Utente:Luciano G. Calì/Sandbox/Partito Socialista Democratico Italiano
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Il Partito Socialista Democratico Italiano, è un partito ispirato ai valori della politica centrista e riformista fondato l'11 gennaio 1947, durante la Prima Repubblica, in seguito alla cosidetta "Scissione di Palazzo Barberini".
La denominazione iniziale del nascente partito socialdemocratico, in rievocazione degli storici fasti, fu Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). Dalla storpiatura della sigla utilizzata a quel tempo, gli avversari politici solevano canzonarne i militanti con l'appellativo di "piselli".
Prodromi
modificaIl XXIV Congresso socialista, celebrato a Firenze dal 11 al 17 aprile 1946, vide accendersi lo scontro fra la maggioranza allora guidata da Pietro Nenni e la minoranza di Giuseppe Saragat, includente simpatizzanti di Critica sociale di Ugo Guido Mondolfo ed Iniziativa socialista di Mario Zagari che sostenevano una linea politica più autonoma del Partito rispetto al PCI. La linea politica di Nenni, che riteneva indispensabile l'attiva collaborazione col PCI venne confermata da un nuovo patto di unità d'azione PCI-PSIUP stretto il 25 ottobre 1946.
Il gruppo di Saragat trovò diretta conferma alle loro tesi dai risultati delle elezioni amministrative del 10 novembre dello stesso anno. In quell'occasione il Partito Comunista superò per la prima volta i socialisti, divenendo la prima forza della sinistra italiana: mentre Nenni, tralasciando la riduzione del numero dei votanti socialisti, sottolineava la crescita elettorale globale della sinistra interpretandola come una vittoria, Saragat in una intervista sostenne invece che la dirigenza del partito paralizzava l'azione socialista, con l'effetto ultimo che avrebbe portato lo stesso alla dissoluzione.[1]
1947: la scissione dal PSIUP e le elezioni del 1948
modificaIl conseguente XXV congresso straordinario socialista, tenutosi a Roma dal 9 al 13 gennaio 1947, e voluto fortemente da Nenni per analizzare la situazione di attrito tra le componenti di maggioranza e minoranza con l'obiettivo di riunire le diverse posizioni, fallì però il suo scopo primario. L'11 gennaio 1947 con la scissione dal PSIUP dell'ala democratico-riformista guidata da Giuseppe Saragat, al termine di una concitata riunione presso Palazzo Barberini in Roma, vieni infatti fondato il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). La scissione costa al PSIUP la trasmigrazione di 50 parlamentari socialisti nel nuovo partito e di una folta schiera di dirigenti ed intellettuali fra cui Treves, D'Aragona e Modigliani. Il PSIUP guidato da Nenni, per evitare che questo possa diventare la denominazione del nuovo partito di ispirazione socialista fondato da Saragat, decide di riprendere il vecchio nome di Partito Socialista Italiano.
Nel mese di dicembre dello stesso anno, socialdemocratici e repubblicani, tramite un rimpasto governativo, entrano nel IV Governo De Gasperi. Varato il 31 maggio 1947 in una coalizione centrista a guida DC includente anche PLI e PRI, in questo governo Saragat ottiene il titolo di Vicepresidente del Consiglio dei Ministri: il PSI ed il PCI, presenti nel precedente governo finirono esclusi, andando all'opposizione per la prima volta dalla costituzione della Repubblica Italiana.
Nel 1948 si tengono elezioni politiche decisive per il futuro del Paese. Il PSLI si presenta dunque alle elezioni del 18 aprile come forza indipendente "autenticamente socialista e democratica", schierata su un terreno di centrosinistra rispetto alla scena politica italiana, ma aperta anche al contributo di altre forze laico-riformiste di centro e di centrosinistra. L'apertura del partito ai laico-riformisti nonché naturalmente a qualunque spezzone socialista che avversasse il PCI e l'URSS, ebbe successo e tra gli altri aderì alla proposta anche il gruppo fuoriuscito dal PSI guidato da Ivan Matteo Lombardo e comprendente, tra gli altri, intellettuali quali Ignazio Silone, Piero Calamandrei e Franco Venturi. Tale operazione portò così alla costituzione della lista "Unità Socialista", che con il suo 7,1% di voti alla Camera dei deputati e il 4,2% al Senato fu fondamentale per impedire in Italia la vittoria del Fronte Popolare costituito dall'alleanza fra PCI e PSI, rendendo impossibile la formazione di un governo marxista ispirarato ai modelli di governi socialisti dell'est Europa e basati su di una fratellanza con l'unione sovietica. L'ottimo piazzamento del PSLI situato al terzo posto dopo DC e Fronte Democratico Popolare, la lista unica social-comunista, nei risultati elettorali per la Camera dei Deputati, consentì ai socialdemocratici di costituire in Parlamento un gruppo consistente, formato da trentatrè deputati ed otto senatori [2].
