Determinare la formula molecolare delle seguenti sostanze di cui si conosce il peso molecolare e i risultati dellanalisi quantitativa, espressi come massa dei singoli elementi costituenti il campione analizzato 11) Pr = 34,01 u 20,74 g H 329,6g O 12) Pr = 30,07 u 99,86 g C 25,14g H 13) Pr = 176,12 u 8,18 mg C 0,92 mg H 10,90 mg O 14) Pr = 194,19 u 247,40 mg C 25,95 mg H 144,26 mg N 82,39 mg O 15) Pr = 162,23 u 59,23 mg C 6,96 mg H 13,81 mg N
Risposte 1) H3PO4 2) Sb2O5 3) C5H5N 4) K2SO4 7) 16,4% Mg 18,9% N 64,7% O 9) 17,7%N 6,4% H 15,2% C 60,7% O 11) H2O2 12) C2H6 13) C6H8O6 (ac. Ascorbico - vit.C)
5) 70% Fe 30%O 6) 71,5% Ca 28,5% O 8) 32,4% Na 22,6% S 45,0% O 10) 40,0% C 6,7% H 53,3% O 14) C8H10N4O2 (caffeina) 15) C10H14N2 (nicotina)
2 Modelli atomici classici Negli ultimi decenni dell'Ottocento la maggior parte degli scienziati aderiva alla teoria atomica, ma i dati sperimentali che si andavano accumulando suggerivano lidea che latomo non fosse in realt il costituente ultimo della materia, ma che possedesse una struttura interna costituita di particelle elettricamente cariche. Al fine di descrivere e giustificare in modo adeguato le nuove caratteristiche che si evidenziavano a livello subatomico vennero creati, nei primi anni del 900, diversi modelli atomici.
2.1 La struttura interna dellatomo
I primi indizi sullesistenza di una struttura interna dellatomo si ebbero con la scoperta dellelettrone e la constatazione che tale particella poteva essere estratta da qualsiasi tipo di atomo e doveva pertanto essere considerata un costituente comune di tutti gli atomi. La scoperta dell'elettrone avvenne grazie ad una serie di esperimenti condotti durante gran parte dell'Ottocento sulla conduzione elettrica attraverso i gas rarefatti.
Fin dal 1838 Faraday aveva osservato, effettuando esperienze di scariche elettriche in atmosfera gassosa rarefatta, strani fenomeni, quali striature, spazi oscuri, senza peraltro essere in gradi di interpretarli. Nel 1858 J. Plcker ebbe l'idea, in seguito rivelatasi estremamente proficua, di avvicinare un magnete alla scarica per verificarne gli effetti. Non vide nulla di interessante poich il vuoto non era sufficientemente spinto. Nel 1869 J.W.Hittorf riusc ad ottenere dentro i tubi di scarica un vuoto migliore e cominci a vedere quelli che noi oggi chiamiamo raggi catodici.
L'apparecchiatura utilizzata, ideata da Crookes (tubo di Crookes o tubo di scarica), costituita da un tubo di vetro alle cui estremit sono saldati due elettrodi metallici collegati con un generatore di corrente continua con una differenza di potenziale di circa 10.000 volts. All'interno l'aria viene sostituita con un gas qualsiasi. Si collega il tubo con una pompa del vuoto che fa diminuire gradatamente la pressione interna. Finch la pressione superiore a 0,4 atm tra i due elettrodi si producono normali scariche elettriche, del tutto simili ai fulmini atmosferici. Al di sotto di tale valore la scintilla scompare per lasciare il posto ad una luminosit diffusa che, a pressioni di circa 10-6 atm, interessa via via tutto il gas. In queste condizioni il vetro di fronte al catodo emette una debole luminescenza (fluorescenza).
Tale fenomeno fu messo in relazione con possibili radiazioni che potevano essere prodotte dal catodo e che Goldstein in seguito chiam raggi catodici. Oggi si sa che si tratta di elettroni8 che vanno dal catodo all'anodo rendendo la parete che colpiscono fluorescente, ma allora non si sapeva se si trattasse di radiazioni luminose o corpuscolari. Si sapeva
solo che si propagavano in linea retta dal polo negativo a quello positivo. Infatti un oggetto metallico frapposto sul loro cammino proiettava nettamente la sua ombra.
Nel 1895 finalmente, Perrin, osservando che un elettroscopio copito dalla radiazione catodica si elettrizzava negativamente, dimostr che i raggi emessi dal catodo erano dotati di carica negativa.
Altri esperimenti condotti sui raggi catodici dimostrarono che doveva trattarsi di particelle (lo stesso Crookes aveva trovato che i raggi catodici erano in grado di mettere in rotazione, colpendola, una minuscola ruota a pale, interposta sul loro cammino).
Daltra parte lidea che anche lelettricit potesse avere una struttura particellare non era nuova, essendo gi stata avanzata dal fisico tedesco H.L. Helmholtz (1881), il quale aveva suggerito che, se la materia aveva una struttura discontinua, formata cio da particelle (atomi e molecole), allora era necessario fare la stessa ipotesi anche per l'elettricit. Solo ipotizzando lesistenza di atomi di elettricit potevano essere infatti facilmente interpretate le leggi dell'elettrolisi scoperte da Faraday quasi mezzo secolo prima, secondo le quali vi una proporzionalit rigorosa tra la quantit di materia che viene decomposta dal passaggio di una corrente elettrica e la quantit di corrente elettrica utilizzata. In pratica si poteva pensare che per decomporre un certo numero di particelle di materia fosse sempre necessario un certo numero di particelle di elettricit.
Esperienza di Thomson A) Un campo magnetico di intensit H devia una particella in movimento ed elettricamente carica con una forza perpendicolare al vettore velocit.
Applicando ad un tubo di Crookes un campo magnetico di intensit H, perpendicolare al moto della radiazione catodica, gli elettroni, aventi carica e e velocit v, sono sottoposti ad una forza F = Hev che li costringe a muoversi, allinterno del campo, lungo una traiettoria circolare di raggio r. Il valore di r pu essere calcolato sulla base della posizione assunta dal punto fluorescente sullo schermo di ZnZ, rispetto alla direzione rettilinea. Poich F 2 = ma e laccelerazione centripeta vale a = v /r, possiamo scrivere
v2 = Hev r
e quindi
e v = m Hr
B) Applicando ad un tubo di Crookes un campo elettrico di intensit E, gli elettroni di carica e vengono deviati verso il polo positivo con una forza F = Ee. La forza elettrica risulta sempre perpendicolare alle armature del condensatore e quindi gli elettroni assumono una traiettoria parabolica nel tratto di campo elettrico attraversato.
C) Se ora sottoponiamo il flusso di elettroni contemporaneamente ai due campi di cui regoliamo opportunamente lintensit in modo che il loro effetto totale sia nullo e gli elettroni si muovano in linea retta, la forza elettrica eguaglier la forza magnetica
Ee = Hev
e quindi
E H e v = m Hr v=
si ottiene
e E = 2 m H r
Lidea che gli elettroni rappresentassero un costituente fondamentale, comune a tutti gli atomi, venne definitivamente avvalorata dalla determinazione da parte di Thomson (1897) del rapporto carica/massa (e/m)9 dellelettrone. Il valore cos trovato infatti uguale per tutti gli elettroni e non cambia se si sostituisce il tipo di materia che forma il catodo emittente e il gas presente nell'apparecchiatura. Tale valore risultava quasi 2000 volte maggiore del corrispondente valore e/m tra carica e massa dello ione idrogeno, misurato tramite elettrolisi.10 Se supponiamo che la carica e dell'elettrone sia uguale e contraria a quella dello ione idrogeno (al fine di garantire la neutralit dell'atomo di idrogeno), il rapporto tra i due valori diventa automaticamente un rapporto tra masse. Le particelle che formavano i raggi catodici risultarono cos sorprendentemente possedere una massa quasi 2000 volte inferiore a quella del pi piccolo atomo conosciuto. Si cominci dunque a ritenere plausibile l'ipotesi che gli atomi non rappresentassero il gradino ultimo della materia, ma potessero anch'essi essere composti di particelle pi piccole.
Nell'articolo pubblicato su "Philosophical Magazine", Thomson afferma: "Cos, sotto questo aspetto, nei raggi catodici abbiamo la materia in uno stato nuovo, uno stato in cui la suddivisione spinta molto pi in l che nel normale stato gassoso, uno stato in cui tutta la materia, cio la materia derivante da fonti diverse come l'Ossigeno, l'Idrogeno etc. di un unico tipo, essendo essa la sostanza di cui sono costituiti tutti gli elementi chimici." L'atomo perde per la prima volta la sua indivisibilit e l'elettrone diventa momentaneamente la sostanza prima.
Esperimento di Millikan Minutissime goccioline dolio, caricate negativamente con una carica incognita q mediante irradiazione con raggi X, vengono immesse tra le armature di un condensatore che produce un campo elettrico di intensit E. Ciascuna gocciolina sottoposta ad una forza elettrica Fe = Eq ed alla forza peso Fp = mg. Variando opportunamente lintensit E del campo elettrico possibile variare la forza elettrica, per una goccia, fino a renderla uguale alla sua forza peso (la goccia rimarr sospesa in equilibrio). Eq = mg Misurando il diametro della goccia e conoscendo la densit dellolio, si pu calcolare la massa m della goccia. Lunica incognita rimane perci la carica q, che viene in tal modo misurata. Tale carica risulta essere, per tutte le gocce, un multiplo -19 intero di 1,6 10 C, valore che viene assunto come carica elettrica elementare ed associato alla carica dellelettrone.
Nel 1905 Millikan dimostr che la carica elettrica sempre un multiplo intero di una quantit elementare pari 1,602 10-19 Coulomb, carica che si dimostr appartenere sia al protone che
all'elettrone11. Nota la carica dell'elettrone ed il rapporto e/m fu quindi possibile ricavare il valore assoluto della massa dell'elettrone12.
Il fatto che un atomo neutro contenesse al suo interno particelle negative di massa trascurabile rispetto a quella dellintero atomo, richiedeva naturalmente la presenza di una controparte positiva alla quale associare la maggior parte delle sua massa.
Nel 1886 Goldstein, usando un tubo a raggi catodici con catodo forato, rilev dietro al catodo, una luminescenza provocata da radiazioni con movimento opposto a quello dei raggi catodici.. Egli dimostr che si trattava di particelle cariche positivamente (raggi canale). Poich la massa di tali particelle era diversa a seconda del gas contenuto nel tubo, si ritenne, correttamente,. che gli elettroni che attraversavano il gas, accelerati dalla differenza di potenziale, fossero in grado, urtandoli, di strappare gli elettroni contenuti negli atomi del gas, trasformandoli cos in ioni positivi.
I cationi generati, attirati dal catodo, andavano a formare i raggi canale. Si dimostrava dunque che latomo ormata da particelle negative di piccola massa (elettroni) che neutralizzavano una porzione positiva pi massiccia. Lo studio dei raggi canale port in seguito lo stesso Thomson nel 1907 a scoprire l'esistenza degli isotopi. Sottoponendo i raggi canale a condizioni sperimentali simili a quelle a cui aveva sottoposto gli elettroni per determinarne il rapporto e/m, Thomson scopr che gli ioni di uno stesso elemento non si distribuivano su di un'unica parabola, ma presentavano diverse traiettorie. Thomson interpret correttamente i risultati dell'esperimento ipotizzando che all'interno di uno stesso elemento fossero presenti gruppi di atomi aventi le stesse caratteristiche chimiche, ma massa diversa. Erano stati scoperti gli isotopi. Lo strumento utilizzato da Thomson sostanzialmente analogo all'attuale spettrografo di massa che permette oggi di pesare le sostanze chimiche, calcolando inoltre le percentuali relative dei vari isotopi in base all'annerimento relativo della lastra fotografica che vanno a colpire.
11
L'ipotesi di Prout (1815) secondo la quale gli atomi degli elementi pi pesanti erano costituiti da un diverso numero di atomi di Idrogeno (protone), veniva dunque sostanzialmente confermata. In effetti rimanevano per alcune discrepanze apparentemente inspiegabili. Se prendiamo ad esempio il Carbonio 12, il cui nucleo composto da 6 protoni e 6 neutroni troviamo che la sua massa complessiva (12 u) minore della somma delle masse dei suoi nucleoni presi singolarmente. (6.(1,0073 u) + 6.(1,0087 u) = 12,096 u). Tale apparente contraddizione si spiega ammettendo che una parte della massa dei neutroni e dei protoni si sia trasformata in energia di legame, secondo la relazione einsteniana E = mc2, necessaria a tenerli uniti all'interno del nucleo. Tale quantit chiamata difetto di massa.
Nel 1896 Henri Becquerel scopr casualmente la radioattivit dell'Uranio. Le sue ricerche vennero proseguite dai coniugi Curie e poi da Rutherford, il quale per primo nel 1898 riconosce le radiazioni da lui chiamate a (alfa) e b (beta), emesse da elementi radioattivi. Ben presto risulta chiaro che le radiazioni beta sono costituite da elettroni come i raggi catodici, mentre per lungo tempo resta oscura la natura delle radiazioni alfa. Pochi anni pi tardi P. Villard in Francia scopr che tra le radiazioni emesse da una sostanza radioattiva ve ne sono di un terzo tipo, chiamate g (gamma), che si riconoscono simili ai raggi X.
Bisogna aspettare il 1904 perch Rutherford dimostri che la radiazione alfa costituita da nuclei di Elio. Lo stesso Rutherford, con la collaborazione di Soddy, fu in grado ben presto di dimostrare che durante l'emissione delle radiazioni alfa e beta, l'elemento radioattivo si trasforma, con un ritmo caratteristico, in un elemento di peso e numero atomico diverso (e quindi in un altro elemento chimico). Decadimento alfa - Quando un nucleo radioattivo (e quindi instabile) emette una radiazione a, esso si trasforma, o decade, nell'elemento che lo precede di due posti nella tabella periodica, a causa della perdita di due protoni (e due neutroni). A A- 4 4 Z X Z - 2Y + 2 He
Decadimento b - (beta-meno) Quando un nucleo radioattivo emette una radiazione b-, esso si trasforma, o decade, nell'elemento che lo segue di un posto nella tabella periodica, a causa della trasformazione di un neutrone del suo nucleo in un protone (che rimane nel nucleo), un elettrone e un antineutrino (che si allontanano dal nucleo).
n p + e- + n
A Z
X Z +AY + e - + n 1
Decadimento b + (beta-pi) Quando un nucleo radioattivo emette una radiazione b+, esso si trasforma, o decade, nell'elemento che lo precede di un posto nella tabella periodica, a causa della trasformazione
di un protone del suo nucleo in un neutrone (che rimane nel nucleo), un positrone ed un neutrino (che si allontanano dal nucleo).
p n + e+ + n
X Z -AY + e + + n 1 Cattura elettronica (cattura K). Si produce quando uno degli elettroni presenti nel guscio pi vicino al nucleo (livello K) viene catturato da un protone che si trasforma in un neutrone ed un neutrino
A Z
p + e- n + n
A Z
X + e - Z -AY + n 1
2.2
Agli inizi del '900 vi erano dunque sufficienti elementi per formulare un modello atomico coerente. Nel 1904 J.J. Thomson ipotizz che gli atomi fossero costituiti da una massa carica positivamente, uniformemente distribuita, all'interno della quale erano presenti gli elettroni, carichi negativamente, in numero tale da determinare l'equilibrio delle cariche e quindi la neutralit. Per cercare di chiarire la reale distribuzione delle cariche positive e negative che costituiscono latomo possibile studiare gli effetti di deflessione (scattering o diffusione) che queste producono su particelle-proiettile dotate di carica. Tale tecnica, oggi divenuta molto comune per sondare la struttura della materia, fu utilizzata per la prima volta proprio sullatomo, utilizzando come proiettili particelle a e b. Nel 1911 Rutherford, a conclusione di una serie di esperimenti di scattering condotti sugli atomi, giunse a modificare profondamente il modello di Thomson In tali esperimenti vennero fatte collidere particelle a con sottilissimi fogli metallici di oro o platino. Il loro comportamento risult sorprendente ed incompatibile con il modello di Thomson: la maggior parte delle particelle attraversava indisturbata il diaframma metallico proseguendo in linea retta, ma alcune particelle subivano vistose deflessioni, in alcuni casi rimbalzando addirittura indietro. Il numero delle particelle deviate risultava correlato al numero atomico degli atomi bombardati. Lesperienza suggerisce che: a) La struttura atomica sia estremamente rarefatta, visto lalto numero di particelle in grado di attraversarla b) la diffusione sia provocata dalla repulsione tra particelle alfa incidenti ed una carica positiva estremamente concentrata il cui valore cresca al crescere del numero atomico.
Infatti se la carica positiva fosse diffusa, distribuita uniformemente su tutto il volume atomico, le particelle a sarebbero sottoposte sempre ad una forza risultante nulla o quasi nulla, sia passando allinterno di un atomo, sia passando tra gli atomi ( quel che accade utilizzando come proiettili-sonda gli elettroni, i quali attraversano la materia subendo deviazioni molto piccole, a causa della distribuzione pi omogenea e diffusa delle cariche negative dellatomo). Per giustificare i risultati dei suoi esperimenti, Rutherford propose dunque un nuovo modello atomico, detto modello planetario con gli elettroni che andavano a costituire una specie di corteccia esterna al massiccio nucleo positivo, in modo da garantire la neutralit a livello macroscopico. Per non cadere nel nucleo, attirati dalla carica positiva in esso presente, gli elettroni negativi dovevano naturalmente possedere un'energia cinetica agente in senso opposto. Da calcoli effettuati sulle percentuali e sugli angoli di deviazione, Rutherford giunse a calcolare che, mentre l'atomo doveva possedere un diametro dell'ordine di 10-8 cm, il nucleo avrebbe dovuto presentare un diametro dell'ordine di 10-12 -10-13 cm. Lo stesso Rutherford proporr in seguito di chiamare protone il nucleo dellelemento pi leggero, lidrogeno. L'esistenza dei protoni venne definitivamente confermata nel 1925 da Blackett, il quale riusc ad ottenere immagini fotografiche (camera di Wilson) della trasmutazione dell'azoto, che, colpito da una particella a si trasforma in un nucleo di ossigeno e libera un protone del suo nucleo.
14 7 4 N + 2 He17O +11H 8
Solo molto pi tardi (1932) James Chadwick, bombardando il Berillio con particelle a, scopr che nei nuclei sono presenti anche particelle neutre, aventi una massa dello stesso ordine di grandezza del protone, anche se leggermente superiore, che vennero chiamati neutroni13.
9 4 4 Be + 2 He12C + 01n 6
La scoperta dei neutroni permise di giustificare completamente l'esistenza degli isotopi, scoperti in precedenza da Thomson. Inoltre permise di classificare gli atomi dei vari elementi in funzione del numero dei protoni presenti nel loro nucleo. Il modello di Rutherford presentava tuttavia gravi difetti in quanto gli elettroni che ruotano intorno al nucleo dovrebbero perdere energia cinetica sotto forma di emissione di radiazione elettromagnetica, come previsto dalle leggi dellelettrodinamica, finendo per cadere sul nucleo. Inoltre gli atomi, in opportune condizioni, sono in grado di emettere e assorbire radiazione elettromagnetica secondo modalit che il modello planetario di Rutherford non era in grado di giustificare. Fu pertanto necessario introdurre un nuovo modello atomico. Ma prima di parlarne necessario affrontare, sia pur brevemente, il problema della natura della radiazione elettromagnetica e dei fenomeni di interazione che essa manifesta con la materia.
13Bombardando
il Berillio con particelle alfa esso emetteva una radiazione invisibile, che non veniva in alcun modo deflessa da campi magnetici o elettrici, il cui unico effetto era di provocare l'emissione da parte di un bersaglio di paraffina, contro cui era diretta, di protoni. Applicando semplicemente il principio di conservazione dell'energia e della quantit di moto e supponendo elastici gli urti tra le particelle, Chadwick fu in grado di calcolare la massa dei neutroni
3 La radiazione elettromagnetica Oggi noi consideriamo la luce visibile un tipo particolare di radiazione elettromagnetica, ma i fisici hanno dibattuto per lungo tempo sulla questione.
3.1 Modello ondulatorio e corpuscolare a confronto
La disputa intorno alla natura della luce nasce in pratica nel '600 e tra i protagonisti troviamo il grande Newton ed il fisico olandese suo contemporaneo, C. Huygens (1629-1695). Newton, sostenitore della teoria atomica, riteneva che anche la luce fosse formata da particelle propagantesi in tutte le direzioni in linea retta, soggette alle leggi della meccanica che, come egli stesso aveva scoperto, governavano tutti i corpi materiali. Huygens riteneva invece (Trait de la lumiere, 1690) che la luce fosse un fenomeno ondulatorio, simile alle onde sonore che fanno vibrare l'aria o alle onde di energia meccanica che increspano la superficie dell'acqua.
Attraverso il suo modello ondulatorio Huygens riusc a spiegare i fenomeni di riflessione e quelli di rifrazione, supponendo correttamente che la velocit della luce diminuisse passando da un mezzo meno denso ad uno pi denso (ad esempio aria/acqua). Ritenendo che anche la luce, come il suono, fosse una vibrazione meccanica, Huygens ammise l'esistenza di un ipotetico mezzo elastico che chiam etere, onnipresente nello spazio, al fine di giustificare la propagazione della luce nel vuoto e attraverso i mezzi trasparenti (come l'acqua ed il vetro), dove l'aria non era presente. Anche Newton pot, d'altra parte, spiegare la maggior parte dei fenomeni luminosi allora noti attraverso il suo modello corpuscolare. La spiegazione della rifrazione in termine di particelle in moto permise ad esempio di ottenere la legge di Snell, ma costringeva Newton ad ipotizzare che le particelle, maggiormente attirate dal mezzo pi denso, viaggiassero in questo pi velocemente.
Entrambi i modelli erano in grado di giustificare, in prima approssimazione, il comportamento dei raggi luminosi, ma Newton aveva ragione nel contestare ad Huygens il fatto che, se la luce fosse stata un fenomeno ondulatorio, avrebbe dovuto aggirare gli ostacoli, come faceva il suono. Ci che caratterizza inequivocabilmente qualsiasi evento ondulatorio sono infatti i fenomeni di rifrazione, diffrazione e di interferenza. La rifrazione il fenomeno per cui unonda subisce una deviazione rispetto alla sua direzione iniziale quando attraversa la superficie di separazione tra due sostanze in cui viaggia a velocit diversa.
La diffrazione il fenomeno per cui un'onda devia quando incontra un'apertura o un ostacolo avente dimensioni dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda (esempi di diffrazione sono i raggi
luminosi che si formano quando filtriamo una sorgente luminosa tra le ciglia socchiuse o quando riusciamo ad udire egualmente un suono da una porta aperta anche senza vedere la sorgente sonora).
L'interferenza quel fenomeno per il quale due onde incontrandosi si intensificano o si indeboliscono a seconda che si sovrappongano cresta con cresta o cresta con cavo, sommando algebricamente la loro ampiezza (un esempio di interferenza si ha quando due onde d'acqua di pari grandezza si scontrano da direzioni opposte e per un breve attimo 'scompaiono in corrispondenza alla sovrapposizione del cavo dell'una con la cresta dell'altra).
In realt la risposta all'obiezione newtoniana era gi presente al tempo di Huygens in un'opera di un monaco italiano, F.G. Grimaldi, pubblicata postuma nel 1665. Grimaldi era infatti riuscito a scorgere per la prima volta le frange di interferenza14. Impiegando una sorgente luminosa puntiforme e osservando attentamente su di uno schermo l'ombra di un bastone, constat che la linea di separazione fra ombra e luce non era netta, ma presentava un certo numero di linee parallele, alternativamente chiare e scure. Ma il lavoro di Grimaldi non ebbe alcun effetto sulla disputa ed il problema rimase praticamente in sospeso, finch, nella prima met dell'800, non vennero raccolte prove schiaccianti a favore del modello ondulatorio di Huygens.
14Facendo
incidere un fascio luminoso su di una parete munita di un forellino (o una fenditura) avente diametro dell'ordine di grandezza della lunghezza d'onda della luce incidente, l'immagine che appare su di uno schermo formata di anelli concentrici luminosi e oscuri (o linee parallele se fenditura). L'effetto caratteristico dei fenomeni ondulatori e si spiega tenendo presente che i vari punti della fenditura possono tutti considerarsi per il principio di Huygens come una sorgente di onde secondarie in fase. Tali onde devono percorrere distanze diverse per giungere allo schermo. Quelle che arrivano in fase si sommano (interferenza costruttiva), mentre quelle che arrivano in opposizione di fase si annullano (interferenza distruttiva)
3.2
Le onde elettromagnetiche
Nel 1801 Thomas Young (1773-1829) comp in Inghilterra un esperimento rimasto famoso. Egli costru una sorgente luminosa puntiforme facendo passare la luce di una candela attraverso un minuscolo foro praticato su di un foglio di stagno. Al di l di questo primo foglio ne pose un secondo con due piccoli fori, dietro ai quali mise un schermo. Ora se la luce si propagasse rigorosamente in linea retta si otterrebbero sullo schermo due punti luminosi, lungo le rette congiungenti il primo foro con gli altri due. In realt grazie al fenomeno di diffrazione i due pennelli di luce si allargano e formano due macchie di luce circolari che si sovrappongono sullo schermo. Osservando questa regione di sovrapposizione Young si accorse che essa era solcata da linee sottili chiare e scure che chiam frange di interferenza.
Esperienza di Young I raggi diffratti dalle due fenditure partono in fase. Dovendo percorrere un cammino diverso (r1 r2) possono raggiungere lo schermo in fase (punto B) o fuori fase (punto A) formando una caratteristica alternanza di zone illuminate e scure, dette frange di interferenza.
Le esperienze di Young vennero riprese da A. Fresnel (1788-1827), il quale riusc a dimostrare che la teoria ondulatoria permetteva di spiegare tutti i particolari delle frange di diffrazione e di interferenza. Fresnel port un altro importante contributo alla teoria ondulatoria della luce. Riprendendo un suggerimento di Young, egli dimostr che tutte le caratteristiche della luce polarizzata 15 e dell'ottica cristallina trovavano una spiegazione se si supponeva che la vibrazione luminosa nell'onda fosse trasversale, cio perpendicolare alla direzione di propagazione, mentre la vibrazione sonora nell'aria longitudinale, cio parallela alla direzione di propagazione del suono. Questa conclusione di Fresnel incontr molte resistenze tra i suoi contemporanei, perch costringeva a ritenere l'etere dotato di propriet contraddittorie. Se infatti si ammetteva che le vibrazioni luminose dell'etere fossero di natura meccanica, come quelle sonore, esso avrebbe dovuto essere fine e duttile per penetrare in tutti gli interstizi dei corpi trasparenti (visto che la luce si propaga in essi) e contemporaneamente rigido ed incomprimibile, per essere incapace di trasmettere vibrazioni longitudinali (il suono non si propaga infatti nel vuoto dove dovrebbe essere presente l'etere).
Nel 1865 da James Clerk Maxwell (1831-1879) dimostr che la vibrazione della luce non era di natura meccanica, ma di natura elettromagnetica, sintetizzando in un lavoro teorico le precedenti osservazioni sperimentali di Oersted e di Faraday sul magnetismo e l'elettricit. Nel 1820 il fisico danese Hans Christian Oersted aveva scoperta che un magnete ed un filo percorso da corrente elettrica si attirano o si respingono reciprocamente (in relazione al verso della corrente o del magnete)) Nel 1831 Michael Faraday trov che un magnete in movimento esercita una forza su di una carica elettrica ferma costringendola a muoversi (induzione elettromagnetica). Evidentemente le cariche elettriche in movimento sono in grado di generare forze magnetiche e, viceversa, i magneti in movimento producono forze elettriche.
Nel 1809 Etienne Malus aveva scoperto la polarizzazione della luce per riflessione e J.D. Arago aveva dimostrato che il fenomeno era identico a quello ottenuto per doppia riflessione attraverso un cristallo di Spato d'Islanda.
15
Maxwell interpret tali risultati servendosi del calcolo differenziale, e quindi esclusivamente per via teorica, utilizzando il concetto, introdotto da Faraday di campo di forza16 Quando un magnete o una carica elettrica si muovono, ovviamente il campo di forze ad esse associato varia la sua intensit. Maxwell riusc a dimostrare che un campo elettrico la cui intensit varia con il tempo, produce nello spazio circostante un campo magnetico anch'esso di intensit variabile nel tempo. Il campo magnetico, variando di intensit, induce a sua volta un campo elettrico variabile e cos via. In conclusione la perturbazione iniziale del campo non rimane confinata nel punto iniziale, ma si propaga nello spazio come campi di forze elettriche e magnetiche concatenati la cui intensit varia nel tempo con andamento ondulatorio: un'onda elettromagnetica oscillante nello spazio e nel tempo.
La teoria di Maxwell permette anche di ottenere, sempre per via teorica la velocit di propagazione dell'onda elettromagnetica attraverso la relazione:
c=
1 e o mo
Dove eo la costante dielettrica del vuoto e mo la permeabilit magnetica del vuoto. Il valore ottenuto da tale relazione di 300.000 km/s. La straordinaria coincidenza tra la velocit delle onde elettromagnetiche e quella della luce (calcolata dall'astronomo danese Ole Christensen Romer nel 1675) sugger a Maxwell l'ipotesi, in seguito verificata da Hertz, che la luce non fosse altro che una radiazione elettromagnetica di particolare lunghezza d'onda. Il formalismo matematico della teoria di Maxwell implicava inoltre che l'onda elettromagnetica fosse prodotta da campi elettrici e magnetici aventi direzione ortogonale tra loro e contemporaneamente perpendicolare alla direzione di propagazione dell'onda stessa: si dimostrava perci che la luce era un fenomeno ondulatorio costituito da onde trasversali. Nel 1888 Heinrich Hertz forn una straordinaria conferma alla teoria elettromagnetica di Maxwell, producendo per la prima volta delle onde elettromagnetiche di elevata lunghezza d'onda, scoperta che dette l'avvio allo sviluppo della radiofonia. Egli non pot vedere lo sviluppo della radiofonia, ma le sue scoperte gli permisero di affermare che "Se qualcosa stabilito con certezza in fisica, questo la natura ondulatoria della luce" Ironia del destino volle che l'anno prima Hertz avesse scoperto l'effetto fotoelettrico, un fenomeno inspiegabile tramite la teoria elettromagnetica classica e che pose le premesse per il suo superamento. La teoria ondulatoria doveva tuttavia conoscere ancora un grande trionfo con la spiegazione nel 1912 della natura elettromagnetica dei raggi X.
16Un
campo di forza un una distribuzione di forze nello spazio. Ad esempio un campo elettrico dato dalla distribuzione dei vettori forza intorno ad una carica Q che agiscono su di una ipotetica carica di prova di 1 C
Nel 1895 W.K. Roentgen, aveva osservato che, ponendo di fronte al catodo di un tubo di Crookes un ostacolo di natura metallica, detto anticatodo, questultimo si trasformava in una sorgente di radiazioni estremamente penetranti, che non venivano deviate n da un campo elettrico n da un campo magnetico ed erano in grado di impressionare lastre fotografiche. Esse presero il nome di raggi X o raggi Roentgen.
L'impossibilit di deviarli mediante campi elettrici e magnetici ed il fatto che si propagassero nello spazio con la velocit della luce avevano indotto i fisici a pensare che si trattasse di radiazione elettromagnetica. Ma tutti gli sforzi fatti per rifrangerli, diffrangerli e produrre frange di interferenza rimasero senza risultati fino al 1912. In quell'anno Max von Laue ebbe l'idea di utilizzare come reticolo di diffrazione un cristallo. Gli atomi e le molecole che formavano il reticolo cristallino risultarono essere sufficientemente vicini da formare fenditure dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda della radiazione X. Lesperimento di von Laue ebbe una doppia valenza: a) stabil la natura ondulatoria dei raggi Roentgen b) costitu una ulteriore conferma della natura particellare della materia e delle dimensioni atomiche. Inoltre la tecnica messa a punto, oggi nota come diffrattometria a raggi X, divent un potente strumento per indagare la struttura della materia. Dalle figure di interferenza prodotte dai raggi X nellattraversare la materia si pu infatti risalire alle posizioni relative degli atomi al suo interno (cristallografia, strutture molecolari complesse: proteine ed acidi nucleici).
3.3
Essendo dunque la luce un fenomeno ondulatorio, cio un fenomeno che si riproduce identico a se stesso un gran numero di volte, se ne possono definire alcuni parametri caratteristici. l
A
Si definisce lunghezza d'onda (l) la distanza, misurata in cm, che separa due creste successive. Si definisce periodo (T) il tempo, misurato in s, che intercorre tra due creste successive. Naturalmente il rapporto tra lo spazio percorso (l) ed il tempo (T) necessario a percorrerlo ci fornisce la velocit (c) della radiazione elettromagnetica. Poich c = 300.000 km/s una costante se ne deduce che l e T sono direttamente proporzionali. Il numero di creste che passa davanti all'osservatore nell'unit di tempo dipende dalla lunghezza d'onda. Minore la lunghezza d'onda maggiore il numero di creste osservate al secondo. Si definisce frequenza (n) il numero di creste che vengono osservate al secondo. La frequenza si calcola come reciproco del periodo (1/T) e si misura in cicli/s o hertz (1 Hz = 1 vibrazione al secondo). Si definisce numero donde (o numero donda) ~ il reciproco della lunghezza donda 1/l. n Si definisce infine ampiezza A dellonda il valore della sua ordinata. Si tenga presente che un fenomeno ondulatorio sempre associato ad un trasporto di energia il cui valore proporzionale al quadrato dellampiezza. Le relazioni fondamentali che legano tali variabili sono: c = l/ T c = ln
Le onde elettromagnetiche sono state classificate in base alla lunghezza d'onda ( o, il che lo stesso, in base alla frequenza). La classificazione di tutte le onde elettromagnetiche in funzione della lunghezza d'onda espressa in cm (ma sono frequenti come unit di misura anche il metro, l'ngstrm e il micron) detta spettro elettromagnetico. Le onde elettromagnetiche che il nostro occhio riesce a vedere rappresentano solo una piccola porzione dell'intero spettro, compresa tra l = 0,76 m (rosso) e l = 0,39 m (violetto). Noi percepiamo ciascuna lunghezza d'onda all'interno di tale intervallo, detto spettro visibile, come un colore diverso. Quello a maggior lunghezza d'onda appunto il rosso, poi arancione, giallo, verde, blu e violetto quelli a lunghezze d'onda via via minori. Le onde elettromagnetiche aventi lunghezza d'onda maggiore sono classificate come infrarosso, microonde, onde radar e onde radio. Le onde con lunghezza d'onda inferiore sono classificate come ultravioletto, raggi X, raggi gamma. Le onde elettromagnetiche trasportano energia. L'energia portata da ciascuna radiazione inversamente proporzionale alla sua lunghezza d'onda. Ci significa che la luce rossa ad esempio meno energetica di quella blu.
3.4
Attraverso una tecnica detta spettroscopia possibile suddividere una radiazione composta da onde elettromagnetiche di diversa lunghezza d'onda (ad esempio la luce bianca proveniente dal sole), nelle sue componenti, dette radiazioni monocromatiche. Il risultato di tale scomposizione una serie di righe, ciascuna corrispondente ad una singola lunghezza d'onda, le quali costituiscono uno spettro. Si distinguono due tipi di spettri: 1) di emissione 2) di assorbimento. Spettri di emissione Si formano ogniqualvolta la materia emette radiazione elettromagnetica. Si distinguono in spettri di emissione continui e spettri di emissione a righe. Spettro di emissione continuo Se si esamina allo spettroscopio la radiazione proveniente da un corpo liquido o solido a qualsiasi temperatura, essa forma uno spettro continuo, in cui sono presenti tutte le radiazioni monocromatiche in una serie continua. L'intensit delle righe luminose cresce da sinistra a destra e, raggiunto un massimo in corrispondenza di una certa lunghezza d'onda, decresce.
Costruendo un diagramma che abbia in ascissa le lunghezze d'onda crescenti ed in ordinata l'intensit luminosa si ottiene una curva tipica, detta curva di corpo nero17, che non dipende dalla natura chimica del materiale emittente, ma funzione solo della temperatura di emissione. La lunghezza d'onda in corrispondenza della quale si ha la massima intensit luminosa dipende solo dalla temperatura del corpo emittente. Diminuendo la temperatura la curva, e quindi il massimo della curva, slittano verso destra, cio verso le lunghezze d'onda maggiori e viceversa. La posizione del massimo ricavabile in base alla legge dello spostamento di Wien (1894). lmax T = K dove K vale 0,290 cm K Temperatura e lunghezza d'onda di massima emissione risultano dunque inversamente proporzionali. per questo motivo che un corpo portato ad alta temperatura (ad esempio una sbarra di ferro) ci appare prima rosso, poi giallo, poi bianco azzurro. Il sole ad esempio ci appare giallo perch il giallo la lunghezza d'onda di massima emissione di un corpo avente una temperatura superficiale di circa 6.000 K. Per temperature molto basse il massimo di emissione non cade pi nella banda del visibile, ma si sposta nella zona dell'infrarosso fino a raggiungere, per temperature bassissime, le microonde o addirittura le onde radio. Naturalmente un corpo a maggior temperatura deve emettere complessivamente anche una maggior quantit di energia per unit di tempo. Quindi diminuendo la temperatura del corpo emittente la curva non solo si sposta verso destra, ma si abbassa. L'area compresa al di sotto della curva (integrale della funzione) rappresenta infatti l'energia totale emessa nell'unit di tempo e per unit di superficie radiante.
17In
fisica detto corpo nero un radiatore integrale, cio un corpo che riemetta completamente tutta l'energia assorbita. Un corpo nero naturalmente un'astrazione, ma possibile approssimarsi ad esso con una scatola di metallo le cui pareti interne sono rivestite di fuliggine, provvista di un foro
La relazione che descrive la variazione di energia emessa in funzione della temperatura assoluta del corpo emittente detta legge di Stefan-Boltzmann (1879). E = sT4 Dove s (sigma) la costante di Stefan_Boltzmann. Sia la legge di Stefan-Boltzmann che quella di Wien non descrivono per completamente il comportamento di un corpo nero. Per tutta la seconda met dell'ottocento l'obiettivo di grandi fisici quali Kirchoff, Bartoli, Stefan, Boltzmann, Wien, Rayleigh, era di trovare l'espressione matematica generale della funzione E = f (l,T) che fosse in accordo con i dati sperimentali. Purtroppo applicando le equazioni di Maxwell e le leggi della fisica classica si ottenevano sempre relazioni matematiche in netto contrasto con i dati sperimentali 18. Quello del corpo nero rimase un problema irrisolto per tutto l'Ottocento ed uno scoglio insuperato per il modello ondulatorio della luce proposto da Maxwell.
IL CUBO DI JEANS E LA CATASTROFE ULTRAVIOLETTA Un famoso esperimento ideale, suggerito da Jeans, contribu a mettere definitivamente la parola fine alla ricerca di una interpretazione classica del problema del corpo nero. Alla fine dell'800 la fisica classica aveva raggiunto una struttura che allora appariva praticamente definitiva. Essa si reggeva in pratica su tre pilastri: la meccanica newtoniana sistematizzata da Lagrange, l'elettromagnetismo di Maxwell e la termodinamica classica (Carnot, Clausius). Sia la termodinamica che l'elettromagnetismo aspiravano a ridursi alla meccanica classica, il cui rigoroso determinismo appariva il fondamento stesso della conoscenza scientifica. Fu proprio dal tentativo di ridurre le leggi della termodinamica classica a quelle della meccanica che, nella seconda met dell'Ottocento, nacque la meccanica statistica, ad opera dello stesso Maxwell, di Boltzmann e Gibbs. Ci che a noi interessa qui il cosiddetto principio di equipartizione dell'energia. Applicando tale principio alla curva di corpo nero, si giunge al risultato paradossale che l'energia di un corpo emittente si dovrebbe distribuire in modo uniforme tra tutte le lunghezze d'onda di emissione. Ci produce un risultato assolutamente non conforme ai dati sperimentali e nel suo esperimento ideale Jeans dimostr proprio l'inapplicabilit del principio di equipartizione dell'energia alla risoluzione del problema del corpo nero. Egli immagin un cubo le cui pareti interne fossero rivestite di specchi ideali, in grado cio di riflettere il 100% della radiazione incidente, contenente piccolissime particelle di carbone in grado di assorbire e riemettere tutta la radiazione presente nel cubo (in pratica minuscoli "corpi neri", aventi il compito di favorire gli scambi energetici tra vibrazioni di diversa lunghezza d'onda). Se immaginiamo ora di introdurre una radiazione luminosa e di richiudere immediatamente la scatola, dovremmo attenderci che, per il principio di equipartizione, l'energia si distribuisca in parti uguali fra tutti i sistemi componenti (si suddivida in parti uguali tra tutte le lunghezze d'onda possibili). Ora, se il cubo ha spigolo pari a L, le lunghezze d'onda compatibili con esso (senza che avvenga interferenza distruttiva) sono 2L, 2L/2, 2L/3, 2L/4, 2L/5 etc . Ci significa che mentre esiste un limite superiore alle possibili lunghezze d'onda, non ne esiste uno inferiore. Perci se noi immettiamo nel cubo una radiazione rossa dobbiamo attenderci che questa cominci a trasformarsi, attraverso una fitta serie di assorbimenti e riemissioni ad opera del pulviscolo carbonioso, in luce verde, blu, ultravioletta, radiazione x e gamma. Tale fenomeno dovrebbe avvenire in certa misura anche nei normali forni di cucina e nelle fornaci, aprendo i quali dovremmo essere investiti da una letale radiazione a breve lunghezza d'onda. Per molti anni dopo la pubblicazione di questo articolo di Jeans nessun fisico fu in grado di spiegare questo paradossale risultato.
18Relazione
di Wien
a E = 5 e lT l
E=
2p c KT l4
con K
costante
Spettro di emissione a righe Un gas o un vapore riscaldato emette una radiazione discontinua, formata solo da poche componenti monocromatiche. Tale radiazione scomposta dallo spettrografo produce uno spettro sul quale righe luminose sono separate da ampie bande oscure. Gli spettri a righe dipendono esclusivamente dalla natura chimica del materiale emittente. Ciascun elemento, ciascun composto chimico emette uno spettro a righe caratteristico, con righe di particolare lunghezza d'onda ed intensit, tanto che oggi la spettroscopia viene utilizzata per effettuare analisi chimiche.
permetteva di ottenere il numero donde n (reciproco della lunghezza d'onda) delle singole righe spettrali.
1 1 1 = RH 2 - 2 l m 2
Anche il significato da attribuire alle righe spettrali rappresent per tutta la seconda met dell'ottocento un problema che la teoria elettromagnetica non fu in grado di risolvere. Nel 1855 J. Balmer, studiando le righe emesse dall'idrogeno, scopr una relazione matematica che
con m = 3,4,5,6.... ed RH costante di Rydberg per l'idrogeno. Se la lunghezza d'onda misurata in cm la costante di Rydberg per lidrogeno vale
La relazione di Balmer pu essere generalizzata sostituendo al numero 2 un intero n minore di m. 1 1 1 = RH 2 - 2 l m n In tal modo, possibile prevedere per l'idrogeno l'esistenza, oltre alle 4 righe nel visibile ( una nel rosso, una nell'azzurro e due nel blu-violetto), anche altre serie, una nell'ultravioletto (serie di Lyman per n = 1) e 3 nell'infrarosso (serie di Paschen per n = 3; serie di Brackett per n = 4; serie di Pfund per n = 5), in seguito scoperte. Naturalmente la relazione di Balmer non era in grado di spiegare perch si producessero le righe spettrali, ma solo di calcolarne la lunghezza d'onda.
Spettri di assorbimento Quando la radiazione continua proveniente da un corpo solido o liquido passa attraverso un gas od un vapore, si constata che allo spettro continuo mancano certe radiazioni monocromatiche, le quali sono state assorbite dal gas interposto. In pratica si riscontra che i gas ed i vapori assorbono le stesse radiazioni monocromatiche che emettono (legge di Kirchhoff 1859), per cui lo spettro di assorbimento risulta l'esatto negativo dello spettro di emissione a righe. Le righe nere degli spettri di assorbimento sono dette righe di Fraunhofer, il quale le osserv per la prima volta (1815) nello spettro solare.
3.5 I quanti di radiazione: fotoni
In definitiva, nonostante gli eccezionali risultati ottenuti, la teoria ondulatoria della luce, non era in grado di dar ragione di tre problemi: lo spettro di emissione del corpo nero, gli spettri a righe, l'effetto fotoelettrico. La svolta si ebbe nel Natale del 1900, quando Max Planck ebbe un'intuizione che, come ebbe a dire egli stesso, fu pi un atto di disperazione che una vera e propria scoperta scientifica. Nel tentativo di trovare una equazione che descrivesse correttamente la curva di corpo nero, Planck propose che le onde elettromagnetiche non potessero essere emesse da un radiatore ad un ritmo arbitrario e continuo, ma solo sotto forma di pacchetti d'onde che egli chiam quanti. Ogni quanto possedeva una certa quantit di energia che dipendeva dalla lunghezza d'onda della luce, secondo la relazione: E=hn dove n la frequenza della radiazione e h una nuova costante, detta costante di Planck19.
19
Dalla relazione appare evidente come un quanto di luce rossa possa contenere meno energia di un quanto di luce blu. In tal modo un corpo emittente ad una certa temperatura potrebbe avere energia sufficiente per emettere quanti di luce infrarossa o gialla, ma potrebbe non avere sufficiente energia per emettere neppure un quanto di radiazione X o gamma. In tal modo ad alte frequenze il numero di quanti emessi si ridurrebbe drasticamente (e ci spiegherebbe ad esempio il paradosso di Jeans). La cosa incredibile fu che la curva di corpo nero cos calcolata era in perfetto accordo con i dati sperimentali20. L'introduzione della costante di Planck che inizialmente poteva sembrare pi che altro un espediente per salvare i fenomeni, risult invece portare con s una serie di novit sconcertanti e rivoluzionarie all'interno della fisica. Con essa nasce quella parte della fisica moderna che va sotto il nome di meccanica quantistica e di cui avremo modo di parlare in seguito. Planck non port alle estreme conseguenze il concetto di quanto di radiazione. Si limit semplicemente a verificare che nel caso particolare in cui la materia emetteva radiazione non lo faceva come un flusso continuo, secondo le leggi dell'elettromagnetismo classico, ma, per qualche misterioso motivo, attraverso scariche di particelle di energia dette quanti. L'ipotesi quantistica di Planck ruppe definitivamente con l'idea del continuo per l'energia. La luce non poteva dunque pi essere considerata semplicemente un fenomeno ondulatorio, visto che, almeno in questo caso particolare, i fisici erano costretti a descriverne il comportamento attraverso un modello corpuscolare. D'altra parte il modello corpuscolare quantistico era inapplicabile per spiegare fenomeni tipicamente ondulatori come la diffrazione e l'interferenza. Nasce l'idea di un comportamento duale della luce, la quale richiede due modelli, apparentemente in reciproca contraddizione, per essere descritta. Si utilizza il modello ondulatorio per descrivere i fenomeni di propagazione della radiazione elettromagnetica. Si utilizza il modello corpuscolare per descrivere i fenomeni di interazione con la materia (emissione ed assorbimento). Pochi anni pi tardi, nel 1905 Einstein conferm la descrizione quantistica della radiazione, utilizzando l'ipotesi di Planck per spiegare l'effetto fotoelettrico, fenomeno inspiegabile sulla base della teoria ondulatoria.
EFFETTO FOTOELETTRICO L'effetto fotoelettrico, scoperto da Hertz, consiste nell'emissione da parte di un metallo di elettroni quando venga colpito da radiazione elettromagnetica di una certa lunghezza d'onda, tipica per ogni metallo. Partendo dal presupposto che l'onda incidente ceda parte della sua energia agli elettroni del metallo, aumentandone in tal modo l'energia cinetica fino ad estrarli e applicando dunque la teoria elettromagnetica classica a questo fenomeno ci si attende che gli elettroni vengano strappati da qualsiasi radiazione purch sufficientemente intensa. In altre parole il modello elettromagnetico prevede che usando luce di qualsiasi colore e cominciando ad aumentarne l'intensit si arriver ad un punto in cui gli elettroni avranno energia sufficiente per uscire dal metallo. Aumentando ulteriormente l'intensit luminosa gli elettroni dovrebbero uscire con maggiore energia cinetica. L'effetto fotoelettrico avveniva invece con caratteristiche completamente diverse. Gli elettroni cominciano ad uscire solo quando il metallo viene investito da una radiazione avente una ben precisa lunghezza d'onda (frequenza di soglia). Utilizzando luce di maggior lunghezza d'onda, anche se molto intensa, non si ottiene alcun effetto. Utilizzando luce di giusta lunghezza d'onda ed aumentandone l'intensit non si ottiene la fuoriuscita di elettroni pi energetici, ma di un maggior numero di elettroni aventi sempre la stessa energia cinetica Utilizzando luce di lunghezza d'onda inferiore a quella di soglia si ottiene la fuoriuscita di elettroni pi energetici.
20
relazione di Planck
E=
8p l5
hc e
hc kTl
E=
-1
Tale comportamento risultava refrattario ad ogni tentativo di spiegazione che utilizzasse il modello classico. Einstein sugger dunque di trattare la radiazione che colpiva gli elettroni come particelle di energia E = hn, che egli chiam fotoni. Detto W il lavoro necessario per estrarre un elettrone dall'atomo, solo i pacchetti di energia per i quali vale hn = w saranno in grado di estrarre gli elettroni. Aumentando l'intensit luminosa di una radiazione a bassa frequenza, costituita da fotoni non sufficientemente energetici, non si fa che aumentare il numero di fotoni incidenti. Ma ciascuno di essi sempre troppo debole per estrarre gli elettroni.
Effetto fotoelettrico
1) Gli elettroni vengono emessi dal catodo fotoemittente e registrati dallamperometro solo se la luce utilizzata supera una certa frequenza di soglia n s tale per cui lenergia di ciascun fotone E = hn s sia almeno pari (o maggiore) del lavoro di estrazione w. hn w
2) Utilizzando luce di frequenza di soglia n s ed aumentandone progressivamente lintensit il metallo fotoemittente (catodo) verr colpito da un maggior numero di fotoni aventi sempre la medesima energia. Il catodo emetter pertanto un maggior numero di elettroni che lamperometro registrer come un aumento di intensit di corrente elettrica.
4) Lenergia dellelettrone estratto pu essere determinata facendo variare la tensione V che deve essere applicata per bloccarne il movimento e mandare a zero lamperometro in modo che 2 E = mv = V e Si ottiene una retta di equazione E = V e = hn - hns con lenergia E degli elettroni in funzione della frequenza n della radiazione usata per illuminarli. La retta ha pendenza h. Variando il tipo di metallo varia il valore del termine noto hn s (che rappresenta il lavoro di estrazione w, caratteristico per ogni metallo) e quindi lintersezione con gli assi, mentre la pendenza rimane costante. La determinazione sperimentale di tali rette per i diversi metalli rappresenta uno dei metodi utilizzati per la misura della costante h di Planck.
Il lavoro di Einstein mise in evidenza il fatto che la radiazione mostrava un comportamento corpuscolare non solo nei fenomeni di emissione, ma anche in quelli di assorbimento. Il lavoro sull'effetto fotoelettrico uno dei tre articoli, fondamentali per la fisica del '900, che Einstein pubblic nel 1905 nel 17 volume degli Annalen der Physik. Gli altri due trattavano della relativit speciale e del moto browniano. Quest'ultimo fu un problema che allora non ricevette l'attenzione dovuta, visto l'enorme impressione prodotta dalla teoria della relativit. Ma in esso vi era in pratica la prova dell'esistenza degli atomi.
Nonostante fosse stato fino ad allora raccolto un numero notevolissimo di dati che confortavano l'ipotesi atomica (il numero di Avogadro era stato ad esempio calcolato in una ventina di modi diversi, dando sempre lo stesso risultato), questa sembrava sfuggire a qualsiasi verifica diretta. Verso la seconda met dell'Ottocento la maggior parte dei fisici sotto l'influenza della filosofia positivista pensava che la fisica potesse e dovesse evitare qualunque ipotesi sulla struttura della materia. Fisici positivisti come Pierre Duhem, Wilhelm Ostwald ed Ernst Mach, ritenevano che la scienza dovesse limitarsi ad interpretare solo i fenomeni constatabili direttamente attraverso i sensi, senza costruire modelli che non potessero avere un supporto empirico ed intuitivo. Tuttavia l'atomismo aveva acquistato nella seconda met dell'Ottocento consistenza scientifica grazie al lavoro di chimici e cristallografi. Abbiamo gi detto di come l'ipotesi atomica si era rivelata utile per descrivere le reazioni chimiche conformemente alle quantit di materia messe in gioco. I cristallografi R.J.Hauy e, poi, R.Bravais interpretarono le propriet dei cristalli attraverso l'idea di un giustapposizione ordinata e regolare di elementi puntiformi a formare reticoli geometrici. La stessa meccanica statistica fond tutti i suoi brillanti risultati sul presupposto che i gas fossero formati da un numero enorme di particelle in moto disordinato.
Per dimostrare l'esistenza degli atomi Einstein si ricolleg ad una osservazione fatta dal botanico inglese Robert Brown, il quale aveva verificato che i granelli di polline presenti in sospensione nell'aria o nell'acqua, osservati al microscopio, presentano uno strano moto disordinato, con rapidi cambi di direzione (moto browniano). Einstein dimostr, utilizzando la meccanica statistica, che il moto browniano poteva facilmente essere spiegato ipotizzando che i granelli di polline fossero bombardati dalle molecole del mezzo in costante agitazione termica. La prova decisiva sulla natura corpuscolare della luce si ebbe nel 1923 quando venne scoperto l'effetto Compton, in cui i fotoni si comportano a tutti gli effetti come particelle, scambiando quantit di moto nell'urto con gli elettroni. La quantit di moto di una particella p = mv, mentre la quantit di moto di un fotone pg , che non possiede massa, si calcola eguagliando la relazione di Einstein E = mc2 con la relazione quantistica dellenergia E = hn ed, esplicitando mc, si ottiene
pg = mc =
hn h = c l
EFFETTO COMPTON Compton aveva intuito che gli elettroni pi esterni di un atomo erano debolmente legati e, se colpiti da proiettili sufficientemente energetici, potevano essere considerati pressoch liberi. Egli utilizz come proiettili fotoni appartenenti a radiazione X, quindi molto energetici. Quando la radiazione X passa attraverso la materia essa viene diffusa in tutte le direzioni ed emerge con frequenza tanto minore quanto maggiore l'angolo di diffusione. Si pu facilmente interpretare il fenomeno in termini di teoria dei quanti. Quando il fotone X di energia E = hn urta un elettrone gli cede una parte della sua energia e quindi della sua quantit di moto, emergendo con un energia e quindi con una frequenza minore = hn'. L'urto tra il fotone e l'elettrone pu essere trattato come un normale urto elastico tra due sfere rigide. L'elettrone, supposto fermo, viene deviato e si pu facilmente verificare che la quantit di moto acquistata dall'elettrone (poich l'elettrone pu acquistare velocit molto elevate necessario usare l'espressione relativistica della quantit di moto) pari a quella persa dal fotone. Nel caso avvenga una collisione frontale la sfera ferma (elettrone) verr scagliata ad alta velocit nella direzione dell'urto, mentre la sfera incidente (fotone X) perder una notevole frazione della sua quantit di moto. Nel caso di un urto obliquo la sfera incidente (fotone X) perder minore quantit di moto a favore della sfera ferma e subir una piccola deviazione rispetto alla direzione dell'urto.
Nel caso di un urto di striscio la perdita di energia del fotone sar minima e minima la deviazione rispetto alla sua traiettoria. Si tenga presente che mentre per l'elettrone, che possiede massa, la quantit di moto vale p = mv, per il fotone che possiede solo energia necessario utilizzare la relazione di Einstein E = mc2 per calcolare la quantit di moto. Eguagliando tale relazione con la relazione quantistica E = hn si ottiene la quantit di moto del fotone
p = mc = hn/c Naturalmente la quantit di moto del fotone deviato sar minore di quella iniziale, e tale diminuzione pu essere direttamente verificata in termini di diminuzione della frequenza, visto che h e c sono due costanti.
p' = hn'/c
Effetto compton Quando i fotoni X ad alta energia investono la materia vengon diffusi in tutte le direzioni. La perdita di energia di ciascun fotone diffuso tanto maggiore, quanto maggiore langolo q di diffusione. Applicando i principi di conservazione dellenergia e della quantit di moto e trattando lurto tra fotone incidente ed elettrone come perfettamente elastico, possibile giungere alla seguente relazione tra la lunghezza donda del fotone diffuso l e la lunghezza donda del fotone incidente l
l'= l +
h (1 - cosq ) me c
4 Modelli atomici quantistici semiclassici Come abbiamo gi avuto modo di dire il modello planetario di Rutherford risultava in contraddizione con i principi dell'elettrodinamica classica e doveva pertanto essere corretto. Rimaneva inoltre ancora irrisolto il problema degli spettri a righe, la cui soluzione appariva con molta probabilit legata proprio alla struttura atomica. Visto il successo ottenuto nella risoluzione del problema del corpo nero e dell'effetto fotoelettrico, attraverso l'introduzione nel formalismo matematico della costante di Planck, Bohr decise di tentare la stessa strada anche per risolvere il problema degli spettri a righe.
4.1 Il modello atomico di Bohr
Preso in considerazione l'atomo di Idrogeno, Bohr introdusse alcune ipotesi in modo da far intervenire all'interno della struttura atomica la costante h. 1a ipotesi Esiste uno stato stazionario dell'atomo caratterizzato da particolari orbite circolari lungo le quali gli elettroni si muovono senza emettere radiazioni elettromagnetiche. Gli elettroni che percorrono tali orbite stazionarie possiedono una certa quantit ben definita di energia detta livello energetico dell'orbita.
mv 2 Essendo gli elettroni in equilibrio in tali orbite la forza centrifuga ( ) deve eguagliare la forza di r Ze 2 attrazione coulombiana k 2 tra l'elettrone negativo ed il suo nucleo, contenente Z protoni con carica r pari alla carica e dellelettrone.21 Per lIdrogeno Z = 1 e la relazione diventa
mv 2 e2 =k 2 r r
da cui si ricava il raggio 1)
ke 2 r= mv 2
1 = 1 (dyn 1 cm 2 u.e.s. -2 ) 4p e o
21
e la carica dell'elettrone, espressa in u.e.s., vale e = 4,80296.10-10 u.e.s. 9 Nel Sistema Internazionale k = 8,98755179 10 (N m2 C-2).
2a ipotesi A questo punto Bohr impose, del tutto arbitrariamente una condizione di quantizzazione. Tra le infinite orbite che soddisfano la 1) sono permesse solo quelle che soddisfano la seguente relazione 2)
mvr = n
h 2p
dove mvr il momento della quantit di moto dell'elettrone in orbita attorno al suo nucleo, detto anche momento angolare orbitale. h/2p prende il nome di costante di Planck normalizzata e viene spesso indicata con h (acca tagliato) ed n un numero intero positivo, detto numero quantico principale. In pratica Bohr impone una condizione di quantizzazione del momento angolare, che si riveler in seguito fondamentale e caratteristica di qualsiasi corpo rotante. Tale condizione si esprime dicendo che il momento angolare dell'elettrone deve essere un multiplo intero di acca tagliato. Il momento angolare quantizzato condiziona i valori che possono assumere il raggio delle orbite e lenergia totale (cinetica + potenziale) o livello energetico, che lelettrone possiede. Raggi e livelli energetici risultano pertanto anchessi quantizzati in funzione di n. Raggio quantizzato: Dalla condizione di quantizzazione del momento angolare si ricava la velocit che sostituita nella 1) fornisce la relazione quantistica del raggio
r = n 2 5,292 10 -11 m
per n = 1 r = 5,292 10-11 m (= 52,92 pm = 0,5292 ) il raggio della orbita circolare pi vicina al nucleo dellIdrogeno ed detto raggio di Bohr (ao)22. In fisica atomica il raggio di Bohr ao viene utilizzato come unit di misura di lunghezza e denominato bohr. 1 bohr = 5,291772 10-11 m Energia quantizzata (livello energetico): Lenergia associata ad un elettrone in moto su di unorbita e2 quantizzata si calcola come somma dellenergia cinetica ( 1 mv 2 ) e dellenergia potenziale ( - k ). Se 2 r 2 e esplicitiamo dalla 1) la quantit mv 2 = k e la sostituiamo nellespressione dellenergia cinetica, r lenergia totale vale e2 e2 e2 -k = -k E=k 2r r 2r 23 Sostituendo r con il valore quantizzato del raggio si ottiene
Il valore negativo dell'energia deriva dalla convenzione di porre pari a zero l'energia potenziale dell'elettrone a distanza infinita. Per n = 1 lelettrone si trova nello stato di minima energia possibile, detto stato fondamentale. Gli stati caratterizzati da n > 1 si dicono stati eccitati. In fisica atomica lenergia potenziale coulombiana dellelettrone nella prima orbita di Bohr viene utilizzata come unit di misura di energia e denominata hartree (in onore del fisico inglese Douglas Rayner Hartree). .
1 hartree = 4,359 10-18 J Un hartree corrisponde al doppio dell'energia di legame dell'elettrone nello stato fondamentale (n = 1) dell'atomo di idrogeno
3^ Ipotesi L'atomo pu passare dallo stato fondamentale ad uno eccitato assorbendo energia. In questo modo gli elettroni possono assumere l'energia necessaria per passare da un'orbita pi interna ad una pi esterna. L'energia assorbita affinch avvenga il salto quantico dell'elettrone, o transizione elettronica, deve essere esattamente uguale alla differenza di energia esistente tra il livello energetico superiore e quello inferiore.
24
Quando si fa riferimento allenergia associata ad una sola particella pi comodo utilizzare lelettronvolt (eV). 1 eV lenergia cinetica acquistata da un elettrone sottoposto alla differenza di potenziale di 1 Volt. 1 eV = 1, 6022 10-19 C x 1 V = 1,6022 10-19 joule
Quando l'elettrone si trova in un orbita superiore a quella in cui si trova normalmente, l'atomo possiede un surplus di energia che lo rende instabile (eccitato). L'elettrone quindi destinato a tornare nell'orbita di partenza riemettendo l'energia precedentemente assorbita tramite un fotone la cui energia appunto pari a E2 E1 = DE = hn
La radiazione emessa, avendo una frequenza univocamente determinata dalla differenza di energia esistente tra due particolari livelli energetici, rigorosamente monocromatica ed apparir come una ben determinata riga allo spettroscopio. Lenergia emessa durante una transizione da un livello n 2 ad un livello n1, con n2 > n1, 1 2,180 10 -18 2,180 10 -18 1 = 2,180 10 -18 2 - 2 joule DE = E2 - E1 = -2 2 n n2 n1 1 n2 c Ricordando che DE = hn e che c = ln, sostituendo opportunamente si ottiene DE = h , quindi l DE 1 = ed in definitiva hc l 1 1 DE 2,180 10 -18 1 1 1 2 - 2 = 10.974 2 - 2 m -1 = = n n hc l hc 1 n2 1 n2 Per calcolare il numero donde ~ (reciproco della lunghezza donda) della riga emessa durante una n transizione elettronica, Bohr ritrova dunque, per via teorica, la medesima relazione trovata 1 1 1 empiricamente da Balmer : = R 2 - 2 l m n I numeri interi n ed m che nella relazione di Balmer non presentavano alcun significato fisico, nel modello atomico di Bohr diventano rispettivamente il numero quantico del livello pi interno n1 ed il numero quantico del livello pi esterno n2, tra i quali avviene la transizione.
Ponendo nella n1 = 2 ed n2 intero superiore a due si possono trovare tutte le lunghezze d'onda delle righe spettrali prodotte dalle transizioni elettroniche dalle orbite pi esterne verso la seconda orbita. Tale righe spettrali corrispondono ovviamente alla serie di Balmer.
Ponendo invece n1 = 1 si ottengono le righe spettrali della serie di Lyman, le quali rappresentano dunque le transizioni elettroniche dalle orbite pi esterne verso la prima e cos via per le altre serie
Ponendo infine n2 = si ottiene la lunghezza donda che deve possedere la luce con cui irraggiare l'atomo per estrarre l'elettrone e portarlo all'infinito. In altri termini possibile calcolare teoricamente l'energia di ionizzazione dell'atomo. Il numero quantico principale n pu assumere teoricamente tutti i valori compresi tra 1 ed infinito. In pratica per tutti gli atomi conosciuti sistemano i loro elettroni al massimo in 7 livelli energetici, i quali vengono spesso indicati con le lettere K, L, M, N, O, P, Q.
Righe spettrali ( in nm) n esterno 2 3 4 5 6 7 8 9 121,6 102,5 97,2 94,9 93,7 93,0 92,6 92,3 91,15 656.3 486.1 434.1 410.2 397.0 388.9 383.5 364.6 1874.5 1281.4 1093.5 1004.6 954.3 922.6 820.1 4052.5 2625.9 2166.1 1945.1 1818.1 1458.0 7476 4664 3749 3304 2279
n interno 1 2 3 4 5
Un altro aspetto notevole del modello di Bohr che la costante di Rydberg viene ad essere calcolata in funzione di costanti note (come la carica dellelettrone, la sua massa, la velocit della luce, etc) ed il suo valore risulta in ottimo accordo con il valore misurato sperimentalmente
Condizione di quantizzazione del momento angolare orbitale 2) mvr = nh Dalla 2) esplicitiamo la velocit v
mv 2 Ze 2 =k 2 r r
nh mr
3)
r=
E=
n 2h2 k m Z e2
1 2 Ze 2 mv - k 2 r
Dalla 1) esplicitiamo
mv 2 = k
Ze 2 r
5)
Ze 2 E = -k 2r
E=Z 2 e4m k 2 2n 2 h 2
Sostituiamo nella 5) il raggio r con il valore quantizzato della 3) per avere lenergia quantizzata 6)
7)
DE = E 2 - E1 =
si avr che
Z 2 e4m k 2 2h 2
1 1 (n )2 - (n )2 2 1
Poich
D E = hn
c = ln
1 DE = l ch
ch, otteniamo 8)
1 2p 2 e 4 Z 2 m k 2 = l ch 3
1 1 2 (n ) (n )2 e i
Come si pu facilmente verificare, tale relazione corrisponde a quella trovata sperimentalmente da Balmer ed il termine
2p2 e 4 Z 2 m k 2 non altro che la costante di Rydberg, espressa in funzione di costanti note. ch 3
2p 2 e 4 Z 2 m k 2 = 10.973.732 m -1 ch 3
in ottimo accordo con il valore sperimentale della costante di Rydberg. Il valore calcolato per la costante di Rydberg risulta ancora pi vicino al dato sperimentale se si tiene conto anche della massa del protone (M) intorno al quale ruota l'elettrone. In effetti l'elettrone non ruota intorno al protone, ma entrambi ruotano attorno ad un baricentro comune in modo da soddisfare la relazione m rm = M rM , dove rm ed rM sono le distanze rispettivamente di m ed M dal baricentro. Laccelerazione centrifuga dellelettrone non dunque a rigore
mv 2 r
mv 2 rm
elettrone/protone attorno al baricentro comune equivalente al moto di una particella di massa ridotta (m)
m=
mM m = m + M 1+ m M
che descriva un'orbita di raggio r = rm + rM attorno al baricentro. In altre parole la 1) rimane valida se si sostituisce la massa dellelettrone con la sua massa ridotta. Cos la costante di Rydberg R, corretta per un elemento di massa M,
R=
2 p 2 e 4m k 2 2p 2 e 4 m k 2 R = = 3 m m ch ch 3 1 + 1 + M M
dove R la costante universale di Rydberg o costante di Rydberg per massa infinita. R infatti il valore calcolato senza tener conto della massa del nucleo M, il che equivale ad ipotizzare un nucleo di massa M infinitamente grande per cui
M
lim m =
m =m m 1+ M
Tenendo conto che per l'idrogeno m/M pari a 1/1836, la costante di Rydberg corretta per lIdrogeno vale
RH =
Valore che coincide perfettamente con il dato sperimentale. Per lo stesso motivo da prevedersi uno spostamento delle righe spettrali quando invece dell'idrogeno comune si consideri un suo isotopo pesante. Il Deuterio, ad esempio, che possiede un nucleo doppiamente pesante, essendo composto di un protone e di un neutrone, dovrebbe presentare uno spostamento delle righe spettrali di notevole entit e quindi facilmente osservabile (il rapporto m/M diventa infatti 1/3672). Il Deuterio fu scoperto nel 1932 da H.C. Urey proprio osservando il previsto spostamento delle righe spettrali .
Calcoliamo a titolo desempio il dislivello energetico esistente tra n = 2 ed n = 3, la frequenza e la lunghezza d'onda della riga spettrale (Ha) della transizione elettronica relativa.
n Ha =
lHa =
Il modello di Bohr in grado di giustificare in modo soddisfacente solo il comportamento spettrale dellIdrogeno e degli atomi idrogenoidi (ioni di altri elementi leggeri con un solo elettrone, come He+ e Li2+), mentre risulta inadeguato per atomi plurielettronici. D'altra parte quando Bohr impose la sua condizione di quantizzazione non pot darne alcuna giustificazione teorica, se non quella che in tal modo era possibile calcolare il valore numerico della costante di Rydberg e le righe spettrali dellIdrogeno. Solo una decina di anni pi tardi Louis De Broglie, avrebbe dimostrato che la condizione imposta da Bohr era una conseguenza della natura ondulatoria dell'elettrone.
4.2 Conferme sperimentali del modello di Bohr
Tra il 1913 ed il 1914 venne un'ulteriore conferma del modello atomico di Bohr, grazie agli esperimenti condotti da Moseley sugli spettri di emissione a righe nella regione della radiazione X di vari elementi chimici. Quando un elettrone del primo livello energetico (livello K) viene espulso, in seguito ad una collisione con un elettrone proiettile o in seguito ad irradiazione con fotoni altamente energetici (gli elettroni del primo livello sono fortemente legati), il suo posto pu essere occupato da un elettrone presente nei livelli superiori. Se l'elettrone proviene dal livello L (n = 2) la riga spettrale che si forma detta Ka, se proviene dal livello M (n = 3) detta Kb, e cos via. Se l'elettrone inizialmente espulso interessa il livello L, le righe che si formano per transizione elettronica dagli strati superiori M, N... sono dette La, Lb... La serie K sostanzialmente analoga alla serie di Lyman per l'idrogeno, ma si manifesta nella regione X. Le diverse righe della serie K presentano naturalmente un valore diverso nei vari elementi chimici, a causa delle differenze di energia esistenti tra livelli energetici dello stesso tipo in atomi aventi una diversa carica nucleare Z. Moseley dimostr che la riga pi intensa di questi spettri (riga Ka) si spostava regolarmente quando si passava da un elemento al successivo nella tavola periodica e che la lunghezza d'onda di tale riga si poteva esprimere in funzione del numero atomico Z, attraverso una relazione sostanzialmente analoga alla relazione di Balmer
1 1 1 2 = (Z - a) R 2 ( n ) ( n )2 l a b
dove a la costante di schermo, introdotta per tener conto del fatto che la carica del nucleo "vista" da ciascun elettrone , a causa della presenza degli altri elettroni, inferiore a Ze. Per la riga Ka la relazione diventa
1 3 1 1 2 2 = ( Z - a) R 2 - 2 = ( Z - a) R 1 2 4 l
La relazione dimostra che la radice quadrata della lunghezza d'onda inversamente proporzionale al numero atomico Z.
Ci, oltre a confermare il modello di Bohr, permise, da una parte di dare al numero atomico Z il suo significato preciso di numero di cariche elettriche concentrate nel nucleo (e quindi anche di numero di elettroni orbitanti esternamente per rendere l'atomo neutro), dall'altra di ordinare correttamente gli elementi nella tavola periodica secondo il numero atomico
crescente e non secondo il peso atomico crescente. Gli elementi devono infatti essere ordinati con lo stesso ordine con cui si succedono le righe della serie K. Risult ad esempio che il Co precede il Ni e non viceversa25. Del 1914 sono gli esperimenti condotti da J. Franck e G. Hertz (nipote di H. Hertz) i quali scoprirono che gli elettroni, quando attraversano i vapori di Mercurio, subiscono una perdita di energia secondo livelli discreti e che a tale perdita di energia corrisponde una emissione di radiazioni ultraviolette (l = 254 nm) da parte del Mercurio. Pochi mesi pi tardi Niels Bohr si rese conto che si trattava di una chiara conferma della validit del suo modello atomico quantizzato.
Esperimento di Franck-Hertz Tra il filamento emittente F e la griglia G viene applicata una differenza di potenziale variabile. Tra la griglia G ed il collettore C viene applicata una differenza di potenziale costante di segno opposto di -1,5 V che esercita unazione frenante, in modo che solo gli elettroni che hanno acquistato una sufficiente energia cinetica sono in grado di raggiungere il collettore C e contribuire alla circolazione di corrente. Finch la differenza di potenziale inferiore a 4,9 V gli elettroni urtano gli atomi di Mercurio in modo elastico, senza cedere energia e, attraversata la griglia, possiedono sufficiente energia per raggiungere il collettore e generare una corrente elettrica. la cui intensit viene misurata (amperometro). In corrispondenza di una tensione di 4,9 V gli elettroni hanno sufficiente energia per eccitare gli atomi di Mercurio che emettono una riga spettrale nellultravioletto a 254 nm. La cessione di energia agli atomi di Mercurio, rallenta gli elettroni, facendo diminuire lintensit di corrente al collettore. Aumentando ulteriormente la tensione il fenomeno si ripresenta con regolarit per valori di tensione multipli di 4,9 V. Infatti, in corrispondenza di una tensione doppia (9,8 V) un elettrone ha sufficiente energia per eccitare in successione due atomi di mercurio, mentre con una tensione tripla (14,7 V) pu eccitarne tre e cos via.
Nel 1921 Otto Stern e W. Gerlach verificarono un'altra conseguenza della teoria di Bohr. Infatti non solo le singole orbite, ma anche l'intero atomo deve possedere un momento angolare quantizzato, calcolato come vettore risultante dei singoli momenti interni. In pratica quindi anche l'intero atomo (se possiede un momento magnetico risultante netto) pu assumere solo orientazioni spaziali discrete.
Esperimento di Stern-Gerlach Un fascio di atomi di Argento attraversa un campo magnetico fortemente disomogeneo. I poli del magnete sono stati sagomati in modo che sul fascio di atomi agisca una forza deviante costante solo in direzione z e nulla in x ed y. Gli atomi si dividono in due fasci, colpendo lo schermo in due punti disposti simmetricamente rispetto alla direzione originaria. Gli atomi dimostrano pertanto di possedere un momento magnetico netto che si orienta in due soli modi possibili e controversi (spin antiparalleli) rispetto al campo magnetico applicato.
25Nella
tavola periodica esistono quattro coppie di elementi (Ar/K, Co/Ni, Te/I, Th/Pa (Torio/Proattinio)) il cui ordine risulterebbe invertito se fossero ordinati secondo il peso atomico crescente. notevole il fatto che Mendeleev decise di scambiarli di posto, pensando che il loro peso atomico fosse errato, classificandoli non in base al peso, ma alle loro caratteristiche chimiche
4.3
Tra le ipotesi iniziali di Bohr vi era quella che le orbite degli elettroni fossero circolari. Si trattava di un'ipotesi semplificatrice visto che la teoria di Bohr si basa sulla legge di Coulomb, formalmente simile alla legge di gravitazione universale, la quale costringe i corpi a ruotare intorno ad un baricentro comune su orbite ellittiche (la circonferenza pu essere considerata un caso particolare di ellisse, con e = 0). Nel 1915 A. Sommerfeld port delle modificazioni al modello iniziale di Bohr, introducendo appunto delle orbite ellittiche in cui il nucleo occupava uno dei due fuochi, in modo del tutto analogo a quanto accade per le orbite planetarie. Egli dimostr che mentre nel primo livello l'elettrone poteva percorrere solo un'orbita circolare. nel secondo livello oltre ad un'orbita circolare l'elettrone avrebbe potuto occupare con la stessa energia, anche un'orbita ellittica avente l'asse maggiore della stessa lunghezza del diametro dell'orbita circolare. Nel terzo livello era poi possibile per l'elettrone occupare, oltre all'orbita circolare due orbite ellittiche aventi assi maggiori uguali al diametro dell'orbita circolare, ma diversa eccentricit e cosi via. L'introduzione delle orbite ellittiche sembr rappresentare inizialmente una inutile complicazione nei calcoli. Esse permisero invece di risolvere il problema della cosiddetta struttura fine delle righe spettrali. Con l'affinamento delle tecniche spettroscopiche risult infatti che, utilizzando maggiori risoluzioni, ciascuna riga spettrale appariva composta da una serie di sottili righe molto ravvicinate, ad indicare la probabile esistenza di sottolivelli all'interno di ciascun livello energetico principale. La teoria di Bohr era una teoria non relativistica, nel senso che non utilizzava nel suo formalismo le relazioni della relativit speciale. In effetti le equazioni della relativit speciale possono essere trascurate senza incorrere in errori eccessivi se i corpi che si stanno studiando presentano velocit molto inferiori alla velocit della luce. Nel caso la velocit del corpo oggetto di studio si avvicini a quella della luce, la relativit dimostra che la massa del corpo non rimane costante ma cresce al crescere della velocit in modo sensibile. Tenendo presente che gli elettroni viaggiano a velocit molto elevate intorno al nucleo atomico, Sommerfeld introdusse le condizioni relativistiche nel modello di Bohr. In pratica, ricordando che nel moto lungo un'ellisse l'elettrone costretto a viaggiare pi velocemente quando si trova pi vicino al nucleo e pi lentamente quando si trova pi distante, la massa elettronica subisce delle modificazioni, aumentando in prossimit del nucleo e diminuendo nel punto pi distante. Ci comporta una diversificazione, seppur minima, delle energie associate alle orbite ellittiche, le quali non coincidono pi con le energie delle orbite circolari del livello di appartenenza. L'introduzione delle condizioni relativistiche da parte di Sommerfeld permise di spiegare in parte la struttura fine dello spettro. Le orbite ellittiche di Sommerfeld resero per necessaria l'introduzione di un altro numero quantico detto numero quantico secondario o azimutale indicato con l. l un numero intero positivo il cui valore dipende dal valore assunto da n 0 l n-1 Quindi se n = 1 l = 0 orbita di tipo s ( ci significa che nel primo livello vi una sola orbita circolare, indicata appunto con l = 0, o anche con la lettera 's'). se n = 2 l=0 l=1 orbita di tipo s orbita di tipo p
(ci significa che nel secondo livello oltre ad una orbita circolare (l = 0), naturalmente di diametro maggiore della precedente, vi anche un'orbita ellittica ( l = 1) indicata anche con la lettera 'p'. l = 0 orbita di tipo s l = 1 orbita di tipo p l = 2 orbita di tipo d (ci significa che nel terzo livello possono trovar posto oltre ad un'orbita circolare s ed una ellittica di tipo p, una seconda orbita ellittica (l = 2), avente naturalmente eccentricit differente, indicata anche con la lettera 'd'. se n = 3 l = 0 orbita di tipo s l = 1 orbita di tipo p l = 2 orbita di tipo d l = 3 orbita di tipo f (ci significa che nel quarto livello, oltre alle precedenti orbite pu trovar posto una terza orbita ellittica (l = 3), avente forma diversa ed indicata con la lettera 'f'. se n = 4 In pratica il numero quantico secondario determina la forma dell'orbita descritta dall'elettrone. Comunemente per i quattro tipi di orbite possibili vengono per semplicit indicate con le lettere s, p, d ed f.
Le lettere s, p, d, f sono le iniziali dei termini con cui storicamente venivano indicate in spettroscopia le righe corrispondenti; sharp, principal, diffuse e fundamental. 2 Le orbite ellittiche presentano semiasse maggiore a = n ao e semiasse minore b = nla0
Orbite ellittiche di Sommerfeld per i primi tre livelli energetici (ao = raggio di Bohr)
4.4
Il numero dei sottolivelli prodotto dall'introduzione delle orbite ellittiche non era comunque ancora sufficiente a giustificare tutta la ricchezza della struttura fine dello spettro. Fin dal 1896 era noto che quando una sorgente luminosa viene sottoposta ad un campo magnetico, le righe spettrali vengono ulteriormente scomposte in diverse componenti (effetto Zeeman) Il fenomeno pu essere spiegato osservando che un'orbita elettronica si comporta come una spira percorsa da corrente elettrica e, come previsto da Ampere nel 1820, produce un momento magnetico che dipende dal suo momento angolare. Poich il momento angolare quantizzato anche il momento magnetico lo .
Si dimostra che il momento magnetico sempre multiplo di una quantit minima detta magnetone di Bohr (mb)26
mb =
eh 2me
Ora possibile dimostrare che una stessa orbita sottoposta ad un campo magnetico esterno pu orientare il suo vettore momento magnetico solo in alcune direzioni, diversificando il suo contenuto energetico e dando perci luogo ad ulteriori sottolivelli. Il numero delle direzioni consentite viene espresso dal cosiddetto numero quantico magnetico m che pu assumere solo i valori interi compresi tra -l e + l. -l m +l In effetti tali sottolivelli vengono solamente resi pi evidenti dall'effetto Zeeman. Essi esistono normalmente nell'atomo poich le orbite elettroniche sono sottoposte al campo magnetico prodotto dal nucleo carico positivamente. se l = 0 (orbita circolare s) m = 0 ci significa che sottoposta ad un campo magnetico esterno un'orbita circolare d luogo ad ununica orientazione. Avremo perci una sola orbita circolare di tipo s. se l = 1 (orbita ellittica di tipo p) m pu assumere i valori +1 0 -1 ci significa che tale orbita pu orientarsi in tre modi diversi producendo tre sottolivelli a differente energia. Avremo perci 3 orbite di tipo p, indicate ciascuna con un diverso valore di m. se l = 2 (orbita ellittica di tipo d) m pu assumere i valori +2 +1 0 -1 -2 ci significa che questo tipo di orbita ellittica pu orientarsi in 5 modi differenti producendo quindi 5 sottolivelli a differente energia. Avremo perci 5 orbite di tipo d, indicate ciascuna con un diverso valore di m. se l = 3 (orbita ellittica di tipo f) m pu assumere i valori +3 +2 +1 0 -1 -2 -3 ( ci significa che questo tipo di orbita pu orientarsi in 7 modi diversi, producendo 7 sottolivelli a differente energia. Avremo perci 7 orbite di tipo f, indicate ciascuna con un diverso valore di m. In pratica il valore del numero quantico magnetico determina il numero di orbite di una certa forma presenti in ciascun livello energetico principale.
26
Spesso il magnetone di Bohr viene misurato utilizzando il sistema cgs elettromagnetico. In tal caso, per convertire la carica dell'elettrone, espressa in unit elettrostatiche (1 ues = statC = 1franklin), nelle corrispondenti unit elettromagnetiche (abCoulomb), necessario dividerla per c, velocit della luce (1 abC = 10 C = c statC, con c = 3 1010 cm/s)) . La relazione diventa m b = eh . Il magnetone di Bohr vale nel sistema SI 9,2740155.10-24 J T-1, nel sistema cgsem 9,2740155.10-21 2me c -1 e nel sistema cgs 2,7802799.10-10 erg statT-1. erg G es
4.5
Il modello di Bohr-Sommerfeld rimane sostanzialmente invariato anche per atomi con maggior numero di protoni nel nucleo e quindi di elettroni in orbita intorno ad esso. L'unica differenza in pratica dovuta al fatto che la maggior attrazione esercitata dal nucleo fa diminuire il diametro di tutte le orbite permesse. Il fatto permette di spiegare in modo naturale la diversit degli spettri dei vari elementi, in quanto essendo le orbite via via pi compresse anche i salti quantici tra un'orbita e l'altra risultano di differente entit, producendo quindi righe spettrali peculiari. Vi era tuttavia un problema in quanto per la fisica classica un sistema meccanico stabile quando possiede il minor contenuto energetico. Pertanto tutti gli elettroni che vengono introdotti nelle orbite dopo il primo, dovrebbero naturalmente liberarsi della loro energia addizionale attraverso una serie di transizioni verso il primi livello energetico. Gli elettroni degli atomi pesanti dovrebbero perci in definitiva trovarsi addensati tutti sulla prima orbita. Poich per tale orbita diventa sempre pi piccola per l'attrazione esercitata dai nuclei via via pi carichi positivamente, gli elementi pi pesanti dovrebbero presentare atomi con diametro via via minore, mentre l'esperienza dimostra che ci non vero. Nel 1925 il fisico tedesco Wolfgang Pauli formul il principio noto come principio di esclusione, che permise di descrivere correttamente la distribuzione degli elettroni nelle diverse orbite. Il principio di esclusione di Pauli afferma che ogni orbita quantica non pu contenere pi di due elettroni, i quali si differenziano per il valore di un quarto numero quantico detto numero quantico di spin. Il numero di spin pu assumere solo i valori +1/2 e -1/2. Con una formulazione alternativa, ma equivalente diremo Il principio di esclusione di Pauli afferma che in un atomo non possono esistere 2 elettroni con tutti e quattro i numeri quantici uguali. In altre parole ogni combinazione particolare dei quattro numeri quantici individua uno ed uno solo elettrone. Ci ha una conseguenza importante sulle configurazioni elettroniche, in quanto se entrambi i posti disponibili in un orbita sono occupati, gli elettroni successivi devono prendere posto necessariamente in orbite pi esterne, sempre due per orbita. Nel novembre del 1925 G.E. Uhlenbeck e S.A. Goudsmit diedero significato fisico al numero quantico di spin, ipotizzando l'esistenza di un momento magnetico intrinseco dell'elettrone. In altre parole possibile immaginare l'elettrone carico negativamente come una piccola trottola che gira intorno al suo asse, in modo da produrre il momento magnetico osservato. Lelettrone possiede un momento magnetico pari ad un magnetone di Bohr e, come conseguenza del suo moto di rotazione, anche un momento angolare intrinseco o spin, il cui valore pu essere determinato in funzione del momento magnetico. Lo spin risulta essere pari a 2 opposto al momento magnetico (a causa della carica negativa dellelettrone)
1
ed il suo verso
Il momento magnetico dell'elettrone, e quindi anche il suo momento angolare o spin, risulta quantizzato. Sottoposto ad un campo magnetico esterno lo spin dellelettrone pu infatti orientarsi nello stesso verso del campo o in verso opposto. Convenzionalmente il vettore spin si considera parallelo alla direzione di avanzamento dellelettrone, per cui i due elettroni si presenteranno:
+ 1 h , equiverso rispetto alla direzione del moto e quindi con una rotazione 2 destrorsa. al quale si associa numero di spin + 1 2 1 laltro con spin - 2 h , controverso rispetto alla direzione del moto e quindi con una rotazione
uno con spin sinistrorsa, al quale si associa numero di spin
-1 2
Dunque, in accordo con il principio di Pauli, in ogni orbita possono coesistere al massimo due elettroni i quali si distinguono per avere i vettori spin ad essi associati controversi o, come si usa impropriamente dire, antiparalleli.
La scoperta dello spin dell'elettrone consent di spiegare i risultati dell'esperimento di Stern-Gerlach. Gli atomi di argento possiedono infatti un numero dispari di elettroni ( Z = 47 ). Gli spin dei primi 46 elettroni si annullano a coppie, mentre lo spin dell'ultimo elettrone rimane come momento magnetico netto dell'intero atomo. In tal modo gli atomi che possiedono spin +1/2 vengono deflessi in una direzione, quelli che possiedono spin -1/2 in direzione opposta.
Nel 1926 Fermi fece una delle pi feconde applicazioni del principio di esclusione, incorporandolo nella meccanica statistica ed ottenendo una nuova statistica, alternativa a quella gi proposta da Bose e Einstein. La formulazione del principio di esclusione e della statistica di Fermi che da esso deriva su basi rigorosamente quantistiche fu fatta da Dirac intorno al 1928. Tale statistica prende oggi il nome di statistica di Fermi-Dirac. Solo nel 1940 Pauli scopr un semplice criterio per determinare quali particelle obbediscono alla statistica di Bose-Einstein e quali alla statistica di Fermi-Dirac. Le particelle con spin intero sono descritte dalla statistica di Bose-Einstein e sono per questo dette bosoni. Esse non obbediscono al principio di esclusione di Pauli e possono presentarsi pertanto in numero qualsiasi nello stesso stato quantico, addensandosi numerose in uno stesso livello energetico. Le particelle con spin semidispari (semintero) sono descritte dalla statistica di Fermi-Dirac e sono perci dette fermioni. Esse obbediscono al principio di esclusione di Pauli e non possono pertanto occupare lo stesso stato quantico, in numero superiore a due.
Il principio spiega in modo semplice anche la periodicit degli elementi chimici. Quando infatti un livello energetico risulta pieno di elettroni, i successivi sono costretti a riempire il livello energetico successivo, dove si trovano orbite dello stesso tipo del precedente, anche se di dimensioni maggiori. Gli elettroni si distribuiscono nei vari livelli con andamento regolare e periodico. Poich poi sono gli elettroni pi esterni a fornire le caratteristiche chimiche all'elemento diventa ovvia anche la periodicit di tali caratteristiche che si riscontra nella tavola periodica.
Nonostante i notevoli successi nello spiegare lo spettro a righe, perfino a livello della sua struttura fine, anche il modello di Bohr-Sommerfeld, dimostr la sua limitatezza. Soprattutto l'impostazione per cos dire semiclassica che lo caratterizzava lasciava insoddisfatti molti fisici. In altri termini tale modello ricorreva ampiamente alle leggi classiche della meccanica e dell'elettromagnetismo, salvo poi essere costretto a fare vistose eccezioni, vietandone arbitrariamente l'applicazione in alcuni passaggi chiave. (orbite stazionarie dove lelettrone non irraggia). La stessa condizione di quantizzazione risultava introdotta del tutto arbitrariamente. Inoltre il modello otteneva risultati buoni ed aderenti ai dati sperimentali solamente per lo spettro dell'idrogeno, mentre non riusciva a fare previsioni soddisfacenti per gli atomi plurielettronici. Il modello sub una radicale ed a tutt'oggi definitiva revisione con la nascita di una nuova meccanica, la meccanica quantistica e la conseguente introduzione di modelli atomici quantomeccanici. La data di nascita della meccanica quantistica si pu fissare al 1900 con la scoperta da parte di Planck del quanto di energia radiante h. Ma per circa vent'anni i fisici non ebbero vera consapevolezza della portata di tale scoperta. Le cose cominciarono realmente a mutare quando nel 1924 il fisico francese Louis De Broglie, avanz la sconvolgente ipotesi che non solo l'energia, ma anche la materia possedesse una natura duale, corpuscolare e ondulatoria.
5.1 La natura ondulatoria della materia: De Broglie
Secondo tale ipotesi ad ogni corpo possibile associare un'onda, che De Broglie chiamava 'onda di materia'. Per verificare questo assunto era necessario calcolare la lunghezza d'onda associata, ad esempio ad un elettrone, e poi controllare sperimentalmente se l'elettrone poteva produrre fenomeni tipicamente ondulatori come l'interferenza o la diffrazione, di entit compatibile con la lunghezza d'onda calcolata. Il calcolo della lunghezza d'onda associata ad un corpo di massa m, fu eseguito da De Broglie. Egli propose di assimilare completamente la trattazione delle particelle materiali a quella dei fotoni. Abbiamo gi visto come nell'effetto Compton i fotoni possano essere considerati particelle con quantit di moto pari a
pg = mc =
hn h = c l
La relazione che nella relativit speciale lega l'energia totale (E), l'energia a riposo (E o) e la quantit di moto p = mv infatti 2 2 2 E = (pc) + Eo . Poich non possono esistere fotoni fermi, l'energia a riposo di un fotone vale zero e la relazione per un fotone diventa E = pc. Ricordando poi che E = hn, si ottiene per un fotone
hn h . Essendo poi c =ln, si ha anche p = . c l De Broglie ipotizz dunque che anche la quantit di moto delle particelle materiali potesse essere calcolata come rapporto tra la costante di Planck e la loro lunghezza d'onda. Veniva in tal modo automaticamente associata ad ogni particella materiale una lunghezza d'onda, detta lunghezza d'onda di De Broglie, il cui valore dato dalla relazione p=
l DB =
h h = p mv
Sostituendo ad m la massa dell'elettrone e a v la velocit caratteristica dei raggi catodici, si pu facilmente verificare che un elettrone possiede una lunghezza d'onda dello stesso ordine di grandezza dei raggi X (10-8 cm). Utilizzando come reticolo di diffrazione reticoli cristallini come era stato fatto per dimostrare la natura ondulatoria dei raggi X, sarebbe stato dunque possibile verificare l'ipotesi di De Broglie con gli elettroni.
L'esperimento fu tentato nel 1927 da, George Thomson27 (figlio di J.J. Thomson) e, contemporaneamente da C.J. Davisson e L.H. Germer negli U.S.A. Essi dimostrarono che un fascio di elettroni accelerati e fatti passare attraverso un reticolo cristallino produce su di uno schermo caratteristiche figure di diffrazione e interferenza. Dall'analisi del diametro degli anelli di diffrazione si pot anche calcolare che la lunghezza d'onda della radiazione elettronica coincideva perfettamente con quella prevista da De Broglie. Si osserv anche che la lunghezza d'onda diminuiva o aumentava quando il fascio di elettroni veniva accelerato o rallentato, secondo quanto previsto dalla relazione di De Broglie. Pochi anni dopo il fisico Otto Stern ottenne gli stessi risultati usando atomi di sodio al posto di elettroni, dimostrando quindi che tutte le particelle possono essere associate ad onde di De Broglie. Il motivo per il quale non riusciamo ad osservare il comportamento ondulatorio degli oggetti macroscopici che ci circondano dovuto al fatto che il rapporto h/mv risulta per tali oggetti piccolissimo, essendo h molto piccolo ed m molto grande. Ai corpi macroscopici dunque associata una lunghezza d'onda di De Broglie di dimensioni infinitesime. Dopo aver sperimentalmente verificato la consistenza dellipotesi di De Broglie sulla natura ondulatoria della materia, i fisici si interrogarono sulla natura fisica di unonda associata alla materia. In ogni fenomeno ondulatorio c' sempre qualcosa che si muove o vibra. I fisici si chiesero che cosa vibrasse nei corpi materiali. Lo stesso De Broglie tent di dare una risposta ipotizzando che si trattasse di vere e proprie onde di materia. In altre parola che la stabilit della materia fosse solo un'illusione del mondo macroscopico, ma che a livello microscopico fosse necessario immaginare elettroni, protoni e atomi come delle nuvolette di materia pulsante senza contorni ben definiti. Tale interpretazione non ebbe successo, anche perch si scontrava con difficolt teoriche insormontabili. La risposta, ancor oggi accettata dalla maggior parte dei fisici, venne pochi anni pi tardi, da parte di Max Born, segnando il definitivo tramonto del determinismo in fisica.
5.2 Natura ondulatoria della materia: interpretazione probabilistica
La descrizione ondulatoria della materia richiede un cambio radicale di prospettiva nel modo di interpretare i fenomeni. Soprattutto quando si passa dal continuo al discreto e viceversa, si assiste spesso ad una perdita di significato di concetti ormai assimilati ed accettati. Un esempio servir a chiarire ed a familiarizzare con il problema.
dN , cio il numero di atomi che decadono per dt unit di tempo direttamente proporzionale al numero iniziale N di atomi: v = lN. l detta costante di decadimento radioattivo e rappresenta la frazione di atomi che decadono nellunit di tempo. Poniamo ad esempio l = 0,01 s-1. Ci significa che decadono l1% di atomi al secondo. Se consideriamo un campione iniziale di 10.000 atomi, dopo 1 secondo ne sono decaduti 100; dopo 2 secondi altri 99 (l1% dei rimanenti 10.000 100 = 9.900) e cos via. Consideriamo ora un campione costituito da un singolo atomo, N = 1 e chiediamoci che significato possiamo ora dare a l. Non possiamo certo affermare che in un secondo decadr 1/100 di 1 atomo. Un atomo, o decade, o non decade. In tal caso l rappresenta dunque la probabilit che un atomo decada nellunit di tempo. Cos latomo presenta 1 probabilit su 100 di decadere dopo un secondo, 2
Curiosamente G. Thomson ricevette il premio Nobel per aver verificato la natura ondulatoria dellelettrone, mentre in precedenza suo padre era stato insignito della stessa onorificenza per aver dimostrato la natura corpuscolare dellelettrone.
27
probabilit su 100 di decadere dopo 2 secondi,..100 su 100 di decadere dopo 100 secondi. Si comprende cos il motivo per cui la vita media di un atomo radioattivo pari al reciproco della sua costante di decadimento. In modo simile, nell'interpretazione di Born, l'onda associata ad una particella materiale deve essere interpretata in termini di probabilit di trovare la particella in un certo volume di spazio. Su tale interpretazione torneremo pi avanti, dopo aver parlato dei fondamentali apporti alla meccanica quantistica forniti da Schrdinger ed Heisenberg. Lintroduzione della interpretazione ondulatoria della materia permise a De Broglie di portare ulteriore chiarezza all'interno del modello di Bohr-Sommerfeld. Alcuni fatti che inizialmente potevano apparire arbitrari e gratuiti ora acquistavano significato. In particolare De Broglie dimostr che la condizione di quantizzazione del momento angolare, introdotta in modo alquanto artificioso da Bohr, poteva essere derivata direttamente dalla natura ondulatoria dell'elettrone e ne diventava una sua naturale conseguenza. h e tenendo presente che dalla Partendo dunque dalla condizione quantistica di Bohr mvr = n 2p h relazione di De Broglie (l = h/mv) si ricava che mv = , sostituendo opportunamente nella prima si l ottiene
2pr = nl
Ci significa che le orbite quantizzate di Bohr devono soddisfare la condizione di contenere un numero intero n di lunghezze d'onda di De Broglie. E precisamente, visto che n il numero quantico principale, la prima orbita deve contenere una lunghezza donda, la seconda orbita due lunghezze donda e cos via. Si formano in tal modo delle onde, dette onde stazionarie, tali che dopo un'orbita completa l'onda si trova esattamente in fase con se stessa. Le altre orbite non sono consentite poich in qualsiasi altro caso ventri e cavi delle onde si sovrapporrebbero creando interferenza distruttiva. L'onda si estinguerebbe e con essa la probabilit di trovare l'elettrone.
la stessa condizione che fissa la frequenza di vibrazione di un oscillatore vincolato, ad esempio una corda vibrante di lunghezza fissata.
Ad esempio una corda di chitarra di lunghezza L vincolata, cio fissa in due punti (il ponte ed il capotasto) che ne condizionano la vibrazione. Ci e dovuto semplicemente al fatto che i due punti vincolati non sono naturalmente in gradi di vibrare. Tenendo ora presente che lungo la corda in vibrazione si distinguono punti in cui l'oscillazione massima (ventri e creste) e punti in cui nulla (nodi). La distanza tra i nodi ovviamente pari a l/2. Ora, una corda vincolata non in grado di produrre qualsiasi vibrazione, poich due nodi sono fissi per definizione in quanto coincidono con i vincoli e gli altri nodi si possono disporre, equidistanti, in modo da dividere la corda in parti uguali. Vengono in tal modo automaticamente a formarsi solo certe caratteristiche lunghezze d'onda. In altre parole la corda pu necessariamente contenere solo un numero intero di mezze lunghezze donda e quindi pu produrre solo quelle vibrazioni per le quali vale la relazione
L = n (l/2) n = 1, 2, 3, 4........
dove L la lunghezza della corda.
In un oscillatore vincolato si possono dunque formare solo onde stazionarie, aventi una determinata lunghezza d'onda. Possiamo affermare che data una certa lunghezza della corda di un particolare strumento essa possiede un caratteristico spettro discontinuo (a righe). Quando la corda contiene mezza lunghezza d'onda la frequenza corrispondente detta fondamentale, mentre le frequenze superiori sono dette armoniche. Il timbro del suono, che identifica uno strumento permettendo di distinguere due note uguali emesse da strumenti diversi, determinato dalla sovrapposizione della vibrazione fondamentale con un certo numero di armoniche, tipiche di quel dato strumento. In altre parole il timbro l'analogo in acustica dello spettro a righe di una sostanza in spettroscopia. La natura ondulatoria dell'elettrone, "vincolato" dal nucleo che lo attrae, rende l'atomo molto simile ad uno strumento musicale.
Il modello quantistico di Bohr-Sommerfeld acquista con De Broglie caratteristiche ondulatorie che ne giustificano i postulati di base.
5.3 La meccanica ondulatoria di Schrdinger
L'ipotesi di De Broglie fu generalizzata e formalizzata dal fisico austriaco E. Schrdinger, che nel 1926 ottenne un'equazione valida per il moto di una qualsiasi particella in un campo di forza, detta equazione donda (la lettera greca psi) o equazione di Schrdinger. Lequazione donda, che descrive lelettrone ha caratteristiche analoghe a quelle che descrivono le onde stazionarie nella meccanica classica. In entrambi i casi londa modifica la sua ampiezza passando alternativamente da valori positivi a negativi. I punti in cui il segno dellonda cambia (da positivo a negativo o viceversa) e londa presenta ampiezza nulla si chiamano nodi.
L'equazione donda di Schrdinger pu essere applicata anche ad atomi diversi da quello dellIdrogeno e risolta (anche se attraverso approssimazioni) con risultati in buon accordo con i dati sperimentali. Quando si risolve lequazione donda per un atomo particolare si ottiene una equazione parametrica, detta funzione d'onda Y, che presenta come parametri i primi tre numeri quantici, n, l, m. Una funzione donda alla quale vengano attribuiti opportuni valori numerici ai numeri quantici individua lo stato di un particolare elettrone e prende il nome di funzione orbitalica o funzione orbitale.. Ogni funzione orbitale corrisponde ad uno stato stazionario dellelettrone-onda.
Schrdinger arriv alla conclusione che l'equazione d'onda che descrive un oscillatore meccanico poteva essere applicata anche all'atomo. Ora in acustica se la frequenza fondamentale x la frequenza della seconda, terza, quarta......ennesima armonica sar 2x, 3x, 4x......nx. In altre parole sar sufficiente un solo parametro ( il numero intero positivo n = 1,2,3..) per individuare qualsiasi armonica. Nel caso delle onde di Schrdinger il problema pi complesso poich le onde in questione sono tridimensionali e sono necessari tre parametri per determinare una qualsiasi armonica. Tali parametri saranno anche in questo caso necessariamente quantizzati visto che l'onda in questione un'onda vincolata e quindi stazionaria.
La natura ondulatoria dell'elettrone, "vincolato" dal nucleo che lo attrae, rende l'atomo molto simile ad uno strumento musicale. Tuttavia la meccanica che descrive le propriet ondulatorie delle particelle quali lelettrone differisce in modo sostanziale dalla meccanica classica ed nota come meccanica quantistica.
La meccanica quantistica ci permette di ottenere informazioni su di una particella risolvendo lequazione donda. Linformazione che si ottiene non la posizione e la velocit della particella, ma la probabilit di trovarla in una determinata regione di spazio. Dati certi valori ai numeri quantici n. l ed m, le soluzioni dell'equazione di Schrdinger non forniscono le coordinate del punto P in cui si dovrebbe trovare l'elettrone rispetto al nucleo posto idealmente all'origine degli assi, ma il valore che in quel punto assume la funzione d'onda Y. Ci costringe ad abbandonare il concetto di traiettoria definita e quindi di orbita, per introdurre quello di orbitale, inteso come regione di spazio intorno al nucleo alla quale associare una certa probabilit di trovarvi l'elettrone. Si pu dunque descrivere il comportamento di un elettrone attorno ad un nucleo mediante la risoluzione dellequazione di Schrdinger dove lenergia potenziale quella esercitata da una carica positiva localizzata sullorigine (nucleo). Il sistema pi semplice latomo di idrogeno che contiene un solo elettrone ed lunico sistema per cui lequazione di Schrdinger pu essere risolta esattamente. Come abbiamo gi detto in precedenza, lequazione donda che descrive il comportamento degli elettroni allinterno di un atomo presenta diverse soluzioni possibili, dette funzioni donda o funzioni orbitaliche o, semplicemente, orbitali. Gli orbitali s, p, d, f sono descritti da altrettante funzioni orbitaliche. Lo stato di un elettrone descritto dalla funzione donda . Tuttavia la funzione donda non ha significato fisico diretto. Si pu invece dimostrare che la funzione 2, nota come densit di probabilit fornisce la probabilit di trovare lelettrone nellunit di volume, in un determinata posizione dello spazio ad una data distanza dal nucleo ed quindi proporzionale alla densit di carica presente.
Si noti lanalogia con la radiazione elettromagnetica, nel caso in cui si applichino grandezze caratteristiche del modello ondulatorio ad un singolo fotone. In unonda elettromagnetica lenergia per unit di volume proporzionale al quadrato 2 dellampiezza dellonda A , dove lampiezza data dallintensit del campo elettrico o del campo magnetico ad esso 2 concatenato. Se ora passiamo dal continuo al discreto e consideriamo la radiazione come un insieme di fotoni, A diventa una misura del numero di fotoni presenti nellunit di volume e, per un singolo fotone, della probabilit di trovarlo nellunit di volume.
Mentre pu assumere anche valori negativi (lampiezza di unonda pu essere sia positiva che negativa), 2 assume solo valori positivi (il quadrato di un valore negativo sempre positivo ed una probabilit negativa non ha senso) Le funzioni donda pi semplici sono quelle che descrivono gli orbitali s. Le funzioni donda (s) sono sfericamente simmetriche. La probabilit di trovare lelettrone la stessa in tutte le direzioni, variando solo con la distanza dal nucleo. La rappresentazione di unorbitale pu essere fatta in modi diversi. Possiamo vederli esemplificati utilizzando una funzione orbitale particolarmente semplice, quella che descrive lorbitale s del primo livello energetico (orbitale 1s) dellatomo di Idrogeno. 1) Il modo pi diretto di rappresentare unorbitale di tracciare la funzione orbitalica Y in dipendenza dal raggio. Per lorbitale 1s dellatomo di idrogeno essa vale 1 Y(1s) = e - ( r / ao ) 3 p (a o )
Si osserva facilmente che per r 0 il valore della funzione tende a Y(1s) = 1 / p ( a o ) , mentre per r
3
la funzione tende a zero. Il suo valore decresce dunque in modo esponenziale man mano che ci allontaniamo dal nucleo. Lorbitale 1s infinitamente esteso (tutti gli orbitali lo sono).
2) Poich tuttavia la funzione orbitalica Y non presenta un significato fisico diretto si preferisce rappresentare lorbitale riportando landamento della funzione densit di probabilit Y2. Si osserva facilmente che, per lorbitale 1s, essa presenta lo stesso andamento della funzione orbitalica. La probabilit Y2 di trovare lelettrone nellunit di volume massima e pari a Y 2 (1s) = 1 / p ( a o ) in corrispondenza del nucleo (r = 0), mentre diminuisce progressivamente allontanandoci da esso (r ).
3
Landamento di tale funzione viene spesso rappresentato in tre dimensioni attraverso la cosiddetta nuvola di carica o nuvola elettronica. Idealmente si pu immaginare di osservare lelettrone ad intervalli di tempo regolari e di riportare le sue posizioni come punti intorno al nucleo. Si ottiene una nebbia di punti che sfuma radialmente, detta appunto nuvola elettronica. Essa rappresenta una mappatura della funzione Y2. Nelle regioni dove la nuvola pi concentrata e la densit di punti maggiore, risulta anche maggiore la probabilit di trovarvi lelettrone.La probabilit Y2 di trovare lelettrone nellunit di volume massima in corrispondenza del nucleo (r = 0), mentre diminuisce progressivamente allontanandoci da esso (r ). Ma in realt il massimo di densit di probabilit non implica il massimo di probabilit. 3) Possiamo rendercene conto ricorrendo alla funzione di distribuzione radiale della probabilit, un modo alternativo di rappresentazione dellorbitale che presenta il pregio di descriverlo in modo pi intuitivo. Dividiamo lo spazio intorno al nucleo in gusci sferici concentrici di spessore infinitesimo dr. Il volume di un generico guscio di superficie 4pr2, che si trovi a distanza r, sar pari a 4pr2dr e la probabilit di trovarvi lelettrone si otterr ovviamente come prodotto della probabilit di trovare lelettrone nellunit di volume Y2 ed il volume del guscio stesso. dP = 2 4r2dr. Il rapporto dP/dr rappresenta la variazione della probabilit al variare della distanza dal nucleo ed quindi una funzione di distribuzione della probabilit in funzione del raggio (radiale) dP/dr = 2 4r2 Tale funzione vale zero in corrispondenza del nucleo (r = 0) in quanto un punto possiede volume nullo, presenta un massimo in corrispondenza di ao (che per latomo di Idrogeno pari 0.53 e corrisponde al raggio della prima orbita di Bohr) e si annulla allinfinito. Se sommiamo le probabilit di trovare lelettrone in ciascun guscio fino ad una certa distanza r, otteniamo la probabilit totale di trovare lelettrone nel volume compreso tra 0 ed r. (ci equivale a
calcolare lintegrale della funzione da 0 ad r). Tale probabilit complessiva pari allarea sottesa dalla curva di distribuzione della probabilit. Poich la funzione si annulla allinfinito, per ottenere una probabilit del 100% necessario considerare un volume infinitamente grande intorno al nucleo.
4) Se tuttavia ci accontentiamo di una probabilit inferiore, ad esempio del 95% o del 98%, possiamo individuare una superficie tale che la probabilit di trovarvi lelettrone allinterno sia quella desiderata ed assumere il volume cos individuato come rappresentativo dellorbitale in questione. Tale superficie, detta superficie di contorno (boundary surface) o superficie di inviluppo o superficie limite, sferica per gli orbitali s.
Anche lorbitale 2s (orbitale s del secondo livello energetico) sfericamente simmetrico, ma ad una certa distanza dal nucleo la funzione donda si annulla e da positiva diventa negativa (nodo). Allinterno della superficie di controrno pertanto presente una superficie nodale che separa la regione interna in cui la funzione donda positiva dalla regione pi esterna in cui la funzione donda negativa. La superficie nodale, a probabilit nulla, separa due massimi, uno pi vicino al nucleo ed un massimo principale pi lontano.
Per lorbitale 3s la funzione di distribuzione radiale di probabilit presenta tre massimi (due secondari e un massimo principale) e due punti nodali. La superficie di inviluppo contiene quindi due superfici nodali.
Gli orbitali ns dei livelli superiori mantengono la simmetria sferica e presentano n massimi di densit elettronica ed n-1 superfici nodali (con n = livello energetico di appartenenza).
Gli orbitali p hanno simmetria cilindrica, possiedono cio un asse preferenziale e non cambiano segno per rotazione attorno ad esso. Sono costituiti da due lobi ad elevata densit elettronica (in cui la funzione donda assume segno opposto) ed un piano nodale nellorigine (nucleo). Spesso le superfici di contorno vengono rappresentate con un colore diverso per i due lobi ad indicare il diverso segno (positivo e negativo) della funzione donda.
Gli orbitali p sono tre per livello energetico (tranne il primo livello energetico) ed essendo orientati uno perpendicolarmente allaltro nella direzione dei tre assi cartesiani, vengono indicati con la notazione: px, py, pz.
Gli orbitali 2p presentano un piano nodale passante per il nucleo che separa due lobi in cui la funzione donda presenta segni opposti senza alcuna altra superficie nodale al loro interno.
Gli orbitali 3p presentano un piano nodale passante per il nucleo che separa due lobi ad elevata densit elettronica. Ciascun lobo diviso da una superficie nodale in due regioni in cui la funzione donda presenta segni opposti. La superficie nodale, a probabilit nulla, suddivide ciascun lobo in due massimi di probabilit, uno secondario pi vicino al nucleo ed uno principale pi lontano.
Gli orbitali 4p presentano ciascun lobo suddiviso in 3 regioni (in cui la funzione donda presenta segni alternativamente opposti) da due superfici nodali.
Gli orbitali np dei livelli superiori mantengono la simmetria cilindrica e presentano ciascun lobo suddiviso in n-1 regioni a massima densit elettronica separate da n-2 superfici nodali (con n = livello energetico di appartenenza). Gli orbitali d sono 5 per livello energetico (tranne i primi due livelli energetici). Quattro di essi sono tetralobati con i 4 lobi in cui la funzione donda assume segno alternativamente opposto. Il quinto orbitale d bilobato con una regione anulare (in cui la funzione donda ssume segno opposto) ad alta densit elettronica che circonda il nucleo.
Gli orbitali d tetralobali presentano due piani nodali. Ad esempio lorbitale dxy presenta due piani nodali perpendicolari che si intersecano sullasse z
Gli orbitali f sono 7 per livello energetico (tranne i primi tre livelli energetici).
Il significato generale dei numeri quantici n, l ed m rimane inalterato anche se necessario fare le seguenti precisazioni: a) Il valore assunto da 'n' determina l'energia dell'orbitale ed individua i 7 livelli energetici possibili, detti anche strati o gusci. b) il valore assunto da 'l' associabile al tipo ed alla forma dell'orbitale. Esistono 4 tipi di orbitali. Gli orbitali 's' presentano simmetria sferica, gli orbitali 'p' presentano una forma a otto di rotazione, gli orbitali 'd' ed 'f' forme complesse. c) il valore assunto da 'm' associabile al numero di orbitali per tipo presenti in ciascun livello energetico. d) Naturalmente anche il modello di Schrdinger prevede l'esistenza del quarto numero quantico di spin e non possono essere presenti pi di due elettroni per orbitale
1 orbitale s
1 Livello energetico
(1s)
1 orbitale s 3 orbitali p
2 Livello energetico
(2s) (2p)
3 Livello energetico
(3s) (3p) (3d)
1 3 5 7
4 Livello energetico
orbitale orbitali orbitali orbitali s p d f (4s) (4p) (4d) (4f)
I livelli successivi presentano al massimo la struttura orbitalica del quarto livello. Gli atomi pi pesanti, come lUranio, hanno elettroni a sufficienza per occupare 7 livelli energetici, senza tuttavia riuscire a riempirli completamente.
Anche se, in teoria, i livelli energetici pi esterni possono presentare tutti i tipi di orbitali, in pratica un atomo non possiede mai un numero di elettroni sufficiente a riempire tutti i possibili orbitali esterni. Cos la struttura orbitalica di un atomo , in pratica, la seguente
Livello 1 2 3 4 5 6 7
Orbitali consentiti 1s 2s 2p 3s 3p 3d 4s 4p 4d 4f 5s 5p 5d 5f 6s 6p 6d 7s
I tre orbitali p di un medesimo livello energetico presentano lo stesso contenuto energetico e si dicono pertanto isoenergetici o degeneri. Questo accade anche per i cinque orbitali d di un medesimo livello energetico e per i sette orbitali f di un medesimo livello energetico.
5.4
Nello stesso periodo in cui Schrdinger metteva a punto la sua equazione, apparve un lavoro teorico sulla teoria dei quanti di un giovane fisico tedesco, Werner Heisenberg. Secondo Heisenberg le variabili meccaniche delle particelle. quali la posizione, la quantit di moto, la forza etc potevano essere rappresentate non da numeri ordinari, ma attraverso strutture matematiche complesse, dette matrici. L'algebra delle matrici molto simile all'algebra ordinaria con la notevole eccezione che la moltiplicazione non gode della propriet commutativa. Nell'algebra delle matrici il prodotto A x B non necessariamente uguale al prodotto B x A.
Heisenberg dimostr che se si rappresentano tutte le grandezze che compaiono nelle equazioni della meccanica classica come matrici e si introduce la condizione aggiuntiva che la differenza tra il prodotto della quantit di moto (p) per la posizione della particella (x) e il prodotto della posizione per la quantit di moto sia uguale ad h i , con h costante di Planck ed i unit immaginaria, si ottiene una teoria che permette di descrivere tutti i fenomeni quantistici noti.
p x - x p = h i
Se vivessimo in un mondo in cui h = 0, il prodotto px sarebbe uguale al prodotto xp, varrebbe la propriet commutativa e tutte le relazioni quantistiche si ridurrebbero alla formulazione classica. La realt del mondo delle particelle non sarebbe governata da fenomeni di tipo discreto, ma di tipo continuo.
Heisenberg pose inizialmente la sua meccanica matriciale in alternativa alla meccanica ondulatoria di Schrdinger. Ma quando Paul Maurice Adrien Dirac venne a conoscenza della meccanica delle matrici pubblic un articolo nel quale dimostr che la formulazione di Schrdinger e di Heisenberg erano equivalenti sul piano matematico. Le matrici di Heisenberg rappresentavano infatti le soluzioni tabulate dell'equazione di Schrdinger e nella soluzione di qualsiasi problema quantistico si pu usare indifferentemente la meccanica ondulatoria o la meccanica delle matrici. 5.4.1 Il principio di indeterminazione di Heisenberg Sebbene oggi venga prevalentemente utilizzato l'approccio ondulatorio di Schrdinger, la meccanica matriciale di Heisenberg ha prodotto un risultato teorico di enorme portata, che ci costringe a mettere in discussione dalle radici il nostro modo di concepire la realt. Posto che in meccanica quantistica si dicono coniugate coppie di grandezze il cui prodotto ha le dimensioni di un momento angolare, Heisenberg dimostr che non possibile misurare simultaneamente con una precisione grande a piacere due variabili coniugate. Se consideriamo ad esempio le due variabili coniugate:
- posizione x di una particella rispetto allorigine di un sistema di riferimento nella direzione x - quantit di moto p = mv della medesima particella le indeterminazioni o incertezze nelle loro misure Dx e Dp devono soddisfare la relazione 1 Dx Dp h 2 nota come principio di indeterminazione. In pratica se misuriamo contemporaneamente la posizione e la quantit di moto di una particella, esister necessariamente una indeterminazione (incertezza) nella misura delle due variabili, tale che il loro prodotto sempre maggiore o uguale ad un mezzo acca tagliato. Una relazione analoga vale anche per altre coppie di variabili coniugate, come ad esempio per l'energia di una particella ed il tempo necessario per misurare tale energia. 1 Dt DE h 2 Si noti che Heisenberg ricav tali relazioni direttamente dal formalismo matematico della teoria quantistica ed il principio risulta pertanto valido nella misura in cui vale la descrizione quantistica della realt. Il principio di indeterminazione non deriva dunque da una carenza nelle nostre tecniche di misurazione, ma una conseguenza della teoria e, se questa esatta, delle leggi di natura che la teoria descrive. Il principio di indeterminazione condiziona evidentemente il livello di precisione delle nostre misurazioni e pone in definitiva dei limiti alla nostra capacit di conoscere la realt. Infatti il miglior risultato che possiamo ottenere quello in cui il prodotto delle indeterminazioni sia uguale ad un mezzo acca tagliato. 1 Dx Dp = h 2 In questa caso le indeterminazioni sono inversamente proporzionali. Se dunque poniamo Dx 0, allora Dp il che significa che se tentiamo di rendere assolutamente precisa la misura della posizione di una particella (annullando l'incertezza insita nella sua determinazione), non possiamo pi avere alcuna informazione riguardo alla sua quantit di moto, visto che l'indeterminazione ad essa associata diventa infinita e viceversa. Si tratta di un'ulteriore conferma che in meccanica quantistica non pi possibile parlare di traiettorie determinate e quindi di orbite. Certamente quando si ha a che fare con misurazioni di oggetti macroscopici possibile trascurare il principio di indeterminazione senza incorrere in errori importanti. Ad esempio per un corpo di massa 1 kg, tenendo conto che h presenta un ordine di grandezza di 1034 J s, possiamo in linea di principio determinare la sua posizione con un'indeterminazione di 10-15 m (con una precisione dellordine delle dimensioni di un nucleo atomico) e contemporaneamente la sua velocit con un'indeterminazione di 10-16 m/s, pari a 0,3 mm al secolo! Ma nel caso di atomi e particelle subatomiche lindeterminazione diviene ineludibile. Prendiamo ad esempio lelettrone che viaggia intorno al suo nucleo. Esso possiede una velocit dellordine di un centesimo della velocit della luce.
La velocit dellelettrone nellatomo si pu stimare eguagliando forza centrifuga e forza centripeta. Si ottiene
v=
dove
m 10 kg la massa dellelettrone, -19 e 10 C la carica dellelettrone, -9 k 10 la costante di Coulomb -10 r 10 m sono le dimensioni tipiche di un atomo.
-30
ke 2 mr
Sostituendo opportunamente si ottengono valori dellordine di 106 m/s (circa un centesimo della velocit della luce). Se ora ci proponiamo di misurare la velocit effettiva dellelettrone con unincertezza dell1% pari a 104 m/s (1% di 106 m/s) dovremmo accontentarci di misurare la sua posizione con un errore di 10-8 m circa l1% delle dimensioni atomiche. h h 10 -34 Dx = = -30 4 = 10 -8 m Dp mDv 10 10 Possiamo dunque in un certo senso affermare che tanto pi grande (massiccio) un oggetto, tanto minori sono le sue caratteristiche ondulatorie (infatti l = h/mv) e tanto minore la sua indeterminazione, cosicch gli oggetti macroscopici sono in pratica perfettamente localizzabili. I minuscoli elettroni presentano invece uno spiccato carattere ondulatorio ed una forte indeterminazione relativa, rendendo perci necessario tutto lo spazio in pi che noi osserviamo intorno al nucleo e che noi chiamiamo orbitale. Se cercassimo di confinare lelettrone in una regione pi piccola la sua lunghezza d'onda sarebbe costretta a diminuire ed facile verificare che in tal caso l'elettrone vedrebbe aumentata la sua quantit di moto e quindi la sua energia cinetica. Lo stesso ragionamento fu utilizzato per escludere la presenza di elettroni nel nucleo quando fu accertata l'emissione di radiazione beta da nuclei radioattivi. Infatti un elettrone confinato nella piccolissima regione nucleare (10-15 m) avrebbe un'energia troppo grande e verrebbe subito espulso. Gli elettroni che formano la radiazione beta devono quindi formarsi al momento del decadimento e non essere preesistenti ad esso.
5.5 L'equazione relativistica di Dirac
La meccanica ondulatoria di Schrdinger e tutti gli sviluppi fino al 1927 non sono relativistici. Tutti i tentativi fino ad allora compiuti per integrare la relativit ristretta alle equazioni quantistiche avevano portato a risultati assurdi o in netto contrasto con i dati sperimentali. Nel 1928 finalmente Dirac trov una equazione quantistico relativistica in grado di descrivere l'elettrone. Essa si riduce naturalmente per piccole velocit all'equazione di Schrdinger. L'equazione di Dirac porta per un risultato notevole. Essa d infatti automaticamente lo spin ed il momento magnetico dell'elettrone. Mentre queste propriet in approssimazione non relativistica devono essere aggiunte e postulate separatamente, esse derivano direttamente dal formalismo matematico di Dirac. L'equazione di Dirac descrive in realt non solo il moto degli elettroni, ma anche di particelle di massa uguale, ma di carica positiva, del tutto sconosciute al tempo di Dirac. Ci fu considerato da Dirac un grave difetto della teoria, tanto che egli tent inutilmente di verificare se esse potevano essere identificate con i protoni. In realt Dirac aveva postulato l'esistenza dell'antiparticella dell'elettrone, il positrone, scoperto poi da C.D. Anderson nei raggi cosmici solo nel 1932.
5.6
La nuova meccanica dei quanti pose notevoli problemi non solo nellinterpretazione fisica del formalismo matematico, ma accese un importante dibattito di natura filosofica ed epistemologica sulle sue implicazioni gnoseologiche.
5.6.1 Il microscopio di Heisenberg Heisenberg non si limit a dar forma matematica al principio di indeterminazione, ma cerc in qualche modo di esplicitarne il significato che esso poteva assumere nellambito di una nuova teoria della conoscenza. Famoso rimane in questo senso lesperimento mentale che egli propose nel 1927, noto come microscopio di Heisenberg. Un esperimento mentale (o concettuale) un esperimento pensato (Gedanke Experiment) e non realizzato, in cui lo sperimentatore pu immaginare qualsiasi strumento o artificio, anche se non ancora tecnologicamente attuabile, purch il suo funzionamento sia compatibile e non contraddica le leggi della fisica. Heisenberg immagin dunque di voler osservare un elettrone inizialmente fermo, illuminandolo attraverso un fotone gamma avente lunghezza d'onda dello stesso ordine di grandezza rispetto alle dimensioni dellelettrone (re 10-15 m). Ricordiamo infatti che le onde possono essere usate per studiare oggetti che abbiano dimensioni maggiori o almeno dello stesso ordine di grandezza della lunghezza dell'onda usata28. Tuttavia, a causa della natura ondulatoria della luce, vi una limitazione nel potere di risoluzione di uno strumento ottico. Due punti possono essere "risolti", cio essere percepiti come separati, se la distanza che li divide superiore alla lunghezza d'onda della radiazione usata per osservarli. Se illuminiamo un oggetto con luce visibile (l 0,5m) non riusciremo a distinguere particolari di dimensioni inferiori a 0.5m . Per questo motivo possiamo affermare che l'incertezza sulla posizione dell'elettrone sar, in prima approssimazione, dell'ordine di grandezza della lunghezza d'onda della luce utilizzata Dx l Appena viene colpito dal fotone, l'elettrone cambia velocit e direzione per effetto Compton, assorbendo una certa porzione dell'energia del fotone. Ricordando che la quantit di moto di un fotone pari a
p fotone =
h l
l'elettrone assumer quindi dal fotone una quantit di moto incognita il cui valore pu variare da 0 a h . La quantit di moto dell'elettrone presenter quindi un'incertezza dello stesso ordine di grandezza l della quantit di moto che il fotone potrebbe cedergli, pari a
28Le
onde che investono una nave ancorata lasciano un'ombra d'acqua calma grazie ad un fenomeno di diffrazione, studiando il quale possibile risalire alla forma della nave. Ma se le stesse onde investono un palo affiorante il fenomeno insensibile. Non incontreremo invece alcuna difficolt ad analizzare la forma del palo studiandone l'ombra prodotta da onde luminose..
Dp
La prima considerazione che il principio di indeterminazione una conseguenza della natura ondulatoria e quantizzata della materia. La distanza cruciale al di sotto della quale non ha pi senso parlare di un'onda la sua lunghezza d'onda. In altre parole noi definiamo come onda solo qualcosa che compie almeno una oscillazione completa, cio che percorre almeno una lunghezza d'onda. Un'onda occupa quindi almeno una regione pari alla sua lunghezza. In modo analogo la natura ondulatoria della materia introduce una indeterminazione in natura. La lunghezza d'onda della particella definisce una regione di incertezza, nel cui ambito la posizione della particella sconosciuta ed inconoscibile. La seconda considerazione che, mentre nel mondo macroscopico noi possiamo interagire senza limitazioni con gli oggetti della nostra conoscenza, misurarli ed ottenere informazioni da essi senza modificarli in modo sostanziale, nel mondo subatomico non per principio possibile trascurare le perturbazioni che le nostre misure arrecano alle stesse grandezze che misuriamo. Per poter misurare la posizione di un elettrone noi dobbiamo interagire con esso inviandogli almeno un fotone, ma questa interazione altera in modo imprevedibile lo stato di moto dellelettrone.
Nel campo delle particelle atomiche e subatomiche dunque necessario rinunciare alla pretesa di determinare in modo esatto tutte le variabili del moto. Alla classica visione deterministica del mondo quindi necessario sostituire una visione probabilistica, in accordo con l'interpretazione di Born. Si tratta per di una probabilit diversa rispetto a quella utilizzata dai fisici della seconda met dell'Ottocento per costruire la meccanica statistica. In quel caso le molecole di un gas venivano descritte su basi statistico-probabilistiche solo a causa dell'incompletezza dell'informazione sulle singole particelle. Se noi infatti conoscessimo le condizioni iniziali di ogni singola particella del gas, possibilit questa che non viene per principio negata dalla meccanica statistica, saremmo in grado di determinare qualsiasi variabile con una precisione grande a piacere.
Il principio di indeterminazione distrugge dalle fondamenta questo modo di pensare. Noi non possiamo prevedere i movimenti delle singole particelle perch siamo nell'impossibilit teorica, e non solo pratica, di conoscere con esattezza le condizioni iniziali. Inoltre la probabilit quantistica presenta caratteristiche peculiari rispetto alla probabilit ordinaria, delle quali parleremo in seguito,
5.6.2 Principio di complementariet e interpretazione di Copenaghen La scuola di Bohr a Copenaghen divenne negli anni tra il 1920 ed il 1930, il punto di riferimento per tutti coloro che si occupavano di meccanica quantistica. qui che nasce una lettura critica ed una sintesi filosofica dei fenomeni connessi con il mondo dei quanti che va sotto il nome di interpretazione di Copenaghen. I due cardini di tale interpretazione sono, da una parte l'interpretazione probabilistica di Born e di Heisenberg legate al significato della funzione Y2 e del principio di indeterminazione e dall'altra il cosiddetto principio di complementariet introdotto da Bohr. Nella sua interpretazione della meccanica quantistica Bohr pose l'accento sulla inadeguatezza del nostro linguaggio a descrivere i fenomeni quantistici. Inoltre, afferma Bohr, sbagliato pensare che il compito della fisica sia quello di scoprire come la natura . La fisica verte su ci che della natura si pu dire. Inoltre nella meccanica quantistica non pi possibile ignorare deliberatamente le interazioni tra apparato di misura e oggetto dell'indagine. Infatti l'atto stesso di osservare un oggetto quantistico ne modifica in linea teorica lo stato. Nell'interpretazione di Bohr i concetti di particella e di onda cessano di essere incompatibili proprio per il fatto che il comportamento ondulatorio o corpuscolare dell'oggetto studiato dipendono dal tipo di esperimento e dal dispositivo sperimentale messo in atto per le misurazioni. Bohr tiene ad esempio a sottolineare il fatto che gli stessi strumenti, costruiti per misurare variabili diverse, come ad esempio la posizione e la quantit di moto, sono essi stessi diversi ed incompatibili. Per misurare distanze occorrono infatti regoli rigidi ed indeformabili. Per misurare quantit di moto sono invece necessari strumenti con parti mobili in grado di deformarsi all'impatto, di fatto incompatibili con i primi.
Particelle ed onde sono dunque per Bohr complementari e devono ritenersi due manifestazioni di una stessa realt che noi catturiamo in modo diverso per il fatto che essa viene modificata dal tipo di osservazione. In sintesi l'interpretazione di Copenaghen della teoria quantistica da una parte rifiuta il determinismo sostituendo ad esso il carattere statistico-probabilistico della realt, dall'altra produce una revisione radicale del concetto di oggettivit, accettando che la realt possa dipendere parzialmente dal modo in cui scegliamo di osservarla. In altre parole, mentre nella fisica classica la realt oggettiva esiste indipendentemente dall'osservatore, nella fisica quantistica, il modo in cui decidiamo di misurare l'oggetto condiziona l'immagine stessa che di questo oggetto ci possiamo rappresentare: la realt oggettiva non ha pi esistenza autonoma a prescindere dall'osservatore.
Nella primissima versione dellInterpretazione di Copenaghen lazione, attraverso la quale loggetto quantistico acquistava significato reale, doveva essere individuata nel pensiero dell'osservatore cosciente. Successivamente si arrivati a formulare una versione dellInterpretazione di Copenaghen pi debole e meno impegnativa dal punto di vista filosofico, dove viene eliminata la figura un po ingombrante da un punto di vista scientifico dell osservatore cosciente, sostituita da un interpretazione operativa. Secondo tale interpretazione, per poter misurare una caratteristica di un oggetto fisico, occorre necessariamente interagire con esso. Questa interazione inevitabilmente invasiva e perturba lo stato originario, creando appunto la piccola "indeterminazione" e costringendo loggetto a manifestarsi. Fu anche proposta un'interpretazione termodinamica secondo la quale la realt quantistica resta in uno stato indefinito e "non-oggettivo" fino a quando non avviene una "reazione termodinamica irreversibile". Un esempio di fenomeno irreversibile quello che avviene su una pellicola quando viene scattata una fotografia: non possibile far ritornare la pellicola allo stato iniziale. Ebbene, quando una particella quantistica interagisce con un sensore lascia dei segni irreversibili e ci sufficiente a rivelarlo nel "mondo oggettivo" della fisica classica senza la necessit di un soggetto cosciente che testimoni tale evento.
5.6.3 La probabilit quantistica ed il microscopio di Feynman Al di l della naturale difficolt ad accettare un mondo cos poco familiare ed intuitivo come quello dei quanti, il comportamento delle particelle quantistiche presenta ulteriori stranezze. Una di queste deriva dal fatto che la probabilit quantistica presenta un comportamento diverso rispetto alla probabilit ordinaria. Infatti mentre in fisica classica le distribuzioni di probabilit di eventi indipendenti sono additive, in meccanica quantistica questo non avviene. Se ad esempio vogliamo calcolare la probabilit che lanciando due dadi esca il numero 3, dobbiamo sommare tra loro la probabilit dei due eventi indipendenti29 E1 (esce 2 sul primo dado, esce 1 sul 1 1 1 1 1 1 ) ed E2 (esce 1 sul primo dado, esce 2 sul secondo: P2 = = ). secondo: P1 = = 6 6 36 6 6 36 Ptot = P1 + P2 =
1 1 1 + = 36 36 18
Se osserviamo ora due onde d'acqua sul mare che si accavallano possiamo notare che l'altezza complessiva dell'onda che si forma data dalla somma delle altezze (ampiezze) delle singole onde. Se ad esempio in un certo punto dello spazio un'onda al massimo ed una al minimo le due onde si annullano. Si tratta del principio di sovrapposizione che governa, come abbiamo gi visto, tutti i fenomeni ondulatori, producendo i tipici processi di interferenza. Anche le onde di probabilit della teoria quantistica, come le onde ordinarie, obbediscono al principio di sovrapposizione. Se cio in una regione ci sono due onde di probabilit l'ampiezza totale risulta uguale alla somma delle ampiezze.
29sono
Ma la probabilit di trovare una particella in un certo punto non data dall'altezza, che pu essere anche negativa, ma dal quadrato della sua ampiezza (Y2). Dunque, poich le ampiezze si sommano in base al principio di sovrapposizione e poich invece la probabilit data dal quadrato dell'ampiezza, nella teoria dei quanti la probabilit totale non pu essere calcolata sommando le probabilit parziali di eventi indipendenti.
Per esemplificare tale comportamento possiamo utilizzare un esperimento mentale proposto da Feynman nel 1960 e noto come microscopio di Feynman. Immaginiamo di sparare dei proiettili verso uno schermo attraverso due finestre. Inizialmente apriamo solo la prima finestra. Scopriamo che i proiettili si distribuiscono in modo caratteristico, che viene tipicamente descritto da una distribuzione di frequenza detta gaussiana (o curva a campana o anche curva degli errori perch descrive la distribuzione degli errori ed evidenzia come gli errori molto piccoli e molto grandi sono via via meno frequenti). Se i lanci effettuati sono sufficientemente numerosi la curva di frequenza diventa una buona misura della probabilit che possiede ciascun punto dello schermo di essere colpito.
Se effettuiamo lo stesso esperimento tenendo chiusa la prima finestra e aprendo la seconda, potremo osservare un'analoga distribuzione nei colpi.
Aprendo infine entrambe le finestre scopriremo che nei punti in cui le due curve di probabilit si sovrappongono, i proiettili arrivano con maggior frequenza. Si pu facilmente verificare che ora la probabilit che ciascun punto dello schermo venga colpito esattamente la somma delle due curve di probabilit singole. Le probabilit non quantistiche di eventi indipendenti si sommano. Per i proiettili vale dunque Ptot = P1 + P2
Eseguiamo ora l'esperimento facendo passare degli elettroni attraverso due fenditure sottili disposte parallelamente. Quando aperta solo la prima fessura gli elettroni producono sullo schermo una tipica figura di diffrazione che ritroviamo analoga nel caso venga aperta solo la seconda fenditura.
Gli elettroni colpiscono lo schermo pi numerosi in una zona centrale per poi diradarsi alle estremit.
Ma nel caso le due fenditure vengano aperte contemporaneamente la curva di distribuzione totale degli elettroni non data dalla somma delle due curve parziali. Sorprendentemente in alcuni punti in cui prima gli elettroni cadevano quando erano costretti a passare solo per una delle due fenditure, separatamente aperte, ora gli elettroni non cadono pi. La curva che si ottiene ancora una distribuzione di frequenza e quindi una misura della probabilit che gli elettroni hanno di colpire lo schermo, ma in tal caso essa non pu essere ottenuta come semplice somma delle probabilit degli eventi separati ed indipendenti. Le probabilit quantistiche di eventi indipendenti non si sommano.
necessario tener presente che gli elettroni arrivano sullo schermo rivelatore in modo discontinuo, venendo cio captati attraverso singoli impulsi, come vere e proprie particelle. Nonostante ci la loro distribuzione sullo schermo rivela il loro comportamento ondulatorio. In particolare la distribuzione di frequenza ottenuta con entrambe le fenditure aperte rivela chiaramente la presenza di fenomeni di interferenza, analoghi a quelli che si ottengono per la luce con unesperienza di Young di doppia fenditura.
In effetti, secondo la teoria quantistica, non sono gli elettroni a comportarsi come onde, infatti colpiscono lo schermo come proiettili, ma la probabilit di trovare l'elettrone che presenta un comportamento ondulatorio e viene diffratta dalle fenditure subendo quindi interferenza. In tal caso la probabilit associata al passaggio dell'elettrone attraverso la fenditura 1 pari a P1 = (Y1)2 e la probabilit associata al passaggio dell'elettrone attraverso la fenditura 2 pari a P2 = (Y2)2 Quando entrambe le fenditure sono aperte le due onde Y1 e Y2 interferiscono, producendo una funzione d'onda che chiameremo Ytot La probabilit totale sar quindi pari al quadrato dell'onda prodotta dall'interferenza Ptot = (Ytot)2
Si dimostra quindi facilmente che nel caso degli elettroni, dove il comportamento ondulatorio non pu essere trascurato, la probabilit che essi colpiscano lo schermo con due fenditure aperte non pu essere ottenuta come semplice somma delle probabilit che essi colpiscano lo schermo con le fenditure alternativamente aperte. Il quadrato di una somma infatti diverso dalla somma dei quadrati (Ytot)2 = (Y1 + Y2)2 Y12 + Y22 Tale risultato tanto pi sorprendente se si pensa che esso viene ottenuto anche facendo in modo che la sorgente di elettroni emetta un elettrone per volta. Anche se si fanno passare, attraverso le due fenditure aperte, singoli elettroni a grandi intervalli di tempo l'uno dall'altro, essi andranno a cadere solo in corrispondenza dei massimi d'interferenza.
In altre parole il singolo elettrone "non sa" dove sono caduti gli elettroni precedenti e si avvia a colpire lo schermo sulla base della probabilit totale (Ytot)2. La situazione analoga a quella del gioco dei dadi: se nei primi 5 tiri abbiamo ottenuto sempre il numero 3, la probabilit che al sesto tiro esca ancora 3 sempre la stessa (1/18). Essa non varia come non varia la probabilit di tutte le altre combinazioni numeriche. Potremmo verificare che il 3 esce 1 volta su 18 tiri solo lanciando molte volte i dadi. Il fatto che anche un singolo elettrone, il quale chiaramente interagisce con lo schermo come una particella (il cui urto osservabile come un minuscolo lampo luminoso), si comporti in realt durante il tragitto come un'onda, la quale, per poter interferire deve passare contemporaneamente attraverso entrambe le fenditure aperte, ci induce a chiederci se l'elettrone in quanto particella passi effettivamente o per la fenditura 1 o per la fenditura 2, quando entrambe le fenditure sono aperte. possibile tentare di rispondere a questa domanda cercando di osservare il passaggio dei singoli elettroni attraverso le fenditure. Collochiamo allora un rivelatore alle fenditure che ci informi del passaggio del singolo elettrone. Ad esempio potremo osservare lelettrone, illuminandolo con un fotone (microscopio di Feynman). Saremo cos in grado di sapere da quale fenditura passato l'elettrone. Ma nel momento in cui verifichiamo il passaggio dell'elettrone-particella attraverso una delle due fenditure, l'elettrone cessa di comportarsi come un'onda ed inizia a colpire anche le zone dello schermo che prima non colpiva: le frange di interferenza scompaiono.
Quando dunque decidiamo di verificare se l'elettrone una particella che passa realmente attraverso una delle due fenditure come un proiettile, esso si comporta effettivamente come una particella che attraversa la fenditura. Prescindendo da un effettivo atto di osservazione non ha dunque senso parlare di esistenza oggettiva della particella in un dato punto dello spazio, ad esempio in corrispondenza di una delle due fenditure. ci che viene chiamata la realt creata dall'osservatore. Nel momento in cui lo osserviamo l'elettrone una particella. Ma appena cessiamo di osservarlo si comporta come un'onda. Le diverse condizioni sperimentali alterano quindi in modo sensibile i risultati che noi possiamo ottenere. Ecco quindi che, date le sostanziali differenze di preparazione degli esperimenti, la decisione tra un modello interpretativo e l'altro compiuta all'atto stesso dell'osservazione. La misurazione diviene in un certo qual modo un nuovo ente che viene a far parte imprescindibilmente dello stesso fenomeno fisico sul quale si compie. Il particolare tipo di esperienza seleziona tra onda e corpuscolo. La teoria quantistica afferma dunque l'impossibilit teorica di fare affermazioni relative alla natura oggettiva degli enti fisici studiati. Essa una teoria che descrive il comportamento degli enti fisici date particolari condizioni sperimentali e non la loro essenza. Anche se l'approccio quantistico pu sembrare fortemente limitativo della nostra possibilit di conoscere il mondo, esso in realt comune a tutta la scienza. Tutta la scienza si limita a descrivere il comportamento degli enti fisici e non formula affermazioni sulla loro essenza. Quando ad esempio affermiamo che un filamento di oro giallo, in realt ci non costituisce un'affermazione sull'essenza di questo elemento, ma descrive un suo comportamento in una particolare condizione sperimentale: quella di essere illuminato da luce bianca (o comunque radiazione contenente luce gialla). Se ad esempio esaminiamo il filamento con luce rossa esso appare nero, poich assorbe tutta la radiazione che lo colpisce. Se poi il filamento viene reso incandescente esso appare rosso. Se quello delle fenditure un esperimento mentale, vi sono tuttavia numerosi dispositivi pratici di cui la tecnologia si serve comunemente e che sfruttano le singolari caratteristiche delle onde di probabilit.
5.6.4 L'effetto tunnel Un'esemplificazione concreta delle bizzarrie quantistiche data dal cosiddetto effetto tunnel, che comporta la materializzazione di particelle in regioni ad esse inaccessibili secondo le leggi della fisica classica. Immaginiamo una sfera posta all'interno di un recipiente. Se sulla sfera non agisce nessuna forza essa non potr assolutamente uscire. Nella teoria quantistica per la particella viene descritta da un'onda di probabilit interna al recipiente, onda il cui quadrato esprime la probabilit di trovare la particella. Si pu dimostrare che se nel recipiente si trova ad esempio un elettrone, l'onda di probabilit ad esso associata si prolunga, sia pur di poco, all'esterno delle pareti del recipiente. Ne segue che l'elettrone possiede una probabilit minima, ma finita, di manifestarsi all'esterno delle pareti del recipiente. Se noi effettuassimo una serie di osservazioni troveremmo perci l'elettrone quasi sempre all'interno del recipiente, ma in alcuni rari casi anche fuori. L'effetto tunnel viene utilizzato ormai normalmente nell'ingegneria elettronica per amplificare i segnali elettronici. L'attraversamento quantistico di una barriera di potenziale contribuisce altres a giustificare il fenomeno della radioattivit, dove il nucleo emette spontaneamente particelle che per la fisica classica dovrebbe trattenere. L'effetto tunnel stato invocato anche in astrofisica da S. Hawking per sostenere la sua teoria dell'evaporazione dei buchi neri. 5.6.5 Il gatto di Schrdinger ed il principio di sovrapposizione degli stati In Meccanica Quantistica le grandezze fisiche che caratterizzano un sistema e che possono essere misurate (posizione, velocit, energia, momento magnetico, eccetera) sono chiamate osservabili. I possibili valori che pu assumere unosservabile definiscono i potenziali stati in cui il sistema pu presentarsi, detti autostati. Soltanto all'atto della misurazione fisica si pu ottenere un valore reale per gli osservabili. Fintantoch non si esegue la misura il sistema quantistico rimane in uno stato che "oggettivamente indefinito", sebbene sia matematicamente definito e costituito dalla sovrapposizione di tutti gli stati possibili. Lo stato del sistema prima della misura descrive solo una "potenzialit" ovvero contiene l'informazione relativa ad una "rosa" di valori possibili (stati di sovrapposizione), ciascuno con la sua probabilit di divenire reale ed oggettivo all'atto della misura. In altre parole, il sistema sta potenzialmente in tutti gli stati contemporaneamente. Il suo stato diventer "puro", unico, solo dopo e come conseguenza di una misura o di un'interazione con un altro sistema. Nel linguaggio della meccanica quantistica, si dice che all'atto della misura dell'osservabile lo stato collassa in uno dei tanti possibili autostati ammessi da quell'osservabile. Il passaggio di un sistema fisico dal suo stato indeterminato di sovrapposizione ad un particolare autostato si definisce collasso o riduzione. All'atto della misurazione lincertezza probabilistica viene ridotta o collassa nella certezza di un numero ben determinato. L'osservazione del fenomeno diviene quindi parte fondamentale della medesima realt che si vuol misurare.
Proviamo a vedere un semplice esempio. Consideriamo un elettrone che si trova in un certo sistema fisico e cerchiamo di misurare la sua energia in un dato istante. Prima della misura, esso non avr un'energia definita, ma si trover in uno stato potenziale che contiene (ad esempio): - l'autostato di energia 850 eV, con probabilit del 20%; - l'autostato di energia 860 eV, con probabilit del 35%; - l'autostato di energia 870 eV, con probabilit del 45%. All'atto della misura del valore dell'energia, la natura dovr "scegliere" uno dei tre possibili "autostati" dell'energia, ciascuno dei quali ha il suo valore (chiamato "autovalore"): 850 o 860 o 870 eV. Essi sono valori "quantizzati", ovvero discreti o discontinui (in parole povere non sono possibili valori intermedi, come 865 eV). Pertanto lo stato iniziale oggettivamente "indefinito" rispetto all'osservabile energia, poich una combinazione (o sovrapposizione) di tre autostati diversi, ed all'atto della misurazione dovr "collassare" in uno dei tre possibili "autostati", che danno valori validi dell'energia nella realt fisica oggettiva. Ogni volta il risultato potr essere diverso, e ciascun "autovalore" ha la sua probabilit di uscire. La meccanica quantistica quindi introduce due elementi nuovi ed inaspettati rispetto alla fisica classica. Uno appunto l'influenza dell'osservatore, che costringe lo stato a diventare un autostato; l'altro la casualit nella scelta di uno tra i diversi possibili autostati (ognuno con una propria probabilit). Einstein non credeva alla possibilit di caratteristiche fisiche "non-oggettive", ma riteneva che i valori delle osservabili esistessero oggettivamente anche prima della misura (realismo), indipendentemente dal fatto che venissero misurati o meno. Insomma, secondo Einstein l'universo deve esistere oggettivamente, sia che noi lo osserviamo o meno. Per questo egli considerava la meccanica quantistica "incompatibile con ogni concezione ragionevole e realistica dell'universo". Famosa resta a questo proposito la domanda che egli pose ad un allievo durante una passeggiata serale a Princeton: Veramente convinto che la Luna esista solo se la si guarda? Secondo il "realismo" di Einstein, gli stati quantistici devono esistere oggettivamente, indipendentemente da tutte le limitazioni imposte dalla teoria quantistica, che perci secondo Einstein incompleta e provvisoria. Una teoria fisica e' completa qualora ogni elemento della realt descritta abbia corrispondenza con un elemento teorico. Esisterebbero quindi, secondo Einstein, delle "variabili nascoste" che descrivono la realt oggettiva dei sistemi quantistici, ma non sono ancora riconosciute dall'attuale teoria e che, se scoperte, renderebbero completa la teoria quantistica. Per fare un paragone banale, immaginiamo che in una partita di carte il nostro avversario abbia in mano una certa carta. Noi deduciamo che tale carta possa essere l'asso di denari o il re di cuori, ma poich non possiamo vederla, non sappiamo quale delle due sia realmente. Questa, secondo Einstein la "conoscenza incompleta" che ci pu dare la meccanica quantistica. Comunque, dice Einstein, la carta in questione di fatto una delle due carte, ad esempio l'asso di denari (variabile nascosta), anche se noi non sappiamo ancora per certo se sia l'una o l'altra (indeterminazione). All'atto della misura noi possiamo finalmente constatare di quale carta si tratti, ma secondo Einstein la carta era quella gi prima della misura. Secondo la meccanica quantistica invece non cos. La carta in precedenza era in uno stato indefinito: "50% asso di denari e 50% re di cuori", e solo all'atto della misura la carta "diventata" (ad esempio)
l'asso di denari. Se si ritorna a quello stesso identico stato fisico e si rieffettua la misura, stavolta la carta potrebbe diventare un re di cuori! Il principio quantistico di sovrapposizione degli stati e le paradossali conseguenze di una sua applicazione a livello macroscopico sono largomento di un esperimento mentale ideato da Erwin Schrdinger nel 1935 e noto come il paradosso del gatto di Schrdinger. Vediamolo descritto dalle stesse parole dellautore. Si rinchiuda un gatto in una scatola dacciaio insieme con la seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilit dessere afferrata direttamente dal gatto). In un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, in quantit cos modesta che nel corso di unora uno dei suoi atomi possa disintegrarsi (). Se ci accade, allora il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala contenente del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo sistema per unora () la funzione dellintero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso Dopo un certo periodo di tempo, quindi, il gatto ha la stessa probabilit di essere morto quanto l'atomo di essere decaduto. Visto che fino al momento dell'osservazione l'atomo esiste nei due stati sovrapposti, il gatto resta sia vivo sia morto fino a quando non si apre la scatola, ossia non si compie un'osservazione. Il paradosso sta proprio qui. Finch non si compie l'osservazione, il gatto pu esser descritto come un ibrido vivo-morto, in quanto soltanto l'osservazione diretta che, alterando i parametri di base del sistema, attribuir al gatto (al sistema medesimo) uno stato determinato e "coerente" con la nostra consueta realt. Volendo seguire alla lettera le regole quantistiche, se, allapertura della scatola dacciaio, lo sperimentatore trova il gatto morto, necessario ammettere che stato latto di guardare ("osservare") dentro la scatola che ha ucciso il gatto ed quindi lo sperimentatore il responsabile della sua morte. Se lo sperimentatore decide di rimandare indefinitamente losservazione della scatola, il gatto resta nel suo stato schizofrenico di vita latente fino a quando non gli viene data una dimensione definitiva, in virt della cortese, ma capricciosa curiosit di uno sperimentatore
5.6.6 Paradosso EPR: Entanglement e Nonlocalit Come abbiamo gi avuto modo di dire, Einstein era estremamente critico nei confronti della Meccanica Quantistica (che pur aveva contribuito a fondare). Pur riconoscendo naturalmente che la teoria funzionava perfettamente sul piano sperimentale, sosteneva che si trattava tuttavia di una teoria incompleta e provvisoria, che avrebbe dovuto essere perfezionata col tempo per eliminare alcuni aspetti inaccettabili.. Secondo Einstein una teoria che descriva la realt fisica deve soddisfare alcune condizioni, riassumibili attraverso i principi di "realismo", "localit" e "completezza". Il realismo l'assunzione realistica che tutti gli oggetti debbano oggettivamente possedere dei valori preesistenti per ogni possibile misurazione prima che queste misurazioni vengano effettuate. La realt oggettiva esiste a prescindere dallatto di osservarla e misurarla. Come conseguenza di ci, la realt fisica viene associata allesistenza di opportune propriet oggettive (elements of physical reality) e la completezza strutturale di ogni teoria espressa dalla corrispondenza tra queste propriet e gli elementi teorici formali.
A questo proposito rimasta celebre la sua frase: "Dio non gioca a dadi con il mondo". Meno famosa la risposta di Bohr: "Non compito degli scienziati dire a Dio come funziona il mondo, ma solo scoprirlo". Il principio di localit afferma che eventi distanti nello spazio non possono comunicare e quindi influenzarsi istantaneamente, senza alcuna mediazione. Sappiamo infatti che la massima velocit raggiungibile quella della luce, il che comporta che il minimo ritardo possibile tra una causa ed il suo effetto il tempo necessario affinch un segnale luminoso percorra lo spazio che li divide. Un effetto nonlocale noto come "azione istantanea a distanza" (spooky action at a distance o azionifantasma) ed incompatibile con il postulato alla base della relativit ristretta, che considera la velocit della luce la velocit limite alla quale pu essere accelerata una massa. Il realismo locale la combinazione del principio di localit e di realismo. Einstein tent pi volte di scovare un punto debole all'interno della teoria quantistica. Uno dei suoi attacchi pi famosi e che resistette pi a lungo dando per molto tempo filo da torcere ai fisici quantistici fu il cosiddetto esperimento mentale EPR, dai nomi di coloro che lo avevano proposto nel 1935: Einstein, Rosen e Podolsky. Gli autori intendevano dimostrare che se si accettano gli assunti della fisica quantistica veniva automaticamente violato il principio di localit oppure era necessario affermare che la teoria quantistica era incompleta. In quest'ultimo caso sarebbe stato possibile ipotizzare l'esistenza di una teoria subquantica. Esisterebbero cio delle variabili nascoste, ancora da scoprire, capaci di fornire le informazioni mancanti, permettendo cos di cancellare il principio di indeterminazione e di ritornare ad una visione deterministica del mondo. Naturalmente il gruppo di fisici mirava a dimostrare che la teoria quantistica era incompleta dal momento che il principio di localit uno dei principi fondamentali della fisica.
Lesperimento EPR costruito su di una propriet dei sistemi quantistici nota come entaglement. La possibilit teorica di questo fenomeno venne ipotizzata da Erwin Schrdinger nel 1926, anche se egli utilizz per la prima volta il termine entanglement nel 1935 proprio nella recensione dell'articolo di Einstein, Podolsky e Rosen.
L'entanglement quantistico (letteralmente intreccio) o correlazione quantistica un fenomeno che coinvolge due o pi particelle generate da uno stesso processo o che si siano trovate in interazione reciproca per un certo periodo. Tali particelle rimangono in qualche modo legate indissolubilmente (entangled), nel senso che quello che accade a una di esse si ripercuote immediatamente anche sull'altra, indipendentemente dalla distanza che le separa. Il termine viene a volte reso in italiano con 'non-separabilit', in quanto uno stato entangled implica la presenza di correlazioni tra le quantit fisiche osservabili dei sistemi coinvolti.
Per esempio, possibile realizzare un sistema entangled costituito da due particelle il cui stato quantico sia tale che - qualunque sia il valore di una certa propriet osservabile assunto da una delle due particelle - il corrispondente valore assunto dall'altra particella sar univocamente definito, nonostante i postulati della meccanica quantistica, secondo cui predire il risultato di queste misure sia impossibile. Di conseguenza in presenza di entanglement la misura effettuata su un sistema sembra influenzare istantaneamente lo stato di un altro sistema..
Vi sono molte versioni alternative ed equivalenti dellesperimento EPR. In una di queste un sistema costituito di 2 particelle A e B dotate di spin antiparalleli viene preparato in uno stato entangled da una breve interazione. Le due particelle sono poi lasciate libere di propagare verso due lontane stazioni di misura: Finch la misura non viene effettuata ciascuna particella possiede la medesima probabilit di avere spin + e -. (stati sovrapposti). Si ipotizzi ora di misurare lo spin della particella A e di ottenere il valore + . Qui avviene qualcosa di assolutamente straordinario, poich nello stesso istante la funzione donda della particella B subisce la riduzione: (collasso) al valore - con velocit dunque superiore a quella della luce, e questo senza necessit di effettuare materialmente la misura. Naturalmente se la misura dello spin di A fornisse valore -, lo spin di B assumerebbe istantaneamente il valore +. E come se linformazione ottenuta dalla misura effettuata sulla particella A producesse unazione istantanea a distanza sulla particella B, costringendola ad assumere un particolare valore. Questo fenomeno sconcertante, sconosciuto al mondo classico, si chiama Nonlocalit Quantistica. Da questo argomento EPR traggono la seguente conclusione: o il mondo nonlocale (vi sono azioni in un posto che hanno ripercussioni immediate in un posto lontanissimo) oppure la meccanica quantistica non completa. Infatti, se pensiamo che le particelle possiedano gi un valore di spin ben determinato, ancorch a noi sconosciuto, scompare lesigenza di invocare azioni a distanza ed il paradosso non pi tale.
5.6.7 La disuguaglianza di Bell e lesperimento di Aspect Solo nel 1965 John Bell, teorico del CERN, mise a punto un metodo che avrebbe potuto verificare lesistenza o meno la presenza di effetti nonlocali in meccanica quantistica. Egli adott i due assunti basilari di Einstein Podolsky e Rosen - l'inesistenza di segnali pi veloci della luce e l'esistenza di una realt oggettiva indipendente dalle misurazioni dello sperimentatore - e li utilizz per costruire una relazione matematica in forma di disuguaglianza tra le misurazioni effettuate sulla particella 1 e le misurazioni effettuate sulla particella 2. Effettuando un esperienza EPR, la disuguaglianza sarebbe stata soddisfatta nel caso l'impostazione di Einstein fosse stata corretta.. L'esperimento non pot per essere effettuato per tutti gli anni '70, poich la tecnologia non permetteva di raggiungere i limiti di precisione richiesti. Infatti per essere certi che due particelle separate non comunichino in modo non convenzionale (cio istantaneamente), necessario eseguire le misurazioni su entrambe le particelle entro un intervallo di tempo cos breve che in esso nessun segnale che viaggi alla velocit della luce (o a una velocit inferiore) possa essere scambiato tra loro. Per particelle separate tra loro da una distanza di un metro, ci significa che le misurazioni non devono impiegare pi di qualche miliardesimo di secondo. Solo nel 1982 Alain Aspect riusc ad ottenere, in un famoso esperimento la precisione richiesta, dimostrando che Einstein aveva torto. La nonlocalit, un monstrum scientifico secondo lesperienza e lintuizione umana, ormai una propriet generalmente accettata del mondo quantistico
Nella figura di seguito riportata vediamo una schematizzazione delle apparecchiature utilizzate da Aspect e collaboratori nei loro esperimenti. Al centro si trova un atomo di Calcio il cui decadimento produce una coppia di fotoni correlati che si muovono lungo percorsi opposti. Lungo uno di questi percorsi (nel caso rappresentato in figura, il Percorso A), di tanto in tanto e in maniera del tutto casuale, viene inserito un "filtro" (un Cristallo Birifrangente) il quale, una volta che un fotone interagisce con esso, pu, con una probabilit del 50 %, deviarlo oppure lasciarlo proseguire indisturbato per la sua strada. Agli estremi di ogni tragitto previsto per ciascun fotone posto un rivelatore di fotoni.
Ora, la cosa straordinaria verificata da Aspect con le sue apparecchiature che nel momento in cui lungo il Percorso A veniva inserito il Cristallo Birifrangente e si produceva una deviazione verso il rivelatore c del fotone 1, anche il fotone 2 (ovvero il fotone del Percorso B; il fotone separato e senza "ostacoli" davanti), "spontaneamente" ed istantaneamente, deviava verso il rivelatore d. Praticamente latto di inserire il Cristallo Birifrangente con la conseguente deviazione del fotone 1, produceva un effetto istantaneo a distanza sul fotone 2, inducendolo a deviare. Tutto ci pu sembrare strano, ma quello che effettivamente accade quando si eseguono esperimenti su coppie di particelle correlate.
5.6.8 Conclusioni La teoria di Newton, nella forma equivalente ma pi elegante che le fu data in seguito da Hamilton, mostra che, se due corpi sono trattati come un sistema in prima approssimazione chiuso, le equazioni complete del moto possono essere dedotte dalla relazione che d l'energia totale (potenziale + cinetica), in funzione delle masse, delle posizioni e delle quantit di moto. In base a tale relazione, conoscendo la posizione e la quantit di moto ad un certo momento (condizioni iniziali), sempre possibile calcolare i valori che tali grandezze assumeranno o hanno assunto in un qualsiasi momento del futuro o del passato. E tutto ci con una precisione che dipende solamente dalla perfezione degli strumenti di misura. In tal modo Newton introdusse nel 1687 nei suoi 'Principia Mathematica' il concetto di un sistema chiuso completamente deterministico. Sotteso ed implicito in ci vi era naturalmente la ferma convinzione che tale sistema esistesse ed evolvesse in modo perfettamente determinato indipendentemente dal fatto che l'uomo lo osservasse o meno. l'assunto dell'oggettivit del mondo fisico. Fu poi Laplace a generalizzare questo concetto estendendolo all'intero universo concepito come il sistema chiuso per eccellenza, funzionante come un gigantesco meccanismo d'orologeria. Nel suo "Theorie analytique des Probabilites" (1820), scrisse
"Un'intelligenza che conosca ad un dato istante tutte le forze agenti in natura assieme alla posizione istantanea di tutti i corpi che costituiscono l'universo in grado di includere i moti dei maggiori corpi dell'universo e degli atomi pi leggeri in una sola formula, ammesso che il suo intelletto sia sufficientemente potente da analizzare tutti i dati; niente incerto per lui, sia passato, sia futuro sono presenti ai suoi occhi." La meccanica quantistica ha infranto il sogno di Laplace, dimostrando che l'oggettivit un fantasma prodotto dal mondo macroscopico, ma che nel microcosmo gli oggetti esistono in modo diverso in funzione del tipo di osservazione cui sono sottoposti. Essi non hanno esistenza oggettiva, ma soggettiva, il loro mostrarsi dipende dal soggetto che li osserva. Anche il sogno di un mondo perfettamente determinato e misurabile si infranto contro le equazioni quantistiche. La nostra conoscenza della realt non potr pi pretendere di essere perfetta. Dobbiamo accettare la necessit di una 'naturale indeterminazione, dietro la quale si nasconde una porzione di realt attualmente per noi inconoscibile. Nel '700 si fece strada l'idea che il caso potesse costituire l'oggetto di uno studio matematico e Laplace e altri scoprirono le leggi che governano ad esempio il gioco d'azzardo. La cosa che forse pi colpisce che, sebbene oggi la casualit sia trattata attraverso le leggi della statistica e del calcolo delle probabilit, i matematici non riescono a dare una definizione di casualit. Il matematico Richard von Mises ha dato una definizione operativa di un processo casuale. Secondo Von Mises, un processo casuale se imbattibile. Se cio in pratica, dopo molti tentativi, qualunque strategia noi adottiamo per prevederne i risultati, i nostri sforzi risultano vani. Se cerchiamo il caso in natura, scopriamo che il posto migliore dove trovarlo proprio l'atomo. Non esiste casualit paragonabile a quella quantistica. Sottoposti a controlli di casualit processi quali i decadimenti radioattivi superano ogni prova. La casualit quantistica imbattibile. Il Dio che gioca a dadi non bara!
6
6.1
Convenzionalmente ogni orbitale viene rappresentato mediante un quadrato all'interno del quale possibile disporre fino ad un massimo di due elettroni rappresentabili mediante frecce verticali con verso opposto, ad indicare lo spin antiparallelo.
vuoto
saturo
Ciascun orbitale viene poi indicato con una sigla composta da un numero da 1 a 7 che indica il livello energetico seguito da una lettera (s, p, d, f) che indica il tipo di orbitale. Ad esempio 1s rappresenta l'unico orbitale s del primo livello energetico; 2p indica i tre orbitali p del secondo livello energetico; 6d i cinque orbitali d del sesto livello energetico. Dato un elemento di numero atomico Z, possibile distribuire correttamente i suoi Z elettroni nei diversi orbitali seguendo le seguenti tre regole di riempimento (Regole di Aufbau): 6.1.1 Principio di minima energia Gli elettroni si dispongono spontaneamente negli orbitali vuoti meno energetici. Una volta riempiti gli orbitali a minor energia vengono occupati gradualmente gli orbitali ad energia progressivamente maggiore. L'ordine di riempimento ottenuto in tal modo non rispetta per sempre l'ordine di riempimento che ci si attenderebbe in base alla sequenza ordinata dei livelli energetici. Il contenuto energetico degli orbitali riportato nello schema seguente, in cui ogni orbitale rappresentato come un quadrato.
Come conseguenza di tale struttura energetica lordine di riempimento degli orbitali in funzione del loro contenuto energetico risulta essere quello che si ottiene seguendo le diagonali dello schema seguente.
E dunque 1s 2s 2p 3s 3p 4s 3d 4p 5s 4d 5p 6s 4f 5d 6p 7s 5f 6d
6.1.2 Principio di esclusione di Pauli Ogni orbitale pu contenere al massimo 2 elettroni i quali saturano lorbitale disponendosi con spin controversi (antiparalleli). Lo spin (momento angolare intrinseco) una caratteristica vettoriale degli elettroni (gli elettroni si comportano come minuscole trottole che ruotano attorno al proprio asse e quindi possiedono un momento angolare). Un elettrone pu possedere solo due valori di spin (anche lo spin quantizzato). Gli elettroni negli orbitali vengono rappresentati con delle frecce verticali (che rappresentano il vettore spin). Rappresentando dunque gli orbitali come quadrati o, come spesso si usa, come linee orizzontali, si possono presentare 3 situazioni
Un orbitale saturo presenta i due elettroni con spin antiparalleli () 6.1.3 Principio di massima molteplicit di Hund Gli elettroni si dispongono negli orbitali degeneri uno per orbitale con spin parallelo fino a semisaturarli tutti e, successivamente, li saturano seguendo il principio di esclusione Pauli. Cos, se dobbiamo inserire 3 elettroni nei tre orbitali degeneri 2p, otterremo la seguente configurazione
Esatto
e non
Errato!!
