Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza

Il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (abbreviato con l'acronimo TULPS), nell'ordinamento giuridico italiano, è una legge del Regno d'Italia, in vigore nella Repubblica Italiana.

Emanato con il regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, fu seguito dal relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, anch'esso tuttora in vigore.

All'inizio del XX secolo le leggi italiane sulla pubblica sicurezza vennero raccolte nella forma del testo unico con il R.D. 6 novembre 1926 n. 1848,[1] poi approvato con regio decreto 18 giugno 1931 n. 773.[2] Nove anni dopo venne poi emanato il relativo regolamento di esecuzione di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. [3]

Dopo la nascita della Repubblica Italiana, l'atto normativo è rimasto vigente, sebbene abbia avuto numerose modifiche e mutilato di molti articoli per ripetuti interventi della Corte costituzionale e del legislatore, al fine di garantirne compatibilità con il nuovo ordinamento repubblicano.

Contenuto

modifica

Il testo regolamenta una serie di attività e autorizzazioni svolgibili e ottenibili da parte di privati, nonché facoltà e attribuzioni alle autorità di pubblica sicurezza - come le misure di prevenzione, le ordinanze prefettizie e il potere di ammonizione - e relativi poteri e di controllo in certe materie concesse principalmente alle questure e alle prefetture che rimettevano alla loro discrezionalità la maggior parte delle attività umane al tempo praticate con limiti considerabili poco garantisti, come ad esempio la facoltà di sospensione di funzioni religiose. Dopo la caduta del regime fascista, sono state apportate numerose modifiche con riforme legislative e sentenze della Corte costituzionale (per esempio in materia di misure di prevenzione, riunioni pubbliche, funzioni religiose, associazioni).

Contiene inoltre la disciplina normativa di un gran numero di materie, soprattutto autorizzazioni amministrative, come norme in tema di licenza di detenzione di armi e licenza di porto d'armi, ma anche disposizioni circa la regolare ottemperanza agli obblighi scolastici dei figli, norme in tema di attività di affittacamere e dei pubblici esercizi, vendita e somministrazione di bevande alcoliche, alcune disposizioni in tema di spettacoli pubblici e della prevenzione di infortuni, disciplina delle guardie giurate e degli istituti di vigilanza privata, disciplina in tema di prostituzione, dell'attività di investigatore privato al divieto di esercizio del "mestiere di ciarlatano".[4]

Analisi e caratteristiche

modifica

Emanato durante il governo Mussolini, in un frangente di forte consolidamento delle attività del controllo di polizia da parte del regime fascista, vi si riflessero infatti gli indirizzi politici del momento, di più nitida riconoscibilità nella parte in cui regolavano comportamenti in qualche misura legati alla politica, e segnatamente all'attività politica dei singoli o a quelle attività culturali che potessero sollecitarla o orientarla.

Il TULPS si caratterizzò essenzialmente come un testo di polizia amministrativa, regolando in modo piuttosto dettagliato le modalità di controllo statale delle attività dei privati che potessero rilevare ai fini della sicurezza pubblica e dando compiuta definizione di molti punti lungamente dibattuti in giurisprudenza e in dottrina. Esso fu, in questo senso, anche strumento di riordino giacché differenze di impostazione od operative addirittura precedenti all'unità d'Italia continuavano a causare differenza di trattamento delle medesime fattispecie fra le diverse regioni italiane, sebbene inevitabilmente e intenzionalmente fu principalmente strumentale alle esigenze del regime autoritario al potere in quel periodo.

Sebbene la norma regolasse in modo minuzioso taluni aspetti, da un lato lasciava poca discrezionalità circa l'individuazione di obblighi e divieti, dall'altro era tuttavia molto generica in diversi punti, lasciando una certa di discrezionalità alle autorità competenti in materia dei vari settori, nei quali gli apparati statali, impersonati dai singoli funzionari, potevano applicare interpretazioni di una certa libertà che si prestavano potenzialmente ad un utilizzo influenzato dalla politica del tempo. Ad esempio, veniva stabilito il divieto dell'esercizio del mestiere di ciarlatano, non dandone nel contempo alcuna definizione, lasciando nella sostanza l'interpretazione al funzionario preposto, chiamato a interpretare le attività altrui, o al regolamento di esecuzione del 1940 (ad esempio l'art. 231 di detto regolamento a proposito del mestiere di ciarlatano).

  1. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia (Parte Prima) anno LXVII, n. 257 dell'8 novembre 1926
  2. ^ Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia 26 giugno 1931, n. 146
  3. ^ Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia 26 giugno 1940 n. 149
  4. ^ Normativa riguardante il “mestiere di ciarlatano”, su CICAP. URL consultato il 10 febbraio 2022.

Bibliografia

modifica

Testi normativi

modifica

Voci correlate

modifica

Collegamenti esterni

modifica