Questione romana

contesa tra Regno d'Italia e Santa Sede sul ruolo di Roma
Voce principale: Risorgimento.

La questione romana fu la lunga contesa del Risorgimento italiano intorno al controllo territoriale di Roma e al ruolo della città,[1] che si aprì dopo la conquista italiana il 20 settembre 1870 e la proclamazione a capitale del Regno, mentre la Santa Sede, che per secoli aveva esercitato il potere temporale sulla città, si trovava priva di un proprio territorio in cui il papa potesse esercitare liberamente il suo ministero. Fu una questione di politica interna e internazionale[2], che si concluse con i Patti lateranensi del 1929. Durante il periodo della questione romana, i papi rimasero volontariamente in Vaticano, definendosi prigionieri.[3]

L'unità d'Italia

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Proclamazione del Regno d'Italia.
 
Stampa satirica e anticlericale sulla questione romana: con Roma sullo sfondo, Garibaldi e Vittorio Emanuele sparano a pipistrelli "clericali", Napoleone III, nelle vesti di un gendarme, difende Pio IX e Francesco II (abbigliato come pazzariello napoletano) mentre due inglesi in tenuta da caccia osservano ed esclamano: "Lasciate che Vittorio faccia quel bel tiro e siamo più che contenti"

Il 17 marzo 1861 il primo parlamento unitario proclamò il Regno d'Italia. Il nuovo regno non comprendeva, tra gli altri, Roma e il Lazio, che costituivano lo Stato Pontificio. Pochi giorni dopo, il 25 e il 27 marzo, Camillo Cavour tenne il suo primo, famoso discorso alla Camera dei deputati[4][5]. Concluse il suo intervento dichiarando che Roma «è la necessaria capitale d'Italia, ché senza che Roma sia riunita all'Italia come sua capitale, l'Italia non potrebbe avere un assetto definitivo».[6] Il parlamento approvò un ordine del giorno proclamando Roma capitale naturale d'Italia e chiedendo che «Roma, capitale acclamata dall'opinione nazionale, sia congiunta all'Italia».

Roma era tuttavia protetta dalla Francia di Napoleone III che era, al contempo, il principale alleato e protettore del giovane Regno d'Italia. Il 15 settembre 1864 la Francia e l'Italia stipularono un accordo (la cosiddetta "Convenzione di settembre"), con la quale l'Italia si impegnava a non attaccare i territori del Santo Padre; in cambio la Francia ritirava le proprie truppe dai medesimi territori[7]. In mancanza del consenso francese, le uniche azioni volte alla conquista della città furono condotte da Garibaldi, e si conclusero con le tragiche giornate dell'Aspromonte (1862) e di Mentana (1867).

La "questione romana", comunque, non si limitava al solo problema dell'annessione territoriale di Roma, ma chiamava in causa il complesso tema delle relazioni tra Chiesa cattolica e Regno d'Italia, già gravemente compromesse dalla permanente opposizione al Risorgimento, manifestata da Pio IX a partire dal 1849.

L'insistenza papale nell'affermare l'autonomia e l'indipendenza dello Stato della Chiesa ebbe come conseguenze:

  • in Italia: un forte incremento dell'anticlericalismo; la proibizione per i cattolici di partecipare alla vita politica nazionale (non expedit) con conseguente laicizzazione della politica di governo; spaccatura di fatto del paese ("storico steccato") che portò la Chiesa a valutare negativamente la politica italiana;
  • fuori dall'Italia: tutta la vita della Chiesa fu condizionata nella seconda metà dell'Ottocento dalla "questione romana" e dalla necessità di trovare modi e strumenti che garantissero piena libertà al papa.

D'altra parte, il Regno perseguì una politica particolarmente restrittiva che incideva soprattutto sui beni ecclesiastici. In particolare, con l'emanazione delle cosiddette leggi eversive (legge n. 3 036 del 7 luglio 1866 e legge n. 3 848 del 19 agosto 1867), fu negato il riconoscimento e disposta la soppressione di diversi enti ecclesiastici che erano ritenuti non necessari al soddisfacimento dei bisogni religiosi della popolazione, con la conseguente devoluzione al demanio del relativo patrimonio.

La presa di Roma

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Presa di Roma.
 
Breccia di Porta Pia
 
Monumento ad Arnaldo da Brescia. Una lapide alla base recita: Ad Arnaldo, al precursore, al martire del libero italico pensiero Brescia sua decretava tosto rivendicata libertà. MDCCCLX

Nel 1870, alcune settimane dopo la caduta di Napoleone III (battaglia di Sedan del 1º settembre), l'esercito italiano si fece più ardito e il 20 settembre, guidato dal generale Raffaele Cadorna, entrò a Roma dalla breccia di Porta Pia, non più difesa dalle truppe francesi, annettendo lo Stato Pontificio al Regno d'Italia. Il 3 febbraio 1871 Roma è proclamata capitale del Regno[8], il 13 maggio 1871 viene approvata la legge delle Guarentigie, la quale, come dice il suo nome, stabiliva precise garanzie per il papa e la Santa Sede.