Applicando dunque le 3 regole di Aufbau possiamo ottenere la configurazione elettronica dellOssigeno (Z = 8). I suoi 8 elettroni si distribuiranno secondo il seguente schema
La configurazione elettronica dellOssigeno pu essere riassunta in modo sintetico scrivendo gli elettroni ad esponente degli orbitali che li contengono
6.2
Se prendiamo in considerazione i diversi elementi a partire dall'idrogeno in ordine di numero atomico crescente possiamo osservare come al crescere di un'unit nel valore del numero atomico venga aggiunto un elettrone alla configurazione elettronica. Ogniqualvolta una serie di elementi ha sistemato abbastanza elettroni da riempire un livello energetico, gli elementi successivi, che iniziano a riempire il successivo livello energetico, vengono disposti in una riga sottostante, detta periodo, in modo tale che risultino incolonnati con gli elementi che presentano la stessa configurazione elettronica superficiale. In questo modo si vengono a formare 7 periodi, corrispondenti ai 7 livelli energetici riempibili e quindi al valore del numero quantico principale. Gli elementi che si incolonnano verticalmente formano i cosiddetti gruppi, composti da elementi che presentano un egual numero di elettroni disposti sullo stesso tipo di orbitali, ma naturalmente su di un diverso livello energetico. Poich il comportamento chimico di un elemento dipende essenzialmente proprio dalla sua configurazione elettronica superficiale, elementi appartenenti ad uno stesso gruppo presentano forti analogie e somiglianze chimiche (stesso tipo di reazioni). Le caratteristiche chimiche variano dunque progressivamente e con continuit mentre ci spostiamo lungo un periodo, mentre rimangono sostanzialmente simili all'interno di un gruppo. Possiamo inoltre suddividere la tabella periodica in quattro grandi regioni che rappresentano raggruppamenti di elementi che stanno inserendo elettroni in orbitali dello stesso tipo.
La prima regione (blocco s) formata dai gruppi I A e II A dove si riempie l'orbitale s. La regione all'estrema destra (blocco p), composta dai rimanenti sei gruppi A (lottavo gruppo A spesso indicato come gruppo 0 (zero)) costituita dagli elementi che distribuiscono i sei elettroni nei tre orbitali p. La regione centrale (blocco d), costituita da 10 file verticali riunite a formare 8 gruppi B, formata dai cosiddetti metalli di transizione, elementi che stanno disponendo 10 elettroni nei 5 orbitali d.
Infine la regione in basso (blocco f), formata da due serie orizzontali chiamate rispettivamente serie dei lantanidi e degli attinidi, costituita da elementi che stanno distribuendo 14 elettroni nei 7 orbitali f (4f e 5f).
Gli atomi utilizzano prevalentemente gli elettroni del loro livello energetico pi esterno (elettroni superficiali o elettroni di valenza) per interagire e legarsi tra loro. Il comportamento chimico di un atomo dipende dunque dal numero e dalla disposizione degli elettroni dellultimo livello energetico. Per capire la reattivit di un atomo dunque sufficiente conoscere la sua configurazione elettronica superficiale o configurazione dello strato di valenza. Scrivendo, ad esempio, le configurazioni elettroniche superficiali degli elementi dei primi tre periodi chimici della tabella periodica, si osserva come gli elementi che si incolonnano in uno stesso gruppo chimico presentano la medesima configurazione elettronica superficiale. La configurazione elettronica superficiale semplicemente si ripete periodicamente in livelli energetici via via pi esterni. Atomi di elementi diversi che presentino la medesima configurazione elettronica superficiale (il medesimo numero di elettroni sul loro ultimo livello) manifestano caratteristiche chimiche simili. Cos, ad esempio, lo Zolfo, che si trova sotto lOssigeno, presenta la medesima configurazione superficiale (ns2 np4) di questultimo, sul terzo livello energetico (n = 3) invece che sul secondo (n = 2). Per questo motivo Zolfo ed Ossigeno hanno caratteristiche chimiche simili.
Dunque le caratteristiche simili degli elementi che appartengono ad uno stesso gruppo chimico dipendono essenzialmente dal numero di elettroni presenti sul livello energetico pi superficiale, indipendentemente dal fatto che questo sia il primo, il secondo o l'ultimo.
Il numero d'ordine di ciascun gruppo indica quanti elettroni sono presenti nel livello energetico superficiale, dandoci quindi una prima indicazione di massima sul numero di elettroni disponibili per i legami chimici. Cos tutti gli elementi del primo gruppo A presentano configurazione elettronica superficiale ns1, dove n indica evidentemente il numero quantico principale. Possiamo dunque costruire il seguente schema che ci permette di correlare ciascun gruppo A con la configurazione elettronica superficiale degli elementi appartenenti al gruppo stesso.
configurazione elettronica superficiale numero di elettroni
gruppo
1 2 3 4 5 6 7 8
Gli elementi che possiedono 8 elettroni superficiali (configurazione otteziale) risultano particolarmente stabili, inerti, nel senso che manifestano pochissima tendenza a reagire con altri elementi chimici. Gli altri elementi che possiedono configurazioni elettroniche simili a quella dei gas nobili tendono a perdere o ad acquistare elettroni per raggiungere tale configurazione particolarmente stabile. Molte reazioni chimiche possono essere spiegate proprio in virt della tendenza di molti elementi ad acquisire la configurazione ad 8 elettroni superficiali dei gas nobili (regola dell'ottetto). Spesso la configurazione elettronica di un elemento viene scritta in forma sintetica facendo riferimento al gas nobile che lo precede nella tabella periodica, e che presenta tutti i suoi livelli energetici completi, ed aggiungendo solo la configurazione superficiale dellelemento. Ad esempio le configurazioni di Ossigeno e Zolfo possono essere scritte cos
Ossigeno 1s2 2s2 2p4 = [He]2s22p4 Zolfo 1s2 2s2 2p6 3s2 3p4 = [Ne]3s23p4
In altre parole, lOssigeno presenta la stessa configurazione elettronica dellElio pi la sua configurazione superficiale, mentre lo Zolfo presenta la medesima configurazione elettronica del Neon pi la sua configurazione superficiale. I gruppi B vengono ordinati in analogia ai gruppi A. Il primo gruppo B che si forma viene detto III B e non I B in quanto la sua configurazione superficiale presenta 3 elettroni, 2 nell'orbitale s e 1 nell'orbitale d, in modo analogo a quanto avviene per gli elementi del gruppo III A. Tranne alcune eccezioni anche per i gruppi B vale la regola che il numero d'ordine indica il numero di elettroni presenti nello strato pi superficiale. I lantanidi e gli attinidi hanno caratteristiche chimiche simili rispettivamente al lantanio e all'attinio e si suole perci considerarli appartenenti al gruppo III B.
Nella maggior parte dei casi gli elettroni coinvolti nelle reazioni chimiche sono i 2 + 6 = 8 elettroni contenuti nellorbitale s e nei tre orbitali p del livello energetico pi esterno. Per questo motivo tali elettroni vengono convenzionalmente rappresentati utilizzando un metodo introdotto da Lewis. Secondo tale metodo i 2 + 6 elettroni degli orbitali s e p del livello pi esterno (elettroni di valenza) vengono rappresentati come punti o coppie di punti disposte ai quattro lati del simbolo chimico dell'elemento. Idealmente, ogni lato del simbolo chimico associato ad un orbitale. Per maggior chiarezza diamo la configurazione di Lewis o struttura di Lewis degli elementi appartenenti al 2 periodo.
Elemento Litio Berillio Boro Carbonio Azoto Ossigeno Fluoro Neon Orbitale s Orbitali p Configurazione superficiale 2s1 2s2 2s22p1 2s22p2 2s22p3 2s22p4 2s22p5 2s22p6 Configurazione di Lewis
Come si vede, le coppie di elettroni vengono pi spesso rappresentate con una barretta. E evidente che tutti gli elementi che appartengono ad un medesimo gruppo chimico, possedendo la medesima configurazione elettronica superficiale, presentano la stessa struttura di Lewis
6.3
E' possibile tracciare all'interno della tabella periodica una ideale linea obliqua che, passando per il Silicio (Si), l'Arsenico (As) ed il Tellurio (Te), va dal Boro (B) all'Astato (At) e divide tutti gli elementi in due grandi gruppi: a sinistra i metalli (pi numerosi), a destra i non metalli. Le caratteristiche chimiche e fisiche dei metalli sono pi accentuate all'inizio della tabella periodica e vanno lentamente sfumando mentre ci avviciniamo alla zona dei non metalli.
Gli elementi chimici che si trovano adiacenti alla linea di separazione presentano quindi caratteristiche intermedie tra quelle dei metalli e quelle dei non metalli e vengono per questo motivo chiamati semimetalli. I metalli presentano una tendenza a perdere elettroni (si ossidano pi o meno facilmente) trasformandosi in ioni positivi o cationi. Dal punto di vista fisico sono lucenti, tenaci (si rompono con difficolt), duttili ( possono essere tirati in fili sottili), malleabili (possono essere tirati in lamine sottili), buoni conduttori di calore e di elettricit. I non metalli presentano una tendenza ad acquistare elettroni (si riducono pi o meno facilmente) trasformandosi in ioni negativi o anioni. Dal punto di vista fisico non sono lucenti, sono fragili, non presentano n duttilit, n malleabilit, sono cattivi conduttori o addirittura isolanti termici ed elettrici. Le caratteristiche metalliche aumentano scendendo lungo un gruppo e spostandosi verso sinistra lungo un periodo. In tal modo gli elementi che presentano le caratteristiche metalliche pi spiccate sono quelli in basso a sinistra della tabella periodica. Evidentemente per ragioni opposte gli elementi che presentano le caratteristiche non metalliche pi accentuate si trovano in alto a destra nella tabella periodica
Possiamo trovare una semplice spiegazione di tale andamento analizzando come varia il raggio atomico. Osservando la tabella periodica facile verificare che il raggio atomico, e quindi la distanza degli elettroni pi superficiali dal loro nucleo, diminuisce da sinistra verso destra lungo un periodo mentre aumenta dall'alto in basso lungo un gruppo.
Infatti mentre ci spostiamo verso destra lungo un periodo gli elettroni vengono sistemati tutti in uno stesso livello energetico. La distanza di tale livello dal nucleo dovrebbe rimanere approssimativamente la stessa. In realt poich contemporaneamente aumenta anche il numero atomico Z, il nucleo esercita
una attrazione via via maggiore sui livelli energetici occupati dagli elettroni, costringendoli a contrarsi verso il centro. Quando invece ci muoviamo verso il basso lungo un gruppo ciascun elemento presenta i suoi elettroni superficiali su livelli energetici nuovi e via via pi esterni, facendo in tal modo aumentare di scatto il raggio atomico Ora evidente che pi distanti gli elettroni superficiali si trovano dal nucleo positivo e minore la forza attrattiva che il nucleo stesso in grado di esercitare su di essi. Ci spiega in definitiva la maggior facilit con cui gli atomi metallici, che possiedono raggi atomici mediamente superiori rispetto ai non metalli, perdono i loro elettroni superficiali.
La tendenza a perdere elettroni da parte dei metalli inoltre esaltata dal fatto che i metalli possiedono in genere pochi elettroni in pi rispetto al gas nobile che li precede ed per loro energeticamente pi conveniente perderli piuttosto che acquistare un gran numero di elettroni per raggiungere la configurazione stabile del gas nobile che li segue nella tabella periodica. Per ragioni opposte per i non metalli, che presentano in genere pochi elettroni in meno rispetto al gas nobile che li segue, energeticamente pi favorevole acquistarli piuttosto che perderne un gran numero. La tendenza a perdere o ad acquistare elettroni da parte degli elementi chimici misurata da due parametri fondamentali, l'energia di I ionizzazione e l'affinit elettronica, i cui valori si trovano tabulati nella tabella periodica.
6.4 Energia di prima ionizzazione
Viene definita come l'energia, espressa in Kcal/mol (o KJ/mol), che necessario fornire ad una mole di atomi allo stato gassoso per trasformarla in una mole di cationi monovalenti. X(g) + EI ion (kJ/mol) X+(g) + eL'andamento del valore di tale parametro nella tabella periodica ci conferma quanto abbiamo detto sulla maggior facilit con la quale i metalli perdono i loro elettroni. L'energia di ionizzazione diminuisce infatti scendendo verso il basso lungo un gruppo, mentre cresce se ci spostiamo verso destra lungo un periodo.
Energia di Prima Ionizzazione (kJ mol-1)
He 2372 C N O F Ne B 801 1086 1402 1314 1681 2081 Al 578 Ga 579 In 558 Si 786 Ge 762 Sn 709 Pb 716 P S Cl Ar 1012 1000 1251 1521 As 947 Sb 834 Bi 703 Uup Se 941 Te 869 Po 812 Uuh Br Kr 1140 1351 I Xe 1008 1170 At 890 Uus Rn 1037 Uuo
Hf Ta W Re Os Ir Pt Au Hg Tl 680 761 770 760 840 880 870 890 1007 589 Rf Db Sg Bh Hs Mt Ds Rg
Ho Er 581 589
6.5
Affinit elettronica
Viene definita come l'energia liberata da una mole di atomi neutri allo stato gassoso quando si trasforma in una mole di anioni monovalenti. X(g) + e- X-(g) + AE (kJ/mol) Tale definizione contraria alla convenzione secondo la quale lenergia liberata durante una reazione ha segno negativo, generando spesso non poca confusione. Per questo motivo a volte si preferisce definire laffinit elettronica come lenergia di ionizzazione degli ioni negativi, cio come lenergia che deve essere fornita (quindi con segno positivo) ad uno ione negativo per strappargli il suo elettrone X-(g) + EAE (kJ/mol) X(g) + eL'andamento dei valori dell'affinit elettronica analogo a quello del potenziale di Ia ionizzazione. Cresce lungo un periodo e decresce lungo un gruppo.
Affinit Elettronica (kJ mol-1) H He Be Mg Ca 2 Sr 5 Ba 14 Ra Sc 18 Y 30 Ti 8 V 51 Cr 65 Mo 72 W 79 Sg Mn Tc 53 Re 14 Bh Fe 15 Ru 101 Os 104 Hs Co 64 Rh 110 Ir 151 Mt Ni 112 Pd 54 Pt 205 Ds Cu 119 Ag 126 Au 223 Rg Zn Cd Hg Uub B 27 Al 42 Ga 41 In 39 Tl 36 Uut C 122 Si 134 Ge 119 Sn 107 Pb 35 Uuq N 7 P 72 As 79 Sb 101 Bi 91 Uup O 141 S 200 Se 195 Te 190 Po 183 Uuh F 328 Cl 349 Br 353 I 295 At 270 Uus Ne Ar Kr Xe Rn Uuo
1 73 2 60 3 53 4 48 5 47 6 45 7
Fr Rb Cs K Na Li
Zr Nb 41 86 Ta 31
La Hf 45 Ac
Rf Db
6.6
- numero atomico Z = numero di protoni presenti nel nucleo - configurazione elettronica - peso atomico relativo espresso in uma (o dalton) = rapporto tra il peso di un elemento (miscela dei suoi isotopi) ed 1/12 della massa del carbonio 12. Ricordiamo inoltre che il peso atomico relativo numericamente pari al peso molare (PM) dell'elemento stesso. Altre informazioni utili ottenibili dalla consultazione della tabella sono quelle relative al numero di ossidazione e all'elettronegativit degli elementi, di cui parleremo in seguito.
I legami chimici
Gli atomi tendono a raggiungere delle configurazioni energeticamente pi favorevoli e stabili legandosi in raggruppamenti (molecole, reticolati ionici, reticolati metallici). In altre parole gli atomi si legano perch il composto che ne deriva pi stabile degli atomi separati. La teoria del legame chimico si fonda, nella sua formulazione pi semplice, sulla legge di Coulomb. 1 Q1 Q2 F= 4pe o r2 dove q sono le cariche elettriche, r la distanza che le separa ed F la forza (attrattiva per cariche opposte, repulsiva per cariche concordi) che si esercita su di esse. Quando due atomi vengono avvicinati le nuvole elettroniche ed i nuclei interagiscono tra loro. Il legame il risultato di un bilanciamento tra forze coulombiane attrattive (elettroni-nuclei) e repulsive (elettroni-elettroni e nuclei-nuclei).
Tuttavia tali forze risultano essere di intensit diversa per i diversi atomi e ci porta alla formazione di legami con modalit differenti. Esistono tre modelli di legame (covalente, ionico, metallico) le cui caratteristiche dipendono essenzialmente dalla tendenza relativa che manifestano gli atomi coinvolti nel legame ad acquistare (affinit elettronica) o perdere elettroni (energia di ionizzazione). Il legame covalente si presenta tipicamente tra atomi con elevata affinit elettronica (atomi di elementi non metallici) Il legame ionico si presenta tipicamente tra atomi con elevata affinit elettronica (non metalli) ed atomi a bassa energia di ionizzazione (metalli) Il legame metallico si presenta tipicamente tra atomi di elementi con bassa energia di ionizzazione (metalli) Poich, come abbiamo gi detto, gli elettroni coinvolti nei legami chimici sono quelli che occupano il livello energetico pi superficiale (elettroni di valenza), introduciamo un metodo semplice per rappresentarli, noto come configurazione di Lewis degli elementi.
7.1 Il legame covalente: Teoria di Lewis
Il legame covalente si forma tra atomi che presentano alta affinit elettronica e quindi tipicamente tra atomi non metallici. Se il legame unisce atomi di un medesimo elemento, il legame si definisce covalente puro o covalente omeopolare. Se il legame unisce atomi di elementi diversi, il legame si definisce covalente polare o covalente eteropolare. La natura del legame covalente venne suggerita per la prima volta da G. Lewis, dell'universit della California nel 1916.
Lewis attribu l'inerzia chimica dei gas nobili al fatto di possedere 8 elettroni superficiali e avanz quindi l'ipotesi che gli elementi che non presentavano la stessa configurazione elettronica esterna, tendessero a raggiungerla mediante la condivisione dei loro elettroni superficiali spaiati, al fine di raggiungere in tal modo una configurazione pi stabile (regola dellottetto). Prendiamo ad esempio due atomi di cloro, rappresentandoli mediante le loro strutture di Lewis. Essi hanno entrambi una configurazione 3s2 3p5, con un elettrone spaiato sull'ultimo orbitale p ed una forte tendenza ad acquistare un ulteriore elettrone (elevata affinit elettronica) per raggiungere la configurazione stabile del gas nobile successivo ( l'argon). Possiamo pensare che entrambi i nuclei attirino fortemente l'elettrone spaiato dell'altro atomo senza peraltro riuscire a strapparlo. Il risultato di questa intensa attrazione incrociata che i due elettroni spaiati vengono alla fine condivisi da entrambi gli atomi ed il doppietto elettronico funge da legame, finendo per appartenere ad entrambi gli atomi. I due atomi di Cloro condividono una coppia di elettroni e tale condivisione costituisce il legame covalente. In questo modo ora i due elettroni non appartengono pi all'uno o all'altro atomo, ma ruotano entrambi intorno all'intera struttura molecolare biatomica. Si dice che i due elettroni sono stati messi in comune o in compartecipazione.
Ciascun nucleo "vede" ora intorno a s i 6 elettroni non condivisi pi i 2 elettroni condivisi per un totale di 8 elettroni. La condivisione di una coppia di elettroni permette a ciascun atomo di Cloro di raggiungere la configurazione stabile dellottetto. Il legame che si forma per condivisione di una coppia di elettroni detto legame covalente semplice o singolo e pu essere rappresentato mediante una barretta che unisce i due simboli chimici. Gli atomi che formano la molecola di Cl2 sono quindi tenuti insieme da un legame covalente semplice
Cl - Cl
Le coppie di elettroni superficiali che non vengono condivise sono dette coppie (o doppietti) di nonlegame o coppie solitarie (Lone Pairs). Come abbiamo gi detto, durante il processo di formazione del legame si esercitano tra i due atomi sia forze attrattive (elettroni-nuclei) che forze repulsive (tra i nuclei, ma soprattutto tra i gusci elettronici). Le forze attrattive prevalgono a distanze maggiori, consentendo in questo modo ai due atomi di avvicinarsi e legarsi, mentre le forze repulsive diventano importanti e significative a corto raggio. Lenergia potenziale del sistema (convenzionalmente posta uguale a zero quando i due atomi si trovano idealmente a distanza infinita) diminuisce man mano che le forze attrattive costringono i due atomi ad avvicinarsi. Via via che i due atomi si avvicinano sia le forze attrattive che quelle repulsive diventano progressivamente pi intense. Tuttavia, poich le forze repulsive aumentano pi rapidamente di quelle attrattive, si arriver ad una distanza critica 8distanza di legame) in corrispondenza della quale le due forze risulteranno perfettamente uguali, lenergia potenziale raggiunger il suo valore minimo ed il sistema sar in equilibrio. Ogni ulteriore avvicinamento degli atomi causer un aumento delle forze
repulsive maggiore di quelle attrattive con conseguente tendenza del sistema a ritornare alla distanza di equilibrio. Si tenga presente che la pendenza della curva dellenergia potenziale, rappresenta la forza netta (attrattiva + repulsiva) che agisce sugli atomi.
A grandi distanze (punto 1 del grafico) la curva dellenergia potenziale presenta piccole pendenze positive che corrispondono a deboli forze nette attrattive. Via via che gli atomi si avvicinano la pendenza della curva aumenta fino a raggiungere un valore massimo (punto 2 del grafico) in corrispondenza del quale le forze repulsive iniziano a crescere pi rapidamente di quelle attrattive e la forza netta di attrazione inizia a diminuire. Alla distanza di legame (punto 3 del grafico) lenergia potenziale raggiunge il suo valore minimo e la forza netta pari a zero (pendenza nulla e forze attrattive pari a quelle repulsive). A distanze inferiori (punto 4 del grafico) la curva dellenergia potenziale presenta pendenze negative crescenti che corrispondono ad intense forze repulsive nette. Si pu dunque dimostrare che, quando due atomi si avvicinano in risposta all'attrazione che ciascun nucleo esercita sull'elettrone spaiato dell'altro atomo, esiste una distanza critica in corrispondenza della quale la forza di attrazione viene esattamente bilanciata dalla repulsione che si produce tra i gusci elettronici negativi. Per distanze inferiori prevale la repulsione, per distanze maggiori prevale l'attrazione. Un modello semplice ed intuitivo, che descrive il fenomeno, rappresenta il legame come una molla che unisce i due atomi. Se si cerca di separarli la molla li richiama, se si cerca di avvicinarli troppo la molla li respinge, alla distanza di legame la molla non in tensione.
In corrispondenza della distanza di equilibrio viene quindi resa minima l'energia potenziale del sistema. Tale distanza corrisponde alla lunghezza di legame, parametro solitamente misurato in ngstrm (1 = 10-10 m) o in picometri (1 pm = 10-12 m). L'energia di legame, misurata in Kcal/mol (o in kJ/mol), lenergia che si libera quando due atomi allo stato gassoso passano da distanza infinita alla distanza di legame ed ovviamente coincide con l'energia che necessario fornire al sistema (allo stato gassoso) per rompere il legame, portando i due atomi a distanza infinita.
X-X(g) + Eleg (kcal/mol) X(g) + X(g)
Lenergia di legame una misura della forza di un legame chimico (maggiore lenergia di legame, pi forte un legame) e per questo motivo viene a volte impropriamente detta forza di legame. Si consideri ad esempio la formazione del legame covalente in una molecola di H2.
Due atomi di idrogeno condividono il loro unico elettrone per raggiungere la configurazione stabile dellElio.
Nello schema successivo rappresentato landamento dellenergia potenziale durante la formazione del legame.
Energia E (in kJ/mol) e Lunghezza L (in pm) di legame E H-H H-B H-C H-Si 432 L 74 N-Cl P-P P-O P=O P=S P-F P-Cl P-Br P-I As-O As-F As-Cl As-Br As-I Sb-F C-C C=C CC C-Si C-Ge C-Sn E L C-Pb C-N C=N CN C-P C-O C=O CO C-B C-S C=S C-F C-Cl C-Br C-I Si-Si Si-N Si-O Si-S Si-F Si-Cl Si-Br Si-I E 130 305 615 887 264 358 799 356 272 573 485 327 285 213 222 355 452 293 565 381 310 234 163 200 160 202 215 243 182 160 135 177 194 214 233 L 230 147 129 116 184 143 120 Ge-N Ge-F Ge-Cl Ge-Br Ge-I Sn-F Sn-Cl Sn-Br Sn-I Pb-F Pb-Cl Pb-Br Pb-I B-B B-O B-F B-Cl B-Br O-O O=O O-F S=O E 257 470 168 349 210 276 230 212 414 323 233 273 250 205 270 331 243 242 201 142 279 293 536 613 456 175 377 142 148 494 121 190 142 522 143 L S=S S-F S-Cl Se-Se Se=Se F-F Cl-Cl Br-Br I-I At-At I-O I-F I-Cl I-Br Xe-O Xe-F E L
313 175 201 221 335 163 544 150 335 186 490 154 326 203 264 184 301 178 484 171 322 216 458 233 200 254 440 346 154 602 134 835 120 318 185 238 195 192 216
S-S (S8) 226 205 425 149 284 156 255 207 172 272 215 155 142 240 199 190 228 148 267 116 201 273 191 208 232 175 84 175 130 195
H-Ge 288 153 H-Sn 251 170 H-N H-P H-As H-O H-S H-Se H-Te H-F H-Cl H-Br H-I N-N N=N NN N-O N=O N-F 386 101 322 144 247 152 459 96 363 134 276 146 238 170 565 92 428 127 362 141 295 161 167 145 418 125 942 110 201 140 607 121 283 136
1072 113
Sb-Sb 121
Nella formazione di un legame covalente possono essere condivise anche pi di una coppia di elettroni. E' il caso ad esempio delle molecole dell'ossigeno e dell'azoto. L'ossigeno presenta 6 elettroni nell'ultimo livello con una configurazione elettronica superficiale 2s 2 2p4, con due elettroni spaiati su due orbitali p. Per completare l'ottetto ciascun atomo di ossigeno
condivide dunque 2 elettroni. Ciascun atomo di ossigeno ora "vede" intorno a s 8 elettroni nel suo livello energetico pi superficiale.
La molecola di O2 quindi tenuta insieme da un legame covalente doppio. che pu essere rappresentato con due trattini posti tra i simboli chimici dei due atomi (O = O)
Un legame doppio pi corto e pi forte di un legame semplice. Nel caso dell'azoto la configurazione elettronica superficiale del tipo 2s2 2p3, con tre elettroni spaiati su due orbitali p. Per completare l'ottetto ciascun atomo di Azoto deve dunque condividere 3 elettroni Il legame che si forma e che tiene uniti gli atomi di Azoto in N 2 un legame covalente triplo che pu essere rappresentato con tre trattini posti tra i simboli chimici dei due atomi (N N).
Il numero di doppietti elettronici condivisi che tiene uniti due atomi detto ordine di legame. Un legame singolo presenta ordine = 1, un legame doppio ordine = 2, un legame triplo ordine = 3. La lunghezza del legame decresce allaumentare dellordine di legame (un legame doppio pi corto di uno semplice ed uno triplo pi corto di uno doppio). Lenergia di legame aumenta allaumentare dellordine di legame (un legame doppio pi forte di un legame semplice ed un legame triplo pi forte di un legame doppio). Mentre i legami semplici permettono la libera rotazione degli atomi intorno all'asse di legame, i legami doppi e tripli non permettono rotazioni.
Raggio atomico (covalente e metallico) (in pm) H 37 Li 134 Na 154 K 196 Be 90 Mg 130 Ca 174 Sc 144 Y 162 La 169 Ac Ti 136 Zr 148 V Cr 125 127 Nb Mo 137 145 Mn Fe Co Ni Cu 139 125 126 121 138 Tc 156 Re 159 Bh Ru Rh Pd Ag 126 135 131 153 Os Ir Pt Au 128 137 128 144 Hs Mt Ds Rg Zn 131 Cd 148 Hg 149 B 82 Al 118 Ga 126 In 144 Tl 148 C 77 Si 111 Ge 122 Sn 141 Pb 147 N 75 P 106 As 119 Sb 138 Bi 146 O 73 S 102 Se 116 Te 135 Po F 71 Cl 99 Br 114 I 133 At He 32 Ne 69 Ar 97 Kr 110 Xe 130 Rn 145
7.1.2 Legame dativo e promozione elettronica Da quanto abbiamo fin qui visto ci si potrebbe attendere che il numero di legami covalenti che un atomo pu formare non possa mai essere superiore al numero di elettroni spaiati che deve condividere al fine di completare l'ottetto. In realt ci vero nella maggior parte dei casi, ma non in tutti. In alcuni casi gli atomi riescono infatti a formare pi legami di quanti apparentemente sembra loro consentito sulla base della loro configurazione elettronica superficiale. E' necessario tener presente che ogni legame in pi che si forma produce un ulteriore aumento di stabilit della molecola e dunque gli atomi tendono a massimizzare il numero di legami formati. La formazione di legami di tipo dativo ed i processi di promozione elettronica sono stati introdotti per giustificare la formazione di ulteriori legami rispetto al numero di elettroni spaiati di un atomo.
Legame dativo
Un legame covalente si pu formare a partire da un doppietto elettronico messo a disposizione da un atomo donatore (o datore) e da un orbitale vuoto messo a disposizione da un atomo accettore. Tale legame detto legame covalente dativo ed una volta formatosi indistinguibile da un normale legame covalente.
Il legame dativo pu essere rappresentato come una freccia che va dal doppietto solitario dellatomo datore D allatomo accettore A.
D:A
Si consideri ad esempio lo Zolfo e l'Ossigeno, entrambi appartenenti al VI gruppo A, aventi configurazione superficiale s2p4, con due doppietti, due elettroni spaiati e due elettroni mancanti per raggiungere la configurazione dell'ottetto.
Sulla base delle configurazioni superficiali dei due elementi ci potremmo attendere la formazione di un composto del tipo S=O, con formazione di un legame covalente doppio a seguito della condivisione di entrambi gli elettroni spaiati di ciascun elemento. In questo modo ciascun atomo completa infatti lottetto. In realt quando lo Zolfo reagisce con lOssigeno genera SO 2 (anidride solforosa) ed SO3 (anidride solforica), riuscendo in tal modo a legare fino ad altri due atomi di ossigeno in pi rispetto a quanto previsto. Per giustificare la formazione di questi legami si ammette dunque che lo zolfo possa utilizzare per legarsi non solo gli elettroni spaiati, ma anche i doppietti solitari. Tuttavia lOssigeno non ha orbitali superficiali vuoti da poter utilizzare. Si ammette quindi che l'Ossigeno possa subire una transizione dalla configurazione pi stabile, prevista dalla regola di Hund ad una configurazione, meno stabile nella quale un elettrone viene spostato da un orbitale p semisaturo, generando un orbitale vuoto, allaltro orbitale p semisaturo.
In questo modo l'ossigeno possiede ora un orbitale p vuoto che pu utilizzare come accettore di un doppietto elettronico per formare un ulteriore legame chimico con lo zolfo di tipo dativo, per dare lanidride solforosa SO2. Il passaggio dellossigeno ad una configurazione meno stabile richiede ovviamente energia, ma questa viene pi che compensata dallaumento di stabilit che si ottiene con la formazione di un ulteriore legame.
Nel caso lo Zolfo utilizzi entrambi i suoi doppietti solitari per formare due legami dativi con altrettanti atomi di ossigeno si forma l'anidride solforica SO3.
Il legame dativo ci permette di giustificare la capacit che hanno molti elementi ( in particolare gli elementi alla fine di un periodo) di formare un numero variabile di legami con l'ossigeno (valenza variabile) legandosi con esso in diverse proporzioni (legge delle proporzioni multiple di Dalton).
Il cloro, ad esempio, che possiede una configurazione superficiale s2 p5, presenta un elettrone spaiato e ben tre doppietti non condivisi disponibili per legami dativi. Si giustificano in tal modo l'esistenza di ben quattro composti ossigenati del cloro: l'anidride ipoclorosa Cl2O, l'anidride clorosa Cl2O3, l'anidride clorica Cl2O5 e l'anidride perclorica Cl2O7. Non necessario che un atomo liberi un orbitale per poter effettuare un legame dativo. In molti casi esistono gi orbitali naturalmente liberi. Un esempio si ha nella reazione di dissociazione ionica dellacqua in ioni H+ e ioni OH-. In realt in soluzione non esistono ioni H+ liberi poich essi usano il loro orbitale 1s vuoto per legarsi, tramite legame dativo, ad uno dei due doppietti solitari dellossigeno di una molecola dacqua, con formazione di ioni ossonio (o idronio) H3O+.
H2H+ = H3O+
Una volta che lo ione ossonio si formato, i 3 atomi di idrogeno sono perfettamente equivalenti ed i tre legami covalenti che li legano allossigeno risultano indistinguibili.
Promozione Elettronica
Ione ossonio
Come abbiamo appena visto, la formazione di legami stabilizza la molecola al punto che, in alcuni casi, un atomo pu assumere configurazioni elettroniche meno stabili che tuttavia gli consentono di formare un maggior numero di legami. La promozione elettronica, ad esempio, un processo di questo tipo, che consente ad un atomo di trasferire un elettrone da un orbitale superficiale saturo ad un orbitale superficiale vuoto. In questo modo un doppietto viene trasformato in due elettroni spaiati che, condivisi con altri atomi, possono essere utilizzati per formare due ulteriori legami chimici. E il caso del Carbonio che, in quasi tutti i suoi composti promuove un elettrone dallorbitale saturo 2s ad un orbitale 2p vuoto
Pur passando da una configurazione elettronica superficiale pi stabile ad una meno stabile, il Carbonio dispone ora di 4 elettroni spaiati (contro i due precedenti) che pu condividere formando 4 legami chimici. La promozione elettronica avviene quando la differenza di energia tra lorbitale di partenza e quello di arrivo piccola.
7.1.3 La geometria delle molecole: teoria VSEPR I legami covalenti sono direzionali, nel senso che essi formano tra loro angoli caratteristici che determinano la geometria della molecola. La geometria di una molecola e di conseguenza gli angoli di
legame possono essere previsti in modo semplice applicando la teoria VSEPR (Valence-Shell Electron-Pairs Repulsion = repulsione tra doppietti elettronici dello strato di valenza). Secondo tale teoria i doppietti elettronici pi esterni (strato di valenza), essendo carichi negativamente, si respingono, tendendo a disporsi il pi lontano possibile gli uni dagli altri, in modo da rendere minima la forza repulsiva e pi stabile l'intera molecola. La teoria prevede inoltre che i doppietti solitari (non impegnati in legami) tendano ad occupare un volume maggiore rispetto ai doppietti elettronici condivisi (impegnati in legami) ed esercitino pertanto una forza repulsiva pi intensa. In prima approssimazione possiamo stilare la seguente graduatoria relativa dell'intensit della repulsione esercitata tra coppie di elettroni
repulsione tra coppie solitarie > repulsione tra coppie solitarie e coppie di legame > repulsione tra coppie di legame
Inoltre nella teoria VSEPR i legami doppi e tripli vengono considerati alla stregua di legami semplici e la geometria di una molecola dipende unicamente dal numero di legami (indifferentemente semplici, doppi o tripli) e di coppie solitarie che presenta latomo centrale (numero sterico)
numero sterico = numero legami + numero coppie solitarie
Molecole con due soli legami e nessun doppietto solitario (AX2) risultano lineari, con le coppie di legame che, respingendosi, si dispongono equidistanti, formando angoli di legame di 180
XAX
Come abbiamo detto, i legami possono essere indifferentemente singoli, doppi o tripli. Presentano, ad esempio, geometria lineare lidruro di Berillio (BH2), lanidride carbonica (CO2) e lacido Cianidrico (HCN)
HBeH O=C=O HC N
- Molecole con tre legami e nessun doppietto solitario (AX3) risultano trigonali planari, con le coppie di legame disposte equidistanti su di un piano, con angoli di legame di 120. Presentano, ad esempio, geometria trigonale planare il cloruro di Boro (BCl3) e la formaldeide (H2CO).
- Molecole con due legami ed un doppietto solitario (AX2E) risultano angolate, con un angolo di legame leggermente inferiore a 120 a causa della maggior repulsione del doppietto solitario sui doppietti di legame. Presenta una geometria angolata (derivata da una trigonale planare) lanidride solforosa (SO2)
- Molecole con quattro legami e nessun doppietto solitario (AX4) risultano tetraedriche, con le coppie di legame disposte equidistanti ed angoli di legame di 109,5. E il caso del metano (CH4). la cui molecola, come tutte le molecole tridimensionali, pu essere rappresentata con legami a cuneo. Si utilizzano cunei pieni per rappresentare i legami che escono dal piano avvicinandosi allosservatore e cunei tratteggiati per rappresentare i legami che si allontanano.
- Molecole con tre legami ed un doppietto solitario (AX3E) presentano una geometria piramidale di derivazione tetraedrica, con la coppia solitaria ad un vertice del tetraedro che comprime gli angoli di legame, portandoli ad un valore inferiore rispetto a quello caratteristico della geometria tetraedrica. E il caso dellammoniaca (NH3). la cui molecola piramidale presenta angoli di legame di circa 107.
- Molecole con due legami e due doppietti solitari (AX2E2) presentano una geometria angolata di derivazione tetraedrica, con le due coppie solitarie ai due vertici del tetraedro che esercitano una forte repulsione e comprimono langolo di legame, portandolo ad un valore inferiore rispetto a quello caratteristico della geometria tetraedrica. E il caso dellacqua (H2O). la cui molecola angolata presenta un angolo di legame di 104,5.
- Molecole con cinque legami e nessun doppietto solitario (AX5) risultano bipiramidali trigonali, con tre legami che si dispongono su di un piano (legami equatoriali) a 120 luno dallaltro e gli altri due legami (legami assiali) disposti perpendicolarmente, uno sopra e laltro sotto al piano equatoriale, a formare due piramidi a base triangolare unite per la base. E il caso del Pentacloruro di Fosforo (PCl 5).
- Molecole con sei legami e nessun doppietto solitario (AX6) risultano ottaedriche con quattro legami equatoriali distanziati di 90 e due legami equatoriali. Presenta questa geometria lEsafluoruro di Zolfo (SF6).
F) NS=7 Geometria bipiramidale pentagonale (AX7, AX6E, AX5E2, AX4E3, AX3E4, AX2E5)
- Molecole con sette legami e nessun doppietto solitario (AX7) risultano bipiramidali con cinque legami equatoriali distanziati di 72 e due legami equatoriali. Presenta questa geometria lEptafluoruro di Iodio (IF7).
Naturalmente in tutte le strutture, leventuale presenza di doppietti solitari modifica la geometria originaria, comprimendo gli angoli dei legami residui.
Geometrie VSEPR
Coppie solitarie
NS=2
lineare
NS=3
Trigonale planare
Angolata
NS=4
Tetraedrica
Piramidale trigonale
Angolata
NS=5
Altalena o cavalletto (Seesaw o sawhorse)
Bipiramidale trigonale
a forma di T
Lineare
NS=6
Ottaedrica
Piramidale quadrata
Planare quadrata
a forma di T
Lineare
(la
L'elettronegativit una grandezza di difficile valutazione poich, a differenza dell'affinit elettronica e dell'energia di ionizzazione che si riferiscono ad atomi isolati, lelettronegativit si riferisce ad atomi legati ad altri atomi.
In generale il valore dell'elettronegativit pu dunque variare, per uno stesso elemento, in relazione al tipo e al numero di atomi di altri elementi impegnati nel legame. Nonostante ci, al fine di avere a disposizione un parametro che permetta di valutare, anche se in modo approssimato, la polarit di un legame, sono stati proposti diversi metodi di calcolo per assegnare un valore di elettronegativit ai diversi elementi. Tra i metodi pi importanti vi sono quelli proposti da Mulliken e da Pauling. L'elettronegativit secondo Mulliken pari alla media aritmetica dell'energia di ionizzazione e dell'affinit elettronica. E . + E AE . c = ion 2 L'elettronegativit secondo Pauling di un elemento A viene calcolata conoscendo l'elettronegativit di un elemento B attraverso la seguente relazione
cA - cB = D
Pauling ammette cio che la differenza di elettronegativit tra due elementi sia uguale alla radice quadrata di una quantit , detta energia di risonanza ionico-covalente espressa in eV, il cui valore dato da
D = D AB - DAA DBB
dove DAB = energia di legame del composto A-B DAA = energia di legame del composto A-A DBB = energia di legame del composto B-B = media geometrica delle energie dei legami covalenti puri A-A e B-B, assunta come stima dellenergia di legame di un ipotetico legame covalente puro A-B . In altre parole, l'energia di risonanza ionico-covalente misura la differenza di energia tra il legame covalente reale AB ed un ipotetico legame covalente puro AB. Nel caso l'energia di legame sia espressa in kJ/mol o in kcal/mol necessario applicare un coefficiente k di conversione (per trasformare in eV/particella), che vale rispettivamente 0,0103643 e 0,0433641. cA -cB = k D Per poter utilizzare la relazione di Pauling evidentemente necessario fissare arbitrariamente l'elettron egativit di un elemento che faccia da riferimento. Pauling assunse per l'idrogeno = 2,1.
Esempio Calcoliamo l'elettronegativit del Cloro secondo Pauling, sapendo che l'energia del legame H 2 436 kJ/mol, del legame Cl2 242 kJ/mol e del legame HCl 431 kJ/mol. L'energia del legame HCl considerato come covalente puro pari a L'energia di risonanza ionica-covalente pari
D AA DBB
*********
La scala di Mulliken pi rigorosa della scala di Pauling essendo costruita su grandezze misurabili. Nella pratica si usa per prevalentemente la scala di Pauling in quanto per molti elementi il valore dell'affinit elettronica di difficile determinazione. D'altra parte le due scale forniscono valori in gran parte coincidenti, risultando legate, anche se in modo approssimato, dalla seguente relazione c Mulliken = 2,78 c Pauling
Esempio Calcoliamo l'elettronegativit del cloro secondo Mulliken sapendo che la sua energia di ionizzazione pari a 1260 kJ/mol (13,1 eV/particella) e la sua affinit elettronica pari a -349 kJ/mol (-3,6 eV/particella) e convertiamo il valore ottenuto nella scala di Pauling
c Mulliken =
c Pauling =
I valori di elettronegativit secondo Pauling si trovano tabulati nella tabella periodica e presentano il valore minimo in basso a sinistra (Francio = 0.7) e crescono diagonalmente fino ad assumere il valore massimo in alto a destra (Fluoro = 4).
Elettronegativit (Pauling) H 2.20 Li Be 0.98 1.57 Na Mg 0.93 1.31 K 0.82 Ca 1.0 Sc Ti V Cr 1.36 1.54 1.63 1.66 Y Zr Nb 1.22 1.33 1.6 La 1.10 Ac Hf 1.3 Rf Ta 1.5 Db Mo 2.16 W 2.36 Sg B C N O F 2.04 2.55 3.04 3.44 3.98 Al Si P S Cl 1.61 1.90 2.19 2.58 3.16 He Ne Ar
Mn Fe Co Ni Cu Zn Ga Ge As Se Br Kr 1.55 1.83 1.88 1.91 1.90 1.65 1.81 2.01 2.18 2.55 2.96 2.9 Tc 1.9 Re 1.9 Bh Ru 2.2 Os 2.2 Hs Rh Pd Ag Cd In Sn Sb Te 2.28 2.20 1.93 1.69 1.78 1.80 2.05 2.1 Ir Pt Au Hg Tl Pb Bi Po 2.20 2.28 2.54 2.00 1.62 1.87 2.02 2.0 Mt Ds Rg I Xe 2.66 2.6 At 2.2 Rn
Ce Pr Nd Pm Sm Eu Gd Tb Dy Ho Er Tm Yb Lu 1.12 1.13 1.14 1.14 1.17 1.2 1.29 1.2 1.22 1.23 1.24 1.25 1.1 1.27 Th 1.1 Pa U Np Pu Am Cm Bk Cf 1.5 1.38 1.36 1.28 1.3 1.3 1.3 1.3 Es 1.3 Fm 1.3 Md 1.3 No 1.3 Lr
E' evidente che tanto maggiore sar la differenza di elettronegativit tra due elementi impegnati in un legame, tanto maggiore sar la polarit del legame. Dunque, quando si forma un legame covalente tra due atomi che presentano diversa elettronegativit la nube elettronica che costituisce il legame covalente risulta spostata verso l'atomo pi elettronegativo. Quest'ultimo acquista pertanto una carica parzialmente negativa (indicata con -), mentre l'altro una
carica parzialmente positiva (d+). La distribuzione asimmetrica della nuvola elettronica produce dunque due poli aventi carica opposta (diplo) ed il legame viene perci definito covalente polare. E ci che accade, ad esempio nella molecola dellacido Cloridrico (HCl) in cui lIdrogeno condivide un elettrone con il Cloro. Il Cloro pi elettronegativo presenta una parziale carica negativa e la molecola di HCl risulta polare
La distribuzione di carica elettrica di un dipolo pu essere rappresentata tramite una mappa (o superficie) di potenziale elettrostatico (o densit elettronica) dove le tonalit del rosso indicano la carica negativa, quelle del blu la carica positiva, mentre il verde la neutralit.
Maggiore la differenza di elettronegativit () tra i due elementi e maggiore sar la polarit del legame (le cariche parziali saranno pi vicine ad una intera carica). Quando la differenza di elettronegativit tra i due elementi supera il valore critico di 1.9, si assume che lelemento pi elettronegativo sia in grado di strappare lelettrone allaltro elemento ed il legame viene descritto come ionico. Possiamo dunque descrivere il legame ionico come un caso limite del legame covalente polare per > 1.9 L'intensit di un dipolo si esprime attraverso la determinazione del suo momento dipolare. Si definisce momento dipolare il prodotto della carica q associata ad uno dei baricentri di carica (la carica dell'altro baricentro ha valore uguale e di segno opposto) per la distanza r tra i baricentri.
=Qr
L'unit di misura del momento dipolare il debye (D). Un momento dipolare presenta l'intensit di 1 debye quando 2 cariche elettriche di segno opposto, aventi intensit di 10-10 u.e.s. (unit elettrostatiche o franklin) si trovano alla distanza di 1 .
Per caratterizzare la polarit di un legame covalente possibile assegnargli una certa percentuale di carattere ionico, calcolabile in funzione del suo momento dipolare. La percentuale di carattere ionico si calcola come rapporto percentuale tra il momento dipolare effettivo (misurato) ed il momento dipolare di un teorico legame ionico
%C.I. = m effettivo 100 m ionico
dove Qe la carica dell'elettrone (e = 4,8 10-10 u.e.s.) ed r il valore della lunghezza del legame in . Ad esempio, sapendo che il momento dipolare dellacido cloridrico HCl = 1,1 D e la lunghezza del legame H-Cl di 1,27 , si calcola
%C.I. = m effettivo 1,1 100 = 100 = 18% m ionico 4,8 1,27
Sopra latomo di Cloro presente una parziale carica negativa (d-) pari al 18% dellintera carica dellelettrone, mentre sopra latomo di Idrogeno sar presente una parziale carica positiva (d+) della medesima intensit. La polarit di un legame pu anche essere stimata utilizzando la relazione di Pauling che correla la percentuale di carattere ionico alla differenza di elettronegativit ().
2 Dc - 1 - e 2 100 %C.I. = Ad esempio, sapendo che la differenza di elettronegativit tra Idrogeno e Fluoro pari a = F H = 4 - 2,2 = 1,8, possiamo stimare la percentuale di carattere ionico dellacido fluoridrico
%C.I.HF
Il momento dipolare una grandezza vettoriale, che viene rappresentata con una freccia orientata dal polo positivo al quello negativo.
Nelle molecole in cui sono presenti pi legami il momento di dipolo dellintera molecola risulta essere la somma vettoriale dei momenti di dipolo dei singoli legami. Se il momento di dipolo risultante
diverso da zero allora la molecola polare. Se il momento di dipolo risultante uguale a zero, la molecola risulta apolare (anche se i suoi legami sono polari). La polarit di una molecola dipende quindi non solo dalla polarit dei suoi legami, ma anche dalla sua geometria. Cos, ad esempio, se confrontiamo la polarit dellanidride carbonica e dellacqua, troveremo che mentre lanidride carbonica apolare, lacqua polare. Lanidride carbonica infatti una molecola lineare ed il momento di dipolo dei suoi due legami risulta essere uguale e contrario, per cui il momento risultante nullo. Lacqua invece una molecola angolata e la polarit dei suoi due legami si compone vettorialmente per dare un momento di dipolo diverso da zero. Lacqua un dipolo.
In effetti il momento dipolare totale di una molecola dato dalla somma vettoriale non solo dei momenti dipolari relativi ai legami covalenti, ma anche ai dipoli associati alle coppie solitarie presenti nella molecola.
Una molecola polare un minuscolo diplo il quale in grado di ruotare orientandosi opportunamente se posto in un campo elettrico.
7.1.5 Molecole con elettroni spaiati e paramagnetismo Non sempre gli atomi utilizzano tutti i loro elettroni spaiati per effettuare legami chimici. In qualche caso pu accadere che in una molecola sopravvivano degli orbitali insaturi. Un tipico esempio di tale comportamento rappresentato dal monossido di azoto.
Tutte le sostanze che si trovano a possedere un elettrone spaiato risultano essere paramagnetiche, vengono cio debolmente attratte dai poli di un magnete. Tale comportamento dovuto proprio al debole campo magnetico associato all'elettrone, non compensato in questo caso da un elettrone con spin opposto.
7.1.6 Strutture di Lewis molecolari e carica formale La convenzione introdotta da Lewis per rappresentare gli elettroni di valenza degli elementi viene utilizzata anche per rappresentare intere molecole. Per scrivere la struttura di Lewis di una molecola necessario conoscere la sua formula molecolare e la connettivit. La formula molecolare e la connettivit sono determinate sperimentalmente e devono essere note. La connettivit o costituzione lordine con cui gli atomi di una molecola sono connessi. Ad esempio il nitrito di metile ha formula molecolare CH3NO2 e la sua connettivit C-O-N-O con tutti gli idrogeni legati al carbonio. Vediamo di seguito i 6 passaggi necessari per scrivere correttamente una struttura di Lewis molecolare. Useremo il nitrito di metile CH3NO2.
1.
Determinare il numero degli elettroni di valenza della molecola. Per una molecola neutra, il numero di elettroni di valenza uguale alla somma degli elettroni di valenza degli atomi coinvolti (elettroni superficiali che compaiono nella struttura di Lewis dellelemento). Si ricordi che il numero di elettroni superficiali coincide in genere con il numero dordine del gruppo chimico al quale lelemento appartiene. Cos lOssigeno (VI gruppo A) possiede 6 elettroni di valenza, lAzoto (V gruppo A) ne possiede 5, il Carbonio 4 (IV gruppo A) e lIdrogeno 1 elettrone di valenza (I gruppo A). Per una molecola elettricamente carica il numero di elettroni di valenza uguale al numero di elettroni di valenza degli atomi, al quale va sommato il numero delle cariche negative o sottratto il numero delle cariche positive. Ad esempio lanione solfato SO42- possiede 32 elettroni di valenza (6 per latomo di Zolfo, 6 per ogni atomo di ossigeno e 2 per le due cariche negative dellanione).
Il nitrito di metile (CH3NO2) presenta 24 elettroni di valenza. Ogni idrogeno contribuisce infatti con 1 elettrone di valenza, il carbonio con 4, lazoto con 5 ed ogni atomo di ossigeno con 6 per un totale di 24 elettroni.
2.
Costruire un primo schema di legame, rispettando la connettivit e collegando gli atomi con un legame covalente semplice.
3.
Determinare gli elettroni residui da posizionare. Sottrarre gli elettroni di legame dagli elettroni di valenza, ottenendo in tal modo il numero di elettroni che devono ancora essere posizionati. Nel nitrito di metile CH3NO2, gli elettroni di legame sono 12, mentre quelli di valenza sono 24 e devono pertanto essere ancora posizionati 24 12 = 12 elettroni. Aggiungere gli elettroni residui come coppie di elettroni di non-legame (elettroni non condivisi o coppie solitarie o lone pairs) in modo che il maggior numero di atomi presenti 8 elettroni (ovviamente non lidrogeno), iniziando con gli atomi pi elettronegativi.
4.
5.
Spostare coppie solitarie per completare lottetto. Se un atomo non ha lottetto completo, usare una coppia di elettroni solitari dellatomo adiacente che possiede il maggior numero di doppietti non condivisi, per formare un doppio o un triplo legame. Nella struttura precedente si osserva, ad esempio, che lazoto ha solo 6 elettroni (4 condivisi con i due atomi di Ossigeno e 2 non condivisi). Trasferiamo dunque un doppietto solitario dallOssigeno terminale (che ha 3 doppietti non condivisi, contro i 2 doppietti dellossigeno centrale), per formare un doppio legame N=O.
La regola per la quale ogni atomo legato deve avere non pi di 8 elettroni superficiali (regola dellottetto) vale rigorosamente solo per gli elementi non metallici del secondo periodo chimico (C N O F) i quali, non possedendo orbitali d, non sono in grado di trasferirvi elettroni (promozione elettronica) per aumentare il numero dei loro legami. I primi elementi del secondo periodo possono avere meno di otto elettroni nel loro stato legato (4 per il Berillio e 6 per il Boro = ottetto incompleto). Gli elementi non metallici dei periodi superiori al secondo possono invece avere pi di 8 elettroni superficiali (ottetto espanso) nel loro stato legato. In particolare quelli del gruppo VA, come il Fosforo, possono avere 10 elettroni superficiali, mentre quelli del gruppo VI-A come lo Zolfo possono arrivare a 12 e quelli del gruppo VII-A, come il Cloro ne possono avere 14.
Ad esempio Lo Zolfo completa lottetto nellacido solfidrico, mentre arriva a 10 elettroni nellacido solforoso e a 12 elettroni nellacido solforico
6.
Calcolare la carica formale di ciascun atomo. La carica atomica formale viene definita come la carica che un atomo avrebbe se tutti i suoi legami venissero considerati come covalenti puri. La carica formale di ciascun atomo e' data dunque dalla differenza tra gli elettroni di valenza dell'atomo isolato e gli elettroni di valenza dell'atomo legato nella molecola. Per determinare gli elettroni di valenza dellatomo legato (elettroni che latomo possiede nella molecola) necessario assegnargli un elettrone per ogni coppia di elettroni di legame ed entrambi gli elettroni di ogni sua coppia solitaria. Si confrontano poi gli elettroni di valenza dellatomo legato con gli elettroni di valenza dellatomo isolato neutro. Ogni elettrone in eccesso rappresenta una carica formale negativa. Ogni elettrone in difetto una carica formale positiva.
carica formale = elettroni di valenza atomo isolato elettroni di valenza atomo legato carica formale = elettroni di valenza [ elettroni di legame + elettroni solitari]
Naturalmente la somma delle cariche formali di tutti gli atomi di una molecola o ione deve essere uguale alla carica elettrica complessiva della molecola. Per calcolare la carica formale sostituiamo i trattini che rappresentano i legami con coppie di puntini (i due elettroni condivisi) e successivamente contiamo gli elettroni intorno ai singoli atomi confrontandoli con i rispettivi elettroni di valenza degli atomi isolati
Intorno a ciascun atomo di ossigeno vi sono 6 elettroni. Poich latomo di ossigeno isolato possiede 6 elettroni superficiali, i due atomi di ossigeno presentano carica formale nulla (6-6=0)
Intorno allatomo di carbonio vi sono 4 elettroni, mentre intorno allatomo di azoto vi sono 5 elettroni. Poich gli atomi di carbonio e di azoto isolati possiedono rispettivamente 4 e 5 elettroni superficiali, la loro carica formale nulla.
Esaminiamo ora il nitrometano, un composto che presenta la medesima formula molecolare del nitrito di metile CH3NO2, ma diversa connettivit o costituzione (nitrometano e nitrito di metile sono due isomeri costituzionali). Nel nitrometano il carbonio si lega direttamente alazoto il quale si lega ai due atomi di ossigeno. Il primo schema di legame dunque il seguente
Abbiamo posizionato 6 legami per un totale di 12 elettroni. Gli elettroni di valenza sono sempre 24, come per il nitrito di metile (gli atomi sono gli stessi) e ci rimangono dunque altri 12 elettroni da posizionare. Assegnamo 3 doppietti solitari a ciascun atomo di ossigeno (pi elettronegativo dellazoto) in modo da raggiungere una configurazione ad 8 elettroni
In questo modo lazoto non presenta tuttavia lottetto completo (ha solo 3 legami per un totale di 6 elettroni) e quindi trasferiamo un doppietto solitario di uno dei due atomi di Ossigeno per formare un doppio legame N=O
Calcoliamo ora la carica formale di ciascun atomo. Sostituiamo i trattini che rappresentano i legami con coppie di puntini (i due elettroni condivisi) e successivamente contiamo gli elettroni intorno ai singoli atomi (elettroni di valenza degli atomi legati)
Latomo di ossigeno con il doppio legame presenta 6 elettroni, di cui 2 elettroni per i due legami e 4 per i due doppietti solitari). Avendo lossigeno isolato 6 elettroni di valenza la sua carica formale nulla. Latomo di ossigeno con il legame semplice presenta invece 7 elettroni, di cui 1 elettrone per il legame e 6 per i tre doppietti solitari. Avendo dunque un elettrone in pi rispetto ai 6 elettroni di valenza di un atomo di ossigeno isolato, la sua carica formale -1.
Latomo di Azoto presenta 4 elettroni (met degli 8 elettroni che formano i suoi 4 legami) Avendo dunque un elettrone in meno rispetto ai 5 elettroni di valenza di un atomo di Azoto isolato, la sua carica formale +1.
Latomo di Carbonio presenta 4 elettroni (met degli 8 elettroni che formano i suoi 4 legami) Avendo dunque il medesimo numero di elettroni di un atomo di carbonio isolato, la sua carica formale nulla.
Si rammenti che una formula di Lewis non completa se non presenta le corrette cariche formali.
7.2 Il Legame covalente: Teoria del legame di valenza (VB)
La teoria del legame di valenza (Valence Bond Theory) fu proposta nel 1927 da W.Heitler e F.London e successivamente ampliata e sviluppata da L.Pauling con lintroduzione dei concetti di risonanza (1928) e di ibridazione orbitalica (1930). La teoria interpreta la formazione del legame covalente mediante il concetto quantomeccanico di orbitale. Il legame covalente, che nella teoria di Lewis viene visto come una condivisione da parte di due atomi di una coppia di elettroni, viene descritto come una sovrapposizione degli orbitali atomici che ospitano i due elettroni spaiati da condividere. Le funzioni donda dei due orbitali si sommano (in modo analogo ai fenomeni di interferenza per le onde meccaniche) per dare una nuova funzione donda che descrive un nuovo orbitale. Il nuovo orbitale appartiene ad entrambi gli atomi legati ed ospita i due elettroni con spin antiparallelo. Nel caso del legame covalente semplice che tiene uniti due atomi di Idrogeno nella molecola H2, ad esempio, abbiamo una sovrapposizione di due orbitali 1s. Se indichiamo i due atomi di Idrogeno con HA e HB, le due funzioni donda che si sommano sono A(1s) e B(1s)
La funzione di distribuzione radiale della densit elettronica (probabilit) del nuovo orbitale che si formato mostra un massimo tra i due nuclei. Si suppone che, quando gli atomi di H si avvicinano, ciascun elettrone condiviso possa passare da un nucleo allaltro, cio che a distanze ravvicinate i nuclei non distinguano gli elettroni di legame. Nel formare i legami gli orbitali, se possibile, tendono a massimizzare la regione di sovrapposizione. Gli orbitali di tipo p, ad esempio, tendono a sovrapporsi lungo il loro asse maggiore. Nella molecola biatomica del Fluoro F2, ad esempio, due orbitali 2p si sovrappongono lungo lasse maggiore, utilizzando i lobi aventi il medesimo segno, in modo che la funzione donda tra i due nuclei si rinforzi, aumentando la densit elettronica.
Questo tipo di sovrapposizione genera un legame covalente particolarmente intenso, detto legame . Nel caso di legami covalenti doppi e tripli, solo una coppia di orbitali p pu generare un legame . Gli altri orbitali p, essendo disposti uno perpendicolarmente allaltro, sono costretti a sovrapporsi lateralmente (lungo lasse minore). Questo tipo di legame covalente pi debole (a causa della minor sovrapposizione) ed detto legame .
Quando in una molecola si forma un legame covalente doppio si genera un legame lungo la congiungente i due nuclei ed un legame costituito da due nuvole elettroniche disposte simmetricamente (sopra e sotto) rispetto al legame . Un doppio legame una struttura rigida e non consente la libera rotazione dei due atomi legati attorno allasse di legame.
Il legame doppio quindi pi forte di un legame semplice, ma presenta tuttavia una forza inferiore a quella di due legami semplici essendo costituito da un legame (pi forte) ed un legame (pi debole).
Quando in una molecola si forma un legame covalente triplo si genera un legame lungo la congiungente i due nuclei e due legami costituiti da quattro nuvole elettroniche disposte simmetricamente ai quattro lati del legame (un legame sopra-sotto ed un legame davanti-dietro). Anche un triplo legame una struttura rigida e non consente la libera rotazione dei due atomi legati attorno allasse di legame.
In una molecola biatomica come lazoto (N2), ad esempio, in cui due atomi di Azoto sovrappongono tre coppie di orbitali p formando un legame covalente triplo, gli orbitali p x si compenetrano lungo la congiungente i due nuclei formando un legame di tipo , mentre gli altri orbitali p si sovrappongono lateralmente dando origine a due legami che presentano un massimo di densit elettronica sopra e sotto lasse internucleare.
Il legame triplo quindi pi forte di un legame semplice, ma presenta tuttavia una forza inferiore a quella di tre legami semplici essendo costituito da un legame (pi forte) e da due legami (pi deboli). In definitiva, nel caso in cui la densit elettronica si concentri sullasse internucleare, si parla di legame , nel caso si concentri sopra e sotto lasse internucleare si parla di legame . I legami presentano una simmetria cilindrica e sono quindi invarianti per rotazione attorno allasse di legame. I legami non sono cilindricamente simmetrici rispetto all'asse di legame, poich la funzione donda cambia di segno per rotazione attorno allasse.
Presentano simmetria anche i legami che si formano per sovrapposizione di due orbitali s, come nella molecola H2, o per sovrapposizione di un orbitale s con un orbitale p, come nella molecola HCl.
7.2.1 Ibridazione orbitalica Per formare legami, gli atomi possono ricombinare gli orbitali atomici (s,p,d) per dar luogo ad un ugual numero di orbitali atomici detti orbitali ibridi. Questo processo, detto ibridazione, un procedimento di combinazione matematica delle funzioni donda originarie. Libridazione interessa orbitali superficiali (di valenza) con contenuto energetico non molto diverso. Gli orbitali ibridi cos formati sono tutti di uguale forma ed energia e sono orientati in modo da interferire il meno possibile fra di loro, massimizzando la reciproca distanza. Gli orbitali ibridi pi importanti sono quelli che si formano dalla combinazione di un orbitale s con uno o pi orbitali p. La superficie di contorno di tali orbitali ibridi costituita da due lobi contrapposti di diversa dimensione in cui la funzione donda assume segno opposto. Il lobo di dimensione maggiore quello che viene utilizzato nei legami.
La combinazione di un orbitale di tipo s e uno di tipo p d origine a due orbitali ibridi detti orbitali sp
Gli orbitali sp si dispongono a 180 luno rispetto allaltro. Nella visione dinsieme spesso si omette di rappresentare il lobo minore di ciascun orbitale ibrido.
Gli orbitali p non ibridati si orientano perpendicolarmente alla retta di ibridazione e perpendicolarmente tra loro.
Libridazione sp tipica di molecole con una geometria lineare. Presentano unibridazione sp latomo di Berillio nellidruro di Berillio (BH2), latomo di carbonio nellanidride carbonica (CO2) e gli atomi di carbonio uniti da un legame covalente triplo (-CC-) come ad esempio nella molecola delletino
HCCH
Etino
Va detto che, per semplicit, si disegnano normalmente gli ibridi con il piano nodale passante per il nucleo, mentre il nucleo si trova in una zona a densit elettronica non nulla.
La combinazione di un orbitale di tipo s e di due orbitali di tipo p d origine a tre orbitali ibridi detti orbitali sp2 che si dispongono su di un piano a 120 luno dallaltro.
Libridazione sp2 tipica di molecole con una geometria trigonale planare. Presentano unibridazione sp2 latomo di Boro nel cloruro di Boro (BCl3) e gli atomi di carbonio uniti da un legame covalente doppio (>C=C<), come ad esempio nella molecola delletene (o etilene) H2C=CH2
Etene
La combinazione di un orbitale di tipo s e di tre orbitali di tipo p d origine a quattro orbitali ibridi detti orbitali sp3 che puntano verso i vertici di un tetraedro, disponendosi a 109,5 luno dallaltro.
Libridazione sp3 tipica di molecole con una geometria tetraedrica. Presenta unibridazione sp3 latomo di Carbonio nel metano (CH4) ed in tutti i casi in cui forma quattro legami covalenti semplici.
Metano
Sono possibili ibridazioni pi complesse che coinvolgono anche gli orbidali d e che corrispondono alle geometrie gi studiate con la teoria VSEPR.
Ibridazione
sp sp2
Geometria
lineare Trigonale planare
Molecola
sp3
Tetraedrica
sp3d
Bipiramidale trigonale
sp3d2
Ottaedrica
sp3d3
Bipiramidale pentagonale
7.2.2 Risonanza o mesomeria La risonanza un concetto quantomeccanico introdotto da Pauling per descrivere lo stato di legame di una molecola, altrimenti non descrivibile attraverso una normale formula di struttura. Per descrivere la molecola si utilizzano pertanto pi formule di struttura, dette formule-limite (o strutture contribuenti o formule-canoniche o strutture di risonanza), aventi la medesima connettivit, ma diversa disposizione degli elettroni superficiali. Le diverse strutture-limite si differenziano solo per la posizione dei legami multipli (elettroni ) e dei doppietti solitari.. La molecola reale detta ibrido di risonanza ed avr una configurazione elettronica intermedia tra quelle delle formule-limite. Consideriamo, ad esempio, la molecola dell'anidride solforosa SO2, alla quale avevamo gi assegnato una formula di struttura del tipo
dove lo zolfo si lega ad un atomo di ossigeno con legame singolo (dativo) e ad un altro con legame doppio. Ci dobbiamo dunque attendere una molecola asimmetrica, con un legame leggermente pi lungo (legame semplice) ed uno pi corto (legame doppio). In realt le osservazioni sperimentali indicano che la molecola dellanidride solforosa perfettamente simmetrica ed i due legami hanno esattamente la stessa lunghezza, la quale risulta essere intermedia tra quella di un legame semplice e quella di un legame doppio. Poich non tuttavia possibile rappresentare la reale struttura dellanidride solforosa con una unica formula si utilizzano pi formule di struttura. Nel caso specifico dellanidride solforosa ne sono sufficienti due. Le strutture-limite vanno separate da una freccia a due punte e nessuna di esse da sola in grado di descrivere correttamente la molecola reale. Il movimento degli elettroni per passare da una struttura allaltra viene rappresentato utilizzando frecce curve. Gli unici movimenti elettronici consentiti sono i seguenti
1) Da doppietto solitario a legame adiacente per formare un legame multiplo (doppio o triplo) o viceversa
Come in tutte le strutture di Lewis, anche nel caso delle strutture risonanti le cariche formali vanno indicate. Per lanidride solforosa avremo dunque
La struttura reale dellanidride solforosa intermedia tra le due strutture limite o, come si suol dire, un ibrido di risonanza. La risonanza si produce poich l'ibrido risulta energeticamente favorito ed quindi pi stabile di ognuna delle strutture limite che ad esso contribuiscono. Le strutture-limite possono contribuire in misura diversa allibrido in relazione al loro contenuto energetico. Le strutture-limite pi stabili contribuiscono maggiormente allibrido. Questo significa che librido assomiglier maggiormente, sia come struttura che come contenuto energetico alla struttura-limite pi stabile. In altre parole librido una media ponderata delle sue strutture-limite ed il fattore di ponderazione la stabilit di ciascuna struttura. Viene definita energia di risonanza la differenza tra lenergia della molecola reale (misurata) e quella della sua struttura di risonanza pi stabile (calcolata). Un ibrido di risonanza tanto pi stabile (elevata energia di risonanza) quanto pi numerose e tra loro equivalenti dal punto di vista energetico sono le sue strutture-limite. E' allora evidente che se una delle strutture-limite risulta molto pi stabile di tutte le altre, l'ibrido assomiglier a tal punto a quest'ultima da rendere la risonanza poco evidente e si potr pertanto accettare la struttura pi stabile come una buona approssimazione della reale struttura molecolare.
Nel caso dell'anidride solforosa, ad esempio, le due strutture limite sono perfettamente simmetriche ed energeticamente equivalenti, per cui il fenomeno della risonanza sar particolarmente accentuato. Nel caso dell'anidride carbonica troviamo invece un esempio di una struttura limite leggermente pi stabile delle altre. L'anidride carbonica viene normalmente rappresentata con la seguente formula di struttura
Si rileva per sperimentalmente che i due legami Carbonio-Ossigeno presentano una lunghezza intermedia tra quella di un legame doppio e quella di un legame triplo. Inoltre, sapendo che quando si forma un doppio legame C=O si liberano 175 Kcal/mol, ci si attende che la formazione di una mole di CO2 a partire da C e O2, liberi circa 350 Kcal. Il calore di formazione misurato sperimentalmente per l'anidride carbonica invece di 383 Kcal/mol. Evidentemente l'anidride carbonica risulta essere pi stabile di quanto non ci si attendesse sulla base di una struttura ipotizzata del tipo O=C=O. Tale aumento di stabilit deve essere attribuito al fatto che l'anidride carbonica in realt un ibrido di risonanza. La differenza energetica di 33 Kcal/mol rappresenta l'energia di risonanza. Si attribuiscono all'anidride carbonica le seguenti strutture limite
Le strutture non sono egualmente stabili. La struttura centrale, senza cariche formali, risulta essere pi stabile e contribuisce in maggior misura all'ibrido. La struttura reale assomiglia di pi ad essa di quanto non assomigli alle altre due strutture. 7.2.3 Delocalizzazione elettronica Da un punto di vista fisico la risonanza essenzialmente un modo per descrivere un fenomeno di delocalizzazione che interessa i sistemi coniugati. Un sistema coniugato costituito da un orbitale p su di un atomo adiacente ad un legame (legame doppio o triplo). Vi sono 4 possibili configurazioni per un sistema coniugato:
1)
2)
Lorbitale p vuoto (tipicamente, ma non necessariamente, latomo che lo porta carico positivamente)
X=YZ+ 3)
Lorbitale p saturo (tipicamente, ma non necessariamente, latomo che lo porta carico negativamente)
X = Y Z:
4)
Quando si presenta una di queste configurazioni, vi sono le condizioni affinch si produca un fenomeno di delocalizzazione elettronica (rappresentabile attraverso strutture di risonanza) tra gli atomi del sistema coniugato. I due orbitali p del doppio legame e lorbitale p dellatomo adiacente risultano infatti sovrapposti portando ad una delocalizzazione degli elettroni su 3 atomi (4, nel caso di doppi legami coniugati). Tutti gli atomi coinvolti nella delocalizzazione risultano ibridati sp 2 (o sp) e quindi planari, con gli orbitali p disposti perpendicolarmente al piano dibridazione e parallelamente luno rispetto allaltro. La complanarit degli atomi coinvolti, con gli orbitali p disposti parallelamente, essenziale affinch gli orbitali p possano sovrapporsi e dar luogo alla delocalizzazione e quindi alla risonanza. Se ad esempio analizziamo la struttura di Lewis delletenammina senza considerare la risonanza saremmo indotti a ritenere che latomo di Azoto sia ibridato sp3 (presenta 3 legami ed un doppietto solitario)
In realt letenammina una molecola perfettamente planare, come ci suggerisce la sua seconda struttura di risonanza in cui presente un legame doppio C=N
Anche lAzoto dunque ibridato sp2 in modo che il suo orbitale p, contenente il doppietto solitario, sia parallelo agli orbitali p dei due atomi di carbonio e si possa sovrapporre ad essi.
La presenza di gruppi chimici ingombranti che impediscano il parallelismo tra gli orbitali p, inibisce il fenomeno della risonanza (inibizione sterica della risonanza). In alcuni casi tale condizione pu essere graficamente rappresentata senza ricorrere alle formule limite. Ad esempio l'anidride solforosa pu essere rappresentata anche cos
oppure con gli elettroni delocalizzati su tutta la molecola indicati dalla linea tratteggiata.
A) Sistema coniugato -
Nel rappresentazione tradizionale (non delocalizzata) di doppi legami coniugati (X=YZ=W) 2 doppi legami si trovano separati da un legame semplice . Gli orbitali p si sovrappongono 2 a 2 ed sufficiente ununica formula di struttura per descrivere la molecola
In realt il sistema coniugato presenta i 4 orbitali p tra loro completamente sovrapposti e gli elettroni risultano pertanto delocalizzati su 4 atomi.
Per rappresentare la delocalizzazione si utilizzano pi formule di struttura, in cui il doppio legame si trova anche in posizione centrale. Il sistema coniugato - viene rappresentato con le seguenti tre strutture di risonanza
Un importante esempio di delocalizzazione elettronica in un sistema coniugato - si ha nel benzene C6H6. un composto organico in cui i 6 atomi di carbonio si chiudono a formare un esagono. Ciascun atomo di carbonio ibridato sp2 ed impegna i tre orbitali sp2 per legarsi ad un idrogeno e ad altri due atomi di carbonio. L'orbitale pz non ibridato viene utilizzato per formare un legame con un carbonio adiacente. Si dovrebbe pertanto ritenere che i 6 atomi di carbonio siano uniti all'interno dell'anello da una serie di legami semplici alternati a legami doppi.
In realt i sei legami C - C risultano essere perfettamente identici e a met strada tra un legame semplice ed un legame doppio. Descriviamo dunque il benzene come un ibrido di risonanza delle due seguenti strutture limite
oppure, in modo del tutto equivalente, rappresentiamo le tre coppie di elettroni p delocalizzati su tutta la molecola con un anello interno all'esagono
B) Sistema coniugato -p
In un sistema coniugato -p (X=YZ*) lorbitale p adiacente al doppio legame non impegnato in alcun legame e pu contenere da 0 a 2 elettroni (* = 0, 1, 2 elettroni)
Anche in questo caso il sistema coniugato presenta in realt i 3 orbitali p tra loro completamente sovrapposti e gli elettroni risultano pertanto delocalizzati su 3 atomi.
A conferma di ci i due legami non presentano la lunghezza tipica di un legame semplice ed uno doppio, ma hanno una lunghezza intermedia. Si veda ad esempio la molecola dellOzono O3
I due legami O-O hanno una lunghezza di 128 nm, intermedia tra quella di un legame semplice O-O (149 nm) e quella di un legame doppio O=O (121 nm). Nel caso lorbitale p coniugato al doppio legame contenga una carica positiva o negativa, anche questultima risulta delocalizzata. Nel carbocatione allilico, ad esempio, la carica positiva delocalizzata essendo portata per met in C1 e per met in C3
Nellanione carbonato CO32- le due cariche negative sono distribuite su tutti e tre gli atomi di ossigeno
7.2.4 Regole di risonanza 1. La posizione relativa degli atomi (connettivit) in ciascuna struttura di Lewis deve rimanere la stessa. Pu variare solo la posizione degli elettroni e degli elettroni non condivisi (doppietti solitari ed eletroni spaiati o singoletti). 2. Le strutture-limite devono essere valide strutture di Lewis. Lidrogeno non pu condividere pi di 2 elettroni . Gli elementi del secondo periodo non possono presentare pi di 8 elettroni, sommando quelli condivisi (elettroni di legame) e quelli non condivisi (doppietti solitari). Gli elementi dei periodi superiori al secondo possono superare lottetto (ottetto espanso). Tra questi i pi comuni sono il Fosforo (10 elettroni), lo Zolfo (12 elettroni) ed il Cloro (14 elettroni).. 3. Ciascuna formula limite deve presentare il medesimo numero di elettroni totali, lo stesso numero di elettroni spaiati (se presenti) e la medesima carica netta. 4. La risonanza si pu verificare solo quando gli atomi coinvolti giacciono sullo stesso piano (o quasi); ogni variazione nella struttura che sia di ostacolo alla complanarit dei nuclei, impedisce o limita la risonanza (inibizione sterica della risonanza). Ci dovuto al fatto che la risonanza un fenomeno di delocalizzazione elettronica.
7.2.5 Criteri di stabilit delle strutture risonanti Abbiamo visto che le strutture-limite pi stabili contribuiscono maggiormente allibrido. In altre parole librido assomiglia di pi alle sue strutture-limite pi stabili. Per valutare la stabilit relativa delle diverse strutture di risonanza si applicano, in ordine di importanza, i seguenti 4 criteri
1. Sono pi stabili le strutture limite che presentano il maggior numero di legami e quindi con il maggior numero di atomi che completano lottetto.
2.
A parit di legami sono pi stabili le strutture-limite con il minor numero di cariche formali.
3. A parit di cariche formali pi stabile la struttura-limite che presenta le cariche formali sugli elementi che meglio le sopportano. In questo caso si valutano principalmente lelettronegativit, le dimensioni e libridazione degli atomi che portano le cariche formali. Se gli atomi non presentano forti differenze nelle loro dimensioni (elementi appartenenti al medesimo periodo) si valutano le differenze di elettronegativit. Le strutture pi stabili sono quelle in cui la carica negativa si trova sullatomo pi elettronegativo (o la carica positiva sullatomo meno elettronegativo). La struttura pi stabile per lanione cianato quella di sinistra poich la carica negativa portata dallossigeno (pi elettronegativo dellazoto).
La dimensione degli atomi va generalmente valutata per atomi che appartengano al medesimo gruppo chimico, aventi quindi la medesima configurazione elettronica superficiale, ma diversa dimensione (il raggio atomico aumenta scendendo lungo un gruppo). Le cariche negative sono meglio sopportate da atomi pi grandi, che riescono in tal modo a disperderle su di un maggior volume atomico diminuendo la densit di carica. Le cariche positive sono meglio
sopportate da atomi pi piccoli, in cui gli elettroni di valenza, trovandosi pi vicini al loro nucleo, risultano pi saldamente legati.
La struttura pi stabile per lanione S-metantioato quella di sinistra poich la carica negativa portata dallo Zolfo che, pur essendo meno elettronegativo dellOssigeno, presenta dimensioni atomiche maggiori.
Infine le cariche negative sono meglio sopportate da atomi in cui libridazione ha un maggior carattere s. Unorbitale sp, avendo un 50 % di carattere s, tiene gli elettroni pi vicini al nucleo di un orbitale sp2 (33% di carattere s) o di un orbitale sp3 (25% di carattere s). Nellesempio seguente la struttura pi stabile quella di destra
4. Nel caso in cui due strutture presentino separazione di carica e le cariche siano localizzate sugli stessi tipi di atomi. la struttura pi stabile quella che presenta le cariche pi vicine (minor separazione di carica). Nellesempio seguente la struttura pi stabile quella di sinistra (senza
cariche formali), ma tra le rimanenti due strutture la meno stabile quella di destra che presenta la maggior separazione di carica.
5. Da evitare. Alcune configurazioni, anche se possibili, risultano talmente instabili che il loro contributo allibrido di risonanza risulterebbe del tutto trascurabile. Per questo motivo opportuno evitare di prenderle in considerazione. In particolare si evitino strutture con: cariche dello stesso segno su atomi adiacenti pi di due cariche formali in pi rispetto alla carica del composto pi di una carica formale su di un medesimo atomo N e O con 6 elettroni (N ed O devono sempre completare lottetto, a differenza del C per il quale si accettano configurazioni con 6 elettroni) pi di due legami in meno rispetto alla struttura pi stabile
7.2.6 Due esempi di risonanza: il gruppo carbossilico ed il gruppo peptidico Il gruppo carbossilico Gli alcoli sono composti caratterizzati dal gruppo funzionale ossidrile (-OH), mentre gli acidi carbossilici sono composti caratterizzati dal gruppo funzionale carbossile (-COOH)
Gli acidi carbossilici sono pi acidi degli alcoli. In soluzione acquosa un acido carbossilico di dissocia in un anione carbossilato (RCOO-) ed un idrogenione (H+).
RCOOH RCOO- + H+
La maggior acidit di un acido carbossilico rispetto ad un alcol legata al fatto che lanione carbossilato, che si forma dalla dissociazione ionica dellacido, pi stabile dellanione alcossido (RO ), che si forma dalla dissociazione ionica di un alcol. Lanione carbossilato viene stabilizzato principalmente per effetto di risonanza. Leffetto risonante dovuto alla sovrapposizione dellorbitale p dellOssigeno che porta la carica negativa con il legame del gruppo carbonilico (sistema coniugato -p). Come conseguenza della risonanza la carica negativa dispersa e portata equamente dai due atomi di ossigeno. Il gruppo carbossilico risulta quindi planare, con il carbonio ed i due atomi di ossigeno ibridati sp 2.
il gruppo peptidico Gli amminoacidi che costituiscono le proteine presentano la seguente struttura generale
Un carbonio centrale tetraedrico (detto carbonio alfa) al quale legato un gruppo amminico (-NH2) di natura basica, un gruppo carbossilico (-COOH) di natura acida, un atomo di idrogeno ed un gruppo chimico (-R), detto residuo aminoacidico o gruppo R, diverso da amminoacido ad amminoacido. Gli amminoacidi si legano tra loro a formare le proteine tramite un legame di condensazione, facendo reagire il gruppo amminico di un amminoacido con il gruppo carbossilico di un altro, con perdita di una molecola di acqua.
Il legame che si produce detto legame peptidico ed il gruppo chimico CONH detto gruppo peptidico.
gruppo peptidico
In questo modo tutte le proteine si presentano costituite da un lungo filamento chimico comune, formato dalla successione di gruppi CH e CONH, dal quale sporgono i residui aminoacidici (-R), la cui successione diversa da proteina a proteina.
I filamenti proteici non rimangono mai lineari. Rispondendo alle sollecitazioni prodotte dalle loro polarit interne si ripiegano su se stessi formando strutture a diverso grado di complessit che risultano fondamentali nel determinare la funzione proteica. Il primo livello di ripiegamento proteico (struttura secondaria) si produce grazie alla possibilit di rotazione dei gruppi CH rispetto ai gruppi peptidici (CONH) lungo tutto il filamento. La rotazione invece impedita lungo il legame peptidico C-N che presenta un parziale carattere di doppio legame a causa di un fenomeno di risonanza. Leffetto risonante dovuto alla sovrapposizione
dellorbitale p dellAzoto che porta un doppietto solitario con il legame del gruppo carbonilico (sistema coniugato -p).
Come conseguenza della risonanza gli atomi del gruppo peptidico (CONH) giacciono tutti su di un medesimo piano. Questi piani rigidi possono ruotare rispetto al carbonio-alfa. In questo modo, ogni piano delle unit peptidiche ha due rotazioni possibili: una intorno al legame tra il carbonio-alfa e latomo di azoto del gruppo peptidico Ca-N (angolo di rotazione , fi), laltra intorno al legame tra latomo di carbonio-alfa e latomo di carbonio del gruppo peptidico Ca-C' (angolo di rotazione , psi).
Tali rotazioni permettono al filamento proteico di avvolgersi su se stesso secondo schemi diversi, raggiungendo una struttura finale stabile.
7.3 Il legame covalente: Teoria dellOrbitale Molecolare (MO)
Come abbiamo visto la teoria del Legame di Valenza descrive il legame chimico attraverso le seguenti ipotesi: - si considerano solo gli orbitali pi esterni (orbitali di valenza) - ogni legame si forma dalla sovrapposizione di due orbitali di valenza da parte dei due atomi i quali condividono cos una coppia di elettroni (gli elettroni possono anche provenire entrambi dallo stesso atomo, nel caso del legame covalente dativo) - a seconda del tipo di sovrapposizione si formano legami di tipo e legami di tipo - le coppie di elettroni di legame sono localizzate tra i due atomi interessati dal legame e, nei casi in cui sia necessario prevedere una delocalizzazione degli elettroni su pi di due atomi, si ricorre alla risonanza - la geometria delle molecole si pu prevedere con il modello VSEPR e mediante lintroduzione degli orbitali atomici ibridi La teoria VB si trova tuttavia in difficolt nello spiegare le propriet magnetiche di molte molecole semplici (O2) e nel descrivere gli stati eccitati delle molecole e quindi nellinterpretare le propriet spettroscopiche. La teoria dellorbitale molecolare una teoria quantomeccanica del legame covalente che permette di descrivere lo stato di legame di molecole che la teoria VB non in grado di giustificare. Ad esempio, la molecola dellOssigeno O2 risulta essere paramagnetica e ci compatibile solo con la presenza al suo interno di elettroni spaiati che, ne la teoria di Lewis, ne la teoria VB in grado di giustificare.
La teoria degli orbitali molecolari considera la molecola come un insieme di nuclei e di elettroni e, valutando le loro reciproche interazioni, determina le funzioni donda che descrivono gli elettroni nella molecola in modo analogo a quello usato per individuare le funzioni donda che descrivono gli elettroni negli atomi isolati. Gli elettroni di una molecola vengono descritti da funzioni donda dette orbitali molecolari le cui superfici limite si estendono su tutta la molecola. Le superfici limite degli orbitali molecolari sono policentriche, abbracciando tutti i nuclei della molecola, a differenza di quelle degli orbitali atomici (OA) che sono monocentriche, ovvero riferite ad un solo nucleo. In altre parole tutti gli elettroni della molecola risentono dellattrazione di tutti i nuclei e ciascun elettrone contribuisce a tenere insieme tutta la molecola. La teoria MO prevede che, quando due atomi si legano, tutti i loro orbitali atomici (AO) di valenza si combinino per dare altrettanti orbitali molecolari (MO). La molecola pi semplice quella di H 2+, costituita da un elettrone sottoposto allazione di due protoni posti ad una certa distanza luno dallaltro. In questo caso si pu risolvere lequazione di Schrdinger in modo rigoroso e trovare le funzioni orbitali e i valori delle energie. In tutti gli altri casi (sistemi a pi elettroni) non possibile risolvere lequazione donda ed pertanto necessario ricorrere a metodi approssimati che tengano conto in qualche modo delle interazioni interelettroniche. Il metodo di approssimazione pi semplice e normalmente utilizzato noto come L.C.A.O. (Linear Combination of Atomic Orbitals), in cui le funzioni donda degli orbitali molecolari si ottengono come combinazione lineare delle funzioni donda degli orbitali atomici. Attraverso il metodo L.C.A.O. le funzioni donda di due orbitali atomici si combinano per somma (inteferenza costruttiva) e per sottrazione (interferenza distruttiva) generando le funzioni donda di altrettanti orbitali molecolari.
-
Lorbitale molecolare che si genera dalla somma ha unenergia inferiore dei due orbitali atomici di partenza e manifesta un aumento della densit elettronica internucleare. E definito orbitale molecolare di legame B. Per dare un orbitale molecolare di legame gli orbitali atomici si sovrappongono in fase (medesimo segno della funzione donda) e con la medesima simmetria rispetto all'asse di legame, in modo da dare interferenza costruttiva .
Lorbitale molecolare che si genera dalla sottrazione ha unenergia superiore dei due orbitali atomici di partenza e manifesta un annullamento della densit elettronica internucleare (nodo). E definito orbitale molecolare di antilegame * in quanto, se contiene elettroni, in grado di annullare gli effetti leganti di un orbitale di legame (contenente elettroni). La sua funzione donda contrassegnata con un asterisco (*). Per dare un orbitale molecolare di antilegame gli
orbitali atomici si sovrappongono con fase opposta (segno opposto della funzione donda) e con la medesima simmetria rispetto all'asse di legame, in modo da dare interferenza distruttiva.
In alcuni casi si possono generare orbitali molecolari che presentano la medesima energia degli orbitali atomici degli atomi slegati. Non avendo alcun effetto sullo stato di legame della molecola, vengono definiti orbitali molecolari di non legame NB (NB = Not Bonding). La presenza di elettroni in orbitali molecolari di non legame non altera lordine di legame. Per dare un orbitale molecolare di non-legame gli orbitali atomici si sovrappongono con simmetria diversa rispetto allasse di legame in modo che laumento di densit elettronica dovuta alla sovrapposizione delle due parti degli orbitali con segno eguale viene esattamente annullata dallinterferenza distruttiva dovuta alla sovrapposizione delle due parti degli orbitali con segno opposto.
Come avviene negli orbitali atomici, anche negli orbitali molecolari la probabilit di trovare gli elettroni data dal quadrato della funzione donda 2. Se, ad esempio. combiniamo due orbitali atomici con funzioni donda A e B, otterremo
= A + B 2 = (A + B)2 = A2 + B2 + 2AB * = A - B (*)2 = (A - B)2 = A2 + B2 - 2AB
orbitale molecolare di antilegame orbitale molecolare di legame
Come si pu osservare, la probabilit di trovare lelettrone in un orbitale molecolare differisce dalla semplice somma delle probabilit di trovare lelettrone nei due orbitali atomici (A2 + B2) per il termine 2AB. Tale termine, detto integrale di sovrapposizione, positivo per gli orbitali molecolari di legame (nei quali dunque la probabilit di trovare lelettrone maggiore rispetto agli orbitali atomici separati). negativo per gli orbitali molecolari di antilegame (nei quali dunque la probabilit di trovare lelettrone minore rispetto agli orbitali atomici separati) ed nullo per gli orbitali molecolari di non legame (nei quali dunque la probabilit di trovare lelettrone uguale a quella degli orbitali atomici separati).
In generale se si combinano n orbitali atomici si ottengono n orbitali molecolari, met di legame e met di antilegame. Quando, dalla combinazione degli orbitali atomici, si genera un numero dispari (2n+1) di orbitali molecolari, allora n sono orbitali di legame, n sono orbitali di antilegame e 1 un orbitale di non legame. Lenergia degli orbitali molecolari correlata al numero di nodi presenti. Lorbitale di legame a pi bassa energia non presenta nodi. Maggiore il numero dei nodi, maggiore lenergia dellorbitale molecolare. Affinch due o pi orbitali atomici si possano combinare linearmente fra loro per formare orbitali molecolari devono essere soddisfatti i seguenti criteri:
1. 2.
Si possono combinare solo orbitali che possiedono energie non troppo diverse tra loro.
Le superfici di inviluppo degli orbitali atomici devono sovrapporsi il pi possibile. Se due orbitali atomici hanno unestensione limitata ed alla distanza di legame danno una sovrapposizione trascurabile (orbitali pi interni) non possono formare orbitali molecolari. In altre parole, anche per la teoria MO vale la regola generale che ai legami contribuiscono essenzialmente gli orbitali pi esterni (elettroni di valenza)
3.
Si possono combinare solo gli orbitali che presentano la stessa simmetria rispetto allasse internucleare. Tipicamente una sovrapposizione asimmetrica degli orbitali genera orbitali di non legame Una volta costruiti tutti gli orbitali molecolari, questi vengono diagrammati insieme agli orbitali atomici genitori per visualizzare l'ordine crescente dell'energia che compete loro ed infine riempiti con tutti gli elettroni degli orbitali atomici che li hanno generati, seguendo le normali regole di aufbau.
Il legame di una molecola tanto pi forte quanto maggiore il numero di elettroni negli orbitali di legame rispetto al numero di elettroni negli orbitali di antilegame. In generale si former un legame, e quindi una molecola, quando il numero di elettroni negli OM di legame (ne) supera il numero di elettroni negli OM di antilegame (ne*). Si definisce ordine di legame la met della differenza tra il numero degli elettroni negli orbitali di legame e il numero degli elettroni negli orbitali di antilegame (gli elettroni negli eventuali orbitali molecolari di non legame non contribuiscono).
OL = (ne - ne*)/2
Quanto pi elevato lordine di legame, tanto minore la distanza internucleare e tanto maggiore lenergia di legame. Vediamo ad esempio il metodo MO applicato alla molecola biatomica dellIdrogeno H2. Se indichiamo i due atomi di Idrogeno che si legano con HA e HB, le due funzioni donda che si sommano e si sottraggono per dare i due orbitali molecolari sono A(1s) e B(1s). Prima sommiamo le due funzioni donda degli orbitali atomici 1s, ottenendo la funzione donda dellorbitale molecolare di legame 1s. In questo caso il valore di (e quindi anche di 2) aumenta nella regione tra i due nuclei. Laumentata densit elettronica internucleare (maggior probabilit di trovare lelettrone) scherma le cariche positive nucleari e genera una forza attrattiva sui due nuclei che li tiene legati (OM di legame).
Poi sottraiamo le due funzioni donda degli orbitali atomici 1s, ottenendo la funzione donda dellorbitale molecolare di antilegame *1s, la quale presenta un piano nodale passante tra i due nuclei atomici. In questo caso il valore di (e quindi anche di 2) diminuisce fino ad annullarsi nella regione tra i due nuclei. La diminuita densit elettronica internucleare (minor probabilit di trovare lelettrone) non in grado di schermare le cariche positive nucleari e di generare una forza attrattiva sui due nuclei (OM di antilegame).
Gli orbitali atomici di partenza ed i due orbitali molecolari ottenuti vengono riportati in un diagramma in funzione del loro contenuto energetico. Come abbiamo gi detto lorbitale molecolare di legame pi stabile degli orbitali atomici di partenza, mentre quello di antilegame meno stabile. i due elettroni inizialmente presenti negli orbitali atomici di partenza si sistemano dunque nellorbitale molecolare a
pi bassa energia (Principio di minima energia) con spin antiparallelo (principio di Pauli) che risulta essere lorbitale di legame. Il diagramma suggerisce che l'energia della molecola minore rispetto a quella associata ai due atomi isolati risultando pertanto un sistema pi stabile.
Lultimo orbitale molecolare contenente elettroni detto HOMO (Highest Occupied Molecular Orbital). Il primo orbitale molecolare vuoto detto LUMO (Lowest Unoccupied Molecular Orbital). HOMO e LUMO sono definiti orbitali molecolari di frontiera. Landamento dellenergia potenziale per i due orbitali molecolari della molecola dellIdrogeno in funzione della distanza interatomica la seguente
Elettroni in orbitali di legame ne = 2 Elettroni in orbitali di antilegame ne* = 0 Ordine di legame = (ne - ne*)/2 = (2 0) / 2 = 1. La molecola biatomica dellidrogeno tenuta insieme da un legame covalente semplice. Gli orbitali p si possono combinare tra loro in due modi: frontalmente, generando orbitali molecolari
e *
La teoria MO pu spiegare perch certi composti non si formano. Se andiamo. ad esempio a diagrammare i livelli energetici della ipotetica molecola di He2, troviamo che i due elettroni nellorbitale antilegante annullano leffetto dei due elettroni nellorbitale legante. Lordine di legame (2 2)/2 = 0 (nessun legame).
Mentre esiste lo ione He2+ con un ordine di legame pari a (2 1)/2 = 0,5
La teoria MO pu spiegare le propriet paramagnetiche della molecola dellOssigeno. Se andiamo a diagrammare i livelli energetici della molecola di O2, troviamo che negli orbitali antileganti a pi alta energia vi sono due elettroni spaiati (regola di Hund) che giustificano il fenomeno del paramagnetismo osservato sperimentalmente e non interpretabile con la teoria VB. Le molecole paramagnetiche manifestano un momento magnetico intrinseco, ma a causa dell'agitazione termica il momento magnetico medio nullo, tuttavia sotto l'azione di un campo magnetico esterno si verifica un fenomeno di parziale orientazione delle molecole con la comparsa di un momento magnetico risultante concorde al campo esterno (paramagnetismo).
7.4
Legame ionico
Il legame ionico il legame che si realizza quando un atomo a bassa energia di ionizzazione si combina con un atomo ad elevata affinit elettronica. il tipo pi semplice di legame chimico ed interpretabile in base alle leggi classiche dellelettrostatica. Si assume un completo trasferimento di elettroni dallatomo a bassa energia di ionizzazione allatomo ad alta affinit elettronica. Il legame si produce come conseguenza dellattrazione elettrostatica che si manifesta tra i due ioni di carica opposta che si formano. Un esempio classico di legame ionico si ha nella formazione del Cloruro di Sodio a partire dal Sodio e dal Cloro elementari. Nella reazione tra Sodio e Cloro, il Sodio metallico (configurazione superficiale 3s 1) cede al Cloro (configurazione superficiale 3s23p5) il suo elettrone con formazione del Cloruro di Sodio, un composto ionico in cui gli ioni Na+ e gli ioni Cl- risultano uniti tramite legame ionico.
Il Sodio raggiunge in questo modo la configurazione stabile del gas nobile che lo precede (Elio), mentre il Cloro quella del gas nobile che lo segue (Argon).
Ricordiamo tuttavia che non esiste una singola molecola di Cloruro di Sodio, come abitualmente e convenzionalmente si scrive. L'attrazione tra cariche di segno opposto, come sono cationi ed anioni, non si sviluppa infatti solo in un'unica direzione, ma agisce uniformemente in tutte le direzioni con simmetria sferica producendo aggregati ionici macroscopici strutturati in cui anioni e cationi si alternano in un reticolo ordinato. Per questo motivo il legame ionico, a differenza del legame covalente, non direzionale. Il numero di anioni che circonda un catione allinterno del reticolo cristallino detto numero di coordinazione del catione. Il numero di cationi che circonda un anione allinterno del reticolo cristallino detto numero di coordinazione dellanione. Nel Cloruro di Sodio, ad esempio, ogni ione Na+ risulta circondato da 6 ioni Cl- e viceversa., formando uno sconfinato reticolato cubico, in cui ioni di carica opposta si alternano ordinatamente nelle tre direzioni dello spazio. Tale disposizione ordinata detta cristallina, poich genera macroscopicamente un cristallo che conserva la geometria della sottostante struttura atomica. Nei composti ionici dunque, come abbiamo gi avuto modo di dire, la formula chimica non descrive una struttura molecolare autonoma, ma indica il rapporto numerico esistente nel cristallo tra ioni positivi e negativi (formula minima). Allo stesso modo pi corretto, riferendosi ai composti ionici, parlare di peso formula piuttosto che di peso molecolare. Nel caso del Cloruro di Sodio, ad esempio, la formula NaCl ci informa che il rapporto numerico tra ioni Na+ e Cl- all'interno del reticolo di 1:1.
Se la reazione fosse avvenuta tra il Calcio ed il Fluoro, il Calcio avrebbe ceduto due elettroni a 2 atomi di Fluoro, ciascuno dei quali avrebbe acquistato un elettrone. In tal caso, affinch il reticolato ionico sia nel complesso neutro necessario che per ciascun ione Ca 2+ siano presenti 2 ioni F-. La formula CaF2 indica dunque che nel reticolo cristallino del Fluoruro di Calcio (Fluorite) il rapporto tra ioni Calcio e ioni Fluoro 2:1.
In un solido ionico si assume che la distanza tra gli ioni di carica opposta (distanza internucleare) sia uguale alla somma dei raggi ionici del catione e dellanione. Le distanze internucleari possono essere misurate molto accuratamente con i metodi cristallografici, ma il problema ovviamente stabilire quanto contribuisca il raggio di ciascun ione alla distanza totale misurata. In altre parole il problema di assegnare a ciascun ione la sua frazione di distanza internucleare (il suo raggio ionico). La determinazione dei raggi ionici si effettua in genere assumendo come noto il raggio ionico di uno ione e calcolando tutti gli altri per differenza. Le prime misure di raggi ionici si devono a Pauling (1928), che assunse per lo ione ossido O 2- un raggio ionico di 140 pm. Lanione O2- presenta il vantaggio di trovarsi combinato con moltissimi elementi e di essere accettabilmente non polarizzabile, per cui la sua dimensione non varia molto cambiando lintorno.
Raggio Ionico (pm) Pauling
B3+ C Si Ge Sn Pb Al3+ 50 Ga3+ 62 In3+ 81 Tl3+ 95 N3171 P3212 As3222 Sb3245 Bi
Successivamente Shannon e Prewitt (1969,1970) proposero valori oggi ritenuti pi attendibili in cui i cationi sono significativamente pi grandi e gli anioni pi piccoli rispetto ai valori assegnati in precedenza.
I raggi ionici sono utili per prevedere la struttura geometrica del reticolato ionico, ma vanno usati con attenzione poich, mescolando valori provenienti da fonti diverse, si pu incorrere in grossolani errori. Inoltre i raggi ionici non sono costanti per un certo ione, ma aumentano in genere allaumentare del numero di ioni di carica opposta che lo circondano (numero di coordinazione). Il confronto dei raggi ionici richiede dunque luso di valori basati su un unico numero di coordinazione (in genere tipicamente 6). Di seguito riportiamo i raggi ionici proposti da Shannon per il numero di coordinazione 6 (tra parentesi sono riportati eventuali numeri di coordinazione diversi)
Raggio Ionico (pm) Shannon
He Be2+ 45 Mg2+ 72 Ca2+ 100 Sr2+ 118 Ba2+ 135 Ra2+ 148(8) B3+ 27 Al3+ 53.5 Fe3+ Co3+ Ni3+ Cu2+ Zn2+ Ga3+ 64.5 61 60 73 74 62 Ru3+ Rh3+ Pd2+ Ag+ Cd2+ In3+ 68 66.5 86 115 95 80 Os4+ Ir4+ Pt4+ Au3+ Hg2+ Tl3+ 63 62.5 62.5 85 102 88.5 Hs Mt Ds Rg Uub Uut C4+ N316 146(4) P5+ Si4+ 38 40 Ge4+ As5+ 53 46 Sn4+ Sb3+ 69 76 Pb4+ Bi3+ 77.5 103 Uuq Uup O2F140 133 S2Cl184 181 Se2Br198 196 Te2I221 220 Po4+ At 94 Uuh Uus Ne Ar Kr Xe Rn Uuo
+ 1 H
2 3 4 5 6 7
1,2 Li+ 76 Na+ 102 K+ 138 Rb+ 152 Cs+ 167 Fr+ 180
Ti4+ V5+ Cr6+ Mn7+ 60.5 54 44 46 Zr4+ Nb5+ Mo6+ Tc7+ 72 64 59 56 Hf4+ Ta5+ W6+ Re7+ 71 64 60 53 Db Sg Bh Rf
Il numero di ioni di carica opposta che circondano un dato ione dipende da fattori geometrici secondo il principio del massimo impaccamento. In altre parole la geometria di un composto ionico quella che rende minima lenergia del sistema, per cui ogni ione deve essere circondato dal massimo numero di ioni di segno opposto e la distanza tra ione positivo e ione negativo deve essere la minima possibile. L'impaccamento si produce come se gli ioni fossero sfere rigide che si sistemano in modo da rendere minimi gli spazi vuoti tra una sfera e laltra (in effetti gli ioni non si comportano come sfere rigide, ma si deformano (polarizzazione) in funzione delle forze elettrostatiche di attrazione e repulsione).
Tipi di coordinazione planare tra ioni con rapporti di raggi ionici diversi.
Il numero massimo di anioni che possibile porre a contatto con un catione (numero di coordinazione del catione) e quindi il tipo di impaccamento e di reticolato geometrico dipende sostanzialmente dalle dimensioni relative degli ioni positivi e negativi. Pi esattamente, dipende dal rapporto fra il raggio dello ione pi piccolo (in genere il catione) ed il raggio dello ione pi grande (in genere lanione) o rapporto radiale (Rr = r+/r-).
Rapporto radiale (Rr = r+/ r-) Rr < 0,155 0,155 Rr < 0,224 0,225 Rr < 0.414 0,414 Rr < 0,732 0,733 Rr < 1 Rr = 1
Ad esempio, nel Cloruro di Cesio il rapporto radiale tra il raggio ionico di Cs+ e quello di Cl- vale rCs+/rCl- = 167/181 = 0,923. Il cesio presenter dunque un numero di coordinazione NC = 8 ed una geometria cubica
Ogni ione Cs+ circondato da 8 ioni Cl- e, poich il rapporto ionico e 1:1, anche ogni ione Cl- sar circondato da 8 ioni Cs+
Nel Fluoruro di Calcio (CaF2 Fluorite) il rapporto radiale tra il raggio ionico di Ca2+ e quello di F- vale 2+ rCa2+/rF- = 100/133 = 0,75. Il Ca presenter dunque un numero di coordinazione NC = 8 ed una geometria cubica a facce centrate.
Ogni ione Ca2+ circondato da 8 ioni F- disposti al vertice di un ottaedro. Ma, poich il rapporto ionico e 1:2, ogni ione F- sar circondato da 4 ioni Ca2+ disposti ai vertici di un tetraedro Nel Cloruro di Sodio (NaCl) il rapporto radiale tra il raggio ionico di Na+ e quello di Cl- vale rCa+/rCl- = 102/181 = 0,56. Il Na+ presenter dunque un numero di coordinazione NC = 6 ed una geometria ottaedrica.
Ogni ione Na+ circondato da 6 ioni Cl- disposti al vertice di un ottaedro e, poich il rapporto ionico e 1:1, anche ogni ione Cl- sar circondato da 6 ioni Na+ disposti al vertice di un ottaedro
Per sapere perch le sostanze ioniche formino cristalli e non si limitino a costituire coppie ioniche isolate, occorre fare alcune considerazioni energetiche sui legami ionici. Consideriamo allora il legame ionico dal punto di vista energetico, analizzando ancora una volta la reazione di sintesi del Cloruro di Sodio.
L'energia che si libera durante la formazione del legame pari a 96,3 kcal per mole di NaCl (Entalpia di formazione Hf = -96,3 kcal/mol). Evidentemente trasformandosi in ioni entrambi gli atomi hanno raggiunto una configurazione pi stabile ed hanno diminuito il loro contenuto energetico. Tuttavia se confrontiamo semplicemente le variazioni di energia associate alla formazione degli ioni, il processo non sembra energeticamente favorito. Il Sodio presenta una energia di ionizzazione molto bassa
Na(g) + 118,5 kcal/mol Na+(g) + ementre il Cloro ha una Affinit elettronica molto elevata Cl(g) + e- Cl-(g) + 83,4 kcal/mol
In effetti, sommando lEnergia di ionizzazione del Sodio e lenergia di Affinit elettronica del Cloro, il processo di formazione del legame ionico non sembrerebbe favorito, richiedendo 35,1 kcal
Na(g) + 118,5 kcal Na+(g) + eCl(g) + e- Cl-(g) + 83,4 kcal + =
Il fatto che la reazione precedente non descrive la formazione del cloruro di sodio, ma quella dei suoi ioni allo stato gassoso, idealmente posti a distanza infinita luno dallaltro. Il processo di avvicinamento degli ioni, sotto lazione delle reciproche forze di attrazione, fino a formare il composto ionico fa notevolmente diminuire lenergia del sistema. Si definisce energia reticolare lenergia liberata nella formazione del reticolo cristallino dagli ioni componenti allo stato gassoso portati da distanza infinita a distanza di legame. Lenergia reticolare dipende da diversi fattori, ma in particolare dalla densit di carica (q/r = rapporto carica/raggio). Pi elevata la densit di carica maggiore lenergia reticolare.
Li+ q/r F
-
0.75
Densit di carica (q/r) ed energia reticolare (kJ mol-1) misurata e calcolata (tra parentesi) per gli alogenuri dei metalli alcalini ed alcalino-terrosi
Tuttavia va tenuto presente che se il catione troppo piccolo (densit di carica eccessivamente elevata) esso non riesce ad inserirsi efficacemente nel reticolo cristallino poich gli anioni verrebbero a contatto, e tender pertanto a stabilizzarsi tramite legami covalenti. Cos ad esempio gli elementi del II gruppo
formano tutti composti ionici ad eccezione del Be2+ (troppo piccolo). Cos non sono noti composti ionici del B3+ e del C4+. Lenergia reticolare risulta essenzialmente data dalla combinazione di due termini opposti la repulsione tra i gusci elettronici (energia di repulsione elettronica) e lattrazione tra ioni di carica opposta (energia di Madelung). Quando idealmente gli ioni di carica opposta si avvicinano, lenergia reticolare diminuisce fino ad arrivare ad un valore minimo per una distanza tra gli ioni pari alla somma dei loro raggi ionici.
Nel caso del Cloruro di Sodio, ad esempio, lenergia reticolare pari a 188 kcal/mol in corrispondenza ad una distanza interionica di 276 pm (picometri) = 181 pm (raggio ionico Cl -) + 95 pm (raggio ionico Na+). Per valutare lentit dellenergia reticolare di un cristallo di Cloruro di Sodio, iniziamo a calcolare lenergia potenziale coulombiana di una coppia ionica gassosa di NaCl. Studiando la molecola di cloruro di sodio biatomica gassosa, si trovato che la sua distanza internucleare 2,38 , per cui lenergia potenziale coulombiana
(1,602 10 -19 ) = -9,69 10 -19 J e2 E = -k = -8,98755 10 9 r 2,38 10 -10 per ottenere lenergia di una mole di coppie ioniche necessario moltiplicare il risultato precedente per il numero di Avogadro
2
Ora, per trovare lenergia di formazione sviluppata quando un cristallo di cloruro di sodio si forma dagli ioni gassosi, si deve calcolare lenergia potenziale coulombiana di uno ione quando esso sotto lazione di tutti gli altri ioni del cristallo. A tal fine consideriamo il modello semplificato monodimensionale seguente e calcoliamo lenergia coulombiana degli ioni rispetto allo ione sodio centrale
I primi due ioni di cloro vicini, disposti ad una distanza r, contribuiranno allenergia potenziale con un valore pari a -2ke2/r , mentre i successivi due ioni sodio contribuiranno con +2ke2/2r (il segno positivo deriva dalla repulsione tra le cariche eguali sugli ioni di sodio). Continuando il ragionamento si ha: E = -k 2e 2 2e 2 2e 2 2e 2 2e 2 ..... = - k +k -k +k r r 2r 3r 4r 1 1 1 1 1 Me 2 1 - + - + - + ...... = - k r 2 3 4 5 6
Come si pu osservare, lespressione dell'energia totale data da uno sviluppo in serie in cui il valore di ogni addendo dipende dalla carica degli ioni che interagiscono e dalla posizione che questi occupano nel reticolo, mentre indipendente dalla natura chimica degli ioni che effettivamente occupano le posizioni. Lo sviluppo in serie costituito da una sequenza di addendi alternativamente negativi e positivi ma di entit sempre pi piccola, che converge verso un valore numerico M maggiore di 1, detto Costante di Madelung, indipendente dal valore di r. La costante di Madelung dipende dunque solo dal tipo di reticolo e dalla mutua posizione geometrica dei singoli ioni.
Esempio Numero di coordinazione dei cationi Numero di coordinazione degli anioni Costante di Madelung
NaCl CsCl ZnS (wurtzite) ZnS (blenda) CaF2 (fluorite) TiO2 (rutilo)
6 8 4 4 8 6
6 8 4 4 4 3
Poich la costante di Madelung sempre maggiore di uno, lenergia di attrazione elettrostatica globale di conseguenza sempre maggiore (in valore assoluto) nel reticolo rispetto al caso di una singola coppia ionica. Questa energia, che si ottiene moltiplicando l'energia di interazione della coppia per la costante di Madelung relativa, con le debite correzioni, si chiama Energia di Madelung, principale responsabile della stabilit dei cristalli delle sostanze ioniche. Se essa non ci fosse, esisterebbero solo coppie ioniche isolate. Per il reticolo cristallino del cloruro di sodio M = 1,75, per cui, a parit di tutte le altre condizioni, il solido ionico ha unenergia che il 75% pi bassa di quella della molecola biatomica gassosa. Questo ulteriore abbassamento di energia si verifica perch uno ione sodio nel solido legato mediante forze coulombiane a tutti gli ioni nel cristallo. Essendo la distanza tra gli ioni nel cristallo del cloruro di sodio pari a 2,76 (maggiore che nella molecola biatomica) si ha
(1,602 10 -19 ) = -1,46 10 -18 J e2 = -1,7475 8,98755 10 9 r 2,76 10 -10 per ottenere lenergia di Madelung di una mole necessario moltiplicare il risultato precedente per il numero di Avogadro
2
E Mad = - M k
Per calcolare lenergia reticolare ora necessario stimare anche lenergia repulsiva che si genera tra le nuvole elettroniche degli ioni quando questi si trovano a piccole distanze.
Eret = EMad + Erep
Tale repulsione della stessa natura delle repulsioni di van der Waals fra gli atomi neutri di cui ci occuperemo nel prossimo capitolo ed ha una dipendenza dalla distanza interatomica r del tipo B E rep = n r con n > 6 (con valori caratteristici 9, 12 o 14 in relazione al tipo di ioni. Spesso n pu essere calcolato studiando la compressibilit del cristallo) B = coefficiente caratteristico del solido ionico Lespressione dellenergia reticolare diventa dunque M e2 B + n r r Tuttavia B pu essere eliminato dallespressione dellenergia reticolare considerando che al valore di r in cui il cristallo pi stabile (r di legame) lenergia reticolare assume il suo valore minimo (pendenza nulla e derivata della funzione uguale a zero dE/dr=0). E ret = E Mad + E rep = - k dE ret M e 2 nB = -k + n +1 = 0 dr r2 r da cui M e 2 r n +1 M e 2 n -1 =k r n n r2 che, sostituita nella relazione dellEnergia reticolare, fornisce M e 2 n -1 k r 2 2 n M e2 B M e2 = -k M e + k M e 1 E ret = -k + n = -k + r r r r n r rn Dunque, poich n 10, lenergia di repulsione risulta circa 1/10 dellenergia di Madelung e quindi, per il cloruro di sodio B = -k
Eret = EMad + Erep = -210,4 + 21,04 = 189 kcal mol-1
Il valore sperimentale dellenergia reticolare per NaCl di 188 kcal mol -1 Lenergia reticolare pu essere sperimentalmente determinata tramite un ciclo di Born-Haber, in cui il processo di formazione del legame ionico viene spezzato in una serie di fasi che trasformano i reagenti negli ioni gassosi e successivamente gli ioni gassosi nel solido ionico.
1) 2) Vaporizzazione del Sodio (Energia di vaporizzazione) Na(s) + Cl2(g) + 26 kcal Na(g) + Cl2(g) Dissociazione del Cloro ( dellenergia di legame Cl-Cl) Na(g) + Cl-Cl(g) + 28,6 kcal Na(g) + Cl(g)
3) 4) 5)
Ionizzazione del Sodio (Energia di Ionizzazione) Na(g) + Cl(g) + 118,5 kcal Na+(g) + Cl(g) + e Ionizzazione del Cloro (Energia di Affinit elettronica) + Na+(g) + Cl(g) + e Na+(g) + Cl (g) + 83.4 kcal Formazione legame a partire dagli elementi gassosi (Energia reticolare) + Na+(g) + Cl (g) NaCl(s) + 188 kcal
Sommando membro a membro le 5 reazioni precedenti si ottiene la reazione di formazione del Cloruro di Sodio a partire dai suoi elementi e la relativa Energia di formazione
Na(s) + Cl2(g) NaCl(s) + 98,3 kcal
I diversi stadi vengono spesso schematicamente rappresentati attraverso il cosiddetto ciclo di BornHaber, dove, secondo la convenzione, le energie assorbite hanno segno positivo, quelle cedute segno negativo
Come si pu osservare, nella formazione di sostanze ioniche particolarmente importante il confronto tra lenergia di ionizzazione e lenergia reticolare, trattandosi dei due termini energetici pi rilevanti. In prima approssimazione un composto ionico si former se lenergia spesa per la ionizzazione verr compensata dallenergia reticolare. Ad esempio, il composto ionico MgCl con Mg+ non si osserva, nonostante lo ione Mg+ richieda meno energia per formarsi rispetto allo ione Mg2+ (Mg = Mg+ + e + 738 kJ mol-1 contro Mg+ = Mg2+ + e + 1450 kj mol-1). Ci dovuto al fatto che lenergia reticolare di MgCl troppo piccola.
7.5
Legame metallico
Il legame che tiene uniti gli atomi metallici all'interno del solido detto legame metallico. Tra i modelli pi semplici ed intuitivi che descrivono il legame metallico vi quello di P.Drude (18631906), secondo il quale gli atomi metallici perdono facilmente gli elettroni superficiali trasformandosi in ioni positivi. Gli ioni si accatastano in modo da lasciare il minor spazio vuoto possibile (massimo impaccamento), andando cos ad occupare posizioni ben determinate all'interno di precise strutture
geometriche. Gli elettroni persi non appartengono pi ai singoli atomi, ma a tutto il reticolo solido (modello a mare di elettroni). Essi sono liberi di muoversi (elettroni delocalizzati) tra gli ioni positivi garantendo la neutralit del sistema e agendo da collante per i cationi. La libert di movimento degli elettroni allinterno del reticolato cationico fa s che il legame metallico manifesti una natura non direzionale. Non vi sono elettroni localizzati, come nel legame covalente, che irrigidiscono la struttura. Gli stessi cationi possono, se sollecitati meccanicamente, muoversi allinterno del mare di elettroni senza che il legame venga spezzato, a differenza di quanto accade in un legame ionico in cui anioni e catoni devono mantenere le loro posizioni reciproche. .Il legame metallico adirezionale. Ci spiega le caratteristiche di duttilit e malleabilit dei metalli i quali, se sottoposti a sollecitazioni meccaniche, si deformano in modo permanente senza spezzarsi. Se ad esempio sottoponiamo un solido metallico ed un solido ionico ad una forza di taglio che faccia slittare reciprocamente un piano di atomi rispetto ad un altro, possiamo notare che: il legame metallico si conserva. La posizione che assumono i cationi nel mare di elettroni infatti indifferente rispetto allefficacia del legame
il legame ionico viene spezzato. Anioni e cationi vengono infatti a trovarsi di fronte a cariche dello stesso segno e si respingono.
Questo modello di legame giustifica una struttura costituita da un denso reticolato di ioni positivi molto vicini tra loro secondo il principio del massimo impaccamento. Il numero di atomi adiacenti a ciascun atomo detto numero di coordinazione (N.C.) e per i metalli molto elevato, tipicamente 8 o 12. Per questo motivo la densit dei metalli generalmente superiore a quella degli altri materiali. La disposizione degli atomi metallici allinterno del reticolo cristallino pu essere di tipo compatto o di tipo non-compatto. Le disposizioni di tipo compatto sono le pi frequenti (90%) e si basano su stratificazioni di atomi con distribuzione esagonale.
distribuzione esagonale
Vanno a formare reticoli cristallini con elevato numero di coordinazione (12): - reticolo cubico a facce centrate (CFC)
distribuzione quadrata
Vanno a formare reticoli cristallini con numero di coordinazione inferiore: - reticolo cubico semplice (CS) o cubico primitivo (CP) con numero di coordinazione 6 - reticolo cubico a corpo centrato (CCC) con numero di coordinazione 8 I diversi reticoli cristallini vengono descritti mediante lindividuazione di un elemento geometrico di base, detto cella elementare o cella unitaria, che si ripete al loro interno. In un modello a sfere rigide lo spazio occupato dagli atomi allinterno di un reticolato cristallino viene misurato dal fattore di compattazione atomica o coefficiente di impaccamento definito dal rapporto tra il volume degli atomi contenuti in una cella unitaria del reticolo ed il volume della cella. Reticolo Cubico Semplice o Cubico Primitivo CS (sc simple cubic packing) La cella unitaria costituita da otto atomi ai vertici di un cubo.
Ciascuno degli 8 atomi che si trovano ai vertici della cella per condiviso da altre sette celle e appartiene quindi a ciascuna di esse per 1/8. In totale ogni cella contiene quindi un numero di atomi equivalenti pari a 81/8 = 1.
La distribuzione avviene per strati di sfere con disposizione quadrata. Le sfere del secondo strato giacciono esattamente sopra le sfere del primo strato. In questo modo ciascuna sfera in contatto con altre sei sfere ed il numero di coordinazione 6.
Si tratta di un reticolo estremamente raro nei metalli che compare solo nel Polonio. Lo spigolo della cella elementare detto costante reticolare a (o parametro di cella). La distanza tra due atomi in contatto corriponde a 2r (due volte il raggio atomico) ed uguale in questo caso al parametro di cella a. Poich infatti vi sono 2 atomi a contatto lungo un lato della cella cubica, la costante reticolare pari a 2 volte il raggio atomico
Il coefficiente di impaccamento (fattore di compattazione atomica) si ottiene come rapporto tra il volume degli atomi equivalenti (sfere contenute nella cella elementare, in questo caso 1) ed il volume della cella elementare. 4 1 p r 3 p 3 c.i. = 3 = = 0,524 6 8r
Reticolo cubico semplice Esempi Numero di atomi per cella elementare Numero di coordinazione Distanza tra atomi pi vicini Coefficiente di impaccamento Dimensione della cella (costante reticolare a) Po 1 6 a p / 6 = 0,524 = 52,4% 2r
Reticolo Cubico a Corpo Centrato CCC (bcc - body centered cubic) La cella unitaria costituita da un atomo al centro di essa e da otto atomi ai vertici.
In questo modo gli atomi ai vertici non sono in contatto tra loro. Viceversa sono in contatto gli atomi sulla diagonale del corpo della cella nella sequenza vertice-centro cella-vertice. Latomo centrale dunque in contatto con 8 sfere ed il numero di coordinazione 8 Ciascuno degli 8 atomi che si trovano ai vertici della cella per condiviso da altre sette celle e appartiene quindi a ciascuna di esse per 1/8. In totale ogni cella contiene quindi un numero di atomi equivalenti pari a 1 + 81/8 = 2.
La distribuzione avviene per strati di sfere con disposizione quadrata. Le sfere del secondo strato giacciono nelle depressioni create dal primo strato, mentre le sfere del terzo strato giacciono nelle depressioni create dal secondo strato in modo da trovarsi esattamente sopra le sfere del primo strato
Lo spigolo della cella elementare detto costante reticolare a. Poich vi sono 3 atomi a contatto lungo la diagonale D della cella cubica, la diagonale pari a 4 volte il raggio atomico D = 4r Ricordando che in un cubo la diagonale pari D = a 3 con a = spigolo del cubo, la relazione tra il raggio atomico r e la costante reticolare a diventa a= 4r 3
La minima distanza tra due atomi (2r) vale quindi (a 3) / 2 = 0,866 a Il volume della cella elementare in funzione del raggio atomico r 4r 64 r 3 V =a = = 3 3 3
3 3
Il coefficiente di impaccamento (fattore di compattazione atomica) si ottiene come rapporto tra il volume degli atomi equivalenti (sfere contenute nella cella elementare, in questo caso 2) ed il volume della cella elementare. 4 2 p r3 3 = p 3 = 0,68 c.i. = 3 8 4r 3
Reticolo cubico a corpo centrato Fe-a (a = 2,861), Esempi Cr (a = 2,878), Na (a = 4,240) Numero di atomi per cella elementare 2 Numero di coordinazione 8 Distanza tra atomi pi vicini a 3 / 2 = 0,866 a Coefficiente di impaccamento 3 p / 8 = 0,68 = 68% Dimensione della cella (costante reticolare a) (4/3)r Esempio Il tungsteno (W) presenta una struttura cubica a corpo centrato. Calcoliamo la sua densit sapendo che il suo raggio atomico 137 pm ed il suo peso molare 183,84 g/mol La densit del tungsteno pu essere calcolata come rapporto tra la massa degli atomi contenuti in una cella ed il volume della cella. In una cella cubica a corpo centrato sono contenuti 2 atomi la cui massa pari a
M 2W = 2
Per una cella cubica a corpo centrato la relazione tra le dimensioni dello spigolo a della cella ed il raggio r dellelemento a = r (4/3) = 1,37 10 ed il volume della cella sar x ((4/3) = 3,164 10 cm
-8 3
-23
cm .
d=
g/cm3
Reticolo Cubico a Facce Centrate CFC (fcc - face centered cubic) Detto anche cubico compatto (CC). Nessun atomo giace interamente all'interno della cella unitaria ma vi sono 8 atomi ai vertici e 6 atomi al centro di ognuna delle facce.
Cos che ciascun atomo delle 6 facce condiviso anche da un'altra cella e conta per 1/2 (contenuto in atomi = 6 x 1/2 = 3), mentre gli otto atomi ai vertici, come nella cella CCC, contano per 1/8 (8 x 1/8 = 1) Quindi in totale vi sono 4 atomi equivalenti per cella.
In questa cella gli atomi lungo la diagonale del cubo non sono in contatto tra loro. Viceversa sono in contatto gli atomi lungo la diagonale delle facce nella sequenza vertice-centro faccia-vertice.
La distribuzione avviene per strati sovrapposti di sfere con disposizione esagonale. Le sfere del secondo strato giacciono nelle depressioni create dal primo strato, mentre le sfere del terzo strato giacciono nelle depressioni create dal secondo strato, non sopra le sfere del primo strato, ma in corrispondenza delle depressioni del primo strato non occupate dalle sfere del secondo strato.
Solo le sfere del quarto stato si posizionano nelle depressioni del terzo in modo da sovrapporsi esattamente alle sfere del primo strato. Ne deriva una successione di strati esagonali di tipo ABCA..
In questa cella sono in contatto 3 atomi lungo la diagonale D F della faccia del cubo, DF = 4r Ricordando che in un cubo la diagonale di una faccia pari DF = a 2 con a = spigolo del cubo, la relazione tra il raggio atomico r e la costante reticolare a diventa a= 4r 2
La minima distanza tra due atomi (2r) vale quindi (a 2) / 2 = 0,707 a Il volume della cella elementare in funzione del raggio atomico r
32 r 3 4r V =a = = 2 2
3
Il coefficiente di impaccamento (fattore di compattazione atomica) si ottiene come rapporto tra il volume degli atomi equivalenti (sfere contenute nella cella elementare, in questo caso 4) ed il volume della cella elementare. 4 4 p r3 3 = p 2 = 0,74 c.i. = 3 6 4r 2 Il numero di coordinazione il massimo raggiungibile con atomi dello stesso raggio e vale 12. La percentuale di spazio occupata la pi grande possibile in una struttura cristallina ad arriva al 74%, eguagliata soltanto da quella ottenibile nellimpaccamento esagonale compatto, come quello del titanio metallico.
Reticolo cubico a facce centrate Fe-g (a = 3,601), Ag (a = 4,078), Esempi Al (a = 4,041), Cu (a = 3,608 ) Numero di atomi per cella elementare 4 Numero di coordinazione 12 Distanza tra atomi pi vicini a 2 / 2 = 0,707 a Coefficiente di impaccamento 2 p / 6 = 0,74 = 74% Dimensione della cella (costante reticolare a) (4/2)r
Reticolo Esagonale Compatto EC (hcp - Hexagonal closest packing) 12 atomi sono disposti ai vertici di un prisma a base esagonale, 2 atomi al centro di ciascuna base e 3 atomi allinterno della cella, a met altezza, a formare i vertici di un triangolo equilatero
Le sfere del secondo strato giacciono nelle depressioni create dal primo strato, mentre le sfere del terzo strato giacciono nelle depressioni create dal secondo strato in modo da trovarsi esattamente sopra le sfere del primo strato
Il reticolo esagonale compatto caratterizzato da un cella elementare prismatica esagonale che contiene 12 atomi posizionati ai vertici, 2 atomi posizionati al centro delle basi e 3 atomi ai vertici di un triangolo equilatero posizionati a met altezza allinterno della cella elementare. I 3 atomi interni appartengono completamente alla cella elementare. Ciascuno dei 12 atomi ai vertici condiviso con altre 5 celle e quindi conta per 1/6 (contenuto in atomi = 12 x 1/6 = 2), mentre ciascuno dei due atomi posizionati al centro delle basi condiviso con un'altra cella e conta per (2 x 1/2 = 1) Quindi in totale vi sono 6 atomi equivalenti per cella. Il lato dellesagono di base costituisce la costante reticolare a ed essendo costituito da due sfere a contatto vale a = 2r
Calcoliamo ora il volume del prisma esagonale in funzione del raggio atomico r. Consideriamo il sito tetraedrico costituito da 2 sfere poste su due vertici della base, dalla sfera posta al centro della base e da una sfera posta allinterno del tetraedro.
Il tetraedro ha unaltezza h/2 pari alla met dellaltezza h del prisma ed formato da 4 facce equilatere di lato a. Laltezza b di una faccia (triangolo equilatero) del tetraedro coincide con lapotema dellesagono di base del prisma e vale b = (a 3) / 2 Laltezza del tetraedro h/2 = (a 6) / 3 e quindi laltezza del prisma vale h = (2a 6) / 3 Larea di base A del prisma
A=
Il volume V del prisma
6a b = 2
6a
a 3 2 2 = 3a 3 2 2
V = 3a 3 2 = 24 r 3 2 Il coefficiente di impaccamento (fattore di compattazione atomica) si ottiene come rapporto tra il volume degli atomi equivalenti (sfere contenute nella cella elementare, in questo caso 6) ed il volume della cella elementare. 4 6 p r3 3 = p 2 = 0,74 c.i. = 3 6 24 r 2
Reticolo esagonale compatto Esempi Ti, Zn, Mg, Be Numero di atomi per cella elementare 6 (cella a base esagonale) Numero di coordinazione 12 Distanza tra atomi pi vicini a Coefficiente di impaccamento 2 p / 6 = 0,74 = 74% Esempio 3 Sapendo che il Titanio (d = 4,507 g/cm PM = 47,867 g/mol) presenta una struttura esagonale compatta, calcoliamo il suo raggio atomico
Il volume della cella elementare pu essere calcolato facendo il rapporto tra la massa di 6 atomi di Titanio (presenti nella sua cella elementare) e la densit del Titanio. Calcoliamo la massa di 6 atomi di Titanio
M 6Ti =
Calcoliamo il Volume della cella elementare
Vcella =
Ricordando che il volume di una cella esagonale compatta in funzione del raggio atomico vale
Vcella = 24 2 r 3
possiamo ora calcolare il raggio atomico
r=3
Vcella 24 2
=3
1,058 10 -22 24 2
= 1,46 10 -8 cm = 146 pm
Raggio metallico Il raggio metallico viene spesso definito come la met della distanza che separa i nuclei di atomi adiacenti nel solido a temperatura e a pressione ambiente. Tuttavia tale distanza dipende dal numero di coordinazione e generalmente, cresce con esso, come si osserva studiando i polimorfi dei metalli (metalli che cristallizzano con diverse celle elementari) e i composti intermetallici (Goldschmidt)
Per confrontare i vari elementi si corregge la distanza nternucleare empirica riportandola al valore prevedibile per l'elemento in un ipotetico impacchettamento compatto (numero di coordinazione. = 12) dividendo il raggio osservato per i seguenti fattori di correzione
Numero Coordinazione 12 8 6 4 Fattore di correzione 1 0,97 0,96 0,88
Ad esempio il raggio metallico del Sodio con N.C = 8 1.85 . Dividendo tale valore per 0,97 si ottiene 1,91 , il raggio che il Sodio avrebbe se fosse compatto. I valori corretti di Goldschmidt sono quelli normalmente tabulati.
Modello a bande Il modello di Drude oggi sostituito da un modello quantistico del legame metallico che si deve a F.Bloch, ed e' conosciuto come modello a bande. Il modello a bande unapplicazione della Teoria dellOrbitale Molecolare (MO) ai metalli. Si consideri ad esempio la molecola Li2. Ciascun atomo di Litio presenta un orbitale atomico 2s semisaturo. La molecola forma pertanto due orbitali molecolari sigma: un orbitale legante (2s) saturo ed un orbitale antilegante (2s*) vuoto.
Si considerino ora 4 atomi di Litio legati. In questo caso si formeranno 2 orbitali di legame (2s) saturi e due orbitali di antilegame (2s*) vuoti. Questo sistema a 4 atomi pi stabile del precedente essendo caratterizzato da un maggior numero di orbitali di legame saturi.
Se estendiamo il ragionamento ad n atomi otterremo un sistema costituito da n/2 orbitali di legame (2s) saturi ed n/2 orbitali di antilegame (2s*) vuoti. Gli orbitali di legame saturi e quelli di antilegame vuoti si dispongono su livelli energetici talmente vicini da formare una banda continua di energia.
In altre parole all'interno di ciascuna banda le differenza energetiche tra gli orbitali molecolari sono cos piccole che possiamo considerare la distribuzione energetica come non quantizzata.
Come per il legame covalente, anche nel caso del legame metallico la forza del legame dipende dalla differenza tra il numero di elettroni negli orbitali leganti ed il numero di elettroni negli orbitali antileganti. Quanti pi elettroni vi sono negli orbitali di legame rispetto agli orbitali di antilegame e tanto pi il legame sar intenso ed il metallo presenter maggiore durezza e pi elevato punto di fusione. Questo significa che queste propriet saranno massime al centro di un periodo di transizione. Per metalli con configurazione del tipo nd5 o adiacenti. In questo caso infatti, poich ogni atomo ha i propri orbitali esterni semisaturi, gli orbitali molecolari leganti saranno completi, mentre quelli antileganti saranno vuoti. una situazione analoga a quella del Litio, con la differenza che il numero di orbitali interessato al legame notevolmente superiore. Durezza e punto di fusione dei metalli hanno quindi un andamento periodico. Crescono dallinizio fino al centro di una serie di transizione per poi decrescere proseguendo verso destra.
In un metallo la banda pi esterna che contiene elettroni detta banda di valenza Le bande possono essere separate da brevi intervalli energetici, dette zone proibite (band gap), in cui gli elettroni non possono essere presenti. Il livello energetico pi elevato occupato da elettroni (HOMO = Highest occupied molecular orbital) allinterno della banda di valenza alla temperatura dello zero assoluto detto livello di Fermi (o energia di Fermi). Ad esempio per il Litio metallico il livello di Fermi si situa esattamente a met della banda di valenza 2s. Dunque a zero gradi kelvin gli elettroni del Litio, si trovano tutti ad energie minori dellenergia di Fermi, che si colloca a met della banda 2s.
Ma a temperature superiori a zero kelvin gli elettroni, in quanto fermioni, obbedediscono alla distribuzione statistica di Fermi-Dirac. Anche per piccoli aumenti di temperatura, si rendono disponibili (nel senso statistico del termine) stati conduttivi, ossia elettroni che prima erano congelati nella met inferiore della banda 2s, possono essere promossi ad energie pi elevate e dunque risultano liberi di muoversi nel metallo e di condurre energia.
In un tale conduttore esistono stati liberi al di sopra del livello di Fermi e se si applica un campo elettrico gli elettroni si muovono nella direzione opposta al campo contribuendo a creare corrente. Al processo di conduzione non partecipano le bande di energia inferiore che sono totalmente occupate. Le bande ad energia inferiore, costituite dagli orbitali pi interni e completamente sature, sono in genere poco estese e ben distanziate energeticamente (intervalli proibiti estesi). Allaumentare dellenergia le bande diventano pi larghe e pi ravvicinate fino, in alcuni casi, a sovrapporsi. Nei metalli che, come il Litio, presentano la banda di valenza non completamente piena, banda di valenza e banda di conduzione coincidono. In altre parole si tratta di considerare che, se un metallo presenta la banda di valenza non completamente piena di elettroni, essa disponibile ad essere popolata da elettroni con energia sufficiente e diventare cos una banda di conduzione. Questo meccanismo avviene tipicamente ad opera di schemi di eccitazione termica. Se una banda non completamente piena, gli elettroni ad energia pi alta possono facilmente essere promossi a stati di energia leggermente superiore, e contribuiscono significativamente alla conducibilit. Questo accade per il Litio e per tutti i metalli che presentano una banda di valenza semisatura, ma possibile anche per un metallo come il Berillio che, pur avendo la banda 2s completamente satura (sia quella di legame che quella di antilegame), presenta la banda 2s parzialmente sovrapposta alla banda 2p vuota che diventa dunque la banda di conduzione
Presentano dunque un comportamento metallico gli elementi con: - la banda di valenza occupata solo parzialmente che funge da banda di conduzione - la banda di valenza satura parzialmente sovrapposta alla banda di conduzione vuota La conducibilit dei metalli diminuisce all'aumentare della temperatura poich l'aumento dei moti vibrazionali dagli atomi va ad interferire con il moto degli elettroni. La facilit con cui gli elettroni di conduzione possono muoversi attraverso il reticolo metallico spiega anche la buona conducibilit termica dei metalli. Quando un metallo viene avvicinato ad una fonte di calore gli elettroni di conduzione aumentano la loro energie cinetica media che, data la loro mobilit pu essere facilmente trasferita alle particelle adiacenti. La lucentezza dei metalli si spiega infine con la vicinanza degli orbitali molecolari all'interno della banda di conduzione. In pratica gli elettroni, avendo a disposizione moltissimi livelli energetici adiacenti, possono facilmente esservi promossi assorbendo luce su tutte le lunghezze d'onda per poi riemetterla per tornare allo stato fondamentale.
La teoria delle bande, oltre a giustificare le caratteristiche metalliche in grado di fornire una spiegazione semplice ed immediata dell'esistenza dei semiconduttori e degli isolanti. Isolanti Gli isolanti sono caratterizzati da un sistema di bande nel quale quella pi alta occupata completamente piena (banda di valenza) e quella successiva, completamente vuota (banda di conduzione), si trova separata da un intervallo proibito talmente esteso da non poter essere superato se non sottoponendo il materiale a differenze di potenziale estremamente elevate. La caratteristica di un isolante quindi quella di possedere una banda di valenza completamente satura separata dalla banda di conduzione vuota da un intervallo di energia proibito molto maggiore della tipica energia termica. In tali condizioni la temperatura non in grado di promuovere un elettrone nella banda superiore che vuota e dunque, in presenza di un campo elettrico, non si ha passaggio di coerente. Un tipico isolante il diamante in cui l'intervallo di energia proibito circa duecento volte l'energia termica a temperatura ambiente. Alcuni fisici separano gli isolanti dai semiconduttori ponendo arbitrariamente pari a 4 eV le dimensioni energetiche della zona proibita.
semiconduttori Sono semiconduttori elementi come il silicio ed il germanio che presentano una banda piena ed un intervallo di banda (zona proibita) con un valore non eccessivamente alto, tale comunque da poter essere superato fornendo adeguate quantit di energia al cristallo. E' questo il motivo per cui nei semiconduttori la resistenza al passaggio di corrente elettrica diminuisce all'aumentare della temperatura. Le propriet di semiconduttori o di isolanti dipendono quindi dallintevallo (gap) tra la banda di valenza e quella di conduzione.
I semiconduttori hanno bassa conducibilit elettrica a temperatura ambiente, ma questa aumenta fortemente allaumentare della temperatura. Il livello di Fermi si posiziona tipicamente tra la banda di valenza e quella di conduzione. Allaumentare della temperatura la distribuzione di Fermi-Dirac si modifica aumentando la probabilit che gli elettroni possiedano energia sufficiente a popolare la banda di conduzione.
Semiconduttori con particolari caratteristiche si possono costruire attraverso il processo di drogatura, aggiungendo ad un semiconduttore piccole percentuali di impurezze. Ad esempio mescolando al silicio piccole, ma ben definite quantit di arsenico o di gallio. La drogatura con arsenico detta di tipo n (negativa) in quanto viene aggiunto un elemento chimico che presenta la stessa configurazione superficiale del silicio pi un elettrone. Gli elettroni in pi vanno a disporsi nella banda superiore e sono disponibili per la conduzione. La drogatura con gallio viene detta di tipo p (positiva) in quanto viene aggiunto un elemento chimico che presenta la stessa configurazione superficiale del silicio meno un elettrone. Gli elettroni in meno
creano delle lacune elettroniche nella banda pi superficiale del silicio creando le premesse per la conduzione.
7.6 Legami intermolecolari e forze di van der Waals
L'esistenza di aggregati di materia allo stato solido e liquido ci induce a ritenere che esistano delle forze anche tra molecole neutre in grado di legarle. Tali forze si producono sia tra molecole polari che tra molecole apolari e sono conosciute come forze di van der Waals. Le forze o interazioni di van der Waals, note anche come interazioni di non legame o legami deboli (definizione ambigua poich in fisica le interazioni deboli sono una delle quattro forze fondamentali di natura), hanno unintensit (0.1 - 10 kJ mol1) che mediamente di circa due ordini di grandezza inferiore allintensit di un legame covalente o ionico (100 - 1000 kJ mol1). Inoltre tali forze hanno un raggio dazione estremamente breve, indebolendosi rapidamente allaumentare della distanza. Lenergia di tali legami infatti inversamente proporzionale alla sesta potenza della distanza che separa le particelle interagenti (E 1/r6), mentre le forze di van der Waals decrescono secondo la settima potenza della distanza (FvdW 1/r7). Esistono tre tipi di forze di van der Waals: 1) Forze di Keesom tra molecole polari 2) Forze di Debye tra molecole polari e molecole apolari 3) Forze di London tra molecole apolari
7.6.1 Forze di Keesom o interazioni dipolo-dipolo (effetto di orientazione) Le molecole polari, o dipoli permanenti (molecole dotate di un momento di dipolo m), esercitano naturalmente una reciproca attrazione elettrostatica. Quando le molecole dipolari si avvicinano tendono infatti a disporsi con i poli di carica opposta l'uno di fronte all'altro, al fine di rendere minima l'energia potenziale del sistema (configurazione di maggior stabilit). In tal modo si verifica un'attrazione elettrostatica tra i poli opposti, detta interazione dipolo-dipolo. Le forze di Keesom agiscono dunque tramite un effetto di orientazione. Le interazioni dipolo-dipolo non sono molto efficienti finch le molecole si trovano allo stato aeriforme poich le distanze intermolecolari sono troppo elevate. Finch la temperatura sufficientemente elevata e/o la pressione bassa, l'energia cinetica media dei dipoli in grado di vincere tali interazioni, mantenendo la sostanza allo stato aeriforme. Ma all'abbassarsi della temperatura e/o allaumentare della pressione, le distanze intermolecolari diminuiscono e l'energia cinetica media delle molecole finisce per diventare minore delle interazioni dipolari. In queste condizioni tali forze sono in grado di mantenere adese le molecole favorendo il passaggio ad una fase condensata (liquida o solida). Inizialmente si ha il passaggio allo stato liquido e, se la temperatura scende ulteriormente (o la pressione aumenta), le forze di Keesom sono in grado di bloccare le molecole in posizioni di equilibrio all'interno di un reticolato solido.
Le interazioni dipolo-dipolo sono ovviamente tanto pi intense quanto maggiore il momento di dipolo m ed iniziano a diventare importanti per valori di m superiori ad 1 D. La loro intensit decresce allaumentare della temperatura, poich una maggior agitazione termica interferisce con lallineamento dei dipoli. Per due dipoli liberi di ruotare (liquido o aeriforme) di momento m1 ed m2 a distanza r lenergia di Keesom
E Keesom
2 m1 m 2 =3kT 4pe o
1 6 r
con k = costante di Boltzmann = 1,38 10-23 J K-1 o = costante delettrica del vuoto = 8,854 10-12 C2 m-2 N-1 T = temperatura assoluta Ad esempio, a 25C lenergia di interazione per una coppia di molecole con = 1 D (= 3,336 10-30 C m) alla distanza di 0.3 nm (= 3 10-10 m) di
EKeesom
( 3,336 10-30 ) 1 = -2, 22 10-22 J 2 m1 m 2 1 2 == 2 6 3kT 4pe o r 6 3 (1, 38 10 -23 ) 298 ( 4 3.14 8,854 10 -12 ) ( 3 10 -10 )
2 4
Lenergia di Keesom per una mole si ottiene moltiplicando il risultato precedente per il numero di Avogadro N = 6.022 1023 mol-1. - 2,22 10-22 x 6.022 1023 = - 1340 J mol-1 = - 1,34 kJ mol-1 Per due dipoli stazionari (allinterno di un solido) lenergia di Keesom risulta inversamente proporzionale alla terza potenza della distanza r e dipende dallorientazione reciproca (angoli e ).
E Keesom = -
Quando il dipolo costituito da un atomo di idrogeno legato con legame covalente fortemente polare ad un elemento molto elettronegativo (F, O, N), il legame dipolo-dipolo particolarmente intenso e viene
chiamato legame a idrogeno (o ponte idrogeno). I legami a idrogeno presentano energie tipiche superiori (20 50 kJmol-1) rispetto ai normali legami dipolo-dipolo. Il legame a idrogeno viene rappresentato con una breve linea tratteggiata che unisce l'idrogeno di una molecola con l'elemento elettronegativo di un'altra. Tipici composti in grado di dare intensi legami a idrogeno sono l'acido fluoridrico HF, l'acqua H2O e l'ammoniaca NH3.
L'esistenza di tale legame aumenta notevolmente la coesione interna tra le molecole, al punto da riflettersi in modo evidente su alcune propriet fisiche delle sostanze interessate. Ad esempio tutti i composti le cui molecole sono interessate dai legami a idrogeno presentano temperature di ebollizione e capacit termiche particolarmente elevate. Se infatti forniamo calore ad una sostanza produciamo un aumento della sua energia cinetica media (mv). E' allora evidente che a parit di calore fornito l'aumento di velocit sar minore per le molecole pi massicce. Poich inoltre una sostanza in grado di passare allo stato di vapore quando le sue molecole sono sufficientemente veloci, dobbiamo attenderci che la temperatura di ebollizione di un composto sia tanto maggiore quanto maggiore il suo peso molecolare. Tale previsione verificabile osservando ad esempio i composti dell'idrogeno con gli elementi del VII gruppo A, dove il punto di ebollizione diminuisce costantemente al diminuire del peso molecolare, con la notevole eccezione dell'acido fluoridrico.
In questo caso infatti, nonostante il basso peso molecolare, la temperatura di ebollizione risulta particolarmente elevata in quanto per poter passare allo stato di vapore le molecole devono possedere un'energia cinetica molto elevata per rompere i legami a idrogeno che le tengono adese. La presenza del legame a idrogeno spiega anche perch il ghiaccio sia meno denso dell'acqua. Infatti quando l'acqua si solidifica i legami a idrogeno tendono a bloccare le molecole in una struttura esagonale ordinata che risulta meno densa della struttura disordinata caratteristica dell'acqua liquida.
7.6.2 Forze di Debye o interazioni dipolo permanente-dipolo indotto (effetto di induzione) Le forze di Debye si originano tra molecole polari e molecole apolari. Per comprendere tali interazioni necessario esaminare ci che accade ad una molecola (o un atomo) apolare quando viene posta in un campo elettrico E.
La nuvola elettronica della molecola viene deformata ed attratta dal polo positivo. Il campo elettrico induce dunque una separazione di carica con formazione di un dipolo indotto. Lintensit del momento di dipolo indotto m direttamente proporzionale allintensit E del campo elettrico applicato. m=aE La costante di proporzionalit a detta polarizzabilit. Il valore della polarizzabilit caratteristico per ciascun atomo o molecola ed una misura della facilit con cui la nuvola elettronica pu essere deformata (polarizzata) da un campo elettrico. L'unit di misura della polarizzabilit nel Sistema Internazionale Cm 2V-1. Spesso invece della polarizzabilit si usa il volume di polarizzabilit ', definito da: a a '= 4pe o dove o la costante dielettrica del vuoto.
' ha le dimensioni di un volume. L'unit di misura utilizzata nella pratica comune per esprimere il suo valore il cm3 o 3. La polarizzabilit dipende dalla forza con cui gli elettroni esterni sono vincolati al nucleo (minore lenergia di ionizzazione, maggiore la polarizzabilit). In altre parole, la nuvola elettronica tanto pi facilmente polarizzabile quanto minore la forza di attrazione che il nucleo esercita su di essa. La polarizzabilit aumenta allaumentare della massa e delle dimensioni della molecola. Allaumentare della massa aumenta infatti il numero di elettroni. La carica nucleare risulta pertanto maggiormente schermata dai gusci elettronici pi interni. Questo effetto di schermatura permette agli elettroni superficiali di sentire in misura minore la carica del loro nucleo e di risultare quindi meno legati. Allaumentare del volume aumenta la distanza degli elettroni pi esterni dal nucleo e diminuisce di conseguenza la forza attrattiva su di essi esercitata dal nucleo. Quando una molecola polare si avvicina ad una non polare induce in quest'ultima un dipolo eletrico di minore intensit (effetto di induzione) che perdura fintanto che le due molecole restano vicine. Si genera cos unattrazione dipolo permanente-dipolo indotto . L'intensit proporzionale al momento del dipolo permanente m che induce la polarizzazione e alla polarizzabilit a della seconda molecola.
catione
Per un dipolo di momento m ed una molecola apolare di polarizzazione a a distanza r lenergia di Debye
E Debye
m 2 a ' 1 = 6 4pe o r
con o = costante delettrica del vuoto = 8,854 10-12 C2 m-2 N-1 Ad esempio, a 25C lenergia di interazione per un dipolo (ad esempio HCl) con = 1 D (= 3,336 10-30 C m) ed una molecola apolare (ad esempio il benzene) con polarizzazione a = 10-23 cm3 (= 10-29 m3) alla distanza di 0.3 nm (= 3 10-10 m) di
E Debye
(3,336 10 -30 ) (10 -29 ) 1 = 1,37 10 -21 J m 2 a ' 1 = =4pe o r 6 4 3.14 8,854 10 -12 (3 10 -10 )6
2
Lenergia di Debye per una mole si ottiene moltiplicando il risultato precedente per il numero di Avogadro N= 6.022 1023 mol-1. - 1,37 10-21 x 6.022 1023 = - 820 J mol-1 = - 0,82 kJ mol-1
7.6.3 Forze di London o interazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto (effetto di dispersione) Se anche le molecole perfettamente apolari come O2 e Cl2 sono in grado di liquefare e solidificare a temperature superiori allo zero assoluto, evidentemente devono esistere anche per tali sostanze delle forze intermolecolari, seppur molto deboli, in grado di vincere l'agitazione termica. Si ritiene che tali forze, dette forze di London o forze di dispersione, siano dovute a fluttuazioni temporanee e casuali nella distribuzione di densit degli orbitali. In una molecola apolare la nuvola elettronica in media distribuita in modo omogeneo, ma in un determinato istante questo pu non essere vero e gli elettroni possono casualmente e temporaneamente essere addensati a formare un dipolo istantaneo (o dipolo momentaneo o dipolo temporaneo).
Piccole fluttuazioni nella distribuzione delle nuvole elettroniche dovrebbero essere dunque in grado di produrre momentanee polarit anche nelle molecole apolari capaci di indurre nelle molecole adiacenti polarit di segno contrario (dipolo indotto), creando in definitiva le condizioni per un'attrazione reciproca.
Se si considera la media nel tempo, la nuvola elettronica di un atomo perfettamente simmetrica, ma in un dato istante pu addensarsi maggiormente da un lato ed in un istante immediatamente successivo pu spostarsi allaltra estremit. Ci determina la comparsa di un momento di dipolo elettrico istantaneo variabile nel tempo e mediamente nullo. Ciascun dipolo istantaneo genera un campo elettrico che polarizza le particelle circostanti, creando dei dipoli indotti variabili continuamente. Tra il dipolo induttore e il dipolo indotto nascono cos forze di attrazione.
Lintensit delle forze di London dipende ovviamente solo dalla polarizzabilit a delle molecole. Molecole pi grandi e massicce (con elettroni superficiali meno legati) risentono in misura maggiore delle forze di London. Ad esempio, a temperatura ambiente, mentre F2 e Cl2 sono gassosi, Br2 liquido e I2 solido.
I I 3 a a 1 E London = - 1 22 1 2 6 2 (4pe o ) I1 + I 2 r
dove I = hn lenergia di ionizzazione con h = costante di Planck = 6.626 10-34 J s n = frequenza principale di assorbimento della molecola Per due molecole identiche la relazione diventa
E London
3 a = - 2 4pe o
I2 1 3 1 6 = - (a ')2 I 6 2I r 4 r
Nel caso di due molecole di metano, ad esempio, con ' = 2.610-30 m3 e I = 7 eV (= 1,1210-18 J) lenergia di dispersione alla distanza di 0.3 nm (= 310-10 m) di
2 3 1 3 1 = -7.79 10 -21 J E London = - ( ') I 6 = - (2,6 10 -30 ) (1,12 10 -18 ) a 2 -10 6 4 4 r (3 10 )
Lenergia di London per una mole si ottiene moltiplicando il risultato precedente per il numero di Avogadro N= 6.022 1023 mol-1. - 7,7910-21 x 6.0221023 = - 4690 J mol-1 = - 4,69 kJ mol-1
Le forze di London sono universali, essendo presenti anche in tutti i tipi di atomi e molecole e, nella maggior parte dei casi, costituiscono la componente prevalente delle forze di van der Waals anche in molecole polari. Affinch le interazioni dipolo-dipolo (forze di Keesom) inizino ad essere significative prevalenti rispetto alle forze di London infatti necessario che le molecole siano di piccole dimensioni (poco polarizzabili) ed abbiano un momento di dipolo superiore ad 1 D (esempi tipici sono lacqua e lammoniaca). Le forze di induzione (forze di Debye) risultano invece per lo pi trascurabili.
-30
(10 C m)
(10
-30
'
m )
En Ionizz. (eV)
London (dispersione) kJ mol-1 (%) (100%) (99,9%) (85%) (96%) (99,7%) (54%) (22%)
2,410-3
(~0%) (13%) (3%)
2,410-3
(~0%) (2%) (1%)
5,62
1,5
0,23
9,41
0,49
0,18
17,2
2,810-2
(0,1%) (44%) (76%)
6,510-2
(0,2%) (2%) (2%)
6,6
0,4
15,7
0,42
7.6.4 Repulsione di van der Waals a corto raggio e potenziale di Lennard-Jones In generale, linterazione attrattiva totale fra molecole neutre, polari o apolari, denominata attrazione di van der Waals, dipende dal contributo delle interazioni descritte precedentemente, dipolare (di orientazione), di induzione e di dispersione. Dato che nella fase fluida tutte tre dipendono dallinverso della sesta potenza della distanza si pu esprimere unitariamente lenergia di attrazione come A E attr = - 6 r dove la costante di proporzionalit A dipende dalla natura delle molecole interagenti. Le forze di attrazione di van der Waals prevalgono alle distanze intermolecolari maggiori. Esse hanno un range compreso fra qualche ed un centinaio di . A distanze inferiori di qualche entrano tuttavia in gioco forze repulsive. Leffetto repulsivo a corto raggio, chiamata repulsione sterica o repulsione di van der Waals, si genera tra i nuclei che, a distanze piccole, non sono pi ben schermati dagli elettroni, e fra gli elettroni stessi, soggetti a una forza repulsiva che si genera quando due o pi di essi tendono ad occupare gli stessi numeri quantici, in opposizione al principio di Pauli. Tali forze repulsive, caratterizzate da un raggio d'azione molto breve, crescono rapidamente all'avvicinarsi delle molecole. Il calcolo delle interazioni tra coppie di molecole a brevi distanze presenta notevoli difficolt. Per esse non esiste infatti un'equazione ricavata teoricamente che le descriva e ci si affida quindi ad alcune funzioni potenziali empiriche. E richiesto solo che esse tendano a zero per r che tende allinfinito pi velocemente del termine r6.
Una drastica approssimazione, che in qualche caso si adotta per semplificare la trattazione, consiste nell'assumere per le repulsioni a corto raggio la forma E=0 E= per r > s per r s
dove , detto diametro di collisione, il diametro della sfera che approssima l'atomo o la molecola. la distanza di massimo avvicinamento di due molecole e dunque la distanza che separa i due nuclei quando le molecole urtano ed al di sotto della quale la repulsione diventa infinita (impenetrabilit).
Per determinare s si utilizza spesso la somma dei raggi di van der Waals delle molecole interagenti. Una approssimazione migliore e molto utilizzata rispetto al modello a sfera rigida quella di LennardJones in cui la parte repulsiva ha una dipendenza da r12
E rep = B r 12
dove la costante di proporzionalit B dipende, ancora una volta, dalla natura delle molecole. La repulsione cresce inversamente alla distanza r fra gli atomi elevata alla dodicesima potenza, cio molto bruscamente. Non esistono argomenti teorici in favore dellesponente 12, che stato scelto solo per convenienza di calcolo (essendo il quadrato del termine r6). Per ottenere lenergia netta dellinterazione intermolecolare si sommano le energie di repulsione e di attrazione viste precedentemente
E= B A - 6 12 r r
6 s 12 s E LJ = 4e - r r in cui compaiono i parametri e , il cui valore dipende dal tipo di atomi. Il primo () ha le dimensioni di una lunghezza ed la distanza alla quale il potenziale si annulla. Il secondo () ha le dimensioni di un'energia e rappresenta la profondit della buca di potenziale e dunque lenergia di interazione intermolecolare.
I due parametri possono essere messi in relazione rispettivamente con il diametro atomico e con la massima energia di attrazione tra una coppia di molecole. Se A e B sono molecole diverse, si definisce
7.6.5 Interazioni tra ioni e molecole neutre Un particolare tipo di interazioni intermolecolari possono essere considerate quelle che si manifestano tra ioni e molecole neutre, sia polari che apolari. Lintensit di tali interazioni superiore a quella delle forze di van der Waals ((0.1 - 10 kJ mol1), ma inferiore alle forze di legame (covalente, ionico e metallico) ed dellordine di 101- 102 kJ mol1.
Interazione Ione-Dipolo permanente Questa interazione all'origine della solubilit delle sostanze ioniche in acqua. Durante il processo di idratazione (solvatazione) il catione attrae lestremit negativa dei dipoli dellacqua, lanione lestremit positiva. Il numero di molecole di acqua legate, denominato numero di idratazione dello ione, direttamente proporzionale alla carica dello ione e inversamente proporzionale alla sua dimensione. Ioni piccoli come Li+, Na+, F-, OH- sono capaci di legare molecole di acqua nella prima sfera di idratazione e producono ordine anche oltre questa sfera, per questo si chiamano ioni strutturanti. Uno solido si scioglie se la sua energia reticolare inferiore dellenergia di idratazione. I valori caratteristici di intensit di queste interazioni cadono nellintervallo 40-600 kJ mol-1.
L'energia di interazione fra uno ione avente carica q e un dipolo permanente m , libero di ruotare (e quindi in fase fluida), ad una distanza r
1 Q m E=6kT 4pe o
1 4 r
dove, al solito, il segno negativo indica che l'interazione attrattiva, con k = costante di Boltzmann = 1,38 10-23 J K-1 o = costante delettrica del vuoto = 8,854 10-12 C2 m-2 N-1 T = temperatura assoluta Ad esempio, a 25C lenergia di interazione per uno ione monovalente (Q = 1,602 10-19 C) ed una molecola dacqua con = 1,85 D (= 6,17 10-30 C m) alla distanza di 0.3 nm (= 3 10-10 m) di
1 E=6kT
Q m 4pe o
Lenergia di interazione per una mole si ottiene moltiplicando il risultato precedente per il numero di Avogadro N = 6.022 1023 mol-1. - 3,95 10-19 x 6.022 1023 = - 238000 J mol-1 = - 238 kJ mol-1 Per un dipolo stazionario lenergia di interazione con uno ione risulta inversamente proporzionale alla seconda potenza della distanza r e dipende dallorientazione (angolo ).
E=-
(Q m ) cosq
4pe o
1 r2
Il campo elettrostatico di uno ione in grado di polarizzare un atomo o una molecola neutra ed apolare presente nelle vicinanze deformando la sua nuvola elettronica superficiale e generando un dipolo indotto, che subisce di conseguenza unattrazione da parte della specie ionica.
Lintensit di questa interazione dipende dalla carica (Q) dello ione, dalla polarizzabilit ( ) della molecola (o dellatomo) apolare e decresce con la quarta potenza della distanza (r).
E=-
Q 2 a ' 1 2(4pe o ) r 4
Ad esempio, a 25C lenergia di interazione per uno ione monovalente (Q = 1,602 10-19 C) ed una molecola di tetraclorometano CCl4 con volume di poarizzabilit ' = 10.510-30 m3, alla distanza di 0.3 nm (= 3 10-10 m) di
(1,602 10 -19 ) 10,5 10 -30 1 = -1,50 10 -19 J Q 2 a ' 1 =E=2(4pe o ) r 4 2(4 3.14 8,854 10 -12 ) (3 10 -10 )4
2
Lenergia di interazione per una mole si ottiene moltiplicando il risultato precedente per il numero di Avogadro N = 6.022 1023 mol-1. -1,50 10-19 x 6.022 1023 = - 90100 J mol-1 = - 90,1 kJ mol-1 Si tenga presente che: un dipolo indotto si origina sempre nell'interazione tra uno ione ed una molecola (sia essa polare o no). Se la molecola polare, la forza di attrazione dovuta all'interazione ione-dipolo indotto si somma a quella dovuta all'interazione ione-dipolo permanente. In conclusione si riportano i diversi tipi di legami intermolecolari e si confrontano con i legami interatomici covalente e ionico:
Tipo di interazione Ione-specie neutra tra specie neutre (van der Waals) Ione-Ione Atomo-Atomo
F(r)
Energia tipica (kJ mol-1) 50-500 10-100 0.5-15 0.4-4 4-40 4-40 40-400 200-800
Esempio Na+ (H2O)n Na+ C6H6 SO2 SO2 HCl C6H6 CH4 CH4 H2OHOCH3 Na+ ClH-H
Ione-Dipolo permanente r-4 Ione-Dipolo indotto Dipolo perm-Dipolo perm Dipolo permanente-Dipolo indotto r-6 Dipolo istantaneo-Dipolo indotto Legame a idrogeno -1 Legame ionico r Legame covalente -
Per costruire correttamente la maggior parte dei composti chimici sufficiente conoscere alcune semplici regole. Fondamentale a questo proposito il concetto di numero di ossidazione di un elemento (nox) o stato di ossidazione (stox).
8.1 Numero di ossidazione (nox) o stato di ossidazione (stox)
Si definisce numero di ossidazione la carica, reale o formale, che acquista un atomo quando si assegnano convenzionalmente gli elettroni di legame all'atomo pi elettronegativo. La carica reale nei composti ionici ed in tal caso coincide con il numero di cariche portate dallo ione. Ad esempio nel cloruro di sodio NaCl, costituito da uno ione sodio Na+ e da uno ione cloro Cl-, il sodio presenta nox +1, mentre il cloro presenta nox -1. La carica formale nei composti covalenti. Ad esempio nell'acqua H 2O, gli elettroni di legame vengono assegnati all'ossigeno pi elettronegativo, il quale assume perci convenzionalmente 2 cariche negative e presenta nox -2. Ciascuno dei due idrogeni presenta quindi nox +1. Ciascun elemento chimico pu presentare pi di un numero di ossidazione. Vengono date di seguito alcune regole convenzionali per l'attribuzione dei numeri di ossidazione. 1) il nox delle sostanze elementari (H2, O2, Na, Cu etc) sempre zero poich ci troviamo di fronte ad atomi di uno stesso elemento, aventi perci la stessa elettronegativit. Pi in generale quando in una molecola due atomi di uno stesso elemento si uniscono con legame covalente, gli elettroni di legame non vanno attribuiti a nessuno dei due atomi. 2) Il nox di uno ione pari alla sua carica Ca2+ (nox +2) Al3+ (nox +3) S2- (nox -2)
3) L'idrogeno presenta sempre nox +1 tranne che negli idruri, composti in cui si lega direttamente con i metalli alcalini e alcalino-terrosi che risultano essere gli unici elementi pi elettropositivi dell'idrogeno. In tali composti l'idrogeno ha dunque nox -1. Gli idruri si scrivono sempre facendo seguire al simbolo del metallo il simbolo dell'idrogeno. idruro di sodio NaH, idruro di calcio CaH2 etc 4) L'ossigeno ha sempre nox -2 tranne che nei perossidi dove presenta nox -1. I perossidi sono composti dove l'ossigeno impegna uno dei suoi due elettroni per legarsi ad un altro atomo di ossigeno. secondo quanto previsto dalla regola numero 1 in questo caso gli elettroni del legame tra atomi uguali non vanno attribuiti, mentre viene attribuito all'ossigeno l'altro elettrone utilizzato per legarsi ad altri elementi perossido di idrogeno o acqua ossigenata H2O2 perossido di sodio Na2O2 perossido di magnesio MgO2
H-O-O-H Na - O - O - Na
5) il fluoro, essendo l'elemento pi elettronegativo della tabella periodica, ed avendo bisogno di un solo elettrone per raggiungere l'ottetto, ha sempre nox -1 6) Gli altri elementi del VII gruppo A hanno anch'essi nox -1, tranne quando si legano con elementi pi elettronegativi, come ad esempio l'ossigeno, in tal caso presentano nox positivi. 7) In generale il nox pi elevato di un elemento corrisponde al numero d'ordine del gruppo cui appartiene. Cos gli elementi del primo gruppo presentano nox +1, quelli del secondo +2, quelli del terzo +3 e cos via fino agli elementi del settimo gruppi che presentano come nox pi elevato +7. 8) sempre in generale, quando un elemento presenta pi di un nox, il valore di quest'ultimo diminuisce di 2 unit alla volta. Cos gli elementi del VII gruppo oltre al nox +7 possono presentare nox +5, +3, +1, -1. gli elementi del VI gruppo oltre al nox + 6 possono presentare nox +4, +2, -2. 9) In una specie chimica neutra la somma dei nox di tutti gli atomi che la compongono deve sempre essere nulla. 10) In uno ione poliatomico la somma dei nox dei diversi atomi deve sempre essere pari alla carica totale dello ione. Le ultime due regole ci permettono, partendo da una formula chimica, di calcolare il numero di ossidazione incognito della maggior parte degli elementi. Ad esempio per calcolare il numero di ossidazione dello zolfo nell'anidride solforica SO2, procediamo come segue: ciascun atomo di ossigeno presenta nox -2; complessivamente i due atomi presentano nox -4; affinch la somma dei nox sia zero lo zolfo deve presentare nox + 4. Calcoliamo il nox del carbonio nello ione poliatomico HCO3-: i tre atomi di ossigeno presentano complessivamente nox - 6, l'idrogeno presenta nox + 1. Sommando il nox degli ossigeni e dell'idrogeno si ottiene - 5. Affinch la somma di tutti i nox dia la carica complessiva dello ione -1, il carbonio deve presentare nox +4. La conoscenza dei numeri di ossidazione ci permette di costruire in modo semplice i principali composti chimici.