Il 23 Maggio 1948 nel conseguente V Governo De Gasperi entrarono a farne parte due ministri socialdemocratici: Saragat come Vicepresidente del Consiglio e Ministro della Marina mercantile e Lombardo al ministero dell'industria.
Il centrismo
modificaLa vittoria dei settori moderati del Paese (in particolare DC ed appunto Unità Socialista), favorì così la collocazione dell'Italia in area occidentale e permise la costituzione di governi fondati sull'alleanza dei partiti di centro da quelli più moderati a quelli più riformisti (PLI, DC, PRI e PSLI, poi PSDI).
Nell'arco di due anni però, tra il 1948 e il 1950, il PSLI tenne quattro congressi nei quali vi fu una continua uscita di militanti e dirigenti tra cui Giuseppe Faravelli, Ugo Guido Mondolfo, Mario Zagari.
Questi confluiscono, con Giuseppe Romita ed altri piccoli gruppi laico-socialisti, nel Partito Socialista Unitario (PSU), che tenne il suo primo congresso nel dicembre 1949. In quel tempo il PSLI contava ufficialmente 80.000 iscritti e il PSU circa 170.000, ma in realtà le continue fuoriuscite nonché le pressioni del PSI, che con l'aiuto del PCI e sotto la direzione di Rodolfo Morandi riorganizzava la sua presenza sociale, ridussero gli iscritti complessivamente al di sotto dei 50.000.
Dopo breve tempo però, nel PSU si fecero sentire le sue simpatie nei confronti del PSLI di G.Saragat e così al II Congresso del PSU venne trattata la tematica dell'unificazione PSU-PSLI. Su tale proposito si scontrarono due correnti: una guidata da Romita favorevole all'unificazione, la seconda guidata dalla sinistra di Mondolfo e Codignola contrari. Prevalse la prima e il 1º maggio 1951 i due partiti si unificarono dando vita al Partito Socialista - Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS). L'unificazione venne poi sancita il 7 gennaio 1952 nel VII Congresso del partito, che assunse la denominazione di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) ed elesse segretario Giuseppe Saragat.
Nelle elezioni del 1953 intanto il PSDI scese al 4,5%. Tuttavia l'esistenza del sindacato UIL, a forte carattere socialdemocratico, e l'azione di governo consentirono di portare avanti anche in Italia gli ideali della socialdemocrazia. Il PSDI si identificava nel suo leader indiscusso, nonché fondatore Giuseppe Saragat.
Gli anni del centrismo andarono dal 1948-1960 e la coalizione di governo fu comunque sempre guidata dalla DC, partito di "centro che guarda a sinistra" come disse lo stesso Alcide De Gasperi, ruolo primario ebbe anche il PSDI, mentre PLI e PRI furono penalizzati a causa degli scarsi risultati elettorali. Gli anni del "centrismo" furono segnati dalla ricostruzione e da una maggioranza politicamente forte in cui l'azione politica era accompagnata da una forte ripresa economica e benessere sociale. Gli anni del centrismi furono quelli della ricostruzione, che negli anni '60 porterà poi al cosiddetto boom economico.
Il centro-sinistra
modificaA partire dagli inizi degli anni '60, la Democrazia Cristiana (guidata da Amintore Fanfani ed Aldo Moro), stava maturando l'apertura verso il Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni, il quale proprio all'ora stava affrancando il suo partito dal patto di unità d'azione che fino a quel momento aveva unito socialisti e comunisti. Il Partito Socialista Democratico Italiano dunque (da sempre alleato leale ed ascoltato della DC), dopo un iniziale periodo di titubanza, approva la svolta di centro-sinistra accelerandone il processo e conducendo un formidabile lavoro di mediazione tra socialisti e democristiani, per mezzo del suo fondatore e leader indiscusso Giuseppe Saragat.