Il pontefice (all'epoca Pio IX), secondo la suddetta legge, pur conservando la cittadinanza italiana, poteva godere di una serie di privilegi rispetto agli altri cittadini. Tuttavia lo stesso non volle mai accettare una legge unilaterale (fu compilata, infatti, su iniziativa del solo Regno d'Italia) e, a suo parere, eversiva. Rinunciò, inoltre, alla dotazione annua, fissata in 3 225 000 lire. [9]

Dal 1870, né Pio IX né i suoi successori uscirono dai Palazzi Vaticani e dalle Mura Leonine in segno di protesta, che si protrasse per quasi sessant'anni, fino alla stipula dei Patti Lateranensi nel 1929 che istituirono la Città del Vaticano. Tra la presa di Roma del 1870 e i patti lateranensi del 1929, il Vaticano non fu occupato dalle truppe italiane (anche se queste entrarono temporaneamente per sedare tumulti dietro richiesta della Santa Sede) e anzi fu il governo italiano a proporre fin da principio, senza avere risposta positiva, l'istituzione di uno stato in miniatura sotto la giurisdizione del papa, corrispondente proprio alla "città leonina".

Nonostante la legge delle Guarentigie e l'offerta di uno stato in miniatura, i segnali del governo non erano sempre di distensione e di pacificazione. Nel giugno del 1873 il governo estese anche a Roma le leggi sulla separazione tra Stato e Chiesa (leggi Siccardi e successive), osteggiate dai cattolici intransigenti, e due anni dopo impose pure al clero l'obbligo del servizio militare.[10]

Nel 1874, Pio IX ingiunse ai cattolici italiani di non recarsi alle urne e con il famoso non expedit (in italiano: non conviene, non è opportuno) prescrisse di evitare la partecipazione attiva alla vita politica del paese. Lo scontro tra i cattolici intransigenti e i sostenitori della laicità dello stato divenne acceso, e ricco di gesti simbolici, come l'erezione del monumento ad Arnaldo da Brescia nella sua città natale e un busto al Pincio, e il monumento a Giordano Bruno a Campo de' Fiori, sul luogo dove morì bruciato dal rogo.

La graduale risoluzione dei contrasti

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Breccia di Porta Pia

Il contrasto non era insormontabile per una serie di fattori. Da un lato, il regno d'Italia era un paese cattolico (e l'articolo 1 dello statuto albertino stabiliva giuridicamente come religione di stato "quella cattolica, apostolica e romana") e, dall'altro, il non expedit lasciava margini ad interpretazioni, non essendo in termini canonici un divieto assoluto (non liceat; "non si deve"). Pertanto, durante i pontificati di Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI[11] vi fu una lenta distensione di rapporti e un progressivo riavvicinamento tra Regno e Chiesa. L'affermazione dei socialisti favorì, inoltre, l'alleanza tra cattolici e liberali moderati (Giolitti) in molte elezioni amministrative, alleanza detta clerico-moderatismo. Segno di questi mutamenti è la lettera enciclica del 1904 Il fermo proposito[12], che, se da un lato conservava il non expedit, ne permetteva tuttavia larghe eccezioni, che poi si moltiplicarono. I cattolici furono, pertanto, in parlamento, sia pure a titolo personale.

Immediatamente dopo la fine della prima guerra mondiale vi furono i primi contatti fra Santa Sede e Regno d'Italia per porre fine all'annosa controversia con una presa di contatto fra monsignor Bonaventura Ceretti e il presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. Alla morte di Benedetto XV per la prima volta in tutta Italia le bandiere sono poste a mezz'asta.

Una decisa apertura nei confronti della Chiesa avvenne all'indomani della marcia su Roma con l'introduzione della religione cattolica nelle scuole, con funzione di ancella della filosofia (1923) e l'autorizzazione ad appendere il crocifisso nelle aule. Già nel gennaio 1923 si aprirono delle trattative segrete con un incontro tra Benito Mussolini e il cardinal Segretario di Stato Pietro Gasparri.