8.2 Regole per la costruzione dei composti binari
I composti binari sono formati da due soli elementi chimici. Convenzionalmente si scrivono ponendo per primo l'elemento meno elettronegativo, seguito dall'elemento pi elettronegativo. Il simbolo di ciascun elemento seguito da un numero a pedice, detto indice, che indica quanti atomi di quell'elemento sono presenti nel composto. Gli indici sono apposti in modo tale che, sommando i rispettivi nox, la molecola risulti neutra. Per calcolare gli indici in modo semplice sufficiente utilizzare il nox del primo elemento come indice del secondo e viceversa.
Ad esempio se vogliamo scrivere la formula di un composto binario formato da un elemento A il cui numero di ossidazione sia +2 e da un composto B il cui numero di ossidazione sia -3, otterremo
Si noti che l'elemento con il numero di ossidazione negativo (il pi elettronegativo) stato scritto per secondo. Tale metodo di costruzione dei composti binari garantisce la neutralit della molecola. Infatti nella molecola sono presenti 3 atomi di A per un totale di 6 cariche positive e 2 atomi di B per un totale di 6 cariche negative. Qualora dopo aver calcolato gli indici questi risultino divisibili per uno stesso numero, gli indici vanno semplificati, tranne alcuni casi particolari (vedi ad esempio alcuni perossidi). Ad esempio se vogliamo costruire un composto binario partendo dagli elementi X con numero di ossidazione +4 e Y con numero di ossidazione -2, si otterr
Fanno eccezione alcuni composti, la cui formula necessario conoscere, come ad esempio il perossido di idrogeno, H2O2, in cui gli indici non vanno semplificati.
8.3
8.3.1 Idruri Sono composti dell'idrogeno con metalli pi elettropositivi. In tali composti l'idrogeno presenta nox -1 (ione idruro H-) e quindi nella formula va scritto per secondo. Gli idruri dei metalli alcalini (I gruppo A) che presentano nox +1, hanno formula generale
MeH
Ad esempio idruro di potassio, KH Gli idruri dei metalli alcalino terrosi (II gruppo A), che presentano tutti nox +2, hanno formula generale
MeH2
Ad esempio idruro di calcio, CaH2. Il loro nome formato dal termine "idruro" seguito dal nome del metallo 8.3.2 Perossidi Sono composti in cui presente il gruppo perossido (- O - O -) unito ad elementi pi elettropositivi. Nei perossidi ciascun atomo di ossigeno presenta nox -1. Il loro nome formato dalla parola "perossido" seguito dal nome dell'elemento legato. Ad esempio Perossido di idrogeno H2O2, perossido di bario BaO2.
8.3.3 Ossidi Sono composti in cui un metallo si lega con l'ossigeno (nox -2). Si formano per la reazione di un metallo con l'ossigeno Metallo + O2 ossido La reazione rapida con i metalli dei primi gruppi, che presentano forte carattere metallico, pi lenta con gli altri metalli. Il loro nome formato dalla parola "ossido" seguito dal nome del metallo. I gruppo A II gruppo A III gruppo A Li2O, Na2O, K2O etc BeO, MgO, CaO etc il boro un semimetallo Al2O3, Ga2O3 etc IV gruppo A Gli unici metalli sono stagno e piombo che presentano nox +2 e +4, formando con l'ossigeno due tipi di ossidi. In tal caso il composto a nox maggiore prende la desinenza -ico, quello a nox minore prende la desinenza -oso. Stagno (+2, +4) ossido stannoso SnO ossido stannico SnO2 Piombo (+2, +4) ossido piomboso PbO ossido piombico PbO2.
Il minio (antiruggine) Pb3O4, viene considerato un ossido salino o piombato piomboso (Pb2+)2PbO44Principali ossidi dei gruppi B I gruppo B Rame (nox +1, +2) Argento (+1) Oro (+1,+3) ossido rameoso Cu2O, ossido d'argento Ag2O ossido auroso Au2O, II gruppo B Zinco (+2) Cadmio (+2) Mercurio (+1, +2) ossido di zinco ZnO ossido di cadmio CdO ossido mercuroso Hg2O VI gruppo B Il Cromo (+2, +3, +6) si comporta come un metallo con i numeri di ossidazione +2 e +3, Cromo (+2, +3) ossido cromoso CrO ossido cromico Cr2O3 ossido mercurico HgO ossido aurico Au2O3 ossido rameico CuO
VII gruppo B Il Manganese (+2, +3, +4, +6, +7) si comporta come un metallo con i nox pi bassi, mentre con il nox +4 forma il biossido di manganese MnO2 che presenta carattere anfotero Manganese (+2, +3) . Ferro (+2, +3) Cobalto (+2, +3) Nichel (+2, +3) ossido manganoso MnO VIII gruppo B ossido ferroso FeO ossido cobaltoso CoO ossido nicheloso NiO ANIDRIDI Le anidridi sono composti binari dei non metalli con l'ossigeno. Il loro nome formato dalla parola "anidride" seguita dal nome del non metallo. Non Metallo + O2 Anidride VII gruppo A anidride ipoclorosa (nox +1) anidride clorosa (nox +3) anidride clorica (nox +5) anidride perclorica (nox +7) Con nox +4 forma il biossido di cloro ClO2 Bromo (+1, +5) Cloro (+1, +3, +5, +7) Cl2O Cl2O3 (non nota) Cl2O5 (non nota) Cl2O7 Br2O Br2O5 (non nota) I2O (non nota) I2O5 I2O7 (non nota) ossido ferrico Fe2O3 ossido cobaltico Co2O3 ossido nichelico Ni2O3. ossido manganico Mn2O3
anidride ipobromosa (nox +1) anidride bromica (nox +5) con nox +4 forma il biossido di bromo BrO2 Iodio (+1, +5, +7) anidride ipoiodosa (nox +1) anidride iodica (nox +5) anidride periodica (nox +7)
Il fluoro con nox -1 forma con l'ossigeno un composto estremamente instabile, l'ossido di fluoro F2O(dove l'ossigeno presenta nox +2). In realt, essendo il fluoro pi elettronegativo, andrebbe scritto OF2 e considerato un fluoruro di ossigeno. VI gruppo A Zolfo (+4, +6) anidride solforosa (nox +4) SO2 anidride solforica (nox + 6) SO3 con i numeri di ossidazione +2 e +3 forma il protossido di zolfo SO e l'anidride iposolforosa (sesquiossido) S2O3.
anidride seleniosa (nox +4) anidride selenica (nox +6) anidride tellurosa (nox +4) anidride tellurica (nox +6)
V gruppo A Azoto (+3, +5) anidride nitrosa (nox +3) anidride nitrica (nox +5) N2O3 N2O5
Con nox +4 forma l'ipoazotide N2O4, in equilibrio con il biossido di azoto NO2 (pu essere considerato un'anidride mista nitroso-nitrica, infatti in acqua da una miscela di acido nitroso e nitrico) con nox +2 forma il monossido di azoto NO (o ossido nitrico) con nox +1 il protossido di azoto N2O (gas esilarante) o anidride iponitrosa (o ossido nitroso). Fosforo (+3, +5) anidride fosforosa (nox +3) anidride fosforica (nox +5) P2O3 (in realt P4O6) P2O5 (in realt P4O10)
con nox +4 forma il tetrossido di fosforo P2O4, analogo all'ipoazotide (in acqua da una miscela di acido fosforoso e fosforico) Le anidridi degli altri tre elementi appartenenti al quinto gruppo (arsenico, antimonio e bismuto) possono essere anche classificati come ossidi dato il comportamento anfotero di tali composti. anidride (o ossido) arseniosa ( nox +3) As2O3 (in realt As4O6) anidride (o ossido) arsenica ( nox +5) As2O5 con nox +4 forma il tetrossido di arsenico As2O4, analogo all'ipoazotide (pu essere considerata un'anidride mista arsenioso-arsenica, infatti in acqua da una miscela dei due acidi corrispondenti) Antimonio (+3, +5) anidride (o ossido) antimoniosa (nox +3) anidride (o ossido) antimonica (nox +5) Sb2O3 (in realt Sb4O6) Sb2O5 Arsenico (+3, +5)
con nox +4 forma il tetrossido di antimonio Sb2O4, che si ritiene sia un ossido salino simile al minio o antimoniato antimonioso Sb3+(SbO4)3-. Bismuto (+3, +5) ossido di bismuto (nox +3) anidride (o ossido) bismutica (nox +5) Bi2O3 Bi2O5
con nox +4 forma il tetrossido di antimonio Bi2O4. IV gruppo A Carbonio (+2, +4) Silicio (+4) Germanio (+4) ossido di carbonio (nox +2) anidride carbonica (nox +4) anidride silicica (o biossido) Anidride germanica (o biossido) CO CO2 SiO2 GeO2
III gruppo A Boro (+3) Anidride borica (o ossido) Principali anidridi dei gruppi B VI gruppo B Cromo (+2, +3, +6) con nox +2 e +3 forma due ossidi anidride cromica (nox + 6) CrO3 B2O3
VII gruppo B Manganese (+2, +3, +4, +6, +7) anidride permanganica (nox +7) con i nox pi bassi forma tre ossidi (con nox + 6 i manganati) Mn2O7
8.3.4 Idracidi Gli idracidi sono composti binari dei non metalli con l'idrogeno. I principali idracidi si formano dall'unione dell'idrogeno con i non metalli del VII gruppo A (alogeni) e con i non metalli del VI gruppo A. Il nome degli idracidi si forma facendo seguire al termine "acido" il nome del non metallo seguito dalla desinenza -idrico. Negli idracidi del VII gruppo A i non metalli presentano sempre nox -1 acido fluoridrico acido cloridrico acido bromidrico acido Iodidrico HF HCl (acido muriatico) HBr HI
Negli idracidi del VI gruppo A i non metalli presentano nox -2 acido solfidrico acido selenidrico acido telluridrico Altri idracidi sono l'acido cianidrico HCN l'acido azotidrico HN3 H-CN H-N=NN H2S H2Se H2Te
Altri composti idrogenati binari sono l'ammoniaca NH3 la fosfina PH3 l'arsina AsH3
8.4
Ossidi e anidridi reagiscono con l'acqua per dare due importanti classi di composti ternari, gli idrossidi e gli acidi ossigenati o ossiacidi, i quali oltre a contenere ossigeno contengono evidentemente anche idrogeno. Gli acidi sono sostanze che, sciolte in acqua, tendono a dissociarsi in un anione e in uno o pi ioni H+. Gli idrossidi sono sostanze a carattere basico che, sciolte in acqua, tendono a dissociarsi in un catione e in uno o pi anioni ossidrile OH-. Un composto ternario che contenga idrogeno e ossigeno viene convenzionalmente scritto in modo diverso a seconda che presenti un carattere acido o basico. Se si tratta di un acido vengono messi in evidenza gli atomi di idrogeno, scrivendo per primo l'idrogeno seguito dal simbolo chimico del non metallo X ed infine dall'ossigeno. ACIDO HnXmOl
se si tratta di un idrossido vengono messi in evidenza i gruppi ossidrili, scrivendo per primo il simbolo dell'elemento metallico Y seguito da tanti gruppi ossidrili racchiusi tra parentesi tonde, quanti ne richiede il numero di ossidazione "n" del metallo. IDROSSIDO Y(OH)n
Alcuni composti possono comportarsi come acido o come base, a seconda delle condizioni di reazione. Sono detti composti anfoteri e la loro formula chimica pu essere scritta come quella di un acido o come quella di un idrossido in realazione alla particolare comportamento che presentano in una data reazione.
8.4.1 Acidi Gli acidi si formano sommando una o pi molecole d'acqua ad un'anidride Anidride + acqua = Acido Il carattere acido di queste sostanze, cio la loro tendenza a liberare ioni H+, legato alla presenza nella molecola di un non metallo, un elemento elettronegativo che attirando gli elettroni di legame li allontana dagli atomi di idrogeno. Sugli atomi di idrogeno si forma una parziale, ma intensa carica positiva che ne facilita la liberazione come ioni H+, una volta in acqua. Il nome degli acidi si ottiene da quello dell'anidride corrispondente, sostituendo il termine "acido" al termine "anidride". Per costruire un acido sufficiente sommare all'anidride 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno per ogni molecola d'acqua che viene aggiunta. Ad esempio dall'anidride carbonica si ottiene l'acido carbonico CO2 + H2O H2CO3 mentre dall'anidride nitrica si ottiene l'acido nitrico
N2O5 + H2O H2N2O6 2HNO3 Forza di un acido Un acido si dice forte quando in soluzione acquosa completamente o quasi completamente dissociato in anioni e ioni H+, si dice debole quando poco dissociato. La forza di un acido si pu prevedere in linea di massima, osservando il numero di atomi di idrogeno e di ossigeno presenti nella sua molecola. Un acido pu ritenersi forte quando la differenza tra il numero di atomi di ossigeno ed il numero di atomi di idrogeno uguale o maggiore di due, debole in caso contrario. Cos mentre l'acido carbonico debole, l'acido nitrico forte. Dissociazione di un acido Un acido con un solo atomo di idrogeno detto monoprotico, con due biprotico etc. Una acido monoprotico come l'acido nitrico si dissocia in acqua HNO3 H+ + NO3un acido poliprotico presenta invece tante dissociazioni quanti sono gli atomi di idrogeno contenuti nella sua molecola. L'acido carbonico ad esempio pu dare due dissociazioni H2CO3 H+ + HCO3HCO3- H+ + CO32Naturalmente possibile scrivere l'intera dissociazione in forma sintetica H2CO3 2H+ + CO32Proviamo ora a costruire le formule dei principali ossiacidi gruppo per gruppo, tenendo presente che non tutte le reazioni che scriveremo tra anidride e acqua possono effettivamente avvenire. Esse ci servono unicamente per ottenere la formula corretta dei diversi acidi. Si tenga inoltre presente che non tutte le anidridi e non tutti gli acidi che scriveremo sono stati effettivamente isolati. Alcuni sono solo teorici e ci servono per poter poi costruire correttamente le formule dei composti salini che da essi derivano. VII gruppo A Il Cloro con i numeri di ossidazione +1, +3, +5 e +7 forma i seguenti acidi Cl2O + H2O H2Cl2O2 2HClO acido ipocloroso (esiste solo in soluzione) Cl2O3 + H2O H2Cl2O4 2HClO2 acido cloroso (esiste solo in soluzione) Cl2O5 + H2O H2Cl2O6 2HClO3 acido clorico (esiste solo in soluzione) Cl2O7 + H2O H2Cl2O8 2HClO4 acido perclorico Il Bromo con i numeri di ossidazione +1 e +5 forma i seguenti acidi Br2O + H2O H2Br2O2 2HBrO acido ipobromoso Br2O5 + H2O H2Br2O6 2HBrO3 acido bromico Lo Iodio con i numeri di ossidazione +1, +5 e +7 forma i seguenti acidi I2O + H2O H2I2O2 2HIO acido ipoiodoso (teorico, esistono i suoi sali) I2O5 + H2O H2I2O6 2HIO3 acido iodico I2O7 + H2O H2I2O8 2HIO4 acido periodico
VI gruppo A Lo zolfo con i numeri di ossidazione +4 e +6 forma i seguenti acidi SO2 + H2O H2SO3 acido solforoso (esiste solo in soluzione) SO3 + H2O H2SO4 acido solforico Altri acidi dello zolfo a partire dal protossido di zolfo con numero di ossidazione +2 si ottengono 2 diversi acidi SO + H2O H2SO2 acido solfossilico (teorico, esistono i suoi sali) 2SO + H2O H2S2O3 acido tiosolforico (teorico, esistono i suoi sali chiamati erroneamente iposolfiti). Il nome rimanda al fatto che la sua struttura chimica analoga a quella dell'acido solforico, dove un atomo di ossigeno stato sostituito da uno di zolfo (il radicale S 2- si indica con il suffisso tio). A partire dal sesquiossido di zolfo con nox +3 si ottiene S2O3 +H2O H2S2O4 acido iposolforoso (o idrosolforoso) (esiste solo in soluzione) Per reazione tra due molecole di acido solforoso, con perdita di una molecola d'acqua si ottiene 2H2SO3 H2S2O5 +H2O acido pirosolforoso (teorico, esistono solo i suoi sali) Per reazione tra due molecole di acido solforico, con perdita di una molecola d'acqua si ottiene 2H2SO4 H2S2O7 +H2O acido pirosolforico o disolforico Lo zolfo presenta inoltre, con nox +6, due perossidi tipo acqua ossigenata, che sarebbe opportuno chiamare peranidridi, S2O7 e SO4, le cui formule di struttura potrebbero essere
tali composti possono dare due peracidi o perossiacidi (acidi in cui presente il gruppo -O-O-) S2O7 + H2O H2S2O8 acido dipersolforico SO4 + H2O H2SO5 acido monopersolforico Lo zolfo infine in grado di dare legami -S-S- simili a quelli dell'ossigeno nei perossidi, formando quindi dei persolfuri. Tale caratteristica ancora pi spiccata nello zolfo in quanto esso in grado di dare anche catene formate da pi atomi. Sono noti due persolfuri d'idrogeno: analogo all'acqua ossigenata esiste H-S-S-H e anche H-S-S-S-H i due composti sono noti rispettivamente come: H2S2 disolfuro d'idrogeno H2S3 trisolfuro d'idrogeno Sfruttando lo stesso tipo di legame tra atomi zolfo si forma anche una famiglia di acidi politionici, di formula generale H2SxO6, dove x = 2, 3, 4, 5,..... con formula di struttura
essi vengono denominati acido ditionico, tritionico, tetrationico etc. Il Selenio con numeri di ossidazione +4 e +6 forma i seguenti acidi SeO2 + H2O H2SeO3 SeO3 + H2O H2SeO4 Acido selenioso Acido selenico
V gruppo A L'Azoto con i numeri di ossidazione +3 e +5 produce i seguenti acidi N2O3 + H2O H2N2O4 2HNO2 N2O5 + H2O H2N2O6 2HNO3 Altri acidi dell'azoto Facendo reagire l'acido nitrico con l'acqua ossigenata si ottiene un peracido o perossiacido (contenente il gruppo -O-O-), detto acido pernitrico, dove l'azoto presenta nox +5 HNO3 + H2O2 HNO4 + H2O acido nitroso acido nitrico
con formula di struttura Facendo reagire l'anidride nitrosa con l'acido solforico si ottiene l'acido nitrosil-solforico (il suffisso nitrosil- indica la presenza del gruppo nitrosile -NO) N2O3 + 2H2SO4 2NOHSO4 + H2O L'acido nitrosil-solforico pu essere pensato come prodotto dalla disidratazione (perdita di acqua) tra una molecola di acido solforico ed una di acido nitroso
Il Fosforo con i numeri di ossidazione +3 e + 5 forma una serie di acidi che presentano diversi gradi di idratazione. In particolare quando un'anidride si lega con una sola molecola d'acqua l'acido che ne deriva viene indicato facendone precedere il nome dal suffisso meta-. Quando viene legata una seconda molecola d'acqua al meta-acido si forma un acido il cui nome viene preceduto dal prefisso orto-.
P2O3 + H2O H2P2O4 2HPO2 HPO2 + H2O H3PO3 P2O5 + H2O H2P2O6 2HPO3 HPO3 + H2O H3PO4
L'acido ortofosforoso, pur avendo 3 idrogeni, biprotico, ne dissocia cio solo due. Per questo motivo si ritiene che un idrogeno sia legato direttamente all'atomo di fosforo, piuttosto che ad un ossigeno.
Con il numero di ossidazione +5 il fosforo forma anche l'acido pirofosforico (o difosforico) il quale si forma per disidratazione (perdita di una molecola d'acqua) da due molecole di acido ortofosforico. Per trovarne la formula in maniera pi rapida e veloce sufficiente aggiungere due molecole d'acqua all'anidride fosforica P2O5 + 2H2O H4P2O7 Altri acidi del fosforo Con il nox +5 il fosforo forma due peracidi o perossiacidi in cui presente il gruppo -O-O-. H3PO5, acido monoperfosforico e H4P2O8, acido diperfosforico, con formule di struttura
acido pirofosforico
Il tetrossido di fosforo P2O4, analogo all'ipoazotide, dove il fosforo presenta nox +4, sciolto in acqua forma una miscela di acido fosforoso e fosforico. Esiste comunque un acido in cui il fosforo presenta nox +4 e di cui il tetrossido rappresenta l'anidride teorica. E' l'acido ipofosforico H4P2O6, la cui formula pu essere ottenuta aggiungendo due molecole d'acqua al tetrossido. Esiste infine anche un acido ipofosforoso H3PO2, in cui il fosforo presenta nox +1. Corrisponde ad un protossido di fosforo P2O, non conosciuto. L'Arsenico con i numeri di ossidazione +3 e +5 produce i seguenti acidi As2O3 + H2O 2HAsO2 HAsO2 + H2O H3AsO3 As2O5 + H2O 2HAsO3 HAsO3 + H2O H3AsO4
acido ortoarsenico
L'acido ortoarsenioso un composto anfotero. In soluzioni basiche si comporta come un acido, mentre in soluzioni acide si comporta come una base, dissociandosi in ioni OH- e cationi As3+. In tal caso esso va scritto come un idrossido arsenioso As(OH)3 As3+ + 3OHEsiste infine, analogamente a quanto visto per il fosforo, un acido piroarsenico, ottenibile per disidratazione di due molecole di acido ortoarsenico. La sua formula pu essere determinata pi facilmente sommando due molecole d'acqua all'anidride arsenica As2O5 + 2H2O H4As2O7 IV gruppo A Il Carbonio con il numero di ossidazione +4 forma l'acido carbonico CO2 + H2O H2CO3 acido carbonico (esiste solo in soluzione) acido piroarsenico
E' noto anche un peracido, l'acido percarbonico, H2C2O6 dalla formula di struttura
Il Silicio con numero di ossidazione +4 forma due acidi SiO2 + H2O H2SiO3 H2SiO3 + H2O H4SiO4 acido metasilicico acido ortosilicico
L'acido silicico d poi per disidratazione una serie di acidi polisilicici, rappresentabili dalla formula generale (mH4SiO4 - nH2O). Il primo termine della serie l'acido ortodisilicico o pirosilicico 2H4SiO4 H6Si2O7 + H2O acido pirosilicico
III gruppo A Il Boro con nox +3 forma l'acido borico ed un peracido, l'acido perborico B2O3 + H2O 2HBO2 HBO2 + H2O H3BO3 acido metaborico acido ortoborico
Scaldando l'acido ortoborico si ottiene infine per disidratazione un poliacido 4H3BO3 H2B4O7 + 4H2O acido tetraborico
PRINCIPALI ACIDI DEI GRUPPI B VI gruppo B Il Cromo (nox +2, +3, +6) forma composti acidi con il numero di ossidazione pi elevato CrO3 + H2O H2CrO4 acido cromico (esiste solo in soluzione)
Trattando le soluzioni di acido cromico con acqua ossigenata si ottengono diversi tipi di peracidi, acidi percromici e i relativi sali (i percromati). Esiste infine una serie di sali che derivano da acidi policromici (teorici), il primo termine della serie l'acido bicromico 2H2CrO4 H2Cr2O7 + H2O acido bicromico (teorico, esistono i suoi sali)
VII gruppo B Il Manganese (nox +2, +3, +4, +6, +7) forma composti acidi con i due numeri di ossidazione pi elevati Con il nox + 6 forma un acido manganico (teorico), la cui formula ottenibile da un'anidride manganica MnO3, altrettanto teorica. MnO3 + H2O H2MnO4 acido manganico (teorico, esistono i suoi sali) acido permanganico
Gli idrossidi si formano sommando una o pi molecole d'acqua ad un ossido Ossido + acqua = Idrossido Il carattere basico di queste sostanze, cio la loro tendenza a liberare ioni OH-, legato alla presenza nella molecola di un metallo, che rende polare il legame con i gruppi ossidrilici. Sull'atomo di ossigeno dell'ossidrile si intensifica in tal modo la parziale carica negativa, mentre sul metallo si forma una parziale carica positiva che ne facilita la liberazione come catione, una volta in acqua, e la separazione dei gruppi OH-. Il nome degli idrossidi si ottiene da quello dell'ossido corrispondente, sostituendo il termine "idrossido" al termine "ossido". Per costruire un idrossido sufficiente far seguire al metallo tanti gruppi ossidrili quanti ne richiede il numero di ossidazione del metallo. Ad esempio dall'ossido di potassio si ottiene l'idrossido di potassio K2O + H2O 2KOH mentre dall'ossido di rame si ottiene l'idrossido di rame CuO + H2O Cu(OH)2
Forza di un idrossido Un idrossido si dice forte quando in soluzione acquosa completamente o quasi completamente dissociato in cationi e ioni OH-, si dice debole quando poco dissociato. La forza di un idrossido si pu prevedere in linea di massima, osservando se il metallo appartenga o meno ad uno dei primi gruppi chimici. In linea di massima un idrossido forte quando il metallo che lo forma un metallo alcalino o alcalino-terroso. Cos mentre l'idrossido di rame debole, l'idrossido di potassio forte. Dissociazione di un idrossido Un idrossido con un solo gruppo ossidrile detto monoprotico, con due biprotico etc. Un idrossido monoprotico come l'idrossido di potassio si dissocia in acqua KOH K+ + OHun idrossido poliprotico presenta invece tante dissociazioni quanti sono i gruppi ossidrile contenuti nella sua molecola. L'idrossido di rame pu dare due dissociazioni Cu(OH)2 CuOH+ + OHCuOH- Cu2+ + OHNaturalmente possibile scrivere l'intera dissociazione in forma sintetica Cu(OH)2 Cu2+ + 2OHProviamo ora a costruire le formule dei principali ossiacidi gruppo per gruppo I gruppo A I metalli alcalini hanno tutti nox +1 e quindi formano idrossidi del tipo LiOH, NaOH, KOH etc II gruppo A I ma talli alcalino-terrosi hanno tutti nox +2 e formano quindi idrossidi del tipo Be(OH)2, Mg(OH)2 etc III gruppo A I metalli del terzo gruppo A presentano tutti nox +3 e formano quindi idrossidi del tipo Al(OH)3 etc L'idrossido di alluminio in realt un composto anfotero. In soluzione acida si comporta infatti come una base, mentre in soluzione basica si comporta come un acido (acido alluminico) H3AlO3 AlO33- + 3H+ IV gruppo A I metalli del quarto gruppo formano idrossidi con nox +2 e +4 Lo stagno con nox +2 forma l'idrossido stannoso Sn(OH)2, avente carattere anfotero (acido stannoso, H2SnO2). Con nox +4 forma invece un composto a carattere acido
acido stannico
Il Piombo, con nox +2 forma l'idrossido piomboso Pb(OH)2, a carattere anfotero (acido piomboso H2PbO2). Con nox +4 forma l'idrossido piombico Pb(OH)4, anch'esso anfotero (acido piombico H4PbO4).
8.5 I Sali
I sali sono composti chimici che derivano dagli acidi per sostituzione di uno o pi ioni H+ con cationi metallici. I sali sono composti che possono presentare solubilit diverse in acqua (alcuni sono molto solubili, altri poco solubili), ma la frazione di un sale che si scioglie in acqua comunque totalmente dissociata negli ioni che lo costituiscono. In altre parole i sali sono tutti elettroliti forti. Si dicono elettroliti tutti i composti chimici che in acqua si dissociano in ioni. Sono detti forti gli elettroliti che si dissociano completamente, deboli quelli che si dissociano parzialmente. Il termine "elettrolita" deriva dal fatto che solo i composti chimici che in acqua si dissociano producendo ioni sono in grado di dare "elettrolisi", processo di cui ci occuperemo in seguito. Per costruire la formula chimica di un sale necessario 1) procedere alla dissociazione dell'acido 2) sostituire agli ioni H+ il catione metallico 3) scrivere gli opportuni indici, in modo da rendere neutra la molecola (si utilizzer il nox del metallo come indice dell'anione e viceversa) 4) procedere alla eventuale semplificazione degli indici Esemplifichiamo la procedura costruendo il sale di sodio dell'acido carbonico 1) dissociamo l'acido carbonico H2CO3 2H+ + CO32+ 2) lo ione sodio Na va a prendere il posto degli idrogeni Na CO3 3) il nox del sodio (+1) diventa l'indice dell'anione, mentre il nox dell'anione (-2) diventa l'indice del catione. Na2CO3 4) gli indici sono gi semplificati
Proviamo ora a costruire il sale d'alluminio dell'acido solforico 1) dissociamo l'acido solforico H2SO4 2H+ + SO422) lo ione alluminio Al3+ va a prendere il posto degli idrogeni Al SO4 3) il nox del alluminio (+3) diventa l'indice dell'anione, mentre il nox dell'anione (-2) diventa l'indice del catione.
Al2(SO4)3 Si noti che l'anione proveniente dalla dissociazione dell'acido stato messo tra parentesi, infatti l'indice 3 si riferisce a tutto l'anione. Il sale in tal modo risulta neutro, infatti nella molecola sono presenti 2 ioni Al3+, per un totale di 6 cariche positive e 3 anioni SO42-, per un totale di 6 cariche negative. 4) gli indici sono gi semplificati I sali si possono formare sia utilizzando un anione proveniente da un acido completamente dissociato, ed in tal caso sono detti sali neutri, sia da un acido parzialmente dissociato. In tal caso l'anione possiede ancora atomi di idrogeno nella sua molecola e il sale che si forma detto sale acido. Ad esempio l'acido ortofosforico pu formare tre tipi di sali utilizzando gli anioni provenienti dalle tre dissociazioni successive H3PO4 H+ + H2PO4anione biacido H2PO4- H+ + HPO42anione monoacido 2- H+ + PO 3HPO4 anione neutro 4 Se ora vogliamo costruire i tre sali di calcio utilizzando i tra anioni, otterremo (il calcio ha nox +2) Ca(H2PO4)2 CaHPO4 Ca3(PO4)2 sale biacido sale monoacido sale neutro
I nomi dei sali si formano da quelli degli acidi corrispondenti cambiando le desinenze secondo tale schema -OSO -ICO -IDRICO -ITO -ATO -URO
ad esempio i sali dell'acido solforoso si chiamano "solfiti", quelli dell'acido carbonico "carbonati", quelli dell'acido solfidrico "solfuri". Alcuni sali acidi utilizzano ancora la vecchia denominazione. Ad esempio il carbonato monoacido di sodio NaHCO3 detto anche bicarbonato di sodio.
8.5.1 Processi di salificazione La formula chimica di un sale si pu costruire come abbiamo appena esposto, ma i sali si producono attraverso numerose reazioni chimiche. Vediamo le principali. Possiamo riassumere le principali reazioni di salificazione attraverso il seguente schema
1) metallo + non metallo sale 2K + F2 2KF 2) ossido + anidride sale MgO + SO3 MgSO4 3) idrossido + acido sale + acqua Ca(OH)2 + H2CO3 CaCO3 + H2O 4) ossido + acido sale + acqua Na2O + H2SO3 Na2SO3 + H2O 5) anidride + idrossido sale + acqua P2O5 + 2KOH 2KPO3 + H2O Altri processi di salificazione La salificazione pu avvenire per sostituzione dell'idrogeno di un acido o dello ione metallico di un sale da parte di un metallo pi elettropositivo (SCAMBIO SEMPLICE) a) acido + metallo sale + idrogeno H2SO4 + Zn ZnSO4 + H2 (solfato di zinco) (metafosfato di potassio) (solfito di sodio) (carbonato di calcio) (solfato di magnesio) (fluoruro di potassio)
lo zinco, pi elettropositivo dell'idrogeno, tende a cedergli i suoi elettroni. L'idrogeno diventa neutro e si libera come gas H2, mentre lo zinco diventa un catione e sostituisce l'idrogeno nell'acido trasformandolo in un sale. Gli acidi tendono dunque ad attaccare i metalli pi elettropositivi dell'idrogeno, corrodendoli. b) sale + metallo sale + metallo ZnSO4 + 2Na Na2SO4 + Zn (solfato di sodio)
il sodio, pi elettropositivo dello zinco, lo sostituisce nel sale, cedendogli i suoi elettroni e trasformandosi in ione sodio. Si libera zinco metallico.
La salificazione pu avvenire infine per DOPPIO SCAMBIO tra un acido e un sale e tra due sali. c) acido1 + sale1 acido2 + sale2 H2SO4 + CaCO3 H2CO3 + CaSO4 (solfato di calcio)
L'acido forte (acido solforico) sposta l'acido debole (acido carbonico) dai suoi sali (carbonati). Il processo legato al diverso grado di dissociazione dei due acidi. Infatti lo ione carbonato, prodotto
dalla dissociazione del carbonato di sodio, tende a ridare l'acido carbonico indissociato utilizzando gli ioni H+ provenienti dalla dissociazione dell'acido solforico. d) sale1 + sale2 sale3 + sale4 NaCl + AgNO3 AgCl + NaNO3 Mentre il cloruro di sodio e il nitrato di argento sono molto solubili, il cloruro di argento poco solubile. gli ioni Ag+ e Cl- presenti in soluzione tendono perci a precipitare sotto forma di cloruro di argento, mentre in soluzione rimane il nitrato di sodio. Sali basici Oltre ai sali neutri e ai sali acidi esistono anche sali basici. Essi si formano quando in una reazione tra un idrossido ed un acido (o un'anidride) l'idrossido non si dissocia completamente e nella molecola del sale sono quindi presenti uno o pi gruppi ossidrili Mg(OH)2 + HCl MgOHCl + H2O Bi(OH)3 + HNO3 Bi(OH)2NO3 + H2O 8.5.2 Dissociazione dei Sali Come abbiamo gi detto la maggior parte dei sali sono elettroliti forti e in acqua si dissociano completamente negli ioni costituenti. Per scrivere correttamente la dissociazione di un sale necessario riconoscere nella molecola gli anioni provenienti dall'acido e i cationi provenienti dalla base, con i rispettivi indici e cariche elettriche. A destra della freccia di reazione verranno perci scritti il catione e l'anione, ciascuno con le rispettive cariche, preceduti da un coefficiente pari all'indice con cui compaiono nel sale. Ad esempio se vogliamo dissociare il carbonato di sodio Na 2CO3, scriveremo Na2CO3 2Na+ + CO3
2-
E' necessario quindi sapere che il sodio presente con nox +1, mentre l'anione proviene dall'acido carbonico H2CO3 e quindi l'anione bivalente carbonato CO32- (anche senza riconoscere l'acido era comunque possibile dedurre la carica dell'anione notando che necessario un anione per neutralizzare due ioni Na+). L'indice 2 del sodio nel sale diventa poi il suo coefficiente come ione dissociato. Proviamo ora a dissociare l'ortofosfato biacido di calcio Ca(H2PO4)2 Ca(H2PO4)2 Ca2+ + 2H2PO4Anche qui necessario sapere che il calcio presente con nox +2, mentre l'anione proviene dall'acido ortofosforico H3PO4 e quindi l'anione monovalente fosfato biacido H2PO4- (anche senza riconoscere l'acido era comunque possibile dedurre la carica dell'anione notando che sono necessari due anioni per neutralizzare lo ione positivo Ca2+). L'indice 2 dell'anione solfato biacido nel sale diventa poi il suo coefficiente come ione dissociato.
8.5.3 Sali idratati Alcuni sali formano solidi cristallini in cui presente acqua di cristallizzazione secondo proporzioni ben definite. Tali sali si dicono idratati. L'acqua di cristallizzazione viene scritta dopo la molecola del sale, separata da un punto. CuSO4.5H2O SrCl2.6H2O CaSO4. 2H2O 8.5.4 Sali doppi I sali doppi si possono considerare come formati dall'unione di due sali semplici che presentano l'anione in comune e cationi diversi o, pi raramente, il catione in comune e anioni diversi. I sali doppi mantengono in soluzione le stesse caratteristiche analitiche dei sali semplici da cui provengono. In altre parole un sale pu essere considerato doppio quando posto in soluzione si dissocia negli stessi ioni in cui si dissocerebbero i sali semplici da cui proviene se fossero posti in soluzione. Sali doppi con l'anione in comune K2Mg(SO4)2 2K+ + Mg2+ + 2SO42(solfato doppio di K e Mg) solfato rameico pentaidrato cloruro di stronzio esaidrato solfato di calcio biidrato (gesso)
si ottiene la stessa soluzione sciogliendo separatamente il solfato di potassio, K2SO4 ed il solfato di magnesio MgSO4. Sali doppi con il catione in comune Piuttosto rari. Sono sali di questo tipo i minerali noti come apatiti. Ca5[F(PO4)3] 5Ca2+ + F- + 3PO43Sali doppi con catione e anione diversi Estremamente rari. un esempio il minerale kainite KMg[Cl(SO4)]. 3H2O (clorosolfato di potassio e magnesio triidrato) (fluorofosfato di calcio o fluoroapatite)
8.5.5 Sali complessi Si definiscono complessi quei sali che dissociandosi formano ioni diversi rispetto a quelli che si formano dalla dissociazione dei sali semplici che li formano. Ad esempio se dissociamo separatamente il cloruro di sodio NaCl ed il cloruro platinico PtCl4, si ottiene NaCl Na+ + ClPtCl4 Pt4+ + 4Clma se mescoliamo le due soluzioni si ottiene un sale complesso, l'esacloroplatinato di sodio Na2PtCl6, il quale non un sale doppio, ma un sale complesso in quanto si dissocia in
Na2PtCl6 2Na+ + PtCl62La soluzione presenta quindi caratteristiche diverse da quelle delle soluzioni dei sali semplici I sali complessi dissociandosi possono dar luogo ad un anione complesso (come nell'esempio precedente), ad un catione complesso o ad entrambi. Sali con anioni complessi Si conoscono molti sali con anioni complessi derivati dagli idracidi. HgI3BF4SiF62AuCl4SnCl62PtCl62Fe(CN)63Fe(CN)64anione triiodomercurato anione tetrafluoborato anione esafluosilicato anione tetracloroaurato anione esaclorostannato anione esacloroplatinato anione esacianoferrato o ferricianuro anione esacianoferrito o ferrocianuro
Tutti questi sali possono essere considerati come derivati da acidi complessi, alcuni dei quali sono in grado di esistere allo stato libero come HBF4 HAuCl4 H2SiF6 H4Fe(CN)6 acido fluoborico acido cloroaurico acido fluosilicico acido ferrocianidrico
Tali acidi si possono ottenere a) per reazione tra un alogenuro (un sale di un acido alogenidrico) e l'acido alogenidrico corrispondente AuCl3 + HCl HAuCl4 SiF4 + 2HF H2SiF6 b) spostando l'acido dai suoi sali, mediante trattamento con un acido forte K2CS3 + 2HNO3 2KNO3 + H2CS3 (acido solfocarbonico o tritiocarbonico) Un gruppo particolarmente numeroso di sali complessi sono i solfosali, che si formano per reazione tra solfuri metallici e solfuri di semimetalli. Na2S + CS2 Na2CS3 (solfocarbonato o tritiocarbonato sodico) Lo zolfo, che appartiene allo stesso gruppo chimico dell'ossigeno, presenta per certi versi una chimica ad esso parallela. La reazione tra il solfuro di sodio e il solfuro di carbonio, ad esempio, analoga a quella che avviene tra un ossido e un'anidride. Se sostituiamo lo zolfo con l'ossigeno otteniamo infatti la reazione Na2O + CO2 Na2CO3
Cos i solfuri metallici possono essere pensati come solfoossidi, mentre i solfuri dei semimetalli come solfoanidridi. La loro reazione produce dei solfosali. 3CaS + As2S5 Ca3(AsS4)2 solfoarseniato (o tetratioarseniato) di calcio 3CaO + As2O5 Ca3(AsO4)2 arseniato di calcio
Analogamente si possono ottenere solfoarseniti (o tritioarseniti) come Na 3AsS3, solfoantimoniti (o tritioantimoniti) come Na3SbS3, solfostannati (o tritiostannati) come Na2SnS3 etc. Sali con cationi complessi Anche se meno numerosi, esistono anche sali che presentano cationi complessi. Se ad esempio viene aggiunta dell'ammoniaca NH3, ad una soluzione satura di cloruro di argento AgCl (sale poco solubile), il precipitato si scioglie per la formazione del catione complesso [Ag(NH3)2]+ ione diammino argento Il sale complesso in soluzione sar quindi il cloruro di diammino argento [Ag(NH3)2]Cl Cationi complessi si formano ad esempio ogni volta che un sale ferrico viene sciolto in acqua. Il Fe3+ forma infatti con sei molecole d'acqua il catione complesso [Fe(H2O)6]3+ ione esaacquoferrico
responsabile del colore porpora delle soluzioni dei sali ferrici. Il colore giallastro, molto comune nelle soluzioni dei sali ferrici, prodotto dalla sostituzione di una molecola d'acqua con un ossidrile [Fe(OH)(H2O)5]2+ ione pentaacquo idrossi ferrico Naturalmente si possono formare anche sali in cui sia l'anione che il catione sono complessi, come [Co(NH3)3(H2O)3][Fe(CN)6] [Cu(NH3)4]3(AsS4) [Cr(NH3)4Cl2][Pt(NH3)Cl3] esacianoferrato (o ferricianuro) di triammino-triacquo-cobalto tetratioarseniato tetraamminorameico monoammino-tricloro-platinito tetrammino-dicloro-cromico
8.6
Sali e acidi complessi appartengono ad un vasto gruppo di composti detti "complessi". In generale un composto complesso si forma quando ad un atomo o ad un catione metallico centrale si legano, con legami di tipo dativo, pi molecole di una sostanza detta "complessante", avente una o pi coppie di elettroni non condivisi da impegnare. Gli agenti complessanti, detti anche "leganti", sono anioni o sostanze neutre. Si dice che il catione centrale "coordina" intorno a s le molecole leganti. Per questo motivo i composti complessi sono anche detti composti di coordinazione. I pi comuni leganti anionici sono
(-ONO)
acquoamminonitrosilcarbonil-
(-NO) (=CO)
I cationi che pi facilmente formano complessi sono quelli che presentano le pi elevate densit di carica (ione piccolo con carica elevata). Il numero di leganti che un catione in grado di coordinare detto numero di coordinazione dello ione complessante. Il numero di coordinazione di gran lunga pi frequente il 6. Abbastanza comuni anche il 2 e il 4. Molto pi rari i numeri dispari. Il numero di coordinazione di un catione quasi sempre pari al doppio del suo nox pi elevato. Ad esempio il Ferro (nox +2, +3) presenta numero di coordinazione 6 il Rame (nox +1, +2) presenta numero di coordinazione 4 l'Argento (nox +1) presenta numero di coordinazione 2 il Cobalto (nox +2, +3) presenta numero di coordinazione 6 I complessi esacoordinati sono ottaedrici I complessi tetracoordinati sono tetraedrici o quadrati planari I complessi bicoordinati sono lineari Ad esempio si ritiene che nello ione complesso esammino cromico, Cr(NH3)63+, lo ione Cr3+, che presenta la seguente configurazione superficiale
formi 6 orbitali ibridi sp3d2, per i quali la teoria VSEPR prevede appunto una disposizione ottaedrica.
Questi 6 orbitali vuoti sarebbero dunque disponibili per formare 6 legami dativi con altrettante molecole di ammoniaca. regole convenzionali per la scrittura di un complesso 1) prima si scrive il metallo (agente complessante) 2) poi si scrivono i leganti in ordine alfabetico preceduti dal prefisso che ne indica il numero (mono-, di-, tri-, tetra- etc) 8.6.1 Nomenclatura dei complessi
ANIONI COMPLESSI: il metallo con desinenza -ato, seguito dal suo nox in numeri romani tra parentesi, secondo la notazione di Stock, codificata dalla convenzione IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) oppure, secondo la vecchia terminologia, il metallo con desinenza -ato o -ito in relazione al suo nox
Fe(CN)64-
anione esacianoferrato (II) (leggi: esacianoferrato due) oppure anione esacianoferrito anione esacianoferrato (III) (leggi: esacianoferrato tre) oppure anione esacianoferrato
Fe(CN)63-
metallo seguito dal suo nox in numeri romani tra parentesi, secondo la notazione di Stock, codificata dalla convenzione IUPAC oppure, il metallo con desinenza -oso o -ico, in relazione al suo nox Cu(NH3)42+ ione tetraammino rame (II) oppure ione tetraamminorameico
CATIONI COMPLESSI: il
Isomeria
Si definiscono isomeri i composti chimici che presentano identica formula grezza (e quindi medesima massa molecolare), ma diverse caratteristiche chimiche e/o fisiche.
Catena
Costituzionale
Posizione Funzione
Isomeria
CONFORMAZIONALE
Stereoisomeria
CONFIGURAZIONALE
Diastereoisomeria Enantiomeria
Gli isomeri si suddividono in due grandi famiglie: isomeri costituzionali (o isomeri di struttura) e stereoisomeri (o isomeri spaziali) 1) Gli isomeri costituzionali che differiscono per lordine con cui sono legati i loro atomi (diversa connettivit). Presentano pertanto diversa formula di struttura e per questo sono anche detti isomeri di struttura. 2) Gli stereoisomeri, che pur mantenendo inalterati i legami tra gli atomi e manifestando quindi la medesima connettivit, differiscono per la disposizione degli atomi nello spazio. Per questo motivo sono anche detti isomeri spaziali.
9.1 Isomeria costituzionale
La diversa connettivit degli isomeri di struttura pu essere ricondotta a tre diverse cause, in relazione alle quali lisomeria costituzionale si suddivide ulteriormente in isomeria di catena, isomeria di posizione e isomeria di gruppo funzionale 9.1.1 isomeria di catena Consideriamo i seguenti due composti di formula molecolare C4H10
n-butano Isobutano (2-metilpropano)
CH3 CH CH3
|
CH3
Essi differiscono per la disposizione degli atomi di carbonio. Nel primo composto si ha una catena lineare, mentre nel secondo si ha una catena ramificata. In questo caso i due composti sono isomeri in quanto hanno la stessa formula grezza; ma differiscono net modo in cui gli atomi di carbonio sono legati e sono detti isomeri di catena. Lo stesso tipo di isomeria si presenta se gli atomi di carbonio sono legati per formare un ciclo. E il caso dei seguenti composti a catena ciclica di formula molecolare C6H12
Metil ciclopentano
cicloesano
CH3
9.1.2 Isomeria di posizione Consideriamo ora i seguenti composti di formula molecolare C3H7Cl
1-cloropropano 2-cloropropano
CH3 CH CH3
|
Cl
|
Cl
Si osserva che latomo di Cloro in posizione diversa. I due composti sono quindi definiti isomeri di posizione in quanto hanno la stessa formula grezza, ma differiscono unicamente per la posizione dellatomo di Cloro 9.1.3 Isomeria di gruppo funzionale Sono composti che, pur dotati della stessa formula molecolare, presentano gruppi funzionali diversi. Di questa categoria fanno parte ad esempio composti quali letanolo (gruppo funzionale OH) e il dimetiletere (gruppo funzionale O-), entrambi con formula molecolare C2H6O
Etanolo Etere dimetilico
CH3 CH2
|
OH
CH3 O CH3
Un tipo particolare di isomeria di gruppo funzionale la tautomeria. Le molecole tra le quali esiste tautomeria sono dette tautomeri e la reazione chimica che converte un tautomero nel suo isomero detta tautomerizzazione. Nella maggior parte dei casi la tautomerizzazione comporta un trasferimento di un atomo di idrogeno (tautomeria prototropica), accompagnato dallo scambio di un legame covalente singolo con uno doppio adiacente. In soluzione, dove possibile che avvenga la tautomerizzazione, si raggiunge un equilibrio chimico tra i vari tautomeri. Lacido ortofosforoso H3PO3, ad esempio, in soluzione acquosa in equilibrio con il suo tautomero, lacido fosfonico. Uno dei tre ossidrili dellacido ortofosforoso si dissocia perdendo uno ione H+. Lanione ortofosfito che si genera descrivibile come un ibrido di risonanza in cui la carica negativa delocalizzata tra latomo di Ossigeno e quello di Fosforo. Lanione pu quindi ricatturare lo ione H + perso in precedenza utilizzando latomo di Fosforo (parzialmente negativo), generando in tal modo lacido fosfonico.
Si noti come, mentre le due molecole tautomere esistono e descrivono due strutture molecolari isomere in reciproco equilibrio, le due strutture che descrivono lanione risonante non esistono, essendo due strutture limite usate per rappresentare la reale struttura dellanione risonante, ad esse intermedia. Un analogo esempio di tautomeria si ha con lacido ipofosforoso H 3PO2 (o acido fosfinico)
9.2
Stereoisomeria
La stereoisomeria descrive gli isomeri che, pur presentando la medesima struttura o connettivit, differiscono per la disposizione degli atomi nello spazio tridimensionale (dal greco stereos = solido, inteso come studio della molecola nelle tre dimensioni dello spazio) La stereoisomeria si pu ulteriormente suddividere in isomeria conformazionale ed isomeria configurazionale in relazione alla modalit con cui gli stereoisomeri possono idealmente essere convertiti luno nellaltro L'isomeria conformazionale una forma di isomeria spaziale (stereoisomeria) in cui gli isomeri sono convertibili luno nellaltro senza rompere legami, ma attraverso rotazioni attorno ad un legame. Gli isomeri conformazionali si presentano in miscele non fisicamente separabili L'isomeria configurazionale una forma di isomeria spaziale (stereoisomeria) in cui gli isomeri possono essere trasformati luno nellaltro solo rompendo legami chimici e scambiando di posizione i gruppi legati ad un atomo. Gli isomeri configurazionali sono fisicamente separabili
9.2.1 Isomeria conformazionale L'isomeria conformazionale deriva dalla possibilit di rotazione attorno al legame semplice di una molecola, ed alle diverse disposizioni spaziali che gli atomi o i raggruppamenti atomici possono assumere come conseguenza di tale rotazione. Gli stereoisomeri che ne derivano sono detti conformeri o rotameri. Nella molecola delletano (C2H6), ad esempio, vi libera rotazione attorno al legame sigma C-C.
Per questo motivo la struttura dell'etano pu assumere tutte le possibili posizioni intermedie tra due conformazioni limite: la sfalsata e la eclissata.
Osservando la molecola delletano lungo il legame C-C nella conformazione eclissata gli idrogeni legati al primo atomo di carbonio si sovrapporranno a quelli del secondo atomo, coprendoli (eclissandoli) completamente nella conformazione sfalsata gli idrogeni legati al primo atomo di carbonio si posizioneranno esattamente tra quelli del secondo atomo, alternandosi ad essi
La conformazione sfalsata pi stabile, con una energia potenziale inferiore rispetto alla conformazione eclissata di circa 3 kcal/mol.(energia torsionale) e ci significa che la molecola dell'etano passa la maggior parte del suo tempo nella conformazione sfalsata. Tuttavia, poich la "barriera energetica" tra le due conformazioni non molto elevata, a temperatura ambiente le molecole di etano possiedono sufficiente energia per essere in rotazione continua, passando da una conformazione sfalsata ad un'altra attraverso tutte le possibili conformazioni intermedie. A causa di ci impossibile isolare un particolare conformero. In effetti, a causa della loro rapida interconversione, le conformazioni di una molecola non dovrebbero essere considerate veri e propri isomeri ed il termine isomeri conformazionali andrebbe pi opportunamente sostituito con il termine conformazioni molecolari. 9.2.2 Isomeria configurazionale A differenza dei conformeri, gli isomeri configurazionali sono degli stereoisomeri che, pur mantenendo la medesima connettivit (i collegamenti tra i singoli atomi rimangono i medesimi), possono essere trasformati luno nellaltro solo rompendo legami chimici.
Isomeri configurazionali la connettivit si conserva (il Fluoro, il Bromo, il Cloro e lIdrogeno sono legati al Carbonio in entrambi gli isomeri), ma per trasformare un isomero nellaltro necessario rompere i legami C-F e C-Br e scambiare di posizione gli atomi di Fluoro e Bromo
L'isomeria configurazionale una forma di isomeria spaziale (stereoisomeria) che si divide in enantiomeria e diastereoisomeria. Sono enantiomeri gli isomeri configurazionali chirali. Si definisce chirale (dal greco ceir = cheir = mano) una molecola che non sovrapponibile alla sua immagine speculare. Sono diastereoisomeri gli isomeri configurazionali achirali, che non sono uno limmagine speculare dellaltro. Alcuni autori definiscono diastereoisomeri tutti gli stereoisomeri che non sono enantiomeri, comprendendo quindi tra i diastereoisomeri anche i conformeri. Lo schema di classificazione in questo caso diventerebbe il seguente
Catena
Costituzionale
Posizione Funzione
Isomeria
Enantiomeria
Configurazionale (Stereoisomeria)
Noi tuttavia ci atterremo qui allo schema di classificazione presentato allinizio della trattazione.
Lenantiomeria o isomeria ottica una forma di isomeria configurazionale che deriva dalla presenza di molecole chirali, che non sono sovrapponibili alla loro immagine speculare. Si noti che se limmagine speculare di una molecola fosse ad essa sovrapponibile, non si tratterebbe di un nuovo stereoisomero, ma della medesima molecola.
Le molecole chirali di gran lunga pi diffuse sono dovute alla presenza di un atomo di carbonio tetraedrico asimmetrico, un carbonio ibridato sp3 tetrasostituito (legato a 4 gruppi chimici uno diverso dallaltro e spesso indicato con un asterisco *). Ne sono un esempio i due enantiomeri dellamminoacido alanina.
Per la sua capacit di generare stereoisomeri, latomo di Carbonio tetraedrico asimmetrico viene definito stereogenico. La stereogenicit la propriet che possiede una struttura atomica, per questo detta struttura stereogenica, di produrre un nuovo stereoisomero come conseguenza dello scambio tra due atomi (o gruppi chimici) ad essa legati (inversione). Le strutture stereogeniche (o elementi stereogenici) possono rendere chirali le molecole in cui si trovano, ma ci non avviene sempre necessariamente.
La presenza di una struttura stereogenica non rende dunque automaticamente chirale una molecola. Sono strutture stereogeniche i centri stereogenici (come latomo di Carbonio asimmetrico), gli assi stereogenici ed i piani stereogenici, spesso impropriamente detti centri chirali, assi chirali e piani chirali. Laggettivo chirale andrebbe infatti usato per indicare lintera molecola (ovviamente se essa chirale) e non una parte di essa. La chiralit infatti una propriet dellintera molecola e non di un atomo o di un gruppo di atomi al suo interno. Se una molecola risulta chirale come conseguenza della presenza di una di queste strutture stereogeniche, allora si parla di chiralit centrale, chiralit assiale e chiralit planare, Esistono infine molecole chirali come conseguenza di una struttura elicoidale. La chiralit elicoidale anche detta elicit. La chiralit assiale si genera quando due coppie di sostituenti, ciascuno diverso dallaltro allinterno di una medesima coppia, si trovano legate alle due estremit di una struttura molecolare rigida allungata
(asse stereogenico o, impropriamente, asse chirale), in modo da presentarsi sfalsati, se osservati lungo lasse stereogenico. E possibile immaginare un asse stereogenico come il risultato di uno stiramento di un centro stereogenico tetraedrico
A B D A C B
asse stereogenico
D C
centro stereogenico
Mentre un centro stereogenico tetraedrico per generare un composto chirale deve possedere 4 sostituenti diversi (a b c d), un asse stereogenico per generare un composto chirale sufficiente che presenti i due sostituenti di ogni coppia diversi tra loro. Risultano pertanto chirali anche i composti del tipo
Un esempio di asse stereogenico si ha con gli alleni. Gli alleni presentano due doppi legami adiacenti separati da un carbonio ibridato sp. Lasse stereogenico costituito dal gruppo C=C=C. Ciascun doppio legame giace su di un piano perpendicolare rispetto allaltro formando una struttura lineare rigida che costringe i sostituenti alle due estremit dellasse stereogenico ad assumere una conformazione sfalsata stabile. Gli alleni sono chirali solo se i due sostituenti che formano ciascuna coppia sono tra loro diversi. Se nella molecola sono presenti pi assi stereogenici (pi doppi legami cumulati) lallene pu essere chirale solo se possiede un numero dispari di doppi legami cumulati.
La chiralit planare si genera quando un gruppo di atomi disposti su di un piano (piano stereogenico o, impropriamente, piano chirale) sono connessi ad una struttura rigida (spesso a ponte) che si estende sopra o sotto il piano.
La chiralit elicoidale o elicit si genera quando la molecola presenta una configurazione avvitata (elicoiale). Le molecole di questo tipo possono presentarsi in due forme enantiomeriche, distinguibili in relazione al senso di avvitamento destrorso o sinistrorso.
Ne un esempio il twistano , un triciclodecano formato da anelli fusi di cicloesano in conformazione a treccia (twist)
Gli enantiomeri hanno propriet fisiche identiche (p. ebollizione, p. fusione, solubilit etc), ad eccezione dellattivit ottica e propriet chimiche identiche, con lesclusione della interazione con reattivi chirali (otticamente attivi). Si definisce attivit ottica la capacit di una molecola di ruotare il piano della luce polarizzata. In particolare quando una luce polarizzata, che vibra lungo un solo piano, attraversa una soluzione contenente una molecola chirale il suo piano di vibrazione viene ruotato di un certo angolo [] che dipende dalla concentrazione, dalla lunghezza donda della luce monocromatica, dalla temperatura, dal solvente usato e dalla lunghezza del percorso ottico.
Per standardizzare i valori delle attivit ottiche si adottata come unit di misura la rotazione specifica
t
lunghezza donda (in genere l = 589 nm riga D dello spettro di emissione del sodio) [a ]D :
25
(o potere rotatorio specifico) [a ]l misurata ad una certa temperatura (in genere t = 25 C) e ad una certa
t [a ]l =
a = l c
La misura dellattivit ottica molto comune e serve a distinguere gli enantiomeri fra di loro. Due enantiomeri, a parit di condizioni, ruotano infatti il piano della luce polarizzata del medesimo angolo, ma in senso opposto. Lenantiomero che produce una rotazione in senso orario (destrogiro) viene indicato con il segno (+), mentre quello che produce una rotazione in senso antiorario (levogiro) con il segno (-). I due enantiomeri vengono anche definiti antipodi ottici. Un sistema contenente un ugual numero di molecole dei due enantiomeri non presenta attivit ottica, viene contraddistinto dal simbolo () posto davanti al nome del composto e si definisce miscela racemica o racemo. Una miscela in cui uno dei due enantiomeri presente in maggiore quantit mostrer una rotazione ottica proporzionale alla percentuale della specie in eccesso.
Una miscela racemica non pu essere separata dai suoi componenti mediante i comuni metodi fisici (cristallizzazione, distillazione etc.). Per la separazione si deve prevedere luso di specie chirali che interagiscono diversamente con le due molecole di differente chiralit. Nei sistemi biologici, ad esempio, questo ruolo svolto dagli enzimi che sono in grado di metabolizzare una forma enantiomerica lasciando laltra inalterata. Configurazione di una molecola chirale: stereodescrittori R/S I due enantiomeri di una molecola chirale differiscono solamente per la disposizione spaziale dei loro sostituenti intorno alla struttura stereogenica. Presentano cio una diversa configurazione. Per definire univocamente il nome e la configurazione assoluta degli enantiomeri si ricorre alle regole di Cahn-Ingold-Prelog (regole CIP) che permettono di assegnare a ciascuno sostituente dello stereocentro un ordine di priorit.
Regole di Cahn-Ingold-Prelog
1. La priorit viene attribuita sulla base del numero atomico. Pi elevato il numero atomico pi alta la priorit del sostituente. Per esempio: 17Cl > 8O > 7N > 6C > 1H 2. A parit di numero atomico (isotopi), la priorit spetta allisotopo con massa atomica maggiore. Cos il trizio, lisotopo dellidrogeno con massa di 3 uma, ha priorit pi alta del deuterio che ha massa atomica di 2 uma. Lidrogeno, che ha numero atomico 1 e massa atomica di 1 uma, ha la pi bassa priorit non soltanto rispetto ai suoi isotopi, ma anche rispetto a tutti gli altri elementi della tavola periodica. 3. Se lapplicazione delle due regole precedenti non permette di assegnare la priorit, significa che i due atomi confrontati sono uguali ed allora necessario esaminare e confrontare ordinatamente gli altri atomi a cui sono necessariamente legati (se non fossero legati ad altri atomi i due sostituenti sarebbero uguali e non vi sarebbe stereoisomeria). Si procede pertanto, sempre applicando le regole precedenti, al confronto degli atomi successivi in entrambe le catene fino al punto in cui si individua una differenza di priorit. per esempio.
Una volta che la priorit CIP sia stata assegnata ai gruppi legati allo stereocentro, si orienta la molecola in modo tale che il sostituente a pi bassa priorit (4) sia diretto lontano dallosservatore, mentre i gruppi a priorit pi elevata (1,2,3) siano rivolti verso losservatore. A questo punto, se per andare ordinatamente dal gruppo a priorit maggiore a quello a priorit minore (1 2 3) si procede in senso orario, si assegna allo stereocentro la configurazione R (dal latino rectus, quindi destrorsa). Se, invece, si procede in senso antiorario, si assegna allo stereocentro la configurazione S (dal latino sinister, quindi sinistrorsa). Si scrive R ed S in corsivo (italico) e non R ed S
DIASTEREOISOMERIA
Tutti gli isomeri configurazionali che non sono enantiomeri sono, per definizione, diastereoisomeri. Si definiscono pertanto diastereoisomeri, gli isomeri configurazionali che non sono limmagine speculare luno dellaltro (ed ovviamente non sono neppure sovrapponibili, altrimenti sarebbero il medesimo composto). La forma pi nota e diffusa di diastereoisomeria lisomeria geometrica o isomeria cis-trans. Lisomeria geometrica una forma di isomeria configurazionale che deriva dalla presenza nella molecola di un elemento di rigidit (doppio legame Carbonio-Carbonio, anello ciclico) che impedisce alla molecola di ruotare liberamente e completamente attorno ad un legame Carbonio-Carbonio. Gli isomeri geometrici hanno propriet fisiche diverse (punto di fusione, punto di ebollizione, densit, indice di rifrazione diversi) e sono quindi fisicamente separabili. Il doppio legame carbonio-carbonio, oltre a conferire allo scheletro molecolare una disposizione planare, impedisce ad esempio alla molecola di ruotare attorno all'asse del legame. Si dice che non vi libera rotazione attorno ad un doppio legame. Da ci deriva l'esistenza di forme isomere che differiscono, per la posizione spaziale statica (configurazione) di due sostituenti, a seconda che questi ultimi si dispongano dalla stessa parte (isomero cis) o su lati opposti (isomero trans) rispetto al doppio legame. Prendiamo ad esempio in considerazione i seguenti 2 isomeri geometrici del 2-butene.
Ciascun composto ha formula grezza C4H8, ma la disposizione dei gruppi rispetto ai due atomi di carbonio legati con doppio legame diversa. In particolare nellisomero cis i due gruppi metilici si trovano dallo stesso lato rispetto al doppio legame, mentre nellisomero trans si trovano su lati opposti. La stessa situazione si ripete ovviamente anche per gli atomi di idrogeno. Si noti che il butene presenta altri due isomeri (non geometrici): un isomero di posizione (1-butene) ed uno di catena (isobutene)
Entrambi questi isomeri non sono isomeri geometrici. Infatti, l'isomeria geometrica non pu esistere se uno dei due atomi impegnati nel doppio legame legato a due gruppi uguali: Gli isomeri geometrici presentano due diverse configurazioni e non possibile passare dall'una all'altra senza rompere il doppio legame. Esistono alcuni isomeri geometrici che non possono essere classificati usando il metodo cis/trans, ad esempio quelli che presentano i due atomi di carbonio impegnati nel doppio legame legati a 4 sostituenti diversi. Prendiamo ad esempio in considerazione i due isomeri del 1-bromo-1-cloro-1propene.
Quale dei due alogeni, il bromo o il cloro, deve essere considerato in posizione trans rispetto al metile e quale in posizione cis? Per superare questa difficolt la IUPAC ha introdotto un metodo differente di nomenclatura per gli isomeri geometrici degli alcheni, che utilizza gli stereodescrittori E/Z. Il metodo prevede di assegnare a ciascuno sostituente un ordine di priorit utilizzando le regole di Cahn-Ingold-Prelog. Secondo il metodo E/Z: 1) Le due estremit del doppio legame vengono considerate separatamente. 2) utilizzando le regole di Cahn-Ingold-Prelog si individua il gruppo a maggior priorit tra i due gruppi di destra ed il gruppo a maggior priorit tra i due gruppi di sinistra (ovviamente affinch ci possa essere isomeria geometrica i due gruppi ad ogni estremit devono essere tra loro differenti 3) Il prefisso (E) (entgegen = opposti) viene assegnato allo stereoisomero in cui i due gruppi a maggior priorit si trovano ai lati opposti rispetto al doppio legame 4) Il prefizzo (Z) (zusammen = insieme) viene assegnato allo stereoisomero in cui i due gruppi a priorit pi elevata si trovano dallo stesso lato del doppio legame.
Il fenomeno della isomeria geometrica si ritrova in tutte le classi di composti che contengono un doppio legame. Esistono tuttavia esempi di isomeria geometrica anche in composti privi di doppi legami. il caso ad esempio dei cicloalcani disostituiti, in cui i due gruppi sostituenti possono trovarsi dalla stessa parte (cis) o da parti opposte (trans) rispetto al piano dellanello. Ad esempio il cicloesano, nella sua conformazione pi stabile (a sedia), pu legare 2 sostituenti entrambi dallo stesso lato del piano dellanello, formando un isomero cis, oppure ai lati opposti, formando un isomero trans
Formano diastereoisomeri anche molecole con pi di un atomo di carbonio asimmetrico. Consideriamo ad esempio la seguente molecola che presenta due atomi di carbonio asimmetrici (indicati con gli asterischi).
Nello schema successivo sono rappresentati i suoi 4 isomeri configurazionali. Tra essi vi sono due coppie di enantiomeri (uno limmagine speculare non sovrapponibile dellaltro) e 4 coppie di diastereoisomeri.
10 Stechiometria La stechiometria (dal gr. stoikeion = elemento, sostanza fondamentale) lo studio delle relazioni numeriche e dei rapporti ponderali che intercorrono tra le sostanze chimiche durante le reazioni.
10.1 Bilanciamento delle reazioni chimiche
Le equazioni chimiche sono la rappresentazione simbolica delle reazioni chimiche, cio dei processi in cui una o pi sostanze, dette reagenti, si trasformano in altre, dette prodotti di reazione. Un'equazione in cui compaiano a sinistra del segno di reazione () le formule dei reagenti e a destra le formule dei prodotti di reazione, ha solamente significato qualitativo. Affinch la reazione acquisti anche un significato quantitativo, in modo da permettere il calcolo delle quantit delle sostanze che partecipano alla reazione, necessario che la reazione venga bilanciata. Bilanciare una reazione significa porre dinanzi alla formula di ciascuna sostanza un numero, detto coefficiente stechiometrico, in modo che ogni elemento compaia a destra e a sinistra del segno di reazione con lo stesso numero di atomi (bilancio di massa) e venga cos soddisfatto il principio di conservazione della massa. Per bilanciare una reazione non vi sono regole precise, ma in genere opportuno seguire i seguenti criteri: 1) Si bilancia inizialmente un elemento che non sia l'idrogeno o l'ossigeno. 2) se bilanciando tale elemento si modifica qualche altro elemento, si procede subito al suo bilanciamento 3) bilanciati tutti gli elementi, si procede a bilanciare l'idrogeno ed infine l'ossigeno Bilanciamo ad esempio la seguente reazione Fe2(CO3)3 + HNO3 Fe(NO3)3 + H2CO3 Iniziamo bilanciando il ferro: poich vi un atomo di ferro tra i prodotti di reazione e 2 tra i reagenti, moltiplichiamo per 2 il nitrato ferrico ponendogli davanti un coefficiente "2". Fe2(CO3)3 + HNO3 2Fe(NO3)3 + H2CO3 in tal modo abbiamo modificato anche il numero di atomi di azoto tra i prodotti di reazione che ora sono 6. Poich tra i reagenti vi un solo atomo di azoto, poniamo un coefficiente "6" davanti all'acido nitrico Fe2(CO3)3 + 6HNO3 2Fe(NO3)3 + H2CO3 Ora sia il ferro che l'azoto sono bilanciati. Bilanciamo il carbonio. Vi sono 3 atomi di carbonio tra i reagenti e 1 tra i prodotti di reazione. Poniamo quindi un coefficiente "3" davanti all'acido carbonico Fe2(CO3)3 + 6HNO3 2Fe(NO3)3 + 3H2CO3
Verifichiamo l'idrogeno. 6 atomi tra i reagenti, 6 atomi tra i prodotti di reazione. L'idrogeno bilanciato. Verifichiamo l'ossigeno. 27 atomi tra i reagenti, 27 tra i prodotti di reazione. L'equazione bilanciata! Una volta che l'equazione bilanciata siamo in grado di effettuare considerazioni di tipo quantitativo sulla reazione. Nel caso della reazione appena bilanciata possiamo ad esempio affermare che una molecola di carbonato ferrico Fe2(CO3)3 necessita di 6 molecole di acido nitrico HNO3 per reagire e che da tale reazione si producono 2 molecole di nitrato ferrico Fe(NO3)3 e 3 di acido carbonico H2CO3. Inoltre, a seguito della proporzionalit esistente tra numero di molecole e numero di moli, i coefficienti stechiometrici rappresentano contemporaneamente anche il numero di moli di ciascuna sostanza, coinvolte nella reazione chimica. Ci fondamentale poich ci permette di trasformare i rapporti numerici in proporzioni ponderali, consentendoci di calcolare le quantit in peso che partecipano alle reazioni chimiche. Ad esempio, dopo aver calcolato il peso molare delle diverse specie chimiche,
PM HNO3 = 63 g / mol
PM H 2CO3 = 62 g / mol
possiamo calcolare quanti grammi di ciascun composto partecipano alla reazione chimica, moltiplicando il peso molare di ciascuno per il numero di moli con cui ciascuna sostanza compare nella reazione. Possiamo in definitiva affermare che 292 g di carbonato ferrico (1 mole x 292 g/mol) reagiscono con 378 g di acido nitrico (6 moli x 63 g/mol) per dare 484 g di nitrato ferrico (2 moli x 242 g/mol) e 186 g di acido carbonico (3 moli x 62 g/mol).
10.2 Reazioni di ossidoriduzione
Ossidazione - Un elemento chimico si ossida quando, durante una reazione, il suo numero di ossidazione aumenta. Una reazione di ossidazione comporta quindi un trasferimento di elettroni. Un atomo che si ossida perde tanti elettroni quanti sono indicati dalla variazione del suo numero di ossidazione (nox). Riduzione - Un elemento chimico si riduce quando, durante una reazione, il suo numero di ossidazione diminuisce. Una reazione di riduzione comporta quindi un trasferimento di elettroni. Un atomo che si riduce acquista tanti elettroni quanti sono indicati dalla variazione del suo numero di ossidazione (nox). E' allora evidente che quando, durante una reazione chimica, un elemento si ossida, perdendo elettroni, dovr esistere un altro elemento che, acquistandoli, si riduce. Le reazioni di ossidazione e di riduzione devono perci necessariamente avvenire contemporaneamente. Si parla pertanto di reazioni di ossidoriduzione o di reazioni redox. Bilanciare una reazione redox pi complicato che bilanciare una reazione in cui non vi trasferimento di elettroni. In generale per bilanciare una reazione redox necessario porre davanti agli elementi che si ossidano e che si riducono dei coefficienti tali da garantire l'eguaglianza tra il numero di elettroni persi da un elemento ed il numero di elettroni acquistati dall'altro (bilancio degli elettroni).
Le reazioni redox possono essere proposte in due modi: in forma molecolare o in forma ionica netta.
10.3 Strategia di bilanciamento delle reazioni redox in forma molecolare
Prima di procedere al bilanciamento ovviamente necessario verificare che la reazione sia effettivamente una "redox". E' cio necessario verificare che almeno due elementi abbiano subito durante la reazione dei cambiamenti nei numeri di ossidazione. Ci risulta particolarmente evidente quando un elemento si trova da un lato della linea di reazione allo stato elementare (nox = 0) e dall'altro si trova legato all'interno di un composto (nox 0). In tutti gli altri casi necessario calcolare i numeri di ossidazione, scrivendo i numeri di ossidazione variati sopra i rispettivi elementi.
0 -2 -3 0
N2 + H2O NH3 + O2
1) Calcolo elettroni ceduti/acquistati. Si uniscono con una freccia gli atomi dell'elemento che si ossida e con un'altra gli atomi dell'elemento che si riduce, individuando in tal modo le semireazioni di ossidazione e di riduzione. In corrispondenza di ciascuna freccia si scrive il numero di elettroni persi ed acquistati, calcolato come prodotto tra la variazione (in aumento o in diminuzione) del numero di ossidazione (nox), ed il numero di atomi (indice) dell'elemento che reagisce. Nellesempio che segue: - lAzoto diminuisce il suo nox (riduzione) passando da 0 a -3 con una variazione di 3 elettroni (nox = 3) che, moltiplicati per i 2 atomi di azoto presenti in N 2, cio per lindice dellelemento che si riduce, danno 6 elettroni acquistati - Lossigeno aumenta il suo nox (ossidazione) pssando da -2 a 0, con una variazione di 2 elettroni che, moltiplicati per lunico atomo di Ossigeno presente in H2O, cio per lindice dellelemento che si ossida, danno 2 elettroni ceduti
In altre parole i due atomi di azoto che si riducono, acquistando ciascuno 3 elettroni, catturano complessivamente 6 elettroni, mentre l'atomo di ossigeno presente nell'acqua, che si ossida, perde in tutto due elettroni.
2) Scrittura semireazioni e bilancio di massa - Si scrivono le due semireazioni di riduzione e di ossidazione. Si bilanciano gli elementi che si ossidano e che si riducono (bilancio di massa). Nel caso in cui il bilancio di massa implichi una variazione del coefficiente che precede un reagente necessario moltiplicare per lo stesso numero anche gli elettroni trasferiti nella semireazione, aggiornando il numero di elettroni persi o acquistati.
N2 + 6e NH3
(riduzione)
H2O O2 + 2e
(ossidazione)
N2 + 6e 2NH3
aggiungiamo un 2 davanti allacqua per bilanciare lOssigeno e aggiorniamo a 4 gli elettroni persi durante la semireazione di ossidazione (ogni molecola dacqua cede infatti 2 elettroni, 2 molecole dacqua ne cedono 4)
2H2O O2 + 4e
3) Calcolo del rapporto di scambio elettronico e bilancio elettronico - Si calcola il rapporto di scambio elettronico tra la specie che si riduce e quella che si ossida (rapporto tra elettroni acquistati ed elettroni ceduti). In questo caso il rapporto sar 6/4 = 3/2. In altre parole per ogni 3 elettroni assorbiti dalla semireazione di riduzione, 2 elettroni vengono ceduti dalla semireazione di ossidazione. Si utilizzano numeratore e denominatore del rapporto di scambio per moltiplicare, in croce, entrambi i membri delle due semireazioni.. In altre parole si usa il numero trovato in una semireazione per moltiplicare laltra (e viceversa) in modo che siano bilanciati (minimo comune multiplo) gli elettroni trasferiti (bilancio elettronico).
Infatti 2 molecole biatomiche di azoto acquistano complessivamente 12 elettroni, mentre i 6 atomi di ossigeno presenti nelle 6 molecole di acqua perdono complessivamente 12 elettroni. Sommando membro a membro le due semireazioni si ottiene infine la reazione bilanciata 2N2 + 12e 4NH3
La variazione nel numero di ossidazione del Wolframio nox = 6 - 16/3 = 2/3. Ovviamente in questo caso la variazione nel numero di ossidazione non ha significato fisico (un atomo di Wolframio non pu acquistare 2/3 di un elettrone), ma pu essere comunque utilizzata per il bilanciamento. 2) Scrittura semireazioni e bilancio di massa Scriviamo e bilanciamo le semireazioni
SnCl2 H2SnCl6 + 2e
(ossidazione)
Lo Stagno gi bilanciato. Bilanciamo il Wolframio ed aggiorniamo il numero di elettroni acquistati da 3 atomi di Wolframio 3WO3 + 6e/3 W3O8 che equivale a 3WO3 + 2e W3O8 Il rapporto di scambio elettronico 2/2 = 1. Le due semireazioni sono gi bilanciate per quel che riguarda il numero di elettroni scambiati (la semireazione di ossidazione cede 2 elettroni, tanti quanti ne acquista la semireazione di riduzione). Sommiamo membro a membro le due semireazioni
2x 1x
( NaClO (NaClO
10.3.3 Redox con pi di due elementi che variano il nox In reazioni redox complesse in cui pi di due elementi variano il loro numero di ossidazione risulta pi conveniente eseguire il bilancio elettronico aggiornando i coefficienti solo per i reagenti. Si sommano quindi le due semireazioni e si esegue successivamente il bilancio di massa aggiornando i coefficienti anche dei prodotti di reazione Esempio 1) Si consideri la seguente reazione
O2 + 4e Fe2O3 + SO2
riduzione
Il rapporto di scambio elettronico 11/4. Eseguiamo il bilancio elettronico moltiplicando per 4 i reagenti della semireazione di ossidazione e per 11 i reagenti della semireazione di riduzione.
Na2CO3 + C + N2 CO + NaCN
In questo caso vi sono due elementi che si riducono. LAzoto che passa da 0 a -3 ed il Carbonio del carbonato che passa da +4 a +2
Na2CO3 + N2 + 8e NaCN
riduzione
C CO + NaCN + 2e
osidazione
Il rapporto di scambio elettronico 8/2 = 4/1. Eseguiamo il bilancio elettronico moltiplicando per 1 i reagenti della semireazione di riduzione e per 4 i reagenti della semireazione di riduzione
Na2CO3 + N2 + 4C CO + NaCN
ed ora completiamo il bilancio di massa aggiornando i coefficienti dei prodotti. Bilanciamo il Sodio
Na2CO3 + N2 + 4C CO + 2NaCN
ed infine lOssigeno
Spesso le reazioni redox vengono rappresentate in forma ionica netta, riportando solo gli ioni e le molecole indissociate nelle quali avviene un cambiamento del numero di ossidazione ed eventualmente, se necessario ioni H+, OH- e molecole di H2O a seconda che la reazione avvenga in ambiente acido, basico o neutro. Quando una redox viene proposta in forma ionica necessario specificare se essa decorre in ambiente acido, basico o neutro. Pi correttamente, se la reazione decorre in ambiente acido dovrebbe comparire uno ione H+ sopra la freccia di reazione, mentre se decorre in ambiente basico dovrebbe comparire uno ione OH- sopra la freccia di reazione.
La strategia di bilanciamento prevede - bilancio elettroni (conservazione degli elettroni scambiati) - bilancio cariche (conservazione della carica elettrica) - bilancio masse (conservazione della massa)
I + MnO4
I2 + Mn
2+
1) si scrivono i numeri di ossidazione e si individuano le semireazioni di ossidazione e di riduzione. Si calcola il numero di elettroni persi ed acquistati, come variazione del valore dei numeri di ossidazione (nox), moltiplicato per il numero di atomi (indice) dellelemento che reagisce. Nellesempio il Manganese diminuisce il suo nox (riduzione) da +7 a +2, con una variazione di 5 elettroni, mentre lo Iodio passa da -1 a 0 (ossidazione) con una variazione di 1 elettrone
2) Si scrivono le semireazioni di ossidazione e di riduzione. Si bilanciano gli elementi che si ossidano e si riducono e, se necessario, si aggiornano gli elettroni trasferiti. Nellesempio che segue dobbiamo bilanciare lo Iodio ed aggiornare a 2 il numero di elettroni persi durante la semireazione di ossidazione (1 elettrone per ciascun atomo di Iodio) 2I I2 + 2e
(ossidazione)
MnO4 + 5e Mn
(riduzione)
2+
3) Si esegue il bilancio di carica per ogni semireazione con ioni H+ (ambiente acido) e, se necessario, si aggiungono molecole di acqua per ribilanciare la massa eventualmente squilibratasi. Si determina quindi il rapporto di scambio elettronico, (rapporto tra elettroni persi ed elettroni acquistati), La semireazione di ossidazione gi a posto in quanto presenta due cariche negative tra i reagenti e due cariche negative tra i prodotti (i due elettroni) 2I I2 + 2e
2 cariche 2 cariche
La semirazione di riduzione presenta 6 cariche negative tra i reagenti (uno ione e 5 elettroni) e 2 cariche positive tra i prodotti. 2+ + 5e Mn MnO4
1 carica 5 cariche 2 cariche
6 cariche
Aggiungiamo 8 ioni H+ tra i reagenti per bilanciare la carica e 4 molecole dacqua tra i prodotti per ribilanciare la massa
8H+ + MnO4 + 5e Mn
2+
+ 4H2O
Il rapporto di scambio elettronico tra le due semireazioni 2/5 (per ogni 2 elettroni persi dalla semireazione di ossidazione vi sono 5 elettroni acquistati dalla semireazione di riduzione) 4) Si usa rapporto di scambio elettronico per il bilancio degli elettroni. Si usa il numero di elettroni trovato in una semireazione per moltiplicare laltra (e viceversa) in modo che siano bilanciati gli elettroni trasferiti. Si sommano quindi le due semireazioni
x 5 = 10I- 5I2 + 10e x 2 = 16H+ + 2MnO4- + 10e 2Mn2+ + 8H2O 10I- + 2MnO4- + 16H+ 5I2 + 2Mn2+ + 8H2O
5) Nel caso tutti i coefficienti siano divisibili per un medesimo numero, si esegue la semplificazione.
MnO4 + NH3
MnO2 + NO3
1) si scrivono i numeri di ossidazione e si individuano le semireazioni di ossidazione e di riduzione. Si calcola il numero di elettroni persi ed acquistati, come variazione del valore dei numeri di ossidazione (nox), moltiplicato per il numero di atomi (indice) dellelemento che reagisce. In questo caso si tratta di una redox in cui il Manganese (nox = +7) si riduce, diminuendo il suo numero di ossidazione a +4 (nox = 3e) e lAzoto (-3) si ossida, aumentando il suo numero di ossidazione a +5 (nox = 8e).
2) si scrivono le semireazioni di ossidazione e di riduzione Si bilanciano gli elementi che si ossidano e si riducono e, se necessario, si aggiornano gli elettroni trasferiti. Nellesempio che segue sia lAzoto che il Manganese risultano gi bilanciati.
NH3 NO3 + 8e
(ossidazione)
MnO4 + 3e MnO2
(riduzione)
3) Si esegue il bilancio di carica per ogni semireazione con ioni OH- (ambiente basico) e, se necessario, si aggiungono molecole di acqua per ribilanciare la massa eventualmente squilibratasi. Si determina quindi il rapporto di scambio elettronico, (rapporto tra elettroni persi ed elettroni acquistati), La semireazione di ossidazione presenta 9 cariche negative tra i prodotti e nessuna carica tra i reagenti + 8e NH3 NO3 1 carica 8 cariche
9 cariche
Aggiungiamo 9 ioni OH- tra i reagenti per bilanciare la carica e 6 molecole dacqua tra i prodotti per ribilanciare la massa 9OH + NH3 NO3 + 6H2O + 8e
La semirazione di riduzione presenta 4 cariche negative tra i reagenti (uno ione e 3 elettroni) e nessuna carica tra i prodotti. MnO4 + 3e MnO2
1 carica 3 cariche
4 cariche
Aggiungiamo 4 ioni OH tra i prodotti per bilanciare la carica e 2 molecole dacqua tra i reagenti per ribilanciare la massa MnO4 + 2H2O + 3e MnO2 + 4OH Il rapporto di scambio elettronico tra le due semireazioni 8/3 (per ogni 8 elettroni persi dalla semireazione di ossidazione vi sono 3 elettroni acquistati dalla semireazione di riduzione)
4) Usiamo il rapporto di scambio elettronico per il bilancio degli elettroni. Si usa il numero di elettroni trovato in una semireazione per moltiplicare laltra (e viceversa) in modo che siano bilanciati gli elettroni trasferiti. Si sommano quindi le due semireazioni
(9OH + NH3 NO3 + 6H2O + 8e) x 3 = 27OH + 3NH3 3NO3- + 18H2O + 24e
P4
H2PO2 + PH3
1) si scrivono i numeri di ossidazione e si individuano le semireazioni di ossidazione e di riduzione. Si calcola il numero di elettroni persi ed acquistati, come variazione del valore dei numeri di ossidazione (nox), moltiplicato per il numero di atomi (indice) dellelemento che reagisce. In questo caso si tratta di una dismutazione in cui il Fosforo elementare (nox = 0) si ossida, aumentando il suo numero di ossidazione a +1 (nox = 1e) e si riduce a -3, diminuendo il suo numero di ossidazione a -3 (nox = 3e).
2) si scrivono le semireazioni di ossidazione e di riduzione Si bilanciano gli elementi che si ossidano e si riducono e, se necessario, si aggiornano gli elettroni trasferiti.
P4 H2PO2 + 4e
(ossidazione)
P4 + 12e PH3
(riduzione)
3) Si esegue il bilancio di carica per ogni semireazione con ioni OH- (ambiente basico) e, se necessario, si aggiungono molecole di acqua per ribilanciare la massa eventualmente squilibratasi. Si determina quindi il rapporto di scambio elettronico, (rapporto tra elettroni persi ed elettroni acquistati), La semireazione di ossidazione presenta 8 cariche negative tra i prodotti e nessuna carica tra i reagenti
P4
4H2PO2
4e
4 cariche
4 cariche
8 cariche
Aggiungiamo 8 ioni OH tra i reagenti per bilanciare la carica. La massa ora risulta bilanciata senza aggiungere acqua. P4 + 8OH 4H2PO2 + 4e La semireazione di riduzione presenta 12 cariche negative tra i reagenti e nessuna carica tra i prodotti
P4
12e
12 cariche
4PH3
Aggiungiamo 12 ioni OH tra i prodotti per bilanciare la carica e 12 molecole dacqua tra i reagenti per ribilanciare la massa
P4 + 12H2O + 12e
4PH3 + 12OH
4) Usiamo il numero trovato in una semireazione per moltiplicare laltra (e viceversa) in modo che siano bilanciati gli elettroni trasferiti (bilancio elettronico). Si sommano quindi le due semireazioni
(P4 + 8OH- 4H2PO2- + 4e) x 3 = 3P4 + 24OH 12H2PO2 + 12e (P4 + 12H2O + 12e 4PH3 + 12OH ) x 1 = P4 + 12H2O + 12e 4PH3 + 12OH 4P4 + 12OH + 12H2O 12H2PO2 + 4PH3
5) Nel caso tutti i coefficienti siano divisibili per un medesimo numero, si esegue la semplificazione. Dividiamo entrambi i membri dellequazione chimica per 4
-
10.5 Trasformazione di una redox proposta in forma molecolare in una redox in forma ionica
Per trasformare una reazione redox molecolare in forma ionica: 1. Si attribuisce ad ogni atomo il nox e si verifica in quali elementi esso subisca una variazione. 2. Si eliminano tutte le molecole i cui atomi mantengano il nox invariato durante la reazione 3. Le molecole rimanenti, i cui atomi abbiano subito variazioni di nox, vengono dissociate se si tratta di sali, acidi ed idrossidi. Non si dissociano in genere le molecole biatomiche dei gas ed i composti binari come ossidi, anidridi, perossidi, idruri etc. 4. Si osserva in quale ambiente avviene la reazione (acido, basico o neutro), per poter poi effettuare correttamente il bilancio di carica. In particolare si verifica se tra i composti sono presenti acidi o basi. 5. Si riportano nella reazione solo le molecole e gli ioni, ottenuti dalla dissociazione, che contengano atomi che abbiano subito variazioni di nox. Esempio 1 Proviamo ad esempio a trasformare in forma ionica la seguente redox scritta in forma molecolare
Il Cromo e lo Iodio sono gli elementi che variano il nox durante la reazione Eliminiamo le specie chimiche che non contengono Cromo e Iodio
K2Cr2O7 + KI Cr(NO3)3 + I2
dissociamo, se possibile, le rimanenti
K2Cr2O7 2K+ + Cr2O72KI K+ + I Cr(NO3)3 Cr3+ + 3NO3riportiamo nella reazione solo le molecole e gli ioni, ottenuti dalla dissociazione, che contengano Cromo e Iodio
Cr2O72 + I Cr3+ + I2
Lambiente acido per presenza di HNO3, per cui quando si effettuer il bilancio di carica dovranno essere introdotti ioni H+. La reazione scritta in forma ionica netta la seguente
Cr2O72 + I
Cr3+ + I2
Bilanciamola. Scriviamo la semireazione di riduzione del Cromo. Ciascun atomo di Cromo acquista 3 elettroni passando da un nox = +6 ad un nox = +3. Dunque i due atomi di Cromo dellanione bicromato acquistano complessivamente 6 elettroni
Cr2O72 + 6e Cr3+
Eseguiamo il bilancio di massa del cromo
Cr2O72 + 6e 2Cr3+
Eseguiamo il bilancio di carica. Ci sono 8 cariche negative tra i reagenti e 6 positive tra i prodotti. Aggiungiamo dunque 14 ioni H+ tra i reagenti
2I I2 + 2e
La carica gi bilanciata essendoci due cariche negative sia tra i reagenti che tra i prodotti. Il rapporto di scambio elettronico di 6/2 = 3/1. Moltiplichiamo dunque per 1 la semireazione di riduzione e per 3 la semireazione di ossidazione
(14H+ + Cr2O72 + 6e 2Cr3+ + 7H2O) x 1 = 14H+ + Cr2O72 + 6e 2Cr3+ + 7H2O ( 2I I2 + 2e) x 3 = 6I 3I2 + 6e
Sommiamo membro a membro le due semireazioni ed otteniamo 2+ 3+
-
A questo punto possiamo utilizzare i coefficienti trovati per scrivere lequazione completa in forma molecolare
HNO3 H+ + NO3Al(NO3)3 Al3+ + 3NO3riportiamo nella reazione solo le molecole e gli ioni, ottenuti dalla dissociazione, che contengano Alluminio e Azoto. Tenendo tuttavia conto del fatto che lanione nitrato in parte si riduce ad
ammoniaca ed in parte rimane inalterato, possiamo escluderlo dai prodotti di reazione (in quanto come prodotto di reazione non partecipa alla redox).
NO3- + 8e NH3
La semireazione gi bilanciata in massa (un atomo di Azoto per parte). Eseguiamo il bilancio di carica. Ci sono 9 cariche negative tra i reagenti e nessuna carica tra i prodotti. Aggiungiamo dunque 9 ioni H+ tra i reagenti 9H+ +NO3- + 8e NH3 Ribilanciamo la massa aggiungendo 3 molecole di acqua tra i prodotti
x 8=
+ -
Ricordando che i coefficienti stechiometrici di un'equazione chimica bilanciata rappresentano, in scala macroscopica, il numero di moli delle sostanze che reagiscono allora possibile determinare i rapporti in peso, o rapporti ponderali, tra le specie chimiche. Ricordiamo che il numero di moli (n) di una sostanza chimica pari al suo peso in grammi (W), diviso il suo peso molare (PM)
n=
W PM
Se dunque dobbiamo calcolare a quanti grammi corrispondono 2,7 moli di anidride carbonica CO2, dopo aver calcolato il peso molare consultando la tabella periodica (PM = Peso atomico carbonio + 2 volte il Peso atomico dell'ossigeno = 12 + 2 x 16 = 44), si avr
W = n PM = 2,7 44 = 118,8 g
Esempi di calcolo ponderale 1) Data la reazione CH4 + 2O2 CO2 + 2H2O Calcolare quanta acqua si forma bruciando 1 Kg di metano. Dopo aver determinato il peso molare del metano (16 g) ed il peso molare dell'acqua (18g), li moltiplichiamo per i rispettivi coefficienti stechiometrici definendo in tal modo il rapporto in peso in cui reagiscono i due composti, pari a 16/36. In altre parole per ogni 16 grammi di metano che reagiscono si formano 36 grammi di acqua. Possiamo allora impostare la seguente proporzione 16 : 36 = 1000 : x che risolta ci da il seguente risultato: x = 2250 g 2) data la reazione FeS + 2HCl FeCl2 + H2S calcolare quanti grammi di cloruro ferroso si formano facendo reagire 100 g di solfuro ferroso con 80 g di acido cloridrico. Calcolare quale dei due reagenti non si consuma completamente e quanto ne rimane alla fine della reazione. Il peso molare del solfuro ferroso FeS 87,85 g, dell'acido cloridrico HCl 36,45 g ( 2 moli peseranno allora 2 x 36,45 = 72,9 g) , del cloruro ferroso FeCl2 126,75 g Verifichiamo allora se 100 g di FeS reagiscono effettivamente con 80 g di HCl, impostando la seguente proporzione 87,85 : 72.9 = 100 : x da cui x = 82,98 g di acido cloridrico Ci significa che 100 grammi di FeS reagiscono con 82,98 g di HCl. Ma nel sistema sono presenti solo 80 g di HCl. Ne deduciamo che non tutti i 100 g di FeS sono in grado di reagire, mentre l'acido cloridrico reagir completamente. L'acido cloridrico rappresenta la specie chimica limitante. Vediamo allora quanti grammi di FeS reagiscono con 80 g di HCl, impostando la seguente proporzione 87,85 : 72,9 = y : 80 da cui y = 96,41 g di FeS Alla fine della reazione troveremo perci che 100 - 96,41 = 3,59 g di FeS non hanno reagito.
Per calcolare ora quanto FeCl2 si forma possiamo impostare una proporzione partendo indifferentemente dal peso di HCl (80g) o di FeS (96,41 g) che reagiscono. Le due proporzioni sono le seguenti 72,9 : 126,75 = 80 : z 87,85 : 126,75 = 96,41 : z da cui z = 139,1 g di FeCl2.
11 Stato gassoso
Lo stato di aggregazione di una sostanza, solido, liquido o aeriforme, dipende, oltre che dal tipo e dall'intensit delle forze intermolecolari, dai valori che assumono la pressione P, la temperatura T ed il volume V. Per questo motivo tali grandezze sono dette variabili di stato. Nello stato gassoso le distanze tra le molecole risultano molto elevate, poich le particelle possiedono energia cinetica sufficiente a vincere le forze di attrazione intermolecolari e sono perci in grado di separarsi. Il moto caotico delle particelle allo stato gassoso determina il fenomeno della diffusione, per il quale un gas occupa sempre tutto lo spazio a sua disposizione e presenta per questo motivo forma e volume del recipiente che lo contiene. Il Volume definito come la porzione di spazio occupata da un corpo. Esso viene misurato in m3 ed in chimica, pi spesso in litri (L). La Temperatura misura la capacit di un corpo di dare sensazioni di caldo e freddo. Pi precisamente essa una misura dell'energia cinetica media delle particelle che costituiscono un corpo. La temperatura si misura in 1) gradi centigradi o Celsius (C) 2) gradi assoluti o Kelvin (K) 3) gradi Fahreneit (F). La scala Celsius (t) convenzionalmente costruita assegnando al ghiaccio fondente la temperatura di 0 C e all'acqua bollente la temperatura di 100 C. La scala delle temperature assolute (T) costruita partendo dalla constatazione che la pi bassa temperatura Celsius corrisponde a -273,15C. Poich non sono possibili temperature inferiori, tale valore rappresenta lo zero assoluto delle temperature. La scala delle temperature assolute si ottiene quindi traslando l'origine della scala Celsius dagli 0C a 273,15C. E' evidente quindi che per trasformare i gradi Celsius in gradi Kelvin sufficiente utilizzare la seguente relazione di conversione T = t + 273,15 Cos, ad esempio, lo zero della scala Celsius corrisponde a 273,15 K, mentre l'acqua bolle a 373,15 K. Nella scala Fahreneit al ghiaccio fondente assegnata convenzionalmente una temperatura di 32 F, mentre all'acqua bollente assegnata convenzionalmente la temperatura di 212 F . A differenza della scala centigrada dunque, dove tale intervallo diviso in 100 gradi, nella scala Fahreneit suddiviso in 180 gradi. Un grado Fahreneit risulta perci pi piccolo di un grado centigrado. La temperatura determina la direzione del flusso di calore. La Pressione si definisce come il rapporto tra una forza e la superficie sulla quale la forza agisce. Le unit di misura della pressione sono molteplici. Le pi utilizzate sono a) chilogrammo su centimetro quadrato (kg/cm2)
b) atmosfera (atm). E' definita come la pressione esercitata dall'atmosfera terrestre sul livello del mare (slm), a 0C, a 45 N, con un'umidit relativa pari allo 0% . 1 atm = 760 mm di Hg ( o torr) = 1,033 kg/cm2 c) pascal (Pa). Nel Sistema Internazionale SI la forza esercitata da 1 N (newton) sulla superficie di m2. ( 1 newton la forza che, applicata alla massa di 1 kg produce un'accelerazione di 1 m/s2). d) bar. Nel sistema cgs la forza esercitata da 106 dine su 1 cm2. ( 1 dina la forza che, applicata alla massa di 1 g produce un'accelerazione di 1 cm/s2). 1 atm = 1,013 Bar = 101.325 pascal Si definiscono condizioni normali (c.n.) o standard di temperatura e pressione (STP), la temperatura di 0 C e la pressione di 1 atm.
Le ricerche sperimentali effettuate sullo stato aeriforme (a partire dai lavori di Robert Boyle verso la met del Seicento) hanno dimostrato che se un gas sufficientemente rarefatto e/o possiede una temperatura sufficientemente elevata, il suo comportamento fisico risulta indipendente dalla sua natura chimica. In altre parole, tutti i gas che si trovano sufficientemente distanti dal loro punto di liquefazione si comportano allo stesso modo e possono essere descritti mediante un unico formalismo matematico. E' cio possibile trattare le particelle che compongono il gas (molecole o atomi che siano) come punti materiali le cui interazioni dipendono esclusivamente dal loro numero per unit di volume e dalla loro energia cinetica media, trascurando le forze intermolecolari che dipendono evidentemente dalla loro natura chimica. Tale approccio verr in effetti completamente sviluppato e formalizzato solo nella seconda met dell'Ottocento con la Meccanica statistica, attraverso la teoria cinetico- molecolare dei gas. E' comunque possibile descrivere il comportamento fisico dei gas senza ricorrere ad una descrizione della dinamica delle interazioni molecolari, limitandosi a formulare le relazioni che legano le variabili macroscopiche o variabili di stato: pressione, volume e temperatura. Tali relazioni sono note come leggi dei gas perfetti. Un gas perfetto un gas ideale in cui gli urti delle particelle sono perfettamente elastici, ciascuna particella non occupa virtualmente volume (particella puntiforme) e non vi sono forze intermolecolari che vincolino in alcun modo il moto delle molecole. E' evidente che un gas perfetto in realt non esiste, si tratta solo di un'utile astrazione. Ma in opportune condizioni di rarefazione i gas reali possono avvicinarsi in modo accettabile a tale modello ideale. Le leggi dei gas perfetti sono 4. Le prime tre sono state ottenute mantenendo costante una delle tre variabili di stato ed osservando sperimentalmente la relazione esistente nelle variazioni delle due rimanenti. La quarta legge mette invece in relazione contemporaneamente tutte e tre le variabili di stato in un'unica equazione.
11.1.1 Legge di Boyle (relazione tra P e V con T costante) Nel 1662 Boyle dimostr che mantenendo costante la temperatura il volume di una data massa di gas inversamente proporzionale alla pressione esercitata su di esso.
P1.V1 = P2.V2 = K ed in definitiva PV = K La curva che si ottiene ponendo in ascisse il volume ed in ordinata la temperatura naturalmente un ramo di iperbole equilatera detta isoterma. Naturalmente effettuando l'esperimento a diverse temperature si ottengono diverse isoterme. Aumentando la temperatura l'isoterma si sposta verso l'esterno.
11.1.2 Legge di Charles o 1a legge di Gay-Lussac (relazione tra V e T con P costante) Nel 1787 il francese J.A.C. Charles dimostr che gas diversi mantenuti a pressione costante subiscono la stessa dilatazione quando vengono portati da 0C a 100C. Nel 1802 Gay-Lussac, riprendendo le esperienze di Charles, giunge a formulare una relazione che lega il Volume alla temperatura Vt = Vo (1 +a t ) dove a = il coefficiente di espansione e vale 1/273 Vt = Volume alla temperatura di tC Vo = Volume alla temperatura di 0C
In altre parole, mantenendo costante la pressione, ogni aumento di 1 della temperatura produce un aumento del volume pari ad 1/273 del volume che il gas occupava alla temperatura di 0C. Infatti
Vt = Vo +
t Vo 273
dove si osserva che il volume alla temperatura di tC (Vt) pari al volume alla temperatura di 0C (Vo) aumentato di un valore pari a t/273 del volume Vo. La relazione precedente pu essere scritta 273 + t Vt = Vo 273 e ricordando che 273 + t = T
Vt =
Vo T 273
Poich infine il volume a pressione costante (P = K) e alla temperatura di 0C assume sempre lo stesso valore, il rapporto Vo/273 una costante. Se quindi esprimiamo la temperatura in gradi assoluti, la legge di Gay-Lussac afferma che il volume a tC direttamente proporzionale alla temperatura assoluta. Il valore della costante di proporzionalit dipende ovviamente dalla pressione alla quale facciamo l'esperimento e dalla quantit di gas che si prende in considerazione. La relazione che lega il Volume alla Temperatura a Pressione costante dunque di proporzionalit diretta ed quindi rappresentabile tramite una retta di pendenza Vo/273. Se in ascissa poniamo la temperatura centigrada la retta incontra l'asse delle ordinate in Vo. e quello delle ascisse in -273. Se in ascissa poniamo la temperatura assoluta la retta attraversa l'origine. La retta ottenuta detta isobara.
Naturalmente i valori espressi dalla retta hanno significato solo fino ad una certa temperatura, al di sotto della quale il gas si liquefa e diventa in pratica incomprimibile. Facendo comunque proseguire idealmente la retta (linea tratteggiata) si raggiunge lo zero assoluto (-273C) al di sotto del quale si otterrebbe il risultato assurdo di un volume negativo della materia.
11.1.3 2a legge di Gay-Lussac (relazione tra P e T a V costante) Analogamente a quanto avviene nella prima legge di Gay-Lussac, la pressione di un gas a volume costante direttamente proporzionale alla temperatura. Se si utilizza la temperatura centigrada si ha
Pt = Po (1 + a t )
con a = 1/273 Pt = Pressione alla temperatura di tC Po = Pressione alla temperatura di 0C In altre parole, mantenendo costante il volume, ogni aumento di 1 della temperatura produce un aumento della pressione pari ad 1/273 della pressione che il gas esercitava alla temperatura di 0C. Infatti
Pt = Po +
t Po 273
dove si osserva che la pressione alla temperatura di tC (Pt) pari alla pressione alla temperatura di 0C (Po) aumentata di un valore pari a t/273 della pressione Po. Anche in questo caso, esprimendo la temperatura in gradi Kelvin si ottiene una retta passante per l'origine, detta isocora, di equazione
Pt =
Po T 273
11.1.4 Equazione di stato dei gas perfetti (Clapeyron) Le tre leggi dei gas possono combinarsi in un'unica relazione in cui compaiono contemporaneamente tutte e tre le variabili di stato. L'equazione dovuta al francese Clapeyron (1834). Si consideri 1 mole di un gas qualsiasi e le due isoterme di 0C e di tC. Consideriamo ora i tre punti A, B e C posti sulle isoterme e le trasformazioni AB e BC 1) La trasformazione AB, avvenendo a pressione Po costante una trasformazione isobara per la quale vale la relazione Vt = Vo(1 + at) 2) la trasformazione BC, avvenendo a temperatura t costante una isoterma per la quale vale la relazione PV = PoVt.
sostituendo ora nella seconda il valore Vt ricavato dalla prima si ottiene PV = PoVo(1+ at) da cui
273 + t PV = PVo o 273
e quindi
PV =
PoVo T 273
Poich Po e Vo sono la pressione e il volume alla temperatura costante di 0C, il loro prodotto , per la legge di Boyle, costante e quindi anche la quantit
Po Vo costante. 273
Ricordando che 1 mole di qualsiasi gas a 0C e ad 1 atmosfera occupa sempre 22,414 L, se poniamo Po = 1 atm, Vo sar appunto pari a 22,414 L ed il rapporto, noto come costante universale dei gas R, varr
R=
Pa m3 R = 8,3145 mol K
mentre nel sistema cgs R vale
joule mol K
erg mol K
R = 8,3145 107
Per una mole di gas l'equazione di stato diventa dunque PV = RT Per n moli il volume Vo ad 1 atmosfera e 0C non sar evidentemente 22,414 L, ma sar pari ad n volte 22,414 L e l'equazione diverr PV = nRT 11.1.5 Equazione di stato dei gas reali (van der Waals) Il modello di gas perfetto basato, come abbiamo visto, sulle seguenti due ipotesi: i. Le molecole del gas sono puntiformi ii. Le forze intermolecolari sono nulle Vedremo come il venire meno di queste ipotesi influenzi il comportamento di un gas reale. Per analizzare il comportamento non ideale di un gas reale si pu esaminare il fattore di comprimibilit Z pV Z= nRT Per un gas perfetto Z = 1. Dallequazione di stato dei gas perfetti si ha infatti che il rapporto tra pV ed nRT eguale ad 1. Se p < 1 il gas pi comprimibile di un gas perfetto (a parit di temperatura e di pressione applicata il volume V inferiore a quello atteso per un gas ideale e dunque il prodotto pV che sta a numeratore del fattore di comprimibilit pi piccolo) Se p > 1 il gas meno comprimibile di un gas perfetto (a parit di temperatura e di pressione applicata il volume V superiore a quello atteso per un gas ideale e dunque il prodotto pV che sta a numeratore del fattore di comprimibilit pi grande)
Tutti i gas reali si comportano in modo anomalo, ma tendono all'idealit (Z = 1) quando P tende a 0 e quando la loro T elevata. Per la maggior parte dei gas il rapporto di comprimibilit tende ad essere minore di 1 a basse pressioni. Ci significa che il gas reale pi comprimibile di quanto lo sarebbe un gas perfetto e ci fa pensare allesistenza di forze intermolecolari di tipo attrattivo tali da favorire la compressione del gas. Un fattore di comprimibilit maggiore di 1 (tipicamente ad alte pressioni) invece indice della presenza di forze intermolecolari repulsive a corto raggio dazione tali da opporsi alla compressione. Aumentando la temperatura i minimi delle curve diventano sempre meno marcati, finch per temperature sufficientemente elevate (il cui valore esatto dipende dal gas) il fattore di comprimibilit sempre maggiore di 1.
Abbiamo visto che i gas reali soddisfano lequazione di stato del gas perfetto quando si verificano una delle due (o entrambe) le condizioni seguenti i. Bassa densit: P 0 ii. Alta temperatura I gas reali non sempre si comportano idealmente, specialmente a basse temperature e/o ad alte pressioni. I motivi di questa deviazione dalla idealit sono determinati: 1. dalle reali dimensioni fisiche delle particelle per cui nei gas reali il volume materialmente occupato dalle molecole non trascurabile rispetto al volume del recipiente in cui contenuto il gas 2. dalla presenza di forze di interazione tra le particelle (forze di van der Waals); Van der Waals modific lequazione di stato del gas ideale in modo da tener conto di queste due differenze essenziali fra gas ideale e gas reale: Covolume Se n moli di gas reale occupano il volume V, il volume in cui le molecole possono liberamente muoversi non V ma la differenza fra V e la parte di V materialmente occupata dallinsieme delle molecole che costituiscono le n moli. Se b il volume materialmente occupato dalle molecole che costituiscono una mole di gas, indicato come covolume, il volume realmente disponibile per il movimento delle molecole presenti nelle n moli di gas reale (V nb). Il volume proprio delle molecole gassose (covolume) diventa apprezzabile in confronto al volume del recipiente quando la densit del gas (n/V) elevata. Essendo n/V = P/RT, ci si verifica ad alte pressioni e/o a basse temperature. Pertanto : V(ideale) = V(reale) nb In realt il volume b indisponibile al libero movimento delle molecole non esattamente pari a N volte il volume occupato da una singola molecola (con N = numero di Avogadro), Si pu infatti dimostrare
che il covolume corrisponde al quadruplo del volume complessivo delle 6,022 1023 molecole contenute in una mole Ipotizziamo che le molecole del gas si comportino come sfere rigide (hard spheres) di raggio pari a r = d/2, noto come raggio di van der Waals. Quando due molecole sono addossate luna allaltra, possibile individuare una superficie sferica di raggio pari a d, che le contiene e le avviluppa. Tale superficie individua un volume inaccessibile (volume escluso) per il centro di massa di altre molecole.
Infatti, se il centro di una terza particella fosse in grado di entrare allinterno di tale inviluppo sferico, vorrebbe dire che la terza particella sarebbe in grado di penetrare allinterno di una delle due particelle che, per definizione, si comportano come sfere rigide e devono dunque essere impenetrabili.
4 3 p d . Se assegniamo met di tale volume a 3 2 ciascuna delle due particelle, avremo che ciascuna di esse preclude alle altre un volume pari a p d 3 3 16 3 Ed essendo d = 2r, il volume precluso da ogni molecola sar p r , che risulta essere 4 volte superiore 3 4 al volume p r 2 della singola molecola. 3 2 In definitiva il covolume b risulta essere pari a N volte il volume precluso p d 2 da una molecola. 3 2 b = N p d2 3 Tale relazione pu essere utilizzata, noti i valori sperimentali di b, per stimare le dimensioni d di sfera rigida delle molecole e quindi il loro raggio di van der Waals
Esempio -5 3 -1 Stimiamo le dimensioni di sfera rigida dellOssigeno molecolare O2, sapendo che la costante b = 3,183 10 m mol
dO2 =
Il raggio di van der Waals dellOssigeno sar pari alla met del suo diametro di sfera rigida e dunque 147 pm
Forze intermolecolari Come abbiamo pi volte detto,. la differenza di comportamento tra un gas reale ed un gas ideale tanto pi evidente quanto maggiore la densit del gas, cio ad alte pressioni e/o basse temperature. Aumentare la pressione comporta una riduzione della distanza media tra le particelle e quindi un aumento delle forze di interazione.
Diminuire la temperatura significa rendere le molecole pi lente e quindi pi sensibili alle deboli forze di interazione. Se due molecole di un gas reale vengono progressivamente avvicinate, insorgono dapprima forze attrattive, poi, al diminuire della distanza, diventano sensibili le forze repulsive che, successivamente, equilibrano e superano le forze attrattive. Nel campo di applicabilit dellequazione di van der Waals, le distanze fra le molecole sono tali che si sempre nel campo delle forze attrattive. Ancora una volta, le mutue forze di attrazione intermolecolari (che vedremo pi in dettaglio in seguito) diventano sensibili quando la densit del gas (n/V) elevata. In queste condizioni laffollamento maggiore e la distanza tra le molecole minore. Le forze di attrazione intermolecolare diminuiscono la frequenza degli urti contro le pareti del recipiente e quindi la pressione reale esercitata dal gas risulta minore di quella ideale. La coesione molecolare rallenta le molecole pi esterne della massa gassosa, rendendone con ci meno frequenti e in media meno violenti gli urti contro le pareti. Allinterno del fluido lattrazione reciproca tra le molecole mediamente la stessa in tutte le direzioni e quindi il suo effetto complessivo trascurabile, mentre negli strati in prossimit delle pareti del recipiente non cos perch la compensazione viene a mancare. Quindi per le molecole che sono in prossimit della parete si ha una forza netta diretta verso linterno che diminuisce la pressione che avrebbe il gas in approssimazione di gas perfetto.
Van der Waals dimostr che la diminuzione della pressione ideale direttamente proporzionale al quadrato della concentrazione del gas (n/V)2. P(ideale) a(n/V)2 = P(reale) Il termine a (n/V)2 noto come pressione interna o pressione di coesione La pressione dipende dalla frequenza di collisione con il recipiente e dallefficacia dellurto. Poich le attrazioni rallentano le molecole il loro effetto sar duplice: le molecole colpiranno infatti le pareti del recipiente con una frequenza pi bassa e con minor energia. Entrambi gli effetti risultano proporzionali alla concentrazione del gas (n /V), pertanto la riduzione della pressione proporzionale al quadrato della concentrazione molare. Lequazione di stato dei gas ideali (Clapeyron) Pideale Videale = nRT viene dunque modificata secondo van der Waals in 2 n Preale + a [Vreale - bn] = nRT V Dividendo entrambi i membri per il numero di moli n si ottiene lequazione di Van der waals in una forma in cui non compare il numero di moli e compare invece il volume molare Vm = V/n
a P + 2 (Vm - b ) = RT Vm I parametri a e b sono caratteristici di ogni gas e vengono misurati sperimentalmente. Una stima del parametro b fornita dalla misura del volume molare del composto allo stato liquido.
Si noti che, se il gas molto rarefatto, cio se il volume grande, i termini correttivi introdotti diventano trascurabili e lequazione di van der Waals tende allequazione di stato del gas perfetto. Il valore della pressione interna del tutto trascurabile in rapporto a quello della pressione effettiva alle normali condizioni di pressione e temperatura, non pu invece essere trascurato, neanche in valutazioni di prima approssimazione, quando la pressione diventa molto grande e la temperatura molto bassa. Per aria sotto pressione di 1 atm, la pressione interna vale solo 0,0028 atm a 0C, e 0,0056 atm a -75C. Ma sotto pressione di 100 atm, la pressione interna vale 26 atm a 0C, e 84,5 atm a -75C. Il valore del covolume, diverso da gas a gas, si aggira mediamente attorno ai 30 cm3/mol, perci corrisponde a circa lo 0,15% del volume occupato da una mole di gas in condizioni standard di pressione e temperatura (1 atm, 0C).
Costanti di van der Waals
a 2 2 (L bar/mol ) 20,72 4,448 14,09 17,81 17,82 4,510 3,716 5,338 4,490 5,536 4,225 20,16 6,803 1,363 1,408 18,24 3,640 28,94 14,66 7,769 23,11 6,579 25,77 11,05 7,570 27,27 5,354 0,03457 24,71 11,39 5,562 b (L/mol) 0,1412 0,05136 0,0994 0,1168 0,1068 0,04431 0,04081 0,04637 0,04287 0,03049 0,03707 0,1263 0,05636 0,03219 0,03913 0,1154 0,04267 0,1539 0,1226 0,06901 0,1424 0,05622 0,1453 0,08651 0,06483 0,1642 0,04424 0,0237 0,1735 0,08098 0,0638 a 2 2 (L bar/mol ) 12,18 17,61 8,180 10,74 20,19 4,692 4,692 10,78 0,2476 33,52 2,349 8,200 2,283 9,649 1,505 0,2135 1,358 1,378 19,26 8,779 3,832 4,377 11,77 19,00 13,04 19,7483 22,90 4,251 24,38 4,250 b (L/mol) 0,08407 0,1344 0,07246 0,08409 0,1286 0,05264 0,05156 0,0998 0,02661 0,1656 0,03978 0,01696 0,04278 0,06702 0,03985 0,01709 0,02789 0,03183 0,146 0,08445 0,04415 0,05786 0,07685 0,1214 0,09213 0,1281 0,1485 0,05571 0,1463 0,05105
Acetato di etile Acetilene Acetone Acetonitrile Acido acetico Acido bromidrico Acido cloridrico Acido selenidrico Acido solfidrico Acqua Ammoniaca Anidride acetica Anidride solforosa Argon Azoto Benzene Biossido di carbonio Bromobenzene Butano Cianogeno Cicloesano Cloro Clorobenzene Cloroetano Clorometano Cloruro stannico Diossido di azoto Elio Esano Etanediolo Etano
Etanolo Etere dietilico Etere dimetile Etilamina Fluorobenzene Fluorometano Fosfina Freon Idrogeno Iodobenzene Kripton Mercurio Metano Metanolo Monossido di carbonio Neon Ossido di azoto Ossigeno Pentano Propano Protossido di azoto Silano Solfuro di carbonio Solfuro dietilico Solfuro dimetile Tetracloruro di carbonio Tetracloruro di germanio Tetrafluoruro di silicio Toluene Xeno
Diagramma di Andrews Consideriamo il comportamento dellanidride carbonica, le cui isoterme furono determinate da T.Andrews.
A temperature elevate (> 80 C) le isoterme assomigliano a quelle di un gas perfetto. A temperature pi basse, le isoterme cominciano a presentare un flesso, ma la pendenza continua ad essere negativa come nel resto della curva. Queste curve, si guardi quella a 40 C, assomigliano ad iperboli ai valori bassi della pressione (grandi volumi). A piccoli volumi si comportano diversamente. Al decrescere del volume la pressione diventa rapidamente molto grande; la curva ha un asintoto verticale, che non , come per liperbole del gas ideale, lasse delle pressioni. Scendendo con la temperatura si incontra unisoterma importante, che caratterizzata dal fatto che il flesso ha tangente orizzontale. Questa isoterma si chiama isoterma critica. Il punto del flesso (K nella figura) il punto critico. Le sue coordinate si dicono temperatura critica Tc, pressione critica Pc e volume critico Vc . Per lanidride carbonica la temperatura critica vale Tc = 31.04 C Scegliamo ora una temperatura pi bassa delle temperatura del punto critico, ad esempio 20 C nel caso dellanidride carbonica. Partiamo da un volume molto grande, cio da pressioni relativamente basse. Diminuendo il volume si trova che la pressione del gas aumenta, fino a quando esso non raggiunge un valore ben definito (punto B della figura). A questo punto la pressione rimane costante nonostante il volume continui a diminuire. Il punto rappresentativo dello stato percorre un tratto orizzontale a pressione costante fino ad arrivare al punto A. Dopo questo punto la pressione sale bruscamente e diviene impossibile ridurre ulteriormente il volume in maniera apprezzabile. La sostanza che a volumi pi grandi si lasciava facilmente comprimere diventata praticamente incomprimibile. Se si abbassa ulteriormente la temperatura del gas e si ripete loperazione, si constata che il tratto orizzontale a pressione costante divenuto pi ampio. Il tratto si allunga molto dalla parte dei volumi grandi e molto poco dalla parte dei volumi piccoli. Nel punto B inizia la liquefazione del gas. Nel tratto AB sono presenti contemporaneamente ed in equilibrio tra loro le due fasi liquide e gassose della sostanza. Ad una data temperatura questo pu avvenire ad una sola pressione, chiamata la pressione del vapor saturo o tensione di vapore. Si ricava sperimentalmente che la tensione di vapore, nelle sostanze pure, dipende solo dalla temperatura e non dalla quantit di gas utilizzata nellesperimento, vale a dire non dipende dal volume del gas. La temperatura Tc la massima temperatura a cui la sostanza pu trovarsi nella fase liquida. A temperature maggiori la sostanza si trova solo nello stato gassoso. Seguendo una terminologia che
risale ad Andrews, il termine vapore viene usato per indicare una sostanza che si trova nello stato gassoso, ma che al di sotto della temperatura critica, ed il termine gas per indicare una sostanza gassosa al di sopra della temperatura critica. Per temperature superiori alla temperatura di punto critico, le curve di van der Waals descrivono abbastanza bene il comportamento del gas reale, riproducendo anche la regione del flesso che non presente nellequazione dei gas perfetti. Nella regione AB della transizione di fase, le curve di van der Waals non presentano il tratto orizzontale ma hanno un andamento a S che incrocia il tratto orizzontale in tre punti. In questa regione lequazione di van der Waals perde significato fisico. Le coordinate del flesso a tangente orizzontale dellisoterma critica, che corrispondono alle coordinate del punto critico del gas reale, sono correlabili ai coefficienti a e b di van der Waals.
a 8a Vc = 3b Tc = 2 27b R 27b Ci ci consente di stimare i parametri di van der Waals misurando sperimentalmente i parametri critici (Pc, Tc, Vc) di un gas. V 2 a = 3PcVc b= c 3 Pc =
11.2 Cenni di teoria cinetica dei gas
Nella seconda met dell'Ottocento Maxwell e Boltzmann riuscirono a formulare una descrizione coerente del comportamento della materia e dell'energia applicando una teoria chiamata Meccanica Statistica. Il presupposto alla base della meccanica statistica che, essendo i sistemi materiali composti da un numero enorme di elementi (atomi o molecole), non possibile , per ragioni pratiche, applicare alle singole particelle le leggi della meccanica classica, calcolando per ciascuna la posizione, la velocit e l'energia di ciascuna particella. Pur tuttavia rimane possibile descrivere tali sistemi prendendo in considerazione i valori medi che assumono le variabili dinamiche e cinematiche in gioco. In altre parole tale teoria una descrizione statistica delle propriet dinamiche e cinematiche degli aggregati di particelle che costituiscono un sistema materiale. La meccanica statistica giunta per tale via ad ottenere risultati di grande rilievo, riuscendo a dimostrare che le variabili macroscopiche che descrivono lo stato esteriore della materia, come il volume, la pressione e la temperatura sono collegabili alle variabili microscopiche che descrivono il comportamento dinamico delle singole particelle, come l'energia cinetica media, la frequenza degli urti tra particelle etc. Quella parte della meccanica statistica che descrive il moto disordinato delle particelle gassose viene comunemente indicata come teoria cinetica dei gas. La teoria cinetica si applica ai gas perfetti e vale quindi solo se sono rispettate le seguenti condizioni: 1) Il volume delle particelle (covolume) trascurabile rispetto al volume del gas. 2) Le forze intermolecolari sono trascurabili 3) il moto caotico delle particelle produce urti reciproci e con le pareti del recipiente perfettamente elastici.
Uno dei risultati pi significativi della teoria cinetica dei gas l'aver dimostrato che la Pressione di un 1 gas dipende dall'energia cinetica media delle particelle che lo compongono Ec = mv 2 e dalla 2 concentrazione del gas (numero di particelle per unit di volume). Per una mole di gas, composto da N molecole in un volume V, vale
P=
2 N Ecin 3 V
Relazione tra pressione , energia cinetica media e concentrazione delle particelle Consideriamo per semplicit una mole di un gas, ossia N molecole, contenute in un cubo di lato l, sufficientemente grande da poter trascurare gli urti reciproci tra particelle (il gas deve cio essere sufficientemente rarefatto).Le particelle sono perci libere di rimbalzare attraverso urti perfettamente elastici avanti e indietro tra due pareti opposte del cubo. Si supponga infine, per semplicit che 1/3 delle particelle si muova parallelamente all'asse x, 1/3 parallelamente all'asse y ed 1/3 parallelamente all'asse z, con velocit media v (i risultati ottenuti con tale ipotesi semplificatrice possono essere facilmente estesi al caso generale in cui le particelle si muovano disordinatamente in tutte le direzioni).
Consideriamo ora una particella di massa m che rimbalza tra due pareti opposte con velocit v Essa possiede quantit di moto m v . Ogni volta che essa rimbalza il vettore velocit si inverte e da + v diventa - v . Ad ogni rimbalzo la variazione della quantit di moto sar dunque pari a
r r r r Dmv = mv - ( - mv ) = 2mv Dalla dinamica sappiamo che l'impulso sulla parete (F.t) pari alla variazione della quantit di moto r F t = 2 mv
Vogliamo ora calcolare la frequenza degli urti sulla parete, pari al numero di particelle che urta la parete nell'unit di tempo. Poich tra un urto e l'altro la particella percorre uno spazio pari a 2l e lo spazio s percorso nel tempo di un secondo
pari a s = v .t = v .1 = v , il numero di urti al secondo dato dal rapporto tra lo spazio percorso in un secondo e la distanza da percorrere (2l) tra due urti successivi sulla stessa parete. numero urti al secondo =
r r2 r v mv quantit di moto per particella al secondo = 2 mv = 2l l Poich il numero di particelle che urtano una parete N/3, la quantit di moto totale per secondo r N mv 2 Quantit di moto totale per secondo = 3 l r N mv 2 F= 3 l
La quantit di moto che 1 molecola trasmette alla parete in un secondo quindi pari alla frequenza degli urti per l'impulso di un singolo urto
r v 2l
Ricordando che essa pari all'impulso Ft e che in questo caso t pari ad un secondo, la forza F che le particelle esercitano su di una parete pari a
con l3 pari al volume V del recipiente La relazione permette di affermare che la Pressione direttamente proporzionale al numero di particelle per unit di volume (N/l3) (concentrazione del gas) e all'energia cinetica media delle particelle. Si ottenuta una relazione tra variabili macroscopiche (Pressione) e variabili microscopiche (concentrazione delle particelle ed energia cinetica media).
r F N mv 2 2 N 1 r 2 2 N P = 2 = 3 = mv = Ecin 3 l 3 V 2 3 V l
PV =
Analoga all'equazione di stato dei gas per 1 mole
2 N Ecin 3
PV = RT
Eguagliando i due secondi membri si ottiene
E cin =
3R 3 T = kT 2N 2
dove k una nuova costante, detta costante di Boltzmann, pari al rapporto tra la costante dei gas R ed il numero di Avogadro N. k = 1,3806 10-23 J/K (nel sistema SI) k = 1,3806 10-16 erg/K (nel sistema cgs) La relazione mette in evidenza il rapporto esistente tra un'altra variabile macroscopica, la Temperatura, 1 r ed una variabile microscopica, l'energia cinetica media delle particelle ( mv 2 ). 2 La teoria cinetica dei gas dimostra per la prima volta che la temperatura di un corpo non altro che l'espressione del moto disordinato delle sue particelle. Pi precisamente possiamo affermare che la temperatura una misura dell'energia cinetica media delle molecole che formano il gas Attraverso la relazione precedente ovviamente possibile calcolare la velocit quadratica media con cui si muovono delle molecole di massa nota, all'interno di un gas di temperatura T
1 2 3 mv = kT 2 2
da cui
v 2 = v rms =
3kT m
La velocit quadratica media vrms (rms = root mean square) corrisponde alla radice quadrata della media dei quadrati delle velocit delle particelle (in statistica nota come media quadratica) ed leggermente diversa dalla velocit media v . Tenendo presente che k = R/N e che la massa di una molecola si pu calcolare facendo il rapporto tra il suo peso molare ed il numero di Avogadro (m = Pm/N), sostituendo opportunamente la relazione diventa
v 2 = v rms =
3RT Pm
in cui utilizziamo i valori dei pesi molari, pi comodi rispetto ai valori delle masse atomiche assolute (m) espresse in grammi. L'equazione dimostra che ad una certa temperatura tutti i gas presentano la stessa energia cinetica media, ma velocit quadratica media diversa in funzione della loro massa. Calcoliamo ad esempio la velocit quadratica media dellOssigeno molecolare O2 (Pm = 32 g/mol) a 20C. Per ottenere il risultato in m/s necessario usare tutte unit di misura del sistema internazionale. Dunque R = 8.31 Pa m3 K-1, mentre il peso molare andr espresso in Kg/mol e dunque per lOssigeno sar 32 10-3 kg/mol 3RT 3 8.31 293 v rms = = = 478 m/s 0.032 Pm La velocit quadratica media pu essere infine calcolata in funzione della pressione e della densit (massa volumica) del gas. Moltiplichiamo numeratore e denominatore sotto radice per il numero di moli n e per il volume V del recipiente, ottenendo
v rms =
Si noti che la quantit (nPm)/V il rapporto tra il peso di n moli ed il volume in cui sono contenute e rappresenta pertanto la densit del gas (o massa volumica) espressa in kg/m3 (o, il che lo stesso, in g/dm3 o g/L). La relazione diventa quindi
v rms =
nRT 3 V
V nPm
3P r
Calcoliamo ad esempio la velocit quadratica media di 3 moli di Ossigeno molecolare O2 (Pm = 32 g/mol) a 20C contenute in un recipiente di 5L. Anche in questo caso per ottenere il risultato in m/s necessario usare tutte unit di misura del sistema internazionale. La pressione dellossigeno in pascal sar
nRT 3 8.31 293 = = 1.460.898 Pa V 0.005 3 moli di Ossigeno pesano 3 x 32 = 96 g = 0.096 kg e quindi la densit del gas 0.096/0.005 = 19,2 kg/m3. Sostituendo opportunamente si avr in definitiva p=
v rms =
11.2.1 Distribuzione delle velocit - Maxwelliana Secondo la teoria cinetica la velocit cos calcolata rappresenta naturalmente solo un valore medio in quanto all'interno del gas le particelle possono assumere valori di velocit molto differenti dal valore medio. Partendo dall'ipotesi che le particelle si scambino continuamente quantit di moto a causa dei loro urti reciproci e casuali, Maxwell dimostr che all'interno del gas si stabilisce alla fine un equilibrio dinamico in cui possibile calcolare la probabilit che una particella possieda una certa velocit, diversa dalla velocit media. Maxwell ottenne cos una relazione matematica, nota come funzione di distribuzione delle velocit F(v) o maxwelliana. In generale una funzione di distribuzione F(x) fornisce la frazione di oggetti che hanno DN la proprieta x. La maxwelliana fornisce dunque la frazione di molecole (da 0 ad 1) che possiedono N una certa velocit v. Naturalmente, essendo la frequenza una misura della probabilit (in questo caso una misura molto buona essendo le particelle molto numerose) , la relazione di Maxwell ci permette di calcolare anche la probabilit che una particella possieda una determinata velocit. La forma di tale distribuzione dipende essenzialmente dalla massa (m) della particella e dalla temperatura assoluta T.
1 mv 2
E - kT
Tenendo presente che k = R/N ed m = Pm/N, facendo le opportune sostituzioni si ottiene DN P 2 - 2 RT = 4p v 2 m e 2p RT N Da tale relazione possibile ottenere, oltre alla velocit quadratica media, che coincide ovviamente con il valore che abbiamo gi calcolato, anche la velocit media v
3 1 Pm v 2
v=
8RT p Pm
e la velocit pi frequente (e quindi pi probabile) che coincide con il massimo della curva (conosciuto in statistica come "moda") 2 RT $ v= Pm Le tre velocit presentano valori molto vicini che stanno nel seguente rapporto
$ v 2 : v : v = quadratica : media : moda =
1 : 0.9213 : 0.8165
La forma e la posizione della curva rispetto agli assi dipende dai valori della temperatura e del peso molare del gas. Possiamo ad esempio notare come la velocit pi frequente (ma anche la velocit media e la velocit quadratica) sia proporzionale al rapporto T/PM. All'aumentare del peso molare la curva si sposta verso sinistra (verso velocit minori). Cos alla temperatura di 20C le molecole di idrogeno (Pm = 2) viaggiano ad una velocit media di 1760 m/s, le molecole di ossigeno (Pm = 32) a 440 m/s, mentre le molecole di anidride carbonica (Pm = 44) ad una velocit media di 375 m/s. Le variazioni di temperatura producono un effetto opposto. All'aumentare della temperatura la curva si sposta verso destra e le molecole possiedono quindi mediamente una velocit superiore.
Come si pu notare i movimenti della curva in orizzontale si accompagnano a delle variazioni dell'ampiezza della curva stessa. Quando il massimo della curva si sposta verso sinistra (velocit medie basse) le particelle presentano valori di velocit meno dispersi, concentrandosi in un intervallo pi ristretto. Viceversa quando il massimo della curva si sposta verso destra (velocit medie elevate) le particelle presentano valori di velocit pi dispersi, distribuiti in un intervallo maggiore. In altre parole all'aumentare della temperatura e al diminuire del peso molare aumenta la percentuale di molecole che presentano valori di velocit molto distanti dal valore medio. In statistica il parametro che misura la dispersione dei valori intorno ai valori centrali (ampiezza della distribuzione di frequenza) lo scarto quadratico medio (). Pi elevato il suo valore, pi dispersi sono i valori intorno alla media. Lo scarto quadratico medio pari alla radice quadrata della differenza tra media quadratica e media aritmetica. Utilizzando la velocit quadratica media e la velocit media la relazione diventa
2 3RT T 4 8 RT = 35,25 s= v2 - v = p Pm Pm Pm che ci conferma come la dispersione della curva aumenti all'aumentare della temperatura e al diminuire del peso molare. Si noti infine che, poich l'area sottesa alla curva (integrale della funzione) rappresenta il numero totale delle particelle (somma di tutte le frequenze), essa costante ed il suo valore deve sempre essere pari ad 1. Per questo motivo quando la dispersione aumenta la curva necessariamente si abbassa, in modo che l'area sottesa non vari. Ci significa che per temperature superiori e/o pesi molari inferiori diminuisce la percentuale di molecole che presentano valori di velocit vicini al valore medio. 1 1
La velocit con cui un gas fuoriesce da un foro di piccole dimensioni inversamente proporzionale alla radice quadrata del suo peso molecolare.
v=k
1 PM
Essendo la velocit inversamente proporzionale al tempo impiegato dal gas per uscire, la legge di Graham pu essere data, in forma equivalente, affermando che il tempo impiegato da un gas per diffondere attraverso un foro di piccole dimensioni direttamente proporzionale alla radice quadrata del suo peso molecolare.
t = k PM
In tal modo, misurando il tempo impiegato da gas diversi per diffondere, possibile, conoscendo il peso molecolare di uno dei due gas, calcolare il peso molecolare incognito del secondo gas
t1 = t2
PM 1 PM 2
In passato tale tecnica stata spesso usata per misurare il peso molecolare di composti volatili. Sapendo ad esempio che lossigeno impiega 4 volte pi tempo dellidrogeno ad uscire, se ne deduce che una molecola di Ossigeno pesa 16 volte pi di una molecola di Idrogeno
tH2 tO 2
1 2 1 PH 2 = = = 4 16 PO 2
Oggi esistono gli spettrometri di massa, di gran lunga pi precis Un altro metodo per misurare il peso molare di un composto volatile sfrutta l'equazione di stato dei gas perfetti. Ricordando infatti che il numero di moli pari al rapporto tra il peso in grammi (W) ed il peso molare (PM), possiamo scrivere
PV =
e quindi
W RT PM
PM =
W R T P V
Al secondo membro si trova la costante R di cui conosciamo il valore e 4 variabili facilmente misurabili La legge di Graham fu ottenuta sperimentalmente, ma essa facilmente derivabile per via teorica dalla teoria cinetica dei gas. La velocit media delle particelle che costituiscono un gas alla temperatura T infatti pari
v=
8RT p Pm
Quando due o pi gas vengono mescolati in un recipiente, senza che tra essi avvenga alcuna reazione, la pressione totale esercitata dalla miscela gassosa uguale alla somma delle pressioni che ciascun componente la miscela eserciterebbe se occupasse da solo tutto il recipiente (pressione parziale del componente).
P = P + P + P + .......+ P tot 1 2 3 n
La pressione parziale di un generico componente i mo sar pari a
Pi =
ni RT V
Ciascun componente gassoso si comporta dunque come fosse da solo e contribuisce alla pressione totale in proporzione al suo numero di moli.
Se in un recipiente vi sono n1 moli del gas 1, n2 moli del gas 2,.....nn moli del gas n, l'effetto complessivo sar equivalente alla presenza di n1+ n2 +......+ nn= n moli di un unico gas nel recipiente.
Ptot = P = tot
n1RT n2 RT n RT + + .. + n = P + P + .. + Pn 1 2 V V V
Dividendo membro a membro l'equazione di stato di ciascun componente per l'equazione di stato della miscela si ottiene
Pi =
dove il rapporto c i =
ni Ptot ntot
ni detto frazione molare del componente imo. ntot La legge di Dalton si esprime quindi anche dicendo che "la pressione parziale di un componente gassoso pari al prodotto tra la sua frazione molare e la pressione totale della miscela".
Si noti che la somma di tutte le frazioni molari deve sempre necessariamente essere pari all'unit.
Tutti i gas possono essere liquefatti per compressione e/o raffreddamento. Esiste tuttavia una temperatura, detta temperatura critica, al di sopra della quale il gas non liquefa, qualunque sia la pressione alla quale viene sottoposto (per lacqua 374 C). Un aeriforme che si trovi al di sopra della temperatura critica detto gas. Un aeriforme che si trovi al di sotto della temperatura critica detto vapore.
12 Stato liquido Nello stato liquido le distanze tra le molecole risultano estremamente ridotte. Le particelle possono infatti considerarsi praticamente addossate le une alle altre, poich la loro energia cinetica non sufficiente a vincere le forze di attrazione intermolecolari. Le forze intermolecolari che agiscono sulle particelle di un liquido non sono comunque abbastanza elevate da trattenere le molecole ai vertici di un reticolo cristallino, come avviene nei solidi. Le molecole di un liquido sono quindi in continuo movimento reciproco, come quelle di un aeriforme, ma, a differenza di quanto avviene in un gas, scorrono le une sulle altre senza separarsi. Per questo motivo i liquidi risultano praticamente incomprimibili. Essi presentano in definitiva un volume proprio, ma si adattano alla forma del recipiente che li contiene. Il moto caotico delle particelle determina, anche nello stato liquido, il fenomeno della diffusione. Un liquido diffonde comunque pi lentamente di un gas, poich il movimento delle sue molecole risulta ostacolato dalla presenza delle molecole adiacenti. Avendo in comune la propriet di diffondere, liquidi e aeriformi vengono raggruppati sotto la denominazione di fluidi.
12.1 Diffusione ed entropia
La diffusione dunque un movimento spontaneo delle particelle di un fluido da una zona dove esse si trovano pi concentrate verso una zona a minor concentrazione, in modo tale da raggiungere uno stato di equilibrio dinamico in cui le differenze di concentrazione sono state annullate e tutto lo spazio occupabile dal fluido occupato in modo omogeneo ed uniforme.
Uno dei risultati pi importanti raggiunti dalla meccanica statistica senz'altro quello di aver giustificato il fenomeno della diffusione sulla base di semplici considerazioni probabilistiche legate al moto caotico delle particelle di un fluido. La termodinamica classica introdusse (Clausius - 1865) il concetto di entropia (II principio della termodinamica) per descrivere i fenomeni che presentano una certa direzionalit e tentare in tal modo di giustificare il verso assunto spontaneamente in natura da molte trasformazioni. E' ad esempio noto che il calore migra sempre da un corpo caldo ad un corpo freddo e mai viceversa. Del pari non mai possibile assistere ad un fenomeno di separazione spontanea di una goccia di inchiostro dall'acqua in cui stato versato e si diffuso. Se per si tenta di spiegare questi, ed analoghi fenomeni mediante la fisica classica ci si rende presto conto che impossibile dedurre la direzione di un fenomeno dalle leggi che descrivono il moto. Nessuna legge della meccanica classica vieta ad esempio a tutte le particelle d'acqua tiepida di una bacinella che possiedono minor energia cinetica di dirigersi verso un punto particolare fino a formare un cubetto di ghiaccio, mentre il resto dell'acqua, privata delle particelle pi lente, diventi pi calda.
Il concetto di entropia venne dunque introdotto per rendere ragione del verso che i fenomeni naturali assumono spontaneamente. Definita infatti l'entropia S come il rapporto tra il calore scambiato Q e la temperatura T della sorgente. Il secondo principio della termodinamica (in una delle sue numerose accezioni) afferma infatti che un sistema evolve naturalmente verso stati di equilibrio caratterizzati da un maggior contenuto entropico. In altre parole sono spontanee le trasformazioni caratterizzate da aumenti del valore dell'entropia di un sistema. Naturalmente il principio dell'aumento dell'entropia un postulato. Esso non spiega perch i fenomeni naturali si orientano in una certa direzione. Si limita a calcolare un grandezza che permette di prevedere la direzione di un fenomeno spontaneo. La meccanica statistica riformula il principio di aumento dell'entropia attraverso una interpretazione di tipo meccanicistico e probabilistico, generalizzandolo a qualsiasi trasformazione spontanea e non solo a quelle in cui sono presenti trasferimenti di calore. Abbiamo gi avuto modo di dire che la meccanica statistica in grado di mettere in relazione le grandezze macroscopiche che caratterizzano un sistema con le medie statistiche delle grandezze che caratterizzano le singole particelle. Il valore assunto dalla variabile macroscopica detto macrostato, mentre i valori assunti dalle grandezze che descrivono le singole particelle sono detti microstati. Ad esempio un certo valore di temperatura T (macrostato) la conseguenza di un numero enorme di valori dell'energia cinetica assunti da tutte le particelle (microstati). Naturalmente uno stesso macrostato (ad esempio un certo valore di temperatura) pu essere ottenuto con diverse combinazioni di microstati ( ad esempio con il 100% delle particelle che possiedono un valore di energia cinetica pari alla media o con un 50% di particelle che possiedono energia cinetica massima e 50% che possiedono energia cinetica minima). Ci che la meccanica statistica dimostra che maggiore il numero di combinazioni diverse di microstati che possono produrre un medesimo macrostato e maggiore la probabilit che un sistema si trovi in quel particolare macrostato. Per esemplificare quanto detto prendiamo in considerazione gli 11 risultati che si possono ottenere dal lancio di due dadi. I valori vanno da 2 (1+1) a 12 (6+6). Essi rappresentano 11 macrostati ottenibili per con diverse combinazioni di microstati. Infatti macrostato probabilit 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 combinazioni possibili numero di microstati
(1+1) (1+2) (2+1) (1+3) (2+2) (3+1) (1+4) (2+3) (3+2) (4+1) (1+5) (2+4) (3+3) (4+2) (5+1) (1+6) (2+5) (3+4) (4+3) (5+2) (6+1) (3+5) (2+6) (4+4) (6+2) (5+3) (4+5) (3+6) (6+3) (5+4) (4+6) (5+5) (6+4) (5+6) (6+5) (6+6)
1 2 3 4 5 6 5 4 3 2 1
1/36 2/36 3/36 4/36 5/36 6/36 5/36 4/36 3/36 2/36 1/36
Come si pu facilmente osservare (e come ben sanno tutti i giocatori) il 7 ha la maggior probabilit di uscire rispetto a tutti gli altri numeri. Il fenomeno si spiega facilmente se osserviamo come il 7 si possa ottenere in un maggior numero di modi diversi, attraverso cio un maggior numero di combinazioni di microstati. La meccanica statistica afferma dunque che un sistema evolve spontaneamente verso uno stato (macrostato) caratterizzato dal massimo numero possibile di diverse combinazioni di microstati poich tale stato risulta pi probabile. Un macrostato caratterizzato da poche combinazioni di microstati detto ordinato. Un macrostato caratterizzato da molte combinazioni di microstati detto disordinato. Cos, mescolando casualmente un mazzo di carte avremo pochissime probabilit di ottenere tutte le carte ordinatamente raccolte per seme, poich tale macrostato ordinato pu essere ottenuto mediante un'unica combinazione di microstati (l'asso di cuori in prima posizione, il due di cuori in seconda e cos via), mentre saranno elevatissime le probabilit di trovare le carte in disordine, poich tale macrostato, pu essere ottenuto in molti modo diversi, con numerose combinazioni diverse di microstati. In definitiva la termodinamica statistica dimostra che uno stato disordinato pi probabile di uno stato ordinato e che l'entropia non altro che una misura di tale disordine. I processi in cui diminuisce l'entropia non sono dunque impossibili, ma solamente altamente improbabili. Boltzmann ottenne infatti una relazione che permetteva di calcolare l'entropia (S) di un sistema sulla base del numero (n) di combinazioni di microstati attraverso il quale possibile ottenere uno determinato macrostato
S = k log e n
dove k la costante di Boltzmann, pari a R/N (con R costante dei gas ed N numero di Avogadro). In tal modo risulta ad esempio pi comprensibile e meno arbitrario il terzo principio della termodinamica (principio di Nernst) che afferma che l'entropia di un solido cristallino a 0 K nulla. Infatti un solido cristallino allo zero assoluto presenta teoricamente tutti i suoi atomi fermi ed ordinati ai vertici del reticolato solido. Tale configurazione perfettamente ordinata si pu ottenere evidentemente in un sol modo ed il log 1 = 0. Analogamente possiamo spiegare anche i fenomeni di diffusione. E' infatti evidente che uno stato in cui le molecole di un fluido si trovano concentrate in uno spazio limitato risulta pi ordinato di uno stato in cui le molecole occupano, in modo casuale tutto lo spazio a disposizione. Lo stato disordinato pu essere ottenuto in un numero di modi maggiore ed per questo motivo di gran lunga pi probabile.
12.2 Evaporazione e tensione di vapore
Anche le velocit (o le energie cinetiche) delle molecole che compongono un liquido possono essere descritte tramite una distribuzione di Maxwell. Per ciascun liquido esiste un valore critico di Energia cinetica (Ec), che dipende essenzialmente dalla natura chimica della sostanza e dall'intensit delle forze intermolecolari, oltre il quale le molecole possiedono energia sufficiente per abbandonare la superficie del liquido e passare allo stato di vapore.
Tale processo interessa solo le molecole sufficientemente energetiche che si trovano sulla superficie del liquido ed detto evaporazione. Aumentando la temperatura del liquido la maxwelliana si sposta verso destra ed una frazione maggiore di molecole risulta possedere energia cinetica sufficiente per passare allo stato di vapore. All'aumentare della temperatura il processo di evaporazione si fa dunque pi intenso.
Se poniamo un liquido all'interno di un recipiente chiuso dove abbiamo precedentemente fatto il vuoto, lo spazio non occupato dal liquido viene occupato dal suo vapore. Man mano che il processo di evaporazione procede il vapore che sovrasta la superficie del liquido si fa sempre pi concentrato, essendo il recipiente chiuso, e la pressione misurabile all'interno aumenta progressivamente
All'aumentare della concentrazione del vapore si fanno sempre pi frequenti gli urti tra le particelle gassose da una parte e tra le particelle e le pareti del recipiente dall'altra, in modo tale che un numero sempre maggiore di molecole, trasferendo quantit di moto durante gli urti, perde energia cinetica e ricade sulla superficie del liquido. Il processo noto come condensazione. La velocit di condensazione aumenta dunque con laumentare della concentrazione del vapore vcond = k [vapore] La velocit di evaporazione invece costante e dipende essenzialmente dalla temperatura e dalle forze intermolecolari. Per evaporare le molecole devono superare una Energia di soglia E che permetta loro di vincere le forze intermolecolari
Vevap = k
E RT
dove compare il fattore di Boltzmann Finch la velocit di evaporazione rimane pi elevata di quella di condensazione, la concentrazione del vapore aumenta e, con essa, la pressione misurata. Si arriva tuttavia ad uno stato di equilibrio dinamico in cui la velocit del processo di evaporazione eguaglia la velocit del processo di condensazione. Poich in tale situazione possiamo ritenere che il numero di particelle che evaporano sia pari al numero di particelle che condensano, il vapore non in grado di arricchirsi ulteriormente e la pressione cessa dunque di aumentare. Il vapore viene per questo detto vapore saturo e la pressione esercitata detta tensione di vapor saturo. Allequilibrio avremo dunque vcond = Vevap
k [vapore] = k
E RT
Essendo la pressione direttamente proporzionale alla concentrazione del vapore possiamo anche scrivere
p=k relazione sostanzialmente analoga allequazione di Clausius-Clapeyron che mostra come la tensione di vapore saturo cresca esponenzialmente al crescere della temperatura.
E RT
12.3 Ebollizione
Come abbiamo gi visto la tensione di vapore aumenta con la temperatura, poich maggiore il numero delle particelle che possiede un'energia cinetica superiore al valore critico. La tensione di vapore varia da liquido a liquido. A parit di temperatura maggiore per i liquidi caratterizzati da deboli forze intermolecolari, per ci detti volatili; minore per i liquidi caratterizzati da intense forze intermolecolari che tengono particolarmente coese le particelle. Quando al crescere della temperatura la tensione di vapore eguaglia la pressione esterna (normalmente la pressione atmosferica), allora il processo di evaporazione interessa tutta la massa del liquido ed il passaggio di stato avviene in maniera tumultuosa, attraverso un processo detto di ebollizione. in cui si formano bolle di gas anche all'interno del liquido.
Si definisce punto di ebollizione normale la temperatura alla quale la tensione di vapore assume il valore di 760 mm di Hg (pressione normale). Per l'acqua, ad esempio, il punto di ebollizione normale di 100C (si noti come nel grafico seguente le curve della tensione di vapore crescano esponenzialmente al crescere della temperatura).
Naturalmente se la pressione esterna inferiore a 760 mm, come avviene ad esempio in montagna, l'acqua raggiunge il punto di ebollizione a temperature inferiori; mentre se la pressione esterna superiore, come in una pentola a pressione, l'acqua bolle a temperature superiori. Se forniamo calore ad un liquido esso aumenta la sua temperatura fino al momento in cui non raggiunge il suo punto di ebollizione. Durante il passaggio di stato la temperatura del liquido resta invece invariata nonostante l'apporto di calore. Il calore fornito non viene utilizzato per aumentare l'energia cinetica delle particelle, ma si trasforma in un aumento di energia potenziale delle particelle gassose. Tale calore, assorbito dal sistema senza produrre un aumento di temperatura, noto come calore latente. Esso viene naturalmente restituito all'ambiente durante il processo di condensazione.
Tale comportamento caratteristico di ogni passaggio di stato. Si noti che il passaggio dallo stato liquido a quello aeriforme detto vaporizzazione e pu avvenire per evaporazione, se la tensione di vapore inferiore a quella atmosferica, o per ebollizione.
Un diagramma di stato una rappresentazione grafica delle condizioni di Temperatura e Pressione alle quali una sostanza si trova allo stato solido, liquido e aeriforme.
Un punto del piano cartesiano individua una particolare coppia di valori Pressione/Temperatura ai quali corrisponder un particolare stato di aggregazione della sostanza. E' possibile costruire un diagramma di stato per ogni sostanza, in modo che a ciascun stato di aggregazione sia assegnata una diversa zona del piano cartesiano. Nell'esempio che segue riportato il diagramma di stato dell'acqua.
Le linee che in un diagramma di stato separano due regioni sono dette confini di fase. I punti che si trovano su tali linee corrispondono a condizioni termodinamiche (valori di Temperatura e Pressione) in cui si trovano in equilibrio dinamico due stati fisici. Linea 1: evidenzia le condizioni di pressione e temperatura in corrispondenza delle quali il solido si trova in equilibrio con il liquido. La curva mostra dunque come varia la temperatura di fusione del ghiaccio al variare della pressione alla quale sottoposto. Per la maggior parte delle sostanze tale curva presenta una pendenza positiva. Nell'acqua la pendenza negativa (all'aumentare della pressione la temperatura di fusione si abbassa) dovuta al fatto che l'acqua, a differenza della maggior parte delle altre sostanze liquide, congelando aumenta di volume. Linea 2: evidenzia le condizioni di pressione e temperatura in corrispondenza delle quali il liquido si trova in equilibrio con il proprio vapore. La curva pu essere dunque considerata come un grafico della tensione di vapore del liquido. Linea 3: evidenzia le condizioni di pressione e temperatura in corrispondenza delle quali il solido si trova in equilibrio con il proprio vapore. La curva pu essere dunque considerata come un grafico della tensione di vapore di sublimazione del solido. Punto A: detto punto triplo, corrisponde alle condizioni in cui la fase solida, la fase liquida e quella aeriforme coesistono in un equilibrio dinamico. Per l'acqua corrisponde a 0,01C e 4,6 mm di Hg. In tale punto la tensione di vapore del solido uguale alla tensione di vapore del liquido. Poich il punto triplo il punto pi basso della regione in cui una sostanza esiste allo stato liquido, esso segna la pressione al di sotto della quale uno sostanza non pu esistere allo stato liquido, qualunque sia la sua temperatura.
Cos se in una fredda e asciutta mattinata d'inverno la pressione parziale di vapore inferiore a 4,6 mm di Hg e la temperatura scende sotto 0,01C il vapore pu trasformarsi direttamente in ghiaccio (brina) senza passare allo stato liquido. Punti B e C: rappresentano rispettivamente il punto normale di fusione e di ebollizione dell'acqua essendo l'intersezione della curva 1 e 2 con l'ordinata di 1 atmosfera. Punto D: rappresenta la temperatura critica della sostanza, oltre la quale non possibile ottenere la fase liquida, qualunque sia la pressione alla quale la sostanza viene sottoposta.
13 Soluzioni Una soluzione un sistema omogeneo di due o pi componenti solidi, liquidi o gassosi, in cui i componenti sono presenti allo stato atomico o molecolare e risultano pertanto inosservabili. Per definizione si chiama solvente la sostanza presente in quantit maggiore e soluto (o soluti) la sostanza (o le sostanze) presente in minor quantit. Le soluzioni gassose (gas in gas) vengono normalmente dette miscele gassose. Le soluzioni solide sono dette leghe. Noi ci occuperemo delle soluzioni liquide in cui un soluto (solido, liquido o gassoso) si scioglie in un liquido ed essenzialmente delle soluzioni acquose, in cui il solvente l'acqua.
13.1 Concentrazione di una soluzione
La concentrazione esprime la quantit relativa dei soluti rispetto al solvente. La concentrazione di un soluto si indica mettendo tra parentesi quadre la formula chimica. Ad esempio [H2SO4] si legge "concentrazione dell'acido solforico". Esistono diversi modi per esprimere la concentrazione di una soluzione. 1) Percentuale in peso C(p/p) E' il rapporto percentuale tra il peso del soluto ed il peso della soluzione (grammi di soluto per 100 g di soluzione)
C( p / p ) =
2) Percentuale in volume C(v/v) E' il rapporto percentuale tra il volume del soluto ed il volume della soluzione (ml di soluto per 100 ml di soluzione). Viene spesso utilizzata nelle soluzioni in cui tutti i componenti sono liquidi. La gradazione delle bevande alcoliche ad esempio espressa come percentuale in volume.
C( v / v ) =
3) Rapporto peso-volume C(p/v) E' il rapporto tra il peso del soluto espresso in grammi ed il volume della soluzione espresso in litri (g/L). W C ( p / v ) = soluto g Vsoluzione L 4) Frazione molare (c) E' il rapporto tra il numero di moli di soluto ed il numero di moli totali.
c =
5) Molarit (M) E' il rapporto tra il numero di moli di soluto ed il volume della soluzione espresso in litri. Indica il numero di moli di soluto presenti in un litro di soluzione (mol/L).
M =
6) Molalit (m) E' il rapporto tra il numero di moli di soluto ed il peso del solvente espresso in kg. Indica il numero di moli di soluto presenti per chilogrammo di solvente (mol/kg) n m = soluto mol kg Wsolvente 7) Normalit (N) E' il rapporto tra il numero di equivalenti di soluto ed il volume della soluzione espresso in litri. Indica quanti equivalenti sono presenti in un litro di soluzione (eq/L). N= neq Vsoluzione eq L
Un equivalente (eq) o grammo-equivalente o peso-equivalente (Peq) una quantit, espressa in grammi, il cui valore dipende dal tipo di sostanza e dal tipo di reazione. a) Nel caso di una reazione redox il peso-equivalente il rapporto tra il peso molare della sostanza che si ossida (o si riduce) e il numero di elettroni persi (o acquistati)
Peq =
PM ne -
Calcoliamo ad esempio il peso equivalente dell'anidride solforosa, nelle seguenti 2 reazioni redox 1) SO2 + O2 SO3 2) SO2 + Fe2O3 FeS2 + O2 Nella prima lo zolfo si ossida passando da nox +4 a nox +6 con una perdita di 2 elettroni. Il peso equivalente dell'anidride solforosa sar quindi in questa reazione
Peq =
PM 64 = = 32 g eq ne2
nella seconda lo zolfo si riduce passando da nox +4 a nox -1 con un acquisto di 5 elettroni. Il peso equivalente dell'anidride solforosa in questa seconda reazione sar dunque
Peq =
PM 64 = = 12, 8 g eq ne5
b) nel caso di una dissociazione di un acido (o di una base), il peso-equivalente il rapporto tra il peso molare ed il numero di ioni H+ (o OH-)
Peq =
PM nH +
Ad esempio calcoliamo il valore del peso equivalente dell'acido ortofosforico relativamente alle seguenti due reazioni di dissociazione
1) H3PO4 2H+ + HPO422) H3PO4 3H+ + PO43Nella prima in cui si liberano solo 2 ioni H+ il peso equivalente vale
Peq =
PM 98 = = 49 g eq nH + 2
Peq =
PM 98 = = 32,67 g eq nH + 3
c) nel caso di una dissociazione di un sale, il peso-equivalente il rapporto tra il peso molare ed il numero delle cariche positive (o negative) prodotte dalla dissociazione
Peq =
PM ncariche
Calcoliamo ad esempio il peso equivalente del solfato ferrico nella seguente reazione Fe2(SO4)3 2Fe3+ + 3SO42Poich vengono liberate complessivamente 6 cariche positive (o 6 negative) il peso equivalente risulta
Peq =
PM ncariche
400 = 66,67 g eq 6
E' evidente che il peso equivalente ha un significato fisico analogo al peso molare. Se il peso molare una quantit in grammi di una sostanza che contiene un numero di Avogadro di particelle, il peso equivalente una quantit in grammi di una sostanza in grado di mettere in gioco, a seconda delle circostanze, un numero di Avogadro di elettroni, di ioni H+ ( o OH-) o di cariche ioniche positive (o negative). Ora, allo stesso modo in cui si calcola il numero di moli (n) facendo il rapporto tra il peso in grammi (W) ed il peso di una mole (PM), si pu calcolare il numero di equivalenti (neq) facendo il rapporto tra il peso in grammi di una sostanza ed il peso di un equivalente (Peq).
neq =
W Peq
Per esemplificare quanto detto calcoliamo la Molarit e la Normalit di 2,3 L di una soluzione contenente 45 g di Cloruro di Magnesio MgCl2.
M=
Da cui si deduce che per calcolare la Normalit di una soluzione sufficiente moltiplicare il valore della Molarit per il numero di cariche ioniche (o di elettroni o di ioni H +) messe in gioco. L'uso della Normalit permette di calcolare direttamente le quantit di sostanze che partecipano ai processi chimici senza bisogno di bilanciare la reazione. Infatti facilmente verificabile che in qualsiasi reazione 1 equivalente di una sostanza reagisce sempre con un equivalente di qualsiasi altra sostanza che partecipi alla reazione. 7) Diluizioni Diluire una soluzione significa aggiungere una opportuna quantit di solvente in modo da portare la sua concentrazione dal valore iniziale (Min) al valore finale (Mfin). Per calcolare la quantit di solvente che deve essere aggiunta, si consideri che il processo di diluizione non modifica il numero di moli di soluto contenute nella soluzione. Potremo pertanto scrivere nin = nfin e ricordando che la molarit pari a M = n/V e dunque n = MV Min Vin = Mfin Vfin da cui Vfin = (Min Vin) / Mfin e, finalmente, la quantit di solvente da aggiungere sar Solvente da aggiungere = Vfin - Vin
13.2 Solubilit
Una vecchia regola della chimica afferma che il simile scioglie il simile: solventi polari sciolgono sostanze ioniche o polari, mentre solventi apolari sciolgono sostanze apolari. Come abbiamo gi avuto modo di dire noi prenderemo in considerazione esclusivamente soluzioni acquose dove il solvente l'acqua, un liquido molto polare. Le parziali cariche elettriche dell'acqua esercitano sugli ioni o sulle molecole polari di un soluto un'attrazione che indebolisce considerevolmente le forze interne che mantengono integra la struttura del solido. Le particelle che si trovano sulla superficie del solido (polare o ionico) posto in acqua, finiscono quindi per essere estratte, circondate dalle molecole dell'acqua (solvatazione) e portate in soluzione. Se il solvente l'acqua il fenomeno prende il nome di idratazione. Si definisce solubilit la massima quantit di soluto che pu essere disciolta in una data quantit di solvente. La solubilit quindi la concentrazione della soluzione satura. Il processo di solubilizzazione pu essere sia esotermico che endotermico. Effetti della temperatura sulla solubilit In genere se il soluto un solido il processo endotermico (per questo motivo i soluti solidi si sciolgono meglio in liquidi caldi). Nonostante il processo non sia favorito dal punto di vista energetico esso risulta egualmente spontaneo poich l'entropia di una soluzione molto maggiore di quella di un solido cristallino (il grado di disordine molto pi elevato nei fluidi che nei solidi).
Se il soluto un fluido (liquido o gas) in genere il processo di solubilizzazione esotermico (per questo motivo i gas si sciolgono pi facilmente in liquidi a bassa temperatura).
Effetti della pressione sulla solubilit (legge di Henry) Poich i solidi ed i liquidi sono praticamente incomprimibili la variazione della pressione non ha alcun effetto sulla loro solubilit. Diverso il caso di soluti gassosi. Infatti in soluzioni di gas in liquidi la concentrazione del soluto proporzionale alla pressione parziale del gas in equilibrio con la soluzione. La legge di Henry afferma che la solubilit di un soluto gassoso (espressa come molalit) direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas
m = KH P
dove KH la costante di Henry. La costante di Henry dipende sia dalla natura chimica del soluto che del solvente.
La legge di Henry spiega ad esempio perch, stappando una bevanda gasata in cui disciolta dell'anidride carbonica a pressione superiore a quella atmosferica, si formi improvvisamente dell'effervescenza. Trovandosi infatti bruscamente sottoposto ad una pressione esterna inferiore, il gas non pi in grado di rimanere in soluzione. Il processo del tutto analogo a quello che provoca la formazione di bolle di gas (embolia) nel sangue dei sommozzatori che risalgono troppo rapidamente in superficie, sottoponendosi ad una brusca diminuzione di pressione.
Le sostanze che si sciolgono in acqua (ed in generale nei solventi polari) si dividono in elettroliti e nonelettroliti. 1. I non-elettroliti sono sostanze che sciolte in acqua non si dissociano in ioni di carica opposta. Sono esempi di non elettroliti il glucosio, l'alcool etilico, l'anidride carbonica. Il termine "non-elettrolita" fa riferimento all'impossibilit per le soluzioni che contengono questo tipo di soluti di dare il processo dell'elettrolisi. 2. Gli elettroliti sono sostanze che disciolte in acqua si dissociano, in misura pi o meno elevata, in ioni di carica opposta. Il termine "elettrolita" fa riferimento al fatto che solo le soluzioni che contengono ioni di carica opposta sono in grado di dare processi elettrolitici.
Gli elettroliti si dicono "forti" quando si dissociano in modo completo. Sono elettroliti forti quasi tutti i sali, gli acidi forti (HCl, HBr, HI, HNO3 etc) e le basi forti (idrossidi dei metalli alcalini e alcalinoterrosi). Gli elettroliti si dicono "deboli" quando sono solo parzialmente dissociati. Sono elettroliti deboli gli acidi deboli (HF, H2S, HCN HNO2 etc) e le basi deboli (gli idrossidi degli altri metalli). Si definisce grado di dissociazione a il rapporto tra il numero di moli dissociate ed il numero di moli inizialmente presenti.
a=
ndissociate niniziali
Il grado di dissociazione evidentemente uguale a 0 per i non-elettroliti, pari a 1 per gli elettroliti forti e assume valori compresi tra 0 ed 1 per gli elettroliti deboli.
Se una sostanza presenta ad esempio un grado di dissociazione pari a 0,3 significa che per ogni 100 molecole che sono state poste in soluzione, 30 si sono dissociate in ioni, mentre 70 sono disciolte senza essere dissociate. Il grado di dissociazione non una buona misura della forza di un elettrolita debole, in quanto, come vedremo, aumenta con la diluizione. In altre parole il grado di dissociazione di un elettrolita debole aumenta progressivamente man mano che diluiamo la soluzione. Per confrontare la forza di due elettroliti deboli possiamo confrontarne il grado di dissociazione solo se le due soluzioni presentano la stessa concentrazione.
Il fenomeno dell'osmosi si produce ogniqualvolta due soluzioni a diversa concentrazione sono separate da una membrana semipermeabile (selettivamente permeabile), che permette il passaggio selettivo (diffusione) solo di alcuni componenti la soluzione e non di altri. Analizziamo il caso pi semplice in cui una soluzione contenente un unico soluto separato dallacqua pura attraverso una membrana semipermeabile.Il soluto non in grado di diffondere ed attraversare la membrana, mentre il solvente diffonde liberamente.
1) Poich il movimento di diffusione del soluto impedito dalla presenza della membrana semipermeabile, l'unico movimento consentito quello del solvente (acqua). Le molecole di solvente si muovono naturalmente nei due sensi, ma inizialmente la probabilit che lacqua entri nella soluzione maggiore di quella che esca. Finch la velocit di entrata Ve maggiore della velocit di uscita Vu, il movimento netto del solvente in entrata contribuisce a diluire la soluzione e ne fa alzare il livello, mentre il livello dellacqua pura esterna si abbassa. Il fenomeno noto come osmosi. Il flusso dellacqua in entrata genera dunque una pressione, in grado di far aumentare il livello della soluzione, detta pressione osmotica.