L'apertura ai socialisti causò la fuoriuscita dalla compagine governativa del PLI, ma diede inizio ad una forte fase riformatrice nel Paese e migliorò anche la performance elettorale del partito socialdemocratico, che raggiunge il 6% alle elezioni politiche. L'esperienza governativa nel centro-sinistra nel frattempo, facilita il nuovo incontro tra socialdemocratici e socialisti e così il 30 ottobre 1966, il PSDI si riunificò con il PSI, dando vita al PSI-PSDI Unificati.
Il 5 luglio 1969 però - in seguito a scarsi risultati eletorali - nel PSU le strade della componente socialista e di quella socialdemocratica si dividono nuovamente: la prima ritornò al PSI, mentre la seconda ricostituì un soggetto socialdemocratico chiamato Partito Socialista Unitario (PSU), che il 10 febbraio 1971 riprese la denominazione di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Nel frattempo, a metà degli anni '70, Francesco De Martino mise per la prima volta - dopo oltre un decennio - in discussione la compatibilità politica tra socialisti e democristiani. In questa fase, se da un lato il PSDI rese più forti i suoi legami con la DC, dall'altro incoraggiò la corrente degli "autonomisti" di Bettino Craxi a mettere in discussione la segreteria di De Martino; quando questi venne eletto alla segreteria del PSI, ribadì la disponibilità dei socialisti ad entrare in nuovi esecutivi di centro-sinistra e riprese i contatti con i fratelli socialdemocratici del PSDI, chiudendo nuovamente le prospettive politiche dei socialdemocratici.
Gli anni della presidenza Saragat
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Il 1964 si apre amaramente per i socialisti a causa di una nuova scisione. L'11 gennaio la corrente di sinistra guidata da Tullio Vecchietti, Lelio Basso e Emilio Lussu, fuoriscita dal PSI perchè contraria alla formazione di un governo di centro-sinistra formato dal PSI e dal PSDI insieme alla DC, rifonda il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP).
Il 28 dicembre 1964, dopo le dimissioni anticipate del Presidente della Repubblica Antonio Segni (DC), colto il 7 agosto da un improvviso ictus cerebrale, una vasta coalizione di parlamentari di sinistra su indicazione di Giorgio Amendola (PCI) e di Ugo La Malfa (PRI) vota Giuseppe Saragat nuovo Capo dello Stato che, con i voti dei Grandi elettori di PCI, PSI, PSDI, PRI e buona parte della DC - che aveva visto “bruciato” il suo candidato ufficiale Giovanni Leone - diviene al 21° scrutinio con 646 preferenze su 927 votanti, il primo socialista a insediarsi al Quirinale. Colonne portanti della presidenza Saragat furono i valori della Resistenza e la volontà di attivarsi sempre per la costituzione di governi allargati all'intero centro-sinistra. Gli anni del presidente socialdemocratico, anni difficili per via del mutamento sociale in atto, furono caratterizzati dall'inizio del terrorismo, dalle drammatiche alluvioni di Firenze, Venezia e Grosseto del 1966 e dalla aspra contestazione del '68. Nel 1971 il democristiano Giovanni Leone succede a Giuseppe Saragat - al quale non sarebbe dispiaciuta una rielezione - nella carica di Presidente della Repubblica. Pochi altri uomini politici, tra i quali è d'obbligo annoverare Palmiro Togliatti e Giovanni Spadolini, seppero coniugare l’azione politica con l'impegno culturale come Saragat.
Il pentapartito
modificaDurante gli anni successivi, la maggioranza di governo si estese al PLI, rappresentante tradizionale della borghesia moderata e per questo escluso dai precedenti "governi riformatori"; iniziò così la fase del cosiddetto "Pentapartito".
Nel corso degli anni incominciarono però a riscontrarsi nel PSDI i primi dissapori: il 15 febbraio 1989 una "miniscissione", capeggiata da Pietro Longo e Pier Luigi Romita, porta infatti alla costituzione del movimento di Unità e Democrazia Socialista (UDS). Questo movimento aveva come obiettivo esplicito facilitare il riavvicinamento tra PSDI e PSI, riavvicinamento che avrebbe dovuto inserirsi nel più ampio progetto del leader socialista Bettino Craxi di creare in Italia una grande famiglia ispirata al riformismo socialdemocratico europeo, comprendente anche i nuovi riformisti del neonato PDS. Questo obiettivo di Longo e Romita si risolse però in un fallimento e il 13 ottobre 1989 l'UDS finì per confluire nel PSI.
