Supersisters
Supersisters è il nome di una serie di 72 figurine prodotte e distribuite negli Stati Uniti d'America dalla Supersisters, Inc. nel 1979. Avevano per protagoniste un gruppo di donne famose della politica, dei media e dell'intrattenimento, della cultura, dello sport e di altri campi. Le carte furono ideate in risposta alle svariate carte collezionabili popolari tra i bambini negli Stati Uniti a quell'epoca, ritraenti principalmente protagonisti di genere maschile[1][2].
Nascita e storia
modificaLe cartoline furono create dalla signora Lois Rich di Irvington e da sua sorella Barbara Egerman di Ridgefield[3]; quest'ultima era un'insegnante, bibliotecaria e fondatrice della sezione dell'Ohio della National Organization for Women. Le due sorelle idearono le figurine nel 1978, quando Melissa, figlia di nove anni della signora Rich, le domandò come mai non ci fossero donne sulle carte collezionabili in circolazione[4]. Lois Rich scoprì anche che gli studenti di una scuola elementare locale non erano in grado di nominare cinque donne famose[5]. Le signore Rich ed Egerman ricevettero una sovvenzione di quattromila dollari dal Dipartimento dell'Istruzione dello Stato di New York[6] e scrissero a quasi 500 donne di spicco in vari campi[1][3].
Non contattarono volutamente un certo numero di donne in vista[7], tra cui Anita Bryant, Angela Davis, Phyllis Schlafly e il cast di Charlie's Angels. Tra coloro che non risposero alla lettera o declinarono l'invito a partecipare all'iniziativa ci furono Jane Fonda[5], Betty Ford, Rosalynn Carter ed Ella Grasso[8]. Le prime 72 donne che risposero, vennero incluse nel set di figurine. Nel 1981, le creatrici dichiararono di aver venduto 15.000 set di carte collezionabili[6], vendendone molti a scuole e college. L'idea alla base del progetto fu quella che le figurine potessero proporre modelli femminili positivi e che questo avrebbe aiutato sia le ragazze nell'autoaffermazione sia i ragazzi a concepire il fatto che nessuna possibilità dovesse essere preclusa in base al genere[3]. Insieme alle carte, venne fornito agli insegnanti anche un manuale che spiegava come lo strumento potesse essere utilizzato ai fini dell'apprendimento[8] e che suggeriva domande da porre agli studenti per favorire la discussione, come "Che cos'è uno stereotipo? Riesci a trovare qualche esempio nei testi scolastici, nei libri, nei programmi televisivi e negli spot pubblicitari o nelle pubblicità delle riviste?"[4]. Nella guida, vi era scritto[4]:
«Le carte Supersisters possono essere utilizzate per:
1. Aumentare la consapevolezza del contributo delle donne alla società
2. Contrastare gli stereotipi sui ruoli sessuali
3. Introdurre un'ampia varietà di possibilità di carriera
4. Aumentare la conoscenza degli eventi e dei problemi attuali
5. Fornire materiale di lettura e abilità linguistiche approvato dai pari»
La struttura della figurina vede da un lato una fotografia della protagonista, mentre dall'altro sono riportate una serie di statistiche, traguardi e informazioni personali sulla donna ritratta[9]. Alcune carte contengono anche una frase motivazionale scritta dalla protagonista[3]. La numerazione della carta non definisce un criterio di importanza o rilievo, ma è semplicemente l'ordine in cui le protagoniste risposero all'invito[4][8].
Il successo delle figurine Supersisters portò le creatrici a progettare la realizzazione di un secondo set, che avrebbe incluso anche donne famose della storia passata e donne che avevano svolto mestieri fino ad allora ritenuti prevalentemente maschili[10], tuttavia il progetto non vide mai la luce. Per la seconda serie, le due sorelle avevano ottenuto la partecipazione di personaggi del calibro di Betty Friedan, Patsy Mink, Maya Angelou e Rita Moreno[4].
La reazione alle figurine Supersisters fu in larga parte positiva, anche se alcuni critici successivi definirono le carte "fuorvianti" e "banali"[11]. I set di carte collezionabili si trovano nella collezione del Dipartimento Disegni e Stampe presso il Museum of Modern Art di New York[9] e nelle biblioteche dell'Università dell'Iowa[12] e dell'Università di Harvard[13].
Figurine
modificaNote
modifica- ^ a b Fred Ferretti, Success was in the Cards, in New York Times, 9 marzo 1980, p. WC10.
- ^ (EN) ‘Supersisters’ trading cards and history digitized with help from Feminist Institute, su wishtv.com. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ a b c d (EN) 'I'll trade you a Pete Rose for your Jane Pauley', su csmonitor.com. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ a b c d e (EN) The Incredibly Quirky True Story Of The 'Supersisters' Card Set, su espn.com. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ a b (EN) Hey, I'll Swap Ya a Stargell for a Steinem! A Sister Team Creates Female Trading Cards That Flip the Kids, su people.com. URL consultato il 5 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 10 marzo 2016).
- ^ a b (EN) Follow-Up on the News; 'Supersisters', su nytimes.com. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ (EN) SuperSisters! 1973 feminist trading cards, su metafilter.com. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ a b c (EN) Feminine trading cards are big rage, in The Day, 10 novembre 1980, p. 24. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ a b (EN) Collecting Inspiration with Supersisters, su metmuseum.org. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ Supersisters, in Detroit Free Press, 25 settembre 1980, p. 85.
- ^ Alan H. Levy, The Political Life of Bella Abzug, 1976–1998: Electoral Failures and the Vagaries of Identity Politics, New York, Lexington Books, 2013, p. 162.
- ^ (EN) Supersisters trading cards, 1979, su digital.lib.uiowa.edu. URL consultato il 5 gennaio 2024.
- ^ (EN) Supersisters card set, 1979, su hollisarchives.lib.harvard.edu. URL consultato il 5 gennaio 2024.
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- Supersisters trading cards su Iowa Digital Library, su digital.lib.uiowa.edu. URL consultato il 5 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2019).