2) Man mano che la soluzione si diluisce (ed aumenta dunque in essa la quantit di solvente) aumenta la probabilit che le molecole dacqua escano dalla soluzione. Il fenomeno esmotico raggiunge un punto di equilibrio quando la velocit dellacqua in entrata eguaglia la velocit dellacqua in uscita. Il livello della soluzione si alza fino a quando al punto in cui la pressione esercita dalla colonna di liquido innalzatasi fa esattamente equilibrio alla pressione esercitata dal solvente in entrata. Quando viene raggiunto l'equilibrio quindi possibile utilizzare il peso della colonna d'acqua come misura della pressione esercitata dal solvente in entrata, o pressione osmotica, . Si ricordi che il metro dacqua (come il mm di Hg) una unit di misura di pressione (1 atm = 10 m H2O = 760 mm Hg)
Sperimentalmente si osserva che la pressione osmotica prodotta da una soluzione rispetto al solvente puro obbedisce all'equazione di stato dei gas perfetti
p V = nRT
dove V = volume della soluzione ed n = numero di moli di soluto Tenendo conto poi che n/V la molarit della soluzione, la relazione diventa
p =
n RT = MRT V
La pressione osmotica di una soluzione, a temperatura costante, dipende dunque esclusivamente dalla sua concentrazione. Nel caso si prendano in considerazione 2 soluzioni a diversa concentrazione, la pressione osmotica proporzionale alla differenza di concentrazione DM.
p = DM R T
Il processo di evaporazione interessa, come sappiamo, solo le molecole presenti sulla superficie del liquido. In una soluzione in cui siano disciolti alcuni soluti, nelle quantit molari n1, n2, n3,.....nn, le molecole di ciascuno di essi sono distribuite in modo uniforme su tutta la massa della soluzione, e quindi anche sulla sua superficie, in modo proporzionale alla loro frazione molare (ni/ntot). Ciascuna delle specie chimiche presenti in soluzione sar soggetta ad un processo di evaporazione e contribuir pertanto alla formazione di un vapore, costituito da una miscela di aeriformi. Ciascun componente la soluzione contribuir alla tensione di vapore della soluzione in modo proporzionale alla frazione di molecole che occupano la superficie della soluzione ed alla sua maggiore o minore volatilit. In altre parole la tensione di vapore della soluzione dipender dalla frazione molare di ciascun componente la soluzione e dalla tensione di vapore del componente stesso. La legge di Raoult esprime quantitativamente tale fenomeno, affermando che la tensione di vapore (P) di una soluzione, a temperatura costante data dalla somma delle tensioni di vapore di ciascun o componente la soluzione allo stato puro ( Pi ), moltiplicato per la frazione molare (ci) con cui il componente compare nella soluzione stessa.
5 3 o o P = Pacqua c acqua + Petilico c etilico = 23, 8 + 58, 9 = 36, 96mm 8 8 Possiamo rappresentare graficamente l'andamento della tensione di vapore nel caso di una soluzione a due componenti A e B, in funzione della loro frazione molare.
o Il componente A, pi volatile ( PA > PBo ), contribuisce alla tensione di vapore totale con una tensione di vapore PA direttamente proporzionale alla sua frazione molare ed alla tensione di vapore che manifesta o allo stato puro PA , secondo la relazione o PA = PA c A o che rappresenta una retta di pendenza PA .
o Il componente B, meno volatile ( PBo < PA ), contribuisce alla tensione di vapore totale con una tensione di vapore PB direttamente proporzionale alla sua frazione molare ed alla tensione di vapore che manifesta allo stato puro PBo , secondo la relazione o PB = PB c B
Tenendo conto che c B = 1 - c A , l'equazione della retta diventa PB = PBo (1 - c A ) che potremo rappresentare sullo stesso grafico di A ottenendo
L'andamento della tensione di vapore della soluzione per tutte le possibili combinazioni di A e B pu quindi essere ottenuta, secondo quanto previsto dalla legge di Raoult, sommando punto a punto gli apporti dei due componenti (PA + PB). Si ottiene
o P = PB + PA = PBo c B + PA c A = PBo (1 - c A ) + PAoc A
e riordinando
Dove si vede che il valore della tensione di vapore sempre compreso tra quello dei due componenti allo stato puro, variando linearmente tra questi due estremi. La tensione di vapore totale rappresentabile in un grafico che porti la frazione molare del componente A in ascissa, come una retta
di pendenza (PAo - PBo ) e di intersezione con l'asse delle ordinate PBo . Le soluzioni che rispettano la legge di Raoult si dicono soluzioni ideali. In moltissime soluzioni i soluti sono solidi che presentano tensioni di vapore talmente basse da poter essere trascurate. Nel caso pi semplice di un unico soluto solido non volatile la legge di Raoult diventa
o o P = Psolv c solv + Psoluto c soluto
o e, poich possiamo porre Psoluto = 0, si otterr
da cui
o Psolv - P = c soluto o Psolv
Tale relazione esprime il fatto che la presenza di molecole di soluto che non evaporano (o evaporano in modo trascurabile) alla superficie della soluzione, diminuiscono la superficie utile per l'evaporazione del solvente di una percentuale pari alla frazione molare del soluto e finiscono quindi per far diminuire la tensione di vapore del solvente della stessa percentuale.
La legge di Raoult per un soluto poco volatile afferma infatti che l'abbassamento relativo della Po - P tensione di vapore del solvente solv o uguale alla frazione molare del soluto ( c soluto ) . Psolv Se ad esempio sciogliamo 100 g di saccarosio (soluto poco volatile, PM = 342 g/mol) in 500 g di H20 a 26C ( PM = 18 g/mol, P = 25,2 mm di Hg), possiamo calcolare di quanto si abbassa la tensione di vapore del solvente, calcolando semplicemente la frazione molare del soluto
c soluto =
Wsacc 100 PM sacc 342 = = = 0,01 Wacqua Wsacc 500 100 + + 18 342 PM acqua PM sacc
La tensione di vapore del solvente si abbassa dunque dell'1%, pari 25,2.0,01 = 0.25 mm di Hg e la tensione di vapore della soluzione sar pari a
o P = Psolv c solv = 25,2 0,99 = 24,95mm
Si noti infine che, se due componenti una soluzione possiedono diversa volatilit (diverse tensioni di vapore), quello pi volatile tender ad arricchire maggiormente il vapore e la sua frazione molare nella miscela gassosa risulter, per la legge di Dalton, superiore alla sua frazione molare nella soluzione.
Se ad esempio mescoliamo, a 25C, 15 moli di acqua (tensione di vapore 23,8 mm) con 15 moli di alcool etilico (tensione di vapore 58,9 mm), per la legge di Raoult la tensione di vapore della soluzione sar pari a
P = 23,8
Si noti che la pressione parziale del vapor d'acqua nella miscela gassosa di 11,9 mm di Hg, mentre la pressione parziale dell'alcool etilico gassoso di 29,45 mm di Hg. Per la legge di Dalton la frazione molare di un componente una miscela gassosa esattamente pari al rapporto tra la sua pressione parziale e la pressione totale, per cui la frazione molare dell'alcool etilico nella miscela gassosa sar pari a
c etilicoG =
15 superiore alla frazione molare dell'etilico in soluzione c etilicoS = = 0,5 . Il componente pi volatile 30 si trova dunque nel vapore in percentuale maggiore rispetto a quanto non sia in soluzione. Per distinguerla da quella dei componenti liquidi, la frazione molare dei componenti gassosi viene in genere indicata con la lettera Y.
Possiamo esprimere la frazione molare Y di un componente nella fase gassosa in funzione della frazione molare c che esso presenta nella soluzione. La frazione molare dei componenti nella fase gassosa vale
PAo cA o PA PA c A PBo YA = = = P PBo + (PAo - PBo )c A Po 1 - c A + Ao c A PB dove possiamo osservare che la frazione molare del componente pi volatile A nella fase gassosa tanto pi elevata quanto maggiore il rapporto tra la sua tensione di vapore e la tensione di vapore del componente meno volatile B. PAo Se i due componenti presentano la medesima tensione di vapore o = 1 , allora la frazione molare in PB soluzione uguale alla frazione molare nella fase gassosa Y A = c A . PAo cA PBo Nel grafico successivo riportato landamento della curva Y A = per diversi valori del o PA 1- c A + o c A PB rapporto PAo PBo
Possiamo infine esprimere la tensione di vapore della soluzione in funzione della frazione molare YA del componente pi volatile nella fase gassosa. Ricordando che la frazione molare YA del componente pi volatile nella fase gassosa pari a P P oc YA = A = A A P P esplicitiamo la frazione molare cA del componente nella soluzione P c A = o YA PA e sostituiamone il valore nella tensione di vapore della soluzione P = PBo + (PAo - PBo )c A . Otteniamo
PBo 1 - 1 - o Y A P A dove possiamo osservare che la tensione di vapore non varia linearmente con la frazione molare YA del componente nella fase gassosa.
P=
P=
PBo
Se riportiamo in un unico grafico landamento della pressione di vapore (a T costante) in funzione della frazione molare sia in fase gassosa (YA) che in fase acquosa (cA), otteniamo un diagramma in cui possibile osservare come il vapore sia pi ricco nel componente pi volatile (YA > cA)
Questa circostanza permette normalmente di separare i due componenti una soluzione per distillazione. Il vapore che si ottiene facendo bollire una soluzione infatti pi ricco nell'elemento pi volatile. Se i vapori cos ottenuti vengono poi fatti condensare, la nuova soluzione che se ne ottiene risulta anch'essa pi concentrata nell'elemento pi volatile. Eseguendo pi volte il processo possibile separare completamente i due componenti.
13.5.1 Regola della leva Quando la soluzione (fase liquida) in equilibrio con i suoi vapori (fase gassosa) presente un sistema bifasico di cui possiamo calcolare le percentuali relative (in massa) delle due fasi in equilibrio. La frazione molare ZA totale (vapore + liquido) del sistema bifasico sar evidentemente compresa tra quella del gas e quella del liquido (YA > ZA > cA) ed il suo valore sar correlato al rapporto molare tra fase gassosa e fase liquida (ng/nl) Consideriamo il componente A pi volatile ed indichiamo con ng = numero di moli presenti nella fase gassosa nl = numero di moli presenti nella fase liquida n = ng + nl = numero di moli totali, presenti in entrambe le fasi in equilibrio ng Y A = numero di moli di A presenti nella fase gassosa nl cA = numero di moli di A presenti nella fase liquida n ZA = (ng + nl) ZA = numero di moli di A presenti in entrambe le fasi
Ora, applichiamo il principio di conservazione della massa ed eseguiamo il bilancio di materia. Il numero totale di moli di A (presenti in entrambe le fasi) dovr essere uguale alla somma delle moli di A in fase liquida ed in fase gassosa. Possiamo allora scrivere (ng + nl) ZA = nlcA + ngY A da cui ng ZA + nl ZA = nlcA + ngY A ng ZA + nl ZA = nlcA + ngY A raccogliendo ng ed nl, si arriva infine alla relazione seguente che costituisce la regola della leva ng (Y A - ZA) = nl (ZA - cA) Il nome si deve al fatto che la relazione analoga a quella che fornisce la condizione di equilibrio di una leva in cui il prodotto della forza F1 per il suo braccio b1 deve essere uguale al prodotto della forza F2 per il suo braccio b2. Dunque il numero di moli contenute in ciascuna fase stanno tra loro in modo inversamente proporzionale ai segmenti congiungenti i punti che rappresentano le fasi con il punto che fornisce la composizione chimica media ZA del sistema bifasico. ng Z A - c A G = = nl YA - Z A L n g L = nl G La lunghezza della congiungente il punto indicante la composizione globale ZA della miscela con quello indicante la composizione della singola fase inversamente proporzionale alla percentuale di quella fase presente.
Dunque il numero di moli presenti nella fase gassosa proporzionale al segmento G, mentre il numero di moli di A presenti nella fase liquida proporzionale al segmento L. Applicando la medesima regola possibile calcolare non solo il rapporto molare tra fase gassosa e fase liquida (ng/nl), ma anche la frazione molare del sistema bifasico presente in una determinata fase. Ricordando infatti che la lunghezza del segmento L proporzionale al numero di moli in fase liquida, mentre la lunghezza del segmento G proporzionale al numero di moli in fase gassosa, potremo scrivere ng nl Z -c A Y - ZA G L = = A e = = A ntot G + L Y A - c A ntot G + L Y A - c A dove
= frazione delle moli totali presente sotto forma di vapore ntot nl = frazione delle moli totali presente sotto forma di liquido ntot In un sistema bifasico liquido-vapore in reciproco equilibrio la frazione molare totale Z (vapore + liquido) ovviamente costante. Se tuttavia sottoponiamo il sistema ad una variazione di pressione, esso si riassesta verso una nuova condizione di equilibrio in cui varia il rapporto quantitativo tra la fase liquida e quella di vapore e le concentrazioni delle singole fasi. In particolare, diminuendo la pressione il sistema si sposta verso la fase di vapore (una maggior quantit di liquido evapora) ed entrambe le fasi risultano meno concentrate nel componente pi volatile.
ng
Esempio Introduciamo in un recipiente un egual numero di moli di esano (tensione di vapore a 20C 133 mm Hg) e di ottano (tensione di vapore a 20C 10 mm Hg). Sapendo che il vapore che si forma presenta una tensione di 40 mm Hg, calcoliamo la concentrazione del componente pi volatile (esano) nella soluzione e nel vapore e la frazione di sistema presente sotto forma di vapore. Aumentiamo successivamente il volume del recipiente fino a portare la pressione del vapore a 25 mm Hg e ricalcoliamo le caratteristiche del sistema Essendo il sistema equimolare (moli esano = moli ottano) la frazione molare dellesano Z = 0,5 Applichiamo la legge di Raoult per calcolare la tensione di vapore dellesano nella soluzione
o o o P = Pot tan o + (Pesano - Pot tan o )c esano
c esano
Applichiamo ora la legge di Dal ton per calcolare la frazione molare dellesano nel vapore
Yesano =
Applichiamo infine la regola della leva per calcolare la frazione di molecole che si trovano sotto forma di vapore
ng ntot
==
Dunque il 45,1% delle moli totali si trova sotto forma di vapore e contiene l81,1% di esano, mentre il rimanente 54,9% delle molecole totali si trova in fase liquida e contiene il 24,4 % di esano.
Se ora portiamo la pressione del vapore a 25 mm Hg, il sistema sposta il suo equilibrio verso la fase gassosa. Rieseguiamo i calcoli precedenti per una pressione di 25 mm Hg Applichiamo la legge di Raoult per calcolare la tensione di vapore dellesano nella soluzione
c esano =
Applichiamo ora la legge di Dal ton per calcolare la frazione molare dellesano nel vapore
Yesano =
Applichiamo infine la regola della leva per calcolare la frazione di molecole che si trovano sotto forma di vapore
ng ntot
==
Dunque il 71,7% delle moli totali si trova sotto forma di vapore e contiene l64,9% di esano, mentre il rimanente 28,3% delle molecole totali si trova in fase liquida e contiene il 12,2 % di esano.
Si tenga presente che la regola della leva rimane valida anche usando le percentuali in peso (massa) al posto delle frazioni molari. Ovviamente in questo caso si troveranno valori numerici diversi.
Esempio Trasformiamo i dati dellesempio precedente nelle corrispondenti percentuali in massa, sapendo che il peso molare dellesano 86 g/mol, mentre quello dellottano 114 g/mol. Avevamo un sistema bifasico equimolare (Z = 0.5) in cui il 45,1% delle moli totali si trovava sotto forma di vapore contenente l81,1% di esano, mentre il rimanente 54,9% delle molecole totali si trovava in fase liquida con il 24,4 % di esano. la frazione molare dellesano Z = 0.5, espressa come percentuale in massa, diventa
%mTOT =
Calcoliamo la massa dellesano presente in 0.451 moli di vapore 0.451 x 0.811 x 86 = 31.46 g Calcoliamo la massa dellottano presente in 0.451 moli di vapore 0.451 x (1-0.811) x 114 = 9.72 g Dunque 0.451 moli di vapore pesano 31.46 + 9.72 = 41.18 g e contengono una percentuale in massa di esano pari a %m Gas = 31.46/41.18 = 0.764 Calcoliamo la massa dellesano presente in 0.549 moli di soluzione 0.549 x 0.244 x 86 = 11.52 g Calcoliamo la massa dellottano presente in 0.549 moli di vapore 0.549 x (1-0.244) x 114 = 47.31 g Dunque 0.549 moli di fase liquida pesano 11.52+47.31=58.83 g e contengono una percentuale in massa di esano pari a %m Liq = 11.52/58.83 = 0.196 Calcoliamo la percentuale in massa del sistema presente in fase gassosa
86 = 0.43 86 + 114
m gas mtot
Verifichiamo che tale valore poteva essere ottenuto applicando la regola della leva
m gas mtot
13.5.2 Distillazione e diagramma lenticolare Per descrivere il processo di distillazione si fa riferimento alla curva che lega la temperatura di ebollizione della soluzione alla frazione molare del componente pi volatile. Il componente pi volatile ovviamente quello con la pi alta tensione di vapore e quindi con la pi bassa temperatura di ebollizione. TB la temperatura di ebollizione del componente B puro e TA la temperatura di ebollizione del componente A puro. Come si pu osservare nei grafici successivi, a differenza della tensione di vapore, la temperatura di ebollizione della soluzione non varia linearmente in funzione di cA
Se in ascissa si riporta sia la frazione molare della soluzione (c) che del vapore (Y) si ottengono due curve a pressione costante (isobare) che costituiscono il cosiddetto diagramma lenticolare. La curva inferiore, che rappresenta la temperatura alla quale il liquido bolle, detta curva di bolla. La curva superiore, che rappresenta la temperatura alla quale il vapore condensa, detta curva di rugiada. Allinterno della lente presente un sistema bifasico liquido + vapore in reciproco equilibrio
Come abbiamo gi detto la distillazione permette di separare i due componenti a diversa volatilit di una soluzione sfruttando il fatto che il vapore risulta pi ricco nel componente pi volatile. Facendo ricondensare i vapori, la nuova soluzione che se ne ottiene risulta anch'essa pi concentrata nell'elemento pi volatile. Eseguendo pi volte il processo possibile separare completamente i due componenti.
Distillazione 1) Portiamo alla temperatura di ebollizione T1 un liquido povero (c1) nel componente pi volatile A, ottenendo in tal modo un vapore pi ricco (y 2 > c1) nel componente pi volatile A. Condensiamo il vapore, ottenendo un liquido avente la medesima concentrazione in A (c2= y2) del vapore Portiamo nuovamente alla temperatura di ebollizione T2 il liquido raccolto, ottenendo in tal modo un vapore ancor pi ricco (y3 > c2) nel componente pi volatile A. Condensiamo di nuovo il vapore, ottenendo un liquido avente la medesima concentrazione in A (c3= y3) del vapore
2) 3)
4)
Si tenga presente che la regola della leva pu essere applicata anche ai diagrammi isobari lenticolari ed in generale a qualsiasi sistema bifasico in equilibrio, ad esempio una lega metallica solida in equilibrio con il suo fuso.
Esempio Consideriamo una lega Nichel-Rame contenente il 53% in massa di Nichel. Il Nichel puro fonde a 1453 C, mentre il Rame puro fonde a 1085C. A 1300C si forma un sistema bifasico con il solido in equilibrio con il suo fuso. Nel diagramma lenticolare a destra vediamo che lisoterma di 1300 C incontra la curva di Liquidus (curva rossa = temperatura di solidificazione del liquido in funzione della % in massa del Nichel nel liquido) in corrispondenza di una concentrazione in massa di Nichel pari al 45%, mentre incontra la curva di Solidus (curva blu = temperatura di fusione del solido in funzione della % in massa del Nichel nel solido) in corrispondenza di una concentrazione in massa di Nichel pari al 58%. In altre parole, quando una lega metallica fonde genera un fuso pi ricco nel componente a minor punto di fusione (Rame) e quindi pi povero nel componente a maggior punto di fusione (Nichel). Ovviamente il solido residuo in equilibrio con il fuso risulta pi ricco nel componente a maggior punto di fusione (Nichel). La percentuale in massa della fase liquida si ottiene con la regola della leva
m Liq mTot
a 1300 C il sistema bifasico dunque costituito dal 38,5% in massa di fuso (pi concentrato in rame) e dal 61.5% in massa di solido (pi ricco di Nichel)
13.5.3 Soluzioni non ideali: deviazioni dalla legge di Raoult e azeotropi La maggior parte delle soluzioni non presenta un comportamento ideale e manifesta delle deviazioni dalla legge di Raoult. Si osservano deviazioni positive, quando la pressione osservata sperimentalmente maggiore di quella prevista dal modello di Raoult. A livello microscopico questo comportamento dovuto ad una interazione di repulsione fra le molecole A e B che formano una miscela binaria e/o alla preferita associazione di una delle due specie A o B con se stessa, per esempio tramite legami a idrogeno.
Il sistema n-eptano + etanolo presenta ad esempio deviazioni positive dalla legge di Raoult a causa della
diversa polarit delle due molecole e a causa della autoassociazione delletanolo via legame a idrogeno. Analogamente nella miscela acetone-carbonio disolfuro i due componenti hanno diversa polarit e mostrano deviazioni positive come risulta dal diagramma seguente.
Le deviazioni positive dalla legge di Raoult danno dunque luogo a diagrammi di fase con un punto di massimo nella curva della pressione di vapore e quindi con un punto di minimo nei diagramma isobaro nella curva della temperatura di ebollizione.
Si osservano deviazioni negative, quando la pressione osservata sperimentalmente minore di quella prevista dal modello di Raoult. A livello microscopico questo comportamento dovuto ad una forte interazione di attrazione di A verso B, o tramite legami a idrogeno o con formazione di idrati nel caso di soluzioni acquose. Il cloroformio si associa ad esempio con lacetone per legame a idrogeno e quindi la miscela presenta deviazioni negative dalla legge di Raoult come risulta dal diagramma seguente.
Le deviazioni negative dalla legge di Raoult danno dunque luogo a diagrammi di fase con un punto di minimo nella curva della pressione di vapore e quindi con un punto di massimo nei diagramma isobaro nella curva della temperatura di ebollizione.
La miscela avente la composizione corrispondente a tali estremi (punti di massimo o minimo) si chiama miscela azeotropica o semplicemente azetropo (dal greco azeotropos, che bolle immutato). Si osserva che per tali miscele la composizione del vapore identica a quella del liquido. Il diagramma isobaro lenticolare forma infatti due asole con la curva di bolla e quella di rugiada che presentano un punto in comune in corrispondenza dellazeotropo. .
L'azeotropo dunque una miscela con punto di ebollizione massimo, o minimo, rispetto a tutte le altre composizioni del sistema ed in corrispondenza della quale la composizione del liquido uguale alla composizione del vapore. I sistemi con punto di ebollizione minimo sono i pi comuni, ed il pi noto la miscela acqua-etanolo.
Azeotropo bassobollente Le soluzioni di acqua ed etanolo (alcool etilico) presentano un punto azeotropico al 95,57% in peso (frazione molare = 0.894) di etanolo con temperatura di ebollizione di 78,17 C. Per distillazione dunque impossibile ottenere etanolo puro. Quando si arriva ad ottenere per distillazione la soluzione azeotropica, i vapori che essa forma sono sempre formati dal 95,57% di etanolo e dal 4,43% di acqua.
Per distillazione frazionata di tali miscele possibile ricavare allo stato puro solo il componente presente in eccesso, che rimane come residuo della distillazione, mentre il distillato tende alla miscela azeotropica In generale: Per distillazione di un azeotropo di minimo, il distillato tende alla composizione azeotropica, mentre rimane come residuo della distillazione il componente presente inizialmente in eccesso rispetto alla composizione dellazeotropo.
Per distillazione di un azeotropo di massimo, la distillazione tende a separare un liquido puro arricchito nel componente che si trova, rispetto alla composizione azeotropica, dalla stessa parte della miscela di partenza
Abbiamo visto come la temperatura di ebollizione di un liquido sia la temperatura alla quale la tensione di vapore eguaglia la pressione esterna. Si inoltre osservato come l'aggiunta di un soluto non volatile abbassi la tensione di vapore di un solvente. Ci ha dunque come conseguenza che quando una soluzione raggiunge la temperatura di ebollizione del suo solvente, la sua tensione di vapore inferiore a quella necessaria per produrre l'ebollizione. La temperatura di ebollizione di una soluzione risulta quindi superiore a quella del solvente puro. La differenza tra la temperatura di ebollizione della soluzione e quella del solvente puro detta innalzamento ebullioscopico (Dteb) ed proporzionale alla concentrazione molale della soluzione
Dteb = k eb m
dove keb una costante di proporzionalit, detta costante ebullioscopica, il cui valore dipende dalla natura chimica del solvente (non del soluto). E' possibile verificare il fenomeno osservando come, nel diagramma di stato, la linea della tensione di vapore del liquido slitti, nel caso di una soluzione, verso destra ed incontri quindi l'ordinata di pressione 1 atmosfera a temperature superiori.
Un effetto analogo si ha anche sul punto di congelamento (o di solidificazione, o di fusione). La presenza di un soluto poco volatile abbassa infatti il punto di congelamento. La variazione nel punto di congelamento viene detta abbassamento crioscopico (Dtcr) e si dimostra come anch'esso sia proporzionale alla molalit della soluzione
Dtcr = k cr m
dove kcr una costante di proporzionalit, detta costante crioscopica, il cui valore dipende dalla natura chimica del solvente (non del soluto). Si tenga presente che quando una soluzione congela in realt solo il solvente (o comunque il componente a pi elevato punto di congelamento) che solidifica, "espellendo" le molecole di soluto dal reticolato solido che si va formando. In tal modo la soluzione liquida che deve ancora congelare diventa via via pi concentrata in soluto ed il suo punto di congelamento si abbassa ulteriormente. Ci spiega come le soluzioni non congelino in realt ad una temperatura ben definita, ma si solidifichino gradualmente all'interno di un certo intervallo di temperatura.
L'abbassamento crioscopico si spiega se pensiamo che il fenomeno del passaggio di stato solido/liquido avviene quando vi equilibrio tra la velocit con cui le molecole del liquido passano allo stato solido e quella con cui le molecole del solido passano allo stato liquido. Ma mentre la superficie del liquido a contatto con il solido presenta delle molecole di soluto che rallentano e ostacolano il processo di solidificazione del solvente, il solido presenta una superficie di interfaccia con il liquido costituita solo di molecole di solvente e la velocit con cui passa allo stato liquido non viene influenzata dalla presenza del soluto. Molecole di solvente liquido che solidificano Molecole di soluto che rallentano la solidificazione Molecole di solvente solido che liquefano
Si definiscono propriet colligative di un sistema quelle propriet il cui valore dipende dal numero delle particelle presenti e non dalla loro natura chimica e fisica. Ad esempio la pressione ed il volume dei gas sono propriet colligative. Per quanto riguarda le soluzioni risultano propriet colligative la pressione osmotica, l'abbassamento relativo della tensione di vapore nelle soluzioni, l'innalzamento ebullioscopico e l'abbassamento crioscopico. Per esemplificare quanto detto prendiamo in considerazione la pressione osmotica. Abbiamo visto che la pressione osmotica si calcola
p = MRT
La pressione osmotica di una soluzione 0,1 M di un qualsiasi soluto a 20C dovrebbe dunque essere pari a
14 Cinetica chimica
14.1 Velocit di reazione
Viene definita cinetica chimica quella branca della chimica che studia la dinamica delle reazioni chimiche ed in particolare la loro velocit. Presa in considerazione una generica specie chimica A (reagente o prodotto di reazione), la velocit di una reazione si esprime come rapporto tra la variazione nella sua concentrazione D[A], nell'intervallo di tempo Dt preso in considerazione ( presente il valore assoluto poich convenzionalmente la velocit viene espressa mediante valori positivi anche quando le variazioni del specie chimica considerata sono in diminuzione, come nel caso dei reagenti).
v=
D[A] Dt
Tuttavia la velocit di una reazione non coincide necessariamente con la velocit di scomparsa dei reagenti e di comparsa dei prodotti di reazione. Per una generica reazione del tipo
aA +bB cC + dD
le velocit con cui reagiscono le singole specie chimiche che partecipano alla reazione infatti legata alla velocit di rezione v dalla seguente relazione 1 [ DA] 1 [ DB ] 1 [ DC ] 1 [ DD ] v=== = a Dt b Dt c Dt d Dt Ad esempio se la velocit della reazione di sintesi dellammoniaca ( N2 + 3H2 2NH3) pari a 5 mmol L-1 s-1 ( 5 millimoli per litro per secondo), ci significa che, mediamente reagiscono 5 millesimi di mole di N2 al secondo per litro di soluzione, mentre la velocit di reazione di H2 tripla (- 15 mmol L-1 s-1) e quella di formazione di NH3 doppia (+10 mmol L-1 s-1) Naturalmente in tal modo si calcola la velocit media. E semplice verificare che, da un punto di vista grafico, tracciando in un diagramma cartesiano landamento della concentrazione [A] in funzione del tempo t, la velocit media non altro che la pendenza della retta che interseca la curva della concentrazione nei due punti considerati (1 e 2) ai tempi t 1 e t2
La velocit istantanea diversa e varia in genere con il procedere della reazione. Poich il suo valore dipende nella maggior parte dei casi dalla concentrazione del reagente, esso presenta i valori pi elevati all'inizio, quando la concentrazione massima, per poi decrescere col procedere della reazione stessa, man mano che la concentrazione della specie chimica diminuisce.
Da un punto di vista grafico facile vedere che la velocit istantanea nel punto 1 si ottiene facendo tendere a zero lintervallo di tempo Dt. In questo modo la retta secante diventa una retta tangente nel punto 1 e possiamo in tal modo affermare che la velocit istantanea graficamente rappresentabile tramite la pendenza della retta tangente alla curva della concentrazione nel punto considerato. (da un punto di vista analitico la derivata della curva nel punto).
In pratica sufficiente calcolare la pendenza della retta tangente alla curva nel punto desiderato, pari alla tangente trigonometrica dell'angolo che la retta forma con l'asse delle ascisse. Nella figura si pu osservare come la velocit istantanea al tempo t 2, essendo pari alla pendenza della retta tangente alla curva nel punto, sia inferiore alla velocit istantanea al tempo t 1. In altre parole la velocit istantanea diminuisce al diminuire della concentrazione della specie chimica I dati sperimentali suggeriscono che la velocit istantanea sia legata alla concentrazione dei reagenti da una relazione del tipo
v = k [ A] [ B ]
n
nota come equazione di velocit o legge cinetica, dove A e B sono due reagenti generici, mentre n ed m sono rispettivamente l'ordine della reazione rispetto al reagente A e l'ordine della reazione rispetto al reagente B. k una costante di proporzionalit, detta costante di velocit specifica o costante cinetica. La costante cinetica rappresenta la velocit che la reazione assume quando le concentrazioni sono unitarie Si definisce ordine complessivo della reazione la somma n + m degli esponenti a cui sono elevate le concentrazioni dei reagenti. Generalmente n ed m coincidono con i coefficienti stechiometrici di A e B. Ci non comunque sempre vero. La determinazione dell'ordine di una reazione infatti, come vedremo, un dato sperimentale. Le dimensioni della costante cinetica k dipendono dallordine complessivo della reazione e dalle unit di misura usate per le concentrazioni e per il tempo. In generale, se z = n + m lordine complessivo della reazione, le dimensioni di k sono (concentrazione)1-z x (tempo)-1 z=0 z=1 z=2 z=3 k conc x tempo-1 k tempo-1 k conc-1 x tempo-1 k conc-2 x tempo-1
Una reazione si definisce elementare quando costituita da un unico atto reattivo in cui le particelle (atomi, molecole, ioni etc) dei reagenti si urtano per trasformarsi nei prodotti di reazione senza generare nessun intermedio chimico. Il numero di particelle reagenti che collidono in una reazione elementare detto molecolarit. Una reazione unimolecolare (o monomolecolare) una reazione elementare in cui coinvolta una sola molecola senza alcun urto. La molecola del reagente si dissocia o isomerizza (si trasforma in un suo isomero). A P Una reazione bimolecolare una reazione elementare in cui sono coinvolte due molecole che collidono fra loro. 2A P oppure A + B P. Le reazioni bimolecolari sono di gran lunga le pi comuni. Raramente si possono avere reazioni elementari trimolecolari in cui sono coinvolte tre molecole che collidono fra loro. 3A P oppure 2A + B P oppure A + B + C P Reazioni di molecolarit superiore non sono note data la bassissima probabilit di un urto contemporaneo tra quattro e pi molecole.
La molecolarit di una reazione elementare quindi definita dalla stechiometria della reazione stessa e coincide con la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti. Nel caso di reazioni elementari lordine complessivo di reazione coincide con la molecolarit e la legge cinetica di una reazione elementare pu essere scritta direttamente a partire dall'equazione chimica bilanciata. Ne consegue che in una reazione elementare gli ordini di reazione rispetto ai vari componenti coincidono coi coefficienti stechiometrici .
Reazione elementare AP 2A P A+BP 2A + B P A+B+CP Legge cinetica v = k[A] v = k[A] v = k[A] [B] v = k[A] [B] v = k[A] [B] [ C]
2 2
Ordine complessivo 1 2 2 3 3
Molecolarit 1 2 2 3 3
Ad esempio la reazione 2HI H2 + I2 una reazione elementare bimolecolare e quindi la velocit dipende dal quadrato della concentrazione di HI secondo la seguente legge cinetica, direttamente derivabile dalla stechiometria dellequazione chimica.
v = k[HI]
La reazione dunque di secondo ordine e l'ordine coincide con il valore del coefficiente stechiometrico e con la molecolarit della reazione. La legge cinetica di una reazione elementare immediatamente prevedibile. Il problema che non c modo di sapere in anticipo se una data reazione sia o meno elementare e quindi non possibile assegnare ordine e legge cinetica ad una reazione in via puramente teorica. La legge cinetica va dunque individuata sperimentalmente. La maggior parte delle reazioni chimiche sono infatti costituite da una successione di reazioni elementari (stadi), ciascuno dei quali genera come prodotti degli intermedi che vengono utilizzati come reagenti nello stadio successivo e che quindi non compaiono come prodotti finali nella reazione complessiva. Linsieme delle reazioni elementari che costituiscono una reazione definiscono il cosiddetto meccanismo di reazione.
Per queste reazioni non ha senso parlare di molecolarit dellintera reazione, ma di molecolarit di ciascun stadio. Inoltre la legge cinetica, e di conseguenza lordine di reazione, non automaticamente derivabile dalla stechiometria dellequazione chimica bilanciata. Come abbiamo detto, la legge cinetica, e quindi lordine di reazione, un dato che va ricavato sperimentalmente studiando la dipendenza della velocit della reazione dalle concentrazioni dei reagenti. Una volta determinata sperimentalmente la legge cinetica (e lordine di reazione) possibile teorizzare un meccanismo di reazione che sia compatibile con la legge cinetica trovata. Si tenga presente che vi possono essere pi meccanismi alternativi, compatibili con la medesima legge cinetica. Se la reazione avviene in pi stadi, la velocit della reazione complessiva (e dunque anche la sua legge cinetica) condizionata e determinata dalla velocit dello stadio pi lento. Tale stadio definito Stadio cineticamente determinante (Rate Determining Step RDS) o Stadio cineticamente limitante (Rate Limiting Step RLS) Ad esempio, nella reazione NO2 + CO NO + CO2, si trova sperimentalmente che la velocit dipende dal quadrato della concentrazione di NO2
v = k[NO2 ]
La reazione dunque di secondo ordine e l'ordine non coincide con il coefficiente stechiometrico di NO2 e per di pi non risulta nemmeno dipendere dalla concentrazione di CO. Evidentemente non pu trattarsi di una reazione elementare ed dunque necessario ipotizzare un meccanismo di reazione a pi stadi.. Il meccanismo accettato per tale reazione il seguente, costituito da due stadi elementari, ciascuno con la sua molecolarit. 2NO2 NO3 + NO In cui necessario lo scontro di due molecole di NO2 primo stadio 2 (reazione elementare bimolecolare). Per tale stadio la velocit sar dunque v1 = k1 [NO2 ] Si forma un intermedio chimico (NO3) che non compare tra i prodotti della reazione complessiva e che deve dunque essere consumato come reagente nello stadio successivo. NO3 + CO NO2 + CO2 in cui necessario lo scontro di una molecola di NO3 secondo stadio con una di CO (reazione elementare bimolecolare). Per tale stadio la velocit sar dunque v 2 = k 2 [NO 3 ] [CO] Poich la velocit del primo stadio molto minore della velocit del secondo stadio, la velocit della reazione complessiva coincide in pratica con la velocit del primo stadio (RDS). Nel caso in cui lo stadio pi lento (RDS) non sia il primo, la derivazione teorica della legge cinetica dal meccanismo di reazione proposto pi complessa. Ad esempio, la reazione di sintesi del fosgene COCl2 in fase gassosa CO + Cl2 COCl2 la seguente legge cinetica, sperimentalmente determinata, v = k [CO] [Cl2]3/2 Per la reazione si accetta il seguente meccanismo in tre stadi, con formazione di radicali (molecole o atomi che possiedono un elettrone spaiato, come ad esempio Cl) presenta
1 Cl2 2Cl
k-1
2 Cl + CO COCl
k-2
In questo caso la legge cinetica della reazione elementare dello stadio lento, teoricamente assegnata, v3 = k3 [COCl][Cl2] non risulta congruente con la legge cinetica sperimentalmente determinata per la reazione complessiva, poich contiene degli intermedi chimici (il radicale COCl) che non compaiono ne tra i reagenti, ne tra i prodotti della reazione complessiva. Possiamo comunque esprimere le loro concentrazioni in funzione della concentrazione dei reagenti. Il primo stadio una reazione elementare unimolecolare, caratterizzata da un equilibrio che si instaura rapidamente tra reagenti e prodotti, quando la velocit v1 della reazione diretta v1 = k1 [Cl2] eguaglia la velocit v-1 della reazione inversa v-1 = k-1 [Cl]2 essendo dunque v1 = v-1, possiamo eguagliare anche i secondi membri ed esplicitare la concentrazione di Cl
k 1) [Cl ] = 1 [Cl2 ] k-1 Il secondo stadio una reazione elementare bimolecolare, caratterizzata da un equilibrio che si instaura rapidamente tra reagenti e prodotti, quando la velocit v2 della reazione diretta V2 = k2 [Cl][CO] eguaglia la velocit v-2 della reazione inversa v-2 = k-2 [COCl] essendo dunque v2 = v-2, possiamo eguagliare anche i secondi membri ed esplicitare la concentrazione di COCl k 2) [COCl ] = 2 [Cl ][CO ] k-2 sostituiamo ora nella relazione 2) la concentrazione del radicale Cl trovata nella 1), ottenendo k k 3) [COCl ] = 2 1 [Cl2 ] [CO ] k-2 k-1 Il terzo stadio lo stadio cineticamente determinante (RDS), costituito da una reazione elementare bimolecolare la cui velocit v3 condiziona la velocit complessiva della reazione (v3 v) 4) v3 = k3 [COCl][Cl2] sostituiamo ora nella 4) la concentrazione dellintermedio chimico COCl, con la il risultato della 3) in cui la concentrazione dellintermedio espressa in funzione delle concentrazioni dei reagenti (CO e Cl2) k k v3 = k3 2 1 [Cl2 ] k-2 k-1
1/ 2 1/ 2 1/ 2
[CO ][Cl2 ]
ed in definitiva
k k 3/ 2 v3 = k3 2 1 [CO ][Cl2 ] k-2 k-1 che risulta ora perfettamente consistente con la legge cinetica sperimentalmente determinata. E dunque la costante cinetica k, trovata sperimentalmente per la reazione complessiva, coincide con la costante
1/ 2
1/ 2
14.2.1 Reazioni di primo ordine (cinetica di primo ordine) Presentano una cinetica di primo ordine quelle reazioni in cui la velocit direttamente proporzionale alla concentrazione di un solo reagente, secondo una legge del tipo
v = k [A]
Ci non significa che nella reazione non possa essere coinvolto pi di un reagente, ma solo che la velocit dipende solo da uno dei reagenti presenti. Nelle reazioni di primo ordine k si esprime in s-1 (infatti si ottiene come v/[A]) Pi spesso viene utilizzata lequazione di velocit integrata (si ottiene integrando la relazione precedente) che mette in funzione la concentrazione con il tempo di reazione t
ln
dove [A]o = concentrazione iniziale di A [A]t = concentrazione di A al tempo t k = costante di velocit specifica t = tempo di reazione
[A ]o [A ]t
= kt
Si noti che, se la reazione segue una cinetica di primo ordine, riportando in un grafico landamento del logaritmo della concentrazione in funzione del tempo si ottiene una retta di pendenza -k
ln[A]t = ln[A]o - k t
La costante di velocit specifica k pu dunque essere calcolata conoscendo le concentrazioni a due tempi diversi. Il rapporto tra la differenza delle ordinate (y = ln[A]2 - ln[A]1) e la differenza delle ascisse (x = t2 t1) di due punti fornisce infatti la pendenza della retta.
k=
ln [ A]2 - ln [ A]1 t2 - t1
ln =
[ A]2 [ A]1
t2 - t1
Esempio 1 Sapendo che la reazione 2N2O5 4NO2 + O2 segue una cinetica di primo ordine e che la costante di velocit specifica a -3 65C vale k = 5,2.10 s-1, calcoliamo la concentrazione di N2O5 dopo 5 minuti, sapendo che la sua concentrazione iniziale era di 0,25 mol/L
Esempio 2 La reazione in fase gassosa A(g) 2B(g) + C(g) segue una cinetica di primo ordine. In condizioni di volume e temperatura costanti, la pressione totale iniziale del sistema di 0,2227 atm, mentre dopo 21 minuti la pressione totale di 0,3744 atm. Calcoliamo la costante di velocit e la pressione totale a 9 minuti. Al tempo t = 0 la pressione totale generata solo dal reagente ( i prodotti non si sono ancora formati) per cui la pressione di A al tempo t = 0 pari a 0.2227 atm. Al tempo t = 21 min hanno reagito x moli di A per dare 2x moli di B ed x moli di C. Le pressioni parziali dei tre gas avranno subito una variazione proporzionale. Per cui al tempo tempo t = 21 min le pressioni parziali dei tre gas saranno A(g) 2B(g) + C(g) 0,2227 x 2x x e la pressione totale della miscela al tempo t = 21 min sar, per la legge di Dalton dell miscele gassose Pt = PA + PB + PC = (0,2227 x) + 2x + x = 0,3744 atm da cui x = 0.07585 atm La pressione parziale di A al tempo t= 21 min sar quindi PA(21 min) = 0,2227 x = 0,2227 0,07585 = 0,14685 atm Usiamo ora la relazione integrata di velocit per una reazione del primo ordine per calcolare la costante di velocit specifica
ln
ln
-2 -1
PA0 PAt
= k t
0.2227 = k 21 0.14685
ln
da cui
PA9 =
0,2227 e 210
-2
= 0.1860atm
Se ne deduce che dopo 9 minuti la pressione di A diminuita di 0.2227 0.1860 = 0.0367 atm Ricordando che per ogni x atmosfere di diminuzione della pressione di A, la pressione di B aumenta di 2x atmosfere e quella di C aumenta di x atmosfere, dopo 9 minuti la pressione parziale dei prodotti sar PB = 2(0.0367) = 0.0734 atm PC = 0.0367 atm La pressione totale dopo 9 minuti sar pertanto Ptot = PA+ PB + PC = 0.1860 + 0.0734 + 0.0367 = 0.2961 atm Esempio 3 -2 -1 -1 Una reazione del primo ordine presenta una velocit iniziale V0 = 10 mol L ore . Dopo 40 minuti la velocit si ridotta ad un decimo. Calcolare la costante di velocit e la concentrazione iniziale del reagente.
Poich in una reazione di primo ordine la velocit direttamente proporzionale alla concentrazione del reagente V = k [A], possiamo scrivere V0 = k [A]0 e Vt = k [A]t Dividendo membro a membro si ottiene V0/ Vt = [A]0 /[A]t e poich la velocit iniziale V0 10 volte maggiore della velocit Vt al tempo t = 40 minuti (4/6 di ora) potremo scrivere V0/ Vt = [A]0 /[A]t = 10 Scriviamo ora la relazione di velocit integrata per le reazioni di primo ordine
ln
e sostituiamo
[A]o [A]t
= k t
ln (10) = k (4/6) -1 da cui k = 3,45 ore Usiamo ora la costante di velocit specifica per calcolare la concentrazione iniziale V0 = k [A]0 10 da cui [A]0 = 10
-2 -2
e, sostituendo
= 3,45 [A]0
-3
/ 3,45 = 2,90 10
mol/L
* * * * * * * * * Seguono cinetiche di primo ordine anche i decadimenti radioattivi, per i quali si calcola generalmente il tempo di dimezzamento
t1 =
2
[A]o = 1 ln 2 = 0,693 1 ln k 1 [A ] k k 0 2
Come si pu osservare, nel caso di cinetiche di primo ordine, il tempo di dimezzamento dipende solo dal valore di k e non dalla concentrazione iniziale. Nel caso dei decadimenti radioattivi k prende il nome di costante di decadimento radioattivo. Sapendo ad esempio che la costante di decadimento del carbonio14 pari a 1,21.10-4 anni-1, possiamo facilmente calcolare il suo tempo di dimezzamento t1 =
2
14.2.2 Reazioni di secondo ordine (cinetiche di secondo ordine) Presentano una cinetica di secondo ordine quelle reazioni in cui la velocit direttamente proporzionale al prodotto delle concentrazioni di due reagenti oppure al quadrato della concentrazione di un solo reagente, secondo leggi del tipo
v = k[A ]
oppure
v = k[A ] [B]
Nelle reazioni di secondo ordine k si esprime in L.mol-1.s-1 (o atm.s-1 se la specie chimica gassosa) Pi spesso vengono utilizzate le relazioni di velocit integrata (si ottiene integrando una delle precedenti relazioni ) che mettono in funzione la concentrazione con il tempo di reazione t. Esse sono rispettivamente
1 1 = kt [A]t [A]o
e
dove [A]o = concentrazione iniziale di A [A]t = concentrazione di A al tempo t k = costante di velocit specifica t = tempo di reazione A) cinetica di tipo k[A]2 Se la reazione segue una cinetica di secondo ordine del tipo v = k[A] 2, riportando in un grafico landamento del reciproco della concentrazione in funzione del tempo si ottiene una retta di pendenza k
1 1 = + k t [A]t [A]o
La costante di velocit specifica k pu dunque essere calcolata conoscendo le concentrazioni a due tempi diversi
1 k=
[A]2 - [A]1
1 t 2 - t1
Il tempo di dimezzamento dipende dalla concentrazione iniziale. Ponendo infatti [A]t = [A]0 si ottiene
t1/ 2 =
1 k [ A]o
Esempio 1 Sapendo che la reazione 2HI H2 + I2 segue una cinetica di secondo ordine e che la costante di velocit specifica a 800 -2 -1 -1 K vale k = 9,2.10 L.mol .s , calcoliamo dopo quanto tempo la concentrazione di HI si ridotta del 25%, sapendo che -2 la sua concentrazione iniziale era di 5,3.10 mol/L
t=
Esempio 2 La dimerizzazione gassosa a 326 C del butadiene avviene secondo una cinetica del secondo ordine. Sapendo che la pressione iniziale P0 = 0.8315 atm e la pressione dopo 33 minuti P33 = 0,6944 atm, calcoliamo la costante di velocit. Indichiamo con A il butadiene e con B il suo dimero. La reazione del tipo 2A B Al tempo t = 0 la pressione totale dovuta solo al butadiene (non si ancora formato il dimero) e quindi la pressione iniziale Po del butadiene pari a PA(0) = 0,831 atm Al tempo t = 33 min. hanno reagito 2x moli di butadiene per dare x moli di dimero. Le pressioni parziali dei due gas avranno subito una variazione proporzionale. Per cui al tempo le pressioni parziali dei due gas saranno PA(33) = (0,8315 2x) atm PB(33) = x atm e la pressione totale della miscela al tempo t = 33 min sar Pt(33) = PA(33) + PB(33) = (0,8315 2x) + x = 0,6944 atm da cui x = 0.1371 atm La pressione parziale del butadiene al tempo t= 33 min sar quindi PA(33) = (0,831 2x) = (0,8315 20,1371) = 0,5573 atm Usiamo ora la relazione integrata di velocit per una reazione del secondo ordine del tipo 2A = B
1 1 = kt PAt PA0
Sostituendo si ottiene
1 1 = k 33 0,5573 0,8315
da cui k = 1,79 10
-2
atm
-1
min-1
B) cinetica di tipo k[A] [B] Se la reazione segue una cinetica di secondo ordine del tipo v = k[A][B], riportando in un grafico landamento del logaritmo del rapporto delle concentrazioni delle due specie chimiche in funzione del tempo si ottiene una retta di pendenza k([A]0 - [B]0)
ln
[A]t [B ]t
= ln
[A]0 [B ]0
+ k ([ A]0 - [B ]0 ) t
La costante di velocit specifica k pu dunque essere calcolata conoscendo il rapporto delle concentrazioni a due tempi diversi e la differenza di concentrazione al tempo iniziale.
ln k=
1 [A]1 - [B ]1
Esempio 1 Una soluzione contenente 24.7 mM di arsenito di sodio e 50 mM di tellurato di sodio, tenuta per 4 h a 86 C, viene poi raffreddata rapidamente per bloccare la reazione. Si trova che il 74.2% dellarsenito si trasformato in arseniato:
AsO3 + TeO4 AsO4 + TeO3 Determiniamo il valore di k, assumendo che la reazione sia di primo ordine rispetto ad entrambi i reagenti. [A]0 = [AsO3 ]0 = 24,7 mM 3[B]0 = [TeO4 ]0 = 50 mM Dopo 4 ore il 74,2% di A , pari a 24,7 x 0.742 = 18.3 mM, ha reagito con una eguale quantit di B. La quantit residua dei due reagenti sar quindi [A]t = [A]0 18.3 = 24.7 18.3 = 6.4 mM [B]t = [B]0 18.3 = 50 18.3 = 31.7 mM Utilizziamo ora la relazione di velocit integrata per le reazioni di secondo ordine
3-
3-
3-
3-
3-
e sostituiamo
L mmol
-1
-1
La reazione di spostamento di Br- dal bromuro di n-propile mediante lo ione tiosolfato a 37,5 C
2-
S2O3 + n-C3H7Br n-C3H7S2O + Br segue una cinetica del secondo ordine con unequazione di velocit: 2v = k[S2O3 ][ n-C3H7Br] Trattando ln-propile con tiosolfato in eccesso e determinandone la sua concentrazione residua a tempi diversi sono stati ottenuti i seguenti risultati t(s) 2-1 [S2O3 ] (mol L ) 0 0,0966 1110 0,0904 0,0571
3-
Calcoliamo la costante di velocit e la concentrazione del prodotto di reazione al tempo t = 7380 s. Per semplicit indichiamo con [A] la concentrazione del tiosolfato e con [B] la concentrazione del bromuro di n-propile. Calcoliamo la concentrazione iniziale [B]o di n-propile al tempo t = 0 s. Poich la reazione avviene in presenza di un eccesso di tiosolfato, possiamo assumere che al tempo t = tutto ln-propile inizialmente presente abbia reagito, con una quantit di tiosalfato pari alla differenza tra la concentrazione iniziale di tiosolfato [A]o e la sua concentrazione finale [A]. Si avr quindi [B]o = [n-propile]o = [A]o - [A] = 0.0966 0.0571 = 0.0395 M Calcoliamo ora la concentrazione [B]t di n-propile al tempo t = 1110 s. Osserviamo come al tempo concentrazione del tiosolfato diminuita di una quantit pari a [A] = [A]o - [A]t = 0.0966 0.0904 = 0.0062 M Poich i due reagenti reagiscono in rapporto di 1 a 1, anche la concentrazione delln-propile sar diminuita della stessa quantit. Per cui al tempo t = 1110 s la sua concentrazione sar pari a [B]1110 = [B]o 0.0062 = 0.0395 0.0062 = 0.0333 M Usiamo la relazione integrata di velocit t = 1110 s la
da cui k = 1,65 10
-3
L mol
-1
-1
Se ora indichiamo con x la quantit di tiosolfato reagente che reagisce in 7380 secondi con altrettante mol/L di n-propile per dare x mol/L di ciascuno dei due prodotti di reazione, le concentrazioni iniziali e le concentrazioni dopo t = 7380 s saranno [A]o = [S2O3 ]o = 0.0966 M [B]o = [n-propile]o = 0.0395 M
2-
2-
Esempio 3 La costante cinetica della seguente reazione di idrolisi di un estere RCOOR: RCOOR(aq) + OH-(aq)
-1 -1
RCOO-(aq) + ROH(aq)
risulta essere 0.2 L mol s . Calcoliamo la concentrazione dellestere dopo 15 secondi dallaggiunta della base, sapendo che le concentrazioni iniziali della base e dellestere sono rispettivamente 0.10 M e 0.20 M La reazione segue una cinetica di secondo ordine (ce lo conferma lunit di misura della costante di velocit specifica L mol-1 s-1). Per risolvere il problema si usa pertanto la relazione
14.2.3 Reazioni di ordine zero (cinetiche di ordine zero) Presentano una cinetica di ordine zero quelle reazioni in cui la velocit indipendente della concentrazione, secondo una legge del tipo
v = k[A] = k
o
Lequazione di velocit integrata (ottienuta integrando la relazione precedente) che mette in funzione la concentrazione con il tempo di reazione t, ha la seguente forma
[ A]t = [ A]o - kt
Si noti che, se la reazione segue una cinetica di ordine zero, riportando in un grafico landamento della concentrazione in funzione del tempo si ottiene una retta di pendenza -k
Il tempo di dimezzamento dipende dalla concentrazione iniziale. Ponendo infatti [A] t = [A]0 si ottiene
t1/ 2 =
[ A]o
2k
Un esempio di reazione di ordine zero dato dalla decomposizione dell'ammoniaca su di un filo di platino riscaldato 2NH3 N2 + 3H2. La velocit di decomposizione dell'ammoniaca rimane costante per tutto il processo.
Esempio La reazione di decomposizione dellacido iodidrico HI in iodio I2 ed idrogeno H2 su di una superficie doro una reazione di ordine zero rispetto ad HI. Sapendo che la costante cinetica vale 0.050 M s-1 e che la concentrazione iniziale [HI]o = 0.500 M, calcoliamo la concentrazione di HI dopo 5 secondi Usiamo lequazione integrata di velocit [HI]t = [HI]0 kt = 0.500 - 0.050 x 5 = 0.250 M
Pt
La determinazione sperimentale degli ordini di reazione segue sostanzialmente quattro tecniche. 14.3.1 Metodo dellisolamento Questo metodo, introdotto da Ostwald, usa un grande eccesso della concentrazione dei reagenti tranne uno. Per semplicit consideriamo due reagenti A e B per i quali dovr valere la legge di velocit v = k[A]m [B]n Se [B] >> [A] si pu ritenere che la concentrazione di B non vari considerevolmente nel tempo e quindi si pu concludere che la velocit di reazione sia funzione soltanto della concentrazione di A, scrivendo che n v = k [A]m [B]cost = k app [A]m
n La quantit k app = k [B]cost la costante di velocit apparente della reazione. Da questa relazione si
Esempio A 518 C la velocit di decomposizione di un campione di acetaldeide gassosa, inizialmente alla pressione di 363 Torr, -1 -1 risultata pari a 1,07 Torr s (quando aveva reagito il 5.0%) e 0.76 Torr s (quando aveva reagito il 20.0%). Stabilire l'ordine e il tempo di emivita della reazione. Determinare infine dopo quanto tempo l'acetaldeide gassosa sar stata decomposta al 98% Esprimiamo la concentrazione dellacetaldeide al tempo t1 come pressione parziale. Per la legge di Dalton delle pressioni parziali essa pari alla pressione totale per la frazione molare. Se dunque inizialmente la gliceraldeide aveva una pressione di 363 Torr, al tempo t1, quando la sua frazione molare pari a 0.95 (essendo diminuita del 5%), la sua pressione parziale sar P1 = 363 x 0,95 = 344,85 Torr Mentre al tempo t2. quando la sua frazione molare pari a 0.80 (essendo diminuita del 20%), la sua pressione parziale sar P1 = 363 x 0,80 = 290,4 Torr Andando a sostituire tali concentrazioni e le relative velocit nella formula, otteniamo
m=
k= k= v = 1, 07
v [A]2
2
sostituendo i valori calcolati al tempo t1 (ma possiamo usare anche quelli calcolati al tempo t2), otteniamo
[ A]
( 344,85)
= 9 10-6 Torr -1 s -1
Usiamo ora la relazione di velocit integrata per una cinetica di secondo ordine.
1 1 = + k t [A]t [A]o
per calcolare il tempo di emivita poniamo la concentrazione al tempo t pari a met della concentrazione iniziale [A]t = [A]0/2 La relazione integrata diventa
2 1 = + k t1 / 2 [A]0 [A]0
esplicitiamo il tempo e sostituiamo
t1 / 2
Infine calcoliamo il tempo t in corrispondenza del quale la concentrazione diminuita del 98%. La concentrazione dellacetaldeide (sempre espressa come pressione parziale) sar il 2% della sua pressione iniziale e quindi pari a 363 x 0,02 = 72,6 Torr. Sostituendo opportunamente i valori nella relazione di velocit integrata
1 1 1 1 [A]t [A]0 = 7,26 363 = 14998,5s = 250 min t 98% = k 9 10 -6 14.3.2 Metodo delle velocit iniziali Si determina la velocit allinizio della reazione dalla misura della variazione di concentrazione in un breve intervallo di tempo, viniz = -DA / Dt. Dato che la concentrazione in questo piccolo intervallo di tempo varia di poco si pu considerare approssimativamente uguale a quella iniziale e dunque la legge di velocit si scrive cos m n viniz = k[A]0 [B]0 Ripetendo l'esperimento con una diversa concentrazione iniziale [A]0' mantenendo invariata la concentrazione iniziale di B si ha m n v'iniz = k[A]0' [B]0 Dal rapporto tra le due misure si ottiene
v [ A ]0 = v ' [ A ]0 '
da cui si determina l'ordine di reazione di A:
m=
ln v / v' ln[A]0 /[A]0 ' Lo stesso procedimento si ripete per determinare l'ordine n di B.
Esempio 1 Per la reazione in fase gassosa fra ossido di azoto NO e idrogeno H2 si hanno le seguenti misure, della velocit iniziale di reazione con concentrazioni (pressioni parziali) diverse di NO e la medesima concentrazione (pressione parziale) di H2.
NO
m NO =
Mantenendo invece costante la concentrazione iniziale di NO ed eseguendo la misura della velocit con concentrazioni (pressioni parziali) diverse di H2 si ottengono le seguenti misure H2 piniz 289 torr 147 torr v iniz = -Dp/Dt 1.60 torr/s 0.79 torr/s
nH2 =
Esempio 2 La velocit della reazione 2NO(g) +O2(g) 2NO2(g) stata misurata a 25C a varie concentrazioni iniziali di NO e O 2. Sono stati ottenuti i seguenti risultati riguardanti la velocit iniziale N. Esperimento Concentrazione iniziale -3 (mol dm ) NO O2 0,020 0,020 0,020 0,040 0,010 0,010 0,020 0,040 0,020 0,020 Velocit iniziale -3 -1 (mol dm s ) 0,028 0,057 0,114 0,227 0,014
1 2 3 4 5
Trovare lordine di reazione rispetto a ciascun reagente e la costante di velocit specifica Per calcolare lordine della rezione rispetto ad NO dobbiamo individuare due concentrazioni iniziali di NO diverse in corrispondenza delle quali la concentrazione di O2 rimane costante. I valori delle righe 2 e 4 fanno al caso nostro. Scriviamo la relazione per il calcolo dellordine e sostituiamo i valori
' ln (v0 / v0 ) ln(0,057 / 0,227 ) = =2 m= ' ln([ Ao ] / Ao ) ln(0,020 / 0,040 )
[ ]
Per calcolare lordine della rezione rispetto ad O2 dobbiamo individuare due concentrazioni iniziali di O2 diverse in corrispondenza delle quali la concentrazione di NO rimane costante. I valori delle righe 1 e 3 fanno al caso nostro. Scriviamo la relazione per il calcolo dellordine e sostituiamo i valori
' ln(v0 / v0 ) ln(0,028 / 0,114) m= = =1 ' ln([ Ao ] / Ao ) ln(0,010 / 0,040)
[ ]
v = k [NO] [O2] La costante di velocit specifica si pu calcolare esplicitandola dalla reazione precedente e sostituendo opportunamente i valori di concentrazione e velocit scelti da una riga qualsiasi della tabella dei dati forniti dal problema
k=
[ NO ] [O2 ]
2
14.3.3 Metodo dei tempi di dimezzamento. Necessita della conoscenza di due valori diversi della concentrazione iniziale e dei relativi tempi di dimezzamento m Questo metodo applicabile solo nel caso in cui l'espressione della velocit sia del tipo v = k [ A] con m>1 Per m = 1 (cinetiche di primo ordine) abbiamo infatti visto che l'espressione della velocit integrata
ln
[Ao ] = k t [At ]
0,693 k
ed il tempo di dimezzamento risulta indipendente dalla concentrazione iniziale t1 2 = Se invece m > 1 lespressione integrata della velocit diviene
1 1 1 [A ]m -1 [A ]m -1 = k t m -1 t o
da cui, al tempo di dimezzamento, per [At] = [A0]/2
2 m-1 1 [ A ]m-1 = k t1 2 m -1 0
2 m-1 [A0 ]1-m = k t1 2 m -1
Scrivendo questultima relazione per due diverse concentrazioni iniziali [A0] e [A0] con i relativi tempi di dimezzamento e dividendo membro a membro, si ottiene
t1 2 t '1 2
t
Una espressione analoga pu essere scritta per tempi di frazionamento generici ty in cui y la frazione reagita al tempo ty, che il tempo necessario per fare passare la concentrazione del reagente da [A0] ad [A0] (1 - y).
Esempio Le cinetiche di decomposizione di un farmaco in soluzione acquosa sono state studiate impiegando una serie di soluzioni con concentrazioni iniziati C0 diverse. Per ciascuna soluzione stata determinata l'emivita di decomposizione del farmaco e sono stati ottenuti i risultati seguenti
C0 (mol L ) t (min)
-1
4,625 87,17
1,698 240,1
0,724 563,0
0,288 1414,4
Determinare lordine di reazione e calcolare la costante di velocit Consideriamo i valori delle prime due colonne e calcoliamo lordine di reazione
1 1 = + k t [At ] [A0 ]
Usiamo come concentrazione iniziale una delle concentrazioni riportate in tabella (ad esempio quella della prima colonna) e come concentrazione al tempo t la relativa concentrazione al tempo di dimezzamento che sar ovviamente [A t] = [A0]/2 -1 = (4,625)/2 = 2,3125 mol L
14.3.4 Uso dellequazione cinetica integrata Se si possiedono una serie di misure di concentrazione C a tempi diversi possibili riportarli in un diagramma come ln(C) in funzione del tempo e come 1/C in funzione del tempo. Quello dei due grafici che si presenta come una retta permette di discriminare il tipo di cinetica e la pendenza della retta ci fornisce il valore della costante cinetica k. Ovviamente la semplice osservazione dei grafici ci fornisce una risposta di tipo qualitativo e non sempre possibile distinguere ad occhio quale dei due insiemi di punti si allinea meglio su di una retta. Un approccio pi rigoroso e quantitativo prevede il calcolo del coefficiente di determinazione R2 per i due insiemi di dati. Il coefficiente di determinazione (il quadrato del coefficiente di correlazione lineare R) pu infatti essere utilizzato come una misura della bont delladattamento dei dati ad una retta (regressione lineare). In altre parole ci dice quale dei due gruppi di dati viene pi efficacemente rappresentato da una retta. R2 pu assumere valori compresi tra 0 ed 1. Pi il valore di R2 si avvicina allunit e maggiore lallineamento dellinsieme di punti analizzato su di una retta.
N Sxy - ( Sx )( Sy ) R = 2 N Sx 2 - ( Sx ) N Sy 2 - ( Sy )2
2 2
dove x = variabile indipendente (nel nostro caso il tempo t) y = variabile dipendente (nel nostro caso ln C o 1/C) N = numero di dati sperimentali Sx = Sommatoria di tutti i valori di x Sy = Sommatoria di tutti i valori di y Sxy = Sommatoria di tutti i valori dei prodotti xy Sx2 = Sommatoria di tutti i valori di x2 Sy2 = Sommatoria di tutti i valori di y2 (Sx)2 = Quadrato della sommatoria di tutti i valori di x (Sy)2 = Quadrato della sommatoria di tutti i valori di y
Una volta determinato linsieme di dati che meglio si allinea su di una retta possibile calcolarne in modo rigoroso la pendenza, e quindi il valore della costante cinetica k, applicando il metodo dei minimi quadrati. N Sxy - ( Sx )( Sy ) pendenza = 2 N Sx 2 - ( Sx )
Esempio Il saccarosio, in una soluzione acida diluita si idrolizza per I dati sperimentali della velocit della reazione sono raccolti nella seguente tabella: t (min) 0 39 80 140 210 C = [Saccarosio] mol/L 0,316 0,274 0,238 0,190 0,146 Ln C -1,152 -1,294 -1,435 -1,661 -1,924 1/C 3,16 3,65 4,20 5,26 6,85 dare glucosio e fruttosio.
Riportando infine in un grafico il reciproco della concentrazione in funzione del tempo, si ottiene invece
Nel secondo grafico (logaritmo della concentrazione contro tempo) i punti presentano un andamento lineare (si allineano lungo una retta) e dunque lidrolisi del saccarosio presenta una cinetica del 1 ordine v = k [Saccarosio] Proviamo ora ad analizzare i dati in modo quantitativo, calcolando il coefficiente di determinazione per ciascuno di essi
x y xy x2 y2
t (min) Conc.
0 0,316 0 0 0,099856
x y xy x2 y2
t (min) Ln C
0 -1,1520131 0 0 1,32713410
N Sxy - ( Sx )( Sy ) 5 ( -801,90283) - 469 ( -7, 4670048 ) R = = = 0,99976 2 2 2 2 2 N Sx - ( Sx ) N Sy - ( Sy ) 5 71621 - ( 469 ) 5 11,52418586 - ( - 7, 4670048)2
2
x t (min) y 1/C x y2 x y2
0 3,1645569 6 0 0 10,014420 8
N Sxy - ( Sx )( Sy ) 5 ( 2653, 66849 ) - 469 ( 23,12834563) R2 = = = 0,98474 2 2 2 2 2 N Sx - ( Sx ) N Sy - ( Sy ) 5 71621 - ( 469 ) 5 115, 602325 - ( 23,12834563)2
Lanalisi quantitativa conferma quanto gi evidenziato dallanalisi grafica: il secondo gruppo di dati (ln(C) in funzione del tempo) presenta infatti un coefficiente di determinazione pi elevato e dunque la reazione di primo ordine. Usando ora i medesimi dati possiamo stimare la costante cinetica k della reazione applicando il metodo dei minimi quadrati che ci permette di calcolare la pendenza della retta ln(C) = ln(C0) - kt
pendenza =
N Sxy - ( Sx )( Sy ) N Sx - ( S x )
2 2
la costante cinetica vale quindi k = 3,674 10-3 min-1 Per una stima pi rapida, ma approssimata della costante cinetica possibile calcolare la pendenza della retta che unisce il punto iniziale (t = 0; C = 0,316) al punto finale (t = 210 ; C = 0,146)
k=
Suggerimento 2 Il calcolo del coefficiente di determinazione R , della pendenza e dellintercetta possono essere effettuati usando le opportune funzioni di Excel. Nellimmagine successiva, i valori della y sono stati riportati nelle celle A2:A6 ed i valori della x nelle celle B2:B4.
Nella cella D2 si calcolato il coefficiente di determinazione, usando la funzione CORRELAZIONE(Matrice1;Matrice2) elevata al quadrato (^2). La funzione fornisce infatti il coefficiente di correlazione R. Per il calcolo necessario sostituire a Matrice1 lintervallo di celle corrispondenti ai valori della y ed a matrice2 lintervallo di celle corrispondenti ai valori della x. Nella cella D2 dunque contenuta la seguente istruzione =CORRELAZIONE(A2:A6;B2.B6)^2 Nella cella E2 si calcolato la Pendenza della retta usando la funzione PENDENZA(y_nota;x_nota). Nella cella E2 dunque contenuta la seguente istruzione =PENDENZA(A2:A6;B2.B6) Nella cella F2 si calcolato lintercetta della retta con lasse delle ordinate usando la funzione INTERCETTA(y_nota;x_nota). Nella cella F2 dunque contenuta la seguente istruzione =INTERCETTA(A2:A6;B2.B6)
Nel 1889 il chimico svedese Svante Arrhenius propose la seguente relazione empirica per calcolare il valore della costante cinetica k di una reazione che decorra in un unico stadio (reazione elementare)
ln ( k ) = ln ( A) ed in forma esponenziale
Eatt RT
k = Ae
dove A una costante che dipende dalla natura dei reagenti e = 2,718 la base dei logaritmi naturali o neperiani Eatt l'energia di attivazione della reazione R la costante universale dei gas T la temperatura assoluta
- Eatt RT
La relazione di Arrhenius afferma che la costante cinetica k si ottiene come prodotto di due fattori:
, fortemente dipendente dalla temperatura assoluta T e da una il fattore esponenziale e componente energetica Eatt, detta Energia di attivazione, caratteristica di ogni reazione. Il fattore esponenziale un numero puro. il fattore pre-esponenziale A, anchesso caratteristico per ogni reazione, rappresenta il valore pi elevato che la costante cinetica pu assumere. Si osservi infatti come, per T che tende ad infinito, il fattore esponenziale tenda ad 1 e quindi k = A. Per questo motivo il fattore preesponenziale A viene anche definito costante cinetica a temperatura infinita. Il fattore preesponenziale ha le medesime dimensioni (e dunque anche la medesima unit di misura) della costante cinetica. Nella formulazione originaria di Arrhenius A risulta indipendente da T. Nelle formulazioni successive (teoria degli urti e teoria dello Stato di Transizione) il fattore preesponenziale evidenzia una debole dipendenza dalla temperatura T.
- Eatt RT
Il fatto che nel fattore esponenziale la temperatura T e lenergia di attivazione E att siano presenti ad esponente ci suggerisce come piccole variazioni nel loro valore possano generare forti variazioni di k e quindi della velocit della reazione. La velocit di una reazione risulta dunque essere estremamente sensibile alle variazioni sia di T che di Eatt. In particolare, a parit di altre condizioni, una reazione che presenta un'energia di attivazione molto elevata risulta essere estremamente lenta. In alcuni casi essa pu essere talmente lenta da risultare impercettibile. Naturalmente un modo per accelerare una reazione quello di aumentare la temperatura. A parit di altre condizioni un aumento di temperatura accelera infatti una reazione. Si tenga comunque presente che l'aumento della velocit di reazione al crescere della temperatura tanto pi evidente: - quanto maggiore l'energia di attivazione (le reazioni caratterizzate da un'elevata energia di attivazione risultano pi sensibili alle variazioni di temperatura) - quanto minore la temperatura (a bassa temperatura le razioni sono pi sensibili alle variazioni di temperatura).. In altre parole, un aumento di Temperatura ha un effetto maggior sulla velocit di reazione ad elevata Energia di Attivazione e a bassa Temperatura
Esempio Calcoliamo laumento di velocit generato da un aumento di temperatura di 10C a basse temperature (T = 300K) e ad alte temperature (T = 1000 K), per una reazione con Eatt = 50 kJ/mol, Calcoliamo il rapporto delle costanti cinetiche per un aumento di 10 a bassa temperatura da 300K a 310K
k2 A e = k1 A e - EAtt
=e
E Att 1 1 - R T2 T1
= 2, 7183
= 1,91
Calcoliamo il rapporto delle costanti cinetiche per un aumento di 10 ad alta temperatura da 1000K a 1010K
k2 =e k1
E Att 1 1 - R T2 T1
= 2, 7183
= 1, 06
Mentre a basse temperature un aumento di 10C produce quasi un raddoppio della velocit (1,91), ad alte temperature lo stesso aumento di temperatura produce un aumento di velocit del 6% (1,06)
Esempio Calcoliamo laumento di velocit generato da un aumento di temperatura di 10C ad alte temperature (T = 1000K), per una reazione con Eatt = 50 kJ/mol e per una reazione con energia di attivazione elevata pari a Eatt = 600 kJ/mol Calcoliamo il rapporto delle costanti cinetiche per un aumento di 10 da 1000K a 1010K per la reazione con bassa Eatt = 50 kJ/mol
k2 =e k1
E Att 1 1 - R T2 T1
= 2, 7183
= 1, 06
Calcoliamo il rapporto delle costanti cinetiche per un aumento di 10 da 1000K a 1010K per la reazione con alta Eatt = 600 kJ/mol
k2 =e k1
E Att 1 1 - R T2 T1
= 2, 7183
= 2, 04
Mentre per la reazione con bassa Eatt un aumento di 10C produce un aumento del 6% (1,06) della costante cinetica (e quindi della velocit), per la reazione ad alta Eatt lo stesso aumento di temperatura produce un raddoppio (100%) della velocit (2,04).
* * * * * * * * Un altro modo di aumentare la velocit di una reazione quello di usare un catalizzatore. I catalizzatori sono sostanze che, aggiunte in piccole quantit ad una reazione chimica, la accelerano senza venir consumati durante la reazione stessa, diminuendo lEatt.
Esempio Ad una reazione che a 303 K presenta Eatt = 30 kJ/mol, viene aggiunto un catalizzatore che ne dimezza lenergia di attivazione. Calcoliamo laumento di velocit. Indichiamo con k* la costante cinetica della reazione catalizzata e con catalizzata
E * lenergia Att
E * = 1 E Att Att 2
Scriviamo la relazione di Arrhenius per i due casi e dividiamo membro a membro
la reazione catalizzata risulta dunque 385 volte pi veloce della reazione non catalizzata
k * A e - EAtt = k A e - EAtt
*
RT RT
* * * * * * * * 14.4.1 Determinazione dei parametri di Arrhenius A ed Eatt sono i due parametri, caratteristici di ogni reazione, che devono essere stimati attraverso dati sperimentali Si noti come, utilizzando la relazione di Arrhenius in forma logaritmica e diagrammando ln(k) in E funzione di 1/T, si ottiene un grafico lineare di pendenza - att e di intercetta con lasse delle ordinate R pari a ln(A). Disponendo di un numero sufficiente di valori della costante cinetica a temperature diverse dunque possibile stimare la pendenza della retta e la sua intercetta, ricavando da queste il valore dellenergia di attivazione e del fattore pre-esponenziale A.
Si tenga comunque presente che il valore di A stimato in questo modo poco significativo in quanto si determina per estrapolazione a 1/T = 0 (e dunque per T = ) e lincertezza in genere elevata.
Esempio La costante cinetica della reazione di primo ordine 2N2O5(g) 2N2O4(g) + O2(g) stata misurata a temperature diverse, fornendo i risultati mostrati nella tabella successiva. Determiniamo lequazione di Arrhenius per tale reazione. T (K) 298 308 318 328 338 k (s-1) -5 1.74 x 10 6.61 x 10 2.51 x 10 7.59 x 10 2.40 x 10
-5 -4 -4 -3
Calcoliamo il reciproco della temperatura 1/T ed il logaritmo naturale della costante cinetica ln(k).
T (K)
298 308 318 328 338
1/T
3,35610-3 3,24710-3 3,14510-3 3,04910-3 2,95910-3
k (s-1)
1.7410-5 6.6110-5 2.5110-4 7.5910-4 2.4010-3
ln(k)
-10,959 -9,624 -8,290 -7,184 -6,032
Riportando i dati su di un grafico vediamo che si allineano su di una retta della quale possiamo stimare graficamente la pendenza
Tuttavia, per una stima pi precisa del valore della pendenza e dellintercetta possiamo applicare ai dati il metodo dei minimi quadrati, per il quale
pendenza =
dove x y N Sx Sy Sxy 2 Sx 2 (Sx) = = = = = = = =
N ( Sxy ) - ( Sx )( Sy ) N Sx 2 - ( Sx )
2
( Sy ) ( Sx 2 ) - ( Sx )( Sxy ) intercetta = 2 N Sx 2 - ( Sx )
variabile indipendente (nel nostro caso il reciproco della temperatura 1/T) variabile dipendente (nel nostro caso il logaritmo della costante cinetica ln(k)) numero di dati sperimentali Sommatoria di tutti i valori di x Sommatoria di tutti i valori di y Sommatoria di tutti i valori dei prodotti xy Sommatoria di tutti i valori di x2 Quadrato della sommatoria di tutti i valori di x
x y xy x
2
1/T ln(k)
3,35610
-3
3,24710
-3
3,14510
-3
3,04910
-3
2,95910
-3
-10,959
-0036775 1,12610
-5
-9,624
-0,031247 1,05410
-5
-8,290
-0,026069 9,88910
-6
-7,184
-0,021902 9,29510
-6
-6,032
-0,017846 8,75310
-6
pendenza = -
Eatt N Sxy - ( Sx )( Sy ) 5 ( -0,13384 ) - ( 0, 0157545 ) ( -42, 089 ) = = = -12448,5 2 2 R N Sx 2 - ( Sx ) 5 ( 4,9739 10-5 ) - ( 0, 0157545)
( Sy ) ( Sx 2 ) - ( Sx )( Sxy ) ( -42, 089 ) ( 4,9739 10-5 ) - ( 0, 0157545) ( -0,13384) intercetta=ln ( A ) = = = 30,8062 2 2 5 ( 4,9739 10-5 ) - ( 0, 0157545 ) N Sx 2 - ( Sx )
A=e Lequazione di Arrhenius per la reazione dunque
30,8062
= 2,39 10
13
-1
k = 2,39 10 e
13
-103503 RT
La relazione di Arrhenius pu essere utilizzata per calcolare l'energia di attivazione anche effettuando solo due misure della costante di velocit specifica di una reazione a due temperature diverse T1 e T2 Dividendo membro a membro, si ottiene
k1 A e - E Att = k 2 A e - E Att
da cui
k1 k2 Eatt = 1 1 - T2 T1 R ln
RT1 RT2
si noti che il procedimento equivale a stimare la pendenza della retta passante per i due punti considerati, calcolata come rapporto tra la differenza delle ordinate y e la differenza delle ascisse x k ln 2 E Dy ln k2 - ln k1 k1 pendenza = = = = - att 1 1 1 1 Dx R T2 T1 T2 T1
Ad esempio, sapendo che per la reazione di primo ordine 2N2O 2N2 + O2, la costante di velocit specifica a 1000 K vale 0,76 s-1, mentre a 1050 K diventa 3,4 s-1, calcoliamo l'energia di attivazione
R ln E att =
k1 k2
1 1 - T T 1 2
Ovviamente la relazione di Arrhenius pu servire anche a calcolare la costante di velocit ad una temperatura diversa, conoscendo il valore della costante cinetica ad un'altra temperatura e dell'energia di attivazione:
k 2 = k1 e
Ea 1 1 - R T2 T1
Esempio 15 1 1 Per la reazione in fase gassosa H2 + I2 2 HI a 373.15 K, la costante cinetica vale k = 8.74 10 Lmol s . 5 Calcoliamo il valore della costante cinetica a 473.15 K sapendo che lenergia di attivazione della reazione Eatt = 1,7 10 -1 J mol
k 2 = k1 e
Ea 1 1 - R T2 T1
= 8.74 10
-15
2, 7183
= 9, 36 10 -10
* * * * *
Come abbiamo gi detto, lequazione di Arrhenius fu proposta in modo empirico, lasciando sostanzialmente indefinito e piuttosto vago il significato fisico dei due parametri (fattore preesponenziale ed energia di attivazione). Tale significato venne esplorato negli anni successivi attraverso due modelli teorici: Teoria degli urti (M. Trautz - W.Lewis ,1916) Teoria dello stato di transizione (H.Eyring M.Polanyi, 1935)
14.4.2 Teoria degli Urti La Teoria degli urti (o Teoria delle collisioni) un approccio teorico che si fonda sulla teoria cinetica dei gas (meccanica statistica) e dunque fornisce risultati accettabili soprattutto per reazioni in fase gassosa. Secondo tale modello, affinch le molecole dei reagenti possano produrre una reazione chimica, esse devono urtarsi. In generale dunque la velocit di una reazione deve essere proporzionale alla frequenza degli urti. Tuttavia non tutti gli urti saranno in grado di trasformare i reagenti nei prodotti, ma solo quelli che avverranno con una corretta orientazione e con un'energia cinetica sufficientemente elevata, superiore ad un valore critico, detto energia di attivazione, tale da rompere i vecchi legami e da formare i nuovi. In altre parole solo una piccola frazione degli urti tra le molecole dei reagenti risulter possedere le caratteristiche necessarie a produrre la reazione. Gli urti in grado di trasformare i reagenti in prodotti sono definiti urti efficaci. .
Urti efficaci = urti totali x frazione urti correttamente orientati x frazione urti sufficientemente energetici
La velocit della reazione dipende quindi dalla frequenza degli urti efficaci (sufficientemente energetici e correttamente orientati). In tal modo possiamo anche spiegarci il motivo per cui la velocit della reazione aumenti in genere all'aumentare della concentrazione dei reagenti. Infatti una maggior concentrazione accresce la probabilit che le particelle si urtino e aumenta quindi anche la frequenza degli urti tra particelle sufficientemente energetiche e correttamente orientate. Nella teoria degli urti le molecole che partecipano alla reazione sono viste come sfere rigide (hard spheres) le cui dimensioni (diametro d di sfera rigida) e massa influenzano la frequenza degli urti. Vi sono diverse modalit per stimare le dimensioni di sfera rigida di una molecola, tuttavia il modo pi semplice calcolarne il raggio di van der Waals a partire dal valore tabulato della costante b (covolume) di van der Waals, che compare nellequazione di stato dei gas reali (equazione di van der Waals). La relazione tra covolume b e dimensione di sfera rigida d delle molecole di un gas , come abbiamo gi visto, la seguente 2 b = N p d2 3 con N numero di Avogadro Una buona stima del covolume si pu ottenere conoscendo la densit dellaeriforme liquefatto
Esempio -3 Stimiamo le dimensioni di sfera rigida della CO2, sapendo che la densit dellanidride carbonica liquida 1032 g dm Calcoliamo la concentrazione della CO2 liquefatta (numero di moli per unit di volume), dividendo la densit per la massa molare della CO2.
[CO2 ] =
calcolando ora il reciproco della concentrazione otteniamo il volume molare del liquido (volume occupato da una mole) -1 che risulta essere una buona stima del covolume b (il covolume tabulato per la CO2 b = 0,04267 L mol )
dCO2 =
La teoria degli urti da un significato fisico ai parametri dellequazione di Arrhenius e dimostra che il fattore esponenziale rappresenta, ad una data temperatura T, la frazione di urti sufficientemente energetici (con energia superiore a Eatt), mentre il fattore pre-esponenziale A viene espresso come prodotto di altri due fattori A = ZP, dove: - Z il fattore di frequenza correlato alla frequenza totale degli urti. Dipende dalle dimensioni delle particelle (diametro di sfera rigida), dalla loro massa e dalla loro temperatura. Le variazioni di temperatura incidono comunque, come vedremo, in modo trascurabile sulla frequenza degli urti rispetto allelevata influenza che manifestano sul fattore esponenziale - P il fattore sterico (o fattore di probabilit) che dipende essenzialmente dalla geometria delle molecole e misura la probabilit che i reagenti, aventi una certa struttura geometrica, si scontrino con un opportuno orientamento. Lequazione di Arrhenius pu dunque essere riscritta nella forma - Eatt RT
k = Z Pe
Per ricavare tale relazione procediamo per passi successivi. Iniziamo ipotizzando che ogni urto tra molecole dei reagenti sia efficace e generi i prodotti di reazione (urto semplice). Questa ipotesi semplificatrice ci permetter di definire il fattore di frequenza Z. Fattore di frequenza Z (urto semplice tutti gli urti sono efficaci k = Z) Per semplicit consideriamo la reazione elementare in fase gassosa
A + B prodotti
Lipotesi che la velocit di reazione sia proporzionale alla frequenza degli urti di A con B. Si consideri allora un contenitore di volume V in cui siano presenti n moli di B. La teoria cinetica dei gas (Meccanica statistica) dimostra che la frequenza ZA degli urti di una molecola A con le nN molecole B (N = numero di Avogadro) Z A = s v r B ( s -1 ) dove
rB =
v=
8RT la velocit relativa media delle molecole A e B. Pm la massa molare ridotta delle pP m
1 1 1 = + . La teoria cinetica dimostra infatti che, alla Pm Pm A Pm B medesima temperatura T, molecole di massa diversa presentano diversa velocit media. Tuttavia si dimostra anche che il comportamento dinamico del sistema equivalente se
assumiamo che tutte le molecole si muovano con la velocit media di una particella di massa pari alla loro massa ridotta.
s la sezione durto. La sezione durto relativa a due molecole A e B larea attorno alla molecola A in cui deve trovarsi il centro di una molecola B perch avvenga una collisione. Se i diametri delle due molecole sono dA e dB il raggio della sezione durto d = (dA + dB) = (rA + rB) e la sua area s = pd 2.
In un secondo la particella A percorrer uno spazio v ( m / s ) 1( s ) = v metri ed urter tutte le particelle il cui centro si trova all'interno del cilindro disegnato dalla sua sezione d'urto (cilindro durto), avente base = p d 2 e altezza h = v . Il cilindro durto il volume spazzato dalla sezione durto nellunit di tempo.
Per calcolare il numero di particelle che si trovano all'interno del cilindro, e dunque il numero di particelle B che la particella A urta nellunit di tempo (ZA), sufficiente moltiplicare il volume del cilindro spazzato dalla sezione durto (s v ) per il numero di molecole di B che si trovano nellunit di volume (densit particellare di B = B). Z A = Vcilindrod 'urto r B =s v r B
Per calcolare il numero di urti ZAB che subiscono tutte le molecole di A con tutte le molecole di B, nellunit di tempo e nellunit di volume necessario moltiplicare ZA (urti per particella per secondo) n N per la densit particellare di A, pari a r A = A = N [ A] . V
Z AB = s v r A r B = s v N 2 [ A][ B ]
(s-1 m-3)
Poich abbiamo ipotizzato che tutti gli urti siano reattivi, ZAB rappresenta il numero di molecole che reagiscono al secondo per unit di volume e dunque rappresenta la velocit v della reazione. Per trasformare il numero di molecole che reagiscono nel corrispondente numero di moli sufficiente dividere la densit degli urti ZAB per il numero di Avogadro z v = AB = s v N [A] [B] N Confrontando la relazione precedente con la legge cinetica v = k [A] [B] si ottiene k =s v N La quantit s v N definita fattore di frequenza Z. In definitiva, se ipotizziamo che tutti gli urti siano efficaci, la costante cinetica k risulta essere uguale al fattore di frequenza Z, il quale pu essere calcolato usando la seguente espressione Z =s v N =p d 2 8RT N pP m
Esempio. Calcoliamo la costante di velocit per la reazione elementare H2 + I2 = 2HI alla temperatura di 300C, sapendo che i diametri di sfera rigida d(H2) = 272 pm e d(I2) = 635 pm e nella ipotesi che ogni urto dia luogo ad un atto reattivo (k = Z) La massa molare ridotta per il sistema idrogeno-iodio data da
Pm =
-12 -12 d = (272 + 635) 10 m = 453.5 10 m e dunque la sezione durto 2 -10 2 2 -19 2 s = pd = 3.14 (4.535 10 ) m = 6.461 10 m La velocit media relativa si ottiene dallespressione
Il diametro medio
8 RT = pm k =s
2463 m s-1
8RT N= pm
8
= 9.58 10
Fattore esponenziale (urto attivato solo gli urti attivati sono efficaci k = Z e RT ) I valori teorici di k che si ottengono nellipotesi che ogni urto sia efficace (reattivo) sono enormemente pi elevati (come abbiamo visto dallesempio precedente) dei valori sperimentali della costante cinetica. Si ipotizza pertanto che un urto sia efficace a patto che sia attivato, cio tale che la somma delle energie cinetiche di A e B non sia inferiore ad una soglia detta energia di attivazione: EA + EB Eatt La frazione di urti che soddisfano tale condizione si calcola (Boltzmann) come e Quindi la costante di velocit diventa
k = Z e
Ea RT Ea RT
Ea
=s
8kT N e pm
Ea RT
Esempio -1 Calcoliamo la costante di velocit dellesempio precedente nellipotesi che lenergia di attivazione sia di 170 kJ mol . Il fattore esponenziale si calcola come = 3.21 10 Quindi la costante di velocit data dal prodotto 11 -1 -1 -16 -4 -1 -1 k = (9.58 10 L mol s ) ( 3.21 10 ) = 3.07 10 L mol s Questo numero approssima abbastanza il valore sperimentale di k = 1.15 10 maggiore.
Ea RT
=e
-16
-4
L mol
-1
-1
Esempio Calcoliamo la fazione di urti sufficientemente energetici a 30C in una reazione avente Eatt = 15 kJ/mol
- E att RT
= 2,7183
-15.000 8, 31303
= 2,6 10- 3
Il significato fisico attribuito dalla teoria degli urti al fattore esponenziale si colloca allinterno della meccanica statistica. Come abbiamo gi visto, la meccanica statistica dimostra che, ad una data temperatura, non tutte le particelle possiedono la stessa energia cinetica, ma le energie cinetiche si distribuiscono in modo caratteristico secondo una curva di frequenza detta maxwelliana. :
Dall'osservazione del grafico si pu facilmente comprendere come, all'aumentare della temperatura, aumenti anche la frazione di molecole che possiede energia superiore all'energia di attivazione.
Si noti infine come una variazione di Temperatura modifichi la velocit di una reazione agendo in modo duplice, producendo effetti sia sul fattore esponenziale che sul fattore di frequenza Z. tuttavia facile verificare che gli effetti su Z sono trascurabili rispetto agli effetti sul fattore esponenziale.
Esempio Confrontiamo gli effetti sul fattore esponenziale e sul fattore di frequenza di un aumento di temperatura del 50%, da 303 K a 454,5 K, per una reazione con Eatt = 15 kJ/mol). Calcoliamo il rapporto dei fattori esponenziali alle due temperature
e e
2, 7183
2, 7183
s
8kT2 N pm
Z2 = Z1
8kT1 s N pm
T2 454,5 = = 1, 2 T1 303
La velocit aumenta di 7,3 volte per il fattore esponenziale e solo del 20% per il fattore di frequenza
* * * * * * *
Ea RT
) Fattore sterico P (urto attivato ed orientato k = P Z e I valori teorici delle costanti di velocit, calcolati partendo dallipotesi dellurto attivato, non coincidono in genere (come abbiamo gi visto in un esempio precedente) con i valori sperimentali misurati.. Tali differenze sono tanto pi vistose quanto pi complesse sono le molecole dei reagenti e ci fa ritenere che le discrepanze con i valori attesi siano da imputare alle diverse geometrie delle molecole che si urtano. Se infatti consideriamo la reale geometria delle molecole, non tutti gli urti avverranno con la corretta orientazione.
Per risolvere questo problema viene introdotto un fattore correttivo P, noto come fattore sterico (o fattore di probabilit). P rappresenta la probabilit che le molecole dei reagenti coinvolte in un urto siano correttamente orientate e viene definito come il rapporto tra il valore sperimentale misurato e quello teorico calcolato della costante cinetica..
P=
Eatt RT
Dalla relazione precedente si osserva come P pu essere ottenuto anche come rapporto tra il fattore preesponenziale A di Arrhenius ed il fattore di frequenza F definito nella Teoria degli urti.. Si avr pertanto anche A = ZP In definitiva, la teoria degli urti esprime il fattore pre-esponenziale di Arrhenius come il prodotto tra il fattore sterico P (che tiene conto della geometria delle molecole) e del fattore di frequenza F (correlato alla frequenza complessiva degli urti tra le molecole)
Esempio Calcoliamo il fattore sterico P per la reazione di sintesi dellacido iodidrico dai suoi elementi (H2 + I2 = 2HI) sapendo che il -4 -1 -1 valore sperimentale di k = 1.15 10 L mol s , mentre il valore calcolato tramite la teoria degli urti (vedi esempi precedenti) k = 3.07 10
-4
L mol
-1
-1
P=
Ogni 100 urti 37 possiedono la giusta orientazione per essere efficaci. Esempio Calcoliamo il fattore sterico P a 2500K per la reazione elementare CO + O 2 = CO2 + O sapendo che la costante cinetica a 5 -1 -1 5 -1 -1 2500K vale k = 1.22 10 L mol s , mentre a 2800K il suo valore diventa k = 3.66 10 L mol s . Siano inoltre i diametri di sfera rigida d(CO) = 360 pm e d(O2) = 350 pm stimiamo lenergia di attivazione della reazione
A= e
calcoliamo il fattore di frequenza Z
k1
E - att RT1
1, 22 105 2, 7183
213.120 8,3142500
= 3, 46 109 M -1 s -1
Z =s v N = p d 2
La massa molare ridotta per il sistema CO-O2 data da
8RT N pP m
P = m
Il diametro medio
-12 -12 d = (360 + 350) 10 m = 355 10 m e dunque la sezione durto 2 -10 2 2 -19 2 s = pd = 3.14 (3.55 10 ) m = 3.96 10 m La velocit media relativa si ottiene dallespressione
1885 m s-1
Z = s v N = (3.96 10-19
P=
84 urti correttamente orientati ogni 10.000.
Tuttavia, alcune reazioni presentano fattori sterici che assumono valori superiori allunit. Ci significa semplicemente che la reazione procede pi rapidamente di quanto calcolato in modo teorico attraverso il modello della teoria degli urti. Tipicamente ci accade per le reazioni in soluzione. Si ricordi infatti che la teoria degli urti ricavata dalla teoria cinetica dei gas e dunque descrive in modo migliore le reazioni in fase gassosa. Nel caso di reazioni in soluzione, il solvente ha infatti leffetto di aumentare lefficacia delle collisioni, producendo valori di P > 1. Si tenga comunque presente che tutti gli sforzi effettuati per correlare i valori assunti da tale fattore con la struttura o le propriet molecolari non hanno avuto successo. Sarebbe dunque preferibile limitarsi a considerare il fattore sterico come un generico fattore di correzione, senza volergli attribuire particolari significati fisici.
14.4.3 Teoria dello Stato di Transizione La teoria degli urti riesce a dare una giustificazione fisica del fattore pre-esponenziale (in termini di frequenza totale degli urti e di probabilit di urti correttamente orientati), ma non chiarisce il significato fisico dellenergia di attivazione. infatti legittimo chiedersi il motivo per il quale le molecole dei reagenti debbano possedere un surplus di energia per potersi trasformare nei prodotti, anche quando i prodotti sono meno energetici (reazioni esoergoniche) La Teoria dello Stato di Transizione (o Teoria del Complesso Attivato o Teoria della velocit assoluta) non solo fornisce uninterpretazione alternativa e pi efficace del fattore pre-esponenziale, ma suggerisce per la prima volta un modello fisico in grado di dar ragione dellenergia di attivazione, attraverso un approccio che combina i metodi della meccanica statistica con considerazioni di tipo termodinamico. La base quantitativa di questa descrizione data dalla valutazione della variazione dellenergia potenziale del sistema durante la reazione. Il modello ipotizza infatti che, al momento dellurto tra le molecole dei reagenti, parte della loro energia cinetica si trasformi in energia potenziale, dando luogo ad un cambiamento della struttura molecolare, con la parziale riorganizzazione dei legami. Secondo tale modello i reagenti, per dare i prodotti di reazione, devono trasformarsi in una struttura molecolare intermedia (tra reagenti e prodotti) altamente instabile, con unenergia potenziale (di legame) superiore sia a quella dei reagenti che a quella dei prodotti, caratterizzata da legami in via di rottura e da legami in via di formazione. Lenergia di attivazione rappresenta un surplus di energia cinetica che le molecole dei reagenti devono possedere affinch, al momento dellurto, questultima possa trasformarsi in energia di legame (energia potenziale) del composto intermedio. Il composto instabile che in tal modo si viene a formare prende il nome di complesso attivato (perch solo in queste condizioni che il sistema possiede lenergia necessaria (energia di attivazione) per evolvere verso i prodotti). Nel passaggio dallo stato iniziale allo stato finale il sistema reagente deve dunque superare una barriera energetica (energia di attivazione), che lo porta a raggiungere una regione del cammino di reazione,
caratterizzata da un picco di energia potenziale, detta stato di transizione, in corrispondenza del quale si forma il complesso attivato. Il modello assegna un ruolo critico allo stato di transizione nel controllo della velocit. Lidea centrale di questa teoria che, fissata la temperatura, la costante cinetica della reazione dipenda soltanto dalla concentrazione dello complesso attivato di alta energia, che in equilibrio con i reagenti. Considerando ad esempio una reazione generica del tipo
RX + Y RY + X
Y---R---X RY + X
Complesso Attivato Prodotti
A mano a mano che il reagente Y si avvicina alla molecola RX, si forma gradualmente un legame R-Y (la distanza tra R ed Y diminuisce) mentre contemporaneamente si indebolisce il legame R-X (la distanza tra R ed X aumenta). I legami tratteggiati utilizzati per rappresentare il complesso attivato, descrivono la situazione di legami in via di formazione e di rottura. Il complesso attivato e le propriet dello stato di transizione vengono usualmente indicati ponendo, come apice, il simbolo .
La differenza di energia tra lo stato di transizione ed i reagenti dunque correlata al valore dellenergia di attivazione della reazione, la quale compare quindi anche quando rappresentiamo la variazione dell'energia potenziale di una reazione rispetto al tempo, permettendoci di effettuare una rapida analisi della velocit di una reazione. Pi elevato il picco energetico che porta allo stato di transizione e pi lenta la reazione.
La struttura del complesso attivato permette inoltre di definire in modo rigoroso la molecolarit della reazione: Per molecolarit si intende infatti il numero di particelle (molecole, atomi, ioni etc) dei reagenti che si uniscono per costituire il complesso attivato. Reazioni a pi stadi (Stadio cineticamente determinante - RDS) Nelle reazioni a pi stadi deve essere superata pi di una barriera energetica (si formano diversi stati di transizione e dei composti intermedi) e la velocit complessiva della reazione condizionata e dipende evidentemente dallo stadio pi lento (con maggiore energia di attivazione).
Come abbiamo visto, lo stadio pi lento, che determina la velocit complessiva della reazione, detto stadio cineticamente determinante (RDS o Rate Determining Step) o stadio cineticamente limitante (RLS o Rate Limiting Step). Tale stadio determina anche la legge cinetica complessiva della reazione, anche se la correlazione tra la legge cinetica sperimentalmente determinata per la reazione complessiva e la legge cinetica teorica dello stadio pi lento non sempre immediatamente evidente, soprattutto quando lo stadio cineticamente determinante non il primo.
Esempio (stadio 1 lento stadio 2 veloce) La reazione in fase gassosa O3 + 2NO2 O2 +N2O5 presenta una legge cinetica, sperimentalmente determinata, v = k [O3][NO2] La reazione avviene in due stadi
1 O3 + NO2 O2 + NO3 k2 k
NO3 + NO2 N2O5 (stadio veloce) La legge cinetica della reazione elementare dello stadio lento, teoricamente assegnata, v = k1 [O3][NO2]
risulta perfettamente congruente con la legge cinetica sperimentalmente determinata. E dunque la costante cinetica k, trovata sperimentalmente per la reazione complessiva, coincide con la costante cinetica k 1 teoricamente assegnata allo stadio lento. Esempio (stadio 1 veloce stadio 2 lento) La reazione in fase gassosa 2H2 + 2NO N2 + 2H2O + presenta la seguente determinata, 2 v = k [H2] [NO] Per la reazione si accetta il seguente meccanismo in tre stadi
2NO
k1 k-1
k
N2O2
(stadio veloce)
In questo caso la legge cinetica della reazione elementare dello stadio lento, teoricamente assegnata, v = k2 [N2O2][H2] non risulta congruente con la legge cinetica sperimentalmente determinata, poich contiene degli intermedi chimici (N2O2) che non compaiono ne tra i reagenti, ne tra i prodotti della reazione complessiva. Possiamo comunque esprimere le loro concentrazioni in funzione della concentrazione del reagente NO. Il primo stadio caratterizzato da un equilibrio che si instaura rapidamente tra reagenti e prodotti, quando la velocit v1 della reazione diretta 2 v1 = k1 [NO] eguaglia la velocit v-1 della reazione inversa v-1 = k-1 [N2O2] essendo dunque v1 = v-1, possiamo eguagliare anche i secondi membri ed esplicitare la concentrazione di N 2O2.
[ N 2O2 ] =
k1 2 [ NO ] k-1 k1 2 [ NO ] [ H 2 ] k-1
E dunque la costante
sostituiamo opportunamente nelle legge cinetica teoricamente attribuita allo stadio lento
v = k2 [ N 2O2 ][ H 2 ] = k2
che risulta ora perfettamente consistente con la legge cinetica sperimentalmente determinata. cinetica k, trovata sperimentalmente per la reazione complessiva, coincide con la costante cinetica assegnata.
k2
k1 k-1
teoricamente
* * * * * * *
Nella teoria dello Stato di Transizione la costante cinetica viene calcolata tramite lequazione di Eyring, della quale diremo pi avanti, dopo aver definito le grandezze termodinamiche necessarie alla sua formulazione.
14.4.4 Altri fattori che influenzano la velocit di una reazione Finora abbiamo individuato 4 fattori che influiscono sulla velocit di una reazione. Essi sono: 1) la concentrazione 2) la natura chimica dei reagenti ed il tipo di reazione 3) la temperatura 4) l'energia di attivazione (che caratteristica di ogni reazione) Esistono infine altri due fattori che influenzano la velocit di una reazione. Essi sono: 6) il tipo di contatto tra reagenti 7) la presenza di catalizzatori
Il tipo di contatto tra reagenti fondamentale solo nelle reazioni che decorrono in fase eterogenea. Per fase si intende una porzione omogenea di un sistema delimitata da una superficie di separazione fisicamente definita (ad esempio del ghiaccio in acqua forma un sistema bifasico) Se ad esempio immergiamo del rame metallico in una soluzione di acido nitrico, potremo osservare come la reazione risulta notevolmente accelerata se il rame viene preventivamente polverizzato. Cos mentre una barra di ferro pu essere riscaldata senza incendiarsi a contatto con l'ossigeno atmosferico, la polvere di ferro nelle stesse condizioni di temperatura brucia vivacemente. La ragione della diversa velocit va ricercata nella maggior superficie di contatto che si produce tra reagenti finemente suddivisi che aumenta enormemente la frequenza degli urti. Naturalmente nelle reazioni che decorrono in fase omogenea (unica fase), come sono tipicamente quelle in cui tutti i reagenti sono in soluzione o si trovano allo stato gassoso, la superficie di contatto gi la massima possibile in quanto la mescolanza tra i reagenti si produce a livello molecolare. In tal caso evidentemente il tipo di contatto viene sostituito da variazioni nelle concentrazioni che, facendo variare l'affollamento molecolare, influiscono direttamente sulla frequenza degli urti. I catalizzatori sono sostanze che aggiunte in piccole quantit ad una reazione chimica la accelerano senza venir consumati durante la reazione stessa. Un catalizzatore presenta infatti la caratteristica di trovarsi sempre inalterato alla fine di ogni reazione. I principi di funzionamento di un catalizzatore sono diversi e non sempre perfettamente chiariti. In generale un catalizzatore permette alle molecole di reagire attraverso un meccanismo differente e pi conveniente dal punto di vista energetico. In tal modo, grazie all'aggiunta di un catalizzatore, l'energia di attivazione risulta essere minore di quella originaria e ci ha come diretta conseguenza che un maggior numero di molecole si trova a possedere un'energia superiore a quella di attivazione.
15 Equilibrio chimico La maggior parte delle reazioni chimiche non comporta la completa trasformazione dei reagenti in prodotti, poich man mano che si formano i prodotti ha luogo la reazione inversa che porta dai prodotti ai reagenti. Sia ad esempio la reazione aA + bB cC + dD La doppia freccia di reazione indica che si tratta di un equilibrio chimico e che la reazione avviene contemporaneamente nelle due direzioni. Inizialmente ha luogo solo la reazione diretta, la cui velocit V dir, essendo proporzionale alla concentrazione dei reagenti, molto elevata
Vdir = kdir [ A] [ B ]
a
Mentre la reazione procede le concentrazioni dei reagenti diminuiscono, mentre aumentano le concentrazioni dei prodotti di reazione e si avvia anche la reazione inversa, la cui velocit V inv sar naturalmente proporzionale alla concentrazione dei prodotti di reazione
Vinv = kinv [C ] [ D ]
c
Inizialmente la velocit della reazione diretta sar maggiore della velocit della reazione inversa (Vdir > Vinv), ma poich con il procedere della reazione i reagenti diminuiscono ed i prodotti aumentano e le velocit di reazione sono proporzionali alle concentrazioni, la velocit della reazione diretta destinata a diminuire mentre la velocit della reazione inversa destinata ad aumentare.
velocit di reazione Velocit reazione diretta
Vdir = V inv
Ad un certo punto si giunger ad un equilibrio dinamico, cio al punto in cui la velocit con cui i reagenti si trasformano in prodotti pari alla velocit con cui i prodotti si trasformano in reagenti. In altre parole
Vdir = Vinv
e quindi
dove le concentrazioni delle specie chimiche sono quelle che compaiono al raggiungimento dell'equilibrio. La reazione sembra dunque ferma, anche se in realt essa continua senza che vi sia una modificazione nelle concentrazioni raggiunte. Si tenga presente che la via che abbiamo seguito per ricavare la costante di equilibrio, basata su considerazioni di carattere cinetico (velocit delle reazioni diretta ed inversa), ripercorre, per semplicit, la successione delle osservazioni che hanno storicamente portato alla formulazione della legge di azione di massa, ma non costituisce tuttavia una dimostrazione di validit generale della legge dellequilibrio chimico. Infatti, come abbiamo visto nel capitolo dedicato alla cinetica chimica, non sempre la velocit della reazione dipende dalle concentrazioni dei reagenti, elevate ad esponenti uguali ai coefficienti stechiometrici, mentre nella legge di azione di massa gli esponenti coincidono sempre con i coefficienti stechiometrici delle specie chimiche coinvolte nella reazione. La derivazione rigorosa della costante di equilibrio basata su considerazioni di carattere termodinamico. 15.1.1 Costante di equilibrio (Kc Kp Kn K) La relazione di equilibrio viene data sotto la seguente forma
dove le concentrazioni sono sempre le concentrazioni delle specie chimiche all'equilibrio e Kc (kappaci), essendo ottenuta come rapporto di due costanti (costante di velocit specifica inversa e diretta) una nuova costante, detta costante di equilibrio. Il suo valore caratteristico per ogni reazione e varia solo in funzione della temperatura, mentre indipendente da ogni altra condizione (pressione, concentrazione, catalizzatori etc). Tale relazione fondamentale nella descrizione degli equilibri chimici ed nota come legge di azione di massa o legge di Guldberg-Waage. La legge di azione di massa afferma dunque che in una reazione che ha raggiunto l'equilibrio, il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni dei prodotti e quello dei reagenti, ciascuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico una costante. Quando la reazione avviene tra sostanze gassose torna utile esprimere la costante di equilibrio come rapporto tra le pressioni parziali. La costante che si ottiene detta Kp (kappa-pi).
(P ) (P ) Kp = C a D b ( PA ) ( PB )
c d
PA =
n A RT = [A ] RT V
e che la stessa relazione vale anche per tutte le altre specie chimiche gassose, possiamo esprimere la Kp in funzione delle molarit dei singoli reagenti
( PC ) ( PD ) = [C ] R cT c [ D ] R d T d = [C ] [ D ] RT ( c + d - a -b) = K RT Dn Kp = ) ) c( a b a b a b ( ( PA ) ( PB ) [ A] R aT a [ B ] RbT b [ A] [ B]
c d c d c d
Dove n la differenza tra i coefficienti stechiometrici dei prodotti di reazione e i coefficienti stechiometrici dei reagenti. Tale relazione ci permette di affermare che, per una medesima reazione, il valore di Kc coincide con il valore di Kp solo se reagenti e prodotti sono presenti con lo stesso numero di moli. inoltre possibile esprimere la costante di equilibrio in funzione del numero di moli presenti allequilibrio. La costante che si ottiene detta Kn (kappa-enne).
(n ) (n ) Kn = C a D b ( nA ) ( nB )
c d
[C ] [ D ] Kc = a b [ A] [ B ]
c
nC nD c d V V ( nC ) ( nD ) = a b = a b nA nB ( nA ) ( nB ) V V
1 V
( c + d ) - ( a + b )
Kn V Dn
infine possibile esprimere la costante di equilibrio in funzione delle frazioni molari (tipicamente per equilibri in fase gassosa). La costante che si ottiene detta K (kappa-chi).
Kc
(c ) (c ) = C a D b (c A ) (c B )
c d
Ricordando che per la legge di Dalton delle miscele gassose, la pressione parziale uguale alla pressione totale per la frazione molare (pi = pt i), semplice verificare che tra K e Kp esiste la seguente relazione
( P ) ( P ) ( P c C ) ( P c D ) (c C ) (c D ) c + d - a -b ) kp = C a D b = = = kc P Dn ( P )( a b a b ( PA ) ( PB ) ( P c A ) ( P c B ) (c A ) (c B )
c d c d c d
La costante di equilibrio K, pur rappresentando la stessa situazione reale, pu assumere valori diversi se scriviamo la reazione in modo diverso. perci molto importante sapere "come" scritta la reazione, per dare il giusto valore ed il giusto significato alla costante di equilibrio. Consideriamo ad esempio la stessa reazione scritta in 2 modi diversi e le relative costanti di equilibrio: I) II)
N2 + 3 H2 N2 + 3/2H2 2 NH3 NH3
I Kp
(p ) = ( p ) ( p )
2 NH3 N2 H2
NH 3 12 N2 H2
= 5,85105 3
= 7,65 103
II Kp =
(p ) (p ) (p )
32
E tuttavia semplice verificare come, nellesempio specifico, tra le due costanti esista la seguente relazione
II I Kp = Kp
Si tenga presente che il valore della costante di equilibrio non da alcuna indicazione sulla velocit della reazione, la quale dipende essenzialmente dall'energia di attivazione, dalla temperatura e dalle concentrazioni dei reagenti. Lunit di misura delle costanti di equilibrio varia a seconda della stechiometria della reazione ed in genere sar pari per la Kc a (mol L-1)Dn, per la Kp a (atm)Dn, per la Kn a (mol)Dn, mentre la K adimensionale 15.1.2 Posizione del punto di equilibrio Il valore assunto dalla costante di equilibrio (K c, Kp, Kn o K) ci informa se la reazione avviene in modo pi o meno completo, dandoci delle informazioni qualitative sulla posizione del punto di equilibrio della reazione. - Se il valore della costante di equilibrio elevato (in genere molto maggiore di 1) ci significa che il numeratore molto pi grande del denominatore: l'equilibrio viene cio raggiunto quando le concentrazioni dei prodotti di reazione sono molto maggiori delle concentrazioni dei reagenti. In tal caso si dice che il punto di equilibrio spostato verso destra (verso i prodotti). - Se il valore della costante di equilibrio basso (in genere molto minore di 1) ci significa che il numeratore molto pi piccolo del denominatore: l'equilibrio viene cio raggiunto quando le concentrazioni dei reagenti sono molto maggiori delle concentrazioni dei prodotti di reazione . In tal caso si dice che il punto di equilibrio spostato verso sinistra (verso i reagenti). 15.1.3 Calcolo delle concentrazioni di equilibrio e Quoziente di reazione Se, oltre al valore della costante di equilibrio, sono note anche le concentrazioni iniziali, allora possibile utilizzare la legge di Guldberg-Waage per calcolare le concentrazioni delle specie chimiche allequilibrio.
Esempio 1 Introduciamo 2 moli di H2 e 0,8 moli di I2 in un recipiente di 1,6 litri e portiamo la temperatura a 763 K per produrre le reazione H2 + I2 2HI sapendo che a 763 K la kc = 46 si calcolino le concentrazioni di equilibrio. Se indichiamo con x le moli di idrogeno che reagiscono con x moli di iodio per litro, all'equilibrio si formeranno 2x mol/L di acido iodidrico. Costruiamo allora la seguente tabella Specie Concentrazioni iniziali Concentrazioni all'equilibrio
H2 I2 HI
Utilizziamo ora i valori delle concentrazioni di equilibrio, espresse in funzione di x, all'interno delle legge di azione di massa 2
kc =
[HI] [H 2 ] [I2 ]
46 =
(2 x )2 (1,25 - x ) (0,5 - x )
si ottiene un'equazione di secondo grado che risolta fornisce le seguenti due radici x1 = 1,442 x2 = 0,475 La prima va scartata non avendo significato fisico ( superiore alla concentrazione iniziale). Le concentrazioni di equilibrio saranno pertanto pari a Specie Concentrazioni all'equilibrio
H2 I2 HI
1,25 x = 1,25 0,475 = 0.775 mol/L 0,5 x = 0,5 0,475 = 0.025 mol/L 2x = 2(0,475) = 0,95 mol/L
Esempio 2 In un recipiente dal volume di 11 litri si introducono a temperatura ambiente 0,2 moli di A2B e 0,04 moli di B2. Il sistema viene portato alla temperatura di 750C e si instaura il seguente equilibrio gassoso: 2A2B(g) D 2A2(g) + B2(g) La pressione all'equilibrio risulta pari a 2,29 atm. Calcoliamo la kp e la Kc a 750C. Poich durante la reazione, per ogni 2 moli di A2B che reagiscono se ne formano 2 di A2 ed 1 di B2, potremmo affermare che, allequilibrio, il numero di moli di A2B diminuita di 2x, quello di A2 aumentato di 2x, mentre quello di B2 aumentato di x unit. Il numero di moli delle tre specie chimiche allequilibrio sar pertanto pari a nA2B = 0,2 2x nA2 = 2x nB2 = 0,04 + x Allequilibrio saranno pertanto presenti nel contenitore un numero di moli totali pari a ntot = nA2B + nA2 + nB2 = (0,2 2x) + 2x + (0,04 + x) = 0,24 + x Queste (0,24 + x) moli generano, a T = 750 + 273,15 = 1023,15 K. una pressione complessiva pari 2,29 atmosfere. Scriviamo allora lequazione di stato per la miscela gassosa allequilibrio
da questultima relazione possiamo ricavare la x che vale x = 0,06 mol Il numero di moli allequilibrio delle tre specie chimiche sar pertanto nA2B = 0,2 2x = 0,2 -2(0,06) = 0,08 nA2 = 2x = 2(0,06) = 0,12 nB2 = 0,04 + x = 0,04 + 0,06 = 0,10 Il numero totale di moli della miscela gassosa allequilibrio dunque pari a 0,08 + 0,12 + 0,10 = 0,30. Calcoliamo la kn dellequilibrio
kn
(n ) n = (n )
2 A2 2 A2 B
B2
Calcoliamo ora la Kc usando la relazione che lega le due costanti Kc = Kn / V , dove n la differenza tra i coefficienti dei prodotti (2+1=3) e dei reagenti (2). Poich in questo caso n = 3 - 2 = 1, avremo
kc =
kp =
Esempio 3 Un reattore di 6 litri, in cui stato fatto il vuoto, viene caricato con 80 mmol del composto AB e portato a 350 C. A questa temperatura si instaura il seguente equilibrio: AB(g) D A(g) + B(g) Sapendo che la Kp a 350C 2,70 atm, calcoliamo la pressione parziale di ogni singolo componente all'equilibrio, la pressione totale della miscela allequilibrio e la sua composizione percentuale in volume. A) Calcoliamo la pressione iniziale del composto AB applicando lequazione di stato dei gas
P=
B) Calcoliamo le pressioni parziali e la pressione totale della miscela allequilibrio Allequilibrio x moli di AB avranno reagito per dare x moli di A e x moli di B. Poich la pressione proporzionale al numero di moli, potremo affermare che anche la pressione parziale dei singoli componenti variata nelle medesime proporzioni in cui variato il loro numero di moli. Pertanto allequilibrio le pressioni parziali dei tre componenti saranno PAB = 0,68 x PA = x PB = x Scriviamo la relazione di equilibrio (Guldberg-Waage) rispetto alle pressioni parziali.
kp =
Riordinando si ottiene la seguente equazione di secondo grado 2 x +2,7x-1,836=0 che, risolta, fornisce le seguenti radici x1 = 0,563 x2 = -3,263 Scartiamo la seconda radice poich non ha significato fisico (la concentrazione del reagente allequilibrio dovrebbe essere pi elevata rispetto a quella iniziale). Le pressioni parziali allequilibrio saranno pertanto PAB = 0,68 x = 0,68 0,563 = 0,117 atm PA = + x = 0,563 atm PB = + x = 0,563 atm Allequilibrio il sistema avr dunque una pressione totale pari alla somma delle pressioni parziali dei singoli componenti (Legge di Dalton delle pressioni parziali) Ptot = PAB + PA + PB = 0.117 + 0,563 + 0,563 = 1,243 atm C) Calcoliamo la composizione percentuale in volume della miscela allequilibrio La composizione in volume la medesima della frazione molare, poich i volumi sono proporzionali al numero di moli. Per calcolare la frazione molare dei singoli componenti allequilibrio sufficiente ricordare che, per la legge di Dalton delle miscele gassose, La frazione molare pari al rapporto tra pressione parziale e pressione totale (il numero di moli di un componente sta infatti al numero di moli totali della miscela come la pressione parziale del componente sta alla pressione totale)
ci =
ni p = i ntot ptot
c AB ==
cA =cB =
Dunque se potessimo separare i 3 gas allinterno del recipiente, il composto AB che presente con 94 molecole ogni 1000 molecole di miscela occuperebbe il 9,4% del volume, mentre il composto A ed il composto B, che sono presenti con 453 molecole ciascuno ogni 1000 molecole di miscela, occuperebbero ognuno il 45,3% del volume. Esempio 4 A 373,15 K e P = 1 atm l'ipoazotide dissociata all'88%. Calcolare Kp per l'equilibrio di dissociazione N 2O4 = 2NO2 Indichiamo con n il numero iniziale di moli di ipoazotide e con a = 0,88 il suo grado di dissociazione. Allequilibrio avremo numero numero numero numero di di di di moli moli moli moli di ipoazotide N2O4 dissociate = na di ipoazotide N2O4 indissociate = n-na = n(1-a) di biossido NO2 generate = 2na totali = n-na + 2na = n + na = n(1+a)
c N2O4 =
(1 - a ) n (1 + a ) (1 + a )
=
n (1 - a )
c NO2 =
2na 2a = n (1 + a ) (1 + a ) 2a p (1 + a ) tot
(1 - a ) p (1 + a ) tot
2 Ptot
kp
(p ) =
NO2
4a 2
2
pN 2O4
(1 + a ) = (1 - a ) P (1 + a ) tot
* * * * * * * * Inoltre, se sostituiamo le concentrazioni iniziali nella relazione di equilibrio otteniamo il cosiddetto quoziente di reazione Q, il quale, confrontato con il valore della costante di equilibrio K ci permetter di prevedere in che modo evolver la reazione. Infatti. - Se Q = K la reazione in equilibrio. - Se Q > K il numeratore (prodotti) troppo elevato e la reazione si sposter verso sinistra (verso i reagenti) finch non verr soddisfatto lequilibrio - Se Q < K il denominatore (reagenti) troppo elevato e la reazione si sposter verso desta (verso i prodotti) finch non verr soddisfatto lequilibrio
Esempio Introduciamo 2 atm di N2O4 e 3 atm di NO2 in un recipiente. Alla temperatura di 300 K si instaura il seguente equilibrio N2O4(g) 2 NO2 (g) Sapendo che la la kp = 0,17 verifichiamo se la reazione in equilibrio. Calcoliamo il quoziente di reazione
( Q=
pNO2 (iniz )
pN 2O4 ( iniz )
( 3)
2
= 4,5
Il quoziente di reazione presenta un valore pi elevato della costante di equilibrio (Q > K). Ci sono troppi prodotti di reazione rispetto ai reagenti (numeratore troppo elevato rispetto al denominatore) e dunque lequilibrio tender a spostarsi verso sinistra. Possiamo verificarlo calcolando le pressioni di equilibrio. Se indichiamo con x la variazione di pressione di N2O4 allequilibrio, allora la pressione parziale di N2O4 allequilibrio sara 2-x, mentre la pressione parziale di di NO2 allequilibrio sara 3+2x. N2O4(g) 2 NO2 (g)
2x 3 + 2x
Pressioni iniziali
Pressioni all'equilibrio
2 atm 3 atm
2 - x atm 3 + 2x atm
Ovviamente, visto che abbiamo previsto uno spostamento dellequilibrio verso sinistra ci attendiamo che la pressione di N2O4 aumenti, quella di NO2 diminuisca e che quindi il valore di x sia negativo Utilizziamo ora i valori delle pressioni di equilibrio, espresse in funzione di x, all'interno delle legge di azione di massa
Kp
(p =
NO2 ( eq )
pN 2O4 ( eq )
(3 + 2x )
2- x
= 0,17
si ottiene un'equazione di secondo grado che risolta fornisce le seguenti due radici x1 = 1,135 x2 = 1,908 La seconda va scartata non avendo significato fisico (sostituita nel calcolo della pressione di equilibrio di NO2 darebbe una pressione di equilibrio negativa). Le pressioni di equilibrio saranno pertanto pari a Specie N2O4 NO2 Pressioni all'equilibrio
Si parla di equilibri in fase omogenea quando tutte le specie chimiche coinvolte nella reazione sono presenti in un'unica fase. Si definisce fase una porzione omogenea di un sistema, delimitata da una superficie di separazione fisicamente definita. Cos ad esempio del ghiaccio in acqua liquida costituisce un sistema bifasico, mentre una soluzione un sistema in fase unica. Sono tipicamente omogenei gli equilibri che decorrono in fase gassosa e quelli in soluzione. Si parla invece di equilibri in fase eterogenea quando almeno una delle specie chimiche coinvolte nella reazione si trova in una fase diversa dalle altre. In tal caso risulta conveniente far comparire nella relazione di equilibrio solo le concentrazioni delle specie chimiche le cui concentrazioni possono variare in funzione delle condizioni sperimentali (in pratica le specie chimiche allo stato gassoso e i soluti). Si tenga infatti presente che la concentrazione di un solido o un liquido allo stato puro una costante. Proviamo ad esempio a calcolare la molarit di un campione di ferro del peso di 50 g sapendo che la densit del ferro pari a 7860 g/dm3 ed il suo peso molare pari a 55,85 g/mol.
M=
Come si pu osservare la molarit indipendente dal peso (W) del campione considerato. Infatti al crescere del peso del campione crescono proporzionalmente sia il numero di moli che il volume, in modo che il loro rapporto rimane comunque costante. Tenendo conto di quanto detto, si convenuto che, qualora in un equilibrio eterogeneo la concentrazione di una specie chimica risulti costante, essa vada inglobata nella costante di equilibrio. Se ad esempio facciamo reagire della polvere di grafite solida, con dell'ossigeno gassoso per ottenere dell'ossido di carbonio, secondo la reazione 2C(s) + O2(g) 2CO(g)
In alcuni casi si presentano equilibri eterogenei in cui entrambe le fasi presentano concentrazioni variabili. Ad esempio, per una reazione come Cu(s) + H2SO4(aq) CuSO4(aq) +H2(g) che, oltre ad un solido puro (il rame metallico), presenta sia specie in fase gassosa (a concentrazione variabile) che specie in soluzione (a concentrazione variabile), si usano comunemente costanti di equilibrio ibride, che presentano sia molarit (per le specie in soluzione) che pressioni parziali (per le specie gassose)
K=
[CuSO4 ] p ( H 2 ) [ H 2 SO4 ]
Esempio 1 A 1200 K il carbonato di calcio si decompone in ossido di calcio e anidride carbonica con una kp = 4,5. Dopo aver introdotto 80 g di carbonato in un recipiente di 10 L a 1200 K , calcolare la pressione prodotta dall'anidride carbonica e la massa indecomposta del carbonato all'equilibrio. CaCO3(s) D CaO(s) + CO2(g) Tenendo conto che sia il carbonato che l'ossido di calcio sono solidi, la relazione di equilibrio sar
k p = (PCO2 ) = 4,5
La pressione esercitata dall'anidride carbonica all'equilibrio dunque di 4,5 atm Calcoliamo ora quante moli di anidride carbonica devono essere presenti in un recipiente di 10 litri a 1200 K per produrre una pressione di 4,5 atmosfere.
n=
poich ciascuna mole di carbonato che reagisce produce 1 mole di ossido ed 1 di anidride, possiamo dedurre che, se si sono formate 0,46 moli di CO2, si devono essere decomposte altrettante moli di carbonato. Poich il peso molare del carbonato di calcio di 100 g/mol, siamo in grado di calcolare quanti grammi di carbonato hanno reagito
W = n PM = 0,46 100 = 46 g
Rimarranno dunque indecomposti, una volta raggiunto l'equilibrio, (80 - 46) = 34 grammi di carbonato di calcio.
Esempio 2 In un reattore vengono introdotte 1,25 moli di CO2 in presenza di un eccesso di carbone. Allequilibrio si formarono 0,900 moli di CO secondo la reazione CO2(g) + C(s) D 2CO(g) Sapendo che allequilibrio la pressione della miscela gassosa di 6,50 atm calcolare il valore della Kp ed il grado di decomposizione a della CO2 allequilibrio. Poich per ogni mole di CO2 che reagisce se ne formano 2 di CO, se allequilibrio sono presenti 0,990 mol di CO, devono essere scomparse 0,990/2 = 0,495 mol CO2. Ovviamente le moli di diossido di carbonio presenti allequilibrio si calcolano facendo la differenza tra le moli iniziali e quelle scomparse, quindi 1,25 0,495 = 0,755 mol Calcoliamo le frazioni molari delle specie gassose allequilibrio
c CO =
c CO2 =
nCO2 ntot
KC
(c ) = CO
c CO2
Dn
= 0, 744
Nota la K e la pressione totale del sistema allequilibrio, possiamo calcolare la Kp. La relazione che lega le due costanti infatti
K P = K C ( Ptot )
Il grado di decomposizione della CO2 allequilibrio si ottiene facendo il rapporto tra il numero di moli decomposte ed il numero di moli iniziali
a=
n ( CO2 )iniz
n ( CO2 )dec
* * * * * * *
15.3 Modificazioni di un equilibrio chimico: il principio di Le Chatelier
Di particolare interesse pratico nello studio degli equilibri chimici l'analisi dei fattori che in qualche modo possano influire sull'equilibrio, spostandolo verso le specie chimiche che si desidera ottenere. Il principio di Le Chatelier, o principio dellequilibrio mobile, ci offre un criterio generale per prevedere lo spostamento di un equilibrio in risposta a sollecitazioni esterne. Il principio afferma infatti che un sistema in equilibrio tende a mantenerlo inalterato, neutralizzando per quanto possibile qualsiasi azione di disturbo esterna. Per quanto riguarda un equilibrio chimico possiamo affermare che se esso viene sottoposto ad un'azione perturbatrice esterna, l'equilibrio si sposter, facendo variare le concentrazioni di equilibrio delle specie chimiche, in modo tale da rendere minimi gli effetti della perturbazione. Prima di analizzare le diverse perturbazioni cui pu essere sottoposto un equilibrio chimico e gli spostamenti relativi, prevedibili sulla base del principio di Le Chatelier, ricordiamo che il valore della costante di equilibrio viene modificato solo da variazioni della temperatura, mentre rimane costante per ogni altra modificazione delle condizioni sperimentali. 1) Modificazione delle concentrazioni Applicando il principio di Le Chatelier possiamo prevedere che in risposta ad una variazione nella concentrazione di una delle specie chimiche che partecipa alla reazione, l'equilibrio si sposti in modo da riottenere la concentrazione originaria. In altre parole se aumentiamo la concentrazione di una specie chimica l'equilibrio si sposter dalla parte opposta, se invece diminuiamo la concentrazione di una specie chimica l'equilibrio si sposter verso il lato della reazione in cui presente la specie la cui concentrazione diminuita. Per esemplificare quanto detto ricalcoliamo le concentrazioni di equilibrio per la reazione H2 + I2 2HI
nell'ipotesi che allequilibrio vengano aggiunte 0,4 moli di Iodio. Nellesempio precedente erano inizialmente presenti 0,8 moli di Iodio. Sar allora sufficiente ricalcolare le concentrazioni di equilibrio come se inizialmente fossero presenti 0,8 + 0,4 = 1,2 moli di Iodio. Lequilibrio finale non dipende infatti dal momento in cui lo disturbiamo (possiamo pensare di aggiungere 0,4 moli indifferentemente allinizio o alla fine della reazione). Costruiamo allora una nuova tabella
Specie
Concentrazioni iniziali
Concentrazioni all'equilibrio
H2 I2 HI
Utilizziamo ora i valori delle concentrazioni di equilibrio, espresse in funzione di x, all'interno delle legge di azione di massa
[ HI ] kc = [ H2 ] [ I2 ]
2
e, sostituendo opportunamente le concentrazioni di equilibrio (2 x )2 46 = (1,25 - x ) (0,75 - x ) si ottiene un'equazione di secondo grado che risolta fornisce la seguente soluzione x = 0,68 Le nuove concentrazioni di equilibrio saranno pertanto pari a
Specie Concentrazioni all'equilibrio
H2 I2 HI
1,25 x = 1,25 0,68 = 0.57 mol/L 0,75 x = 0,75 0,68 = 0.07 mol/L 2x = 2(0,68) = 1,36 mol/L
Se le confrontiamo con le concentrazioni di equilibrio precedenti laggiunta di 0.4 moli di Iodio, osserviamo come l l'equilibrio si sia spostato verso destra, cercando in questo modo di diminuire la concentrazione del reagente I2, che era stata aumentata. Parte dello iodio aggiunto ha reagito con lidrogeno (facendone diminuire la concentrazione) per dare acido iodidrico (aumentandone la concentrazione).
Specie Concentrazioni Equilibrio precedente Concentrazioni dopo lintroduzione di 0,4 moli di Iodio Variazione
H2 I2 HI
+ +
Un modo per far avvenire completamente una reazione ad esempio quello di eliminare continuamente i prodotti di reazione mentre si formano (non sempre comunque possibile). In questo modo infatti la reazione si sposta continuamente verso destra fino a che tutti i reagenti non si sono trasformati in prodotti di reazione, senza essere mai in grado di raggiungere l'equilibrio. Un altro modo di spostare una reazione verso i prodotti di reazione di farla avvenire con un eccesso di un reagente sugli altri.
Esempio In un reattore nel quale vengono introdotti 4 g di PCl5 si instaura il seguente equilibrio omogeneo in fase gassosa: PCl5 D PCl3 + Cl2 con formazione di 0.8 g di PCl3. Calcoliamo i grammi di Cl2 da inserire nel reattore per ridurre la quantit di PCl3 a 0.5 g. A) Calcoliamo il numero di moli delle tre specie chimiche allequilibrio. I pesi molari sono
PCl5 = 208.25 g/mol PCl3= 137.35 g/mol Cl2 = 70.90 g/mol -2 Il numero di moli iniziali di PCl5 pari a 4/208.25 = 1.921x10 -3 Il numero di moli di PCl3 che si formano allequilibrio pari a 0.8/137.35 = 5.82x10 . Poich durante la reazione per ogni x moli di PCl5 che reagiscono si formano altrettante moli di PCl3 e di Cl2, allora -3 5.82x10 sono anche le moli di PCl5 che hanno reagito e le moli di Cl2 che si sono formate allequilibrio. Il numero di moli delle tre specie chimiche allequilibrio sar pertanto -2 -3 -2 PCl5 = 1.921x10 - 5.82x10 = 1.339x 10 -3 PCl3 = 5.82x10 -3 Cl2 = 5.82x10 B) Calcoliamo la Kn della reazione
kn =
(5,82 10 ) =
1,339 10
-2
-3 2
= 2,53 10- 3
Immaginiamo ora di aggiungere allequilibrio x moli di Cl2. In queste condizioni lequilibrio si sposta verso sinistra (principio di Le Chatelier). Delle x moli di Cl2 che abbiamo aggiunto, una parte y reagir con y moli di PCl3 per dare y moli di PCl5 . In questa situazione il numero di moli allequilibrio saranno PCl5 D PCl3 + Cl2 -2 -3 -3 1.339x10 + y 5.82x10 - y 5.82x10 + x y La quantit y deve essere tale per cui il numero di moli di PCl3 che rimarranno alla fine siano pari alla quantit desiderata, cio 0.5/137.35 = 3.64x10-3 mol. Dunque deve essere -3 -3 -3 5.82x10 y = 3.64x10 da cui y = 2.18x10 Sostituendo il valore della y trovato si avr PCl5 D -2 1.339x10 + y -2 -3 1.339x10 + 2.18x10 -2 1.557x10 PCl3 + -3 5.82x10 - y -3 -3 5.82x10 - 2.18x10 -3 3.64x10 Cl2 -3 5.82x10 + x - y -3 -3 5.82x10 + x - 2.18x10 -3 3.64x10 + x
kn =
(3,64 10 ) (3,64 10
-3
-3
+ x)
-3
1,557 10
-3
-2
= 2,53 10- 3
2) Modificazione della pressione Le modificazioni della pressione incidono solo sulle reazioni che decorrono in fase gassosa, in quanto liquidi e solidi sono praticamente incomprimibili. In base al principio di Le Chatelier possiamo prevedere che una reazione in fase gassosa reagisca ad un aumento di pressione esterna spostando il suo equilibrio in modo da rendere minimo tale aumento. In altre parole l'equilibrio si sposter in modo da ridurre il numero complessivo di molecole presenti all'equilibrio (la pressione infatti direttamente proporzionale al numero di particelle presenti) e quindi verso il lato della reazione in cui complessivamente minore il numero di moli gassose. Da quanto detto risulta evidente che risentono di variazioni di pressione solo le reazioni gassose in cui il numero totale di moli dei reagenti diverso dal numero totale di moli dei prodotti di reazione. Nel caso in cui il numero di moli gassose dei reagenti sia uguale al numero di moli gassose dei prodotti lequilibrio risulta indifferente ad un cambiamento di pressione Prendiamo ad esempio i seguenti tre equilibri gassosi e sottoponiamoli idealmente ad un aumento di pressione
AUMENTO DI PRESSIONE
Esempio 1 In un recipiente di 10 litri vengono introdotte 0,8 moli di N2O4 (ipoazotide). Alla temperatura di 299 K seguente equilibrio N2O4(g) D 2NO2(g)
si stabilisce il
la cui costante alla suddetta temperatura kp = 0,172. Calcolare come varia la concentrazione di equilibrio del biossido di azoto dopo aver portato il volume del recipiente da 10 litri a 2 litri, mantenendo costante la temperatura. Calcoliamo le pressioni iniziale dell'ipoazotide
PN 2O4 =
Calcoliamo ora la pressione di equilibrio del biossido di azoto, osservando che per x moli di N 2O4 che reagiscono si formano 2x moli di biossido e ricordando che le variazioni di pressione sono direttamente proporzionali alle variazioni nel numero di moli. Specie Pressioni iniziali Pressioni all'equilibrio
N2O4 NO2
Utilizziamo ora i valori delle pressioni di equilibrio, espresse in funzione di x, all'interno delle legge di azione di massa
kp
e sostituendo opportunamente
(P ) =
NO2
PN 2O4
0,172 =
(2 x )2
1,96 - x
che, risolta, da il seguente valore x = 0,27 atm La pressione parziale delle specie chimiche all'equilibrio dunque pari a Specie Pressioni all'equilibrio
N2O4 NO2
Osserviamo come la pressione dell'ipoazotide sia all'equilibrio circa 3 volte maggiore di quella del biossido di azoto. Calcoliamo ora le pressioni parziali di equilibrio dopo che il volume stato portato da 10 a 2 litri, con un relativo aumento della pressione esercitata sulla miscela gassosa. La nuova pressione iniziale per l'ipoazotide sar ora pari a
PN 2 O4 =
L'equazione di equilibrio diventa
(2 x )2
9,81 - x
x vale ora 0,63 e le nuove pressioni di equilibrio saranno Specie Pressioni all'equilibrio
N2O4 NO2
Osserviamo come, dopo aver compresso la miscela gassosa, la pressione dell'ipoazotide sia ora circa 7 volte maggiore di quella del biossido. L'equilibrio si dunque spostato verso sinistra, dove minore era il numero di moli. Esempio 2 A 450C la reazione di sintesi dellammoniaca N2(g) + 3H2(g) = 2NH3(g) presenta una costante di equilibrio kp = 4,51 10 5 . Calcolare la resa della reazione e la percentuale di ammoniaca allequilibrio quando la pressione passa da 10 atm a 250 atm.
Indichiamo con n il numero iniziale di moli di Azoto che reagiscono con 3n moli di Idrogeno e con a la resa della reazione, espressa come rapporto tra il numero di moli di ammoniaca che realmente si formano ed il numero di moli che si formerebbero se la reazione si completasse. Tenendo conto che, se la reazione si completasse, si formerebbero 2n moli di ammoniaca, allora allequilibrio si formeranno 2na moli di ammoniaca, per generare le quali avranno reagito na moli di Azoto e 3na moli di Idrogeno. Allequilibrio saranno pertanto presenti numero numero numero numero di di di di moli moli moli moli di ammoniaca = 2na di Azoto = n na = n(1a) di Idrogeno = 3n 3na = 3n(1 a) totali = 2na + (n na) + (3n 3na ) = 2n(2 a)
c N2 =
(1 - a ) 2n ( 2 - a ) 2 ( 2 - a )
=
n (1 - a )
c H2 =
2n ( 2 - a )
3n (1 - a )
2 ( 2 -a ) ptot
3 (1 - a )
c NH3 =
2na a = 2n ( 2 - a ) ( 2 - a )
pN 2 = c N2 ptot =
(1 - a ) ptot 2 ( 2 -a )
2
pH 2 = c H 2 ptot =
2 ( 2 -a )
3 (1 - a )
a p ( 2 - a ) tot
kp
(p ) = = (1 -a ) P p ( p )
NH 3 3 N2 H2
a2 2 Ptot 2 ( 2 -a )
tot
2 ( 2 -a )
2 16 a ( 2 - a ) 1 = 2 3 4 3 Ptot 27 (1 -a ) Ptot 27 (1 -a ) 2
8 ( 2 -a )
2
16 (1 - x ) 1 kp = 2 27 x4 Ptot
dalla quale si ricava facilmente lincognita x
x=
1 27 k p ptot + 1 16 1
1 2
= 1 -a
a = 1-
27 k p ptot + 1 16 1
a 10 atm = 1 -
a 250 atm = 1 -
27 4,51 10 -5 10 + 1 16 1
-5
= 0, 0410 = 4,10%
2
27 4,51 10 16
250 + 1
= 0, 4393 = 43,93%
2
calcoliamo infine la frazione molare di ammoniaca presente alla pressione di 10 atm e di 250 atm
c 10 atm = NH 3
250 c NH3atm =
Esempio 3 Alla temperatura di 50C lipoazotide, in equilibrio con il biossido di azoto N2O4(g) D 2 NO2(g) presenta un grado di decomposizione a = 0,360. Sapendo che la pressione totale della miscela gassosa allequilibrio di 260 mm Hg, calcolare il grado di dissociazione alla pressione totale di equilibrio di 152 mm Hg Se indichiamo con n il numero di moli iniziali di N2O4 introdotte nel recipiente, le moli allequilibrio possono essere espresse in funzione di a. Allequilibrio si decompongono infatti na moli di N2O4 e si formano 2na moli di NO2. E quindi moli di N2O4 allequilibrio = n - na moli di NO2 allequilibrio = 2na moli totali allequilibrio = n - na+ 2na = n + na = n (1 + a) Con questi dati possiamo calcolare le frazioni molari dei due gas allequilibrio
c N2O4 =
nN2O4 ntotali
1 -a 1+a
c NO2 =
nNO2 ntotali
2a 1+a
Scriviamo ora la relazione di equilibrio per la Kp in funzione delle pressioni parziali dei due gas allequilibrio, espresse come prodotto della pressione totale della miscela per la frazione molare di ciascun componente (legge di Dalton delle miscele gassose)
KP =
(p ) = (p
2 NO2
tot
c NO2
pN2O4
ptot c N2O4
ptot c NO2
c N2O4
esprimiamo le frazioni molari in funzione del grado di decomposizione atmosfere (260 mm Hg = 260/760 atm)
KP =
sostituiamo i valori e calcoliamo Kp
ptot c NO2
c N2O4
2a ptot 2 1 + a = p 4a = tot 1 -a 2 1 -a 1 +a
2
4a 2 K P = ptot 1 -a 2
a =
1 4 ptot +1 KP
Sostituendo alla pressione totale di equilibrio della miscela la nuova pressione di 152 mm Hg, pari a 152/760 = 0,2 atm. otteniamo
a=
1 4 ptot +1 KP
Diminuendo dunque la pressione totale allequilibrio (da 260 mm Hg a 152 mm Hg) il grado di decomposizione dellipoazotide aumenta dal 63,0% al 72,7% (secondo quanto previsto dal principio di Le Chatelier, al diminuire della pressione lequilibrio si sposta verso il lato dove sono presenti un maggior numero di moli gassose. In questo caso verso destra.)
3) Variazione della temperatura In base al principio di Le Chatelier una reazione reagisce ad un aumento di temperatura modificando le condizioni di equilibrio al fine di rendere minimo l'effetto dell'apporto di calore. Lo spostamento sar quindi differente a seconda che la reazione sia esotermica o endotermica. Per prevedere in modo semplice le variazioni dell'equilibrio possibile trattare il calore di reazione come un reagente nelle reazioni endotermiche e come un prodotto di reazione nelle reazioni esotermiche. reazione endotermica reazione esotermica A + B + calore A1 + B1 C+D
C1 + D1 + calore
- In tal modo se aumentiamo la temperatura, fornendo calore ad una reazione endotermica, la reazione si sposter verso i prodotti di reazione, poich in tal modo il calore fornito viene assorbito per formare i composti pi energetici. Se aumentiamo invece la temperatura in una reazione esotermica, l'equilibrio si sposta, per lo stesso motivo, verso i reagenti. - Una diminuzione di temperatura sposta invece i due equilibri in senso opposto, verso il lato in cui compare il calore. In tal modo la reazione si oppone alla diminuzione di temperatura producendo calore. Le variazioni di temperatura modificano anche il valore della costante di equilibrio, la quale assumer pertanto valori pi elevati se l'equilibrio si sposta verso destra e valori minori se l'equilibrio si sposta verso sinistra. Tale comportamento pu essere interpretato ricordando che la costante di equilibrio si ottiene come rapporto tra le costanti di velocit della reazione diretta e della reazione inversa. Nel grafico che segue si pu osservare come in una reazione esotermica l'energia di attivazione della reazione diretta maggiore dell'energia di attivazione della reazione inversa. Come abbiamo gi avuto modo di dire, quanto pi elevata l'energia di attivazione tanto pi sensibile risulta la velocit di una reazione agli aumenti di temperatura. Per questo motivo un aumento di temperatura accelera maggiormente la reazione inversa (con grande Eatt) della reazione diretta (con piccola Eatt). Ci implica che kinv aumenta di pi di kdir ed il loro rapporto (kc) a temperature maggiori risulta pertanto pi piccolo.
Molto spesso necessario scegliere con grande attenzione le condizioni in cui far avvenire una reazione, poich facendo variare certi parametri possono ottenersi benefici in termini di resa di una reazione, pagandoli per in termini di velocit. Un tipico esempio di quanto affermato il processo Haber-Bosch per la produzione dell'ammoniaca, a partire da idrogeno e azoto gassosi N2(g) + 3H2(g) 2NH3(g) + 46 kJ/mol
Come si pu osservare il processo esotermico e se vogliamo aumentare la resa di ammoniaca dobbiamo lavorare a basse temperature per spostare l'equilibrio verso destra. In tal modo per la velocit di reazione diventa talmente bassa da risultare economicamente inaccettabile. Aumentando la temperatura aumenta la velocit di reazione, ma l'equilibrio si sposta verso sinistra e la resa in ammoniaca diminuisce drasticamente. La soluzione, proposta da Haber, consiste nel mantenere elevata la temperatura per consentire una velocit di reazione accettabile e di spostare l'equilibrio verso destra, per aumentare la resa, lavorando a pressioni elevate ( la reazione si svolge infatti in fase gassosa ed i prodotti di reazione sono presenti con un numero di moli inferiore rispetto ai reagenti).
L'acqua pura presenta una piccolissima percentuale di molecole dissociate in ioni H + e ioni OH secondo il seguente equilibrio (autoprotolisi o autoionizzazione) H2O + H2O OH + H3O+
Lequilibrio viene tuttavia descritto in modo semplificato considerando solo la molecola dacqua che si dissocia e non quella che forma il legame dativo con lo ione H+ per dare lo ione ossonio H3O+ H2O H+ + OH-
Anche per tale reazione di dissociazione possibile calcolare una costante di equilibrio che, alla temperatura di 25C, vale
H + OH - = 1,8 10-16 k= [ H 2O ]
Dal valore della costante di dissociazione deduciamo che l'equilibrio fortemente spostato verso sinistra. Per questo motivo, possiamo ritenere trascurabile la frazione x di molecole d'acqua che si dissociano rispetto all'acqua indissociata, e considerare la concentrazione di quest'ultima pari alla concentrazione dell'acqua pura.
[H 2O] = n = V
PM = V
1000 1
18 = 55,55mol / L
k w = k [H 2O] = H + OH - = x 2
[ ][
x = H + = OH - = k w = 10 -7 mol / L
10-7 evidentemente anche il numero di moli di acqua che si dissociano in un litro d'acqua. Possiamo pertanto calcolare il suo grado di dissociazione
a= n dissociate 10-7 = = 1, 8 10-9 n iniziali 55, 55
[ ] [
il che significa che nell'acqua pura a 25C si dissociano circa 2 molecole d'acqua su 1 miliardo. Le soluzioni in cui H + = OH - = 10 -7 mol / L sono dette neutre Le soluzioni in cui H + > OH - sono dette acide
+ Le soluzioni in cui H < OH sono dette basiche
[ ] [
[ ] [
[ ] [
Si tenga comunque presente che la reazione di dissociazione dell'acqua una reazione endotermica e quindi, in base al principio di Le Chatelier, la kw aumenta all'aumentare della temperatura. Cos a temperature maggiori di 25C la neutralit si raggiunge per concentrazioni degli ioni H+ e OHleggermente superiori di 10-7 mol/L ( H + = OH - > 10 -7 mol / L ).
[ ] [
Poich a Temperatura costante kw costante, si osservi come nel caso sia nota la [H+] rimanga univocamente determinata anche [OH-] e viceversa.
16.2 pH e pOH
Essendo [H+] e [OH-] espresse da valori molto piccoli risulta pi comodo usare, per misurarle, una notazione logaritmica. Si conviene pertanto di esprimere la concentrazione degli ioni H+ in termini di pH, il quale risulta definito tramite la seguente relazione:
pH = - log10 H + = log10
[ ]
1 [H+ ]
1 [OH - ]
In modo del tutto analogo si pu definire come unit di misura della concentrazione degli ioni OH - in una soluzione il pOH
Tra pH e pOH esiste una semplice relazione che possiamo ottenere calcolando il logaritmo negativo di entrambi i membri del prodotto ionico dell'acqua
[ ][
]
da cui
[ ]
[ ] [
Costruiamo ora una tabella che metta in relazione il valore delle concentrazioni degli ioni H+ e degli ioni OH- con i valori del pH e del pOH
[H+] 10-15 10-14 10-13 10-12 10-11 10-10 10-9 10-8 10-7 10-6 10-5 10-4 10-3 10-2 10-1 100 101
pH 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 -1
[OH-] 101 100 10-1 10-2 10-3 10-4 10-5 10-6 10-7 10-8 10-9 10-10 10-11 10-12 10-13 10-14 10-15
pOH -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
Come si pu notare il pH pu assumere anche valori negativi e valori superiori a 14. Si tratta comunque di casi piuttosto rari con concentrazioni di ioni H+ eccezionalmente basse o elevate. Si noti inoltre come, essendo la scala del pH una scala logaritmica, ogni grado di pH corrisponde ad una variazione nella concentrazione degli ioni H+ pari a 10 volte. Cos una soluzione a pH 2 presenta una concentrazione degli ioni H+ 1000 volte maggiore di una soluzione a pH 5.
16.3 Calcolo del pH
16.3.1 Calcolo pH per acidi e basi forti Il calcolo del pH per soluzioni contenenti acidi e basi forti non presenta difficolt, se naturalmente si conosce la concentrazione iniziale della soluzione. Infatti, poich gli acidi e le basi forti in acqua sono completamente dissociati, la concentrazione degli ioni H+ (per gli acidi) e degli ioni OH- (per le basi) risultano uguali alla concentrazione iniziale.
Esempi
- Calcolare il pH di una soluzione 10-3 M di HCl. Poich l'acido cloridrico un acido forte esso completamente dissociato in 10-3 mol/L di ioni H+ e 10-3 mol/L di ioni Cl-. Il pH sar pertanto pari a
pH = - log H + = - log10-3 = 3
- Calcolare il pH di una soluzione 3.10-5 M di NaOH
Poich l'idrossido di sodio una base forte esso completamente dissociato in 3.10-5 mol/L di ioni OH- e 3.10-5 mol/L di ioni Na+. Il pH sar pertanto pari a pH = 14 - pOH = 14 - (- log OH - ) = 14 - (- log 3 10 -5 ) = 14 - 4,52 = 9,48 - Calcolare il pH di una soluzione 5.10-4 M di Ba(OH)2 Poich l'idrossido di bario si dissocia completamente in uno ione Ba2+ e 2 ioni OH-, in tal caso la concentrazione finale degli ioni OH- sar doppia della concentrazione iniziale dell'idrossido e pari a 103 mol/L. La concentrazione degli ioni H+ sar quindi pari a 10-11 ed il pH uguale a 11. 16.3.2 pH in soluzioni molto diluite di acidi (e basi) forti Proviamo a calcolare il pH di una soluzione 10-7 M di HCl. Applicando quanto detto in precedenza il pH dovrebbe essere pari a 7. Si arriva cio al risultato assurdo e paradossale che una soluzione che contiene un acido forte (per quanto molto diluito) neutra. In effetti quando la concentrazione di un acido o di una base forte scende sotto le 10 -6 mol/L non pi possibile trascurare gli ioni H+ provenienti dalla dissociazione dell'acqua, che, per l'acqua pura sappiamo essere 10-7 mol/L . E' quindi necessario in questo caso prendere in considerazione contemporaneamente i due equilibri e sommare gli ioni H+ provenienti dall'acido e quelli provenienti dall'acqua HCl H+ + ClH+ + OHH2O Naturalmente non possibile semplicemente sommare i 10 -7 ioni H+ provenienti dall'acido con i 10-7 ioni H+ provenienti dall'acqua pura, infatti mentre l'acido forte rimane completamente dissociato, l'acqua, in presenza dei 10-7 ioni H+ provenienti dall'acido, sposta il suo equilibrio verso sinistra, in risposta all'aumentata concentrazione di uno dei suoi prodotti di reazione (H +). L'apporto di ioni H+ dell'acqua sar dunque minore di 10-7 mol/L. Se indichiamo con x gli ioni OH- provenienti dalla dissociazione dell'acqua, gli ioni H+ complessivamente in soluzione saranno dati da x ioni provenienti dall'acqua pi 10-7 ioni provenienti dall'acido. Poich tali concentrazioni devono soddisfare al prodotto ionico dell'acqua potremo scrivere kw = 10 -14 = H + OH - = (x + 10 -7 ) x risolvendo l'equazione di 2 grado si ottiene x = [OH-] = 6,18*10-8 mol/L ed il pH risulta perci pari a [H+] = x+ 10-7 = 1,62*10-7
[ ][
[ ]
Lo stesso risultato poteva essere ottenuto impostando un sistema di due equazioni con incognite [OH ] e [H+] . + H OH = k w + H = OH - + Cl
[ ][ ] [ ] [ ] [ ]
dove la prima equazione la condizione di equilibrio per la reazione di dissociazione dell'acqua (prodotto ionico) e la seconda la cosiddetta condizione di elettroneutralit, per cui la soluzione deve essere complessivamente neutra e la somma delle cariche positive deve sempre essere pari alla somma delle cariche negative (bilancio di carica). Si osservi che [Cl-] non un'incognita, ma vale in questo caso 10-7 mol/L derivando dalla completa dissociazione dell'acido. Dunque, per un acido forte di concentrazione CA, il sistema diventa
H + OH - = k w + H = OH - + C A esplicitando [OH] dalla prima equazione e sostituendo nella seconda si ottiene k H + = w+ + C A H e, riordinando
[ ][ ] [ ] [ ]
[ ] [ ]
[H ]
+ 2
- C A H + - kw = 0
[ ]
unequazione di secondo grado che ci fornisce, nota la concentrazione iniziale CA, la concentrazione di ioni H+ di una soluzione qualsiasi di unacido forte. Risolvendo rispetto alla [H+] si ottiene la seguente formula.
[H ] =
+
C A + 4K w + C A
2
[ ][ [ ] [ ]
[H ]
+ 2
+ CB H + - kw = 0
[ ]
[ ]
[H ] =
+
C B + 4K w - C B
2
16.3.3 pH in soluzioni di acidi e basi deboli: ka e kb (pka e pkb) Per il calcolo del pH di soluzioni di acidi e basi deboli non sufficiente conoscere la loro concentrazione iniziale, in quanto gli acidi deboli non sono completamente dissociati in soluzione acquosa. Per determinare che concentrazione assumeranno gli ioni H+ (o OH ) quindi necessario conoscere anche il valore della costante dell'equilibrio di dissociazione o costante di dissociazione. Per un generico acido monoprotico HA, l'equilibrio di dissociazione HA H+ + A
La costante di equilibrio, nota come costante di dissociazione acida (o kappa acida) ka, vale
ka =
H+ AHA
In analogia con la definizione di pH, anche per la costante di dissociazione acida si utilizza il pk a. pka = log10 (ka) Per gli acidi deboli poliprotici vi sono naturalmente tante costanti di dissociazione quanti sono gli atomi di idrogeno dissociabili (costante di prima dissociazione k a (I) , costante di seconda dissociazione k a (II) , etc) Ad esempio per l'acido solforoso a 25C si ha
H2SO3 HSO3-
H+ + HSO3H+ + SO32-
k a (I) =
H + HSO3 H 2SO 3
= 1, 54 10- 2
k a (II) =
H + SO 3 HSO 3
-
2-
= 1, 02 10- 7
Naturalmente l'acido cede pi facilmente il primo ione H+, mentre il secondo ione H+, che deve abbandonare uno ione negativo ed quindi trattenuto con maggior forza, si separa con maggior difficolt. A conferma di quanto detto si pu notare come nell'esempio riportato il valore di
k a (II)
sia molto
minore del valore di k a (I) . Il primo equilibrio di dissociazione quindi pi spostato verso destra del secondo. Si tratta di un comportamento generale. Tutti gli acidi deboli poliprotici presentano infatti valori decrescenti per le costanti di dissociazione successive alla prima. Quanto detto per gli acidi deboli vale anche per le basi deboli. Ad esempio per una generica base BOH, l'equilibrio di dissociazione BOH B+ + OH
La costante di equilibrio, nota come costante di dissociazione basica (o kappa basica) kb, vale
kb =
B+ OH BOH
Naturalmente anche per le basi deboli vi possono essere tante k b quanti sono i gruppi ossidrili dissociabili. Ovviamente, anche la costante di dissociazione basica pu essere espressa come pkb. pkb = log10 (kb) Il valore assunto dalla costante di dissociazione utilizzato come una misura della forza di un acido (o di una base), in quanto indipendente dalla concentrazione iniziale dell'elettrolita. Possiamo in altre parole affermare che un acido (o una base) tanto pi debole quanto pi basso il valore della sua costante di dissociazione.
Ad esempio l'acido ipocloroso, HClO (ka = 2,95.10-8) pi debole dell'acido fluoridrico HF (ka = 3,53.10-4). Il grado di dissociazione a di un acido (o di una base) non pu essere usato come misura della sua forza in quanto si pu facilmente dimostrare che esso varia con la concentrazione iniziale. Sia ad esempio HA un acido debole generico, ka la sua costante di dissociazione e Ciniz la sua concentrazione iniziale. Se a il suo grado di dissociazione, all'equilibrio si formeranno aCiniz mol/l di ioni H+ e aCiniz mol/l di ioni A , mentre rimarranno indissociate (Ciniz - aCiniz ) mol/L di HA. Riportiamo quanto detto in una tabella
Specie Concentrazioni iniziali Concentrazioni all'equilibrio
HA H+ A-
Ciniz 0 0
Ciniz
[H ] [A ] =
+ -
[HA]
(a C iniz )2
C iniz - a C iniz
a 2 C iniz 1- a
Da tale relazione (legge di diluizione di Ostwald) si deduce facilmente che, essendo ka costante, al diminuire della concentrazione iniziale il grado di dissociazione a deve aumentare. In altre parole anche un acido debole, se molto diluito, pu essere quasi completamente dissociato. Tutti gli elettroliti tendono a dissociarsi completamente quando la concentrazione tende a zero. Naturalmente il fatto che un acido debole a concentrazioni molto basse sia molto dissociato non significa che in tali condizioni diventi forte. Infatti a basse concentrazioni dell'acido anche gli ioni H+ che si producono sono complessivamente molto pochi ed il pH rimane sempre molto vicino a 7. Calcoliamo ad esempio il pH ed il grado di dissociazione di una soluzione 1M e di una soluzione 10-2 M di acido fluoridrico (ka = 3,53.10-4). L'acido fluoridrico un acido debole e si dissocia secondo il seguente equilibrio HF H+ + F
Se poniamo pari ad x il numero di mol/l di HF che si dissociano, possiamo costruire la seguente tabella delle concentrazioni iniziali e delle concentrazioni di equilibrio
Specie Concentrazioni iniziali Concentrazioni all'equilibrio
HF H+ F-
1 0 0
1-x x x
ka
Risolvendo rispetto ad x si ottiene
[H ] [F ] = 3,53 10 =
+ -
[HF ]
-4
x2 = 1- x
[H+] = x = 1,86.10-2 mol/l il pH vale pH = -log [H+] = -log 1,86.10-2 = 1,73 mentre il grado di dissociazione risulta pari a n 1,86 10 -2 a = dissociate = = 1,86 10 -2 n iniziali 1 Risultano quindi dissociate quasi 2 molecole ogni 100. Vediamo ora come varia il pH ed il grado di dissociazione diluendo la soluzione. Se la concentrazione iniziale della soluzione ora pari a 10-2 mol/L, la relazione di equilibrio diventa
ka =
Risolvendo rispetto ad x si ottiene
[H ] [F ] = 3,53 10
+ -
[HF ]
-4
x2 10 - 2 - x
[H+] = x = 1,71.10-3 mol/l il pH vale pH = -log [H+] = -log 1,71.10-3 = 2,77 mentre il grado di dissociazione risulta pari a n 1, 71 10-3 a = dissociate = = 0,17 n iniziali 10-2 Risultano quindi dissociate quasi 2 molecole ogni 10. Diminuendo la concentrazione iniziale dunque aumentata la percentuale di molecole che si dissociano. Nonostante questo il pH aumentato, a dimostrazione del fatto che la seconda soluzione meno acida della prima. In generale per calcolare il grado di dissociazione necessario risolvere la seguente equazione di secondo grado, che si ottiene riordinando la relazione di Ostwald
C 2 a +a - 1 = 0 ka dove si osserva che il grado di dissociazione dipende dal rapporto tra la concentrazione iniziale dellacido e la sua costante di dissociazione. Riportiamo a titolo di esempio alcuni valori del grado di dissociazione in funzione del rapporto C/ka.
C/ka
(%)
106 0.1
105 0.3
104 1
103 3
102 9
101 27
100 62
10-1 92
10-2 99
10-3 99.9
Si noti che se C/ka > 102 il grado di dissociazione inferiore al 10%. In questa condizione la quantit di acido che si dissocia pu essere consideratata trascurabile rispetto alla quantit di acido iniziale. Inoltre, poich per C/ka > 102 il grado di dissociazione molto inferiore allunit, si avr che (1 ) 1 e la relazione di Ostwald pu essere approssimata nel modo seguente ka =
a 2 C iniz a 2 C iniz 1 -a
Se ne deduce che, per C/ka > 102 il grado di dissociazione pu essere stimato con la seguente relazione approssimata ka a= C iniz
16.3.4 Metodo semplificato per il calcolo del pH di acidi e basi deboli Anche nel caso degli acidi deboli, come abbiamo visto per gli acidi forti, possiamo evitare di tener conto dellequilibrio dallacqua nel calcolo del pH solo se lacido produce una quantit di ioni H+ sufficientemente elevata, da rendere trascurabili gli ioni H+ generati dallacqua . In generale gli ioni H+ generati dallacido dovrebbero almeno essere in quantit superiore od uguale a 10-6 mol/L ([H+]acido 10-6 M), in modo da poter trascurare i 10-7 mol/L generati dalla dissociazione dellacqua. Nel caso degli acidi forti era sufficiente che la concentrazione dellacido fosse superiore a 10 -6 mol/L. Ma nel caso di un acido debole non possibile far riferimento solo alla sua concentrazione iniziale C poich la quantit di ioni H+ generati dipende anche dalla sua ka. Vediamo allora quali condizioni debbano essere soddisfatte per poter trascurare gli ioni H + generati dallacqua. Consideriamo il solito acido debole generico HA. L'equilibrio di dissociazione HA e la costante di equilibrio vale H+ + A
ka =
[H ] [A ]
+ -
[HA]
Se poniamo pari ad x il numero di mol/L di HA che si dissociano, possiamo costruire la seguente tabella delle concentrazioni iniziali e delle concentrazioni di equilibrio
Specie Concentrazioni iniziali Concentrazioni all'equilibrio
HA H+ A-
C 0 0
C-x x x
Poniamo ora, come al solito, le concentrazioni di equilibrio, espresse in funzione di x, in relazione con la ka
ka
[H ] [A ] = =
+ -
[HA]
x2 Ciniz - x
C 102, lacido risulta poco dissociato, ka
Abbiamo visto nel paragrafo precedente che, nel caso in cui presentando un grado di dissociazione < 0.1.
Questo significa che la quantit x di acido che si dissocia piccola e trascurabile rispetto alla concentrazione iniziale C dellacido (x << C). Possiamo allora ragionevolmente assumere che allequilibrio la quantit (C x) sia praticamente uguale a C
ka =
[H ] [A ] =
+ -
[HA]
x2 x2 C-x C
x 2 - K aC = 0
che ci permette di calcolare la concentrazione tramite la seguente relazione semplificata x = H + = kaC Eseguendo il logaritmo decimale negativo di entrambi i membri si ha pH = (pka logC) e, per una base debole,
[ ]
[OH ] =
-
kbC
pOH = (pkb logC) Osserviamo tuttavia che tale relazione fornisce risultati accettabili finch Cka 10-12. Infatti, qualora il prodotto Cka risultasse inferiore a 10-12, si otterrebbe una concentrazione di ioni H+ (o OH- per una base debole) inferiore a 10-6 e quindi non potremmo pi trascurare gli ioni provenienti dalla dissociazione dellacqua. In generale dunque possibile trascurare lequilibrio dellacqua ed usare tale metodo approssimato quando il prodotto tra la concentrazione iniziale e la costante di dissociazione dellacido debole superiore o uguale a 10-12 ed il rapporto tra la sua concentrazione iniziale e la sua costante di dissociazione superiore o uguale a 102.
Cka 10-12
C 102 ka
Nella tabella seguente riportiamo il valore del pH calcolato per lintervallo di valori di C e C allinterno del quale possibile usare il metodo approssimato (Cka 10-12 e 102). ka
ka
In ogni casella compaiono 3 valori di pH calcolati rispettivamente 1) con lequazione di terzo grado che tiene conto anche della dissociazione dellacqua (valore esatto) 2) con lequazione di secondo grado che trascura la dissociazione dellacqua 3) con la relazione semplificata che trascura la x a denominatore nellequazione di secondo grado
pH 10
-2
10
-3
10
-5
10
-6
10
-7
10
-8
10
-9
10
-10
10
-11
10
-12
1
-1
10 C mol/L 10 10 10 10
-2
-3
2.50 2.50 2.50 3.00 3.00 3.00 3.51 3.51 3.50 4.02 4.02 4.00
-4
3.00 3.00 3.00 3.50 3.50 3.50 4.00 4.00 4.00 4.51 4.51 4.50 5.02 5.02 5.00
-5
3.50 3.50 3.50 4.00 4.00 4.00 4.50 4.50 4.50 5.00 5.00 5.00 5.51 5.51 5.50 6.02 6.02 6.00
4.00 4.00 4.00 4.50 4.50 4.50 5.00 5.00 5.00 5.50 5.50 5.50 6.00 6.00 6.00
4.50 4.50 4.50 5.00 5.00 5.00 5.50 5.50 5.50 6.00 6.00 6.00
Si noti come la relazione semplificata fornisca valori migliori quando il rapporto C/ka pi elevato e quindi lacido meno dissociato (grado di dissociazione basso e quindi x molto piccola rispetto a C). 16.3.5 Calcolo del pH di acidi e basi deboli molto diluiti e/o molto deboli. Quando un acido debole molto diluito e/o molto debole non possibile trascurare, nel calcolo del pH, la concentrazione degli ioni H+ provenienti dalla dissociazione dellacqua. Lequilibrio dellacido e dellacqua si disturbano reciprocamente. La quantit di acido che si dissocia infatti inferiore rispetto a quel che avremo calcolato senza tener conto dellacqua, a causa degli ioni H+ prodotti dallacqua che spostano verso sinistra lequilibrio dellacido. In modo analogo lacqua si dissocia meno per la presenza degli ioni H + generati dallacido. Il pH si calcola sommando gli ioni H+ generati dallacqua agli ioni H+ generati dallacido. Indichiamo allora con x la concentrazione di ioni H+ generati dallacido e con y la concentrazione di ioni H+ generati dallacqua. La concentrazione totale di ioni H+ sar (x + y) e tale quantit dovr soddisfare contemporaneamente lequilibrio dellacido e lequilibrio dellacqua.