La parabola discendente
modificaLa popolarità del partito subisce un grave tracollo in seguito alle inchieste di "Tangentopoli", che vedono implicati diversi esponenti di primo piano del PSDI. Ancora una volta, querelle legali e giudiziarie, contribuirono a screditare presso l'opinione pubblica l'immagine del PSDI.
Tra il 1992 e il 1994 il Partito Socialista Democratico Italiano, condivide la sorte degli altri partiti della coalizione "Pentapartito" (Dc, Psi, Pli e Pri) di governo, vivendo un progressivo tracollo elettorale che porta allo scardinarsi dell'apparato del partito ed al moltiplicarsi di fenomeni scissionisti.
Alle elezioni politiche del 1994 arrivò così un PSDI praticamente ridotto a brandelli, che scelse di non presentare una lista autonoma. Alcuni esponenti del partito scelsero di candidarsi autonomamente sotto diversi simboli.
- Un parte consistente diede vita a una lista (insieme con una parte craxiana e ribelle del PSI) denominata "Socialdemocrazia per le Libertà" che presentò candidati autonomi dagli schieramenti principali in alcuni collegi uninominali soprattutto in Molise, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Tra questi si candida anche il segretario Enrico Ferri che nel collegio di Carrara alla Camera raccoglie da solo il 23,7% ma non viene eletto.
- Alcuni esponenti aderiscono alla coalizione centrista del Patto per l'Italia facendo riferimento all'area riformista di Giuliano Amato (tra questi Gian Franco Schietroma candidato nel collegio di Frosinone).
- Pochi altri scelgono di schierarsi a sinistra con i Progressisti (tra questi viene eletta alla Camera in un collegio della Basilicata la deputata Magda Cornacchione Milella).
Ciò che rimane del PSDI continua nonostante tutto a sforzarsi di rimanere in vita e così, alle elezioni europee del 1994, il partito si ripresenta raccogliendo lo 0,7% a livello nazionale e riuscendo ad eleggere il segretario Enrico Ferri al Parlamento europeo. Successivamente però proprio il segretario Ferri si candida alla presidenza della provincia di Massa-Carrara schierando l'ormai decimato PSDI con il centro-destra di Silvio Berlusconi (al quale aderisce anche Alleanza Nazionale). Ciò comporta ulteriori fratture dentro il partito, che portano a scissioni organizzate di interi gruppi dirigenti verso i partiti moderati della coalizione di centro-sinistra. A ciò si aggiunge un richiamo ufficiale da parte dell'Internazionale Socialista e del Partito del Socialismo Europeo al quale il PSDI e lo stesso Ferri aderivano. Anche per questo il 10 dicembre 1994 Enrico Ferri insieme con Luigi Preti, fonda nel PSDI la corrente Socialdemocrazia Liberale Europea (SOLE).
Nel gennaio 1995, però, un regolare congresso mette in minoranza la corrente di Ferri e Preti, nominando segretario del partito Gian Franco Schietroma: la corrente di Ferri e Preti (SOLE) esce così dal PSDI e diviene partito autonomo. Il SOLE si avvicina così all'area di centro-destra, stringendo una collaborazione privilegiata prima con il Centro Cristiano Democratico e poi con Forza Italia. In realtà però, dopo poco tempo, molti e lo stesso E. Ferri lasceranno la CDL, avvicinandosi al centro-sinistra. Un altro gruppo invece si unirà ad una discreta pattuglia di ex-craxiani guidati da Enrico Manca e Fabrizio Cicchitto fondando il Partito Socialista Riformista, il quale avrà però vita breve. I seguaci di Manca aderiranno poi a La Margherita, mentre i seguaci di Fabrizio Cicchitto confluiranno invece in Forza Italia. La maggior parte dei vecchi socialdemocratici però, in seguito alla scomparsa del Patto per l'Italia (dove erano confluiti in massima parte fin dal 1993) aderirano poi all' Unione democratica (successivamente confluito ne i Democratici) oppure a Rinnovamento Italiano, se non addirittura al Partito popolare italiano, che comunque assorbì parte dell'elettorato ex-psdi. Nel 2001 però i Democratici, Rinnovamento Italiano e Ppi si fonderanno in un nuovo soggetto politico centrista e moderatamente riformista: La Margherita.
La lunga storia di un PSDI che oramai esisteva solo in teoria si trascina stancamente fino a quando, sotto la guida di Gian Franco Schietroma, dà vita - insieme ai Socialisti Italiani, ad una parte del Partito Socialista e della Federazione Laburista - al nuovo partito dei Socialisti Democratici Italiani (SDI).