A partire dall'agosto 1926 una serie di incontri riservati, inizialmente ufficiosi, tra il consigliere di Stato Domenico Barone, negoziatore per il Regno d'Italia, e l'avvocato Francesco Pacelli (fratello maggiore di Eugenio, futuro Pio XII) delegato per la Chiesa cattolica, portarono agli accordi che sarebbero stati formalizzati con i Patti Lateranensi. Alla morte prematura di Barone (4 gennaio 1929), lo stesso Mussolini assunse in prima persona le trattative finali incontrando più volte Pacelli. [13]

La "questione romana" si poté dire definitivamente conclusa, quindi, nel 1929 con la stipula del concordato, sottoscritto l'11 febbraio di quell'anno da Vittorio Emanuele III, rappresentato da Benito Mussolini, e da papa Pio XI, rappresentato dal cardinale Gasparri, ed entrati in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica il 7 giugno dello stesso anno.

I Patti Lateranensi sono richiamati anche nell'articolo 7[14] della Costituzione della Repubblica, approvato in sede costituente grazie al voto favorevole espresso dai rappresentanti del PCI.

  1. ^ Treccani.
  2. ^ In quanto la Santa Sede continuava a essere riconosciuta come soggetto di diritto internazionale.
  3. ^ 25 luglio 1929: Pio XI esce dal Vaticano, è pace tra Chiesa e Stato italiano, Poche Storie, Corriere della Sera, 25 luglio 2019
  4. ^ Fu il discorso della famosa frase: «Noi siamo pronti a proclamare nell'Italia questo gran principio: libera Chiesa in libero stato» e dell'avvertimento lanciato al Papa: «Santo Padre, il potere temporale per voi non è più garanzia d'indipendenza».
  5. ^ Discorso su archiviostorico.corriere.it.
  6. ^ Il discorso di Cavour e il voto della Camera dei deputati, riportati dalla fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Archiviato il 22 luglio 2011 in Internet Archive.
  7. ^ Convenzione stipulata a Parigi tra il Governo francese e quello italiano per la cessazione della occupazione francese in Roma, e per il trasferimento della Metropoli da Torino in altra Città del Regno. Parigi le 15 Septembre 1864., su sites.google.com, MantuaLex. URL consultato il 15 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2011).
  8. ^ Legge n.33 del 3 febbraio 1871(Gazzetta Ufficiale n.168 del 4 febbraio 1871). Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno N.33 (Serie seconda). Roma capitale del Regno, su sites.google.com, MantuaLex. URL consultato il 15 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2011).
  9. ^ La somma indicata, rivalutata secondo i coefficienti Istat per il periodo 1871-2009 (ultimo anno disponibile, coefficiente 8103,0334) risulta pari a 26,132 miliardi di lire, 13,496 milioni di euro. Vedi: Istat, Indice dei prezzi per le rivalutazioni monetarie, Coefficienti annuali per rivalutare somme di denaro da un determinato anno all'ultimo disponibile. Sito Istat Archiviato il 16 agosto 2010 in Internet Archive..
  10. ^ M. Guasco, Storia del clero in Italia dall'Ottocento a oggi, Bari, 1997, p. 79
  11. ^ Patti lateranensi: Pio XI prima di Mussolini, su ilcattolico.it. URL consultato l'8 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2019).
  12. ^ Il testo in Magistero Pontificio
  13. ^ Vedi: Giacomo de Antonellis, La diplomazia segreta del Concordato in Storia Illustrata, Numero speciale 1929 : 50 anni fa nel mondo, n. 262, Settembre 1979, pp. 30-38.
  14. ^ «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».

Bibliografia

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  • Carlo Cardia, Principi di Diritto Ecclesiastico, Torino, Giappichelli Editore
  • Federico Chabod, L'idea di Roma, in Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari, Laterza, 1951, pp. 179–323.
  • Hercule De Sauclières, Il Risorgimento contro la Chiesa e il Sud. Intrighi, crimini e menzogne dei piemontesi, Napoli, Controcorrente, 2003. ISBN 978-88-89015-03-2.
  • Arturo Carlo Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, 1948.
  • Giacomo Martina, Pio IX (1851-1866), Roma, 1986, pp. 85–152.
  • Giacomo Martina, Pio IX (1867-1878), Roma, 1990, pp. 233–282.
  • Renato Mori, La questione romana 1861-1865, Firenze, 1963.
  • Renato Mori, Il tramonto del potere temporale 1866-1870, Roma, 1967.
  • S. Marotta, La questione romana, in Cristiani d'Italia, Chiese, società, stato, 1861-2011, a cura di Alberto Melloni, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, 2011, pp. 641–654.
  • R. Pertici, Chiesa e Stato in Italia: dalla grande guerra al nuovo concordato (1914-1984), Bologna, Il Mulino, 2009. ISBN 9788815132802.
  • Pietro Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II, Roma, 1944-1961.

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