Ora consideriamo un generico acido debole HA di concentrazione iniziale C e costante di dissociazione acida Ka. Lacido si dissocia, in presenza di y ioni H+ dellacqua, in x ioni H+ ed x ioni A. Scriviamo dunque lequilibrio dellacido riportando sotto ogni specie chimica le concentrazioni di equilibrio HA Cx H+ + A x+y x
Consideriamo ora lequilibrio dellacqua che si dissocia, in presenza degli x ioni H+ provenienti dalla dissociazione dellacido, in y ioni H+ ed y ioni OH-. Scriviamo dunque lequilibrio dellacqua riportando sotto ogni specie chimica le concentrazioni di equilibrio
H2O 55,55 - y
H+ + OH x+y y
ka =
[H ] [A ] = (x + y ) x
+ -
[HA]
C-x
2)
k w = H + OH - = ( x + y ) y
[ ][
k a y 3 + (k a C + k w ) y 2 - k a k w y - k w = 0
2
Calcoliamo ad esempio il pH di una soluzione 0.5 M di un acido debole con ka = 10-14. lequazione 3) fornisce y = [H+]acqua = 8,1650 10-8 M Si noti che lacqua in assenza dellacido produce una concentrazione di ioni H+ pari a 10-7 mol/L, mentre qui, a causa della presenza dellacido, ne produce solo 8,1650 10-8 mol/L Ora usiamo il valore trovato della y per sostituirlo nella 2) e calcolare il valore della x (concentrazione di ioni H+ generata dallacido)
k w = 10 -14 = ( x + y ) y = (x + 8.165 10 -8 ) 8.165 10 -8
da cui x = [H+]acido = 4,0825 10-8 M Si noti che se avessimo calcolato la concentrazione di ioni H+ generata dallacido senza considerare lacqua, utilizzando lequazione di secondo grado, avremo trovato un valore superiore, pari a
x 2 + ka x - kaC = 0 x 2 + 10 -14 x - 10 -14 0.5 = 0
x = [H+] = 7,0711 10-8 M Lacido si dissocia quindi meno di quanto farebbe in assenza degli ioni H + generati dallacqua. Tuttavia se considerassimo solo gli ioni H+ dellacido commetteremmo in questo caso un errore. Si noti infatti come la concentrazione di ioni H+ prodotta dallacido sia dello stesso ordine di grandezza di quella proveniente dallacqua. E dunque questultima non possa essere trascurata. La concentrazione totale di ioni H+ quindi pari a y + x = [H+]acqua + [H+]acido = 8,1650 10-8 + 4,0825 10-8 = 1.225 10-7 M
che porta ad un pH = 6.91 Se avessimo considerato solo lequilibrio dellacido saremmo arrivati al risultato palesemente assurdo di un pH basico (pH = - log 7,0711 10-8 = 7.15) Lequazione 3) ci permette di calcolare in modo esatto la concentrazione di ioni H + generata dallacido debole e di sommarla successivamente agli ioni H+ prodotti dallacqua per ottenere la concentrazione totale degli ioni H+. E tuttavia possibile ricavare unequazione che fornisca direttamente la concentrazione totale degli ioni H+. Per trovarla riconsideriamo i due equilibri che dobbiamo analizzare e che si disturbano reciprocamente, quello dellacido debole e quello dellacqua. HA H2O H+ + A H+
+ OH
3) [HA]
4) [A ]
Dobbiamo pertanto scrivere 4 equazioni indipendenti nelle 4 incognite. La prima e la seconda equazione si ricavano dalle relazioni di equilibrio rispettivamente dellacido e dellacqua H + Aka = a) [HA]
[ ][ ]
b)
k w = H + OH -
[ ][
la terza si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale alla somma di tutte le cariche negative) c)
[H ] = [A ] + [OH ]
+ -
la quarta si ricava infine dal bilancio di massa (il numero iniziale C di molecole dellacido deve essere uguale alla somma delle molecole di acido indissociato HA e delle molecole di acido dissociato A allequilibrio) d) C = A - + [HA] Ricaviamo ora [HA] = C - A - dalla relazione d) e sostituiamo nella relazione a)
[ ]
[ ]
-
e)
ka =
[ ] [ ] [
[H ] [A ] = [H ] [A ] [HA] C - [A ]
+ + + + -
Si ricava infine OH - =
4)
[H ]
+ 3
+ ka H +
[ ]
- (k a C + k w ) H + - k a k w = 0
[ ]
unequazione di terzo grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione totale di ioni H+ per una soluzione qualsiasi di un acido debole. evidente che risolvere unequazione di terzo grado non affatto una prospettiva allettante. Vediamo allora se possibile sostituirla con metodi risolutivi pi semplici, anche se, ovviamente, approssimati. Consideriamo i casi in cui non applicabile il metodo semplificato e dunque in cui Cka < 10-12 e
C < 102 ka
Consideriamo lequazione risolutiva esatta di terzo grado (equazione 4) e dividiamola per la concentrazione degli ioni H+, ottenendo k k 2 5) H + + k a H + - k a C - k w - a +w = 0 H k k Verifichiamo ora come, nelle condizioni considerate (Ka 10-7), i termini K a H + e a +w risultino H entrambi pi piccoli e quindi trascurabile rispetto al termine Kw. Ka Infatti, essendo la soluzione acida, si avr [H+] > 10-7 ed essendo Ka 10-7 quindi < 1 dunque H+ kakw < kw H+ Inoltre, essendo CKa 10-12, la concentrazione degli ioni H+ deve essere non molto diversa da 10-7 per cui K a H + ka 10-7 < 10-14 che ci che volevamo verificare. k k Possiamo dunque trascurare i termini K a H + e a +w e lequazione 5) pu quindi essere ridotta di H grado. diventando
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
[ ]
+ 2
[ ]
[H ]
6)
- K aC - K w = 0
[H ] =
+
K aC + K w
Proviamo ad applicare tale formula risolutiva allesempio precedente: una soluzione 0.5 M di un acido debole con Ka = 10-14, che avevamo risolto utilizzando lequazione di terzo grado ottenendo
pH = 6.91
In questo caso il prodotto CKa = 0.5 10-14 inferiore a 10-12 Ci significa che gli ioni H+ generati dallacqua non sono trascurabili rispetto a quelli prodotti dallacido e non possiamo pertanto utilizzare la relazione semplificata x = H + = K a C (la quale fornirebbe [H+] = 7.07 10-8 M ed un pH = 7.15,
[ ]
[H ] =
+
pH = 6.91
Il medesimo risultato ottenuto con lequazione di terzo grado!!! Non male. Caso 2) Acidi deboli molto diluiti Ka > 10-7 e C 10-7
Per acidi cos diluiti il grado di dissociazione risulta molto elevato. Se Ka > 10-7 e C 10-7 il rapporto C/ka risulta essere infatti inferiore allunit ed il grado di dissociazione superiore al 70%. In queste condizioni lacido, pur rimanendo un acido debole, pu essere trattato come un acido forte completamente dissociato. Possiamo cio calcolare come si comporta lequilibrio dellacqua in presenza di C ioni H+ prodotti dallacido debole completamente dissociato HA CC H2O 55,55 x H+ + A +C +C H+ + OH x+C x
[H ] =
+
C 2 + 4K w + C 2
3) Acidi deboli che non ricadono nei casi precedenti Ka > 10-7 e C > 10-7 (e C/ka < 102 ) Consideriamo il caso di un acido debole che non ricada nei casi precedenti (per i quali abbiamo gi individuato una formula risolutiva semplificata). Consideriamo ancora lequazione risolutiva esatta di terzo grado (equazione 4) divisa per la concentrazione degli ioni H+
[H ]
+ 2
+ ka H + - kaC - kw - ka
[ ]
[ ]
kw =0 H+ Ka
possibile verificare come, nelle condizioni considerate il termine quindi trascurabile rispetto al termine kaC. Essendo infatti la soluzione acida, si avr [H+] > 10-7 , quindi
[ ]
Kw H+
risulti pi piccolo e
[ ]
Kw < 10 -7 + H
Dunque, poich per ipotesi C > 10-7 , allora disuguaglianza per ka, otteniamo
C>
[ ]
kw H+
kaC > ka
[ ]
che quanto volevamo verificare Lequazione pu quindi essere ridotta di grado. diventando
[H ]
+ 2
+ ka H + - kaC - kw = 0
[ ]
[H ] =
+
k a + 4(k a C + k w ) - k a
2
Possiamo dunque utilizzare 4 formule risolutive approssimate che si applicano in condizioni diverse di concentrazione (C) e di forza (ka) dellacido. Nello schema seguente vengono riportate le 4 formule risolutive per il calcolo della concentrazione degli ioni H+ in funzione di C e ka.
Riportiamo infine una tabella con alcuni valori di pH calcolati con le relazioni semplificate, confrontati con i valori esatti. In ogni casella presente il vaore esatto (in nero sopra) ed il valore approssimato (in colore sotto)
pH 1 C O N C E N T R A Z I O N E mol/ L 10 10 10 10 10 10 10 10 10
-1 -2 -3 -4 -5 -6 -7 -8 -9
10 1,02 1.00 1.57 1.57 2.21 2.21 3.04 3.04 4.00 4.00 5.00 5.00 6.00 6.00 6.79 6.79 6.98 6.98 7.00 7.00
-2
10 1.51 1.50 2.02 2.00 2.57 2.57 3.21 3.21 4.04 4.04 5.00 5.00 6.00 6.00 6.79 6.79 6.98 6.98 7.00 7.00
-3
10 2.00 2.00 2.51 2.50 3.02 3.00 3.57 3.57 4.21 4.21 5.04 5.04 6.00 6.00 6.79 6.79 6.98 6.98 7.00 7.00
-4
10 2.50 2.50 3.00 300 3.51 3.50 4.02 4.00 4.57 4.57 5.21 5.21 6.03 6.04 6.79 6.79 6.98 6.98 7.00 7.00
-5
10 3.00 3.00 3.50 3.50 4.00 4.00 4.51 4.50 5.02 5.00 5.57 5.57 6.20 6.21 6.82 6.79 6.98 6.98 7.00 7.00
Costante di dissociazione acida - Ka -11 -12 -6 -7 -8 -9 -10 10 10 10 10 10 10 3.50 4.00 4.50 5.00 5.50 6.00 3.50 4.00 4.50 5.00 5.50 6.00 4.00 4.50 5.00 5.50 6.00 6.48 4.50 4.50 5.00 5.50 6.00 6.48 4.50 5.00 5.50 6.00 6.48 6.85 4.50 5.00 5.50 6.00 6.48 6.85 5.00 5.50 6.00 6.48 6.85 6.98 5.00 5.50 6.00 6.48 6.85 6.98 5.51 6.00 6.48 6.85 6.98 7.00 5.50 6.00 6.48 6.85 6.98 7.00 6.02 6.49 6.85 6.98 7.00 7.00 6.00 6.49 6.85 6.98 7.00 7.00 6.54 6.86 6.98 7.00 7.00 7.00 6.54 6.86 6.98 7.00 7.00 7.00 6.90 6.98 7.00 7.00 7.00 7.00 6.85 6.98 7.00 7.00 7.00 7.00 6.99 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 6.99 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00
10 6.48 6.48 6.85 6.85 6.98 6.98 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00
-13
10 6.85 6.85 6.98 6.98 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00
-14
10 6.98 6.98 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00
-15
10 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00 7.00
-16
Riassumendo Per calcolare la concentrazione degli ioni H+ di una soluzione di un acido debole monoprotico possibile utilizzare una delle quattro seguenti formule semplificate in relazione ai valori che assumono la concentrazione C e la costante di dissociazione acida ka.
16.3.6 pH in soluzioni di acidi e basi deboli poliprotici Il calcolo del pH di acidi e basi deboli poliprotici, implicando pi equilibri di dissociazione, ognuno caratterizzato da una propria costante di equilibrio, risulta essere pi complesso. In generale infatti necessario risolvere sistemi di pi equazioni.
Molto spesso accade per che le costanti di dissociazione successive alla prima presentino valori molto minori. In tal caso possibile dimostrare che la concentrazione di equilibrio degli ioni H+ dipende in pratica solo dal primo equilibrio. Inoltre i calcoli per la determinazione di tutte le concentrazioni di equilibrio possono venire notevolmente semplificati considerando ciascun equilibrio di dissociazione separatamente ed in modo indipendente dagli altri. Per esemplificare quanto affermato calcoliamo il pH di una soluzione 0,5 M di acido solforoso,
-2 sapendo che la costante di prima dissociazione k a( I ) = 10 , mentre la costante di seconda -7 dissociazione vale k a( II ) = 2,6 10 .
Per risolvere correttamente il problema necessario considerare contemporaneamente i due equilibri in quanto gli ioni H+ prodotti dalla prima dissociazione tendono a spostare verso sinistra il secondo equilibrio e viceversa. Chiamando x il numero di mol/L di acido solforoso che si dissociano nel primo equilibrio e y il numero di mol/L di HSO3- che si dissociano nel secondo equilibrio, avremo per il primo equilibrio
Specie
Concentrazioni iniziali
Concentrazioni all'equilibrio
H2SO3 H+ HSO3-
0,5 0 0
Infatti alle x mol/L di ioni H+ prodotti dal primo equilibrio necessario aggiungere le y mol/L di ioni H+ prodotti dal secondo equilibrio, mentre alle x mol/L di anioni HSO3- prodotti dal primo equilibrio necessario togliere le y mol/L che si dissociano nel secondo equilibrio. per il secondo equilibrio
Specie Concentrazioni iniziali Concentrazioni all'equilibrio
HSO3H+ SO32-
0 0 0
x-y x+y y
Sarebbe quindi necessario risolvere il seguente sistema di equazioni, che garantisce che entrambe le condizioni di equilibrio siano contemporaneamente soddisfatte.
K a( I ) =
[H ] [HSO ] = (x + y ) (x - y )
+ -
[H 2 SO3 ]
+
0,5 - x
x- y La risoluzione risulta per lunga e laboriosa, generando tra l'altro un'equazione di grado superiore al secondo. Nel caso si tenga conto anche dellequilibrio di dissociazione dellacqua la formula risolutiva esatta
3
K a( II )
[H ] [SO ] = (x + y ) y =
2-
[HSO ]
3 -
con x = [H+] mentre, se si trascura lequilibrio di dissociazione dellacqua, lequazione si abbassa di un grado e si ha x 3 + k1 x 2 + (k1 k 2 - k1C )x - 2k1k 2 C = 0 In questo caso possiamo comunque risolvere il problema in modo approssimato poich la costante di seconda dissociazione risulta essere di ben 5 ordini di grandezza inferiore della costante di prima dissociazione e possiamo quindi ragionevolmente ritenere che gli ioni H+ prodotti dal secondo equilibrio siano trascurabili rispetto a quelli prodotti dal primo. E' possibile quindi considerare il primo equilibrio di dissociazione prevalente e procedere alla soluzione separata dei due equilibri. Prendiamo dunque in considerazione il primo equilibrio come se non fosse presente il secondo
K a( I )
[H ] [HSO ] = =
+ -
[H 2 SO3 ]
x2 = 10 - 2 0,5 - x
La soluzione dell'equazione di 2 grado ci fornisce il seguente valore x = [H+]I = [HSO3-] = 6,59.10-2 Dove [H+]I rappresenta la concentrazione di ioni H+ prodotti dalla prima dissociazione. Utilizziamo ora la concentrazione di HSO3- trovata, come concentrazione iniziale per la seconda dissociazione e teniamo conto in questo caso che gli ioni H+ provenienti dalla prima dissociazione spostano l'equilibrio verso sinistra
K a( II )
[H ] [SO ] = (6,59 10 =
+ 2-
[HSO ]
3 3
+ y ) y = 2,6 10 -7 6,59 10 - y
-2 -2
Essendo la ka estremamente piccola y avr un valore che potr essere tranquillamente trascurato sia nella somma a numeratore che nella differenza a denominatore. Otteniamo in tal modo il seguente risultato y = [H+]II = [SO32-] = 2,6.10-7 Come si pu notare la concentrazione di ioni H+ provenienti dalla seconda dissociazione talmente bassa che, anche se sommata alla concentrazione degli ioni H+ proveniente dalla prima dissociazione non ne modifica il valore
[H+]tot = [H+]I + [H+] II = x + y = 6,59.10-2 + 2,6.10-7 = 6,59.10-2 Possiamo inoltre verificare che gli ioni H+ provenienti dalla seconda dissociazione sono in concentrazione talmente esigua da giustificare la trattazione separata del primo equilibrio. La loro presenza in soluzione sposta infatti l'equilibrio di prima dissociazione verso sinistra di una quantit assolutamente trascurabile. In generale possibile trattare gli equilibri separatamente, senza commettere grossi errori, quando le costanti di dissociazione differiscono di almeno 3 - 4 ordini di grandezza. Naturalmente quando si considerano separatamente i due equilibri valgono tutte le considerazioni fatte per gli acidi deboli monoprotici. Sar dunque necessario scegliere la formula risolutiva semplificata pi appropriata in relazione ai valori della concentrazione C e della costante di prima dissociazione acida ka1.
Esempio -10 -12 -5 Calcoliamo [H+] di una soluzione 10-1 M di acido metasilicico H2SiO3 (ka1 = 2 10 , ka2 =1 10 ) e di una soluzione 10 M del medesimo acido. Consideriamo solo lequilibrio di prima dissociazione e verifichiamo le condizioni di applicabilit delle formule semplificate per gli acidi deboli monoprotici. Per la soluzione 10-1 M il prodotto CKa1 = 2 10-11 > 10-12 dunque applicare la prima formula semplificata ed il rapporto
C K a1
. Possiamo
[H ] =
+
Per la soluzione 10-5 M il prodotto CKa1 = 2 10-15 < 10-12 semplificata semplificata
[H ] =
+
K aC .
[H ] =
+
16.4 Indicatori di pH
Il pH di una soluzione viene normalmente misurato tramite uno strumento detto piaccametro. Per ottenere una indicazione qualitativa del pH di una soluzione si usano particolari sostanze chimiche dette indicatori. Un indicatore generalmente costituito da un acido o da una base debole che assume un colore diverso in relazione al pH della soluzione. Il valore del pH in corrispondenza del quale un indicatore cambia colore detto pH di viraggio. Usando un indicatore unico non quindi possibile sapere qual il pH di una soluzione, ma solo se la soluzione presenta un pH superiore o inferiore al pH di viraggio di quell'indicatore. Per conoscere il valore approssimato del pH di una soluzione necessario utilizzare una striscia di carta impregnata con pi indicatori (indicatore universale), che assume diversi colori a seconda del pH.
Se indichiamo con HIn un generico indicatore costituito da un acido debole, il suo equilibrio di dissociazione sar HIn H+ + In-
La capacit dell'indicatore di assumere due diversi colori legata al fatto che la forma indissociata HIn presenta un colore diverso dell'anione In-. L'equilibrio dell'indicatore si sposta per il principio di Le Chatelier verso destra o verso sinistra, facendo prevalere una delle due forme colorate sull'altra, a seconda che esso si trovi in presenza di una soluzione basica o acida. Infatti se aumentiamo la [H+] l'equilibrio dell'indicatore tende a spostarsi verso sinistra e prevale HIn, mentre se diminuiamo la [H+] l'equilibrio si sposta verso destra e prevale In-. Cos se l'indicatore viene posto in una soluzione acida, parte degli ioni H+ presenti in soluzione reagiscono con gli ioni In- per ridare la forma indissociata HIn e l'equilibrio dell'indicatore si sposta verso sinistra. Mentre se l'indicatore viene posto in una soluzione basica, parte degli ioni OH- presenti in soluzione si associano con gli ioni H+ provenienti dalla dissociazione dell'indicatore per formare H2O indissociata (l'equilibrio di dissociazione dell'acqua infatti molto spostato verso sinistra) . La diminuzione degli ioni H+ costringe l'indicatore a dissociarsi ulteriormente ed il suo equilibrio si sposta verso destra. Naturalmente il punto di viraggio viene raggiunto quando la concentrazione della specie indissociata HIn eguaglia la concentrazione dell'anione In-. punto di viraggio [HIn] = [In-]
Il pH di viraggio facilmente determinabile conoscendo il valore della costante di dissociazione dell'indicatore, infatti
k In
da cui
[H ] [In ] =
+ -
[HIn]
[ H + ] = k In
[HIn ]
[ In - ]
allora e quindi
[HIn] = 1
[In - ]
[H ] = k
+
In
passando infine ai logaritmi, si dimostra che il pH di viraggio uguale al logaritmo negativo della costante di dissociazione dell'indicatore o pK
pH = - log10 H + = - log10 H + = pK In
Naturalmente se lindicatore una base debole sar
[ ]
[ ]
In
[OH ] = k
-
pH = 14 - pK In
In realt ciascun indicatore vira (cambia colore) in corrispondenza di un intervallo di pH necessario affinch l'occhio possa apprezzare il cambiamento di colore. Locchio umano riesce infatti ad apprezzare il colore quando le due concentrazioni variano almeno di 10 volte. Ad esempio per un generico indicatore acido HIn, il colore A predomina quando il rapporto [In]/[HIn] < 1/10 ed il colore B quando [In]/[HIn] > 10 Lintervallo di pH di viraggio di un indicatore sar dunque pari a pkind 1. Supponendo ad esempio di impiegare un indicatore acido con ka= 10-5, il viraggio del colore verr apprezzato quando il pH varia tra 6 e 4 (intervallo di viraggio dellindicatore). Infatti quando [HIn] = 10 [In] si avr
Indicatore Blu timolo Blu bromofenolo Metilarancio Rosso congo Verde di bromocresolo Rosso di metile Bromocresolo porpora Blu di bromotimolo Rosso fenolo Cresolo porpora Fenolftaleina Timoftaleina Giallo di alizarina
Intervallo di Viraggio (pH) 1,2 2,8 8,0 9,6 3,0 4,6 3,1 4,4 3,0 5,0 3,9 5,6 4,4 6,3 5,2 6,8 6,2 7,6 6,4 8,0 7,6 9,2 8,0 9,9 9,3 10,6 10,1 12,0
Colore Forma acida Forma basica Rosso Giallo Giallo Blu Giallo Blu Rosso Giallo-rame Blu Rosso Giallo Blu Rosso Giallo Giallo Porpora Giallo Blu Giallo-arancio Rosso Giallo Rosso-porpora Incolore Rosso Incolore Blu Incolore Violetto
Non tutte le soluzioni saline sono neutre. Si osserva infatti sperimentalmente che alcune soluzioni saline sono neutre, alcune basiche ed altre ancora acide. Tale fenomeno legato alla possibilit che alcuni ioni provenienti dalla dissociazione del sale reagiscano con l'acqua per ridare parzialmente l'acido o la base da cui derivato il sale.
Tale reazione detta di idrolisi salina e per questo motivo a volte l'idrolisi salina viene considerata come una reazione inversa della reazione di salificazione. Naturalmente si distingue un'idrolisi neutra, un'idrolisi basica ed un'idrolisi acida in relazione al pH della soluzione salina. 16.5.1 Idrolisi basica (sale derivato da base forte ed acido debole) Si produce un'idrolisi basica quando viene sciolto in acqua un sale il cui anione deriva da un acido debole, mentre il catione metallico deriva da una base forte. Prendiamo ad esempio l'ipoclorito di sodio NaClO, che deriva dall'acido ipocloroso HClO (acido debole con ka piccola) e dall'idrossido di sodio NaOH (base forte con kb elevata). In soluzione acquosa l'ipoclorito , come la maggior parte dei sali, completamente dissociato in ioni Na+ e ioni ClONaClO Na+ + ClOE' necessario ora analizzare in che modo tali ioni interferiscano con l'equilibrio di dissociazione dell'acqua H+ + OHH2O Ora, mentre lo ione Na+ non ha alcuna tendenza a riassociarsi con l'anione OH- per dare l'idrossido di sodio indissociato, poich NaOH una base forte ed il suo equilibrio di dissociazione completamente spostato verso destra; NaOH Na+ + OHl'anione ClO- presenta una grande tendenza a riassociarsi con gli ioni H+ prodotti dalla dissociazione dell'acqua per ridare l'acido ipocloroso, il cui equilibrio di dissociazione invece fortemente spostato verso sinistra H+ + ClO- HClO Poich dunque lo ione ipoclorito ruba ioni H+ all'equilibrio di dissociazione dell'acqua, quest'ultima, per il principio di Le Chatelier, sposta il suo equilibrio verso destra producendo altri ioni H+ e naturalmente altrettanti ioni OH-. Naturalmente all'equilibrio, poich gli ioni H+ vengono assorbiti dall'acido ipocloroso che si riassocia, in soluzione rimarr un eccesso di ioni OH-. Per calcolare il pH di tali soluzioni sarebbe necessario considerare congiuntamente i due equilibri che interferiscono, quello dell'acqua e quello dell'acido debole, in modo da soddisfare contemporaneamente le relative equazioni di equilibrio. Se indichiamo con y = la quantit di acqua che si dissocia liberando y mol/L di ioni OH- e y mol/L di ioni H+ x = la quantit di anione ipoclorito che si riassocia rubando x mol/L di ioni H+ per formare x mol/L di acido indissociato C = concentrazione iniziale del sale = concentrazione iniziale dell'anione ipoclorito
k w = H + OH - = ( y - x ) y
[ ][
ka
[H ] [ClO ] = ( y - x ) (C - x ) =
+ -
[ HClO]
Le due equazioni formano un sistema che richiede la soluzione di un'equazione di grado superiore al secondo.
Soluzione esatta Per calcolare il pH di tale soluzione sarebbe necessario tener conto simultaneamente dei seguenti due equilibri 1) H2O H
+ +
+ OH +
ClO
2) [OH ]
3) [HClO]
4) [ClO ]
Dobbiamo pertanto scrivere 4 equazioni indipendenti nelle 4 incognite. Le prime due equazione si ricavano dalle equazioni di equilibrio rispettivamente dellacido e dellacqua
Ka =
[H ] [ClO ]
+ -
[HClO]
K w = H + OH -
[ ][
]
-
la terza si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale alla somma di tutte le cariche negative)
[H ] + C = [ClO ] + [OH ]
+ -
la quarta si ricavano infine dal bilancio di massa. Ricordando che il sale completamente + dissociato in C mol/L di ipoclorito ClO e C mol/L di ioni sodio Na , dopo lidrolisi la somma dellacido indissociato che si forma e dellanione residuo allequilibrio dovr essere pari alla concentrazione iniziale C e potremo quindi scrivere
C = ClO - + [HClO ]
x 3 + (k a + C )x 2 - k w x - k w k a = 0
con x = [H ] unequazione di terzo grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione + totale di ioni H per una soluzione di un sale formato da un acido debole ed una base forte.
Quando la concentrazione iniziale del sale sufficientemente elevata, possibile evitare di ricorrere alla soluzione esatta del problema, introducendo alcune semplificazioni nella trattazione. Si ipotizza cio che l'equilibrio dell'acido si sposti verso sinistra in misura pari allo spostamento verso destra dell'equilibrio dell'acqua. In altre parole per ogni molecola di acido che si forma dalla unione di un anione ClO- con un H+, una molecola d'acqua si dissoci per ridare lo ione H+ e uno ione OH-. In questo modo si devono formare all'equilibrio tante molecole di HClO quanti ioni OH-. In effetti ci rappresenta solo una approssimazione in quanto in questo modo la concentrazione degli ioni H+ rimarrebbe inalterata, pari a 10-7, mentre la concentrazione degli ioni OH- crescerebbe ed il loro prodotto non soddisferebbe pi la kw. In realt parte degli ioni OH- si legano con gli ioni H+ in modo da soddisfare il prodotto ionico dell'acqua. La concentrazione di equilibrio degli ioni OH- risulta pertanto leggermente inferiore di quella calcolata tenendo conto solamente della riassociazione dell'acido.
L'entit di tale processo comunque minima e non influisce sulla concentrazione degli ioni OH- la quale determinata essenzialmente dall'equilibrio dell'acido che si riassocia. Diviene necessario tener conto anche dell'equilibrio dell'acqua solo quando il sale molto diluito. La reazione semplificata che si ipotizza avvenga detta reazione di idrolisi ed la seguente ClO- + H2O HClO + OH-
E' facile verificare che la sua costante di equilibrio, detta costante di idrolisi o kh, vale
Kh
Tale relazione mette in evidenza come l'equilibrio di idrolisi basica tanto pi spostato verso destra quanto pi l'acido debole (maggiore tendenza ad associarsi liberando ioni OH-). Di conseguenza la soluzione risulter essere tanto pi basica quanto pi piccolo il valore della ka (e pi elevato il valore della kh). Per risolvere i problemi relativi agli equilibri di idrolisi si possono usare le stesse formule semplificate utilizzate per acidi e basi deboli monoprotici.
Esempio 1 Calcoliamo il pH di una soluzione 0,3 M di nitrito di potassio, sapendo che la ka dell'acido nitroso pari 4,6.10-4 e di una soluzione 10-4 M del medesimo sale. Il nitrito di potassio si dissocia completamente in 0,3 mol/L di ioni K+ e 0,3 mol/L di ioni NO2-. KNO2 K+ + NO2 -
L'anione nitrito tende a riassociarsi con gli ioni H+ provenienti dall'acqua producendo il seguente equilibrio di idrolisi NO2- + H2O Calcoliamo la costante dell'equilibrio di idrolisi HNO2 + OH-
Indichiamo con x la quantit di NO2- che si riassocia per dare x mol/L di HNO2, mentre vengono contemporaneamente liberate x mol/Ldi ioni OH-, iniziale d'equilibrio
[HNO2] [OH-]
[NO2-]
0,3 0 0
0,3 - x x x
K h = 2,17 10
risolvendo l'equazione otteniamo x = [OH-]= [HNO2] = 2,55.10-6 mol/L [H+] = kw/ [OH-] = 3,92.10-9 mol/L
-11
[HNO2 ] [OH - ] = =
[ NO2 ]
-
x2 0,3 - x
pH = 8,4
Si noti come anche in questo caso sia possibile ricorrere ad una soluzione semplificata in quanto la concentrazione iniziale del sale sufficientemente elevata e la kh sufficientemente piccola da far ritenere che la quantit di ioni H+ che si riassocia sia trascurabile rispetto alla concentrazione dell'anione. Se dunque trascuriamo la x nella differenza a denominatore, possiamo usare la seguente relazione semplificata
[OH ] =
-
dove Csale la concentrazione iniziale del sale. Il prodotto (khC) vale 6.5 10-12 ed essendo maggiore di 10-12 ci permette di usare la prima formula semplificata per il calcolo del pH Nel caso della soluzione 10-4 M invece, il prodotto khC = 2.17 10-11 10-4 = 6.5 10-15 < 10-12 e non possiamo quindi usare la formula semplificata
k C . k C + kw
Poich kh = 2.17 10-11 < 10-7 possiamo usare la seconda formula semplificata
[OH ] =
-
Esempio 2 Calcoliamo il pH di una soluzione 3 10-2 M di carbonato di sodio Na2CO3, sapendo che le costanti di prima e seconda dissociazione acida dellacido carbonico valgono rispettivamente ka1 = 4,3 10-7 e ka2 = 5,6.10-11 e di una soluzione 10-4 M del medesimo sale. Il carbonato di sodio si dissocia completamente in 6 10-2 di ioni Na+ e 3 10-2 mol/L di ioni CO32Na2CO3 2Na+ + CO32-
L'anione carbonato tende a riassociarsi con gli ioni H+ provenienti dall'acqua producendo il seguente equilibrio di idrolisi HCO3- + OHCO32- + H2O la costante dell'equilibrio di idrolisi
k h1 =
A sua volta l'anione bicarbonato HCO3- tende a riassociarsi con gli ioni H+ provenienti dall'acqua producendo un secondo equilibrio di idrolisi basica la cui costante di idrolisi vale HCO3- + H2O
kh2
La prima costante di idrolisi ha un valore di circa quattro ordini di grandezza superiore alla seconda (kh1 >> kh2). Possiamo dunque trascurare il secondo equilibrio di idrolisi e trattare il primo come un equilibrio di dissociazione di una base debole al quale applicheremo la formula risolutiva semplificata pi opportuna. Soluzione 3 10-2 M Poich il rapporto C / kh1 = 3 10-2 / 1,79 10-4 = 1.7 102 > 102 ed il prodotto C kh1 3 10-2 1,79 10-4 = 5.4 10-6 > 10-12 possiamo usare la formula semplificata
k C .
[OH ] =
-
Soluzione 10-4 M Poich in questo caso il rapporto C / kh1 = 10-4 / 1,79 10-4 = 0,56 < 102 non possiamo usare la formula semplificata
[OH ] =
-
k h1 + 4(k h1C + k w ) - k h1
2
(1,79 10 )
-4 2
16.5.2 Idrolisi acida a) sale derivato da acido forte e base debole Si produce un'idrolisi acida quando viene sciolto in acqua un sale il cui anione deriva da un acido forte, mentre il catione deriva da una base debole. Prendiamo ad esempio il cloruro di ammonio NH4Cl che deriva dall'acido cloridrico HCl (acido forte con ka elevata) e dall'idrossido di ammonio NH4OH (base debole con kb bassa). In soluzione acquosa il cloruro di ammonio , come la maggior parte dei sali, completamente dissociato in ioni NH4+ e ioni ClNH4Cl NH4+ + ClE' necessario ora analizzare in che modo tali ioni interferiscano con l'equilibrio di dissociazione dell'acqua. Mentre lo ione cloruro Cl- , derivando da un acido forte, non ha alcuna tendenza a riassociarsi con gli ioni H+, lo ione ammonio NH4+ tende a rubare ioni OH- per ridare la base debole NH4OH. Come al solito, per determinare le concentrazioni di equilibrio delle specie chimiche sarebbe necessario tener conto simultaneamente dei due equilibri che interferiscono: quello di dissociazione dell'acqua e quello di dissociazione della base debole H2O H+ + OH-
NH4OH NH4+ + OHLe due equazioni formano un sistema che richiede la soluzione di un'equazione di grado superiore al secondo.
Soluzione esatta Nei 2 equilibri compaiono le seguenti 4 incognite. + 1) [H ] 2) [OH ]
3) [NH4OH]
4) [NH4 ]
Dobbiamo pertanto scrivere 4 equazioni indipendenti nelle 4 incognite. Le prime due equazione si ricavano dalle equazioni di equilibrio rispettivamente dellacido e dellacqua
Kb =
[NH ] [OH ]
+ -
[NH 4 OH ]
K w = H + OH -
[ ][
la terza si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale
[H ] + [NH ] = C + [OH ]
+ + 4
la quarta si ricava infine dal bilancio di massa. Ricordando che il sale completamente dissociato in C + mol/L di ipoclorito Cl e C mol/L di ioni ammonio NH4 , dopo lidrolisi la somma dellidrossido di ammonio indissociato che si forma e dello ione ammonio residuo allequilibrio dovr essere pari alla concentrazione iniziale C e potremo quindi scrivere
C = NH 4 + [NH 4 OH ]
+
k b x 3 + k w x 2 - k w (C + k b )x - (k w ) = 0
2
con x = [H ] unequazione di terzo grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione totale di ioni + H per una soluzione di un sale formato da un acido forte ed una base debole.
Se la concentrazione iniziale del sale sufficientemente elevata comunque possibile, come per l'idrolisi basica, ricorrere ad una descrizione semplificata del fenomeno, scrivendo il seguente equilibrio di idrolisi NH4+ + H2O la cui costante di equilibrio vale naturalmente NH4OH + H+
k w [NH 4 OH ] H + kh = = + kb [ NH 4 ]
[ ]
Tale relazione mette in evidenza come l'equilibrio di idrolisi acida tanto pi spostato verso destra quanto pi la base debole (maggiore tendenza ad associarsi liberando ioni H+). Di conseguenza la soluzione risulter essere tanto pi acida quanto pi piccolo il valore della kb (e pi elevato il valore della kh).
Esempio Calcoliamo il pH di una soluzione 0,5 M di cloruro di ammonio, sapendo che la k b dell'ammoniaca pari 1,8.10-5. Il cloruro di ammonio si dissocia completamente in 0,5 mol/L di ioni NH4+ e 0,5 mol/L di ioni Cl-. NH4Cl NH4+ + ClCome abbiamo visto, lo ione ammonio tende a riassociarsi con gli ioni OH- provenienti dall'acqua producendo il seguente equilibrio di idrolisi NH4+ Calcoliamo la costante dell'equilibrio di idrolisi + H2O NH4OH + H+
iniziale
d'equilibrio
[NH4OH] [H+]
[NH4+]
0,5 0 0
0,5 - x x x
K h = 5,56 10
risolvendo l'equazione otteniamo x = [H+]= [NH4OH] = 1,67.10-5 mol/L pH = 4,8
-10
[NH 4OH ] [H + ] = =
[ NH 4 ]
+
x2 0,5 - x
(lequazione di terzo grado fornisce [H+] = 1,67.10-5 mol/L) Si noti come anche in questo caso fosse possibile ricorrere ad una soluzione semplificata in quanto la concentrazione iniziale del sale sufficientemente elevata e la kh sufficientemente piccola da far ritenere che la quantit di ioni OH- che si riassocia sia trascurabile rispetto alla concentrazione iniziale dello ione ammonio. Il prodotto khC = 5.56 10-10 0,3 = 1.7 10-10 ed essendo maggiore di 10-12 ci permette di usare la prima formula semplificata per il calcolo del pH Se dunque trascuriamo la x nella differenza a denominatore, possiamo usare la seguente relazione semplificata
[H ] =
+
16.5.3 Idrolisi acida di un catione metallico I cationi dei metalli (in modo particolare i metalli di transizione) formano in soluzione degli ioni idratati (composti di coordinazione) che si comportano come acidi. Le soluzioni di tali sali sono tutte pi o meno acide ed il processo che avviene analogo a quello descritto per l'idrolisi acida. In tal caso per il valore della costante di idrolisi viene espresso come ka dello ione idratato (acquoione). Ad esempio le soluzioni di cloruro ferrico FeCl 3 sono molto acide. Potremmo descrivere il fenomeno dicendo che mentre lo ione cloruro Cl- non si riassocia per dare l'acido cloridrico forte, lo ione ferrico Fe3+ da luogo al seguente equilibrio di idrolisi Fe3+ + H2O FeOH2+ + H+ Tale reazione viene per comunemente indicata come dissociazione acida dello ione ferrico e la costante di reazione nota come ka e non come kh.
ka
[FeOH ] [H ] =
2+ +
[Fe3+ ]
In realt la reazione reale non coinvolge lo ione ferrico, ma lo ione idratato (ione esaacquoferro(III)) e questo vale per la maggior parte dei cationi metallici con propriet acide. Fe(H2O)63+ [Fe(OH)(H2O)5]2+ + H+
Lo ione complesso esaacquoferrico si comporta come un acido dissociandosi in uno ione H + e in uno ione complesso pentaacquo-idrosso-ferrico, responsabile quest'ultimo della comune colorazione verdegiallastro delle soluzioni dei sali ferrici (lo ione esaacquoferrico ha una colorazione porpora chiaro). I due equilibri precedenti sono comunque equivalenti.
Esempio Calcoliamo la concentrazione di ioni H+ in una soluzione 10-3 M di FeCl3 (ka = 6,3 10-3) ed in una soluzione 10-7 M del medesimo sale. Fe3+ + H2O FeOH2+ + H+ Trattiamo lequilibrio di idrolisi acida come un normale equilibrio di dissociazione di un acido debole ed individuiamo la formula semplificata da applicare alla soluzione 10-3 M. Poich C/ka = 10-3 / 6.3 10-3 = 0.16 < 102 e C = 10-3 > 10-7 utilizziamo la relazione
[H ] =
+
k a + 4(k a C + k w ) - k a
2
(6,3 10 )
-3 2
Individuiamo ora la formula semplificata da applicare alla soluzione 10-7 M. Poich C = 10-7 10-7 e ka = 6,3 10-3 >10-7 utilizziamo la relazione
[H ] =
+
C 2 + 4K w + C 2
(10 )
-7 2
* * * * * * * * * * * Le molecole dacqua coordinate ai cationi metallici hanno propriet acide pi spiccate delle molecole dacqua libere di muoversi nella soluzione. Il fenomeno da porre in relazione con lindebolimento del legame O-H delle molecole coordinate a seguito dello spostamento della nube elettronica verso lossigeno, a sua volta causato dalla presenza dellinterazione tra i doppietti elettronici dellossigeno e la carica positiva dello ione metallico. Pi forte linterazione e pi acido il catione metallico. Lintensit dellinterazione dipende principalmente, dalla carica del catione (Z) dal raggio ionico (r) e dallelettronegativit dellelemento considerato. Si osserva che allaumentare della carica e al diminuire del raggio ionico lacidit aumenta. Per cationi con elettronegativit (secondo Pauling) inferiore a 1,5 si trova una proporzionalit diretta tra il valore del pka ed il rapporto Z2/r. Se il raggio ionico viene espresso in picometri si ha pka = 15.14 - 88.16(Z2/r) Inoltre, a parit di Z2/r, i cationi con elettronegativit superiore a 1,5 sono in genere pi acidi. Per essi vale la relazione pKa = 15.14 - 88.16[(Z2/r) + 0. 096(c p-1.50)] con c p = Elettronegativit secondo Pauling In altre parole la coordinazione modifica le propriet acido-base dellacqua. Il legante H2O (pka = 14.0) coordinato agli ioni Ca2+ o Zn2+ modifica il suo valore di pka a 12.8 e 9.5, rispettivamente: [Zn(H2O)6]2+ + H2O [Zn(H2O)5(OH)]+ + H3O+ ka = 3.3 10-10
Questo effetto del tutto generale e, oltre allacqua quale legante, vale per molti altri leganti (tioli, , fenoli, alcoli, acido fosforico e acidi carbossilici).
La carica positiva del catione metallico stabilizza infatti la base coniugata di acidi protici attraverso la coordinazione al centro metallico. Ad esempio lacido acetico in acqua ha pKa = 4.7, ma in presenza dello ione Ni2+ (0.1 M) il pka diventa 4.0 e se lo ione Cu2+ il pka diventa 3.0. La coordinazione dello ione acetato al centro metallico sposta lequilibrio di dissociazione dellacido a destra e lacido acetico diventa un acido pi forte. I cationi metallici possono essere classificati in gruppi a seconda del valore di Z 2/r. Relazione tra il rapporto Z2/r e l acidit dei cationi metallici
Z2/r < 0.01 < 0.01 0.01 0.04 0.01 0.04 0.04 0.10 0.01 0.10 0.10 0.16 0.10 0.16 0.16 0.22 > 0.16 > 0.22
p
<1.5 >1.5 <1.5 >1.5 <1.5 >1.5 <1.5 >1.5 <1.5 >1.5 <1.5
Acidit Non acidi Acidi debolissimi Acidi deboli Acidi moderati Acidi forti Acidi fortissimi
Esempi Maggior parte dei cationi alcalini Tl+ Maggior parte dei cationi alcalino-terrosi Maggior parte dei cationi 2+ del blocco d Tutti i cationi 3+ del blocco f Maggior parte dei cationi 3+ del blocco d Maggior parte dei cationi 4+ del blocco f Maggior parte dei cationi 4+ del bloccod
In relazione alla diversa acidit del catione metallico, lidrolisi pu proseguire oltre la formazione dellidrosso-catione, attraverso una serie di tappe caratteristiche che portano alla formazione di un idrossido (in genere insolubile) e, se il metallo molto acido, di un idrosso-anione ed infine un ossoanione. Ad esempio per lAlluminio si pu avere la seguente progressione Al3+
Catione metallico
+ 6H2O + H2O
Al(H2O)63+
1) 2) 3) 4)
Al(H2O)33+
Acquo-ione
Al(H2O)5(OH)2+
Idrosso-catione
+ + + +
ka = 1,4 10-5
Al(H2O)5(OH)2+
Idrosso-catione
Idrossido (idratato)
Al(H2O)(OH)3
Idrossido
Idrosso-anione
Idrosso-anione
Al(OH)4
Ossoanione
In generale, la forma con cui un catione metallico presente in soluzione dipende dunque dalla sua acidit, ma comunque possibile spostare gli equilibri tramite variazioni di pH. Un catione moderatamente acido come lalluminio (pka = 4,85) non in grado di completare la sequenza, ma ovviamente possibile spostare gli equilibri verso destra aggiungendo ioni OH(aumentando il pH) che rimuovono gli ioni H3O+ (formando acqua) o verso sinistra aggiungendo ioni H+ (diminuendo il pH). I cationi, con un rapporto carica-raggio molto grande Z2/r >> 0.22, non esistono in soluzione acquosa come tali, nemmeno a pH fortemente acido. Sono presenti invece i loro osso-anioni.
Il catione Al3+ inizia a precipitare come idrossido quando il pH > 5, raggiunge un minimo di solubilit per pH = 7 e si ridiscioglie come idrosso-anione e osso-anione per pH > 12.
Si tratta di un comportamento caratteristico degli idrossidi anfoteri insolubili, i quali ridiventano solubili sia quando si abbassa il pH, comportandosi come basi, che quando si alza il pH, comportandosi come acidi.
Idrossido insolubile
Al(OH)3(s)
+ +
3H3O+ + 3H2O OH
Al(H2O)33+
Idrossido insolubile
Al(OH)3(s)
Idrosso-anione solubile
Al(OH)4
(comportamento acido)
16.5.4 Lidrolisi come reazione acido-base di Brnsted Come avremo modo di vedere successivamente, le reazioni di idrolisi possono essere descritte come reazioni acido-base secondo la teoria di Brnsted-Lowry. Un acido di Brnsted una sostanza in grado di cedere ioni H+ (protoni) Una base di Brnsted una sostanza in grado di acquistare ioni H+ (protoni)
Secondo la teoria di Brnsted e Lowry una reazione acido-base consiste dunque nel trasferimento di un protone da un acido ad una base.
H-A
acido
:B
base
:A-
H-B+
Ogni acido di Brnsted, cedendo uno ione H+, genera una specie chimica che pu rilegarsi ad esso. La specie generata detta base coniugata dell'acido. Ogni base di Brnsted, acquistando uno ione H+, genera una specie chimica che pu rilasciarloLa specie generata detta acido coniugato della base.
Nella reazione precedente sono presenti le due coppie acido/base HA/Ae HB+/B L'acqua viene vista come un composto anfotero, potendo sia cedere che acquistare ioni H+, H2O acido + H2 O base OH + base coniugata H3O+ acido coniugato
presenta due coppie coniugate acido/base H3 O+ / H 2 O acido base H2O / OH acido base
Ovviamente se un acido forte, con una elevata tendenza a cedere ioni H+, la sua base coniugata sar debole, manifestando una scarsa tendenza ad acquistare ioni H+ (e viceversa). La forza di un acido o di una base viene misurata in relazione alla forza dellacqua, cio alla tendenza che lacqua manifesta a cedere ed acquistare ioni H+. La forza di un acido HA, misura la sua tendenza a cedere ioni H+ allacqua secondo lequilibrio HA + H2O acido base La costante di equilibrio sar k eq
-
A + H3O+
+
[A ] [H O ] =
[HA] [H 2 O]
3
Ed inglobando la concentrazione dellacqua (considerata costante e pari a 55,55 mol/L) nella costante di equilibrio otteniamo la ka. [A - ] [H 3O + ] k a = k eq [H 2 O] = [HA] Definiamo ora la basicit della sua base coniugata (A ), misurando la sua tendenza ad acquistare ioni H+ dallacqua. A + H2O HA + OH base acido Si noti come lequilibrio acido-base della base coniugata A non sia altro che lequilibrio che abbiamo descritto in precedenza come una idrolisi basica La costante di equilibrio sar [HA] [OH - ] k eq = [ A - ] [ H 2 O] Ed analogamente a quanto abbiamo fatto in precedenza, definiamo anche per esso la kb, inglobando la concentrazione dellacqua nella costante di equilibrio
[HA] [OH - ] [A - ] Si noti come la kb della base coniugata coincida con la costante di idrolisi kh k b = k eq [H 2 O] =
Moltiplicando ora numeratore e denominatore per la concentrazione degli ioni idronio, otteniamo, la relazione esistente tra la kappa acida di un acido e la kappa basica della sua base coniugata. kb = k [HA] [OH - ] [H 3O + ] [HA] 1 = H 3O + OH - = kw = w + + ka [A ] [H 3O ] [A ] [H 3O ] ka
][
Dunque per un acido e la sua base coniugata vale la relazione kw = 10-14 = ka kb. Le rispettive costanti di dissociazione acida e basica sono dunque inversamente proporzionali. Pi forte un acido e pi debole la sua base coniugata. Ovviamente la medesima dimostrazione pu essere fatta per una base ed il suo acido coniugato. 16.5.5 Idrolisi neutra (sale derivato da un acido forte e da una base forte) Si produce un'idrolisi neutra quando viene sciolto in acqua un sale il cui anione deriva da un acido forte ed il cui catione deriva da una base forte. Prendiamo ad esempio il nitrato di potassio KNO3 che deriva dall'acido nitrico HNO3 (acido forte con ka elevata) e dall'idrossido di potassio KOH (base forte con kb elevata). In soluzione acquosa il nitrato di potassio , come la maggior parte dei sali, completamente dissociato in ioni K+ e ioni NO3KNO3 K+ + NO3Ora, poich sia lo ione K+ che lo ione NO3- non hanno alcuna tendenza a riassociarsi per ridare la base e l'acido, entrambi forti, da cui derivano, l'equilibrio di dissociazione dell'acqua non viene disturbato e la soluzione rimane neutra. 16.5.6 Idrolisi di un sale derivante da un acido debole e da una base debole In tal caso, dopo che il sale si dissociato in acqua, sia il catione che l'anione prodotti tendono a riformare, naturalmente in misura diversa, la base debole e l'acido debole da cui provengono. Il pH della soluzione sar naturalmente acido se kb < ka, mentre sar basico in caso contrario. Prendiamo ad esempio il cianuro di ammonio NH4CN, che deriva dall'idrossido di ammonio NH4OH (base debole, kb = 1,8.10-5) e dall'acido cianidrico HCN (acido debole, ka = 4,9.10-10). Per calcolare il pH di tale soluzione sarebbe necessario tener conto simultaneamente dei seguenti tre equilibri 1) H2O H+ + OH2) 3) NH4OH HCN NH4+ + OHH+ + CN-
Poich la costante di dissociazione dell'acido cianidrico inferiore di quella dell'ammoniaca acquosa (ka < kb) possiamo prevedere che l'acido cianidrico si riassoci in percentuale maggiore rispetto all'idrossido di ammonio (il 3 equilibrio risulta cio pi spostato verso sinistra rispetto al 2). La soluzione sar pertanto basica.
La soluzione esatta del problema richiederebbe naturalmente la risoluzione di un sistema di equazioni in cui compaiano tutte le condizioni relative ai tre equilibri.
Soluzione esatta Nei tre equilibri compaiono le seguenti 6 incognite. 1) [H ]
+
2) [OH ]
3) [HCN]
4) [CN ]
5) [NH4OH]
6) [NH4 ]
Dobbiamo pertanto scrivere 6 equazioni indipendenti nelle 6 incognite. Le prime tre equazione si ricavano dalle equazioni di equilibrio rispettivamente dellacido, della base e dellacqua
Ka =
[H ] [CN ]
+ -
[HCN ]
+
Kb
[NH ] [OH ] =
-
[NH 4 OH ]
K w = H + OH -
[ ][
]
-
la quarta si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale alla somma di tutte le cariche negative)
la quinta e la sesta si ricavano infine dal bilancio di massa per lacido e per la base. Ricordando che il sale completamente dissociato in C mol/L di cianuro CN e C mol/L di + ammonio NH4 , dopo lidrolisi la somma delle due specie (dissociata ed indissociata) allequilibrio dovr essere pari alla concentrazione iniziale C e potremo quindi scrivere
C = CN - + [HCN ]
C = NH 4 + [NH 4 OH ]
+
con x = [H ] unequazione di quarto grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione + totale di ioni H per una soluzione di un sale formato da un acido debole ed una base debole.
La risoluzione approssimata prende invece in considerazione il seguente equilibrio di idrolisi NH4+ Cx + CN + Cx H2O NH4OH + x HCN x
secondo il quale per ogni ione OH che si riassocia con uno ione NH4+, uno ione H+ si riassocia con uno ione CN. Si pu facilmente dimostrare che la costante di tale equilibrio vale
kh =
Tenendo presente che le concentrazioni iniziali di NH4+ e di CN sono pari alla concentrazione C del sale completamente dissociato, sar quindi possibile calcolare le concentrazioni di equilibrio delle quattro specie chimiche.
Come si pu osservare si ottengono delle concentrazioni uguali per le specie dissociate (x = [NH4+] = [CN]) e per le specie indissociate ( C x = [NH4OH] = [HCN]) e quindi risulteranno uguali anche i loro rapporti
[HCN ] [NH 4 OH ]
se dunque dalla relazione di equilibrio della base esplicitiamo il rapporto tra le specie dissociata e quella indissociata + + Kb NH 4 OH NH 4 Kb = = [NH 4 OH ] [NH 4 OH ] OH e lo sostituiamo nella relazione di equilibrio dellacido, otteniamo
[CN ] = [NH ]
+ 4
][
Ka =
ricordando infine che [OH] = kw/[H+], sostituendo otteniamo Ka e quindi kakw 4.9 10 -10 10 -14 = = 5.22 10 -10 mol/L kb 1.8 10 -5 che corrisponde ad un pH = 9.28 (basico).
+
[H ] k = [H ] = k [OH ]
-
kb
[H ] =
Si noti come la concentrazione degli ioni [H+], e quindi anche il pH, risulti indipendente (almeno nellapprossimazione che stiamo considerando) dalla concentrazione C del sale. Si noti anche che il rapporto kw/kb pari alla ka dellacido coniugato (NH4+) della base (NH4OH) e quindi la formula semplificata per il calcolo del pH di una soluzione contenente un sale formato da un acido debole ed una base debole pu anche essere scritta
[H ] =
+
k a k aC
con ka = kappa acida dellacido debole kac = kappa acida dellacido coniugato della base debole Si tenga infine presente che se il sale molto diluito (C 10-4 M) la formula semplificata non fornisce un risultato soddisfacente e la concentrazione degli ioni H+ risente della concentrazione del sale. In tal caso conveniente calcolare il pH trascurando lidrolisi dello ione che presenta la costante di idrolisi
pi piccola ed utilizzando per lidrolisi dellaltro ione le formule trovate per il calcolo del pH di acidi (o basi) deboli monoprotici (a seconda del valore di C e kh).
Esempio Calcoliamo la concentrazione di ioni H+ di una soluzione 10-2 M di ipoclorito di ammonio NH4ClO (HClO ka = 3 10-8 NH3 kb = 1,8 10-5) e di una soluzione 10-6 M del medesimo sale. Sono presenti i seguenti equilibri di idrolisi 1) idrolisi acida NH4+ + H2O NH4OH + H+
k h ( A) =
HClO
OH-
k h( B) =
Essendo la costante di idrolisi basica pi elevata della costante di idrolisia acida ( k h ( B ) > k h ( A ) ), la soluzione risulter basica. Se applichiamo la formula approssimata otteniamo il medesimo valore di [H+] sia per la soluzione 10-2 M che per la soluzione 10-6 M.
[H ] =
+
Se applichiamo lequazione di quarto grado che ci fornisce il risultato esatto troviamo: per la soluzione 10-2 M una concentrazione idrogenionica [H+] = 4,09 10-9 mol/L per la soluzione 10-6 M una concentrazione idrogenionica [H+] = 2,30 10-8 mol/L Come si pu osservare la soluzione 10-6 M presenta una concentrazione degli ioni H+ inferiore di circa un ordine di grandezza rispetto alla soluzione 10-2 M. Trascuriamo allora lequilibrio di idrolisi acida, la cui costante di equilibrio di circa 3 ordini di grandezza inferiore rispetto allequilibrio di idrolisi basica. Applichiamo ora allequilibrio di idrolisi basica una delle quattro formule risolutive semplificate per il calcolo del pH di acidi e basi deboli monoprotici. Verifichiamo quali condizioni di applicabilit sono soddisfatte 1) Poich Ckh(B) = 10-6 x 3,3 10-7 = 3,3 10-13 < 10-12
-
[OH ] =
2) Poich kh(B) = 3,3 10-7 > 10-7
k h( B ) C
[OH ] =
-
k h( B ) C + k w
[OH ] =
-
C 2 + 4K w + C 2
[OH ] =
-
k h ( B ) + 4(k h ( B ) C + k w ) - k h ( B )
2
=
e dunque
(3,3 10 )
-7 2
k [H ] = [OH ] = 4,1010 4
w .
-7
= 2,3 10 -8 mol / L
16.5.7 Idrolisi di elettroliti anfoteri (anfoliti) Un elettrolita anfotero o anfolita un elettrolita che pu comportarsi sia come acido (cedendo protoni) che come base (acquistando protoni). Il suo comportamento risulta quindi analogo a quello di un sale formato da un acido debole ed una base debole (vedi paragrafo precedente). Consideriamo ad esempio una soluzione di Idrogeno Carbonato di Sodio NaHCO3 di concentrazione C = 10-2 M. In soluzione completamente dissociato in C ioni Na+ e C ioni HCO3. Lacido carbonico H2CO3, essendo un acido debole biprotico, presenta due costanti di dissociazione pari a ka1 = 4.3 10-7 e ka2 = 5.6 10-11. NaHCO3 Na+ + HCO3 -C +C +C Lanione bicarbonato HCO3 in soluzione si comporta sia come un acido, dando lequilibrio di seconda dissociazione, con ka2 = 5.6 10-11 H+ + CO32HCO3 sia come una base, dando idrolisi basica, con kh = kw/ ka1 = 10-14/4.3 10-7= 2.36 10-8 (come abbiamo visto in precedenza la reazione pu anche essere considerata una reazione acido-base con HCO3 che rappresenta la base coniugata (kbc = kw/ ka1 = 10-14/4.3 10-7= 2.36 10-8) dellacido carbonico) HCO3 + H2O H2CO3 + OH-
Per calcolare il pH di tale soluzione sarebbe necessario tener conto simultaneamente dei precedenti due equilibri e dellequilibrio di dissociazione dellacqua. Poich la costante di seconda dissociazione dell'acido carbonico (ka2 = 5.6 10-11) inferiore alla sua costante di idrolisi (kh = kw/ ka1 = 2.36 10-8) possiamo prevedere che l'anione bicarbonato si riassoci in percentuale maggiore (idrolisi basica) rispetto a quanto si dissoci (dissociazione acida). La soluzione sar pertanto basica. La soluzione esatta del problema richiederebbe naturalmente la risoluzione di un sistema di equazioni in cui compaiano tutte le condizioni relative ai tre equilibri.
Soluzione esatta Nei tre equilibri compaiono le seguenti 5 incognite. 1) [H ]
+
2) [OH ]
3) [H2CO3]
4) [HCO3 ]
5) [CO3
Dobbiamo pertanto scrivere 5 equazioni indipendenti nelle 5 incognite. Le prime tre equazione si ricavano dalle equazioni di equilibrio rispettivamente di prima e seconda dissociazione dellacido e di dissociazione dellacqua
1)
k a1 =
[H ] [HCO ]
+ -
[H 2 CO3 ]
3 -
2)
ka2
[H ] [CO ] =
+ 2-
[HCO ]
3
k w = H + OH -
[ ][
-
]
2-
la quarta si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale alla somma di tutte le cariche negative)
] [
2-
]
funzione della
le
opportune
sostituzioni in
x 4 + x 3 (C ) + x 2 (k a1k a 2 - k w ) - x(k a1 k a 2 C ) - k a1 k a 2 k w = 0
con x = [H ] unequazione di quarto grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione + totale di ioni H per una soluzione di un anfolita.
+
Per un calcolo approssimato sottraiamo membro a membro il bilancio di carica ed il bilancio di massa, ottenendo
5)
[H ] = - [HCOk ] [H ] + [HCO ]] k [H
+ + 3 3 + a1 + -
a2
+ OH -
dal prodotto ionico dellacqua ricaviamo la concentrazione degli ioni OH- e sostituiamo nella 7)
7)
[H ] = - [HCOk ] [H ] + [HCO ]] k [H
+ 3 3 + a1
a2
[ ]
kw H+
Se ora assumiamo che, sia lequilibrio di idrolisi che quello di dissociazione acida, avendo in genere costanti piccole, siano molto spostati verso sinistra, la concentrazione di HCO 3- sar prevalente rispetto a quelle di CO32- e H2CO3 [HCO3-] >> [CO32-] + [H2CO3] e quindi [HCO3-] + [CO32-] + [H2CO3] [HCO3-] ci significa che la concentrazione di equilibrio di HCO3- praticamente uguale alla sua concentrazione iniziale. Dal bilancio di massa si avr infatti
] [
2-
] [H CO ]
2 3
w +
[H ]
8)
+ 2
k a1 k a 2 C + k a1 k w k a1 + C k a1 k a 2 C + k a1 k w k a1 + C
[H ] =
+
[ ]
k a1 +1 C se ora, come spesso avviene, sono verificate le seguenti condizioni k k a1 k a 2 >> a1 k w C >> ka1 e C e quindi k a1 + 1 1 C la 9) diventa
10)
9)
[H ] =
+
k e k a1 k a 2 + a1 k w k a1 k a 2 C
[H ] =
+
k a1 k a 2
pH = (pka1 + pka2) La 10) equivale a prendere in considerazione il seguente equilibrio, in cui si assume che lequilibrio di seconda dissociazione dellacido sia sincronizzato con lequilibrio di idrolisi HCO3 Cx + HCO3 Cx H2CO3 x + CO32x
In altre parole, per ogni ione HCO3 che si dissocia in CO32- e H+, un altro ione HCO3 si riassocia con uno ione H+ per dare . H2CO3 Come si pu osservare, nellapprossimazione considerata si assume che allequilibrio sia [H2CO3] = [CO32] ora esplicitiamo la concentrazione di HCO3- dalla relazione di equilibrio della prima dissociazione acida
k a1 =
[H ] [HCO ]
+ -
[H 2 CO3 ]
2-
[HCO ] = k [H[HCO] ]
2 3 3 a1 + + 2 2-
ka2
[H ] [CO ] = [H ] [CO ] =
+
[HCO ]
3 3
K a 2 [H 2 CO3 ]
k a1 k a 2 = H +
[ ]
[H ] =
+
che corrisponde ad un pH = 8.31 (basico). Si noti come, anche in questo caso come nel paragrafo precedente, la concentrazione degli ioni H+, e quindi anche il pH, risulti indipendente (almeno nellapprossimazione che stiamo considerando) dalla concentrazione C del sale. Si noti infine che la formula semplificata per il calcolo del pH di una soluzione contenente un elettrolita anfotero analoga a quella trovata nel paragrafo precedente per un sale formato da un acido debole ed una base debole.
[H ] =
+
k a1 k a 2 ==
kw k a2 kh
con ka1 = costante di prima dissociazione acida ka2 = costante di seconda dissociazione acida kh = costante di idrolisi
Se il sale deriva da un acido debole triprotico H3A (ad esempio lacido fosforico H3PO4), le formule per il calcolo del pH saranno Per un sale del tipo MH2A D M+ + H2A-
[H ] =
+
k a1 k a 2 C + k a1 k w k a1 + C
oppure
[H ] =
+
k a1 k a 2
[H ] =
+
k a 2 k a 3C + k a 2 k w k a2 + C
oppure
[H ] =
+
k a 2 k a3
Si dicono tamponate quelle soluzioni acquose che conservano praticamente immutato il proprio pH anche dopo l'aggiunta di piccole quantit di acidi o basi. I tamponi sono una sorta di ammortizzatori di pH. I tamponi hanno una straordinaria importanza biologica, infatti moltissime soluzioni biologiche (sangue, linfa, succhi gastrici etc) richiedono il mantenimento di un pH costante. L'effetto tampone si ottiene sciogliendo in acqua un acido debole con un suo sale o una base debole con il relativo sale. Consideriamo ad esempio una soluzione contenente CA mol/L di un generico acido debole HA e CS mol/L di un suo sale di sodio NaA. L'acido debole presente in soluzione quasi totalmente indissociato essendo il suo equilibrio fortemente spostato verso sinistra. r HA H + + AIl sale dell'acido invece completamente dissociato
NaA Na + + AEssendo un elettrolita forte il sale rimane completamente dissociato anche in presenza dell'acido debole. L'equilibrio di dissociazione dell'acido viene invece disturbato dalla presenza degli ioni A prodotti dalla dissociazione del sale, ed il suo equilibrio retrocede spostandosi ulteriormente verso sinistra. Per calcolare il pH di una soluzione tampone determiniamo le concentrazioni di equilibrio. Poich il sale si dissocia completamente esso produce una quantit di ioni A- pari alla sua concentrazione iniziale. Possiamo allora scrivere
CS = A-
[ ]
Ora descriviamo lequilibrio di dissociazione dellacido debole HA che si dissocia, in presenza di [A -] = Csale, in x ioni H+ e x ioni Ainiziale d'equilibrio
CA 0 CS
CA - x x CS + x
[A ] [H ] = (C
+
[HA]
+ x) x (C A - x )
S
2 16.6.1 Equazione di Henderson-Hasselbach tuttavia possibile utilizzare una formula risolutiva semplificata. Nei tamponi di comune utilizzo infatti lacido molto debole (Ka < 10-3) e la soluzione molto concentrata (Ctot = Ca + Cs > 10-2 M) In queste condizioni l'acido debole risulta praticamente in dissociato e la concentrazione di equilibrio degli ioni H+ risulta quindi trascurabile rispetto alle concentrazioni iniziali dell'acido (CA) e del sale (CS), specialmente se, come abbiamo detto, queste sono sufficientemente elevate. Per questo motivo possibile trascurare la x nella somma a numeratore e nella differenza a denominatore. La relazione diventa quindi
x = H =
+
( Cs + K a )
+ 4Ca K a - ( Cs + K a )
ka
dalla quale otteniamo
[A ] [H ] = C =
+
[HA]
CA
X = H + = Ka
[ ]
Cacido Csale
Calcolando il logaritmo negativo di entrambi i membri otteniamo finalmente la relazione approssimata per il calcolo del pH in soluzioni tampone (equazione di Henderson-Hasselbach)
pH = - log10 H + = - log10 k a
[ ]
Se ad esempio costruiamo una soluzione tampone in cui sono presenti 10-2 mol/L di acido fluoridrico (ka = 3,53.10-4) e 10-1 mol/L di fluoruro di sodio, la soluzione risulta tamponata a
Naturalmente, se la soluzione tampone costruita mescolando una base debole con un suo sale, si avr
[OH ] = k
-
pOH = - log10 OH -
E tuttavia possibile e conveniente utilizzare ununica formula risolutiva per il calcolo del pH di un sistema tampone, considerando che lanione che si genera dalla dissociazione di un acido debole rappresenta la sua base coniugata, la cui costante di dissociazione basica vale K b = Kw/Ka HA acido A + base coniugata H+
pH = pk a - log
Esempio 1 -1 -2 + Costruiamo un tampone costituito da una soluzione NH3 10 M / NH4Cl 10 M, lo ione ammonio NH4 rappresenta lacido -5 + coniugato dellammoniaca Kb = 1,8 10 (ed ovviamente lammoniaca la base coniugata dellacido NH4 ) + NH3 + H2O D NH4 + OH La relazione per il calcolo del pH diventa
pH = pk a - log
La ka ovviamente quella dellacido -10 pka = - log (5,6 10 ) = 9,26 e dunque
+ NH4 e
= pk a - log
-14
[NH ]
+
[NH 3 ]
-5
/ 1,8 10
= 5,6 10
-10
Esempio 2 -2 Costruiamo un tampone costituito da una soluzione NaH2PO4 0,3 M / Na2HPO4 5 10 M. Lo ione diidrogenofosfato H2PO4 2rappresenta lacido, mentre lanione idrogeno fosfato HPO4 rappresenta la base coniugata. Dobbiamo far riferimento -3 -8 -13 allequilibrio di seconda dissociazione dellacido fosforico (K1 = 7,510 K2 = 6,210 K3 = 2,210 ) H2PO4
-
HPO4
2-
+ H
(K2 = 6,210-8 )
* * * * * * * * Lequazione di Henderson-Hasselbalch pu essere utilizzata anche per calcolare il pH di soluzioni tampone costruite con acidi poliprotici, a patto che le costanti di dissociazione dellacido differiscano almeno di 2 (meglio 3) ordini di grandezza luna dallaltra.
Esempio 1 -3 -8 Costruiamo una soluzione 0,3 M tamponata a pH = 8 utilizzando lacido fosforico (K1 = 7,510 K2 = 6,210 K3 = -13 2,210 ) I valori delle 3 costanti di dissociazione acida dellacido fosforico permettono di costruire tre tipi di tamponi equimolari (Ca = Cs) con pH pari a pH = pk1 = 2,12 pH = pK2 = 7,21 pH 0 pK3 = 12,66 Per costruire un tampone a pH = 8 dobbiamo pertanto utilizzare la costante di seconda dissociazione, il cui pK pi vicino al pH desiderato (negli altri casi il tampone sarebbe inefficiente a causa di un rapporto Ca/Cs troppo distante dallunit) e dunque il tampone utilizzer come acido debole lanione diidrogenofosfato H2PO4 e come sale (base coniugata) lanione 2idrogenofosfato HPO4 2Calcoliamo il rapporto Ca/Cs = [H2PO4 ] / [HPO4 ] che tale tampone deve possedere per portare il suo pH da 7,21 a 8. Applichiamo la relazione di Henderson-Hasselbalch ed esplicitiamo il rapporto Ca/Cs, usando come concentrazione degli + -8 ioni [H ] = 10 M (pH = 8)
+ -8 Ca H 2 PO4 H = = 10 = = 0,16 2 Cs HPO4 - Ka 6, 2 10-8
Poich il problema richiede una concentrazione totale del tampone pari a Ca + Cs = [H2PO4 ] + [HPO4 ] = 0,3 M, esplicitiamo la concentrazione dellacido 2Ca =[H2PO4 ] = 0,3 Cs = 0,3 [HPO4 ] E sotituiamola nel rapporto delle concentrazioni trovato in precedenza
2 H 2 PO4 = 0,3 - HPO4 = 0,16 22 HPO4 HPO4
2-
da cui
Esempio 2 -5 Partendo da 1 L di NH3 0.1M (Kb =1.8 10 ) calcoliamo il volume di NH4Cl 0.1 M da aggiungere alla soluzione iniziale per avere pH = 10 ed il volume di HCl 0.3 M da aggiungere alla soluzione iniziale per avere il medesimo pH. A) Laggiunta di cloruro di ammonio ad una soluzione di ammoniaca produce un sistema tampone. infatti presente lammoniaca NH3 ed il suo acido coniugato (lo ione ammonio) La relazione di Henderson-Hasselbach, nella sua forma pi generale, ci permette di calcolare il pH di un sistema tampone
pH = pk a - log
La Ka deve essere quella dellacido ed in questo caso quindi quella dello ione ammonio che, essendo lacido coniugato -14 -5 -10 -10 dellammoniaca, presenta ka = Kw/Kb = 10 /1.8 10 = 5.6 10 e quindi pKa = -log 5.6 10 = 9.26. In un litro di soluzione 0,1 M di ammoniaca sono ovviamente presenti 0,1 mol di NH3. Ora indichiamo con x il volume di soluzione 0.1 M di cloruro di ammonio necessario per portare il pH a 10. In questi x L sono presenti un numero di moli di ione ammonio pari a n = MV = 0,1x Potremo ora scrivere
pH = pk a - log
10 = 9,26 - log
B) Laggiunta di acido cloridrico ad una soluzione di ammoniaca produce un sistema tampone. Lacido salifica infatti lammoniaca (una base debole) trasformandola nel cloruro di ammonio + NH3 + HCl NH4 + Cl In un litro di soluzione 0,1 M di ammoniaca sono presenti 0,1 mol di NH3. Ora indichiamo con x il numero di moli di HCl che reagiscono con lammoniaca per dare altrettante moli di ione ammonio NH4+ e necessarie per portare il pH a 10. Le moli residue di ammoniaca saranno pertanto 0,1 x e potremo scrivere
pH = pk a - log
x = -0,74 0,1 - x
V=
Esempio 3 -5 A 700 mL di una soluzione al 6,86% in peso di acido acetico (d = 1,02 g/mL; ka = 1,8 10 ) si aggiungono 300 mL di una soluzione 1,5 M di idrossido di sodio. Calcoliamo il pH della soluzione finale. La base forte NaOH salifica lacido acetico (un acido debole) trasformandolo nel suo sale (acetato di sodio) + CH3COOH + NaOH CH3COO + Na + H2O Calcoliamo quante moli di acido e di base reagiscono e quante moli di anione acetato si formano Usiamo la densit per convertire il volume della soluzione di acido acetico in peso. Peso = d x V = 1.02 g/mL x 700 mL = 714 g Il 6.86 % di questa quantit costituito da acido acetico. Quindi in 714 g di soluzione sono presenti 714 x 0.0686 = 48.98 g di acido acetico
Calcoliamo a quante moli corrispondono 48.98 g di acido acetico, dividendo per il suo peso molare (CH 3COOH PM = 60 g/mol) n = W/PM = 48.98 / 60 = 0.816 mol Calcoliamo quante moli di idrossido di sodio sono presenti in 300 mL di una soluzione 1.5 M n = M x V = 1.5 mol/L x 0.3 L = 0.45 mol La reazione tra acido acetico ed idrossido di sodio avviene in rapporto molare di 1 a 1 Lidrossido di sodio una base forte e salifica completamente lacido debole. Dunque, 0.45 moli di idrossido reagiscono con altrettante moli di acido acetico per dare 0.45 moli di acetato di sodio. Rimangono 0.816 0.45 = 0.366 moli di acido acetico. Si forma quindi una soluzione tampone contenente un acido debole (0.366 moli di acido acetico) e la sua base coniugata (0.45 moli di acetato). -5 Per calcolare il pH di una soluzione tampone, usiamo lequazione Henderson-Hasselbach (pka = -log 1,8 10 = 4,74)
pH = pk a - log
nCH 3COOH n Acido 0,366 = 4,74 - log = 4,74 - log = 4,83 nBase nCH COO 0,45
3
NB. Come nellesempio precedente, al posto delle concentrazioni abbiamo usato il numero di moli, poich si trovano disciolte nel medesimo volume di soluzione, per cui nel rapporto delle concentrazioni i volumi si semplificano
* * * * * * * *
Calcolo esatto del pH di un tampone Nelle formule risolutive precedenti non si tenuto conto dellequilibrio di dissociazione -6 dellacqua. Ci possibile se la concentrazione del tampone superiore a 10 M (evento che in pratica sempre verificato in quanto per funzionare un tampone deve essere sufficientemente concentrato). Per calcolare il pH esatto di una soluzione tampone necessario tener conto simultaneamente dei seguenti due equilibri + H + OH 1) H2O 2) HA H + A e della completa dissociazione del sale + 3) NaA Na + A Nei 2 equilibri compaiono le seguenti 4 incognite. + 1) [H ] 2) [OH ] 3) [HA] 4) [A ] Dobbiamo pertanto scrivere 4 equazioni indipendenti nelle 4 incognite. Le prime due equazione si ricavano dalle equazioni di equilibrio rispettivamente dellacido e dellacqua
+ -
H + A- Ka = [ HA]
K w = H + OH -
[ ][
]
-
la terza si ottiene dal bilancio delle cariche (la somma di tutte le cariche positive deve essere uguale alla somma di tutte le cariche negative)
la quale, ricordando che il sale completamente dissociato e quindi [Na ] = Cs, diventa
H + Cs = ClO + OH
+ -
la quarta si ricava infine dal bilancio di massa. Ricordando che lacido indissociato HA ed il suo anione A provengono completamente dalla dissociazione di Ca mol/L iniziali di acido e Cs mol/L iniziali di sale, potremo quindi scrivere
Ca + Cs = A- + [ HA]
x 3 + ( k a + C s ) x 2 - ( K a Ca + K w ) x - K w K a = 0
con x = [H ] unequazione di terzo grado che ci permette di calcolare il valore esatto della concentrazione + totale di ioni H di una soluzione tampone.
16.6.2 Meccanismo d'azione di una soluzione tampone Cerchiamo ora di capire per qual motivo una soluzione tampone in grado di mantenere praticamente invariato il suo pH. Come si pu osservare in una soluzione tampone sono presenti in elevata concentrazione sia l'acido debole indissociato che il suo anione (quest'ultimo prodotto dalla dissociazione del sale). Si noti che se fosse presente solo l'acido debole la concentrazione del suo anione sarebbe invece molto bassa in quanto l'acido poco dissociato. Aggiunta di un acido forte Ora se aggiungiamo alla soluzione un acido forte, gli ioni H+ prodotti dalla sua completa dissociazione tendono a combinarsi con gli ioni A- della soluzione tampone per dare l'acido debole indissociato HA. Naturalmente il processo risulta efficiente solo se in soluzione presente una elevata concentrazione di ioni A-.
Lanione A- quindi la frazione del tampone che si occupa di rendere minime le diminuzioni di pH Aggiunta di una base forte Se invece viene addizionata una base forte gli ioni OH- prodotti dalla sua completa dissociazione si uniscono agli ioni H+ prodotti dall'acido debole per dare acqua indissociata (l'equilibrio di dissociazione dell'acqua infatti molto spostato verso sinistra, kw piccola). Naturalmente man mano che gli ioni H+ vengono sottratti all'equilibrio dell'acido debole, quest'ultimo, per il principio di Le Chatelier, si dissocia ulteriormente fornendo altri ioni H+ che vanno a neutralizzare gli ioni OH-. Anche in questo caso il processo risulta efficiente solo se nella soluzione tampone presente una elevata quantit di acido debole indissociato in grado di fornire ioni H+.
Lacido indissociato HA quindi la frazione del tampone che si occupa di rendere minimi gli aumenti di pH Il meccanismo d'azione di una soluzione tampone si fonda dunque sulla presenza contemporanea di una elevata concentrazione di acido debole e del suo anione. Riassumendo: Lacido HA intercetta gli ioni OH e previene laumento eccessivo del pH Lanione A (base coniugata) intercetta gli ioni H+ e previene la diminuzione eccessiva del pH
-
Se ne deduce che un tampone sar tanto pi efficiente quanto pi elevata sar la concentrazione delle sue due specie attive (HA/A ).
16.6.3 Capacit tampone b ed efficienza di una soluzione tampone Una soluzione tampone pu essere pi o meno efficiente. L'efficienza di una soluzione tampone pu essere definita sulla base della diversa capacit di minimizzare le variazioni di pH. Sono naturalmente pi efficienti le soluzioni tampone che riescono a far variare il pH in misura minore a fronte di una medesima aggiunta di un acido o di una base forte. Si pu dimostrare che l'efficienza di una soluzione tampone cresce al crescere della sua concentrazione complessiva. A parit di concentrazione totale inoltre pi efficiente la soluzione tampone che presenta un rapporto tra la concentrazione dell'acido e quella del sale pi vicino all'unit. L'efficienza massima si ottiene quando Cacido/Csale = 1. Come si pu facilmente verificare in tal caso la soluzione risulta tamponata ad un pH = pk. Una soluzione tampone al massimo della sua efficienza quando lavora ad un pH uguale al suo pK Per misurare lefficienza di una soluzione tampone si calcola la sua capacit tampone b (o potere tamponante), Dn b= DpH dove n = aggiunta infinitesima di n moli di un acido forte (o base forte) ad 1 litro di soluzione tampone pH = variazione di pH (in valore assoluto) che tale aggiunta ha provocato evidente che pi elevato il valore di b e pi efficiente un tampone
Esempio 1 -5 Stimiamo la capacit tampone di una soluzione 0,1 M in acido acetico (Ka = 1,8 10 ) e 0,1 M in acetato di sodio. Il pH di tale tampone pari a
pH = pk - log
Ora immaginiamo di introdurre nel tampone una piccolissima quantit di acido forte, ad esempio 10 moli per litro di -3 + soluzione. Lanione A si riassocer con le 10 moli di ioni H generati dallacido forte (e quindi la sua concentrazione -3 -3 diventer Cs 10 ) per dare lacido debole indissociato (e quindi la sua concentrazione diventer Ca + 10 ). Il pH della soluzione tampone sar ora
-3
Cacido 0,1 + 10-3 -5 pH = pk - log = - log (1,8 10 ) - log = 4, 74 - 0, 0086862 = 4, 73 Csale 0,1 - 10-3
Poich laggiunta di 10
-3
moli per litro di soluzione hanno fatto variare il pH di 0,0086862, la capacit tampone
pH = pk - log
Ora immaginiamo di introdurre nel tampone una piccolissima quantit di acido forte, ad esempio 10 moli per litro di -3 + soluzione. Lanione A si riassocer con le 10 moli di ioni H generati dallacido forte (e quindi la sua concentrazione -3 -3 diventer Cs 10 ) per dare lacido debole indissociato (e quindi la sua concentrazione diventer Ca + 10 ). Il pH della soluzione tampone sar ora
-3
pH = pk - log
Poich laggiunta di 10
-3
moli per litro di soluzione hanno fatto variare il pH di 0,08715, la capacit tampone
b =
La capacit tampone b viene a volte definita come la quantit di acido (o base) forte che dovremmo aggiungere ad un tampone per ottenere una variazione di un punto del suo pH. bene sottolineare che si tratta di una definizione teorica che, anche se formalmente corretta, pu tuttavia trarre in inganno. Se infatti aggiungessimo ad un tampone una quantit di acido (o base forte) pari alla capacit tampone, la variazione del suo pH sarebbe molto maggiore di un punto di pH. Ci dovuto al fatto che la capacit tampone calcolata per un certo valore di pH del tampone e varia al variare del pH del tampone. Quando il rapporto Ca/Cs 1 il tampone non al massimo della sua efficienza ed inoltre la sua efficienza non uguale in entrambe le direzioni, non essendo in grado di prevenire in egual misura sia laumento che la diminuzione del pH. In tal caso il tampone risulta infatti pi efficiente quando lavora con la specie pi concentrata. Per non dover sopportare uneccessiva perdita di efficienza i tamponi vengono costruiti con un pH che non supera i limiti del proprio pK 1 e dunque con un rapporto Ca/Cs compreso tra 10-1 e 101
Esempio Confrontiamo la capacit tampone di due tamponi aventi la medesima concentrazione totale Ctot = 0,2 M, ma diverso rapporto Ca/Cs -5 Tampone 1 - 0,1 M in acido acetico (Ka = 1,8 10 ) e 0,1 M in acetato di sodio (Ca/Cs = 0.1/0.1) -5 Tampone 2 - 0,15 M in acido acetico (Ka = 1,8 10 ) e 0,05 M in acetato di sodio (Ca/Cs = 0.15/0.05) Il pH del Tampone 1
pH = pk - log
pH = pk - log
Poich laggiunta di 10
-2
Cacido 0,1 + 10-2 = - log (1,8 10-5 ) - log = 4, 74 - 0, 087150 = 4, 65 Csale 0,1 - 10-2
moli per litro di soluzione hanno fatto variare il pH di 0,087150, la capacit tampone
b =
Il pH del Tampone 2
pH = pk - log
C 0,15 + 10-2 pH = pk - log acido = - log (1,8 10-5 ) - log = 4, 74 - 0, 60206 = 4,14 Csale 0, 05 - 10-2
Poich laggiunta di 10 moli per litro di soluzione hanno fatto variare il pH di 0,60206 0,47712 = 0,12494 punti, la capacit tampone nei confronti dellaggiunta di un acido
-2
b =
Cacido 0,15 - 10-2 -5 pH = pk - log = - log (1,8 10 ) - log = 4, 74 - 0,36798 = 4,37 Csale 0, 05 + 10-2
Poich laggiunta di 10 moli per litro di soluzione hanno fatto variare il pH di 0,47712 0,36798 = 0,10914 punti, la capacit tampone nei confronti dellaggiunta di una base
-2
b =
Il Tampone 2, pur avendo la medesima concentrazione totale, dunque meno efficiente del Tampone 1 poichlavora con un rapporto Ca/Cs 1. La sua efficienza tuttavia leggermente superiore nei confronti dellimmissione di una base forte, poich pi concentrato nellacido debole (Cs > Cs), la specie attiva nellintercettazione degli ioni OH . La sua capacit tampone media (0,080 + 0,092)/2 = 0,086 mol/L
* * * * * * * * La capacit tampone b pu essere calcolata in modo preciso tramite la seguente relazione + K w + H + + Ctot K a H b = 2,303 + K + H + 2 H a Nel caso di un tampone che non lavora in condizioni di massima efficienza (Ca/Cs 1), la relazione fornisce la capacit tampone media. Ricordando poi che un tampone presenta la sua massima efficienza quando Ca/Cs = 1 e quindi quando [H+] = Ka, possiamo calcolare, data una certa concentrazione totale, il massimo valore che pu assumere la capacit tampone K K C K K C b max = 2,303 w + K a + tot a a 2 = 2,303 w + K a + tot Ka 4 ( Ka + Ka ) Ka In questo modo possibile esprimere lefficienza di un tampone anche come rapporto percentuale tra la sua capacit tampone e la sua massima capacit tampone b efficienza % = 100 b max
Esempio -5 Calcoliamo la capacit tampone di una soluzione 0,15 M in acido acetico (Ka = 1,8 10 ) e 0,05 M in acetato di sodio. Il pH del tampone
pH = pk - log
La concentrazione degli ioni H
+
in soluzione
Essendo la concentrazione totale del tampone pari a Ctot = Ca + Cs = 0,15 + 0,05 = 0,2 M, la capacit tampone media
+ K w + H + + Ctot K a H = b = 2,303 + K + H + 2 H a 10-14 0, 2 1,8 10-5 5, 4 10-5 = 2,303 + 5, 4 10 -5 + = 0, 086 mol / L -5 -5 2 5, 4 10 -5 (1,8 10 + 5, 4 10 )
* * * * * * * * Il sangue umano una soluzione tamponata a pH 7,4. Tra i diversi sistemi tampone presenti nel sangue, il pi importante quello costituito dall'acido carbonico (che si produce dalla reazione dell'anidride carbonica respiratoria con l'acqua) e dallo ione bicarbonato (H2CO3/HCO3-). In effetti lo ione bicarbonato presenta una concentrazione plasmatica circa 10 volte superiore di quella dell'acido
carbonico. Il tampone plasmatico H2CO3/HCO3- quindi lontano dalle condizioni di maggior efficienza. La maggior concentrazione di ioni bicarbonato permette per al sangue di tamponare pi facilmente sostanze acide, che rappresentano i principali cataboliti versati nel sangue (acido lattico, acidi urici etc). In altre parole l'organismo si difende meglio dagli squilibri legati ad eccesso di acidi piuttosto che ad eccesso di basi. Sapendo che la costante di dissociazione acida dellacido carbonico pari a ka = 4,3 10-7, possiamo scrivere [H CO ] 1 pH = pk - log 2 -3 = - log(4,3 10 -7 ) - log = 6,37 + 1 = 7,37 10 [ HCO3 ] 16.6.4 Limiti di applicabilit della relazione di Henderson-Hasselbach Nellequazione di Henderson-Hasselbach il pH di una soluzione tampone dipende solo dal valore della ka e dal rapporto tra la concentrazione dell'acido e del suo sale, mentre indipendente dalla concentrazione totale del tampone (Ca + Cs). Ci tuttavia vero solo nei limiti in cui sono soddisfatte le condizioni di approssimazione su cui si fonda la relazione di Henderson-Hasselbach (acido debole e soluzione concentrata).
Se infatti la soluzione tampone troppo diluita (Ctot < 10-2 M) il grado di dissociazione dellacido debole aumenta e vengono meno le condizioni per accettare lapprossimazione di Henderson-Hasselbach. Tale situazione si fa ancor pi evidente se lacido non particolarmente debole (Ka > 10-3).
Si tratta pi che altro di situazioni teoriche in quanto tamponi cos diluiti sono inefficienti e quindi inutili da un punto di vista pratico. Volendo tuttavia calcolare il pH di un tampone con una concentrazione compresa tra 10 -2 M e 10-6 M conviene utilizzare la formula risolutiva non approssimata. Per concentrazioni inferiori a 10-6 M non pi trascurabile lequilibrio di dissociazione dellacqua sarebbe necessario utilizzare la formula risolutiva esatta che prevede la risoluzione di unequazione di terzo grado. Tuttavia per tamponi cos diluiti (assolutamente inutili dal punto di vista pratico) il pH praticamente pari a 7.
Esempio -5 -2 -4 Calcoliamo il pH di una soluzione tampone 10 M in acido dicloroacetico (Ka = 3.3 10 ) e 10 M in dicloroacetato di sodio. Se applichiamo la relazione di Henderson-Hasselbach otteniamo
Lacido dicloroacetico non tuttavia un acido abbastanza debole (Ka = 3.3 10 ) ed il tampone molto diluito. Usiamo allora la formula risolutiva senza approssimazioni
-2
H =
+
( Cs + K a )
+ 4Ca K a - ( Cs + K a ) 2
2
= = 9,97 10 -6 M
(10
-4
*********** La relazione di Henderson-Hasselbach fornisce risultati errati anche nel caso di tamponi in cui il rapporto tra la concentrazione dellacido e quella del suo sale (base coniugata) sia troppo alto (Ca/Cs 103) o troppo basso (Ca/Cs 10-3): Ancora una volta si tratta di tamponi teorici in quanto il rapporto Ca/Cs troppo distante dallunit perch il tampone sia efficiente.
Volendo tuttavia calcolare il pH di un tampone con rapporto Ca/Cs cos squilibrato conviene trattare la soluzione come se fosse presente solo la specie a maggior concentrazione, trascurando la specie chimica a concentrazione inferiore. In altre parole, data una certa soluzione tampone (fissati Ca e Cs) esiste un valore massimo ed un valore minimo che il pH pu assumere. Il valore massimo del pH si ottiene considerando solo leffetto dellidrolisi basica del sale (base coniugata), mentre il valore minimo del pH si ottiene considerando solo leffetto della dissociazione dellacido debole.
Esempio 1 -5 -5 Calcoliamo il pH di una soluzione tampone 0,1 M in acido acetico (Ka = 1,8 10 ) e 10 M in acetato di sodio. Se applichiamo la relazione di Henderson-Hasselbach otteniamo
0,1 = 4, 7 - 4 = 0, 7 10-5
La concentrazione dellacido tuttavia 10 volte superiore a quella del suo sale, la cui presenza potr pertanto essere trascurata. Il pi basso pH che tale soluzione potr infatti presentare calcolabile considerando solo la presenza dell acido e sar pari a
La concentrazione dellacido tuttavia 10 volte inferiore a quella del suo sale. La presenza dellacido potr pertanto essere trascurata. Il pi basso pH che tale soluzione potr presentare quindi calcolabile considerando solo la presenza dellidrolisi basica del sale e sar pari a
* * * * * * * * * * 16.6.5 Calcolo delle concentrazioni delle specie chimiche di un tampone a pH noto Consideriamo un tampone generico che utilizzi lacido debole biprotico H2A, caratterizzato dai seguenti equilibri di dissociazione H + HA- = 10- pK1 1) H2A D H+ + HAK1 = [ H 2 A] HA D H + A
+ 2-
2)
H + A2 - K 2 = - = 10- pK 2 HA
le specie chimiche presenti nel tampone sono H2A HA- A2La frazione molare di ognuna di esse pu essere calcolata come rapporto tra la concentrazione di ognuna e la somma delle concentrazione di tutte (concentrazione totale del tampone). Calcoliamo, ad esempio, la frazione molare dellacido H2A indissociato
c H2 A =
[ H 2 A] + HA- + A2-
[ H 2 A]
usando le relazioni di equilibrio, esprimiamo le concentrazioni degli anioni a denominatore in funzione della concentrazione dellacido indissociato Dalla prima relazione di equilibrio
[ H A] HA- = K1 2+ H
2-
Dalla seconda relazione di equilibrio HA- [ H 2 A] A = K 2 + = K1K 2 2 H + H sostituiamo le concentrazioni cos trovate nella relazione che fornisce la frazione molare
c H2 A =
[ H 2 A] + K1
[ H 2 A] [ H 2 A] + K K [ H 2 A]
1 2
H +
2
c H2 A =
1 1+ K1 KK + 1 22 + + H H
H + = + 2 H + K1 H + + K1 K 2
c H2 A =
c HA-
HA- = [ H 2 A] + HA + A2-
ed usando, in modo analogo a quanto fatto in precedenza, le relazioni di equilibrio, per esprimere le concentrazioni a denominatore in funzione della concentrazione dellanione HA -, otteniamo HA- c HA- = + H HA- + HA- + K 2 HA- H + K1 che, riordinata , fornisce K1 H + H + + K1 H + + K1K 2
2
c HA- =
e, usando i valori di pH e pK
c HA- =
10-2 pH
c A2- =
e, usando i valori di pH e pK
K1 K 2 H + K1 H + + K1K 2
+ 2
c A2- =
10-2 pH
Se del tampone noto, oltre al pH, anche la concentrazione totale Ctot possibile calcolare la concentrazione di equilibrio di ogni specie chimica moltiplicando la sua frazione molare per la concentrazione totale.
Esempio Calcoliamo le concentrazioni di equilibrio di tutte le specie chimiche di un tampone bicarbonato/carbonato 0,4 M a pH = 9,5 (acido carbonico pK1 = 6,4; pK2 = 10,3). 2Le specie chimiche presenti in soluzione sono H2CO3 HCO3 CO3 . Tuttavia, poich il tampone lavora a pH = 9,5, prossimo al pK2 dellacido carbonico, le specie attive e pi concentrate saranno quelle coinvolte nellequilibrio di seconda dissociazione dellacido carbonico HCO3 D H + CO3 Calcoliamo le frazioni molari e le concentrazioni di tutte le specie chimiche presenti nel tampone
+ 2-
c H 2CO3 =
10-2 pH 10
-2 pH - ( pK1 + pH ) - ( pK1 + pK 2 )
in soluzione sono presenti solo 7 molecole di acido carbonico indissociato ogni 10.000 molecole carbonatiche (pari allo 0,07%) La concentrazione dellacido carbonico in soluzione [H2CO3]= 0.0007 x 0,4 M = 2,8 10-4 M
c HCO - =
3
L86,26% delle molecole carbonatiche in soluzione sono costituite da anioni bicarbonato HCO3 La concentrazione dellanione bicarbonato in soluzione [HCO3 ]= 0.8626 x 0,4 M = 0,345 M
c CO 2- =
il 13,67% delle molecole carbonatiche in soluzione sono costituite da anioni carbonato CO3 La concentrazione dellanione carbonato in soluzione 2[CO3 ]= 0.1367 x 0,4 M = 0,055 M Verifichiamo il risultato applicando la relazione di Henderson-Hasselbach
2-
HCO3- = 10,3 - log 0,345 = 9,5 pH = pK 2 - log 20, 055 CO3 * * * * * * * * Le formule ottenute per un tampone costruito utilizzando un acido biprotico possono facilmente essere estese. Acido monoprotico HA
c HA
H + = + H + K1
K1 = H + + K1
c HA c A-
c H3 A =
H +
3 2
H + + K1 H + + K1 K 2 H + + K1 K 2 K 3
c H3 A =
cH
2A
K1 H +
3 2
H + + K1 H + + K1 K 2 H + + K1 K 2 K 3
cH
2A
c HA2- =
K1 K 2 H + + + + H + K1 H + K1 K 2 H + K1 K 2 K3
3 2
c HA2- =
c A3- =
K1 K 2 K 3 H + + K1 H + + K1 K 2 H + + K1 K 2 K 3
3 2
c A3- =
10
- ( pK1 + pK 2 + pK 3 ) - ( pK1 + pK 2 + pK 3 )
16.6.6 Calcolo della Ka al punto di semiequivalenza Un metodo semplice per determinare la costante di dissociazione di un acido (o di una base) consiste nel misurare il pH di una soluzione che contenga in egual concentrazione l'acido (o la base) ed il suo sale. In tali condizioni infatti pH = pk e quindi [H+] = ka. Per effettuare praticamente tale misura possibile aggiungere ad un acido debole di concentrazione nota un numero di equivalenti di una base forte pari alla met di quelli dell'acido (punto di semiequivalenza). In tal modo esattamente la met dell'acido verr salificata. Se non si conosce la concentrazione dellacido debole necessario eseguire una titolazione, (operazione di cui parleremo pi estesamente in seguito), aggiungendo progressivamente piccole quantit di una base forte (titolante) e misurando il pH dopo ogni aggiunta. La curva di titolazione (pH contro titolante) che si ottiene in questo modo, mostra un flesso orizzontale che permette di individuare il punto di semiequivalenza ed il relativo pH ( e quindi il pK dellacido debole)
Si noti come in corrispondenza del punto di semiequivalemza la curva di titolazione presenti una pendenza molto piccola, proprio a causa del comportamento tampone della soluzione. In altre parole, a grandi variazioni di base forte aggiunta alla soluzione ([Base] grande), corrispondono piccole variazioni di pH (pH piccolo).
DpH rappresenta la pendenza della retta secante la curva di titolazione nei due punti D [ Base] considerati. Si pu dimostrare che, per aggiunte di base estremamente piccole (per [Base] che tende a zero), la retta secante si trasforma in una retta tangente ad un punto della curva di titolazione e la sua pendenza rappresenta una misura dellefficienza del tampone. Minore la pendenza della retta tangente al punto e pi efficiente il tampone in quel punto.
Il rapporto semplice daltra parte verificare che il reciproco della pendenza della retta tangente ad un punto della curva di titolazione non altro che la capacit del tampone. D [ Base] capacit = DpH Minore la pendenza della retta tangente e maggiore la capacit del tampone.
16.7 Elettroliti anfoteri in soluzione
Le sostanze che in soluzione possono comportarsi sia come acidi che come basi sono dette anfotere. Ad esempio il composto Al(OH)3 si comporta come un acido in presenza di basi e come base in presenza di acidi. L'idrossido di alluminio insolubile, ma mescolato con una base forte reagisce formando dei sali, gli alluminati che passano in soluzione Al(OH)3 + NaOH Na[Al(OH)4] alluminato di sodio
In questo caso il comportamento acido si esplica attraverso la cattura di ioni OH - e la formazione di ioni alluminato Al(OH)4-. Se mescolato con acidi forti l'idrossido di alluminio si comporta come una base debole formando sali di alluminio e cedendo ioni OH-. Al(OH)3 + 3HCl AlCl3 + 3H2O
I sali sono elettroliti forti ed in soluzione acquosa sono quindi completamente dissociati. Ma non tutti i sali sono egualmente solubili in acqua. Esistono sali molto solubili e sali poco solubili. Si definisce Solubilit (S) di una sostanza chimica, il numero di moli di tale sostanza disciolte in un litro di soluzione satura (Solubilit = molarit soluzione satura). Le sostanze chimiche possono essere classificate in base alla loro solubilit in Insolubili con solubilit inferiore a 10-3 M Debolmente solubili con solubilit compresa tra 10-3 e 10-1 M Solubili con solubilit superiore a 10-1 M Qui tratteremo dei sali debolmente solubili ed insolubili, poich quelli solubili sono in grado di produrre delle soluzioni talmente concentrate che il loro comportamento si discosta eccessivamente dall'idealit cui si applicano le leggi degli equilibri chimici. Supponiamo di porre in acqua un sale poco solubile, per esempio BaSO4. Una piccola parte del sale passa in soluzione e si stabilisce il seguente equilibrio BaSO4(s)
+ Ba (2aq ) + SO 4 ( aq ) 2-
tra il corpo di fondo indissociato che non si disciolto ed quindi allo stato solido, e la soluzione satura dei suoi ioni. In questo caso particolare si trova che all'equilibrio, alla temperatura di 25C, le concentrazioni degli ioni in soluzione sono [Ba2+] = [SO42-] = 1,04. 10-5 mol/L Tenendo presente che ogni mole di solfato di bario che si scioglie, si dissocia in uno ione bario e in un anione solfato, la solubilit del solfato di bario sar quindi S = 1,04 . 10-5 mol/L. In molti casi risulta pi conveniente esprimere la solubilit in grammi di sale disciolto in un litro di soluzione satura. E' evidente che per ottenere tale valore sufficiente moltiplicare la molarit per il peso molare del sale. Ad esempio, sapendo che il peso molare del solfato di bario 233 g/mol, la sua solubilit espressa in g/L vale S = 1,04. 10-5 mol/L . 233 g/mol = 2,42.10-3 g/L Tra il corpo di fondo indissociato e gli ioni presenti nella soluzione satura esiste un equilibrio dinamico. All'equilibrio infatti per ogni molecola di sale che passa in soluzione e si dissocia, una molecola di sale si forma per unione degli ioni in soluzione e si deposita sul fondo. Anche per tale equilibrio naturalmente possibile scrivere la relativa equazione
Ba 2+ SO4 2- k= [ BaSO4 ]
Trattandosi per di un equilibrio eterogeneo in cui la concentrazione del solido indissoluto costante, esso viene espresso inglobando la concentrazione del solido nella costante di equilibrio
k ps = k [ BaSO4 ] = Ba 2+ SO4 2-
La nuova costante prende il nome di prodotto di solubilit o kps. Naturalmente il prodotto di solubilit una costante solo a temperatura costante e descrive solo soluzioni sature. In una soluzione non satura il prodotto delle concentrazioni ioniche inferiore al prodotto di solubilit. E' infine evidente che tanto minore il valore del prodotto di solubilit tanto meno solubile il sale e viceversa. Esiste infatti una precisa relazione tra solubilit e prodotto di solubilit. Tale relazione non per identica per tutti i sali, ma dipende dalla stechiometria del sale (in altre parole dal numero di ioni dissociabili). Ad esempio per sali del tipo AB che si dissociano in due soli ioni vale la seguente relazione kps = S2 per sali del tipo A2B o AB2 che si dissociano in tre ioni vale kps = 4S3 Ci significa che se vogliamo confrontare le solubilit di due sali analizzando le rispettive kps possiamo farlo solo nel caso in cui i due sali possiedano la stessa stechiometria. Ad esempio possiamo affermare che FeS (kps =3,7.10-19) meno solubile di AgBr (kps = 5.10-13) poich entrambi i sali si dissociano in due ioni. Ma se vogliamo confrontare le solubilit di SrF2 (kps = 2,8.10-9) e di SrSO4 (kps = 3,8.10-7) non possiamo semplicemente basarci sui valori dei rispettivi kps, ma dobbiamo calcolarci le solubilit Se indichiamo con x il numero di moli di SrF2 che si sciolgono e si dissociano in x moli di ioni Sr2+ e 2x moli di ioni F-, ed osserviamo che x rappresenta anche la solubilit del sale, possiamo scrivere
k ps = Sr 2+ F e quindi
][ ]
4
= x (2 x ) = 2,8 10 -9
2
S SrF2 = x = 3
k ps
= 8,9 10 -4 mol / L
Se ora indichiamo con y il numero di mol/L di SrSO4 che si sciolgono (e quindi y = S) e si dissociano in y ioni Sr2+ e y ioni SO42-, possiamo scrivere
k ps = Sr 2+ SO4
e quindi
][
2-
]= y
= 3,8 10 -7
16.8.1 Effetto dello ione comune E' il caso ad esempio dell'aggiunta alla soluzione di un sale (o di un generico elettrolita poco solubile) di un elettrolita molto solubile che abbia con il primo uno ione in comune. Per il principio di Le Chatelier l'equilibrio di solubilit del sale poco solubile si sposter allora verso sinistra, con formazione di sale indissociato insolubile, il quale precipita. Il valore di kps rimane naturalmente invariato, mentre, per effetto della precipitazione, diminuisce la solubilit del sale.
Esempio
Vediamo come varia la solubilit del cloruro di argento (kps = 1,56.10-10) se ad un litro di soluzione satura vengono aggiunte 10-2 moli di HCl. L'equilibrio di solubilit del cloruro di argento AgCl(s) Ag+(aq) + Cl-(aq)
tenendo conto che per ogni x moli ad AgCl che si dissociano si formano x moli di ioni Ag+ e x moli di ioni Cl-, il prodotto di solubilit vale
k ps = Ag + Cl - = x 2
e la sua solubilit iniziale
][ ]
][ ]
Tenendo infine conto che y dovr essere minore di x e quindi trascurabile rispetto a 10-2, possiamo scrivere
k ps = Ag + Cl - = y 10-2
che risolta fornisce
y = [Ag+] = 1,56.10-8 mol/L, la concentrazione degli ioni Cl- sar naturalmente pari a [Cl-] = 10-2 + 1,56.10-8 = 10-2 mol/L, mentre la solubilit del sale sar naturalmente pari alla concentrazione dello ione presente in quantit minore e quindi SAgCl = [Ag+] = 1,56.10-8 mol/L Come si pu osservare la solubilit diminuita di 3 ordini di grandezza, a causa della precipitazione di 1,248.10-5 (x - y) moli di AgCl. 16.8.2 Equilibrio di solubilit e precipitazione La conoscenza del valore del prodotto di solubilit permette di prevedere se, date certe condizioni, abbia luogo la formazione di un precipitato. Poich le concentrazioni che compaiono nella relazione del prodotto di solubilit kps sono le concentrazioni della soluzione satura, si avr la formazione di un precipitato ogniqualvolta le concentrazioni degli ioni in soluzione siano tali per cui venga superato il valore di kps. Il prodotto delle concentrazioni degli ioni in soluzione detto prodotto ionico. Si ha dunque precipitazione se, per un dato sale, il prodotto ionico maggiore del suo prodotto di solubilit.
Esempio 1 Calcoliamo a che pH inizia a precipitare Mg(OH)2 (kps = 5,4 10-12) in una soluzione 0,2 M di MgCl2. Nella soluzione sono presenti 0,2 mol/L di ioni Mg2+ provenienti dalla completa dissociazione del cloruro di magnesio. Indichiamo allora con x la concentrazione di ioni OH- oltre la quale precipita lidrossido di magnesio in una soluzione contenente 0,2 mol/L di ioni Mg2+ kps = [Mg2+] [OH-]2 = 0,2 x2 = 5,4 10-12
x = OH
]=
k ps
pH = - log10 H + = - log10
Esempio 2 A 50 mL di una soluzione 0,1 M di AgNO3 vengono addizionati 50 mL di una soluzione 5 10-2 M di K2CrO4. Calcoliamo quanti grammi di Ag2CrO4 (kps = 1,1 10-12) precipitano e le concentrazioni di Ag+ e CrO42- presenti nella soluzione satura. In 50 mL di soluzione 0,3 M di AgNO3 sono presenti un numero di moli ioni Ag+ pari a n = M V = 0,3 mol/L x 0,05 L = 1,5 10-2 mol In 50 mL di soluzione 5 10-2 M di K2CrO4 sono presenti un numero di moli di CrO42- pari a n = M V = 5 10-2 mol/L x 0,05 L = 2,5 10-3 mol Gli ioni Ag+ si riassociano con gli ioni CrO42- nel rapporto di 2 a 1 secondo la reazione 2Ag+ + CrO42- Ag2CrO4(s) Se ora supponiamo che tutte le 2,5 10-3 moli dellanione cromato (in difetto rispetto allo ione argento) si riassocino con le 5 10-3 moli di Ag+, precipiteranno 2,5 10-3 moli di Ag2CrO4, e rimarr in soluzione un eccesso di ioni Ag+ pari a (1,5 10-2 5 10-3) = 10-2 moli, le quali, in un volume totale di 50 + 50 = 100 mL, presenteranno una concentrazione M = n/V = 10-2 mol : 0,1 L = 10-1 mol/L Tuttavia lanione cromato CrO42- non pu precipitare completamente ed in soluzione ne deve rimanere una quantit x e quindi anche unulteriore quantit 2x di ione Ag+ tali da soddisfare il prodotto di solubilit del cromato di argento kps = [Ag+]2 [CrO42-] = (10-1 + 2x)2 x = 1,1 10-12
essendo la kps molto piccola possiamo ipotizzare che la quantit x sia piccola e trascurabile rispetto alla concentrazione 101 M di Ag+ gi presente in soluzione. In altre parole assumiamo che (10-1 + 2x) 10-1 e dunque kps = [Ag+]2 [CrO42-] = (10-1 + 2x)2 x (10-1)2 x = 1,1 10-12
x=
(10 )
k ps
-1 2
Verifichiamo che lapprossimazione effettuata sia accettabile. (10-1 + 2x) = (10-1 + 2,2 10-10) 10-1 La x calcolata di ben 9 ordini di grandezza inferiore alla concentrazione di Ag+ gi presente in soluzione. Dunque in soluzione rimangono [CrO42-] = 1,1 10-10 mol/L [Ag+] = 10-1 mol/L Infine, rispetto alle 2,5 10-3 moli di Ag2CrO4 delle quali avevamo inizialmente calcolato la precipitazione, la piccola quantit di CrO42- che non precipita (1,1 10-10 mol/L) risulta ovviamente trascurabile. Avendo il cromato dargento peso molare pari a PM = 331,74 g/mol, sono precipitati n x PM = (2,5 10-3 mol) x (331,74 g/mol) = 0,83 g Esempio 3 Calcoliamo la concentrazione degli ioni in una soluzione che sia contemporaneamente satura in CaCrO 4 (kps = 7,1 10-4) e SrCrO4 (kps = 3,6 10-5). Nella soluzione devono essere contemporaneamente soddisfatti i seguenti due equilibri CaCrO4(s) D Ca2+(aq) + CrO42-(aq) SrCrO4(s) D Sr2+(aq) + CrO42-(aq) Come si pu osservare i due sali presentano lanione in comune e quindi ciascun equilibrio pi spostato verso sinistra di quanto non avverrebbe se ciascun sale fosse presente da solo in soluzione. In altre parole la solubilit di ciascun sale risulta inferiore. Se indichiamo con x la solubilit del sale di calcio e con y la solubilit del sale di stronzio dovr essere CaCrO4(s) D Ca2+(aq) + CrO42-(aq) x x+y SrCrO4(s) D Sr2+(aq) + CrO42-(aq) y x+y e quindi 1) 2) kps = [Ca2+] [CrO42-] = x (x + y) = 7,1 10-4 kps = [Sr2+] [CrO42-] = y (x + y) = 3,6 10-5
esplicitiamo y dalla 1)
3) e sostituiamolo nella 2)
y=
7,1 10 -4 -x x
Esempio 4 Calcoliamo la concentrazione degli ioni in una soluzione che sia contemporaneamente satura in CaSO4 (kps = 7,1 10-5) e BaSO4 (kps = 1,1 10-10). Nella soluzione devono essere contemporaneamente soddisfatti i seguenti due equilibri CaSO4(s) D Ca2+(aq) + SO42-(aq) BaSO4(s) D Ba2+(aq) + SO42-(aq) Come si pu osservare i due sali presentano lanione in comune e quindi ciascun equilibrio pi spostato verso sinistra di quanto non avverrebbe se ciascun sale fosse presente da solo in soluzione. Come nellesempio precedente, se indichiamo con x la solubilit del sale di calcio e con y la solubilit del sale di stronzio dovr essere CaSO4(s) D Ca2+(aq) + SO42-(aq) x x+y BaSO4(s) D Ba2+(aq) + SO42-(aq) y x+y 1) 2) kps = [Ca2+] [SO42-] = x (x + y) = 7,1 10-5 kps = [Ba2+] [SO42-] = y (x + y) = 1,1 10-10
e quindi
Tuttavia, rispetto allesempio precedente, il problema pu essere risolto attraverso una trattazione semplificata. I due prodotti di solubilit differiscono infatti per circa 4 ordini di grandezza. Possiamo pertanto supporre che la concentrazione dello ione comune SO42- sia in pratica determinata solo dal sale pi solubile (CaSO42-) mentre il contributo del sale meno solubile sia trascurabile. Indichiamo dunque con x il numero di moli per litro di solfato di calcio che passano nella soluzione satura CaSO4(s) D Ca2+(aq) + SO42-(aq) x x kps = [Ca2+] [SO42-] = x2 = 7,1 10-5
x = Ca 2+ = SO4
] [
2-
]=
k ps = 7,1 10 -5 = 8,43 10 -3
possiamo usare ora la concentrazione dellanione solfato nel prodotto di solubilit del sale meno solubile per calcolare la concentrazione del Ba2+. BaSO4(s) D Ca2+(aq) + SO42-(aq) y 8,43 10-3 kps = [Ba2+] [SO42-] = y(8,43 10-3) = 1,1 10-10
y = Ba 2+ =
[SO ]
24
k ' ps
Esempio 5 A 100 mL di una soluzione 9 10-3 M di Ag2SO4 vengono addizionati 100 mL di una soluzione 1,25 10-2 M di BaCl2. Calcoliamo le concentrazioni degli ioni in soluzione sapendo che la kps di AgCl 1,8 10-10 e la kps di BaSO4 1,1 10-10. Si formano 200 mL di soluzione in cui sono presenti n = M x V = 9 10-3 mol/L x 0,1 L = 9 10-4 mol di Ag2SO4 completamente dissociate in 1,8 10-3 mol di Ag+ con concentrazione 9 10-4 mol di SO42- con concentrazione [Ag+] = n/V = 1,8 10-3 mol / 0,2 L = 9 10-3 mol/L [SO42-] = n/V = 9 10-4 mol / 0,2 L = 4,5 10-3 mol/L
n = M x V = 1,25 10-2 mol/L x 0,1 L = 1,25 10-3 mol di BaCl2 completamente dissociate in 1,25 10-3 mol di Ba2+ con concentrazione 2,5 10-3 mol di Cl- con concentrazione [Ba2+] = n/V = 1,25 10-3 mol / 0,2 L = 6,25 10-3 mol/L [Cl-] = n/V = 2,5 10-3 mol / 0,2 L = 1,25 10-2 mol/L
Le concentrazioni in soluzione eccedono i prodotti di solubilit sia di AgCl che di BaSO4, i quali dunque precipiteranno [Ag+] [Cl-] = (9 10-3) x (1,25 10-2) = 1,1 10-4 > 1,8 10-10 [Ba2+] [SO42-] = (6,25 10-3) x (4,5 10-3) = 2,8 10-5 > 1,1 10-10
Per ciascun sale poco solubile si individua lo ione presente in difetto e se ne ipotizza la completa precipitazione calcolando il numero di moli residue dellaltro ione. Per AgCl abbiamo inizialmente in soluzione 1,8 10-3 mol di Ag+ (in difetto) contro 2,5 10-3 mol di Cl(in eccesso)
1,8 10-3 moli di Ag+ si riassociano con altrettante moli di Cl- e precipitano mentre rimangono in soluzione (2,5 10-3 - 1,8 10-3) = 7,0 10-4 moli di Cl-, corrispondenti ad una concentrazione residua [Cl-]res = n/V = 7,0 10-4 mol / 0,2 L = 3,5 10-3 mol/L Tuttavia lo ione Ag+ non pu precipitare completamente ed in soluzione ne deve rimanere una quantit x e quindi anche unulteriore quantit x di ione Cl- (che si aggiunger a quella residua) tali da soddisfare il prodotto di solubilit del cloruro di argento kps = [Ag+] [Cl-] = x ([Cl-]res + x) = x (3,5 10-3 + x) = 1,8 10-10 trascurando la x nella somma otterremo x = [Ag+] =
= 5,1 10-8
[Cl-] = ([Cl-]res + x) = (3,5 10-3 + 5,1 10-8) = 3,5 10-3 Per BaSO4 abbiamo inizialmente in soluzione 1,25 10-3 mol di Ba2+ (in eccesso) contro 9 10-4 mol di SO42(in difetto)
9 10-4 moli di SO42- si riassociano con altrettante moli di Ba2+ e precipitano mentre rimangono in soluzione (1,25 10-3 - 9 10-4) = 3,5 10-4 moli di Ba2+, corrispondenti ad una concentrazione residua [Ba2+]res = n/V = 3,5 10-4 mol / 0,2 L = 1,75 10-3 mol/L Tuttavia lo ione SO42- non pu precipitare completamente ed in soluzione ne deve rimanere una quantit y e quindi anche unulteriore quantit y di ione Ba2+ (che si aggiunger a quella residua) tali da soddisfare il prodotto di solubilit del solfato di bario kps = [Ba2+] [SO42-] = ([Ba2+]res + y) y = (1,75 10-3 + y) y = 1,1 10-10 trascurando la y nella somma otterremo
y = [SO42-] =
= 6,3 10-8
[Ba2+] = ([Ba2+]res + y) = (1,75 10-3 + 6,3 10-8) = 1,75 10-3 Esempio 6 In un litro di soluzione sono presenti 0,15 moli di CuBr e 0,25 moli di AgCl. Calcoliamo le concentrazioni degli ioni in soluzione sapendo che AgBr (kps 5.0 10-13), AgCl (kps = 1,6 10-10), CuBr (kps = 4,9 10-9) e CuCl (kps = 1,4 10-6) In soluzione sono presenti i 4 ioni Cu+ Ag+ Br- e Cl- le cui concentrazioni devono soddisfare gli equilibri di solubilit di tutti e 4 i sali poco solubili che si possono formare. Notiamo poi che la kps di AgBr presenta il valore pi piccolo e quindi questo sale inizier a precipitare sottraendo ioni agli altri sali che sposteranno il loro equilibrio verso destra aumentando in tal modo la loro solubilit. Per risolvere questo tipo di problemi in cui compaiono pi sali poco solubili con ioni in comune, si calcola il numero di moli con cui presente ciascun ione e poi si immagina di far precipitare i Sali ad iniziare dal meno solubile in ordine di solubilit crescente. Il numero di moli iniziali con cui presente ciascun ione 0,15 moli di Cu+ 0,15 moli di Br- 0,25 moli di Ag+ 0,25 moli di ClPer ciascun sale poco solubile si individua lo ione presente in difetto e se ne ipotizza la completa precipitazione calcolando il numero di moli residue dellaltro ione. Per AgBr, il sale meno solubile (kps 5.0 10-13) abbiamo inizialmente
contro
Precipitano 0,15 moli di AgBr e rimangono 0,10 moli residue di Ag +. Complessivamente ora gli altri tre Sali hanno a disposizione le seguenti moli residue 0,15 moli di Cu+ 0 moli di Br 0,10 moli di Ag+ 0,25 moli di Cl-
Per AgCl che presenta il terzo valore di solubilit (kps 1.6 10-13) sono disponibili 0,10 mol di Ag+ (in difetto) contro 0,25 mol di Cl(in eccesso)
Precipitano 0,10 moli di AgCl e rimangono 0,15 moli residue di Cl-. Complessivamente ora gli altri due sali hanno a disposizione le seguenti moli residue 0,15 moli di Cu+ 0 moli di Br 0 moli di Ag+ 0,15 moli di Cl-
Per CuBr, che presenta il terzo valore di solubilit (k ps 4.9 10-9) sono disponibili 0,15 mol di Cu+ (in eccesso) contro 0 mol di Br(in difetto)
e quindi non precipita. Tutto il CuBr che inizialmente era presente nel sistema si disciolto e d i suoi ioni hanno contribuito alla formazione dei precipitati degli altri tre Sali. Per CuCl, che presenta il quarto valore di solubilit (k ps 1.4 10-6) sono disponibili 0,15 mol di Cu+ contro 0.15 mol di Cl-
e quindi precipitano 015 moli di CuCl senza lasciare ioni residui in soluzione. Dunque abbiamo una soluzione satura nei tre sali AgBr, AgCl e CuCl Se ora indichiamo con x la solubilit do AgBr y la solubilit di AgCl z la solubilit di CuCl possiamo scrivere AgBr(s) D Ag+(aq) + Br-(aq) x+y x AgCl(s) D Ag+(aq) + Cl-(aq) x+y y+z CuCl(s) D Cu+(aq) + Cl-(aq) z y+z 1) 2) 3) kps = [Ag+] [Br-] = (x + y) x = 5,0 10-13 kps = [Ag+] [Cl-] = (x + y) (y + z) = 1,6 10-10 kps = [Cu+] [Cl-] = z (y + z) = 1,4 10-6
e quindi
x = Br
[ ]=
-
k ps (k ' ps + k " ps )
2
k ' ps (k ps + k ' ps )
= 3,692 10 -6
-13 -6
= 1,354 10 -7
-10 -7
= 1,182 10 -3
-6 -3
= 1,184 10 -3
Tuttavia, anche in questo caso, il problema poteva essere risolto attraverso una trattazione semplificata. I tre prodotti di solubilit differiscono infatti per diversi ordini di grandezza. Possiamo pertanto supporre che la concentrazione di Cu+ e Clsia in pratica determinata solo dal sale pi solubile (CuCl). Indichiamo dunque con x il numero di moli per litro di cloruro rameoso presenti nella soluzione satura CuCl(s) D Cu+(aq) + Cl-(aq) x x kps = [Cu+] [Cl-] = x2 = 1,4 10-6
[ ] [ ]
16.8.3 Equilibrio di solubilit, idrolisi e pH Il calcolo della solubilit di un elettrolita poco solubile risulta pi complesso nel caso in cui uno degli ioni che compongono lelettrolita partecipi ad un equilibrio di idrolisi. In questo caso infatti lo ione viene sottratto allequilibrio di solubilit, essendo coinvolto nellequilibrio di idrolisi, e ci fa aumentare la solubilit dellelettrolita. Ci avviene quando lanione del sale poco solubile proviene da un acido debole e quindi in soluzione d idrolisi basica o quando, pi raramente, il catione del sale poco solubile in soluzione presenta un comportamento acido. In entrambi i casi variazioni di pH possono modificare la solubilit Solubilit ed idrolisi basica Se, ad esempio, sciogliamo in acqua un generico sale poco solubile MA, in cui lanione A- proviene dallacido debole HA, in soluzione avremo, in competizione reciproca, sia lequilibrio di solubilit MA(s) D M+(aq) + A-(aq) che lequilibrio di idrolisi A- + H2O D HA + OHPoich lequilibrio di idrolisi sottrae ioni A- allequilibrio di solubilit, questultimo, per il principio di Le Chatelier, si sposter verso destra, per ridare gli ioni A -. In tal modo una maggior quantit di MA(s) passa in soluzione e la solubilit del sale risulta maggiore rispetto a quella che avremo avuto in assenza di idrolisi. Per risolvere in modo esatto questo tipo di problema dovremmo considerare contemporaneamente i due equilibri che si disturbano reciprocamente e calcolare le quantit di equilibrio che li soddisfano entrambi. Se indichiamo con x il numero di moli per litro di soluzione di AB che si sciolgono (x dunque la solubilit S del sale) e con y le moli per litro dello ione A- che si idrolizzano, possiamo scrivere k ps = M + A- = x ( x - y )
2 k w [ HA] OH = y = kh = ka A- ( x - y)
un sistema di due equazioni in due incognite, che, risolto rispetto alla x, fornisce la seguente equazione di quarto grado 2 x 4 - 2k ps x 2 - k h k ps x + k ps = 0 Si utilizzano pertanto dei metodi approssimati che vedremo in seguito con alcuni esempi. Si tenga inoltre presente che per effetto dellidrolisi il pH della soluzione pu cambiare. In particolare il pH si modifica in modo non trascurabile se il sale abbastanza solubile (kps non troppo piccola) e la costante di idrolisi relativamente elevata. Indicativamente ci avviene quando il prodotto tra la costante di idrolisi kh ed il prodotto di solubilit kps maggiore od uguale a 10-18
k h k ps 10 -18
Inoltre la solubilit di questi sali risente del pH della soluzione. Se infatti diminuiamo il pH, aumentando la concentrazione degli ioni H+ presenti in soluzione, disturbiamo lequilibrio di idrolisi. Gli ioni H+ si riassociano con gli ioni OH- per dare acqua e lequilibrio si sposta verso destra. Ci fa ulteriormente diminuire la concentrazione di ioni A- (che si trasformano in HA), costringendo il sale a sciogliersi ulteriormente. Se diminuiamo il pH, la solubilit di un sale poco solubile che d idrolisi basica aumenta. Si pu dimostrare che ci accade per pH inferiori al pka dellacido debole pH < pka Solubilit ed idrolisi acida Se sciogliamo in acqua un generico sale poco solubile MA, in cui il catione M+ ha un comportamento acido, in soluzione avremo, in competizione reciproca, sia lequilibrio di solubilit MA(s) D M+(aq) + A-(aq) che lequilibrio di idrolisi M+ + H2O D MOH + H+ Poich lequilibrio di idrolisi sottrae ioni M+ allequilibrio di solubilit, questultimo, per il principio di Le Chatelier, si sposter verso destra, per ridare gli ioni M +. In tal modo una maggior quantit di MA(s) passa in soluzione e la solubilit del sale risulta maggiore rispetto a quella che avremo avuto in assenza di idrolisi. Per risolvere in modo esatto questo tipo di problema dovremmo considerare contemporaneamente i due equilibri che si disturbano reciprocamente e calcolare le quantit di equilibrio che li soddisfano entrambi. Se indichiamo con x il numero di moli per litro di soluzione di AB che si sciolgono (x dunque la solubilit S del sale) e con y le moli per litro dello ione M +. che si idrolizzano, possiamo scrivere k ps = M + A - = ( x - y ) x
[ ][ ]
ka =
[ MOH ] H +
M +
y2 ( x - y)
un sistema di due equazioni in due incognite, che, risolto rispetto alla x, fornisce la seguente equazione di quarto grado 2 x 4 - 2k ps x 2 - k a k ps x + k ps = 0
NB. Nel caso dellidrolisi acida dei cationi metallici la costante di idrolisi viene indicata come ka
Si utilizzano pertanto dei metodi approssimati che vedremo in seguito con alcuni esempi. Si tenga inoltre presente che per effetto dellidrolisi il pH della soluzione pu cambiare. In particolare il pH si modifica in modo non trascurabile se il sale abbastanza solubile (kps non troppo piccola) e la ka del catione relativamente elevata. Indicativamente ci avviene quando il prodotto tra la k a ed il prodotto di solubilit kps maggiore od uguale a 10-18
k h k ps 10 -18
Inoltre la solubilit di questi sali risente del pH della soluzione anche se in modo opposto al caso precedente . Se infatti aumentiamo il pH, diminuendo la concentrazione degli ioni H+ presenti in soluzione, disturbiamo lequilibrio di idrolisi che si sposta verso destra. Ci fa ulteriormente diminuire la concentrazione di ioni M+ (che si trasformano in MOH), costringendo il sale a sciogliersi ulteriormente. Se aumentiamo il pH, la solubilit di un sale poco solubile che d idrolisi acida aumenta. Si pu dimostrare che ci accade per pH superiori al pka del catione acido pH > pka
Esempio 1 Calcoliamo la solubilit ed il pH di una soluzione di AgCN, sapendo che la sua k ps =1,6 10-16 e la ka dellacido cianidrico HCN 4,8 10-10. Calcoliamo inoltre la solubilit del medesimo sale in una soluzione tamponata a pH = 3. Sono presenti i seguenti due equilibri AgCN(s) D Ag+(aq) + CN-(aq) CN- + H2O D HCN + OHLe cui relazioni di equilibrio sono, rispettivamente 1)
k ps = Ag + CN -
][
2)
k w [ HCN ] OH kh = = ka CN
k ps = Ag + CN - = x x
Eseguiamo il bilancio di massa. Per ogni molecola di AgCN che si dissocia, si formano uno ione Ag + ed uno ione CN-. Ma parte degli ioni CN- si trasformano in HCN, per cui la loro somma (CN- + HCN) dovr essere uguale al numero totale di ioni Ag+ presenti in soluzione. 3)
Ag + = CN - + [ HCN ]
dalla relazione di equilibrio dellacido cianidrico esplicitiamo la concentrazione dellacido indissociato HCN
H + CN - ka = [ HCN ]
e sostituiamola nella 3)
+
H + CN - [ HCN ] = ka
+ -
4)
[Ag ] = [CN ] 1 + [H ] k
+ +
dal prodotto di solubilit esplicitiamo la concentrazione dellanione cianuro CN- e sostituiamola nella 4)
H + Ag = Ag + 1 + k a + 2 H Ag + = k ps 1 + ka
+
k ps
[ ]
H+ S = Ag + = k ps 1 + ka
[ ]
piccolo, il termine
H+ 1 + ka
+
dal pH. La formula si riduce infatti a quella normale per il calcolo della solubilit
La solubilit inizia ad aumentare per concentrazioni di ioni H superiori alla ka e dunque per pH < pka
In questo caso la [H+] non dovrebbe essere molto distante da 10-7. Il prodotto di solubilit infatti molto piccolo e si liberano quindi pochi ioni CN-, i quali danno unidrolisi non molto elevata (kh = 2,1 10-5). Il prodotto (kh x kps) = 3,4 10-21 minore di 10-18 e quindi la variazione di pH trascurabile. comunque possibile valutare il pH della soluzione. Esplicitiamo la concentrazione degli ioni Ag+ dalla 1) e sostituiamola nella 3)
6)
k ps CN -
= CN - + [ HCN ]
Ora, osservando che lequilibrio di idrolisi genera uno ione OH- per ogni molecola di acido indissociato HCN, potremo scrivere [OH-] = [HCN] che, sostituito nella 6) dar
k ps CN -
7) e sostituito nella 2) fornisce 8)
= CN - + OH -
2
k ps = CN - + OH - CN -
k w OH OH OH = = kh = ka CN CN 2
[CN
e sostituiamola nella 7)
] = [OH ]
kh
- 2
k ps
OH = kh
+ OH - OH kh
][
k ps
[OH ] + [OH ] =
- 4
- 3
kh
kh
9)
k ps
[OH ] [OH ] + 1 =
- 3 -
kh
Come abbiamo detto, tenendo presente che il sale poco solubile e quindi la concentrazione di anione CN - comunque molto piccola, lidrolisi non dovrebbe far variare molto il pH. La concentrazione degli ioni OH- che si genera non dovrebbe essere molto elevata per cui possiamo ipotizzare che il rapporto [OH -]/kh sia trascurabile rispetto ad 1, cio che
k h
OH + 1 1 k h
La 9) diventa allora
k ps
e dunque
[OH ] =
kh
- 3
[OH ] =
-
k ps k h = 3 k ps
verifichiamo ora che il termine che abbiamo trascurato sia effettivamente trascurabile
pH = - log10 H + = - log10
[ ]
H+ S = Ag + = k ps 1 + ka
[ ] =
= 1,5 10 -7 mol / L
Per effetto dellidrolisi la solubilit maggiore di un ordine di grandezza rispetto a quella inizialmente calcolata in assenza di idrolisi (1,26 10-8 mol/L) Calcoliamo infine la solubilit in una soluzione tamponata a pH = 3. La concentrazione degli ioni H+ pari a 10-3 mol/L e dunque la solubilit sar
H+ S = Ag + = k ps 1 + ka
[ ] =
= 1,8 10 -5 mol / L
La solubilit aumentata per effetto dellambiente acido che sposta lequilibrio di idrolisi verso destra. In questo modo vengono sottratti ioni CN- allequilibrio di solubilit che si sposta a sua volta verso destra. Esempio 2 Calcoliamo la solubilit ed il pH di una soluzione di CaCO3 sapendo che la sua kps = 5 10-9 e le costanti di prima e seconda dissociazione dellacido carbonico H2CO3 valgono rispettivamente ka1 = 4,3 10-7 e ka2 = 5,6 10-11. Calcoliamo inoltre la solubilit del medesimo sale in una soluzione tamponata a pH = 5. Sono presenti i seguenti tre equilibri CaCO3 (s) D Ca2+(aq) + CO32-(aq) 1)
k ps = Ca 2+ CO3
2)
][
2-
] = 5 10
-9
CO32-
+ H2O D
HCO3-
+ OH
HCO3-
+ H2O D H2CO3 + OH
3)
k ps = Ca 2+ CO3
][
2-
]= x x
x = S = k ps = 5 10 -9 = 7,1 10 -5 mol / L
Eseguiamo il bilancio di massa. Per ogni molecola di CaCO3 che si dissocia, si liberano uno ione Ca2+ ed uno ione CO32-. Ma parte digli ioni CO32- si trasformano in HCO3- e H2CO3, per cui la loro somma (CO32-. + HCO3- + H2CO3) dovr essere uguale al numero totale di ioni Ca2+ presenti in soluzione. 4)
k a1 =
e sostituiamola nella 4) 5)
[H ] [HCO ]
+ -
[H 2 CO3 ]
2+
[H 2 CO3 ] = [H
+ 3
] [HCO ]
3
k a1
3
]+ [H ] [HCO ]
k a1
H + CO32- ka 2 = - HCO3
e sostituiamola nella 5)
+
[HCO
23
] = [H ] [CO ]
+ 23
ka2
[H ] [H ]k[CO ] ]+
+ + 23 a2
k a1
6)
[Ca ] = [CO ]
2+ 23
+ + 2 1 + H + H k a2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
dal prodotto di solubilit esplicitiamo la concentrazione dellanione carbonato CO32- e sostituiamola nella 6)
[Ca ] = [Ca ]
2+
k ps
2+
2 H+ H+ 1 + + k a2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
[Ca ]
La solubilit dunque pari a 5)
2+ 2
2 H+ H+ = k ps 1 + + ka2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
S = Ca
2+
+ + 2 1 + H + H = k ps k a2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
la si la di
Per determinare la solubilit necessario conoscere la concentrazione di ioni H + presenti in soluzione. In questo caso soluzione dovrebbe essere piuttosto basica. Il prodotto di solubilit non infatti molto piccolo e gli ioni CO32- che liberano danno unidrolisi non trascurabile (kh = 1,8 10-4). Il prodotto (kh x kps) = 9 10-13 maggiore di 10-18 e quindi variazione di pH non trascurabile. Possiamo tuttavia osservare che il primo equilibrio di idrolisi prevalente sul secondo (kh di ben quattro ordini grandezza pi elevata di kh). che pu dunque essere trascurato nel calcolo del pHAbbiamo visto nellesempio precedente che per stimare il pH si pu utilizzare le seguente relazione
6)
k ps =
[OH ] [OH ] + 1
- 3 -
k 'h
Effettuiamo una prima stima della concentrazione degli ioni OH-, ipotizzando che il rapporto [OH-]/kh sia trascurabile rispetto ad 1, cio che
k' h
OH k ' + 1 1 h
La 6) diventa allora
k ps
e dunque
[OH ] =
k 'h
- 3
[OH ] =
-
verifichiamo ora che il termine che abbiamo trascurato sia effettivamente trascurabile
k ps
- 3
k 'h
k' h
k 'h
1,536
[OH ] =
-
k ps k ' h 1,536
==
(5 10 ) (1,8 10 ) = 8,4 10
-9 -4
-5
1,536
mol / L
pH = - log10 H + = - log10
[ ]
S = Ca
2+
+ + 2 1 + H + H = k ps ka2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
-10 (1,2 10 -10 )2 = 1,26 10 -4 M = 5 10 -9 1 + 1,2 10 + 5,6 10 -11 (2,3 10 -8 ) (5,6 10 -11 )
Per effetto dellidrolisi la solubilit maggiore rispetto a quella inizialmente calcolata in assenza di idrolisi (7,1 10 -5 mol/L) Calcoliamo infine la solubilit in una soluzione tamponata a pH = 5. La concentrazione degli ioni H+ pari a 10-5 mol/L e dunque la solubilit sar
S = Ca
2+
]=
k ps
+ + 2 1 + H + H k a2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
= 5 10 -9
)(
= 6,24 10 -1 M
La solubilit aumentata per effetto dellambiente acido che sposta lequilibrio di idrolisi verso destra. Il carbonato di calcio si scioglie in ambiente acido. Esempio 3 Calcoliamo la solubilit di una soluzione di CaF2 tamponata a pH = 1 sapendo che kps = 3.9 10-11 e chelacido fluoridrico HF presenta ka = 6,8 10-4. Sono presenti i seguenti due equilibri CaF2(s) D Ca2+(aq) + 2F-(aq) F- + H2O D HF + OHLe cui relazioni di equilibrio sono, rispettivamente 1)
k ps = Ca 2+ F kh =
][ ]
[
= 3,9 10 -11
2)
[ ]
k ps = Ca 2+ F x=S =3 k ps 4 =3
][ ]
= x (2x )
Eseguiamo il bilancio di massa. Per ogni molecola di CaF2 che si dissocia, si formano uno ione Ca2+ e due ioni F-. Ma parte digli ioni F- si trasformano in HF, per cui la loro somma (F- + HF) dovr essere uguale al doppio del numero totale di ioni Ca2+ presenti in soluzione. 3)
2 Ca 2+ = F - + [HF ]
] [ ]
ka =
e sostituiamola nella 3)
[H ] [F ]
+ -
[HF ]
[HF ] = [H
+
] [F ]
-
ka
-
2 Ca
2+
] ] = [F ] + [H k [F ]
a
4)
2 Ca
2+
] [ ]
-
H+ = F 1 + ka
[ ]
H + 2 Ca = 1 + 2+ ka Ca
2+
k ps
4 Ca
La solubilit dunque pari a
2+ 3
H+ 1 + = k ps ka
[ ]
5)
S = Ca
2+
]=
In una soluzione tamponata a pH = 1 la concentrazione degli ioni H+ pari a 10-1 mol/L e dunque la solubilit sar
H+ k ps 1 + ka 4
[ ]
S = Ca
2+
]=
H+ k ps 1 + ka 4
[ ]
2 -11
3,9 10 =3
10 -1 1 + 6,8 10 -4 4
= 6,0 10 -3 mol / L
***************
Riassumendo
Se un sale poco solubile presenta lanione che proviene da un acido debole e quindi partecipa ad un equilibrio di idrolisi basica esso far variare il pH della soluzione se
k h k ps 10 -18
In tal caso possibile stimare il pH della soluzione utilizzando la seguente relazione
[H ] =
+
kw
3
k ps k h
H+ S = M + = k ps 1 + ka
[ ]
[ ]
Per sali con stechiometria del tipo M2A D 2M+ + A2- con la relazione
2 k ps
+ + 2 1 + H + H ka2 k a1 k a 2 2
S=
[M ] =
+
[ ] [ ]
Per sali con stechiometria del tipo M3A D 3M+ + A3- con la relazione
2 3 H+ H+ H+ 3 k ps 1 + + + k a 3 k a 2 k a 3 k a1 k a 2 k a 3 = 3 4
S=
[M ]
+
[ ] [ ]
[ ]
Per sali con stechiometria del tipo MA2 D M2+ + 2A- con la relazione
S= M
2+
]=
k ps H+ 1 + 4 ka
[ ]
Per sali con stechiometria del tipo MA D M2+ + A2- con la relazione
2 H+ H+ S = M 2 + = k ps 1 + + k a2 k a1 k a 2
[ ] [ ]
Per sali con stechiometria del tipo M3A2 D 3M2+ + 2A3- con la relazione
2 3 9 k ps H+ H+ H+ 1 + + + k a 3 k a 2 k a 3 k a1 k a 2 k a 3 4 3
[M ] = S=
2+
[ ] [ ]
[ ]
Per sali con stechiometria del tipo MA3 D M3+ + 3A- con la relazione
S= M
3+
]=
k ps H+ 1 + 27 ka
[ ]
Per sali con stechiometria del tipo M2A3 D 2M3+ + 3A2- con la relazione
8 k ps 27
+ + 2 1 + H + H k a2 k a1 k a 2 2
S=
[M ] =
3+
[ ] [ ]
Per sali con stechiometria del tipo MA D M3+ + A3- con la relazione
S= M
3+
3 + + 2 H+ 1 + H + H = k ps + k a 3 k a 2 k a 3 k a1 k a 2 k a 3
[ ] [ ]
[ ]
16.9
Gli elementi del gruppo d della tavola periodica (metalli di transizione) hanno gli orbitali d parzialmente vuoti e quindi possono acquistare dei doppietti elettronici (come vedremo in seguito, si comportano come acidi di Lewis). La reazione chimica tra questi elementi in vari stati ossidazione con molecole che possiedono doppietti solitari (e quindi con caratteristiche di base di Lewis) porta alla formazione di una classe di composti chiamata composti di coordinazione o complessi. Il legame chimico che si viene a formare in questa reazione viene chiamato legame di coordinazione. Per aggiunta di un legante L ad una soluzione contenente un metallo M si ha un equilibrio del tipo M + nL M(L)n
La posizione del punto di equilibrio di questa reazione dipende dal valore della costante di equilibrio che chiamata costante di formazione kf (o costante di stabilit kstab) del complesso.
kf =
[M (L )n ] [M ] [L]n
pi elevato il valore della costante di formazione, pi stabile il complesso e maggiore la quantit che se ne forma. Il reciproco della costante di formazione descrive ovviamente lequilibrio opposto ed nota come costante di instabilit kinst. M(L)n M + nL
kinst
1 [M ] [L] = = [M (L )n ] kf
n
La formazione di un complesso avviene attraverso una serie di equilibri successivi in soluzione attraverso i quali si legano una dopo laltra le molecole del legante. Per ciascuno di questi equilibri esiste una diversa costante di formazione, il cui valore in genere decresce allaumentare del numero di molecole di legante kf1 > kf2 >. Kf(n-1) > kfn
La costante complessiva di formazione si ottiene come prodotto della costanti dei singoli equilibri kf = kf1 kf2 . Kf(n-1) kfn Ad esempio, la formazione dello ione tetramminocadmio [Cd(NH3)4]2+, avviene attraverso i seguenti equilibri successivi Cd2+ Cd(NH3)2+ Cd(NH3)22+ Cd(NH3)32+ + NH3 + NH3 + NH3 + NH3 Cd(NH3)2+ Cd(NH3)22+ Cd(NH3)32+ Cd(NH3)42+ kf1 = 3,16102 kf2 = 1,26102 kf3 = 3,16101 kf4 = 1,0101
Lequilibrio complessivo si ottiene sommando membro a membro i quattro equilibri precedenti Cd2+ + 4NH3 Cd(NH3)42 kf = kf1 kf2 kf3 kf4 = 1,26 107
Esempio 1 Si consideri una soluzione 10-3 M di Ag+ e 1 M del legante CN-. Calcoliamo la concentrazione di equilibrio del complesso Ag(CN)2- e quella residua del catione libero Ag+, sapendo che la costante di formazione dello ione dicianoargentato k f = 2.51020 La soluzione esatta del problema richiederebbe il calcolo delle concentrazioni di equilibrio di 4 grandezze 1) [Ag+] 2) [CN-] 3) [AgCN] 4 [Ag(CN)2-] Dovremo scrivere 4 equazioni nelle 4 incognite. Le prime due sono le equazioni dei due equilibri parziali di complessazione
kf1 =
[Ag ] [CN ]
+ -
[AgCN ]
kf2 =
[AgCN ] [CN - ]
2
[Ag (CN ) ]
-
Le altre due derivano dal bilancio di massa del catione (la concentrazione iniziale CM del catione metallico deve essere uguale alla somma delle concentrazioni di equilibrio del catione libero residuo e del catione nelle diverse specie complessate) e del legante (la concentrazione iniziale CL del legante deve essere uguale alla somma delle concentrazioni di equilibrio del legante libero residuo e del legante nelle diverse specie complessate) CM = [Ag+] + [AgCN] + [Ag(CN)2-] CL = [CN-] + [AgCN] + [Ag(CN)2-] comunque possibile effettuare alcune approssimazioni Leccesso di legante sposta gli equilibri verso la formazione del complesso finale e dunque possiamo considerare solo lequilibrio complessivo Ag(CN)2Ag+ + 2CNCM x CL - 2x x
Tenuto inoltre conto che la concentrazione massima di legante necessaria alla sua formazione di 210-3 (una quantit doppia rispetto alla concentrazione iniziale del catione), la concentrazione di CN- in netto eccesso anche dopo la costituzione del complesso, e pertanto la sua concentrazione di equilibrio si pu approssimare a quella iniziale. [CN-]eq = CL - 2x CL = 1 M Inoltre, essendo lequilibrio completamente spostato verso il complesso, possiamo ritenere che lo ione argento sia stato praticamente convertito nel complesso e quindi [Ag(CN)2-]eq [Ag+]eq = CM = 10-3 M sostituendo nella relazione di equilibrio otteniamo
kf =
[Ag (CN ) ]
-
CM
= 2,5 10 20
da cui
[Ag ] =
+
k f (C L )
CM
2.5 10 (1)
20
10 -3
= 4 10 -24
Esempio 2 Calcoliamo la concentrazione di Cu2+ in una soluzione 0,1 M di CuCl2 dopo laggiunta di 0,5 mol/L di NH3. La costante di formazione dello ione complesso [Cu(NH3)4]2+ kf = 2 1012 Cu2+ + 4NH3 [Cu(NH3)4]2+
In questo caso la concentrazione del legante non in eccesso rispetto a quella del catione. Possiamo allora ragionare in termini della reazione opposta, la dissociazione del complesso, che presenta una costante di instabilit pari a kinst =1/kf = 5 10-13. La massima quantit di complesso che si pu formare in queste condizioni pari alla concentrazione iniziale del catione Cu2+, il quale reagisce con 0,4 mol/L di NH3. Rimangono in soluzione 0.5 0,4 = 0.1 mol/L di NH3. Consideriamo allora la dissociazione di 0.1 mol/L del complesso in presenza di 0,1 mol/L di NH 3 [Cu(NH3)4]2+ 0,1 x Cu2+ x
4
4NH3 0,1 + 4x
kinst
4 Cu 2+ [ NH 3 ] x ( 0.1 + 4 x ) = = Cu ( NH 3 ) 2+ ( 0.1 - x ) 4
Essendo la costante di instabilit estremamente piccola, la quantit x di complesso che si dissocia sar molto piccola e trascurabile sia nella somma che nella differenza. Avremo pertanto
4 Cu 2+ [ NH 3 ] x ( 0.1) = = Cu ( NH 3 ) 2+ ( 0.1) 4 4
kinst
e quindi
x = Cu 2+ = k inst
16.9.1 Competizione tra equilibrio di complessazione ed equilibrio di solubilit In alcuni casi laggiunta di una sostanza complessante ad un precipitato pu portare alla dissoluzione di questultimo. Ad esempio lidrossido di rame(II) pu essere portato in soluzione per aggiunta di un eccesso di ammoniaca. Cu(OH)2 (s) + 4NH3 [Cu(NH3)4]2+ + 2 OH-
Un sale poco solubile torna in soluzione come complesso del suo anione costituente. Un eccesso di ioni cloruro aggiunto al cloruro rameoso fa si che in soluzione si formi il diclorocuprato(I). CuCl(s) + ClCuCl2-
In tutti questi casi lequilibrio di complessazione disturba lequilibrio di solubilit, spostandolo verso destra ed aumentando la solubilit dellelettrolita poco solubile. Consideriamo un generico sale poco solubile MA che presenti il seguente equilibrio di solubilit MA(s) D M+(aq) + A-(aq) kps = [M+] [A-]
Ed aggiungiamo alla soluzione un legante L in grado di complessare il catione M+ secondo il seguente equilibrio di complessazione
M + nL D M(L)n
+
M ( L) + n kf = + n M [ L]
I due equilibri presentano una specie chimica in comune (il catione M +) e quindi si disturbano reciprocamente Se ora indichiamo con x la solubilit S del sale, con CL la concentrazione iniziale del legante L e con y la quantit di catione metallico che viene complessato, potremo scrivere MA D M+ + xy Ax M(L)n+ y
M+ + nL D xy CL ny
dove si osserva che maggiore la quantit y di catione che viene complessata (kf elevata) e maggiore sar la quantit x di sale che deve passare in soluzione (aumento di solubilit S) per compensare i cationi che gli sono stati sottratti dallequilibrio di complessazione. Il calcolo della solubilit S (= x) in presenza di un agente complessate richiede la soluzione del seguente sistema di equazioni kps = [M+] [A-] = (x y) x
M ( L) + y n kf = + = n n M [ L] ( x - y ) ( CL - nx )
Al solito, si ricorre ad una soluzione approssimata del problema. Si assume che i due equilibri siano sincronizzati e che per ogni molecola di sale che passa in soluzione e si dissocia si formi una molecola di complesso. Sommando membro a membro i due equilibri si ottiene pertanto il seguente equilibrio complessivo + M ( L )n A + k eq = k f k ps = MA(s) + nL D M(L)n + A (aq) [L]n Se ora indichiamo con CL la concentrazione iniziale del legante L e con x (che coincide con la solubilit S del sale) il numero di mol/L di catione metallico M+ che allequilibrio vengono complessate, potremo scrivere MA(s) + nL D M(L)n+ + A-(aq) CL nx x x
][ ]
k f k ps =
[M (L) ] [A ] =
+ -
[L]n
(C L - nx )n
x2
Al solito, se la costante di equilibrio piccola e la concentrazione iniziale CL del legante sufficientemente elevata, possiamo trascurare la x nella differenza a denominatore ed avremo che la solubilit S in presenza di un equilibrio di complessazione calcolabile con la seguente formula semplificata
x = S = k f k ps C L
n
Esempio 1 Calcoliamo la solubilit di HgS, kps = 2.2 10-52, prima e dopo laggiunta di 0,5 mol/L di KCN, sapendo che si forma il complesso tetracianomercurato(II) [Hg(CN)4]2-, per il quale kf = 2.5 1041 Scriviamo lequilibrio di solubilit, indicando con x il numero di mol/L di HgS che si scioglie e si dissocia (dove x = Solubilit) HgS(s) -x Hg2+(aq) + S2-(aq) x x
k ps = Hg 2+ S 2- = x 2
S = x = k ps = 2.2 10 -52 = 1.48 10 -26 mol / L
lintroduzione di CN- (come KCN completamente dissociato) sposta lequilibrio di solubilit verso destra. Una maggior quantit S di HgS passer infatti in soluzione per compensare la quantit y di ioni Hg 2+ che reagiranno con CN- per dare il complesso. HgS(s) -S Hg2+(aq) + S2-(aq) S-y S
][ ]
Se indichiamo con CL la concentrazione iniziale del legante, lequilibrio di complessazione risulter Hg2+(aq) + 4CN-(aq) S- y CL - 4y Le rispettive relazioni di equilibrio sono 1) [Hg(CN)4]2-(aq) y
k ps = Hg 2+ S 2- = S ' - y S '
kf =
2)
[Hg ] [CN ] (S
2+ - 4
[Hg (CN ) ]
24
][ ] (
'
- y ) (C L - 4 y )
La presenza del legante CN- in eccesso ci consente tuttavia di semplificare il problema, facendo le seguenti approssimazioni. 1. Possiamo ritenere che lequilibrio di complessazione sia completamente spostato verso destra e quindi che praticamente tutto lo ione Hg2+ venga complessato e si trasformi in [Hg(CN)4]2-. Sommiamo dunque membro a membro le due reazioni per ottenere una reazione complessiva in cui tutto il catione prodotto dal primo equilibrio viene consumato dal secondo HgS(s) = Hg2+(aq) + S2-(aq)
Hg2+(aq) + 4CN-(aq) = [Hg(CN)4]2-(aq) ____________________________________________________ HgS(s) + 4CN-(aq) = [Hg(CN)4]2-(aq) + S2-(aq) CL - 4x x x semplice verificare che per questultima reazione la costante di equilibrio si pu calcolare come prodotto della costante di formazione del complesso kf e del prodotto di solubilita kps.
k = k f k ps = 5.5 10 -11 =
[Hg (CN ) ] [S ] =
22-
[CN ]
- 4
(C L - 4 x )4
x2
2. Essendo il legante in eccesso e la costante di equilibrio estremamente piccola (5.5 10 -11) possiamo ritenere che la sua concentrazione non subisca in pratica variazioni e quindi che la sua concentrazione di equilibrio sia uguale alla sua concentrazione iniziale [CN-]eq = CL- 4x CL La relazione di equilibrio diventa quindi
k = k f k ps =
la nuova solubilit sar quindi
4
[Hg (CN ) ] [S ] =
22-
[CN ]
- 4
(C L )4
x2
k ps
k ps
Esempio 2 In una soluzione 5 10-2 M di ammoniaca NH3 si sciolgono 2.5 10-3 mol/L di AgCl. Sapendo che per AgCl kps = 1,8 10-10, calcolare la costante di formazione del complesso Ag(NH3)2+. In soluzione sono presenti i due equilibri AgCl(s) Ag+(aq) + 2NH3(aq) Ag+(aq) + Cl-(aq) [Ag(NH3)2]+(aq)
Consideriamo lequilibrio complessivo, sommando membro a membro. Chiamiamo S la quantit di complesso che si forma. Tale quantit pari anche alla quantit di ione Cl- che passa in soluzione e coincide quindi con la solubilit di AgCl AgCl(s) Scriviamo la relazione di equilibrio + 2NH3(aq) CL 2S
+
[Ag(NH3)2]+(aq) + Cl-(aq) S S
k = k ps k f =
da cui
[NH 3 ]2
3 2
S2 (C L - 2S )2
Esempio 3 Calcoliamo la concentrazione di Cl- necessaria per far precipitare AgCl da un complesso Ag(NH3)2+ 10-2 M in presenza di NH3 1,2 M (kps di AgCl = 1,8 10-10; kf di Ag(NH3)2+ = 1,7 107). Scriviamo lequilibrio di instabilit del complesso e calcoliamo la concentrazione di ioni Ag+ presenti allequilibrio [Ag(NH3)2]+(aq) 10-2 x Ag+(aq) + x 2NH3(aq) 1,2 + 2x
2
kinst
Trascurando la x nella somma e nella differenza (la k inst infatti molto piccola) otteniamo
k inst = 5,9 10 -8 =
e quindi
x (1,2) (10 -2 )
x = Ag + =
Introducendo nel prodotto di solubilit di AgCl la concentrazione di ioni Ag+ liberi presenti nella soluzione del complesso, potremo infine calcolare la concentrazione di Cl- che deve essere superata affinch inizi a precipitare AgCl
16.9.2 Equilibrio di complessazione e pH Analogamente a quanto accade per gli equilibri di solubilit, anche gli equilibri di complessazione possono essere influenzati dal pH. Ci accade essenzialmente quando il catione ha un comportamento acido (idrolisi acida) o quando il ligando un anione derivato da un acido debole (CH3COO-, F-, CN-).e pu pertanto dare idrolisi basica Ovviamente le variazioni di pH avranno nei due casi effetti opposti sulla stabilit del complesso Se il catione M+ ha un comportamento acido ci troveremo di fronte a due equilibri del tipo M+ + H2O D MOH + H+ M+ + nL D M(L)n+
(idrolisi acida) (complessazione)
Un aumento nella concentrazione degli ioni H+ (diminuzione di pH) sposta lequilibrio di idrolisi verso sinistra. Laumento della concentrazione del catione sposta di conseguenza lequilibrio di complessazione verso destra, facendo aumentare la quantit del complesso. Se il legante L- proviene dallacido debole HL ci troveremo di fronte a due equilibri del tipo L- + H2O D HL + OHM+ + nL- D M(L)n(n - 1) (idrolisi basica) (complessazione)
Un aumento nella concentrazione degli ioni H+ (diminuzione di pH) sposta lequilibrio di idrolisi verso destra, sottraendo legante allequilibrio di complessazione. La diminuzione della concentrazione del legante sposta quindi lequilibrio di complessazione verso sinistra, facendo diminuire la quantit del complesso. Come abbiamo gi visto negli equilibri di solubilit, si pu dimostrare che ci accade per pH inferiori al pka dellacido debole pH < pka Esempio Consideriamo lo ione complesso FeF2+, il cui equilibrio di complessazione
Fe3+ + F- D FeF2+
FeF 2+ = 105 k f = 3+ Fe F -
F-
ka =
[H ] [F ] = 6,9 10
+
[HF ]
-4
Perci, aumentando la concentrazione di ioni H+ (diminuzione di pH), lequilibrio dellacido si sposta verso la forma indissociata HF ed aumenta la quantit di F- che viene sottratta allequilibrio di formazione del complesso con conseguente distruzione dello stesso. Lequilibrio complessivo si ottiene sommando membro a membro i due equilibri precedenti Fe3+ + HF D H+ + FeF2+
[Fe3+] =
[Fe
3+
3+
] ] = [F ] + [H k [F ] = [F ] 1 + [H ] k
+ + a
H + FeF 2+ H + 1 + Fe = F 1 + = k f Fe3+ ka ka
e quindi, riordinando
Fe3+ = 1 2+ FeF k f
+ H + = k 1 + H 1 + inst ka ka
Come si pu osservare il rapporto tra il metallo ed il suo complesso dipende dalla concentrazione di ioni H + presenti in soluzione, dalla ka e dalla kf.
piccolo, il termine
H+ 1 + ka
non viene influenzato dal pH. Il rapporto inizia ad aumentare, con relativa distruzione del complesso, per concentrazioni di ioni H+ superiori alla ka e dunque per pH < pka. Quindi complessi con anioni di acidi deboli iniziano ad essere distrutti gi a pH basici.
La [Fe3+] sar tanto maggiore quanto maggiore sar [H+] e Kins e quanto minore la Ka, cio quanto pi debole lacido coniugato dellanione legante. Per lacido fluoridrico HF abbiamo pka = -log (6,9 10-4) = 3,2. Dunque il complesso [FeF2+] mentre comincia ad essere distrutto a pH inferiori. Si tenga tuttavia presente che complessi molto stabili (kf elevata) non vengono se presentano come ligando un anione proveniente da un acido debole. nonostante lacido cianidrico presenti una ka = 7,2 10-10 e quindi la distruzione trascurabile dato il valore estremamente alto della costante di formazione (kf rimane favorevole al complesso stabile per pH > 3,2,
distrutti nemmeno a pH molto acidi anche il caso ad esempio di Fe(CN)64-. Infatti, del complesso inizi a pH = 9,1, leffetto =4,2 10-45). Anche a pH = 1 il rapporto
[Fe(CN ) ]
46
[Fe ]
2+ 2
1 kf
H+ 1 + ka
[ ] =
1 4,2 10 45
10 -1 1 1 + 7,2 10 -10 = 3 10 37
I capitoli precedenti si basano sulla definizione di acido e base data da Arrhenius. Successivamente sono state proposte altre due definizioni, pi generali che si devono a Brnsted-Lowry e a Lewis. 16.10.1 Acidi e basi secondo Arrhenius Nel 1887 il chimico svedese Svante Arrhenius propose le seguenti definizioni di acido e di base: Gli acidi di Arrhenius sono sostanze che in soluzione acquosa liberano ioni H+ HA H+ + A Le basi di Arrhenius sono sostanze che in soluzione acquosa liberano ioni OH BOH B+ + OH-
Sono esempi di acidi di Arrhenius gli idracidi, gli ossiacidi e gli acidi carbossilici. Gli acidi carbossilici sono acidi organici in cui presente il gruppo carbossilico COOH in grado di dissociarsi in uno ione H+ ed un anione carbossilato RCOOH RCOO + H+
In generale Lacidit di un idrogeno dipende da una serie di fattori: Effetto gruppi sostituenti: la presenza di atomi o gruppi capaci di attrarre o cedere elettroni influenzano lacidit. Un gruppo elettron-attrattore stabilizza lanione disperdendo la sua carica negativa ed indebolisce il legame con lidrogeno (ne aumenta la polarit), provocando un aumento di acidit. Un gruppo elettron-donatore, destabilizza lanione concentrando la carica negativa sullatomo al quale legato lidrogeno e diminuisce la polarit del legame con lidrogeno, provocando una diminuzione dellacidit. Cos lacido 2-cloroacetico pi acido dellacido acetico per la presenza di un gruppo elettronattrattore (latomo di cloro) che stabilizza lanione 2-cloroacetato
Anione risonante: se lanione che proviene dalla dissociazione dellacido presenta una carica delocalizzata su pi atomi (risonanza), risulta pi stabile, provocando un aumento della forza dellacido. E ad esempio il caso dellanione carbossilato
Le basi di Arrhenius sono gli idrossidi dei metalli del primo e secondo gruppo della tavola periodica, come NaOH, KOH, Ca(OH)2. Infatti in questi composti il legame fra lossigeno ed il metallo ionico per cui in acqua si dissociano liberando ioni OH . Come abbiamo gi visto la reazione fra un acido ed una base in soluzione acquosa in definitiva una reazione di ricombinazione tra ioni H+ e ioni OHNa+ + OH + Base Idrossido di sodio H+ + Cl H2O acido Acido cloridrico Na+ + Cl + H2 O sale acqua Cloruro di sodio
Gli ioni Na+ e Cl- sono detti ioni spettatori in quanto non partecipano alla reazione. la vera reazione che avviene H+ + OH H2O mentre resta in soluzione il sale dissociato.
16.10.2 Acidi e basi secondo Brnsted Nel 1923 il chimico danese Johannes Brnsted e linglese Thomas Lowry, indipendentemente l'uno dall'altro, proposero una definizione pi generale di acidi e basi. Un acido di Brnsted una sostanza in grado di cedere ioni H+ (protoni) Una base di Brnsted una sostanza in grado di acquistare ioni H+ (protoni) Secondo la teoria di Brnsted e Lowry una reazione acido-base consiste dunque nel trasferimento di un protone da un acido ad una base.
H-A
acido
:B
base
:A-
H-B+
E evidente che la definizione di acido data da Arrhenius coincide con quella di Brnsted-Lowry. Tutti gli acidi di Arrhenius sono quindi anche acidi di Brnsted e viceversa. La definizione di base di Brnsted invece pi estensiva. La teoria di Brnsted e Lowry permette di descrivere come basiche sia la basi di Arrhenius sia sostanze che non possono essere classificate tali dalla teoria di Arrhenius. Le basi di Arrhenius, come gli idrossidi metallici (BOH), sono anche basi di Brnsted. Pi precisamente la base di Brnsted costituita non dallidrossido metallico, ma dallanione idrossido (OH-) che si genera in soluzione acquosa dalla dissociazione dellidrossido. E infatti lanione idrossido che acquista uno ione H+. HCl + OH Cl- + H2O acido base Ma sostanze come lammoniaca e gli ossidi metallici, non classificabili come basi da Arrhenius, sono basi di Brnsted. Le seguenti reazioni sono reazioni acido/base secondo Brnsted. NH3 + ammoniaca (base) H2O acqua (acido) + OH NH4+ Ione ione ammonio idrossido 2OH ione idrossido
Lammoniaca e lo ione ossido sono basi di Brnsted essendo in grado di acquistare protoni, ma non sono classificabili come basi di Arrhenius. Inoltre, la teoria di Brnsted-Lowry non considera lacqua come un composto neutro, ma come un composto anfotero: un acido (in grado di cedere protoni) o una base (in grado di acquistare protoni) a seconda della reazione a cui partecipa.
Nella reazione di dissociazione dellacido cloridrico, lacido di Brnsted (HCl) cede un protone allacqua (base di Brnsted) HCl + H2O H3O+ + Cl acido base Nella reazione dellammoniaca in acqua, Lacido di Brnsted (H2O) cede un protone allammoniaca (base di Brnsted) NH3 + H2O NH4+ + OHbase acido La teoria di Brnsted-Lowry considera le reazioni come equilibri dinamici fra prodotti e reagenti, introducendo i concetti di coppie coniugate acido/base. Ogni acido di Brnsted, cedendo uno ione H+, genera una specie chimica che pu rilegarsi ad esso, secondo il concetto dell'equilibrio chimico e quindi della reversibilit delle reazioni. La specie generata detta base coniugata dell'acido. Ogni base di Brnsted, acquistando uno ione H+, genera una specie chimica che pu rilasciarlo, secondo il concetto dell'equilibrio chimico e quindi della reversibilit delle reazioni. La specie generata detta acido coniugato della base.