La diaspora socialdemocratica
modificaGià dal 1989 erano iniziate in seno al PSDI i primi fenomeni di scissione e le prime fratture, tale fenomeno divenne però insostenibile a partire dal 1993. Da allora infatti il PSDI non fu più presente unitariamente su tutto il territorio nazionale e ciò favorì il distacco dal partito di interi gruppi e di numerosi dirigenti sia locali che nazionali. Così, in uno scenario in cui i "nuovi partiti" erano ideologicamente trasversali, numerosi ex-socialdemocratici hanno portato la loro cultura di matrice sostanzialmente centrista e laico-riformista in altri soggetti politici. Oggi elementi di cultura socialdemocratica, oltre ad essere rappresentati dallo stesso PSDI, sono presenti nei seguenti partiti:
- La Margherita (DL), dove sono confliti attraverso i partiti fondatori Rinnovamento Italiano ed i Democratici. DL è parte stabile della coalizione di centro-sinistra. Alcuni ex-psdi ed ex-psi (soprattutto del Nord Italia) hanno fondato l'associazione politico-culturale Socialisti democratici per il Partito Democratico, a forte carattere piemontese;
- Socialisti Democratici Italiani, aderente al centro-sinistra;
- Forza Italia ed UDC, dove sono confluiti soprattutto grazie al movimento Socialdemocrazia Liberale Europea (molti ex-psdi di Forza Italia aderiscono ai Circoli d'Iniziativa Riformista);
- Il Movimento della Rinascita Socialdemocratica, poi Rinascita Socialdemocratica, poi Partito dei Socialdemocratici di Luigi Preti.
La riorganizzazione
modificaAlla fine del 2003, dopo un periodo di oblio dovuto allo sfaldamento dei ranghi nazionali, diversi esponenti socialdemocratici - alcuni dei quali inizialmente confluiti nei Socialisti Democratici Italiani - si riorganizzarono sotto le insegne dello storico Partito Socialista Democratico Italiano. Nel mese di gennaio del duemilaquattro, dopo aver ripreso su scala nazionale l'organizzazione del tesseramento rimasto operativo grazie all'apporto delle federazioni territoriali, venne celebrato il XXIV Congresso Nazionale, conclusosi con l'elezione a Segretario dell'on. Giorgio Carta e del Presidente onorario, sen. Antonio Cariglia. In occasione della competizione elettorale per le Europee 2004, la continuità giuridica del Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) guidato da Carta è sancita dalla Suprema Corte di Cassazione - Ufficio Elettorale Nazionale per il Parlamento Europeo con la sentenza del 01/05/2004.
Nel biennio 2004/2005, il partito ritornò ad essere presente con diversi suoi rappresentanti eletti lungo tutto il territorio della penisola, partecipando nel 2005 anche alle elezioni primarie dell'Unione sostenendo la candidatura di Romano Prodi a leader della coalizione. In occasione delle elezioni politiche del 2006, per la competizione della Camera presentò propri candidati nelle liste dell'Ulivo (il segretario Giorgio Carta fu candidato in Basilicata).
Al Senato, invece, dove non era presente la lista de L'Ulivo il PSDI, in virtù dell'accordo politico-organizzativo sottoscritto da Piero Fassino per i Democratici di Sinistra e da Giorgio Carta per il partito socialdemocratico, presentò soltanto in 10 regioni il proprio simbolo, stringendo in tale occasione una collaborazione con il Nuovo Partito d'Azione, che schierò nelle liste del PSDI alcuni suoi candidati.
Le elezioni politiche del 2006 e la crisi del 2007
modificaNelle liste dell'Ulivo alla Camera il segretario nazionale Giorgio Carta, risultato il primo dei non eletti in Basilicata, è stato eletto per il c.d. "ripescaggio". Iscritto dapprima al Gruppo Parlamentare de L'Ulivo, in seguito alla scelta della costituzione del Partito Democratico nell'agosto 2007 ha comunicato la volontà di continuare a rappresentare il PSDI iscrivendosi al Gruppo Misto.
Al Senato le liste del PSDI alleate col centro-sinistra presenti in 10 regioni non riescono in nessuna a superare lo sbarramento del 3% (a livello nazionale il dato è dello 0,2%). Il dato più alto è in Calabria ed in Puglia con lo 0,8%.
Giorgio Carta si dimette il 25 novembre 2006 e nella Direzione Nazionale del 14 dicembre viene eletto segretario Renato d'Andria. L'elezione viene fatta oggetto di contestazione dal gruppo rimasto legato a Carta e che si proclama maggioritario. Dopo sei mesi di incertezza politico-organizzativa, la magistratura interviene a dirimire la controversia, annullando la Direzione Nazionale 14 dicembre 2006, fonte della contesa. Il XVII Congresso nazionale nell'ottobre 2007 ripristina la pace all'interno del PSDI con la proclamazione all'unanimità di Mimmo Magistro Segretario, di Alberto Tomassini Presidente del partito e di Giorgio Carta Presidente onorario.
Segretari
modifica- Giuseppe Saragat (gennaio 1947)
- Alberto Simonini (febbraio 1948)
- Ugo Guido Mondolfo (maggio 1949)
- Ludovico D'Aragona (giugno 1949)
- Giuseppe Saragat (novembre 1949)
- Ezio Vigorelli (gennaio 1952)
- Giuseppe Romita (maggio 1952)
- Giuseppe Saragat (ottobre 1952)
- Gian Matteo Matteotti (febbraio 1954)
- Giuseppe Saragat (aprile 1957)
- Mario Tanassi (gennaio 1964 - ottobre 1966)
- Unificazione Socialista (ottobre 1966 - luglio 1969)
- Mauro Ferri (luglio 1969)
- Mario Tanassi (febbraio 1972)
- Flavio Orlandi (giugno 1972)
- Mario Tanassi (giugno 1975)
- Giuseppe Saragat (marzo 1976)
- Pier Luigi Romita (ottobre 1976)
- Pietro Longo (ottobre 1978)
- Franco Nicolazzi (ottobre 1985)
- Antonio Cariglia (marzo 1988)
- Carlo Vizzini (maggio 1992)
- Enrico Ferri (aprile 1993 - 1994)
- Gian Franco Schietroma (1994 - 1998)
- Giorgio Carta (2004-2007)
- Mimmo Magistro (2007-in carica)
Congressi nazionali
modifica- I Congresso - Napoli, 1-5 febbraio 1948
- II Congresso - Milano, 23-26 gennaio 1949
- III Congresso - Roma, 16-19 giugno 1949
- IV Congresso (straordinario) - Napoli, 4-8 gennaio 1950
- V Congresso (straordinario) - Roma, 10-13 giugno 1950
- VI Congresso - Roma, 31 marzo - 2 aprile 1951
- VII Congresso - Bologna, 3-6 gennaio 1952
- VIII Congresso - Genova, 4-7 ottobre 1952
- IX Congresso - Roma, 6-9 giugno 1954
- X Congresso - Milano, 31 gennaio - 8 febbraio 1956
- XI Congresso - Milano, 16-18 ottobre 1957
- XII Congresso - Roma, novembre-dicembre 1959
- XIII Congresso - Roma, 22-25 novembre 1962
- XIV Congresso - Roma, 8-11 gennaio 1966
- XV Congresso - Roma, 6-9 febbraio 1971
- XVI Congresso - Genova, 2-6 aprile 1974
- XVII Congresso - Firenze, 11-15 marzo 1976
- XVIII Congresso - Roma, 16-20 gennaio 1980
- XIX Congresso - Milano, 24-30 marzo 1982
- XX Congresso - Roma, 30 aprile - 2 maggio 1984
- XXI Congresso - Roma, 10-14 gennaio 1987
- XXII Congresso - Rimini, 8-12 marzo 1989
- XXIII Congresso - Rimini, 13-16 maggio 1991
- XXIV Congresso - Bologna, 28-29 gennaio 1995
- XXV Congresso - Roma, 9-10-11 gennaio 2004
- XXVI Congresso - Roma, 9-10-11 dicembre 2005
- XXVII Congresso - Bellaria (RN), 5-6-7 ottobre 2007
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modificaNote
modificaBibliografia
modifica- Francesco Malgeri, La stagione del centrismo: politica e società nell'Italia del secondo dopoguerra (1945-1960),Rubbettino Editore, 2002, ISBN 8849803354
- Spencer Di Scala, Renewing Italian Socialism: Nenni to Craxi, Oxford University Press, 1988, ISBN 0195052358
- Antonio G. Casanova, La lezione di Palazzo Barberini, Edizioni Scientifiche Italiane, 1987
- Felice La Rocca, La presidenza Saragat: sette anni difficili, il Mulino, 1971, ISSN 0027-3120
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