Nella reazione precedente sono presenti le due coppie acido/base HA/Ae HB+/B
L'acqua che, come abbiamo detto, viene vista come un composto anfotero, potendo sia cedere che acquistare ioni H+, presenta due coppie coniugate acido/base H3 O+ / H 2 O acido base H2O / OH acido base
Ovviamente se un acido forte, con una elevata tendenza a cedere ioni H+, la sua base coniugata sar debole, manifestando una scarsa tendenza ad acquistare ioni H+ (e viceversa). Vedremo che la forza di un acido o di una base pu essere misurata e risulta inversamente proporzionale alla forza della specie chimica ad essa coniugata. Nella teoria di Brnsted-Lowry la forza di un acido o di una base non misurabile in assoluto, ma sempre in relazione alla forza di un altro acido o base ed in relazione al solvente in cui avviene la reazione. Viene in tal modo introdotto il concetto di forza relativa di acidi e basi. In soluzione acquosa, ad esempio, la forza di un acido o di una base viene misurata proprio in relazione alla forza dellacqua, cio alla tendenza che lacqua manifesta a cedere ed acquistare ioni H+. Lacqua si dissocia debolmente in ioni H+ e ioni OH secondo il seguente equilibro (autoprotolisi)
H2O acido
H2 O base
OH + base coniugata
La reazione pu essere interpretata come una reazione acido-base di Brnsted, in cui la prima molecola dacqua (che si comporta da acido) cede uno ione H+ alla seconda molecola dacqua (che si comporta da base). Lo ione ossidrile (OH) sar allora la base coniugata dellacido H2O, mentre lo ione idronio (H3O+) sar lacido coniugato della base H2O. A 25C la costante di questo equilibrio vale k eq = [OH - ] [H 3O + ] = 3,24 10 -18 [ H 2 O] 2
Il valore estremamente piccolo di questa costante ci permette di affermare che lequilibrio praticamente tutto spostato verso sinistra e che lacqua si dissocia in misura trascurabile. La concentrazione di acqua che non si dissociata allequilibrio pertanto praticamente uguale alla concentrazione (costante) dellacqua pura indissociata (55,55 mol/l). Moltiplicando entrambi i membri dell precedente relazione per la concentrazione dellacqua pura si ottiene un valore che misura la tendenza di una molecola dacqua a perdere uno ione H+ e quindi una misura della sua acidit. Tale valore detto ka (kappa acida). Il logaritmo naturale negativo della ka detto pka = - ln (ka). [OH - ] [H 3O + ] k a = k eq 55,55 = = 1,8 10 -16 [ H 2 O] pka = 15,74 Naturalmente lo stesso ragionamento pu essere fatto anche per misurare la tendenza dellaltra molecola dacqua ad acquistare ioni H+. In tal modo si misura la basicit dellacqua. Tale valore detto kb (kappa basica). Il logaritmo naturale negativo della kb detto pkb = - ln (kb). k b = k eq
[H 2 O]
-16
pkb = 15,74 Nel caso dellacqua utile introdurre anche unulteriore costante correlata al suo equilibrio di dissociazione, detta prodotto ionico dellacqua (kw), che si ottiene moltiplicando ulteriormente entrambi i membri per la concentrazione dellacqua pura.
k w = k b 55,55 = k a 55,55 = OH - H 3O + = 1 10 -14
][
pkw = 14 Definiamo ora la forza di un acido HA, misurando la sua tendenza a cedere ioni H + allacqua (forza dellacido relativa allacqua: coppia acido/base = H3O+/H2O). HA + H2O acido base A + H3O+
[A ] [H O ]
+
[HA] [H 2 O]
Ed analogamente a quanto abbiamo fatto per misurare lacidit dellacqua, definiamo anche per esso la ka, inglobando la concentrazione dellacqua nella costante di equilibrio
k a = k eq [H 2 O] =
[A - ] [H 3O + ] [HA]
Ovviamente tanto pi elevato sar il valore della ka (e tanto pi piccolo il pka), tanto pi lequilibrio sar spostato verso destra, tanto maggiore sar la tendenza dellacido a donare ioni H+ allacqua e tanto pi elevata sar la sua forza. Definiamo ora la basicit della sua base coniugata (A-), misurando la sua tendenza ad acquistare ioni H+ dallacqua (forza della base coniugata relativa allacqua: coppia acido/base = H2O/OH-). A + H2O base acido La costante di equilibrio sar k eq = [HA] [OH - ] [ A - ] [ H 2 O] HA + OH
Ed analogamente a quanto abbiamo fatto in precedenza, definiamo anche per esso la kb, inglobando la concentrazione dellacqua nella costante di equilibrio
[HA] [OH - ] k b = k eq [H 2 O] = [A - ]
Moltiplicando ora numeratore e denominatore per la concentrazione degli ioni idronio, otteniamo, la relazione esistente tra la kappa acida di un acido e la kappa basica della sua base coniugata. kb = k 1 [HA] [OH - ] [H 3O + ] [HA] = H 3O + OH - = kw = w + + ka ka [A ] [H 3O ] [A ] [H 3O ]
][
Dunque per un acido e la sua base coniugata vale la relazione kw = 10-14 = ka kb. E, passando ai logaritmi vale pKa(AH) + pKb(A) = pKW =14 Le rispettive costanti di dissociazione acida e basica sono dunque inversamente proporzionali. Pi forte un acido e pi debole la sua base coniugata. Inoltre, dato il pKa di un acido, risulta automaticamente definito il pKb della sua base coniugata. Ovviamente la medesima dimostrazione pu essere fatta per una base ed il suo acido coniugato.
Tornando allequilibrio di dissociazione dellacqua e ricordando che per lacqua ka = kb = 15,74 potremo affermare che la base coniugata OH avr un pkb = 14 15,74 = -1,74, uguale al pka dellacido coniugato H3O+. Si pu inoltre verificare come, in un equilibrio di Brnsted, i valori delle costanti di dissociazione delle due coppie acido/base, siano correlate alla costante complessiva dellequilibrio. Consideriamo ad esempio un generico acido HA che reagisca con una generica base B secondo il seguente equilibrio HA + B A+ BH+ acido (Ka) la sua costante di equilibrio vale base (Kb) baseC (Kbc) acidoC (Kac)
kc =
moltiplicando ora numeratore e denominatore per il prodotto ionico dellacqua [H3O+][OH-] si ottiene kc = [A - ] [BH + ] [H 3O + ] [OH - ] [A - ] [H 3O + ] [BH + ] [OH - ] 1 Ka Kb Ka Kb = = = = + + [HA] [B] [H 3O ] [OH ] [HA] [B] [H 3O ] [OH ] kw Ka c Kb c
La costante di equilibrio dunque direttamente proporzionale al prodotto della costante di dissociazione acida e della costante di dissociazione basica dei reagenti. Questo significa che, se i reagenti sono un acido ed una base forti (costanti di dissociazione elevate), la costante di equilibrio elevata e la reazione spostata verso destra (verso i prodotti). Se invece i reagenti sono un acido ed una base deboli la costante piccola e lequilibrio spostato verso sinistra (verso i reagenti). Ricordando poi che lacido coniugato della base che reagisce ha una kappa acida (Kac) pari a Kw/kb, la costante di equilibrio pu essere anche calcolata come il rapporto tra la ka dellacido che reagisce e la ka dellacido che si forma (Kc= ka/Kac). E, passando ai logaritmi pK = pka - pkac Possiamo dunque affermare che la direzione dellequilibrio di una reazione di Brnsted sar dettata dalle forze relative degli acidi e delle basi delle due coppie coniugate e sar sempre favorito laccumulo dellacido e della base pi debole. In una reazione di Brnsted vale il principio che un acido pi forte reagisce con una base pi forte per dare un acido pi debole ed una base pi debole. L'equilibrio della reazione sempre spostato dalla parte delle specie pi deboli. Se ad esempio vogliamo prevedere lefficienza della reazione di trasformazione dellacido acetico CH3COOH nella sua base coniugata, lanione acetato CH3COO, da parte dello ione idrossido, secondo la reazione CH3COOH + OH CH3COO + H2O sar sufficiente confrontare lacidit del acido acetico (pka = 4,74) con quella dellacqua (pka = 15,74) acido coniugato della base OH-. La differenza dei due valori di pk uguale a pk = 4,74 - 15,74 = -11.
Un pk basso corrisponde ad una costante di equilibrio elevata, pari a 11011. Lequilibrio dunque completamente spostato verso destra. Trattando lacido acetico con lo ione idrossido quindi possibile ottenere lanione acetato in maniera quantitativa. La teoria di Brnsted e Lowry descrive come reazioni acido-base reazioni che sono classificate in modo diverso nella teoria di Arrhenius. Abbiamo gi detto che la reazione di dissociazione dellacqua pu essere descritta come una reazione acido-base. Una reazione di dissociazione acida secondo Arrhenius, diventa una reazione acido-base secondo Brnsted. Lacido di Brnsted (HNO3) cede un protone allacqua (base di Brnsted) HNO3 + H2O H3O+ + NO3acido base Una reazione di idrolisi salina secondo Arrhenius, diventa una reazione acido/base secondo Brnsted. Si veda ad esempio la seguente reazione di idrolisi basica dellipoclorito di sodio. in cui lacido di Brnsted (H2O) cede un protone allanione ipoclorito ClO (base di Brnsted). H2O + ClO- OH- + HClO acido base Cos la costante di idrolisi kh = kw/ka non altro che la kb della base coniugata (anione ipoclorito) dellacido debole (acido ipocloroso) che forma il sale. Anche il calcolo del pH in una soluzione tampone pu essere fatto in termini di coppia coniugata acido/base. Ad una soluzione tampone formata da un acido debole HA e da un suo sale A-, si applica la relazione di Henderson-Hasselbach [HA] pH = pk a - log10 [A - ] o
[A - ] pH = pk a + log10 [HA]
ka =
[H + ] [ A - ] [HA]
Ma A- non altro che la base coniugata dellacido HA e la relazione di Henderson-Hasselbach diventa pH = pk a + log10 [ Base coniugata] [ Acido debole]
La relazione di Henderson Hasselbach, in questa sua forma pi generale, pu essere applicata a qualsiasi sistema tampone, anche quelli formati da una base debole con un suo sale. Si prenda ad esempio un tampone formato da ammoniaca (NH3) e cloruro di ammonio (NH4Cl) NH4+ + OHNH3 + H2O NH4Cl NH4+ + Cl-
Dalla relazione di equilibrio dellammoniaca (equilibrio completamente spostato verso sinistra per la presenza del suo sale di ammonio), si ricava lequazione di Henderson-Hasselbach per il calcolo del pOH + [OH - ] [ NH 4 ] kb = [ NH 3 ] da cui + [ NH 4 ] pOH = pk b + log10 [ NH 3 ] Ma lo ione ammonio NH4+ non altro che lacido coniugato della base debole NH3 e per la coppia coniugata acido/base vale la relazione
kb = kw ka
e quindi
[ NH 4 ] [H ] = k a [ NH 3 ]
+ +
pH = pk a + log10
[ NH 3 ] [ NH 4 ]
+
= pk a + log10
In definitiva tutti i sistemi tampone sono costituiti da una coppia coniugata acido-base e la relazione di Henderson-Hasselbach pu sempre essere utilizzata nella sua forma generale pH = pk a - log10 [ Acido] [ Base]
La teoria di Brnsted e Lowry risulta pi generale rispetto a quella di Arrehnius anche perch pu essere applicata a soluzioni non acquose. Ad esempio, in soluzione ammoniacale, lo ione ammonio (acido di Brnsted) pu donare un protone allo ione ioduro (base di Brnsted) per dare ammoniaca e acido iodidrico NH4+(am) + I-(am) NH3 (l) + HI (am) Le reazioni di neutralizzazione in solventi non acquosi procedono come nellacqua. In ammoniaca, ad esempio, il protone solvatato (corrispondente acquoso dello ione idronio H 3O+) lo ione ammonio NH4+, mentre il corrispondente dello ione idrossido lanione NH2-. Tutte le reazioni di neutralizzazione in soluzione ammoniacale possono essere pertanto ricondotte alla reazione NH4+(am) + NH2-(am) 2NH3 (l)
La teoria di Brnsted-Lowry rimane valida anche per reazioni che decorrono in fase gassosa, in assenza di un solvente. Ad esempio, lacido cloridrico gassoso (acido di Brnsted) pu donare protoni allammoniaca gassosa (base di Brnsted) per dare una nube di particelle solide di cloruro di ammonio. HCl (g) + NH3 (g) NH4Cl (s)
16.10.3 Acidi e basi secondo Lewis La definizione pi estensiva di acido e base stata proposta da Lewis. Un acido di Lewis una sostanza (elettrofila) in grado di accettare doppietti elettronici Una base di Lewis una sostanza(nucleofila) in grado di cedere doppietti elettronici La reazione tra un acido di Lewis ed una base di Lewis forma un addotto o complesso A + Acido B: Base B:A Addotto (o complesso)
La reazione tra un base ed un acido di Lewis viene rappresentata con frecce curve che partono dal doppietto elettronico della base e vanno allorbitale vuoto dellacido. E possibile verificare che tutti gli acidi e le basi di Brnsted sono anche acidi e basi di Lewis. Ad esempio HCl + H2O H3O+ + Cl-
NH3 + H+ NH4+
Ma la reazione tra il trifluoruro di boro e lammoniaca pu essere descritta come una reazione acido/base solo secondo Lewis. BF3 + :NH3 BF3:NH3
La formazione dello ione idratato esaacquoalluminio [Al(H 2O)6]3+ un altro esempio di una reazione acido-base secondo Lewis. Il catione metallico Al3+ un acido di Lewis, mentre le sei molecole di acqua che si legano ad esso sono basi di Lewis. La definizione di Lewis consente di includere tra gli acidi un maggior numero di sostanze rispetto alla definizione di Brnsted. Sono acidi di Lewis i cationi metallici come Mg2+, i composti del gruppo 3A come BF3 e AlCl3 che presentano un orbitale vuoto ed in generale i composti dei metalli di transizione con un orbitale vuoto come TiCl4, FeCl3 eZnCl2.
16.11 Titolazione Acido-base
La titolazione una tipica operazione dell'analisi chimica che consiste nel determinare la concentrazione o titolo di una specie chimica in soluzione (analita), facendola reagire con una quantit nota di un dato reagente, detto titolante. Le titolazioni possono essere basate su qualsiasi tipo di reazione chimica. I requisiti principali per la reazione sono la completezza (deve avere una elevata costante di equilibrio), e la rapidit. Le titolazioni pi comuni si basano su reazioni di precipitazione, di formazione di complessi, di ossidoriduzione e acido-base. Le titolazioni acido-base, ad esempio, permettono di determinare quanto acido (o base) presente in una soluzione (di concentrazione incognita), misurando la quantit di soluzione basica (o acida) di concentrazione nota, necessaria per reagire in modo completo con la soluzione da titolare, producendo un processo di completa salificazione. In realt, come sappiamo, le reazioni chimiche sono soggette ad equilibri e non si completano quasi mai. Quando si parla di una reazione che avviene completamente, nella maggior parte dei casi si sottintende il fatto che lequilibrio talmente spostato verso i prodotti da poter considerare la reazione completa. Spesso si descrivono queste reazioni dicendo che avvengono in modo quantitativo. Si assume che la titolazione possa definirsi quantitativa quando, al termine della reazione, la concentrazione residua dellanalita sia uguale allo 0.1% della sua concentrazioni iniziale [Analita]fin = 10-3 [Analita]iniz Come vedremo ci pone delle condizioni alla titolabilit delle soluzioni, le quali non possono contenere un analita troppo diluito e/o troppo debole, che impedirebbe il verificarsi di una reazione quantitativa. Naturalmente il problema delle titolazioni quello di riuscire a sapere a che punto del processo l'aggiunta dell'agente titolante ha provocato la completa salificazione della soluzione. Tale punto detto punto di equivalenza (o punto stechiometrico), poich un acido reagisce completamente con una base quando le due specie chimiche sono presenti in soluzione con un ugual numero di equivalenti. Naturalmente quando viene raggiunto il punto di equivalenza, e l'acido e la base si sono completamente trasformati nel sale, il pH non necessariamente neutro, in quanto alcuni sali presentano idrolisi acida o basica. Per individuare il momento in cui viene raggiunto il punto di equivalenza necessario operare immergendo nella soluzione un indicatore che presenti un pH di viraggio uguale al pH della soluzione salina.
Il punto di equivalenza solo teorico. Sperimentalmente si determina il punto finale a cui associato il cambiamento di colore dellindicatore. Locchio umano riesce infatti ad apprezzare il colore quando le due concentrazioni variano almeno di 10 volte. Ad esempio per un generico indicatore acido HIn, il colore A predomina quando il rapporto [In]/[HIn] < 0.1 ed il colore B quando [In]/[HIn] > 10 Lintervallo di viraggio di un indicatore sar dunque pari a pH = pk ind 1. Supponendo ad esempio di impiegare un indicatore acido con ka= 10-5, il viraggio del colore verr apprezzato quando il pH varia tra 6 e 4 (intervallo di viraggio dellindicatore). In generale si sceglie un indicatore il cui intervallo di viraggio coincida il pi possibile con la parte pi ripida della curva. La scelta dellindicatore quindi basata sulla k dellacido(o base) da titolare e sulla sua concentrazione. Dato che gli indicatori sono acidi/basi, essi reagiscono con lanalita o il titolante. Per questo motivo lindicatore viene quindi usato in piccole quantit (gocce) in modo che la sua concentrazione risulti trascurabile rispetto a quelle dellanalita e del titolante.. Se la titolazione viene effettuata con un acido forte ed una base forte il sale che si produce dar un'idrolisi neutra ed quindi necessario utilizzare un indicatore che viri intorno a pH 7. Nel caso il sale che si forma al punto di equivalenza produca un'idrolisi basica od acida necessario utilizzare un indicatore opportuno che viri a pH superiori od inferiori a 7. Dato che il grado di idrolisi sar diverso a seconda della forza dell'acido, l'indicatore deve essere scelto in funzione della ka dell'acido debole da titolare (o della kb della base debole), ma anche della sua concentrazione. Purtroppo la concentrazione dellacido debole (o della base debole) proprio quella che dobbiamo trovare e quindi il pH del punto di equivalenza potr essere stimato solo approssimativamente. Nel caso ad esempio dell'acido acetico (ka 10-5), il pH al punto di equivalenza potr aggirarsi tra 8 e 9, a seconda della concentrazione dell'acido. Se ad esempio assumiamo che lacido abbia una concentrazione compresa tra 10-1 e 10-3, al punto di equivalenza la concentrazione degli ioni OH, come conseguenza dellidrolisi basica avr valori compresi tra
[OH ] =
-
KW 10 -14 CS = 10 -1 = 10 -5 M -5 Ka 10
[OH ] =
-
KW 10 -14 CS = 10 -3 = 10 -6 M -5 Ka 10
Quindi il pH di viraggio sar compreso tra 8 e 9. Possiamo allora usare come indicatore la fenolftaleina che ha un intervallo di viraggio tra 8.3 e 10 (pkIn = ca. 9.3). Nel caso delle titolazioni opportuno esprimere le concentrazioni mediante la Normalit e quindi in eq/L. Tenendo infatti presente che la normalit di una soluzione il rapporto tra il numero di equivalenti ed il volume della soluzione n N = eq Vsoluz e che il punto di equivalenza si raggiunge quando il numero di equivalenti di acido pari al numero di equivalenti di base
neqacido = neqbase
sostituendo opportunamente si ottiene la condizione di equivalenza per le titolazioni acido-base
N A VA = N B VB
Al punto di equivalenza il prodotto della normalit della soluzione acida per il suo volume uguale al prodotto della normalit della soluzione basica per il suo volume.
Esempio 1 Calcoliamo la molarit di una soluzione di Ba(OH)2 sapendo che 35,5 mL di tale soluzione vengono completamente salificati da 40, 3 mL di HCl 0,2N. Sostituendo i dati nella relazione di equivalenza otteniamo
MB =
Esempio 2 250 mL di una soluzione 0,2 M di ione cromato ossidano completamente 2,8 g di una miscela di Zinco ed Alluminio in ambiente basico secondo le seguenti due reazioni 23+ 3+ Al + CrO4 + H2O Al + Cr + 8OH 22+ 3+ 3Zn + 2CrO4 + 8H2O 3Zn + 2Cr + 16OH Calcoliamo la composizione percentuale in peso della miscela. In 250 mL di una soluzione 0,2 M di cromato vi sono 2n = M x V = 0,2 x 0,25 L = 0,05 mol di CrO4 Indichiamo con x il numero di moli di Alluminio che reagiscono con altrettante moli di cromato. Indichiamo con 3y le moli di Zinco che reagiscono con 2y moli di cromato. Allora per lanione cromato dovr essere 1) x + 2y = 0,05 (bilancio di massa)
e per la miscela Zinco (PM = 65,4 g/mol) Alluminio (PM = 27 g/mol) 2) Ricaviamo la x dalla 1) e sostituiamola nella 2) (0,05 2y)27 + 3y65,4 = 2,8 y = 0,0102 x = (0,05 2y) = (0,05 0,0204) = 0,0296 composizione percentuale Al = (0,8 / 2,8) x 100 = 28,6% composizione percentuale Zn = (2,0 / 2,8) x 100 = 71,4% x27 + 3y65,4 = 2,8 (bilancio di massa)
e quindi
Dunque la miscela Zinco/Alluminio composta da x = 0,0296 mol di Alluminio, pari a 0,029627 = 0,8 g 3y = 0,0306 mol di Zinco, pari a 0,030665,4 = 2,0 g
* * * * * * *
Per eseguire una titolazione occorre una buretta, ossia un tubo di vetro accuratamente graduato (in decimi o ventesimi di mL), terminante con un rubinetto, che permetta di versare la soluzione titolante goccia a goccia. La soluzione da titolare (analita), nella quale si pone una goccia di un opportuno indicatore di pH, viene mantenuta in costante agitazione in modo da renderla omogenea dopo ogni aggiunta. Non appena l'indicatore vira di colore si interrompe immediatamente l'aggiunta della soluzione titolante e si misura, tramite la scala graduata, il volume della soluzione uscita dalla buretta.
Condizione indispensabile affinch il risultato della titolazione sia attendibile ovviamente che la concentrazione della soluzione titolante sia nota con buona precisione. In altre parole, laccuratezza del risultato analitico di una titolazione dipende dallaccuratezza della misura della concentrazione del titolante. E possibile conoscere la concentrazione del titolante solo se esso stato preparato sciogliendo una quantit pesata di reagente puro in un volume noto di soluzione. In tal caso il reagente viene chiamato standard primario, poich sufficientemente puro per poter essere pesato ed usato direttamente. Per essere affidabile uno standard primario dovrebbe - avere una purezza maggiore del 99,98 %, - essere stabile e reagire rapidamente completamente e selettivamente con lanalita - poter essere reperito facilmente, essere essiccabile (preferibilmente a 110-120C) e conservabile allo stato puro; - rimanere inalterato durante le operazioni di pesata (non deve essere igroscopico, ossidabile all'aria o assorbire anidride carbonica); - poter essere analizzato con metodi idonei al fine della determinazione della purezza;
- avere preferibilmente un alto peso equivalente in modo da minimizzare l'errore di pesata; - essere facilmente solubile in acqua. Nella maggioranza dei casi per, il titolante non disponibile sotto forma di standard primario. Si utilizza allora una soluzione di titolante avente circa la concentrazione desiderata, per titolare una massa nota di uno standard primario. Con tale procedimento, detto standardizzazione, si determina lesatta concentrazione della soluzione da utilizzare nellanalisi. Si dice allora che la soluzione una soluzione standard. Se la soluzione standardizzata usata per titolare una soluzione incognita, allora detta standard secondario.
16.12 Curve di titolazione
Le curve di titolazione permettono di visualizzare landamento del pH della soluzione titolata in funzione del volume aggiunto di soluzione titolante. In corrispondenza del punto stechiometrico si ha un flesso con una brusca variazione del pH. La curva di titolazione pu essere ricavata dalla misura del pH della soluzione durante le aggiunte di acido o di base oppure calcolata, in via semplificata, utilizzando le relazioni gi viste per il calcolo del pH. Le curve di titolazione presentano un caratteristico aspetto sigmoide, caratterizzato da un tratto ripido in corrispondenza del punto di equivalenza in cui si manifesta una brusca variazione di pH. Laspetto di una curva di titolazione dipende dalla concentrazione dellanalita e dalla sua forza ( valore di ka o kb).
16.12.1Curva di Titolazione di un acido forte con una base forte La curva di titolazione di un acido forte (analita) con una base forte (titolante) presenta un caratteristico andamento sigmoide con il punto di equivalenza in corrispondenza del flesso (cambiamento di pendenza della curva da positiva a negativa) a pH = 7. Un indicatore adatto per individuare il punto di equivalenza il Rosso fenolo che presenta un intervallo di viraggio 6,4-8 ed un pkIn = 7,5. Tuttavia, se il salto di pH molto esteso, possono essere utilizzati anche indicatori come la Fenolftaleina o il Metilarancio i quali presentano comunque intervalli di viraggio allinterno del salto di pH.
Le dimensioni del salto di pH dipendono dalla concentrazione dellanalita e del titolante e si riducono con esse.
Esistono delle condizioni di titolabilit che devono essere soddisfatte affinch la reazione possa definirsi quantitativa. In altre parole, se tali condizioni sono soddisfatte possiamo essere certi che al termine della titolazione praticamente tutto lanalita ha reagito. Poich durante la titolazione di un acido forte il nostro obiettivo determinare la concentrazione degli ioni H+ presenti in soluzione, facendoli reagire con degli ioni OH (la base forte), dobbiamo essere certi che al termine della titolazione (al punto di equivalenza) la maggior parte degli ioni H+ abbia reagito. Abbiamo detto che si considera quantitativa una reazione, al termine della quale, la concentrazione residua dellanalita sia uguale allo 0.1% della sua concentrazioni iniziale. Dunque, affinch tale condizione venga soddisfatta, la concentrazione degli ioni H+ al punto di equivalenza, dovr essere almeno 1000 volte pi piccola della concentrazione iniziale della soluzione da titolare [H+]iniz 1000 x [H+]PE Ora, poich la concentrazione iniziale degli ioni H+ pari alla concentrazione iniziale dellacido CA (si tratta di un acido forte completamente dissociato) e la concentrazione degli ioni H+ al punto di equivalenza pari a 10-7 M, potremo scrivere CA 1000 x 10-7 E dunque CA 10-4 che la condizione di titolabilit di un acido forte Tracciamo ora la curva di titolazione acido-forte/base-forte Consideriamo un volume VA di una soluzione di un generico acido forte HA H+ + A, da titolare, avente concentrazione CA. Usiamo come titolante una generica base forte BOH B+ + OH, di concentrazione CB ed indichiamo con VB il volume variabile di titolante via via aggiunto durante la titolazione. In soluzione sono presenti le seguenti 4 specie chimiche: H+ B+ OH A. Scriviamo dunque quattro equazioni nelle quattro incognite. La prima il prodotto ionico dellacqua 1) [H+] [OH] = kw La seconda la ricaviamo dal bilancio di carica 2) [H+] + [B+] = [A] + [OH] La terza e la quarta dal bilancio di massa n C AV A 3) A- = A = Vtot V A + VB
[ ]
4)
n [B ] = V
+ +
tot
C BV B V A + VB
B
[H ] + VC +VV
[ ]
[ ]
C BVB - C AV A H + - kw = 0 V A + VB Unequazione di secondo grado che ci permette di tracciare la curva di titolazione acido-forte/base-forte per punti, determinando la concentrazione degli ioni H+ (e quindi il pH) della soluzione per diversi valori di VB (il volume della base titolante via via aggiunto). Si noti che per VB = 0 la relazione diventa
6)
+ 2
[H ]
[ ]
+ + H - C A H - kw = 0 che la formula risolutiva per il calcolo del pH di un acido forte Usando ad esempio lequazione 4) per simulare una titolazione di 20 mL di una soluzione 0,1 N di un acido forte usando una soluzione 0,1 N di una base forte si ottengono i seguenti valori
mL Base [H+] pH
0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40
1,00 10-1 8,18 10-2 6,67 10-2 4,29 10-2 1,11 10-2 1,00 10-7 1,10 10-12 5,96 10-13 4,33 10-13 3,50 10-13 3,00 10-13
1,00 1,18 1,38 1,60 1,96 7,00 11,96 12,22 12,36 12,45 12,52
comunque possibile tracciare la curva di titolazione acido-forte/base-forte in modo approssimato suddividendola in due regioni: prima e dopo il punto di equivalenza Regione 1 Titolante (Base) in difetto Prima del punto di equivalenza il numero di equivalenti della base in difetto rispetto al numero di equivalenti dellacido forte. Calcoleremo dunque il numero di equivalenti dellacido residui (non salificati dalla base) e li divideremo per il volume totale della soluzione (VA + VB), ottenendo in tal modo la concentrazione residua dellacido forte non salificato. Essendo lacido forte( e quindi completamente dissociato), tale concentrazione corrisponder alla concentrazione degli ioni H + in soluzione
[H ] = [Acido]
+
residua
n A - n B N AV A - N BVB = V A + VB V A + VB
Regione 2 Titolante (Base) in eccesso Dopo il punto di equivalenza il numero di equivalenti della base in eccesso rispetto al numero di equivalenti dellacido forte. Calcoleremo dunque il numero di equivalenti della base in eccesso (lacido stato completamente salificato) e li divideremo per il volume totale della soluzione (V A + VB), ottenendo in tal modo la concentrazione della base forte in eccesso. Essendo la base forte (e quindi completamente dissociata), tale concentrazione corrisponder alla concentrazione degli ioni OH - in soluzione. n - n A N BVB - N AV A OH - = [Base]eccesso = B = V A + VB V A + VB 16.12.2Curva di Titolazione di una base forte con un acido forte La curva di titolazione di una base forte (analita) con un acido forte (titolante) presenta un andamento speculare rispetto a quella acido-forte/base-forte, con il punto di equivalenza in corrispondenza del flesso (cambiamento di pendenza della curva da positiva a negativa) a pH = 7.
Valgono ovviamente tutte le considerazioni fatte in precedenza. Tuttavia per tracciare la curva si dovr tener presente che prima del punto di equivalenza sar lacido forte ad essere in difetto, mentre dopo il punto di equivalenza sar in eccesso. Le formule viste in precedenza per il calcolo del pH nelle due ragioni andranno pertanto scambiate Regione 1 Titolante (Acido) in difetto Prima del punto di equivalenza il numero di equivalenti dellacido (titolante) in difetto rispetto al numero di equivalenti della base (analita).
[OH ] = [Base]
-
residua
n B - n A N BVB - N AV A = V A + VB V A + VB
Regione 2 Titolante (Acido) in eccesso Dopo il punto di equivalenza il numero di equivalenti dellacido (titolante) in eccesso rispetto al numero di equivalenti della base (analita).
[H ] = [Acido]
+
eccesso
n A - n B N AV A - N BVB = V A + VB V A + VB
16.12.3 Curva di Titolazione di un acido debole monoprotico con una base forte La curva di titolazione di un acido debole monoprotico (analita) con una base forte (titolante) presenta un aspetto diverso rispetto alle precedenti, con il punto di equivalenza a pH > 7, a causa dellidrolisi basica del sale che si forma. La scelta dellindicatore dipende dal valore della ka dellacido debole da titolare. In genere si usa la Fenolftaleina (pkIn = 9,3) che presenta un intervallo di viraggio 89,9.
Le dimensioni del salto di pH al punto di equivalenza dipendono dalla forza (k a) dellanalita e dalla concentrazione del titolante e diminuiscono con esse.
Una variazione nella concentrazione dellacido debole modifica solamente il punto di attacco della curva
Anche in questo caso esistono delle condizioni di titolabilit che devono essere soddisfatte affinch la reazione possa definirsi quantitativa. Come abbiamo visto nel caso delle titolazioni acido-forte/baseforte, affinch la titolazione possa dirsi avvenuta in maniera praticamente completa (quantitativa) necessario che la concentrazione dellanalita al punto di equivalenza, sia almeno 1000 volte pi piccola della concentrazione iniziale della soluzione da titolare [Analita]iniz 1000 x [Analita]PE In questo caso in soluzione abbiamo un acido debole HA D H+ + A Laggiunta di una quantit equivalente di base forte (e quindi di ioni OH ) sposter completamente lequilibrio dellacido debole verso destra HA + OH H2O + A Affinch la reazione possa dirsi avvenuta in modo quantitativo al punto equivalente la concentrazione dellacido indissociato dovr essere trascurabile e comunque almeno 1000 volte inferiore alla sua concentrazione iniziale CA 1) CA = [HA]iniz 1000 x [HA]PE Inoltre, per definizione, al punto equivalente abbiamo mescolato un egual numero di equivalenti di acido debole e di base forte per cui dovr essere
2)
[HA]PE = [OH]PE
Infine, se al punto di equivalenza praticamente tutto lacido stato salificato, potremo dire che la concentrazione del sua forma indissociata la medesima che aveva lacido inizialmente
3)
CA = [HA]iniz [A]PE
H + A- ka = PE PE [ HA]PE Esprimiamo la concentrazione degli ioni H+ come kw/[OH] k w A- PE ka = OH [ HA]PE PE poich per la 2) [HA]PE = [OH ]PE, potremo allora scrivere k A - PE ka = w [HA]2 PE e per la 3) k C ka = w 2 A [HA]PE kw CA 2 = [HA]PE ka
[ ]
Infine, dalla condizione 1) per cui [HA]PE 10-3 CA, potremo scrivere kw CA 2 2 = [HA]PE (10 -3 C A ) ka kw CA 2 10 -6 (C A ) ka kw ka C A 10 -6
10 -8 k a C A che la condizione di titolabilit di un acido debole
Tracciamo ora la curva di titolazione acido-debole/base-forte Consideriamo un volume VA di una soluzione di un generico acido debole HA D H+ + A, da titolare, avente concentrazione CA. Usiamo come titolante una generica base forte BOH B+ + OH, di concentrazione CB e indichiamo con VB il volume variabile che via via aggiungeremo alla soluzione dellanalita. In soluzione sono presenti le seguenti 5 specie chimiche: H + B+ OH A HA. Scriviamo dunque cinque equazioni nelle cinque incognite. La prima il prodotto ionico dellacqua 1) [H+] [OH] = kw La seconda la ricaviamo dal bilancio di carica 2) [H+] + [B+] = [A] + [OH] La terza e la quarta dal bilancio di massa n C AV A 3) A - + [HA] = A = Vtot V A + VB n C V 4) B+ = B = B B Vtot V A + VB
[ ]
[ ]
6)
[H ]
+ 3
C V + B B + ka H + V +V A B
[ ]
C V - C AV A + B B ka - kw H + - ka kw = 0 V +V A B
[ ]
Unequazione di terzo grado che ci permette di tracciare la curva di titolazione acido-debole/base-forte per punti, determinando la concentrazione degli ioni H+ (e quindi il pH) della soluzione per diversi valori di VB (il volume della base titolante via via aggiunto). Si noti che per VB = 0 la relazione diventa
H + + ka H + - ( C A ka + k w ) H + - k a k w = 0
3 2
che la formula risolutiva esatta per il calcolo del pH di un acido debole Usando ad esempio lequazione 6) per simulare una titolazione di 20 mL di una soluzione 0,1 N di un acido debole (ka = 10-5) usando una soluzione 0,1 N di una base forte si ottengono i seguenti valori
mL Base [H+] pH
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40
9,95 10-3 8,90 10-5 3,99 10-5 2,33 10-5 1,50 10-5 9,99 10-6 6,66 10-6 4,28 10-6 2,50 10-6 1,11 10-6 1,41 10-9 2,10 10-12 1,10 10-12 7,67 10-13 6,00 10-13 5,00 10-13 4,33 10-13 3,86 10-13 3,50 10-13 3,22 10-13 3,00 10-13
2,00 4,05 4,40 4,63 4,82 5,00 5,18 5,37 5,60 5,96 8,94 11,68 11,96 12,11 12,22 12,30 12,36 12,41 12,46 12,49 12,52
Il calcolo della curva di titolazione pu tuttavia essere reso pi agevole se si adottano delle ragionevoli approssimazioni, valide per particolari valori o intervalli di concentrazione. A questo proposito suddividiamo la curva di titolazione acido-debole/base-forte in quattro regioni, per ognuna delle quali verr adottata una diversa formula risolutiva semplificata ed approssimata per il calcolo del pH.
Calcoliamo il volume equivalente (Veq), cio il volume di base aggiunto in corrispondenza del quale tutto lacido HA viene salificato ed in soluzione presente solo il suo anione AIl volume equivalente si calcola a partire dalla condizione di equivalenza, per la quale in soluzione sono presenti un numero di equivalenti dellacido (nA) uguale al numero di equivalenti della base (nB) nA = nB e quindi, essendo la normalit N = neq/V, la condizione di equivalenza diventa NA x VA = NB x VB
N AVA NB La concentrazione del sale al punto di equivalenza sar Veq = VB =
C sale = A -
[ ]
PE
Si tenga presente che quando il numero di equivalenti di base aggiunti met del numero di equivalenti di acido (nB = nA e quindi anche VB = Veq) lacido stato per met trasformato nel suo anione A (punto di semiequivalenza)
Regione 1 Punto dinizio (VB = 0) Il calcolo del pH iniziale, prima dellaggiunta di base (VB = 0), si riduce al calcolo della concentrazione di ioni H+ di una soluzione di un acido debole. Se il rapporto CA/ka 102 si usa la formula approssimata che trascura gli ioni H+ provenienti dallacqua H + = ka C A
[ ]
Se il rapporto CA/ka < 102 si usa la formula approssimata che tiene conto degli ioni H+ provenienti dallacqua
[H ] =
+
k a + 4(k a C A + k w ) - k a
2
Regione 2 Regione tampone (Titolante < Analita) Il Titolante in difetto. In soluzione sono presenti un numero di equivalenti di acido debole superiore al numero di equivalenti di base forte nA > nB NA x VA > NB x VB
Prima del punto di equivalenza solo parte dellacido debole stato dunque salificato e quindi in soluzione presente ancora acido debole insieme al suo sale. Siamo dunque in presenza di una soluzione tampone. Il calcolo del pH si esegue con la relazione di Henderson-Hasselbach
[ HA]
A-
Il pH dipende solo dal rapporto tra le due concentrazioni (oltre che dal pk a, ovviamente) ed indipendente dal fattore diluizione che si ha come conseguenza dellaggiunta di soluzione titolante. Il rapporto [HA]/[A] si riduce infatti ad un rapporto tra numero di moli essendo il volume il medesimo sia per lacido indissociato che per il suo anione (base coniugata)
[ HA] = nHA / V
A
-
n A- / V
nHA nA-
Il numero di moli di acido non ancora salificate sono nHA = CAVA - CBVB mentre il numero di moli di anione che si formato ovviamente uguale al numero di equivalenti di base forte introdotte in soluzione nA- = NBVB Dunque il calcolo del pH nella regione tampone si esegue utilizzando la seguente relazione
pH = pka - log10
[ HA] = pk
A
-
- log10
Se stiamo titolando una base debole, avente costante di dissociazione basica kb, con un acido forte la relazione analoga con la differenza che ka sar la costante dellacido coniugato della base debole varr kw/kb - le moli di base debole non ancora titolate varranno CBVB - CAVA e si troveranno a denominatore del rapporto - le moli dellacido coniugato che si formano dalla titolazione varranno CAVA e si troveranno a numeratore del rapporto
pH = pka - log10
Allinterno della regione tampone si trova il punto di semiequivalenza, in cui sono stati aggiunti alla soluzione un numero di equivalenti di base forte pari alla met di quelli necessari per salificare
completamente lacido. In questo modo in soluzione presente una quantit di acido indissociato pari alla quantit del suo anione. Il loro rapporto vale 1 e dunque
a - log10 1 = pk a A- Al punto di semiequivalenza la soluzione presenta un pH pari al pk dellacido debole. La curva di titolazione presenta un flesso in corrispondenza del punto di semiequivalenza (la pendenza da negativa diventa positiva)
pH = pka - log10
[ HA] = pk
La regione tampone ha unampiezza di circa due punti di pH intorno al pka (pka 1) Regione 3 Punto di equivalenza (Titolante = Analita) Al punto di equivalenza, siamo in presenza di un flesso (la pendenza da positiva ritorna negativa) e tutto lacido stato salificato. In soluzione presente il sale di un acido debole che d quindi idrolisi basica. La sua concentrazione pari al numero di moli iniziali dellacido (nA = CAVA) diviso il volume totale della soluzione (Vtot = VA + VB = VA + Veq) Il volume della soluzione basica VB aggiunto detto volume equivalente (Veq)
Veq = VB = N AVA NB
[ ]
PE
Il calcolo del pH per il punto di equivalenza utilizza le relazioni semplificate per lidrolisi basica (o per una base debole). Dopo aver calcolato la costante di idrolisi
kh =
kw ka
Se il rapporto Csale/kh 102 si usa la formula approssimata che trascura gli ioni H+ provenienti dallacqua kw OH - = k h C sale = A PE ka
[ ]
Se il rapporto CA/ka < 102 si usa la formula approssimata che tiene conto degli ioni H+ provenienti dallacqua
[OH ] =
-
k h + 4(k h C sale + k w ) - k h
2
Regione 4 Dopo il punto di equivalenza (Titolante > Analita) Dopo il punto equivalente il pH determinato dalleccesso di base forte e la curva risulta identica a quella di una titolazione acido-forte-base-forte nA < nB NA x VA < NB x VB Calcoleremo dunque il numero di equivalenti della base in eccesso (lacido stato completamente salificato) e li divideremo per il volume totale della soluzione (VA + VB), ottenendo in tal modo la concentrazione della base forte in eccesso. Essendo la base forte (e quindi completamente dissociata), tale concentrazione corrisponder alla concentrazione degli ioni OH- in soluzione.
[OH ] = [Base]
-
eccesso
n B - n A N BVB - N AV A = V A + VB V A + VB
Esempio 1 -2 -2 Costruiamo la curva di titolazione di 60 mL di una soluzione 2 10 M (= 2 10 N) di ammoniaca NH3 usando come -5 titolante una soluzione 0,1 M (= 0,1 N) di HCl. Per lammoniaca k b = 1,8 10 (pkb = 4,74). Eseguiamo calcoli di pH per ogni aggiunta di 2 mL di soluzione titolante. Lammoniaca reagisce quantitativamente con un acido forte come lacido cloridrico per dare cloruro di ammonio NH4Cl. NH3
La curva di titolazione sar dunque simmetrica rispetto a quella di un acido debole monoprotico titolato con una base forte 1) calcoliamo il volume equivalente
Veq = V A =
dunque Veq = 12 mL (punto di equivalenza) Veq = 6 mL (punto di semiequivalenza)
2) calcoliamo il pH di inizio prima dellaggiunta di titolante (VA = 0). Possiamo usare la relazione semplificata (C/k > 102) per il calcolo del pH per una base debole monoprotica
[OH ] =
-
3) calcoliamo il pH per 5 punti nella regione tampone (VA = 2 mL; 4 mL; 6 mL; 8 mL; 10 mL) a al punto di equivalenza (VA = 12 mL) + Nella regione tampone coesistono le specie NH3/ NH4 + -14 -5 -10 La ka dello ione ammonio NH4 , lacido coniugato dellammoniaca, vale ka = kw/kb = 10 /1,8 10 = 5,6 10 (pka = 9,26)
pH = pk a = 9,26
pH = 9,26 Per 8 mL e 10 mL di titolante siamo ancora nella regione tampone
C AV A pH = pk a - log10 C V -C V B B A A
Per 12 mL di titolante siamo al punto di equivalenza. In soluzione presente solo lo ione ammonio NH4 che, essendo il sale della base debole ammoniaca, d una idrolisi acida. La sua concentrazione pari al numero di moli iniziali della base (nB= CBVB) diviso il volume totale della soluzione (Vtot = VB + VA = VB + Veq)
C NH
+ 4
= NH 4
+
PE
C BV B 2 10 -2 60 = = = 1,67 10 -2 60 + 12 VB + Veq
[H ] =
+
kw C + = k b NH 4
-6
-6
4) calcoliamo il pH per 4 punti nella regione oltre il punto di equivalenza, nella zona governata dallacido forte (titolante) (VA = 14 mL; 16 mL; 18 mL; 20 mL)
[H ] = [Acido]
+
eccesso
n A - n B N AV A - N BVB = VB + V A VB + V A
Per 14 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
Per 16 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
Per 18 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
Per 18 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
Esempio 2 80 mL di una soluzione di un acido debole monoprotico HA vengono titolati con NaOH 0,1 M. Dopo laggiunta di 80 mL di soluzione titolante stato raggiunto il punto di semiequivalenza ed il pH era pari a3,3. Calcoliamo il pH iniziale ed il pH al punto di equivalenza
1) calcoliamo la concentrazione dellanalita e la sua ka Al punto di semiequivalenza sono state aggiunte -3 N = MV = 0,1 x 0,08 L = 8 10 mol di NaOH le quali devono aver reagito con met delle moli dellanalita inizialmente presente. Negli 80 mL di soluzione da titolare -3 dovevano dunque essere inizialmente presenti 16 10 = 1,6 10-2 mol di acido debole HA e la sua concentrazione iniziale quindi -2 CA = n/V = 1,6 10 / 0,08 L = 0,2 M Al punto di semiequivalenza si ha pH = pKa e dunque la ka dellanalita vale 10
-3,3
= 5 10
-4
2) calcoliamo il pH al punto di inizio -4 Si tratta di calcolare il pH di un acido debole di concentrazione CA = 0,2 M e pka = 3,3 (ka = 5 10 ). Il rapporto C/K > 2 10 e quindi possiamo usare la seguente formula approssimata
[H ] =
+
ka C A
ed eseguendo il logaritmo decimale negativo di entrambi i membri pH = (pka -log CA) = = (3,3 - log 0,2) = 2 2) calcoliamo il pH al punto di equivalenza Se al punto di semiequivalenza sono stati introdotti 80 mL di titolante, al punto di equivalenza ne saranno stati aggiunti complessivamente il doppio (Veq = 180 mL). Se ora aggiungiamo al volume del titolante il volume iniziale della soluzione troviamo che il volume totale della soluzione al punto di equivalenza sar Vtot = VA + Veq = 80 + 180 = 240 mL Tutte le 1,6 10 moli iniziali di acido debole HA saranno state trasformate in altrettante moli del suo anione A , la cui concentrazione al punto di equivalenza sar [A ]PE = n/V = 1,6 10
-2 -2 -
-2
essendo lanione A- la base coniugata di un acido debole si comporter come una base debole (idrolisi basica) con kb = -14 -4 -11 kw/ka = 10 / 5 10 = 2 10 e dunque con pkb = pkw pka = 14 3,3 = 10,7 Si tratta di calcolare il pH di una base debole di concentrazione CB = 6,7 10 2 C/K > 10 e quindi possiamo usare la seguente formula approssimata
-2
-11
). Il rapporto
[OH ] =
-
kb CB
ed eseguendo il logaritmo decimale negativo di entrambi i membri pOH = (pkb -log CB) = = (10,7 - log 6,7 10 ) = 5,9 pH = 14 pOH = 14 5,9 = 8,1
-2
16.12.4 Curva di Titolazione di un acido debole poliprotico con una base forte Per poter titolare un acido poliprotico necessario effettuare il controllo della titolabilit per ciascuna delle sue costanti di dissociazione. cio necessario che sia, Caka1 10-8, Caka2 10-8 e cos via. Inoltre, affinch la curva di titolazione presenti flessi distinti in corrispondenza dei punti di equivalenza, deve essere verificato che il rapporto fra le costanti sia ka1/ka2 103, ka2/ka3 103, ecc. Una curva di titolazione di un acido poliprotico presenta un punto di equivalenza, ed uno di semiequivalenza, per ciascun equilibrio di dissociazione.
Tracciamo ora la curva di titolazione per un acido debole diprotico titolato tramite base forte. Consideriamo un volume VA di una soluzione di un generico acido debole diprotico H2A di concentrazione CA che presenti i seguenti due equilibri di dissociazione successivi H2A D H+ + HA HA D H+ + A2, Usiamo come titolante una generica base forte BOH B+ + OH, di concentrazione CB e indichiamo con VB il volume variabile che via via aggiungeremo alla soluzione dellanalita. In soluzione sono presenti le seguenti 6 specie chimiche: H + dunque sei equazioni nelle sei incognite. La prima il prodotto ionico dellacqua
1)
B+ OH A2
HA HA. Scriviamo
[H+] [OH] = kw
La seconda la ricaviamo dal bilancio di carica 2) [H+] + [B+] = [HA] + 2[A2] + [OH] La terza e la quarta dal bilancio di massa
3) 4)
n [A ] + [HA ] + [HA] = V
2-
tot
C AV A V A + VB
C BV B V A + VB tot La quinta e la sesta dagli equilibri di successiva dissociazione dellacido debole H + HA- 5) ka1 = [ H 2 A]
+ B
n [B ] = V
6)
H + A2 - ka 2 = - HA
[H ]
7)
+ 4
C V + B B + k a1 H + V +V B A
C V - 2C AV A + B B k a1 k a 2 V A + VB
C V - C AV A + k a1 k a 2 + B B k a1 - k w H + V A + VB - k a1 k w H + - k a1 k a 2 k w = 0
[ ]
[ ]
[ ]
Unequazione di quarto grado che ci permette di tracciare la curva di titolazione acido-debolediprotico/base-forte per punti, determinando la concentrazione degli ioni H + (e quindi il pH) della soluzione per diversi valori di VB (il volume della base titolante via via aggiunto). Si noti che per VB = 0 la relazione diventa
+ + + + H + ka1 H + ( ka1ka 2 - C A ka1 - kw ) H - ( 2C A ka1ka 2 + ka1kw ) H - ka1ka 2 kw = 0 4 3 2
che la formula risolutiva esatta per il calcolo del pH di un acido debole diprotico Usando ad esempio lequazione 7) per simulare una titolazione di 20 mL di una soluzione 0,1 M di un acido debole diprotico (ka1 = 10-3; ka2 = 10-7) usando una soluzione 0,1 M di una base forte si ottengono i seguenti valori
mL Base [H+] pH
0 4 8 10 12 16 20 24 28 30 32 36 40 44 48 52 56 60
9,51 10-3 3,20 10-3 1,38 10-3 9,45 10-4 6,39 10-4 2,44 10-4 9,90 10-6 3,99 10-7 1,50 10-7 1,00 10-7 6,67 10-8 2,50 10-8 1,73 10-10 1,60 10-12 8,50 10-13 6,00 10-13 4,75 10-13 4,00 10-13
2,02 2,49 2,86 3,02 3,19 3.61 5,00 6,40 6,82 7,00 7,18 7,60 9,76 11,80 12,07 12,22 12,32 12,40
Il calcolo della curva di titolazione pu tuttavia essere reso pi agevole se si adottano delle ragionevoli approssimazioni, valide per particolari valori o intervalli di concentrazione. Se il rapporto tra le costanti di dissociazione successive maggiore di 103 infatti possibile costruire le curve di titolazione trattando ciascun equilibrio di dissociazione separatamente.
A questo proposito suddividiamo la curva di titolazione acido-debole/base-forte in sei regioni, per ognuna delle quali verr adottata una diversa formula risolutiva semplificata ed approssimata per il calcolo del pH. Calcoliamo il volume equivalente (Veq), cio il volume di base aggiunto in corrispondenza del quale tutto lacido H2A viene salificato ed in soluzione presente solo il suo anione A 2Veq = VB = N AVA NB
Si tenga presente che 1) quando il numero di equivalenti aggiunti di base un quarto del numero di equivalenti di acido (nB = nA e quindi anche VB = Veq ) lacido stato per met trasformato in HA (primo punto di semiequivalenza) 2) quando il numero di equivalenti aggiunti di base met del numero di equivalenti di acido (n B = nA e quindi anche VB = Veq) lacido stato completamente trasformato in HA (primo punto di equivalenza) 3) quando il numero di equivalenti aggiunti di base tre quarti del numero di equivalenti di acido (nB = nA e quindi anche VB = Veq) HA stato per met trasformato in A2 (secondo punto di semiequivalenza) 4) quando il numero di equivalenti aggiunti di base eguaglia il numero di equivalenti di acido (n B = nA e quindi anche VB = Veq) tutto lacido stato salificato e quindi in soluzione presente solo lanione A2 (secondo punto di equivalenza)
Regione 1 Punto dinizio (VB = 0) Il calcolo del pH iniziale, prima dellaggiunta di base (V B = 0), si riduce al calcolo della concentrazione di ioni H+ di una soluzione di un acido debole diprotico del quale trascuriamo il secondo equilibrio di dissociazione. Se il rapporto CA/ka1 102 si usa la formula approssimata che trascura gli ioni H+ provenienti dallacqua H + = k a1 C A
[ ]
Se il rapporto CA/ka1 < 102 si usa la formula approssimata che tiene conto degli ioni H+ provenienti dallacqua
[H ] =
+
k a1 + 4(k a1C A + k w ) - k a1
2
Regione 2 Prima regione tampone - miscela H2A/HA (VB < Veq ) Il Titolante in difetto e non abbiamo ancora raggiunto il primo punto di equivalenza, nB < nA
(NB x VB) < (NA x VA) Prima del primo punto di equivalenza solo parte dellacido debole stato dunque trasformato in HAsecondo la reazione H2A nA nB + OH HA nB + H2O
Siamo dunque in presenza di una soluzione tampone H2A/HA . Il calcolo del pH si esegue con la relazione di Henderson-Hasselbach
[ H 2 A]
HA-
Come abbiamo gi visto per la titolazione di un acido debole monoprotico, anche in questo caso il pH dipende solo dal rapporto tra le due concentrazioni (oltre che dal pka, ovviamente) ed indipendente dal fattore diluizione che si ha come conseguenza dellaggiunta di soluzione titolante.
Il numero di moli di acido H2A residue (nH2Ares) non ancora salificato NH2Ares = nA nB = CAVA - CBVB mentre il numero di moli di anione HA- che si formato ovviamente uguale al numero di moli di base forte introdotte in soluzione nHA- = nB = CBVB Dunque il calcolo del pH nella regione tampone si esegue utilizzando la seguente relazione
pH = pka1 - log10
HA
-
[ H 2 A] = pk
a1
- log10
Allinterno della regione tampone si trova il primo punto di semiequivalenza, in cui sono stati aggiunti alla soluzione un numero di equivalenti di base forte pari ad un quarto di quelli necessari per salificare completamente lacido diprotico. In questo modo in soluzione presente una quantit di acido indissociato H2A pari alla quantit del suo anione HA-. Il loro rapporto vale 1 e dunque
a1 - log10 1 = pk a1 HA- Al primo punto di semiequivalenza la soluzione presenta un pH pari al pk a1 dellacido debole. La curva di titolazione presenta un flesso in corrispondenza del primo punto di semiequivalenza (la pendenza da negativa diventa positiva)
pH = pka1 - log10
[ H 2 A] = pk
La regione tampone ha unampiezza di circa due punti di pH intorno al pk a1 (pka1 1) e quindi si presenta quando il numero di moli di titolante aggiunto compreso tra un 1/10 e 9/10 delle moli iniziali dellacido H2A 0,1 nA nB 0,9 nA Regione 3 Primo punto di equivalenza - solo HA (VB = Veq) Al punto di equivalenza, siamo in presenza di un altro flesso (la pendenza da positiva ritorna negativa) e tutto lacido H2A stato trasformato nellanione HA. Abbiamo infatti introdotto met del volume equivalente e quindi un numero di equivalenti di base pari alla met de numero di equivalenti di acido. nB = nA (NB x VB) = (NA x VA) In soluzione presente un anfolita HA- di concentrazione C HA- = HA -
1 PE
Lanione HA- in soluzione pu infatti dare sia un idrolisi basica HA + H2O D H2A + OH kh = kw/ka1
Il calcolo della concentrazione degli ioni H+ per una soluzione di un anfolita si esegue con la seguente relazione
[H ] =
+
k a1 k a 2 C + k a1 k w k a1 + C
[H ] =
+
k a1 k a 2
Regione 4 Seconda regione tampone miscela HA/A2 (Veq < VB < Veq) Il Titolante ancora in difetto. Ci troviamo tra il primo ed il secondo punto di equivalenza.
nA < nB < nA (NA x VA) < (NB x VB) < (NA x VA) La base forte comincia a trasformare lanione HA- in A2-. HA + OH A2 + H2O
Siamo dunque in presenza di una soluzione tampone HA/A2 . Il calcolo del pH si esegue con la relazione di Henderson-Hasselbach [ Acido] = k HA- + H = ka 2 a2 Base ] A2 - [ HA pH = pk2 a - log10 2- A Come abbiamo gi visto per la titolazione di un acido debole monoprotico, anche in questo caso il pH dipende solo dal rapporto tra le due concentrazioni (oltre che dal pka, ovviamente) ed indipendente dal fattore diluizione che si ha come conseguenza dellaggiunta di soluzione titolante. In altre parole l rapporto [HA]/[A2] si riduce ad un rapporto tra numero di moli essendo il volume il medesimo sia per HA- che per A2-. Il numero di moli di HA- iniziali (nHAiniz) coincide ovviamente con il numero di moli di titolante introdotto al primo punto di equivalenza (VB = Veq) nHAiniz = nB1eq = CB x Veq Il numero di moli di titolante che reagiscono con HA - per dare A2- sar pari al numero di moli introdotte (nB = CB x VB) meno le moli di titolante che hanno gi reagito con H2A (nB1eq = CB x Veq) e dunque nA2- = nB - nB1eq = (CB x VB) (CB x Veq) = CB (VB Veq ) Il numero di moli di HA- residue (nHAres) sar pari al numero di moli iniziali di HA- meno il numero di moli di titolante che reagiscono con HANH2Ares = v nHAiniz nA2- = (CB x Veq) [(CB x VB) (CB x Veq)] NH2Ares = 2(CB x Veq) - (CB x VB) = (CB x Veq) - (CB x VB) = CB (Veq VB ) Dunque il calcolo del pH nella seconda regione tampone si esegue utilizzando la seguente relazione - HA = pk - log CB (Veq - VB ) = pk - log (Veq - VB ) pH = pka 2 - log10 a2 10 a2 10 A2 - CB (VB - 1 Veq ) (VB - 12 Veq ) 2 Se stiamo titolando una base debole diprotica, avente costante di dissociazione basica kb, con un acido forte la relazione analoga con la differenza che ka sar la costante dellacido coniugato della base debole varr kw/kb - le moli di base debole non ancora titolate varranno CA(Veq - VA) e si troveranno a denominatore del rapporto - le moli dellacido coniugato che si formano dalla titolazione varranno CA(VA Veq) e si troveranno a numeratore del rapporto
pH = pka - log10
Allinterno della regione tampone si trova il secondo punto di semiequivalenza (VB = Veq), in cui sono stati aggiunti alla soluzione un numero di equivalenti di base forte pari a tre quarti di quelli necessari per salificare completamente lacido diprotico H2A e sufficienti quindi per trasformare met del numero di moli di HA- in altrettante moli di A2-. In questo modo in soluzione presente una quantit di HA- pari alla quantit del suo anione A2- Il loro rapporto vale 1 e dunque pH = pka 2 - log10
HA-
[ H 2 A] = pk
a2
- log10
(V (V
3 4
eq
- 3 Veq ) 4
eq
- 1 Veq ) 2
Al secondo punto di semiequivalenza la soluzione presenta un pH pari al pk a2 dellacido debole. La curva di titolazione presenta un altro flesso in corrispondenza del secondo punto di semiequivalenza (la pendenza da negativa ridiventa positiva) La regione tampone ha sempre unampiezza di circa due punti di pH intorno al pk a2 (pka2 1). Regione 5 Secondo punto di equivalenza - solo A2 (VB = Veq) Al secondo punto di equivalenza, siamo in presenza di un altro flesso (la pendenza da positiva ritorna negativa) e tutto HA- stato trasformato nellanione A2-. In soluzione presente il sale di un acido debole che d quindi idrolisi basica. La sua concentrazione pari al numero di moli iniziali dellacido H2A (nA = CAVA) diviso il volume totale della soluzione (Vtot = VA + VB = VA + Veq) C AV A V A + Veq Il calcolo del pH per il punto di equivalenza utilizza le relazioni semplificate per lidrolisi basica (o per una base debole). Dopo aver calcolato la costante di idrolisi k kh = w ka 2 Se il rapporto Csale/kh 10 si usa la formula approssimata che trascura gli ioni H+ provenienti dallacqua k w 2OH - = k h C sale = A 2 PE ka C A 2 - = A 22 PE
[ ]
[ ]
Se il rapporto CA/ka < 102 si usa la formula approssimata che tiene conto degli ioni H+ provenienti dallacqua
[OH ] =
-
k h + 4(k h C sale + k w ) - k h
2
Regione 6 Dopo il secondo punto di equivalenza - (VB > Veq) Dopo il secondo punto equivalente il pH determinato dalleccesso di base forte e la curva risulta identica a quella di una titolazione acido-forte-base-forte
Calcoleremo dunque il numero di equivalenti della base in eccesso (lacido stato completamente salificato) e li divideremo per il volume totale della soluzione (VA + VB), ottenendo in tal modo la concentrazione della base forte in eccesso. Essendo la base forte (e quindi completamente dissociata), tale concentrazione corrisponder alla concentrazione degli ioni OH- in soluzione.
[OH ] = [Base]
-
eccesso
n B - n A N BVB - N AV A = V A + VB V A + VB
Esempio 1 -2 -2 Costruiamo la curva di titolazione di 40 mL di una soluzione 4 10 M (= 8 10 N) di carbonato di sodio Na2CO3 usando -7 -11 come titolante una soluzione 0,2 M (= 0,2 N) di HCl. Per lacido carbonico k a1 = 4,1 10 (pka1 = 6,4) ka2 = 5,6 10 (pka2 = 10,2). Eseguiamo calcoli di pH per ogni aggiunta di 2 mL di soluzione titolante. Il bicarbonato di sodio un sale formato da una base forte (NaOH) e da un acido debole (H2CO3) e dunque d idrolisi basica. In soluzione acquosa il carbonato di sodio completamente dissociato Na2CO3
2Na+ + CO32-
e lanione carbonato si comporta quindi come una base debole diprotica dando due successive reazioni di idrolisi basica
2CO3
+ H2O D
HCO3-
+ OH
HCO3
+ H2O D H2CO3 + OH
kh2
La curva di titolazione sar dunque simmetrica rispetto a quella di un acido debole diprotico titolato con una base forte 1) calcoliamo il volume equivalente
Veq = V A =
dunque
= = = =
2) calcoliamo il pH di inizio prima dellaggiunta di titolante (VA = 0). Le due costanti di idrolisi basica sono sufficientemente differenziate (quattro ordini di grandezza) da poter trattare i due equilibri separatamente. Possiamo usare la relazione semplificata (C/k > 102) per il calcolo del pH per una base debole monoprotica (idrolisi basica)
[OH ] =
-
3) calcoliamo il pH per 3 punti nella prima regione tampone (VA = 2 mL; 4 mL; 6 mL) a al primo punto di equivalenza (VA = 8 mL) Nella prima regione tampone coesistono le specie CO3
2-
/HCO3-
pH = pk a 2 = 10,2
Per 6 mL di titolante siamo ancora nella prima regione tampone
C AV A pH = pk a 2 - log10 C V -C V B B A A
Per 8 mL di titolante siamo al primo punto di equivalenza. In soluzione presente solo lanione anfolita HCO3
[H ] =
+
k a1 k a 2 =
-9
4) calcoliamo il pH per 3 punti nella seconda regione tampone (VA = 10 mL; 12 mL; 14 mL) a al secondo punto di equivalenza (VA = 16 mL)
-
/ H2CO3
pH = pka1 - log10
HCO3
-
[ H 2CO3 ] = pk
a1
- log10
(V - V ) (V - V )
B 1 2 eq eq B
Per 10 mL di titolante
pH = pk a 2 - log10
(V - V ) (V - V ) = 6,4 - log
B 1 2 eq eq B
10
pH = pk a1 = 6,4
Per 14 mL di titolante siamo ancora nella prima regione tampone
pH = pk a 2 - log10
(V - V ) (V - V ) = 6,4 - log
B 1 2 eq eq B
10
Per 16 mL di titolante siamo al secondo punto di equivalenza. In soluzione presente solo lacido debole H2CO3. 2La sua concentrazione pari al numero di moli iniziali della base CO3 (nB= CBVB) diviso il volume totale della soluzione (Vtot = VB + VA = VB + Veq)
C H 2CO3 = [H 2 CO3 ]2 PE
e la concentrazione degli ioni H
+
C BV B 4 10 -2 40 = = = 2,86 10 -2 VB + Veq 40 + 16
-7 -2 -4
[H ] =
+
k a1C =
pH = - log10 (1,1 10 ) = 4,0 5) calcoliamo il pH per 3 punti nella regione oltre il secondo punto di equivalenza, nella zona governata dallacido forte (titolante) (VA = 18 mL; 20 mL; 40 mL)
[H ] = [Acido]
+
eccesso
n A - n B N AV A - N BVB = VB + V A VB + V A
Per 18 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
N AV A - N BV B 0,2 18 - 8 10 -2 40 = = 6,9 10 -3 40 + 18 VB + V A
pH = - log10 (6,9 10 ) = 2,2
-3
Per 20 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
N AV A - N BV B 0,2 20 - 8 10 -2 40 = = = 1,3 10 - 2 VB + V A 40 + 20
pH = - log10 (1,3 10 ) = 1,9
-2
Per 40 mL di titolante
[H ] = [Acido]
+
eccesso
Esempio 2 -2 300 mL di una soluzione di solfito di potassio K2SO3 vengono titolati usando una soluzione 4 10 M di HCl. Dopo laggiunta di 100 mL di titolante il pH della soluzione 7,1. Dopo laggiunta di 180 mL di titolante ci troviamo al primo punto di equivalenza ed il pH 4,5. Calcoliamo il pH al punto dinizio e al secondo punto equivalente. Lanione solfito SO3 la base coniugata dellacido solforoso H2SO3 e reagisce quindi con lacido cloridrico (un acido forte) in maniera quantitativa secondo i due seguenti equilibri SO3
22-
+H
+ +
HSO3
HSO3 + H
H2SO3
2-
Si tratta dunque di una titolazione di una base debole diprotica (SO3 ) con un acido forte (HCl). 1) Calcoliamo la concentrazione iniziale dellanione solfito SO3
2-
Al 1 punto di equivalenza sono state aggiunte -2 -3 n = MAVA = 4 10 x 0,18 L = 7,2 10 moli di HCl 22che hanno reagito completamente con altrettante moli di SO3 . La concentrazione iniziale di SO3 sar dunque
C B = SO3
2-
iniz
2) Calcoliamo il pka2 dellacido solforoso Dopo laggiunta di 100 mL di titolante (pH = 7,1) sono state introdotte n = MAVA = 4 10 x 0,1 L = 4 10 moli di HCl per dare altrettante moli di HSO3 . Nella soluzione saranno pertanto presenti 4 10 7,2 10
-3 -2 -3
2SO3
-3
siamo dunque nella prima zona tampone, dove coesistono i due anioni SO3
HSO3
. Il pH vale
pH = pk a 2 - log
da cui
[H ] =
+
k a1 k a 2 =
ed eseguendo il logaritmo negativo di entrambi i membri pH = (pka1 +pka2) pka1 = 2pH - pka2 = (2 x 4,5) 7,2 = 9 7,2 = 1,8 4) Calcoliamo il pH al punto di inizio. 2-2 Inizialmente presente solo lanione SO3 , con una concentrazione 2,4 10 M, che d unidrolisi acida SO3
2-
da cui
[H ] =
+
k h1 C
-2
ed eseguendo il logaritmo negativo di entrambi i membri pH = (pkh1 logC) = (6,8 log 2,4 10 ) = = (6,8 + 1,6) = 4,2 5) Calcoliamo il pH al secondo punto di equivalenza. Se al primo punto di equivalenza sono stati introdotti 180 mL di titolante, per raggiungere il secondo punto di equivalenza ne dovranno essere aggiunti altrettanti e quindi, complessivamente, 180 + 180 = 360 mL. Se aggiungiamo il volume iniziale della soluzione (300 mL) il volume complessivo di 660 mL. -3 2Le 7,2 10 moli di SO3 inizialmente presenti sono state completamente trasformate in altrettante moli di H2SO3, la cui concentrazione sar
= 1,6 10 ),
-2
[H ] =
+
k a + 4(k a C + k w ) - k a
2
(1.6 10 )
-2 2
G.Lewis introdusse il concetto di attivit nel 1907 per descrivere quelle concentrazioni attive, o efficaci, che compaiono nelle relazioni di equilibrio al posto delle concentrazioni vere e proprie. Abbiamo visto che la legge di Guldberg-Waage descrive un generico equilibrio del tipo
aA + bB
attraverso la seguente relazione di equilibrio
c
cC + dD
d
[C ] [ D ] kc = a b [ A] [ B ]
dove kc detta costante di equilibrio stechiometrica (o analitica), essendo il suo valore correlato alle concentrazioni di equilibrio. Si osserva tuttavia che tale relazione valida solo per basse concentrazioni, inferiori a 10-3 M. Per concentrazioni pi elevate necessario tener conto del fatto che le specie chimiche manifestano la loro presenza in misura diversa rispetto alla loro concentrazione effettiva e la costante di equilibrio deve essere calcolata rispetto a questa attivit reale delle specie chimiche. Il concetto di attivit viene dunque inteso come la concentrazione con la quale le specie chimiche prendono effettivamente parte ad un processo. Lattivit a della specie x correlabile alla sua concentrazione reale C tramite la relazione ax = gx Cx o {x} = gx [x] (le parentesi quadre denotano le concentrazioni, mentre le graffe denotano le attivit) dove g (o f) detto coefficiente di attivit e la concentrazione reale C espressa come molalit (anche se spesso, soprattutto per soluzioni diluite, viene approssimata tramite la molarit). Il coefficiente di attivit g pu assumere tutti i valori compresi tra zero ed uno. Per concentrazioni inferiori a 10-3 M esso tende a 1. Per concentrazioni superiori a 10-3 M tende a zero quanto pi la soluzione concentrata. Esso pu dunque essere considerato una misura della non idealit del sistema in esame. Le relazioni di equilibrio devono essere espresse rispetto allattivit delle specie chimiche e la relativa costante detta costante di equilibrio termodinamica kT (o costante di attivit)
kT
La costante termodinamica pu essere messa in relazione alla costante analitica k c attraverso i coefficienti di attivit g
kT
c d ( aC ) ( aD ) = (g C [C ]) (g D [ D ]) = a b a b ( aA ) ( aB ) (g A [ A]) (g B [ B ])
(g ) (g ) [C ] [ D ] = C a D b a b (g A ) (g B ) [ A] [ B ]
d c
= kg kc
kT = kg k c
dove si osserva che, essendo kT costante, kg e kc risultano inversamente proporzionali. Inoltre, per soluzioni molto diluite kg tende ad uno e dunque kT = kc e sar quindi possibile usare le concentrazioni al posto delle attivit senza commettere gravi errori. Nelle soluzioni acquose in cui sono presenti elettroliti le attivit differiscono dalle rispettive concentrazioni soprattutto a causa delle interazioni elettriche tra gli ioni presenti in soluzione e tra gli ioni ed il solvente. Essendo gli ioni specie chimiche elettricamente cariche, in soluzione si verificano interazioni elettrostatiche e accade quindi che una certa quantit di ioni resti schermata elettricamente dal solvente e non possa prendere parte al processo chimico in oggetto. Le deviazioni dalla idealit che sono state riscontrate dopo varie prove sperimentali hanno permesso di dimostrare che leffetto di schermatura che si osserva in funzione della carica e della
concentrazione delle varie specie ioniche presenti in soluzione, in quanto le specie neutre inducono variazioni minime. Quando una soluzione diluita (concentrazione < 10 -3 M) gli ioni si trovano in pratica tutti allo stato completamente solvatato e ad una distanza tale che le interazioni elettrostatiche risultano trascurabili. Aumentando la concentrazione aumenta sia il numero di ioni sia il numero di cariche elettrostatiche e di conseguenza le interazioni sono pi forti. Tali interazioni portano ad un comportamento non ideale della soluzione, per cui la concentrazione attiva o efficace (attivit) risulta diversa rispetto alla concentrazione reale. Per stimare gli effetti delle cariche elettriche presenti in soluzione stato introdotto il concetto di forza ionica I (o m). La forza ionica definita come
I = 0,5 mi zi2
dove mi la concentrazione molale (approssimata con la molarit, per soluzioni diluite) e zi il valore assoluto della carica dello ione i-esimo. Confermando quanto ottenuto dai dati sperimentali si osserva che gli effetti della forza ionica sono indipendenti dal tipo di elettrolita in soluzione, ma dipendono solo dalla sua carica e dalla sua concentrazione. Calcoliamo ad esempio la forza ionica di una soluzione 0,1 molale di Al2(SO4)3. Poich un sale un elettrolita forte esso sar completamente dissociato Al2(SO4)3 2Al3+ + 3SO42E le concentrazioni degli ioni in soluzione saranno [Al3+] = 0,2 m [SO42-] = 0,3 m I = 0.5([Al3+] x (zAl)2 + [SO42-] x (zSO4)2) = 0,5(0,2x32 + 0,3x22)= 1,5 m Il calcolo della forza ionica per un elettrolita forte pu essere notevolmente semplificato notando che essa risulta sempre essere un multiplo intero della concentrazione iniziale in funzione della stechiometria dellelettrolita stesso. Elettrolita AB AB AB A 2B A 3B A 4B A 2B A2B3 ioni A+ Bconcentrazione forza ionica m m m m m m m m 1m 4m 9m 3m 6m 10m 12m 15m pari a 0,3 x 4 = 1,2
La forza ionica viene utilizzata per stimare il valore del coefficiente g di attivit di una specie chimica in soluzione. Tra le relazioni pi usate per tale stima vi lequazione di Debye-Hckel. Per un elettrolita binario essa vale
- log g =
A z+ z - I 1+ B d I
dove: = coefficiente di attivit medio dellelettrolita binario z+ e z- = carica, in valore assoluto, rispettivamente del catione e dell'anione d = valore medio del diametro, espresso in ngstrom, degli ioni solvatati dall'acqua I = forza ionica della soluzione A e B = costanti empiriche funzioni della temperatura e del solvente, con A = 1.824928x106 r1/2(T)-3/2 e B = 50.3 (T)-1/2 Dove la costante dielettrica dellacqua e r la densit (comunemente pari ad 1). Ma per semplicit i coefficienti A e B vengono spesso stimato attraverso polinomiali quadratiche che interpolano i dati reali del tipo A = 0.4908 + 6.2627x10-4 t + 4.7031x10-6 t2 B = 0.3246 + 1.4883x10-4 t + 2.4284x10-7 t2 Con t temperatura in Celsius A 25 C per l'acqua tali coefficienti valgono A = 0,509 e B = 0,328. Per il prodotto dB sono stati proposti valori compresi tra 1 e 1.6, ma comunemente viene accettato il valore 1.5 per tutte le temperature e per qualsiasi tipo di soluzione. Per uno ione di carica z lequazione di Debye-Hckel vale
A z2 I - log g = 1+ B d I
Come andamento generale i coefficienti di attivit g decrescono allaumentare della forza ionica I fino ad un minimo nella regione tra I = 0.3 e I = 0.7. In corrispondenza di valori superiori di forza ionica i coefficienti di attivit tornano a crescere e lequazione di Debye-Hckel non in grado di prevederne landamento. In definitiva, lequazione di Debye-Hckel fornisce risultati accettabili per valori di forza ionica inferiori a 0,1. Per concentrazioni superiori si usa in genere lequazione di Davies, una estensione empirica dellequazione di Debye-Hckel Per un elettrolita binario lequazione di Davies vale
I - logg = A z+ z- +CI 1+ I
mentre, per uno ione di carica z vale
I - logg = A z 2 +CI 1+ I
Al coefficiente C vengono assegnati valori compresi nellintervallo -0,1/-0,5 (i valori pi utilizzati sono C = -0,2 e C = -0,3). Si noti come il termine CI si annulli per I che va a zero, per cui lequazione di Davies si riduce allequazione di DebyeHckel per bassi valori di forza ionica.
- log g = C I
pH = - log a H +
Calcoliamo allora la forza ionica della soluzione I = 0.5([H+](zH)2 + [Cl-](zCl)2) = 0,5(0,1 12 + 0,1 12)= 0,1 M il coefficiente di attivit dello ione idrogeno
[ ]
- logg H +
[ ]
Esempio 2 (effetto della forza ionica sul pH di un acido debole) Calcoliamo il pH di una soluzione C=10-1 M di acido tricloroacetico Cl3CCOOH ka=0.1995 (pka=0.7) Lacido tricloroacetico un acido debole, parzialmente dissociato secondo la reazione Cl3CCOOH H+ + Cl3CCOOCalcoliamo il pH senza tener conto della forza ionica o meglio, ponendo g = 1 e considerando quindi le concentrazioni uguali alle attivit. Per calcolare la concentrazione degli ioni H+ scegliamo la formula risolutiva semplificata usando il seguente diagramma (gi definito in precedenza)
[H ] =
+
k a + 4(k a C + k w ) - k a = 2
2
Proviamo ora a tener conto della forza ionica e calcoliamo lattivit degli ioni H +, Il calcolo della forza ionica per un elettrolita debole deve ovviamente tener conto delle concentrazioni di equilibrio e deve essere fatta con metodo iterativo per approssimazioni successive (infatti la forza ionica dipende dalle concentrazioni, le quali dipendono dai coefficienti di attivit, i quali, a loro volta, dipendono dalla forza ionica). Usiamo qiudi le concentrazioni trovate in precedenza (con g = 1) per calcolare la forza ionica e ricalcoliamo g. Utilizziamo il nuovo valore di g per ricalcolare le concentrazioni di equilibrio, procedendo finch il valore di g non si stabilizza.
Dal calcolo precedente risulta che in soluzione sono presenti le seguenti concentrazioni [H+] = 0.07317 M [Cl3CCOO-] = 0.07317 M [Cl3CCOOH] = 0,1 - 0.07317 = 0.02683 M e dunque la forza ionica sar I = 0.5( [anione] (zanione)2 + [H+] (zH)2) = 0,5(0.0731712+ 0.0731712)= 0.07317 Mentre i nuovi coefficienti di attivit
Iterazione 1
0,07317 - log( H + ) = - log(g anione ) = 0,509 12 - 0.3 0,07317 = 0,097197 g 1 + 0,07317 -0 , 097197 g H + = g anione = 10 = 0,7995
per semplicit poniamo g = 1 il coefficiente di attivit dellacido indissociato. Ricalcoliamo le concentrazioni di equilibrio utilizzando i nuovi valori di g ed indicando con x la concentrazione di ioni H+ allequilibrio
kT = 0,7 =
tenendo conto che
aH + aanione aacido
[H ] g [Cl CCOO ] g =
+ -
[Cl3CCOOH ] g acido
H+
anione
x g H + x g anione
(0,1 - x ) g acido
g H + = g anione = g
g acido = 1
g 2 x 2 + k T x - kT C = 0
0.79952 x 2 + 0.1995x - 0.1995 0.1 = 0
che risolta fornisce x = [H+] = [Cl3CCOO-] = 0.07967 M utilizziamo ora queste nuove concentrazioni per ricalcolare forza ionica e nuovamente i coefficienti di attivit.
Iterazione 2
g x +k x-k C =0
Iterazione 3
g x +k x-k C =0
Iterazione 4
g H + = 0,7944
[ ]
Si noti che il valore della costante di equilibrio analitica (calcolata usando le concentrazioni e non le attivit) H + Cl3CCOO - 0.07984 0.07984 kC = = = 0,3162 [Cl3CCOOH ] (0,1 - 0.07984) ed il relativo pK = -log 0.3162 = 5. Tale pK spesso definito pka apparente. semplice verificare che, per un acido debole monoprotico HA, tra il pk termodinamico e quello apparente esiste la seguente relazione
[ ][
kT = kc kg
g H + g Ag HA
g H + = g A- = g
pkT = pkc - 2 logg
g HA = 1
e
ed essendo infine
I I - log(g H + ) = A z 2 + C I = A 12 +CI 1+ I 1+ I
si avr
I pk a = pk a '+2 A +CI 1+ I
dove pKa = pk termodinamico pKa = pk analitico (o apparente) Nel caso di acidi deboli poliprotici vengono modificati anche i pk apparenti delle dissociazioni successive alla prima. In generale se consideriamo una dissociazione successiva alla prima di un generico acido debole poliprotico avente carica, in valore assoluto, pari a z HnAzLa sua k vale H+ + Hn-1A(z+1)-
kg =
e, passando ai logaritmi
g H + g H gH
n-1 A z-
( z +1) -
nA
n-1 A
z +1
+ log g H
nA
I I I 2 + CI + CI - A z 2 - log kg = A 12 + CI + A ( z + 1) 1+ I 1+ I 1+ I
I I 2 - log kg = 12 + (z + 1) - z 2 A + CI = (2 z + 2 ) A + CI 1+ I 1+ I
in definitiva per la costante di seconda dissociazione acida, con lacido che presenta z = 1 (ad esempio HA-) si avr
I +CI pk a 4 = pk a 4 '+8 A 1+ I
Se quindi indichiamo con DpK la differenza tra il pK termodinamico ed il pk analitico per lequilibrio di prima dissociazione
pk a1 - pk a1 ' = Dpk
si avr che i pk analitici delle eventuali successive dissociazioni potranno essere calcolati come
I pk a1 = pk a1 '+2 A +CI 1+ I
e dunque
pk a1 ' = pk a1 - Dpk = 1,52 - 0,18624 = 1,334 pk a 2 ' = pk a 2 - 2Dpk = 2,36 - 2 0,18624 = 1,988
pk a 3 ' = pk a 3 - 3Dpk = 6,60 - 3 0,18624 = 6,041 pk a 4 ' = pk a 4 - 4Dpk = 9,25 - 4 0,18624 = 8,505
Esempio 3 (effetto della forza ionica su di un tampone) Calcoliamo il pH di una soluzione tampone 0,05 M in NaH2PO4 e 0,05 M in Na2HPO4 sapendo che la costante di seconda dissociazione acida dellacido fosforico vale 6,31 10-8 pka2=7,2 Il tampone costituito da una miscela equimolare dellacido debole H2PO4- (pka2=7,2) e della sua base coniugata HPO42-. Se applichiamo le relazione di Henderson-Hasselbach senza tener conto della forza ionica della soluzione (e quindi assumendo unitari i coefficienti di attivit) otterremo un pH = pk a.
pH = pk a - log
[Acido]g acido = 7,2 - log 0,05 1 = 7,2 aacido = pk a - log abase con 0,05 1 [Base]g base con
Calcoliamo ora la forza ionica della soluzione NaH2PO4 un elettrolita di tipo A+ B- e dunque la sua forza ionica uguale alla sua concentrazione: I = 0,05 Na2HPO4 4 un elettrolita di tipo A+ B2- e dunque la sua forza ionica uguale a tre volte la sua concentrazione: I = 0,15 La forza ionica complessiva della soluzione sar dunque pari a I = 0,2 Calcoliamo i coefficienti di attivit dei due anioni
- log g H
2 PO 4
g H PO . = 10 -0,12675 = 0,74688
2 4
e ricalcoliamo il pH
pH = pk a
[H SO ]g - log [HSO ]g
2 4 24
acido
= 7,2 - log
base con
Si noti come, in generale, sia possibile inglobare i coefficienti di attivit nel pka ottenendo un pka apparente. Per un generico tampone in cui la forma acida presenta in valore assoluto carica pari a z e la sua base coniugata carica z+1 HnAzla relazione di Henderson-Hasselbach diventa
/ Hn-1A(z+1)n
[H
( n -1 )
ed essendo
- log
- log
gH gH
nA
z-
( n -1 )
A( z +1 )-
= - log g H
nA
z-
+ log g H
( n -1 ) A
( z +1 )-
gH gH
nA
z-
n -1 A
( z +1 ) -
I I 2 = A z2 + CI - A ( z + 1) + CI 1+ I 1+ I
- log
gH gH
nA
z-
n -1 A
( z +1 ) -
I = (2 z + 1) A + CI 1+ I
n
[H
ponendo infine
I pk a ' = pk a - (2 z + 1) A + CI 1+ I
si ottiene il pka apparente da usare insieme alle concentrazioni In definitiva, per un generico acido tetraprotico H4A con il quale sia possibile costruire 4 tipi di tamponi ( 1) H4A/H3A-; 2) H3A-/H2A2-; 3) H2A2-/HA3-; 4) HA3-/A4-) si avranno le seguenti equazioni di Henderson-Hasselbach z=0
I [H 4 A] pH = pk a1 - A + CI - log 1+ I H 3 A
z=1
I H A - log 3 2 pH = pka 2 - 3 A + CI H2 A 1+ I
[ [
] ]
z=2
[ [
] ]
z=3
[ ] [ ]
Si consideri ad esempio un tampone costituito da HPO42-/PO43- (Pka3=12,66) avente una forza ionica I=0,4. Poich la specie acida (lanione idrogenofosfato HPO42-) ha carica z = 2, potremo scrivere
Esempio 4 (effetto della forza ionica sulla solubilit) Calcoliamo la solubilit S del fluoruro di Litio LiF (kps = 1,7 10-3) Essendo la kps una costante di equilibrio essa funzione delle attivit e non delle concentrazioni
k ps = aLi + aF - = Li + g + F - g Calcoliamo la solubilit del fluoruro di Litio senza tener conto della forza ionica e dunque assumendo come unitari i coefficienti g di attivit. Posto pari ad x la concentrazione del fluoruro di Litio che si scioglie nella soluzione satura (x = S) e che si dissocia in x mol/L di Li+ ed x mol/L di F-, avremo
[ ]
[ ]
k ps = Li + F - = x 2
x = Li + = F - = S = k ps = 1,7 10 -3 = 4,123 10 -2 M
Calcoliamo ora la solubilit del fluoruro di Litio tenendo conto della forza ionica. Come nel caso dellacido debole necessario eseguire il calcolo con un metodo iterativo per approssimazioni successive. Iterazione 1 Usiamo le concentrazioni calcolate in precedenza con g = 1 per calcolare la forza ionica e ricalcolare i coefficienti di attivit Con una concentrazione di LiF in soluzione pari a 4,123 10-2 M avremo una forza ionica pari a I = 4,123 10-2 M (il fluoruro di Litio un elettrolita del tipo A+ B- in cui la forza ionica risulta uguale alla concentrazione). Calcoliamo i coefficienti di attivit
[ ][ ]
[ ] [ ]
g + = g - = 10 -0,079616 = 0,8235
Usiamo ora i coefficienti calcolati per ricalcolare le concentrazioni di equilibrio
k ps = aLi+ aF - = Li + g + F - g - = x 2 g 2
x = Li + = F - = S =
[ ]
k ps
[ ]
[ ] [ ]
Con una concentrazione di LiF in soluzione pari a 4,953 10-2 M avremo una forza ionica pari a I = 4,953 10-2 M Ricalcoliamo i coefficienti di attivit in funzione del nuovo valore di I
Iterazione 2
1,7 10 -3 = 5,015 10 -2 M 2 2 g 0,8221 Con una concentrazione di LiF in soluzione pari a 5,015 10-2 M avremo una forza ionica pari a I = 5,015 10-2 M Ricalcoliamo i coefficienti di attivit in funzione del nuovo valore di I x = Li + = F - = S = k ps =
Iterazione 3
[ ] [ ]
x = Li = F
[ ] [ ]= S =
+ -
k ps
g2
Con una concentrazione di LiF in soluzione pari a 5,020 10-2 M avremo una forza ionica pari a I = 5,020 10-2 M Ricalcoliamo i coefficienti di attivit in funzione del nuovo valore di I Iterazione 4
17 Elettrochimica: celle galvaniche L'elettrochimica studia i processi di trasformazione di energia chimica di legame in energia elettrica e viceversa. Abbiamo gi osservato come una reazione redox sia una reazione in cui una sostanza si ossida, cedendo elettroni ad un'altra sostanza che, acquistandoli, si riduce. Una reazione redox spontanea quando gli elettroni passano da una sostanza dove si trovano ad un livello energetico pi elevato e quindi meno stabile, ad una sostanza dove, essendo trattenuti pi fortemente, si trovano in una situazione di maggior stabilit. Esiste quindi una differenza di potenziale tra la specie che si ossida e quella che si riduce e gli elettroni possono muoversi spontaneamente in risposta a tale gradiente. Ora, potendo far avvenire una reazione spontanea di ossido-riduzione non direttamente, ma costringendo gli elettroni a passare attraverso un filo metallico, si potr sfruttare tale differenza di potenziale per produrre una corrente elettrica. In altre parole potremo trasformare energia potenziale (energia chimica) nell'energia cinetica degli elettroni in moto (energia elettrica). Tale processo pu essere realizzato tramite un dispositivo noto come cella galvanica (o cella voltaica o pila). Al contrario se vogliamo far avvenire una reazione redox in senso inverso a quello spontaneo, costringendo gli elettroni a muoversi contro un gradiente di potenziale, sar necessario fornire energia al sistema, trasformando energia elettrica in energia chimica. Tale processo si ottiene nelle reazioni di elettrolisi, attraverso un dispositivo noto come cella elettrolitica
17.1 Celle galvaniche (pile)
Dunque le celle galvaniche sono dei dispositivi in grado di sfruttare reazioni redox spontanee per trasformare energia chimica in energia elettrica. Una pila costituita da due semicelle (o semipile o semielementi) in cui vengono fatte avvenire separatamente le reazioni di ossidazione e di riduzione. 17.1.1 La pila Daniell Consideriamo ad esempio il seguente processo spontaneo di ossidoriduzione Zn + Cu2+ Zn2+ + Cu dove lo zinco metallico si ossida in ione zinco perdendo due elettroni secondo la seguente semireazione
ossidazione
Zn Zn2+ + 2e-
e lo ione rame si riduce a rame metallico acquistando due elettroni secondo la seguente semireazione
riduzione
Cu2+ + 2e- Cu
Se vogliamo costruire una pila che si basi su tale reazione necessario separare le due semireazioni. In ciascuna semicella dovr dunque essere posto uno dei due metalli in equilibrio con il proprio catione. Una pila che utilizza proprio la reazione di ossidoriduzione tra rame e zinco la pila Daniell. Le specie chimiche che partecipano alla reazione redox in ciascuna semicella sono dette coppie redox. Ciascuna coppia redox viene sempre convenzionalmente scritta nel senso della reazione di riduzione, prima la specie ossidata (ox) e poi la specie ridotta (red) separate da una barra diagonale (ox/red)
Le coppie redox utilizzate nella pila Daniell, scritte dunque nel senso della reazione di riduzione, sono
Cu2+/ Cu e Zn2+/ Zn
Nella pila Daniell una barretta di zinco metallico viene immersa in una soluzione di solfato di zinco che, dissociandosi completamente, fornisce gli ioni Zn2+, mentre una barretta di rame metallico viene immersa in una soluzione di solfato rameico che fornisce gli ioni Cu2+. In questo caso particolare le due barrette metalliche fungono anche da elettrodi (o collettori di elettricit), cio da supporto per il passaggio degli elettroni da una semicella all'altra quando avviene la reazione. In altre pile, dove le specie chimiche che reagiscono non sono conduttrici, necessario utilizzare elettrodi inerti (che non partecipano alla reazione) per consentire agli elettroni di muoversi. Si tenga tuttavia presente che il termine elettrodo viene comunemente utilizzato per indicare anche lintera semicella. In definitiva un elettrodo - in senso lato l'intera semicella (o semielemento) - in senso stretto la parte conduttrice della semicella che estrae o immette corrente elettrica nella semicella.
Finch le due semicelle rimangono separate non si osserva naturalmente alcuna reazione. Ma se colleghiamo con un filo metallico i due elettrodi, lo Zinco, che ha una maggiore tendenza ad ossidarsi rispetto al Rame, perde elettroni. Gli elettroni, passando attraverso il conduttore metallico, vengono attirati dagli ioni rameici che li acquistano e si riducono. In tal modo dello zinco metallico si ossida e passa in soluzione sotto forma di ione Zn2+ (lo ione zinco solubile). La soluzione di solfato di zinco si arricchisce di ioni Zn2+ mentre l'elettrodo di Zinco si assottiglia. Nell'altra semicella invece gli ioni rameici a contatto con l'elettrodo si riducono a rame metallico aderendo all'elettrodo stesso. La soluzione si impoverisce di ioni Cu 2+ mentre l'elettrodo aumenta la sua massa. Convenzionalmente: - l'elettrodo al quale avviene la reazione di ossidazione detto Anodo - lelettrodo al quale avviene la reazione di riduzione detto Catodo. Poich, quando in una pila colleghiamo gli elettrodi chiudendo il circuito, gli elettroni si muovono dall'anodo al catodo, l'anodo risulta essere l'elettrodo negativo (essendo la sorgente delle cariche negative, gli elettroni), mentre il catodo lelettrodo positivo.
Mentre la reazione procede la soluzione di solfato di zinco tende ad arricchirsi di ioni positivi (Zn2+) e la soluzione di solfato rameico tende ad impoverirsi di ioni positivi (Cu2+). A causa di ci le due semicelle perdono la loro elettroneutralit. La semicella anodica tende a caricarsi positivamente [Zn 2+] > [SO42-], mentre la semicella catodica tende a caricarsi negativamente [Cu2+] < [SO42]. In queste condizioni il passaggio di corrente elettrica si esaurirebbe ben presto, in quanto gli elettroni (negativi) dovrebbero allontanarsi da una soluzione positiva, che li attrae, per andare verso una soluzione negativa, che li respinge. La perdita progressiva dell'elettroneutralit da parte delle due semicelle diventa perci responsabile di un potenziale elettrico che agisce in senso contrario a quello originario. Quando l'intensit dei due potenziali assume lo stesso valore assoluto, la corrente cessa. Per ovviare a tale inconveniente quindi necessario garantire l'elettroneutralit delle due soluzioni. Per questo motivo le soluzioni vengono collegate con un dispositivo, detto ponte salino, che fornisce loro ioni di segno opposto. Un esempio di ponte salino potrebbe essere un tubo contenente una soluzione molto concentrata di un elettrolita forte (ad esempio un sale), i cui ioni non interferiscano chimicamente con le reazioni in corso. Le due estremit del tubo vengono immerse nelle semicelle ed occluse con materiale filtrante (ovatta) in modo che gli ioni di carica opposta possano diffondere lentamente. Se ad esempio utilizziamo un generico sale BA, in grado di dissociarsi in ioni B+ e A-, gli ioni B+ diffonderanno nella soluzione catodica, mentre gli ioni A- in quella anodica, garantendo l'elettroneutralit.
Il ponte salino pu essere sostituito da un setto poroso che divida le due soluzioni (ad esempio porcellana non verniciata) e permetta all'eccesso relativo di ioni SO42- di diffondere verso la soluzione positiva, impedendo agli ioni positivi di migrare.
Si noti infine che, se le due semicelle non venissero separate, i reagenti (Zn + Cu2+) verrebbero a contatto allinterno della soluzione e gli elettroni, invece di circolare allesterno della pila, produrrebbero un corto circuito interno.
corto circuito
Esistono tuttavia pile in cui i reagenti sono presenti in fasi separate e non a contatto tra di loro. In tali pile le semicelle sono unite in un unico sistema e possono quindi non necessitare di ponti salini.
17.2 Rappresentazione schematica delle semicelle e diagramma di cella
Le semicelle vengono invece convenzionalmente rappresentate mediante una sequenza che inizia con lelettrodo (in senso stretto), seguito dalle altre specie chimiche coinvolte nella semireazione, specificando tra parentesi lo stato fisico (s = solido, l = liquido, g = aeriforme, aq = soluzione acquosa) e la concentrazione (o la pressione parziale in caso di gas). Se i dati relativi alla concentrazione (o alla pressione parziale) vengono omessi, si assume che lelettrodo si trovi in condizioni standard (1 M o 1 Atm e 298 K). Si utilizza poi una barra verticale per separare fasi diverse. Specie chimiche presenti in una medesima fase vengono invece separate da una virgola. Le due semicelle della pila Daniell vengono quindi rappresentate Cu (s) Cu2+ (aq) e Zn (s) Zn2+ (aq)
Il rame e lo zinco metallici vengono scritti per primi poich rappresentano gli elettrodi (in senso stretto). Il simbolorappresenta una separazione di fase allinterno della semicella tra lelettrodo in fase solida e lo ione in soluzione acquosa. Nel caso la coppia redox non presenti specie conduttrici, ad esempio Fe 3+/Fe2+, e sia quindi presente un elettrodo inerte, ad esempio Platino, la semicella viene schematizzata iniziando sempre con lelettrodo inerte, seguito dalla coppia redox, scritta sempre nel senso della riduzione. Le specie che si trovano nella medesima fase vengono separate da una virgola. Pt (s) Fe3+ (aq) , Fe2+ (aq) Se sono presenti pi di due fasi devono essere tutte separate da una barra verticale. quanto accade ad esempio negli semicelle a gas in cui un elettrodo inerte a contatto con un gas e con uno ione del gas in fase acquosa. Tuttavia, poich il gas viene adsorbito sulla superficie dellelettrodo, potendo in alcuni casi formare con esso ununica fase, alcuni autori non utilizzano la barra verticale tra elettrodo e gas.
Ad esempio per lelettrodo di ossigeno (coppia redox O 2/OH-) si possono avere i seguenti due schemi alternativi per la relativa semicella
Pt(s) O2(g) OH-(aq) oppure Pt(O2) OH-(aq)
Vanno infine riportate nello schema di semicella, oltre alla coppia redox, anche eventuali altre specie chimiche che, pur senza variare il loro numero di ossidazione, partecipino alla reazione e dalla cui concentrazione dipenda il potenziale elettrico della semicella. Non si riportano, invece, n il tipo n la concentrazione degli ioni spettatori (ad esempio gli ioni solfato SO42- della pila Daniell) Ad esempio la coppia redox MnO4-/Mn2+ associata alla seguente semireazione di riduzione
MnO4- + 8H+ + 5e D Mn2+ + 4H2O
in cui la variazione nella concentrazione di ioni H+ pu modificare lequilibrio (principio di Le Chatelier) spostandolo verso la specie ossidata (MnO4-) o verso la specie ridotta (Mn2+). Per questo motivo lo ione H+ deve essere riportato nello schema di semicella assieme alla coppia redox MnO4/Mn2+.
Grafite (s) H+(aq) , MnO4- (aq) , Mn2+(aq)
Poich, come vedremo, il potenziale elettrico di una semicella dipende dalla concentrazione delle specie chimiche coinvolte nella semireazione, una rappresentazione pi dettagliata e completa dello schema di una semicella richiede che vengano riportate, racchiuse in parente tonde, oltre allo stato fisico (solido, liquido aeriforme), anche le concentrazioni (nel caso di gas le pressioni parziali) delle diverse specie. Ad esempio, per concentrazioni unitarie (1 M) e pressione parziale di 1 atm la semicella di ossigeno viene cos rappresentata
Pt(s) O2(g, 1 atm) OH-(aq, 1M) oppure Pt(O2, 1 atm) OH-(aq, 1 M)
Diagramma di cella Un diagramma di cella una rappresentazione schematica di una pila, in cui compare per prima la semicella anodica, scritta nel senso dellossidazione, seguita dalla semicella catodica, scritta nel senso della riduzione, separate dal simbolo che rappresenta il ponte salino (in realt la notazione IUPAC prevede una doppia linea tratteggiata ). Le parti conduttrici delle semicelle (elettrodi in senso stretto), inerti o meno che siano, sono sempre scritte alle due opposte estremit del diagramma di cella Ad esempio, il diagramma di cella della pila Daniell Zn (s) Zn2+(aq) Cu2+(aq) Cu(s)
(-) anodo ponte catodo (+)
rappresenta la semicella anodica (ossidazione) con la fase solida Zn (s) separata dalla fase acquosa Zn2+(aq) rappresenta il ponte salino rappresenta la semicella catodica (riduzione) con la fase solida Cu (s) separata dalla fase acquosa Cu2+(aq)
Il medesimo diagramma con concentrazioni degli ioni unitarie (1 M) e ricordando che le concentrazioni dei solidi e dei liquidi puri sono costanti e non compaiono, diventer
Zn (s) Zn2+ (aq, 1 M) Cu2+ (aq, 1 M) Cu (s)
Come avevamo in precedenza accennato, non sempre in una cella galvanica le semicelle sono fisicamente separate e collegate da un ponte salino (o setto poroso). Consideriamo ad esempio la cella galvanica che utilizza come anodo un elettrodo ad idrogeno
Pt(s) H2(g) H+(aq)
La reazione complessiva
Come si pu osservare, i due reagenti (AgCl(s) + H2(g)) si trovano in fasi differenti (uno solido ed laltro gassoso) e separate e non sono quindi in grado di venire a contatto anche se inseriti in un medesimo contenitore. Non vi quindi possibilit che avvenga un trasferimento di elettroni allinterno della cella (corto circuito). Inoltre, mentre la pila lavora, lelettroneutralit viene conservata in quanto la redox libera tanti anioni (Cl-) quanti cationi (H+). La pila non necessita quindi di un ponte salino ed il diagramma di cella sar
Pt(s) H2(g) H+(aq) , Cl-(aq) AgCl(s) Ag(s)
Nella pila Daniell le due coppie redox sono costituite da un elettrodo metallico immerso in una soluzione contenente i suoi ioni. Questo tipo di semicella definito di prima specie (o elettrodo Metallo/Ione metallico),
17.3.1 Semicelle di prima specie (elettrodo Metallo-Ione metallico) Una semicella di prima specie costituita da un elettrodo metallico (M) immerso in una soluzione contenente i suoi ioni (Mz+) ed dunque una semicella del tipo
M(s) Mz+(aq) (metallo ione)
Lelettrodo metallico (M), oltre a fungere da collettore di elettricit, partecipa alla reazione redox (coppia redox Mz+/M) venendo consumato o incrementato man mano che la reazione procede secondo l'equilibrio:
Mz+ + ze D M
17.3.2 Semicelle di seconda specie (elettrodo Metallo-Sale insolubile-Anione) Una semicella di seconda specie costituita da un elettrodo metallico (M) a contatto con una fase solida formata da un sale poco solubile del metallo (MA) e con una soluzione elettrolitica avente lanione in comune (Az-) con il sale poco solubile ed dunque una semicella del tipo
M(s) MA(s) Az-(aq) (metallo sale ione)
In queste semicelle, a differenza di quanto accade in quelle di prima specie, la forma ossidata del metallo (il catione Mz+) non si trova in soluzione, ma allo stato solido allinterno del sale indisciolto (MA). Lelettrodo metallico (M), oltre a fungere da collettore di elettricit, partecipa alla reazione redox venendo consumato o incrementato man mano che la reazione procede secondo l'equilibrio:
MA + ze D M + Az-
Si noti che la reazione alla base di tali semicelle pu essere ottenuta sommando i seguenti due equilibri
Mz+ + ze D M MA(s) D Mz+(aq) + Az-(aq) (redox) (equilibrio di solubilit)
il potenziale della semicella dipende anche dalla concentrazione dellanione che deve dunque comparire nello schema della semicella. Esempi di semicelle di questo tipo sono gli elettrodi a calomelano (Hg Hg2Cl2 Cl-) e ad argento-cloruro dargento (Ag AgCl Cl-).
17.3.3 Semicelle redox Una semicella redox, talvolta detta ad elettrodo inerte o di terza specie, costituita da un elettrodo inerte (Ei) immerso in una soluzione contenente una coppia redox in forma ionica (con nox 0) in due diversi stati di ossidazione (Aox/Ared) ed dunque una semicella del tipo
Ei(s) Aox(aq), Ared(aq) (Elettrodo inerteione , ione)
Si noti come, trovandosi le due specie ioniche nella medesima fase acquosa, nella rappresentazione schematica della semicella esse non vengono separate da un tratto verticale ma da una virgola.
Lelettrodo (Ei) inerte (Platino, Oro, Grafite) e quindi funge solo da collettore di elettricit senza partecipare alla reazione redox
Esempi
Aox + ze D Ared
MnO4-(aq) , Mn2+(aq)
In tutti i casi in cui gli ioni H+ o OH- compaiono tra le specie di una semicella, il pH della soluzione in grado, come vedremo, di modificare il potenziale della semicella. 17.3.4 Semicelle a gas Una semicella a gas, talvolta detta di quarta specie, costituita da un elettrodo inerte (Ei) a contatto con un gas ed immerso in una soluzione elettrolitica contenente la forma ionica del gas ed dunque una semicella del tipo
Ei(s)Gas(g) Ione(aq) (Elettrodogas ione)
Lelettrodo (Ei) inerte (Platino, Oro, Grafite) e quindi funge da collettore di elettricit senza partecipare alla reazione redox oltre a far da supporto al gas, adsorbendolo sulla sua superficie. Una volta rivestito di una pellicola di gas, lelettrodo si comporta come fosse interamente costituito dal gas (elettrodo di idrogeno). Si tenga infatti presente che in elettrochimica lunica parte rilevante di un elettrodo la sua composizione superficiale. Cosi un elettrodo di ferro, uno di rame, uno di argento, rivestiti ciascuno da un sottilissimo deposito di oro si comportano, da un punto di vista elettrochimico, come se fossero tutti elettrodi di oro. Esempi di semicelle di questo tipo sono gli elettrodi ad Idrogeno Pt(H2)H+ e ad Ossigeno Pt(O2)OH-. Tipo di elettrodo
Metallo/Ione metallico Elettrodo a gas Metallo/Sale insolubile Redox
Notazione
M(s)|M+(aq) Pt(s)|X2(g)|X+(aq) Pt(s)|X2(g)|X
(aq)
M+(aq) + e- D M(s) X+(aq) + e- D X2(g) X2(g) + e- D X-(aq) MX(s) + e- D M(s) + X-(aq) M2+(aq) + e- D M+(aq)
M(s)|MX(s)|X-(aq)
MX/M,X-
Pt(s)|M2+(aq),M+(aq) M2+/M+
Se inseriamo un voltmetro lungo il filo che unisce i due elettrodi possiamo naturalmente misurare la differenza di potenziale (in volt) che permette agli elettroni di scorrere lungo il filo da una semicella all'altra. Cos come un corpo dotato di massa, posto all'interno di un campo gravitazionale e non sottoposto a vincoli, si muove spostandosi da punti a potenziale gravitazionale maggiore verso punti a gravitazionale minore, cos anche le cariche elettriche si muovono sotto l'azione di un campo elettrico che si produce tra punti a diverso potenziale elettrico. La differenza di potenziale elettrico tra due punti viene definita come il lavoro necessario per spostare l'unit di carica elettrica da un punto all'altro e si misura in volt (V). 1 V (= 1 J/C) la differenza di potenziale esistente tra due punti quando il lavoro necessario per spostare la carica di 1 coulomb pari ad un joule. La differenza di potenziale tra i due elettrodi dunque una misura della capacit della pila di compiere lavoro ed quindi anche una misura della forza con cui gli elettroni che si liberano all'anodo durante l'ossidazione vengono spinti, lungo il circuito esterno, verso il catodo. Sperimentalmente si osserva che tale differenza di potenziale, detta anche forza elettromotrice (fem) o tensione o voltaggio, dipende esclusivamente dal tipo di reazione redox, cio dalla natura chimica dei reagenti (maggiore o minore tendenza a perdere o acquistare elettroni), dalla concentrazione delle specie chimiche e dalla temperatura (all'aumentare della temperatura e della concentrazione dei reagenti aumenta la differenza di potenziale). Durante il funzionamento di una pila i reagenti si trasformano in prodotti di reazione. Poich quindi le concentrazioni dei reagenti diminuiscono, anche la differenza di potenziale destinata a calare fino ad azzerarsi. Quando la differenza di potenziale va a zero la pila scarica ed in tali condizioni non pi in grado di produrre corrente elettrica. Il termine differenza di potenziale suggerisce che tale grandezza dovrebbe potersi calcolare come differenza tra il potenziale di un elettrodo ed il potenziale dell'altro elettrodo.
Purtroppo per l'unica grandezza accessibile alla misura la differenza di potenziale e non il potenziale assoluto di ciascuna semicella. Infatti in una semicella isolata nella quale la specie ossidata in equilibrio con la specie ridotta non avviene nessuna reazione. In potenza essa in grado sia di fornire che di acquistare elettroni, ma in pratica lo fa solo quando viene collegata con un'altra semicella. Solo collegandolo con un'altra semicella noi possiamo verificare se essa ceder o acquister elettroni e potremo effettivamente misurare la differenza di potenziale esistente. E' come se avessimo tre bacini d'acqua disposti lungo un pendio e ci venisse richiesto di prevedere se il bacino centrale (B) in grado di fornire o di ricevere acqua . E' evidente che per poter rispondere a tale domanda necessario sapere se esso verr collegato al bacino A, a monte, (dal quale riceve acqua) o al bacino C, a valle, (al quale cede acqua).
Tuttavia non siamo in grado di misurare l'energia potenziale assoluta dell'acqua posta in una certa vasca (Ep = mgh), ma solo la sua energia potenziale rispetto ad un'altra vasca. Ad esempio possiamo misurare il potenziale della vasca A rispetto alle altre vasche conoscendone le differenze di quota o il potenziale della vasca B rispetto alla vasca C conoscendone la differenza di quota. In definitiva quindi l'operazione che noi facciamo una misura della differenza di potenziale tra le vasche. Ovviamente non comodo misurare i dislivelli tra tutte le vasche. E' infatti pi semplice misurare per tutte le vasche la differenza di potenziale rispetto ad un'unica quota posta convenzionalmente come zero (generalmente il livello del mare, ma volendo qualsiasi altro punto di riferimento ugualmente accettabile) e assumere tale differenza di potenziale come un valore di potenziale assoluto assegnato convenzionalmente a ciascuna vasca. In tal modo quando sar necessario potremmo sempre calcolare la differenza di potenziale tra due vasche utilizzando il loro potenziale calcolato rispetto ad un medesimo punto di riferimento. Si noti infatti che, cambiando il punto di riferimento (la quota assunta convenzionalmente come zero), i dislivelli non mutano e le differenze di potenziale rimangono inalterate. Per fare un altro esempio relativamente a questultimo punto, pensiamo allaltezza dei rilievi montuosi. Quando diciamo che lEverest alto 8848 m in realt non diamo la sua altezza assoluta, ma la sua altezza relativa rispetto al livello del mare che abbiamo scelto come zero. Abbiamo cio arbitrariamente fissato la quota del livello del mare pari a 0 metri. Cambiando la posizione dello zero, ad esempio ponendola in corrispondenza della Fossa delle Marianne, cambiano tutte le quote (ad esempio ora LEverest alto 19749 m), ma rimangono immutati i dislivelli (ad esempio la differenza di quota tra lEverest ed il Monte Bianco rimane di 4038 m)
Dunque, visto che la scelta arbitraria dello zero lascia invariati i dislivelli e per non dover effettuare tutte le misurazioni di differenza di potenziale elettrico tra tutte le possibili coppie di semicelle, stata arbitrariamente scelta una semicella alla quale stato convenzionalmente assegnato potenziale zero. Poich la differenza di potenziale varia con la temperatura e la concentrazione dei reagenti, si inoltre convenzionalmente deciso di effettuare le misure alla temperatura di 25C e con le specie chimiche alla concentrazione 1M (nel caso di gas pressione parziale di 1 atm). 17.4.1 Elettrodo standard ad idrogeno La semicella assunta come elettrodo di riferimento costituita dalla coppia redox H +/H2 ed nota come elettrodo normale o standard ad idrogeno (Standard Hydrogen Electrode SHE) Il potenziale di una semicella in condizioni standard detto potenziale standard E. Dunque per definizione il potenziale standard dellelettrodo normale ad idrogeno pari a 0 V
o EH + / H = 0 V
2
Tale semicella viene realizzata immergendo un conduttore inerte (in genere platino) in una soluzione 1 M di ioni H+ ( si utilizza una soluzione 1 N di un acido forte). All'interno della soluzione viene fatto gorgogliare idrogeno gassoso alla pressione di 1 atm, in modo che vada a raccogliersi all'interno di una campana di vetro rovesciata in cui ospitato l'elettrodo. Si conviene quindi che la differenza di potenziale tra due semicelle, per definizione sempre positiva (E = Ecella = fem della pila 0), sia pari alla differenza tra il potenziale del catodo ed il potenziale dellanodo
o o DE o = Ecat - Ean
Ci implica che: - se una semicella in condizioni standard, collegata allelettrodo normale ad Idrogeno, si comporta come un catodo (si riduce rispetto allidrogeno che si ossida), essa deve avere un potenziale superiore a quello dellidrogeno e quindi positivo - se una semicella in condizioni standard, collegata allelettrodo normale ad Idrogeno, si comporta come un anodo (si ossida rispetto allidrogeno che si riduce), essa deve avere un potenziale inferiore a quello dellidrogeno e quindi negativo - pi elevato il potenziale di una semicella e maggiore la sua tendenza a dare una reazione di riduzione. Per questo motivo i potenziali di semicella cos ottenuti si definiscono potenziali standard di riduzione. 17.4.2 Potenziali standard di riduzione L'elettrodo ad idrogeno pu quindi funzionare, a seconda delle coppie redox con cui viene messo in contatto, sia come anodo che come catodo (naturalmente ci vale anche per qualsiasi altra coppia redox, che pu ridursi o ossidarsi a seconda dei casi). Deve comunque essere chiaro che il potenziale di una certa semicella non un potenziale assoluto, ma una differenza di potenziale con l'elettrodo normale ad idrogeno. Tali potenziali misurano la tendenza di una certa semicella a dare una reazione di riduzione rispetto allelettrodo ad idrogeno. Zinco vs SHE - Se ad esempio poniamo la coppia redox Zn2+/Zn (in condizioni standard [Zn2+] = 1 M) a contatto con l'elettrodo normale ad idrogeno, possiamo misurare una differenza di potenziale di E = 0.763 V.
(-) Zn (s) Zn2+ (aq, 1 M) H+ (aq, 1 M) Pt (H2, 1 atm) (+) (-) Zn (s) Zn
2+
oppure
(aq, 1 M) SHE (+)
Poich si osserva che lo zinco si ossida cedendo elettroni agli ioni H+ che si riducono ad idrogeno gassoso (possiamo verificarlo osservando che, come conseguenza della diminuzione della concentrazione degli ioni H+, il pH della soluzione catodica aumenta), lo zinco funge da anodo mentre l'idrogeno da catodo. Si avr dunque
o H + / H2
=0V
e quindi
o EZn2+ / Zn = -0, 763 V
Il segno negativo ci informa che rispetto all'idrogeno la reazione di riduzione non spontanea. Tutte le semicelle che in condizioni standard si ossidano rispetto a allelettrodo normale ad idrogeno assumono potenziali standard di riduzione negativi. Pi basso il potenziale di riduzione di una coppia redox e maggiore la sua tendenza ad ossidarsi Rame vs SHE - Se invece poniamo la coppia redox Cu2+/Cu a contatto con l'elettrodo ad idrogeno, possiamo misurare una differenza di potenziale di 0,337 V.
(-) Pt (H2, 1 atm) H+ (aq, 1 M) Zn2+ (aq, 1 M) Zn (s) (+) (-) SHE Zn2+ (aq, 1 M) Zn (s) (+)
oppure
Poich in questo caso l'idrogeno che si ossida cedendo elettroni al rame (possiamo verificarlo osservando che, come conseguenza dellaumento della concentrazione degli ioni H+, il pH della soluzione anodica diminuisce), l'idrogeno funge da anodo mentre il rame da catodo. Si avr dunque
o o o o DE o = Ecat - Ean = ECu 2+ / Cu - EH + / H = 0,337 V
2
o H + / H2
=0V
e quindi
o ECu 2+ / Cu = +0,337 V
Il segno positivo ci informa che rispetto all'idrogeno la reazione di riduzione spontanea. Tutte le semicelle che in condizioni standard si riducono rispetto a allelettrodo normale ad idrogeno assumono potenziali standard di riduzione positivi. Pi elevato il potenziale di riduzione di una coppia redox e maggiore la sua tendenza a ridursi 17.4.3 Serie elettrochimica Allo stesso modo possibile misurare i potenziali standard di molte altre coppie redox. Le coppie redox vengono poi ordinate per potenziali standard di riduzione decrescenti in una tabella detta serie elettrochimica. Nella serie elettrochimica le coppie redox compaiono, come da convenzione, scritte nel senso della reazione di riduzione e i valori di potenziale associati a ciascuna coppia redox devono essere quindi interpretati come potenziali standard di riduzione.
(Potenziali standard di riduzione)
Serie Elettrochimica
Semireazioni di riduzione F2 + 2e- = 2FAu+ + e- = Au MnO4- + 8H+ + 5e- = Mn2+ + 4H2O Cl2 + 2e- = 2ClO2 + 4H+ + 4e- = 2H2O Br2(l) + 2e- = 2BrNO3- + 4H+ + 3e- = NO + 2H2O Ag+ + e- = Ag Hg22+ + 2e- = 2Hg Fe3+ + e- = Fe2+ I2 + 2e- = 2ICu+ + e- = Cu Cu2+ +2 e- = Cu 2H+ + 2e- = H2 Pb2+ + 2e- = Pb Sn2+ + 2e- = Sn Ni2+ + 2e- = Ni Cd2+ + 2e- = Cd Fe2+ + 2e- = Fe Cr3+ + 3e- = Cr Zn2+ + 2e- = Zn Mn2+ + 2e- = Mn Al3+ + 3e- = Al Mg2+ + 2e- = Mg Na+ + e- = Na Ba2+ + 2e- = Ba K+ + e- = K Li+ + e- = Li
E (V) 2.87 1.68 1.51 1.36 1.229 1.065 0.96 0.799 0.789 0.771 0.536 0.521 0.337 0,000 -0.126 -0.136 -0.25 -0.403 -0.44 -0.74 -0.763 -1.18 -1.66 -2.37 -2.711 -2.900 -2.925 -3.045
In tal modo il confronto dei valori tabulati ci indica qual il senso spontaneo della reazione tra due coppie redox, infatti la coppia redox che presenta un potenziale standard di riduzione pi elevato presenta anche la maggior tendenza a ridursi.
Riprendendo lanalogia con le vasche dacqua possiamo pensare alle semicelle come tante vasche ad altezze diverse. Come lacqua scende spontaneamente da una vasca pi alta ad una pi bassa cos gli elettroni si muovono spontaneamente da una semicella a potenziale di riduzione minore verso uno a potenziale maggiore. Si noti come in questa analogia la semicella pi elevata sia quella a potenziale inferiore come conseguenza della scelta arbitraria e convenzionale di definire la differenza di potenziale (fem) come Ecatodo - Eanodo. Se avessimo deciso di definire il potenziale di cella (fem) come Eanodo - Ecatodo tutti i segni della serie elettrochimica sarebbero stati opposti (avremmo misurato dei potenziali di ossidazione) e la semicella pi elevata avrebbe avuto il potenziale maggiore. Tuttavia, convenzionalmente, il verso della corrente elettrica opposto a quello degli elettroni. Quindi la corrente elettrica fluisce spontaneamente dallelettrodo a potenziale maggiore (il catodo) verso quello a potenziale minore (lanodo).
Prese dunque in considerazione due coppie redox, quella a potenziale pi elevato subir la riduzione e funger da catodo, mentre quella a potenziale minore subir l'ossidazione e funger da anodo. La forza elettromotrice (Ecella) della pila cos costruita potr essere prevista calcolando la differenza tra il potenziale standard di riduzione del catodo e quello dell'anodo fem = Ecatodo - Eanodo Ad esempio la forza elettromotrice della pila Daniell
Naturalmente tale calcolo possibile anche quando i potenziali standard di due coppie redox sono entrambi positivi o entrambi negativi. Ad esempio se costruiamo una pila con la coppia redox Zn2+/Zn (E = - 0,76 V) e Ba2+/Ba (E = - 2,90 V), in questo caso lo zinco, che presenta potenziale maggiore si riduce e funge da catodo, mentre il bario, a potenziale minore, si ossida e funge da anodo. La forza elettromotrice di tale pila sar
o o fem = DE o = EZn2+ / Zn - EBa 2+ / Ba = -0, 76 - ( -2,90 ) = 2,14V
Si tenga presente che i potenziali di riduzione riportati nella serie elettrochimica ci permettono, in generale, di fare delle previsioni sulla spontaneit delle reazioni redox. A parit di concentrazione (ricordiamo infatti che il potenziale varia con la concentrazione) ciascuna coppia redox tende ad ossidare le coppie redox a potenziale inferiore, mentre viene ossidata dalle coppie redox a potenziale maggiore.
Ad esempio tutti i metalli che presentano un potenziale di riduzione inferiore a quello dell'idrogeno (e quindi negativo), vengono ossidati (corrosi) da soluzioni 1N di acidi forti. o o Quindi mentre il ferro ( EFe2+ / Fe = -0, 44 V ), il cromo ( ECr 2+ / Cr = -0,912 V ) etc vengono attaccati dagli
o o acidi forti concentrati, l'oro ( E Au + / Au = +1, 69 V ) e l'argento ( E Ag + / Ag = +0,80 V ) rimangono inalterati.
17.4.4 Propriet dei potenziali di riduzione E 1) I potenziali di riduzione riportati nella serie elettrochimica misurano la tendenza della reazione ad avvenire e sono indipendenti dal numero di elettroni scambiati durante la reazione, quindi rimangono uguali anche quando tutti i coefficienti vengono moltiplicati per uno stesso numero. Il potenziale di riduzione una propriet intensiva (il suo valore non dipende dalla quantit di materia considerata).
Ad esempio Al3+ + 3e- Al 2Al3+ + 6e- 2Al E= -1.66V E= -1.66V (potenziale di riduzione) (potenziale di riduzione)
2) I potenziali di riduzione cambiano di segno quando la reazione avviene nel verso opposto. In altre parole, cambiando di segno un potenziale di riduzione, otteniamo un potenziale di ossidazione, che descrive ovviamente la semireazione opposta a quella di riduzione
Ad esempio Al3+ + 3e- Al Al Al3+ + 3eE= -1.66V E= +1.66V (potenziale di riduzione) (potenziale di ossidazione)
3) Il potenziale di riduzione di una semireazione ottenuta come somma di altre due semireazioni di riduzione non la semplice somma dei potenziali delle semireazioni sommate. I potenziali sono infatti sempre riferiti ad un singolo elettrone. tuttavia possibile combinare opportunamente i potenziali di riduzione per ottenere valori relativi a semireazioni che non compaiono nella serie elettrochimica. Ad esempio nella serie elettrochimica si trovano i potenziali delle seguenti due semireazioni 1) Fe3+ + e Fe2+ E = 0,77 V 2) Fe2+ + 2e Fe E = 0,44 V mentre non in genere tabulato, in quanto di difficile misura, il potenziale della seguente semireazione 3) Fe3+ + 3e Fe E = ? Tuttavia la terza semireazione pu essere ottenuta come somma delle prime due
Fe3+ + e Fe2+ + Fe2+ + 2e Fe = Fe3+ + 3e Fe
Possiamo allora calcolare il potenziale standard della terza semireazione sommando opportunamente i potenziali delle prime due. Moltiplichiamo il potenziale di ciascuna delle prime due semireazione per il rispettivo numero di elettroni e poi sommiamo i risultati per ottenere il potenziale della terza, che risulta ovviamente anchesso moltiplicato per il relativo numero di elettroni (3 elettroni). E n nE
1a reazione 2a reazione reazione complessiva
0,77 - 0,44 x
1 2 3
Si calcola infine il potenziale riferito al singolo elettrone, che nel caso della terza semireazione vale
o x = EFe3+ / Fe =
4) Sommando una semireazione di riduzione con una semireazione di ossidazione si ottiene una redox il cui potenziale risulta essere la semplice somma dei potenziali delle semireazioni utilizzate. Se il potenziale cos ottenuto positivo la redox risulta spontanea, se negativo risulta non spontanea. Consideriamo ad esempio le due semireazioni di riduzione relative alle coppie redox ECr2O72/Cr3+ =1,33 V e EMnO4-/Mn2+ = 1,51 V Cr2O72 + 14H+ + 6e 2Cr3+ + 7 H2O E = 1,33 V + 2+ MnO4 + 8H + 5e Mn + 4H2O E = 1,51 V Scriviamo la seconda come semireazione di ossidazione e cambiamo di segno al potenziale Mn2+ + 4H2O MnO4- + 8H+ + 5e E = 1,51 V Dopo aver moltiplicato la prima per 5 e la seconda per 6 per bilanciare gli elettroni scambiati (ricordiamo che i potenziali rimangono uguali anche quando tutti i coefficienti vengono moltiplicati per uno stesso numero), sommiamole ed eseguiamo la somma dei potenziali 5Cr2O72 + 70H+ + 30e 10Cr3+ + 35H2O E = + 1,33 V + 2+ + 6Mn + 24H2O 6MnO4 + 48H + 30e E = 1,51 V = 5Cr2O72 + 6Mn2+ + 22H+ 10Cr3+ + 6MnO4- + 11H2O E = 0,18 V Il potenziale ottenuto negativo e dunque la reazione non spontanea. Ovviamente sar spontanea la reazione opposta la quale avr potenziale pari a + 0,18 V
17.5 Equazione di Nernst
L'equazione di Nernst permette di calcolare il potenziale di una cella in condizioni di concentrazione diverse da quelle standard. Per una generica coppia redox Aox/Ared, per la quale la reazione di riduzione sia dunque Aox + ne- Ared L'equazione di Nernst vale
E = Eo dove E E R T n F
[A ] RT ln red nF [ Aox ]
= potenziale in condizioni di concentrazione e temperatura non standard = potenziale standard = costante dei gas (8,3145 J.mol-1.K-1) = temperatura assoluta = numero di elettroni scambiati = Faraday = 96.485 Coulomb (carica portata da una mole di elettroni = NAQe = 6,022.1023 . 1,602.10-19) ln = logaritmo neperiano o naturale (in base e = 2,7183) [Aox] = concentrazione della specie ridotta (eventualmente elevata al proprio coeff. stechiometrico) [Ared] = concentrazione della specie ossidata (eventualmente elevata al proprio coeff. stechiometrico) RT A temperatura di 25C il rapporto una costante e trasformando il logaritmo neperiano in un F logaritmo in base 10 (coefficiente di conversione 2,3026 ln(a) = 2,3026 log10(a)), l'equazione diventa
E = Eo -
facile verificare che in condizioni standard, poich [Aox] = [Ared] = 1N, il logaritmo vale zero e quindi E = E
17.5.1 Potenziali dellIdrogeno e dellOssigeno in funzione del pH Il pH della soluzione pu avere notevole influenza sul potenziale di un semielemento. Ci avviene per tutti i semielementi nei cui equilibri compaiono ioni H+ oppure OH-. Di particolare interesse risulta la dipendenza dal pH dei potenziali dellidrogeno e dellossigeno. Idrogeno La reazione di riduzione degli ioni H+ presenti nelle soluzioni acquose pu liberare idrogeno gassoso H2 secondo la seguente semireazione 2H+ + 2e D H2 E(H+/H2) = 0 V pH 2 [A ] 0, 05916 0, 05916 E = Eo log10 red = 0 log10 [ Aox ] 2 [ H + ]2 n 0, 05916 0, 05916 E H+ /H = log10 pH 2 - 2 log10 [ H + ] = log10 pH 2 + 2 pH ( ) 2 2 2 0, 05916 E H + / H = -0, 05916 pH log10 pH 2 ( ) 2 2 Se poi consideriamo una pressione parziale dellIdrogeno pari ad 1 atm, essendo log 1 = 0, la relazione diventa
E H + / H = -0, 05916 pH
Si tenga infine presente che per concentrazioni di ioni H+ molto piccole (pH alti) leventuale formazione di H2 appare difficilmente spiegabile in base alla sola scarica degli ioni H+. Si preferisce in tal caso considerare la semireazione, equivalente a quella appena trattata, di riduzione delle molecole di acqua. 2H2O + 2e D H2 + 2OH E(H2O/ H2) = 0,828 V Ared ] [ 0, 05916 0, 05916 log10 = -0,828 log10 pH 2 [OH - ]2 E = Eo n [ Aox ] 2 (si noti come la concentrazione dellacqua, considerata costante, non compaia) 0, 05916 0, 05916 E( H 2O / H 2 ) = -0,828 log10 pH 2 + 2 log10 [OH - ] = -0,828 log10 pH 2 - 2 pOH 2 2 0, 05916 E( H 2O / H 2 ) = -0,828 + 0, 05916 pOH log10 pH 2 2 e, considerando una pressione parziale dellIdrogeno pari ad 1 atm, la relazione diventa
la quale fornisce risultati identici alla precedente Ossigeno La reazione di ossidazione degli ioni OH presenti nelle soluzioni acquose pu liberare ossigeno gassoso O2 secondo la seguente semireazione 4OH D O2 + 2H2O + 4e
o
[ Ared ] = 0, 401 - 0, 05916 log [OH - ]4 0, 05916 E=E log10 10 n [ Aox ] 2 pO2
(si noti come la concentrazione dellacqua, considerata costante, non compaia) 0, 05916 0, 05916 E O / OH - = 0, 401 4 log10 [OH - ] - log10 pO2 = 0, 401 -4 pOH - log10 pO2 ( 2 ) 4 4 0, 05916 log10 pO2 E O / OH - = 0, 401 + 0, 05916 pOH + ( 2 ) 4 Se poi consideriamo una pressione parziale dellOssigeno pari ad 1 atm, essendo log 1 = 0, la relazione diventa
( )
EO
/ OH -
EO
/ OH -
Si tenga infine presente che per concentrazioni di ioni OH- molto piccole (pH bassi) leventuale formazione di O2 appare difficilmente spiegabile in base alla sola scarica degli ioni OH-. Si preferisce in tal caso considerare la semireazione, equivalente a quella appena trattata, di ossidazione delle molecole di acqua. 2H2O D O2 + 4H+ + 4e E( O2/H2O) = +1.229 V (potenziale di riduzione) [A ] 0, 05916 0, 05916 1 E = Eo log10 red = 1, 229 log10 + 4 [ H ] pO n [ Aox ] 4 2 (si noti come la concentrazione dellacqua, considerata costante, non compaia) 0, 05916 0, 05916 -4 log10 [ H + ] - log10 pO2 = 1, 229 4 pH - log10 pO2 E( O2 / H 2 O ) = 1, 229 4 4 0, 05916 E( O2 / H 2O ) = 1, 229 - 0, 05916 pH + log10 pO2 4 Se poi consideriamo una pressione parziale dellOssigeno pari ad 1 atm, la relazione diventa
( )
E( O2 / H 2O ) = 1, 229 - 0, 05916 pH
la quale fornisce risultati identici alla precedente Acqua (Ossigeno + Idrogeno) I potenziali di riduzione dellOssigeno e dellIdrogeno presentano, come abbiamo appena visto, una medesima dipendenza dal pH, variando di 0,05916 V per ogni punto di pH. Di conseguenza la differenza tra i due potenziali, che corrisponde alla reazione di sintesi dellacqua dai suoi elementi, risulta indipendente dal pH, presentando sempre il medesimo valore costante pari a 1,229 V. Consideriamo infatti le due seguenti semireazioni di riduzione (con il potenziale espresso in funzione del pH ad 1 atm) O2 + 4H+ + 4e 2H2O 2H+ + 2e H2
E( O2 / H 2O ) = 1, 229 - 0, 05916 pH
E H + / H = -0, 05916 pH
Scriviamo la seconda come semireazione di ossidazione e sommiamole (dopo aver moltiplicato per 2 la seconda per bilanciare gli elettroni scambiati) per ottenere la reazione redox di sintesi dellacqua O2 + 4H+ + 4e 2H2O + + 2H2 4H + 4e = O2 + 2H2 2H2O E = 1,229 V
Il potenziale della reazione complessiva si ottiene sommando il potenziale di riduzione della prima al potenziale di riduzione della seconda cambiato di segno (essendo scritta come una ossidazione)
La reazione di sintesi dellacqua presenta dunque un potenziale costante di 1,229 V, indipendente dal pH della soluzione. Si noti infatti che i potenziali di riduzioni delle due semireazioni, espressi in funzione del pH ad 1 atm, vengono entrambi descritti da una relazione lineare (retta) in funzione del pH. Le due rette presentano la medesima pendenza pari a 0,05916 e sono dunque parallele. La differenza tra i valori delle ordinate (E) per una medesima ascissa (pH) rimane costante.
Esempio Calcolare la fem a 25C della pila costruita utilizzando i seguenti due elettrodi + PtH2(g, 1 atm)H (aq, pH = 4) + + Ag(s) Ag (aq, 0.025 M) E(Ag /Ag) = +0.799 V e scrivere la reazione complessiva ed il diagramma di cella Calcoliamo il potenziale di riduzione dellelettrodo ad idrogeno a pH = 4 ed 1 atm
E Ag + / Ag = E oAg + / Ag -
/Ag
Lelettrodo di argento presenta potenziale di riduzione maggiore e funge da catodo Ag + e Ag + Lelettrodo di idrogeno presenta il potenziale inferiore e funge da anodo H2 2H + 2e La reazione redox complessiva sar pertanto + + 2Ag + H2 2Ag + 2H la fem della pila Ecat Ean = 0,704 (0,237) = + 0,941 V Il diagramma di cella + + (-) PtH2(g, 1 atm)H (aq, pH = 4) || Ag (aq, 0.025 M) Ag(s) (+) anodo ponte catodo
Lequazione di Nernst dimostra come il potenziale di una semicella dipenda dalla concentrazione delle specie chimiche coinvolte nella sua semireazione. 17.6.1 Pile a concentrazione Se dunque una medesima semicella pu presentare potenziali diversi in funzione della sua concentrazione, sar possibile costruire una pila che utilizzi due semielementi identici (stessa coppia redox) che differiscano tra loro solo per la concentrazione. Tali celle sono dette pile a concentrazione. Consideriamo ad esempio i seguenti due elettrodi
1) 2) PtH2(g, 1 atm)H (aq, 1 M) + -3 PtH2(g, 1 atm)H (aq, 10 M)
+
Il primo lelettrodo standard ad idrogeno e presenta quindi, per definizione, potenziale pari a 0 V Il secondo, pi diluito, con una [H+] = 10-3 M e dunque un pH = 3, presenta potenziale pari a
Se colleghiamo i due elettrodi otteniamo una pila a concentrazione in cui lelettrodo pi diluito far da anodo (potenziale inferiore E = -0,177 V) e lelettrodo pi concentrato funger da catodo (potenziale pi elevato E = 0 V). La forza elettromotrice della pila sar fem .= Ecat Ean = 0 (- 0,177) = 0,177 V
(-) Pt(s)H2(g, 1 atm)H+ (aq, 10-3 M) || H+ (aq, 1 M) H2(g, 1 atm) Pt(s) (+)
anodo ponte catodo
Si noti come allanodo la semireazione di ossidazione faccia aumentare la concentrazione degli ioni H+ Anodo H2 2H+ + 2e mentre al catodo la semireazione di riduzione faccia diminuire la concentrazione degli ioni H+ Catodo 2H+ + 2e H2
La pila lavora fino a quando le concentrazioni degli ioni H + nelle due semicelle non saranno uguali. A questo punto anche i potenziali delle due semicelle avranno lo stesso valore e la differenza di potenziale sar nulla (pila scarica). Se applichiamo lequazione di Nernst allintera pila possiamo infine verificare come la fem (E) di una pila a concentrazione non dipenda dal potenziale standard E delle due semicelle (e quindi non dipende dalla coppia redox scelta), ma solo dal rapporto delle concentrazioni
pH 2 0 pH 2 0, 05916 0 - E + - 0, 05916 log10 log10 fem = DE = Ecat - Ean = EH + / H 2 2 [ H + ](2- ) H / H 2 2 [ H + ](2 ) + [ H ](- ) 1M = 0, 05916 log10 -3 = 0,177 V fem = DE = 0, 05916 log10 + [ H ]( ) 10 M
dove i pedici () e () indicano rispettivamente la soluzione pi concentrata e quella pi diluita La relazione indipendente dagli E che, essendo uguali per i due semielementi, si elidono. Nellesempio appena visto, gli ioni H+ rappresentavano la specie ossidata della coppia redox H+/H2 e lelettrodo pi concentrato presenta il potenziale maggiore e funge da catodo. semplice tuttavia verificare che in una pila a concentrazione: - se cambiano le concentrazioni della specie ossidata la semicella pi concentrata funge da catodo - se cambiano le concentrazioni della specie ridotta la semicella pi concentrata funge da anodo
Esempio Calcolare la forza elettromotrice della pila a concentrazione che utilizza i seguenti due elettrodi -1 1) Pt(s)Cl2(g, 1 atm)Cl (aq, 10 M) -3 2) Pt(s)Cl2(g, 1 atm)Cl (aq, 10 M) e scrivere il diagramma di cella Applichiamo lequazione di Nernst al primo elettrodo (pi concentrato)
ECl
/ Cl -
o = ECl
/ Cl -
Cl - 0, 05916 10-1 o = Eo log10 - 0, 05916 log10 = ECl / Cl - + 0, 0592 V Cl2 / Cl 2 2 pCl2 1 Cl - 0, 05916 10-3 = Eo o log10 - 0, 05916 log10 = ECl / Cl - + 0,1775 V Cl2 / Cl 2 2 pCl2 1
2
ECl
/ Cl -
o = ECl
/ Cl -
Il secondo elettrodo aumenta il suo potenziale in misura maggiore del primo (0,1775 V contro 0,0592 V) rispetto al potenziale standard E (che ovviamente uguale in entrambi gli elettrodi). Il secondo elettrodo funger quindi da catodo (potenziale pi elevato), mentre il primo funger da anodo (potenziale pi basso) e la fem della pila sar fem = 0,1775 0,0592 = 0,1183 V Il diagramma di cella -1 -3 (-) Pt(s)Cl2(g, 1 atm)Cl (aq, 10 M) || Cl (aq, 10 M) Cl2(g, 1 atm) Pt(s) (+) anodo ponte catodo
17.6.2 Analisi potenziometriche Poich, come abbiamo visto, il potenziale di una cella elettrochimica legato alle concentrazioni delle specie coinvolte nelle reazioni agli elettrodi; evidente che la misura del potenziale di una pila (misura potenziometrica), attraverso lutilizzo di opportuni elettrodi, pu essere utilizzata per la determinazione delle concentrazioni delle specie in soluzione. Questo approccio particolarmente utile quando si tratta di determinare concentrazioni particolarmente basse, come nel caso della misura del pH o della
solubilit di sali poco solubili, in quanto la risposta dei potenziali della cella alle variazioni di concentrazione estremamente sensibile. La potenziometria dunque una pratica analitica che si basa sulla misura della differenza di potenziale di una cella galvanica in condizione di assenza di corrente al fine di determinare concentrazioni incognite. La strumentazione utilizzata in potenziometria prevede - un elettrodo di riferimento, il cui potenziale deve essere noto, costante nel tempo e indipendente dalla composizione della soluzione contenente l'analita in cui immerso e la cui concentrazione si vuole misurare - un elettrodo di lavoro (o elettrodo indicatore), la cui risposta dipende dalla concentrazione dell'analita da testare - un dispositivo per la misura del potenziale o potenziometro A) Piaccametro e calcolo Ka Il piaccametro (o pH-metro) un importante esempio di strumento potenziometrico per la determinazione della concentrazione degli ioni H+, e quindi del pH, di una soluzione. Esso si basa sulla semireazione 2H+ + 2e H2 in quanto il potenziale di un elettrodo basato su di essa funzione della [H+] e quindi del pH. Come abbiamo infatti gi visto, applicando lequazione di Nernst alla coppia redox H +/H2, si ottiene
E H + / H = E oH + / H -
0, 05916 log10 pH 2 - 2 pH 2
E H + / H = -0, 05916 pH -
0, 05916 log10 pH 2 2
Se poi consideriamo una pressione parziale dellIdrogeno pari ad 1 atm, essendo log 1 = 0, le relazioni tra il potenziale di cella e la [H+] e ed il pH diventano
E H + / H = 0, 05916 log10 [ H + ]
E H + / H = -0, 05916 pH
Sar dunque sufficiente effettuare una misurazione del potenziale di una semicella ad idrogeno alla pressione di una atmosfera, collegandola ad una semicella di riferimento a potenziale noto, per calcolarne [H+] e pH incognito.
E(H
/ H2
)
e
H + = 10
0,05916
pH = -
( ) 0, 05916
2
E H+ /H
Si consideri, ad esempio, la seguente pila a concentrazione, costituita da una semicella contenente una soluzione a concentrazione incognita di ioni H+ (elettrodo di lavoro), collegata ad un elettrodo standard ad idrogeno o SHE (elettrodo di riferimento) che funge, in questo caso, da catodo e si supponga di misurare una differenza di potenziale di 0,1183 V
La fem cos misurata pari alla differenza tra il il potenziale noto dellelettrodo di riferimento (Erif), che funge da catodo, ed il potenziale incognito dellelettrodo di lavoro che contiene lanalita (E test) e che funge da anodo E = Erif Etest e quindi Etest = Erif E = 0 0,1183 = 0,1183 V Noto il potenziale della semicella da testare, possiamo calcolare la [H+] incognita
H = 10
+
Etest 0,05916
= 10
-0,1183 0,05916
= 10-2 M
Si tenga tuttavia presente che, nella pratica, lelettrodo ad idrogeno risulta scomodo da utilizzare per la misura del pH. Per questo motivo i piaccametri si basano su altri elettrodi di riferimento (elettrodo a vetro o a membrana), anche se il principio di funzionamento rimane ovviamente il medesimo. Si tenga presente che se la semicella di lavoro da testare presenta un pH < 1 essa, avendo una concentrazione di ioni H+ superiore alla semicella di riferimento, funzioner come catodo e presenter un potenziale positivo, maggiore dellelettrodo di riferimento. In tal caso, comunque raro, avremo E = Etest Erif e quindi
H + = 10
Etest 0,05916
Erif +DE
= 10 0,05916
Tramite misure potenziometriche della concentrazione degli ioni H+ inoltre possibile, nota la concentrazione dellacido debole in soluzione, effettuare stime della costante di dissociazione acida (Ka) degli acidi deboli. Dalla relazione semplificata che permette di calcolare la [H +] in una soluzione di un acido debole di concentrazione Ca
H + = Ca K a
si ricava infatti H + Ka = Ca
2
Pt(s)H2(g, 1 atm)H (aq, x M) || Hg2Cl2(s) | Cl (aq, 1 M) Hg(l) a 25 C 0,6644 V. Il potenziale standard dellelettrodo a calomelano +0,283 V. Calcolare ill pH dellelettrodo a concentrazione incognita Poich lelettrodo di riferimento a calomelano (Hg2Cl2) si trova in condizioni standard (concentrazione 1 M e 25C), il suo + potenziale proprio 0,238 V. La concentrazione incognita di ioni H nellelettrodo indicatore (elettrodo di lavoro)
Erif -DE
ed il pH = -log10(3,57 10 ) = 6,45 Il pH poteva essere calcolato direttamente notando che lelettrodo indicatore un elettrodo ad idrogeno con pressione parziale dellidrogeno di 1 atm e con un potenziale pari a Elav = Erif E = 0,283 0,6644 = 0,3814 V. In queste condizioni il potenziale della coppia redox H+/H2 funzione del pH secondo la relazione + E(H /H2) = 0,05916 pH da cui
-7
H = 10
+
0,05916
= 10
= 3,57 10-7 M
pH =
Esempio 2 La fem della pila
E H+ /H
Pt(s)H2(g, 1 atm)HClO (aq , 0,1M) , H (aq, x M) || H (aq, 1 M) | H2(g, 1 atm) Pt(s) pari a 0,2521 V. Calcolare la costante di dissociazione acida Ka dellacido ipocloroso HClO 0,1 M contenuto nellelettrodo di lavoro che funge da anodo Lelettrodo di riferimento che funge da catodo un elettrodo standard ad idrogeno e dunque presenta E rif = 0 V. La + concentrazione degli ioni H nellelettrodo che contiene lanalita
Erif -DE
H = 10
+
La concentrazione degli ioni H approssimata
+
0,05916
= 10
0 - 0,2521 0,05916
= 5, 48 10-5 M
H + = Cacido K a
dalla quale possiamo esplicitare la Ka dellacido debole
2 -5 H + = ( 5, 48 10 ) = 3, 0 10 -8 Ka = Cacido 0,1
Esempio 3 Il potenziale di un elettrodo ad idrogeno (p = 1 atm) immerso in una soluzione 0,1 M di un sale alcalino di un acido debole di -0,5249 V. Calcolare la costante Ka dellacido Il potenziale dellelettrodo di lavoro, contenente la soluzione del sale alcalino, -0,5249 V. La concentrazione di ioni H nella soluzione sar quindi
+
H = 10
+
e la concentrazione degli ioni OH- sar
Elav 0,05916
= 10
-0,5249 0,05916
= 1,34 10-9 M
Kw 10-14 -6 OH - = = H + 1,34 10 -9 = 7, 46 10 M
Il sale alcalino di un acido debole produce un idrolisi basica. La concentrazione degli ioni OH in soluzione pu essere stimata con la formula approssimata
K OH - = Csale w K
a
Ka =
Csale K w OH
2
0,110-14
( 7, 46 10 )
-6 2
= 1,8 10-5
Esempio 4 Il potenziale di un elettrodo ad idrogeno (p = 1 atm) immerso in una soluzione equimolare di acido nitroso e di un suo sale alcalino di -0,1980 V. Calcolare la costante Ka dellacido Lelettrodo indicatore un elettrodo ad idrogeno con pressione parziale dellidrogeno di 1 atm e con un potenziale pari a + 0,1980 V. In queste condizioni il potenziale della coppia redox H /H2 funzione del pH secondo la relazione + E(H /H2) = 0,05916 pH da cui
pH =
E H+ /H
La soluzione da analizzare contiene un acido debole ed un suo sale in egual concentrazione. Si tratta dunque di una soluzione tampone il cui pH = pKa. La Ka dellacido nitroso sar pertanto
K a = 10- pK = 10 -3,347 = 4, 5 10 -4
* * * * * * * * *
Calcolo concentrazione ioni in soluzione e Kps Lo stesso principio, utilizzato per la determinazione della concentrazione degli ioni H+, pu essere usato per determinare la concentrazione incognita di qualsiasi specie costruendo una cella voltaica in cui la specie in questione partecipa alla semireazione di un elettrodo (elettrodo di lavoro) mentre laltro un elettrodo di riferimento a potenziale noto.
Esempio 2+ Calcoliamo la concentrazione di Ni nella seguente cella se la sua fem a 25C 0,34 V sapendo che E(Zn2+/Zn) = 2+ 0,76V e E(Ni /Ni) = -0,23V 2+ 2+ Zn(s) | Zn (aq, 1M) || Ni (aq, x M)|Ni(s) Scriviamo lequazione di Nerst per lintera cella
0 0 fem = Ecella = Ecat - Ean = ( ENi2+ / Ni - EZn2+ / Zn ) -
0,05916 [ Zn 2+ ] log 2 [ Ni 2+ ]
sostituiamo i valori
log Ni 2+ =
Ni 2+ = 10-6,423 = 3, 77 10 -7 M
* * * * * * * * * In modo analogo, la determinazione potenziometrica della concentrazione di uno ione implicato in un equilibrio di solubilit in una opportuna soluzione satura del sale poco solubile permette di risalire al prodotto di solubilit Kps.
Esempio 1 La cella a concentrazione
(-) Ca(s) | Ca (aq, x M, CaSO4 saturo) || Ca (aq, 0,1M) | Ca(s) (+) presenta una fem = 0,0342 V. Calcolare il prodotto di solubilit Kps del solfato di calcio (si noti che, poich cambiano le 2+ concentrazioni della specie ossidata (Ca ) la semicella pi concentrata funge da catodo) Le reazione sono Semicella catodica Semicella anodica Reazione complessiva
2+ -
2+
2+
Ca (aq, 0,1M) + 2 e Ca(s) 2+ Ca(s) Ca (aq, saturo) + 2 e 2+ 2+ Ca (aq, 0,1M) Ca (aq, saturo)
In una pila a concentrazione il potenziale standard dellintera cella nullo Ecella = 0 (essendo dato dalla differenza dei potenziali standard uguali dei due elettrodi). Scriviamo lequazione di Nernst per esprimere il potenziale in condizioni non standard dellintera cella
Ecella
sostituiamo i valori
Ca 2+ saturo Ca 2+
0,1M
esplicitiamo la [Ca
2+
]saturo
Ca 2+ = 10 -0,05916
Poich infine nella soluzione satura di CaSO4 abbiamo che [Ca Kps = [Ba
2+ 2-
2( 0,0342 )
-1
= 7, 0 10 -3 M
2-3 -5
2+
Esempio 2 2+ Una cella galvanica costituita da un elettrodo di Nichel metallico immerso in una soluzione [Ni ] = 1 M e da un 3+ elettrodo di Alluminio metallico immerso in una soluzione [Al ] = 1 M. Alla semicella di Alluminio viene aggiunto NaOH che causa la precipitazione di Al(OH)3(s). Quando la precipitazione termina il pH della soluzione pari a pH = 10 ed il 2+ 3+ potenziale della cella (fem) pari a Ecella = 1,82 V. Sapendo che E(Ni /Ni) = 0,257 e E(Al /Al) = 1,676, calcolare il prodotto di solubilit di Al(OH)3. Poich la coppia redox Al precipitazione Le reazione sono
3+
/Al presenta il potenziale pi basso, essa funge da anodo e lo schema della cella dopo la (-) Al(s) | Al
3+
(aq, x M, pH=10) || Ni
2+
2+
Semicella catodica 3Ni (aq) + 6 e 3Ni(s) 3+ Semicella anodica 2Al(s) 2Al (aq) + 6 e 2+ 3+ Reazione complessiva 3Ni (aq) + 2Al(s) 3Ni(s) + 2Al (aq) Il potenziale standard dellintera cella Ecella = Ecat Ean = 0,257 (1,676) = 1,419 V Scriviamo lequazione di Nernst per esprimere il potenziale in condizioni non standard dellintera cella
Ecella
sostituiamo i valori
Al 3+ 2+ 3 Ni
2
Al 3+ = 10
= 4, 63 10-21 M
-10 + -14
Essendo poi il pH = 10, la concentrazione degli ioni H [H ] = 10 M e [OH ] = Kw/[ H ] = 10 Calcoliamo il prodotto di solubilit 3+ - 3 -21 -4 3 -33 Kps = [Al ][OH ] = (4,63 10 ) (10 ) = 4,63 10
/10
-10
= 10
-4
Esempio 3 + La pila Ag (s) AgCl (s) Cl (aq, 0,1 M) , Ag (aq, 0,25 M) Ag (s) ha una fem = 0,48215 V. Calcolare il prodotto di solubilit del cloruro di Argento
Lanodo di questa pila costituito da un elettrodo di seconda specie formato da un metallo (Ag) a contatto con un suo sale + poco solubile allo stato solido (AgCl) ed immerso in una soluzione satura degli ioni del suo sale (Ag e Cl ). La semireazione di riduzione AgCl(s) + e Ag(s) + Cl (aq) Normalmente tali elettrodi riportano solo la concentrazione dellanione (in questo esempio [Cl ] = 0,1 M), ma la concentrazione del catione non pu assumere un valore qualsiasi, poich determinata dal prodotto di solubilit del sale + poco solubile (in questo esempio Kps = [Ag ][Cl ] ). In pratica dunque, poich le due concentrazioni sono correlate, il potenziale di questo elettrodo pu essere indipendentemente calcolato rispetto alla concentrazione dellanione usando il potenziale standard della coppia redox AgCl/Ag,Cl
o Eanodo = E AgCl / Ag ,Cl - -
oppure pu essere calcolato rispetto alla concentrazione del catione usando il potenziale standard della coppia redox + Ag /Ag
o Eanodo = E Ag + / Ag -
0, 05916 log10 Cl - n
0, 05916 1 log10 n Ag +
In questo modo, essendo questultima la stessa coppia redox del compartimento catodico, possiamo trattare la pila come + una cella a concentrazione nello ione Ag in cui la reazione complessiva di cella + + Ag (0,25 M) Ag (saturo) + In pratica, mentre gli ioni Ag (0,25 M) del catodo si riducono ad argento metallico, diminuendo la loro concentrazione, + largento metallico dellanodo si ossida ad Ag , andando ad aumentare la concentrazione degli ioni Ag+ nella soluzione satura (parte di questi si riassocieranno con gli ioni Cl- precipitando sotto forma di AgCl in modo da rispettarne il prodotto di solubilit). Poich il potenziale standard di cella di una pila a concentrazione nullo (essendo uguali i potenziali standard dellanodo e del catodo si avr Epila = Ecatodo Eanodo = 0) possiamo scrivere
E pila = E
o pila
0, 05916 log10 n
Ag + saturo + Ag
0,25 M
saturo
+ 0, 05916 log10 ( 0, 25 )
[Ag ]saturo = 1,77 10 M sapendo infine che nella soluzione satura di AgCl la concentrazione di ioni Cl 0,1 M, possiamo calcolare il prodotto di solubilit + -9 -10 Kps = [Ag ][Cl ] = 1,77 10 x 0,1 = 1,77 10 Esempio 4 Calcolare il prodotto di solubilit di AgI a 25 C, sapendo che la fem della pila: (-) Ag | AgI (soluz. satura) || AgCl (soluz. satura) |Ag (+) -10. 0,18687 V a 25 C e che a tale temperatura il prodotto di solubilit di AgCl 1,7710 La pila costituita da due semicelle contenenti un metallo, largento, immerso in una soluzione satura di un suo sale poco + solubile, rispettivamente AgI e AgCl. In entrambe le semicelle la concentrazione degli ioni Ag governata dal prodotto di solubilit del rispettivo sale. La fem di questa pila dipende dalla diversa concentrazione degli ioni Ag+ presenti nelle due semicelle (pila a concentrazione), che a sua volta dipende dal particolare valore di KPS del sale poco solubile. La coppia redox di entrambe le semicelle dunque Ag+ /Ag ed il potenziale standard di cella Epila = 0. Applicando lequazione di Nernst per esprimere il potenziale della pila a p = 1 atm e T = 298 K possiamo scrivere:
-9
fem = E pila = -
Noto il prodotto di solubilit dal Cloruro di Argento (Kps = [Ag ][Cl ] = 1,77 10 ) possiamo calcolare la concentrazione + di ioni argento nella sua soluzione. Infatti, poich in soluzione presente solo AgCl, la concentrazione di ioni argento Ag + deve essere uguale alla concentrazione di ioni cloruro Cl- e quindi, essendo [Ag ]=[Cl ] = x
AgI
[Ag ]AgI = 9,23 10 M + + essendo, anche in questo caso, la concentrazione degli ioni Ag uguale a quella degli ioni ioduro I , [Ag ] = [Cl ] = 9,23 -9 10 M, possiamo calcolare il prodotto di solubilit dello ioduro di argento + -9 -9 -17 Kps = [Ag ][I ] = 9,23 10 x 9,23 10 = 8,52 10
17.6.3 Relazione tra Keq e fem (Ecella) Mentre una pila fornisce corrente elettrica al suo interno le reazioni di ossidoriduzione procedono facendo variare le concentrazioni dei reagenti. In tal modo i potenziali delle semicelle variano e si modifica pertanto anche la differenza di potenziale o fem. Riprendiamo in esame la pila Daniell e calcoliamo per ciascuna semicella il potenziale in condizioni di concentrazione diverse da quelle standard.
ANODO
E anodo = E o 2+ / Zn Zn
E catodo = E o 2+ / Cu Cu
CATODO
Calcoliamo ora la forza elettromotrice fem in condizioni di concentrazione non standard come differenza di potenziale DE tra catodo ed anodo [Cu ] - E o [Zn ] 0,059 0,059 DE = E catodo - E anodo = E o 2 + / Cu log10 log10 2 + Zn 2 + / Zn Cu [ Zn 2+ ] 2 [Cu ] 2 riordinando
DE = E
o Cu 2 + / Cu
-E
o Zn 2 + / Zn
La reazione che avviene nella pila come sappiamo la seguente Cu2+ + Zn Cu + Zn2+ Quando tale reazione avr raggiunto l'equilibrio non vi sar pi trasferimento di elettroni, la pila sar esaurita per cui la differenza di potenziale sar pari a zero. Possiamo dunque affermare che quando le specie chimiche avranno raggiunto le loro concentrazioni di equilibrio DE = 0. All'equilibrio varr allora
Ma il rapporto di cui si calcola il logaritmo non altro che la costante di equilibrio della reazione keq. Potremo perci scrivere
f .e.m. = DE o =
relazione tra forza elettromotrice di una pila in condizioni standard e costante di equilibrio della reazione redox alla base della pila stessa. Si tenga presente che misurare sperimentalmente i potenziali risulta molto spesso pi semplice che misurare le concentrazioni di equilibrio. In tal modo mediante la misura della fem in condizioni standard (o pi semplicemente mediante la consultazione dei potenziali standard gi tabulati) possibile calcolare la K eq di molte reazioni redox.
K eq = 10
nDE o 0,05916
Esempio 1 + 2+ Calcoliamo la costante di equilibrio relativa alla dismutazione Cu (aq) Cu(s) + Cu (aq) a 298 K, sapendo che + E(Cu /Cu) = +0,520 V 2+ E(Cu /Cu) = +0,340 V La dismutazione la somma delle seguenti due semireazioni + Riduzione Cu (aq) + e Cu(s) + 2+ Ossidazione Cu (aq) Cu (aq) + e 2+/ + Dobbiamo calcolare il potenziale di riduzione della coppia redox Cu Cu combinando opportunamente i due potenziali noti. La semireazione di riduzione desiderata si pu ottenere come somma delle seguenti due semirazioni Cu2+ + 2e Cu + E = + 0,340 V
Moltiplichiamo ciascun potenziale per il numero di elettroni della relativa semireazione e sommiamoli (+ 0,340 x 2) + (- 0,520 x 1) = + 0,160 V Il potenziale cos ottenuto va diviso per il numero di elettroni della semireazione finale 2+ + E(Cu /Cu ) = + 0,160 : 1 = 0,160 V Ora possiamo calcolare il potenziale in condizioni standard della reazione complessiva di dismutazione come differenza tra il potenziale di riduzione della reazione catodica (semireazione di riduzione) e di quella anodica (semirazione di ossidazione) Ecat Ean = 0,520 0,160 = + 0,360 V La costante di equilibrio varr
K c = 10
nDE o 0,05916
= 10
10,360 0,05916
= 1, 22 106
Esempio 2 Stimare la stabilit dellacqua in condizioni standard a pH = 7 e a pH = 3, considerando le due semireazioni O2 + 2H2O + 4e D 4OH E(O2/OH ) = + 0,401 V + + 2H + 2e D H2 E(H /H2) = 0 V Il potenziale della prima semireazione dato in condizioni standard e quindi per [OH ] = 1 M e dunque un pH = 14. La dipendenza di tale potenziale dal pH per 1 atm di pressione
-
EO
/ OH -
Il potenziale della seconda semireazione dato in condizioni standard e quindi per [H ] = 1 M e dunque un pH = 0. La dipendenza di tale potenziale dal pH per 1 atm di pressione
E H + / H = -0, 05916 pH
Al variare del pH i due potenziali variano quindi nello stesso modo (al crescere del pH decrescono) e della stessa quantit (una variazione di 0,05916 V per ogni punto di pH) La prima semireazione manterr dunque a qualsiasi pH un potenziale superiore alla seconda e quindi la prima si ridurr a spese della seconda che si ossider. La reazione spontanea complessiva sar Riduzione Ossidazione Totale
+ O2 + 2H2O + 4e 4OH + 2H2 4H + 4e = O2 + 2H2 2H2O
K eq = 10
0,05916
= 10
= 1,3 1083
Il potenziale della reazione opposta, avr lo stesso valore ma segno opposto 2H2O O2 + 2H2 E = - 1,2292 V La costante di tale equilibrio, che ci informa della tendenza dellacqua a scindersi negli elementi che la costituiscono (e quindi della sua stabilit),
n E pila
K eq = 10
0,05916
= 10
4( -1,2292 ) 0,05916
= 7,8 10-84
cos piccolo da poter dire che lacqua non ha praticamente alcuna tendenza a scindersi negli elementi che la costituiscono. Esempio 3 Calcoliamo la costante di equilibrio relativa alla dismutazione 3 ClO (aq) 2 Cl (aq) + ClO3 (aq) in ambiente basico a 298 K, sapendo che il potenziale standard delle seguenti semireazioni di riduzione ClO3 (aq) + 3H2O + 6e- Cl + 6OH E( ClO3 / Cl ) = + 0,62 V ClO (aq) + H2O + 2e- Cl + 2OH E( ClO / Cl ) = + 0,89 V La dismutazione la somma delle seguenti due semireazioni Riduzione 2ClO (aq) + 4e- 2Cl E = + 0,89 V Ossidazione ClO (aq) ClO3 + 4e E = ? Dobbiamo calcolare il potenziale di riduzione della coppia redox ClO3 / ClO , che caratterizza la semireazione di ossidazione, combinando opportunamente i due potenziali noti. La semireazione di riduzione desiderata si pu ottenere come somma delle seguenti due semirazioni ClO3 (aq) + 3H2O + 6e- Cl + 6OH + E = + 0,62 V Cl + 6OH ClO (aq) + H2O + 2e = E = 0,89 V (il segno cambiato perch la semireazione una ossidazione)
Il potenziale della coppia redox ClO3 / ClO si ottiene sommando i potenziali delle due semireazioni-addendp, ciascun potenziale moltiplicato per il numero di elettroni della relativa semireazione. Il potenziale cos ottenuto va diviso per il numero di elettroni della semireazione-somma (4 elettroni) Ora possiamo calcolare il potenziale in condizioni standard della reazione complessiva di dismutazione come differenza tra il potenziale di riduzione della reazione catodica (semireazione di riduzione) e di quella anodica (semirazione di ossidazione) Ecat Ean = 0,89 0,485 = + 0,405 V Essendo il numero di elettroni scambiati nella reazione bilanciata di dismutazione pari a n = 4, la costante di equilibrio varr
K c = 10
nDE o 0,05916
= 10
40,405 0,05916
= 2, 42 1027
* * * * * * * * * Il metodo pu essere utilizzato anche per calcolare costanti che descrivono equilibri non-redox. ad esempio possibile combinare opportunamente i potenziali standard tabulati per calcolare prodotti di solubilit e costanti di formazione di complessi
17.6.4 Relazione tra Keq ed E per reazioni non-redox I potenziali standard di riduzione tabulati di una semicella di seconda specie M | MA (Metallo| Sale insolubile) e della omologa semicella di prima specie M | Mn+ (Metallo | Ione metallico) possono essere utilizzati per calcolare il prodotto di solubilit Kps del sale insolubile. Si consideri ad esempio la seguente pila Elettrodo di prima specie Ag+(aq) + e Ag(s) Elettrodo di seconda specie Ag2S(s) + 2e 2Ag(s) + S2-(aq)
Reazione complessiva Pila
E = + 0,7996 V E = 0,691 V
2Ag+(aq) + 2Ag(s) + S2-(aq) 2Ag(s) + Ag2S(s) () Ag(s) | S2-(aq) | Ag2S(s) Ag+(aq) | Ag(s)(+)
0, 05916 1 log10 2 2 Ag + S 2- Quando la pila si esaurisce la fem = 0 e le concentrazioni in soluzione sono quelle di equilibrio 0, 05916 1 log10 0 = Eo pila + 2 2 Ag S 2- eq eq Ma le concentrazioni degli ioni in soluzione nel sistema sono quelle dellequilibrio di solubilit del solfuro di argento Ag2S(s) D 2Ag+ + S2o o fem = DE = Ecatodo - Eanodo = E Ag + / Ag - E Ag2 S / Ag -
Kps( Ag2 S ) = 10
2 E o pila 0,05916
= 10
= 4, 0 10-51
Si tenga presente che, quando si combinano in tal modo i potenziali standard di riduzione di un elettrodo di prima e di seconda specie che presentano il metallo in comune, si costruisce in pratica una pila a concentrazione nel catione metallico (Ag+ nel nostro esempio). Lelettrodo di seconda specie risulta necessariamente pi diluito nel catione metallico, poich la sua concentrazione governata dalla concentrazione dellanione con il quale forma il sale insolubile. In condizioni standard lanione in concentrazione 1 M ed il catione deve essere perci presente in concentrazione molto piccola, dovendo, anione e catione rispettare il prodotto di solubilit del sale insolubile. Per questo motivo lelettrodo di prima specie (pi concentrato nel catione metallico) forma il catodo e quello di seconda specie (meno concentrato), forma lanodo.
Si noti infine che il procedimento ora esposto equivale a sommare la semireazione dellelettrodo di prima specie. scritta come ossidazione (e quindi cambiando di segno il suo potenziale di riduzione) con la semireazione dellelettrodo di seconda specie. Elettrodo di I specie 2Ag(s) 2Ag+(aq) + 2e Elettrodo di II specie Ag2S(s) + 2e 2Ag(s) + S2-(aq) Equilibrio solubilit Ag2S(s) 2Ag+(aq) + S2-(aq) + E = 0,7996 V (pot. di ossidazione) = E = 0,691 V E = 1,4906 V
Il valore 1,4906 V rappresenta appunto il potenziale di cella cambiato di segno (- Epila) In generale, per calcolare una costante di equilibrio di reazioni non-redox, sufficiente sommare opportunamente due semireazioni (una di ossidazione ed una di riduzione) in modo da ottenere la reazione desiderata. Il potenziale E di tale reazione complessiva, ottenuto come somma dei potenziali delle due semireazioni, potr essere utilizzato per il calcolo della costante di equilibrio K usando la seguente formula (con n = numero di elettroni scambiati nella reazione complessiva)
n E o 0,05916
K = 10
o, volendo il pK,
n Eo - log K = pK = 0, 05916
Esempio Calcolare il prodotto di solubilit dello ioduro piomboso PbI 2 utilizzando i potenziali standard di riduzione delle seguenti due semireazioni PbI2 + 2e Pb + 2I E = 0,365 V 2+ Pb + 2e Pb E = 0,126 V Per ottenere la reazione che descrive lequilibrio di solubilit di PbI 2 necessario sommare la prima semireazione (scritta come riduzione) alla seconda semireazione (scritta come ossidazione e quindi con il potenziale cambiato di segno). PbI2 + 2e Pb + 2I + E = 0,365 V 2+ Pb Pb + 2e = E = + 0,126 V 2+ PbI2 Pb + 2I E = - 0,239 V Calcoliamo il prodotto di solubilit
K ps = 10
n E o 0,05916
= 10
2( -0,239 ) 0,05916
= 8,3 10 -9
* * * * * * * * * In modo analogo si possono calcolare le costanti di formazione (costanti di stabilit) dei composti complessi. Si considerino ad esempio le seguenti due semireazioni di riduzione E = + 0,373 V Ag(NH3)2+ + e Ag + 2NH3 + Ag + e Ag E = + 0,7996 V
Reazione complessiva Pila
( NH 3 )+ / Ag 2
o Ag + / Ag
K form
Ag ( NH 3 )+ 2 = 2 + Ag NH 3
Kform Ag
+ NH 3 2
= 10
= 10
= 1, 63 107
Esempio 3Calcolare la costante di formazione dellanione esafluoroalluminio AlF6 utilizzando i potenziali standard di riduzione delle seguenti due semireazioni 3 + 3e Al + 6F E = 2,07 V AlF6 3+ Al + 3e Al E = 1,676 V Per ottenere la reazione che descrive lequilibrio di formazione di AlF 6 necessario sommare la seconda semireazione (scritta come riduzione) alla prima semireazione (scritta come ossidazione e quindi con il potenziale cambiato di segno). 3+ Al + 3e Al + E = 1,676 V 3Al + 6F AlF6 + 3e = E = + 2,07 V 33+ E = + 0,394 V Al + 6F AlF6 Calcoliamo la costante di formazione
3-
K form = 10
n E o 0,05916
= 10
3( 0,394 ) 0,05916
= 9,54 1019
* * * * * * * * * Scegliendo opportunamente le semireazioni da combinare si possono calcolare costanti di equilibrio anche di generiche reazioni non-redox
Esempio In un recipiente stata introdotta dellipoazotide (N2O4) che si decomposta in biossido di azoto secondo il seguente equilibrio N2O4(g) D 2 NO2(g). Calcolare il grado di decomposizione a alla pressione di equilibrio di 20 atm, la composizione percentuale della miscela gassosa e la pressione iniziale dellipoazotide, utilizzando i potenziali standard di riduzione delle seguenti due semireazioni + 2NO3 + 4H + 2e N2O4 + 2H2O E = + 0,803 V + NO3 + 2H + e NO2 + H2O E = + 0,778 V La reazione di equilibrio tra ipoazotide (N2O4) e biossido di azoto (NO2) pu essere ottenuta sommando la prima semireazione (scritta nel senso della ossidazione e quindi con il potenziale cambiato di segno) e la seconda semireazione (scritta nel senso della riduzione) moltiplicata per due (si ricordi che il potenziale non dipende dai coefficienti usati e quindi rimane inalterato se moltiplichiamo per uno stesso numero tutti i coefficienti della reazione) + N2O4 + 2H2O 2NO3 + 4H + 2e + E = 0,803 V + 2NO3 + 4H + 2e 2NO2 + 2H2O = E = + 0,778 V
N2O4 D 2 NO2
E = 0,025 V
K P = 10
KP =
NO2
n E o 0,05916
= 10
tot
2( -0,025 ) 0,05916
= 0,14
Scriviamo ora la relazione di equilibrio in funzioni delle pressioni parziali dei due gas allequilibrio, espresse come prodotto della pressione totale della miscela per la frazione molare di ciascun componente (legge di Dalton delle miscele gassose) 2 2 2
(p ) = (p
pN2O4 KP =
c NO2
ptot c NO2
c N2O4
(N2O4) + (NO2) = 1 possiamo
Ed essendo la somma delle frazioni molari di tutti i componenti di una miscela pari ad uno, scrivere 2
+ K P c NO2 - K P = 0
risolvendo lequazione di secondo grado rispetto alla frazione molare del biossido di azoto si ottiene
c NO2 = 0, 08 = 8%
Se ora indichiamo con n il numero di moli iniziali di N2O4 introdotte nel recipiente, le moli allequilibrio possono essere espresse in funzione di a. Allequilibrio si decompongono infatti na moli di N2O4 e si formano 2na moli di NO2. E quindi moli di N2O4 allequilibrio = n - na moli di NO2 allequilibrio = 2na moli totali allequilibrio = n - na+ 2na = n + na = n (1 +
Il numero di moli allequilibrio aumentato di un fattore (1 + a) rispetto alle moli iniziali. Poich la pressione proporzionale al numero di moli, anchessa deve essere aumentata del medesimo fattore e dunque
a)
Piniz (1 +a ) = Pfinale
La frazione molare del biossido di azoto allequilibrio data dal rapporto tra il numero di moli del biossido di azoto (2n a) ed il numero di moli totali della miscela (n (1 +
a)). E dunque
c NO2 =
2na 2a = = 0, 08 n (1 +a ) (1 +a )
c NO2 (1 +a ) = 2a
a=
c NO2
2 - c NO2
0.08 = 0, 042 = 4, 2% 2 - 0, 08
Allequilibrio il 4,2% di molecole di N2O4 inizialmente introdotte nel recipiente si sono decomposte trasformandosi in NO2 La pressione iniziale, dovuta solo alla N2O4 inizialmente presente, era quindi pari a
Piniz =
17.7 Lavoro eseguito da una pila
(1 + a )
Pfinale
Ricordando che la differenza di potenziale elettrico data dal rapporto tra lavoro e carica elettrica (V = L/Q) ed il volt (unit di misura della differenza di potenziale elettrico) si esprime in Joule su Coulomb (J/C), sar allora possibile calcolare il lavoro eseguito da una pila come L=V.Q Poich il voltaggio si riferisce al singolo elettrone, per calcolare la carica elettrica Q complessivamente trasportata durante il lavoro della pila quando tutte le concentrazioni sono 1 M, sar necessario moltiplicare il numero n di elettroni effettivamente scambiati per la carica portata da 1 mole di elettroni (1 Faraday) Q=n.F In condizioni standard infine V = DE per cui il lavoro compiuto da una pila in condizioni standard sar pari a L = DE . n . F ad esempio la pila Daniell, che presenta DE = 1,1 V, in grado di fornire L = 1,1 V . 2 . 96485 C = 212,3 KJ/mol
18 Elettrochimica: celle elettrolitiche Come abbiamo gi avuto modo di dire l'elettrolisi un processo in cui energia elettrica viene impiegata per far avvenire una reazione redox che si produrrebbe spontaneamente in senso opposto.
18.1 Elettrolisi di sali fusi
Se immergiamo due elettrodi collegati ad un generatore di corrente continua in un recipiente che contenga NaCl fuso (e quindi dissociato in ioni Na+ e Cl-), gli ioni Na+ vengono attratti dall'elettrodo negativo dove si riducono acquistando un elettrone, mentre gli ioni Cl - vengono attratti dall'elettrodo positivo al quale cedono il loro elettrone ossidandosi. Poich in questo caso la reazione di riduzione avviene all'elettrodo negativo questo prende il nome di catodo, mentre l'elettrodo positivo, dove avviene l'ossidazione, l'anodo. Si noti che i segni risultano opposti rispetto ad una pila.
Dunque al catodo gli ioni Na+ si riducono a sodio metallico, mentre all'anodo gli ioni Cl- si ossidano a Cloro gassoso Cl2. Gli elettroni fluiscono quindi dal catodo negativo all'anodo positivo in modo analogo a quanto avverrebbe se collegassimo i due elettrodi mediante un filo metallico. La conduzione elettrica attraverso un filo metallico detta conduzione di prima specie, mentre la conduzione che avviene grazie alle reazioni degli ioni presenti nel fluido detta conduzione elettrolitica o di seconda specie e la corrente che attraversa la soluzione detta corrente faradica. Nel caso della conduzione elettrolitica gli elettroni che abbandonano il catodo non sono gli stessi che entrano nell'anodo, ma l'effetto complessivo identico. Attraverso l'uso di un amperometro possiamo infatti verificare la presenza di una corrente elettrica che attraversa il circuito, sia che esso venga chiuso mediante un conduttore metallico, sia che venga chiuso attraverso una soluzione di elettroliti.
Na + + Cl - Na + 1 Cl2 2
In assenza della corrente elettrica fornita dall'esterno tale reazione sarebbe naturalmente spontanea in senso contrario. Possiamo dunque definire l'elettrolisi (lisi, scissione tramite elettricit) un processo di decomposizione di un composto, fuso o in soluzione, in cui il passaggio di corrente elettrica produce una reazione redox endoergonica. Naturalmente solo i composti che si dissociano in ioni possono subire l'elettrolisi e per tale motivo essi sono comunemente detti elettroliti.
18.2 Elettrolisi di una soluzione contenente pi ioni (precedenza di scarica)
In una soluzione acquosa di un elettrolita la situazione viene complicata dalla presenza in soluzione di ioni H+ e ioni OH- provenienti dalla parziale dissociazione dell'acqua. Ad esempio se effettuiamo l'elettrolisi di una soluzione acquosa di ioduro di potassio, possiamo prevedere che all'anodo competeranno per la reazione di ossidazione sia gli ioni I che gli ioni OH, mentre al catodo si presenteranno gli ioni K+ e gli ioni H+. Il problema in questo caso prevedere quale delle specie ioniche presenti in soluzione, che competono per uno stesso elettrodo, ha la precedenza di scarica. Si verifica sperimentalmente che, a parit di concentrazione, la precedenza di scarica dipende essenzialmente dalla maggiore o minore tendenza ad acquistare o a cedere elettroni, tendenza che viene misurata attraverso i potenziali standard di riduzione. Precedenza di scarica al catodo Tenendo presente che al catodo le specie accettano elettroni e si riducono, logico attendersi che si ridurr per prima la specie che presenta il potenziale standard di riduzione pi elevato.
Precedenza di scarica all'anodo Tenendo presente che all'anodo le specie cedono elettroni e si ossidano, logico attendersi che si ossider per prima la specie che presenta il potenziale standard di riduzione pi basso. Nel caso in cui le specie siano presenti in concentrazione non standard necessario confrontare i potenziali non standard calcolati con l'equazione di Nernst. Sulla base di tali considerazioni proviamo dunque a prevedere quel che succede in una soluzione acquosa di Ioduro di potassio (KI) 1M. 1) all'anodo competono per la reazione di ossidazione gli ioni OH e I . Le reazioni di riduzione ed i relativi potenziali standard sono
I 2 + 2e - 2 I H 2O + 1 O2 + 2e - 2OH 2
( EI
o
2
/ I-
= +0,535 V )
( EO
/ OH -
= +0, 401 V )
Si tenga presente che, come abbiamo gi visto in precedenza, per concentrazioni di ioni OH- molto piccole (pH 7) leventuale formazione di O2 appare difficilmente spiegabile in base alla sola scarica degli ioni OH. Si preferisce in tal caso considerare la semireazione di ossidazione dellacqua, (equivalente a quella di ossidazione degli ioni OH), la cui semireazione di riduzione ed il relativo potenziale sono O2 + 4H+ + 4e D 2H2O E( O2/H2O) = +1.229 V Se tutte le specie chimiche fossero presenti in concentrazione 1 M evidente che si ossiderebbero per primi gli ioni OH che presentano un potenziale di riduzione minore con liberazione di ossigeno gassoso all'anodo. Dobbiamo per tener presente che in una soluzione neutra la concentrazione degli ioni OH e degli ioni H+ non 1 M, ma 10-7 M. Dobbiamo pertanto applicare lequazione di Nernst. Come abbiamo gi visto in precedenza, lequazione di Nernst fornisce il medesimo potenziale per le coppie redox O2/OH- e H2O/O2 in funzione del pH. A pressione atmosferica esso vale
E( O2 / H 2O ) = 1, 229 - 0, 05916 pH
e dunque, a pH = 7
K + + e- K
2 H + + 2e - H 2
+
o ( EK + / K = -2,931 V )
o ( EH + / H = 0 V )
2
Anche in questo caso, per concentrazioni di ioni H molto piccole (pH 7) leventuale formazione di H2 appare difficilmente spiegabile in base alla sola scarica degli ioni H+. Si preferisce in tal caso considerare la semireazione di riduzione dellacqua (equivalente a quella di riduzione degli ioni H+), la cui semireazione di riduzione ed il relativo potenziale sono o ( EH 2O / H 2 = -0,828 V ) 2 H 2 O + 2 e - H 2 + 2 OH Confrontando i potenziali, se tutte le specie chimiche fossero presenti in concentrazione 1 M, evidente che si ridurrebbero per primi gli ioni H+ che presentano un potenziale di riduzione di gran lunga maggiore. Tenendo per presente che in una soluzione neutra la concentrazione degli ioni H+ e degli ioni OH- non 1 M, ma 10-7 M, dobbiamo applicare l'equazione di Nernst. Come abbiamo gi visto in precedenza, lequazione di Nernst fornisce il medesimo potenziale per le coppie redox H+/H2 e H2O/H2 in funzione del pH. A pressione atmosferica esso vale
E( H 2O / H 2 ) = -0, 05916 pH
e dunque, a pH = 7
Poich nella soluzione rimangono ioni K+ e ioni OH , il processo elettrolitico ha prodotto una soluzione di idrossido di potassio (KOH).
Affinch il processo elettrolitico si avvii necessario applicare alla soluzione elettrolitica una differenza di potenziale che raggiunga una soglia minima, detta tensione (o potenziale) di decomposizione ED, il cui valore dipende dal potenziale di riduzione delle specie in soluzione. Si pu infatti dimostrare che, affinch una reazione non spontanea possa avvenire necessario applicare ad essa una differenza di potenziale (tensione di decomposizione) almeno uguale alla differenza di potenziale che produrrebbe la reazione inversa. Ad esempio la reazione 2H2 + O2 2H2O E = + 1,229 V spontanea mentre la reazione inversa 2H2O 2H2 + O2 E = 1,229 V
non spontanea
Affinch questultima reazione possa avvenire dobbiamo, in teoria, applicare allacqua una tensione minima di 1,229 V. Tuttavia, in pratica, come vedremo, spesso necessario applicare una tensione superiore (sovratensione) a quella teorica minima. Applicando dunque ad una cella elettrolitica una tensione continua crescente si osserva un significativo passaggio di corrente solo dopo aver raggiunto tale valore critico di potenziale Oltre tale valore il comportamento della cella descritto dalla legge di Ohm (I = V/R) e lintensit di corrente I risulta direttamente proporzionale alla differenza di potenziale applicata V ed inversamente proporzionale alla resistenza R del conduttore. La proporzionalit tra intensit di corrente e voltaggio (comportamento ohmico) si mantiene fino ad un certo valore oltre il quale la cella raggiunge uno stato di saturazione e lintensit di corrente cessa di aumentare.
Tale comportamento pu essere spiegato considerando ci che avviene in prossimit degli elettrodi. Il campo elettrico progressivamente applicato genera la migrazione degli ioni positivi verso il catodo e di quelli negativi verso lanodo.: Ogni elettrodo risulta quindi subito ricoperto da uno strato di ioni che impediscono lulteriore lavvicinamento di altre cariche dello stesso segno (polarizzazione degli elettrodi). Non appena inizia la scarica dei primi ioni, i prodotti della reazione elettrodica, permanendo a contatto degli elettrodi generano una pila capace di erogare corrente in senso opposto a quella che lha generata. Il potenziale di tale pila detto forza controelettromotrice (fcem). Risulta quindi necessario aumentare la tensione esterna producendo per in tal modo altri prodotti ed un corrispondente aumento della forza controelettromotrice degli elettrodi. Per superare tale situazione necessario applicare agli elettrodi una differenza di potenziale (tensione di decomposizione) uguale o superiore a quella della massima forza controelettromotrice generata dalla contropila, in modo che il processo elettrolitico abbia inizio macroscopicamente. Il valore della tensione di decomposizione pu essere teoricamente calcolato usando i potenziali standard di riduzione tabulati relativi alla contropila che si genera nella soluzione elettrolitica o applicando lequazione di Nernst se la soluzione elettrolitica si trova in condizioni di concentrazione non standard. ed pari a ED = Eanodo -Ecatodo Si noti che il calcolo della differenza di potenziale non Ecat Ean come nelle celle galvaniche, in quanto, come abbiamo visto, nelle celle elettrolitiche i nomi degli elettrodi sono scambiati rispetto a quelli delle celle galvaniche. Nel caso agli elettrodi competano pi specie chimiche, applicando alla cella elettrolitica una tensione continua crescente, avverr per primo il processo che richiede il minor valore di potenziale di decomposizione. Riprendendo lesempio precedente, relativo allelettrolisi dello ioduro di potassio (KI) 1 M, si avr che - al catodo competono per la scarica
Semireazione di riduzione E E pH = 7
K +e K
2 H 2 O + 2 e - H 2 + 2 OH
-
E E
o K+ / K o H 2O / H 2
= -2,931 V = -0,828 V
-2,931 -0,414
I 2 + 2e 2 I
o I2 / I -
= +0,535 V
+0,535 +0,815
O2 + 4H+ + 4e D 2H2O
E dunque, la tensione teorica di decomposizione sar ED = Eanodo -Ecatodo = 0,535 ( 0,414) = 0,949 V Tale tensione sar in grado di vincere la forza controelettromotrice della contropila
(-) Pt(s) |H2 | H , I | I2 | Pt(s) (+) anodo catodo
+
Si noti ancora come la contropila, pur conservando i segni (positivo e negativo) delle polarit, presenti lanodo in corrispondenza del catodo della cella elettrolitica ed il catodo in corrispondenza dellanodo.
Una volta raggiunto il potenziale di decomposizione ED, continuando ad aumentare la tensione si avr un aumento della velocit con cui avvengono i processi elettrolitici e, qualora si raggiungano tensioni di decomposizione di altre specie, queste potranno iniziare a scaricarsi. Ad esempio, applicando alla soluzione di ioduro di potassio (KI) 1 M una tensione di ED = Eanodo -Ecatodo = 0,815 ( 0,414) = 1,229 V allanodo, oltre al Cloro, si scaricher anche lOssigeno.
18.4 Sovratensione
La tensione di decomposizione calcolata attraverso la relazione di Nernst un valore teorico e molto spesso, affinch il processo elettrolitico possa realmente avviarsi, necessario applicare agli elettrodi una tensione superiore VD > ED La differenza tra la tensione di decomposizione effettiva o sperimentale V D e quella teorica ED detta sovratensione (eta) VD ED = Il valore della sovratensione dipende da vari fattori, principalmente dalla natura dellelettrodo su cui avviene la scarica e dalla specie chimica che si scarica. pertanto possibile scomporre la sovratensione in una sovratensione anodica a e in una sovratensione catodica c = a + c La tensione di decomposizione effettiva VD pu dunque essere calcolata tenendo conto delle due componenti di sovratensione tramite la seguente relazione VD = ED + = Ea Ec + a + c VD = (Ea+ a) (Ec c) In altre parole, la sovratensione anodica va ad aumentare il potenziale dellanodo, mentre la sovratensione catodica va a diminuire il potenziale del catodo La sovratensione dipende anche dalla temperatura e dalla, intensit di corrente che attraversa lunit di superficie dellelettrodo (densit di corrente), espressa generalmente in A/cm2 (ampere su centimetro quadro). Aumenta allaumentare dellintensit di corrente e diminuisce allaumentare della superficie dellelettrodo.
Riportiamo a titolo di esempio alcuni valori di sovratensione anodica e catodica a 25C per la scarica catodica dellidrogeno e per la scarica anodica dellOssigeno e del Cloro su diversi elettrodi.
Sovratensione catodica c (volt) per H2 da H2SO4 1M Densit di corrente (A/cm2) Elettrodo 0,001 0,01 0,1 1,0 5,0 Ag (Argento) 0,097 0,13 0,3 0,48 0,69 Al (Alluminio) 0,3 0,83 1,0 1,29 Au (Oro) 0,017 0,1 0,24 0,33 Bi (Bismuto) 0,39 0,4 0,78 0,98 Cd (Cadmio) 1,13 1,22 1,25 Cu (Rame) 0,35 0,48 0,55 C (Grafite) 0,002 0,32 0,60 0,73 Fe (Ferro) 0,56 0,82 1,29 Hg (Mercurio) 0,8 0,95 1,03 1,07 Ni (Nichel) 0,14 0,3 0,56 0,71 Pb (Piombo) 0,40 0,4 0,52 1,06 Pd (Palladio) 0 0,04 Pt (Platino liscio) 0,0000 0,16 0,29 0,68 0,051 Pt (Platino 0,0000 0,030 0,041 0,048 0,051 platinato) Sn (Stagno) 0,5 1,2 Zn (Zinco) 0,48 0,75 1,06 1,23 Sovratensione anodica a (volt) per O2 da KOH 1M Densit di corrente (A/cm2) Elettrodo 0,001 0,01 0,1 1,0 Ag (Argento) 0,58 0,73 0,98 1,13 Au (Oro) 0,67 0,96 1,24 1,63 Cu (Rame) 0,42 0,58 0,66 0,79 C (Grafite) 0,53 0,90 1,09 1,24 Ni (Nichel) 0,35 0,52 0,73 0,85 Pt (Platino liscio) 0,72 0,85 1,28 1,49 Pt (Platino platinato) 0,40 0,52 0,64 0,77 Sovratensione anodica a (volt) per Cl2 da NaCl satura Densit di corrente (A/cm2) Elettrodo 0,1 0,5 1,0 0,001 0,01 C (Grafite) 0,25 0,42 0,53 Pt (Platino liscio) 0,008 0,03 0,054 0,161 0,236 Pt (Platino platinato) 0,006 0,026 0,05
I fenomeni di sovratensione, alterando in maniera differenziata i potenziali di riduzione delle specie chimiche che competono per la scarica, possono modificare lordine con cui avviene la scarica. Si consideri ad esempio una soluzione 0,1 M di acido cloridrico (HCl) sottoposta ad elettrolisi tramite elettrodi di platino platinato, con una densit di corrente di 0,1 A/cm 2. 1) all'anodo competono per la reazione di ossidazione gli ioni OH e Cl . Le reazioni di riduzione ed i relativi potenziali standard sono
( ECl
/ Cl -
= +1,358 V )
( EO
/ OH -
= +0, 401 V )
Ma per concentrazioni di ioni OH- molto piccole (pH 7) leventuale formazione di O2 appare difficilmente spiegabile in base alla sola scarica degli ioni OH e si preferisce in tal caso considerare la semireazione di ossidazione dellacqua, (equivalente a quella di ossidazione degli ioni OH), la cui semireazione di riduzione ed il relativo potenziale sono O2 + 4H+ + 4e D 2H2O E( O2/H2O) = +1.229 V Applichiamo lequazione di Nernst per calcolare il potenziale del Cloro con [Cl -] = 0,1M e p = 1 atm
V Cl
/ Cl -
= E Cl
/ Cl -
V( O2 / H 2O ) = E( O2 / H 2O ) +h O2 = 1,170 + 0, 64 = 1,810 V
In definitiva, lelevata sovratensione dellOssigeno ne aumenta il potenziale di riduzione al punto che la scarica del cloro ne risulta favorita. Il Cloro viene infatti ad avere un potenziale di riduzione pi basso dellOssigeno. 2) Al catodo per la reazione di riduzione troviamo solo gli ioni H+.
2 H + + 2e - H 2
calcoliamo il potenziale dellidrogeno a pH = 1 ed 1 atm
o ( EH + / H = 0 V )
2
La sovratensione al catodo per la scarica dellIdrogeno su di un elettrodo di platino platinato, con una densit di corrente di 0,1 A/cm2, pari a h H 2 = 0, 041 V , Dunque il potenziale effettivo per la scarica al catodo sar
La decomposizione elettrolitica dellacido cloridrico richiede dunque una sovratensione complessiva pari a = a + c = 0,05 + 0,041 = 0,091 V ed il potenziale effettivo di decomposizione VD sar VD = ED + = Ea Ec + = 1,438 (0,100) + 0,091 = 1,629 V Oppure, usando la relazione equivalente, VD = (Ea+ a) (Ec c) = (1,438 + 0,05) ( 0,100 0,041) = 1,629 V
18.4.1 Applicazioni dei fenomeni di sovratensione La sovratensione presenta grande importanza applicativa poich consente di realizzare processi elettrolitici selettivi giocando sulla composizione chimica e sulla struttura fisica dellelettrodo, consentendo cos di superare i limiti imposti dai valori dei potenziali di riduzione nella determinazione delle specie coinvolte nella scarica elettrodica, alterando lordine di scarica. In altre parole, i fenomeni di sovratensione vengono sfruttati per realizzare processi elettrochimici non altrimenti possibili. Scegliendo ad esempio elettrodi che presentino alta sovratensione di idrogeno possibile la riduzione di ioni metallici a basso potenziale di riduzione (Zn2+, Pb2+, Ni2+ ) da soluzioni acquose anche in presenza di ioni H+.. Lo Zn metallico pu ad esempio essere ottenuto per elettrolisi di soluzioni acquose di ZnSO 4 utilizzando come catodo un elettrodo di Zinco, sul quale si scaricano gli ioni Zn 2+ (depositandosi come Zn metallico) e non gli ioni H+ come dovrebbe avvenire in base ai valori di E (E(Zn2+/Zn) = 0,763 V E(H+/H2) = 0,414 a pH 7) a causa dell'elevata sovratensione di H2 sull'elettrodo di Zn (da 0,48 a 1,23 V a seconda della densit di corrente ) mentre all'anodo si libera ossigeno dato che E(O2/H2O) = 0,815 a pH 7 contro E(S2O82-/SO42-) = 2,01 V. Un altro elettrodo spesso usato per la sua elevata sovratensione catodica nei confronti dellidrogeno lelettrodo a Mercurio. Oltre a permettere la riduzione di cationi metallici con potenziali di riduzione estremamente negativi, presenta il vantaggio di formare con il metallo che si scarica un amalgama facilmente separabile dalla soluzione elettrolitica. Una sua importante applicazione industriale, ampiamente utilizzata in passato, permette la reazione di riduzione dello ione sodio con produzione di cloro (Cl2) e soda (idrossido di sodio NaOH) da salamoia (soluzione acquosa di NaCl). Il sodio non potrebbe normalmente essere ridotto al catodo poich il suo potenziale di riduzione di gran lunga inferiore a quello della coppia redox H2O/H2 Na+ + e Na 2H2O + 2e H2 + 2OH E = 2,71 E = 0,828 ma a pH = 7 E = 0,414 V
Al catodo si libera dunque H2, mentre all'anodo competono Cl2 + 2e 2Cl E = + 1,36 O2+ 4H+ + 4e 2H2O E = + 1,23 ma a pH = 7 E = + 0,815 V Dovrebbe liberarsi O2, ma si libera Cloro a causa dell'elevata sovratensione dell'ossigeno su di un anodo di grafite rispetto a quella molto pi bassa del Cloro. Dunque l'elettrolisi di NaCl(aq) libera Cloro ed Idrogeno ed in soluzione si forma NaOH. Durante la produzione necessario evitare che il cloro nascente dismuti, a contatto con l'idrossido di sodio, ridando cloruro ed ipoclorito di sodio (varechina) 2NaOH + Cl2 NaCl +NaClO + H2O Per far ci (ed anche per evitare che NaOH si mescoli con la soluzione elettrolitica di NaCl) si usa un elettrodo a Mercurio. La presenza del Mercurio alza il potenziale di riduzione del Sodio Na+ + nHg + e Na(Hg)n E = 1,84 Inoltre, poich l'idrogeno presenta una elevatissima sovratensione catodica rispetto a tale elettrodo, viene ridotto il Na+ al posto dell'acqua.
Il sodio metallico si scioglie nel mercurio formando un amalgama liquido Na(Hg) n che viene pompato fuori dalla cella elettrolitica e sostituito con nuovo mercurio. L'amalgama viene posto a contatto con l'acqua dove il Sodio reagisce per dare Idrossido di sodio ed idrogeno 2Na + 2H2O = 2NaOH + H2
A causa del pesante inquinamento ambientale da mercurio che tale processo generava oggi questa tecnologia stata per lo pi sostituita con celle a diaframma, in cui catodo e anodo sono separati da un diaframma che impedisce ad OH- che si forma nel compartimento catodico di venire a contatto con Cl2 che si forma in quello anodico, evitando in tal modo la dismutazione. 18.4.2 Cause dei fenomeni di sovratensione La sovratensione pu essere ricondotta a due cause o componenti principali in relazione alle quali la sovratensione totale viene distinta in sovratensione di attivazione att e sovratensione di concentrazione conc. = att + conc Sovratensione di attivazione La sovratensione di attivazione, detta anche sovratensione da trasferimento di carica ha origine cinetica poich dipende dalla velocit con cui avviene il trasferimento di elettroni tra elettrodo e soluzione. La sua origine legata al fatto che il processo di ossido-riduzione, in cui vi trasferimento di elettroni da una specie ad un'altra, notevolmente lento e per aver luogo richiede un eccesso di energia che si traduce, dal punto di vista elettrochimico, in un aumento della tensione applicata. La sovratensione di attivazione dipende da vari fattori quali la natura delle sostanze che si scaricano agli elettrodi, dal loro stato fisico (elevate sovratensioni sono in genere riportate per i gas ed in particolare per la scarica dell'idrogeno e dell'ossigeno), la natura e la geometria dellelettrodo, la temperatura. Contribuiscono a questo tipo di sovratensione processi che implicano adsorbimento/desorbimento di reagenti sullelettrodo e trasferimento di elettroni tra soluzione ed elettrodo. Tutte le reazioni elettrochimiche sono infatti formate da una sequenza di stadi che avvengono nellinterfaccia elettrodo soluzione. Il pi lento di questi stadi determina la velocit della reazione complessiva e la sua energia di attivazione correlata con la sovratensione di attivazione Ad esempio il processo di scarica di ioni H+ sul catodo pu essere descritto attraverso i seguenti stadi:
Adsorbimento di ioni H+ dalla soluzione sulla superficie dellelettrodo Trasferimento di elettroni dallelettrodo per la riduzione di H+ ad H Combinazione di due atomi di H per formare una molecola H2 Coalescenza delle molecole per formare una bolla di gas idrogeno
Il contributo della sovratensione di attivazione alla sovratensione totale importante per bassi valori di corrente. Esso cresce in modo logaritmico al crescere della densit di corrente Sovratensione di concentrazione La sovratensione di concentrazione, detta anche sovratensione di diffusione o sovratensione di trasporto di massa, dovuta alla velocit di consumo dei reagenti agli elettrodi e allo stabilirsi presso di essi di gradienti di concentrazione. Essa rappresenta dunque la perdita di tensione dovuta alla variazione di disponibilit dei reagenti allinterfaccia, Le reazioni elettrochimiche che avvengono agli elettrodi durante lelettrolisi causano infatti, nelle zone di soluzione a contatto con gli elettrodi stessi, una diminuzione delle concentrazioni delle specie che hanno reagito. Si crea quindi un movimento di tali specie dallinterno della soluzione verso le zone depauperate. Tanto pi difficoltoso questa movimento tanto pi sensibile la diminuzione di concentrazione nelle zone elettrodiche, e tanto pi aumenta la fcem. Per compensare questo aumento necessario un aumento di ddp di elettrolisi che viene indicata come sovratensione di concentrazione. Comunemente si afferma che durante il processo elettrolitico gli elettrodi attraggono gli ioni di carica opposta presenti in soluzione. Ci in realt accade in modo efficace solo per uno strato molto sottile di soluzione adiacente allelettrodo detta regione di migrazione. Allontanandosi da tale regione il movimento verso lelettrodo governato essenzialmente da fenomeni di diffusione che si instaurano in risposta ai gradienti di concentrazione generati dal consumo dei reagenti in prossimit dellelettrodo stesso. La migrazione di ioni verso lelettrodo dalle regioni pi distanti gioca infatti un ruolo secondario, producendo circa un movimento utile ogni 100.000 movimenti casuali per volt/cm di campo elettrico applicato
Il contributo della sovratensione di concentrazione alla sovratensione totale importante per alti valori di corrente. Esso cresce in modo esponenziale al crescere della densit di corrente . Sovratensione ohmica La tensione di lavoro per realizzare un processo elettrolitico dipende, oltre che dal potenziale termodinamico (tensione di decomposizione) e dalla sovratensione elettrodica, anche dalla resistenza elettrica della cella. Questa componente del potenziale prende il nome di sovratensione ohmica e vale genericamente IR. La resistenza di un conduttore di seconda specie pu essere determinata utilizzando la 2 legge di Ohm secondo cui: l R =r s
dove = resistivit specifica l = lunghezza del conduttore s = sezione del conduttore Nel caso di una cella elettrolitica l rappresenta la distanza tra gli elettrodi, s dato dalla superficie degli elettrodi, mentre esprime la natura della soluzione ed legato principalmente al tipo (carica, raggio, idratazione ecc.) ed alla concentrazione degli elettroliti.
In definitiva, la differenza tra la tensione di decomposizione effettiva o sperimentale VD e quella teorica ED VD ED = + IR = att + conc + IR
18.5 Le leggi di Faraday
Gli aspetti quantitativi dell'elettrolisi furono studiati da Faraday, il quale sintetizz i risultati ottenuti sperimentalmente in due leggi. Prima legge di Faraday La massa di una sostanza che si libera agli elettrodi proporzionale alla quantit di elettricit passata attraverso la soluzione. Dopo quanto osservato a proposito dei fenomeni elettrolitici tale legge dovrebbe risultare abbastanza evidente. Se ad esempio riprendiamo in considerazione l'elettrolisi del cloruro di sodio fuso, possiamo verificare che per ogni elettrone che abbandona il catodo e raggiunge l'anodo passando attraverso la soluzione, si libera 1 atomo di Na metallico e mezza molecola di Cloro gassoso
NaCl Na + 1 Cl 2 2
Naturalmente se passano 2 elettroni si libereranno 2 atomi di sodio e 1 molecola di cloro ed in generale se passano un numero n di elettroni si libereranno agli elettrodi n atomi di sodio e n/2 molecole di cloro. Risulta allora evidente come la quantit di materia che si libera agli elettrodi sia proporzionale al numero di elettroni scambiati. Ma poich ogni elettrone porta una quantit di elettricit costante e
definita (1,6.10-19 C) se ne deduce che la massa liberata deve essere proporzionale alla carica elettrica transitata attraverso la soluzione. Seconda legge di Faraday Al fine di liberare agli elettrodi 1 equivalente di una qualsiasi sostanza necessario che attraverso la soluzione passino 96.485 C (quantit nota come Faraday). Naturalmente se attraverso la soluzione passano n Faraday verranno liberati n equivalenti. Il Faraday (F) la quantit di elettricit portata da 1 mole di elettroni ( N elettroni) N . Carica elettrone = 6,02214179.1023 . 1,602176487.10-19 = 96.485,34 C Ricordando che il peso equivalente di una sostanza che subisce un processo redox pari al rapporto tra il suo peso molare ed il numero di elettroni persi o acquistati
Peq =
PM ne
risulta evidente come tale quantit sia in grado di acquistare o cedere in un processo redox esattamente una mole di elettroni, pari alla carica di 96.485 C (1 Faraday). Ad esempio se vogliamo ridurre 1 mole di Al3+ (PM = 27 g) ad alluminio metallico Al3+ + 3e- Al poich ogni ione Al3+ richiede 3 elettroni, 1 mole (27 g), contenendo N ioni, richiede 3N elettroni. N elettroni riusciranno a ridurre solo un terzo di mole, cio 1 equivalente di alluminio (9 g). Infine se 1 Faraday libera 1 equivalente evidente che n Faraday libereranno n equivalenti, dal che si deduce che la massa che si libera agli elettrodi in una reazione redox sta al peso equivalente come la quantit di corrente che attraversa la soluzione sta a 96.485 C. Per calcolare la massa che si libera ad un elettrodo sar dunque sufficiente moltiplicare il peso equivalente per il numero di Faraday che hanno attraversato la soluzione
nFaraday =
Calcoliamo ora il peso equivalente del rame
Peq =
Dunque se 1 Faraday libera 1 equivalente di rame, 1,4 Faraday ridurranno 1,4 equivalenti pari a
Si definisce equivalente elettrochimico il rapporto tra il peso equivalente e la carica elettrica portata da 1 Faraday. equivalente elettrochimico =
Peq 96.485C
L'equivalente elettrochimico rappresenta quindi la quantit in grammi di una sostanza liberata al passaggio di 1 Coulomb. Ad esempio l'equivalente elettrochimico dell'alluminio pari a PM 27 Peq ne 3 = 9,32 10 -5 g C = = 96.485C 96.485C 96.485C
18.7 Fenomeni elettrochimici di interesse pratico
1) La corrosione Qualsiasi elemento che presenti un potenziale di riduzione inferiore a quello della coppia H2O/H2,OHpu essere ossidato dall'acqua, la quale ne acquista gli elettroni riducendosi secondo la reazione
2 H 2O + 2e - H 2 + 2OH -
( E H 2O / H 2
= -0,828 V )
Naturalmente il potenziale di tale reazione misurato in condizioni standard, per una concentrazione 1 M di ioni OH- (pH = 14). Calcolando il potenziale di tale reazione per un pH 7, tramite l'equazione di Nernst, si ottiene a pH = 7
EH O / H
2
2 ,OH
= -0, 414 V
L'acqua pura a pH neutro quindi in grado di ossidare (corrodere) tutti i metalli che presentano un potenziale inferiore a -0,414 V come lo zinco ( -0,76) l'alluminio (-1,66) e tutti i metalli alcalini e alcalino-terrosi. Il ferro, EFe2+ / Fe = -0, 44 V , possedendo un potenziale quasi uguale a quello dell'acqua non viene
o
praticamente attaccato a pH = 7 (le soluzioni acide per lo corrodono, poich il potenziale di riduzione dellacqua si alza con il pH fino ad arrivare a 0 a pH = 0). Tuttavia se l'acqua contiene ossigeno o presente umidit nell'aria necessario tener presente la seguente semireazione di riduzione
H 2O + 1 O2 + 2e - 2OH 2
( E H O ,O
2
/ OH -
= +0, 401 V )
a pH = 7 la coppia H2O,O2/OH- presenta potenziale pari a 0,815 V ed quindi in grado di ossidare non solo il ferro, ma molti altri metalli come Stagno (- 0,14 V), Piombo (- 0,13 V) e Rame (+ 0,34 V). Si tenga inoltre presente che in molti testi viene considerata la seguente semireazione di riduzione o + 1 + 2e - H 2 O ( EO , H + / H O = +1,229 Volt ) 2 O2 + 2 H
2 2
che a pH = 7 presenta il medesimo potenziale pari a 0,815 V ed dunque perfettamente equivalente alla precedente (la prima libera infatti 2 ioni OH-, mentre la seconda consuma 2 ioni H+)
La corrosione del ferro ad opera dell'acqua contenente ossigeno atmosferico (arrugginimento) un fenomeno complesso e non completamente chiarito. Si ritiene che il ferro metallico venga dapprima ossidato a Fe2+ dalla coppia H2O,O2/OH-.
2Fe + O2 + 2H2O 2Fe(OH)2
Gli ioni ferrosi che passano in soluzione vengono rapidamente ossidati a ioni ferrici quando giungono a contatto con regioni acquose a maggior tenore di ossigeno.
4Fe(OH)2 + O2 + 2H2O 4Fe(OH)3
Non appena formatisi gli ioni ferrici producono idrossidi e carbonati insolubili (grazie alla CO 2 atmosferica che si scioglie in acqua formando acido carbonico), che precipitano in un solido scaglioso di composizione non perfettamente noto come ruggine. In realt si ritiene pi probabile che l'idrossido ferrico precipiti sotto forma di ossido ferrico idratato, attraverso una reazione del tipo 2Fe(OH)3 Fe2O3.3H2O Nella ruggine l'ossido ferrico sarebbe presente con diverso grado di idratazione, pertanto si preferisce descriverlo con la formula generale Fe2O3.nH2O.
2) La passivazione Molti altri metalli (Zinco, Rame, Alluminio etc) reagiscono all'aria umida, ma a differenza di quanto accade per il ferro, la miscela di ossidi e carbonati che si forma non friabile, ma costituisce uno strato solido, coerente, che protegge il metallo sottostante da ulteriori fenomeni corrosivi. Tale processo detto passivazione.
o Ad esempio il rame ( ECu2 + / Cu = +0,34V ) all'aria umida viene ossidato con formazione di idrossido
rameico il quale reagisce in parte con la CO2 disciolta in acqua per dare un carbonato monobasico rameico, responsabile della patina verde che ricopre il metallo esposto all'aria (verderame) Cu(OH)2 + H2CO3 [Cu(OH)]2CO3 + 2 H2O Lo zinco si comporta in modo analogo formando sulla sua superficie uno strato passivante costituito da ossido ZnO e carbonato basico [Zn(OH)]2CO3.
La passivazione dell'alluminio pu essere addirittura effettuata artificialmente, ottenendo uno strato di ossido pi spesso, utilizzando il metallo come anodo in una cella elettrolitica. In tal modo lo strato superficiale del metallo si ossida e si ottiene l'alluminio anodizzato. 3) Prevenzione della corrosione Per proteggere il ferro dalla corrosione (si calcola che circa il 20% della produzione annua mondiale di ferro venga utilizzata per sostituire il metallo arrugginito) necessario impedire che la coppia H2O,O2/OH- sia in grado di esercitare i suoi effetti. Una soluzione semplice quella di ricoprire il ferro con una vernice antiruggine contenente sostanze chimiche, come il minio Pb3O4, il quale, avendo un potenziale normale di +1,45 V, non pu essere ossidato dall'aria umida. Naturalmente le vernici antiruggine rappresentano una soluzione per piccole strutture metalliche e comunque di non lunga durata, non essendo in grado di aderire permanentemente alla superficie metallica. Una soluzione pi duratura quella di rivestire il ferro con uno strato sottile di un metallo con potenziale di riduzione pi basso del ferro stesso, ma in grado di subire il fenomeno della passivazione come ad esempio lo zinco. Il ferro zincato viene egregiamente protetto dalla corrosione, sia perch in superficie si forma uno strato inerte di ossidi e carbonati di zinco, sia perch, anche se lo strato di zinco viene scalfito ed il ferro esposto agli agenti atmosferici, lo zinco ne previene ulteriormente la corrosione ossidandosi al posto del ferro (presenta infatti un potenziale minore).
La zincatura pu essere effettuata immergendo il ferro nello zinco fuso (automobili) o usando l'oggetto da zincare come catodo in una cella elettrolitica contenente un sale di zinco (galvanizzazione) Non cos accadeva con il ferro stagnato (latta), in quanto lo stagno presenta un potenziale di riduzione (-0,14 V) pi elevato del ferro. Una volta scalfita la superficie stagnata il ferro arrugginisce. Per lo stesso motivo non si dovrebbero fissare oggetti di rame (ad esempio grondaie) con chiodi di ferro, in quanto il rame presenta un potenziale superiore al ferro e tende quindi ad ossidarlo rapidamente (in presenza di una soluzione elettrolitica come pu essere l'umidit atmosferica che si condensa sulle superfici metalliche). Naturalmente non possibile zincare strutture metalliche di grandi dimensioni come navi o ponti. In tal caso sufficiente collegare la struttura ad una placca di metallo a potenziale minore, detto anodo sacrificale (in genere Zinco o Magnesio) che si ossida al posto del ferro. Naturalmente tali placche vanno periodicamente sostituite.
4) Galvanoplastica Il processo di galvanizzazione, che abbiamo visto essere utilizzato per zincare e proteggere il ferro dalla corrosione, pu essere utilizzato anche per ricoprire (placcare) oggetti anche con metalli diversi, sia per protezione che a scopi decorativi. Se ad esempio vogliamo argentare un oggetto di ferro sufficiente utilizzarlo come catodo in una cella elettrolitica contenente un sale di argento (ad esempio AgNO3), mentre all'anodo useremo un elettrodo di argento metallico. In tal modo l'argento metallico si ossida passando in soluzione come Ag+, mentre al catodo gli ioni Ag+ si depositano come argento metallico.
In modo analogo si possono eseguire altre placcature elettrolitiche come dorature, nichelature, cromature etc. Quando l'oggetto da rivestire non un conduttore lo si pu rendere tale ricoprendolo con una vernice conduttrice (ad esempio polvere di grafite). Quando l'operazione viene eseguita rendendo conduttrice la parte interna di uno stampo possibile far depositare il metallo all'interno dello stesso ottenendo in tal modo oggetti metalli per via elettrolitica.
6) Raffinazione elettrolitica dei metalli Con un processo analogo alla placcatura elettrolitica possibile procedere alla raffinazione dei metalli. Se infatti in una soluzione elettrolitica che contenga un sale del metallo da raffinare, usiamo come anodo il metallo grezzo da raffinare e come catodo una lamina dello stesso metallo allo stato puro, il processo elettrolitico porter in soluzione l'anodo ossidandolo, mentre depositer al catodo metallo puro riducendo gli ioni metallici in soluzione. Ad esempio per la raffinazione elettrolitica del rame si immergono gli elettrodi di rame (l'anodo impuro, il catodo puro) in una soluzione di solfato rameico e acido solforico.
7) L'acido solforico Si pu ottenere eseguendo l'elettrolisi di un solfato di un metallo il cui potenziale di riduzione sia sufficientemente elevato (maggiore di E H+ / H e di E H 2 O / H 2 ), in modo da ridursi al catodo al posto degli
2
ioni H+ o dell'acqua. Ad esempio eseguendo l'elettrolisi del solfato rameico CuSO4, al catodo si o deposita rame metallico ( ECu2 + / Cu = +0,34V ), mentre all'anodo si libera ossigeno (lo ione solfato ha un
o potenziale di riduzione troppo elevato per potersi ossidare ( E S O 2- / SO 2- = +2,05V ).
2 8 4
Si tenga presente che in una soluzione di solfato rameico il calcolo dei potenziali tramite l'equazione di Nernst deve tener conto del fatto che tale sale da idrolisi acida e quindi il pH 7. Gli ioni rameici Cu2+ in acqua formano un complesso di coordinazione con 6 molecole d'acqua (ione esaacquo rameico), il quale si comporta come un acido debole dissociandosi secondo la reazione Cu(H2O)62+ [Cu(H2O)5(OH)]+ + H+
in uno ione pentaacquo-monossi-rameico e uno ione H+. La costante di dissociazione acida dello ione rameico esacoordinato pari a ka =1,58.10-7. La concentrazione di ioni H+ di una soluzione 1 M di solfato rameico sar pertanto
[H ] =
+
si riduce quindi il rame che presenta un potenziale superiore. Sempre a pH 3,4 il potenziale di riduzione dellacqua, che compete per la scarica all'anodo diventa
o EO2 / H 2O = EO2 / H 2O - 0, 05916 pH = 1, 299 - 0, 05916 pH = +1, 03 V
All'anodo continua a liberarsi ossigeno in quanto il potenziale di riduzione dell'anione solfato rimane di gran lunga pi elevato. 8) Elettrolisi dell'acqua Se al posto del solfato rameico tentiamo di effettuare l'elettrolisi di un solfato di un metallo il cui potenziale di riduzione sia meno elevato rispetto a quello delle altre coppie redox che competono per la o riduzione (ad esempio solfato di sodio ENa+ / Na = -2, 71 V ) oppure di una soluzione diluita di acido solforico, allora al catodo si svilupper idrogeno, mentre all'anodo continuer a svilupparsi ossigeno. Si sar in tal modo ottenuta l'elettrolisi dell'acqua 2H2O 2H2 + O2 Il fenomeno risulta sensibile solo se in soluzione esiste un elettrolita che consenta la conduzione. Se tentiamo di effettuare l'elettrolisi dell'acqua pura il passaggio di corrente sar praticamente nullo a causa della bassissima costante di dissociazione dell'acqua, ed il processo elettrolitico assolutamente trascurabile. Si noti come per ogni molecola di ossigeno se ne liberino due di idrogeno e dunque lidrogeno liberato occupa un volume doppio dellossigeno.
La tensione teorica di decomposizione dellacqua , come abbiamo gi avuto modo di vedere, indipendente dal pH e pari a 1,229 V. I potenziali di riduzione dellIdrogeno e dellOssigeno presentano infatti la medesima dipendenza dal pH, diminuendo di 0,05916 V per ogni aumento di un punto del pH
EH + / H = -0, 05916 pH
2
Tuttavia lelettrolisi dellacqua per avvenire necessita di una tensione superiore, a causa essenzialmente dei fenomeni di sovratensione dellOssigeno che su elettrodi di Platino dellordine di 0,4-0,8 V a seconda della densit di corrente utilizzata.
19 Elementi di termodinamica chimica Per descrivere in modo completo una reazione chimica non sufficiente specificare il numero di moli di reagenti e prodotti di reazione che vi partecipano, ma necessario descrivere anche i fenomeni energetici che l'accompagnano. Tale descrizione compito della termodinamica la quale permette di stabilire se una reazione chimica, scritta sulla carta, avvenga effettivamente in pratica. In definitiva, attraverso lo studio delle trasformazioni energetiche che accompagnano sempre i fenomeni chimici, possibile evidenziare i criteri di spontaneit delle reazioni e definire quali sono le condizioni termodinamiche affinch una reazione possa prodursi con la massima efficienza. E' bene comunque ricordare che la termodinamica, occupandosi dei sistemi al punto di equilibrio, non in grado di stabilire con che velocit una reazione avviene, ma solo se si produce e in che proporzione.
19.1 I sistemi termodinamici
Il termine sistema viene qui impiegato per descrivere la regione di spazio cui vengono limitate le nostre osservazioni. Tutto ci che non appartiene al sistema detto ambiente esterno o intorno del sistema. Il sistema pi il suo intorno costituiscono complessivamente luniverso. In linea di principio luniverso costituito dalluniverso propriamente detto, ma in pratica con questo termine si indica solo il sistema e quella parte dellambiente esterno con cui il sistema a diretto contatto. Un sistema chimico tipicamente composto dalle specie chimiche coinvolte nella reazione, mentre possiamo in pratica limitare l'ambiente esterno al recipiente che le contiene ed alla porzione di spazio circostante con cui il sistema intrattiene eventuali scambi di energia e/o di materia.
a) Si definiscono aperti i sistemi in grado di scambiare energia e materia con l'ambiente b) Si definiscono chiusi i sistemi in grado di scambiare solo energia con l'ambiente c) Si definiscono isolati i sistemi che non sono in grado di effettuare scambi con l'ambiente.
Come tutti i sistemi anche un sistema chimico possiede energia. L'energia viene definita come la capacit di compiere lavoro o di trasferire calore. Le unit di misura dell'energia sono quindi le stesse del lavoro e del calore. Il calore (q) lenergia termica trasferita tra il sistema e lambiente come risultato di differenze di temperatura. Il lavoro (w) lenergia trasferita tra il sistema e lambiente come risultato di una forza che opera su una distanza. lavoro = forza x distanza Le unit di misura maggiormente utilizzate in chimica sono il joule ( 1 J = Newton . metro = 1 kg . m2 . s-2) e la caloria (1 cal = energia necessaria per aumentare di 1C la temperatura di 1 g d'acqua) 1 cal = 4,184 J
19.2 Funzioni di stato e di percorso
Il valore assunto da una funzione di stato dipende solamente dalle condizioni in cui si trova il sistema. una caratteristica del sistema ed indipendente dal modo in cui il sistema sia giunto in quelle condizioni. Sono funzioni di stato la temperatura, il volume, l'energia. Il valore assunto da una funzione di percorso dipende dal percorso effettuato ed una caratteristica del processo in esame. Sono funzioni di percorso il lavoro e il calore. Ad esempio, laltezza di una montagna indipendente dal tragitto effettuato per arrivarci (laltezza una funzione di stato), mentre la lunghezza della strada dipende dal tragitto scelto per arrivare in cima (la lunghezza della strada e una funzione di percorso).
L'energia posseduta da un sistema viene definita Energia interna E (spesso indicata anche come U). L'energia interna di un sistema dipende esclusivamente dalla pressione, dalla temperatura, dal volume e dalla composizione chimica del sistema (tipo ed intensit delle interazioni tra particelle costituenti). Per questo motivo l'energia interna una funzione di stato. Il suo valore dipende cio dallo stato termodinamico del sistema e non dal modo in cui tale condizione stata raggiunta. L'energia interna di 100 g di acqua a 25c e 1 atm la medesima che l'acqua sia stata ottenuta per condensazione di 100 g di vapore, per reazione tra idrogeno ed ossigeno o per liquefazione di 100 g di ghiaccio.
Inoltre l'energia interna una propriet estensiva, cio proporzionale alla quantit di materia presente nel sistema. 100 g di acqua a 25C e 1 atm possiedono un'energia interna doppia rispetto a 50 g di acqua nelle stesse condizioni termodinamiche. L'energia interna di un sistema chimico uguale alla somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale di tutte le molecole che formano il sistema.ed associata ai moti traslatori, rotazionali, vibrazionali, elettronici e nucleari delle molecole, nonch alle interazioni interatomiche (legami intramolecolari) ed intermolecolari. E = S (Ec + Ep) Lenergia interna non include invece l'energia cinetica e potenziale associata al sistema nel suo complesso, ad esempio, se il sistema in movimento o si trova in un campo gravitazionale o elettromagnetico. L'energia cinetica di un corpo (Ec) la capacit di compiere lavoro per effetto del suo moto. Essa dipende dalla massa m e dalla velocit v ed pari a
E c = 1 mv 2 2
Come abbiamo gi anticipato, nel caso di un sistema di molecole, l'energia cinetica non legata solo al movimento di traslazione, ma vi sono altri contributi connessi con i moti di rotazione e di vibrazione interna delle singole particelle.
La meccanica statistica dimostra che il valore medio dell'energia cinetica di un sistema di particelle legato alla temperatura del sistema dalla relazione
3 E c = 2 kT
L'energia potenziale di un corpo la sua capacit di compiere lavoro per effetto della sua posizione o dello stato in cui si trova. Nel caso di un sistema di particelle l'energia potenziale viene comunemente definita energia chimica o di legame e presenta due componenti fondamentali. Una legata alla posizione reciproca delle molecole il cui valore dipende dalle forze attrattive intermolecolari (forze di Van der Waals), l'altra che dipende dalla posizione reciproca assunta dai protoni e dagli elettroni all'interno degli atomi e dalle interazioni elettromagnetiche che si producono tra le loro cariche e dunque dai legami chimici interatomici (covalente, ionico e metallico). Quando effettuiamo un lavoro per allontanare due corpi che si attraggono (come accade tra molecole o tra elettroni e nuclei) allora l'energia potenziale del sistema aumenta e le forze di attrazione tra i corpi diminuiscono.
Al contrario quando lasciamo che due corpi che si attraggono si avvicinino l'energia potenziale diminuisce e le forze di attrazione tra i corpi aumentano.
Le reazioni chimiche sono sempre accompagnate da modificazioni energetiche in cui l'energia potenziale varia a causa delle modificazioni delle posizioni reciproche di atomi e di elettroni che si riassestano per occupare nuove posizioni nelle molecole dei prodotti di reazione. In altre parole ogni reazione chimica avviene grazie alla rottura ed alla formazione di legami che modificano l'intensit delle forze all'interno delle molecole e tra le molecole, andando a modificare l'energia potenziale del sistema.
Se i nuovi legami che si formano sono pi deboli il sistema presenta un'energia potenziale maggiore rispetto a quella che caratterizzava nel complesso le molecole dei reagenti. Se al contrario i nuovi legami che si formano sono pi forti il sistema presenta un'energia potenziale minore rispetto a quella che caratterizzava nel complesso le molecole dei reagenti. Se il sistema isolato e non pu quindi scambiare energia con l'ambiente esterno la reazione avviene grazie alla conversione di parte dell'energia interna da cinetica in potenziale o viceversa (trasformazione adiabatica). In altre parole una reazione in un sistema isolato trasforma sempre parte dell'energia cinetica delle molecole (energia termica) in energia potenziale (energia chimica di legame) ed il sistema si raffredda, o, viceversa, trasforma parte dell'energia di legame in energia termica ed il sistema si riscalda. Tale affermazione una conseguenza del primo principio della termodinamica che afferma che l'energia non si pu n distruggere n creare, ma pu solo essere convertita da una forma in un'altra.
Se invece il sistema pu scambiare energia con l'intorno, il primo principio della termodinamica ci informa che la quantit di energia che il sistema scambia con l'ambiente esterno esattamente pari alla sua variazione di energia interna. In altre parole l'energia totale dell'universo (sistema + ambiente esterno) rimane sempre costante. In realt non possibile calcolare l'energia interna di un sistema, ma solo le variazioni di energia che caratterizzano due stati diversi di un sistema (ci dovuto al fatto che parte dell'energia interna di un sistema costituita da energia potenziale di cui, come sappiamo, non possibile determinare un valore assoluto). Se ad esempio un sistema chimico reagisce trasformando dei reagenti in prodotti di reazione, noi siamo in grado di misurare solo la variazione di energia interna DE che si verifica durante la reazione, espressa come differenza tra l'energia interna dei prodotti di reazione (energia interna dello stato finale, Ef) e l'energia interna dei reagenti (energia interna dello stato iniziale, Ei) DE = Ef Ei Non ci invece possibile misurare i valori assoluti di Ef ed Ei. In un sistema isolato DE = 0 e la reazione avviene per conversione interna di una forma di energia in un'altra (cinetica in potenziale, o viceversa). Nella maggior parte delle reazioni chimiche il sistema in grado di scambiare energia con l'ambiente, per cui DE 0. 19.3.1 Variazioni dell'energia interna E di un sistema chimico Durante una reazione chimica l'energia interna di un sistema pu variare essenzialmente poich avvengono scambi di calore q e/o di lavoro w con l'ambiente esterno. Determinare la variazione . DE di energia interna associata ad una reazione chimica significa misurare lentit del calore e del lavoro scambiati dal sistema con lambiente. Si tenga presente che i flussi di energia in uscita dal sistema, diminuendone lenergia interna, assumono valore negativo, mentre i flussi di energia in entrata nel sistema, aumentandone lenergia interna, assumono valore positivo.
Scambi di calore Quando un sistema assorbe calore la sua energia interna aumenta, mentre quando un sistema cede calore la sua energia interna diminuisce. Per questo motivo al calore assorbito dal sistema viene assegnato valore positivo, mentre al calore ceduto viene assegnato valore negativo.
A + B + q (calore) C + D A + B q (calore) C + D
La reazione esotermica pu ovviamente essere scritta anche riportando il calore di reazione con il segno positivo tra i prodotti di reazione A + B C + D + q (calore) reazione esotermica
Supponiamo ora per semplicit che una reazione avvenga solo con scambio di calore tra il sistema e l'ambiente. Potremo allora scrivere DE = q In assenza di lavoro, lo scambio di calore uguale alla variazione dell'energia interna del sistema In pratica il calore scambiato in una reazione isocora (e in assenza di qualsiasi altro lavoro oltre a quello di espansione) pu essere utilizzato come misura della variazione di energia interna di un sistema. Prendiamo ad esempio la reazione di combustione del glucosio a 25C ed 1 atm C6H12O6(s) + 6O2(g) 6CO2(g) + 6H2O(l) + 2808 kJ/mol che possiamo anche scrivere C6H12O6(g) + 6O2(g) - 2808 kJ/mol 6CO2(g) + 6H2O(l) a testimonianza del fatto che l'energia interna del sistema diminuita di 2808 kJ per ogni mole di glucosio bruciato. Tale energia stata completamente ceduta all'ambiente sotto forma di calore. Per tale reazione possiamo scrivere DE = q = 2808 kJ/mol In questo esempio il sistema ha scambiato solo calore con l'ambiente e per questo motivo la variazione di energia interna coincide con il calore scambiato, ma in generale durante le razioni chimiche un sistema pu eseguire un lavoro sull'ambiente o, viceversa, l'ambiente pu effettuare un lavoro sul sistema. Scambi di lavoro E' evidente che in questo caso l'energia interna del sistema varier di conseguenza. Se il sistema esegue un lavoro sull'ambiente lo fa a spese della sua energia interna che diminuisce, mentre se l'ambiente effettua un lavoro sul sistema l'energia interna di quest'ultimo deve aumentare. Per questo motivo al lavoro eseguito dal sistema viene assegnato valore negativo, mentre al lavoro subito dal sistema viene assegnato valore positivo. Se teniamo quindi conto sia degli scambi di calore che del lavoro compiuto, la variazione di energia interna assume la forma DE = q + w
Tale relazione esprime in modo completo il primo principio della termodinamica, affermando che la variazione di energia interna di un sistema dipende dal calore scambiato con l'ambiente e dal lavoro eseguito durante la trasformazione. Nella maggior parte delle reazioni chimiche il lavoro prodotto durante le trasformazioni legato alle variazioni di volume del sistema in seguito ad un cambiamento nel numero totale delle moli delle specie chimiche gassose. In questo caso il sistema libero di espandersi (se il numero di moli aumenta) eseguendo un lavoro sullambiente contro la pressione esterna (in genere la pressione atmosferica) o di contrarsi (se il numero di moli diminuisce) subendo un lavoro da parte dellambiente. Ora semplice dimostrare che il lavoro di espansione eseguito da un gas contro una pressione esterna costante P pari a wesp = P . DV mentre il lavoro di contrazione subito da un gas sottoposto alla pressione esterna costante P pari a wcont = + P . DV
dove DV la variazione di volume Infatti il lavoro dato dal prodotto di una forza F per lo spostamento Dx generato dalla medesima w = F . Dx ricordando tuttavia che la Pressione il rapporto tra una forza F e la superficie di area A sulla quale essa agisce P = F/A e quindi F = P.A, potremo scrivere w = P . A . Dx = P . DV
DV =
Dn R T P
w = P DV = Dn R T
Usando per la costante dei gas il valore R = 8,314 joule.
J , si ottiene direttamente il lavoro espresso in mol K
Il sistema compie lavoro ( w negativo, l'energia interna diminuisce) Se durante la reazione il numero complessivo delle moli gassose aumenta il sistema si espande utilizzando parte della sua energia interna per eseguire un lavoro, in genere contro l'atmosfera sovrastante. Il lavoro eseguito va a diminuire l'energia interna del sistema. Prendiamo ad esempio in considerazione la reazione a 25C e 1 atm Zn(s) + 2HCl(aq) ZnCl2(aq) + H2(g) + 153,89 kJ La reazione libera 153,89 kJ sotto forma di calore ceduto all'ambiente, per cui l'energia interna del sistema diminuir di conseguenza e potremo scrivere q = 153,89 kJ Durante la reazione si forma per una mole di idrogeno gassoso. Il sistema si espande compiendo un lavoro contro il peso dell'atmosfera sovrastante.
Calcoliamo allora il lavoro eseguito dal sistema durante l'espansione di 1 mole di idrogeno a 25C e 1 atm
Possiamo allora affermare che non tutta l'energia ceduta dal sistema stata dissipata come calore. Parte di essa stata utilizzata dal sistema per eseguire un lavoro sull'ambiente pari a 2,48 kJ. Per questo
motivo l'energia interna del sistema dovr diminuir dello stesso valore e di conseguenza potremo scrivere w = 2,48 kJ La variazione complessiva dell'energia interna, tenendo conto sia del calore ceduto che del lavoro eseguito sar allora pari a DE = q + w = ( 153,89 kJ ) + ( 2,48 kJ ) = 156,37 kJ La diminuzione di energia interna risulta quindi in tal caso leggermente superiore alla cessione di calore, a causa del lavoro di espansione del sistema. L'ambiente compie lavoro sul sistema ( w positivo, l'energia interna aumenta) Se durante la reazione il numero complessivo delle moli gassose diminuisce il sistema si contrae, subendo un lavoro di compressione, in genere da parte dell'atmosfera sovrastante. Il lavoro eseguito dall'ambiente va ad aumentare l'energia interna del sistema. Prendiamo ad esempio in considerazione la reazione a 25C e 1 atm 3H2(g) + N2(g) 2NH3(g) + 92,22 kJ La reazione avviene dunque con cessione all'ambiente di 92,22 kJ. Scriveremo q = 92,22 kJ Durante la reazione il volume del sistema si ridotto da quello occupato dalle 4 moli dei reagenti gassosi, alle 2 moli del prodotto di reazione.
Calcoliamo allora il lavoro subito dal sistema durante la contrazione alla pressione di 1 atmosfera
w = + 4,95 kJ La variazione complessiva dell'energia interna, tenendo conto sia del calore ceduto che del lavoro eseguito sar allora pari a DE = q + w = ( 92,22 kJ ) + ( + 4,95 kJ ) = 87,37 kJ La diminuzione di energia interna quindi inferiore alla cessione di calore, in quanto la contrazione del sistema ha prodotto un leggero aumento di energia nel sistema. Le reazioni che avvengono con diminuzione dell'energia interna di un sistema sono dette esoergoniche (DE < 0). Le reazioni che avvengono con aumento dell'energia interna di un sistema sono dette endoergoniche (DE > 0).
19.4 Entalpia (H) e termochimica
Dagli esempi visti finora sulle interazioni che avvengono tra i sistemi chimici ed il loro intorno si potuto osservare come gli scambi energetici pi consistenti (quelli che incidono in misura maggiore sulla variazione dell'energia interna del sistema) sono quelli legati allo scambio di calore q tra il sistema ed il suo intorno. Gli scambi di energia legati al lavoro compiuto sono in genere di minor entit e sono prevalentemente legati al lavoro di espansione o di contrazione del sistema (variazioni del volume DV). Ci dovuto al fatto che la maggior parte delle reazioni chimiche viene condotta a pressione atmosferica, lasciando che il sistema vari liberamente il proprio volume alla pressione costante di 1 atm (pressione atmosferica) in relazione al numero di moli gassose presenti all'equilibrio. Se ad esempio facciamo avvenire la reazione precedente di sintesi dell'ammoniaca in un contenitore chiuso, in cui il volume sia costante, il sistema non subisce lavoro da parte dell'ambiente. La variazione di energia interna la stessa (lenergia interna infatti una funzione di stato), ma mentre in precedenza il sistema dissipava sotto forma di calore anche il lavoro di contrazione subito dall'ambiente, ora dissipa solo l'energia proveniente dalla riorganizzazione dei legami chimici. DE = q + w = ( 87,37 kJ ) + ( 0 ) = 87,37 kJ E' dunque fondamentale specificare se il calore di reazione (calore assorbito o ceduto durante la reazione) viene misurato a pressione costante qp o a volume costante qv. In altre parole il calore di reazione a volume costante qv una misura della variazione dellenergia interna del sistema (essendo w = 0) DE = qv Tuttavia, come si gi detto, la maggior parte delle reazioni chimiche avviene a pressione costante, con il sistema, sottoposto alla pressione atmosferica, che risulta libero di variare il suo volume in funzione delleventuale variazione del numero di moli gassose che avviene durante la reazione A questo proposito di particolare interesse pratico l'entalpia (H), una funzione di stato il cui utilizzo risulta conveniente nel caso di reazioni isobare (a pressione costante) e poich i processi isobari sono estremamente frequenti, il concetto di entalpia di comune utilizzo.
L'entalpia non una funzione di stato che discende, come l'energia interna, da considerazioni di tipo logico relativamente agli scambi energetici di un sistema, ma una funzione di stato definita arbitrariamente e costruita secondo la seguente relazione H = E + P.V Consideriamo un sistema costituito da un liquido in presenza del suo vapore, contenuto in un cilindro chiuso da un pistone mobile a contatto con latmosfera. Se forniamo al sistema una quantit di calore qp evapora liquido, aumenta il volume e il sistema compie il lavoro w = P (V2 V1) sullesterno. Quindi il primo principio pu essere scritto nel modo seguente DE = E2 E1 = qp + w = qp P(V2 V1) quindi, riordinando (E2 + PV2) (E1 + PV1 ) = qp e dunque H2 H1 = DH = qp Si introduce pertanto la nuova funzione di stato Entalpia H, la cui variazione DH pari al calore di reazione qp misurato a pressione costante. Ci significa che la misura del calore di reazione effettuata a pressione costante permette di ottenere direttamente le variazioni di entalpia. In pratica si usa misurare il calore di reazione a pressione costante e a volume costante per ottenere rispettivamente una misura di DH e DE. In definitiva per reazioni a pressione costante per reazioni a volume costante DH = qp DE = qv
Anche per l'entalpia non possibile calcolare un valore assoluto, ma solo le sue variazioni (DH) Essendo una funzione di stato la variazione di entalpia non dipende dal percorso seguito durante la trasformazione, ma solo dagli stati estremi. Cos potremo scrivere
DH = Hfinale Hiniziale Ci significa che la misura del calore di reazione effettuata a pressione costante permette di ottenere direttamente le variazioni di entalpia. Naturalmente le reazioni che cedono calore all'ambiente presentano un DH negativo e sono dette esotermiche, mentre le reazioni che assorbono calore presentano un DH positivo e sono dette endotermiche reazioni esotermiche reazioni endotermiche DH < 0 DH > 0
Per questo motivo spesso si sente affermare che l'entalpia il contenuto termico o calorico di un sistema (il termine stesso deriva dal greco en - q alpoV = calore interno). Tale affermazione non tuttavia corretta. Il calore non pu infatti essere inteso come un'entit posseduta da un corpo (come avviene per l'energia interna o l'energia cinetica), in quanto esso misurabile solo all'atto dello scambio tra due corpi a diversa temperatura. L'entalpia a pressione costante una funzione di stato molto utilizzata in chimica, poich permette di tener conto degli scambi termici che avvengono durante le reazioni (calori di reazione). Naturalmente la variazione di entalpia associata ad una reazione (calore scambiato a pressione costante), essendo l'entalpia una funzione di stato, dipende dai valori assunti dalle variabili di stato (P, V, T). Allo scopo di standardizzare i dati si perci convenuto di misurare il calore scambiato alla pressione costante di 1 atmosfera e alla temperatura di 25C. Le variazioni di entalpia misurate in tali condizioni sono dette standard ed indicate come DH. Inoltre, poich non possibile assegnare un valore assoluto all'entalpia dei diversi composti chimici in condizioni standard ( 1 atm e 25C), si convenuto di prendere come stato entalpico di riferimento, assegnando loro H = 0, gli elementi chimici nel loro stato standard. In tal modo la variazione di entalpia che intercorre nella reazione di sintesi di un composto a partire dai suoi elementi costituenti pu essere convenzionalmente assunta come entalpia di formazione del composto stesso. Sia ad esempio la reazione di sintesi dell'acqua (a pressione atmosferica) a partire dagli elementi costituenti nel loro stato standard 2H2(g) + O2(g) 2H2O(l) + 571,66 kJ La reazione esotermica qp = 571,66 kJ ed avvenendo a pressione costante DH = qp = 571,66 kJ Ma la variazione di entalpia pari a DH = Hfinale - Hiniziale = Hacqua - (Hidrogeno + Hossigeno)
essendo convenzionalmente l'entalpia standard degli elementi pari a zero, avremo (H idrogeno + H ossigeno) = 0 e quindi, l'entalpia di formazione di 2 moli di acqua sar pari a DH = Hacqua - (H idrogeno + H ossigeno) = Hacqua - 0 = Hacqua = 571,66 kJ Naturalmente il valore per mole sar pari a
o DH H 2O = -241,66 kJ mol
Le entalpie di formazione standard di molti composti si trovano tabulate assieme ai DH di combustione, ai DH di fusione, ai DH di evaporazione etc. I valori di entalpia tabulati per i diversi composti possono essere utilizzati per calcolare i calori di reazione di trasformazioni chimiche anche molto complesse. Le regole di combinazione delle entalpie dei vari composti nelle trasformazioni chimiche sono dettate dalle due leggi della termochimica: la legge di Lavoisier-Laplace e la legge di Hess . 19.4.1 Legge di Lavoisier-Laplace (1780) Il calore richiesto per decomporre una sostanza uguale al calore sviluppato durante il processo di formazione. Possiamo riformulare in termini moderni l'enunciato di tale legge, affermando che se si inverte il verso di una reazione chimica sufficiente invertire il segno del DH, mantenendone inalterato il valore assoluto. Prendiamo ad esempio la reazione di decomposizione dell'ammoniaca a 25C 2NH3(g) N2(g) + 3H2(g) DH = + 92,22 kJ
Per la legge di Lavoisier-Laplace possiamo prevedere che la reazione opposta, di sintesi, presenti una variazione di entalpia uguale e contraria N2(g) + 3H2(g) 2NH3(g) DH = 92,22 kJ
19.4.2 Legge di Hess (1840) La somma algebrica dei calori prodotti o assorbiti durante un processo chimico a pi stadi uguale al calore prodotto o assorbito nel caso la stessa reazione avvenga attraverso uno stadio unico. In termini moderni la legge di Hess afferma che il DH di una reazione pu essere ottenuto mediante somma algebrica dei DH dei singoli stadi in cui si pu eventualmente suddividere la reazione stessa. Supponiamo ad esempio che la reazione A B possa essere suddivisa nei seguenti stadi A X Y Z B possiamo allora rappresentare le relative variazioni di entalpia attraverso il seguente grafico
Energia
X D H ax A D H xy Y D H ab DH Z
yz
DH
zb
tempo
DH ab = DH ax + DH xy + DH yz + DH zb
Naturalmente entrambe le leggi della termochimica sono una diretta conseguenza del fatto che l'entalpia una funzione di stato e i valori che essa assume negli stati iniziale e finale sono indipendenti dal percorso effettuato. Applicando le leggi della termochimica possibile calcolare valori di DH non tabulati e calori di reazione che non possono essere misurati sperimentalmente.
Esempio 1 Vogliamo calcolare il DH di formazione del glucosio, sapendo che il suo DH di combustione pari a - 2808 kJ/mol e che il DH di formazione dell'anidride carbonica gassosa e dell'acqua liquida sono rispettivamente -393,51 kJ/mol e -285,83 kJ/mol. Il problema chiede di calcolare la variazione di entalpia della reazione di sintesi del glucosio a partire dagli elementi che lo costituiscono 6C + 6H2 + 3O2 C6H12O6 Conosciamo il DH di combustione del glucosio C6H1206 + 6O2 6H2O + 6CO2 DH = 2808 kJ/mol
Per la legge di Lavoisier-Laplace il DH della reazione inversa vale 1) 6H2O + 6CO2 C6H1206 + 6O2 DH1 = + 2808 kJ/mol
Conosciamo inoltre i DH di formazione dell'anidride carbonica e dell'acqua. Per 6 molecole possiamo scrivere 2) 3) 6C + 6O2 6CO2 6H2 + 3O2 6H2O DH2 = DH3 = 393,51 kJ/mol . 6moli = 2361,06 kJ 285,83 kJ/mol . 6moli = 1714,98 kJ
Osserviamo ora come sommando, membro a membro, le reazioni 1), 2) e 3) si possa ottenere la reazione di formazione del glucosio dai suoi elementi, di cui vogliamo calcolare l'entalpia 6H2O + 6CO2 6C + 6O2 6H2 + 3O2 C6H12O6 + 6O2 + 6CO2 6H2O
+ =
6C + 3O2 + 6 H 2 C6 H12O6
Poich dunque la reazione 4) si pu ottenere come somma delle tre reazioni parziali precedenti, applicando la legge di Hess, possiamo calcolare il suo DH come somma dei tre DH parziali. DH4 DH4 = = DH1 + DH2 + DH3
Esempio 2 La determinazione sperimentale del DH di formazione dell'ossido di carbonio dagli elementi estremamente difficoltosa, in quanto, oltre all'ossido di carbonio si forma sempre una certa quantit di anidride carbonica. Il DH pu essere comunque calcolato per via teorica, applicando le leggi della termochimica. La reazione di cui si vuole calcolare il DH la seguente 1) 2C + O2 2CO DH1 = ?
Tale reazione non si produce per mai da sola, poich parte dell'ossido di carbonio reagisce con l'ossigeno per dare anidride carbonica, secondo la reazione 2) 2CO + O2 2CO2 DH2 = 566,0 kJ
della quale possiamo misurare sperimentalmente il DH, ottenendo la completa ossidazione, mediante combustione del carbonio con un eccesso di ossigeno. Osserviamo ora che la reazione 3) pu essere ottenuta come somma delle prime due 2C 2CO 2C + O2 + O2 2CO 2CO2 2CO2 + =
+ 2O2
Naturalmente bisogner tener conto che il della reazione 3) dovr essere moltiplicato per 2 per rendere omogeneo il numero di moli con le reazioni 1) e 2). Potremo allora scrivere DH1 + DH2 = DH3 e quindi DH1 = DH3 - DH2 DH1 = ( 787,0 kJ) ( 566,0 kJ) = 221,0 kJ Il DH di formazione dell'ossido di carbonio (per mole di CO) a partire dagli elementi costitutivi sar allora pari a DH = 110,5 kJ/mol Esempio 3 In generale per calcolare il DH di una reazione chimica sufficiente sottrarre alla somma delle entalpie dei prodotti, la somma delle entalpie dei reagenti. Si voglia ad esempio calcolare il DH della seguente reazione CaCO3(s) + 2HCl(aq) CaCl2(s) +H2O(l) + CO2(g)
sapendo che le entalpie di formazione (valori tabulati) delle diverse specie chimiche sono
CaCO3(s) HCl(aq) CaCl2(s) H2O(l) CO2(g) il DH della reazione sar allora pari a DH =
DH DH DH DH
DH = 1206,9 kJ/mol = 167,2 kJ/mol = 795,8 kJ/mol = 285,8 kJ/mol = 393,5 kJ/mol
66,2 kJ
Le variazioni energetiche (DE o DH) che accompagnano una reazione chimica completano la descrizione che noi possiamo dare di una trasformazione e, nella maggior parte dei casi, forniscono delle indicazioni di massima sul verso naturale della reazione, in quanto la maggior parte delle reazioni esotermiche (ed esoergoniche) risulta spontanea. D'altra parte esistono numerose eccezioni a questo assunto e non tutte le reazioni che presentano un DH (o un DE) negativo risultano poi spontanee. Diventa perci necessario individuare un criterio di spontaneit che ci permetta di prevedere il verso delle reazioni in modo esauriente e generale. Inoltre la maggior parte delle reazioni non avviene in modo completo, ma si assesta in uno stato di equilibrio in cui vi la presenza di una miscela di reagenti e prodotti di reazione in rapporti determinati e calcolabili sulla base dei valori delle costanti di equilibrio. Dovremo pertanto stabilire un criterio di spontaneit in grado di descrivere non solo il verso naturale di una trasformazione, ma anche di giustificare perch un sistema tende in certe condizioni a raggiungere spontaneamente un punto di equilibrio piuttosto che un altro. Il criterio generale che permette di prevedere il verso spontaneo di qualsiasi trasformazione, fisica o chimica che sia, e di descrivere la tendenza dei sistemi verso particolari condizioni di equilibrio discende dal secondo principio della termodinamica. Vi sono diversi modi equivalenti con cui possibile definire il secondo principio. Uno di questi ci permette di individuare contemporaneamente anche un criterio generale di spontaneit delle trasformazioni: il grado di disordine dell'universo pu solo aumentare ed una trasformazione spontanea sempre accompagnata da un aumento del disordine complessivo dell'universo. Possiamo dunque prevedere che un sistema non si trovi in equilibrio fino a quando possa modificare il suo stato verso condizioni di maggior disordine complessivo. Esso evolver spontaneamente verso stati maggiormente disordinati e le condizioni di equilibrio saranno invece caratterizzate da condizioni di massimo disordine. E' a questo punto evidente che per effettuare delle previsioni relativamente al verso spontaneo delle trasformazioni e al raggiungimento di condizioni di equilibrio, dobbiamo essere in grado di quantificare e misurare il disordine di un sistema. La funzione di stato in grado di misurare il disordine di un sistema l'entropia. Per l'entropia (S) di un sistema, a differenza di quanto avviene per le altre funzioni di stato, possibile calcolare dei valori assoluti. Il terzo principio della termodinamica afferma infatti che l'entropia nulla per gli elementi chimici nella loro forma cristallina allo zero assoluto (0 K). Il calcolo dell'entropia pu essere effettuato utilizzando la relazione di Clausius
S=
dove DQ = calore scambiato dal sistema T = temperatura assoluta
DQ T
S = k log e n
dove k = costante di Boltzmann (R/N) = 1,38.10-23 J/ K n = numero di diverse combinazioni di microstati in grado di dare lo stesso macrostato Nella pratica le misure sperimentali di entropia si eseguono misurando le capacit termiche delle sostanze chimiche a temperature vicine allo zero assoluto (si misura cio la quantit di calore assorbito per aumentare di 1 grado la temperatura per T 0). L'entropia si misura in J/ K (Joule su Kelvin). Le misure sperimentali di entropia per gli elementi allo stato puro a temperature vicine allo zero assoluto forniscono buone conferme del terzo principio della termodinamica (principio di Nernst), confermando che l'entropia di tali solidi cristallini in queste condizioni tende a zero. I solidi elementari sono infatti formati da atomi tutti identici ed allo zero assoluto essi occupano in modo rigido delle posizioni perfettamente definite all'interno del reticolo cristallino. In queste condizioni il sistema perfettamente ordinato e vi un'unica configurazione possibile delle particelle che lo costituiscono. Applicando la relazione di Boltzmann, poich n = 1, S = k . ln 1 = 0
Le misure sperimentali di entropia per i composti a temperature vicine allo zero assoluto forniscono invece valori di entropia superiori allo zero. Ad esempio l'entropia di 1 mole di ossido di carbonio CO a temperature tendenti a 0 K pari a 4,6 J/K. Nel caso di composti chimici infatti le molecole sono composti da atomi differenti. Nel caso dell'ossido di carbonio possiamo ad esempio supporre che le molecole di CO possano disporsi nel reticolo secondo due orientazioni distinte (CO e OC). Se il solido fosse composto da due sole molecole esse potrebbero dar luogo a 22 = 4 combinazioni diverse. In tal caso n = 4 CO CO CO OC OC CO OC OC
Se il solido fosse composto da tre molecole esse potrebbero dar luogo a 23 = 8 combinazioni diverse. Nel caso in questione, prendendo in considerazione una mole di CO e quindi 6,022.1023 molecole, il numero di possibili combinazioni
23 n = 2 (6,02210 )
Man mano che una sostanza viene riscaldata aumenta il suo disordine interno e quindi anche la sua entropia. Anche per l'entropia stato fissato uno stato standard che, in analogia a quanto convenuto per l'energia interna e per l'entalpia, definito come l'entropia di una mole di sostanza a 25C e 1 atm (S). In pratica l'entropia molare standard di ogni sostanza viene calcolata misurando il calore assorbito da una mole di sostanza alle varie temperature fino ad arrivare a 298 K e sommando poi i diversi apporti calorici da 0 K a 298 K. Una volta note le entropie standard delle diverse sostanze chimiche possibile calcolare la variazione di entropia associata ad una reazione chimica come DS = SSprodotti - SSreagenti Ad esempio nella reazione N2 + 3H2 2NH3 la variazione di entropia della trasformazione pari a DH = - 92,22 kJ
DSambiente = -
DH T
In altre parole possibile calcolare la variazione di entropia dell'ambiente sulla base delle variazioni di entalpia del sistema.
Il criterio generale di spontaneit di una trasformazione potr allora essere espresso come DStotale = DSsistema Comunemente tale relazione viene riscritta nella forma
DH >0 T
DG = DH - T DS sistema < 0
Risulta pertanto spontanea una reazione per la quale la variazione totale di entropia positiva o, utilizzando la funzione di stato G, per la quale risulti negativa la variazione di energia libera. Applicando tale definizione alla reazione di sintesi dell'ammoniaca possiamo calcolare le variazioni di entropia totale e di energia libera e verificare che la reazione risulta spontanea. DStotale = DH (- 92.220 J ) + (- 198,75 J/K ) = 309,46 - 198,75 = +110,71J/K + DSambiente = 298 K T
Come si pu osservare, nonostante la trasformazione produca una diminuzione dell'entropia del sistema (-198,75 J/K) lasciandolo pi ordinato, il calore ceduto all'ambiente durante la reazione aumenta l'entropia dell'ambiente stesso (+ 309,46 J/K) in misura talmente sensibile che l'entropia totale dell'universo (sistema + ambiente) destinata ad aumentare ( + 110,71 J/K) durante la reazione. Il calcolo della variazione dell'energia libera ci fornisce naturalmente un valore negativo, confermandoci che la reazione spontanea
o DG o = DH o - T DSsist = (- 92,22kJ ) - 298K - 0,19875 kJ
Naturalmente anche per l'energia libera stato definito uno stato standard. Si definisce Energia libera molare standard (DG) di formazione di un composto la variazione di energia libera a 25C ed 1 atm associata alla formazione di una mole del composto a partire dagli elementi semplici. Convenzionalmente si pone (in analogia con quanto visto per l'Entalpia) pari a zero l'Energia libera degli elementi nel loro stato standard. I valori dei DG sono tabulati ed naturalmente possibile utilizzarli per calcolare la variazione di energia libera associata a qualsiasi reazione, attraverso la seguente relazione DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) Si voglia ad esempio calcolare la variazione di Energia libera standard della seguente reazione CaCO3(s) CaO(s) + CO2(g)
sapendo che i DG di formazione dei diversi composti sono DG DG DG CaCO3(s) CaO(s) CO2(g) = -1128,8 kJ/mol = - 604,03 kJ/mol = - 394,36 kJ/mol
DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = [(- 604,03) + (- 394,36)] - (- 1128,8) = + 130,41 kJ Essendo il DG > 0 la reazione non spontanea. E' naturalmente spontanea la reazione opposta. Si pu dimostrare che lenergia libera una misura della massima quantit di lavoro non legato allespansione che pu eseguire un sistema, detto anche lavoro utile. Questo il motivo per il quale lenergia di Gibbs detta energia libera (anche se oggi si preferisce chiamarla energia di Gibbs).
L'equazione di Gibbs per il calcolo dell'Energia libera formata da un termine energetico (DH) e da un termine entropico (TDS) che possono influire in modo diverso sulle variazioni di Energia libera del sistema.
DG = DH - T DS sistema
Possiamo prendere in considerazioni 4 casi 1) Reazioni esotermiche (D H < 0) con D S > 0 (aumento Entropia) Si tratta di reazioni sicuramente spontanee. E' infatti facile verificare che in tal caso la variazione del DG non pu essere che negativa. 2) Reazioni endotermiche (D H > 0) con D S < 0 (diminuzione Entropia) Si tratta di reazioni sicuramente non spontanee. E' infatti facile verificare che in tal caso la variazione del DG non pu essere che positiva. 3) Reazioni esotermiche (D H < 0) con D S < 0 (diminuzione Entropia) In tal caso il termine energetico e quello entropico si muovono in direzioni opposte. Il termine energetico (DH) tende a rendere spontanea la reazione, quello entropico (DS) tende a contrastarla. E' evidente che in questo caso necessario verificare quale dei due termini prevale sull'altro. In generale il termine energetico risulta maggiore, a 25C, rispetto al termine entropico, per cui la maggior parte di queste reazioni risulta spontanea a temperatura ambiente. La spontaneit di tali reazioni tende invece ad annullarsi ad elevate temperature, in quanto il termine entropico diventa pi importante, dovendo essere moltiplicato per T. La sintesi dell'ammoniaca un esempio di questo tipo di reazioni. 4) Reazioni endotermiche (D H > 0) con D S > 0 (aumento Entropia) Anche in tal caso il termine energetico e quello entropico si muovono in direzioni opposte. Il termine entropico (DS) tende a rendere spontanea la reazione, quello energetico (DH) tende a contrastarla. Anche in questo caso necessario verificare quale dei due termini prevale sull'altro. In generale il
termine energetico risulta maggiore, a 25C, per cui la maggior parte di queste reazioni non risulta spontanea a temperatura ambiente. Tali reazioni tendono invece a divenire spontanee ad elevate temperature, in quanto il termine entropico, che in questo caso presenta un effetto positivo sulla spontaneit, diventa pi importante ad elevate temperature, dovendo essere moltiplicato per T. Tipici esempi di tali reazioni sono i processi di solubilizzazione (endotermici) di molti soluti solidi. Ad esempio la reazione di solubilizzazione del nitrato di ammonio (NH4NO3) fortemente endotermica (DH = + 28,05 kJ) tanto che quando viene messo in acqua il recipiente si raffredda vistosamente. Ciononostante la reazione risulta spontanea a 25C in quanto le soluzioni risultano molto pi disordinate rispetto ai soluti solidi dai quali derivano. In questo caso particolare l'aumento di entropia pari a DS = +108,72 J/K. La variazione di energia libera della reazione NH4NO3 NH4+ + NO3 pertanto pari a o DG o = DH o - T DSsist = (+ 28,05kJ ) - 298 K + 0,10872 kJ
Abbiamo visto come un sistema tenda ad evolvere spontaneamente verso uno stato che presenta un DG < 0, mentre un DG > 0 implica una trasformazione non spontanea. allora evidente come un DG = 0 sia associabile ad una situazione di equilibrio in cui il sistema non manifesta alcuna tendenza a subire trasformazioni. In altre parole il sistema non pu pi compiere lavoro utile. 19.7.1 Transizioni di fase: Regola di Trouton Calcoliamo la variazione di Energia libera per il processo di solidificazione dell'acqua a 0C H2O(l) H2O(s) sapendo che l'entropia dell'acqua e del ghiaccio a 0C sono rispettivamente pari a 65,2 JK-1mol-1 e 43,3 JK-1mol-1 (i liquidi sono pi disordinati dei solidi) e che il processo esotermico (DH = - 6,00 kJ/mol), poich durante la solidificazione viene rilasciato il calore latente. La variazione di Entropia durante il processo di solidificazione sar pari a DS = 65,2 - 43,2 = 22,0 J/K La variazione di Energia libera sar DG = DH - T DS sist = (- 6,0kJ ) - 273K + 0,022 kJ
)] = (+ 6,0kJ ) - (+ 6,0kJ ) = 0
Ci significa che l'aumento di disordine dell'ambiente che si produce durante il processo di congelamento (a causa della dissipazione di calore) viene esattamente controbilanciato dall'aumento di ordine del sistema. In altre parole a 0C il sistema non presenta alcuna tendenza, n verso la fase solida, n verso la fase liquida. L'indifferenza del sistema si traduce in uno stato di equilibrio tra liquido e solido. In effetti ci esattamente quello che accade. A 0C l'acqua non ghiaccia, ma vi equilibrio tra la fase liquida e la fase solida.
Possiamo dunque affermare che in generale un sistema raggiunge uno stato di equilibrio quando la variazione di Energia libera si annulla. In questo stato l'entropia dell'universo rimane costante ed il sistema non evolve spontaneamente in alcuna direzione. Uninteressante applicazione si ha nel caso di un passaggio di stato liquido-aeriforme, in cui il liquido in equilibrio con il proprio vapore. Si avr allora
DG = DH vap - Teb DS vao = 0
da cui si ricava la regola di Trouton, che permette di stimare in modo approssimato lentalpia di evaporazione di un liquido, conoscendo la sua temperatura di ebollizione
DH vap = Teb DS vao = Teb 88 J K-1 mol-1
Il significato della regola di Trouton che quando i liquidi evaporano si produce una quantit di disordine, ovvero entropia, che pressappoco la stessa per le diverse sostanze. La relazione fornisce valori attendibili per liquidi non associati, di massa molecolare intorno a 100 e con temperatura di ebollizione non troppo alta. Tuttavia se le molecole del liquido sono ordinate in un modo particolare, come per esempio nel caso di acqua od etanolo in cui sono presenti nel liquido forti legami a idrogeno intermolecolari, allora lentropia di evaporazione risulta superiore a quanto prevede la regola di Trouton, come risulta dalla seguente tabella di valori sperimentali.
Entropie di evaporazione
Sostanza
Tb (K)
Acido solfidrico Cicloesano Benzene Toluene Stirene Naftalene Piridina Diclorometano Cloroformio Carbonio tetracloruro Tricloroetilene Etere etilico Acetone Acetonitrile Etanolo Anilina Metilamina Acqua
213 354 353 384 418 491 389 313 335 350 360 307 329 355 352 458 267 273
19.7.2 Transizioni di fase: Equazione di Clausius-Clapeyron Per un generico passaggio di stato o di fase di un sistema costituito da una unica specie chimica, nel quale cio le due fasi hanno uguale composizione e sono in reciproco equilibrio, vale lequazione di Clapeyron (ottenuta eguagliando le energie libere di ciascuna fase).
Introducendo per semplicit lapprossimazione che DHfus e DV siano, entro certi limiti, indipendenti dalla temperatura, integrando si ottiene DH fus P= ln T + k DV Sottraendo membro a membro la relazione per due diverse temperature T1 e T2 si arriva allequazione approssimata della curva di coesistenza solido-liquido: P1 - P2 = DH fus DV ln T1 T2
Se invece integriamo la relazione di Clapeyron espressa in funzione della variazione di entropia otteniamo DS fus P= T + k DV Una retta di pendenza DS/DV. Poich sia lentalpia che lentropia di fusione sono positive (durante il processo di fusione il sistema assorbe il calore latente (DH>0) e diventa pi disordinato(DS>0)), la pendenza della curva solido-liquido dipende dal segno di V. La maggior parte delle sostanze ha una pendenza positiva della curva di fusione (allaumentare della pressione la temperatura di fusione aumenta) in quanto la fase liquida presenta un volume maggiore della fase solida (V = Vliquido Vsolido > 0). Lacqua una nota eccezione, poich V < 0 (il ghiaccio meno denso e quindi pi voluminoso dellacqua liquida)
Esempio Valutare la variazione di pressione necessaria per abbassare di 1 C il punto di fusione del ghiaccio, sapendo che la -3 -3 densit dellacqua pari a 0.9998 g cm e quella del ghiaccio pari a 0.917 g cm , assumendo che il valore del Hfus -1 sia indipendente dalla pressione e sia pari 6.0095 kJ mol . -1 Calcoliamo il volume occupato da una mole di acqua (peso molare = 18,015 g mol ) liquida e solida ed il relativo V V (ghiaccio) =
18.015 0.917
= 19.6456 cm mol
-1
= 19.6456 10
-6
m mol ,
-1
V(acqua) =
18.0186 10
-6 3
-6
m mol
-1
m mol
-1
Sostituiamo ora i valori nella equazione di Clapeyron e ricordando che 1 atm = 101325 Pa
P1 = P2 +
DH fus DV
ln
Il movimento dei ghiacciai contro ostacoli rocciosi attribuito in parte a questo abbassamento del punto di fusione indotto dalla forte pressione esercitata dalla massa di ghiaccio contro la roccia.
b) Se una delle due fasi gassosa e quindi nel caso di equilibrio fase condensata-fase gassosa, si possono fare le seguenti approssimazioni: si ammette che il volume occupato da una mole della specie chimica allo stato liquido o solido sia trascurabile rispetto a quello occupato dalla stessa mole di vapore. si ammette che il vapore abbia comportamento ideale e si applica ad esso lequazione di stato del gas ideale In base a queste approssimazioni, essendo
DV = Vvap - Vcond Vvap
e
Vvap = nRT P
lequazione di Clapeyron per il passaggio di fase di 1 mole in cui una delle fasi un gas si presenta nella forma seguente, nota come equazione di Clausius-Clapeyron dP P DH evap = dT RT 2 che, integrata, diventa DH evap 1 +k R T e trasformando il logaritmo neperiano in un logaritmo in base 10 (coefficiente di conversione 2,3), l'equazione di Clausius-Clapeyron diventa ln P = -
log10 P = -
DH evap 1 +k 2,3 R T
ponendo poi la costante di integrazione pari a k = ln(A), lequazione di Clausius-Clapeyron pu essere scritta nella seguente forma esponenziale
P = Ae
DH evap RT
P = Ae
DH subl RT
con A che dipende dalla natura della specie chimica, in cui si osserva che la tensione di vapore di un liquido cresce esponenzialmente con la temperatura T
Nei diagrammi di fase le curve della tensione di vapore del liquido e del solido sono calcolabili attraverso lequazione di Clausius-Clapeyron
Sottraendo membro a membro lequazione di Clausius-Clapeyron per due diverse temperature T1 e T2 si ottiene lequazione di Clausius-Clapeyron in una forma che lega le tensioni di vapor saturo di un liquido o di un solido (sublimazione) a due diverse temperature
o p1 DH evap 1 1 - ln = p2 R T2 T1 o p1 DH subl = ln p2 R
1 1 - T2 T1
Questa relazione si pu usare per prevedere la pressione di vapore ad una data temperatura conoscendo DH ed una pressione di riferimento.
Esempio Calcolare la pressione di vapore del toluene a 20C sapendo che la temperatura di ebollizione 110.6 C e che lentalpia di -1 evaporazione 35.2 kJ mol . Alla temperatura di ebollizione di 110.6 + 273.15 = 383.75K la pressione di vapore per definizione 760 mmHg. Quindi
DH evap P1 = P2 exp R
= 25 mm Hg
Inoltre lequazione di Clausius-Clapeyron pu essere utilizzata per ricavare il DH da valori noti di pressione e temperatura.
Esempio Ricavare lentalpia di evaporazione del benzene dai dati seguenti: P1 (a 70 C) = 547.4 mm Hg; P2 (a 80 C) = 753.6 mm Hg
DH evap
************
Diagrammando i valori del logaritmo naturale della pressione in funzione del reciproco della temperatura si ottengono rette di pendenza -DH .
19.7.3 Equazione di Clausius-Clapeyron e Legge di Henry Combinando lequazione di Clausius-Clapeyron con la Legge di Henry possibile correlare la solubilit S dei gas alla Temperatura e allentalpia di solubilizzazione DHsol
o S1 DH sol 1 1 ln = - S2 R T2 T1
Esempio Calcolare la solubilit dellOssigeno atmosferico in acqua a 10C sapendo che la costante di Henry a 25C vale -3 -1 -1 KH=1,2810 mol L atm , lentalpia standard di solubilizzazione vale DHsol = -14,6 kJ mol-1 e la frazione molare dellossigeno atmosferico pari a 0,21. La pressione parziale dellossigeno atmosferico
S10
1 1 T25 T10
*********** La medesima relazione pu essere scritta sostituendo alle solubilit i valori della costante di Henry a due diverse temperature
o 1 K H DH sol 1 1 ln 2 = - KH R T2 T1
Esempio -4 -1 Calcolare la costante di Henry dellAzoto in acqua a 30C sapendo che il suo valore a 25C pari K H=6,510 mol L -1 -1 atm e lentalpia standard di solubilizzazione vale DHsol = -12,45 kJ mol .
30 KH
DH sol 1 1 K = K exp R T25 T30 -12.450 1 1 -4 = 6,5 10-4 exp 298,15 - 303,15 = 6, 0 10 8,3145 30 H 25 H
19.7.4 Equazione di Clausius-Clapeyron e Legge di Raoult infine possibile combinare lequazione di Clausius-Clapeyron con la Legge di Raoult per soluti poco volatili ed ottenere una dipendenza dei DT crioscopici ed ebullioscopici dalla concentrazione. Se infatti consideriamo la tensione di vapore di una soluzione che contenga un soluto poco volatile e la tensione di vapore del solvente puro in relazione alle rispettive temperature di solidificazione, possiamo scrivere
o psoluz DH fus = ln psolv R
dove compare lentalpia di fusione (DHfus = calore latente del passaggio di stato). Ricordando che per la legge di Roult, essendo il soluto poco volatile (psoluto 0), avremo
e dunque
c solv =
Lequazione di Clausius-Clapeyron diventa
psoluz psolv
ln c solv
Esempio 33,07 g di saccarosio sono disciolti in 85,27 g di acqua. La soluzione congela a -2,02C. Calcolare il Peso molare del -1 saccarosio, sapendo che lentalpia di fusione dellacqua 6,01 kJ mol Sapendo che lacqua congela a 273,15K e che la soluzione di saccarosio congela a 273,15-2,02=271,13K, possiamo calcolare la frazione molare del solvente
c solv
DH o fus = exp R
1 1 Tsolv Tsoluz
c solv =
da cui PM(sacc) = 342 g mol
-1
* * * * * * * * Introducendo alcune approssimazioni possibile utilizzare lequazione di Clausius-Clapeyron per stimare la costante crioscopica. Riscriviamo la relazione come
- ln c solv
prima approssimazione Se la soluzione diluita (la legge di Raoult valida per soluzioni ideali e quindi diluite) si avr csolv 1 e csoluto 0 e quindi potremo scrivere
- ln c solv 0 = c soluto
In soluzioni diluite possibile approssimare il logaritmo della frazione molare del solvente con la frazione molare del soluto Seconda approssimazione Se la variazione del punto di congelamento piccola possiamo porre
fus fus Tsoluz Tsolv
1 Tsoluz
T -T DTcr DTcr 1 = solv soluz = Tsolv Tsoluz Tsolv Tsoluz Tsolv (Tsolv )2
c soluto =
che, riordinata, fornisce
DH o fus R
DTcr
2 T fus ( solv )
DTcr =
2 R T fus ( solv )
DH o fus
c soluto
Terza approssimazione Se la soluzione diluita possiamo scrivere nsolv + nsoluto nsolv e quindi
DTcr =
2 R T fus ( solv )
DH o fus
c soluto =
2 R T fus ( solv )
DH o fus
Se ora moltiplichiamo e dividiamo il secondo membro per il peso molare del solvente espresso in kg mol-1, otteniamo
2 2 R T fus ( solv ) nsoluto PM ( solv ) R T fus ( solv ) PM ( solv ) nsoluto DTcr = = DH o DH o nsolv PM ( solv ) nsolv PM ( solv ) fus fus
DTcr =
DH o fus DTcr = K cr m
si trova che
K cr =
DH o fus
Esempio -1 Calcolare la costante crioscopica molale delletanolo (PM = 46,07 g mol ) sapendo che la sua entalpia standard di fusione -1 Hfus = 4,9 kJ mol e la temperatura di fusione pari a 158,8K
K cr =
DH
o fus
4900
= 1,97 K kg mol-1
* * * * * * * Ovviamente le medesime relazioni si possono ottenere in modo del tutto analogo anche per linnalzamento ebullioscopico
o DH ebol = R
ln c solv
K eb =
Esempio -1 Stimare lentalpia standard di ebollizione (evaporazione) dellacetone (PM =58,08 g mol ), sapendo che la sua -1 temperatura normale di ebollizione vale 329,4K e la sua costante ebullioscopia molale pari a K eb = 1,7 Kkgmol
DH
o ebol
K eb
1, 7
= 30.800 J mol-1
19.7.5 Energia libera e costante di equilibrio Unaltra applicazione si ha nel calcolo delle costanti di equilibrio Il valore di DG di una reazione chimica deve essere infatti in relazione allo stato di equilibrio che il sistema pu raggiungere. In particolare in chimica le condizioni di equilibrio di un sistema vengono descritte tramite opportune costanti di equilibrio (kc, kp, ka, kb, kps, kw etc). Deve allora esistere una relazione che colleghi il DG di una reazione chimica alla relativa costante di equilibrio K. Il DG di una sostanza calcolato in condizioni standard (25C, pressione parziale di 1 atm, concentrazione 1M). Si pu dimostrare che il DG in condizioni diverse da quelle standard varia con la concentrazione (o la pressione parziale per le sostanze gassose). Per una generica sostanza A la relazione la seguente
o DG A = DG A + RT loge [A]
La variazione di Energia libera in condizioni non standard per lintera reazione vale
DGreaz = S ( DG prod ) - S ( DGreag ) = c DGC + d DGD - a DGA - b DGB
DGreaz = DG
o reaz
[C ] [ D ] + RT log e a b [ A] [ B ]
c
E' facile verificare che, se la reazione era spontanea e quindi con un DG negativo, man mano che i reagenti si trasformano nei prodotti di reazione il rapporto delle loro concentrazioni aumenta fino al punto in cui il DG della reazione non si azzera.
0 = DG
[C ] [ D ] + RT log e a b [ A] [ B ]
c
In queste condizioni ( DG = 0) il sistema non presenta alcuna tendenza ad evolvere n verso i reagenti, n verso i prodotti di reazione. Il sistema ha raggiunto l'equilibrio ed il rapporto delle concentrazioni di equilibrio proprio la costante di equilibrio K della reazione. Potremo allora scrivere, per lo stato di equilibrio
DG o = - RT loge K
che rappresenta la relazione cercata tra DG e K. Tale relazione pu essere ottenuta per qualsiasi costante di equilibrio. Si tenga presente che la costante di equilibrio viene oggi pi correttamente definita in termini di variazione di energia libera del sistema reagente e non in termini cinetici (eguagliando la velocit della reazione diretta alla velocit della reazione inversa).
Esempio 1 Calcoliamo ad esempio il prodotto di solubilit kps dello ioduro di argento AgI, sapendo che i DG di formazione delle specie chimiche interessate all'equilibrio sono
DG DG DG
DG =
Ag+(aq) + I(aq) AgI(s) S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = [(+ 77,11) + (- 51,57)] - (- 66,19) = + 91,73 kJ
DG o = - RT loge K ps
K ps = e
DG o RT
=e
= 8,14 10 -17
Calcoli analoghi possono essere fatti per tutte le altre costanti di equilibrio. A titolo di esempio calcoliamo la tensione di vapore dell'acqua a 25C e la kb dell'ammoniaca. Esempio 2 Calcolare la costante di equilibrio kp dell'equilibrio di evaporazione dell'acqua H2O(g) H2O(l) sapendo che il DG dell'acqua liquida e del vapor d'acqua valgono rispettivamente -237,13 kJ/mol e -228,57 kJ/mol. DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = (-228,57) - (- 237,13) = + 8,56 kJ Calcoliamo ora la kp
DG o = - RT loge K p
Kp = e
DG o RT
=e
8 , 56 kJ 2 , 476 kJ
= 0,0315 atm = 24 mm Hg
Poich la concentrazione dell'acqua liquida viene considerata costante, la kp di tale trasformazione coincide con la pressione parziale della fase gassosa e quindi con la tensione di vapor d'acqua a 25C. Esempio 3 Calcoliamo la kappa all'equilibrio sono DG NH3(aq) =DG H2O(l) =+ DG NH4 (aq) =DG OH (aq) =-
basica kb dell'ammoniaca NH3, sapendo che i DG di formazione delle specie chimiche interessate 26,5 kJ/mol 237,13 kJ/mol 79,31 kJ/mol 157,24 kJ/mol
+ NH4 (aq) + OH-(aq) NH3(aq) + H2O(l) DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = [(- 79,31) + (- 157,24)] - [(- 26,5) + (- 237,13)] = +27,08 kJ Calcoliamo ora la kb Calcoliamo ora la kb o e b
DG = - RT log K
DG o RT
Kb = e Kb = e
=e
27 , 08 kJ 2 , 476 kJ
= 1,78 10- 5
DG o = - RT log e K b
DG o RT
=e
27 , 08 kJ 2 , 476 kJ
= 1,78 10- 5
Esempio 4 Calcoliamo la costante di equilibrio Kp (a 298 K) per la reazione di sintesi dell'ammoniaca NH3, a partire dai suoi elementi sapendo che il DG di formazione dell'ammoniaca gassosa pari a - 16,45 kJ/mol Scriviamo la reazione bilanciata N2(g) + 3H2(g) 2NH3(g)
Ricordando che il DG di formazione degli elementi puri pari a zero, possiamo calcolare il DG della reazione DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = [(- 16,45)2] - [(0) + (0)3] = -32,90 kJ Calcoliamo ora la kp o e p
DG = - RT log K
DG o RT
Kp = e
=e
-32900 J 8, 314298
= 5,85 105
Esempio 5 -1 L'energia libera di Gibbs standard di formazione di NH3(g) a 298K Gf = - 16,45 kJ mol . Calcolare l'energia libera di Gibbs della reazione di formazione di NH3(g) quando la pressione parziale di N2, H2 e NH3 sono 3,0 bar, 1,0 bar e 4,0 bar, rispettivamente. Scriviamo la reazione bilanciata di sintesi dellammoniaca N2(g) + 3H2(g) 2NH3(g)
Il G di formazione per due moli di ammoniaca -16.45 x 2 = -32,90 kJ. La variazione di energia libera in condizioni diverse da quelle standard
p NH 3 2 DG = DG + RT ln p N pH 2 2
( )( )
19.7.6 Equazione di Eyring (calcolo della costante cinetica) Come abbiamo visto nel capitolo dedicato ala cinetica chimica, la Teoria dello Stato di Transizione introduce un nuovo modello nella descrizione del meccanismo di una reazione elementare, ipotizzando che, nel passaggio dallo stato iniziale allo stato finale, il sistema reagente debba superare una barriera energetica (energia di attivazione), che lo porta a raggiungere una regione del cammino di reazione, caratterizzata da un picco di energia potenziale, detta stato di transizione, in corrispondenza del quale si forma un composto molecolare altamente instabile, detto complesso attivato, le cui proprit vengono usualmente indicate ponendo, come apice, il simbolo .
La teoria dello stato di transizione (Eyring, 1935) si basa sulle seguenti ipotesi: 1) Il complesso attivato si trova in un particolare stato di equilibrio, detto quasi-equilibrio (o pseudo-equilibrio) con i reagenti. Per una reazione elementare bimolecolare A + B P, in cui indichiamo il complesso attivato come AB, la reazione di equilibrio
A + B D AB
AB K = [ A][ B ]
eq
Per il quasi-equilibrio, si accetta una violazione del principio di Le Chatelier. Si assume cio che la concentrazione di equilibrio [AB] del complesso attivato, rimanga costante e lequilibrio non venga disturbato dalla trasformazione del complesso attivato nei prodotti P. Una volta raggiunta la concentrazione di equilibrio questa non cambia ed il complessi attivato che si genera dai reagenti si comporta come una specie transiente che si trasforma immediatamente nei prodotti e non torna mai indietro verso i reagenti . 2) La velocit complessiva della reazione v = k [A][B] determinata solo dalla velocit con cui il complesso attivato si trasforma nei prodotti P ed uguale al prodotto della concentrazione del complesso attivato per la frequenza k con la quale questo si trasforma nei prodotti. AB P la legge cinetica di tale trasformazione v = k[AB] che risulta pertanto essere uguale alla velocit complessiva della reazione v = k[AB] = k [A][B]
poich k, a parit di temperatura, assume lo stesso valore per qualsiasi reazione, la velocit della reazione dipende in definitiva solo dalla concentrazione del complesso attivato [AB]. In un certo senso la trasformazione Complesso Attivato Prodotti rappresenta il passaggio cineticamente determinante dellintero processo, anche se ovviamente il processo avviene tecnicamente in un unico stadio. Se ora ricaviamo la concentrazione [AB] del complesso attivato dalla relazione di quasi-equilibrio m [AB] = K eq [ A][ B ] e la sostituiamo opportunamente nella relazione precedente si ottiene
v = k K eq [ A][ B ] = k [ A][ B ]
k = k K
La meccanica statistica dimostra che la costante cinetica k vale k T k = B h dove kB = costante di Boltzmann h = costante di Planck Mentre la termodinamica dimostra che la costante di equilibrio correlata alla variazione di energia libera standard G dalla relazione
K eq = e
DG RT
dove G rappresenta la differenza di energia libera tra il complesso attivato ed i reagenti, quantit nota come energia libera di attivazione.
0 DG = G - Greag
A temperatura ambiente (T = 300 K) la costante cinetica k assume valori dellordine di 7 1012 s-1. Come si pu osservare, il suo valore dipende solo dalla temperatura T e non dal tipo di complesso attivato. k rappresenta dunque la frequenza con cui qualsiasi complesso attivato supera la barriera energetica dello stato di transizione per trasformarsi nei prodotti di reazione P. In altre parole, tutti i complessi attivati si trasformano nei prodotti con una velocit la cui costante la stessa indipendentemente dalla natura dello stato di transizione. Per questo motivo k nota come costante cinetica universale (o costante cinetica assoluta) . Come abbiamo visto, nello sviluppo della teoria si assunto che il complesso attivato non possa ritornare indietro a formare i reagenti. Una volta che si raggiunta la sommit della barriera energetica il sistema pu solamente scivolare verso i prodotti. In alcuni casi, tuttavia, tale assunzione non realistica e si osserva che complessi attivati provenienti dai reagenti vengano riflessi verso di essi. Per poter considerare l'effetto di tale riflessione si introduce un coefficiente di trasmissione che ne tenga conto (0 < < 1) e la costante cinetica universale diventa
k BT h Nella maggior parte dei casi il coefficiente di trasmissione pari ad uno (ogni complesso attivato proveniente dai reagenti si trasforma in prodotti). Assumendo dunque come unitario il coefficiente di trasmissione ( = 1), la costante cinetica k pu in definitiva essere riscritta nella forma
k =
k BT k= e h
nota come equazione di Eyring
DG RT
Ricordando che per definizione lenergia libera di Gibbs la somma di un contributo entalpico ed uno entropico (G = H T S), lequazione di Eyring si pu riscrivere nel modo seguente
k=
kB T e h
DS R
DH RT
Le grandezze DG, DH e DS rappresentano i parametri di attivazione e vengono denominate rispettivamente energia libera di attivazione, entalpia di attivazione ed entropia di attivazione. In linea di principio, i parametri di attivazione presentano un significato diagnostico, fornendoci informazioni sul meccanismo di reazione e sulla struttura del complesso attivato. Si tenga infatti presente che, se la reazione avviene in pi stadi, attraverso la successione di diverse reazioni elementari, i parametri di attivazione ricavati sperimentalmente si riferiscono generalmente allo stadio lento della reazione. - H Il valore del H dipende essenzialmente dal processo di riarrangiamento che subiscono i legami allinterno del complesso attivato e dallenergia che tale processo richiede. In generale possiamo attenderci che il H sia sempre positivo trattandosi essenzialmente di un termine di energia potenziale correlato all'energia necessaria per rompere i legami nello stato di transizione, anche se il suo valore dipender anche dal grado di formazione di eventuali nuovi legami (la formazione di legami libera energia e quindi abbassa il H). Tuttavia, il H pu essere influenzato anche da fattori diversi dal semplice processo di rottura/formazione dei legami, come ad esempio gli effetti di solvatazione. Un solvente che possa interagire positivamente con lo stato di transizione, solvatandolo, abbassa il H, (lenergia di solvatazione viene liberata). Tutti questi fattori rendono in realt il valore dellentalpia di attivazione poco significativo ai fini diagnostici per lo studio del meccanismo di reazione.
Entalpia di attivazione
- S Pi utile risulta invece lanalisi dellentropia di attivazione S, non tanto per quel che riguarda il suo valore assoluto, quanto per il suo segno, che risulta correlato alla molecolarit della reazione. S misura infatti il grado di disordine associato alla struttura molecolare del complesso attivato: se il complesso attivato pi ordinato dei reagenti S < 0, se invece pi disordinato S > 0.
Entropia di attivazione
Poich in un sistema fisico il disordine aumenta se aumentano il numero delle entit (in questo caso molecole) che lo compongono, il segno di S pu essere utilizzato per prevedere leventuale variazione nel numero di molecole nel passaggio da reagenti a complesso attivato e quindi per prevedere la molecolarit della reazione. Se la reazione un processo unimolecolare di dissociazione in cui una molecola si spezza per formarne due, lo stato di transizione rifletter laumento di disordine connesso alla parziale decomposizione del complesso attivato (aumento del numero di molecole) ed il S sar positivo. Se la reazione un processo bimolecolare (raramente trimolecolare) di associazione in cui due molecole si uniscono, lo stato di transizione rifletter laumento di ordine connesso alla parziale saldatura del complesso attivato (diminuzione del numero di molecole) ed il S sar negativo. Anche il S risente degli eventuali effetti di solvatazione. Un complesso attivato solvatato, con molecole di solvente disposte ordinatamente intorno ad esso, risulta pi ordinato di uno stato di transizione non solvatato. La solvatazione dunque in grado di diminuire anche il S, senza tuttavia essere in grado di cambiarne il segno. Determinazione dei parametri di attivazione Si noti come, dividendo entrambi i membri dellequazione di Eyring per T e calcolandone il logaritmo naturale si ottiene una relazione lineare (una retta), nelle variabili x = 1/T ed y = ln(k/T)
Diagrammando quindi ln(k/T) in funzione di 1/T, si ottiene un grafico lineare (diagramma di Eyring) di pendenza -
DS . + R
Disponendo di un numero sufficiente di valori della costante cinetica a temperature diverse dunque possibile stimare la pendenza della retta e la sua intercetta, ricavando da queste il valore dellentalpia di attivazione DH e dellentropia di attivazione DS.
Esempio Sperimentalmente si trova che la reazione 2N2O5 4NO2 + O2 presenta una cinetica del primo ordine v = k [N2O5]. Si ritiene che la reazione decorra in 3 stadi con diversa molecolarit. Tuttavia il calcolo dellentropia di attivazione fornisce un valore negativo, il che fa supporre che lo stadio lento sia bimolecolare e che sia uno stadio successivo al primo (se lo stadio lento fosse il primo, essendo bimolecolare, la cinetica risulterebbe di secondo ordine). Calcoliamo i parametri di -6 -1 -4 attivazione della reazione, sapendo che la costante cinetica a 273 K vale k = 7,75 10 s , mentre a 323 K vale 8,72 10 -1 s
T 273 323
k -6 7,75 10 8,72 10
-4
Calcoliamo la pendenza della retta passante per i due punti di coordinate (x1=1/273 - y1=-17,38) e (x2= 1/323 - y1= 12,82)
Dy ln ( k2 T2 ) - ln ( k1 T1 ) DH pendenza = = =1 1 Dx R T2 T1
k B DS Ricordando che lintercetta vale b = ln possiamo ora calcolare lentropia di attivazione S + h R 1,38065 10-23 k DS = b - ln B R = 12, 08 - ln 8,3145 = -97 J K -1 -34 h 6, 62607 10
Essendo dunque lentropia del complesso attivato inferiore rispetto a quella dei reagenti, possiamo ipotizzare che lo stadio lento sia bimolecolare Il meccanismo accettato per la reazione 2N2O5
k1 k-1
k
2NO2 + 2NO3
3 NO3 + NO 2NO2
(stadio veloce)
In questo caso La legge cinetica della reazione elementare dello stadio lento, teoricamente assegnata, v = k2 [NO2][NO3] non risulta congruente con la legge cinetica sperimentalmente determinata, poich contiene degli intermedi chimici (NO3) che non compaiono ne tra i reagenti, ne tra i prodotti della reazione complessiva. Possiamo comunque esprimere le loro concentrazioni in funzione della concentrazione del reagente N2O5. Il primo stadio caratterizzato da un equilibrio che si instaura rapidamente tra reagenti e prodotti, quando la velocit v1 della reazione diretta v1 = k1 [N2O5] eguaglia la velocit v-1 della reazione inversa v-1 = k-1 [NO2][NO3] essendo dunque v1 = v-1, possiamo eguagliare anche i secondi membri ed esplicitare la concentrazione di NO 3.
[ NO3 ] =
sostituiamo opportunamente nelle legge cinetica teoricamente attribuita allo stadio lento
ed in definitiva, ricordando che il rapporto tra le costanti cinetiche della reazione diretta ed inversa pari alla costante di equilibrio Kc = k1/k-1, otteniamo
v = k2 K c [ N 2O5 ]
che risulta ora perfettamente congruente con la legge cinetica sperimentalmente determinata. assegnata.
E dunque la costante
cinetica k, trovata sperimentalmente per la reazione complessiva, coincide con la costante cinetica
k2 K c
teoricamente
Relazione tra i parametri di attivazione (DH e DS) e i parametri di Arrhenius (A e Eatt) Lequazione di Eyring presenta una forma simile allequazione empirica di Arrhenius k 2 = Ae
Ea RT
I parametri delle due equazioni sono correlati fra di loro. Si pu infatti dimostrare che: per reazioni che decorrono in fase condensata (soluzioni acquose), in cui il sistema non subisce cambiamenti di volume (non compie lavoro) durante il passaggio dai reagenti allo stato di transizione DH = Ea - RT inserendo questo valore nella equazione di Eyring risulta
k B T DS k= e R e h
Ea - RT RT
k B T DS = e R e1 e h
Ea RT
ed in definitiva
k=
kB T e h
DS E R +1 - a RT
A=
kB T e h
e
DS +1 R
k T DS = R ln A - ln B - 1 h
per reazioni che decorrono in fase gassosa , in cui il sistema pu subire cambiamenti di volume durante il passaggio dai reagenti allo stato di transizione DH = Ea + RT (Dn -1) dove Dn rappresenta la variazione del numero di molecole durante il passaggio da reagenti a complesso attivato o per reazioni gassose unimolecolari (rare) in cui una sola molecola di reagente si trasforma nel complesso attivato Dn = 0 e lequazione di Eyring mantiene la forma gi vista per le reazioni in fase condensata e quindi H = Ea + RT (Dn -1) = Ea - RT
o per reazioni gassose bimolecolare (pi frequenti), in cui due molecole si urtano per dare un complesso attivato, vi una diminuzione di una unit nel numero di molecole nel passaggio da reagenti a complesso attivato e quindi Dn = -1. E dunque DH = Ea + RT (Dn -1) = Ea - 2RT . In questo caso lequazione di Eyring diventa
k=
kB T e h
DS E R +2 - a RT
A=
kB T e h
e
DS R + 2
k T DS = R ln A - ln B - 2 h
Esempio La costante cinetica della reazione di primo ordine di idrolisi (solvolisi) del cloruro di terz-butile (CH3)3C-Cl + H2O (CH3)3C-OH + HCl stata misurata a tre temperature diverse, fornendo i risultati mostrati nella tabella successiva. Determiniamo lequazione di Arrhenius per tale reazione e, dai suoi parametri, deriviamo i parametri di attivazione T (K) 291,35 296,05 301,55 k (s-1) 0,0107 0,0192 0,0372
Calcoliamo il reciproco della temperatura 1/T ed il logaritmo naturale della costante cinetica ln(k).
T (K)
291,35 296,05 301,55
1/T
3,43210-3 3,37810-3 3,31610-3
k (s-1)
0,0107 0,0192 0,0372
ln(k)
-4,5375 -3,9528 -3,2914
Riportando i dati su di un grafico vediamo che si allineano su di una retta della quale possiamo stimare graficamente la pendenza
Tuttavia, per una stima pi precisa del valore della pendenza e dellintercetta possiamo applicare ai dati il metodo dei minimi quadrati, per il quale
pendenza =
dove x y N Sx Sy Sxy 2 Sx 2 (Sx) = = = = = = = =
N ( Sxy ) - ( Sx )( Sy ) N Sx 2 - ( Sx )
2
( Sy ) ( Sx 2 ) - ( Sx )( Sxy ) intercetta = 2 N Sx 2 - ( Sx )
variabile indipendente (nel nostro caso il reciproco della temperatura 1/T) variabile dipendente (nel nostro caso il logaritmo della costante cinetica ln(k)) numero di dati sperimentali Sommatoria di tutti i valori di x Sommatoria di tutti i valori di y Sommatoria di tutti i valori dei prodotti xy Sommatoria di tutti i valori di x2 Quadrato della sommatoria di tutti i valori di x
-3
3,31610 -0,010915
-3
-4,5375
-3,9528
-5
-3,2914
1,10010
-5
pendenza =
N Sxy - ( Sx )( Sy ) N Sx 2 - ( Sx )
2
= -10.733
= 1,067 10
14
-1
k = 1, 067 10 e
14
-89.239 RT
Utilizzando un valore medio della temperatura, pari a (291,35+296,05+301,55)/3=296,32 K, lentalpia di attivazione vale DH = Ea - RT = 89.239 8,3145296,32= 86.775 J mol-1 mentre lentropia di attivazione
La relazione esistente tra DG e la costante di equilibrio sostanzialmente analoga a quella esistente tra il potenziale standard E e la costante di equilibrio per le reazioni redox
DG o = - RT loge K
Eo =
RT log e K nF
Riscrivendo la prima in funzione di K e sostituendo opportunamente nella seconda, otteniamo la seguente relazione tra DG e E
DG o = -nFE o
analoga alla relazione che ci permetteva di calcolare il lavoro eseguibile da una pila. Calcoliamo ad esempio il DG dello ione alluminio, sapendo che il potenziale standard di riduzione della coppia redox Al3+/Al E = - 1,663 V La reazione di cui vogliamo calcolare il DG la seguente Al3+ + 3e- Al Calcoliamo il DG della reazione
J DG o = - nFE o = -3 96.478 C - 1,663 = +481,3 kJ C Calcoliamo ora il DG dello ione alluminio, ricordando che il DG degli elementi convenzionalmente nullo DG = S(DGprodotti) - S(DGreagenti) = 0 - X = + 481,3 kJ
e quindi
o DG Al 3+ = X = -481,3 kJ
Il calore specifico di una sostanza definito come la quantit di calore necessaria per aumentare di 1 C la temperatura di un'unit di massa (generalmente un grammo o un chilogrammo) del materiale. Attualmente si preferisce usare il termine capacit termica specifica. Una grandezza analoga il calore molare (o capacit termica molare), definito come la quantit di calore necessaria per aumentare di 1 kelvin (K) la temperatura di una mole di sostanza. Il calore specifico di una sostanza dipende dalla trasformazione termodinamica a cui tale sostanza sottoposta. In generale si utilizzano due valori, riferiti a una trasformazione isobara oppure isocora: il calore specifico a pressione costante, simboleggiato con cp, e il calore specifico a volume costante, cv. Mentre per la materia in fase condensata cp e cv sono praticamente coincidenti, per un aeriforme, invece, il calore specifico a pressione costante differisce da quello a volume costante a causa del lavoro di espansione. Moltiplicando i calori specifici per la massa m otteniamo le capacit termiche Cp e Cv. Ovviamente le capacit termiche si ottengono anche moltiplicando i calori molari per il numero di moli n. La relazione di Mayer, valida per tutti i gas perfetti, lega il calore molare a pressione costante cp e il calore molare a volume costante cv alla costante R dei gas perfetti. La relazione di Mayer si pu esprimere anche per le capacit termiche: Nel modello teorico del gas perfetto il valore della capacit termica molare a volume costante pari a: 3 - per gas monoatomici cv = R = 12, 472 JK-1mol-1 2 5 - per gas biatomici cv = R = 20, 786 JK-1mol-1 2
cv =
7 R = 29,101 JK-1mol-1 2
Mentre, essendo cp = cv + R, la capacit termica molare a pressione costante per un gas perfetto vale: 5 - per gas monoatomici c p = R = 20, 786 JK-1mol-1 2 7 - per gas biatomici c p = R = 29,101 JK-1mol-1 2 9 - per gas poliatomici c p = R = 37, 415 JK-1mol-1 2 Il calore specifico a pressione e volume costante sono correlabili rispettivamente all'entalpia e all'energia interna. 19.9.1 Dipendenza dellEnergia interna da T per l'energia interna abbiamo: , dove: m: la massa di fluido coinvolta T = (T2 T1): la variazione di temperatura (K). cv: il calore specifico a volume costante . 19.9.2 Dipendenza dellEntalpia da T: equazione di Kirchhoff per l'entalpia vale:
dove cp il calore specifico a pressione costante. Nel caso di una reazione chimica di cui si conoscano le entalpie standard di formazione delle specie chimiche si avr
0 DH reaz = DH reaz + DC p (T - 298,15)
nota come equazione di Kirchhoff, dove Cp la somma delle capacit termiche dei prodotti meno la somma delle capacit termiche dei reagenti
DC p =
prodotti
C
i
p( i )
reagenti
C
j
p( j )
DC p =
prodotti
n c
i
i p( i )
reagenti
n c
j j
p( j )
Esempio Un recipiente rigido, con pareti perfettamente adiabatiche, diviso da un diaframma in due settori. In uno sono presenti 2 moli di N2 a 400 K, nellaltro 3 moli di CO2 a 500 K. Calcoliamo la temperatura finale che raggiunge la miscela gassosa quando viene tolto il diaframma. Alla fine della trasformazione la CO2 si raffreddata da 500 K a Tfin cedendo una quantit di calore pari a
QN 2 = n cv (T fin - 400 )
Essendo il sistema adiabatico, alla fine della trasformazione non avr scambiato con lambiente ne lavoro ne calore e dunque la sua energia interna sar rimasta inalterata U = 0. In altre parole la quantit di calore ceduta dalla CO2 esattamente uguale alla quantit di calore acquistata dallazoto.
DU = 2
Tfin = 467,74 K Esempio Quando il n-esano passa sopra un catalizzatore di Cromo a 500C si formano benzene ed idrogeno C6H14(g) = C6H6(g) + 4H2(g) Calcolare lentalpia di reazione, sapendo che lentalpia standard di reazione H = 250,3 kJ/mol e che le capacit termiche molari a pressione costante delle specie chimiche sono -1 -1 Esano = 38,16 J K mol -1 -1 Idrogeno = 20,82 J K mol -1 -1 Benzene = 82,93 J K mol Calcoliamo la differenza tra le capacit termiche dei prodotti e dei reagenti
19.9.3 Dipendenza dellEntropia da T La dipendenza dellentropia dalla Temperatura si esprime tramite la seguente relazione
DS = n c ln
T fin Tiniz
dove n = numero di moli c = capacit termica molare Nel caso di una reazione chimica di cui si conoscano le entropie standard delle specie chimiche si avr
DS reaz = DS reaz + DC ln
T fin 298,15
dove C la somma delle capacit termiche dei prodotti meno la somma delle capacit termiche dei reagenti (a volume o a pressione costante a seconda dei casi)
Esempio Data la reazione di dissociazione dellipoazotide N2O4(g) = 2NO2(g) ed utilizzando i dati della tabella seguente riferiti a 25C, determinare il grado di dissociazione dellipoazotide a 25C e a 100C, alla pressione di 1,5 atm Hf (kJ mol ) 9,16 33,18
-1
N2O4 NO2
Lentalpia di reazione a 25C Lentropia di reazione a 25C Lenergia libera di reazione a 25C
Hr = 233,18 9,16 = 57,20 kJ -1 Sr = 2240,06 304,29 = 175,83 J K Gr = Hr - T Sr = 57,20 298,15 0,17583 = 4,78 kJ
kp = e
numero numero numero numero di di di di moli moli moli moli
DG o RT
=e
4780 8,3145298,15
= 0,145
Indichiamo ora con n il numero iniziale di moli di ipoazotide e con a il suo grado di dissociazione. Allequilibrio avremo di ipoazotide N2O4 dissociate = na di ipoazotide N2O4 indissociate = n-na = n(1-a) di biossido NO2 generate = 2na totali = n-na + 2na = n + na = n(1+a)
c N2O4 =
(1 - a ) n (1 + a ) (1 + a )
=
n (1 - a )
c NO2 =
2na 2a = n (1 + a ) (1 + a ) 2a p (1 + a ) tot
(1 -a ) p (1 + a ) tot
2
kp
(p ) =
NO2
4a 2
2
pN 2O4
(1 +a ) = (1 -a ) P (1 + a ) tot
=
2 Ptot
a =
kp 4 ptot + k p
Stimiamo ora lentalpia di reazione a 100C calcolando inizialmente la differenza tra le capacit termiche delle specie chimiche -1 Cp = 237,20 77,28 = -2,88 J K Ed ora usiamo lequazione di Kirchhoff per stimare lentalpia Hr = Hr + Cp T = 57,20 + (-0,00288)(373,15-298,15) = 57,00 kJ Stimiamo ora lentropia di reazione a 100C
DS 100 = DS + DC p ln
Stimiamo lenergia libera di reazione a 100C Gr = Hr - T Sr = 57,00 373,15 0,17518 = -8,37 kJ Calcoliamo ora la costante di equilibrio a 100C
kp = e
DG RT
=e
8370 8,3145373,15
= 14,85
e stimiamo infine il grado di dissociazione dellipoazotide a 100C dalla quale, esplicitando a, si ottiene
a =
kp 4 ptot + k p
***************
19.9.4 Dipendenza dellEnergia Libera da T La dipendenza dellEnergia Libera dalla Temperatura pu essere espressa attraverso diverse formule approssimate in relazione ai dati disponibili. Nel caso pi semplice si parte dalla constatazione che i valori di DH e di DS variano in modo trascurabile al variare della temperatura, mentre DG fortemente dipendente dalla temperatura. E' allora possibile stimare il valore di DG alla generica temperatura T, utilizzando i valori tabulati (supposti costanti) di DH e di DS alla temperatura di 25C.
DG(T ) = DH o - T DS o
In alternativa possibile utilizzare una delle seguenti due relazioni
DG(T ) = DG o - DS o T - T o
o
DG(T ) = DG o
dove T = 298,15 K
T T + DH o 1 - o o T T
Esempio Data la reazione 2HBr(g) = H2(g) + Br2(g) ed utilizzando i dati della tabella seguente riferiti a 25C, determinare la costante di equilibrio alla temperatura di 25C e di 1000 K Gf (kJ mol ) -53,45 3,110 0
-1
kp = e
DG o RT
=e
110010 8,3145298,15
= 5,3 10 -20
DG(1000 K ) = DG o
kp = e
=e
= 3, 0 10-7
19.10 G e S di mescolamento
Quando due componenti diversi si miscelano tra loro per formare una soluzione, lentropia del sistema aumenta perch, a parit di energia, aumenta il numero dei modi diversi in cui gli atomi dei due componenti possono distribuirsi nello spazio. Si pu dimostrare che la variazione di entropia associata al mescolamento di due componenti A e B, alla medesima temperatura T (miscelamento o mescolamento isotermo), per formare una soluzione espressa dalla seguente relazione:
DSmesc = R ni ln
i
V fin Vi
Nel caso in cui il mescolamento isotermo avvenga tra componenti gassosi, la relazione pu essere scritta in funzione delle pressioni parziali. Ricordando infatti che, a temperatura costante, pressione e volume sono inversamente proporzionali possiamo scrivere
DSmesc = - R ni ln
i
Se infine i componenti gassosi che si mescolano sono tutti alla medesima pressione iniziale (mescolamento isotermo ed isobaro) , questa risulter essere uguale alla pressione finale totale della miscela gassosa (pi = ptot) e, per la legge di Dalton delle miscele gassose, potremo scrivere
DSmesc = - R ni ln
i
= - R ni ln
i
= - R ni ln c i
i
DSmesc = -nR c i ln c i
Ricordando poi che G = H TS e che nei processi di mescolamento H = 0, lenergia libera di mescolamento isotermo risulta pari
DGmesc = -T DSmesc
Esempio 1 3 3 Un recipiente di 8 dm diviso in due comparti di 3 e 5 dm , separati da un setto rimovibile. Nel comparto pi piccolo contenuto O2 ad 1 atm e 25 C, nell'altro si trova He a 3 atm e nelle stesse condizioni di T. Calcolare il S ed il G quando viene rimosso il setto e consentito il mescolamento dei due gas. Calcolare inoltre la pressione totale della miscela e le pressioni parziali dei singoli componenti
Calcoliamo il numero di moli di O2 e di He applicando lequazione di stato dei gas perfetti pV=nRT (la temperatura di 25+273,15=298,15K)
nO2 = nHe =
Calcoliamo il S
V fin V fin DSmesc = R ni ln = R nO2 ln + nHe ln Vi VO2 VHe i 8 8 DSmesc = 8,3145 0,1227 ln + 0, 6135 ln = 3, 40 J K -1 3 5 V fin
Calcoliamo il G
Sapendo che il numero totale di moli nel recipiente pari a 0,1227+0,6135=0,7362, possiamo ora calcolare la pressione totale della miscela
ptot =
mentre le pressioni parziali sono
nRT 0, 7362 0, 082 298,15 = = 2, 25 atm V 8 nRT 0,1227 0, 082 298,15 = = 0,375 atm V 8 nRT 0, 6135 0, 082 298,15 = = 1,875 atm V 8
pO2 = pHe =
DSmesc = - R ni ln
i
***************
Nel caso in cui il mescolamento avvenga tra componenti a diversa temperatura, la variazione di entropia e di energia libera dovr tener conto anche del flusso di calore interno. La variazione entropica legata al flusso di calore si calcola con la seguente relazione
DS = ni ci ln
i
T fin Ti
dove c la capacit termica molare (a volume o pressione costante a seconda dei casi). E dunque, considerando sia la variazione di entropia legata alleventuale scambio termico, sia la variazione di entropia legata al mescolamento vero e proprio, possiamo scrivere
DSmesc = ni ci ln
i
T fin Ti
+ R ni ln
i
V fin Vi
Esempio Si supponga che in un recipiente rigido, con pareti perfettamente adiabatiche, si trovino ossigeno e azoto, divisi da un diaframma, alla pressione e alla temperatura assegnate.
p1 = 1 bar = 100.000 Pa 3 V1 = 1 m t1 = 100C = 373,15 K Togliendo il diaframma, i due gas si miscelano. Calcolare variazione di entropia del sistema.
Applicando lequazione di stato dei gas, calcoliamo il numero di moli di Ossigeno e di Azoto
nO2 =
nN 2 =
Dividiamo idealmente il processo in due fasi. Nella prima i due gas raggiungono lequilibrio termico scambiandosi calore. Nella seconda fase i due gas, alla stessa temperatura, si mescolano. Calcoliamo la temperatura finale. Ricordando che lo scambio di calore interno al sistema non modifica la sua energia interna, possiamo scrivere
Essendo sia lazoto che lossigeno gas biatomici usiamo per entrambi la medesima capacit termiche molare pari a 5R/2
DU = 32, 23
p=
DS = ni ci ln
i
T fin Ti
= nO2
DS = 32, 23
5R 449, 08 5R 449, 08 ln + 101, 68 ln = 124, 087 - 110.351 = 13, 736 J K -1 2 373,15 2 473,15
DSmesc = R ni ln
i
V fin
19.11 La costante di equilibrio K per temperature diverse da 25C Equazione di vant Hoff
La relazione
1) DG = DH - T DS
valida a qualsiasi temperatura. I valori di DH e di DS variano in modo trascurabile al variare della temperatura, mentre DG fortemente dipendente dalla temperatura. Come abbiamo gi visto, ' allora possibile stimare il valore di DG alla generica temperatura T, utilizzando i valori tabulati (supposti costanti) di DH e di DS alla temperatura di 25C.
2) DG(T ) = DH o - T DS o
In modo analogo si calcola la costante di equilibrio K (T) alla temperatura T diversa da 298,15 (T). Dividendo ambo i membri della 2) per -RT si ottiene
3) DG( T ) RT = T DS o - DH o RT
DS o DH o RT R
4) e
DG( T ) RT
=e
DH o - DG o DS = To
o
K( T ) = e da cui K( T ) = e K( T ) = e
DG DH DH RT RT RT
DG RT
DH DH RT RT
e infine
5) K( T ) = K( T ) e
1 DH 1 - R T - T
La relazione (di van't Hoff) vale per due temperature qualsiasi, ma particolarmente utile se T = 298,15 K in quanto i valori delle grandezze termodinamiche sono tabulati per tale temperatura. In questo caso la 5) diventa K( T ) = K( T ) e (Il fattore 103 trasforma i kiloJoule in Joule)
Esempio 1 2HCl(g) pari a 4,0 1031, calcolarne il valore a 500 K. Sapendo che la Kc a 25C della reazione H2(g) + Cl2(g) Dai valori tabulati a 25C delle funzioni termodinamiche ricaviamo i DH delle specie chimiche. Il DH della reazione sar
DH 10 3 1 1 T 8 , 314 298,15
= 3,5 1018
Esempio 2 Il bromo molecolare dissociato al 24% a 1600 K e 1.00 bar nell'equilibrio: Br2(g) 2Br(g) -1 Calcolare la costante di equilibrio e il DGreaz a 25 C sapendo che DHreaz = -112 kJ mol in tutto l'intervallo di temperatura. Per ogni 100 molecole di Br2 inizialmente presenti, 24 reagiscono producendo 48 atomi di Br, mentre le altre 76 molecole rimangono inalterate. Allequilibrio troveremo 76+48=124 particelle. La frazione molare di Br2 allequilibrio sar 76/124=0,613, mentre quella di Br sar 48/124=0,387 La pressione totale allequilibrio di 1 bar, pari a 0,987 atm. La pressione parziale dei gas allequilibrio data dal prodotto della rispettiva frazione molare per la pressione totale sar dunque pari a
PBr2 (eq ) = Ptot c Br2 = 0,987 0,613 = 0,605atm PBr( eq ) = Ptot c Br = 0,987 0,387 = 0,382atm
k=
(PBr )2
PBr2
(0,382)2 =
0,605
= 0,241
Per calcolare la costante di equilibrio alla temperatura di 25C usiamo la relazione di vant Hoff
K (T ) = K (T ) e
Sostituendo i valori otteniamo
K (1600 K ) = K (298,15 K ) e
112 10 3 8 , 314
Usando lequazione di Vant Hoff possiamo calcolare il valore della costante di equilibrio per la dissociazione dellacqua alla temperatura di 50C.
DH o 1 1 R T25 T50 55840 1 1 8,3145 298,15 323,15
k
+
50 w
-
=k
25 w
= 110
+
-14
= 5, 7110-14
si avr
pH = -log [H ] = -log 2,39 10-7 = 6,62 Esempio 4 Calcoliamo la concentrazione ematica di anidride carbonica a 37C (temperatura corporea), sapendo che il H di formazione della CO2 gassosa pari a -393,51 kJ/mol, il H di formazione della CO2 in soluzione acquosa pari a -2 -1 -413,80 kJ/mol, la costante di Henry a 25C per la CO2 vale 3,4 10 M atm e che la pressione parziale della CO2 negli alveoli polmonari di 40 mm Hg Valutiamo lentalpia di solubilizzazione Hsol della CO2 come differenza tra lentalpia di formazione dei prodotti e lentalpia di formazione dei reagenti della seguente reazione di solubilizzazione CO2(g) CO2(aq) Hsol = (413,80) (393,51) = 20,29 kJ/mol Calcoliamo la costante di Henry a 37 C (= 310,15K)
T2 H
0 DH sol = K exp R T1 H
1 1 - T1 T2
[CO2 ] = K H pCO
= 2,5 10 -2
20 Appendici
20.1 Costanti di dissociazione acida e basica (a 25C)
silicico stannico solfidrico solfidrico solforico solforoso solforoso tellurico tellurico telluridrico telluridrico telluroso telluroso tetraborico tetraborico tiocianico tiosolforico tungstico Vanadico Vanadico Vanadico 2 1 2 2 1 2 1 2 1 2 1 2 1 2 1 2 1 1 2 3 HSiO3H2SnO3 H2 S HSHSO4H2SO3 HSO3H2TeO4 HTeO4H2Te HTeH2TeO3 HTeO3H2 B 4 O7 HB4O7HCNS HS2O3H2WO4 H3WO4 H2WO4HWO421 .10-12 4 .10-10 1 .10-7 1 .10-19 1,1 . 10-2 1,5 .10-2 6,5 .10-8 6 .10-7 2 .10-8 2,3 .10-3 1 .10-11 7 .10-7 4 .10-9 7,9 . 10-7 7,7 . 10-15 7.9 . 10-2 1 . 10-2 2,5 . 10-4 1,0 . 10-4 2,8 . 10-9 5,0 . 10-15
Acidi inorganici arsenico arsenico arsenico arsenioso azotidrico borico borico borico carbonico carbonico cianico cianidrico cloroso cromico cromico fosforico fosforico fosforico fosforoso fosforoso fluoridrico germanico germanico iodico ipobromoso ipocloroso ipoiodoso iponitroso iponitroso iposolforoso iposolforoso molibdico molibdico nitroso periodico pirofosforico pirofosforico pirofosforico pirofosforico selenico selenidrico selenidrico selenioso selenioso silicico
Stadio
Ka 5,6 .10-3 1,7 .10-7 3,9 .10-12 6 .10-10 2,6 .10-5 5,8 .10-10 1,8 .10-13 1,6 .10-14 4,3 .10-7 5,6.10-11 3,5 .10-4 7,2 .10-10 1,1 .10-2 1,8 .10-1 3,2 .10-7 7,5 .10-3 6,2 .10-8 2,2 .10-13 1,0 .10-2 2,6 .10-7 6,9 .10-4 2,6 .10-9 1,9 .10-13 1,7 .10-1 2,1 .10-9 3,0 .10-8 2,3 .10-11 9 .10-8 1 .10-11 4,3 .10-1 3,2 .10-3 5,7 .10-5 5,8 .10-9 4,5 .10-4 2,3 .10-2 1,2 .10-1 4,9 .10-3 2,5 .10-7 4,8 .10-10 1,2 .10-2 1,5 .10-4 1,1 .10-15 2,7 .10-3 5 .10-8 2 .10-10
1 2 3
1 2 3 1 2
1 2 1 2 3 1 2 1 2
1 2 1 2 1 2
1 2 3 4 2 1 2 1 2 1
H3AsO3 H2AsO3HAsO32HAsO2 HN3 H3BO3 H2BO3HBO32H2CO3 HCO3HCNO HCN HClO2 H2CrO4 HCrO4H3PO4 H2PO4HPO42H3PO3 H2PO3HF H2GeO3 HGeO3HIO3 HBrO HClO HIO H2 N2 O2 HN2O2H2S2O4 HS2O4H2MoO2 HMoO2HNO2 HIO4 H4 P 2 O7 H3 P 2 O7 H2P2O72HP2O73HSeO4H2Se HSeH2SeO3 HSeO3H2SiO3
Cationi metallici Ag+ Al3+ Au3+ Ba2+ Be2+ Bi3+ Ca2+ Ce4+ Cd2+ Co2+ Cr2+ Cr3+ Cu+ Cu2+ Fe2+ Fe3+ Ga3+ Hf4+ Hg2+ In3+ K+ La3+
Stadio
Ka
1,2 .10-12 1,4 .10-5 3,2 .102 3,0 .10-14 6,3 .10-7 7,9 .10-2 1,6 .10-13 1,3 .101 7,9 .10-11 1,3 .10-9 1,0 .10-10 1,5 .10-4 5 .10-13 1,6 .10-7 1,7 .10-7 6,3 .10-3 2,5 .10-3 6,3 .10-1 2,6 .10-4 1,0 .10-4 3,2 .10-15 3,2 .10-9
Li+ Lu2+ Mg2+ Mn2+ Na+ Ni2+ Np4+ Pa4+ Pb2+ Pu3+ Pu4+ Sc3+ Sn2+ Sn4+ Sr2+ Th4+ Ti3+ Tl+ Tl3+ U4+ Y3+ Zr4+ Zn2+
2,5 .10-14 2,5 .10-8 4,0 .10-12 2,7 .10-11 6,3 .10-15 2,5 .10-11 3,2 .10-2 6,3 .100 2,0 .10-8 1,0 .10-7 3,2 .10-1 5,0 .10-5 4,0 .10-4 4,0 .100 5,0 .10-14 6,3 .10-4 6,3 .10-3 6,3 .10-14 2,5 .10-1 2,5 .10-1 2,0 .10-8 2,0 .100 3,3 .10-10
maleico malonico malonico ossalico ossalico propionico succinico succinico a tartarico a tartarico tereftalico tricloroacetico urico vinilacetico fenolo Basi inorganiche
2 1 2 1 2 1 2 1 2
8,57 1,49 2,03 5,90 6,40 1,34 6,89 2,47 1,04 4,55 3,1 2 1,3 4,57 1,28 Stadio
.10-7 .10-3 .10-6 .10-2 .10-5 .10-5 .10-5 .10-6 .10-3 .10-5 .10-4 .10-1 .10-4 .10-5 .10-10 Kb
ammoniaca idrossido di berillio idrossido di zinco idrossido di argento Basi organiche anilina caffeina chinina chinina dietilammina etilammina idrazina metilammina morfina nicotina novocaina piridina stricnina urea
2 2
Acidi organici acetico adipico adipico ascorbico ascorbico barbiturico benzoico cloroacetico citrico citrico citrico dicloroacetico formico fumarico fumarico lattico maleico
Stadio
Ka
Stadio
1 2 1 2
1 2 3
1 2 1
1,76 3,71 3,87 7,94 1,62 9,8 6,46 1,40 8,4 1,8 4,0 3,32 1,77 9,30 3,62 8,4 1,42
.10-5 .10-5 .10-5 .10-5 .10-12 .10-5 .10-5 .10-3 .10-4 .10-5 .10-6 .10-2 .10-4 .10-4 .10-5 .10-4 .10-2
1 2
3,82 4,1 1,1 1,35 9,6 5,6 1,7 4,38 1,6 1,0 7 1,71 1 1,3
.10-10 .10-14 .10-6 .10-10 .10-4 .10-4 .10-6 .10-4 .10-6 .10-6 .10-6 .10-9 .10-6 .10-14
8,2 .10-12 2,6 .10-9 4,9 .10-9 6,0 .10-12 1,4 .10-13 2,5 .10-10 3,1 .10-11 3,7 .10-15 8,1 .10-4 6,8 .10-6 2,2 .10-11 1,4 .10-7 6,3 .10-14 5,6 .10-10 1,2 .10-10 1,2 .10-5 1,1 .10-10 7,1 .10-5 8,0 .10-7 6,0 .10-2 6,0 .10-7 3,6 .10-4 1,8 .10-8 3,4 .10-7
Fosfati Ag3PO4 AlPO4 Ba3(PO4)2 Ca3(PO4)2 CaHPO4 Cd3(PO4)2 Co3(PO4)2 Cu3(PO4)2 FePO4 Li3PO4 MgNH4PO4 Mg3(PO4)2 Ni3(PO4)2 Pb3(PO4)2 Sr3(PO4)2 Zn3(PO4)2 Cromati e Dicromati Ag2CrO4 Ag2Cr2O7 BaCrO4 CaCrO4 Hg2CrO4 PbCrO4 SrCrO4
1,4 .10-16 5,8 .10-19 6,0 .10-39 2,1 .10-33 2,7 .10-7 2,5 .10-33 2,0 .10-35 1,3 .10-37 9,9 .10-29 2,4 .10-4 2,5 .10-13 9,9 .10-25 4,7 .10-32 1 .10-54 1 .10-31 9,1 .10-33
PbC2O4 SrC2O4 ZnC2O4 Cianuri AgCN CuCN Hg2(CN)2 Hg(CN)2 Ni(CN)2 Zn(CN)2 Arseniati Ag3AsO4 AlAsO4 Ca3(AsO4)2 CrAsO4 FeAsO4 Mg3(AsO4)2 Mn3(AsO4)2 Pb3(AsO4)2 Sr(AsO4)2 Zn3(AsO4)2 Bromati AgBrO3 Ba(BrO3)2 KBrO3 RbBrO3 TlBrO3 Nitriti AgNO2
1,2 .10-16 3,2 .10-20 5,0 .10-40 3,2 .10-33 3,2 .10-23 7,9 .10-12
1,1 .10-12 2 .10-7 1,2 .10-10 1,2 .10-10 2 .10-9 2,8 .10-13 2.0 .10-5
1,1 .10-20 1,6 .10-16 3,2 .10-19 7,8 .10-21 5,8 .10-21 2,1 .10-20 1,9 .10-29 4,1 .10-36 4,1 .10-19 1,1 .10-27
Iodati AgIO3 Ba(IO3)2 Ca(IO3)2 Cu(IO3)2 Hg(IO3)2 Pb(IO3)2 Ossalati Ag2C2O4 BaC2O4 CaC2O4 CdC2O4 CoC2O4 CuC2O4 CaC2O4 FeC2O4 Hg2C2O4 MgC2O4 MnC2O4
3,1 .10-8 3,9 .10-9 6,4 .10-6 1,4 .10-7 3,2 .10-13 3,6 .10-13 5,4 .10-12 1,7 .10-7 2,3 .10-9 1,4 .10-8 4,1 .10-8 2,9 .10-8 2,3 .10-9 2,1 .10-7 1,7 .10-13 4,8 .10-6 4,8 .10-6
5,4 .10-5 5,5 .10-6 7,3 .10-2 6,0 .10-3 1,1 .10-4
3,2 .10-5
Azoturi e Tiocianati CuN3 Hg2(N3)2 TlN3 Pb(N3)2 AgSCN CuSCN Pb(SCN)2 TlSCN 4,5 . 10-10 7,8 . 10-19 1,9 . 10-4 5,7 . 10-19 1,2 . 10-12 1,7 .10-13 2,1 . 10-5 1,5 . 10-4
AgOH Ag3AsO4 Ag2C2O4 Ag2CO3 Ag2Cr2O7 Ag2CrO4 Ag2S Ag2SO4 Ag3PO4 AgBr AgBrO3 AgCl AgCN AgI AgSCN AgIO3 AgNO2 AlAsO4 Al(OH)3 Al2S3 AlPO4 AuCl AuI Ba(IO3)2 Ba(OH)2 Ba(BrO3)2 Ba3(PO4)2 BaC2O4 BaCO3 BaCrO4 BaF2 BaSO4 Bi2S3 Ca(IO3)2 Ca(OH)2 CaHPO4 Ca3(AsO4)2 Ca3(PO4)2 CaC2O4 CaC2O4 CaCO3 CaCrO4 CaF2 CaS CaSO4 Cd(OH)2 Cd3(PO4)2 CdC2O4 CdCO3 CdS Co(OH)2 Co(OH)3 Co3(PO4)2
CoC2O4 CoCO3 CoS Cr(OH)3 CrAsO4 Cu(IO3)2 CuOH Cu(OH)2 Cu2S Cu3(PO4)2 CuBr CuC2O4 CuCl CuCN CuSCN CuCO3 CuI CuN3 CuS FeAsO4 Fe(OH)2 Fe(OH)3 FeCO3 FeC2O4 FePO4 FeS FeS2 Fe2S3 Hg2(CN)2 Hg(CN)2 Hg(OH)2 Hg2(N3)2 Hg2(OH)2 Hg2Br2 Hg2C2O4 Hg2Cl2 Hg2CO3 Hg2CrO4 Hg2I2 Hg2SO4 HgBr2 HgCl2 HgI2 Hg(IO3)2 HgS Hg2SO4 HgSO4 KBrO3 Li2CO3 LiF Li3PO4 Mg3(AsO4)2 Mg(OH)2
Mg3(PO4)2 MgC2O4 MgCO3 MgF2 MgNH4PO4 Mn3(AsO4)2 Mn(OH)2 Mn(OH)3 MnC2O4 MnCO3 MnS Ni(OH)2 Ni3(PO4)2 NiCO3 Ni(CN)2 NiS Pb3(AsO4)2 Pb(IO3)2 Pb(OH)2 Pb3(PO4)2 PbBr2 PbC2O4 PbCl2 PbCO3 PbCrO4 PbF2 PbI2 PbS
9,9 .10-25 4,8 .10-6 6,8 .10-6 6,6 .10-9 2,5 .10-13 1,9 .10-29 2,0 .10-13 1,0 .10-36 4,8 .10-6 2,2 .10-11 4,5 .10-14 5,3 .10-16 4,7 .10-32 1,4 .10-7 3,2 .10-23 1 .10-21 4,1 .10-36 3,6 .10-13 1,3 .10-20 1 .10-54 6,4 .10-6 8,5 .10-10 1,7 .10-5 6,3 .10-14 2,8 .10-13 2,7 .10-8 8,3 .10-9 8,4 .10-29
PbSO4 PoS RbBrO3 Sb2S3 Sn(OH)2 Sn(OH)4 SnS SnS2 Sr(AsO4)2 Sr(OH)2 Sr3(PO4)2 SrC2O4 SrCO3 SrCrO4 SrF2 SrSO4 TlBr TlBrO3 TlCl TlN3 Tl2SO4 Zn3(AsO4)2 Zn(OH)2 ZnC2O4 ZnCO3 Zn(CN)2 Zn3(PO4)2 ZnS
1,8 .10-8 6,2 . 10-29 6,0 .10-3 1,7 .10-93 5,1 .10-27 1,0 .10-57 3,0 .10-28 1 .10-70 4,1 .10-19 1,4 .10-4 1 .10-31 5,6 .10-2 5,6 .10-10 2.0 .10-5 2,5 .10-9 3,4 .10-7 3,7 .10-6 1,1 .10-4 1,8 .10-4 1,9 . 10-4 3,6 .10-4 1,1 .10-27 7,4 .10-17 1,3 .10-9 1,2 .10-10 7,9 .10-12 9,1 .10-33 2,7 .10-25
Equilibrio
Ag Cl(s) + Cl- AgCl2Ag+ + 2Cl- AgCl2Ag+ + 4Cl- AgCl43Ag+ + EDTA4- Ag(EDTA)3Ag+ + 2en Ag(en)2+ Ag+ + 2Br- AgBr2 3Ag+ + 4Br- AgBr4 Ag+ + 2CN- Ag(CN)2 Ag+ + NH3 AgNH3+ Ag+ + 2NH3 Ag(NH3)2+ Ag+ + 4SCN- Ag(SCN)43AgNH3+ + NH3 Ag(NH3)2+ 3Ag+ + 2S2O32- Ag(S2O3)2 Ag+ + 2SCN- Ag(SCN)2Ag+ + 2 I- [AgI2]Ag+ + 4 I- [AgI4]3Ag+ + C2O42- Ag(C2O4)Au+ + 2CN- Au(CN)2Au+ + 2NH3 Au(NH3)2+ Au3+ + 4NH3 Au(NH3)43+ Au+ + 2SCN- Au(SCN)2Au3+ + 4SCN- Au(SCN)4Au+ + 2CN- Ag(CN)2 Au3+ + 4CN- Au(CN)4 Au+ + 2Cl- AuCl2Al3+ + + EDTA4- Al(EDTA)Al3+ + 4OH- Al(OH)4 Al3+ + 3 ox2- [Al(ox)3]3Al3+ + 6 F- [AlF6]3Al3+ + 4 F- [AlF4]-1 Be2+ + 4 F- [BeF4]2Ca2+ + EDTA4- Ca(EDTA)2Cd2+ + 4CN- Cd(CN)42Cd2+ + 4Cl- Cd(Cl)42Cd2+ + 4I- CdI42Cd2+ + 4Br- Cd(Br)42Cd2+ + 3en Cd(en)32+ Cd2+ + 4NH3 Cd(NH3)42+ Cd2+ + 6 NH3 [Cd(NH3)6]2+ Cd2+ + 4 SCN- [Cd(SCN)4]2-
kf
3,2 .10-5 2,5 .105 5 .106 2,1 .107 5,0 .107 1,3 .107 8 .109 2,5 .1020 2,1 .103 1.6 .107 1,2 .1010 8,3 .103 1,7 .1013 2,0 .108 1.0 . 1011 1.0 . 1014 2.8 . 102 2,0 .1038 1,0 .1027 1,0 .1040 1,0 .1025 1,0 .1042 1,0 .1038 1,0 .1056 1,0 .109 1,3 .1016 1,1 .1033 2.0 .106 6.3 .1020 2.0 .108 1.3 .1013 1.0 .1011 5.9.1018 6.3.102 2.5.106 6.0.103 1.2.1012 1.3.107 2.6 .105 1.0 . 103 1.3 . 1014 2.0 1016 5.0 104 5 1019 1,0 .103 4.5 . 106
Co2+ + EDTA4- Co(EDTA)2Co2+ + 6NH3 Co(NH3)62+ Co2+ + 3ox2- Co(ox)34Co2+ + 4SCN- Co(SCN)42Co2+ + 3C2O42- [Co(C2O4)3]4-
Co3+ + 6NH3 Co(NH3)63+ Co3+ + EDTA4- Co(EDTA)Co3+ + 3en Co(en)33+ Co3+ + 3ox2- Co(ox)33Cr3+ + EDTA4- Cr(EDTA)Cr3+ + 4OH- Cr(OH)4 Cu+ + 2 Cl- [CuCl2]Cu+ + 2 I- [CuI2]Cu+ + 3Cl- CuCl32Cu+ + 2 Br- [CuBr2]-1 Cu+ + 2CN- Cu(CN)2Cu+ + 3CN- Cu(CN)32Cu+ + 4CN- Cu(CN)43Cu+ + 2NH3 Cu(NH3)2+ Cu2+ 4 OH- [Cu(OH)4]2Cu2+ + EDTA4- Cu(EDTA)2Cu2+ + 2en Cu(en)22+ Cu2+ + 4NH3 Cu(NH3)42+ Cu2+ + 4CN- Cu(CN)42Cu2+ + 2ox2- Cu(ox)22Cu2+ 2 SCN- [Cu(SCN)2] Fe2+ + 6CN- Fe(CN)64Fe2+ + EDTA4- Fe(EDTA)2Fe2+ + 3en Fe(en)32+ Fe2+ + 3ox2- Fe(ox)34Fe3+ + 2SCN- Fe(SCN)2+ Fe3+ 3 SCN- [Fe(SCN)3] Fe3+ + 6CN- Fe(CN)63Fe3+ + EDTA4- Fe(EDTA)Fe3+ + 3ox2- Fe(ox)33Fe3+ + SCN- Fe(SCN)2+ Fe2+ + 3 en [Fe(en)3]2+ Hg2+ + 4SCN- Hg(SCN)42Hg2+ + 4I- HgI42Hg2+ + 4Cl- Hg Cl42Hg2+ + 4CN- Hg(CN)42Hg2+ + EDTA4- Hg(EDTA)2Hg2+ + 2en Hg(en)22+ Hg2+ + 4I- HgI44Hg2+ + 4 Br- [HgBr4]2Hg2+ + 2ox2- Hg(ox)22Hg2+ + 4 NH3 [Hg(NH3)4]2+ I2(aq) + I- I3Mg2+ + EDTA4- MgEDTA)2Mn2+ + 3 en [Mn(en)3]2+ Ni2+ + 6NH3 Ni(NH3)62+ Ni2+ + 4CN- Ni(CN)42Ni2+ + EDTA4- Ni(EDTA)2Ni2+ + 3en Ni(en)32+ Ni2+ + 6NH3 Ni(NH3)62+ Ni2+ + 3ox2- Ni(ox)34Pb2+ + 3OH- Pb(OH)3-
4.6 1023 1.0 103 4.9 1048 1 1020 1.0 1023 8 .1029 3.0 . 105 8.0 . 108 5 105 8.0 . 105 1.0 1016 4.20 1028 2.0 .1030 7,2 .1010 1.3 . 1016 5 1018 2 1020 2 .1012 1 .1025 3 108 5.6 . 103 1.2 1024 2.1 1014 5 109 1.7 105 9.17 102 2.0 . 106 1.0 1042 1.7 1024 2 1020 8.9 102 5.2 . 109 5,0 .1021 1,0 .1030 1,3 . 1015 1.8 1041 6.3 1021 2 1023 6.8 1029 1.0 . 1020 9.5. 106 1.8 . 1019 7,0 .102 1.3 109 6.5 .105 9,0 .108 1.0 1022 3.6 1018 2 1023 2.0.5 .108 3 108 2.1 1018
Pb2+ + 3Cl- PbCl3Pb2+ + 4 Cl- [PbCl4]2Pb2+ + 4 Br- [PbBr4]2Pb2+ + EDTA4- Pb(EDTA)2Pb2+ + 4I- PbI42Pb2+ + 3OH- Pb(OH)3Pb2+ + 2ox2- Pb(ox)224Pb2+ + 3S2O32- Pb(S2O3)3 Pt2+ + 4Cl- PtCl42Pt2+ + 6NH3 Pt(NH3)62+ Sn4+ + 6 F- [SnF6]2Zn2+ + 4NH3 Zn(NH3)42+ Zn2+ + 4CN- Zn(CN)42Zn2+ + EDTA4- Zn(EDTA)2-
2.4 101 2.5 . 1015 1.0 . 104 2 1018 3.0 104 3.8 1014 3.5 106 2.2 .106 1.0 1016 2 .1035 1.0 . 1025 7,8.108 1.0 1017 2 1016
Zn2+ + 3en Zn(en)32+ Zn2+ + 4OH- Zn(OH)42Zn2+ + 3ox2- Zn(ox)34en = etilendiammina ox = ossalato (C2O42) EDTA = Etilendiammino tetraacetato S2O32- = tiosolfato SCN- = tiocianato
Complessi Acetati Cu2+ Pb2+ Ammino Ag+ Cd2+ Co2+ Co3+ Cu2+ Fe2+ Hg2+ Mn2+ Ni2+ Zn2+ Bromuri Ag+ Cd2+ Hg2+ Cianuri Ag+ Au3+ Cd2+ Co2+ Cu+ Cu2+ Fe2+ Fe3+ Hg2+ Ni2+ Zn2+ Cloruri Ag+ Bi3+ Cd2+ Cu+ Hg2+ Fluoruri Al3+ Cr3+ Fe3+ Ti4+ Zr4+ Ioduri Ag+ Bi3+ Cd2+ Cu+ Hg2+ Pb2+ Ossalati
pk1 2,1 2,5 3,2 2,5 2,1 7,3 5 4 9 0,8 3 2,3 4 2 9 5,5 3 18 3 2,5 1,5 3 6 5,1 5,2 6,5 8,5 2,5 13 1,5
pk2 1,2 1,5 3,8 2,1 1,5 6,7 4 3,4 8,5 0,5 2 2,4 3 1 8 20 5 24 4 17 2 2 0,5 2 13 5 4 4 4 7,5 12 1,5 8,6 11 1,5
pk3 0.5 1,5 1 6,1 3 0,1 1,5 2,5 1 0,5 2 4,5 3 5 4 17 0,1,5 0,1,5 4 3 3 6 2 1 4 0,5
pk4 0,1 0,6 5,6 2 0,6 1 1 2,2 0,5 0,1 56 3 1 6 3 22 3 0,0,5 0,1 3 0,0.5 1 1 2 0,5
pk5
pk6
5,1
4,4
0,-
0,-
20 30 40
0,-
0,-
1,8 0,0,-
1 0,0,-
20
pk1 7 9,5 10 3 -
pk2 5 7 6,5 8 2 18
pk3 3 4 3 0,5 1 2
pk5 0,0,-
pk6 0,0,-
0,-
0,-
Costanti di Formazione EDTA Catione K+ Na+ Li+ Tl+ Ra2+ Ag+ Ba2+ Sr2+ Mg2+ Be2+ Ca2+ V2+ Cr2+ Mn2+ Fe2+ La+ VO2+ KF 6.31x100 4.57 x101 6.17x102 3.5x106 1.3x107 2.1x107 5.8x107 4.3x108 4.9x108 1.6x109 5.0x1010 5.0x1012 4.0x1013 6.2x1013 2.1x1014 3.2x1015 3.5x1015 Catione Ce3+ Al3+ Co2+ Cd2+ Zn2+ Gd3+ Pb2+ Y3+ Sn2+ Pd2+ Ni2+ Cu2+ Hg2+ Th4+ Fe3+ V3+ Co3+ KF 9.5x1015 1.3x1016 2.0x1016 2.9x1016 3.2x1016 2.3x1017 1.1x1018 1.2x1018 2.0x1018 3.2x1018 4.2x1018 6.3x1018 6.3x1021 1.6x1023 1.3x1025 7.9x1025 2.5x1041
DHf entalpia standard di formazione in kJ/mol (per trasformare i kJ in kcal moltiplicare per 0,239) di una sostanza dai suoi elementi a 25C DGf energia libera standard di formazione in kJ/mol di una sostanza dai suoi elementi a 25C. S entropia standard di una sostanza in J/K.mol a 25C. Le entropie degli ioni sono determinate ponendo convenzionalmente pari a zero l'entropia standard dello ione H+.
Sostanza Afnio Hf(s) Hf(g) HfO2(s) HfF4(s) HfCl4(s) HfB2(s) Alluminio Al(s) Al3+(aq) AlO(g) AlO2-(aq) Al(OH)4-(aq) Al2O(g) Al2O3(s,corindone) AlH(g) AlF(g) AlCl3(s) Al2Cl6(g) AlBr3(s) AlF3(s) AlI3(s) Al2(SO4)3(s) AlNH4(SO4)2(s) AlN(s) AlPO4(s) Al4C3(s) Al2SiO5(s,sillimanite) Al2Si2O7.2H2O(s)
,caolinite Al(BH4)3(l) Al6Si2O13(s, mullite)
DHf DHf 0 619,2 -1144,7 -1930,5 -990,35 -336,0 DHf 0 -524,7 91,2 -930,9 -1502,5 -130 -1675,7 259,24 -258,2 -704,2 -1290,8 -526,4 -1504,1 -313,8 -3440,84 -2352,2 -318,0 -1733,8 -208,8 -2587,76 -4119,6 -16,3 -6816,2 DHf 0 235,6 205,0 145,105 -313,8 -382,17 -394,34 -907,5 -971,9 -1409,2
DGf DGf 0 576,5 -1088,2 -1830,4 -901,25 -332,2 DGf 0 -481,2 65,3 -830,9 -1305,3 -159 -1582,3 231,15 -283,7 -628,8 -1220,4 -505,0 -1425,0 -300,8 -3099,94 -2038,2 -287,0 -1617,9 -196,2 -2440,99 -3799,7 145,0 -6432,7 DGf 0 187,0 154,8 147,75 -301,2 -323,67 -334,29 -795,7 -829,2 -1246,9
S S 43,56 186,892 59,33 113 190,8 42,7 S 28,33 -321,7 218,39 -36,8 102,9 259,35 50,92 187,89 215,00 110,67 490 184,1 66,44 159 239,3 216,3 20,17 90,79 88,95 96,11 205,0 289,1 255 S 45,69 254,92 352 232,78 337,80 184,1 401,94 127,2 125,1 250,2
Antimonio Sb(s) Sb2(g) Sb4(g) SbH3(g) SbCl3(g) SbCl3(s) SbCl5(g) Sb2O4(s) Sb2O5(s) Sb2O6(s)
Sostanza Sb4O6(s, cubico) HSbO2(aq) Sb(OH)3(aq) SbBr3(s) Sb2S3(s) Sb2S42-(aq) Sb2Te3(s) (NH4)2Sb2S4(aq) Argento Ag(s) Ag+(aq) AgBr(s) AgBr(aq) AgBrO3(s) AgCl(s) AgCl(aq) AgClO2(s) AgClO3(s) Ag2CO3(s) Ag2CrO4(s) AgF(s) AgI(s) AgI(aq) AgIO3(s) Ag2O(s) Ag2O2(s) Ag2O3(s) AgNO2(s) AgNO3(s) AgN3(s) Ag2S(s,a) Ag2SO3(s) Ag2SO4(s) Ag2Se(s) Ag2SeO3(s) Ag2SeO4(s) Ag2Te(s) AgOH(aq) Ag(OH)2-(aq) AgCl.NH3(s) Ag(NH3)3Cl(s) Ag2CO3(s) Ag(CNS)2-(aq)
DHf -1440,6 -487,9 -773,6 -259,4 -174,9 -219,2 -56,5 -484,1 DHf 0 105,579 -100,37 -15,98 -10,5 -127,068 -61,58 8,79 -30,29 -506,15 -731,74 -202,9 -61,84 50,38 -171,1 -31,05 -24,3 33,9 -45,06 -124,39 308,8 -32,59 -490,8 -715,88 -38 -365,3 -420,5 -37,2 -260,2 -223,0 -397,5 -505,8 215,1
DGf -1268,1 -407,5 -644,7 -239,3 -173,6 -99,5 -55,2 -258,0 DGf 0 77,107 -96,90 -26,86 71,34 -109,789 -54,12 75,8 64,5 -437,15 -641,76 -148,9 -66,19 25,52 -93,7 -11,20 27,6 121,4 19,13 -33,41 376,2 -40,67 -411,2 -618,41 -44,4 -304,1 -334,2 -43,1 -92,0 -131,7 -161,3 -436,8 -
S 220,9 46,4 116,3 207,1 182,0 -52,3 234 174,5 S 42,55 72,68 107,1 155,2 151,9 96,2 129,3 134,56 142 167,4 217,6 83,7 115,5 184,1 149,4 121,3 117 100 128,20 140,92 104,2 144,01 158,2 200,4 150,71 230,1 248,5 154,8 139,7 237,7 167,4 -
Sostanza AgCl22-(aq) AgBr2-(aq) Ag(CN)2AgNH3+ Ag(NH3)2+ AgCN(s) AgCNO(s) AgCNS(s) Ag2MoO4(s) AgReO4(s) Arsenico As(s,a) As2(g) As4(g) As2O5(s) As4O6(s) AsH3(g) HAsO2(aq) AsO2-(aq) H2AsO3-(aq) AsO2- + H2O(l) H3AsO3(aq) HAsO2 + H2O H3AsO4(aq) H2AsO4-(aq) HAsO42-(aq) AsO43-(aq) AsI3(s) As2S3(s) AsN(g) NH4H2SO4(s) Azoto N2(g) NO(g) N2O(g) NO2(g) N2O3(g) N2O4(g) N2O5(g) HNO3(l) HNO2(aq) NO2-(aq) HNO3(aq) NO3-(aq) HN3(g) HN3(aq) N3-(aq) NH(g) NH2(g) NH3(g) NH3(aq) NH4+(aq) NH4OH(l)
DGf -215,4 -172,4 305,5 31,68 -111,29 -17,2 146,0 156,9 -95,4 -58,1 87,9 101,39 -840,6 -748,0 -736 -635,5 DHf DGf 0 0 222,2 171,9 143,9 92,4 -924,87 -782,3 -1313,94 -1152,43 66,44 68,93 -456,5 -402,66 -429,03 -349,98 -714,79 -587,13
" "
S 231,4 129 245,2 107,19 121 131,0 213 153,1 S 35,1 239,4 314 105,4 214,2 222,78 125,9 40,6 110,5
"
-742,2 " -902,5 -909,56 -906,34 -888,14 -58,2 -169,0 196,27 -1059,8 DHf 0 90,25 82,05 33,18 83,72 9,16 11,3 -174,10 -119,2 -104,6 -207,36 -205,0 294,1 260,08 275,14 351,5 184,9 -46,11 -80,28 -132,51 -361,20
-639,80 " -766,0 -753,17 -714,60 -648,41 -59,4 -168,6 167,97 -832,9 DGf 0 86,55 104,20 51,31 139,46 97,89 115,1 -80,71 -50,6 -32,2 -111,25 -108,74 328,1 321,8 348,2 345,6 194,6 -16,45 -26,50 -79,31 -254,02
195,0 " 184 117 -1,7 -162,8 213,05 163,6 225,6 172,05 S 191,61 210,761 219,85 240,06 312,28 304,29 355,7 155,60 135,6 123,0 146,4 146,4 238,97 146,0 107,9 181,23 195,00 192,45 111,3 113,4 165,56
Sostanza NH4F(s) NH4N3(s) NH4Cl(s) NH4Br(s) NH4I(s) NH4HS (NH4)2SO4(s) NH4HSe(s) NH4NO3(s) NH4ReO4(s) NF3(g) NOF(g) NOCl(g) NO2Cl(g) NOBr(g) N2H4(g) N2H4(l) HCN(l) HCN(g) HCN(aq) CN-(aq) HCNO(aq) CNO-(aq) HCNS(aq) CNS-(aq) Bario Ba(s) Ba2+(aq) BaO(s) BaCO3(s) BaCO3(aq) BaF2(s) BaCl2(s) Ba(ClO2)2(s) Ba(ClO4)2.3H2O(s) BaBr2(s) Ba(BrO3)2(s) BaI2(g) Ba(IO3)2(s) BaS(s) BaSO4(s) BaSeO3(s) BaSeO4(s) Ba(NO3)2(s) BaO.SiO2(s) BaSiF6(s) BaMnO4(s) BaCrO4(s) BaMoO4(s) BaTiO3(s) Ba2TiO4(s) BaZrO3(s) BaSrTiO4(s)
DHf -463,96 115,5 -314,43 -270,83 -201,42 -156,9 -1180,85 -133,1 -365,56 -945,6 -124,7 -66,5 51,71 12,6 82,17 95,40 50,63 108,87 135,1 107,1 150,6 -154,39 -146,0 76,44 DHf 0 -537,64 553,5 1216,3 1214,78 -1207,1 -858,6 -680,3 -1691,6 -757,3 -718,18 -326 -1027,2 -460 -1473,2 -1040,6 -1146,4 -992,07 -1623,60 -2952,2 -1446,0 -1548 -1659,8 -2243,0 -1779,5 -2276,1
DGf -348,68 274,2 -202,87 -175,2 -112,5 -50,5 -901,67 -23,3 -183,87 -774,7 -83,2 -51,0 66,08 54,4 82,42 159,35 149,34 124,97 124,7 119,7 172,4 -117,1 -97,4 97,56 92,71 DGf 0 -560,77 -525,1 -1137,6 -1088,59 -1156,8 -810,4 -531,3 -1270,4 -736,8 -544,2 -377 -864,7 -456 -1362,2 -968,1 -1044,7 -796,59 -1540,21 -2794,0 -1119,2 -1345,22 -1439,6 -1572,3 -2132,9 -1694,5 -2167,7
S 71,96 112,5 94,6 113 117 97,5 220,1 96,7 151,08 232,6 260,73 248,10 261,69 272,15 273,66 238,47 121,21 112,84 201,78 124,7 94,1 144,8 106,7 144,3 S 62,8 9,6 70,42 112,1 -47,3 96,36 123,68 197 393 146 247 343 249,4 78,2 132,2 167 176 213,8 109,6 163 158,6 138 107,9 196,6 124,7 191,6
Sostanza Berillio Be(s) Be2+(aq) BeO22-(aq) BeO(s) BeH(g) Be(OH)2(s,a) BeF(g) BeF2(s,a) BeCl2(s,a) BeSO4(s,a) BeSiO4(s) BeO.Al2O3(s)
crisoberillo
DHf DHf 0 -382,8 -790,8 -609,6 316,3 -902,5 -174,9 -1026,8 -490,4 -1205,20 -2149,3 -2300.8 -163 DHf 0 -573,88 -379,1 -366,9 -143,1 -77,4 DHf 0 -772,37 -300,4 25 449,61 48,16 35,6 -794,25 -788,77 -1094,33 -1072,32 -1344,03 "
DGf DGf 0 -379,73 -640,1 -580,3 285,8 -815,0 -203,4 -979,4 -445,6 -1093,80 -2032,5 -2178,5
S S 9,50 -129,7 -159 14,14 176,72 51,9 205,75 53,35 82,68 77,91 64,31 66,27 180,3 S 56,74 151,5 177,0 120,5 200,4 260,91 S 5,86 -37,2 229,56 203,54 171,86 110,5 232,11 38 50 88,83 162,3 102,5 "
UBe13(s) Bismuto Bi Bi3+(aq) BiO+(aq) Bi2O3(s) BiOH2+(aq) BiCl3(s) BiOCl(s) Bi2S3(s) Bi2Te3(s) BiCl4-(aq) BiCl63-(aq) BiBr4-(aq) BiI4-(aq) Boro B(s) BO2-(aq) BO2(g) BO(g) BH(g) BH4-(aq) B2H6(g) HBO2(s,monoclino) HBO2(s,ortorombico) H3BO3(s) H3BO3(aq) B(OH)4-(aq) BO2- + 2H2O H2B4O7(aq) HB4O7-(aq) B4O72-(aq) BF4-(aq) B2O3(s) BF3(g) BN(s) B4C(s) Bromo Br2(l)
-163 DGf 0 82,8 -146,4 -493,7 -146,4 -315,0 -322,1 -140,6 -77,0 -481,5 -764,74 -377-4 -208,8 DGf 0 -678,89 -305,9 -4 419,60 114,35 86,7 -723,4 -721,7 -968,92 -968,75 -1153,17 " -2719,9 -2685,1 -2604,64 -1574,9 -1486,9 -1272,77 -1193,65 -1137,00 -1120,33 -254,4 -228,4 -71 -71 DHf DGf 0 0
Sostanza Br2(g) Br2(aq) Br-(aq) BrO-(aq) HBrO(aq) BrO3-(aq) BrO4-(aq) HBr(g) BrO(g) BrF(g) BrF3(g) BrF5(g) Cadmio Cd(s,g) Cd2+(aq) CdO(s) CdO22-(aq) CdOH+(aq) HCdO2-(aq) Cd(OH)2(s) Cd(OH)3-(aq) HCdO2- + H2O Cd(OH)42-(aq) CdO2- + 2H2O CdF2(s) CdCl2(s) CdBr2(s) CdI2(s) Cd(IO3)2(s) CdS(s) CdSO4(s) CdSeO3(s) CdSeO4(s) CdTe(s) CdSb(s) CdCO3(s) CdI42-(aq) CdCl3-(aq) Cd(N3)42Cd(CN)42Calcio Ca(s) Ca(g) Ca2+(aq) CaO(s) Ca(OH)2(s) Ca(OH)2(aq) CaOH+(aq) CaCO3(s, calcite) CaCO3(s, aragonite) CaCO3(aq) CaF2(s) CaF2(aq)
DHf 30,907 -2,59 -121,55 -94,1 -113,0 -67,07 13,0 -36,40 125,77 -93,85 -255,60 -428,9 DHf 0 -75,90 -258,2 -560,7 " " -700,4 -391,50 -316,18 -203,3 -161,9 -933,28 -575,3 -633,0 -92,5 -14,39 -750,6 -341,8 -561,1 428,0 DHf 0 178,2 -542,83 -635,09 -986,09 -1002,82 -1206,92 -1207,13 -1219,97 -1219,6 -1208,09
DGf 3,110 3,93 -103,96 -33,4 -82,4 18,60 118,1 -53,45 108,22 -109,18 -229,43 -350,6 DGf 0 -77,612 -228,2 -284,4 -261,1 -363,5 -473,6 -600,7 " -758,4 " -647,7 -343,93 -296,31 -201,38 -377,01 -156,5 -822,72 -497,8 -531,7 -92,0 -13,01 -669,4 -315,9 -487,0 1295,2 507,6 DGf 0 144,3 -553,58 -604,03 -898,49 -868,07 -718,4 -1128,79 -1127,75 -1081,39 -1167,3 -1111,15
S 245,463 130,5 82,4 42 142 161,71 199,6 198,695 237,55 228,97 292,53 320,19 S 51,76 -73,2 54,8 96 " " 77,4 115,27 137,2 161,1 64,9 123,039 142,3 164,4 100 92,9 92,5 326 202,9 322 S 41,42 154,884 -53,1 39,75 83,39 -74,5 92,9 88,7 -110,0 68,87 -80,8
Sostanza CaCl2(s) CaBr2(s) CaI2(s) Ca(IO3)2(s) CaS(s) CaC2(s) CaSO4(s, anidrite) CaSO4(aq) CaSe(s) Ca(NO3)2(s) Ca2P2O7(s) Ca3(PO4)2(s) CaHPO4(s) Ca3(AsO4)2(s) Ca2Fe(CN)6(aq) CaMoO4(s) CaWO4(s) CaZrO3(s) CaMg(CO3)2(s,
dolomite)
DHf -795,8 -682,8 -533,5 -1002,5 -482,4 -59,8 -1434,11 -1452,10 -368,2 -938,39 -3338,8 -4120,8 -1814,39 -3298,7 -1541,4 -1645,15 -1766,9 -2326,3 DHf 0 1,895 -110,525 -120,96 -393,51 -413,80 -135,44 -102,9 89,70 -677,14 -691,99 -699,65 " -925 108,87 135,1 107,1 150,6 -154,39 -146,0 76,44 DHf 0 -696,2 -537,2 -1088,7 -1796,2 -205 DHf 0 -258,28
DGf -748,1 -663,6 -528,9 -839,2 -477,4 -64,9 -1321,79 -1298,10 -363,2 -743,07 -3132,0 -3884,7 -1681,18 -3063,0 -441,7 -1434,6 -1538,43 -1681,1 -2163,4 DGf 0 2,900 -137,168 -119,90 -394,36 -358,98 -65,21 -60,59 65,27 -527,821 -586,77 -623,08 " -879 124,97 124,7 119,7 172,4 -117,1 -97,4 97,56 92,71 DGf 0 -672,0 -503,8 -1024,6 -1706,2 -163 DGf 0 -292,02
S 104,6 130 142 230 56,5 69,96 106,7 -33,1 67 193,3 189,24 236,0 111,38 226 122,6 126,40 100,08 155,18 S 5,740 2,377 197,674 104,6 213,74 117,6 216,40 309,85 151,34 -56,9 91,2 187,4 " 261,61 112,84 201,78 124,7 94,1 144,8 106,7 144,3 S 72,0 -205 -301 62,30 150,6 55,6 S 85,23 133,05
Carbonio C(s, grafite) C(s, diamante) CO(g) CO(aq) CO2(g) CO2(aq) CCl4(l) CCl4(g) CS2(l) CO32-(aq) HCO3-(aq) H2CO3(aq) CO2(aq) + H2O CF4(g) HCN(l) HCN(g) HCN(aq) CN-(aq) HCNO(aq) CNO-(aq) HCNS(aq) CNS-(aq) Cerio Ce(s) Ce3+(aq) Ce4+(aq) CeO2(s) Ce2O3(s) CeH2(s) Cesio Cs(s) Cs+(aq)
Sostanza Cs2O(s) CsF(s) CsCl(s) CsClO3(s) CsClO4(s) CsBr(s) CsI(s) Cs2SO4(s) CsNO3(s) CsBO2(s) CsBCl4(s) CsCuCl3(s) CsReO4(s) Cs2UO4(s) Cloro Cl2(g) Cl-(aq) HCl(aq) HCl(g) HClO(aq) ClO-(aq) HClO2(aq) ClO2-(aq) ClO3-(aq) ClO4-(aq) ClO(g) ClO2(g) ClO2(aq) Cl2O(g) ClF(g) ClF3(g) Cobalto Co(s,a) Co2+(aq) Co3+(aq) CoO(s) Co3O4(s) Co(OH)2(s,blu) Co(OH)2(aq) HCoO2-(aq) CoF2(s) CoCl2(s) CoSO4(s) Co(NH3)6(NO3)3(s) Co(NH3)6(ClO4)3(s) Co(NH3)42+(aq) Co(NH3)63+(aq) Co(NH3)5Cl2+(aq) Co(NH3)6Cl2+(aq) Cromo Cr(s) CrO42-(aq) HCrO4-(aq)
DHf -345,77 -553,5 -443,04 -411,7 -443,09 -405,81 -346,60 -1443,02 -505,97 -972,4 -941,8 -698,7 -1103,7 -1928,8 DHf 0 -167,159 -167,159 -92,307 -120,9 -107,1 -51,9 -66,5 -103,97 129,33 101,84 102,5 74,9 80,3 -54,48 -163,2 DHf 0 -58,2 92 -237,94 -891 -692,0 -312,5 -888,3 -1282,0 -1034,7 -584,9 -628,0 -770,3 DHf 0 -881,15 -878,2
DGf -308,14 -525,5 -414,53 -307,9 -314,26 -391,41 -340,58 -1323,58 -406,54 -915,1 -826,7 -627,1 -1005,8 -1806,2 DGf 0 -131,228 -131,228 -95,299 -79,9 -36,8 5,9 17,2 -7,95 -8,52 98,11 120,5 120,1 97,9 -55,94 -123,0 DGf 0 -54,4 134 -214,20 -774 -450,1 -421,7 -407,5 -647,2 -269,8 -782,3 -524,5 -221,1 -189,3 -157,0 -291,7 -280,0 DGf 0 -727,75 -764,7
S 146,86 92,80 101,17 156,1 175,06 113,05 123,05 211,92 155,2 104,35 151,0 213,38 205,0 219,66 S 223,066 56,5 56,5 186,908 142 42 188,3 101,3 162,3 182,0 226,63 256,84 164,8 266,21 217,89 281,61 S 30,04 -113 -305 52,97 102,5 81,96 109,16 118,0 448 615 146 341,4 117 S 23,77 50,21 184,1
Sostanza Cr2O72-(aq) Cr2O3(s) Cr3C2(s) Tl2CrO4(s) Ag2CrO4(s) FeCr2O4(s) Deuterio D2(g) D2O(g) D2O(l) Disprosio Dy(s) Dy3+(aq) Dy2O3(s) DyC2(g) Erbio Er(s) Er3+(aq) Er2O3(s) ErC2(g) Europio Eu(s) Eu2+(aq) Eu3+(aq) EuO(s) Eu2O3(s,monoclino) Ferro Fe(s) Fe2+(aq) Fe3+(aq) Fe3O4(s,magnetite) Fe2O3(s,ematite) Fe(OH)2(s) HFeO2-(aq) FeO22-(aq) Fe(OH)3(s) Fe(OH)3(aq) Fe(OH)3-(aq) HFeO2- + H2O Fe(OH)42-(aq) FeO22- + 2H2O FeS(s, a) FeS2(s,pirite) FeF2(s) FeCl2(s) FeCl3(s) FeBr2(s) FeSO4(s) FeAsS(s) FeCO3(s,siderite) FeMoO4(s) Fe2SiO4(s) ZnFe2O4(s)
DHf -1490,3 -1139,7 -80,8 -944,7 -731,74 -1444,7 DHf 0 -249,199 -249,600 DHf 0 -699 -1863,1 862,3 DHf 0 -705,4 -1897,9 578,2 DHf 0 -527 -605,0 -592,0 -1651,4 DHf 0 -89,1 -48,5 -1118,4 -824,2 -569,0 -823,0 -100,0 -178,2 -711,3 -341,79 -399,49 -249,8 -928,4 -42 -740,57 -1075 -1479,9 -1169,4
DGf -1301,1 -1058,1 -81,6 -861,4 -641,76 -1343,8 DGf 0 -234,535 -243,439 DGf 0 -665 -1771,5 808,3 DGf 0 -669,1 -1808,7 524,6 DGf 0 -540,2 -574,1 -556,9 -1556,8 DGf 0 -78,90 -4,7 -1015,4 -742,2 -486,5 -377,7 -295,3 -696,5 -659,3 -614,9 " -769,7 " -100,4 -166,9 -668,6 -302,30 -344,00 -238,1 -820,8 -50 -666,67 -975 -1379,0 -1063,5
S 261,9 81,2 85,44 282,4 217,6 146,0 S 144,960 198,339 75,94 S 74,77 -231,0 149,8 268 S 73,18 -244,3 155,6 264 S 77,78 -8 -222 63 146 S 27,28 -137,7 -315,9 146,4 87,40 88 106,7 60,29 52,93 86,99 117,95 142,3 140,6 107,5 121 92,9 129,3 145,2 151,67
Sostanza CuFeO2(s) CuFe2O4(s) FeWO4(s) Fe(CN)63-(aq) Fe(CN)64-(aq) Fe(SO4)2-(aq) Fluoro F2(g) F-(aq) HF(g) HF(aq) F2O(g) Fosforo P(s,bianco) P4(g) PH3(g) PH3(aq) PH4OH(aq) PH3(aq) + H2O PH4+(aq) PCl3(l) PCl3(g) PN(g) PF3(g) PCl5(g) H3PO4(aq) H2PO4-(aq) HPO42-(aq) PO43-(aq) H4P2O7(aq) H3P2O7-(aq) H2P2O72-(aq) HP2O73-(aq) P2O74-(aq) P4O10(s,esagonale) Gadolinio Gd(s) Gd3+(aq) Gallio Ga(s) Ga2+(aq) Ga3+(aq) GaO(g) Ga2O3(s,b) Ga(OH)3(s) H2GaO3-(aq) HGaO32-(aq) GaOH2+(aq) GaF3(s) GaCl3(s) GaBr3(s) GaAs(s) GaSb(s)
DHf -532,6 -965,21 -1155 561,9 455,6 DHf 0 -332,63 -271,1 -320,08 24,7 DHf 0 58,91 5,4 -9,50 -295,35 " -319,7 -287,0 109,87 -918,8 -374,9 -1288,34 -1296,29 -1292,14 -1277,4 -2268,6 -2276,5 -2278,6 -2274,8 -2271,1 -2984,0 DHf 0 -686 DHf 0 -211,7 279,5 -1089,1 -964,4 -1163 -524,7 -386,6 -71 -41,8
DGf -479,9 -858,74 -1054 729,4 695,08 -1524,5 DGf 0 -278,79 -273,2 -296,82 41,9 DGf 0 24,44 13,4 25,36 -211,78 " 92,1 -272,3 -267,8 87,72 -897,5 -305,0 -1142,54 -1130,28 -1089,15 -1018,7 -2032,0 -2032,2 -2010,2 -1972,2 -1919,0 -2697,7 DGf 0 -661 DGf 0 -88 -159,0 253,5 -998,3 -831,3 -745 -686 -380,3 -1085,3 -454,8 -359,8 -67,8 -38,9
S 88,7 141,0 131,8 270,3 95,0 S 202,78 -13,8 173,779 88,7 247,43 S 41,09 279,98 210,23 120,1 190,0 " 217,18 311,78 211,19 273,24 364,58 158,2 90,4 33,5 -222 268 213 163 46 -117 228,86 S 68,07 -205,9 S 40,88 -331 231,1 84,98 100 84 142 180 64,18 76,07
Sostanza GaBr4-(aq) Germanio Ge(s) Ge(g) GeO(s, brown) GeO2(s,esagonale) GeH4(g) GeCl4(l) GeCl4(g) GeBr2(g) GeBr4(l) GeBr4(g) GeI2(s) GeI4(s) GeS(s) GeS(g) GeP(s) Idrogeno H2(g) H+(aq) H2O(l) H2O(g) H2O2(l) H2O2(g) H2O2(aq) OH(g) OH-(aq) Indio In(s) In(g) In+(aq) In2+(aq) In3+(aq) In2O3(s) In(OH)2+(aq) InOH2+(aq) In2S3(s) In2(SO4)3(s) InP(s) InAs(s) InSb(s) Iodio I2(s) I2(g) I2(aq) I-(aq) I3-(aq) HI(g) HIO(aq) IO-(aq) HIO3(aq) IO3-(aq) IO4-(aq)
DHf -661,9 DHf 0 376,6 -261,9 -551,0 90,8 -531,8 -495,8 -62,8 -347,7 -300,0 -88 -141,8 -69,0 92 -21 DHf 0 0 -285,830 -241,818 -187,78 -136,31 -191,17 38,95 -229,994 DHf 0 243,30 -105 -925,79 -619 -370,3 -427 -2787 -88,7 -58,6 -30,5 DHf 0 62,438 22,6 -55,19 -51,5 26,48 -138,1 -107,5 -211,3 -221,3 -151,5
DGf -550,2 DGf 0 335,9 -237,2 -497,0 113,4 -462,7 -457,3 -106,7 -331,4 -318,0 -84 -144,3 -71,5 42 -17 DGf 0 0 -237,129 -228,572 -120,35 -105,57 -134,03 34,23 -157,244 DGf 0 208,71 -12,1 -50,7 -98,0 -830,68 -525,0 -313,0 -412,5 -2439 -77,0 -53,6 -25,5 DGf 0 19,327 16,40 -51,57 -51,4 1,70 -99,1 -38,5 -132,6 -128,0 -58,5
S 36,0 S 31,09 167,900 50 55,27 217,13 245,6 347,72 331,1 280,7 396,17 134 271,1 71 234 63 S 130,684 0 69,91 188,825 109,6 232,7 143,9 183,745 -10,75 S 57,82 173,79 -151 104,2 25 -88 163,6 272 59,8 75,7 86,2 S 116,135 260,69 137,2 111,3 239,3 206,59 95,4 -5,4 166,9 118,4 222
Sostanza IF(g) IBr(g) ICl(g) ICl3(s) Iridio Ir(s) Ir(g) IrF6(s) Itterbio Yb(s) Yb(g) Yb2+(aq) Yb3+(aq) Yb2O3(s) Ittrio Y(s) Y(g) Y3+(aq) Y2O3(s) YH3(s) YF3(s) Y2(SO4)3(s) YC2(s) Y(ReO4)3(s) Y(SO4)2-(aq) Lantanio La(s) La(g) La3+(aq) La2O3(s) La(IO3)2(s) La2(SeO3)3(s) La2Te3(s) Litio Li(s) Li(g) Li+(aq) Li2O(s) LiH(s) LiOH(s) LiF(s) LiCl(s) LiBr(s) LiI(s) Li2SO4(s) Li3N(s) LiNO3(s) Li2CO3(s) Li2SiO3(s) LiBO2(s) LiAlO2(s) Li3AlF6(s) Li2MoO4(s)
DHf -96,65 40,84 17,78 -89,5 DHf 0 665,3 -579,65 DHf 0 152,3 -674,5 -1814,6 DHf 0 421,3 -723,4 -1905,31 -267,8 -1718,8 -109 -2936,7 -2518,8 DHf 0 431,0 -707,1 -1793,7 -1397 -2879,43 -724 DHf 0 159,37 -278,49 -597,94 -90,54 -484,93 -615,97 -408,61 -351,213 -270,41 -1436,49 -164,4 -372,4 -1215,9 -1648,1 -1032,2 -1193,32 -3367,7 -1520,30
DGf -118,51 3,69 -5,46 -22,29 DGf 0 617,9 -461,56 DGf 0 118,4 -527 -644,0 -1726,7 DGf 0 381,1 -693,8 -1816,60 -208,7 -1644,7 -3626,5 -109 -2633,2 -2201,5 DGf 0 393,56 -683,7 -1705,8 -1131,2 -2633,7 -714,6 DGf 0 126,66 -293,31 -561,18 -68,35 -438,95 -587,71 -384,37 -342,00 -270,29 -1321,70 -128,4 -302,0 -1132,06 -1557,2 -976,1 -1131,3 -3207,8 -1409,5
S 236,17 258,773 247,551 167,4 S 35,48 193,578 247,7 S 59,87 173,126 -238 133,1 S 44,43 179,48 -251 99,08 41,92 100 54 368 -71 S 56,9 182,377 -217,6 127,32 259 339 231,63 S 29,12 138,77 13,4 37,57 20,008 42,80 35,65 59,33 74,27 86,78 115,1 62,59 96 90,37 79,83 51,5 53,346 187,86 126
Sostanza LiNbO3(s) Li2TiO3(s) LiUO2AsO4 Lutezio Lu(s) Lu(g) Lu3+(aq) Lu2O3(s) Magnesio Mg(s) Mg(g) Mg2+(aq) MgO(s) MgH2(s) Mg(OH)2(s) MgOH+(aq) MgF2(s) MgCl2(s) MgBr2(s) MgI2(s) MgS(s) MgSO3(s) MgSO4(s) Mg(NO3)2(s) Mg3(PO4)2(s) MgCO3(s,magnesite) MgSiO3(s) Mg2SiO4(s) Mg2Ge(s) MgO.Al2O3(s,spinello) MgCd(s) MgFe2O4(s) MgCr2O4(s) MgMoO4(s) MgWO4(s) MgV2O6(s) MgV2O7(s) MgTiO3(s) Mg2TiO4(s) MgUO4(s) Manganese Mn(s,a) Mn(g) Mn2+(aq) MnO(s) MnO2(s) Mn2O3(s) Mn3O4(s) MnO4-(aq) MnO42-(aq) Mn(OH)2(s) MnOH+(aq) MnCl2(s)
DHf -1670,7 DHf 0 427,6 -665 -1878,2 DHf 0 147,70 -466,85 -601,70 -75,3 -924,54 -1123,4 -641,32 -524,3 -364,0 -346,0 -1008,3 -1284,9 -790,65 -3780,7 -1095,8 -1549,00 -2174,0 -108,8 -2299,9 -16,07 -1428,4 -1783,6 -1400,85 -1532,6 -2201,58 -2835,92 -1572,8 -2165,2 -1857,3 DHf 0 280,7 -220,75 -385,22 -520,03 -959,0 -1387,8 -541,4 -653 -695,4 -450,6 -481,29
DGf -1266,0 -1579,8 -2002,8 DGf 0 387,8 -628 -1789,0 DGf 0 113,10 -454,8 -569,43 -35,9 -833,51 -626,7 -1070,2 -592,79 -503,8 -358,2 -341,8 -923,8 -1170,6 -589,4 -3538,7 -1012,1 -1462,09 -2055,1 -105,9 -2175,2 -15,52 -1317,1 -1668,9 -1295,68 -1420,8 -2039,31 -2645,18 -1484,4 -2046,7 -1749,7 DGf 0 238,5 -228,1 -362,90 -465,14 -881,1 -1283,2 -447,2 -500,7 -615,0 -405,0 -440,50
S 91,76 S 50,96 184,800 -264 109,96 S 32,68 148,650 -138,1 26,94 31,09 63,18 57,24 89,62 117,2 129,7 50,33 87,9 91,6 164,0 189,20 65,7 67,74 95,14 86,48 80,63 82,68 123,8 106,02 118,8 101,17 160,7 200,4 74,56 109,33 131,8 S 32,01 173,70 -73,6 59,71 53,05 110,5 155,6 191,2 59 99,2 -17 118,24
Sostanza Mn(IO3)2(s) MnS(s,verde) MnSO4(s) MnSe(s) MnCO3(s) MnSiO3(s) Mn2SiO4(s) Mn(OH)3-(aq) MnCl3-(aq) Mercurio Hg(l) Hg(g) Hg(aq) Hg2+(aq) Hg22+(aq) HgO(s,ortorombico) Hg(OH)2(aq) HgOH+(aq) HHgO2-(aq) HgCl2(s) HgCl2(aq) Hg2Cl2(s) HgBr2(s) HgBr2(aq) HgI2(s) HgI2(g) HgI2(aq) HgS(s) Hg2SO4(s) Hg2(N3)2(s) Hg2CO3(s) Hg(CNS)42-(aq) HgI42-(aq) HgBr42-(aq) HgCl42-(aq) Hg(NH3)42+(aq) Hg(CN)42-(aq) Molibdeno Mo(s) Mo(g) MoO2(s) MoO3(s) MoO42-(aq) MoS2(s) Neodimio Nd(s) Nd(g) Nd3+(aq) Nd2O3(s) Nd2S3(s) Nichel Ni(s) Ni(g)
DHf -669 -214,2 -1065,25 -106,7 -894,1 -1320,9 -1730,5 DHf 0 61,317 37,7 171,1 172,4 -90,83 -355,2 -84,5 -224,3 -216,3 -265,22 -170,7 -160,7 -105,4 -17,2 -79,5 -58,2 -743,12 594,1 -553,5 326,4 -235,1 -431,0 -544,0 -282,8 526,3 DHf 0 658,1 -588,94 -745,09 -997,9 -235,1 DHf 0 327,6 -696,2 -1807,9 -1188 DHf 0 429,7
DGf -520,4 -218,4 -957,36 -111,7 -816,7 -1240,5 -1632,1 -744,2 -620,0 DGf 0 31,820 39,3 164,40 153,52 -58,539 -274,8 -52,3 -190,3 -178,6 -173,2 -210,745 -153,1 -143,1 -101,7 -59,9 -75,3 -50,6 -625,815 746,5 -468,1 411,4 -211,7 -371,1 -446,8 -51,7 618,15 DGf 0 612,5 -533,01 -667,97 -836,3 -225,9 DGf 0 292,4 -671,6 -1720,8 -1172,4 DGf 0 384,5
S 264 78,2 112,1 90,8 85,8 89,1 163,2 S 76,02 174,96 71 -32,2 84,5 70,29 142 71 146,0 155 192,5 172 172 180 336,13 176 82,4 200,66 205 180 456 360 310 293 335 305 S 28,66 181,950 46,28 77,74 27,2 62,59 S 71,5 189,406 -206,7 158,6 185,27 S 29,87 182,193
Sostanza Ni2+(aq) NiO(s) Ni(OH)2(s) NiOH+(aq) NiCl2(s) Ni(IO3)2(s) NiS(s) NiSO4(s) Ni(NH3)62+(aq) Ni(CN)42-(aq) Niobio Nb(s) Nb(g) NbO(s) NbO2(s) Nb2O5(s) NbO3-(aq) NbF5(s) NbCl5(s) NbN(s) NbC(s) NbCo2(s) NbCo3(s) NbFe2(s) NbCr2(s) Olmio Ho(s) Ho(g) Ho3+(aq) Ho2O3(s) Oro Au(s) Au(g) Au(OH)3(s) Au(OH)3(aq) H2AuO3-(aq) HAuO32-(aq) AuO33-(aq) AuCl4-(aq) AuBr4-(aq) Au(CN)2-(aq) Osmio Os(s) Os(g) OsO4(s,giallo) OsO4(aq) H2OsO5(aq) HOsO5-(aq) Ossigeno O2(g) O2(aq) O3(g) O3(aq)
DHf -54,0 -239,7 -529,7 -287,9 -305,332 -489,1 -82,0 -872,91 -630,1 367,8 DHf 0 725,9 -405,8 -796,1 -1899,5 -1813,8 -797,5 -235,1 -138,9 -57,3 -59,0 -46,4 -20,9 DHf 0 300,8 -705,0 -1880,7 DHf 0 366,1 -424,7 -322,2 -191,6 242,3 DHf 0 791 -394,1 -378,2 DHf 0 -11,7 142,7 125,9
DGf -45,6 -211,7 -447,2 -227,6 -259,032 -326,3 -79,5 -759,7 -255,7 472,1 DGf 0 681,1 -378,6 -740,5 -1766,0 -932,1 -1699,0 -683,2 -205,8 -136,8 -55,2 -57,3 -49,4 -20,9 DGf 0 264,8 -673,7 -1791,1 DGf 0 326,3 -316,92 -283,37 -218,3 -142,2 -51,8 -235,14 -167,3 258,8 DGf 0 745 -304,9 -301,85 -538,95 -470,2 DGf 0 16,4 163,2 174,1
S -128,9 37,99 88 -71 97,65 213 52,97 92 394,6 218 S 36,40 186,256 48,1 54,52 137,24 160,2 210,5 34,52 35,40 92 121 100 83,55 S 75,3 195,59 -226,8 158,2 S 47,40 180,503 189,5 266,9 336,0 172 S 32,6 192,573 143,9 186,6 S 205,138 110,9 238,93 146
Sostanza H2O(l) H2O(g) H2O2(l) H2O2(g) H2O2(aq) OH(g) OH-(aq) Palladio Pd(s) Pd(g) Pd2+(aq) PdO(g) PdI2(s) PdS(s) PdCl42-(aq) PdCl62-(aq) PdBr42-(aq) PdBr62-(aq) Pd(NH3)42+(aq) Pd(N3)2Cl22-(aq) Pd(CN)42-(aq) Piombo Pb(s) Pb(g) Pb2+(aq) PbO(s,giallo) PbO(s, rosso) PbO2(s) Pb3O4(s) Pb(OH)2(s) H2PbO2(aq) PbOH+(aq) HPbO2Pb(OH)3-(aq) HPbO2- + H2O PbMoO4(s) PbF2(s) PbCl2(s) PbBr2(s) Pb(BrO3)2(s) PbI2(s) Pb(IO3)2(s) PbS(s) PbSO4(s) PbSe(s) PbSeO4(s) PbTe(s) Pb(N3)2(s,monoclino) PbCO3(s) Pb(CNS)2(s) PbCl3-(aq) PbBr3-(aq) PbI42-(aq)
DHf -285,830 -241,818 -187,78 -136,31 -191,17 38,95 -229,994 DHf 0 378,2 149,0 348,9 -63,2 -75 -550,2 -598 -384,9 DHf 0 195,0 -1,7 -217,32 -218,99 -277,4 -718,4 -1051,9 -664,0 -359,41 -278,7 -175,48 -495,4 -100,4 -919,94 -102,9 -609,2 -70,7 478,2 -699,1 -
DGf -237,129 -228,572 -120,35 -105,57 -134,03 34,23 -157,244 DGf 0 339,7 176,5 325,9 -71,5 -67 -417,1 -430,0 -318,0 -335,1 -75 557 628 DGf 0 161,9 -24,43 -187,89 -188,93 -217,33 -601,2 -452,2 -400,8 -226,3 -338,42 -575,6 " -951,4 -617,1 -314,10 -261,92 -16,30 -173,64 -351,4 -98,7 -813,14 -101,7 -504,9 -69,5 624,8 -625,5 134,3 -426,3 -343,1 -254,8
S 69,91 188,825 109,6 232,7 143,9 183,745 -10,75 S 37,57 167,05 -184 218 180 46 167 272 247 S 64,81 175,373 10,5 68,70 66,5 68,6 211,3 166,1 110,5 136,0 161,5 174,85 313,0 91,2 148,57 102,5 167,8 110,0 148,1 131,0 -
Sostanza Platino Pt(s) Pt(g) Pt2+(aq) PtCl3-(aq) PtCl42-(aq) PtCl62-(aq) PtBr42-(aq) PtBr62-(aq) PtS(s) PtS2(s) Polonio Po(s) Po2+(aq) Po4+(aq) Po(OH)4(s) PoCl62(aq) PoS(s) Potassio K(s) K(g) K+(aq) KOH(s) KH(g) KF(s) KCl(s) KBr(s) KI(s) KClO3(s) KClO4(s) KBrO3(s) KBrO4(s) KIO3(s) KIO4(s) K2S(s) K2SO4(s) K2S2O7(s) K2S4O6(s) K2SeO4(s) KNO2(s,rombico) KNO3(s) K2CO3(s) KHCO3(s) KCN(s) KCN(g) KCNS(s) K2SiF6(s) K2SnCl6(s) KBO2(s) KBF4(s) K4CdCl6(s) K2CuCl4(s) K3Fe(CN)6(s)
DHf DHf 0 565,3 -499,2 -668,2 -368,2 -470,7 -81,6 -108,8 DHf 0
DHf 0 89,24 -252,38 -424,764 130 -567,27 -436,747 -393,798 -327,900 -397,73 -432,75 -360,24 -287,86 -501,37 -467,23 -380,7 -1437,79 -1986,6 -1780,71 -1110,02 -369,82 -494,63 -1151,02 -963,2 -113,0 90,8 -200,16 -2956,0 -1477,0 -981,6 -1882,0 -2181,5 -1110,9 -249,8
DGf DGf 0 520,5 254,8 -221,7 -361,4 -482,7 -262,7 -332,2 -76,1 -99,6 DGf 0 71 293 -544 -577 -4 DGf 0 60,59 -283,27 -379,08 113 -537,75 -409,14 -380,66 -324,892 -296,25 -303,09 -271,16 -174,41 -418,35 -361,35 -364,0 -1321,37 -1791,5 -1613,34 -1002,8 -306,55 -394,86 -1063,5 -863,5 -101,86 64,17 -178,31 -2798,6 -1332,9 -923,4 -1785,7 -2006,5 -1010,4 -129,6
S 64,18 160,336 102,5 78,9 192,41 66,57 82,59 95,90 106,32 143,1 151,0 149,16 170,08 151,46 176 105 175,56 255,2 309,66 222 152,09 133,05 155,52 115,5 128,49 261,90 124,26 225,9 366,52 80,00 152,30 389 270,7 426,06
malachite azzurrite
Sostanza K4Fe(CN)6(s) K2PtCl6(s) KMnO4(s) KReO4(s) K2ReCl6(s) K2CrO4(s) K2Cr2O7(s) Praseodimio Pr(s) Pr(g) Pr3+(aq) PrH2(s) Pr(OH)3(s) Pr(OH)2+(aq) PrOH2+(aq) Protoattinio Pa(s) Pa(g) PaCl4(s) PaCl5(s) PaBr4(s) PaBr5(s) Radio Ra(s) Ra(g) Ra2+(aq) Ra(IO3)2(s) RaSO4(s) Ra(NO3)2 Rame Cu(s) Cu(g) Cu+(aq) Cu2+(aq) Cu2O(s) CuO(s) HCuO2-(aq) CuO22-(aq) CuSO4(s) CuSO4.5H2O(s) CuS(s) Cu2S(s) CuCl(s) CuCl2(s) CuBr(s) CuI(s) CuN3(s) Cu3(AsO4)2(s) CuCO3.Cu(OH)2(s) (CuCO3)2.Cu(OH)2(s) CuCN(s)
DHf -594,1 -1229,3 -837,2 -1097,0 -1310,4 -1403,7 -2061,5 DHf 0 355,6 -704,6 -198,3 DHf 0 607 -1043 -1144,7 -842,2 -862 DHf 0 159 -527,6 -1026,8 -1471,1 -992 DHf 0 338,32 71,67 64,77 -168,6 -157,3 -771,36 -2279,7 -53,1 -79,5 -137,2 -220,1 -104,6 -67,8 279,1 -1300,7 -1051,4 -1632,2 96,2
DGf -453,0 -1078,5 -737,6 -994,5 -1172,7 -1295,7 -1881,8 DGf 0 320,9 -679,1 -154,4 -1284,8 -1075 -862 DGf 0 563 -953 -1034,2 -787,8 -820 DGf 0 130 -561,5 -868,5 -1365,6 -796,1 DGf 0 298,58 49,98 65,49 -146,0 -129,7 -258,5 -183,6 -661,8 -1879,7 -53,6 -86,2 -119,86 -175,7 -100,8 -69,5 344,8 -893,6 -1315,5 111,3
S 418,8 333,9 171,71 167,82 371,71 200,12 291,2 S 73,2 189,808 -209 56,9 S 51,9 198,05 192 238 234 465 S 71 176,47 54 272 138 222 S 33,150 166,38 40,6 -99,6 93,14 42,63 109 300,4 66,5 120,9 86,2 108,07 96,11 96,7 100 186,2 0 84,5
Sostanza CuCNS(s) Cu(NH3)42+(aq) Cu(CN)43-(aq) Renio Re(s) Re(g) Re+(aq) Re-(aq) ReO2(s) Re2O7(s) ReO4ReCl3(s) ReCl62-(aq) Rodio Rh(s) Rh(g) Rubidio Rb(s) Rb(g) Rb+(aq) RbCl(s) RbClO3(s) RbClO4(s) RbBr(s) RbBrO3(s) RbI(s) Rb2SO4(s) RbNO3(s) RbPF6(s) Rb2CO3(s) RbHCO3(s) Rb2GeCl6(s) Rb2SnCl6(s) RbBO2(s) Rb2PtCl6(s) RbReO4(s) Rutenio Ru(s) Ru(g) RuO4(s) RuO4(aq) RuO4-(aq) RuO42-(aq) Samario Sm(s) Sm(g) Sm2O3(s,monoclino) Sm2(SO3)3(s) Scandio Sc(s) Sc(g) Sc3+(aq) Sc2O3(s)
DHf -348,5 DHf 0 769,9 46 -1240,1 -787,4 -264 -762,3 DHf 0 556,9 DHf 0 80,88 -251,17 -435,35 -402,9 -437,23 -394,59 -367,27 -333,80 -1435,61 -495,05 -2354,8 -1136,0 -963,2 -1464,4 -1523,0 -970,7 -1246 -1102,9 DHf 0 642,7 -239,3 -239,7 DHf 0 206,7 -1823,0 DHf 0 377,8 -614,2 -1908,82
DGf 69,9 -111,07 566,6 DGf 0 724,6 -33 10,1 -368 -1066,0 -694,5 -188 -589,4 DGf 0 510,8 DGf 0 53,06 -283,98 -407,80 -300,3 -306,90 -381,79 -278,06 --328,86 -1316,89 -395,78 -2204,5 -1051,0 -863,5 -1300,3 -1374,8 -913 -1109,5 -996,1 DGf 0 595,8 -152,2 -147,2 -245,5 -303,7 DGf 0 172,8 -1734,6 -2917,8 DGf 0 336,03 -586,6 -1819,36
S 273,6 S 36,86 188,938 230 207,1 201,3 123,8 255 S 31,51 185,808 S 76,78 170,089 121,50 95,90 151,9 161,1 109,96 161,1 118,41 197,44 147,3 221,84 181,33 121,3 303 377,61 94,31 406 167,4 S 28,53 186,507 146,4 130 S 69,58 183,042 151,0 S 34,64 174,79 -255 77,0
Sostanza Sc(OH)3(s) ScOH2+(aq) ScF3(s) Sc(OH)2Cl Selenio Se(s,esagonale) Se(g) H2Se(aq) HSe-(aq) Se2-(aq) H2SeO3(aq) HSeO3-(aq) SeO32-(aq) HSeO4-(aq) SeO42-(aq) Silicio Si(s) Si(g) SiO2(s, a quarzo) H2SiO3(aq) H4SiO4(aq) SiF62-(aq) Sodio Na(s) Na(g) Na+(aq) Na2O(s) Na2O2(s) NaH(s) NaOH(s) NaCl(s) NaBr(s) NaI(s) NaF(s) Na2S(s) Na2SO3(s) Na2SO4(s,ortorombico) Na2S2O3(s) Na2S2O7(s) NaClO3(s) NaClO4(s) NaBrO3(s) NaIO4(s) Na2CO3(s) NaHCO3(s) NaNO2(s) NaNO3(s) NaN3(s) Na3PO4(s) Na4P2O7(s) Na2SiO3(s) NaBF4(s) NaAlO2(s)
DHf -1363,6 -861,5 -1629,2 -1268 DHf 0 227,07 19,2 15,9 -507,48 -514,55 -509,2 -581,6 -599,1 DHf 0 455,6 -910,94 -1182,8 -1468,6 -2389,1 DHf 0 107,32 -240,12 -414,22 -510,87 -56,275 -425,609 -411,153 -361,062 -287,78 -573,647 -364,8 -1100,8 -1387,08 -1123,0 -1925,1 -365,774 -383,30 -334,09 -429,28 -1130,68 -950,81 -358,65 -467,85 21,71 -1917,40 -3188 -1554,90 -1844,7 -1135,12
DGf -1233,3 -801,2 -1555,6 -1156,0 DGf 0 187,03 22,2 44,0 129,3 -426,14 -411,46 -369,8 -452,2 -441,3 DGf 0 411,3 -856,64 -1079,4 -1316,6 -2199,4 DGf 0 76,761 -261,905 -375,46 -447,7 -33,46 -379,494 -384,138 -348,983 -286,06 -543,494 -349,8 -1012,5 -1270,16 -1028,0 -1722,0 -262,259 -254,85 -242,62 -323,02 -1044,44 -851,0 -284,55 -367,00 93,81 -1788,80 -2969,3 -1462,80 -1750,10 -1071,32
S 100 -134 92 109 S 42,442 176,72 163,6 79 207,9 135,1 13 149,4 54,0 S 18,83 167,97 41,84 109 180 122,2 S 51,21 153,21 59,0 75,06 95,0 40,016 64,455 72,13 86,82 98,53 51,46 83,7 145,94 149,58 155 202,1 123,4 142,3 128,9 163 134,98 101,7 103,8 116,52 96,86 173,80 270,29 113,85 145,31 70,71
Sostanza NaFeO2(s) NaReO4(s) Na2CrO4(s) Na2MoO4(s) Na2WO4(s) NaVO3(s) Na3VO4(s) NaNbO3(s) Na2TiO3(s) Na2UO4(s,a) Stagno Sn(s,bianco) Sn(s,grigio) Sn2+(aq) Sn4+(aq) SnO(s) SnO2(s) SnH4(g) Sn(OH)2(s) SnBr4(s) SnS(s) SnCl3-(aq) SnBr3-(aq) Stronzio Sr(s) Sr(g) Sr2+(aq) SrO(s) SrF2(s) SrCl2(s) SrBr2(s) Sr(IO3)2(s) SrS(s) SrSO4(s) Sr(NO3)2(s) Sr3(AsO4)2(s) SrCO3(s) SrSiO3(s) Sr2SiO4(s) SrTiO3(s) Sr2TiO4(s) SrZrO3(s) Tallio Tl(s) Tl(g) Tl+(aq) Tl3+(aq) Tl2O(s) TlOH(s) TlOH(aq) TlCl(s) TlBr(s) TlBrO3(s)
DHf -698,18 -1057,09 -1342,2 -1468,12 -1548,9 -1145,79 -1757,87 -1315,9 -1591,2 -1893,3 DHf 0 -2,09 -8,8 30,5 -285,8 -580,7 162,8 -561,1 -377,4 -100 -487,0 -374,9 DHf 0 164,4 -545,80 -592,0 -1216,3 -828,9 -717,6 -1019,2 -472,4 -1453,1 -978,22 -3317,1 -1220,1 -1633,9 -2304,5 -1672,39 -2287,4 -1767,3 DHf 0 182,21 5,36 196,6 -178,7 -238,9 -204,14 -173,2 -119,7
DGf -639,95 -953,68 -1234,93 -1354,34 -1434,46 -1064,07 -1637,76 -1233,0 -1496,1 -1777,72 DGf 0 0,13 -27,2 2,5 -256,9 -519,6 188,3 -491,6 -350,2 -98,3 -430,0 -346,8 DGf 0 130,9 -559,48 -561,9 -1164,8 -781,1 -697,1 -855,1 -467,8 -1340,9 -780,02 -3080,1 -1140,1 -1549,7 -2191,1 -1588,36 -2172,3 -1682,8 DGf 0 147,41 -32,40 214,6 -147,3 -195,8 -194,1 -184,92 -167,36 -36,4
S 88,3 151,5 176,61 159,70 161,5 113,68 190,0 117 121,67 166,02 S 51,55 44,14 -17 -117 56,5 52,3 227,68 155 264,4 77,0 259 251 S 52,3 164,62 -32,6 54,4 82,13 114,85 135,10 234 68,2 117 194,56 255 97,1 96,7 153,1 108,8 159,0 115,1 S 64,18 180,963 125,5 -192 126 88 111,25 120,5 -148,2
Sostanza TlIO3(s) Tl2S(s) Tl2SO4(s) Tl2Se(s) Tl2SeO4(s) TlN3(s) TlNO3(s) Tl2CO3(s) TlCNS(s) TlBr4-(aq) TlI4-(aq) Tl(CN)4-(aq) Tantalio Ta(s) Ta(g) Ta2O5(s) Ta2H(s) TaF6-(aq) TaF72-(aq) Tellurio Te(s) TeO(g) TeO2(s) TeO32-(aq) Te(OH)3+(aq) Terbio Tb(s) Tb(g) Tb3+(aq) Titanio Ti(s) Ti(g) TiO(s) TiO2(s, anatasio) Torio Th(s) Th(g) Th4+(aq) ThO(g) ThO2(s) ThF4(s) ThCl4(s) ThI4(s) ThS2(s) Th(SO4)2(s) Th3N4(s) Tullio Tm(s) Tm(g) Tm3+(aq) Tm2O3(s)
Tungsteno (Wolframio)
DHf -267,4 -97,1 -931,8 -59 -632 233,5 -243,93 -700,0 28,5 -380,3 DHf 0 782,0 -2046,0 -32,6 DHf 0 65,3 -322,6 -608,4 DHf 0 388,7 -628,8 DHf 0 469,9 -519,7 -939,7 DHf 0 598,3 -769,0 -25,1 -1226,4 -2091,6 -1186,6 -664,8 -626 -2542,6 -1315,0 DHf 0 232,2 -697,9 -1888,7 DHf
DGf -191,83 -93,7 -830,42 -59,0 -528,8 294,52 -152,40 -614,6 38,55 -352,3 -164,4 703 DGf 0 739,3 -1911,2 -69,0 -1431,7 -1729,5 DGf 0 38,5 -270,3 -476,1 -496,1 DGf 0 349,7 -651,9 DGf 0 425,1 -495,0 -884,5 DGf 0 557,53 -705,1 -50,2 -1168,77 -1997,0 -1094 -655,2 -620 -2310,3 -1212,9 DGf 0 197,5 -662,0 -1794,5 DGf
S 176,6 151 230,5 172 234 146,9 160,7 155,2 163 335 S 41,51 185,214 143,1 79,1 S 49,71 241,5 79,5 111,7 S 73,22 203,58 -226 S 30,63 180,298 50 49,92 S 53,39 190,15 -422,6 240,06 65,23 142,05 190,4 255,2 96,23 159,0 201 S 74,01 190,113 -243 139,7 S
Sostanza W(s) W(g) WO2(s) WO3(s) Uranio U(s) U(g) U3+(aq) U4+(aq) UO2(s) UO2+(aq) UO22+(aq) UO3(s,ortorombico) UF3(s) UF4(s,monoclino) UO2F2(s) UCl3(s) UCl4(s) UO2Cl2(s) UO2SO4(s) UO2(NO3)2(s) UO2CO3(s) Vanadio V(s) V(g) VO(s) V2O3(s) V2O4(s) V2O5(s) VO2+(aq) VO2+(aq) VO3-(aq) H2VO4-(aq) HVO42-(aq) VO43-(aq) VCl2(s) VOCl(s) VO2Cl(s) VOSO4(s) VN(s) Zinco Zn(s) Zn(g) Zn2+(aq) ZnO(s) Zn(OH)2(s,b) ZnOH+(aq) HZnO2-(aq) ZnO22-(aq)
DHf 0 849,4 -589,69 -842,87 DHf 0 535,6 -489,1 -591,2 -1084,9 -1019,6 -1223,8 -1502,1 -1914,2 -1648,1 -866,5 -1019,2 -1243,9 -1845,1 -1349,3 -1691,2 DHf 0 514,21 -431,8 -1218,8 -1427,2 -1550,6 -486,6 -649,8 -888,3 -1174,0 -1159,0 -452 -607 -776,6 -1309,2 -217,1 DHf 0 130,729 -153,89 -348,28 -641,91 -
DGf 0 807,1 -533,89 -764,03 DGf 0 491,2 -475,4 -531,0 -1031,7 -962,7 -953,5 -1145,9 -1433,4 -1823,3 -1551,8 -799,1 -930,0 -1146,4 -1683,5 -1104,8 -1562,6 DGf 0 754,43 -404,2 -1139,3 -1318,3 -1419,5 -446,4 -587,0 -783,6 -1020,8 -974,8 -889,0 -406 -556 -702,0 -1169,8 -191,2 DGf 0 95,145 -147,06 -318,30 -553,52 -330,1 -457,08 -384,24
S 32,64 173,950 50,54 75,90 S 50,21 199,77 -192 -410 77,03 -97,5 96,11 123,43 151,67 135,56 159,0 197,1 150,54 154,8 243 138,1 S 28,91 182,298 38,9 98,3 102,5 131,0 -133,9 -42,3 50 121 17 97,1 75 96 108,8 37,28 S 41,63 41,63 -112,1 43,64 81,2 -
Sostanza ZnCl2(s) ZnBr2(s) ZnI2(s) ZnSO4(s) ZnCO3(s) ZnS(s,sfalerite) ZnSe(s) Zn2SiO4(s) Zn(OH)42-(aq) Zn(OH)3-(aq) Zn(NH3)42+(aq) ZnCl42-(aq) ZnBr3-(aq) ZnI3-(aq) ZnI42-(aq) Zn(CN)42-(aq) Zn(CNS)42-(aq) Zirconio Zr(s) Zr(g) ZrO2(s,a) ZrH2(s) ZrF4(s,monoclino) ZrCl4(s) Zolfo S(s,rombico) S(s,monoclino) S2(g) S8(g) SO2(g) SO2(aq) SO3(g) H2SO4(l) HSO4-(aq) SO42-(aq) H2SO3(aq) SO2(aq) + H2O(l) HSO3-(aq) SO32-(aq) H2S(g) H2S(aq) HS-(aq) S2-(aq) S22-(aq) S32-(aq) SF6(g)
DHf -415,05 -328,65 -208,03 -982,8 -812,78 -205,98 -163 -1636,74 -533,5 342,3 DHf 0 608,8 -1100,56 -169,0 -1911,3 -980,52 DHf 0 0,33 128,37 102,30 -296,830 -322,830 -395,72 -813,989 -887,34 -909,27 -608,11 " -626,22 -635,5 -20,63 -39,7 -17,6 33,1 30,1 25,9 -1209
DGf -369,398 -312,13 -208,95 -871,5 -731,52 -201,29 -163 -1523,16 -858,52 -694,22 -301,9 -666,0 -448,9 -291,6 -340,1 446,9 216,4 DGf 0 566,5 -1042,79 -128,8 -1809,9 -889,9 DGf 0 0,1 79,30 49,63 -300,194 -300,676 -371,06 -690,001 -755,91 -744,53 -537,81 " -527,73 -486,5 -33,56 -27,83 12,08 85,8 79,5 73,7 -1105,3
S 111,46 138,5 161,1 110,5 82,4 57,7 84 131,4 301 226 S 38,99 181,36 50,38 35,02 104,60 181,6 S 31,80 32,6 228,18 430,98 248,22 161,9 256,76 156,904 131,8 20,1 232,2 " 139,7 -29 205,79 121 62,8 -146 28,5 66,1 291,82
Afnio Hf4+ + 4e- Hf HfO2+ + 2H+ + 2e- Hf + H2O HfO2 + 4H+ + 4e- Hf + 2H2O HfO(OH)2 + 4H+ + 4e- Hf + 3H2O HfO(OH)2 + H2O + 4e- Hf + 4OHAlluminio Al3+ + 3e- Al Al(OH)3 + 3e- Al + 3OHAl2O3 + 6H+ + 6e- 2Al + 3H2O Al(OH)3 + 3H+ + 3e- Al + 3H2O AlF62- + 3e- Al + 6FAl(OH)4- + 3e- Al + 4OHH2AlO3- + H2O + 3e- Al + 4OHAmericio Am3+ + 3e- Am Am4+ + e- Am3+ Am2O3 + 6H+ + 6e- 2Am + 3H2O AmO2 + 4H+ + e- Am3+ + 2H2O AmO2+ + 4H+ + 2e- Am3+ + 2H2O Am22+ +4H+ + 3e- Am3+ + 2H2O Am(OH)3 + 3H+ + 3e- Am + 3H2O Am(OH)4 + 4H+ + e- Am3+ + 4H2O AmO2OH + 5H+ + 2e- Am3+ + 3H2O AmO2(OH)2 + H+ + e- AmO2OH + H2O Antimonio Sb5+ + 2e- Sb3+ HSbO2 + 3H+ + 3e- Sb + 2H2O SbO2- + 2H2O + 3e- Sb + 4OHSb2O3 + 6H+ + 6e- 2Sb + 3H2O SbO3- + 6H+ + 5e- Sb + 3H2O Sb2O5 + 4H+ + 4e- Sb2O3 + 2H2O Sb + 3H+ + 3e- SbH3 Sb(Cl)4- + 3e- Sb + 4ClArgento Ag+ + e- Ag Ag2+ + 2e- Ag AgO + 2H+ + 2e- Ag + H2O AgO- + 2H+ + e- Ag + H2O Ag2O + H2O + 2e- 2Ag + 2OHAg2O3 + H2O + 2e- 2AgO + 2OHAgCN + e- Ag + CNArsenico As2O3 + 6H+ + 6e- 2As + 3H2O As2O5 + 10H+ + 10e- 2As + 5 H2O HAsO2 + 3H+ + 3e- As + 2H2O AsO2- + 4H+ + 3e- As + 2H2O
- 2,320 +2,181 - 1,676 +1,856 +1,721 +1,694 - 1,878 +1,746 +1,639 +1,930
- 2,6
+1,678 +1,766 +1,363 - 3,40 +1,4535 +1,2457 +1,2457 +0,252 +1,356 +0,2746 - 0,7361 +0,092 +0,4156 +1,5197 +0,057 - 3,09 - 0,970 +0,0215
BeO22- + 4H+ + 2e- Be + 2H2O Be2O32- + 6H+ + 4e- 2Be + 3H2O Be2O32- + 3H2O + 4e- 2Be + 6OHBerkelio Bk3+ + 3e- Bk Bk4+ + e- Bk3+ Bismuto Bi3+ + 3e- Bi Bi2O3 + 6H+ + 6e- 2Bi + 3H2O Bi2O3 + 3H2O + 6e- 2Bi + 6OHBi2O4 + 8H+ + 8e- 2Bi + 4H2O Bi2O4 + 8H+ + 2e- 2Bi3+ + 4H2O Bi2O5 + 10H+ + 10e- 2Bi + 5H2O Bi(OH)3 + 3H+ + 3e- Bi + 3H2O Bi + 3H+ + 3e- BiH3 Bi(Cl)4- + 3e- Bi + 4ClBiO+ + 2H+ + 3e- Bi + H2O BiOH2+ + H+ + 3e- Bi + H2O Boro B3+ + 3e- B B2O3 + 6H+ + 6e- 2B + 3H2O BO(g) + 2H+ + 2e- B + H2O H3BO3(s) + 3H+ + 3e- B + 3H2O H2BO3- + H2O + 3e- B + 4OHH2BO3- + 4H+ + 3e- B + 3H2O HBO3- + 5H+ + 3e- B + 3H2O BO33- + 6H+ + 3e- B + 3H2O 2BO33- + 18H+ + 12e- B2H6 + 6H2O B4O72- + 14H+ + 12e- 4B + 7H2O HB4O7- + 25H+ + 24e- 2B2H6 + 7H2O 5B + 9H+ + 9e- B5H9 10B + 14H+ + 14e- B10H14(g) H3BO3(aq) + 3H+ + 3e- B + 3H2O 10B + 14H+ + 14e- B10H14(s) Bromo Br2(l) + 2e- 2BrBr2(aq) + 2e- 2Br2HBrO + 2H+ + 2e- Br2(l) + 2H2O 2BrO- + 4H+ + 2e- Br2(l) + 2H2O 2HBrO3 + 10H+ + 10e- Br2(l) + 6H2O 2BrO3- + 12H+ + 10e- Br2(l) + 6H2O BrO3- + 3H2O +6e- Br- + 6OH3Br2(l) + 2e- 2Br35Br2(l) + 2e- 2Br5BrO- + H2O + 2e- Br- + 2OHCadmio Cd2+ + 2e- Cd CdO + 2H+ + 2e- Cd + H2O Cd(OH)2 + 2e- Cd + 2OHHCdO2- + 3H+ + 2e- Cd + 2H2O Cd + H+ + e- CdH
- 2,4 +1,6
+0,286 +0,371 - 0,457 +0,6382 +1,910 +0,832 +0,478 - 0,800 +0,16 +0,320 +0,254
Calcio Ca2+ + 2e- Ca Ca+ + e- Ca Ca + 2H+ +2e- CaH2 Ca(OH)2 + 2e- Ca + 2OHCa(OH)2 + 4H+ + 4e- CaH2 + 2H2O CaO + 2H+ + 2e- Ca + H2O CaO2 + 2H+ + 2e- CaO + H2O CaOH+ + 2e- Ca + OHCalifornio Cf3+ + 3e- Cf Carbonio CO(g) + 2H+ + 2e- C + H2O CO2(g) + 4H+ + 4e- C + H2O CO32- + 6H+ + 4e- C + 3H2O CO32- + 3H2O + 4e- C + 6OHHCO3- + 5H+ + 4e- C + 3H2O H2CO3 + 4H+ + 4e- C + 3H2O HCOOH + 2H+ + 2e- C + 2H2O HCOO- + 3H+ + 2e- C + 2H2O C + 4H+ + 4e- CH4 Cerio Ce3+ + 3e- Ce Ce4+ + e- Ce3+ Ce(OH)3 + 3e- Ce + 3OHCe2O3 + 6H+ + 6e- 2 e + 3H2O 2CeO2 + 2H+ + 2e- Ce2O3 + H2O CeOH3+ + H+ + e- Ce3+ + H2O Ce(OH)22+ + 2H+ + e- Ce3+ + 2H2O Cesio Cs+ + e- Cs Cloro Cl2 + 2e- 2Cl2HClO + 2H+ + 2e- Cl2 + 2H2O 2ClO- + 4H+ + 2e- Cl2 + 2H2O Cl2O + 2H+ + 2e- Cl2 + H2O 2HClO2 + 6H+ + 6e- Cl2 + 4H2O 2ClO2- + 8H+ + 6e- Cl2 + 4H2O 2ClO3- + 12H+ + 10e- Cl2 + 6H2O ClO3- + 3H2O + 6e- Cl- + 6OH2ClO4- + 16H+ + 14e- Cl2 + 8H2O ClO4- + H2O + 2e- ClO3- + 2OHCl2 + 2H+ + 2e- 2HCl(g) 2ClO2 + 8H+ + 8e- Cl2 + 4H2O Cobalto Co2+ + 2e- Co Co3+ + e- Co2+ Co(OH)2 + 2H+ + 2e- Co + 2H2O Co(OH)2 + 2e- Co + 2OHCo3O4 + 8H+ + 2e- 3Co2+ + 4H2O
- 2,1
- 0,73 - 0,841 +0,806 - 0,869 - 1,791 - 0,687 - 0,437 - 0,165 - 0,154 - 0,792 - 0,490 - 0,189 - 0,220 - 0,8698 - 0,201
+0,5178 +0,2073 +0,4754 - 0,7667 +0,323 +0,228 +0,627 +0,724 - 0,1316 - 2,483 +1,61 - 2,87 +2,046 +1,559 +1,7134 +1.731
- 2,923
+1,0652 +1,0873 +1,596 +2,11 +1,487 +1,495 + 0,61 +1,096 +1,056 +0,76
+1,3595 +1,63 +2,072 +1,714 +1,640 +1,678 +1,470 +0,62 +1,389 +0,36 +0,987 +1,549
Co2O3 + 6H+ + 2e- 2Co2+ + 3H2O CoO2 + 4H+ + 2e- Co2+ + 2H2O Co2O3 + H2O + 2e- 2HCoO2CoO + 2H+ + 2e- Co + H2O Cromo Cr3+ + 3e- Cr Cr3+ + e- Cr2+ CrO + 2H+ + 2e- Cr + H2O Cr2O3 + 6H+ + 6e- 2Cr + 3H2O 2CrO2 + 2H+ + 2e- Cr2O3 + H2O Cr(OH)3 + 3H+ + 3e- Cr + 3H2O Cr(OH)3 + 3e- Cr + 3OHH2CrO4 + 6H+ + 6e- Cr + 4H2O HCrO4- + 7H+ + 6e- Cr + 4H2O CrO42- + 8H+ + 6e- Cr + 4H2O CrO2- + 4H+ + 3e- Cr + 2H2O CrO33- + 6H+ + 3e- Cr + 3H2O Cr2O72- + 14H+ + 12e- 2Cr + 7H2O Curio Cm3+ + 3e- Cm Disprosio Dy3+ + 3e- Dy Dy2O3 + 6H+ + 6e- 2Dy + 3H2O Dy(OH)3 + 3e- Dy + 3OHErbio Er3+ + 3e- Er Er2O3 + 6H+ + 6e- 2Er + 3H2O Er(OH)3 + 3e- Er + 3OHEuropio Eu3+ + 3e- Eu Eu2+ + 2e- Eu Eu2O3 + 6H+ + 6e- 2Eu + 3H2O Eu(OH)3 + 3e- Eu + 3OHFermio Fm3+ + 3e- Fm Ferro Fe2+ + 2e- Fe Fe3+ + e- Fe2+ Fe2O3 + 6H+ + 6e- 2Fe + + 3H2O Fe3O4 + 8H+ + 8e- 3Fe + 4H2O Fe3O4 + 2H+ + 2e- 3FeO + H2O Fe(OH)3 + 3H+ + 3e- Fe + 3H2O Fe(OH)2 + 2e- Fe + 2OHHFeO2- + 3H+ + 2e- Fe + 2H2O FeOH2+ + H+ + e- Fe2+ + H2O Fe(OH)2+ + 2H+ + e- Fe2+ + 2H2O Fe(OH)3 + e- Fe(OH)2 + OHFeO42- + 8H+ + 3e- Fe3+ + 4H2O FeO42- + 4H2O + 3e- Fe(OH)3 + 5OH-
- 0,744 - 0,408 - 0,588 - 0,579 +1,060 - 0,654 - 1,48 +0,295 +0,303 +0,366 - 0,213 +0,374 +0,294
Fluoro F2 + 2e- 2FF2O + 2H+ + 2e- F2 + H2O F2 + 2H+ + 2e- 2HF(g) F2 + 2H+ + 2e- 2HF(aq) F2 + H+ + 2e- HF2Fosforo H3PO4 + 5H+ + 5e- P + 4H2O H2PO4- + 6H+ + 5e- P + 4H2O HPO42- + 7H+ + 5e- P + 4H2O PO43- + 8H+ + 5e- P + 4H2O H3PO3 + 3H+ + 3e- P + 3H2O H2PO3- + 4H+ + 3e- P + 3H2O HPO32- + 5H+ + 3e- P + 3H2O H3PO2 + H+ + e- P + 2H2O H2PO2- + 2H+ + e- P + 2H2O P + 3H+ + 3e- PH3 HPO32- + 2H2O + 2e- H2PO2- + 3OHH2PO2- + e- P + 2OHGadolinio Gd3+ + 3e- Gd Gd2O3 + 6H+ + 6e- 2Gd + 3H2O Gd(OH)3 + 3e- Gd + 3OHGallio Ga3+ + 3e- Ga Ga3+ + e- Ga2+ Ga2O + 2H+ + 2e- 2Ga + H2O Ga(OH)3 + 3H+ + 3e- Ga + 3H2O Ga2O3 + 6H+ + 6e- 2Ga + 3H2O H2GaO3- + H2O + 3e- Ga + 4OHHGaO32- + 5H+ + 3e- Ga + 3H2O GaO33- + 6H+ + 3e- Ga + 3H2O GaO2- + 4H+ + 3e- Ga + 2H2O GaOH2+ + H+ + 3e- Ga + H2O Ga(OH)4- + 3e- Ga + 4OHGaO+ + 2H+ + 3e- Ga + H2O Germanio Ge2+ + 2e- Ge Ge4+ + 2e- Ge GeO(Brown) + 2H+ + 2e- Ge + H2O GeO(Yellow) + 2H+ + 2e- Ge + H2O GeO2(esag.) + 4H+ + 4e- Ge + H2O GeO2(tetrag.) + 4H+ + 4e- Ge + H2O GeO32- + 6H+ + 4e- Ge + 3H2O HGeO3- + 5H+ + 4e- Ge + 3H2O H2GeO3 + 4H+ + 4e- Ge + 3H2O Ge + 4H+ + 4e- GeH4 Indio In3+ + 3e- In In3+ + e- In2+
- 0,411 - 0,386 - 0,3016 - 0,156 - 0,502 - 0,467 - 0,346 - 0,508 - 0,391 - 0,063 - 1,565 - 2,05
- 0,560 - 0,677 - 0,401 - 0,419 - 0,485 - 1,219 +0,088 +0,319 - 0,114 +0,479 - 1,326 - 0,415
- 2,1
- 0,4402 +0,771 - 0,051 - 0,085 - 0,197 +0,059 - 0,877 +0,493 +0,914 +1,191 - 0,56 +2,20 +0,72
+0,24 +0,124 - 0,286 - 0,130 - 0,202 - 0,246 +0,132 - 0,056 - 0,182 - 0,867
- 0,3386 - 0,49
In2+ + e- In+ In+ + e- In In2O3 + 6H+ + 6e- 2In + 3H2O In(OH)3 + 3H+ + 3e- In + 3H2O In(OH)3 + 3e- In + 3OHIn + H+ + e- InH InOH2+ + H+ + 3e- In + H2O Iodio I2(s) + 2e- 2II2(g) + 2e- 2II2(aq) + 2e- 2II2(g) + 2H+ + 2e- 2HI 2HIO + 2H+ + 2e- I2(s) + 2H2O 2IO- + 4H+ + 2e- I2(s) + 2H2O 2HIO3 + 10H+ + 10e- I2(s) + 6H2O 2IO3- + 12H+ + 10e- I2(s) + 6H2O IO3- + 3H2O + 6e- I- + + 6OH2HIO4 + 14H+ + 14e- I2(s) + 8H2O 2IO4- + 16H+ + 14e- I2(s) + 8H2O 2HIO52- + 18H+ + 14e- I2(s) + 10H2O 2IO53- + 20H+ + 14e- I2(s) + 10H2O 2H5IO6 + 14H+ + 14e- I2(s) + 12H2O H3IO62- + 2e- IO3- + 3OH2I+ + 2e- I2(s) 3I2 + 2e- 2I3Iridio Ir3+ + 3e- Ir IrO + 2H+ + 2e- Ir + H2O IrO2 + 4H+ + 4e- Ir + 2H2O Ir2O3 + 6H+ + 6e- 2Ir + 3H2O Ir2O3 + 3H2O + 6e- 2Ir + 6OHIrO42- + 8H+ + 3e- Ir3+ + 4H2O IrCl63- + 3e- Ir + 6ClItterbio Yb3+ + 3e- Yb Yb2+ + 2e- Yb Yb2O3 + 6H+ + 6e- 2Yb + 3H2O Yb(OH)3 + 3e- Yb + 3OHIttrio Y3+ +3e- Y Y2O3 + 6H+ + 6e- 2Y + 3H2O Y(OH)3 + 3H+ + 3e- Y + 3H2O Y(OH)3 + 3e- Y + 3OHLantanio La3+ +3e- La La2O3 + 6H+ + 6e- 2La + 3H2O La(OH)3 + 3H+ + 3e- La + 3H2O La(OH)3 + 3e- La + 3OHLitio Li+ + e- Li
Li + H+ + e- LiH Li+ + H+ + 2e- LiH Lutezio Lu3+ + 3e- Lu Lu2O3 + 6H+ + 6e- 2Lu + 3H2O Lu(OH)3 + 3e- Lu + 3OHMagnesio Mg2+ + 2e- Mg Mg(OH)2 + 2e- Mg + 2OHMgOH+ + 2e- Mg + OHManganese Mn2+ + 2e- Mn Mn3+ + e- Mn2+ Mn4+ + 4e- Mn MnO + 2H+ + 2e- Mn + H2O Mn2O3 + 6H+ + 6e- 2Mn + 3H2O MnO2 + 4H+ + 4e- Mn + 2H2O Mn3O4 + 8H+ + 8e- 3Mn + 4H2O Mn(OH)2 + 2H+ + 2e- Mn + 2H2O Mn(OH)3 + 3H+ + 3e- Mn + 3H2O Mn(OH)4 + 4H+ + 4e- Mn + 4H2O MnOOH + 3H+ + 3e- Mn + 2H2O MnO(OH)2 + 4H+ + 4e- Mn + 3H2O HMnO2- + 3H+ + 2e- Mn + 2H2O MnO4- + 8H+ + 5e- Mn2+ + 4H2O MnO42- + 5H+ + 4e- HMnO2- + 2H2O MnOH+ + H+ + 2e- Mn + H2O Mn(OH)2 + 2e- Mn + 2OHMnO2 + 2H2O + 2e- Mn(OH)2 + 2OHMn(OH)3 + e- Mn(OH)2 + OHMnO4- + 2H2O + 3e- MnO2 + 4OHMnO4- + e- MnO42MnO42- + 2H2O + 2e- MnO2 + 4OHMercurio Hg22+ + 2e- 2Hg 2Hg2+ + 2e- Hg22+ Hg2+ + 2e- Hg HgO + H2O + 2e- Hg + 2OHHgO + 2H+ + 2e- Hg + H2O Hg(OH)2 + 2H+ + 2e- Hg + 2H2O Molibdeno Mo3+ + 3e- Mo MoO2 + 4H+ + 4e- Mo + 2H2O MoO3 + 2H+ + 2e- MoO2 + H2O H2MoO4 + 6H+ + 3e- Mo3+ + 4H2O HMoO4- + 7H+ + 3e- Mo3+ + 4H2O MoO42- + 8H+ + 6e- Mo + 4H2O Neodimio Nd3+ + 3e- Nd Nd(OH)3 + 3H+ + 3e- Nd + 3H2O Nd(OH)3 + 3e- Nd + 3OH-
+0,726 - 1,161
+0,5355 +0,636 +0,615 +0,087 +1,439 +2,090 +1,186 +1,195 +0,26 +1,3114 +1,3258 +1,3956 +1,49 +1,311 +0,7 +1,357 +0,534
- 1,180 +1,51 +0,195 - 0,652 - 0,305 +0,024 - 0,436 - 0,727 - 0,157 +0,214 - 0,335 +0,116 - 0,163 +1,507 +1,234 - 0,873 - 1,555 - 0,05 +0,15 +0,588 +0,564 +0,60
- 3,0401
Nd2O3 + 6H+ + 6e- 2Nd + 3H2O Nettunio Np3+ + 3e- Np Np4+ + e- Np3+ NpO2+ + 4H+ + e- Np4+ + 2H2O Np(OH)3 + 3H+ + 3e- Np + 3H2O NpO22+ + e- NpO2+ NpO2 + H2O + H+ + e- Np(OH)3 NpO2OH + H+ + e- NpO2 + H2O Np(OH)4 + H+ + e- Np(OH)3 + H2O NpO2(OH)2 + H+ + e- NpO2OH + H2O Nichel Ni2+ + 2e- Ni NiO + 2H+ + 2e- Ni + H2O Ni(OH)2 + 2H+ + 2e- Ni + 2H2O Ni(OH)2 + 2e- Ni + 2OHNi2O3 + 6H+ + 2e- 2Ni2+ + 3H2O Ni3O4 + 8H+ + 2e- 3Ni2+ + 4H2O HNiO2- + 3H+ + 2e- Ni + 2H2O Niobio Nb3+ + 3e- Nb NbO + 2H+ +2e- Nb + H2O Nb2O5 + 10H+ + 10e- 2Nb + 5H2O NbO2 + 2H+ + 2e- NbO + H2O Nobelio No3+ + 3e- No Olmio Ho3+ + 3e- Ho Ho2O3 + 6H+ + 6e- 2Ho + 3H2O Ho(OH)3 + 3e- Ho + 3OHOro Au+ + e- Au Au3+ + 3e- Au AuO2 + 4H+ + e- Au3+ + 2H2O 2AuO2 + 2H+ + 2e- Au2O3(a) + H2O 2AuO2 + 2H+ + 2e- Au2O3(b) + H2O AuO2 + H2O + H+ + e- Au(OH)3 H2AuO2- + 4H+ + 2e- Au+ + 3H2O HAuO32- + 5H+ + 2e- Au+ + 3H2O Osmio H2OsO5 + 8H+ + 8e- Os + 5H2O OsO42- + 8H+ + 6e- Os + 4H2O OsO4(s) + 2e- OsO42OsO4(g) + 2e- OsO42OsO42- + 4H+ + 2e- OsO2 + 2H2O HOsO5- + H+ + 2e- OsO42- + H2O OsO52- + 2H+ + 2e- OsO42- + H2O Os(OH)4 + 4e- Os + 4OH-
- 1,811
Ossigeno O + 2H+ + 2e- H2O O2 + 2H2O + 4e- 4OHO2 + 2H2O + 4e- 4OHa pH = 7 O2 + 4H+ + 4e- 2H2O O2 + 4H+ + 4e- 2H2O a pH = 7 O2 + 2H+ + 2e- H2O2(aq) O2 + e - O2 O2 + H2O + 2e- HO2- + OHO3 + 6H+ + 6e- 3H2O O3 + 2H+ + 2e- O2 + H2O H2O2 + 2H+ + 2e- 2H2O O3 + H2O + 2e- O2 + 2OHOH(g) + H+ + e- H2O HO2(aq) + H+ + e- H2O2 O2 + 2H+ + 2e- O + H2O HO2- + H2O + e- OH(aq) + 2OHHO2- + H2O + 2e- 3OHH2O2 + H+ + e- OH + H2O O2- + H2O + e- OH- + HO2OH + e- OH2H2O + 2e- H2 + 2OH2H2O + 2e- H2 + 2OHa pH = 7 Palladio Pd2+ + 2e- Pd PdO + 2H+ + 2e- Pd + H2O PdO2 + 2H+ + 2e- PdO + H2O Pd(OH)2 + 2H+ + 2e- Pd + 2H2O Pd(OH)2 + 2e- Pd + 2OH2Pd + H+ + e- Pd2H PdO3 + 2H+ + 2e- PdO2 + H2O PdCl+ + e- Pd + ClPdCl64- + 2e- Pd + 6ClPdCl42- + 2e- Pd + 4ClPdCl62- + 2e- Pd + 6ClPiombo Pb2+ + 2e- Pb Pb4+ + 2e- Pb2+ PbO + H2O + 2e- Pb + 2OHPbO + 2H+ + 2e- Pb + H2O PbO2 + 4H+ + 2e- Pb2+ + 2H2O Pb3O4 + 2H+ + 2e- 3PbO + H2O Pb(OH)2 + 2H+ + 2e- Pb + 2H2O HPbO2- + 3H+ + 2e- Pb + 2H2O PbO32- + 3H+ + 2e- HPbO2- + H2O Pb(OH)3- (HPbO2- +H2O) + 2e- Pb + 3OHPlatino Pt2+ + 2e- Pt PtCl42- + 2e- Pt + 4ClPtBr42- + 2e- Pt + 4BrPtI42- + 2e- Pt + 4IPt(CN)42- + 2e- Pt + 4CNPtCl62- + 2e- PtCl42- + 2Cl-
+2,421 +0,401 +0,81 +1,229 +0,81 +0,6824 - 0,563 - 0,076 +1,511 +2,076 +1,776 +1,24 +2,85 +1,495 +0,037 - 0,245 +0,878 +0,71 +0,413 +2,02 - 0,8277 - 0,42
- 2,5
+0,987 +0,917 +1,263 +0,897 +0,07 +0,048 +2,030 +0,771 +0,615 +0,591 +0,92
- 0,1266 +1,670 - 0,580 +0,248 +1,455 +0,972 +0,277 +0,702 +1,547 - 0,54
PtO + 2H+ + 2e- Pt + H2O PtO2 + 4H+ + 2e- Pt2+ + 2H2O Pt(OH)2 + 2H+ + 2e- Pt + 2H2O Pt(OH)2 + 2e- Pt + 2OH[Pt(CN)4Cl2]2- + 2e- Pt(CN)42- + 2ClPtI62- + 2e- PtI42- + 2IPlutonio Pu3+ + 3e- Pu Pu4+ + e- Pu3+ PuO2 + 4H+ + e- Pu3+ + 2H2O PuO22+ + 4H+ + 3e- Pu3+ + 2H2O Pu(OH)3 + 3H+ + 3e- Pu + 3H2O Pu(OH)3 + 3e- Pu + 3OHPu(OH)4 + 4H+ + e- Pu3+ + 4H2O PuO22+ + e- PuO2+ PuO2OH + H+ + e- PuO2 + H2O PuO2(OH)2 + 2H+ + 2e- PuO2 + 2H2O Pu(OH)4 + e- Pu(OH)3 + OHPolonio Po2+ + 2e- Po Po3+ + 3e- Po Po4+ + 4e- Po PoO2 + 4H+ + 4e- Po + 2H2O PoO32- + 6H+ + 4e- Po + 3H2O Po + 2H+ + 2e- PoH2 PoO3 + 2H+ + 2e- PoO2 + H2O Po(Cl)42- + 2e- Po + 4ClPo(Cl)62- + 2e- Po(Cl)42- + 2ClPotassio K+ + e - K K + H+ + e- KH(s) K+ + H+ + 2e- KH(s) Praseodimio Pr3+ + 3e- Pr Pr4+ + e- Pr3+ Pr(OH)3 + 3H+ + 3e- Pr + 3H2O Pr(OH)3 + 3e- Pr + 3OHPr2O3 + 6H+ + 6e- 2Pr + 3H2O PrO2 + 4H+ + e- Pr3+ + 2H2O Promezio Pm3+ + 3e- Pm Pm2O3 + 6H+ + 6e- 2Pm + 3H2O Pm(OH)3 + 3e- Pm + 3OHProtoattinio Pa3+ + 3e- Pa Pa4+ + 4e- Pa PaO2+ + 4H+ + 5e- Pa + 2H2O PaO2 + 4H+ + e- Pa3+ + 2H2O Radio
Ra2+ + 2e- Ra Ra+ + e- Ra RaO + 2H+ + 2e- Ra + H2O Rame Cu+ + e- Cu Cu2+ + 2e- Cu CuO + 2H+ + e- Cu+ + H2O CuO22- + 4H+ + 2e- Cu + 2H2O Cu2O + H2O + 2e- 2Cu + 2OH2Cu(OH)2 + 2e- Cu2O + H2O + 2OHRenio Re + e- ReReO2 + 4H+ + 4e- Re + 2H2O ReO2 + 2H2O + 4e- Re + 4OHReO4- + 8H+ + 7e- Re + 4H2O ReO4- + 2H2O + 3e- ReO2 + 4OH2ReO2 + 2H+ + 2e- Re2O3 + H2O ReO3 + 2H+ + 2e- ReO2 + H2O ReO2 + 4H+ + e- Re3+ + 2H2O ReO42- + 8H+ + 3e- Re3+ + 4H2O ReO4- + 8H+ + 8e- Re- + 4H2O Rodio Rh+ + e- Rh Rh2+ + 2e- Rh Rh3+ + 3e- Rh Rh2O + 2H+ + 2e- 2Rh + H2O Rh2O3 + 6H+ + 4e- 2Rh+ + 3H2O Rh2O3 + 2H+ + 2e- 2RhO + H2O 2RhO42- + 10H+ + 6e- Rh2O3 + 5H2O RhO42- + 4H+ + 2e- RhO2 + 2H2O Rubidio Rb+ + e- Rb Rb + H+ + e- RbH Rb+ + H+ + 2e- RbH Rutenio Ru2+ + 2e- Ru Ru3+ + e- Ru2+ Ru(OH)4 + 4H+ + 4e- Ru + 4H2O Ru2O3 + 6H+ + 6e- 2Ru + 3H2O RuO42- + 8H+ + 6e- Ru + 4H2O RuO2 + 4H+ + 4e- Ru + 2H2O H2RuO5 + 4H+ + 4e- RuO2 + 3H2O RuO4- + 4H+ + 3e- RuO2 + 2H2O HRuO5- + H+ + e- RuO4- + H2O RuCl52- + 3e- Ru + 5ClSamario Sm3+ + 3e- Sm Sm2+ + 2e- Sm Sm2O3 + 6H+ + 6e- 2Sm + 3H2O Sm(OH)3 + 3e- Sm + 3OH-
- 2,031 +0,97 +0,862 +1,017 -1,592 - 2,42 +1,182 +0,928 +1,908 +1,485 - 0,963
- 0,400 +0,2513 - 0,577 +0,362 - 0,594 +0,375 +0,392 +0,157 +0,795 +0,273
+0,45 +0,2487 +0,68 +0,738 +1,193 +0,788 +1,400 +1,533 +1,660 +0,601
Scandio Sc3+ + 3e- Sc Sc(OH)3 + 3e- Sc + 3OHSc(OH)3 + 3H+ + 3e- Sc + 3H2O Sc2O3 + 6H+ + 6e- 2Sc + 3H2O ScOH2+ + 3e- Sc + H2O Selenio Se + 2e- Se2Se + H+ + 2e- HSeSe + 2H+ + 2e- H2Se(aq) Se + 2H+ + 2e- H2Se(g) SeO32- + 6H+ + 4e- Se + 3H2O SeO32- + 3H2O + 4e- Se + 6OHHSeO3- + 5H+ + 4e- Se + 3H2O H2SeO3 + 4H+ + 4e- Se + 3H2O SeO42- + 3H+ + 2e- HSeO3- + H2O SeO42- + H2O + 2e- SeO32- + 2OHHSeO4- + 3H+ + 2e- H2SeO3 + H2O Silicio SiO2(quarzo) + 4H+ + 4e- Si + 2H2O H2SiO3 + 4H+ + 4e- Si + 3H2O HSiO3- + 5H+ + 4e- Si + 3H2O SiO32- + 6H+ + 4e- Si + 3H2O SiO32- + 3H2O + 4e- Si + 6OHSi + 4H+ + 4e- SiH4(g) SiF62- + 4e- Si + 6FSodio Na+ + e- Na Na + H+ + e- NaH(s) Na+ + H+ + 2e- NaH(s) Stagno Sn2+ + 2e- Sn Sn4+ + 2e- Sn2+ SnO + 2H+ + 2e- Sn + H2O SnO2 + 4H+ + 4e- Sn + 2H2O Sn(OH)4 + 4H+ + 4e- Sn + 4H2O Sn(OH)2 + 2H+ + 2e- Sn + 2H2O Sn(OH)3- (HSnO2- + H2O) + 2e- Sn + 3OHHSnO2- + 3H+ + 2e- Sn + 2H2O SnO32- + 6H+ + 2e- Sn2+ + 3H2O SnF62- + 4e- Sn + 6FSn(OH)62- + 2e- HSnO2- + H2O + 3OHStronzio Sr2+ + 2e- Sr Sr(OH)2 + 2H+ + 2e- Sr + 2H2O Sr(OH)2 + 2e- Sr + 2OHSr + 2H+ + 2e- SrH2 Sr2+ + 2H+ + 4e- SrH2 SrO + 4H+ + 4e- SrH2 + H2O SrO2 + 2H+ + 2e- SrO + H2O
SrO2 + 2H+ + 2e- Sr(OH)2 SrOH+ + 2e- Sr + OH- 2,077 - 2,61 -1,784 - 1,591 - 1,980 Tallio Tl+ + e- Tl Tl3+ + 2e- Tl+ Tl2O + 2H+ + 2e- 2Tl + H2O Tl2O3 + 6H+ + 4e- 2Tl+ + 3H2O Tl(OH)3 + 3H+ + 2e- Tl+ + 3H2O Tl(OH)3 + 2H+ + 2e- TlOH + 2H2O Tl(OH)3 + 2e- TlOH + 2OHTlOH + e- Tl + OHTantalio Ta2O5 + 10H+ + 10e- 2Ta + 5H2O Tecnezio Tc2+ + 2e- Tc TcO2 + 4H+ + 4e- Tc + 2H2O HTcO4 + 3H+ + 3e- TcO2 + 2H2O TcO4- + 8H+ + 7e- Tc + 4H2O HTcO4 + H+ + e- TcO3 + H2O Tellurio Te + 2e- Te2Te4+ + 4e- Te Te + 2H+ + 2e- H2Te(g) 2Te + 2e- Te22Te + 2H+ + 2e- H2Te(aq) Te22- + 4H+ + 2e- 2H2Te(g) Te2 + 2H+ + 2e- H2Te2(g) Te22- + 2H+ + 2e- 2HTeTeO2 + 4H+ + 4e- Te + 2H2O H2TeO4 + 8H+ + 8e- H2Te(aq) + 4H2O TeO32- + 6H+ + 4e- Te + 3H2O HTeO4- + H+ + 2e- TeO32- + H2O TeO42- + 2H+ + 2e- TeO32- + H2O HTeO3- + 5H+ + 4e- Te + 3H2O Terbio Tb3+ + 3e- Tb Tb2O3 + 6H+ + 6e- 2Tb + 3H2O Tb(OH)3 + 3e- Tb + 3OHTitanio Ti2+ + 2e- Ti Ti3+ + 2e- Ti2+ Ti4+ + e- Ti3+ TiO + 2H+ + 2e- Ti + H2O Ti2O3 + 6H+ + 6e- 2Ti + 3H2O TiO2 + 4H+ + 4e- Ti + 2H2O 2Ti3O5 + 2H+ + 2e- 3Ti2O3 + H2O Ti3O5 + 4H2O + H+ + e- 3Ti(OH)3 HTiO3- + 5H+ + 2e- Ti2+ + 3H2O Torio
- 1,491 - 2,913
- 0,924 - 0,510 - 0,399 - 0,369 +0,875 - 0,366 +0,788 +0,740 +1,075 +0,05 +1,090
- 0,812
- 0,1375 +0,151 - 0,104 - 0,106 - 0,008 - 0,091 - 0,909 +0,333 +0,844 - 1,510 - 0,93
- 1,143 +0,568 - 0,718 - 0,790 - 0,739 - 0,595 - 0,365 - 0,795 +0,529 +0,329 +0,827 +0,584 +0,892 +0,713
Th4+ + 4e- Th ThO2 + 4H+ + 4e- Th + 2H2O Th(OH)4 + 4H+ + 4e- Th + 4H2O Th(OH)4 + 4e- Th + 4OHTulio Tm3+ + 3e- Tm Tm2O3 + 6H+ + 6e- 2Tm + 3H2O Tm(OH)3 + 3e- Tm + 3OHTungsteno (Wolframio) WO2 + 4H+ + 4e- W + 2H2O WO3 + 6H+ + 6e- W + 3H2O 2WO3 + 2H+ + 2e- W2O5 + H2O WO42- + 8H+ + 6e- W + 4H2O Uranio U3+ + 3e- U U4+ + e- U3+ UO + 2H+ + 2e- U + H2O UO2 + 4H+ + 4e- U + 2H2O U(OH)4 + 4H+ + 4e- U + 4H2O UO3 + H2O + 2H+ + 2e- U(OH)4 U + 3H+ + 3e- UH3 UO22+ + 4H+ + 2e- U4+ + 2H2O UO2+ + 4H+ + e- U4+ + 2H2O U2O3 + 6H+ + 6e- 2U + 3H2O U3O8 + 4H+ + 4e- 3UO2 + 2H2O UO42- + 4H2O + 2e- U(OH)4 + 4OHUO3.H2O + 2H+ + 2e- U(OH)4 UO3.H2O = H2UO4 = UO2(OH)2 Vanadio V2+ + 2e- V V3+ + e- V2+ V2O2 + 4H+ + 4e- 2V + 2H2O VO2+ + 2H+ + e- V3+ + H2O V(OH)4+ + 2H+ + e- VO2+ + 3H2O V2O3 + 2H+ + 2e- V2O2 + H2O V2O4 + 2H+ + 2e- V2O3 + H2O V2O5 + 6H+ + 2e- 2VO2+ + 3H2O VO2+ + 2H+ + e- VO2+ + H2O VO2+ + e- VO+ HV2O5- + 3H+ + 2e- V2O3 + 2H2O 2H2VO4- + 3H+ + 2e- HV2O5- + 3H2O 2HVO42- + 5H+ + 2e- HV2O5- + 3H2O 2VO43- + 7H+ + 2e- HV2O5- + 3H2O
H3V2O7- + 2H+ + 2e- HV2O5- + 2H2O HV6O173- + 16H2O + 30e- 6V + 33OHZinco Zn2+ + 2e- Zn ZnO + 2H+ + 2e- Zn + H2O Zn(OH)2 + 2e- Zn + 2OHZn(OH)42- (ZnO22- + 2H2O) + 2e- Zn + 4OHZnO22- + 4H+ + 2e- Zn + 2H2O HZnO2- + 3H+ + 2e- Zn + 2H2O Zn(OH)3- + 2e- Zn + 2OHZirconio Zr4+ + 4e- Zr ZrO2 + 4H+ + 4e- Zr + 2H2O ZrO2+ + 4e- Zr + H2O Zr(OH)4 + 4H+ + 4e- Zr + 4H2O ZrO(OH)2 + 4H+ + 4e- Zr + 3H2O H2ZrO3 + H2O + 4e- Zr + 4OHHZrO3- + 5H+ + 4e- Zr + 3H2O Zolfo S + H+ + 2e- HSS + 2H+ + 2e- H2S(aq) S + 2e- S2SO42- + 8H+ + 6e- S + 4H2O HSO4- + 7H+ + 6e- S + 4H2O SO42- + 4H+ + 2e- H2SO3 + H2O S2O62- + 2H+ + 2e- 2HSO3H2SO3 + 4H+ + 4e- S + 3H2O SO2 + 4H+ + 4e- S + 2H2O S4O62- + 12 H+ + 10e- 4S + 6H2O S2O32- + 6H+ + 4e- 2S + 3H2O S2O62- + 12H+ + 10e- 2S + 6H2O S2O42- + 8H+ + 6e- 2S + 4H2O S2O82- + 2e- 2SO42SO42- + 2H+ + 2e- SO32- + H2O SO42- + H2O + 2e- SO32- + 2OH2S + 2e- S223S + 2e- S324S + 2e- S425S + 2e- S52SO + 2H+ + 2e- S + H2O 2HSO3- + 4H+ + 4e- S2O32- + 3H2O
+0,501 - 1,154
- 1,798 - 0,607 - 1,438 - 1,444 - 1,353 +0,475 +0,256 +0,327 +0,612 - 1,346 +0,533 - 1,618 +0,186
- 1,186 - 0,256 - 0,820 +0,359 +1,00 - 0,549 +0,210 +0,958 +0,991 - 0,044 +0,515 +0,719 +1,281 +1,962
- 0,065 +0,142 - 0,4763 +0,3572 +0,339 +0,172 +0,455 +0,45 +0,451 +0,416 +0,4643 +0,472 +0,6408 +2,010 - 0,09 - 0,90 - 0,4284 - 0,3897 - 0,3604 - 0,3403 +1,507 +0,491
massa
227,0278 107,8682 26,981539 (243) 39,948 74,92159 (210) 196,96654 10,811 137,327 9,012182 208,98037 (247) 79,904 12,011 40,078 112,411 140,115 (251) 35,4527 (247) 58,93320 51,9961 132,90543 63,546 162,50 167,26 (252) 151,965 18,9984032 55,847 (257) (223) 69,723 157,25 72,61 1,00794 (262) 4,002602 178,49 200,59 164,93032 126,90447 114,818 192,22 39,0983
configurazione
(Rn)6d17s2 (Kr)4d105s1 (Ne)3s23p1 (Rn)5f76d07s2 (Ne)3s23p6 (Ar)3d104s24p3 (Xe)4f145d36s26p5 (Xe)4f145d106s1 (He)2s22p1 (Xe)6s2 (He)2s2 145d36s26p3 (Xe)4f (Rn)5f96d07s2 (Ar)3d104s24p5 (He)2s22p2 (Ar)4s2 (Kr)4d105s2 (Xe)4f15d16s2 (Rn)5f106d07s2 (Ne)3s23p5 (Rn)5f76d17s2 (Ar)3d74s2 (Ar)3d54s1 (Xe)6s1 (Ar)3d1o4s1 (Xe)4f105d062 (Xe)4f125d06s2 (Rn)5f116d07s2 (Xe)4f75d06s2 (He)2s22p5 (Ar)3d64s2 (Rn)5f126d07s2 (Rn)7s1 104s24p1 (Ar)3d (Xe)4f75d16s2 (Ar)3d104s24p2 1s1 146d37s2 (Rn)5f 1s2 145d26s2 (Xe)4f (Xe)4f145d106s2 (Xe)4f115d06s2 (Kr)4d105s25p5 (Kr)4d105s25p1 (Xe)4f145d76s2 (Ar)4s1
nox
+3 +1 +2 +3 +6 +5 +4 +3 +3 +5 -3 +1 +3 +5 +7 -1 +3 +1 +3 +2 +2 +3 +5 +4 +3 +1 +5 +3 +7 -1 +4 +2 -4 +2 +2 +3 +4 +4 +3 +1 +3 +5 +7 -1 +4 +3 +2 +3 +6 +3 +2 +1 +2 +1 +3 +3 +3 +3 +2 -1 +3 +2 +6 -2 +3 +1 +3 +3 +4 +1 -1
Ac 89 Ag 47 Al 13 Am 95 Ar 18 As 33 At 85 Au 79 B 5 Ba 56 Be 4 Bi 83 Bk 97 Br 35 C 6 Ca 20 Cd 48 Ce 58 Cf 98 Cl 17 Cm 96 Co 27 Cr 24 Cs 55 Cu 29 Dy 66 Er 68 Es 99 Eu 63 F 9 Fe 26 Fm 100 Fr 87 Ga 31 Gd 64 Ge 32 H 1 Ha 105 He 2 Hf 72 Hg 80 Ho 67 I 53 In 49 Ir 77 K 19
+4 +2 +1 +3 +1 +5 +7 -1 +3 +1 +2 +3 +4 +6 -1 +1
Elemento Simbolo
Kripton Lantanio Litio Laurenzio Lutezio Mendelevio Magnesio Manganese Molibdeno Azoto Sodio Niobio Neodimio Neon Nichel Nobelio Nettunio Ossigeno Osmio Fosforo Protoattinio Piombo Palladio Promezio Polonio Praseodimio Platino Plutonio Radio Rubidio Renio Rutherfordio (Kurciatovio) Rodio Radon Rutenio Zolfo Antimonio Scandio Selenio Silicio Samario Stagno Stronzio Tantalio Terbio Tecnezio Tellurio Torio Titanio Tallio Kr La Li Lr Lu Md Mg Mn Mo N Na Nb Nd Ne Ni No Np O Os P Pa Pb Pd Pm Po Pr Pt Pu Ra Rb Re Rf (Ku) Rh Rn Ru S Sb Sc Se Si Sm Sn Sr Ta Tb Tc Te Th Ti Tl
Z
36 57 3 103 71 101 12 25 42 7 11 41 60 10 28 102 93 8 76 15 91 82 46 61 84 59 78 94 88 37 75 104 45 86 44 16 51 21 34 14 62 50 38 73 65 43 52 90 22 81
massa
83,80 138,9055 6,941 (260) 174,967 (258) 24,3050 54,9493805 95,94 14,00674 22,989768 92,90638 144,24 20,1797 58,6934 (259) (237) 15,9994 190,23 30,973762 231,03588 207,19 106,42 146,92 (209) 140,90765 195,08 (239) 226,0254 85,4678 186,207 (261) 102,90550 (222) 101,07 32,066 121,757 44,955910 78,96 28,0855 150,36 118,710 87,62 180,9479 158,92534 (98) 127,60 232,0381 47,88 204,3833
configurazione
(Ar)3d104s24p6 (Xe)5d16s2 (He)2s1 (Rn)5f146d17s2 (Xe)4f145d16s2 (Rn)5f136d07s2 (Ne)3s2 (Ar)3d54s2 (Kr)4d55s1 (He)2s22p3 (Ne)3s1 (Kr)4d45s1 (Xe)4f45d06s2 (He)2s22p6 (Ar)3d84s2 (Rn)5f146d07s2 (Rn)5f46d17s2 (He)2s22p4 (Xe)4f145d66s2 (Ne)3s23p3 (Rn)5f26d17s2 (Xe)4f145d36s26p2 (Kr)4d105s0 (Xe)4f55d06s2 (Xe)4f145d36s26p4 (Xe)4f35d06s2 (Xe)4f145d96s1 (Rn)5f66d07s2 (Rn)7s2 (Kr)5s1 145d56s2 (Xe)4f (Rn)5f146d27s2 (Kr)4d85s1 145d36s26p6 (Xe)4f (Kr)4d75s1 (Ne)3s23p4 (Kr)4d105s25p3 (Ar)3d14s2 (Ar)3d104s24p4 (Ne)3s23p2 (Xe)4f65d06s2 (Kr)4d105s25p2 (Kr)5s2 145d36s2 (Xe)4f (Xe)4f95d06s2 (Kr)4d65s1 (Kr)4d105s25p4 (Rn)5f06d27s2 (Ar)3d24s2 145d36s26p1 (Xe)4f
nox
+2 +3 +1 +3 +3 +3 +2 +7 +6 +4 +3 +2 -1 +6 +5 +4 +3 +2 +3 +5 +4 +2 -3 +1 +5 +3 +3 +2 +3 +3 +2 +6 +5 +4 +3 -2 -1 +2 +3 +4 +6 +8 -2 +3 +5 +4 -3 +5 +4 +4 +2 +2 +4 +3 +2 +4 +6 +3 +4 +2 +4 +6 +5 +4 +3 +2 +1 +7 +6 +4 +2 -1
+1 +2 +3 +4 +5 +2 +3 +4 +6 +8 -2 +2 +4 +6 -2 +3 +5 -3 +3 +2 +4 +6 -2 +4 -4 +3 +2 +4 +2 +2 +5 +3 +4 +7 +2 +4 +6 -2 +4 +4 +3 +3 +1
Elemento Simbolo
Tullio Uranio Vanadio Tungsteno (Wolframio) Xeno Ittrio Itterbio Zinco Zirconio Tm U V W Xe Y Yb Zn Zr
Z
69 92 23 74 54 39 70 30 40
massa
168,93421 238,0289 50,9415 183,84 131,29 88,90585 173,04 65,39 91,224
configurazione
(Xe)4f135d06s2 (Rn)5f36d17s2 (Ar)3d34s2 (Xe)4f145d46s2 (Kr)4d105s25p6 (Kr)4d15s2 (Xe)4f145d06s2 (Ar)3d104s2 (Kr)4d25s2
nox
+3 +2 +6 +5 +4 +3 +5 +4 +3 +2 +6 +5 +4 +3 +2 +6 +4 +2 +3 +3 +2 +2 +4
Simbolo
Hf Al Am Sb Ag Ar As At Ac N Ba Be Bk Bi B Br Cd Ca Cf C Ce Cs Cl Co Cr Cm Dy Es He Er Eu Fm Fe F P Fr
Z
72 13 95 51 47 18 33 85 89 7 56 4 97 83 5 35 48 20 98 6 58 55 17 27 24 96 66 99 2 68 63 100 26 9 15 87
massa
178,49 26,981539 (243) 121,757 107,8682 39,948 74,92159 (210) 227,0278 14,00674 137,327 9,012182 (247) 208,98037 10,811 79,904 112,411 40,078 (251) 12,011 140,115 132,90543 35,4527 58,93320 51,9961 (247) 162,50 (252) 4,002602 167,26 151,965 (257) 55,847 18,9984032 30,973762 (223)
configurazione
(Xe)4f145d26s2 (Ne)3s23p1 (Rn)5f76d07s2 (Kr)4d105s25p3 (Kr)4d105s1 (Ne)3s23p6 (Ar)3d104s24p3 (Xe)4f145d36s26p5 (Rn)6d17s2 (He)2s22p3 (Xe)6s2 (He)2s2 (Rn)5f96d07s2 (Xe)4f145d36s26p3 (He)2s22p1 (Ar)3d104s24p5 (Kr)4d105s2 (Ar)4s2 (Rn)5f106d07s2 (He)2s22p2 (Xe)4f15d16s2 (Xe)6s1 (Ne)3s23p5 (Ar)3d74s2 (Ar)3d54s1 (Rn)5f76d17s2 (Xe)4f105d062 (Rn)5f116d07s2 1s2 (Xe)4f125d06s2 (Xe)4f75d06s2 (Rn)5f126d07s2 (Ar)3d64s2 (He)2s22p5 (Ne)3s23p3 (Rn)7s1
nox
+4 +3 +6 +5 +4 +3 +3 +5 -3 +1 +2 +3 +5 -3 +1 +3 +5 +7 -1 +3 +3 +5 +4 +2 -3 +2 +2 +4 +3 +3 +5 +3 +1 +5 +3 +7 -1 +2 +2 +4 +3 +4 +2 -4 +3 +4 +1 +1 +3 +5 +7 -1 +2 +3 +6 +3 +2 +4 +3 +3 +3 +3 +3 +2 +3 +3 +2 +6 -2 -1 +3 +5 +4 -3 +1
Elemento
Gadolinio Gallio Germanio Hahnio Idrogeno Indio Iodio Iridio Itterbio Ittrio Kripton Lantanio Laurenzio Litio Lutezio Magnesio Manganese Mendelevio Mercurio Molibdeno Neodimio Neon Nettunio Nichel Niobio Nobelio Olmio Oro Osmio Ossigeno Palladio Piombo Platino Plutonio Polonio Potassio Praseodimio Promezio Protoattinio Radio Radon Rame Renio Rodio Rubidio Rutenio Rutherfordio (Kurciatovio) Samario Scandio Selenio
Simbolo
Gd Ga Ge Ha H In I Ir Yb Y Kr La Lr Li Lu Mg Mn Md Hg Mo Nd Ne Np Ni Nb No Ho Au Os O Pd Pb Pt Pu Po K Pr Pm Pa Ra Rn Cu Re Rh Rb Ru Rf (Ku) Sm Sc Se
Z
64 31 32 105 1 49 53 77 70 39 36 57 103 3 71 12 25 101 80 42 60 10 93 28 41 102 67 79 76 8 46 82 78 94 84 19 59 61 91 88 86 29 75 45 37 44 104 62 21 34
massa
157,25 69,723 72,61 (262) 1,00794 114,818 126,90447 192,22 173,04 88,90585 83,80 138,9055 (260) 6,941 174,967 24,3050 54,9493805 (258) 200,59 95,94 144,24 20,1797 (237) 58,6934 92,90638 (259) 164,93032 196,96654 190,23 15,9994 106,42 207,19 195,08 (239) (209) 39,0983 140,90765 146,92 231,03588 226,0254 (222) 63,546 186,207 102,90550 85,4678 101,07 (261) 150,36 44,955910 78,96
configurazione
(Xe)4f75d16s2 (Ar)3d104s24p1 (Ar)3d104s24p2 (Rn)5f146d37s2 1s1 (Kr)4d105s25p1 (Kr)4d105s25p5 (Xe)4f145d76s2 (Xe)4f145d06s2 (Kr)4d15s2 (Ar)3d104s24p6 (Xe)5d16s2 (Rn)5f146d17s2 (He)2s1 (Xe)4f145d16s2 (Ne)3s2 (Ar)3d54s2 (Rn)5f136d07s2 (Xe)4f145d106s2 (Kr)4d55s1 (Xe)4f45d06s2 (He)2s22p6 (Rn)5f46d17s2 (Ar)3d84s2 (Kr)4d45s1 (Rn)5f146d07s2 (Xe)4f115d06s2 (Xe)4f145d106s1 (Xe)4f145d66s2 (He)2s22p4 (Kr)4d105s0 (Xe)4f145d36s26p2 (Xe)4f145d96s1 (Rn)5f66d07s2 (Xe)4f145d36s26p4 (Ar)4s1 (Xe)4f35d06s2 (Xe)4f55d06s2 (Rn)5f26d17s2 (Rn)7s2 (Xe)4f145d36s26p6 (Ar)3d1o4s1 (Xe)4f145d56s2 (Kr)4d85s1 (Kr)5s1 (Kr)4d75s1 (Rn)5f146d27s2 (Xe)4f65d06s2 (Ar)3d14s2 (Ar)3d104s24p4 +3 +3 +4
nox
+1 -1 +3 +1 +5 +7 -1 +1 +2 +3 +4 +6 -1 +3 +2 +3 +2 +3 +3 +1 +3 +2 +7 +6 +4 +3 +2 -1 +3 +2 +1 +6 +5 +4 +3 +2 +3 +6 +5 +4 +3 +2 +3 +5 +3 +3 +2 +3 +3 +1 +2 +3 +4 +6 +8 -2 -2 -1 +2 +4 +4 +2 +2 +4 +6 +5 +4 +3 +2 +4 +6 +1 +3 +4 +3 +5 +4 +2 +2 +1 +7 +6 +4 +2 -1 +1 +2 +3 +4 +5 +1 +2 +3 +4 +6 +8 -2
+3 +2 +3 +2 +4 +6 -2
Elemento
Silicio Sodio Stagno Stronzio Tallio Tantalio Tecnezio Tellurio Terbio Titanio Torio Tullio Tungsteno (Wolframio) Uranio Vanadio Xeno Zinco Zirconio Zolfo
Simbolo
Si Na Sn Sr Tl Ta Tc Te Tb Ti Th Tm W U V Xe Zn Zr S
Z
14 11 50 38 81 73 43 52 65 22 90 69 74 92 23 54 30 40 16
massa
28,0855 22,989768 118,710 87,62 204,3833 180,9479 (98) 127,60 158,92534 47,88 232,0381 168,93421 183,84 238,0289 50,9415 131,29 65,39 91,224 32,066
configurazione
(Ne)3s23p2 (Ne)3s1 (Kr)4d105s25p2 (Kr)5s2 (Xe)4f145d36s26p1 (Xe)4f145d36s2 (Kr)4d65s1 (Kr)4d105s25p4 (Xe)4f95d06s2 (Ar)3d24s2 (Rn)5f06d27s2 (Xe)4f135d06s2 (Xe)4f145d46s2 (Rn)5f36d17s2 (Ar)3d34s2 (Kr)4d105s25p6 (Ar)3d104s2 (Kr)4d25s2 (Ne)3s23p4
nox
+4 -4 +1 +4 +2 +2 +3 +1 +5 +7 +2 +4 +6 -2 +3 +4 +4 +3 +4 +3 +2 +6 +5 +4 +3 +2 +6 +5 +4 +3 +5 +4 +3 +2 +6 +4 +2 +2 +4 +2 +4 +6 -2
Etimologia Afnio Alluminio Americio Antimonio Argento Argon Arsenico Astato Attinio Azoto Bario Berillio e Al) Berkelio Bismuto Boro Bromo Hafnia, nome latino di Copenaghen Alumen, nome latino dell'allume (solfato doppio di alluminio e potassio) usato dai Romani come mordente per i colori. America - transuranico ottenuto per la prima volta nell'Universit americana di Berkeley nel 1944 Utmund (?), antico termine arabo. Latino stibium. Argentum, termine latino dal greco args (bianco, scintillante) Args, termine greco (a-ergn = inerte, inattivo) Arsenikn, termine greco (maschile), nome dato nell'antichit ai solfuri di arsenico statos, termine greco (instabile) Akts, termine greco (raggio) a-zo, termine greco (senza vita, inanimato), nome assegnatogli da Lavoisier perch in un'atmosfera di azoto la vita non possibile Barite, nome dato da Lavoisier al minerale in cui fu individuato l'elemento nel 1808 da Davy (dal greco bars = pesante) Bryllos, termine greco di origine indiana che indicava il minerale berillo (silicato di Be Berkeley, citt della California dove stato isolato per la prima volta nel 1950 Wiszmut, termine tedesco coniato da Paracelso , perch estratto (gemutet) in Sassonia presso San Giorgio nei Prati (in den Wiesen) Buraq, termine arabo di derivazione persiana che indicava il minerale borace Brmos, termine greco (lezzo degli animali, cattivo odore), per il suo odore sgradevole
Cadmio
Cadmea, antico nome di Tebe (fondata da Cadmo) in prossimit della cui acropoli si trovava l'ossido di zinco (terra cadmea). Il Cadmio si ottiene infatti come sottoprodotto della metallurgia dello zinco Calx, termine latino (calce spenta), probabilmente dal greco chlix (piccola pietra, California, stato nordamericano in cui fu scoperto nel 1950 Carbo, termine latino (carbone) Cerere, nome del primo asteroide scoperto tra Marte e Giove, due giorni prima della scoperta dell'elemento Caesius, termine latino (azzurro verdastro), dal colore di alcune sue righe spettrali Chlors, termine greco (verde giallastro), dal colore del gas Cl2 Kobolt, termine tedesco (folletto, elfo), dalla leggenda secondo la quale i minatori tedeschi pensavano di essere beffati da uno spirito quando al posto dell'argento trovavano il Cobalto (dal greco kbalos = buffone, furbo) Chroma, termine greco (colore), per il colore vivace dei suoi composti Curie, in onore dei coniugi Pierre e Marie Curie (fisici francesi) Dysprsitos, termine greco (difficile da ottenere) Einstein, in onore di Albert Einstein Hlios, termine greco (sole), per essere stato scoperto nel 1868 nell'atmosfera solare Ytterby, localit svedese dove fu scoperto Europa Fermi, in onore del fisico Enrico Fermi Ferrum, termine latino (ferro) Flere, termine latino (fluire, scorrere), poich la fluorite (CaF2) veniva usata per rendere pi fluide le fusioni e le scorie nell'industria metallurgica, ceramica e del vetro Fosfros, termine greco (luminifero, portatore di luce), per la sua caratteristica Francia, perch scoperto nel 1939 dalla scienziata francese Perey Gadolin, nome dello scienziato finlandese che scopr il minerale gadolinite Gallia, antico nome della Francia e riferimento al nome dello scopritore Lecoq (il gallo) Germania, perch isolato nel 1886 dal tedesco Winkler dor-ghenno, termine greco (che genera acqua), coniato da Lavoisier Indaco, dal colore di una delle righe del suo spettro Ides, termine greco (violetto), dal colore dei suoi vapori Iris, termine greco (iride, arcobaleno), per i molteplici colori dei suoi composti Ytterby, localit svedese in cui fu scoperto Ytterby, localit svedese in cui fu scoperto Krypts, termine greco (nascosto) poich si trova in tracce tra i gas nobili Lanthnein, termine greco (essere nascosto), perch piuttosto raro Lawrence, in onore del fisico americano Ernest Lawrence Lthos, termine greco (pietra) perch usato in medicina contro il mal della pietra o Lutetia, antico nome di Parigi, attribuitogli nel 1907 dal suo scopritore francese Urbain Magnesia, localit dell'Asia minore Magnsion, termine greco bizantino (Magnesia) Mendeleev, in onore del chimico russo
Cromo Curio Disprosio Einstenio Elio Erbio Europio Fermio Ferro Fluoro Fosforo luminescenza Francio Gadolinio Gallio Germanio Idrogeno Indio Iodio Iridio Itterbio Ittrio Kripton Lantanio Laurenzio Litio calcolosi Lutezio Magnesio Manganese Mendelevio
Mercurio, per il rapporto tra pianeti e metalli esistente nella tradizione alchimistica e astrologica medievale, il simbolo Hg deriva dal termine greco ydrargyron (argento liquido) Molibdeno Mlybdos, termine greco (piombo) Durante il medioevo la molibdenite (MoS2) veniva confusa con il piombo Neodimio Nos - ddimos, termine greco (nuovo - doppio) Elemento separato nel 1885 dal Didimio, una sostanza erroneamente ritenuta elementare e composta invece di due elementi (Neodimio e Praseodimio) Neon Nos, termine greco (nuovo), scoperto nell'aria nel 1895 Nettunio Nettuno, il dio del mare Nichel Kupfer Nickel, termine tedesco (rame del diavolo), nome dato al metallo dai minatori tedeschi che incolpavano il diavolo di non trovare il rame che cercavano Niobio Niobe, figlia di Tantalo, perch l'elemento fu a lungo confuso con il Tantalio al quale si trova spesso associato Nobelio Nobel, in onore di Alfred Nobel Olmio Holmia, antico nome di Stoccolma, nome assegnatogli dal suo scopritore svedese (Clve) nel 1878 Oro Aurum, termine latino (oro) Osmio Osm, termine greco (odore), per l'odore pungente del suo tetrossido (OsO4) Ossigeno Oxs--ghenno, termine greco (produttore di acido), coniato da Lavoisier Palladio Palls, termine greco (la dea Atena), nome assegnato all'asteroide Pallade scoperto nello stesso periodo Piombo Plumbum, termine latino (piombo) Platino Plata, termine spagnolo (argento) Plutonio Plutone, il dio degli inferi Polonio Polonia, perch scoperto nel 1898 dalla polacca Marie Curie Potassio Pott Asche, termine tedesco, letteralmente "cenere di vaso", cio cenere di vegetali cotti in vaso. Il simbolo chimico deriva dal latino kalium (potassa) (arabo al-qali = potassa, da cui alcali) Praseodimio Prsios - ddimos, termine greco (verdastro - doppio), Elemento separato nel 1885 dal Didimio,una sostanza erroneamente ritenuta elementare e composta invece di due elementi (Neodimio e Praseodimio) Promezio Prometeo, figura della mitologia greca Protoattinio Prtos akts, termine greco (primo raggio) Radio Radium, termine latino (raggio), poich emette radiazioni Radon Radio, poich si genera dal Radio per decadimento alfa Rame Aes (gen. aeris), termine latino (rame, bronzo). Nel latino pi tardo "aeramen". La maggior parte del rame arrivava a Roma dall'isola di Cipro (aes cyprium), da cui il simbolo Cu (Cuprum o Cyprum) Renio Reno, il fiume europeo Rodio Rdon, termine greco (rosa), per il colore assunto dalle soluzioni di molti suoi composti (complessi) Rubidio Rbidus, termine latino (rosso scuro), dal colore di una delle sue righe spettrali Rutenio Rutenia, o "Piccola Russia", nome assegnatogli nel 1845 dal chimico russo Claus Samario Samarskite, nome del minerale scoperto da von Samarski in cui Lecoq individu successivamente (1879) l'elemento
Mercurio
Scandiam, nome latino della Scandinavia, nome assegnatogli dal suo scopritore svedese Selne, termine greco (luna), nome coniato da Berzelius, che lo scopr nel 1817, per la sua somiglianza con il Tellurio Slex, termine latino (selce, pietra focaia), Soda, termine medievale che indicava il carbonato di sodio. Forse dall'arabo sarwwad, pianta dalle cui ceneri si ricavava la soda. Il simbolo chimico (Na) deriva dal latino natrium Stagnum, termine latino (stagno) Strontian, localit mineraria scozzese nell'Argyllshire Thalls, termine greco (germoglio), per il colore verde di una delle sue righe spettrali Technets, termine greco (artificiale) perch esistono solo suoi isotopi creati
Stagno Stronzio Tallio Tecnezio artificialmente Tellurio Tllus, termine latino (terra), nome coniato dallo scopritore Klaproth (1789) in contrapposizione all'elemento Uranio scoperto nello stesso anno Terbio Ytterby, localit svedese in cui fu scoperto Titanio Titani, figure mitologiche figli di Urano, scoperto da Gregor (1791), il nome gli fu assegnato da Klaproth in relazione all'elemento Uranio scoperto due anni prima Torio Thor, il dio scandinavo del tuono Tulio Thule, antico nome della Scandinavia, nome assegnatogli dal suo scopritore svedese Clve) nel 1879 Tungsteno Tung Sten, termine svedese (pesante pietra), chiamato anche nella letteratura tedesca Wolframio (wolf ram = sporcizia di lupo) Uranio Urano, nome coniato dallo scopritore Klaproth (1789) in omaggio alla recente (1781) scoperta del pianeta Vanadio Vanadis, nome di una divinit scandinava Xeno Xnos, termine greco (straniero), per la sua rarit Zinco Zink, termine tedesco Zirconio Zircone, minerale dal quale stato isolato nel 1787 da Klaproth. Dal greco Hykinthos (giacinto) o dall'arabo zargum (color oro), per il colore di alcune variet pregiate di zircone Zolfo Sulphur, termine latino (zolfo)
c velocit della luce e carica dell'elettrone N numero di Avogadro k cost. di Boltzmann G cost. di gravit. univers. h cost. di Planck me massa elettrone mp massa protone mn massa neutrone eo cost. dielettrica del vuoto mo permeab. magn. vuoto Ke costante di Coulomb F cost. di Faraday R costante dei gas R cost. di Rydberg uma (unit massa atom.) po pressione normale vo volume molare standard g accelerazione di gravit s cost. di Stefan Boltzman b cost di Wien To punto solidif. acqua c1 1^ cost radiaz di Planck c2 2^. cost radiaz di Planck mB magnetone di Bohr mN magnetone nucleare mp momento magn. protone mn momento magn. neutrone ao raggio di Bohr re raggio elettrom. elettrone a costante struttura fine lCe Compton elettrene lCp Compton protone
299 792 458 . 108 m s-1 1,602 176 487 . 10-19 C 6,022 141 79 .1023 mol-1 1,380 650 4 . 10-23 J K-1 6,674 28 . 10-11 m3 kg-1 s-2 6,626 068 96 . 10-34 J s 9,109 382 15 . 10-31 kg 1,672 621 637 . 10-27 kg 1,674 927 211 . 10-27 kg 8,85418782....10-12 C V-1 m-1 1,2566370614....10-6 V s2 C-1 m-1 8,98755179 . 109 N m2 C-2 9,648 533 99 . 104 C mol-1 8,314 472 J mol-1 K-1 1,097 373 156 852 7 . 107 m-1 1,660 538 782 . 10-27 kg 101325 Pa 2,241 399 6 . 10-2 m3 mol-1 9,80665 m s-2 5,670 400 .10-8 J m-2 K-4 s-1 2,897 768 5 . 10-3 m K 273,15 K 3,741 771 18 . 10-16 J s-1 m2 1,438 775 2 .10-2 m K 9,274 0o9 15 . 10-24 J T-1 5,050 783 24 .10-27 J T-1 1,410 606 662 . 10-26 J T-1 9,662 364 1 . 10-27 J T-1 5,291 772 085 9 . 10-11 m 2,817 940 289 4 . 10-15 m 7,297 352 537 6 . 10-3 2,426 310 217 5 . 10-12 m 1,321 409 844 6 . 10-15 m
vo =
F=eN R=kN
R To po
s=
2p 5 k 4 15 c 2 h 3
hc c2 = k
eh mB = g h = 4p me c2 = 1 e omo
2p 2 e 4 me K e2 R = c h3 h2 4p 2 me e 2 K e
b=
c2 51 - e
c - 2 b
c1 = 2p hc 2
hc k 4,9651142318
ao =
re =
Kee2 me c 2
lC =
h mc
a=
Kee2 hc
* CGS - ELETTROSTATICO Fe = Ke
1 =1 4 pe oes
Q1 Q2 R2
NON
Ke = 1
c2 =
1 eom o
Ke = 1 =1 e oes
RAZIONALIZZATO
e oes m oes
Ke =
RAZIONALIZZATO
e oes m oes
1 1 = 1, 112650056...10 -21 s2 cm -2 2 c
* CGS - ELETTROMAGNETICO Fm = Km
1 =1 4 pe oem
P1 P2 R2
NON
Km = 1
c2 =
1 eom o
1 e oem =1
RAZIONALIZZATO
e oem m oem
Km =
RAZIONALIZZATO
Km =
e oem m oem
1 = 1, 112650056...10 -21 s2 cm -2 2 c
1
Nome
esa peta tera giga mega kilo etto deca deci centi milli micro nano pico femto atto
Simbolo
E P T G M k h da d c m m n p f a
FATTORI DI CONVERSIONE PER UNITA' DI MISURA DI USO COMUNE per passare da coulomb newton newton joule joule joule joule joule joule pascal pascal pascal pascal pascal watt watt watt a u.e.s. (franklin) dyn chilogrammo erg caloria chilowattora chilogrammetro atmosfera .litro elettronvolt dyn/cm2 atmosfera bar tor (mm Hg) kg/cm2 cal/ora cavallo vapore erg/s moltiplicare per 2,99792458 .109 1 .105 1,0197162 .10-1 1 .107 2,3900574 .10-1 2,77777 .10-7 1,0197162 .10-1 9,86923 .10-3 6,241506363 .1018 1 .101 9,86923 .10-6 1 .10-5 7,5006 .10-3 1,0197162 .10-5 8,60420664 .102 1,35962 .10-3 1 .107
Per costruire coefficienti di conversione tra unit (tra loro omogenee) non poste esplicitamente in relazione nella tabella sufficiente calcolare il rapporto tra il coefficiente dell'unit di misura finale e quello dell'unit di misura iniziale. Ad esempio il coefficiente di conversione per trasformare calorie (iniziale) in eV (finale) si calcola
k cal/ eV =
SI
metro (m) kilogrammo (kg) secondo (s) ampere (A) kelvin (K) candela (cd) mole (mol) radiante (rad) steradiante (sr)
cgses
centimetro (cm) grammo (g) secondo (s) statampere (statA) kelvin (K) candela (cd) mole (mol) radiante (rad) steradiante (sr)
SI
hertz (Hz) newton (N) joule (J) pascal (Pa) watt (W) coulomb (C) volt (V) farad (F) ohm (W) henry (H) weber (Wb) siemens (S) lumen (lm) lux (lx) nit (nt) tesla (T) becquerel (Bq)
Definizione
1Hz = 1 oscillazione s-1 1N = 1 Kg m s-2 1 J = 1N m 1 Pa = 1N m-2 1 W = 1 J s-1 1C=1As 1 V = 1 W A-1 = 1 J C-1 1 F = 1C V-1 1 W = 1 V A-1 1 H = 1 V s A-1 1 Wb = 1 V s 1 S = 1 W-1 1lm = 1cd sr 1 lx = 1 lm m-2 1 nt = 1 cd m-2 1 T = 1Wb m-2 1 Bq = 1 decadimento s-1
in unit fondamentali
1s-1 1 Kg m s-2 1Kg m2 s-2 1 Kg s-2 m-1 1 Kg m2 s-3 1As 1 Kg m2 s-3 A-1 1 m-2 s4 Kg-1 A2 1 Kg m2 s-3 A-2 1 Kg m2 s-2 A-2 1 Kg m2 s-2 A-1 1 Kg-2 m-2 s3 A2 1cd sr 1cd sr m-2 1 cd m-2 1 Kg s-2 A-1 1 s-1
cgses
hertz (Hz) dina (dyn) erg (erg) dyn cm-2 erg s-1 u.e.s. = Fr = statC statV statF statW statH statWb Stat W-1 lumen (lm) lm cm-2 stilb (sb) = cd cm-2 StatT
20.11 Nomenclatura
Tabella con i primi 100 elementi chimici
(Z = numero atomico = numero di protoni)
Elemento Idrogeno Elio Litio Berillio Boro Carbonio Azoto Ossigeno Fluoro Neon Sodio Magnesio Alluminio Silicio Fosforo Zolfo Cloro Argon Potassio Calcio Scandio Titanio Vanadio Cromo Manganese Ferro Cobalto Nichel Rame Zinco Gallio Germanio Arsenico Selenio Bromo Kripton Rubidio Stronzio Ittrio Zirconio Niobio Molibdeno Tecnezio Rutenio Rodio Palladio Argento Cadmio Indio Stagno
Simbolo H He Li Be B C N O F Ne Na Mg Al Si P S Cl Ar K Ca Sc Ti V Cr Mn Fe Co Ni Cu Zn Ga Ge As Se Br Kr Rb Sr Y Zr Nb Mo Tc Ru Rh Pd Ag Cd In Sn
Z 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50
Elemento Antimonio Tellurio Iodio Xeno Cesio Bario Lantanio Cerio Praseodimio Neodimio Promezio Samario Europio Gadolinio Terbio Disprosio Olmio Erbio Tullio Itterbio Lutezio Afnio Tantalio Tungsteno (Wolframio) Renio Osmio Iridio Platino Oro Mercurio Tallio Piombo Bismuto Polonio Astato Radon Francio Radio Attinio Torio Protoattinio Uranio Nettunio Plutonio Americio Curio Berkelio Californio Einstenio Fermio
Simbolo Sb Te I Xe Cs Ba La Ce Pr Nd Pm Sm Eu Gd Tb Dy Ho Er Tm Yb Lu Hf Ta W Re Os Ir Pt Au Hg Tl Pb Bi Po At Rn Fr Ra Ac Th Pa U Np Pu Am Cm Bk Cf Es Fm
Z 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100
Per gli elementi con numero atomico maggiore di 100 i nomi ed i simboli derivano direttamente dal numero atomico dell'elemento utilizzando le seguenti radici numeriche: 0=nil 5=pent 1=un 6=hex 2=bi 7=sept 3=tri 8=oct 4=quad 9=enn
Le radici sono sistemate in successione seguendo il numero atomico e terminando con il suffisso "ium". Il simbolo formato dalle lettere iniziali delle radici numeriche che compongono il nome. Es: Atomo 104 1 0 4 suffisso un nil quad ium nome: Unnilquadium simbolo: Unq Eccezioni: nomi e simboli approvati 101 Mendelevio Md 102 Nobelio No 103 Laurenzio Lr 104 Rutherfordio Rf nomi e simboli proposti 105 Dubnio Db 106 Seaborgio Sg 107 Bohrio Bh 108 Hassio Hs 109 Meitnerio Mt Numero di ossidazione (nox) o stato di ossidazione (stox) Si definisce numero di ossidazione o stato di ossidazione la carica, reale o formale, che acquista un atomo quando si assegnano convenzionalmente gli elettroni di legame all'atomo pi elettronegativo. La carica reale nei composti ionici ed in tal caso coincide con il numero di cariche portate dallo ione. Ad esempio nel cloruro di sodio NaCl, costituito da uno ione sodio Na + e da uno ione cloro Cl-, il sodio presenta nox +1, mentre il cloro presenta nox -1. La carica formale nei composti covalenti. Ad esempio nell'acqua H2O, gli elettroni di legame vengono assegnati all'ossigeno pi elettronegativo, il quale assume perci convenzionalmente 2 cariche negative e presenta nox -2. Ciascuno dei due idrogeni presenta quindi nox +1. Il numero di ossidazione si scrive sopra il simbolo chimico sotto forma di numero relativo
+4
Pb
Lo stato di ossidazione si scrive ad esponente del simbolo chimico o racchiuso tra parentesi tonde come numero romano PbIV Pb(IV) Ciascun elemento chimico pu presentare pi di un numero di ossidazione. Vengono date di seguito alcune regole per l'attribuzione dei numeri di ossidazione. 1) il nox delle sostanze elementari (H2, O2, Na, Cu etc) sempre zero poich ci troviamo di fronte ad atomi di uno stesso elemento, aventi perci la stessa elettronegativit. Pi in generale quando in una molecola due atomi di uno stesso elemento si uniscono con legame covalente, gli elettroni di legame non vanno attribuiti a nessuno dei due atomi. 2) Il nox di uno ione pari alla sua carica Ca2+ (nox +2) Al3+ (nox +3) S2- (nox -2)
3) L'idrogeno presenta sempre nox +1 tranne che quando si lega direttamente con metalli pi elettropositivi (idruri), ed in cui ha dunque nox -1. 4) L'ossigeno ha sempre nox -2 tranne quando forma un legame covalente puro con se stesso (perossidi O-O-) dove presenta nox -1. (secondo quanto previsto dalla regola numero 1 gli elettroni del legame tra atomi uguali non vanno attribuiti, mentre viene attribuito all'ossigeno l'altro elettrone utilizzato per legarsi ad altri elementi) 5) il fluoro, essendo l'elemento pi elettronegativo della tabella periodica, ed avendo bisogno di un solo elettrone per raggiungere l'ottetto, ha sempre nox -1 6) Gli altri elementi del VII gruppo A hanno anch'essi nox -1, tranne quando si legano con elementi pi elettronegativi, come ad esempio l'ossigeno, in tal caso presentano nox positivi. 7) In generale il nox pi elevato di un elemento corrisponde al numero d'ordine del gruppo cui appartiene. Cos gli elementi del primo gruppo presentano nox +1, quelli del secondo +2, quelli del terzo +3 e cos via fino agli elementi del settimo gruppi che presentano come nox pi elevato +7. 8) sempre in generale, quando un elemento presenta pi di un nox, il valore di quest'ultimo diminuisce di 2 unit alla volta. Cos gli elementi del VII gruppo oltre al nox +7 possono presentare nox +5, +3, +1, -1. gli elementi del VI gruppo oltre al nox + 6 possono presentare nox +4, +2, -2. 9) In una specie chimica neutra la somma dei nox di tutti gli atomi che la compongono deve sempre essere nulla. 10) In uno ione poliatomico la somma dei nox dei diversi atomi deve sempre essere pari alla carica totale dello ione. Le ultime due regole ci permettono, partendo da una formula chimica, di calcolare il numero di ossidazione incognito della maggior parte degli elementi. Ad esempio per calcolare il numero di ossidazione dello zolfo nell'anidride solforosa SO2, procediamo come segue: ciascun atomo di ossigeno presenta nox -2; complessivamente i due atomi presentano nox -4; affich la somma dei nox sia zero lo zolfo deve presentare nox + 4. Calcoliamo il nox del carbonio nello ione poliatomico HCO3-: i tre atomi di ossigeno presentano complessivamente nox - 6, l'idrogeno presenta nox + 1. Sommando il nox dei tre atomi di ossigeno e dell'idrogeno si ottiene - 5. Affinch la somma di tutti i nox dia la carica complessiva dello ione -1, il carbonio deve presentare nox +4. Nomenclatura tradizionale e nomenclatura sistematica (IUPAC) La nomenclatura ha origine dalla distinzione degli elementi in metalli e non metalli. Da qui si fanno derivare due serie parallele di composti (serie basica e serie acida). Metallo O2 Ossido (basico) O2 H2O Idrossido (base) H2O Acido (Ossiacido)
non Metallo
Dalla reazione di un composto della serie acida con un composto della serie basica si ottengono poi i sali La nomenclatura tradizionale si basa sulluso di prefissi e suffissi correlati allo stato di ossidazione degli atomi. La nomenclatura IUPAC si basa invece per lo pi sulla stechiometria della molecola ed ha lobiettivo di rendere immediatamente evidenti il numero di atomi o gruppi chimici presenti in una
molecola, facendoli precedere da opportuni prefissi moltiplicativo (che coincidono ovviamente con il loro indice). Nella tabella seguente sono riportati i prefissi moltiplicativi
1 mono 11 2 di (bis) 12 3 tri (tris) 13 4 tetra (tetrakis) 14 5 penta (pentakis) 15 6 esa (esakis) 16 7 epta (eptakis) 17 8 octa (octakis) 18 9 nona (nonakis) 19 10 deca (decakis) 20 (octa=otta, epta=etta)
undeca dodeca trideca tetradeca pentadeca esadeca eptadeca octadeca nonadeca icosa
21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
henicosa docosa tricosa tetracosa pentacosa esacosa eptacosa octacosa nonacosa triaconta
31 32 33 34 35 36 37 38 39 40
hentriaconta dotriaconta tritriaconta tetratriaconta pentatriaconta esatriaconta eptatriaconta octatriaconta nonatriaconta tetraconta
50 pentaconta 60 hexaconta 70 heptaconta 80 octaconta 90 nonaconta 100 ecta 200 dicta 300 tricta 400 tetracta 500 pentacta
600 esacta 700 eptacta 800 octacta 900 nonacta 1000 kilia 2000 dilia 3000 trilia 4000 tetrilia 5000 pentilia 10000 miria
Nome di un elemento o sostanza elementare. Nella nomenclatura sistematica (IUPAC) al nome dell'elemento si aggiunge l'appropriato prefisso numerico H N N2 O O2 O3 S6 Ar nome sistematico monoidrogeno monoazoto diazoto monoossigeno diossigeno triossigeno esazolfo argon nome tradizionale idrogeno atomico azoto atomico azoto ossigeno atomico ossigeno ozono argon
Il prefisso mono si usa solo quando l'elemento non esiste nello stato monoatomico. Regole per la costruzione dei composti binari I composti binari sono formati da due soli elementi chimici. Convenzionalmente si scrivono ponendo per primo l'elemento meno elettronegativo, seguito dall'elemento pi elettronegativo. Vi sono comunque eccezioni a tele regola di cui diremo Il simbolo di ciascun elemento seguito da un numero a pedice, detto indice, che indica quanti atomi di quell'elemento sono presenti nel composto. Gli indici sono apposti in modo tale che, sommando i rispettivi nox, la molecola risulti neutra. Per calcolare gli indici in modo semplice sufficiente utilizzare il nox del primo elemento come indice del secondo e viceversa. Ad esempio se vogliamo scivere la formula di un composto binario formato da un elemento A il cui numero di ossidazione sia +2 e da un composto B il cui numero di ossidazione sia -3, otterremo
Si noti che l'elemento con il numero di ossidazione negativo (il pi elettronegativo) stato scritto per secondo. Tale metodo di costruzione dei composti binari garantisce la neutralit della molecola. Infatti nella molecola sono presenti 3 atomi di A per un totale di 6 cariche positive e 2 atomi di B per un totale di 6 cariche negative. Qualora dopo aver calcolato gli indici questi risultino divisibili per uno stesso numero, gli indici vanno semplificati, tranne alcuni casi particolari (vedi ad esempio alcuni perossidi). Fanno eccezione alcuni composti, la cui formula necessario conoscere, come ad esempio il perossido di idrogeno, H2O2, in cui gli indici non vanno semplificati.
A - Composti della serie basica (ossidi ed idrossidi) A.1 Ossidi (ossidi basici) Sono composti in cui un metallo si lega con l'ossigeno (nox -2). Metallo + O2 ossido La formula generale di un ossido Me2On con n = nox del metallo (Me) La nomenclatura tradizionale degli ossidi prevede: Se il metallo presenta un unico stato di ossidazione il composto si chiamer Ossido di seguito dal nome del metallo Se il metallo presenta due stati di ossidazione forma con l'ossigeno due tipi di ossidi. Nel composto a nox maggiore il metallo prende la desinenza -ico, in quello a nox minore prende la desinenza oso. La nomenclatura sistematica (IUPAC) degli ossidi prevede: la denominazione ossido di seguita dal nome del metallo, con lutilizzo di opportuni prefissi moltiplicativi che precedono sia il termine ossido sia il nome del metallo. Nel caso il metallo presenti pi di un numero di ossidazione possibile far seguire al nome del metallo il suo stato di ossidazione in numero romano racchiuso tra parentesi tonde (notazione di Stock). Il numero romano va letto come numero cardinale Nome sistematico MgO Li2O Al2O3 PbO PbO2 ossido di magnesio Ossido di dilitio triossido di dialluminio Ossido di Piombo (II) diossido di Piombo (IV) Nome tradizionale ossido di magnesio ossido di litio ossido di alluminio Ossido piomboso Ossido piombico
A.2 Idrossidi Gli idrossidi si formano sommando una o pi molecole d'acqua ad un'ossido Ossido + nH2O Idrossido
Gli idrossidi hanno formula generale Me(OH)n con n pari al numero di ossidazione del metallo (Me). In altre parole Per costruire un idrossido sufficiente far seguire al metallo tanti gruppi ossidrili o idrossidi (OH) quanti ne richiede il suo numero di ossidazione. Ad esempio dall'ossido di potassio si ottiene l'idrossido di potassio K2O + H2O 2KOH mentre dall'ossido rameico si ottiene l'idrossido rameico CuO + H2O Cu(OH)2 Nella nomenclatura tradizionale il nome degli idrossidi si ottiene da quello dell'ossido corrispondente, sostituendo il termine "idrossido" al termine "ossido". Nella nomenclatura IUPAC il termine idrossido viene preceduto da opportuno prefisso moltiplicativo. Nome sistematico Mg(OH)2 LiOH Al(OH)3 Pb(OH)2 Pb(OH)4 diidrossido di magnesio idrossido di litio triidrossido di alluminio diidrossido di piombo (II) tetraidrossido di piombo (IV) Nome tradizionale idrossido idrossido idrossido idrossido idrossido di magnesio di litio di alluminio piomboso piombico
B - Composti della serie acida (anidridi ed ossiacidi). B.1 Anidridi (ossidi acidi) Sono composti in cui un non metallo si lega con l'ossigeno (nox -2). non Metallo + O2 Anidridi La formula generale di unanidride nMe2Ox con x = nox del non metallo (nMe) La nomenclatura tradizionale degli anidridi prevede: Se il non metallo presenta un unico stato di ossidazione il composto si chiamer Anidride seguito dal nome del non metallo con desinenza -ica Se il non metallo presenta due stati di ossidazione forma con l'ossigeno due tipi di anidridi. Nel composto a nox maggiore il non metallo prende la desinenza -ica, in quello a nox minore prende la desinenza -osa. Se il non metallo presenta quattro stati di ossidazione forma con l'ossigeno quattro tipi di anidridi - Nel composto a nox maggiore il non metallo prende il prefisso per- e la desinenza ica - nel composto a nox minore prende il prefisso ipo- e la desinenza -osa. - nei composti a nox intermedi si avranno le desinenze ica (per il nox pi elevato dei due) ed -osa (per il nox meno elevato dei due) nox + prefisso perdesinenza -ica -ica -osa -osa
ipo-
La nomenclatura sistematica (IUPAC) delle anidridi prevede: la denominazione ossido di seguita dal nome del non metallo, con lutilizzo di opportuni prefissi moltiplicativi che precedono sia il termine ossido sia il nome del non metallo. Nel caso il non metallo presenti pi di un numero di ossidazione possibile far seguire al nome del non metallo il suo stato di ossidazione in numero romano racchiuso tra parentesi tonde (notazione di Stock). Il numero romano va letto come numero cardinale Nome sistematico CO2 SO2 SO3 Cl2O Cl2O3 Cl2O5 Cl2O7 diossido di carbonio diossido di zolfo (IV) triossido di zolfo (VI) ossido di dicloro (I) triossido di dicloro (III) pentossido di dicloro (V) eptossido di dicloro (III) Nome tradizionale anidride carbonica anidride solforosa anidride solforica Anidride ipoclorosa anidride clorosa anidride clorica anidride perclorica
B.2 Ossiacidi o ossoacidi Gli ossoacidi si formano sommando una o pi molecole d'acqua ad un'anidride anidride + nH2O Ossoacido
Nella nomenclatura tradizionale il nome degli acidi si ottiene da quello dell'anidride corrispondente, sostituendo il termine "acido" al termine "anidride". La nomenclatura tradizionale prevede inoltre particolari prefissi per indicare acidi con diversi gradi di idratazione (metaacidi, ortoacidi), acidi condensati (diacidi triacidi poliacidi), acidi con gruppi perossidi (perossiacidi)
La nomenclatura IUPAC prevede per tutti gli acidi la desinenza ico ed opportuni prefissi moltiplicativi per indicare il numero di atomi di ossigeno (osso), di eventuali altri gruppi e del non metallo. Per gli acidi condensati in cui un ossigeno fa da ponte tra due molecole acide latomo-ponte viene preceduto dalla lettera greca m. Nel caso in cui il non metallo presenti pi di un numero di ossidazione possibile far seguire al nome del non metallo il suo stato di ossidazione in numero romano racchiuso tra parentesi tonde (notazione di Stock). Il numero romano va letto come numero cardinale. In alternativa lacido pu essere visto come un sale di idrogeno. In questo caso prender la desinenza ato e verr specificato il numero di atomi di idrogeno tramite opportuno prefisso moltiplicativo Per costruire un acido sufficiente sommare all'anidride 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno per ogni molecola d'acqua che viene aggiunta. Ad esempio dall'anidride carbonica si ottiene l'acido carbonico CO2 + H2O H2CO3 mentre dall'anidride nitrica si ottiene l'acido nitrico N2O5 + H2O H2N2O6 2HNO3 Alcuni acidi si presentano in diversi gradi di idratazione. Ad esempio, sommando unaltra molecola dacqua allacido fosforico si ottiene lacido ortofosforico. La forma meno idratata prende il nome di acido metafosforico P2O5 + H2O 2HPO3 (acido metafosforico) HPO3 + H2O H3PO4 (acido ortofosforico) Alcuni acidi, come lacido fosforico, possono dare reazioni di condensazione con perdita di molecole dacqua H3PO4 + H3PO4 H2O + H4P2O7 (acido difosforico o pirofosforico) Esistono infine i cosiddetti perossiacidi, come lacido perossifosforico (perfosforico) H 3PO5 che contengono un gruppo perossido (-O-O-) Nome sistematico H2CO3 H2SO3 H2SO4 HClO HClO2 HClO3 HClO4 acido triossocarbonico triossocarbonato di diidrogeno acido triossosolforico (IV) triossosolfato (IV) di diidrogeno Nome tradizionale acido carbonico acido solforoso
acido tetraossosolforico (VI) acido solforico tetraossosolfato (VI) di diidrogeno acido monossoclorico (I) monossoclorato (I) di idrogeno acido diossoclorico (III) diossoclorato (III) di idrogeno acido triossoclorico (V) triossoclorato (V) di idrogeno acido tetraossoclorico (III) tetraossoclorato (III) di idrogeno acido ipocloroso acido cloroso acido clorico acido perclorico
acido triossofosforico (V) triossofosfato (V) di idrogeno acido tetraossofosforico (V) tetraossofosfato (V) di triidrogeno
acido m-osso esaossodifosforico (V) acido pirofosforico m-osso esaossodifosfato (V) di tetraidrogeno acido perossotriossofosforico (V) perossotriossofosfato (V) di triidrogeno acido perossifosforico
acido m-perosso esaossodifosforico (V) acido diperossifosforico m-perosso esaossodifosfato (V) di tetraidrogeno
ossoacidi sostituiti Gli acidi ottenuti formalmente per sostituzione di tutti o parte degli atomi di ossigeno con altri gruppi mantengono la stessa nomenclatura dellacido di partenza. I nuovi gruppi introdotti vanno ovviamente citati (gli atomi di zolfo che sostituiscono lossigeno vengono indicati con il prefisso tio). H2S2O3 H2CS3 H[PF6] H2[PtCl4] H4[Fe(CN)6] triossotiosolfato (VI) di idrogeno tritiocarbonato di diidrogeno esafluorofosfato (V) di idrogeno tetracloroplatinato (II) di idrogeno esacianoferrato (II) di tetraidrogeno
Anche gli acidi ottenuti formalmente per sostituzione di gruppi idrossidi con altri gruppi mantengono la stessa nomenclatura dellacido di partenza HSO3Cl clorotriossosolfato di idrogeno HSO3NH2 amidetriossosolfato di idrogeno C - I Sali degli ossoacidi I Sali degli ossoacidi derivano formalmente dalla sostituzione di uno o pi ioni H+ degli ossoacidi con cationi. Si possono formare sia utilizzando un anione proveniente da un acido completamente dissociato, ed in tal caso sono detti Sali neutri, sia da un acido parzialmente dissociato. In tal caso lanione possiede ancora atomi di idrogeno nella sua molecola e il sale che si forma detto sale acido. (monoacido se conserva un idrogeno, biacido se ne conserva due etc) Ad esempio lacido ortofosforico pu formare tre tipi di Sali utilizzando gli anioni provenienti dalle tre dissociazioni successive H3PO4 H2PO4HPO42 H+ + + + H2PO4HPO42PO43anione biacido anione monoacido anione neutro
H+ H+
Nella nomenclatura tradizionale i nomi dei Sali si formano da quelli degli acidi corrispondenti cambiando le desinenze secondo lo schema seguente -oso -ico -ito -ato
La nomenclatura IUPAC prevede per tutti i Sali la desinenza ato ed opportuni prefissi moltiplicativi per indicare il numero di atomi di ossigeno (osso) e di eventuali altri gruppi. Se necessario un prefisso moltiplicativo per un costituente che a sua volta inizia con un prefisso moltiplicativo, il costituente va messo fra parentesi ed il prefisso utilizzato quello indicato, fra parentesi, nella Tabella dei prefissi moltiplicativi (bis, tris, tetrakis.) Nome sistematico CaSO3 CuSO4 Na2SO4 Fe(NO2)2 NaNO3 Na3PO4 NaHSO3 CuH2PO4 NaHCO3 Pb(ClO)4 Fe(OH)ClO Fe(MnO4)3 triossosolfato (IV) di calcio tetraossosolfato (VI) di rame (II) tetraossosolfato (VI) di sodio bis(diossonitrato) (III) di Ferro (II) triossonitrato (V) di sodio tetraossofosfato (V) di trisodio idrogeno triossosolfato (IV) di sodio diidrogeno tetraossofosfato (V) di rame (I) idrogeno triossocarbonato (IV) di sodio tetrakis(monossoclorato) (I) di Piombo (IV) ossoclorato (I) di idrossiferro (II) tris(tetraossomanganato) (VII) di ferro (III) Nome tradizionale solfito di calcio solfato rameico solfato di sodio nitrito ferroso nitrato di sodio ortofosfato di sodio solfito monoacido di sodio (bisolfito di sodio) fosfato biacido rameoso carbonato monoacido di sodio (bicarbonato di sodio) ipoclorito piombino ipoclorito monobasico ferroso permanganato ferrico
D Composti binari dellidrogeno (idracidi ed idruri) D.1 Idruri Gli Idruri sono i composti che l'idrogeno forma con elementi meno elettronegativi, in cui presenta pertanto nox -1 (ione idruro H-) e quindi nella formula va scritto per secondo. Gli idruri hanno formula generale XHn con n = nox dellelemento X La nomenclatura tradizionale e IUPAC coincidono per gli idruri. Il loro nome formato dal termine "idruro di" seguito dal nome dellelemento. La nomenclatura IUPAC prevede naturalmente luso di opportuni prefissi moltiplicativi Nome sistematico KH MgH2 BH3 NH3 PH3 AsH3 SbH3 idruro di potassio diidruro di magnesio triidruro di boro triidruro di azoto* triidruro di fosforo triidruro di arsenico triidruro di antimonio Nome tradizionale idruro di potassio idruro di magnesio idruro di boro ammoniaca* fosfina arsina stibina
In realt lazoto pi elettronegativo dellidrogeno ed il composto andrebbe scritto H3N (nitruro di idrogeno), ma lammoniaca presenta comunque carattere basico e si conviene dunque di non scrivere gli idrogeni per primi, come avviene per gli idracidi Una nomenclatura alternativa per gli idruri, utilizzata soprattutto quando questi si comportano come gruppi sostituenti in molecole organiche, prevede la desinenza ano (in analogia con il metano CH4). BH3 borano SiH4 silano GeH4 germano SnH4 stannano PbH4 piombano NH3 azano (ammoniaca)
fosfano (fosfina) arsano (arsina) stibano (stibina) bismutano ossidano (acqua) solfano (solfuro di idrogeno) selano tellano pollano
In assenza di indicazioni l'elemento esibisce il suo numero standard di legami. Nel caso di un numero diverso di legami, questo numero deve essere indicato ad esponente della lettera lambda, la quale preceder il nome dellidruro, separata da un trattino PH5 SH6 l5-fosfano l6-solfano
D.2 Idracidi Gli idracidi sono i composti che l'idrogeno forma con elementi pi elettronegativi, in cui presenta pertanto nox +1 (H+ presenta carattere acido) e quindi nella formula va scritto per primo. I principali idracidi si formano dall'unione dell'idrogeno con i non metalli del VII gruppo A (alogeni) e con i non metalli del VI gruppo A. Gli idracidi hanno formula generale HnX con n = nox dellelemento X Nella nomenclatura tradizionale Il nome degli idracidi si forma facendo seguire al termine "acido" il nome del non metallo seguito dalla desinenza -idrico. Nella nomenclatura IUPAC lidracido trattato come un composto binario privo di ossigeno. Lelemento pi elettronegativo prende la desinenza uro, seguito dalla termine di idrogeno (eventualmente con gli opportuni prefissi moltiplicativi Nome sistematico HF HCl HBr HI H2S H2Se H2Te Altri idracidi sono HCN HN3 H-CN H-N=NN cianuro di idrogeno azoturo di idrogeno acido cianidrico acido azotidrico fluoruro di idrogeno cloruro di idrogeno bromuro di idrogeno ioduro di idrogeno solfuro di diidrogeno seleniuro di diidrogeno tellururo di diidrogeno Nome tradizionale acido fluoridrico acido cloridrico acido bromidrico acido Iodidrico acido solfidrico acido selenidrico acido telluridrico
E - Composti binari senza ossigeno I composti binari prendono il nome dall'elemento pi elettronegativo il quale prende la desinenza uro. La tabella seguente riporta i principali anioni monoatomici ed omopoliatomici che compaiono in seconda posizione nei composti binari senza ossigeno HFClBrIAtidruro fluoruro cloruro bromuro ioduro astaturo
S2Se2Te2N3P3As3Sb3C4Si4B3Al3NaAuKO3N3C22S22-
solfuro selenuro tellururo nitruro fosfuro arsenuro antimonuro carburo siliciuro boruro alluminuro natruro aururo caluro ozonuro azoturo acetiluro disolfuro
Fanno eccezione, come abbiamo detto, gli anioni dellossigeno O2ossido O2superossido O22perossido
Nome sistematico SiC SbAs Si3N4 AsH3 OF2 ICl SnCl2 SnCl4 FeCl2 FeCl3 AlN CdSe
Nome tradizionale
Carburo di silicio Carburo di silicio Arsenuro di antimonio (III) Arsenuro antimonioso Tetranitruro di trisilicio nitruro di silicio Triidruro di arsenico (III) idruro arsenioso difluoruro di ossigeno fluoruro di osssigeno Cloruro di iodio cloruro di iodio dicloruro di stagno (II) Cloruro stannoso tetracloruro di stagno (IV) Cloruro stannico dicloruro di ferro (II) Cloruro ferroso tricloruro di ferro (III) Cloruro ferrico Nitruro di alluminio Nitruro di alluminio Selenuro di cadmio Selenuro di cadmio
F cationi poliatomici ottenuti per addizione di H+ I cationi poliatomici ottenuti per addizione di ioni H+ prendono la desinenza onio H3O+ NH4+ PH4+ AsH4+ SbH4+ H3S+ H3Se+ H2F+ H2Cl+ H2Br+ H2I+ ossonio ammonio fosfonio arsonio stibonio solfonio selenonio fluoronio cloronio bromonio iodonio
Nomenclatura complessi I metalli di transizione, che allo stato elementare possiedono livelli d o f parzialmente occupati, formano una vasta classe di composti, detti complessi o composti di coordinazione. in cui il metallo centrale M (allo stato neutro o ionizzato) forma legami covalenti dativi (o di coordinazione) con una serie di atomi o gruppi chimici, detti leganti (o ligandi, italianizzando il termine inglese ligands), neutri o di carica opposta rispetto allatomo centrale. Il metallo centrale agisce come acido di Lewis (accettore di elettroni, elettrofilo) nei confronti dei leganti che si comportano come basi di Lewis (donatori di doppietti elettronici, nucleofili). Un complesso pu risultare neutro od elettricamente carico (ione complesso); ovviamente la sua carica sar data dalla somma delle cariche del metallo centrale e dei leganti. La formula di un complesso viene racchiusa tra parentesi quadre, scrivendo prima il metallo centrale e poi i leganti. Negli esempi seguenti indichiamo con M il metallo centrale e con L i leganti
catione complesso anione complesso complesso neutro complesso neutro
Nel nome del complesso vengono invece indicati per prima i leganti e per ultimo il metallo (atomo centrale), secondo le seguenti regole. Il nome del metallo rimane invariato se il complesso neutro o uno ione positivo. Il nome del metallo acquista la desinenza ato se il complesso uno ione negativo Se il metallo centrale ha pi di un numero di ossidazione questo viene messo alla fine tra parentesi in numeri romani (convenzione di Stock). In alternativa possibile mettere la carica netta, positiva o negativa, dello ione complesso in numeri arabi (convenzione di Ewens-Bassett sconsigliata da IUPAC) I nomi dei leganti vengono sistemati in ordine alfabetico (riferito al nome del legante, non alleventuale prefisso), ciascuno preceduto da un prefisso (di-, tri-, tetra- etc) che ne indica il numero. Se il legante contiene gi nel suo nome un prefisso numerico o presenta un nome pi lungo di 5-6 lettere, allora il suo nome, posto tra parentesi, verr preceduto dai prefissi bis-, tris-, tetrakis- etc [NiCl4]2[Ni(PPh3)4] [Co(en)3]3+ tetracloronichelato(II) tetrakis(trifenilfosfina)nichel(0) tris(etilendiammina)cobalto(III)
I leganti neutri mantengono lo stesso nome delle rispettive molecole con le seguenti 4 eccezioni: H2O (acquo) NH3 (ammino) CO (carbonil) NO (nitrosil). I legati anionici in ato ito ed in ile mantengono la desinenza; quelli in uro cambiano la desinenza in o; FClBrIH:CNOHCO32C2O42:SCN:NCSLeganti anionici Fluoro Cloro Bromo Iodo Idrogeno (Idruro) Ciano Idrosso Carbonato Ossalato Tiocianato Isotiocianato Leganti neutri H2O Acquo NH3 Ammino CO Carbonil NO Nitrosil N2 diazoto O2 diossigeno en etilendiamina dien dietilentriamina trien trietilentetraamina py piridina bpy (bipy) bipiridina
(Ox)
Osso (Oxo) Perosso Superosso etilendiamminotetraacetato acetilacetonato metil etil nitrito solfito fenil acetato (etanoato) glicinato salicilato ciclopentadienil azido (azoturo) nitruro
terpy PH3 PPh3 PMe3 PEt3 PF3 NH2Me difos diars glime {OC(NH2)2} C2H4 CH3CN
terpiridina fosfina trifenilfosfina trimetilfosfina trietilfosfina trifluorofosfina metilamina difosfano diarsano glicodimetiletere urea etene acetonitrile
I complessi in cui il metallo centrale lega un solo tipo di leganti sono detti omolettici ( ad esempio esaamminocobalto(III) [Co(NH3)6]3+), quelli in cui il metallo si lega a gruppi diversi (ad esempio tetraamminodiclorocobalto(III) [Co(NH3)4Cl2]+) sono detti eterolettici. I leganti vengono classificati in relazione al numero di doppietti elettronici (e quindi di legami) che possono utilizzare per legarsi allatomo centrale. Se un legante forma un solo legame con latomo centrale il legante si dice monodentato (CO, NH3, CN-, OH-, H2O etc), se ne forma due si dice bidentato (dien, en, acac) e cos via. I leganti polidentati si definiscono agenti chelanti ed i complessi che presentano leganti polidentati si definiscono anche composti chelati. Un complesso chelato risulta pi stabile di un analogo complesso contenente solo leganti monodentati. Tale aumento di stabilit noto come effetto chelato.